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Anno 114 - N. 7
17 febbraio 1978 - L. 200
Spedizione in abbonamento postale
1° Gruppo bis/70
biblioteca valdese
10066 TOHRE PEIL ICE
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
UN PERICOLO IN AGGUATO
I
"è
Un firmamento pieno
di satelliti nucleari
Il Kosmos precipitato in Canada, col suo pericoloso carico di uranio
radioattivo, pone inquietanti interrogativi alla società e alle chiese
Era il 24 gennaio 1978. Un giorno come tutti gli altri. E improvvisamente si diffonde una notizia
inquietante: un satellite russo si
è schiantato in una zona deserta
del Canada, tutti i servizi di sicurezza di quel paese sono mobilitati nella localizzazione dei frammenti per isolarli, perché è certo
che a bordo del satellite vi era
un generatore nucleare, non si sa
bene se a base di uranio arricchito o di plutonio. Quello che è
certo è che può provocare la
morte con le sue radiazioni.
Così pare che l’opinione pubblica si sia improvvisamente svegliata dal suo sonno accorgendosi che sulle nostre teste non ci
sono solo le stelle e i pianeti, i satelliti meteorologici o quelli per
le telecomunicazioni, ma un numero imprecisato, e comunque
altissimo, di oggetti lanciati in
orbita dall'uomo, principalmente
da americani e sovietici, i cui
scopi sono solo parzialmente conosciuti e che possono seminare
la morte in intere regioni obbedendo fedelmente agli ordini impartiti da terra. Ma contemporaneamente ci siamo accorti pure
che le macchine, per quanto perfezionate e sofisticate, possono
« impazzire », cioè non rispondere più, a causa del tradizionale
granello di sabbia tra gli ingranaggi, agli ordini impartiti da
terra e cadere sulla terra .anziché
rimanersene a girare negli spazi
interplanetari.
La gente di buon senso, quella
che ragiona con la sua testa e
non crede nel dio della tecnologia, che apprezza la tecnologia
senza adorarla, queste cose le sapeva da tempo. E le diceva anche. Ma chi dice queste cose è il
mondo dei « vinti », quelli di cui
ci si fa beffe perché osa mettere
in dubbio che sia stata una buona cosa andare a spasso sulla
Luna. E gli altri, i « vincitori »
adoratori della potenza e della
corsa a chi arriva prima e più
lontano, convinti solo della necessità di incutere terrore all’avversario, naturalmente hanno
finto di non sentire, oppure hanno scrollato le spalle con un sorriso di sufficienza.
Ora sembrano essersi svegliati
e, per un momento almeno, essersi preoccupati seriamente. Ma
probabilmente non ci è lecito
farci illusioni. Sono come certi
gatti col pelo bruciacchiato che
ho visto tante volte raggomitolati sotto le stufe delle case di
campagna: ogni tanto, quando il
ceppo che arde nella stufa scalda troppo, sentono che il loro pelo va a fuoco e si svegliano dal
loro sonno, si allontanano un pochino, ma pochi minuti dopo tornano sotto la stufa, preoccupati
solo di dormire il più possibile al
caldo.
IN QUESTO NUMERO
■ Intervista sulle intese
con lo Stato: di Giorgio
Peyrot - p. 3.
■ I ministeri nella Riforma: di C. Tron - p. 4.
■ La questione razzista: di
J. Moltmann - p. 5.
Anche chi ha la responsabilità
della salute di intere popolazioni
tornerà a dormire, fino alla prossima scottatura. Questa volta ci
è andata bene, la zona in cui è
precipitata la « bomba » era deserta. Ma la prossima volta?
Di fronte a questi inquietanti
interrogativi che cosa possono
mai fare i vinti? Utopico sembra
chiedere che si rinunci a lanciare
satelliti, anche satelliti destinati
esclusivamente a scopi militari e
spionistici. Ma appare invece ragionevole chiedere che in questi
satelliti non siano contenute sostanze nucleari. Il problema è lo
stesso che si pone nel campo delr energia: probabilmente non
abbiamo alcuna voglia di tornare
a vivere senza sprecare inutilmente energia, eppure di fronte
al rischio che questa produzione
sempre maggiore di energia finisca per rendere del tutto inabitabile il nostro pianeta, occorre pu:
re fare i conti con questo modello di sviluppo alternativo. Una
volta di più non si tratta di una
scelta di tipo « tecnologico », ma
di tipo « etico ». Il satellite precipitato contro la volontà di
quelli che lo avevano lanciato
dimostra chiaramente che l’uomo non è in grado di controllare fino in fondo la sua tecnologia, per cui di fronte a fatti come
questi ci si deve pur chiedere se
veramente i rischi siano stati
tutti calcolati, se non avremo per
secoli e millenni una responsabilità troppo grande di fronte alle generazioni future costrette a
vivere in un ambiente superinquinato, ammesso che la vita sia
ancora possibile.
Viene fatto di richiamare tutto
il senso dell’ Evangelo di colui
che è venuto per servire e non
per essere servito e per dare la
sua vita come prezzo di riscatto
per molti. La chiesa può essere
solo per una tecnologia che mantenga e protegga la vita, mai per
una che rischia, volontariamente
o involontariamente, di causare
la morte. Certo, molti di noi ritengono che anche in questo
campo la voce della chiesa è destinata a rimanere inascoltata.
Ma quella di Cristo lo è stata di
meno?
Bruno Bellion
Costruire
la comunità
Nehemia cap. 2 versetto 1
Queste sono parole d’un uomo che non pretende di essere
un profeta: è completamente
assorbito nell’ambiente in cui
si è trovato a vivere: fa il coppiere del Re, conta perfino gli
anni secondo il computo dei Re
di Persia.
- Egli è anche un uomo solo:
quando ha un incontro con qualcuno dei suoi fratelli, li vede
venire di lontano, e l’incontro
ATTUALITÀ’
Scuola: il 6 a tutti?
Il movimento studentesco ha respinto a larga
maggioranza la richiesta del 6 garantito. L’istituto
Correnti di Milano, al centro deirattenzione di tutto il paese, ha partorito e sentenziato la pena di
morte sulla proposta degli autonomi. Analoghi risultati nelle altre scuole. La linea degU studenti
autonomi sembra perciò decisamente minoritaria
e battuta dal movimento. Molti hanno tirato un sospiro di sollievo. Ma cosa c’è dietro a questa richiesta degli autonomi che non ha mancato di es
sere strumentalizzata dagli ambienti più conservatori? Né più né meno che il problema della selezione nella scuola.
La rivendicazione del 6 garantito a tutti evidenzia in tutta la sua drammaticità il fallimento della
politica scolastica.
Abbiamo intervistato su questo scottante argomento un’insegnante delle scuole superiori con oltre 30 anni di insegnamento.
Ecco le sue risposte :
■ Che ne pensa del voto polìtico, di cui In questi giorni si
parla tanto, a proposito dei fatti di Milano?
■ Se ben ricordo, come consiglio di classe, noi l’abbiamo
usato una volta sola, ma si trattava di un cinque collettivo.
■ Come mai? Per punire una
classe indisciplinata?
■ No. L’avevano voluto loro;
era prevista un’insufficienza e la
classe ha chiesto che fosse estesa a tutti, alcuni perché volevano denunciare cosi, quella che
giudicavano un’ingiustizia, altri
invece perché ritenevano il voto
meritato si, ma da tutti, dato
che ognuno aveva pensato a salvarsi da solo, a fare bella figura, o ad accontentare i genitori,
senza perder tempo ad aiutare
il compagno più lento.
Il E i risultati?
■ Ottimi: i ragazzi ne sono
usciti più maturi e più uniti;
hanno discusso su fatti precisi
e non su vaghe teorie, sono stati costretti a spiegare alle famiglie il motivo del loro gesto, che
alcuni hanno anche pagato di
persona (sospensione di borse
di studio, e cosi, via), i genitori
hanno partecipato di più alla
vita dei loro figli a scuola, chiedendo assemblee con dibattiti
animatissimi, molti insegnanti
hanno fatto anche loro l’esame
di coscienza e hanno seguito con
maggiore attenzione gli ultimi
della classe, e infine la causa
involontaria di tutto questo, ha
finito il corso, se non brillantemente, in modo più che decoroso.
■ E allora perché non avete
continuato a servirvi del voto
collettivo?
■ Prima di tutto perché i gesti esemplari, per essere tali,
non debbono essere ripetuti
troppo spesso, se no ci si abitua
e non servono più a nulla. E
poi, tutto considerato, siamo almeno in parte d’accordo con
molte delle affermazioni che leggiamo in questi giorni.
■ E cioè?
■ È vero che la giustizia sociale non si realizza certo dando titoli di studio a cui non corrisponde nessuna preparazione e
che l’emarginazione rinviata dal
la scuola, sarà più dura dopo, o
peggio la situazione sarà più
grave già durante gli studi, se
nella scuola « che non emargina » rimarranno solo i figli dei
poveri diavoli che non potranno
pagarsi la scuola superefficiente,
in Italia o preferibilmente all’estero (e cosi, non ci sarà fra
le due categorie nemmeno quel
tanto di amicizia e di conoscenza reciproca che nasce dall’aver
frequentato insieme le stesse
aule ad rm’età in cui le distinzioni sociali non sono ancora
cosi rigide e cosò importanti).
■ Allora, lei pensa che basti
chiedere, come fanno tanti, il ritorno ad una scuola seria, come
quella che abbiamo frequentato
noi tanti anni fa?
■ No, assolutamente. Anzi
questi discorsi mi sembrano
sbagliati e terribilmente pericolosi. Hanno ragione gli autonomi del Cesare Correnti quando
dichiarano che quel sei politico,
cioè non corrispondente ad un
reale apprendimento, per cui ci
scandalizziamo tanto, è garantito da sempre per chi ha abba
( continua a pag. 2)
è pieno di malinconia e di tristezza. Egli pone loro due domande:
— come e dove vivono oggi i
membri del popolo di Dio?
— come sopravvive la « città
di Dio », Gerusalemme?
La risposta è scoraggiante:
— di credenti ce n’è ancora, ma
sono coperti di angustie e di
vergogna.
— Gerusalemme è completamente devastata, e « le sue porte sono consumate dal fuoco».
Ascoltando queste parole,
vien da pensare allo stato della
cristianità nel nostro tempo: i
credenti autentici sono dispersi
o profondamente travagliati, e
non esiste più una comunità
cristiana che sia un sicuro punto di riferimento: non abbiamo
una Gerusalemme terrestre a
cui guardare con fiducia, dietro
le cui mura rifugiarci se necessario. E quante volte ne sentiremmo il bisogno! Certo, c’è la
Gerusalemme celeste, che è
quella che conta: ma quanto
appare lontana, talvolta, alla
nostra poca fede!
In questa situazione, Nehemia si ferma: si siede, piange,
prega: non recrimina contro la
malvagità dei tempi, non cerca
dei capri espiatori, non dice che
la colpa è dei giovani: riconosce le colpe, le responsabilità
del suo popolo, e le sue personali. In che cosa consistono queste responsabilità? Nel non aver
^esso in pratica — egli dice —
*i comandamenti di Dio. E le
nostre responsabilità oggi, in
che cosa consistono? In che cosa consiste l’infedeltà della chiesa nel nòstro tempo?
La risposta mi pare fuori di
dubbio: nel fatto che ci siamo
allontanati dalla pratica del
Vangelo. Proviamo un po’ a rileggere il Sermone sul Monte:
esso ci chiede semplicità di vita e umiltà di cuore, amore e
fraternità, fiducia cieca nella
guida dello Spirito. Noi non siamo più capaci di tutto questo:
siamo solo capaci di essere delle persone serie: in questo ci
siamo riusciti abbastanza bene,
noi protestanti dell’età moderna. Ma non basta.
Siamo dunque tenuti, come
chiesa, a un radicale esame di
coscienza: ma esso non deve essere un esercizio di quell’autolesionismo « protestante » che
già portiamo dentro di noi:
confessare i peccati non significa sprofondare nel pessimismo.
G. Bouchard
(continua a pag. 3}
2
It;uui£txu X9IO
UN OCCHIO ALLA TV E UN ORECCHIO ALLA RADIO_
Perché questa nuova rubrica
Discutendo in redazione ci è parso di notare che, mentre radio e televisione hanno
una parte sempre crescente nella vita, nel
linguaggio, nella mentalità di ciascuno di
noi, e anche nelle conversazioni quotidiane,
non cerchiamo quasi mai di parlarne, anche
sui nostri giornali, in riferimento alla nostra
fede, a meno che si tratti di programmi specificamente religiosi, come Protestantesimo
o il culto della domenica mattina.
Non intendiamo certo proporre una specie
di censura protestante sull'uso dei mezzi audiovisivi, o scrivere recensioni come ne leggiamo sui quotidiani.
In molte cucine delle Valli c’è un cartello
con queste parole: « Gesù Cristo, invisibile
ma presente, ci ascolta»; se ascolta con noi
anche la radio, non crediamo che gli dispiaccia se, magari dopo una giornata faticosa o
deludente, ci divertiamo a vedere un western.
No a Mike Bongiorno
Bongiomo continua imperterrito
a godere di un’immensa popolarità
col suo programma più o meno immutabile di domande a premio. Mi
chiedo perché non riesco ad apprezzarlo, anzi ogni volta che mi
capita di vederlo, ne ricavo un senso di profondo disagio. Non è soltanto perché, come il lotto o il totocalcio, culla la gente nella speranza
quasi sempre illusoria di un’improvvisa pioggia di milioni. Anzi,
in confronto con gli altri due, lascia un certo spazio alle capacità
personali (sempre meno, però : ho
ad ascoltare musica leggera o a seguire una
partita della squadra del cuore.
Non pensiamo che Dio ci pretenda impegnati in cose importanti per 24 ore al giorno;
ma forse, se lo cerchiamo come guida anche
nei momenti di riposo, ci aiuterà a giudicare con libertà anche i programmi televisivi,
anziché lasciarci influenzare passivamente
da quel che ci danno.
Con le due proposte di "lettura” di alcune
trasmissioni molto diverse fra loro abbiamo
voluto iniziare un confronto a cui vorremmo
che partecipaste in molti; ognuno di noi ha
le sue preferenze e non seguiamo certo tutti
gli stessi programmi: più numerosi saranno
quelli che ci scriveranno in due righe le loro
impressioni, o discuteranno quelle degli altri, e più interessante potrà forse diventare
questo scambio di idee.
a colloquio con I lettori
l’impressione che da un’edizione all’altra vada aumentando il rischio
di perdere tutto all’ultimo momento, suppongo .per aumentare il brivido dell’attesa). Irrita certo anche
il nozionismo pignolo e inutile che
sembra gabellato per cultura e che
talvolta pare calcolato apposta per
rendere impossibile la risposta anche al più preparato dei concorrenti. Queste sono le due critiche che
sentiamo ripetere più spesso, ma
c’è un altro aspetto che credo dovrebbe portare un cristiano a rifiutare questo genere di spettacoli :
c’è in essi qualcosa di impietoso. I
concorrenti, attratti dalla speranza
dei soldi, o della notorietà, o anche
solo di un’esperienza diversa dalla
solita vita, sono in qualche modo
messi alla berlina : le telecamere
sottolineano i segni di nervosismo
della vittima, la tensione in attesa
della domanda, la stizza di un fallimento, i tentativi, spesso abbastanza goffi, di mostrarsi disinvolti.
E Bongiorno imperturbabile commenta: «Questa sommetta le avrebbe fatto comodo, vero? Peccato:
era cosi facile! Ma come ha fatto
a sbagliare? ». Marcella Gay
Dalle chiese
LA SPEZIA
■ Nel quadro della settimana
per l’unità dei cristiani indetta
in La Spezia dalla Chiesa cattolica, il pastore Mario Sbaffi ha predicato il 18 gennaio 1978 nella cattedrale.
Già da un mese circa la locale
comunità metodista aveva espresso, con una lettera del suo
Consiglio, la sua disapprovazione
direttamente al pastore Sbaffi.
La comunità battista, avvertita pochi giorni prima deH’effettuazione dal delegato diocesano
per Tecumenismo, ha emesso il
seguente comunicato stampa (elaborato dopo un dibattito seguito al culto di domenica 15), che
ha avuto una certa eco nella città essendo stato ripreso nella
cronaca locale dal giornale Secolo XIX del 19.1.’78:
« Là comunità evangelica battista di La Spezia, via Milano 40,
in relazione alla celebrazione nella nostra città della Settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani
ed alla predicazione nella cattedrale del pastore evangelico Mario Sbaffi, AFFERMA il proprio
dissenso da questa iniziativa, priva di un reale valore ecumenico,
che si presta soltanto a far dimenticare l’effettiva necessità di
una riforma della Chiesa e che
lascia in ombra tutto quanto costituisce infedeltà alla testimonianza evangelica sul Cristo ».
TUFO DI CARSOLI
In questo villaggio del comune
di Carsoli, nella parte più occidentale della Marsica, con circa
600 abitanti, nel 1971 ebbe inizio
un’opera evangelica. Era scoppiata una forte battaglia all’interno della chiesa cattolica per
il trasferimento del parroco il
cui ministerio era ritenuto insoddisfacente. Un gruppo di questo
movimento cattolico chiese alla
comunità metodista di Villa San
Sebastiano di venire a Tufo per
parlare del protestantesimo. Iniziarono così delle assemblee per
una serie di conversazioni sul
protestantesimo e sul cattolicesimo, e poi una serie di meditazioni sulla fede cristiana quale ci è
presentata in vari testi biblici.
Accanto a questo lavoro si iniziò
una testimonianza concreta di
solidarietà con una scuola serale
per ragazzi delle .scuole elementari e medie.
A questa prima fase seguì un’o
pera di chiarimento all’interno
di un movimento che era tipicamente cattolico. Una parte di
questo movimento ritorna in seno alla chiesa cattolica dato che
praticamente non era mai « uscito », ma un gruppo di persone
manifestano un sincero interesse
per l’Rvangelo e per un impegno
nella costruzione di una comunità evangelica a Tufo. È questo
gruppo che attraverso difficoltà
di vario genere e con fatica cercherà di costituire questa comunità, cercherà di resistere alle
pressioni e ai ricatti dell’ambiente cattolico, cercherà di uscire da
un certo isolamento aumentando
i contatti con la comunità di Villa e con le chiese del Circuito.
Con quest’anno si è voluto riprendere con maggior impegno
il cammino iniziato anni fa e cercare di dare un senso più vivo
alla nostra presenza nel villaggio. Ci siamo allora riuniti più
volte durante l’autunno per impostare un progetto di attività
evangelistica decidendo così di
tentare la costituzione di un centro culturale certamente con modeste pretese, ma come prima risposta ad una esigenza reale del
villaggio: alcuni giovani avevano
chiaramente manifestato il bisogno di incontrarsi con noi per
approfondire i temi riguardanti
la « lotta alla cultura cattolica
dominante ».
Abbiamo così iniziato già prima di Natale una serie di conversazioni sul tema della riforma protestante: il suo aspetto
culturale e etico, i motivi della
mancanza di una riforma in Italia ecc. Ci auguriamo di poter
poi avere altri incontri sul problema della religiosità in Italia e
in particolare nella nostra zona.
PALOMBARO
Sabato 28 gennaio si sono svolti a Palombaro i funerali della
sorella Maria Di Jenno. Aveva 62
anni. Da vari anni era sofferente
per varie malattie.
Era evangelica dalla nascita in
quanto apparteneva ad una famiglia che fu tra le prime a compiere quella battaglia per l’Evangelo
che portò in questo villaggio abruzzese la Parola della liberazione.
Palombaro è un piccolo villaggio di montagna a ridosso del
massiccio della Maiella. Insieme
ad altri piccoli centri agricoli
della zona ha ricevuto all’inizio
del secolo l’opera di predicatori
metodisti (ricordiamo il primo:
Schirò). Ma la formazione di una
comunità evangelica è dovuta
soprattutto per l’azione coraggiosa e per la fede di gruppi di
persone che rifiutarono una religiosità superstiziosa e oppressiva per accettare la libertà dell’Evangelo.
Lo sviluppo di questa chiesa
(che ancora oggi dopo la forte
emigrazione del dopoguerra è una chiesa in movimento), il suo
impegno coraggioso nel periodo
fascista e in quello della guerra
(la prima banda partigiana in
Abruzzo è sorta a Palombaro per
opera di evangelici), sono i segni
concreti della costante attività
di sorelle e di fratelli come la numerosa famiglia Di Jenno. E in
sostanza per la presenza e per la
testimonianza non finta di questa
come di altre famiglie se ancora
oggi vive e si sviluppa in questo
villaggio una predicazione evangelica.
La nostra sorella dopo l’ultima
guerra mondiale, intorno agli anni 50, emigrò come molti negli
Stati Uniti e qui si sposò. Noi la
ricordiamo con stima e in particolare come facente parte di una
chiesa che nei tempi della persecuzione cattolica ha combattuto
il « buon combattimento della fede », e ora in tempi di crisi e di
disgregazione sociale mantiene
accesa la lampada della Parola
di Dio.
CATANZARO
La sera del 28 dicembre in Crotone veniva chiamata alla casa
del Padre la sorella Di Capua
Maddalena ,di anni 78, diletta
consorte del Prof. Giuseppe Gangale, bibliotecario della Biblioteca reale di Copenhagen.
Il servizio religioso è stato tenuto dal pastore Magri nel tempio evangelico dell’assemblea di
Dio in Crotone il giorno 29 die.
alle ore 17. Dinanzi alla numerosa assemblea di fratelli pentecostali, parenti ed amici, ha parlato di Vita, morte e Resurrezione,
commentando Giov. 11 : « Gesù
pianse »! In questa occasione dolorosa, al nostro fratello che ha
perso la sua compagna, che ha
vissuto con lui tempi di lotta e
persecuzione, esprimiamo la nostra simpatia cristiana, con la
certezza della nostra resurrezione in Cristo. La salma è stata tumulata in Firenze, sua città d’origine.
SFORBICIATE
■ La Luce, pubblicando il mio intervento sul tema delle opere (3 febbraio, pag. 5), vi ha operato alcuni tagli che ne rendono forse difficile la
comprensione. Alla seconda colonna,
secondo capoverso, dopo aver affermato
che le nostre opere soffrono oggi d’una
crisi di identità — un riferimento di
obbligo sono gli articoli comparsi nei
numeri 29 e 33 di G.E., articoli che
condivido solo in misura limitata, ma
la cui lettura mi pare essenziale per
una discussione sul tema delle « opere » — affermavo che questa crisi
corrisponde esattamente alla crisi delle nostre chiese, e che i sintomi
ne sono gli stessi, e aggiungevo : « se
scindiamo la crisi delle chiese dalla
crisi delle opere, facciamo un torto alle opere e anche un torto alle chiese.
Vieeversa anche i sintomi di vitalità
— perché ci sono i sintomi di vitalità
— sono paragonabili sia nelle opere sia
nelle chiese ». Seguivano alcune esemplificazioni : la prima era relativa alle
Valli, in cui, dopo aver detto che nelle Valli la nostra predicazione ha difficoltà ad instaurare un rapporto di
massa, pur essendo molto qualificata,
aggiungevo : « Mi pare invece un dato di fatto che nelle Valli le opere sociali della chiesa hanno instaurato un
rapporto di massa », non solo perché i
nostri ospedali e istituti sono qualità
tivamente validi, ma perché sono sentiti dalla nostra gente come cosa propria (e perciò spesso criticati), « e ciò
per due motivi : perché rispondono a
esigenze reali della popolazione, e perché esprimono — al livello delle esigenze reali — una possibile coerenza
col cristianesimo com’è visto dai protestanti. Quest’ultimo motivo mi pare,
alla lunga, il più importante: infatti
lo ritroviamo in ambienti ben diversi
da quello tradizionale delle Valli vaidesi : dovunque la nostra chiesa non ha
voluto ridursi a pura associazione cultuale, o culturale, ha espresso il suo
inserimento nel sociale mediante una
’’opera” ». Seguivano, come nel testo
pubblicato, gli esempi di Agape, Napoli, Palermo e Riesi.
Giorgio Bodchard
Il testo della relazione di Giorgio
Bouchard pubblicata senza tagli avreb
Federazione
Regionale
Ligure
Rendiamo noto che il 26 febbraio alle ore 14.30, presso la nostra sede (r p.), è convocata la
Assemblea ordinaria della Federazione con il seguente O.d.g. :
Ore 14,45: Breve meditazione
biblica (Massimo Romeo); ore
15: Costituzione del Seggio e
inizio lavori:
— Relazione del Consiglio
uscente.
— Discussione della medesima.
— Elezione nuovo Consiglio.
— Varie ed eventuali.
Ore 18,30: Chiusura.
Si ricorda che, a norma dei
Regolamenti, ogni Chiesa membro può essere rappresentata da
un massimo di quattro delegati
con voce deliberativa. La presenza ai lavori di altri fratelli
delle varie Chiese, come osservatori con voce consultiva, sarà
particolarmente gradita.
Per poter agevolmente svolgere il lavoro previsto si raccomanda la massima puntualità.
Nella speranza di vedervi numerosi a questo nostro incontro e di poter gioire insieme dell’allegrezza evangelica, vi salutiamo con le parole dell’apostolo Pietro : « Siate sobri, vegliate: il vostro avversario, il diavolo, va attorno a guisa di leon
ruggente cercando chi possa divorare. Resistetegli stando fermi nella fede, sapendo che le
medesime sofferenze si compiono nella vostra fratellanza sparsa per il mondo» (I Pt. 5: 8-9).
p. Il Consiglio F.C.E.L.
._______Enos Mannelli
Casa Valdese
di Vallecrosia
COLONIA MARINA per bambini
e bambine dai 6 ai 12 anni. Turno unico: 3 luglio - 29 luglio 78.
Quota globale L. 55.000.
CAMPO CADETTI per ragazzi e
ragazze dai 13 ai 16 anni. Turno unico: 10 luglio-29 luglio ’78.
Quota globale L. 65.000.
I posti in Colonia ed al Campo
Cadetti sono limitati. Chiedere i
moduli d'iscrizione alla Direzione della Casa Valdese - 18019 Vallecrosia (IM).
be coperto l’ampiezza di oltre una pagina del giornale. Siamo perciò stati
costretti ad amputarlo drasticamente.
Ci è sembrato più utile, nell’economia
della pagina, di tagliare la prima e non
la seconda parte che più entrava in
merito al tema discusso. Inevitabilmente sono cadute alcune precisadoni ed
alcuni esempi che l’Autore ritiene opportuno precisare. Analoghi tagli si sono resi necessari anche per gli altri due
articoli che, come questo, riproducevano due interventi svolti nell’ambito
della chiesa di Torino. Ci auguriamo
che i lettori abbiano comunque potuto
cogliere gli elementi essenziali del discorso. red.
Scuola:
il 6 a tutti?
(segue da pag. 1)
stanzia soldi per pagarsi secondo i casi la scuola che insegna
moltissimo o quella che promuove senza insegnare e soprattutto senza pretendere che s’impari nulla.
■ Secondo lei quindi hanno
ragione tutti e due? E poi concretamente che cosa si deve
fare?
E Per me non è giusto chiedere semplicemente, come tanti
oggi fanno, una scuola « seria »
che faccia lavorare molto. È verissimo che senza lavorare non
si cambia nulla, ma sarebbe un
grosso errore fermarsi qui: i voti sono solo un mezzo, e non il
migliore, per re^strare certi risultati raggiunti. Se vogliamo
mantenerli, in mancanza di meglio, dobbiamo, mi pare, prima
di tutto cercare di farli corrispondere, nelle superiori che sono scuole di versificate (per la
scuola dell’obbligo è tutto un
altro discorso) alle reali capacità e agli interessi dello studente
in un determinato campo, non
ai risultati immediati.
B E questo che cosa vuol dire praticamente?
fl Per fare un esempio concreto, vuol dire non dare nove
a chi ripete correttamente quel
che ha imparato in casa o copiato dai libri a disposizione, e
invece cinque a chi ha idee personali e vivo interesse al lavoro
intellettuale, ma si esprime approssimativamente perché ha
minore familiarità con l’italiano. Non è facile, anche perché
la riforma della scuola non si
fa né abolendo 1 voti numerici
o dando a tutti lo stesso voto,
né bocciando inesorabilmente
chi magari avrebbe doti e voglia di lavorare, ma questa gli
passa se non gli viene data al
momento giusto la necessaria
collaborazione, perché così; o si
convince di essere un cretino o
pensa che vogliono costringerlo
a studiare cose cretine.
Ci vogliono tanti cambiamenti: programmi intelligenti e sufficientemente elastici da tener
conto delle diverse realtà, aule,
insegnanti nominati a tempo,
preparati e convinti di quel che
fanno, il presalario che permetterebbe a tutti di fare quel lavoro per cui sono più adatti,
gruppi di allievi meno numerosi
in modo da poterli seguire individualmente, e così) via.
Oggi come oggi « voto politico » significa per me voto personalizzato, che tenga conto soprattutto dei progressi fatti dal
punto di partenza e delle possibilità di miglioramenti futuri, e
che non venga dato, né ricevuto
come il diploma che si è più intelligeriH e più bravi degli altri
perché si hanno voti più belli;
significa lavorare il doppio con
chi fa più fatica perché finora
ha avuto meno degli altri (e
questo per pagare un debito,
non per fargli la carità).
Voto politico insomma vuol
dire, io penso, non contribuire
con i nostri voti, differenziati o
uguali, alle tante ingiustizie che
ci sono, vuol dire aiutare i ragazzi a diventare persone colte e
competenti, ma anche individui
liberi, dotati di spirito critico e
capaci di solidarietà. Ma non basta: intanto bisogna anche darsi da fare per cambiare e la
scuola e la società in cui viviamo, che non sono certo, né Luna
né l’altra, simili al Regno dei
cieli.
3
17 febbraio 1978
NOSTRA INTERVISTA A GIORGIO PEYROT
Intese con lo Stato
l’accordo tecnico
Costruire la comunità
I segue da pag. 1)
raggiunto
Dato l’annuncio che sarebbe stata conclusa
l’intesa con il Governo italiano, per raccogliere le prime impressioni nell’ambiente ecclesiastico, abbiamo raggiunto per una veloce
intervista Giorgio Peyrot che, unitamente a
Giorgio Spini ed a Sergio Bianconi, ha condotto la trattativa per conto della Tavola valdese e del Comitato metodista.
— È vero che l’intesa è stata
conclusa? Che ne dici?
— Una cosa alla volta! Anzitutto è bene chiarire subito, ad
evitare equivoci e confusione,
che l’Intesa tra la Repubblica
italiana e le chiese valdesi e metodiste non è ancora conclusa.
— Non c’è quindi nulla di nuovo? La notizia pervenutaci è errata?
— Non è errata, ma inesatta,
nel senso che per il momento il
fatto nuovo consiste in un grosso passo avanti nel campo delle
procedure tramite le quali si
dovrebbe pervenire all’Intesa. Il
fatto nuovo è che le due delegazioni, la governativa e la nostra,
hanno steso in comune il testo
di un progetto in vista dell’Intesa.
— Ma allora la trattativa si
è conclusa?
— In un certo senso sì.. Si è
conclusa sul piano tecnico. Ma
perché l’Intesa si concluda occorre ancora un certo tempo
per compiere gli atti essenziali
per raggiungere l’accordo. E
cioè l’approvazione del progetto
da parte del Governo italiano
e degli organi ecclesiastici. Ricorderete che in proposito il
Sinodo ha dato un mandato aUa
Tavola. Ora questa dovrà riscontrare se il progetto steso
dalle due delegazioni rispecchia
il contenuto delle proposte che
furono presentate al Sinodo dello scorso agosto e sulla base
delle quah' venne dato il mandato alla Tavola di firmare per le
chiese.
nell’Intesa sin dal principio che
la legislazione sui ’’culti ammessi” doveva ritenersi abolita. Vi
sono state delle difficoltà ad accettare che un’affermazione del
genere comparisse nel primo articolo del protocollo come dt
chiarazione preliminare. D’altra
parte era stata questa una condizione pregiudiziale posta dal
Sinodo e noi non potevamo
recedere. Un’altra questione spinosa è stata quella della scuola
e dell’insegnamento della religione cattolica. Sulla necessità di
affermare il diritto all’esonero
e sulle modalità per renderlo
effettivo, si è dovuti ritornare
più volte in sedute diverse. Occorreva che le direttive fissate
dalle nostre chiese e dai sinodi
in questi trent’anni risultassero
in qualche modo esplicitate nel
testo del progetto. Penso che
anche questo punto sia stato
felicemente risolto. Altra questione di rilievo, quella relativa
al matrimonio. Abbiamo incontrato, non dico resistenze, ma
talune difficoltà per la recezione della nostra concezione unitaria del vincolo che, a nostro
avviso non può claudicare nel
senso che risulti valido per l’ordinamento dello Stato e non per
quello ecclesiastico o viceversa.
Ma credo che Tottenuta completa separazione degli elementi
civili da quelli liturgici nella celebrazione risulterà di soddisfazione per tutti. Anche la lettura
degli articoli verrà fatta in via
preliminare in sede comunale
e non più avanti alla chiesa.
— Pensi che l’Intesa si concluderà in breve tempo?
— La Tavola ed il Comitato
metodista si raduneranno per
una seduta, già da tempo fissata, a Torre Pellice nella prima
settimana di marzo. Quanto all’approvazione eventuale da parte del Governo italiano, penso
che dovrà essere il nuovo governo ad occuparsi della nostra
questione, pertanto non mi è
possibile fare alcuna anticipazione. Ritengo però che sia legittimo attendersi che prima
dell’estate, se il progetto verrà
approvato, si possa avere la legge che renderà esecutiva l’Intesa.
La confessione dei peccati non è
una umiliazione: è una liberazione. Tanto più un uomo, o
una chiesa, si rendono lucidamente conto dei loro peccati e
dei loro limiti, tanto più questi limiti possono essere facilmente superati dalla Grazia di
Dio.
Sulla base di questa confessione è possibile chiedere a Dio
come Nehemia di rimettere in
vigore il suo Patto, l’alleanza
che lo unisce a noi. Questo può
diventare uno degli oggetti principali della -preghiera di chiunque è preoccupato dello stato
della cristianità del nostro tempo: non è detto che il Signore
risponda sempre alle nostre angoscio individuali,, ma è certo
che egli risponde alla distretta
del suo popolo.
Per Nehemia, la risposta viene, come sempre, in un modo
imprevisto: il Re pagano gli offre un’occasione:
«perché sei triste?» gli chiede;
« perché la città dove sono i
sepolcri dei miei padri è distrutta e le sue porte sono consumate dal fuoco »;
« che cosa domandi »? gli dice il Re;
« di andare a Gerusalemme e
di riedificarla ».
E il Re lo lascia partire; così
Nehemia ha uno spazio in cui
operare per ricostruire il popolo di Dio: ha un tempo (limitato, certo), ha dei compagni d’opera, dei collegamenti e dei
mezzi (il legname nel suo caso).
Giunto a Gerusalemme-, Nehemia rivolge appello ai respon
EBREI IN URSS
« Samizdat» ovvero l’universo
degli scritti clandestini
— Come sono andate le trattative? Sei soddisfatto dell’esito?
— La trattativa vera e propria si è iniziata TU giugno
scorso e si è conclusa il 4 febbraio; e si è sviluppata in tre
fasi successive: una prima estiva in cui si ebbero 5 sedute,
sull’esito delle quali si riferii in
Sinodo ad agosto; una seconda
nel mese di ottobre di 4 sedute;
ed una terza di altre 4 sedute
iniziatasi il 21 gennaio e che si
è chiusa il 4 febbraio con la stesura del progetto, su cui le due
delegazióni hanno convenuto
all’unanimità.
Posso affermare, anche a nome dei miei due colleghi di delegazione, che la trattativa si è
conclusa in modo soddisfacente,
soprattutto per il fatto che essa, nelle sue 13 sedute, si è svolta in un clima sereno e cordiale
nel quale è stato possibile affrontare i diversi problemi, taluni dei quali anche delicati e
complessi, in una reciproca attenzione che è andata via via
sviluppandosi in aperta comprensione dei rispettivi punti
di vista. Questo aspetto umano
ha facilitato il compito di ciascuno di noi ed ha consentito di
poter definire ogni punto in discussione con soluzioni accolte
all’unanimità.
— Ci sono state delle questioni su cui è stato diffìcile raggiungere l’accordo?
—Naturalmente problemi difficili ve ne sono stati parecchi,
per il fatto che la posizione che
le chiese evangeliche assumono
nella società civile dove si trovano inserite, non è affatto nota in Italia, né a livello politico,
né a livello culturale o giuridico. Ma con la dovuta pazienza
e la necessaria fermezza, debbo
ritenere che siamo riusciti a
spiegarci, tant’è che il sen. Gonella ha voluto cortesemente
concludere i nostri lavori sul
piano tecnico precisandoci che
tutte le questioni che ci stavano a cuore erano state accolte.
E di questo gli abbiamo dato
atto.
— Quali sono stati questi punti più delicati?
— Senza voler stabilire qui
una graduatoria di importanza,
direi anzitutto la nostra richiesta pregiudiziale di precisare
Dopo il libro di Nuto Revelli
sul « mondo dei vinti » è scoppiato il boom della controletteratura. Anche su questo giornale, i
lettori ricorderanno, si sono accavallati interventi che sottolineavano l’importanza di raccogliere e presentare al grosso pubblico le testimonianze di quelli
che hanno fatto la storia ma che
per ragioni di classe non Thanno
mai potuta raccontare. Accanto
all’esigenza di ricostruire una lettura alternativa della storia collocherei quella di scoprire il
mondo, pressoché sconosciuto,
della letteratura clandestina. In
particolare gli scritti di coloro
che per ragioni politiche, dal Cile di Pinochet alla Russia di
Breznev, non hanno diritto d’accesso ai chioschi dei giornali e
alle librerie. In questo senso mi
ha favorevolmente colpito la notizia che a Venezia, durante l’ultima Biennale, è stata presentata
una vasta raccolta di «samizdat»
(nome delle pubblicazioni clandestine in URSS) di ebrei sovietici.
L’ultima notizia giunta in Europa via « samizdat » su casi di
repressione nei confronti di ebrei
riguarda uno dei principali animatori del movimento ebraico in
Russia: Anatoly Sharansky. Il caso Sharansky è stato anche presentato nel corso delle « Udienze
internazionali Sacharov » svoltesi recentemente a Roma. Accusato dalla stampa sovietica di spionaggio, di raccogliere informazioni antisovietiche oltreché d’introdurre letteratura sionista, egli
rischia di trascorrere dieci anni
in carcere. Sempre secondo la
stampa sovietica egli sarebbe uuna spia della CIA americana benché numerose testimonianze, tra le altre una lettera
autografa del presidente Carter,
concordino nelTaffermare che lo
« spionaggio » di cui Sharansky è
accusato altro non è che impegno a favore dei diritti umani.
Attualmente è in carcere e non
sembra prossima la sua liberazione. In un Paese dove, stando
alle dichiarazioni del matematico
in esilio Leonid Pljusc, sono più
di duemila le persone rinchiuse
in ospedali psichiatrici per avere
espresso critiche nei confronti
del regime, la parola carcere evoca lo spettro del terrore ideolo
gico.
Come rileva un documento trasmesso alla Farnesina dalla Comunità Ebraica Italiana e preparato in vista della Conferenza
europea di Belgrado, gli ebrei sovietici dal 1928 non possono pubblicare letteratura religiosa, né importare Bibbie o saggistica teologica. Sempre secondo
questa fonte l’insegnamento rabbinico in URSS è stato «de facto»
soppresso e chi vuole prepararsi
per diventare rabbino deve chiedere il visto per Budapest dove
esiste un Seminario teologico ebraico. In una comunicazione del
governo sovietico alTONU, dal
1926 al 1958, il numero delle sinagoghe sarebbe calato da 1.103
a 451; oggi ve ne sarebbero solo
92. Quest’ultima cifra è stata tuttavia smentita nel documento
presentato a Belgrado poiché
« organizzazioni ebraiche all’estero hanno rintracciato solo 57 si-,
nagoghe. Di queste, 20, cioè il
35% si trovano in Georgia e nelle
cinque repubbliche dell’Asia centrale dove, secondo il censimento
sovietico del 1970, vive solo Tll,2
per cento della popolazione ebraica in URSS. In queste Repubbliche la vita religiosa è generalmente più tollerata ».
Dopo la firma degli accordi di
Helsinki, in URSS venne promulgata, nel giugno del 1975, una
nuova ’’legge sulle associazioni
religiose” che non ha però segnato netti miglioramenti rispetto
alla vecchia normativa che risale
al 1929. A curare l’aspetto religioso è sorta nel 1975 una « Commissione per gli Affari Religiosi »
a cui si fa obbligo rivolgersi per
l’iscrizione di ogni associazione
religiosa e per ottenere il permesso di svolgere ifunzioni religiose fuori dagli ambienti normalmente adibiti a tale scopo.
« Il risultato — così commenta
il documento della Comunità
ebraica Italiana — è che non si
potranno più svolgere cerimonie
religiose funebri nelle case secondo la tradizione ebraica, né
si potranno celebrare matrimoni
religiosi, né si potrà praticare in
casa la circoncisione, salvo la
preventiva richiesta di autorizzazione, volta per volta: una richiesta che richiede notevole coraggio ». Il timore diffuso negli ambienti ebraici non nasce soltanto
sulla lettera della nuova legge
ma da episodi concreti di interruzioni di servizi religiosi privati
avvenuti in questi ultimi anni. Ad
esempio il 5 settembre 1975, vigilia del Capodanno ebraico, la
polizia bloccò le strade d’accesso
alla sinagoga di Mosca e il 14 aprile del 1977 agli ebrei moscoviti è stato rifiutato il permesso di
celebrare una fùnzione commemorativa degli ebrei massacrati
da Hitler. Questi ed altri episodi,
ripresi nel documento presentato a Belgrado, fanno seriamente
riflettere sulla disparità di trattamento da parte delle autorità
sovietiche nei confronti delle
confessioni religiose. Qrtodossi,
armeni, cattolici hanno le loro facoltà teologiche insieme ad un
rapporto più flessibile con le autorità (ad es. gli ortodossi organizzano senza difficoltà convegni
internazionali, per gli ebrei sarebbe impensabile). Persino ai
battisti è stato concesso il permesso di pubblicare un periodico; tale diritto è stato invece negato agli ebrei insieme al divieto d’importare o fabbricare oggetti rituali per il culto.
Evidentemente non sono tanto
le motivazioni puramente religiose a costituire il bersaglio delle
autorità quanto le ragioni implicitamente politiche che nel caso
del movimento d’emigrazione ebraica significano condanna del
sionismo e del suo ruolo imperialista. Ma l’attuale discriminazione di questa minoranza e le violazioni delle libertà religiose possono diventare uno dei punti di
forza della minoranza ebraica in
URSS. È proprio nella persecuzione sistematica che si rafforza
la volontà di soppravvivenza di
un’idea. L’arma peggiore per
combattere un’idea può essere
proprio l’intolleranza. In ogni caso sembra ormai assodato che
l’accordo di Helsinki in Russia
non ha vita facile. Così ha commentato di recente Simon Wiesenthal a conclusione dei lavori
delle « Udienze internazionali Sacharov » svoltisi a Roma: « Al
termine di questa seconda sessione non si può più dubitare della
violazione nelTURSS delle convenzioni internazionali che garantiscono il rispetto delle libertà fondamentali dei cittadini ».
G. Platone
sabili della comunità: « voi vedete la misera condizione nella
quale ci troviamo; Gerusalemme è distrutta, e le sue porte
sono consumate dal fuoco! Venite, ricostruiamo le mura di
Gerusalemme, e non saremo più
nella vergogna » (2: 17).
Nehemia non comanda: domanda. Non impone: propone.
E perciò convince. La risposta è
uguale alla sua proposta: « leviamoci e mettiamoci a costruire ». E si fecero animo, per mettere mano alla buona impresa
(2: 18). Il libro di Nehemia ci
narra che questa « buona impresa » è poi riuscita: ha sormontato grossi ostacoli, momentanei
scacchi, molte opposizioni. Alla
fine, la città è stata ricostruita,
la Legge è stata letta pubblicamente, e il popolo riunito ha
rinnovato solennemente il suo
patto con Dio. Un tempo nuovo
cominciava per Israele, in un
certo senso nasceva un nuovo
Israele. Valeva dunque la pena
di dare ascolto alla proposta di
Nehemia: ’leviamoci e mettiamoci a costruire!’.
Vale la pena anche oggi? Comincia un tempo nuòvo per quell’Israele disperso e scoraggiato
che noi siamo? La risposta può
essere una sola: sì, ne vale la
pena. Perché anche oggi, come
ai tempi di Artaserse e di Nehemia, il Signore ci offre un’occasione, anzi più di una occasione: basta saperle vedere, e avere il coraggio di segnalarle ai
nostri fratelli, e poi porre mano alla « buona impresa ». Davanti a noi stanno uomini e donne che hanno sete di verità, giovani e vecchi immersi in una
solitudine disperata, una società
venata da immense ingiustizie,
delle chiese bisognose di immense riforme: e vicino a noi non
ci sono forse dei fratelli, anzi dei
gruppi di fratelli che hanno ricevuto il dono di predicare la
verità, di consolare la solitudine, di operare per la giustizia e
di lottare per la Riforma? Perché non parlare loro come Nehemia: « leviamoci, e mettiamoci
a costruire »?
Certo, non si tratta di costruire qualsiasi cosa, né qualsiasi
chiesa: si tratta di edificare una
comunità di credenti che sia insieme fedele alTE vangelo che
non sbaglia, e solidale con gli
uomini che sbagliano; una comunità capace di predicare la
Risurrezione e di curare un morente come se fosse immortale.
Una comunità semplice e modesta come quel Gesù di cui abbiamo invocato il nome all’inizio di questo culto.
Questa nuova comunità cristiana merita l’invito di Nehemia: « leviamoci e mettiamoci
a costruire ». Ciò comporterà sicuramente fatica e lotta, sacrificio e sofferenza. Ma vale sicuramente la pena di affaticarsi,
perché Qualcuno sta già operando attraverso le nostre mani. E la Sua opera non sarà
vana. Giorgio Bouchard
( predicazione trasmessa
"Culto Evangelico").
da
Doni « Eco-Luce »
Doni da L. 3.000 :
Griva Elisa, Abbadia Alpina; Rivoi
ra M., Pinerolo; Godino Giulia, Pinerolo; Forconi-Dei Giudice, Pinerolo;
Pons Fortunata, Torino; Natanello Antonino, Torino; Berutti Alice, Torino; Pons Elena, Luserna; Nicola Luciana, Torino; De Carli Iolanda, Torino; Fiorio Franco, Torino; Bisi Valdo,
Moncalieri; Cavaglia Lido, Torino; Pireddu Olga, San Germano; Soulier Virginia ved. Rostan, San Germano; Jahier Bouvier Rachele, S. Germano;
Long Meynier fida, S. Germano; Ricca
Ayassot Elena S. Germano.
Beux Lilline, Luserna; Pons Flora,
Luserha; Fam. Pisani, Luserna; Gonin
Emma, Luserna; Micol Tron Paolina,
Perrero; Tessarolo Ernesto, Trieste;
Titta Dreher Gabriella, Roma; Esercito della Salvezza, Torino; Prassuit Camilla, ved. Aversa, Chiavari; Botturi
Guido, Torino; Bruno Giovanni, Torino; Durand Mirella, Torino; Paschetto
Ilda, Torre Pellice; Bensi Giordano,
Luserna; Sciti Alberto, Torino.
Taccia Evelina, Torino; Tron Aldo,
Torino; Jahier Adolfo, Pramotto; Si
bilie Mario, Torre Pellice; Pons Remigio, S. Secondo; Rivoiro Adolfo, S.
Secondo; Coisson Roberto, Torre Pellice, Mendola Francesco, Roma; Sasso Ennio, Arenzano; Gatto Salvatore,
Luserna; Giordano Giulio, Torre Pellice; Durio Arnoldo, Ivrea; Breuza Renato, Pinerolo; Taglierò Franco, Torre
Pellice; Bolley Italo, Susa. (segue)
i
4
17 febbraio 1978
I MINISTERI NELLA RIFORMA
Tutti i cristiani
non tutti sono
sono sacerdoti
ministri ©
La chiesa non deve interrompere il suo processo di riforma: questo resta vero anche per i ministeri - Fare della teologia è una possibilità ed una responsabilità di ogni credente -1 ministeri
devono essere riconosciuti a partire dal servizio che svolgono nella comunità
La Riforma del XVI secolo è
stata una delle tappe più importanti della storia della chiesa, ma non il traguardo della
sua corsa. Quest’affermazione
che ha valore generale è tanto
più vera quando si parla dei ministeri. In questo campo la fedeltà alle scoperte di Lutero e '
Calvino non può essere la loro
ripetizione meccanica, bensì, il
loro superamento dinamico.
Quest’inverno le nostre chiese
metodiste e valdesi si accingono a dare ai loro ministeri un
assetto che dovrebbe avere una
certa durata; è bene rivedere intanto che cosa ha fatto la Riforma in questo campo, sia per
non tornare indietro su posizioni di tipo clericale come vorrebbe fare certo ecumenismo, sia
per evitare errori che il XVI secolo rendeva forse inevitabili,
ma che sarebbero imperdonabili oggi.
Vorremmo intanto mettere in
risalto due punti positivi. Il primo è il fatto che la Riforma, al
di là del superamento dottrinale della distinzione tra clero e
laici, ha operato un decisivo superamento del carattere clericale della teologia. Questa era nel
Medio Evo una scienza di classe nel senso attuale del termine, come nel XVI secolo era
scienza di classe la cultura classica. La teologia era stata la
scienza del clero; le lettere greche e latine sono la scienza dei
principi. Con Lutero la teologia
diventa la scienza del popolo.
Nella sua disputa con Erasmo
sul libero arbitrio, questi rimprovera al riformatore di aver
messo a parte della questione il
popolo ignorante, mentre per
Lutero è essenziale che tutti conoscano la Bibbia e ci riflettano sopra con intelligenza credente.
Il secondo fatto essenziale è
che per la Riforma i ministeri
non godono di nessuna garanzia
formale. Non è l’ordine che fa il
ministero, ma la volontà del Signore, comunque sia riconosciuta dalla chiesa. Lo stesso ministero della Parola è proprio non
di coloro che l’hanno riconosciuto con im qualche atto ufficiale,
ma di coloro che insegnano la
verità.
Lutero: la libertà
della comunità
Pochi anni dopo l’affare delle
indulgenze Lutero scrive un trattatene in cui sostiene che ogni
comunità cristiana ha diritto di
giudicare della dottrina, di chiamare un predicatore o di destituirlo se lo riconosce inadatto
(1523). La chiesa è soggetto, non
oggetto delle cure degli uomini,
non è un’eterna minorenne, ma
una comunità responsabile.
« Se anche fossero buoni vescovi, dice Lutero, che volessero il Vangelo e volessero insediare buoni predicatori, pure
non potrebbero né dovrebbero
fare ciò, senza che la comunità
lo voglia, lo elegga e lo chiami ».
Infatti tutti i cristiani sono
sacerdoti. Non tutti sono ministri, ma il ministero è soltanto
una funzione al servizio della
comunità e non il potere di dirigerla. Queste cose sono molto
chiare nel manifesto « Alla nobiltà cristiana di nazione tedesca» (1520), anche se spiace che
Lutero si appelli qui alla nobiltà contro il clero, e non al popolo di Dio contro qualsiasi tipo di potere terreno.
Tuttavia l’elemento di sconfessione del potere legato al sistema clericale della Chiesa di
Roma è ben presente in Lutero.
Lo stesso anno dell’« Appello alla nobiltà», scrive anche della
« Libertà del cristiano » e della
« Cattività babilonese della Chiesa ». In quest’ultimo opuscolo sono contestati i sacramenti cattolici e a proposito dell’ordine
è detto:
« La Chiesa di Cristo ignora
questo sacramento inventato
dalla chiesa del papa».
Calvino:
dal sacramento
alle « ordonnances »
Da buoni riformati siamo abituati a considerare Calvino un
po’ più protestante di Lutero.
Anche sulla questione dei ministeri, il fatto che non abbia mai
voluto essere consacrato pastore fa pensare ad un ulteriore
passo avanti nel superamento
del clericalismo cattolico. Tuttavia l’ecumenismo del nostro secolo legato a quest’ultima confessione si è concentrato con
particolare cura allo studio della dottrina dei ministeri del Riformatore di Ginevra perché ci
ha trovato elementi che facevano al caso suo. Calvino appartiene alla seconda generazione
della Riforma. L’annuncio esuberante e gioioso di Lutero dell’uguaglianza di tutti i cristiani
ha dato frutti che non erano
previsti; sembra inevitabile cadere nella tentazione dell’ordine, di fronte ai « disordini » dei
contadini e degli anabattisti. E
Calvino, pur con la capacità di
riflessione e di svisceramento
dei problemi che gli è propria,
ci casca, a nostro avviso, un po’
troppo. Intanto in due passi sembra non alieno dal riconoscere
il carattere di sacramento alla
consacrazione pastorale. Ci sono
realtà profonde della vita della
fede tra cui si possono annoverare la preghiera, la predicazione, il battesimo, la cena del Signore e anche la messa da parte dei ministri della Parola, certamente. Ma la nozione di sacramento andava respinta pari
pari come non biblica per tutte queste realtà.
Il ministero della Parola è
per Calvino dello stesso tipo di
quello apostolico, anche se è limitato a una comunità particolare anziché a tutta la chiesa.
Ma la comunità deve andare
molto cauta nel destituire i suoi
pastori. Nel 1539, solo sedici anni dopo che Lutero aveva proclamato la libertà della chiesa
nei confronti dei suoi pastori,
Calvino invita, invece, i Ginevrini a tenersi 4 pastori sgraditi,
purché compiano il loro dovere
«in modo tollerabile». Se si pensa che l’anno prima il riformatore era stato cacciato da Ginevra
è comprensibile, ma non si può
non rilevare in questo un’inversione di tendenza rispetto a Lutero.
Tornato a Ginevra, Calvino
ispira, nel 1541, le « Ordonnances
ecclésiastiques de l’Eglìse de
Genève », in cui sono riconosciuti ì quattro ministeri che diventeranno classici nelle chiese riformate : pastore, dottore, anziano e diacono.
I pastori «hanno Tufficio di
annunciare la Parola di Dio, per
ammaestrare, ammonire, esortare e riprendere, tanto in pubblico come in privato, amministrare i sacramenti e provvedere alle correzioni fraterne con
gli anziani ».
In questo modo i pastori appaiono i gestori della chiesa
che ha come caratteri fondamentali quelli dell’Evangelo predicato fedelmente e dei sacramenti amministrati correttamente.
Essi formano la « Vénérable
compagnie des pasteurs » o, come si dirà nella Chiesa Valdese « le clergé vaudois » o addi
rittura, come nel cantone di
Vaud, le « Vénérables classes ».
Clericalismo e classismo si intrecciano. Solo i pastori sono
consacrati e rimangono in carica tutta la vita. Gli altri tre ministeri non formano classi né
compagnie e non hanno un riconoscimento altrettanto ufficiale.
I dottori hanno l’ufficio dell’insegnamento sia ai fedeli, affinché seguano la sana dottrina,
sia ai predicatori. Sono, quindi,
ad un tempo catechisti e professori di teologia.
Gli anziani sono nominati dal
Consiglio, d’intesa con la «Venerabile conipagnia » (non dalla comunità) e hanno come ufficio
«di vigilare sulla vita di ciascuno, di ammonire quelli che
vedranno sbagliare o condurre
vita disordinata e, qualora se ne
presenti il caso, fare rapporto
alla Compagnia, che sarà investita del compito delle correzioni fraterne ».
I diaconi hanno il compito
dell’assistenza ai poveri, dell’ospedale di Ginevra, dell’amministrazione dei beni della chiesa.
* *
Incertezze, ritorni, incoerenze si possono dunque riscontrare anche nella Riforma. Quello
che resta fondamentale del suo
messaggio è il fatto che comunque è l’esercizio di un ministero
che porta al suo riconoscimento e non è l’ordine che fa di uno
un ministro. Questa scoperta,
pur con tutte le incoerenze menzionate, fa sii che l’esercizio del
ministero non può essere vietato a nessuno dall’alto, ma può
solo essere disconosciuto, dopo
verifica, dalla comunità. È in
questo la confessione umile che
lo Spirito può parlare al di fuori dei nostri progetti e delle nostre strutture.
m. c. tron
FEDERAZIONE DELLE CHIESE EVANGELICHE IN ITALIA
Ruolo e prospettive
Da una visuale denominazionale a quella federativa: un obiettivo da
raggiungere - Verso quale unità del protestantesimo italiano? Una mozione del Consiglio
Il ruolo e le prospettive della
Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia sono stati i temi di
fondo su cui si sono svolte le sedute del Consiglio della F.C.E.I.
Il tema era già maturo all’ultima Assemblea della Federazione,
svoltasi a Bari nell’autunno del
’76; ma era ora opportuna una
verifica, a poco più di un anno
dall’ insediamento di un Consiglio in larga parte rinnovato, con
un nuovo Presidente — il past.
Piero Bensi — e un mandato dell’Assemblea di Bari — rilancio di
collaborazione colle chiese non
confederate — parzialmente nuovo rispetto al passato.
Il presidente Bensi ha introdotto i lavori con un intervento
articolato:
a) è constatabile una linea di
tendenza, spesso obbligata, certo
non volontaria, per cui le varie
denominazioni che partecipano
alla F.C.E.I. non vivono ancora
in una dimensione « federale »,
tolti i precisi e specifici settori
(radio, televisione, scuole domenicali) che alla Federazione si
sono da tempo affidati: come
creare, o ricreare, una « mentalità federale »; per che cosa; con
quali strumenti?
b) il mandato di Bari, in sé
impegnativo, soggetto a interpretazioni logicamente diverse, e
comunque da verificare in tutte
le sue implicazioni, interne ed
esterne alla Federazione, fino a
che punto è stato fatto proprio
da tutte le istanze della F.C.E.I.,
e come è concretamente applicabile?
c) il dibattito tra diversi modi di concepire l’unità del protestantesimo italiano come è andato avanti? in modo particolare
il tema, già affrontato nel 1975,
dell’unità dei protestanti italiani
intorno ad un sistema sinodale, o
intorno a un sistema federativo,
che passi avanti ha fatto?
Su questi temi si è discusso a
lungo, appassionatamente, chiarendo molti punti, approfondendo le diverse proposte, raggiungendo una non finta unanimità
su diverse cose essenziali e allo
stesso tempo identificando con
maggiore chiarezza i nodi ancora
da risolvere.
I punti di accordo sono stati
Segnalazioni — Libri — Recensioni
L'avventura di un uomo semplice
Mendel Singer è un pio israelita che fa il maestro di
scuola in un piccolo borgo della VoHnia russa. La
sua esistenza scorre tranquilla e protetta fra le pareti familiari sino alla nascita del quarto figlio Menuchin, epilettico
e minorato mentale. Il padre si interroga a lungo sui motivi
di questo « castigo » divino, ma non trova risposta. Le sue
disgrazie sono del resto appena cominciate : il primogenito
gli viene strappato per una interminabile ferma di leva, il
secondo diserta e fuggè in occidente. La speranza che Menuchin possa diventare normale si fa sempre più fievole.
Mendel Singer si lascia così convincere dalla moglie ad
emigrare negli Stati Uniti abbandonando fra incertezze e rimorsi il figlio minorato che non può affrontare il lungo
viaggio. Nel nuovo mondo egli conoscerà tuttavia altre e
più terribili disgrazie. Ormai solo, sopravvissuto a se stesso,
circondato da una New York estranea, matura silenziosamente la sua rivolta contro Dio, il suo ateismo radicale.
A nulla valgono le consolazioni di improvvisati amici :
Mendel comprende che non è la fede in Dio a sostenerli, ma
la lotta contro Dio a terrorizzarli.
Ma proprio nel momento dell’estremo abbandono si fa
strada in lui una disperata voglia di vivere, vivere al di là
di Dio e degli uomini: sente che un flusso vitale continua
a legarlo al figlio Menuchin di cui ignora la sorte. Le loro
due esistenze sono troppo unite dal dolore e dalla miseria,
troppo segnate dalla mano di Dio perché una via sotterranea non le colleghi e le ricongiunga da ultimo. Mendel
Singer ritrova suo figlio, e lo ritrova guarito, forte e intelli
gente. Il suo corpo ormai vecchio e stanco rivive cosi per
un’ultima volta l’esultanza e la gioia da anni dimenticate.
Il sonno ristoratore cui s’abbandona infine stremato è il sonno del giusto, il cui lamento ha trovato ascolto presso Dio.
La « biblica » vicenda di Mendel parla da sola. Roth
pubblicò questo libro in tedesco nel 1930. Lo sfondo è il
tormentato declino dell’impero austro-ungarico ed il conseguente sfaldarsi della diaspora ebraica nelle sue regioni periferiche. Insieme ad Isaac Singer, Jiri Langer e Shemuel
Agnon. Joseph Roth è uno degli ultimi testimoni di questo
« mondo perduto » di cui la violenza nazista cancellò pochi
anni dopo le ultime tracce. Il suo tono narrativo, lieve ed
arguto anche quando tratta le più grandi sventure, sembra
riflettere la prodigiosa vitalità di un popolo che da troppi secoli conosce la tragedia quotidiana per non essere in grado di trasformarla in apologo e trarne ammaestramento.
Il mondo favoloso dei racconti chassidici emerge qua
e là nella descrizione della natura, negli accenni ai demoni
ed alle altre potenze intermedie, ad rabbini taumaturghi, ai
miracoli ed agli incantesimi. Ed il passaggio alla grande
macchina produttiva americana, assume allora l’aspetto di
un gigantesco, mitico esodo .senza ritorno dall’Oriente all’Occidente, coinvolgendo migliaia e migliaia di ebrei.
Non ultimo, lo stesso Roth, che, strappato alle sue radici
ed incalzato dal nazismo mori alcolizzato a Parigi nel 1937.
Enrico Benedetto
Joseph Roth: Giobbe. Romanzo di un uomo semplice, Trad.
it. Milano Adelphi 1977.
sintetizzati con un comunicato —
trasmesso anche al culto radio —
che riportiamo integralmente.
Il consiglio della FCEI, che si
è riunito a Roma il 31 gennaio1 febbraio ha affrontato, fra l'altro, il tema del ruolo e delle prospettive di lavoro della federazione stessa.
Sono state ribadite due esigenze: quella di un più stretto e organico rapporto con le fed. regionali già esistenti perché esprimano sempre meglio e valorizzino la volontà delle chiese locali
di ricercare una linea unitaria di
testimonianza e di servizio, e
quella di sollecitare la formazione di tali organismi nelle zone
dove non sono ancora presenti.
Per superare linee di tendenza
che potrebbero contrapporre di
fatto denominazioni e FCEI, anche se contro la volontà di singoli e di chiese, si ritiene sia tuttora valido il preambolo dello statuto della FCEI, là dove identifica la chiesa locale come "elemento ecclesiologico primario”.
Si è poi confermato che la Federazione ha tra i suoi compiti
fondamentali quello di svolgere
con continuità e coerenza una
attività di proposta nei confronti
delle chiese che ne fanno parte,
anche per quanto riguarda le iniziative verso l’esterno e lo sviluppo della ricerca teologica ed ecclesiologica in armonia con l’autonoma espressione degli orientamenti delle chiese stesse.
Si è infine sottolineata l’importanza fondamentale dei servizi
che la FCEI mette a disposizione
delle chiese: radio, televisione e
stampa, studi, istruzione e educazione, migranti, commissione
giuridico-consultiva.
In coerenza con quanto affermato sulle « iniziative verso l’esterno », il Consiglio ha ritenuto
di dover prendere posizione sulla situazione dei prigionieri politici in Sud Africa, ritenendo di
interpretare su questo punto il
pensiero della stragrande maggioranza dei protestanti in Italia.
Il consiglio ha pertanto aderito alla campagna promossa da
Amnesty Int. per combattere le
gravi violazioni dei diritti umani
in Sud Africa, firmando una lettera indirizzata al primo ministro Vorster, al ministro della
Giustizia Kruger e al ministro
degli interni Mulder per protestare contro le morti avvenute
durante la detenzione nelle carceri sudafricane e contro l’attuale prigionia di esponnenti del movimento contro l’apartheid, tra
cui sono numerosi i cristiani.
Sergio Ribet
5
17 febbraio 1978
RIFLESSIONI SUL PROGRAMMA DI LOTTA AL RAZZISMO
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Il Sud Africa in casa nostra
Il programma di lotta al razzismo deve mantenere il suo carattere profetico e messianico, perché le coscienze non tornino ad addormentarsi
■
Dal 1971 il programma di lotta al razzismo è diventato una
tradizione ecumenica. Malgrado
diverse critiche mosse per lo più
da chiese bianche europee e nordamericane, ha conquistato il suo
posto nel movimento ecumenico
ed è stato confermato dalla quinta assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese di Nairobi
(1975). La sua funzione è quella
di un segno profetico contro una
eresia istituzionalizzata e contro
un peccato organizzato aH’interno deH'umanità.
Esso viene riconosciuto come
più o meno necessario anche da
parte di coloro che hanno dubbi
sulla sua efficacia o perplessità
di fronte al sostegno dato a movimenti di liberazione che fanno
ricorso alla violenza. Alcune chiese che inizialmente avevano una
posizione nettamente contraria
al programma di lotta al razzismo vi si sono nel frattempo riconosciute.
In questa situazione insorge il
pericolo che un tale programma
non risvegli più le coscienze assopite, ma all’opposto porti a
sonnecchiare anche le coscienze
sveglie.
Può cioè facilmente passare
dalle mani dei profeti a quelle
dei funzionari, dei manager. Ciò
però non deve accadere per questo programma: esso è troppo
importante per coloro che soffrono sotto una tirannide razzista e per coloro che, sia pure inconsapevolmente, appoggiano una tale tirannide. Poiché il programma di lotta al razzismo è
un segno deH’Evangelo, che solleva gli oppressi e abbassa coloro che si innalzano, dobbiamo
tornare a riflettere teologicamente su tale programma e non abbandonarlo al pragmatismo.
Riflettere teologicamente su
questo programma significa confrontare la sua prassi e le esperienze in essa maturate nella luce dell’Evangelo. Il concreto ed il
pragmatico ricevono il loro senso e la 'oro giustificazione solo
nel confronto con l’Evangelo. Mi
limiterò a considerare la prassi
e le esperienze che si sono fatte
in Europa.
Tratterò in primo luogo delle
esperienze di coloro che sostengono questo programma e in un
secondo momento delle esperienze che si sono fatte con coloro
che lo respingono.
Il programma viene spesso e
volentieri utilizzato da coloro
che lo appoggiano per isolare la
Repubblica Sudafricana e farne
un « caso unico ». Tralasciando
il fatto che un isolamento politico ed economico del Sudafrica
può significare una pressione esterna sulla situazione razzista
di quel paese, è una illusione tipicamente europea pensare che
il razzismo sia problema esclusivamente sudafricano. Chiese e
cristiani europei negli ultimi anni hanno considerato spesso la
Repubblica Sudafricana come un
capro espiatorio per non considerare e non sentire la propria
parte di colpa. Così il programma ha acquistato una funzione
di alibi per le oppressioni che
vengono esercitate dal proprio
paese e che sono strettamente
connesse con l’oppressione della
maggioranza negra in Sudafrica.
Si ritiene di aver fatto qualcosa
per combattere il razzismo sostenendo il programma del CEC,
pur senza aver bisogno di liberarsi dalle costrizioni interne ed
esterne del razzismo stesso. Ora
questo modo di agire non è credibile e con esso si strumentalizza il programma di lotta al razzismo.
E’ il nostro problema
L’intero mondo bianco, ricco,
militarmente potente, con le sue
appendici in Africa, Asia e America Latina si troverà tra pochi
anni nella stessa posizione in cui
si trovano oggi i bianchi sudafricani: e cioè nel ruolo di uno
sfruttatore brutale e sprecone in
mezzo a un mare di povertà, di
malattia e di morte. Lo si può
stabilire con un minimo di fantasia: è sufficiente ipotizzare che
in Rhodesia e nella Repubblica
Sudafricana le cose vadano come in Mozambico o in Angola,
immaginando che i due paesi
siano conquistati e governati dalla maggioranza negra ed i bianchi lascino il paese o siano costretti a lasciarlo. In tal caso il
problema razziale oggi constatabile in Sudafrica sarebbe risolto? Certo che no. Le masse africane oppresse, sfruttate e umiliate si troverebbero semplicemente di qualche migliaio di chilometri più vicine alle ricche nazioni europee.
Il Sudafrica non è un caso
unico ed i suoi abitanti bianchi
non sono i bambini terribili della famiglia bianca e perciò da
punire. No, il Sudafrica è solamente un piccolo specchio della
nostra posizione nel mondo. Perciò esso ha un valore di paradigma per tutto il mondo bianco
industrializzato. Lo stile di vita
in Sudafrica è lo stesso che abbiamo noi in Europa, là è visibile e qui è nascosto — almeno ai
nostri occhi! — è un modo di vivere costantemente a spese dei
popoli poveri e sfruttati. Una liquidazione del Sudafrica non risolverà il problema che il mondo
nordatlantico rappresenta per il
resto del mondo. Perciò il nostro
problema comune deve essere risolto in Sudafrica. Non può però
epere risolto se non lo consideriamo il nostro proprio problema e non siamo noi stessi disposti a quel cambiamento radicale
in campo economico e politico e
dello stile di vita che pretendiamo dai bianchi del Sudafrica.
La conseguenza, a mio avviso,
è che dopo aver giustamente
messo a punto in primo luogo il
razzismo evidente in Sudafrica
dobbiamo smascherare e combattere,' nell’emisfero settentrionale, il razzismo latente.
Il programma di lotta al razzismo ha una funzione messianica se « apre gli occhi ai ciechi »
e chiama a ravvedimento il « primo mondo », in modo che noi
combattiamo e superiamo le oppressioni che vengono esercitate
sul « terzo mondo » da parte delle nostre società e dei nostri centri di potere.
Ideologia di destra
Il programma di lotta al razzismo viene spesso e volentieri
utilizzato, in Europa e Nord-America, da coloro che lo respingono,
per infiltrare nella chiesa una
ideologia politica radicale di destra e per porre la chiesa stessa
al servizio di una tirannia violenta. Può sembrare un paradosso, ma è la realtà. Il programma
viene visto e diffamato come segno della « politicizzazione » della chiesa, « politicizzazione » da
cui la chiesa dovrebbe invece tenersi lontana. Ciò non ha però
altro significato se non che la
chiesa deve benedire col suo silenzio la politica attuale del proprio paese. Il programma di lot
ta al razzismo viene visto e combattuto come presa di posizione
unilaterale da parte della chiesa
a favore dei negri, mentre la
chiesa deve essere disponibile
per tutte le razze nello stesso
modo. Ciò equivale a dire che
la chiesa deve essere disponibile
in primo luogo per la razza bianca dominatrice.
Da ultimo si rimprovera al programma una esaltazione della
violenza, particolarmente per
quanto riguarda l’esigenza di un
cambiamento di potere. I cristiani si devono astenere da ogni uso della violenza nella modifica di rapporti ingiusti. Ciò però significa soltanto che i cristiani devono appoggiare la violenza
attuale e coloro che ne hanno il
possesso. La polemica contro il
programma di lotta al razzismo
si sviluppa in Europa e America
settentrionale soprattutto per la
paura di perdere potere, beni e
influenza, manifestando una nuova « sindrome conservatrice » intessuta di senso di colpa e autogiustificazione, riscontrabile sia
nella religione, sia neU’ideologia
politica. E se si va al fondo della questione, si scopre sotto questa sindrome conservatrice il
chiaro volto del potere che conosce solo il « diritto del più forte ».
Combattere le cause
Il programma di lotta al razzismo ha toccato con forza profetica, un punto dolente nella disumanità del mondo contemporaneo. Ma poiché il razzismo è
solo un aspetto dell’oppressione
dell’uomo da parte dell’uomo, il
programma rientra in un contesto più ampio della liberazione
dell’uomo in vista dei suoi diritti umani originari. Il razzismo
è per lo più solo un mezzo per
mantenere il predominio di un
gruppo di uomini su di un altro
e i privilegi delTuno sugli altri.
Senza la contemporanea lotta
contro capitalismo e dittatura il
programma di lotta al razzismo
è troppo debole e della malattia
combatte solo i sintomi, non le
cause. Oppressione può essere legata al razzismo: e allora la
mentalità razzista e il predominio di quelli che l’hanno sviluppata devono essere superati.
Uguali diritti per tutti e umanità
aperta per gli altri ne sono Io
scopo.
Oppressione può venire collegata col capitalismo. In tal caso
insieme alla liberazione del popolo si deve stabilire il socialismo. Oppressione può però essere collegata anche alla dittatura
di partiti socialisti.
Allora insieme al socialismo
deve essere contemporaneamente stabilita la democrazia, in modo che il popolo stesso diventi
soggetto della propria storia. Il
programma di lotta al razzismo
deve essere collocato nel contesto più ampio dell’emancipazione dell’uomo da ogni forma di
oppressione. Il programma è solamente una piccola parte della
grande lotta contro i nemici del
genere umano. Se il programma
di lotta al razzismo rimane limitato unilateralmente al razzismo
e si dimenticano i legami del razzismo col capitalismo e la dittatura, il programma stesso è esposto al pericolo di diventare pragmatico e può facilmente essere
strumentalizzato.
Per me il programma di lotta al razzismo è un'azione concreta, ma limitata, nella visione
più generale di una società mondiale più degna deU’uomo.
Questa visione è l’utopia concreta delTamore per la libertà,
che scaturisce dalla speranza del
Regno di Dio. Elementi essenziali di tale visione sono, come abbiamo espresso nella conferenza
mondiale missionaria di Bangkok del 1973:
1. giustizia economica, contro lo
sfruttamento dell’ uomo da
parte dell’uomo,
2. dignità umana contro l’oppressione politica delTuomo da
parte delTuomo,
3. solidarietà contro Talienazione culturale delTuomo da parte delTuomo,
4. speranza fondata contro il
dubbio nella vita personale.
Jürgen Moltmann
(trad. di Bruno Bellion)
'SI?
Ì
'i'
CEC: IL DIBATTITO SUL SUDAFRICA
We shalle over come
Neri e bianchi insieme un dì
Oh sì, sì, nel mio cuor
Son certo che
noi trionferemo un dì.
Noi vivremo in pace
in ogni paese un dì.
(Negro Spirituals)
Il peggio deve ancora venire
Il 12 gennaio scorso il Consiglio Ecumenico delle Chiese
(CEC) ha indirizzato alle 293
chiese membro, a gruppi e personalità, un documento destinato a stimolare il dibattito e la
riflessione sul Sudafrica, in vista dell’elaborazione di una linea di condotta comune che tenga conto dell’inasprimento delle
sanzioni previste per mantenere
la segregazione razziale.
In una lettera di accompagnamento il direttore del Programma di lotta al razzismo, Baldwin
Sjollema, fa riferimento alla
morte in carcere di Steve Biko
e alla messa al bando di 18 organizzazioni e di molte persone
singole che lottavano per venire
in aiuto alle popolazioni nere
oppresse. Baldwin Sjollema afferma che «i cristiani devono
chiedersi se queste misure co•stituiscono semplicemente un
passo ulteriore in una politica
che avanza nella via della repressione, oppure se esse sono una
nuova e definitiva fase del regime di apartheid. Come interpretiamo questi fatti e quale risposta diamo loro? »
Il documento, dal titolo « Sudafrica — quale prezzo? » presen
ta numerosi fatti attinenti alla
situazione sudafricana e alle leggi di segregazione razziale, descrivendo alcune delle conseguenze più evidenti. Alcuni di
questi fatti possono spiegare
parzialmente perché la politica
delTapartheld ispira tanta avversione e una opposizione cosi
disperata; cita ad esempio il
fatto che il Sudafrica «impicca
più gente di tutti gli altri paesi
occidentali messi insieme » e
« ammette im numero considerevole di decessi tra i detenuti ».
Conseguenza di queste misure
sarà di porre in maniera netta
la popolazione sudafricana dinanzi ad una scelta tra una evoluzione pacifica della situazione
o una modificazione violenta.
Lo stesso discorso vale anche
per coloro che, all’estero, sono
convinti della necessità di porre termine all’apartheid e allo
sfruttamento.
In quanto cristiani, come possiamo rispondere a questa minaccia di violenza? La posizione del CEC di « non giudicare le
vittime del razzismo che sono
portate alla violenza come sola
e ultima possibilità che rimane
loro per riparare i torti subiti
e aprire cosi la strada a un ordine più giusto » è ritenuta insufliciente. Possiamo, chiede il
documento, dichiararci solidali
con chi ricorre alla violenza per
una giusta causa, semplicemente rifiutando di giudicarlo?
Il documento attira ancora
l’attenzione su tre progetti di
legge che, qualora approvati,
avrebbero conseguenze ben dure : il « Social workers and associated professione Act» vieterà
praticamente a tutti i volontari
non forniti di apposito diploma
di impegnarsi in qualsiasi lavoro sociale ; il « National welfare Act» prevede la registrazione di tutte le organizzazioni
impegnate in un lavoro sociale
e, come conseguenza della registrazione, prevede ogni possibile forma di controllo sull’attività svolta da parte del governo;
il « Fund raising Act » prevede
invece un rigoroso controllo su
ogni contributo finanziario accordato a qualsiasi organizzazione.
Che questi tre progetti legislativi abbiano di mira le chiese e
gli organismi intemazionali che
appoggiano la loro azione, è indubbio. br.
6
17 febbraio 1978
cronaca delle valli
SUL PENSIERO DI BARTH E BULTMANN
Seminario Teologico a Pinerolo
Redigere un resoconto degli incontri avvenuti il 3-4 febbraio 78
presso il Tempio di Pinerolo sulla teologia del XX secolo, in particolare su Bultmann e Barth, non
è semplice. Lo spazio necessariamente limitato costringe a sintetizzare, col rischio di non coglie, re lo specifico di questi incontri.
Opteremo, dunque, per alcune
osservazioni e riflessioni.
La partecipazione
Delle 40 persone presenti la
prima sera, 30 la seconda, una
decina militano nella C.d.B. di
Pinerolo; 1 della parrocchia di S.
Lazzaro e i rimanenti della chiesa valdese. Dal punto di vista
dell’età pochi giovani. La presenza simultanea di diverse esperienze ecclesiali ha caratterizzato queste sere come incontri ecumenici. E in quanto tali, hanno
sofferto il medesimo problema di
altre occasioni ecumeniche alla
base del pinerolese: lo scarso
coinvolgimento dei membri delle
chiese.
Il dibattito
Il dibattito seguito alle relazioni su Bultmann e Barth tenute rispettivamente da Bruno Corsani
e Sergio Rostagno, ha rispecchiato fedelmente, a nostro avviso,
la preparazione personale dei
partecipanti. Da un lato alcuni,
in possesso di maggiori strumenti di analisi e conoscitivi, hanno
sviluppato il dialogo su punti
certamente interessanti ma di
difficile comprensione per molti.
Altri hanno fatto notare la distanza fra l’elaborazione teologica universitaria e la nostra vita
quotidiana con i suoi problemi e
le sue scelte. Tutto ciò dovrebbe
essere profondamente meditato:
è sufficiente rigettare o evitare il
confronto con i contributi teologici ed esegetici di altri cristiani
per la loro non coerenza nell’impegno socio politico o perché la
nostra prassi ci sembra possa
farne a meno?
Proposte emerse
Al termine del dibattito, la seconda sera, sono emerse alcune
proposte sul come dare un seguito a questo tipo di iniziative,
dopo aver constatato l’utilità di
questi incontri. Una proposta avanzata dal gruppo di Agape prevede tma o due sere in marzo su
un tema da scegliere. A questo
proposito parrebbe a noi utile
agganciare il tema alle problematiche che si manifestano nei
luoghi ecumenici del pinerolese
per due motivi: il nostro lavoro
ecumenico ha bisogno di momenti di approfondimento e confronto con il movimento ecumenico
in senso lato; inoltre l’avere dei
riferimenti già esistenti di lavoro
potrebbe allargare il coinvolgimento di più membri delle chiese e comunità.
Un’altra proposta avanzata è
Comitato di Redazione; Bruno Bellion. Giuliana Gandolfo Pascal, Marcella Gay, Ermanno Genre, Giuseppe Platone, Paolo Ricca, Fulvio Rocco, Sergio Rostagno, Roberto SbafFi,
Liliana Viglielmo.
Direttore: FRANCO GIAMPICCOLI
Dirett. Responsabile; GINO CONTE
Redazione e Amministrazione ; Via
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La Luce ».
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- economici 150 per parola.
Fondo di solidarietà : c.c.p. 2/39878
intestato a : Roberto Peyrot - Corso
Moncalieri, 70 - 10133 Torino.
Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175,
8 luglio I960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
di respiro più ampio. Si tratta di
facilitare a livello nazionale, là
dove esistono gruppi o comunità
di credenti vive, l’approfondimento di tematiche che oggi urgono ai militanti cristiani, quali
l’etica, la sacramentaria, ecc.
Ciò presuppone un gruppo che
a livello nazionale funga da coordinatore. Tale proposta, ad oggi,
non è stata accolta per l’indisponibilità, causa altri impegni, manifestata dai membri della Facoltà di teologia valdese di Roma.
Destinazione di incontri futuri
Se questi incontri saranno continuati, occorre chiarire a chi si
rivolgono. In altre parole se tali
proposte sono fatte a tutte le
chiese e comunità del pinerolese
o solamente alla chiesa valdese.
Secondo la loro destinazione necessitano uno sforzo pubblicitario diverso.
Coscienti delTutilità e delTirripetibilità a breve termine di in
contri simili sui medesimi temi,
non possiamo essere soddisfatti
della partecipazione avuta il 3 e
4 febbraio e ciò può, forse, essere imputabile anche ad una scarsa pubblicizzazione fatta.
Conclusione
In questi pochi punti non hanno trovato posto le relazioni svolte su Barth e Bultman. Ce ne dispiace per chi non ha partecipato e forse pensava di leggere un
sunto in queste righe.
Per onestà intellettuale non abbiamo tentato di sunteggiarle
perché è oltremodo difficile ridurre delle relazioni su Bultmann e Barth senza travisare lo
spirito e la ricchezza personale
che i relatori vi hanno profuso.
Il nostro augurio è di vedere tali
relazioni pubblicate da Corsani e
Rostagno il più presto possibile
sui nostri settimanali e mensili.
Paolo Barrai
SAN GERMANO CHISONE: WIDEMANN
Una vertenza
sempre aperta
Continua alla Widemann di
San Germano Chisone lo stato
di agitazione e di mobilitazione
per mantenere il posto di lavoro.
Dopo oltre quattro mesi lo spirito di lotta non è affatto affievolito, e lo dimostra l’imponente manifestazione svoltasi a Pinerolo giovedì, scorso 9 febbraio.
Oltre duecentocinquanta persone hanno partecipato alla marcia da San Germano a Pinerolo,
dove sono state ricevute in municipio dal presidente del Comprensorio Pinerolese, Penoglio,
dal presidente della Comunità
Montana Valli Chisone e Germanasca, Maccari, e dall’assessore Pronello in rappresentanza
del Comune di Pinerolo. Erano
pure presenti rappresentanti dei
partiti della sinistra. In questa
occasione gli operai hanno ricevuto l’assicurazione dell’interessamento delle forze politiche locali nella loro vertenza.
Come funziona il Servizio Consultoriale delia C.M. Val Pellice
Il servizio c e e serve
Ospitiamo volentieri questo articolo informativo dell’assessore ai Servizi Sociali della C.M. Val Pellice. Desideriamo solo precisare che abbiamo volutamente interpellato la C.M. ed i medici della Valle per dei chiarimenti di cui la popolazione ha ampio diritto.
Il desiderio di promuovere il
più possibile una corretta informazione induce a rispondere alla nota del sig. Ermanno Genre
apparsa sull’Eco del 3/2/1978.
Effettivamente il titolo della nota, volutamente sensazionale e
giornalistico, ha colpito e davvero ci si chiede perché se il servizio consultoriale non serve gli
utenti siano in continuo aumento; infatti dal 23 gennaio, hanno,
ad esempio, usufruito della visita ginecologica n. 45 donne.
Per quanto si riferisce alla
convenzione con le mutue, certo
la Comunità Montana Val PelJice, nonostante le sue precise
scelte nel campo dei servizi e la
sua volontà di rinnovare, non
poteva da sola risolvere un problema nazionale, comune a tutti i servizi territoriali a causa
della mancata riforma sanitaria.
Infatti tutti i consultori istituiti in Italia, e non solo quindi il
servizio della Val Pellice, aveva
il limite strutturale, del resto
sempre denunciato in tutte le
occasioni ed assemblee, di non
poter rilasciare prescrizioni valide al pari delle mutualistiche.
Le molte pressioni (e perché no
anche della Comunità Montana
Val Pellice) hanno finalmente
smosso qualcosa per cui proprio
in data 7/2/1978 è stato firmato
a Roma un accordo tra Ministero della Sanità e Regioni: a breve scadenza (non è ancora nota
¡a decorrenza) tutte le prescrizioni dei servizi consultoriali
pubblici saranno riconosciute
agli effetti delle prestazioni farmaceutiche previste dal vigente
prontuario e degli approfondimenti diagnostici relativi alle finalità di cui all’art. 3 della legge
regionale n. 39 del 1976 e della
legge nazionale n. 405 del 1975.
Tra breve, quindi, le donne
che si recheranno al consultorio, potranno avere gratuitamente (oltre la visita ginecologica ed
il paptest per la prevenzione dei
tumori al collo aell’utero) ricette e prescrizioni valide per quei
medicinali ed esami clinici di
cui avranno bisogno.
Per ciò che riguarda poi la
collaborazione con i medici locali va detto che la Comunità
Montana da sempre l’ha ricercata. Sempre, ma soprattutto in
occasione dell’avvio di nuovi servizi, si è cercato il contatto con
i medici locali e, pertanto, anche questa volta il medico, cui
è stato affidàto il servizio ginecologico, preceduto da una lettera ufficiale della Comunità
Montana, ha incontrato perso
nalme'.ite i medici della Valle
(solo per 2 o 3 ciò non è ancora
stato possibile). La risposta dei
medici è stata in alcuni casi positiva, con impegno di disponibilità e collaborazione per un
più proficuo reciproco lavoro
mentre, in altri casi, la risposta
è stata francamente negativa (ed
un caso è certamente quello cui
Ermanno Genre si riferisce). Ci
si rallegra pertanto, e sempre in
maggior misura, del sancito accordo di cui si è detto sopra.
Ed ancora, in occasione dell’incontro pubblico del 19/1 u.s.
in cui la Comunità Montana ha
presentato l’avvio del servizio
consultoriale, con lettera individuale tutti i medici della Valle
erano stati invitati a partecipare; nessuno di loro è venuto.
Vorremmo poi ricordare che il
servizio consultoriale non si concreta nella sola visita ginecologica ma molta cura e rilevanza
viene data all’aspetto sociale, al
problema della tutela dei minori ecc.; aspetti di cui già da tempo la Comunità Montana si occupa, anticipando in modo qualificante quel servizio consultoriale globale che, a causa di una
legge settoriale, si intende spesso come esclusivo momento ginecologico.
Per quanto si riferisce all’informazione, ci pare che di tutto
sia sempre stata data ampia notizia ai cittadini della Val Pellice, certo soprattutto a chi ha
voluto essere presente e collaborare informandosi.
Dal 9/2 sono iniziati gli incontri nei Comuni indetti dal Comitato di Partecipazione, in collaborazione con la Comunità Montana; si spera davvero che la popolazione vi partecipi per informarsi ed informare.
Marco Armand Hugon
Il giorno successivo, venerdìi,
una delegazione sindacale accompagnata dal Consiglio di fabbrica è stata ricevuta a Roma
al ministero dell’Industria. È
stato, in quella occasione, chiarito che l’attuale situazione di
crisi non è che l’epilogo di una
situazione non sempre limpida
che si trascina da oltre dieci anni. Le responsabilità di questa
crisi vanno ricercate anche in
precise scelte politiche degli anni passati, quando i finanziamenti che dovevano servire alla
ristrutturazione aziendale sono
stati impiegati senza sufficiente
controllo, in modo che attualmente la ristrutturazione non è
stata ancora portata a termine.
Nel corso di un incontro anche con l’amministratore delegato dott. Gütermann, il ministero ha avanzato proposte concrete che non sono per ora note.
Tra una settimana Pamministratore delegato trasmetterà al ministero la sua risposta ed allora
si potrà fare il punto.
Pare ragionevole tuttavia ritenere che, sulla base dei finanziamenti previsti appunto per la
ristrutturazione industriale, vi
sarà un intervento concreto per
salvare questa azienda che rappresenta, nell’economia locale,
un elemento di grande importanza.
Per intanto le maestranze rimangono in stato di attenta e
vigilante mobilitazione, come è
stato anche precisato nella assemblea di fabbrica svoltasi alla Widemann sabato mattina, ed
hanno in programma altre manifestazioni per tenere desta l’attenzione dell’opinione pubblica
sul problema vitale della salvaguardia del posto di lavoro. Cosi certamente parteciperanno a
Torino, insieme alle maestranze
di altre industrie tessili piemontesi in crisi, alla manifestazione
che si svolgerà a Porta Nuova
per informare i lavoratori di
tutte le altre categorie sulla loro delicata situazione.
LINGUA E PATOIS
Non lasciamoci
colonizzare
Precisazione
In risposta all’articolo di Ermanno Gente a pag. 6 dell’Eco
delle Valli del 3 febbraio u. s.
si fa notare che:
1) i Medici della Val Pellice riconoscono ed apprezzano
l’istituzione dei servizi ambulatoriali specialistici della Comunità Montana;
2) fanno però notare che la
convenzione mutualistica firmata dai loro sindacati vieta ai Sanitari — con diffida — di trascrivere ricette di specialisti non
convenzionati con la Mutua;
3) alla Comunità Montana
spettava assicurare a sue spese
la ricettazione di Specialisti per
dare alla popolazione un servizio veramente valido anche per
le medicine e completo in ogni
modo.
Enrico Gardiol
a nome dei Colleghi Mutualisti
Quanto scrive Liliana Viglielmo a proposito delle lodevoli iniziative della Comunità Montana
per la tutela e la promozione del
patrimonio linguistico occitano
delle Valli, mi sembra meritare
alcune considerazioni. Innanzi
tutto, è bene riflettere che la ricerca, lo studio, la classificazione
del materiale patoisante di per sé
non sono sufficienti (anche se
possono contribuire tra i presupposti) a tradurre sul piano politico la coscienza di possedere un
patrimonio linguistico valido per
la partecipazione attiva delle comunità locali nella lotta contro
« quel nuovo fascismo che è l’accentramento linguistico », come
sosteneva Pasolini nel suo ultimo
dibattito, proprio su « dialetto e
scuola ». In Italia, la cultura alternativa — e purtroppo « subalterna » — è oggetto di ricerche
per lo più asettiche; raramente,
diviene soggetto, cioè arma anticolonialista come in Francia ed
in Spagna (Occitania, Bretagna,
Paesi Baschi, Catalogna, Corsica
insegnano). Mentre si effettuano
le « ricerche » nelle scuole e negli istituti, si lascia che la lingua dominante continui a divorare i « dialetti », ghettizzandoli,
« surgelandoli » nel folklore o
nelle schede. Nelle chiese, nelle
scuole, nell’uso amministrativo,
nelle insegne e persino nella toponomastica, sempre e comunque tiene banco la lingua mandarina del palazzo: l’italiano. Neppure il francese, qui minoritario,
difeso con tanta « resistenza » e
che affratellò Valdostani e Vaidesi nella dichiarazione di Chivasso, non è quasi più parlato
pubblicamente alle Valli. Così,
sovente, i glottologi (persino sen
za accorgersene, non essendo
«integrati» come indicava Gramsci) si pongono quali collaborazionisti e cioè come «glottofagi».
Si veda, al riguardo, il lucido
bouquin di Louis-Jean Calvet, semiologo e sociolinguista alla
Sorbona: « Linguistique et colonialisme. Petit traité de glottophagie » (Paris, Payot 1974), ora
tradotto anchè in Italiano (Mazzotta, Milano). Citando emblematicamente i casi di due esponenti
socialisti del secolo scorso, un
bretone ed un provenzale che
pur avevano sottolineato il valore libertario dei rispettivi patois, Calvet osserva come costoro si ponessero, in realtà, in una
battaglia di retroguardia perché
convinti di parlare, appunto, un
« dialetto » e non una « lingua »,
rafforzando così la posizione egemonica ed il potere alienante del
francese metropolitano. La tradizione dispregiativa legata alla
coppia teorica lingua-dialetto, ripresa e rinnovata con una vernice di « scientificità » dai linguisti,
si è fatta strada sin nel più profondo della mente della gente.
Perciò, sarebbe ora che nelle Valli ci si rendesse conto di parlare
non « un » ’’patois” ma « la »
’’lingua” occitana o provenzale
(come dalle alti valli del Cuneese
all’alta vai Susa) e di riconoscere
che le Comunità Montane potrebbero offrire alle scuole sia il libro delle « Leggende » della Claudiana, sia l’abbonamento alla
« Valaddo » (2.000 lire!) aiutando
queste iniziative culturali a non
essere « in perdita » nell’impari
lotta contro i mass-media colonizzatori.
Tavo Burat
7
17 febbraio 1978
CRONACA DELLE VALLI
TORRE PELLICE
Significato del XVII Febbraio
Una pagina di storia
La prima seduta dell’Enrico
Arnaud del 1978, aperta al pubblico, (una precedente seduta
aveva avuto carattere organizzativo) ha trattato il tema; «come sento il XVII febbraio ».
L’argomento, introdotto dai tre
brevi interventi di Roberto Nisbet, Giorgio Tourn e Marco Armand Hugon, è stato dibattuto
con una buona partecipazione del
numeroso gruppo di fratelli presenti.
I tre interventi partendo da
diversi punti di vista hanno
fornito un panorama molto ampio di posizioni non contrastanti però ma in colloquio fra
loro ed in una linea orientativa
abbastanza comune. Il pastore
Nisbet ha sottolineato il valore
che assume per la sua coscienza di credente la testimonianza
delle generazioni passate che
hanno vissuto e sofferto per
l’Evangelo. Come dice la Sacra
Scrittura siamo circondati da
una grande assemblea di credenti che hanno vissuto prima
di noi e la nostra storia è sotto
questo profilo esemplare. La libertà politica concessa in quella occasione lontana è certo da
vedersi come una possibilità,
una realtà umana ma non per
questo è da considerarsi poco
importante. Anche se infatti la
libertà civile è poca cosa di
fronte alla libertà della fede,
non è da svalutarsi e da consi^
dorarsi irrilevante: anzi è una
occasione di predicazione che
ci viene offerta e di cui i nostri
padri hanno saputo servirsi.
II past. Tourn ha messo in
luce una contraddizione che egli
vive a livello personale, ma che
riflette la situazione della nostra chiesa odierna; da un lato
è pienamente solidale con coloro che « sentono » in forme
anche molto popolari e tradizionali questa festa, in quanto vaidesi, ma dall’altra è portato a
vederne tutti i limiti e le contraddizioni come credente in
quanto è chiaro che il problema fondamentale è essere credenti in Cristo, non appartenere
ad una comunità di tradizione
storica.
Per Marco Armand Hugon
questa situazione esiste sì ma
non deve essere vissuta in chiave di conflitto, ma di dialogo
ed oggi si è avviato un dialogo
rispettoso ed amichevole fra le
diverse posizioni che vivono nella comunità valdese. Le diverse
posizioni che si assumono di
fronte al XVII febbraio, d’altra
parte, dipendono dalle diverse
posizioni che si assumono di
fronte ai diversi problemi, sia
della comunità dei credenti che
della comunità civile nel suo
complesso. Sono queste diverse
impostazioni che devono essere
confrontate e valutate in un dialogo fraterno.
Nel corso del dibattito sono
state via via affrontate questioni tutte attinenti a questi grandi temi: la partecipazione dei
giovani alla vita della chiesa ed
alla sua riflessione, il significato della storia valdese e la possibilità di insegnarla alle nuove
generazioni ; la necessità di allargare il campo degli interessi,
dei dibattiti, delle riflessioni fra
i credenti per una maggior circolazione di idee e di esperienze.
Una serata ricca di spunti
dunque, realizzarli è un’altra
cosa.
Concerto
Il Trio « Georg Philipp Telemann » di Torino, composto da Renzo Gir ondo (flauto dolce), Anna Cristina Siccardi (flauto dolce e voce), Alberto Olivero (clavicembalo),
noto agli intenditori di musica per le sue molte esecuzioni
darà il
24 FEBBRAIO
alle ore 21
un concerto di musica strumentale con un programma particolarmente ricco ed interessante su strumenti d’epoca e
musiche di Frescobaldi, Vivaldi, Pro'wo, Purcell, Telemann
e Haendel.
Il concerto avrà luogo nel tempio dei Coppieri che si
presta bene come ambiente e come acustica, in caso di
eccessiva neve o di maltempo si terrà invece nella Foresteria Valdese. L’ingresso è lìbero a tutti; le offerte saranno
devolute al restauro del Tempio.
• L’assemblea di chiesa sul tema della trasmissione della fede ha avuto un buon concorso
di fratelli; sono stati dati suggerimenti ed indicazioni utili
per una riflessione che dovrà
proseguire in altra sede.
• Venerdì, 17 e sabato 18, alle
ore 21, a cura della Corale, del
Coretto e di un gruppo di amici
verrà offerta una serata con la
presentazione di un lavoro di
V. Calvino e di vari cori.
• Domehica 12 febbraio è deceduto all’ospedale di Pinerolo
il nostro fratello Vigna Giovanni; alla famiglia rinnoviamo la
nostra solidarietà fraterna.
GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA
A chi vanno i nostri doni
Al materiale della Giornata
Mondiale di Preghiera delle donne (3 marzo) recentemente mandato alle unioni femminili italiane tramite la FDEI, mancavano i particolari concreti concernenti lo scopo della colletta, perché non erano ancora arrivati
dal consiglio ecumenico al quale li avevamo richiesti; era stato menzionato solo che l’Italia
avrebbe contribuito quest’anno
a favore di donne rurali africane, ma che avremmo dato altre
informazioni tramite la stampa.
Perciò le responsabili della
giornata mondiale di preghiera,
e le responsabili delle unioni
femminili sono pregate di prendere nota delle seguenti informazioni e di trasmetterle al momento della riunione.
SCOPO DELLA COLLETTA
1978 : SVILUPPO RURALE PER
LE DONNE DEL BENIN.
Cenni geogp'afici ed economi
Comunicato FGEI - Valli
Sabato 4 e domenica 5 marzo, la FGEI-Valli organizza
a Torre Pellice un convegno regionale sul tema:
« La comunità cristiana ; riforma della Chiesa o
comunità alternative? »
Con questo convegno, i gruppi FGEI delle Valli desiderano riprendere ed approfondire la loro riflessione sulla
comunità — iniziata nell’ultimo convegno tenutosi a Pinerolo — e ciò in relazione sia ad uno studio biblico sulla comunità cristiana primitiva, sia alla propria esperienza di
gruppi FGEI, sia rispetto alle attuali comunità locali.
Il convegno inizierà alle ore 15 di sabato 4 marzo, presso il Convitto di Via Angrogna, a Torre Pellice, e terminerà alle ore 18 di domenica 5 marzo.
La domenica mattina, i partecipanti prenderanno parte
al culto con la comunità locale.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
• La Giornata della lebbra,
avrà luogo Domenica 5 marzo.
Verrà diffuso per tempo il materiale di informazione sia nelle
Scuole Domenicali che al culto.
Le collette saranno dedicate alla Missione evangelica contro
la lebbra.
• La domenica 2 aprile sarà
dedicata a una colletta a favore
dell’ampliamento del refettorio
dell’Asilo dei Vecchi di San Germano Chisone, secondo una
esplicita richiesta da parte della
CIOV.
• I catecumeni di IV anno trascorreranno al Castagneto di
Villar Pellice la giornata di domenica 5 marzo per un dibattito approfondito sulle implicanze dell’ammissione in Chiesa.
• Ricordiamo a tutti i genitori
che le Scuole Domenicali procedono secondo l’orario stabilito, raccomandando loro dì curare la partecipazione puntuale
e costante dei loro figli.
• Ricordiamo il culto di riflessione comunitaria che avrà luogo domenica 19 c. m. alle 10,30.
La predicazione su I Corinzi
2: 1-5 avrà come tema ; « La sapienza umana e la potenza dello Spirito ».
L’opuscolo del XVII febbraio
di quest’anno è stato curato dal
past. R. Nisbet ed è intitolato;
« La Comunità e l’istituto di
Vallecrosia (nel centenario del
tempio) ». Esso presenta gli inizi avventurosi dell’opera di evangelizzazione sulla Riviera di Ponente, dovuta all’interesse di un
sacerdote cattolico, don Francesco Aprosio, di un evangelista tedesco, Paul Benemann, e di una
pia signora inglese, Mrs Boyce.
Dopo alcuni anni di lavoro e di
proselitismo, veniva costruito
l’attuale tempietto di Vallecrosia, e si fondava l’Orfanotrofio
Femminile, ora Istituto Evangelico: vi spesero lunghi anni del
loro impegno il maestro-evangelista G.D. Billour, originario di
Bobbio, e il pastore A. B. Tron,
accanto ad altri numerosi pastori ed evangelisti.
La nascita e lo sviluppo della
comunità di Vallecrosia ci trasportano in pieno nel clima dell’evangelizzazione in Italia di circa un secolo fa: tentativi generosi e a volte nulli, costanza e serenità nel compito quotidiano,
gioie e delusioni, hanno caratterizzato questo cammino, nella visione di un’Italia pian piano conquistata aH’Evangelo...
Leggere l’opuscolo pubblicato
dalla Società di Studi Valdesi
(40 pp., riccamente illustrato, L.
500) è aprire una pagina sulla
storia non inutile della nostra
presènza in Italia.
ANGROGNA
ci: Il Benin (ex Dahomey) si
trova in Africa Occidentale ( Golfo di Guinea). È una repubblica
indipendente dal 1960. Ha una
economia precaria basata sulla
agricoltura ; palma da cocco
(raffineria per trarne olio), caffè. L’allevamento è ostacolato
dalle condizioni climatiche e dalle epidemie.
Situazione: Uno dei maggiori
problemi è la malnutrizione di
madri e bambini, dovuta a vari
fattori.
In Benin ci sono alcime animatrici di gruppi di donne rurali. E possiamo dire che è il
paese in cui la CEvAA ha inviato il primo gruppo di azione
apostolica.
Programma; È stato espresso
un grande interesse per l’organizzazione di cooperative artigianali. È importante l’educazione preventiva alla salute. Esiste
un Centro per la Salute, organizzato dai metodisti, che comprende un villaggio delle Madri
vicino a Bohicon, dove vengono
accolte per alcune settimane madri e bambini; il Centro organizza anche delle visite nei villaggi.
Necessità : 1 ) mezzi per sviluppare la produzione; 2) materiali d’insegnamento per animatrici e per le donne dei villaggi su: nutrizione, alfabetizzazione, cura dei bambini ecc.;
3) finanziamenti per i viaggi per
organizzare sessioni di formazione nei villaggi.
Inoltre, all’incontro di donne
europee avvenuto a Bruxelles
(principio febbraio), di cui pubblicheremo prossimamente, è
stato richiesto di segnalare come possibili argomenti di preghiere urgenti, 2 problemi attuali :
— la pace, in riferimento alla
prossima assemblea dell’ONU
sul disarmo, che si terrà in maggio, affinché cessi la corsa agli
armamenti ;
— i diritti della persona umana, in particolare la lotta contro
la tortura (affinché la proposta
di Convenzione tra paesi volontari per firmare contro la tortura possa realizzarsi).
M.F.C.
Giornata mondiale di preghiera
delle donne III circuito
Si terrà a Pomaretto la domenica 5 marzo alle ore 14,30, nei
locali del Convitto, per i gruppi
di Frali, Ferrerò, Villasecca, Pomaretto. Invito cordiale a tutte
le donne della zona.
• Martedì, 14 abbiamo accompagnato all’ultimo riposo Stefano C'oisson (ex-sarto), dei Giovo, deceduto dopo breve malattia, all’età di 86 annh presso l’Ospedale Civile di Pinerolo. La
comunità esprime all’anziana
compagna di Etienne, ai figli e
ai parenti la propria solidarietà
cristiana.
• Venerdì 17 il culto sarà tenuto in collaborazione con le
scuole domenicali. Gradito ospite al pranzo e alla giornata comunitaria sarà il prof. Giorgio
Peyrot che ci illustrerà la questione delle intese.
Attività C.S.E.P.
Con il mese di gennaio, il Centro Sociale di Educazione Permanente (CSEP) di Angrogna
ha ripreso la sua attività.
Nella sede del Capoluogo (1°
piano vecchie scuole) sarà possibile ottenere in prestito libri
e riviste, recandosi dalla maestra Silvana Fenoglio il lunedì
(15,30-18), il giovedì (16,30^19) e
il venerdì, (16-19).
L’attività del C.S.E.P. comprende inoltre un corso di sbalzo su rame per gli alunni della
scuola elementare, al Capoluogo
e ai Giordan.
Tutti i giovedì,, inoltre, gli
alunni della scuola dell’obbligo
(elementare e media) possono
partecipare, dalle 14 alle 16, a
un corso di intaglio su legno.
Il corso è diretto dall’artigiano Piero Pons, il quale è a disposizione degli « adulti » che intendono riscoprire l’antica arte
dell’intaelio, ogni giovedì, dalle
16 alle 18,30.
Chi è interessato ed ha tempo
a disposizione, venga dunque al
Capoluogo (il laboratorio si trova al pianterreno del nuovo edificio scolastico), e si porti un
bel pezzo di frassino, o di « arbourn ».
La dirigente
Silvana Fenoglio
PRAMOLLO
• Nel corso del culto di domenica 12 febbraio ha avuto luogo
l’insediamento del fratello Guido Peyronel nella sua nuova carica di anziano per il quartiere
Tournim. A lui ed a tutto il
Concistoro esprimiamo l’augurio di svolgere sempre con gioia
il loro lavoro al servizio del Signore.
• Ci rallegriamo con Edina e
Renato Long per la nascita del
primogenito Alain. Al piccolo ed
ai genitori esprimiamo i migliori auguri affinché lo aiutino a
crescere nella fede in Dio.
• Il 31 dicembre 1977 è deceduta a Como la sorella Long
Enrichetta ved. Bianchi all’età
di 73 anni, originaria dei Ciotti.
Alla famiglia in lutto esprimiamo le nostre condoglianze e la
solidarietà cristiana.
FRALI
SAN SECONDO
Dopo mesi di invalidità è improvvisamente deceduto il 13 febbraio Daniele Avondetto, di 75
anni (Lombarda). I funerali sono avvenuti il 15 con grande partecipazione di conoscenti. Rinnoviamo il nostro affetto e la nostra solidarietà al figlio Alessandro ed alla sua famiglia.
• È nata Stefania Cavallotto
di Paolo e Floriana Besson (Miradolo). La Comunità nel dare il
benvenuto alla piccola Stefania,
si rallegra vivamente con i genitori.
Doni prò Uliveto
Doni ricevuti nei mesi di novembre
e dicembre 1977:
Jeannette e Eleonora Montaldo
140.250; Jean Domarne 93.500; Avondet Marco e Alma (Prarostino) in occasione del battesimo del nipotino Raffaele Costantino 30.000; In memoria di
Cesare Malanot il figlio Ferruccio e famiglia 20.000; Gay Jeannette Susy e
Enzo, in memoria di Andrea Gay 20
mila; Laura Long 10.000; Giorgina
Giacone 10.000; Ilda Revel 5.000;
Scuola Domenicale di Pinerolo 35.000;
in memoria di Godino Paolo, la famiglia Bor (Pinerolo) 20.000; sig.ne Cornelio 20.000; Misererò 5.000; Balsamo
Colombo Giuseppina 2.500; Lalla e Gino Conte in mem. del piccolo Ettore
Ricciardi 20.000; Mariotti Silvio e Osti
Edith 25.000; Ditta Annovati-Frossasco 200.000; Gardiol Irma S. Secondo
2.000; fam. Zeppegno, Miradolo 2.000;
Lilia Malacrida 3.000; Ernesto e Mirella Bein 10.000.
Ringraziando vivamente per questi
doni si ricorda che è possibile effettuare eventuali versamenti sul c.c.p. intestato all’Istituto Uliveto n. 2/11555.
La popolazione ha inviato una
lettera indirizzata all’Assessore
alla Viabilità e Trasporti della
Provincia di Torino, attirando
l’attenzione sui problemi della
viabilità in Val Germanasca,
chiedendo una precisa risposta
dell’Amministrazione Provincia^
le. Nel prossimo numero daremo informazioni più complete
su questo documento.
Intanto è in preparazione un
incontro con i rappresentanti
della Amministrazione Provinciale.
SERVIZIO MEDICO
Comuni di ANGROGNA - TORRE
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Dal 18 al 24 febbraio
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V____________________________.y
AVVISI ECONOMICI
GIOVANE 37enne, evangelico, ottima
moralità, buona posizione economica,
desidererebbe conoscere signorina
anche pari età per scopo matrimoT
niale. Scrivere presso L. Arimondi,
Vicolo Polluce, 2 - 26100 Cremona
OPERAIO valdese, quarantottenne, desidera incontrare signorina valdese
dai 38 ai 43 anni, per formare focolare cristiano. Rivolgersi al pastore
R. Coisson di Pomaretto che farà
seguire all’interessato.
8
8
17 febbraio 1978'
UNA VALUTAZIONE SULLE ELEZIONI SCOLASTICHE DELL’1M2 DICEMBRE FqIICIO CIÌ
Ma la famiglia evangelica
è uguale a quella cattolica?
L’assenteismo il dato più preoccupante — Gli ambienti legati alle parrocchie i più sensibili al problema
educativo — L’avanzata progressista a livello politico dovrà esprimersi anche nella cultura del popolo.
«I genitori non sono dunque
una spinta verso il rinnovamento della Scuola». Così C. Tron
commentava sulla Luce (6.1.’78,
n. 1) i risultati delle elezioni
scolastiche nei tre distretti delle Valli Valdesi in cui si sono
affermate le liste cattoliche. Le
cose non sono andate molto diversamente nel resto, dell’Italia,
ma quel giudizio ci sembra non
adeguato alla realtà articolata
della nostra società, che si è evidenziata con il voto deiril-12 dicembre scorso.
Innanzitutto il dato più preoccupante è costituito dall’assenteismo: non hanno votato molte persone in più di quante avevano votato un mese prima per
i consigli di classe e d’interclasse, nonostante la propaganda e
i risvolti politici più generali di
cui erano cariche queste votazioni (rinvio elezioni amministrative, fluidità del quadro politico in relazione al governo, ripresa delle lotte sindacali con
lo sciopero della FLM il 2 dicembre). Una percentuale di votanti come quella di Napoli del
33% dimostra il disimpegno dei
ceti popolari e soprattutto sottoproletari rispetto alla gestione della scuola e in generale alla funzione delle istituzioni culturali, sia perché tali ceti sono
oggi troppo assorbiti dalle difficoltà economiche, e costretti
per cos?i dire sulla difensiva, per
potersi aprire attraverso gli
spazi della democrazia partecipativa a fasi più avanzate della
lotta; sia perché le istituzioni
scolastiche e la cultura ufficiale
sono sentiti, tutto sommato, come estranei alla emergenza della vita quotidiana e tutt’al più
come un luogo mitico per l’ascesa sociale a livello individuale.
Viceversa hanno sentito l’importanza del voto i ceti medi e
anche quegli ambienti popolari
che, per essere legati alle parrocchie e alle associazioni cattoliche, sono sensibili al problema educativo. Le liste cattoliche, va detto con piena onestà, non hanno tanto lavorato
in negativo sulla paura del « comunismo ateo», quanto in positivo, proponendo una propria
visione della scuola e della società, che valorizza il ruolo della famiglia e il dato « naturale »
dell’essere genitori, al fine di un
recupero di valori educativi nei
confronti delle giovani generazioni.
I genitori che hanno votato
per gli organismi collegiali della scuola hanno preferito per
lo più riconoscersi genitori in
quanto tali piuttosto che generalmente militanti politici o lavoratori sindacalizzati. Se nell’attuale momento politico ed
economico non si può che essere preoccupati Mal diffondersi
di una certa diffidenza per la
politica o il sindacalismo, c’è
da chiedersi: nella nostra società civile organizzata non è forse proprio questo degli organi
collegiali della scuola uno spazio di espressione per il genitore in quanto tale?
A Napoli si è verificato un caso singolare: nella stessa scuola
le liste unitarie a livello di Circolo e d’istituto, costituite da
genitori che nel precedente triennio avevano già dimostrato il
loro impegno di genitori per risolvere i problemi emergenti
della scuola del quartiere, hanno ricevuto più voti delle liste
unitarie distrettuale e provinciale, per le quali era preminente l’impostazione politica. Viene
da pensare che è necessario e
giusto lasciare alla società civile organizzata un proprio spazio di autonomia, purché questa non significhi separazione o
opposizione alle istituzioni politiche a cui compete la scelta
più complessiva delle linee di
sviluppo e di direzione del Paese.
Già all’apparire del Decreto
delegato sulla nuova gestione
scolastica nel 1974 dicevamo
che il lavoratore in quanto genitore è stato storicamente sottoposto alla soggezione dell’ideologia cattolica della famiglia e
che quindi l’entrata del lavoratore in quanto genitore nella
scuola poteva significare una
spinta conservatrice e clericalizzante in senso cattolico. (È
noto che nell’eiaborazione cattolica su questa materia la scuola, anche quella pubblica opera
solo per delega della famiglia,
della quale deve riflettere le
idealità morali e religiose).
Ma perché le cose dovrebbero
restare sempre così? L’avanzata
progressista sul terreno politico, perché non dovrebbe incidere anche sul livello civile delle abitudini, della cultura, dell’etica del nostro popolo? Tra
la famiglia soggetta al clericalismo e la famiglia ignorata, superata dalla « sintesi politica »,
c’è spazio oggi e domani per
una famiglia rinnovata, progressista, aperta ma non disgre
gata? Il problema dunque è di
interesse generale, investe il dibattito sui diritti civili e quello
sul rinnovamento dell’etica: ma
tocca particolarmente noi evangelici. Anche noi, come i cattolici, ma per motivazioni diverse, diamo importanza alla famiglia: non è essa il primo luogo
per la testimonianza della fede?
i^erché dovremmo fare a meno
di questa istituzione, e quindi,
nell’articolazione organizzativa
della società civile, perché dovremmo rinunciare al nostro
ruolo di genitori che vivono e
partecipano i problemi educativi dei figli?
È significativo che nelle Valli
Valdesi, dove si è avuta la più
alta percentuale di NO al referendum sul divorzio, i genitori
oggi votino le liste dei cattolici.
Per un verso molti avranno constatato che erano le uniche liste
di genitori dietro alle quali non
c’erano i partiti o i sindacati
che non dovrebbero avere in
prima persona un ruolo diretto
in queste strutture. Ma come
mai non hanno visto che dietro
a quelle liste di genitori c’è invece la chiesa cattolica e indirettamente la DC? Mi sembra
che, se c’è stato un errore di
fondo nella presentazione delle
liste unitarie, va riconosciuto
soprattutto che in questi anni è
mancata tra noi evangelici, nelle Valli e fuori delle Valli, una
elaborazione adeguata sul nostro concetto di famiglia, un
concetto che rivendicando nostri valori li presentasse come
contributi storici, non ideologici
né dogmatici. Ma tale visione
della famiglia e del ruolo dei
genitori risulta inconciliabile
proprio con la concezione sacramentale cattolica e, viceversa, conciliabile con forme di etica nuova, laica, ma non risolvibile in esse, senza l’apporto originale che nasce comunque dalla esperienza di vita di famiglie
e di genitori cristiani evangelici.
Emilio Nitti
ÍLA
V___
SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio ViolaJ
La guerra
di Breznev
africana
Castro
Sul « Manifesto » del 7.2.’78
sono apparsi alcuni articoli, non
meno interessanti che allarmanti, contenenti le ultime notizie e
valutazioni su quella che è ormai non più una guerriglia, ma
una vera e propria guerra combattuta con considerevoli mezzi
e con pianificata organizzazione.
Si tratta di una tragica svolta,
a cominciare da una data abbastanza precisa: quel venerdì
3 corr., in cui Breznev, Raul Castro (ministro della difesa cubano e fratello di Fidel) e All Nasser (primo ministro dello Yemen
del Sud) si sono incontrati a Mosca. « Argomento di questo colloquio al vertice, l'evolvere della situazione nel Corno d'Africa. Molti commentatori hanno affermato che, in quella sede, si sia decisa la controffensiva etiopica attualmente in corso, contro i guerriglieri del Fronte di liberazione
della Somalia occidentale (FLSO)
e presumibilmente contro i fronti di liberazione dell’Eritrea.
Dunque, di fatto, è ormai ufficializzata l’internazionalizzazione
della guerra in corso nell’Ogaden
(ma anche in Eritrea) e la partecipazione, ai combattimenti, di
contingenti cubani e sud-yemeniti e di addestratori e tecnici
sovietici e dei paesi dell’Europa
dell’Est. Del resto, fin dallo scorso dicembre è in atto un ponte
aereo fra l’VRSS e Addis Abeba.
Più difficile stabilire l’entità
delle forze in campo, data la
scarsezza delle informazioni, tutte di fonti occidentali o somale.
Per quanto riguarda la presenza
cubana, le valutazioni pubblicate
venerdì scorso dall’ “Associated
Press” riferiscono la presenza di
circa 2.500 cubani in Etiopia. Altre fonti statunitensi parlavano
di un ponte aereo fra VAngola e
l’Etiopia per l’ulteriore trasferimento di altri 2.500 soldati cubani (in Angola vi sarebbero 19.000
soldati e 4.000 consiglieri e tecnici). Infine, nel suo ultimo numero, il settimanale americano
“Newsweek” afferma che Cuba
sta attualmente mobilitando i
suoi riservisti, per aiutare l’esercito etiopico e il regime del dittatore "socialista” Menghistu.
Secondo il settimanale, due navi mercantili sovietiche si stanno dirigendo verso Cuba, dove
dovrebbero imbarcare da 3.000 a
5.000 soldati diretti verso il Corno d’Africa. Il settimanale affer
ma anche che ufficiali cubani e
sovietici parteciperebbero, assieme a ufficiali etiopici, alla “commissione centrale di guerra”, che
ad Addis Abeba supervisiona tutti i piani di operazione sull’Ogaden e in Eritrea ».
Ancora più difficile (afferma
l’articolista) è stabilire l’entità
degli aiuti militari propriamente
sovietici e di altri paesi dell’Europa orientale, sia in uomini
(consiglieri, tecnici ecc.) che in
materiale. « Si sa comunque che
gli aerei Mig 21 e 23 che, in questi giorni, stanno bombardando
l’Ogaden, sono pilotati, in massima parte, da yemeniti e da cubani; infatti non è possibile che gli
scarsi piloti etiopici siano stati
riciclati in un periodo così veloce
su materiale russo. Lo stesso di
scorso vale per le unità corazzate
recentemente sbarcate ad Addis
Abeba e già operative nell’Ogaden. Infine vi sono circa venti navi da guerra sovietiche nel mar
Rosso. In particolare alcune di
queste concorrono nella difesa
del porto di Massaua, da settimane circondato dai guerriglieri.
Sull’altro fronte, nonostante le
reiterate richieste di armi, rivolte dalla Somalia agli USA e ai
paesi europei (fra cui anche VI taglia), sono soprattutto l’Iran, il
Pakistan e l’Arabia Saudita a fornire armamenti. La Germania, da
parte sua, ha quasi raddoppiato
il suo aiuto finanziario a Mogadiscio e, in più, vi ha aggiunto un
prestito di 15 milioni di marchi
utilizzabili per l’acquisto di armi
di tipo NATO ».
solidarietà
Prima di pubblicare un nuovo elenco delle sottoscrizioni
pervenuteci, ricordiamo ai lettori quali sono le attuali destinazioni del Pondo.
Sempre aperta la sottoscrizione per le Valli, a favore dei dann^giati dalle alluvioni. Nei
giorni scorsi abbiamo ricevuto,
fra le altre, una generosa offerta di una Chiesa svizzera che
ci ha consentito di effettuare un
ulteriore versamento di 1.650.000
lire. Si tratta del terzo versamento che effettuiamo alla commissione distrettuale, per un
ammontare di L. 4.150.000.
Ricordiamo poi le altre seguenti iniziative del Consiglio
ecumenico delle Chiese ( CEC ) ;
il Programma di lotta al razzismo, quelle di ricostruzione in
Libano, che necessita di parecchie opere distrutte dalla guerra, ed il programma contro la
tortura nel mondo.
Infine, il nostro Fondo intende anche accogliere l’appello del
CEC per la raccolta di 5 milioni
di dollari a sostegno delle vittime dell’uragano che ha devastato vaste zone dell’India a fine
novembre ed ha ucciso parecchie migliaia di persone. La
stampa italiana è stata piuttosto parca di notizie. Apprendiamo ora che i sinistrati ammontano a milioni, che le abitazioni
crollate sono centinaia di migliaia e che centinaia di migliaia
di ettari di coltivazioni sono
state totalmente devastate, con
strade, ferrovie, impianti elettrici, ecc.
Per maggiori informazioni ricordiamo che nel n. 4 del 27
gennaio scorso il nostro settimanale ha nubblicato l’appello
del CEC.
Le offerte, come di consueto,
possono essere inviate al conto
corrente postale n. 2/39878 intestato a Roberto Peyrot, corso Moncalieri 70, Torino, possibilmente specificando la destinazione dell’offerta stessa.
Ed ecco l’elenco aggiornato: P. Con.
bo (tre vers.) L. 14.000; N.N. con
simpatia (id.) 45.000; M. Durand
10.000;M. Mariani (due vers.) 15.000;
G. Conti 10.000; T. Carlin 130.000;
Chiesa ev. Cuneo (Q. Sella) 70.000; F.
Bertinat 4.O00; J. Chadima (due vers.)
11.000; G. Laetsch (due vers.) 10.000;
M. e E. Bein 27.500; M. Bein Buzzi
7.500; G. Grillo 5.000; M. Jon Scotta
10.000; Chiesa prot. di Bolle (Svizzera)
1.500.000; Comunità valdese Cosenza
20.000; Comunità valdese Dipignano
10.000; I. Palmieri 5.000; Membri
Chiesa valdese Genova 27.000; F. Fassanelli 10.000.
Totale L. 1.960.000; prec. 1.224.104;
generale 3.184.104 — L. 1.650.000 per
alluvionati Valli, in cassa L. 1.534.104.
R. Peyrot
TORTURA IN PARAGUAY
Repressione in crescendo
La Repubblica del Paraguay,
situata al centro del Sud America, è lo stato più povero del
continente. La popolazione è di
2.500.CC0 abitanti, composta principalmente da mestizos, una
razza spagnolo-india. Circa il
25/30% della popolazione, data
la situazione politico-economica,
è stata costretta ad emigrare
all’estero. Parte integrante dell’economia paraguaiana è il contrabbando di merci di lusso e di
droga. Nonostante che formalmente esista un parlamento, il
Paraguay è governato dittatorialmente dal generale Alfredo
Stroessner sin dal 1954, quando
un golpe lo portò al governo. Da
allora egli ogni tre mesi ha dichiarato lo stato di emergenza
che gli ha permesso di mantenere per più di 20 anni il potere, fino a che nel 1977, attraverso un emendamento costituzionale, gli è stata concessa praticamente la presidenza a vita. La
Costituzione paraguaiana prevede la difesa dei diritti umani,
ma ciò è inesistente di fatto, a
causa appunto del continui stati di emergenza che sospendono
le garanzie costituzionali.
Il numero dei prigionieri po
litici, più che quadruplicato negli ultimi 10 anni, è indice del
quadro di generale degradazione dei diritti dell’uomo in Paraguay.
Le violazioni più gravi dei diritti umani sotto la dittatura del
generale Stroessner — comunica l’organismo Amnesty International —, óltre alla repressione generalizzata della libertà di opinione politica, di parola e di stampa, sono:
— detenzione a tempo indeterminato senza processo;
— tortura, a volte con conseguenze mortali;
— sparizioni a seguito di arresti.
È uscito, recentemente, in lingua italiana il rapporto completo di Amnesty International
sulla repressione (torture ed esecuzioni extragiudiziali) in Paraguay.
Di questo scottante dossier
presentiamo, di seguito, un breve estratto: la lettera del Vescovo di Caacupè al Ministro paraguayano dell’Interno.
Signor Ministro;
è stato con profondo dolore e tristezza che ho diviso la disperazione e l’an
goscia di una famiglia e di una comunità contadina il 7 luglio, quando nella parrocchia di^Tiribebuy ebbe luogo
il funerale cristiano dei resti mortali
di Arturo Bernal.
Questo cristiano fu arrestato dalla
polizia il 12. maggio e ucciso mentre
era in carcere.
Lei può personalmente testimoniare,
signor Ministro, del mio interessamento per quest’uomo e per molti altri contadini di Piribebuy arrestati nello stesso tempo. Alle 5,30 della sera del 20
maggio, do ero nel Suo ufficio al Mi
nistero deH’Interno e parlai a Lei personalmente in favore di questi cristiani
della mia diocesi. Il 30 giugno a Caacupé e in presenza del Padre Ramón
Mayans, ho ripetuto il mio urgente
appello. In ambedue le occasioni, Lei
prese nota della mia richiesta e promise di occuparsi personalmente del
destino di quei contadini arrestati con
Arturo Bernal.
E’ questa la Sua risposta? Il cadavere di Arturo Bernal, il lutto di una famiglia contadina, una vedova lasciata
senza protezione e 5 giovani figli lasciati senza padre! E —su questo non
ci può essere alcun dubbio — la terribile responsabilità che Lei ha per la
morte crudele di un altro cittadino detenuto dal Ministero sotto il suo controllo!