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Torre PèlUce, 7;fSettemf»re' 1944-XXtI
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!ñ*re 1944-XXfI . ^ ‘ M ' f .'' ^ /■ ^ v
-------------:-----:..fe ^ ■ N. 26
Nulla sia più forte della vostra fede!
(Glanavello)
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SETTIMANALE DELLA
' ABBONAMENTO
Italia e Impero . . Anno L. 20 -- Semestre L. 10
Estero v; . . . . , ^3o_ . , 15
_Ogni cambiaménto d'indirizzo costa tina lira — La copia Cent. 40
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Rlfruaÿdate alla roccia^^^onde fèste^gllatl
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BIroller* 1 Prof. OINO COSTABIL
ABÆMINISTRAZIONE e REDAZIONE: ^
Via Ettore Muti, 1 bis r- TORRE PET-T Tr-K
esorto a prender cil»
L’apostolo Paolo ha pronunziato queste parole sul Meiditerraniep, ■ il miare
che iambisoe la nostra Italia.
. ' ' LA Tempesta
Quel giorno il cielo era nascosto dalle
nuvole più oscure ed il mare sconvolto
da una tenapesta spaventosa.
Consideratela, meco un momento. Ma
.non nelle nuvole che si rincorrono 0 nei
flutti che si acoavallano, bensì in quella
grande nave aleasandrina abbandonata
alla deriva. Anzi, nei suoi passeggeri,
perchè, in fondo, quella chie fa esser
pace la pace o tempesta la tempesta, è
la presenza 'delle creature dì Dioi
Ecco i marinai, sono avvezzi al mare,
ma lo temono, sanno che ogni tempesta
vuol'0 le sue vittime. Ci sono diei soldati, non tremano dinanzi alle atrocità
della guerra, ma impallidiscono e balbettano dinanzi ai marosi. C’è la folla
dei jpasseggeii; . parmi vediere una coppia in viaggio di nozze, un giovanci op'eraio diretto a Roma in cerca di fortuna,
un vecchio mercante che ha trafficato
in oriente e vienle in patria per godersi
il meritato ripo'so... C’è una. donna in
gramaglie col bimbo ’Suo stretto al .seno,
un uomo pallido ed emaciato che vien
chieder guarigione all’aria natia, c’è Un
prigioniero che viaggia sotto la minaccia della piena capitale ed a cui la tempesta tende una insidia 'di più.
~ Passateli^ pur tutti in rassegna, , la
tempesta è per tutti una stessa, orribile oO'Sa. Dirò di più, è sempre una
stessa cosa, allora come oggi, sul mare
come nel terremoto, comie in guerra...
Allora sulla nave come oggi in montagna, in città o in- pianura... Allora per
San Paolo carne in questo momento per
noi... Allora dinanzi al pericolo dij, rssér travòlti dai flutti, come oggi dinanzi a quello di restar stritolati dagli ingranaggi di questa guerra trerpenda.
PERCHE’ ?
Se la quiete della sera invita al raccoglimiento, la furia della tempesta ci
costringe a pensare: 'pensieri brevi fors)e, ma che in un attimo son ^ capaci di
abbracciare una vita intera. Ed il primo
pensiero si può esprimere con una parola: « Perchè ? ».
Interrogo i passeggeri della nave:
— La stagione era troppo avanzata,
dice un vecchio lupo di mare.
— Oh ! se avessi ascoltato il consiglio
di Paolo che voleva svernare a Beiporti,
— dice il nocchiero.
Nella folla veggo volti attoniti, occhi
pieni di spavento. Furon colti di sorpresa e la tem'pesta imprevista è la più
• crudele.' Parmi viedere tra gli altri anche quei pagani di cui abbiam,o letto
nel libro di-Gionai i quali dicevano:
« Tiriamo a sorte pier sapere a cagione
di chi ci capita questa disgrazia». Pur
pagani come sono, sanno ima grande
verità: che le tìem'peste non sono estranee ai' peccati degli uom,iini e che dietro al sibilo del vento e delle pallottole
^ miano castlgatrice di Dio.
, r ancora il grande carceratoi: anch egli parla di Dio e racconta la visione avuta di un angelo ed esprime la più
serena fiducia; ma è solo a parlare così
perchè gli spettacoli della tempesta più
che la .fede, favoriscono la disperazione
e ’Spingono i deboli verso l’incredulità.
Non è la 'temfJesta che fa nascere le teiere pianticelle, anzi le strappa; 'essa
rivela solo la forza della quercia che resiste alle sue raffiche o quella della roccia che le infrange.
CHE FARE?
C’è una grande agitazione su quella
nave, tutti s’adoperano e cearcano di fare
qualcosa. i ’
(Ahi 27: 34)
Non è frequente il caso del pnofeta
Giona che dorme saporitamente mentre la nave è sbalottata dai flutti, ma si
veri'flca tuttavia: gente apatica '6 inco¡sciente, egoisita e senza affetti, gente,
bpesso, chie fugge il proprio dovere.
Ma sulla tolda si sfaooenda, si cinge,
la nave, si fa getto del carico, si sacrificano persino gli arredi e per aggiungere
agli altó un fatto morale, da vari giorni si digiuna. Ed è regola saggia di far
tutta il proprio ^possibile, assai più di '
quella di Giona, "m.a non 'sempre .è sufficiente. 'Molte navi hanno' fatto 'getto .di.
, tutto il carico eppioi si son perse egualrniente, anima e beni.
Ed allora s’aivanza San Paolo ed esorta ciascuno a prender cibo perchè un
angelo deirEterno gli ha pariato. Prender 'Cibo, cioè farle un atto di fed'e nella
vita, nel domani, nella Provvidenza divina. Fare un atto di fede perchè la
fede è la condizione nec'essaria per ottenere le aelesti liberazioni.
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•ti*’.
* * *
Ed io vorrei fermare la vostra attenzione su questa esortazione dell’apostolo e 'sul suo significato spirituale per
noi. Di fronte' alla tempesta; che rogge
è che è pericolosa oggi come alilora e
che non è soltanto un fatto deiUa natura o deiruomo, rna li’annunzio died castigo di Dio, egli d. »esiorta a non digiunare per la pam.a, bensì a prendere
cibo in vista della vita, dell’aiwenpae.
Non pensate però ch’Egli .parli sol■*-, tanto di un buon pranzo ristoratoife. - Ricor'date le parole 'di Gesù: .r
« U miio cibo è di far la volontà di
Colui che mi ha mandoito » (Giov. 4: 34).
«Non di pane soUmto vivrà Vwomo
ma di ogni parola che procede dalla
bocca di Dio » i(M.att, 4: 4.).
« Adoperatevi non per ilk^ibo che perisce, ma per quéllo che dura in Vita
Eterna il qmle il Fig^ol dell’Uomo vi
'P darà » (Giiov. 6: 27).
« Il pane che io darò è la mia catme
che io darò per la vita del mUondo... »
(Giov. 6: 51).
E’ questa resorbazione .che nel seno
di una tempesta che sembra volgeire aifi apice del S'uo furore, noi vi rivolgiamo ogigi — oomie San Paolo su quella
nave — nlei .nomie del Signore. <
Di fronte ialla tempesta che incombe,
nutritevi della vostra fede, ravvivate,
fate risorgere fiantica pidà, ridiventate
credenti alla m,aniera dei padri...
Fratelli, vi esorto a prender ciba, al-.
trimenti non potrete sussistere,
Enrico, Geymet.
li fl PROVA
Eisisa è passata, come una bufera, su
alcune zone delle nostre Valli,' Iddio sa’
con quali conseguenze.
Quando, quattro anni or sono, queste stesse Valli furono proivvidéinzialmentl- risparmiate dagli effetti .purtroppo sempre dolorosi della guerra, molti
certiamente pensarono che esse diovessero continuare a rimanere un angolo
•priviliegiato dlella terra, un porto isdcuro
dalle temipeste, un paese particolarmente benedetto da Dio.
Un tale penàero poteva, a prima vista, sembrare ballo e piacevole; in realtà, esso era materiato d’egoismo., povero di sensibilità spirituale .e fraterna
di fronte alle immani so'fferenze 'di altre popolazioni .della nostra Patria e, in
•genere, di tutto il mond'O.
Potevamo onestamente pretendere di
esser risparm'iati dalle . più dure 'esperienze di questa tragica;-vicendia che, da
anni, insanguina tutti ì paesi, lasciando
dietro a sè distruzione, miseria, lutto?
Quali diritti potevamo accampare, p(er
esigere a favore di questo angolo della
nostra Pa'tria un trattamento di favore,
una particolare umanità?
Effettivamente, nella gran^de' sciagura che affligge l’umanità, non (esiste da '
parte nostra alcun diritto ad una speciale protezione; anzi, se veram'ente rientriamo in noi stessi per esaminare le
nostre vie, .si vedrà che anche noi, Vaidesi, al pari 'degli altri uomini dai quali
ci siamo 'COSÌ poco distinti, siamo coinvolti nella stessa grave colpa, perciò
anche nella ooimune responsabilità di
una 'guerra che, più scorrono i miesi, più
acquista il carattere d’un tremendo salutane giudizio di Dio, del quale è Énpossibìle che gli uom,ini ed i popoili possano impunemente continuare a beffarsi. ■"
. Ora però, ogni illusione è scomparsa
riguardoi alla propria ed; .altrui sicurezza, ^.amihe in queste terre affidateci dai
padri. La prova ha avvòlto gli -animi
m un atmasfiera dii grande tristezza ed
ha » /aperto gli occhi di molti, oltre che
rovine della loro casa, anche sul1 inquietante problema della loro vita e
del loro aivVienire.
Davanti alle soffarenzje dei nostri fratelli, non è il caso dì discutere o di giudicare. Av^e Iddio allontanato da
noi la jTOva, (quanto immeritata
mente ! noi tut'fci avremmo avuto moti
vo di benedirlo. Ma poiché Egli ha permesso che il nostro popolo facesse questa esperienza, il .compito di. ognuno di
noi si 'delinea chiaramente: si tratta-di
comprendere le sofferenze altrui le di
alleùiaTle; in modo partìcoiare, tenendoci .al (fi ¡sopra di qualsiasi considieraziope politica e terrena, si tratta oggi di
assumere davanti alla prova fiunioo atteggiamento che si liveli, in definitiva,
fecondo di esperienze buone e benedette dia Dio, cioè un atteggiamento
cristiano. ■
***
L’ora della prova 'dev’essere per il
nostro popolo, anzi per tutta la nostra
Ch:ieisa, l’oira della preghiera.
Non è te prima volta che la Chiesa
Valdese, nel suo insieme, passa attraverso al crogiuolo della sofferenza. I
giorni dell’avversità sono stati per essa
assai più numerosi di quelli della prosperità, talché, com|e dice l’apositolo Pietro ad cristiani del suo tempo, non dovremmo « stupirci della fornace accesa
in mezzo a noli, per provarci, quasàchè
ci avvenisse qualcosa di strana ». La desolazione in cxii le nostre Valli furono
lasciate al tempo delfijesilio non è ancora stata, grazie a Dio, superata.
Ma, ci^e nelle ore più difficili della
sua storia la nostra Chiesa ha saputo
fare della preghiera l’arma in cui era
sopra tutto necessàrio confl.dare, così
ora, in mezzo a tante angoscie ed a tanti dòlord, 'i Valdesi debboinio sapersi nuovameinte inginocchiare, per pregare.
Non posso dire che la .preghiera individuale abbia cessato di conservare il
suo posto nella pietà dei smgoli credenti, credo inveqe .dà non errare, affermando che, lai questi Ianni di travaglio e di
sofferenza, la nostra Chiesa non ha sempre saputo cercare neHa preghiera collettiva la sua ii^irazione le la sua forza.
Nel passato, in tempi di distretta generale, si bandivamo digiuni, si esortavano le folle al pentimento, aU’umütevolte, purtroppo., nella stona della nostra Chiesa in questd ultimi
anni, abbiamo Mito degli appelli al raccoglimento ed alla preghiera di tutte le
comunità, spdrituàbnente e materialmente unite in ,giorni stabiliti, mella ricerca diel perdono di Dio, della Volontà
di Dio, delfiaiuto di Dio
Io non so, nè posso sapere sa Iddio, in
risposta alle ferventi supplicazioni dì
tutta la Chiesa, .protra verso ili suo Signore, avrebbe liberato i suoi figli dalle
attuali calamità; so, però,^chie nella preghiera dì umiliazione e di intercessione
Iddio ci 'avrebbe maggiormente aperto
gli occhi sui nostri peiccati e sulle nostre
responsabiUtà, ci avr|ebbe aiutati a discemere la Sua volontà in miezzo alte
invadenti e contrastanti opinioni degli
uomini, ci avrebbe soÙevati in alta, al
di sopra delle, passioni umane che dividono, per farci rdeglio apprezzare ü
prezioso vincolo della fraternità umanq
e cristiana, ci avrebbe preparati ad a/frontare il dolore con fianimo .dei veri
credenti, benedicendloi per noi .anchei le
dure 'esperienze del tempo pr^ente.
Indubbiamente, 'pome Chiesa, non abbiamo saputo avvolgerci in un’atmosfera di preghiera. Tunica atmosfera in cui
una Chiesa possa respirare a pieni polm-oni, rinnovando e fortificando la propria vita.
Or nion è molto, il Direttore del nostro giornale, scrivendo a proposito.deir
la festa del XV agosto rimandata a
tempi migliori, molto opportunamente
si domandava Se non era questo il tempo migliore per riunirci il XV agosW,
nelle, nostre chiese e pregare perchè Dio
ci perdoni l’infedeltà individuale e mllettiva nella testinumianza..
Diamo nuo'vamente alla preghiera il
suo insuperabile valore nella vi'Éa dei
singoli, come in quella di tutta una vasta comunità ! E’ tempo iper noi, Valdesi, 'di rimetterci in ginocchio e di pregare. Le antiche Istruzioni di Giosuè
Gianaviello all’epoca dell’esilLo non sono,
pimto inadatte ai Valdesi di oggi: « Si
notre église a été réduite en aussi grande extrémité, nos péchés en sont la véritable cause; U faut donc s’humMier tous
les jours de plus en plkts devant Dieu et
lui demander pardkm de bon cosur.,, recourant toujours à lui.-., et quand il vous
arrivera quelques vmxmaénients, prenez
patience, redoublez de coufrage de telle
maniere qu’il n’y aât rien de plais ferme que votre, foi. Il faut tous, tant que
vous êtes, mettre les genoux en terre lever les yeux .at les mains au ciel, le cœur
et l’âme au^Seigneur par des ardentes
prières, afin cpi’Il vous donne son Saint '
Esprit..: ».
* « «
L’ora della prova dev’essere anchie
l’ora della carità. Se siamo dei crisfiani
animati dallo spirito di Gesù Cristo non
possiamo temere di parlare di carità,
cioè di amor fraterno. E se siamo fratelli nella fede, non possiamo rimanere
indifferenti di fronte alle sofferenze delle creature che ci sono più vicine, chiunque lesse siano.
La guerra ha profondamiente diviso
gli uomini, purtroppo anche in mezzo a
noi. Le opinioni .politiche, alle quali
spesso si è dato un valore assoluto, h.anno elevato barriere anche tra i membri
di una stessa comunità cristiana e di
una stessa famiglia, rendendo così inutile il sacrificio di . Cristo e vano il suo
comandamento': « amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi ».
Oggi è tempo di comprendere che, sie
vi sono nella vita molte cose importanti ed interessanti, tre cose veramente,
durano: la fede, la speranza, la carità;
ma la^ più grande di esse è la carità.
Oggi è tempo di comprendere che, se
il mondo dovrà esser rinnovato, io sarà
soltanto da uomini che hanno creduto
nella forza della carità, cioè dell’amorie.
* Starno lieti, a quésto proposito, di
poter riferire che un culto ha avuto luogo, lunedì scarso, nell*aula sinopie, a
Torre Pellice, su* iniziativa della Venerabile Tavola Valdese. Le note del giudizio e déil’umiliazioné, dèlia speranza
di salvezza, della Mtercessiom sono stante fatte vibrare con forza e f edeltà evangebca dai pastori E. Aime, G. Bonnet,
che ha presieduto il culto stesso, e C.
Lupo.^Un pubblico particóltmnente numerosè e raccolto, nonostante le circo- ,
stanze ambientali non precisammo pròpizie, isli è rabccAio in spiti^-dì preghiera.
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Trappo abbiatìio sentito parlare in
questi anini ÆI o(fâj/<M v«njcllet%
f^^ESfstmzio'nei; trop^ abbico C(»3!C0Ìi|te la '-.'
, malvaigiità ddla cr«atur«
gì fonata,'ai .suoi iatiittlfc’besftiab,.-^^ .no^ '■^
f/ ^apprezzare l» carità, in tdttb S'suo ricco
-"’ rignifleato,
Di fronte alle sotfBeiìénze del tempo'^
presente, ancbe noi,^yiaiIdjeisl, ponlainoici
■ sulla via xJeUia carità, y ' '
■' « Che ^ioua, pvBtelU miei », scrive San
Giacoimo nella sua epistola, «se uno
dice d’aver fede, ma non ha opere? Può
la fede èalvaai^? Se un frcetello .o jtma X
soréUa aon nmi è "manoorM del dbd ’
' quotidiam), e un dt voi. dice Zoiw; AndOf
tevene in pace, scahdatevi è satólTMevi;
ma non dMe Icro le cose necessarie al
cropo, ohe giova? Così è della fede r
^ sojUion ha opere, è per sè stessa moria ».
j Vii iSono certo molti modi di esercitare
la carità, cioè },’aimore; ma uno dei più
efficaci è sempre l’aiuto fraterno, il soccorso nel momento opportuno.
L’ora della prova, in qualunque circostanza, è dunque l’ora della carità.
* * « * —
Mi è stato detto, ritengo con un certo
fondamento di verità, che in un» dei
villaggi delle nostre VaUi ultimamente
colpito dalle vicènde della guerra, la
maggior parte degli abitanti vivevano
in un’atmosfera di cordiale ostilità. Evidentemente, essi non si sentivano fratelli. 'NeH'ora delia prova, gli animi
sono stati toccati, gli sguardi hanno sentito il bisogno di incontrarsi, le mani
hanno dovuto cangkmgersi in. atto di
fraterna collaborazione e di simpatia.
C’è voluto, però, la prova, subitanea
e dolorosa.
Potesse la prova far tacere in mezzo
a noi, VaMesi, molte ostilità, molti rancori, molti odi ed unirci maggiormente
nel'la fede, niella speranza, nella carità,
nella comune ricerca del bene, cioè della
volontà di Dio !
Ecco perchè l’ora della prova dev’essere pjggi per noi anchje l’ora della concordia degli animi,' l’ora déiVunione dei
cuori. E. Rostan.
- Ipocpi^ia protestante
(Seguito - V. numero precedente).
E’ probabile che una delle ragioni
della malcompriesa psicologia evangelica sia il non praticare noi la confessione. Questa abitua l’uomo alla confidenza, all’esposizione senza sottintesi dei
propri sentirnenti e dei propri motivi,
alla ricerca del consiglio e della guida
spirituale da iparte di altri. Mentre il
non praticarla può condurre, quando
venga meno il ricorso aU’ayto e al consiglio da Alto, ad una eccessiva fiducia in sè stessi. Questa discrepanza appare spesso /evidente nei matrimoni misti ed esige spesso un lungo periodo ad
essere composta: il coniuge cattolico risente la riserbatezza dell’altro e la qualifica facilmente di superbia e di emulazione, mentre l’evangelico taccia l’altro di superficialità.
Mi sia lecito aprire a questo punto
una parèntesd: io credo che noi evangelici dimentichiamo spesso che, pur
avendo noi ripudiato, per una quantità
di giuste ragioni, l’istituto della confessione auricolare e del direttore spirituale, è perfèttamente lecito ad ogni evangelico di chiedere consiglio ed aiuto e
di confessare le proprie manchevolezze
ed i propri dubbi al pastore o a xm cristiano ,più illùminato, i quali hanno il
dovere di consigliarci, esortarci e anche
riprenderci secondo i lumi in loro ipossiesso; era questa xma pratica normale
nella vecchia Chi'^ Valdese e non è
stato forse un progresso il lasciarla cadere in disuso, dato che rispondeva a
una norma della Chiesa apostolica. Eper la stessa ragione ritengo meritevole
della nostra attenzione il lavoro di quei
gruppi cristiani i quali praticano la pubblica confessione volontaria dei peccati, pur ritenendo giustificata ogni riserva sul pericolo dell’istrionismo e
dell’esibizionismo che possono nascere
da questa pratica, perchè vi è un orgoglio dei propri peccati, come dei propri meriti.
« « «
Come potremmo, noi evangelici, sfatare il penoso phegiudido che grava su
di noi? Ñon certo con diatribe o discussioni che aggraverebbero il sospetto, ina
sopratutto con la nostra condottà, con
la trasparenza della nostra vita, .evitando ogni apparenza di insincerità o
di duplicità e temperando con la cordialità e la toUemnza rausterità alla
quale potremmo s^tirci portati. Do
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vrcmmo anche guardarci dall’oatenta-re la nostra qualità di evangelici, spe^ ' tìié ovie questa costitijiscìé up’ecc^one.
^^oiì acM3iritarla certamente, ma, sè’ pOB' ^Hle e ise partioolairi rafani‘ non imp^igono di renderla nota, aspettare di
essere conosciuti e stimati prima di dichiararsi; è allora non aissumere una fc
? posa di superiorità, nè d’altea parte ^
scusarsi dolla eooèzionale situazione con
i motivi della tradizione familiare o di
altre, circóistainze esterne, ma affem^e
la propria fede con semplicità, come di
cosa viva. ^
In questo modo si può riuscire a far
conoscere TEvangelismo e la Chiesa
. Valdese in particolare, a persone ed in
ambienti che altrimenti rifuggirebbero
l’argomento o l’accoglierebbero con pre^
venzione. Inoltre si ha modo così di raccogliere ^opinioni sul nostro conto che,
quantxmque errate per lo più, hanno il
pregio di essere gOTÙiihe, non temperate dalla cortesia vèrso chi è parte in
causa, nè esacerbate daH’ardore polemico, con il vantaggio di poterle rettificare n^ mod^ oiù obiettivo'. Su per
giù è questa 1 ìttica d^ nostri vecchi
barba che, in veste di colportori di mer, ci’varie, riuscteano a portar la Bibbia
in quei castelli cui si sarebbe loro vietato l’accesso se si fossero subito presentati solo^quali evangelizzatori.
Dopo di questo, se la gente ha potuto constatare che in noi non esiste frode, accoglierà la dichiarazione senza
scandalizzarsi, per quanti pregiudizi
possa aver nutrito sul conto dei protestanti e potrà perfino accadere, che chi
ci avrebbe guardato prima con sospetto, sapendoci « eretici » ci faccia un
complimento di questo genere: « Ecco
dunque perchè non bestemmia ». At. tenti allora a non cadere nel peccato di
orgoglio !
Enrico Heinè, che non era punto tenero verso ili protestantesimo, non fece
mai carico del peccato d’ipocrisia al
ministro francese Guzot che egli descrisse ampiamente nelle sue corrispondenze giornalistiche è come uomo politico € come calvinista, appunto perchè,
non avendo riscontrato quel vizio nella
vita pubblica dello statista, avrebbe
mancato di coerenza imputandolo al rigido protestante. Invece egli critica nel
ministro di Luigi Filippo la frigidità,
rintransigenza, l’eccesso di buona fede
ed una quasi ingenua trasparenza nella
sua azione diplomatica: le caratteristiche cioè che veramente si addicono ad
un evai^elico, dalle quali esula in modo
a^oluto la ipocrisia voluta da una vieta
tradizione. M. Eynard.
Testimonianze
Jo sono la vìa..P
E’ l’insegnamento, là testimonianza,
le-empio dato da Gesù, il Maestro.
, Io sono la Vìa ! lojsono l’esèmpio datovi; e SIS voi uomini non v’incamminate in me non potrete mai salvare
ranima vostra, ip>oi^è Tanima vostra è
nella vita attuale iper conseguire un
progresso morale che si effettua mediante rinunzie e sacrifici, i quali non
sono che il risultato della vostra sìnoera adesione alla mia dottrina.
L’uomo nasce, da bambino si fa adulto, ed in questo suo divenire eredita costumi e tradizionalismi che sono il risultato di falsi concetti, o per lo meno
vive di' risultanti umane non conformi
alla realtà, alla vera scienza, alla vera
sapienza, la qiuale in possesso dell’uomo
che sia,.diventa come un faro ad illuminare e dimostrare che le cose da lui
ereditate per legittima legge di natura
animale, non hanno a che fare col mondo dello Spirito, ove è vita eterna.
Gli uomini soffrono per molte ragioni che gli sono puoprte e spesso di nessun vantaggio, fino a quando entra in
essi la comprensione, la quale loro permette di pjesare le proprie azioni, di se^
parare il vero dal falso. Il risultato positivo delle rinunzie e dei sacrifici compioiti sono riconosciuti per tali quando
l'uomo, riconoscendo i propri errori si
afferma in un altro superiore piano di
vita ill'uminata dalla vera scienza e
dalla vera ragione; solo allora i sacrifici compiuti hanno un alto valore, non
sono manifestazioni dei vecchi legami
ereditari, ma testimonianze in una via
che non è più umana ma spirituale, divina, perchè di Cristo. Se Ù mondo degli uonyni conoscesse Cristo, quanti
guai, qiianti dolori e quante, nfiserie sarebbero stati risparmiati^ quanto amo
(*) Da una corrla|KHidenza
falciamo alcuni brani.
di un lettore
rie inveloe xJell’odlo; quanta affabilità ¥
mansueituidine al posto dell’alterigia
.della’Supqpbia...“4
, Io sono la Via. Io /sono l’insegnamento pratico e sincero; io vi ho anche di, mostrato che il pane, frutto delle vostre fat]icihie,\ va distribuito eqjuamenite
- perchè è doveroso e giusto che chi lar
r,v'f;vora possa goderne i frutti, soddisfa' .fccendo quindi i bisogni della vita per i ’
;;;lsè e per la propria famiglia. ’Tutte le '
iÌdiscreipanze, tutti i dolori umani, entro e
fuori dei.limiti posti dèU’uomo stesso per
supremazie insiensate, non sono dovuti
forse alla mancata equa ripartizione dei
frutti del lavoro?'
-^-L’equità ha per base la 'Giustizia; senza di questa base, ohe è fermo sostegno
del Trono di Dio, non vi /potrà essere,
' tra -gli uomini tutti, la civiltà, la pace,
la quale plachi ogiii travaglio e ogni dolore che gli uomini hanno sempre trascinato seco, per cattiva comprensione,
larrando quindi nella pratica delle proprie azioni, e per una certa indolenza
innàta, per cui troppi ^passano oltre, non
curanti di sè nè degli altri, come mirabilmente vien detto nella paraibola del
buon Samaritano. Donante Donfi.
Voinliilaiio della llogua Valdeie
AMEN: dall’ebraico = così sia Nell’uso comune è spesso usato come
particella esclamativa a denotare soddisfazione; in certi casi vale a indi, care un attimo.
E’ questo un esempio classico m cm
l’uso comune, il linguaggio della Vita,
non coiricidè affatto con l’uso ecclesiastico, con il linguaggio domenicale.
^ Nel culto infatti la paróla amen ha un
significato tutto particolare e profondo,
intraducibile: esso Cioè implica la nostra
adesione alle esigente del piano divino,
la nostra comprensnòne, il riconoscimenr
to da parte nostra della nostra colpa.
Amen: cioè: la tua volontà sia fatta !
In motte chiese kt comunità si assoda
al vastore e pronunzia, ad alta e chiara
voce questo amen; vi è quindi una specie di dialogo più esplicito; il pastore
confessa, proclama, prega, e l’assemblea ai associa alla sua confessione, alla
sua proclamazione, alla sua preghiera
in modo più deciso che non con il solo
curvare 'la testa in rispettoso silenzio.
Con questo non vogliamo arfformare che
i Valdesi sarebbero dei migliori criètiani se pronunziassero amen ad alta voce,
ma credo che non bisogna trascurare le
piccole cose, quando possono coritribuire ad un rinnovamento della nostra coscienza in fatto dii testimonianza evangelica.
So perfettamente la risposta che mi
aspetta: « Noi Valdesi siamo ” riserbati ”; i nostri sentimenti ptiù intimi non
li ostentiamo; abbiamo anzi una spedo
di santo pudore che ci trattiene dal parlare di certi argomenti... »,
Sarebbe interessante, a questo proposto, un trattatello: De Puidicitia, in cui
venissero delicatamente sollevati i veli
sulle molte cose di cui non si parla in
pubblico, per pudore, per timore di poter dar l’impressione che si vuol far
pressione sugli altri, ecc., ecc.; un trattato in cui venisse delicatamente alzato il velo stille molte grandi e picche
iniquità ohe nel piccolo mondo valdese
si commettono spudoratamente.
Ma lasciamo queste conSiderazioni alla
voce « riserbatezza ».
Vogliamo qui soltanto notare come
l’uso ecclesiastico di amen non concordi
con la nastra vita quotidiana, perchè il
suo raso domenicale è troppo spesso già
diventato un arcaismo, una voce antiquata, a cvLi st è sostituito il pronome
di prima persona. (V/edi: io).
« Così Sta », ripete mentalmente il
buon Valdese alla fine del culto. Cioè:
la parola delle Sacre ScriUwe che è
sjata letta, è parola di Dio; è la mia
condanna e la luce sul mio sentiero; la
meditazione di essa è cibo-per il mio
spirito; il Signore è morto e risorto per
me: io mi leverò e andrò dal Padre mio,
ambn. In realtà l’uditore pensa: come
tarda a venire questo amen ! E dire che
ho anoora tanto da fare ! E l’amen
viene !
In un attimo la chiesa è vuota e la
memoria anche di ogni salutare impressione ed ammonizione. Sulla piazzetta
gli affari di tutti i giórni riprendono
prepotenti il loro posto; la parentesi è
chiusa; il gioco è fatto. Passata la festa
(ovverossia il culto), gabbato il santo.
Ma è un gioco pericoloso questo; gabbare Dio! OH scarponé fM grossi ed i
''e, ï'''“
if
ceroeili più fini potrebbero poi, un bel
giorno accorgerà che, alla fin fine, essi
hanno gabbato sà stessi. Ma sarà troppo
tardi!
Il filologb.
AASAAAASAÀAà.AAààAAAAAAAAAAAà.AA
Gréri^aca Va/dese
BERGAMO
Il .1° agosto, come pubbUcarono x giornali,
il treno, di Brescia fu mitragliato neU’improvviso attaooo aereo. Giovanni Griot, ne scese
ferito gravemente, e pur volle raggiungere
con le sue forze l’ospedale di Palazzolo sulrOgliq. Curato con amore, egli <iiede esempio-di cristiaìna fermezza, ma il giamo 11
agosto, pe^ imprevedibile aggravamento, s’è
addormentato nella pace del Signore. Ora la
salma riposa nei cimitero soleggiato di Pal^zolo. Il suo esempio vive nel ricordo di
chi lo conobbe e gli volle bene. Un’ Valdese di buona tempra: operoso, entusiasta,
credente e fedele alla verità del Vangelo.
Mai dominato, semipre dominatore delle avversità. Sapeva amare, comprendere e perdonare. Amò i giovani come ài amano le
speranze sante. Ebbe cara la sua famiglia.
Amò la Chiesa di Cristo, come la ‘sua casa.
I funerali riuscirono una fervida testimonianza cristiana e solidarietà fraterna. Vogliamo .rinnovare le nostre condoglianze alla
vedova, al .flgUo e a tutti i parenti. Ancora
un vivo ringraziamento alle Autorità di I>alazzo'.o e alle persone che hanno fatto il possibile per consolare gli afflitti. La carità cristiana, spontanea e salutane, vive e opera
anche oggi; vivrà e opererà anche domani,
in perpetuo.
MASSELLO
La popolazione di Massello è stata penosamente impressionata dalla subitanea dipartenza del doti. Enrico Gay, quivi deceduio aH’alba di domenica 20 agosto.
Esprimiamo, a nome della popolazione tutta, 1 sensi del più profondo e sincero cordoglio alla famiglia già tanto provata.
PERRERO-MANIGLIA
II 12 agosto, a causa di eventi bellici, trovavano la morte tre cari fratelli del quartiere del Bessé: l’anziano Pietro Pons, di
anni 75, Luigia Pons vedova Pons, di anni 85,
e Emanuele Pons, di anni 55.
Alle famiglie così duramente provate, rinnoviamo l’espressione della nostra cristiana
simpatia.
SAN GERMANO CHISONE
.Si è addormentata nel Signore, il 12 agosto, all’età di anni 73, dopo breve malattìa,
alla . Rua del, Gianasscmi, Enfichetta Long nata Long, moglie dell’eK-anziano dei Tornimi di Pramollo, signor Alessio Long.
Dopo la proclMnazione ' dell’Evangelo, il
pastore signor Paolo Marauda ha rivolto
alla • famiglia l’espressione della simpatia
della parrocchia di Pramollo.
— All’Asilo dei Vecchi ha serenamente terminato il suo terrestre pellegrinaggio, il 21
agosto, Clotilde Schaffer vedova Goletti.
— Vittima di bombardamento aereo, è deceduta, il 22 agosto, ^Rachele Pons nata
Germanet, di anni 68. 'Tranquillamente seduta a far la calza su un prato a pochi passi
da casa sua, nella quiete della Ciauvina, circondata dai suoi nipotini, la nastra sorella è
stata colpita da una pietra lanciata in aria
da una bomba sganciata da un apparecchio
buttatosi improvvisamente in picchiata sulla
valle. La morte è stata istantanea.
« Vegliato perchè non sapete nè il giorno
nè l’ora ».
Alla famiglia così duramente provata, una
grande folla, nonostante la minaccia di alIre incursioni (il servizio funebre è stato interrotto alcune volte) ha espresso la commossa simpatia cristiana di tutta la parrocchia.
— Il culto di domenica 13 agosto, è stato
presieduto dal pastore doti. Ermanno Rostan, al quale siamo grati per rimpressivo
messaggio.
Le famiglie LONG, SAPPE’, BOUNOUS,
commosse dal tributo di simpatia ricevuto in
occasione della dipartenza della loro cara
Enrichetta Long
d’anni 73
esprimono la loro viva gratitudine a tutti coloro che hanno preso parte al loro dolore: in
modo speciale ai pastori signori Bertin e Marauda, al dottor sig. Cassio, per le cure dell’anima e del corpo, nonché ai numerosi amici e vicini che sono stati di valido aiuto e
conforto durante la malattia della, loro cara.
San Germano Chisone, li 5 settembr« 1944.
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Prof. OtNO Costabei,, Direttore responsabile
Autorizzazione Min. Cultura Popolare N. 10
del 7 gennaio 1944-XXII
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