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ECO
DELLE YMU VALDESI
BIBLIOTECA VALDESE
10066 TORRE PEIL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 110 - Nam. 45
^^Una copia Lire 100
ABBONAMENTI / L- 4.000 per l’interno
11. 5.000 per l’estero
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TORRE PELLICE — 16 Novembre 1973
Amm.: Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
L'ORO NERO
GLI EVANGELI IN EDIZIONE TASCABILE
È, o dovrebbe essere ormai chiaro
che la molla possente del conflitto mediorientale è il petrolio. Naturalmente
altri grandi problemi, altri drammi vi
si sono innestati; quello ebraico, con
il suo sbocco sionista; quello palestinese, contraccolpo (ma non solo) del
precedente; quello, più ampio e complesso, del disparato mondo arabo riemergente da secoli di scadimento e di
emarginazione, oscillante fra dittature
di segno diverso; quello, infine, di una
via di comunicazione e di una zona
strategica d'importanza mondiale eccezionale. Tutti questi problemi hanno
la loro realtà propria e profonda, analogamente a ciò che avviene in tanti
altri punti particolarmente dolenti del
mondo. Ma è chiaro che qui lo scontro
si carica di una portata particolarissima perché si situa nella lotta per il
predominio su di un’area d’importanza
economica vitale per il mondo. Ed è
pur significativo che l’altra zona da decenni teatro di uno scontro frontale —
anche quando subdolamente sostenuto
per interposte persone — sia quel SudEst asiatico, dall’Indocina all’Indone'>ia e alle Filippine, che risulta nascondere un altro dei massimi depositi peiroliferi mondiali.
I ponti aerei sovietico e statunitense
erano e sono ponti verso il petrolio:
ciò che conta per i due Supergrandi è
conservare o assicurarsi la massima
influenza economico-politico - militare
nell’area miracolosa; scopo massimo,
l’esclusiva, scopo minimo, il contrastare validamente la ricerca di esclusiva
del rivale (ufficialmente sorridente). Si
potrà dire che né gli USA né tanto
meno l’URSS (tuttora tecnologicamente meno sviluppata e più fornita in petrolio proprio) dipendono oggi in modo vitale dal petrolio mediorientale. È
vero, ma per quanto tempo, considerando la vertiginosa crescita tecnologica e dei consumi? Soprattutto, quelle
due potenze sono entrambe circondate
da un codazzo di nazioni minori aggiogate volenti-nolenti al loro carro: le
grandi compagnie petrolifere statunitensi stendono la loro rete, diretta e indiretta, su tutto il mondo occidentale;
e, in termini di collettivismo statale,
senza dubbio "solidarietà” (si fa per
dire) analoghe si presentano nel mondo comunista.
Cedendo al ricatto dei produttori
arabi di petrolio, tutti i paesi europei
occidentali hanno abdicato con interessata viltà a qualsiasi indipendenza
di valutazione e di atteggiamento nei
confronti del conflitto arabo-israeliano;
tutti, anche quelli meno usi a questi
cedimenti opportunistici, come l’Olanda.
E chi sono, nella quasi totalità, questi produttori di petrolio, arbitri di
mezzo mondo? Nel Medio Oriente, con
la sola eccezione dell’Irak retto da una
dittatura militare "socialista”, si tratta di dittature feudali: la produzione
petrolifera è proprietà privata di sovrani e sceicchi, che fanno scorrere
paternallsticamente qualche rivolo della valuta pregiata (in cui si tramuta il
flusso di oro nero proveniente dai loro paesi) a favore delle popolazioni loro soggette, ma che accumulano il
grosso di essa in Occidente, come una
forza di pressione economica capace di
far tremare le banche più solide e mettere in subbuglio le grandi Borse. Dimenticavo: una parte non indifferente
dei loro proventi va generosamente a
finanziare la guerriglia palestinese e
le forze armate regolari dei paesi arabi
confinanti con Israele, impegnati nel
confronto militare diretto; non un
soldo va invece ai campi di rifugiati
palestinesi per i] vitto e l'istruzione o
la formazione professionale (lasciati
alla carità internazionale, in buona
parte occidentale, e statunitense in
particolare), e in vari di questi paesi
arabi è rigidamente vietata l’immigraz.ione a palestinesi che volessero risistemarvisi. Il quarto conflitto araboisraeliano è stato per i petrolieri arabi
un’ottima occasione di corsa al rialzo
dei guadagni. Il cedimento al ricatto,
praticamente senza resistenza, non aumenterà ulteriormente l’appetito dei
"signori del petrolio”? Come qualificare chi si è una volta ancora, e con
sfacciataggine clamorosa, servito come pretesto delle sofferenze del popolo
palestinese per farci su un ottimo affare, non esitando a farne pagare il
prezzo umano ai morti arabi e israeliani?
Non è un idolo, quest’oro nero, al
quale si sacrifica? (Meglio, come sernpre, se le vittime sono altri e se il
prezzo .sono altri a pagarlo). Il volto
odierno di Mammona non prende prevalentemente, in questo periodo, lo
aspetto di un pozzo petrolifero, di un
accordo sulle royalties?
Ma questo asservimento all’idolo
non è solo dei "grandi”, degli "altri".
Ogni cittadino occidentale o orientale,
facendo il pieno di benzina, fruendo'
del riscaldamento o dell’illuminazione,
o di manufatti prodotti utilizzando ii
petrolio come fonte energetica, sostenendo o subendo passivamente le politiche sopra accennate, sacrifica anch’egli sull’altare dell’idolo. Non ci
sono giusti.
Vien da rileggere in questo contesto
il capitolo 44 in cui il profeta Isaia fustiga con allegra/feroce ironia i costruttori e adoratori di idoli — quegli
idoli che, secondo Geremia (10: 5),
« son come pali in un orto di cocomeri », muti e morti simulacri fra popoli
di zucche vuote. Chissà che l’inconsistenza di quest’idolo vorace, l’oro nero, Mammona odierno, non abbia una
dimostrazione storica anche rapida, se
si verificherà quello che Alberto Ronchey ha scritto nel suo acuto e stimolante Atlante ideologico, nel capitolo
’Politica e petrolio di Allah’: « Si tratta di una corsa contro il tempo: infatti le ricerche compiute dalla tecnologia più recente lasciano prevedere
che dopo il 1980 le centrali nucleari
provvederanno quasi esclusivamente
alla produzione di energia, e da quel
momento comincerà a declinare l’importanza del petrolio quale fonte energetica. 'Fra 15 anni — è stato detto
al congresso petrolifero arabo del 1972
in Algeri — il petrolio perderà di valore’ ».
È comunque certo che un altro idolo
avrà già sostituito l’oro nero; altrettanto e più vorace e sanguinoso, ugualmente assurdo « palo in un orto di
cocomeri ». Non è ancora mai accaduto che gli uomini non abbiano corrotto, e adorato, l’opera delle loro mani e delle loro menti. Né che Dio li abbia abbandonati senza giudizio e senza
speranza alla loro stoltezza.
Gino Conte
Matteo, Marco, Luca, Giovanni
negl “Oscar Mondadori”
A partire dal 13 novembre sono in libreria i 4 evangeli in edizione tascabile, usciti nella collana degli « Oscar
Mondadori » e raccolti in cofanetto.
Ogni volumetto (uno per evangelo)
comprende un’ampia introduzione, una
nuova traduzione dall’ originale, un
commento per capitoli o episodi.
L'impresa, commissionata da Mondadori all’IDOC, organismo interconfessionale sorto dopo il Concilio, è stata realizzata da un gruppo di collaboratori cattolici ed evangelici, ciascuno
dei quali ha svolto una parte del lavoro.
I cattolici sono: José-Maria Gonzalez-Ruiz (introduzione, traduzione, commento a Marco); Mario Cuminetti
(commento a Matteo); Bruno Maggioni (commento a Loca); Lamberto Barsottelli (traduzione di Giovanni); Ernesto Balducci (commento a Giovanni).
Gli evangelici sono: Giorgio Tourn
(introduzione a M’tteo); Bruno Corsani (traduzione di Matteo); Giorgio Girardet (introduzio 'e a Luca); Franco
Ronchi (traduzione: di Luca); Paolo Ricca (introduzione o Giovanni).
II lavoro redaz'onale, complesso e
talvolta debilitani , è stato svolto da
p. Vittorino Joan ies nella prima fase
dell’impresa e da’ nostro Paolo Pioppi
nella seconda.
CARATTERISTICHE DELL’OPERA
Le introduzioni, piuttosto ampie, inquadrano ciascun evangelo nella situazione storica e ambientale in cui è sor
A partire dal prossimo numero, il nostro periodico
recherà mensilmente un inserto, curato dai pastori Giorgio Tourn ed Ermanno Genre con ampia collaborazione, dedicato all’
OTTAVO CENTENARIO VALDESE
La pubblicazione di questi inserti mensili continuerà fino alla prossima estate, accompagnando e stimolando la riflessione che si va avviando nelle nostre
chiese in questa importante ricorrenza e preparando
le ’’celebrazioni” nelle quali culminerà, l’estate prossima, appunto, questa nostra riflessione comune. In
questi contributi mensili riandremo le tappe della nostra storia, ma tenendo ben d’occhio il presente: rileggeremo documenti antichi di rilievo, rievocheremo figure e momenti del passato, ma cercando di tener vigile la nostra attenzione sugli aspetti della nostra vocazione odierna: vogliamo rispettare il passato in cui
affondano le nostre radici, anzitutto conoscendolo e
comprendendolo per quel che è stato, ma vogliamo
cercare la via della fedeltà oggi. Non saremo solo noi
a parlare, ma coinvolgeremo fratelli delle nostre chiese nella nostra ricerca.
Come già annunciato in un articolo del past. Giorgio Tourn, il numero mensile sarà inviato o consegnato a cura dei Concistori e Consigli di chiesa a tutte le
famiglie delle rispettive comunità, anche a quelle non
abbonate al nostro settimanale: questa, almeno, è la
nostra speranza e la nostra proposta: molte chiese
l’hanno già positivamente accolta e speriamo che tutte le altre vi si uniscano.
Infine - ma, con sincerità, questo è un di più, non
un secondo fine - speriamo che fra le famiglie finora
non abbonate, ve ne saranno che, invogliate da questo
arrivo mensile, desidereranno mantenere questo collegamento settimanale e si abboneranno. A loro e a
tutti ricordiamo che il canone d’abbonamento per il
1974 è di L. 4.000 per l’Italia e L. 5.000 per l’estero: esso va versato sul conto corrente postale n. 2/33094 intestato a ’’L’Eco delle Valli Valdesi-La Luce”, Via Cavour 1, 10066 Torre Pellice (To).
to: così lo si capisce meglio e lo si apprezza di più. Siamo abituati a leggere
la Bibbia, per così dire, fuori dal tempo, ma non è certamente questa la lettura migliore. La parola biblica è eterna ma non atemporale (cioè senza tempo, fuori del tempo). Situando la parola biblica, in questo caso quella degli
evangeli, nel contesto storico in cui è
dapprima risuonata non si limita la
portata del messaggio, al contrario la
si precisa. Le introduzioni segnalano
anche le caratteristiche teologiche specifiche di ciascun evangelista: non introducendo cioè soltanto al testo ma
anche al pensiero dell’autore biblico.
Sia sul piano storico che teologico le
introduzioni sono aggiornate, cioè tengono conto dei risultati acquisiti dalla
critica biblica in questi ultimi decenni:
si può anzi dire che è la prima volta
che essi vengono divulgati, cioè proposti ai lettori italiani degli evangeli in
una edizione di larga diffusione, non
destinata agli specialisti. Divulgare non
vuol dire volgarizzare ma rendere popolare. Il livello scientifico dell’opera è
più che notevole: l’esigenza critica è
stata mantenuta fino in fondo, e proprio per questo la natura dei documenti evangelici come testi di storia letta
dalla fede e in vista della fede emerge
tanto più chiaramente. Nello stesso
tempo le questioni critiche sono trattate in modo che anche chi non ha familiarità con questi problemi (fisionomia del cristianesimo apostolico; situazione religiosa e politica ambientale;
formazione ed evoluzione della tradizione evangelica orale; vita e missione
delle prime comunità cristiane, con i
loro problemi e le loro tensioni; ecc.)
possa intenderli nei termini essenziali.
Non è detto cioè che per essere scientifici bisogna essere difficili.
La traduzione è in un italiano moderno e corrente ma non giornalistico:
non si è forzato il testo per renderlo
artificiosamente contemporaneo (ad
esempio, gli « scribi » non sono diventati « i teologi », e via dicendo^ Lo
sforzo, anche grande, di attualizzazione
è stato fatto nel commento, non nella
traduzione, che è assai scorrevole e di
agevole lettura ma resta, appunto, una
traduzione e non diventa una trasposizione. Del resto siamo convinti che la
Bibbia è già in sé un testo fondamentalmente popolare, nel senso proprio
del termine, essendo nata in un popolo
— in Israele l’Antico Testamento, nelle
comunità cristiane del 1° secolo il Nuovo Testamento. La Bibbia non è nata
in una biblioteca, o in una cella di convento, o nello studio di un teologo, ma
è nata nella vita di un popolo, di una
comunità di credenti. Perciò è vicina
alla vita, e per far risaltare la sua concretezza e aderenza alla realtà basta
renderla nella sua integrità e freschezza originaria.
La versione è del tutto libera da pregiudiziali dogmatiche di tipo confessionale. Non la si può neanche definire
« concordata » in quanto l’unica concordia accettabile è quella che il testo
biblico crea: « non concordata », dunque, ma fedele. La fedeltà al testo biblico è l’unico criterio di traduzione
che, come evangelici, possiamo accogliere, ed è stato accolto e praticato
anche là dove il testo biblico contraddice particolari dottrine romane (esempi tipici; i « fratelli » di Gesù non diventano cugini; la « verginità di Maria » non è perpetua ma dura solo fino
alla nascita di Gesù; Maria non è « piena di grazia », e cosi via).
Il commento tende a mettere in ri
lievo il senso, la portata, il messaggio
del testo, oltreché a fornire le spiegazioni storiche e linguistiche indispensabili per ia sua comprensione. La preoccupazione dominante è di ascolto e
comunicazione della pagina biblica, colta nel suo significato originario e riferita, direttamente o indirettamente, alla situazione odierna della Chiesa e
del mondo. Anche il Commento, come
le altre parti dell’opera, vuol essere libero da condizionamenti dogmatici
confessionali. P. Balducci, autore del
commento a Giovanni, scriveva in una
lettera ai curatori: « Non vorrei scrivere nulla, nel mio commento, che un
evangelico non possa sottoscrivere ».
Dal punto di vista dell’impaginazione
c'è da notare che il commento non procede versetto per versetto ma si articola su unità testuali più ampie ( « pericopi » è il termine tecnico, o insieme
dj pericopi), e non è posto a pié di pagina ma dopo il testo evangelico, con
diverso carattere tipografico.
UN’OPERA ECUMENICA
Tenendo conto di quanto abbiamo
sin qui detto, è evidente che il carattere ecumenico dell’opera non dipende
tanto dalla fisionomia interconfessionale del gruppo dei collaboratori quanto dalla natura del lavoro svolto. E la
Bibbia che ci rende ecumenici! Non
siamo noi che facciamio un lavoro ecumenico intorno alla Bibbia, è la Bibbia che può rendere ecumenico il nostro lavoro. La Bibbia è il punto di convergenza _ dei cristiani separati. Non
siamo noi che ci raduniamo intorno alla Bibbia, è la Bibbia che ci raccoglie
intorno a sé. Ed è stata invero
un’esperienza molto bella poter rendere con dei cattolici, in piena fraternità
e libertà, un servizio alla parola di Dio.
È caduto, finalmente, anche a livello
di gerarchia ecclesiastica, l'ostracismo
alla Bibbia tipico della Controriforma
cattolica. La necessità di diffondere la
Bibbia è oggi condivisa da tutte le
chiese, dato che aveva ragione s. Girolamo di dire: « Ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo ».
Certo, di fronte ai quattro evangeli
diventati altrettanti « Oscar Mondadori », mentre ci si rallegra della possibilità di diffusione che questo genere
di edizioni comporta, resta una perplessità: quando la diffusione della
Bibbia diventa anche un’ operazione
commerciale, essa corre dei rischi. Si
può fare della Bibbia un libro « da regalo », con veste tipografica lussuosa
— così essa diventa una specie di soprammobile stampato, che si ammira
ma non si legge. Oppure si può fare
della Bibbia un tascabile « da consumo », cioè un testo che si legge ma poi
si dimentica, per passare a quello successivo (esce un « Oscar » per settimana). La pubblicazione degli evangeli negli « Oscar Mondadori » ha il pregio di
immettere il testo evangelico in un giro di larga diffusione popolare e comporta il rischio di assoggettarlo ai condizionamenti della psicologia consumistica. Ma, a nostro avviso, è un rischio
da correre. Nell’insieme consideriamo
quest'impresa, malgrado il limite ora
segnalato, come un’impresa evangelicamente valida.
Un’ultima osservazione: l’opera è priva di imprimatur, che del resto i collaboratori evangelici (e forse anche qualcuno cattolico) non avrebbero potuto,
in coscienza, accettare.
La tiratura è di 40.000 copie.
Paolo Ricca
NELLA RUBRICA TELEVISIVA « PROTESTANTESIMO »
Un programma sui Battisii nelI'URSS
e uno sul 25" anniversario del CEC
Giovedì 15 va in onda una trasmissione della rubrica televisiva « Protestantesimo » dedicata alla vita dei Battisti neU’URSS; saranno in studio il
past. Michele Sinigaglia e la signora
Pierina Mannucci, i quali hanno fatto
parte recentemente di un gruppo che
ha visitato, appunto, chiese battiste
nell’Unione Sovietica. Oltre alle loro
testimonianze, vi saranno parti filmate del tutto inedite per il pubblico italiano. Su questo tema sappiamo poco
e il poco che sappiamo è contradditorio; le testimonianze che saranno presentate vogliono essere un contributo
alla conoscenza.
La settimana successiva, giovedì 22
(sempre alle 18,30, sul II canale) andrà in onda un servizio dedicato al
25” anniversario del Consiglio ecumenico delle Chiese. Un filmato, girato in
quest’occasione dal CEC, presenterà le
varie attività del Consiglio; saranno
poi in studio i pastori Mario Sbaffi e
Giorgio Girardet, i quali risponderanno essenzialmente a queste due domande; 1) quale incidenza ha avuto nelle
Chiese italiane l’attività del CEC?
2) Quali sono le prospettive per gli anni futuri?
2
pau. .
N. 45 — 16 novembre 1973
PER UNA NUOVA TRADUZIONE DEL NUOVO TESTAMENTO
CoylKre hi profondità la struitom dello lingnp
Nel 25" anniversario, l’Associazione Biblica Italiana
ha riunito a Frascati una quarantina di studiosi a simposio su
La scorsa settimana, per uno spiacevole disguido redazionale, è stata
pubblicata senza alcuna indicazione
e per di più senza firma, la continuazione di uno scritto del direttore della Libreria S. Scritture di cui
avevamo iniziato la pubblicazione
due settimane or sono. Ce ne scusiarno vivamente con autore e lettori. Continuiamo ora, e concludiamo la pubblicazione di questa presentazione dei motivi e dei criteri
cui risponde la nuova traduzione
del Nuovo Testamento, in italiano
corrente, in fase di realizzazione, e
per la quale, fra l’altro, molte chiese hanno raccolto la loro colletta in
occasione del culto della Domenica
della Riforma. red.
L’analisi
delle strutture
La scoperta più importante della
linguistica, nel settore che ci interessa, riguarda la strutturazione delle
frasi. Si è giunti, infatti, a rilevare la
esistenza di due strutture fondamentali: una superficiale, che è quella della frase così come si presenta ed una
profonda costituita da una successione di noccioli (frasi nocciolo) strettamente legati tra loro. Il passaggio da
una struttura all'altra chiamasi « trasformazione », che è inversa quando
dalla superficie si scende al nocciolo
e diretta nel caso contrario. Sulla base di questa distinzione si è constatato che ogni lingua è formata da un
numero ristretto di frasi-nocciolo (da
6 a 12), mentre ha infinite strutture
superficiali.
Si può quindi concludere che le lingue si assomigliano maggiormente al
livello « profondo ». Il francese, l'inglese e l’italiano, hanno, per esempio,
otto frasi-nocciolo essenziali L
Quali sono le implicazioni per la traduzione? Innanzi tutto notiamo che in
apparenza il cammino da farsi è più
lungo.
Non si passa direttamente da un testo ad un altro, ma occorre scomporre accuratamente una frase nei suoi
noccioli linguistici, trasferirli nella
lingua moderna ed infine costruire la
nuova struttura superficiale adatta al
nostro tempo. In pratica si tratta di
un rapido andirivieni piuttosto che di
tre tappe cronologicamente distinte e
successive.
Tuttavia, per amor di chiarezza, è
meglio mantenere la distinzione almeno fin che ci muoviamo sul piano teorico. Occorre, dunque, analizzare la
struttura superficiale.
La grammatica ci dà naturalmente
il primo aiuto permettendoci d'individuare i nomi, i verbi, gli aggettivi, gli
avverbi e le preposizioni. Possiamo
cioè enucleare le parti di un discorso
anche se non ne conosciamo il loro
significato.
A questo punto entrano in gioco le
categorie semantiche, che pur mantenendo un certo parallelismo con quelle grammaticali, ci permettono di essere maggiormente precisi e di abbracciare lingue dalle grammatiche più disparate.
Le categorie semantiche fondamentali sono quattro: la prima (generalmente indicata con la lettera 0) rileva gli oggetti nominabili che entrano
a far parte degli avvenimenti; la seconda (generalmente indicata con la
lettera E) gli avvenimenti e le azioni;
la terza (generalmente indicata con la
lettera A) le astrazioni, cioè le qualità
e le quantità, che non hanno un’esistenza propria e indipendente e, infine, la quarta (generalmente indicata
con la lettera R) i rapporti con le categorie precedenti.
Naturalmente vi sono delle strutture complesse, che non si lasciano imbrigliare a prima vista. Esse richiedono una buona esperienza prima di
farsi scomporre nei loro noccioli. Tuttavia il vantaggio deH’analisi semantica rispetto a quella grammaticale è
evidente: disponiamo di uno strumento valido per tutte le lingue e di una
più ampia possibilità d’indagine strutturale. Per esempio, quando parliamo
di grazia, grammaticalmente, indichiamo un sostantivo, mentre semanticamente sappiamo che si tratta di un
avvenimento, di un’azione. Allo stesso
modo possiamo dire che il Regno di
Dio non è un luogo geografico in senso stretto, ma soprattutto un agire
di Dio.
L’analisi della struttura superficiale
permette d’individuare i noccioli, che
costituiscono la struttura « profonda »
della frase, e di avviare così il processo di « trasformazione inversa »
senza introdurre elementi soggettivi e
senza emettere o deformare il contenuto.
E molto importante notare che vi
sono diverse strutture superficiali corrispondenti agli stessi noccioli. Questa
constatazione ha un duplice valore
operativo, perché incide sia sul pas
saggio dalla lingua originale ai suoi
noccioli (trasformazione inversa), sia
sulla ristruttul^zionè dei noccioli nella lingua moderna (trasformazione diretta). In altre parole è possibile rispettare l’esigenza della precisione nella ricerca dei noccioli e quella della
libertà nella stesura definitiva del testo. Abbiamo già notato che i noccioli
che ci interessano sono sostanzialmente otto. Una volta individuati, vanno
posti in giusto rapporto tra loro tenendo presenti le relazioni temporali,
spaziali e logiche. E chiaro che, durante la fase di analisi, si perde il’contributo dello stile. Qccorre perciò
preoccuparsi di recuperarlo cammin
facendo.
L’aiuto della semantica non termina
qui. Infatti, essa ci permette di esaminare più dettagliatamente la portata delle parole attraverso altri due
momenti di ricerca: la denotazione e
la connotazione dei significati.
Si sa che un termine riveste diversi
significati, eppure uno solo di questi
è colto dall’uditore. La scelta del senso giusto è determinata dal contesto.
La grammatica e la sintassi restringono, per prime, le possibilità d’interpretazione, poi è la semantica che mette a fuoco il significato. Infatti le categorie, che abbiamo indicato, stimolano un’analisi più precisa dell’insierne delle parole stabilendo delle relazioni, dal particolare al generale, evitando degli accavallamenti di significato e liberando i sensi figurati. Abbiamo, così, una denotazione di termini.
La connotazione cerca di portarci al
di là di una mera comprensione intellettuale di un testo per metterne in
evidenza la carica affettiva, il tono.
Ogni lingua ha dei tabù verbali e dei
termini scientifici che tendono a squalificare o a qualificare chi li usa. Una
buona traduzione non può dimenticarlo. Vi sono inoltre diversi livelli d’uso
delle lingue: tecnico, polemico, familiare e intimo. Infine la pronuncia, lo
stile e l’ambiente colorano i termini
con le loro numerose variazioni.
Il ’’transfert”
cazione (semplicità) e degli effetti speciali.
" - Tn una traduzione letterale vengono
meno gli elementi sottintesi ed impliciti nella cultura degli ascoltatori di
un tempo. Le difficoltà per il lettore
d’oggi sono quindi aumentate e devono essere compensate con esplicitazioni sufficienti senza aggiungere informazioni estranee. Gli africani definiscono questa necessità come la legge
del pitone richiamandosi alla tecnica
di quel tipo di serpente che riduce le
sue grosse prede, stritolandole, ma
senza spezzarle, alle dimensioni della
sua bocca.
Si ha un’equivalenza dinamica quando il rapporto tra la difficoltà di un
testo e la capacità del lettore medio
rimane inalterato. Per assicurare quest’equilibrio saranno, a volte, necessarie delle amplificazioni.
Per esempio, rivolgendosi a certi popoli nordici, sarà bene parlare non di
« cainmello », ma di un « animale che
si chiama cammello »; non di « lino »
ma di « stoffa di lino ». Sempre nella
stessa prospettiva notiamo che Giovanni 11: 25: « Io sono la risurrezione
e la vita » non dice soltanto che Cristo è risuscitato e vive, ma contiene
qualcosa di più: Cristo è colui che fa
risuscitare le persone e le fa vivere.
Bisogna tenerne conto. Per le amplificazioni troppo lunghe è meglio servirsi di un glossario o di note marginali.
Succede a volte di doversi impegnare nel senso opposto servendosi di riduzioni. Queste sono evidenti nel caso
di espressioni come: parlare dicendo
o in verità, in verità.
Abbiarno seguito fin qui il cammino
che ci viene proposto per una nuova
traduzione della Bibbia secondo il
principio delle equivalenze dinamiche.
È una fatica che si rende necessaria
per appianare le vie del Signore, ma
non certo per sostituirci alla sua guida
e al suo Spirito. Sono la sua benedizione, la sua promessa e la sua liberazione che ci rendono partecipi del
suo volere e ci permettono di guardare, attendere e acclamare quanto, per
grazia di Dio, si compie al di là del
nostro servizio « inutile ».
L’uomo nella Bibbia
e nelle culture
ad esse contemporanee
L’Associazione Biblica Italiana ha celebrato recentemente il suo XXV anniversario. Per chi non lo sapesse, è
l’associazione dei biblisti italiani, sorta il 30 settembre 1948 a Roma come
frutto rnaturato durante le dieci Settimane bibliche dei professori di Sacra
Scrittura promosse fin dal lontano 1930
da P. Alberto Vaccari incoraggiato da
P. Agostino Bea, rettore del Pontificio
Istituto Biblico. Nel corso degli anni
TABI si è sviluppata articolandosi in
diverse sezioni: professori, sacerdoti,
comunità religiose ecc. Lo scopo delTABI è promuovere lo studio della Sacra Scrittura e aiutare sacerdoti, religiosi e laici a leggerla fruttuosamente. Impegno comune a tutti i suoi aderenti è la lettura quotidiana della Parola di Dio.
Dopo essere scesi in profondità occorre risalire in superficie senza mai
presupporre che il lettore capisca e
senza mai arroccarsi dietro la tentazione di voler rispettare il mistero del
linguaggio biblico per far passare delle frasi incomprensibili. L’intenzione
degli autori biblici è stata quella di
farsi capire. Come abbiamo già notato, vi sono diverse forme di uno stesso contenuto. È perciò possibile avvalersi di una certa libertà ogni qual volta la traduzione letterale di una frase
suggerisce dei fraintendimenti dei noccioli base. Non avvalersi della libertà
significa rinunciare al contenuto. Non
bisogna quindi esitare nelTadottare
delle modifiche.
Vi sono delle modifiche di struttura come lo scambio tra discorso diretto e indiretto e tra forme passive
ed attive a seconda delle esigenze delle lingue moderne.
La struttura di una frase deve seguire la genialità di una lingua. In
alcune aree linguistiche non si può dire: « Dio, il Padre » perché s’indicherebbero due soggetti, ma si è costretti a precisare: « Dio che è il Padre ».
La struttura delle parole è a volte
molto complessa. In alcune lingue vi
è una prima persona plurale « inclusiva » ed una « esclusiva ». In altre si
usano verbi diversi a seconda che d
si riferisce a dei vivi o a dei morti e
perciò la traduzione dev’essere molto
accurata ogni volta che si parla della
risurrezione.
Se si cerca di richiamarsi agli stessi suoni si rischia di cedere a fraintendimenti sul piano locale. Il suono
del termine « Messia », in alcune zone
dell’Africa del Sud-Ovest, significa:
« la mano della morte ». E evidente
che in questo caso occorre trovare altre voci.
Vi sono ancora dei cambi di vocabolario che s’impongono come nelle
espressioni idiomatiche non corrispondenti, nei pleonasmi e negli slittamenti d’accento.
In ogni cosa è innanzi tutto importante badare alla comprensione del
messaggio attraverso il tempo senza
per questo vanificare la cultura dell’Antico Testamento (i termini agnello
e pastore non possono essere cambiati) e senza essere pedanti (in botanica,
ner esempio).
In breve, questi sono alcuni degli
accorgimenti e delle precauzioni necessari nella fase di passaggio (transfert) da una lingua ad un’altra.
Renzo Bertalot
L’ABI, per celebrare l’anniversario,
ha riunito a Frascati, dal 31 ottobre al
3 novembre, un « simposio scientifico
tra professori di Sacra Scrittura e docenti universitari di materie attinenti
agli studi biblici », che aveva per tema « L’uomo nella Bibbia e nelle culture ad essa contemporanee ». I partecipanti dovevano essere una cinquantina (ma una dozzina circa non hanno
potuto liberarsi da altri impegni), e fra
questi quindici relatori, in un rigoroso
« Ietto di Procuste » di venti minuti,
hanno esposto la sostanza delle loro
relazioni (che nel testo scritto superavano talvolta anche di molto quelle dimensioni) in cinque tornate di tre, dedicate rispettivamente all’uomo nel
mondo egizio e mesopotamico, nel
inondo israelitico, nel giudaismo postbiblico, nella classicità greco-latina, nel
Nuovo Testamento. Qgni ciclo di relazioni era seguito, per la durata di
un ora e mezza almeno, da una discussione aperta.
NELLE DUE AMERICHE
NelTAmerica del nord si organizzano
campagne di evangelizzazione un po’
dovunque: negli Stati Uniti un giovane cattolico invita il segretario della
Società biblica a parlare ad una cinquantina di persone radunate in casa
sua.
anno a partecipare ad un festival nella
località.
Nel Maine un’infermiera raduna alcune persone a casa sua per fare loro
conoscere il N. Testamento in inglese
corrente.
Nel Colorado un impiegato prega il
rappresentante della Società biblica di
venire a fare uno studio biblico a lui
ed ai suoi colleghi di ufficio durante
l’ora di sosta del mezzogiorno.
Nel Maine i rappresentanti di nove
chiese interpellano per telefono centinaia di persone proponendo loro il seguente questionario: a quale chiesa
appartenete? vi piacerebbe partecipare
ad un gruppo di studio biblico? vorreste leggere la Bibbia in una traduzione moderna? desiderate ricevere una
visita?
Nel Canadá un giovane della chiesa
battista e .sua moglie percorreranno,
tra breve, in una automobile da campeggio una vasta regione intorno alTAlasca come rappresentanti della Società biblica.
NelVIlUnois c’è una vasta fattoria
nella quale la padrona riesce, oltre al
suo grande lavoro, a servire anche la
causa biblica: essa distribuisce testi
delle Scritture in due lingue agli studenti stranieri delle Università; raduna a casa sua la popolazione rurale
per conversazioni bibliche, circa una
ventina di volte al mese; scrive anche
articoli sul giornale locale intitolati:
« lettera di una moglie di contadino »,
per dare notizie del lavoro delle Società bibliche nel mondo.
Infine la Bibbia è diffusa in America
dalle Società bibliche a grandi caratteri di stampa oppure a nastri per magnetofoni in ben 6.700 istituzioni per
persone anziane, case di riposo e di
convalescenza: numerose lettere di riconoscenza giungono alla Società biblica per quest’opera di diffusione della
Buona Novella a coloro che sono al
tramonto della vita.
NeìVAmerica del sud, e precisamente in Argentina, parecchi giovani membri di associazioni cristiane, hanno visitato i carcerati e diffuso il N. Testamento: in tal modo circa 350 prigionieri hanno avuto una copia del N. Testarnento, ed alcuni pregarono i giovani
di mandarne anche alle loro famiglie.
NeiyOklahoma ("Texas) un’altra donna diffonde i Salmi tradotti nella loro
lingua a 500 indiani che vengono ogni
Le donne delle chiese battiste e pentecostale del Venezuela prendono l’impegno di diffondere volontariamente le
Scritture durante un anno intero.
Elencare i nomi dei relatori e l’argomento delle loro comunicazioni senza la possibilità di riassumerle sarebbe inutile; ci sia permesso osservare
che hanno suscitato in noi un particolare interesse quelle di Luigi Cagni sul
« Creazione e destinazione dell’uomo
secondo i Sumeri e gli Assiro-Babilonesi », quelle di Carlo Diano e Luigi Alfonsi sull’uomo greco tra il VI e il V
secolo e sull’uomo nella cultura romano-arcaica e quelle di Felice Montagnini e Romano Penna sull’uomo negli
scritti di Paolo (Rom. 7: 8 e I Cor.
15: 45-49).
Alla ricchezza dei contributi e dei
dibattiti si è accompagnata anche la
piacevole convivenza in un moderno
Centro per incontri di questo genere,
che ha permesso non solo un’animata
comunione conviviale ma anche interessanti conversazioni nei momenti di
intervallo o durante le passeggiate a
Frascati. Questo aspetto delTincontTo
risponde anche a una delle finalità delTABI che, pur essendo giuridicamente
dipendente dalla Conferenza Episcopale Italiana intende promuovere il collegamento con studiosi laici del mondo universitario ed è aperta anche a
biblisti di altre confessioni. Questo incontro di specializzazioni diverse e di
docenti provenienti da situazioni ed
esperienze molto diverse dev’essere
senz’altro riconosciuto non solo utile
ma anche stimolante.
Probabilmente, esso è anche un segno dei tempi, cioè del tramonto dei
sospetti con cui in Italia erano circondati un tempo (non poi così lontano..)
gli studi biblici. A proposito appunto
delTABI, il prof. G. Giavini ha ricordato nel primo numero di Scuola Cattolica del ’73 (la rivista teologica del Seminario arcivescovile di Milano) il grido di allarme e di accusa rivolto nel
1960 dalla Rivista Divinitas contro la
esegesi del Pontificio Istituto Biblico e
contro TABI nella sua nuova presidenza che era formata da Silverio Zedda,
Giovanni Canfora e Gioachino Scattolon. Scrive il Giavini che « il modo polemico e il discorso spesso oggettivamente ingiusto erano segno di quella
posizione di reazione e di isolamento
difensivo che andava prendendo una
parte dei biblisti italiani ». AlTallarme
seguirono alcuni « provvedimenti » all’interno dell’Istituto Biblico e il « monitum » del S. Uffizio sulla critica biblica del 1961.
Solo nel 1964 l’orientamento era capovolto, con la lettera della Pontificia
Commissione Biblica del 1964 sulla storicità dei vangeli e sul metodo della
storia delle forme (cfr. Protestantesimo 1965, pp. 33-35). E forse non è senza significato che i leaders delTABI del
1961 siano ancora alla sua testa. Canfora come presidente e mons. Scattolon come segretario. Quelle difficoltà,
poco note fra noi, possono tra l’altro
aiutarci a comprendere l’apparente
lentezza di certi sviluppi, la cui solidità però è attestata dai più recenti lavori promossi dalTABI. Mi riferisco in
modo speciale alle « settimane bibliche » tenute ogni due anni per i professori di Sacra Scrittura, che hanno
trattato rispettivamente San Giovanni
(1962), Il messianismo (1964), San Pietro (1966), i testi della «Dei Verbum »
(1968), Esegesi ed ermeneutica (1970)
e i fondamenti biblici della teologia
morale (1972). Abbiamo in questi volumi una ricca e solida testimonianza
del progresso dell’esegesi, della teologia biblica e dell’ermeneutica nel nostro paese.
Un aspetto non indifferente è la ricerca della collaborazione dei non-cattolici; a Frascati due docenti della Facoltà Valdese hanno portato il pensiero dell’Antico Testamento e di Gesù
sull’uomo.
Rinnoviamo alTABI e ai suoi diri.genti i nostri auguri ner un altro venticinquennio di proficua attività.
Rlfiru e (dicuine: ii cilliqili a Mialpallier
Ristrutturazione
Una relazione è stata presentata dal dott. Enrico Peyrot, della Società di Studi Valdesi
’ 1) Mario corre, 2) Mario percuote Paolo,
3) Mario dà un’arancia a Paolo. 4) Mario è in
casa, 5) Mario è malato, 6) Mario è un uomo,
7) Mario è quest’uomo, 8) Mario ha un cappello.
if Alla redazione di questo numero
hanno collaborato Augusto Armand
Hugon, Bruno Corsani, Agostino
Garufì, Ermanno Geme, Renato
Maiocchi, Sergio Rostagno, Elsa e
Speranza Tron.
Le lingue non sono omogenee al loro interno, ma variano con le regioni
e con le classi sociali. Vi sono inoltre
una lingua scritta ed una parlata, una
colta ed una popolare. Infine la lingua
passiva, quella che si capisce ma non
si adopera, è molto più estesa del linguaggio corrente.
Le Società Bibliche si propongono
di trovare il loro spazio per il nostro
tempo, nella lingua usata da tutti senza cadere nel tecnico o nel volgare.
Bisogna, dunque, preoccuparsi delle
determinazioni dovute all’età, alle classi e al sesso. Lo stile acquista a questo punto tutta la sua importanza per
la ricerca delTefficacia nella comuni
Con questo titolo è stato tenuto un
colloquio a Montpellier, al « Centre
d’histoire de la Réforme et du Protestantisme » dell’Università Paul Valéry,
organizzato dal prof. Jean Boisset, noto anche nelle nostre Valli per l’interesse più volte dimostrato verso la nostra
storia. Vi hanno partecipato varie personalità della cultura provenienti dalla
Francia, dal Belgio dalla Svizzera, dagli
Stati Uniti e dall’Inghilterra. L’Italia,
o meglio l’evangelismo italiano era rappresentato dal dott. Enrico Peyrot, della Società di Studi Valdesi, che vi ha
tenuto una relazione sull’« Origine et
développement des instituts d’instruction dans les Vallées Vaudoises du Piémont ».
La tematica del colloquio « Réforme
et éducation », che si ripete per la terza
volta, mira a chiarire sul piano storico
e su quello ideologico i rapporti tra
pedagogia e teologia protestante: le relazioni presentate nel colloquio di quest’anno erano essenzialmente di natura storica, e tendevano a sottolineare
l’interesse del mondo riformato per
l’attività scolastica. Si è così parlato
dei « collèges » protestanti del XVI secolo, di Zwingli, di Bullinger, di Sturm,
come delle accademie di Die, Sédan e
Saumur; il pastore Tirel delle Cevenne
ha fatto un confronto tra l’educazione
protestante di ieri e di oggi.
La relazione del dott. Peyrot, presentato dal prof. Meylan, dell’Università
di Losanna, avvenuta per ultima, ha
avuto la caratteristica di presentare la
storia dell’istruzione tra i Valdesi non
come pagina del passato, ma come im
pegno attuale attraverso il Collegio e
la Scuola Latina: l’argomento, sotto
questo punto di vista, è stato particolarmente interessante per i convenuti,
ed è stato osservato come troppo presto in molti luoghi le chiese evangeliche hanno abdicato al loro compito
educativo, cedendo di fronte ai principi
delTeducazione laica o di quella confessionale cattolica. L’opera delle scuole evangeliche ancora esistenti attraverso l’Europa, è stato detto, non va
abbandonata, ma potenziata e allargata, perché in esse si possono verificare
in modo specifico le caratteristiche
delTeducazione alla responsabilità nelle
libertà, del senso vocazionale degli insegnanti, dell’amore e del rispetto per
gli studenti.
H.
3
16 novembre 1973 — N. 45
I LETTORI SCRIVONO
rag. 3
Il movimento nonviolento in Italia
e la sua componente cristiana
Torino, 28 ottobre 1973
Caro Luigi Santini,
è circa di un mese fa un suo intervento su « La Luce » che mi ha interessato molto, ma a cui trovo solo ora il
tempo di rispondere. Lei si riferisce ad
una riunione della L.O.C. (Lega Obiettori di Coscienza) avvenuta nel Centro
Comunitario di Firenze.
Io, pur facendo parte della presidenza nazionale della LOC, non ero presente a quella riunione perché trattenuto a Torino da altri impegni. Non interverrei quindi col desiderio di precisare certe sue affermazioni se fossero
solo relative a quella riunione; ma poiché contengono giudizi e valutazioni
che vanno ben al di là di quella contingenza, credo opportuno puntualizzare, con spirito di riverenza e fraternità, quanto segue:
<1 II movimento per l’obiezione di coscienza è una realtà composita che
da tempo ha un’anima laica e una religiosa.
Probabilmente lei ha avuto l’occasione di trovarsi in una riunione in cui la
maggior parte dei presenti avevano una
ispirazione laica-radicale ma ciò non
significa che tutto il movimento sia
scivolato su posizioni socio-politiche di
un laicismo che è apertamente indifferente al messaggio cristiano. Se lei infatti si fosse trovato alla recente riunione di Santa Severa (che non era della LOC, ma che riuniva tanti che partecipano alla LOC) avrebbe probabilmente avuto la sensazione opposta.
2 Lei riconosce che i giovani radicali
hanno la grande virtù (usiamo il
nostro linguaggio) della coerenza, ma
sostiene che l’obiezione di coscienza (e
la nonviolenza) dei credenti non può
che avere motivazioni diverse da quelle che essi portano avanti.
Questa è una opinione perfettamente
legittima; è mia opinione, invece, discutibile ma sorretta dalla quotidiana
esperienza che faccio su me stesso, che
non vi sia incompatibilità tra motivazione politica e motivazione religiosa.
Bisognerebbe che i due tipi di motivazione si collocassero sullo stesso piano perché si ponesse il problema che
lei solleva.
Viceversa la mia motivazione religiosa non esclude l’analisi politica, ma si
situa su un piano più profondo, più totale. Si situa sulla fede nella parola di
Colui che è morto e risorto. Colui che
ci ha insegnato a combattere il male
con il bene. Colui che definendo beati i
costruttori di pace, gli affamati e gli
assetati di giustizia, i perseguitati per
il suo nome, ha acceso nel mondo una
così grande fiaccola di speranza che
nessuna bufera ha mai spento.
2 Mi sembra che sia un errore di fatto l’affermazione secondo cui il
M.I.R. (Movimento Internazionale della Riconciliazione) ha perso ogni connotato con la sua origine evangelica.
Proprio dal convegno di S. Severa ho
avuto testimonianza di quanto sia ben
vivo nel MIR il messaggio di Cristo.
Se dunque i credenti hanno una colpa, non è quella di aver consentito che
il MIR si laicizzasse, ma che si vanificasse.
Infatti il livello di « militanza » che
in esso si esprime è così basso (visto
che ormai le adesioni nominali non significano proprio nulla), che si presenta minoritario anche in quelle riunioni
che raccolgono questa nostra sparutissima minoranza che professa la nonviolenza integrale.
A mio parere il problema del MIR
non si risolve ciò nonostante puntando
ad una maggior militanza al suo interno, bensì collocandosi in modo diverso
rispetto alle organizzazioni nonviolente
che agiscono nella nostra società: Il
MIR spende molta parte delle sue poche forze nel mantenere una struttura
organizzativa autonoma (una segreteria, una sua sede, un suo bollettino,
ecc.), mentre a mio parere deve cancellarla puntando ad una fusione con il
Movimento nonviolento, il quale non
ponendo differenziazioni religiose consente a tutti gli amici della nonviolenza
di elaborare progetti comuni e di mandarli assieme in esecuzione. Questa
proposta significa che io ritengo irrilevante l’ispirazione evangelica?
NO, vu-ol solo dire che la differenziazione religiosa non necessariamente
deve proiettarsi in una differenziazione
organizzativa.
A mio parere il MIR deve rappresentare la componente cristiana del Movimento Nonviolento.
Sento l’esigenza, io che sono nel Movimento Nonviolento, di trovarmi ogni
tanto con altri aderenti che professano
la mia stessa fede cristiana, avendo in
rnano non un progetto di legge o un’azione di boicottaggio di « Chiquita 10
e lode », ma il Vangelo, perché esso
solo ha parole di vita, esso solo dà fondamento al nostro agire che è un agire nella speranza.
Ma finché si presenterà come struttura organizzativa autonoma, io non ci
sarò, perché configurandosi come movimento si pone in sostanziale alternativa con altri, in particolare col Movimento Nonviolento nel quale io milito
non perché sia il non plus ultra, ma
perché per i suoi connotati ideologici
ed_ organizzativi lo considero il polo
(piccolo e modesto) attorno a cui può
organizzarsi in modo unitario e assieme articolato tutta la tensione rivoluzionaria nonviolenta presente in Italia.
A questo proposito anche noi del
M.A.I. (Movimento Antimilitarista Italiano) stiamo esaminando da lungo
tempo la possibilità di scioglierci e di
entrare nel Movimento Nonviolento
strutturandoci come la sua sezione Torino-Nord (esiste già una sezione del
Movimento che ha sede in Via Po, 12).
C’è tra di noi una minoranza che si
oppone perché trova interlocutore insufficiente il Movimento, perché non
sopporta la gestione personalistica dello stesso o per altre ragioni, le quali
possono rallentare ma non spezzare il
cammino del nostro gruppo.
Se io, viceversa, proponessi di entrare nel MIR, il gruppo di cui faccio
Vi può capitare, al cuore della Germania,
di imbattervi in una “Casa Rivoir”...
Merano, 28 ottobre 1973
Gentile direttore,
da quest’estate tengo sullo scrittoio
una nota da inviarLe su un fatto che
mi sembrava di interesse anche per
qualche altro. La Sua relazione sul
« Deutscher Waldensertag » da me oggi letta su “La Luce" del 2.10, è un
incentivo per vincere la mia pigrizia,
pensando che forse quanto ho « scoperto » anche per altri può costituire
un’integrazione non del tutto priva di
interesse.
Durante una gita nei dintorni di
Hofgeismar (Kassel) mi ha colpito il
nome di una pensione « Casa Rivoir ».
Se non avessi poi ancora notato i nomi di Jouvenal, Seguin, Bertalot, Mazet forse non avrei approfondito questo inatteso incontro con un nome
valdese in una zona così lontana non
solo dalle nostre valli, ma anche dal
Wùrttenberg, dove sapevo stanziati
profughi delle persecuzioni religiose in
Piemonte. Ma come erano arrivate tanto a Nord queste famiglie? E anche i
nomi dei villaggi in cui risiedono sono
alquanto in.soliti: Gottestreu (fedeltà
di Dio) e Gewissenruh (pace della coscienza). Seppi che erano veramente
centri di origine valdese, che avevano
appena festeggiato il 250° anniversario
della loro fondazione. (Forse ne è stato
fatto cenno su "La Luce" senza che io
me ne sia accorta?). Per questa occasione è uscito un opuscolo che rifà la
storia di 24 famiglie che, scacciate dal
ffiemonte dopo l’abolizione dell’Editto
di Nantes, come migliaia di altri vaidesi, solo dopo lunghe peripezie e tappe nella Svizzera, nel Wùrttenberg e
addirittura nello Jütland, trovarono finalmente un rifugio stabile presso il
Landgraf di Hessen-Kassel, che concesse loro di stanziarsi in due insediamenti a cui lui stesso diede appunto il
nome di Gottestreu e Gewissenruh. Il
documento di fondazione porta la data dell’8.8.1772. Il documento più anti
co ancor oggi in possesso della famiglia Jouvenal, scritto in italiano, porta
il timbro di Pinerolo e così attesta la
loro provenienza proprio dalle valli
valdesi. Per quanto interessante sarebbe troppo lungo rifare qui la storia
dei due paesi, che per un secolo sottolinearono la loro origine conservando
la lingua francese, finché nel 1825 l’ultimo pastore francese venne sostituito
da uno tedesco, ed anche nella nuova
scuola gli insegnanti dovettero servirsi della lingua tedesca.
Per quanto oramai completamente
integrati nelTambito circostante, i festeggiamenti del 1922 e del 1972 dimostrano come queste comunità siano ancora fiere delle loro origini. Mi è veramente dispiaciuto di non aver avuto il
tempo di intrattenermi un poco con
loro e di conoscerli solo tramite l’opuscolo di cui mi è stato fatto gentile
omaggio.
^ Chissà se nel convegno di Pforzheim
c’era anche qualche rappresentante di
questa « Fedeltà di Dio »?
Possano essi aiutarci ad essere anche noi sempre coraggiosi testimoni
di questa fedeltà del nostro Signore
anche nei momenti più difficili.
Con i migliori saluti
Iolanda Schenk
Sono molto grato per questa lettera.
Lo scorso anno avevamo nubblicato un
articolo di Amalia Geymet sul costituirsi delle comunità valdesi di Gottestreu e Gewissenruh; ma può darsi benissimo che la nostra lettrice non abbia mai rievuto quel numero, fatto che
capita purtroppo con una certa frequenza (ritardi a parte) fra i nostri
abbonati... Quanto alla presenza di
Valdesi di quelle comunità al convegno di Pforzheim, non sono in grado
di confermarla: comunque varie famiglie e gruppi provenivano anche da
lontano, e se non tutte, quasi tutte le
"colonie" erano rappresentate.
G. C.
parte immediatamente si spezzerebbe,
perché ha una forte componente agnostica o atea, che rifiuterebbe anche solo
di discutere l’ipotesi qualora venisse
prospettata.
Queste in sintesi le considerazioni
principali che mi ha suggerito la lettura della sua nota pubblicata da « La
Luce ».
Sarò felice di leggere qualche sua
eventuale ulteriore controdeduzione.
L’abbraccio fraternamente
Beppe Marasso
Equidistanza o distanza critica?
Forbici
Torre Pellice, 10 nov. 1973
Signor direttore,
pubblicando la mia mini-cronaca sulla visita del Commissari Larsson dell’Esercito della Salvezza, sono strrte
omesse due frasi che se non hanno
nessun valore per chi pratica la censura, possono averne per molti lettori.
Anzitutto un accenno alla Brigadiera
Iarde molto conosciuta in mezzo a noi
e che è venuta apposta dall’Inghilterra
per tradurre dall’inglese i messaggi
dei Commissari; poi la seguente frase:
« La signora Larsson è di origine inglese, poetessa e scrittrice di talento
ha pubblicato varie opere; uno dei
suoi ultimi libri appena stampato a
Londra "Just a moment. Lord” contiene 67 meditazioni in versi ».
Anche se la mia prima preoccupazione è di essere sempre molto breve
per non rubare troppo spazio all’Eco!
Cordiali saluti.
Lina Varese
. Milano, 9 novembre 1973
Caro Signor Conte,
ho letto con grande piacere sull’ultimo numero della « Luce » (n. 43, 2
nov. 1973) la nota, suppongo dovuta alla Sua penna, consacrata a « una distensione dal volto umano ».
Ella mi consentirà, spero, di dire al
direttore del nostro settimanale che si
leggono troppo raramente, a mio parere, note come quelle, su « La Luce »,
ispirate ad un sentimento genuinamente evangelico di « equidistanza » da un
mondo di cui risulta sommamente difficile, appunto in base ad una norma
di fedeltà alTEvangelo, di sposare massime e istanze. Voglio quindi ringraziarLa per questo.
Devo però aggiungere che la palinodia è troppo stridente per poter essere accolta senza batter ciglio. Con
troppa insistenza e da troppo tempo
il giornale che Lei dirige ha scambiato l’imperativo dell’impegno politico
con quello della milizia a favore di una
parte politica (quella oggi prevalente!)
perché sia possibile che, senza batter
ciglio e « comme si de rien n’était »,
si accetti oggi che si cominci a dire
quel che da anni si è taciuto, accreditando l’equivoco che quelle cose le si
sono sempre pensate, anche se se ne
sono dette altre. Troppi silenzi, troppo pesanti, per troppo tempo; e troppo grave l’offesa fatta da quei silenzi
perché la si possa cancellare così, in
una breve nota, senza altra spiegazione. Basterà questo per far dimenticare
che la Chiesa Valdese di Torino rifiutò.
Un gruppo di monitori
(giovani e non) arrabbiati
In risposta alla lettera firmata
« gruppo di madri valdesi » i monitori « impreparati » di Luserna San Giovanni e Torre Pellice puntualizzano:
1) È molto semplice delegare agli altri ciò che è innanzi tutto compito nostro svolgere. Ed è ancora più semplice insultare il lavoro altrui.
2) È la famiglia che, secondo noi,
dovrebbe essere il centro della formazione morale e religiosa del bambino.
Tutte le altre attività (scuola domenicale, catechismo ed anche l’eventuale
ora di religione a scuola) non sono che
mezzi per ampliare e completare questa formazione che ha la sua base nella vita della famiglia.
3) In Italia la religione di stato è
quella cattolica e ne è previsto l’insegnamento nei programmi scolastici;
nessuno ha il diritto di insegnare nella scuola altra religione, secondo il concordato clerico-fascista.
La scuola domenicale « scadente » e
i « giovinetti impreparati » ringraziano
le « madri valdesi » per l’assidua collaborazione e l’aiuto sempre offerto a
risolvere il « problema così difficile al
giorno d’oggi di educare i loro figli
nella religione dei padri ».
Tengono a precisare che, pur non
essendo degli esperti in teologia, ricercano e studiano insieme, ogni sabato,
i brani biblici, la loro interpretazione
e attualizzazione per poterne in seguito parlare e discutere con i ragazzi.
La preparazione è fatta insieme ad un
pastore, seguendo la rivista « La Scuola Domenicale » (la si può trovare alla Claudiana e la raccomandiamo ai
genitori).
A queste riunioni sono invitati a partecipare, da parecchi anni, tutti coloro
a cui sta a cuore la formazione religiosa dei ragazzi. Non c’è stata risposta
a questo invito; ciò è dovuto forse alla mancanza di informazione sul luogo e ora della preparazione? Rimediamo subito: Torre Pellice, Sala Unionista. Sabato ore 17.
Ma ciò che ci ha resi più perplessi
è di aver confuso l’apertura a cui si
tende nell’insegnare in modo critico e
il più possibile vicino al mondo dei
ragapi il programma della scuola domenicale con la propaganda dei partiti. La generica accusa di essere di sinistra è un segno evidente di come fa
paura raffrontare la realtà.
Interpretare, capire, studiare e non
accettare passivamente dei dogmi, ricercare, valutare e non rimanere inerti, questo è il compito del credente
nella storia. Volere una realtà immobile, che non avanza, che non disturbi
chi sta bene, che mantenga il potere
dei pochi e la fame dei molti è rifiutare l’Evangelo annunciato ai poveri;
è rendere vana la croce di Cristo.
Ringraziamo il non meglio precisato
« gruppo di madri valdesi » per averci
tolto un po’ d’anni, presentandoci come « giovanetti »!
Ma dispiace proprio se dei giovani
si dedicano alla scuola domenicale?
Saremmo ben lieti di collaborare anche con queste « sagge e mature »
mamme.
Infine dichiariamo il nostro rammarico che la lettera non sia stata firmata: non è certo un esempio di responsabilità. Ci meravigliamo anche che il
direttore dell’Eco delle Valli abbia
pubblicato una lettera senza firme e
non abbia almeno indicato il numero
delle persone che avevano firmato. Ciò
non è utile alla franchezza dei rapporti all’interno della nostra chiesa.
Giovanni (?), Mara Cavaliere, Daniela Bonjour, Claudio Pasquet,
Patrizia Peyrot, Cristina Gaydou,
Franca Bellion, Ornella Gönnet,
Enrica Malanot, Luciana Chauvie,
Ferruccio Jourdan, Fiammetta Güilo, Franca Plavan, Novella Benecchio. Paolo Gardiol, Ada Bertalot,
Lucilla Pellenco, Naivo Ratsimba,
Lia Po'ét, Susetta Cocorda, Paola
Malan, Guido Malan.
La lettera in questione era firmata
da dieci madri. E chiunque conosce
solo un poco le nostre Valli sa che le
firme avrebbero potuto essere diecine
e diecine. Quanto al fatto che mi abbiano chiesto di non pubblicarle, mi
permetto di riproporre a voi tutti la
domanda: come mai ci sono nelle nostre chiese sorelle e fratelli che esitano a firmare le proprie opinioni? È
sempre segno di brutti tempi, e non
per responsabilità di alcuni reprobi
soltanto. Concordo, comunque, nel ritenere che le squalifiche generiche e
globali sono negative. Sempre.
G. C.
poco tempo fa, i suoi locali per una
inferenza ad un esule perseguitato
(come i Valdesi di un tempo!) per timore di compromettersi con una causa politica che appare oggi soccombente. Forse lo spirito evangelico ^
realmente evangelico — che ha ispirato la nota da cui abbiamo preso le
mosse richiede dell’altro, richiede una
più profonda umiltà.
Mi creda, con sincera stima, il suo
_______ Enea Balmas
Sarebbe lungo elencare tutti gli articoli, le notizie, da noi pubblicati in
questi anni, nei quali la parte che Lei
constata da noi privilegiata, è stata
® rigore: dall'invasione
della Cecoslovacchia alla repressione
del dissenso nell’URSS: da vari mesi,
poi pubblichiamo con frequenza una
delle Chiese nei paesi
aetl tst europeo e più in generale a
regime comunista, e non son certo
sempre notizie positive e rallegranti;
¡ inizio di questa rubrica non è stato
dovuto a un nostro riaggiustamento di
tiro, bensì al fatto che si è aperto un
nuovo canale d’informazione, una centrale svizzera di notizie su “la fede nel
secondo mondo”. Sicché, se non nego
che una parte degli scritti che pubblichiamo riflettano una certa militanza
politica, ritengo di poter negare che
l'insieme del nostro lavoro rechi questo segno. Lei approva la 'equidistanza'
di quel mio scritto; quella 'equidistanza che per altri fratelli e amici è oggetto di rimprovero, talvolta di sprezzo. Forse non attribuite al termine lo
stesso significato. Preferisco parlare di
distanza critica', che può di volta in
volta non essere affatto equidistante
(e non sempre nello stesso senso) appunto perché cerca un approccio alla
realtà che si sforzi di non rispondere
automaticamente a pre-giudizi condizionati da questa o quella ideologia.
Quanto all’umiltà. Le assicuro che non
solo cerco di essere umile, ma sono soprattutto urniliato, per la mia scarsa
capacità a vivere efficacemente questa
'distanza' critica e pur partecipe. Però,
anche se non toccherebbe a me dirlo,
chi è qui senza peccato, mi scagli la
prima pietra... Fraternamente suo
Gino Conte
P. S. - Devo poi precisare che il Concistoro Valdese di Torino non aveva
“rifiutato i suoi locali” al pastore Richard Wurmbrand. Gli aveva rifiutato
il tempio, perché non riteneva giusto
dare un carattere cultuale, senza possibilità di dibattito (così gli organizzatori la volevano), a una riunione che
si prevedeva sarebbe stata una requisitoria anticomunista; e si era in periodo elettorale. Non dunque il tempio
per un culto a questa insegna; ma il
Concistoro offriva invece il salone, per
un incontro pubblico, chiedendo libertà di dibattito. Questa controfferta era
stata rifiutata dagli organizzatori, adducendo il motivo, plausibile ma non
decisivo, che il locale sarebbe stato
troppo piccolo.
Valdismo, teatro, evangelizzazione
Replica di Giovanni Gönnet ai cadetti di Agape
(cfr. « Eco-Luce » del 28/9/73)
Rabat, 4 novembre 1973
^ Bene. I cadetti hanno reagito. Me
l’aspettavo. Una prima avvisaglia l’ebbi a Rorà lo scorso agosto, quando
una insegnante di Torino mi accusò
chiaro e tondo di aver voluto, col mio
breve intervento giornalstico, dare una
vera e propria « stoccata » a gente che
non se la meritava. Mi dispiace, anche
perché vedo che mi si attribuiscono
intenzioni non mie.
Cosa scrivevo allora? Che, secondo
quanto riferito da « Nuovi Tempi » —
e non dall’« Eco-Luce » —, ad Agape si
era anche discusso della possibilità o
meno di montar sù uno spettacolo su
Valdo. Dunque, non semplice presunzione da parte mia né tanto meno, col
mio invito ad uscire dalla finzione teatrale per fare dell’evangelizzazione diretta, proposito più o meno farisaico
di « pianificare o indirizzare il lavoro
altrui, delegando agli altri, magari ai
« giovani », i pruriti — anche miei? —
di povertà evangelica o di predicazione sulle aie... ». Via, un po’ di umorismo non nuocerebbe!
Non giuochiamo con le parole! Se è
teatro è finzione. Che poi la finzione
possa servire anche come testimonianza cristiana, nulla da obiettare, una
cosa non elimina l’altra, purché non
nasconda qualche facile alibi...
In quanto al fare del teatro... storico-rivoluzionario, col deliberato proposito di «interpretare la storia in un
modo diverso dalla storiografia ufficiale », magari gettando sassi per scuotere il « mortorio generale valdese », i
cadetti di Agape hanno tutto il mio appoggio. Ma attenzione: Vapriori politico è altrettanto antistorico di quello
teologico! Qggi è diventato di moda
gettare pietre contro Lutero opposto
ai contadini, o contro Calvino che brucia Serveto, o magari contro Valdesio
troppo poco rivoluzionario!
Per il resto, auguri sinceri per il lavoro svolto dai cadetti e così bene
chiarito nei propositi e nei metodi;
ma, lo ripeto, una cosa non esclude
l’altra, la pratica politico-sociale può
benissimo integrarsi con l’evangelizzazione diretta, si chiami o no predicazione, anche sulle aie...
Giovanni Gönnet
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiHiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiii
Doni pro Eco-Luce
Elsa Jouve, Alessandria L. 500; Paolo Gay,
Chiavari 1.000; Franco Taglierò, Torre Pellice 1.000; Evelina Taccia, Torino 1.000; Federazione Femminile Valdese 25.000; Hermanne Jaffa, Bordighera 1.000; Guglielmo
Jaffa, Torino 1.000; Emilia Tierque, Svizzera
1.000; Maria Rivoira, Pinerolo 1.000; Adolfo
Jouve, Torre Pellice 1.000; Alberto Bertalot,
S. Germano Chisone 500; Anna Tron, id.
1.000; Davide Bouchard, id. 1.000; Eugenia
Melchiorri ved. Peyronel, id. 1.000; N.N., id.
2.000; Virginia Soulier ved. Rostan, id. 500;
Eli Bouchard, id. 500; Arturo Mcytre, id.
500; Oreste Meytre, id. 500; Enrichetta Sappé
ved. Bouchard, id. 500; Ester Panascia, Pachino 6.000; Graziella Jaffa, Torre Pellice
1.000; Berta Subilia, Roma 1.000; N.N., Torino 2.000; Enrichetta Clot, Riclaretto 1.000.
Grazie!
( continua )
I. O. V.
Fiorì in memorìa del Sig. Domenico Melpignani, a favore delle seguenti opere:
Rifugio Re Carlo Alberto
I cognati Alba e Antonio Kovacs con i figli Sandro e Luciano L. 5.000.
Istituto Gould, Firenze
La moglie Irene Fabbro con i figli Bianca e
Gianni L. 5.000.
Servizio Radio e Televisione
La moglie Irene Fabbro con i figli Bianca
e Gianni L. 5.000; i cognati Alba e Antonio
Kovacs con i figli Sandro e Luciano L. 5.000.
4
pas. 4
N. 45 — 16 novembre 1973
Echi della terza Assemblea della Federazione delle Chiese
Nel numero scorso abbiamo cominciato a riferire sui lavori della terza Assemblea della Federazione delle Chiese
Evangeliche in Italia (FCEI), che si è riunita a Bologna
dal 1° al 4 novembre. Partecipavano un centinaio di
membri, rappresentanti le Chiese membro: Battista,
Luterana, Metodista, Valdese, la Comunità di Ispra e
alcuni osservatori, avventisti e pentecostali. I lavori sono
stati aperti con un culto del pastore Piero Beasi, e si
sono conclusi, la domenica 4, con un culto di santa cena
insieme alla chiesa metodista di Bologna, che ha ospitato fraternamente l’assemblea. Pubblichiamo oggi il testo della predicazione d’apertura e quello della mozione
LA PREDICAZIONE DI APERTURA, DI PIERO BENSÌ
L'imperativo: annunciare Criato
La mattina del 1° novembre, nella vasta sala barocca del Palazzo
Montanari, il pastore Piero Bensi
ha aperto l’Assemblea con un culto, nel quale ha letto il testo di Atti 19; 1-16, centrando la sua predicazione sui versetti 13 e 15; riproduciamo qui il testo della sua predicazione, che era stato pure in parte telediffuso, la sera prima, nel
corso della trasmissione televisiva
“Protestantesimo”.
Questi esorcisti ebrei che tentano di
servirsi del nome di Gesù per i loro
incantesimi, vengono messi in ridicolo dallo spirito maligno. Essi avevano
osservato l’apostolo Paolo compiere
grandi miracoli nel nome di quel Gesù che predicava e pensano che si
tratti di una nuova forma di arte magica. Ma quand’essi tentano a loro volta di usare il nome di Gesù, si sentono
rispondere; « Paolo so chi è, ma voi
chi siete? ». Lo spirito del male non li
riconosce come credenti, come annunziatori del Cristo, soprattutto non
riconosce loro il diritto di usare il nome di Gesù, particolarmente in quel
modo. Nessuna confusione è possibile,
viceversa, riguardo a Paolo. La sua
posizione è chiara, ben definita. Si
può essergli nemici e avversari, come
certamente lo era quello spirito maligno, ma non si può evitare di riconoscerlo per quel che è. «Paolo so chi è».
Ma cos’era che caratterizzava a tal
punto l’apostolo Paolo, che lo rendeva
così ben identificabile, così unico, sovente così scomodo? Il testo del capitolo 19 del libro degli Atti ci offre
alcune interessanti indicazioni al riguardo, che dobbiamo fare nostre se
non vogliamo correre il rischio che
anche a noi — Evangelici italiani —
qualcuno venga a dire « Paolo so chi è,
Lutero so chi è, Martin Luther King
so chi è; ma voi chi siete? ». È in ciò
che caratterizzava Paolo (e con lui la
Chiesa primitiva) che possiamo e dobbiamo ritrovare la forza della nostra
identità.
PAOLO A EFESO :
PREDICARE OVUNQUE E' POSSIBILE
E anzitutto la predicazione. Paolo
arriva ad Efeso per predicare l’Evangelo, dovunque gli è possibile. Prima
nella sinagoga, poi — senza timore di
scandalizzare qualcuno — nella scuola
di un filosofo greco. Ciò che caratterizza Paolo è questa sua insistenza,
questa sua ansia di predicare, di annunziare la salvezza in Cristo, a Giudei
e ai Greci. « Quando venni fra voi —
scrive nella sua lettera ai Corinzi
mi proposi di non sapere altro fuorché Gesù Cristo, e lui crocifisso ». E
nel suo discorso di commiato proprio
agli anziani della Chiesa di Efeso dirà; « Io non mi son tratto indietro
dall’annunziarvi e dall’insegnarvi in
pubblico e per le case cosa alcuna di
quelle che vi fossero utili, scongiurando Giudei e Greci... a credere nel Signor nostro Gesù Cristo ».
Non esiste altro compito più specifico e più caratterizzante per noi oggi; annunziare la grazia di Dio in Cristo per tutti gli uomini. Proclamare al
mondo che Gesù Cristo è morto ed è
risorto per noi ed è il Signore di tutti!
L’uomo nella sua miseria e disperazione non è più solo; Dio è con lui in
Cristo.
Si dice che l’uomo moderno non recepisce più queste grandi verità evangeliche. Non lo credo. L’uomo vive
soltanto della grazia di Dio. Forse siamo noi che dobbiamo trovare il linguaggio e le categorie di pensiero con
le quali esprimerci per farci capire
dall’uomo d’oggi. È chiaro che non possiamo usare il linguaggio e le categorie
di 2000 anni fa, o di 400 anni fa, neppure di 100 anni fa. Ma il contenuto è
sempre quello e non è affatto scontato,
come molti pensano. L’uomo d’oggi ha
altrettanto bisogno di perdono e di
amore come l’uomo di mille anni fa e
quel Gesù Cristo che noi annunziamo,
è — come dichiara l’apostolo Pietro
— « il solo nome che sia stato dato
agli uomini, per il quale possiamo essere salvati ». Tutti gli altri nomi, son
nomi umani, che svaniscono insieme
con resistenza dell’uomo; Cristo rimane unico signore della storia della
vita. Oggi più che mai l’uomo ha bisogno della potenza di liberazione dell’Evangelo. La nostra preoccupazione
non dev’essere tanto quella di scoprire che cosa quest’uomo del duemila
può ancora credere, per poi predicarglielo, ma essere ben convinti di conoscere e di annunziare ciò che l’uomo deve credere per la sua salvezza.
Questa è l’angoscia di ogni predicatore!
Se talvolta abbiamo l’impressione che
il messaggio evangelico non sia ricevuto, non dimentichiamo che il vero
Evangelo non è mai stato accolto con
entusiasmo. Agli uomini non piace
sentirsi dire che son dei ribelli e po
chi son quelli che accettano l'Evangelo; ma questa non dev’essere la nostra
preoccupazione; la nostra ansia deve
essere quella di annunziare fedelmente
l’Evangelo che ci è stato affidato, anche se spesso è scomodo per la società
in mezzo alla quale viviamo e per noi
stessi.
UNA PREDICAZIONE INCARNATA
CHE SUSCITA REAZIONE
La predicazione di Paolo, in secondo
luogo, non era astratta, disincarnata.
Era una redicazione chiara, che produceva delle azioni e delle reazioni immediate. Come Gesù dovunque passava annunziando il Regno di Dio, gli
zoppi guarivano, i ciechi vedevano e i
sordi udivano e il mondo dei potenti
gli faceva guerra. Così quando Paolo
predica ad Efeso, leggiamo, i malati
guariscono. C’è in questo annunzio
una forza di liberazione. Le potenze
del male vengono smascherate e i libri di arti magiche vengono bruciati
in gran numero. Poco dopo si dice;
« Nacque un non piccolo tumulto a
proposito della nuova via ». Un grosso
artigiano, Demetrio, che procurava a
sé e ad altri dei lauti guadagni con le
riproduzioni in argento del tempio di
Diana di Efeso, una delle sette meraviglie del mondo, vede nella predicazione di Paolo la fine della sua prosperità. Se la gente incomincia a credere in Cristo, finisce la superstizione
e svanisce il guadagno di chi sulla superstizione specula. Così al capitolo 16
del libro degli Atti, si legge che Paolo
predica a Filippi, in Macedonia. Libera
una povera ragazza invasa da uno spirito indovino che con la sua attività
procurava forti proventi ai suoi padroni. Questa guarigione provoca una
reazione a catena che mette in luce la
vera natura umana nascosta sotto la
civiltà greco-latina; speculazione, sfrut
tamento, idolatria del danaro, nazionalismo e razzismo (« Noi siamo romani,
questi son giudei »); ed infine il suicidio come unica soluzione per una persona che ha sbagliato. Tutto ciò viene messo in evidenza e condannato
dalla semplice predicazione dell’Evangelo. Non c’è da stupirsi che si dica
di Paolo; « Quest’uomo è una peste »!
Se la nostra predicazione è fedele all’Evangelo di Cristo, non può essere
staccata dalla vita, ma si trova forzatamente di fronte alle potenze del
male. La comunità cristiana, fedele, è
condotta passo passo dall’Evangelo
stesso a prendere posizioni chiare di
fronte all’ingiustizia ed alla violenza.
La nostra presenza ha un senso soltanto se è una presenza, talvolta inquietante, che obbliga a riflettere e che
richiama le coscienze troppo facilmente addormentate. Non si tratta di
« far della politica » nel senso usuale
del termine, nel senso di ricerca di potere; ma si tratta di annunziare la sovranità di Cristo in termini molto concreti. Non si può affermare che Gesù
è il Signore degli uomini senza attentare necessariamente ai mille idoli che
si forgiano gli uomini, si chiamino essi la Diana degli Efesini, o il danaro,
o il potere, o lo sfruttamento o la religione stessa. Non è possibile annunziare l’amore di Dio per gli uomini
senza affrontare problemi come la
droga, la guerra, la violenza dell’uomo
sull’uomo. E tendere la mano per guarire un drogato, la comunità cristiana
si oppone a coloro che commerciano
con la droga e speculano sulla disgrazia di chi è caduto nelle loro reti; condannando la guerra, l’Evangelo smaschera chi fabbrica le armi e le vende, come fa il nostro Paese. Soltanto
un annunzio concreto, aderente alla
vita di tutti i giorni rende valida la
presenza evangelica fra noi. Una presenza scomoda per molti.
UNA PRESENZA,
NON UN'ASSENZA
Ma occorre che sia una presenza,
non un’assenza. È questa la terza indicazione del nostro testo, che in realtà è la prima per ordine di tempo e di
importanza. Appena giuto in Efeso,
Paolo incontra alcuni discepoli e la
sua prima preoccupazione è di assicurarsi che la piccola comunità sia veramente una comunità di credenti in
Cristo. « Riceveste voi lo Spirito Santo? ». Qualunque interpretazione diamo a queste parole, una cosa è chiara; prima di gettarsi all’evangelizzazione, prima di ogni azione, prima di
abbattere gl’idoli, Paolo si preoccupa
che quel gruppo di discepoli sia sul
serio la Chiesa del Cristo, il corpo di
Cristo in quel luogo, in quel tempo.
Soltanto dopo. Paolo può lanciarsi liberamente nelle sue imprese missionarie.
É necessario — abbiamo detto —
che la chiesa predichi il Cristo, è necessario che la chiesa compia l'opera
sua nel mondo, se vuol avere un’identità evangelica chiara. Ma prima di
tutto questo è necessario che la chiesa
esista, che sia vivente. Certo non siamo noi che edifichiamo la Chiesa, né
con la nostra teologia, né con la nostra sapienza e neppure con il nostro
entusiasmo. E soltanto il Signore, mediante il suo Spirito. Ma il Signore si
serve di noi, credenti, e ci chiede di
essere disponibili al soffio dello Spirito, affinché egli possa — attraverso di
noi — compiere lopera sua nel mondo.
Ma se siamo assenti, se rifiutiamo la
di guida, la forza e la disciplina dello
Spirito, il Signore non può essere presente al mondo per mezzo nostro. Essere disponibili per lo Spirito Santo
significa riprendere il cammino sempre e nuovamente dall'ascolto umile
della Parola di Dio e dalla preghiera
personale e comunitaria; essere disponibili per lo Spirito significa passare
attraverso una profonda conversione,
individuale e collettiva, dalla pretesa
di guidare noi stessi la nostra vita alla sottomissione alla signoria del Cristo; essere disponibili per lo Spirito
significa confessare il proprio peccato
e la propria miseria, ma andare avanti
con fiducia e non perdersi in una continua ed estenuante autocritica senza
frutto; essere disponibili per lo Spirito significa amare la comunità cristiana con tutte le sue debolezze e contraddizioni, proprie della natura umana, ma d'altra parte non essere vincolati alle nostre istituzioni e aggrappati disperatamente alle nostre tradizioni ecclesiastiche, al contrario essere
pronti a « perdere noi stessi » perché il
Signore possa construire la Chiesa di
domani nelle forme che Egli crede
opportune.
Soltanto una fede così concretamente autentica può permetterci di dare
una testimonianza valida in mezzo al
nostro popolo e di ritrovare la nostra
vera identità evangelica. Il Signore
conceda al suo popolo, oggi, di « ascoltare ciò che lo Spirito dice alle chiese ». Amen.
Piero Bensì
Servizio per i’azione sociale
L’Assemblea... considera fondamentale per
la testimonianza della chiesa, mantenere e
sviluppare il Servizio per Fazione sociale tenendo conto della lìnea finora seguita, al fine
di promuovere convegni, elaborare documenti su argomenti specifici, favorire la conoscenza reciproca e Taìuto fraterno tra le singole
opere sociali esistenti ed in via di formazione;
raccomanda al Servizio di mettere a disposizione delle opere alcuni nominativi di esperti nei vari campi, che possano fornire su richiesta una consulenza qualificata. Per il conseguimento di questi scopi FAssemblea ritiene
che debba essere affrontato il problema della
qualificazione del personale, tenendo conto
delFesigenza di fornire indicazioni ai giovani
che sono disponibili per un servizio vocazionale.
L’Assemblea dà mandato al Consiglio di
provvedere ad una ristrutturazione del Servizio formando dei gruppi omogenei di lavoro
nei vari settori: assistenza, emigrazione, team
ecumenico, con un unico conduttore (il ¡segretario del « Servizio »).
L’Assemblea dà mandato al Consiglio dì affidare al gruppo di lavoro per Femigrazìoiie il
compito di coordinare gli interventi e le
iniziative delle chiese locali in questo campo,
avvalendosi della collaborazione del Cese,
delle ricerche della commissione sinodale Anídese e di altri strumenti in via di formazione,
I rapporti fra Stato e Chiesa
Gli ordini del giorno relativi ai rapporti tra chiesa e stato non hanno bisogno di un lungo commento. Il primo
(art. 23) tratta dell’obiezione di coscienza nel senso per noi tutti ovvio ;
insoddisfazione per la legge del dicembre 1972, solidarietà con gli obiettori,
lotta per delle modifiche sostanziali
nello spirito e nella lettera della legislazione.
Di estrema importanza anche il secondo ordine del giorno. Come è noto
esistono delle norme che tutelano la
religione dello Stato in materia di vilipendie ; in parole molto povere si tratta di questo ; se guasto o rubo qualche
cosa che appartiene alla religione dello Stato, non sono punito solo per il
danno materiale che ho provocato, ma
anche perché ho offeso la religione.
Inoltre, anche senza far nulla di male,
certe critiche o un certo linguaggio
tenuto verso la religione dello Stato,
possono venir interpretate come vilipendio. Al governo è venuto in mente
che la legge attuale riguarda solo la
religione di Stato, e — per non fare
discriminazioni — vuole estendere a
tutte le confessioni religiose lo stesso
tipo di protezione. Se per esempio uno
deturpa la scritta di un versetto su di
una nostra chiesa, dovrebbe esser condannato non solo per il danno, ma anche per l’offesa alla religione. Ora parrà alquanto strano, ma gli evangelici
di questa estensione dei privilegi della
religione di Stato non ne vogliono proprio sapere. Se uno danneggia paga,
ma non ci sembra che la religione come tale possa farsi difendere dalle leggi. Sotto le apparenze di un trattamento ’alla pari’ in realtà ci si vuol fare
un regalo avvelenato, che noi rifiutiamo. L’o.d.g. è stato votato all’unanimità.
Pure aU’unanimità venne approvato
il successivo ordine del giorno sulla
legislazione del 1929-1930, che è chiaro;
dato che le chiese valdese e metodista
hanno già fatto parecchi studi su questo argomento, siano i materiali relativi portati a conoscenza di tutti gli
evangelici. Infatti se c’è un punto sul
quale occorre che gli evangelici di tutte le chiese si tengano in contatto gli
uni con gli altri, è proprio quello dei
rapporti con lo Stato. L’ordine del
giorno si preoccupa poi del fatto che
da accordi presi con lo Stato in applicazione dell’art. 8 della Costituzione,
possano derivare realtà di fatto incompatibili con i nostri principi. Ci si dice; dobbiamo fare intese con lo Stato
per salvaguardare certe cose che ci
stanno a cuore Benissimo, ma allora
stiamoci attenti. Oggi abbiamo una
legge che parla della assistenza malattia ai ’ministri di culto’, domani ne
avremo un’altra per la pensione dei
’ministri di culto’, poi magari una sui
matrimoni, poi un’altra ancora che dica come i ’ministri di culto’ possono
andare negli ospedali e nelle carceri,
e cosi a colpi di leggi e decreti, avremo creato una figura che non ha rispondenza nella teologia evangelica, e
che assomiglia alla figura del prete
nella religione dello Stato. L’o.d.g. dice che non si tratta di pura questione
terminologica, ma di realtà vere e proprie, per cui bisogna essere attenti.
L’ultimo ordine del giorno non è certo di minor importanza; si tratta di
mantenere in funzione la commissione
giuridico-consultiva per lo studio in
comune dei problemi relativi ai rapporti tra chiesa e Stato. Si tratta di
un settore delicato e nevralgico, in cui
non si vede come le chiese potrebbero
o dovrebbero fare ciascuna per sé. E’
chiaro che una certa diversità di teologie nelTevangelismo italiano si rispecchia anche nei rapporti con lo Stato; ed è chiaro anche che per la natura stessa dei due partners i loro rapporti non potranno mai esser del tutto soddisfacenti ; vale comunque la pena di cercare che essi siano il meno
inscddisfacenti possibile.
S. R.
Gli ordini del giorno votati
Commissione
giuridico-consultiva
L’Assemblea della Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia, riunita a
Bologna dall’l al 4 novembre 1973,
in attesa di poter giungere all’organizzazione di un ufficio legale della
Federazione, che operi tuttavia al servizio di tutto l’evangelismo italiano,
dà mandato al Consiglio di continuare ad avvalersi della commissione
giuridico-consultiva, tra l’altro unico
legame, fino a questo momento, con alcune chiese ed opere evangeliche non
facenti parte della Federazione, per lo
studio in comune dei problemi che si
pongono in materia di rapporti fra le
chiese e lo Stato e per individuare le
linee di azione comune;
raccomanda che i componenti della commissione stessa siano scelti, per
quanto possibile, fra persone competenti, salvaguardando però in ogni caso l'attuale sistema della partecipazione di tutte le chiese ed opere che
di essa si servono.
Culti ammessi
e intese
L’Assemblea della Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia, riunita a
Bologna dall’l al 4 novembre 1973,
preso atto di quanto ultimamente
è stato elaborato in comune da parte
di due chiese-membro (Chiesa Valdese
e Chiesa Metodista) circa l’abrogazione, mediante intese, della' attuale legislazione sui culti ammessi del 1929-30
e circa le materie di eventuali successive intese a norma dell’art. 8 della Costituzione;
impegna il Consiglio a portare
avanti in sede federale questa tematica. tra l'altro diffondendo il materiale
preparatorio e le deliberazioni prese in
questi ultimi anni dalle assemblee valdese e metodista, fra tutte le comunità
delle chiese federate o rappresentate
nella Commissione giuridico-consultiva;
ritiene che dalla normativa prodotta in applicazione dell’art. 8 della
Costituzione non debbano derivare
realtà diffìcilmente riconducibili a
principi evangelici, quale una figura di
ministro di culto incompatibile con il
sacerdozio universale dei credenti;
raccomanda che al tema della posizione delle nostre chiese di fronte allo Stato venga dedicato un certo spazio in una o più trasmissioni del « Culto Radio » e della rubrica televisiva
« Protestantesimo ».
Obiezione di coscienza
L’Assemblea della Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia, riunita a
Bologna dell’l al 4 novembre 1973;
richiamandosi a quanto approvato
dall’Assemblea riunita in Firenze nel
novembre 1970 ed alle prese di posizione delle Chiese membro circa il riconoscimento giuridico dell’obiezione
di coscienza al servizio militare,
manifesta la propria profonda insoddisfazione per l’infelice soluzione
adottata con la legge 15.12.72 n. 772;
dà mandato al Consiglio di appoggiare, unitamente alle forze e ai gruppi che continuano a battersi per questo scopo, ogni proposta di modifica
legislativa che tenga conto nel modo
più ampio del principio della libertà
di coscienza e che riconosca in particolare il diritto all’obiezione comunque motivato;
raccomanda alle chiese di intensifi
carc la concreta solidarietà verso coloro che sono ancora puniti in base alla
attuale legge discriminatoria, tenendo
conto delle iniziative già prese nell’ambito dell’evangelismo italiano.
Invila il Consiglio a sollecitare tutte le Chiese e Qpere affinché gli istituti che da esse dipendono accettino il
principio di poter accogliere, in relazione alle loro specifiche caratteristiche, obiettori di coscienza che desidcl'ino prestarvi il servizio civile alternativo, fornendo alle Chiese ogni assistenza necessaria.
Vilipendio
L’Assemblea della Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia, riunita a
Bologna dall’l al 4 novembre 1973,
preso atto che il Consiglio — nella linea dell’o.d.g. dell’Assemblea riunita in Firenze nel novembre 1970 —
ha preso netta posizione di rifiuto contro il disegno di legge che intende
estendere a tutte le confessioni religiose professate nello stato la stessa
tutela in materia di vilipendio che gli
art. 402-405 del cod. pen. assicurano
attualmente alla religione cattolica;
fa proprio l’Q.d.g. approvato dal
Consiglio nella riunione del 3.6.73, dandogli mandato di proseguire, con tutti i mezzi offerti dalla costituzione, in
tale linea di rifiuto all’introduzione di
ulteriori posizioni penalmente privilegiate in favore delle confessioni religiose;
rilevato inoltre che questo disegno
di legge esprime una linea di pensiero contraria alla spinta manifestatasi
nel paese per un sempre più ampio riconoscimento dei diritti di libertà di
lutti i cittadini,
impegna il Consiglio ad appoggiare ogni iniziativa intesa ad ottenere la
abrogazione di ogni reato di vilipendio.
5
16 novembre 1973 — N. 45
pag. 5
Evangeliche in Italia, a Bologna (1 - 4 novembre)
finale approvata dall’assemblea prima di sciogliersi,
quale ’’sommario” dei suoi lavori. Due collaboratori
presentano poi ciò che si è detto di due dei Servizi in
cui si articola l’attività federale: la Commissione giuri
dico-consultiva (cui partecipano anche Chiese e Organizzazioni non membro, in qualità di aderenti), che si
occupa di tutto l’ampio arco di problemi concernenti i
rapporti con la società civile e in particolare con lo Sta
to; e il Servizio stampa-radio-televisione; gli ordini del
giorno votati a questo proposito puntualizzano i risultati a cui sono giunte le discussioni e le decisioni programmatiche cui hanno dato luogo.
Stampa - Radio - Televisione
Un servizio sempre perfettibile ma vitale della Federazione
Il servizio di cui stiamo per occuparci rappresenta certamente uno dei settori più vitali dell’attività federativa. Il
gruppo di lavoro che ne ha esaminato
il lavoro era, forse anche per questo,
significativamente più numeroso di altri.
Il rapporto presentato in seduta plenaria comprendeva da un lato un esame generale del problema della comunicazione deU'evangelo valendosi delle
tecniche di comunicazione di massa,
dall’altro alcune proposte pratico-operative.
Si è discusso a lungo sulla valutazione da dare al concetto di controinformazione, inteso come rovesciamento di
certi equilibri nelle comunicazioni di
massa. Si tratta, in sostanza, di sforzarsi di fornire agli ascoltatori od ai
lettori un’informazione alternativa che
permetta loro di assumere un atteggiamento critico nei confronti dell’informazione spesso pesantemente partigiana comunemente disponibile nel nostro
paese.
La nostra politica generale di informazione deve tener conto di due aspetti che non vanno disgiunti: una strategia a lunga scadenza che tenda a creare i presupposti per una vera libertà di
informazione ed una a breve scadenza
che permetta al prote.stantesimo italiano di ricevere e di offrire un’informazione evangelicamente orientata. Non è
forse inutile ricordare che, parlando di
informazione, i presenti avevano sempre in mente innanzitutto l’annuncio
dell’ Evangelo pienamente incarnato
nella realtà di oggi.
A proposito della stampa si è discusso sul tipo di notiziario che si vuole incoraggiare e sui suoi destinatari. La
Federazione dovrebbe orientarsi sempre più verso la creazione di un ufficio
stampa capace di fornire informazioni
ai nostri settimanali e periodici ed alla
stampa nazionale ed estera, compiendo
ogni sforzo perché tali informazioni
giungano effettivamente a conoscenza
di una cerchia di lettori il più larga
possibile.
Parlando dei periodici evangelici si è
ricordata la necessità di lottare contro
la nostra relativa ignoranza reciproca
attraverso, la lettura della stampa delle varie denominazioni e di riflettere,
anche a partire da convegni in varie
zone del paese, sul contenuto della nostra stampa e sulla possibilità di una
« concentrazione di testate ».
Sul culto radio è stato espresso il parere che non ci si valga in modo troppo marcato di un ristrettissimo arco
di voci pur tenendo conto dell’indubbia necessità di affidare questa responsabilità a delle voci quanto più possibile « radiogeniche », il che comporta
e romporterà, ovviamente, una certa
scelta. In questa scelta non interverranno, tuttavia, criteri di dosaggio confessionale.
Si tratterà di armonizzare meglio la
parte cultuale e quella del notiziario
evangelico, dando all’insieme del pro
gramma un tono spiccatamente evangelistico. Si è raccomandato tuttavia
ai responsabili di non dimenticare la
necessità che venga mantenuto tutto
un aspetto di preghiera e di « pietà »,
intesa in senso profondo, senza il qua
L’Assemblea della Federazione
delle Chiese Evangeliche in Italia, riunita a Bologna dall’l al 4
novembre 1973,
di fronte all’ulteriore deterioramento dell’informazione nel nostro paese, sia a livello di quella
stampa quotidiana e periodica
che è sempre più visibilmente
controllata da gruppi economici
e di potere che determinano il fenomeno della concentrazione
delle testate, sia a livello della
radio-televisione, ove la legittima
funzione pubblica si traduce sovente nel monopolio e nel controllo ideologico e in una nolitica
di falsi sondaggi ed equilibri accomodanti;
manifesta solidarietà a coloro
che all’interno e all’esterno degli
ambienti giornalistici sono imnegnati a difendere la libertà d’informazione;
pone davanti alle comunità
questo problema, nella convinzione che si tratti di una occasione
significativa di testimonianza,
perché maturi in esse l’esigenza
di affiancare le forze politiche,
sociali e culturali nel loro impegno a rinnovare in senso autenticamente democratico la gestione
dei mezzi di comunicazione di
massa.
L’Assemblea..., a conclusione
dei dibattito sul settimanale Nuovi Tempi e tenendo conto delle
valutazioni sui mezzi di comunicazione di massa contenute nell’ordine del giorno e nella mozione approvati a tale proposito
riconosce che Nuovi Tempi, attraverso il suo rapportò più str<>t.
to con molti gruppi di estrazio^^e
cattolica e con le lotte sociali in
atto, è un’esperienza originale
che. sia pure limitatamente all’ambito della stampa, vuole proporsi come stimolo a tutte le
chiese federate, come sede possibile di una ricerca di predicazione evangelica.
zione meno sfavorevole di quella attuale e che possa man mano affrontare
sempre più decisamente alcuni problemi scottanti del nostro paese, ma questo non pare troppo facile allo stato
attuale delle cose sia per la RAI-TV
sia per l’orientamento generale di coloro che detengono in qualche modo il
potere dell’informazione.
Bisognerà cercare di allargare sempre maggiormente gli « spazi » radiofonici e televisivi nei quali inserire
una voce protestante, sempre, naturalmente, tenendo conto della situazione
nella quale ci troviamo e della ricorrente possibilità di strumentalizzazione
della voce evangelica, da valutare di
volta in volta.
È stato rivolto un appello a tutte le
chiese evangeliche perché si sforzino
di creare dei gruppi d’ascolto capaci di
fornire indicazioni e pareri sui programmi presentati, su quelli da mettere in cantiere.
L’Assemblea della Federazione, sulla base di quanto detto sopra e di
quanto discusso in seduta plenaria ha
votato un’o.d.g. generale sulla linea che
il servizio è chiamato a seguire nel
prossimo triennio, una mozione tendente a rivendicare la libertà di stampa
e di informazione ed un ultimo o.d.g.
sul settimanale Nuovi Tempi. Ricordiamo che quest’ultimo non è un organo ufficiale della Federazione. Tuttavia una larga parte deH’assemblea ha
ritenuto di dare parere favorevole all’orientamento attuale del giornale, ritenendolo « un’esperienza originale che,
sia pure limitatamente all’ambito della
stampa, vuole proporsi come stimolo a
tutte le chiese federate come sede possibile di una ricerca di predicazione
evangelica ». Confessiamo che non ci
siamo sentiti di condividere questo
punto di vista e che non eravamo i soli a pensare in questo modo.
Rimandiamo i nostri lettori a questi
ordini del giorno ed a questa mozione,
pubblicati qui accento.
Giovanni Conte
Uno dei settori più importanti, e di maggiore risonanza, delle attività federali è senza dubbio quello denominato «Stampa-Radio-Televisione». Un gruppo
di lavoro ha ampiamente dibattuto tutta la complessa materia ed ha elaborato
il seguente ordine del giorno che, con qualche leggera modifica, è stato approvato dall’assemblea:
L’Assemblea della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, riunita a Bologna dal 1° al 4 novembre 1973, considerato il problema della
presenza evangelica nel campo dei mezzi di comunicazione di massa ed
esaminato il lavoro svolto dal Servizio Stampa-Radio-TV in questo settore, ne approva le linee generali ed invita le chiese evangeliche italiane
a manifestare in ogni modo possibile il loro appoggio all’opera di presenza e di testimonianza evangelica che viene svolta attraverso detto
servizio. In particolare
a) dà mandato al Servizio a promuovere convegni settoriali sulla
stampa, la radio e la televisione allo scopo di sensibilizzare sempre di più
il protestantesimo italiano ai problemi delle comunicazioni di massa e di
studiare specialmente le questioni dei contenuti e del linguaggio ad essi
appropriato ;
b) ritiene che, tramite il NEV (Notiziario Evangelico) il Servizio
debba continuare a svolgere le funzioni di ufficio stampa della Federazione studiando e promuovendo nel contempo i possibili maggiori sviluppi in questo settore, miranti a dotare la Federazione di un suo più
idoneo strumento di documentazione e di diffusione di notizie ;
c) raccomanda al Servizio l’opportunità di effettuare uno studio e
di promuovere un dibattito (anche realizzando appositi convegni con la
partecipazione dei responsabili dei periodici evangelici ) sulla funzione
attualmente svolta dalla stampa evangelica italiana e sui problemi che
essa deve affrontare e una migliore utilizzazione unitaria delle forze disponibili ;
d) dà mandato al Servizio che si proseguano ricerche, studi, esperimentazioni onde giungere in breve tempo alla utilizzazione della rubrica radiofonica « Culto Evangelico » in modo tale che la presentazione del
« messaggio » corrisponda ad un uso tecnicamente adeguato al mezzo radiofonico, sia tramite l’individuazione di una cerchia più ristretta di persone dotate di doni specifici, sia per mezzo di nuove formule che non limitino la rubrica ad una trasposizione meccanica alla radio del culto domenicale, stimolando al contempo la collaborazione di tutti per far intendere che un rinnovamento quale quello proposto può servire alla crescita del livello di evangelizzazione e non alla sua mortificazione;
e) raccomanda alle chiese locali di accogliere l’invito del Servizio
Stampa-Radio-Televisione a costituire « gruppi di ascolto » per la rubrica
« Protestantesimo » e invita il Consiglio a sollecitare la costituzione di
un gruppo stabile di collaboratori che affianchino il Servizio e favoriscano in tal modo un contatto più diretto e articolato con la realtà dell’evangelismo italiano ;
f) raccomanda infine che il Servizio solleciti la partecipazione di
evangelici a quei dibattiti radiotelevisivi che offrano un’occasione genuina di testimonianza, ed offra la sua collaborazione ai gruppi e singoli che autonomamente rendano tale testimonianza alla radio e alla televisione.
le molti degli ascoltatori presenti e futuri si sentirebbero assai depauperati.
Quanto al programma televisivo
« Protestantesimo » si è dato atto con
riconoscenza del suo buon livello complessivo, auspicando naturalmente che
possa venir diffuso in ora ed in posi
IL « PROGRESSISMO » DEL CARDINALE PELLEGRINO, E DI ALTRI
Ciò che i giornali non dicono
Dopo un incontro deludente con l’arcivescovo di Torino, un gruppo dell’ex-comunità del Vandalino fornnula alcune riflessioni, che ha inviato anche a noi - Le
pubblichiamo quali espressioni di quella che ci pare una vana speranza: in questo ’’gioco”, si può rimproverare a qualcuno di fare la sua parte con coerenza
e rigore? Chi è veramente ambiguo, in fondo: Pellegrino o Franzoni?
LA MOZIONE FINALE
L’Assemblea delle Chiese Evangeliche in Italia, riunita a Bologna nei giorni 1-4 novembre 1973 si è occupata soprattutto di due problemi: da una parte
dell’evangelizzazione e dall’altra delle chiese che vivono ai margini o fuori della
Federazione. Intorno a questi argomenti si è svolta un’intensa attività di gruppi di lavoro e di sedute plenarie impegnate ad esaminare l’operato del consiglio (l’organo esecutivo della Federazione), dei servizi (le commissioni che sviluppano il lavoro della Federazione) e degli organismi settoriali (la Federazione giovanile e il Comitato di collegamento delle attività femminili), e a ricercare linee e formule di attività per il futuro.
Evangelizzazione: Il discorso su questo tema è stato affrontato a due livelli:
quello della riflessione biblico-teologica e quello degli strumenti. Due studi biblici hanno accennato alla necessità che sia approfondita la riflessione sul contenuto della predicazione oggi, come messaggio attuale di liberazione a tutti i
livelli della realtà umana nei suoi aspetti di miseria e alienazione. Questo compito va espletato mantenendo aperto il discorso critico che la Parola di Dio
esercita anche su questo aspetto della nostra esistenza cristiana, al fine di evitare facili scorciatoie, che ci portino ad affermazioni generiche sull’opera e sulla centralità di Gesù Cristo in mezzo alla storia dell’uomo.
Gli strumenti che la Federazione intende predisporre o potenziare sono
fondamentalmente due : la diffusione di corsi biblici per corrispondenza insieme
a corsi fondamentali per la preparazione biblica per adulti; e i mezzi di comunicazione di massa, che per il momento sono la radio e la televisione. L’assemblea si augura che tutte le chiese vogliano contribuire al lavoro di formazione
biblica e avvalersene per la loro opera. Attirino inoltre l’attenzione dei propri
membri sullo sviluppo del servizio stampa-radio-televisione, al fine di ottenere
anche in questo campo collaborazione ed impegno per un servizio oggi di primo piano nella testimonianza evangelica. L’auspicio è che le chiese membro
facciano opportuni sforzi, anche a livello finanziario, per sostenere queste iniziative.
Chiese non federate: L’assemblea ha preso atto con dispiacere del fatto
che la Chiesa Apostolica ha ritirato la propria adesione alla Federazione quale
membro aderente. Sebbene si comprendano in parte le motivazioni che hanno
condotto questi fratelli a decidersi in tal senso, l’assemblea ha deciso di scriver
loro una lettera intesa a riaprire il dialogo e a riaffermare che la Federazione
rimane aperta a varie forme di collaborazione tramite i suoi servizi. A questo
proposito l’assemblea ha fortemente sottolineato che la Federazione non deve
essere considerata dalle chiese non federate come un luogo di convergenza
ecclesiastica, ma coinè strumento di servizio e piattaforma di collaborazione
per gli evangelici'italiani. Per questo si è sottolineata da una parte la piena
disponibilità dei .servizi a ricevere il contributo responsabile e concreto delle
chiese evangeliche italiane e dall’altro l’auspicio che la collaborazione sia sempre più piena ed efficace.
Nel suo complesso l’assemblea ha lavorato a ritmo serrato per mettere a
punto una serie di decisioni operative, che permettano al consiglio e ai servizi
di svolgere un ampio lavoro nei prossimi tre anni. Le chiese sono invitate a
tenere i risultati di questo lavoro in giusto conto, quando saranno pubblicati
nei modi e nelle sedi opportune.
In questi ultimi tempi, giornali anche di diverso orientamento, quali « La
Stampa », « La Gazzetta del popolo », il
« Manifesto », hanno dato risalto ad alcuni interventi del cardinale Pellegrino.
Ci riferiamo, in particolare, agl’incontri
coi metalmeccanici, con gli operai della Michelin, con gli organizzatori della
denuncia del problema dei disadattati
e della delinquenza minorile. Notevole
pubblicità aveva ottenuto lo scorso anno la pastorale « Camminare insieme »;
anche la recente lettera a dom Franzoni non è passata inosservata.
Dal momento che tutto questo crea
un’opinione pubblica e desta o coltiva
speranze, riteniamo importante, come
persone che vivono in loco, integrare le
notizie ufficiali con altre più modeste
che, pur non ottenendo per motivi diversi l’onore della cronaca, sono tuttavia utili per una più oggettiva e globale
valutazione della realtà ecclesiastica
ed un ridimensionamento della portata
di certi episodi.
Il 4 settembre u. s. ci siamo incontrati (una quindicina di persone) col cardinale Pellegrino. L’invito era partito
dallo stesso, e questo ci faceva sperare
in qualche proposta positiva, dopo tre
anni di totale silenzio. Le cose stavano
invece diversamente. Non solo il cardinale non aveva nulla di nuovo da dirci,
ma chiariva che l’invito gli era stato
suggerito da un prete il quale riteneva
(non si sa in base a che cosa) che don
Merinas desiderasse parlargli. Superato, amaramente, l’equivoco, ci si trovò
d’accordo che valeva ugualmente la pena parlarsi. Da parte nostra tentammo
invano di portare il discorso sul terreno concreto, sulla possibilità di valutazioni e posizioni diverse nella testimonianza storica della fede, sulle compromissioni e complicità dell’istituzione
ecclesiastica che devono essere assolutamente abbandonate, ecc. Non si ebbe altra monotona risposta che l’enunciazione di astratti e generici principi
della più vieta teologia. L’unica chiesa
voluta dal Cristo nel Vangelo è una
santa cattolica e apostolica; essa è gerarchica e i vescovi sono i successori
degli apostoli. Accettando la loro autorità si aderisce alla chiesa. L’obbedienza dovuta al vescovo non si limita a
materia di fede, ma abbraccia anche
gli orientamenti pastorali e disciplinari. Ognuno è libero di decidere diversamente, ma in tal caso si mette fuori
della chiesa (anche se non finisce necessariamente alTinferno, precisa amenamente Pellegrino). Egli rispetta la
coscienza di quanti decidono in tal senso ed è disposto al dialogo con loro
come lo è con gli ebrei, i protestanti, i
m'isulmani... (pm\e tante!)* Deve però
difendere, anche a costo della vita, i
principi stabiliti da Cristo. Per questo
comminerebbe ancor oggi alla comunità del Vandalino le stesse sanzioni decise tre anni fa dopo matura riflessione. Infine, chi vuole una chiesa santa,
senza peccati, è un donatista. Non staremo a dire di altri particolari del colloquio: della mancata risposta all’invito di compromettersi chiaramente nel
denunciare i soprusi della chiesa sia al
suo interno che all’esterno (in particolare verso i preti, suoi metalmeccanici),
dell’ambiguo destreggiarsi per non pronunciarsi sul caso Franzoni, dell’appellativo di « profetici » dato a certi discorsi di Paolo VI, ecc. Ricorderemo
solo l’amarezza lasciata dalle ultime
chiare parole del cardinale « progressista » che, lo si voglia o no, suonavano
disprezzo per gente come noi mancante
di sufficiente preparazione per discutere di certi problemi.
In sintesi: gerarchia e obbedienza assoluta all’autorità ecclesiastica in tutte
le sue decisioni, ribadite con estrema
fermezza e secondo una concezione oggi assai discutibile se non superata anche nelTambito d’una stretta ortodossia; per il resto, incapacità totale di
dialogo che non sia solo ripetizione di
generiche affermazioni di principio,
incomprensione della realtà e delle persone vive, diffidenza delle esperienze e
delle scelte operative fatte al di fuori
del benestare gerarchico.
Collochiamo ora questi fatti locali
nel contesto più ampio di dichiarazioni
e operazioni del vertice romano, quali
il discorso sul demonio, la visione pessimistica dell’uomo contemporaneo,
l’incessante requisitoria contro i grup
* N.d.r.: è lecito anche a un protestante, a
questo punto, dire; grazie tante!?
pi critici, la mobilitazione contro il divorzio e l’aborto, la riaffermazione dell’infallibilità papale, il summit degli
ambasciatori pontifici, gli incontri di
vertice per la revisione del concordato,
ecc. Avremo così un quadro della situazione che non ci permetterà sicuramente di abbandonarci a grandi speranze, neppure quando qualche gerarca ecclesiastico fa gesti isolati che possono generare illusioni. Per una valutazione « politicamente » obiettiva e per
le necessarie deduzioni operative, singole persone, discorsi o atti debbono
essere collocati e considerati nel quadro situazionale globale e non estrapolati da esso.
Da parte nostra vorremmo proporre
le seguenti riflessioni, che, evidentemente, necessiterebbero di più ampio
approfondimento.
1) La struttura ecclesiastica si è
sempre aggiornata, ma per pressione
della storia e per necessità di sopravvivenza. Non fa quindi meraviglia che
anche e soprattutto nella congiuntura
storica attuale ci siano uomini dell’istituzione che tentino di smuovere
da secche mortali la barca religiosa,
senza intaccarne però il potere e le
compromissioni. Questi, anzi, vengono
ricuperati in forme nuove e più efficaci
in barba agTingenui e a vantaggio dei
furbi. L’aggiornamento profetico ed
evangelico che desideriamo e per cui
lavoriamo, è ben diverso dall’ammodernato intervento autoritario cui qua
e là assistiamo e che spesso, ingenuamente, stimoliamo. Per capirci: altro
sono le pastorali ed i gesti del « cardinale » Pellegrino ed altro la pastorale
ed il gesto di Franzoni. A nostro avviso, al di là delle intenzioni personali
e in una valutazione puramente oggettiva dei fatti, il primo serve al potenziamento della struttura e del suo potere in forme ingannevolmente accettabili; il secondo al recupero della profezia evangelica. La chiesa che ci ripromettiamo non è quella d’un più aggiornato potere, ma quella del servizio.
2) Nonostante la storia passata e
quella recente e recentissima, molti
continuano a credere e a faticare per
una conversione evangelica della struttura religiosa. Eppure gli stessi non
(continua a pag. 8)
6
N- 45 — 16 novembre 1973
Alle Valli ieri
UEcho
des Vallées
I «letton» della
Val Germanasca
BOBBIO RELUCE
Riunione di minoranze linguistiche
Nascita, morte
e risurrezione
Chi conosce l’esistenza del centri di prestiti libri?
Chi legge di più i libri preferiti - Statistiche dei libri
dati in prestito
PREAMBOLO
Nasce il 1 luglio 1848 il nostro Echo
des Vallées (Feuille mensuelle spécialement consacrée aux intérêts de la
famille vaudoise). Ilh dion qu’es Vaudes: questo verso della Nobla Leyczon,
che costituisce il motto del giornale,
ne informa l’attività. Lo dirige G. P.
Meille, si stampa a Pinerolo (Imprimerie de Joseph Chiantore); sono 16
paginette.
Paginette ingiallite, ma documenti
vivi, testimonianza della vita della
Chiesa Valdese, la quale, dopo l’Emancipazione si affaccia ufficialmente nella capitale, incerta tra il coraggio del
balzo in avanti e la prudenza del montanaro tante volte tradito e beffato.
Troviamo così, un giornale come hanno potuto farlo uomini che si sono
trovati improvvisamente di fronte ad
im evento lungamente sognato, ma
che quando giunge ci lascia sorpresi e
ci coglie impreparati.
Il giornale nasce e parla la lingua
delle sue Valli: un francese che va bene anche per un certo ambiente torinese; ma il problema della lingua si
pone presto (e il piemontese non lo
risolve) ; così neppure due anni vive
L’Echo, e muore per lasciare il posto
a La Buona Novella che si stamperà a
Torino; il suo primo numero uscirà il
7 novembre 1851 ; si stamperà a Torino (Tipografìa degli Artisti A. Pons
e C.; lo dirigerà ancora G. P. Meille,
gerente Rinaldo Bacchetta ; immutato
il formato; diventerà settimanale con
una trentina di paginette.
Cos’è stato L’Echo nella sua breve
prima vita?
CHIAREZZA E SEMPLICITÀ’
Si può onestamente affermare che
L’Echo costituisce imo specchio fedele
della vita della Chiesa nel 1848-49, anche se la « cronaca parrocchiale » in
questo periodo è praticamente irreperibile. Le notizie delle Valli sono relegate nella rubrica « Nouvelles religieuses», sotto la voce «Vallées Vaudoises » accanto alle informazioni sui principali avvenimenti religiosi in Europa;
sono esposte concisamente e strettamente « religiose », cioè ecclesiastiche.
Particolare rilievo assumono i resoconti dei lavori sinodali (il primo sinodo emancipato) o qualche episodio
di intolleranza (un soldato valdese che
muore nella prima guerra d’indipendenza, ma non c’è posto per lui nel cimitero).
La chiarezza e la semplicità sono
una caratteristica dell’esposizione; caratteristica che purtroppo andrà persa parzialmente nei decenni successivi
della risurrezione. Il direttore vuole
esser capito e non esita a spiegare in
nota le parole diffìcili. Così!, in occasione dei lavori sinodali del 1848 la
Tavola segnala la sua preoccupazione
per la presenza di un deficit amministrativo ; G. P. Meille annota diligentemente : « déficit veut dire : ce qui
manque»; altri tempi, altri direttori,
altri deficit: L. 4.668,79 per il periodo
dal 1839 al 1848.
Così: pure a proposito di una delle
tante lacune che G. P. Meille segnala
e si propone di colmare, con spirito di
umiltà e dedizione, egli annota: «lacune veut dire un vide, ce qui manque-,
faire disparaître une lacune c’est faire
que ce vide n’existe plus ».
La gente legge ancora libri? oppure
SI accontenta di sfogliare un giornale
di tanto in tanto, informandosi degli
avvenimenti per lo più attraverso la
televisione? Sarebbe abbastanza difficile stabilire se le famiglie della nostra
valle sono disposte all’acquisto abituale di libri da leggere, esclusi i testi scolastici per i propri figli.
Tuttavia, chi desidera leggere un libro senza spendere ha la possibilità di
farlo rivolgendosi ad uno dei tre posti
di prestito funzionanti in vai Germanasca. Due di essi, a Frali e a Perrero,
sono gestiti dal Servizio nazionale di
lettura e fanno parte del sistema bibliotecario provinciale di Torino-Pinerolo. Quello di Chiotti è un’attività del
Centro culturale e dipende dal Provveditorato agli Studi di Torino.
Nei posti di prestito comunali il pacchetto che viene cambiato ogni tre mesi è di 100 volumi per adulti e ragazzi,
con prevalenza per le opere di narrativa che sono circa i due terzi. A Perrero, inoltre, c’è un deposito fisso di 150
volumi, quasi tutti enciclopedie e testi
da consultare.
A Chiotti ogni anno il Ministero della Pubblica Istruzione assegna un contributo di 70.000 lire per rinnovare la
biblioteca. Quanti libri vengono letti?
A Perrero, circa 110 nell’agosto scorso,
86 in settembre, 48 in ottobre. I lettori
abituali sono 36, su 126 iscritti, ma la
biblioteca è frequentata soltanto dagli
abitanti del capoluogo che sono 330,
residenti tutto l’anno, e 500 circa in
estate. In quasi cinque anni di attività
sono stati registrati 2.300 libri dati in
lettura.
Le categorie sociali più rappresentate tra i lettori sono: insegnanti e impiegati, pensionati e casalinghe. Leggono molto anche gli studenti in villeggiatura; con l’apertura nelle scuole aumenta invece la consultazione delle
enciclopedie.
A Frali si legge discretamente soltanto in periodo di villeggiatura. Anche
qui, come a Perrero, la biblioteca non
ha lettori nelle frazioni. La popolazione
del capoluogo è di 130 abitanti e sale a
mille nei mesi estivi. Da giugno a settembre compreso i lettori sono stati 63,
i libri letti 206: 111 da adulti, 95 da ragazzi. I lettori sono stati in prevalenza studenti, insegnanti e impiegati,
contadini, pensionati.
A Chiotti la biblioteca è chiusa nei
mesi estivi, perché segue il calendario
scolastico. La gente legge di più nei
mesi invernali quando cessano i lavori
all aperto. La biblioteca interessa una
popolazione di 200 persone circa ovviamente tutte del posto.
Nel mese di febbraio 1973 sono stati
dati m prestito 55 libri, 16 letti da uomini, 13 da donne, 26 da studenti. I
lettori adulti sono in prevalenza pensionati, casalinghe, insegnanti, impiegati e operai. Sono preferiti per la lettura libri sul fascismo, la seconda guerra
mondiale e la lotta partigiana. Í volumi dati in prestito nei due anni di attività del Centro, sono stati 620.
Tutti questi dati, naturalmente, sono
incompleti e sarebbe azzardato trarne
conclusione categoriche, ma servono
comunque di informazione su di un
problema che ha la sua importanza.
Liliana Viglielmo
Chiedono trasporti,
arriva la polizia
Dai primi di novembre gli studenti
delle valli Chisone e Germanasca protestano contro il ventilato aumento del
prezzo deH’abbonamento (il 50%, recentemente era già stato aumentato del
10%), e per ottenere trasporti più comodi e più veloci. Essi si sono mossi
uniti, con l’appoggio dei loro compagni
di Pinerolo. Vi sono state assemblee
nelle scuole, per bloccare le lezioni e
far sì che gli studenti di Perosa che
viaggiano non perdano ore di lezione.
Altre assemblee si sono svolte con i
genitori e con la nuova Comunità Montana. Qgni giorno verso le 12,30, all’uscita dalla scuola, si sono avuti dei
blocchi alle fermate dei pullman a Pinerolo, per aiutare gli studenti senza
abbonamento a prendere posto sulle
vetture SAPAV, e poter cosi ritornare
alle proprie case. Naturalmente non è
mancato l’intervento della polizia, ogni
giorno più pesante. Sabato 10 u.s. si
sono avuti scontri più violenti: parecchie persone sono state picchiate dai
baschi neri, intervenuti per sbloccare
la situazione, e ci sono stati dei fermi
di poche ore. Sembra che, dopo questi
ultimi episodi, gli studenti non intendano sospendere la lotta, come d’altronde la SAPAV non intende cedere a
nessun tipo di pressione.
G.P.B.
Vicino al Chastel di Bobbio Pellice, sulla
strada che porta a ViUanova, si è tenuta il
2 e 3 novembre la sessione d’autunno della
sezione per la Repubblica Italiana dell’A.I.D.
L.C.M. (Associazione Internazionale per la
Difesa delle Lingue e Culture Minacciate) con
la partecipazione di rappresentanti di minoranze etnico-linguistiche provenienti dalla Calabria (grecani), dalla Sardegna, da Trieste
(sloveni), dalla Slavia italiana, dal Friuli e
dalle Dolomiti (ladini), dalla Valle d’Aosta e
dalla Regione Piemonte (walser, franco-provenzali e occitani), e di piemontesi, di lombardi, di studiosi, di uomini politici. Circa
120 persone. Più di quante ci se ne aspettasse.
Fra i partecipanti il Presidente del Consiglio regionale Oberto, che ha aperto i lavori,
il eonsigliere regionale Calsolaro, che ha illustrato la sua proposta di legge regionale piemontese per l’insegnamento delle lingue delle minoranze e del piemontese, l’assessore alla cultura di Torino Frida Malan, Fon. Magnani Noya, il sen. Sibille, Fon. Carlo Mussa
Ivaldi, che ha chiuso i lavori, il segretario
della sezione svizzera dell’A.I.DjL.C.M. Pittana e da Gap il prof. Paul Pons che accompagnava un gruppo di giovani dell’altro versante delle Alpi.
Alla relazione della segreteria, del segretario Gustavo Buratti (cui ci si può rivolgere
scrivendo a 13051 Biella Chiavazza), del cosegretario Samo Pahor e del tesoriere Osvaldo
Coisson, ha fatto seguito una discussione in
cui la politica linguistica e culturale è stata
inserita nella politica generale, vedi specialmente la speculazione edilizia. Una parte degli interventi ha toccato le Comunità Montane e la loro possibilità di intervento sugli argomenti discussi, altri le servitù militari. Ma
la tematica è stata cosi vasta che rinunciamo
a riferirne qui. Dalla rassegna delle situazioni
e problemi locali son rimasti fuori il tedesco
del Sud-Tirolo e il francese dei Valdostani e
delle nostre Valli. Ce ne rammarichiamo. La
cultura popolare non deve farci dimenticare
che anche questi sono diritti delle minoranze.
Di amministratori locali della zona eran
presenti solo l’assessore provinciale Celeste
Martina e il sindaco di Luserna S. Giovanni
Benito Martina. Non stupisce che mancasse
questo o quello, che avrà avuto i suoi ottimi
motivi, ma che mancassero tutti gR altri.
Mancanza di interesse, timore, inmbarazzo? E’
più accettabile la frustrazione, la diffidenza del
contadino, dell’operaio, della « base », meno il
senso di impotenza e quindi di ostilità o quasi dei « quadri ».
La sessione della prossima primavera dovrebbe aver luogo a Livinallongo nelle Dolomiti, il cui sindaco, malgrado gli impegni
elettorali, è venuto a Bobbio. Li avrebbe già
dovuto aver luogo questa sessione, trasferita
Valli quasi all’ultimo momento, e
1 U.D.A.V.O. l’ha organizzata come poteva. La
prossima sessione internazionale dovrebbe aver
luogo presso i Baschi della Repubblica Francese.
Gustavo Malan
Incontri
sull’Uruguay
Torre Pellice
Il Gruppo Residente di Agape e la
EGEI delle Valli hanno organizzato
una serie di incontri a livello di inforrnazione sull’Uruguay in alcune Comunità delle Valli e a Torino.
Dopo quanto è stato scritto sulla
stampa in questi ultimi anni e mesi
sulle vicende uruguayane, dopo l’o.d.g.
del Sinodo 1973 in cui le nostre Cornunità esprimevano la propria solidarietà cristiana con i Valdesi sudamericani, ci è offerta un’altra possibilità di
informazione che è peccato trascurare. Gli incontri previsti sono i seguenti :
Notiziario del Collegio
Dal 25 al 28 ottobre gli studenti del
Ginnasio-Liceo del Collegio Valdese di
Torre Pellice hanno ricevuto la visita
di un gruppo di allievi dell’unica Scuola Evangelica austriaca, l’Evangelisches
Musisches Pädagogisches Realgymnasium. Tale Istituto, pareggiato come
il nostro, si trova ad Oberschützen,
nel Burgenland, e conta circa 200 allievi che sono alloggiati in due Convitti, uno maschile e l’altro femminile:
gli studenti provengono da tutta l’Austria che, su 7 milioni circa di abitanti, conta circa 450.000 protestanti, in
prevalenza Luterani. Alcuni allievi del
Liceo, della Scuola Media, del Museo
e della Casa Valdese. Dopo il pranzo, a
Villa Olanda, favoriti da una splendida giornata di sole, gli studenti austriaci hanno potuto visitare, accompagnati da un folto gruppo di allievi
del Liceo, la Valle di Angrogna: si sono dimostrati tutti particolarmente
attenti ed interessati alla storia valdese, che non conoscevano quasi per
niente. La serata di venerdì è stata indimenticabile: presso i locali del Convitto di Villar Perosa, sotto la guida
della famiglia del pastore Geymet, un
gruppo di insegnanti e di allievi del
PARLIAMO DI STORIA
In tutti i numeri della sua prima
breve vita L’Echo consacra parecchie
delle sue poche pagine a divulgare la
conoscenza della storia valdese. Proprio nel primo numero: La place du
Château de Turin en 1558 (martirio di
G. Varaglia) e nel secondo la descrizione della solenne cerimonia del 27
febbraio 1848, quando nella stessa Piazza Castello sfilarono 6(X) Valdesi col
loro stendardo: «A Carlo Alberto i
Valdesi riconoscenti », « à la place
d’honneur, à la tête des Corporations
de la capitale ». [Qualche decennio or
sono un pastore valdese volle rievocare sul posto il martirio, sconvolgendo
l’ignoranza e la quiete dei «bons vaudois»]. Così si parla dei Valdesi di
Germania, si spiega la validità e il significato politico-religioso dell’editto
di Emancipazione. Si spiega anche il
significato etimologico della parola.
««««Car vous savez, barbe Daniel,
nous autres femmes nous sommes si
ignorantes de tout ce qui regarde notre histoire... » ; autocritica alla quale
si associa il buon Jean Pierre che confessa anche lui : « ...Voyez-vous, Barbe
Daniel, il faut que je confesse ma honte; mon ignorance dans ces choses là
n’est pas de beaucoup inférieure à celle de ma femme...». [Oh! dolcezza del
linguaggio natio valdese : « ...Ces choses là.,.»].
L. A. Vaimal
(continua)
L'unica scuola
evangelica
austriaca :
Oberschutzen,
nel Burgenland.
Un gruppo
di studenti e
insegnanti ha
visitato i colleghi
delle Valli Valdesi
Realgymnasium di Qberschützen erano già da un anno circa in corrispondenza con un gruppo di studenti del
Ginnasio-Liceo del (Collegio: è nata così l’idea di una visita reciproca per
approfondire e rinsaldare la conoscenza. La maggioranza degli studenti austriaci è stata ospitata dalle famiglie
degli allievi del nostro istituto, il gruppo rimanente — una decina circa —
ha alloggiato a Villa Qlanda ospite di
quegli studenti del Collegio che, provenendo da lontano, li risiedono dal lunedì al sabato.
Gli studenti di Qberschützen sono
giunti giovedì 25, alle 19 circa: erano
accompagnati dal pastore Reingrabner e da tre insegnanti; a Villa Olanda,
dove hanno cenato tutti quanti, ci attendeva un gruppo di studenti del Collegio, di insegnanti e di membri del
Comitato del Collegio e della Scuola
Latina. La mattinata di venerdì 26 è
stata dedicata alla visita del Ginnasio
Collegio e della Scuola Latina aveva
preparato una squisita cena alla quale partecipavano più di cento persone:
gli studenti di Oberschützen con i loro insegnanti, allievi e docenti delle
nostre scuole, il Coretto del Collegio,
diretto da Carletto Arnoulet, i membri
del Comitato. La serata è trascorsa
fraternamente tra i canti e le danze
popolari degli amici austriaci e le canzoni del Coretto.
Sabato 27 gli studenti austriaci si sono recati in visita alla Scuola Latina,
e poi a Frali ed a Agape. Nel pomeriggio si sono ritrovati a Torre Pellice con gli allievi del Collegio: c’è stata una partita di pallone e poi un thè,
con delle ottime torte preparate dalle
nostre allieve. Dopo la cena nelle famiglie, tutti quanti si sono ancora ritrovati una volta per gli ultimi saluti
e per gustare le caldarroste preparate
dai nostri studenti. È con vero ram
Le attività hanno subito una pausa estiva,
dopo l’Assemblea di Chiesa del 9 giugno,
in cui è stata fatta una relazione morale sulla
vita della Comunità e dopo il corso di storia di
Israele organizzato per i catechisti nello stesso mese.
Salutiamo i membri di tutte le Chiese di
Italia e dell’estero che hanno frequentato i
nostri culti durante l’estate e ci auguriamo
vivamente di rivederli ancora in mezzo a noi.
Ottima riuscita ha avuto il bazar del Sinody e una buona somma è già stata messa a
disposizione per le riparazioni del tempio. La
Società di cucito apre una sottoscrizione a favore dei restauri da farsi in occasione del centenario, mentre il resto dell’incasso verrà man
mano devoluto all’opera di assistenza dei nostri Istituti.
La Foresteria ha avuto il privilegio di
ospitare dalFll al 19 settembre la Comunità
Evangelica di Azione Apostolica, i cui membri del Consiglio hanno presieduto i vari culti
nelle Valli e a Torino.
Si sono riaperte le nostre Scuole Domenicali dopo il culto del 14 ottobre presieduto dal
pastore Sonelli che ha riunito grandi e piccini
per Fascolto della Parola di Dio.
Abbiamo accolto con gioia molti nuovi alunni ed alcuni nuovi monitori che si sono offerti per questo servizio. Ne siamo veramente riconoscenti.
Un gruppo considerevole di membri delle
nostre varie Società si sono offerti per i
culti e le riunioni quartierali; anche questo
è molto incoraggiante per la vita della nostra
Chiesa.
In questa linea di colaborazione il culto
del 4 novembre è stata presieduto dal Maestro
Edgardo Paschetto e la Corale ha iniziato
la sua attività cantando il salmo 17 della Raccolta francese « Dès ma jeunesse ils m’ont
fait mille maux ».
Hanno ricevuto il battesimo: Christian
Agli di Ermanno e di Stefania Gönnet;
Daniele e Paola Ippolito di Romano e di Elena Fuhrmann; Isabella Bertalot di Armando e
Olga Avondet; Luca Gamba di Adolfo e Oriana Chiappello; Katia Giovo di Renato e di
Laura Benech. Il Signore li benedica e li
guardi.
Si sono sposati : Enzo Rovara e Ombretta
Arnoulet: Ennio Castellano e Marcella Jouve:
Doris Bonjour e Roberto Charbonnier: Edo
Benech e Marilena Salice; Giorgio Gonin e
Fulvia Sapei. A questi nostri cari giovani l’augurio di ogni bene nel Signore.
Ci hanno lasciati in attesa della risurrezione : Guido Léger, Giovanni Chanforan, Ada
Chauvie ved. Rivoira, Maria Luisa Pons in
Musacchio. Arturo Mourglia, Roberto Jalla,
Lorenzo Pizzardi. Bruno Chiavia. Aldina Poet
in Malan, Olga Sibille, Edoardo Pittioni, Attilio Benedetto, Léonie Stalle, Ernesto Eynard,
Camillo Malan, Dante Pagliari, Renata Jalla in Pacchierotti, Laura Jervis, Carlo Hugon.
Alle famiglie afflitte esprimiamo la nostra viva simpatia e solidarietà.
Lina Varese
Pinerolo : venerdì 23 novembre, ore 21.
Luserna S. Giovanni: sabato 24 novembre, ore 21.
Torre Pellice: domenica 25, ore 16.
Torino: giovedì 29, ore 21.
Pomaretto-Perosa : venerdì 30 novembre, ore 20,30.
Perrero : sabato 1 dicembre, ore 20,30.
Bobbio Pellice: domenica 2 dicembre,
ore 20,45.
Il gruppo FGEI del Presbiterio
della Bassa Val Pellice sta preparando
una piccola mostra sull’Uruguay, ricercando innazitutto notizie concernenti
1 emigrazione dalle Valli in Sudamerica con materiale fotografico rintracciabile; quindi cercherà di presentare la
situazione odierna (repressione, torture). Se sarà possibile questo materiale sarà messo a disposizione delle Comunità in occasione degli incontri sopra indicati.
Pomaretto
Le riunioni quartierali avranno luogo all’ora abituale nei seguenti giorni :
Mese di novembre : martedì 20 : MasseUi; mercoledì 21: Maurini; venerdì
23: Perosa; martedt 27: Pons; mercoledì. 28 : Clot Inverso.
Mese di dicembre: martedì 4: Paiola ; mercoledì, 5 : Lausa ; venerdì 7 :
Pomaretto.
Prali
marico che, domenica mattina, abbiarno visto partire i nostri amici austriaci, promettendo loro di ricambiare al
più presto la visita.
Questa scarna cronaca non è certamente sufficiente ad illustrare tutta la
serie di contatti, di idee e di diverse
esperienze che tali incontri favoriscono; il loro valore umano e culturale è
incalcolabile e sono oramai diventati
una componente caratterizzante della
vita delle nostre scuole. Speriamo che
in futuro questi contatti internazionali
possano ancor più intensificarsi; ma
è chiaro già fin d’ora che essi hanno
lasciato in noi una traccia indelebile
ed un arricchimento sostanziale della
nostra personalità.
Il Consiglio comunale di Prali si è riunito
in seduta ordinaria mercoledi 7 novembre.
Sono stati trattati vari argomenti di ordinaria amministrazione, tra cui la nomina
dei revisori del conto consuntivo 1973 : Rolando Tron, Giorgio Pascal, Ettore Rostan.
Si è pure approvato il bilancio di previsione
per l’esercizio 1974. Sono state liquidate le
spese per la fiera zootecnica (113.400 lire) e
quelle per lo sgombero della neve che. lo
scorso inverno, hanno .superalo i 2 milioni.
Il Consiglio ha poi assegnato vari contributi: ai posti telefonici pubblici. 35.000 lire;
alla Pro-Loco, 400.000 lire; allo Sci Club
if Val Germanasca », 200.000 lire, alFE.C.A.,
220.000 lire.
È stato anche approvato il verbale di martellata delle piante sradicate al Nido dell’Orso dalla valanga di due inverni fa. e la
stima fissata a 720.000 lire.
Infine si è deciso di ricoprire il piccolo canale che attraversa una parte delFahitalo di
Ghigo e che ora serve per lo più come scarico
abusivo di rifiuti di ogni genere. Rimarrà scoperto soltanto un breve tratto, vicino al Municìpio, dove, d’inverno, viene scaricata la
neve che si toglie dalla piazza e dalle vie adiacenti.
Liliana Viglielmo
CILE
Raccolta firme perché il Governo Italiano
non riconosca la Giunta Militare del Cile:
Un gruppo di studenti e di insegnanti del Collegio Valdese
Danilo Rosciani; Cristoforo Di Turi: Armando Rossitto; Maurizio Lauda; Mario Torta; Carini Giuseppe; Carini Anna: Carini Carlo; Bollati Anna; Emanuele Tron: Benedetto
Pierino; Armand-Hugon Marco; Pasquet Sandra; Gianpaolo Buzzi; Nicoletta Reboa: Donatella Deodato; Nella Grill Deodato; Marini
Edi Giorgetta; Ilda Barel.
ì
1
7
16 novembre 1973 — N. 45
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
pag. 7
ALLE RADICI DELLE NOSTRE LIBERTA’ ECCLESIASTICHE
Autonomia dele chiese vaMesi
ASSEMBLEE: membri comunicanti e membri elettori
Questi temi possono a molti lettori
apparire settoriali, provinciali, ma tali non sono perché raggiungono le radici delle nostre libertà ecclesiastiche.
In varie epoche la nostra chiesa ha discusso l’istituto dell’autonomia e vi
ha dato risposte diverse. L’autonomia
vi è apparsa come l’espressione di una
comunità, che raggiunge una certa
maturità, si regge da sola, possiede i
doni, che le conferiscono una fisionomia spirituale e storica particolare.
Autonomia non vuole dire autosufficenza, perché non esiste una sola, ma
esistono varie comunità, che stabiliscono tra loro una serie di rapporti
traendone sostegno, ispirazione, critica, meditazione comune. Nella disciplina ecclesiastica delle Valli Valdesi del
1833, nel primo capitolo « Le chiese »
art. 2 si legge; « Considerato che tutte le chiese coltivano interessi comuni, nessuna di loro possiede supremazia sulle altre; tutte sono sottoposte
alla medesima disciplina ecclesiastica ». Questa posizione esprimeva una
responsabilità collettiva, opponendosi
a pretese superiorità e rifiutando un’autorità estranea a quella espressa dalle
comunità nelle assemblee comuni, sinodi ecc. Dato che la comunità agiva nel
quadro di una « chiesa territoriale »,
perché la chiesa valdese si comportò
e fu giudicata come tale, era naturale
che quelle comunità stabilissero una
catena di rapporti fra un certo numero di persone che in una determinata
zona confessavano la fede evangelica.
La parrocchia valdese ha per secoli
avuto la fisionomia di una comunità
che ha assunto le proprie responsabilità anche nel campo della legge; la
parrocchia si muove, decide, organizza anche gli aspetti giuridici della sua
esistenza. Vive in un determinato quadro geografico, storico, culturale, spirituale, giuridico; se lo crea e se lo
modifica.
Gruppi liberi e solidali
o ghetti contrapposti?
Questa vita comune, ma animata
dalla libertà dei gruppi, viventi in comunione fraterna, ha avuto aspetti positivi ed aspetti negativi. Gli aspetti
positivi sono stati la comunione fraterna in un clima di rifiuto di privilegi e di supremazie, una certa maturità,
che penetra i membri, una collaborazione a livello di coscienza consapevole. Gli aspetti negativi si sono manifestati quando l’egoismo ha trasformato le comunità in ghetti contrapposti,
quando i confini « territoriali » sono
diventati più importanti della ricerca
della propria identità spirituale e confessionale, quando sono apparsi un
certo spirito concorrenziale nelle elezioni pastorali, una graduazione di valori e d’importanza o quando le differenze patrimoniali hanno acquistato il
tono di una ricerca di « potere ».
Questa « parrocchia » criticata
Nella storia della nostra chiesa la figura della « parrocchia valdese » con
la sua autonomia, con i suoi dirittidoveri di elezione del predicatore dell’Evangelo e con la sua struttura di
ente riconosciuto direttamente dallo
Stato, ha subito vari attacchi. La parrocchia è stata criticata perché la
compattezza non si rivelava una compattezza spirituale, perché non di rado la prevalenza dei fattori amministrativi finiva per gettare un grigiore,
che mal si accordava col desiderio di
una pietà più limpidamente religiosa. In
questa linea, nella quale spesso la concretezza storica cedeva spazio ed attenzione ai meandri di una coscienza
individualistica e raffinata, la pesantezza parrocchiale veniva avvertita come un ostacolo e la legge ecclesiastica
come una catena insopportabile. Il
sentimento religioso con le sue esigenze di purezza prevaleva come elemento
di discriminazione fra i cristiani nominali ed i veri convertiti.
Il n’e vangelizzazi One
in chiave generalizia
Altri motivi di critica alla parrocchia autonoma vennero dai modi e dai
tempi con i quali venne condotta la
evangelizzazione. Traendo motivo dalla necessità di una politica di urgenza
evangelistica e di controllo amministrativo, l’evangelizzazione fu condotta
in chiave generalizia; ordini rapidi,
spostamento continuo degli « evangelisti » nel campo di lavoro, rapporti
continui da parte degli amministrati
(così man mano i pastori erano qualificati come « dipendenti », anche se
restò sempre indomabile la loro indipendenza!) sulle tappe delle vittorie o
delle sconfitte dei nuovi e vecchi nuclei evangelici. Tutto questo non potrà mai cancellare lo zelo dei nuovi
credenti, il sapore spontaneo delle nostre comunità sorgenti o insorgenti in
tutta la- penisola ed ovunque ¡’ondata
delle grandi emigrazioni portava i nostri concittadini, i sacrifizi accettati
con amore dagli « operai », la ricerca
di autenticità evangelica, la gioia della nascita di nuovi gruppi e così via.
La Chiesa Valdese, insieme alle consorelle, non mancò di rallegrarsi « per il
progresso delTEvangelo » e per la costituzione di nuove comunità, ma molte volte la « prudenza » fatta di calcoli, valutazioni puramente statistiche,
non disgiunte dal gemellaggio fra ottimismo esagerato e pessimismo esagerato, portò i suoi frutti negativi;
diffidenze, confronti spesso ingiusti,
dosaggio pretenzioso della spiritualità
nascente e della spiritualità tradizionale. Che cosa e come dovevano configurarsi i diritti-doveri delle nuove comunità? Quale contributo potevano
trarre dalle vecchie congregazioni?
Quali contributi dovevano trarre dalle correnti antiparrocchiali, fortemente spontaneistiche del Risveglio?
Autonomie per nessuno
o per tutti?
Le bordate dello spontaneismo
e la reazione centralista
Sotto le raffiche delle famiglie dei
« convertiti » e le bordate delle congregazioni spontanee il povero istituto
dell’autonomia si trascinò non di rado
come un piccolo bastimento con gli alberi semispezzati e le vele mezze stracciate. Taglia-aggiungi, cuci e ricuci,
perdemmo nel nostro itinerario ecclesiastico il bene insito nelle antiche
«parrocchie» e non acquistammo il bene delle congregazioni spontanee, mentre i mali delle une e delle altre non furono arginati. Si perse il senso della
responsabilità dei gruppi dei credenti
e, dove sorgevano, si temette il consolidamento della loro autonomia sul piano giuridico, cioè si minò la loro continuità storica. La elezione dei pastori
fu vista come un privilegio e non come segno della responsabilità della comunità per il comune compito della
proclamazione dell’Evangelo. La varietà delle comunità apparve molto più
come una scala di vecchi privilegi consunti, che come invito a vivere come
comunità sorelle, senza supremazia fra
loro. E il centralismo ecclesiastico si
rafforzò con le sue leve di comando,
con la sua pretesa di serietà amministrativa, con le sue « visite ufficiali »,
con il suo silenzio burocratico, con la
sua perfetta conoscenza delle debolezze umane pastorali o laiche, con il suo
Così siamo arrivati a quel capolavoro di definizione dei vari gradi di
comunità con, alla sommità, la definizione dei diritti-doveri delle chiese autonome. Nella grande confusione, nella quale tutti ci muoviamo, risuona il
facile grido della « delenda Carthago »
contro le autonomie e risponde il senso di colpa delle comunità autonome.
Ma, poiché il Gran Nocchiero non ci
lascia naufragare con eccessiva rapidità, pare che dal pelago stia emergendo la richiesta di una giustizia per tutti sul piano degli « equilibri più avanzati » cioè sulla base del riconoscimento dell’autonomia a tutte le comunità
e non la spogliazione di tale carattere
contro la comunità, che storicamente
lo posseggono, anche se per sola grazia, perché non sempre l’hanno fatta
brillare come maturità e consapevolezza di coscienza risvegliata. Certo
questo orientamento è ancora allo stato adolescente, ma ci auguriamo che
esso si volga verso una maggiore consapevolezza e non verso una senescenza conservatrice. Non ultimo segno di
questo cammino è stato il nuovo criterio con il quale il nostro Sinodo ha
regolato le deputazioni delle chiese in
omaggio all’antico e nuovo concetto
della « chiesa locale, come elemento
ecclesiologico primario » (II Congresso delle Chiese Evangeliche Italiane (continua)
Doc. V - 1965). Carlo Gay
San Germano Chisone
Siamo lieti di poter dare migliori notizie di Silvana Bouchard, che ha potuto finalmente essere operata per la
frattura al femore e che si avvia a poco a poco verso la guarigione. La piccola Nives, ancora ingessata, sarà tra
poco liberata dal suo guscio sgradevole.
Ileana Lanfranco ha dovuto essere
ricoverata in ospedale e ne siamo sinceramente spiacenti. Le rivolgiamo
gli auguri dei ragazzi della Scuola Domenicale e del suo corso di catechismo, sperando di riaverla fra di noi
al più presto.
Un grazie a coloro che continuano
ad aiutare la comunità a far fronte a
queste ben involontarie defezioni nel
quadro di attività che non possono e
non devono conoscere soste.
L’Unione femminile discuterà, nella
sua prossima seduta, il problema dell’insegnamento religioso a scuola. Un
problema di soluzione forse non così
facile e così univoca come lo si vorrebbe da certuni.
Un tentativo di furto e un furto riuscito in pieno centro del paese dimostrano ancora una volta il progressivo
deteriorarsi della situazione anche nella nostra zona finora relativamente
Venezia
Un’Assemblea valdo-metodista, riunitasi il
14 ottobre, ha ascoltato le succinte relazioni
fatte dai delegati A. M. Busetto, F. Cappon e
G. Colonna sui lavori della Conferenza distrettuale, della Conferenza metodista (riunitasi
a Torre Pellice contemporaneamente col Sinodo) e del Sinodo. Gli elettori valdesi in questa
occasione hanno eletto un anziano e due diaconi. perché la carica quinquennale di tre consiglieri era scaduta. Come anziano è stato
eletto il fratello Guido Colonna, come diaconi
sono stali rieletti la sorella E. Spandri e il
fratello 0. Zennaro. Al fratello Viti, che lascia la carica di anziano, esprimiamo la nostra gratitudine per il servizio resoci fino ad
ora, mentre confidiamo che egli possa offrirci
ancora quelle doti che il Signore gli ha dato.
L’insediamento dei suddetti consiglieri eletti
c avvenuto durante il culto di domenica 11
novembre a Venezia.
Durante lo scorso anno ecclesiastico, sulla
base di un prospetto predisposto da una commissione di studio valdo-metodista, le Chiese
metodiste e valdesi di Venezia, Padova, Vicenza e Verona si sono avviate a costituire il Circuito-Presbiterio del Veneto occidentale. I
Consigli di queste Chiese hanno avuto diversi
incontri ed altri ne avranno durante quest’anno, estesi a tutti i fratelli intere,ssati, per coordinare le nostre forze e la nostra opera di testimonianza in questa zona.
Un Assemblea di Chiesa valdese è convocata per domenica 25 novembre a Venezia. Essa
inizierà con un breve culto alle ore 10, quindi
esaminerà il tema della Celebrazione delVVlU
centenario Valdese: a) facendo il punto sulla
situazione; b) cercando i modi di un impegno
cvangelistico.
preservata da questo obbrobrio. Consigliamo tutti di stare in guardia!
Anche a Porte sono state scoperte
delle giovani dedite alla droga. Il fatto
che non siano « dei nostri » non ci esime dal pensare, con tristezza a loro
ed ai loro genitori. Anche qui, si tratta
per i genitori di sorvegliare e seguire
meglio i loro figlioli, che si lasciano
troppo facilmente intrappolare da
influenze, anche esterne al nostro ambiente. Non prendiamo questo problema alla leggera ma ficchiamo bene in
testa ai nostri ragazzi che anche « una
fumatina » da drogato è già il segno
di un profondo cedimento spirituale e
morale, raramente privo di conseguenze. Non diciamo questo pensando che
alcuni di loro siano dediti alla droga,
ma perché non bisogna che questo avvenga.
L’inizio dell’anno scolastico è stato
ancora una volta contraddistinto da un
notevole e sempre più insopportabile
disordine amministrativo per cui nomine e trasferimenti di maestri e professori sono avvenuti e stanno ancora
avvenendo in modo perfettamente
anarchico. La classe di prima elementare ha già avuto tre maestre, ad
esempio, e, anche se speriamo vivamente che la maestra attuale rimanga
ner tutto l’anno, questo rimane legato
in gran parte agli imponderabili di un
sistema scolastico che, nurtroppo, manifesta ogni anno di più la sua profonda e costituzionale inefficienza. I genitori dei bimbi di prima sono seriamente decisi a non mandare più i loro
figlioli a scuola qualora dovesse venire
cambiata la maestra senza la garanzia precisa di una stabilità di insegnamento per il resto dell’anno.
Un gruppo di parenti e di allievi che
sono costretti ad usufruire del servizio
pullman da e per Pinerolo hanno tenuto recentemente una riunione nel
nostro comune per decidere come manifestare la loro opposizione all’aumento delle tariffe di viaggio.
Di fronte a tutte queste tensioni e
delusioni in campo scolastico non si
può fare a meno di pensare con riconoscenza a quanto è fatto con ordine
e con efficacia dai nostri istituti di
istruzione. Ancora in questi giorni una
madre si rammaricava di non aver
potuto iscrivere il proprio figliolo alla Scuola Latina per mancanza di posto.
Giovanni Conte
niiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiii
Domenica 18 novembre,
a Villar Perosa
GIORNATA DEGLI AMICI
DELLA SCUOLA LATINA
Dornenica 18 si svolgerà a Villar Perosa l’annua Giornata della « Associazione Amici della Scuola Latina » con
partecipazione al culto, alle 10;’ alle
12.30 agape fraterna nella sala del Convitto di Villar Perosa.
CANTO SACRO
Inni proposti dalla Commissione del Canto Sacro allo studio delle Corali e delle
Feste di canto della primavera del 1974.
equilibrismo fra conservazione e opposizione politica. Ogni centralismo
ecclesiastico o politico, nella pretesa
di concordare la sapienza storica con
i gemiti ancora inarticolati del « nuovo » che nessuna storia può contenere
o soffocare, offre ai suoi parlamenti la
sua interpretazione e la sua strategia
nei disegni di costituzioni e regolamenti, regolarmente cresimate come « leggi, che ci siamo date ». Nel nostro piccolo mondo evangelico italiano non
abbiamo nulla da invidiare alla prassi di questa « sapienza ».
Nuovo Innario Cristiano
Nuovo Innario Cristiano
Nuovo Innario Cristiano
Nuovo Innario Cristiano
Psaumes et Cantiques
Psaumes et Cantiques
Nuovo Innario Cristiano
Nuovo Innario Cristiano
Nuovo Innario Cristiano
« Padre Nostro » *
(da "Vieni e Canta con noi”)
Psaumes et Cantiques
I. - CORALI
N. 3 (1^,3) seminìi nim^ _■ 80-96
N. 19 (1,2,3) semiminima — 92-104
N. 128 (1,2,3) semìminìma 56-69
N. 264 (1,2,3) semiminima = 88-104
N. 66 (1,2,3) semiminima _ 112
N. 160 (1,2,3) semiminima = 100
SCUOLE DOMENICALI
N. 39 (1,2,3) semiminima _ 80-92
N. 148 (1,2,3) semiminima — 54-69
N. 162 (1,2,3,4,5) semiminima = 112-120
(1,2,3,4,5) semiminima _ 108
N. 16 (1,2,3) minima = 72
* L’inno « Padre Nostro » (testo e musica) sarà stampato a cura della Commissione
la quale lo fornirà gratuitamente a tutte le Scuole Domenicali. A partire dal 19 novembre i Pastori potranno ritirare il numero di copie desiderato presso la Claudiana
o richiederne la spedizione che avverrà franco di porto. Ringraziamo la Claudiana per
questo servizio.
NOTE ED OSSERVAZIONI
Le Feste di canto avranno luogo, D. v. alle date e nelle località seguenti:
CORALI
VAL PELLICE: domenica 28 aprile nel tempio di Torre Pellice.
VAL CHISONE; domenica 5 maggio nel tempio di S. Secondo di Pinerolo.
\ AL GERMANASCA : data e località saranno a suo tempo comunicate, previo
accordo tra le Comunità locali (Corali e Scuole Domenicali).
SCUOLE DOMENICALI
VAL CHISONE: domenica 12 maggio nel tempio di Pramollo.
VAL PELLICE: 12 maggio nel tempio di Rorà.
Ogni Corale eseguirà alle Feste di canto un inno od un coro, a sua scelta. Le Corali che lo riterranno possibile ed opportuno potranno eseguire un inno ed un coro
oppure due inni, ambedue di loro scelta.
Ogni Scuola Domenicale è tenuta ad eseguire alle prossime Feste di canto, oltre
gli inni d’insieme, un inno di sua scelta, preferibilmente della raccolta italiana o
francese.
I metronom, a disposizione dei Direttori Corali e di Scuole Domenicali possono
essere richiesti al Pastore E. Aime, T. Pellice od alla Signora Eline Quattrini, Perrero.
I Direttori delle Corali e delle Scuola Domenicali sono pregati di segnalare tempestivamente al Pastore E. Aime gli inni ed i cori scelti per le esecuzioni particolari
alle Feste di canto.
Le Corali e le Scuola Domenicali che desiderano ricevere la visita di un membro
della Commissione del Canto Sacro sono pregate di rivolgersi al Pastore E. Aime, al
quale si potranno pure rivolgere i Direttori delle Scuole Domenicali che desiderino,
per far cantare inni a due voci, disporre di un contralto adatto a due e non a quattro
voci come risulta invece dai nostri Innari.
Per avere inni o cori poligrafati con duplicatore ad alcool a prezzo modico, si
prega di rivolgersi al Presidente della Commissione. Essenziale è che gli inni richiesti
siano ben leggibili e non contengano errori di trascrizione.
Molte Chiese non hanno versato alla Commissione le quote per il canto sacro fissate di comune accordo e sanzionate dalle Conferenze Distrettuali. Le preghiamo di
versarle al più presto.
Le Scuole Domenicali che non intendono partecipare alle Feste di Canto quali
sono attualmente indette ed organizzate, sono pregate di comunicarlo al Presidente
della Commissione entro la fine di marzo. 1974.
Alle Corali, alle Scuole Domenicali ed a coloro che le dirigono la Commissione
invia il suo saluto fraterno e l’augurio cordiale di un lavoro fecondo, benedetto, compiuto con impegno e con gioia alla gloria del nostro comune Signore.
Torre Pellice, novembre 1973
La Commissione del Canto Sacro
a
zrzrzjrmsîiiiisiïîmiijriiîîîijîszjisiris lîiuisïiinnsïsumsmîiniîiiiïiïsuiszîïjîiznj iszîîsïsmnsïi
Colloquio pastorale del II Distretto
Come è stato preannunciato dalla circolare
della Commissione Distrettuale, l’incontro
tra Pastore e Responsabili si terra a Torino
il 19 novembre in via Pio V n. 15, alle ore
9.30.
Ricordiamo che a questo incontro possono
partecipare sia tutti coloro che svolgono un
ruolo di servizio in chiesa, sia quelli che si
interessano a questi servizi. E’ questa un’occasione per richiamare l’attenzione di quanti
sono desiderosi di più precise informazioni
sul lavoro di preparazione e riflessione che i
Pastori svolgono a servizio delle comunità.
PROGRAMMA:
ore 9.30 : Breve culto;
ore 10 : Resoconto Assemblea della FGEI
(relatore P. Ricca) ed eventuale
discussione;
ore 12-14 : Pranzo (presso un ristorante);
Alla ripresa : Riflessione comune su indicazione della Circolare della Commissione Distrettuale.
Programmazione prossimo incontro.
Per la prenotazione del pranzo al ristorante
gli interessati sono pregati di segnalare il più
presto possibile la propria partecipazione al
Pastore C. Gay - via Pio V, 15 - Torino.
Il Segretario
Aldo Ruticliano
Villar Perosa
Nozze. Il 7 ottobre il nostro culto è stato
abbellito da una cerimonia nuziale. Ai cari
sposi Franco Tron di S. Germano e Silvana
Armand di Pinerolo, rinnoviamo i nostri auguri per una vita felice sotto lo sguardo del
Signore.
Visita ecumenica. Dall’l al 4 novembre abbiamo accolto nelle nostre due case, 55 giovani; alcuni evangelici di Ferentino e Colleferro e la maggior parte studenti cattolici del
Centro Ecumenico di Frosinone, guidati dal
Pastore Cortes e da due sacerdoti. Don .Andrea e Don Angelo.
Accolti fraternamente dalla nostra comunità. si sono dichiarati lieti di conoscere le Valli Valdesi e la storia del nostro popolo di cui
avevano spesso udito parlare.
La mattina del 2 l’hanno dedicata a Torre
Pellice. Il Dott. Enrico Peyrot e il Prof. Augusto Armand Hugon hanno illustrato loro
con competenza il Museo, la Casa Valdese, il
Collegio e sono stati tempestati di domande
su! nostro popolo e sulla nostra storia. Ne è
seguito uno scambio di idee molto interessante
e proficuo.
Dopo una rapida corsa al Sestriere, cena
fraterna preparata dalle nostre volontarie e offerta dalla comunità.
Alle 20.30, appuntamento in chiesa. Alcune
sorelle hanno indossato il costume valdese che
è assai ammirato, si odono vari messaggi intercalati dal suono delle Trombe e dai canti
della Corale. Due giovani, un valdese e un
cattolico, leggono la parola di Dio e poi seguono spontanee testimonianze dì alcuni giovani.
E’ presente il sindaco di Pinasca sig. Richiardone, il quale ci dà pure un fraterno e
benefico saluto.
Finita la riunione i giovani del gruppo e i
nostri si ritrovano ancora insieme fino a tardi
in fraterni conversari.
Il 3 è dedicato alla Valle d’Aosta e a Torino, dove il gruppo assiste ad una Tavola Rotonda estremamente interessante (e impressionante) sui fatti del Vietnam, presente il Past.
Vinay.
Il 4 suona la partenza. Tutti si dichiarano
commossi dell’affetto fraterno col quale sono
stati accolti e parecchi esprimono il desiderio
di tornare.
Elezione Pastorale. L’U novembre ha luogo
l’assemblea di chiesa per l’elezione del nuovo
Pastore.
Predica il Presidente della Commissione Distrettuale, Pastore Giorgio Tourn, che ci dà
un eccellente sermone.
Poi, con la collaborazione dell’Ing. Pontet
ha luogo la votazione in seguito alla quale
(presenti 100 su 117 membri elettori) risulta
eletto il Pastore Cortes con 99 voti -|- 4 adesioni scritte di malati e una scheda bianca.
Egli assumerà l’incarico al 1° ottobre 1974 e
poiché sia lui che la sua Signora sono già ben
conosciuti e apprezzati nella nostra comunità,
auguriamo loro fin d’ora un ministero ricco
di benedizioni.
Enrico Getmet
Le famiglie Coucourde Balmas riconoscenti per le prove di simpatia ricevute per l’improvvisa dipartita della
loro cara
Clelia Balmas
ved. Coucourde
ringraziano tutti coloro che con scritti
e di presenza hanno preso parte al loro dolore.
Pomaretto, 3 novembre 1973.
8
pag. 8
I NOSTRI GIORNI
N. 45 — 16 novembre 1973
UITA ITALIANA a cura di Emilio Nitti j
E’ un errore trascurare
la riforma universitaria
OBIEZIONE DI COSCIENZA: SI DIMETTE LO PSICOLOGO ESAMINATORE
“Se da piccolo giocavi coi soidatini,
puoi essere un obiettore”
I « provvedimenti urgenti per TUniversità » non
risolvono i problemi e sono una Controriforma
ne
Il problema della riforma dell’Università, pur avendo interessato l’opinione pubblica, non è riuscito a coagulare le forze politiche e sindacali necessarie perché giungesse ad una positiva
soluzione. È sembrato a molti che tra
i vari campi, in cui si sente l’esigenza
di un radicale rinnovamento, quello
universitario riguardasse in fondo solo
gli studenti e i professori, un numero
di persone molto ristretto e per di più
non certo delle più disagiate della nostra società. Questo ragionamento mostra quanto la strategia delle riforme
non sia stata ancora compiutamente
compresa ed assimilata. Dovrebbe infatti essere più chiaro a tutti il collegamento diretto che c’è tra le varie riforme, per cui una non può essere completa senza le altre. Non vi può essere
riforma se le trasformazioni dell’organizzazione di un settore non si collegano a quelle degli altri e non investono
tutta la società: tutt’al più si avrà un
rinnovamento di vecchie strutture. Per
fare un esempio: non vi potrà essere
una riforma sanitaria senza una riforma della scuola che riqualifichi il lavoro dei medici sia nel senso della preparazione scientifica, sia nel senso di una
maturazione democratica, indispensabile nei rapporti con i malati ed i sani
a livello delle unità sanitarie di quartiere.
La riforma universitaria, nel quadro
più ampio della riforma della scuola e
quindi della società, dovrebbe rispondere a quella richiesta, tanto viva a
vari livelli, di uno sviluppo della cultura superiore universitaria e della ricerca scientifica, anche per liberare il
nostro Paese da pesanti condizionamenti culturali e tecnologici. Ma è proprio qui il nodo della questione: nel
quadro europeo della ripartizione capitalistica del lavoro aH’Italia è assegnato im compito subordinato di riserva di manovalanza o di tecnici di basso
rango. Ben diverso è il ruolo della Germania e della Francia... Si può così capire che questa riforma universitaria
non si deve fare, perché non serve a
chi detiene e organizza il potere capitalistico. Del resto costoro non vorrebbero nessuna vera riforma, anche se le
dovranno subire, ma nel campo universitario essi hanno potuto contare
sulla forte opposizione di quegli ambienti che vedrebbero venir meno i loro
privilegi e i loro interessi nel caso che
la.riforma fosse fatta davvero. È così
che invece della riforma il 2 ottobre
scorso, il Governo ha decretato solo dei
« provvedimenti urgenti per l’Università ». L’interrogativo più interessante
ora è se questi provvedimenti sono almeno una preparazione della riforma,
e se si articolano nella prospettiva di
essa. Bisogna purtroppo riconoscere
che ciò non è. È vero, con l’aumento
del numero degli insegnanti migliora il
rapporto docenti-studenti, ma dove e
come si potrà far lezione, se le strutture edilizie, le attrezzature, i criteri di
gestione restano quelli vecchi? Questi
provvedimenti urgenti non riescono
neppure a garantire l’efficienza del vecchio sistema universitario. In più con
una schema farraginoso di gerarchizzazione i nuovi insegnanti sono ancor
più nelle mani dei vecchi titolari di cattedra, che vedono così accresciuto il
loro potere baronale.
Gravi e dolorose sono poi le rinunzie
all’istituzione del dipartimento e del
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiM
Intense
ricerche petrolifere
nell’Estremo Oriente
Esperti petroliferi stanno intensificando il
lavoro per delineare una « mappa petrolifera »
dell’Estremo Oriente, sotto la spinta delle
pressioni dei Paesi produttori arabi per l’aumento dei prezzi e della guerra in corso nel
Medio Oriente. L’area dell’Asia orientale e
meridionale produce solo cento milioni di tonnellate di greggio all’anno, rispetto al totale
mondiale che si aggira sui due miliardi e 400
milioni di tonnellate.
I fattori che fanno sperare in un'evoluzione
dell’Estremo Oriente quale concorrente in
fatto di idrocarburi del Medio Oriente sono le
scoperte di petrolio, o prospezioni bene avviate. in Indonesia, lo sviluppo a Singapore di
un centro di raffinerie per il greggio e Io
sfruttamento di enormi depositi di gas naturale a Brune! e Sarawak, sulla costa settentrionale dell’isola di Borneo. L’Indonesia è
oggi a metà strada, quale produttore, tra il
Medio Oriente e la California. Ma nella seconda metà degli anni ’70, secondo gli esperti, l’intero Sud-est asiatico avrà dimensioni
produttive tali da soddisfare, almeno in parte,
il fabbisogno dei Paesi industrializzati.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpino . Torre Pellice (Torino)
tempo pieno. Con il primo si sarebbe
dovuta affermare una nuova concezione della cultura, non più astratta e imposta daH’alto, ma misurata sulle reali
esigenze della società, in un dato territorio; con il tempo pieno si sperava di
stroncare il malcostume di chi sfrutta
la cattedra universitaria come pista di
lancio per la sua attività professionale
privata e di garantire viceversa un corpo insegnante più seriamente impegnato nella propria professione e messo in
condizione, anche dal punto di vista
economico, di realizzarsi compiutamente in essa. Anche riguardo al diritto allo studio notevole è stata la delusione.
Un decreto di questo genere in conclusione può ben dirsi una Controriforma, in quanto renderà più difficile l’avvio di una futura riforma e nello stesso tempo ostacolerà il realizzarsi di
riforme in altri campi. Bisogna a questo punto riconoscere gli errori delle
forze politiche di sinistra: del PSI che
è stato favorevole ai provvedimenti urgenti, e del PCI che, pur contrario, non
ha saputo muoversi con la necessaria
fermezza per superare talune difficoltà,
come le pesanti pressioni corporative
e il ristagno del movimento studentesco. Si aggiunga che ad una erronea
valutazione di questo decreto ha contribuito la riflessione che esso finalmente cambiava qualcosa neU’immobile e intoccabile mondo dell’Università...
In sostanza il difetto maggiore è stato
quello di non dare sufficiente attenzione a questo campo di riforma e di non
avere aperto su di esso un adeguato
dibattito che coinvolgesse tutte le forze sociali. I tardivi tentativi di modifica del testo, proposti persino da parlamentari del PSI, non hanno speranze
di successo ed entro il 31 novembre p.v.
il decreto sui « Provvedimenti urgenti
per l’Università » sarà quasi certamente trasformato in legge.
Un nostro fratello, il prof. Ezio Ponzo, psicologo, membro della chiesa valdese di Piazza Cavour a
Roma, era membro della Commissione esaminatrice degli obiettori di coscienza che chiedono di poter
prestare servizio civile alternativo. Egli ha ora presentato le sue dimissioni, motivandole con l’impossibilità di assolvere effettivamente a tale incarico e spiegandone le ragioni. Riprendiamo da ”Il Manifesto” del 9 novembre 1973 la notizia e le dichiarazioni fatte dal professor Ponzo
Roma. « Sono stato nominato membro della Commissione per il riconoscimento degli obiettori di coscienza in
qualità di psicologo. Mi trovavo nella
necessità di valutare le domande solo
sulla base di una carta bollata (la dornanda dell’interessato) e delle informazioni dei carabinieri. Dopo alcuni mesi
si è introdotto anche il colloquio, di ISSO minuti. Ad un certo punto mi sono
sentito in dovere di dimettermi dall’incarico. Era impossibile ogni valutazione seria ». Chi parla è il professor Ezio
Ponzo, straordinario di psicologia dell’età evolutiva all’università di Roma.
Siamo andati a trovarlo dopo che avevamo saputo delle sue dimissioni.
« In commissione — continua il prof.
Ponzo — eravamo in cinque: un generale, l'avvocato dello Stato, un magistrato, uno psicologo, un esperto in
scienze morali ». Questi cinque commissari, secondo la legge del 15 dicembre
1972, dovevano decidere sull’attendibilità dell’obiezione di coscienza, sui suoi
fondamenti filosofico-morali.
Come avveniva il colloquio? Ecco,
ripreso dal Bollettino della Loc, un
campionario delle domande che venivano rivolte a chi dichiarava di essere un
non-violento. « Come reagiresti nel caso tu fossi vittima di un’aggressione
personale, oppure ti capitasse di assistere ad una aggressione di una vecchietta da parte di un energumeno? Da
piccolo hai giocato con armi finte o soldatini? Vai o andresti a caccia? Se ti
fossi trovato all’epoca della Resistenza,
come ti saresti comportato? Durante il
fascismo oppure durante una dittatura
imbracceresti le armi per difendere la
democrazia? Cosa avresti fatto se entrando in casa qualcuno stesse ammazzando tua madre? ».
Il professor Ponzo conferma: « Con
una mia lettera del 11 ottobre scorso —
ci dice — ho denunciato il carattere assurdo di questi colloqui. Ho mandato
questo mio scritto ai presidenti delle
Commissioni difesa della Camera e del
Senato, ma a tutt’oggi non ho avuto
risposta alcuna. In quella lettera denunciavo anche il fatto che agli obiettori
venivano poste delle domande politiche
di segno niente affatto neutro. Ad uno
è stato pure chiesto se, rifiutando egli
qualsiasi violenza, rifiuterebbe anche la
lotta partigiana, evento violento. Una
domanda di questo genere tende a porre in un conflitto di valori l’obiettore
che abbia sulla Resistenza, un'opinione
positiva. Evidentemente l’unico a non
essere messo in difficoltà, in questi casi, è l’ipotetico — inesistente — obiettore di coscienza fascista ».
Il professor Ponzo ha mosso parecchie critiche al lavoro della Commissione, ma non è riuscito nemmeno a far
mettere a verbale i suoi rilievi. Alla fine del mese scorso ha quindi deciso di
rimettere il suo incarico nelle mani
del Presidente del Consiglio, dal quale
era venuta la nomina. « È un atto, questo, che vuole esprimere in modo concreto la mia convinzione sulla totale
inutilità della procedura usata per l’esame dei convincimenti degli obiettori. È
d’altra parte assolutamente impossibile
valutare la fondatezza e la sincerità di
qualcosa di così profondo e di così nobilmente soggettivo. E a questa decisione sono giunto anche in base alle mie
conoscenze psicologiche ».
Dopo più di 20 giorni le commissioni
parlamentari competenti hanno ancora
da trattare il problema, e il professor
Ponzo è scettico sulla possibilità che
mai si dia un cenno di risposta alle sue
NOI
E IL CILE
Del Cile abbiamo finora parlato
molto. Ma è un argomento che non
vorremmo (neppure temporaneamente) abbandonare,
prima d’esserci meglio espressi sui nessi profondi che legano quello sventurato paese al nostro. Perché, se il tentativo del movimento politico diretto
da Salvador Allende fosse riuscito, non
soltanto l’Italia ma tutto l’Occidente
ne avrebbe tratto dei suggerimenti preziosi per superare l’immensa crisi sociale che lo travaglia.
La sventura del Cile è dunque, in
parte e per riflesso, anche la nostra.
Ma come e fino a che punto questo
fatto di fondamentale importanza è
recepito dalla maggioranza dei nostri
lettori? Pertanto vogliamo riportare
dal « Foglio » (n. 25 del settembre u.s.
la seguente valutazione, ch’è anche la
nostra personale.
« Bisogna ancora parlare del Cile.
Non perché sia una novità, ma perché
è l’ultimo “segno" che ci è stato dato
dello stato del mondo. Bisogna parlarne per vedere come abbiamo sentito
quest'appello, ch’è lo stesso appello del
Mozambico, del Brasile, del Vietnam;
per vedere se nel nostro paese questo
appello arriva o è messo a tacere da
chi ha il potere di farlo. Facciamo un
esempio: (...) per i giornali moderati
il golpe cileno è stato visto all’inizio
come la tragedia personale di Allende.
Si è ucciso o è stato ucciso? era la
domanda dei titoli f
Il momento rivelatore di un meccanismo che assoggetta i popoli agli interessi delle grandi potenze potenze
egemoni, sotto pena di morte, da Praga a Santiago, non poteva così esser
colto dai lettori della grande stampa
d’informazione. Meglio: o nei giornali
i lettori non capiscono nulla di politica, o quel momento NON DOVEVA esser colto. Il concetto dei commenti del
Telegiornale durante tutti i giorni seguiti al golpe è il seguente: “non è lecito calpestare la libertà ANCHE SE
è per riportare l’ordine”.
Ma chi faceva disordine in Cile? Lentamente, anche chi non ha letto la
stampa della sinistra rivoluzionaria,
può arrivare a .scoprirlo. Dalla radio e
dai giornali si viene a sapere che i negozianti tirano fuori la merce che avevano nascosto da mesi. Ma radio e
giornali non si chiedono: chi sono i
negozianti? non sono forse quel ceto
medio conservatore (che fa sempre da
fondamento alle manovre di destra)
che faceva protestare le donne con le
casseruole contro Allende, per la scar
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
dissociamo moralmente e politicamente. Non esiste
campo neutro, non
influenzato da un
polo o dall’altro ».
’ Mensile di presenza sociale e religiosa, anno III, pubblicato a Torino da un gruppo di
cattolici del di.ssenso. Direttore: E. Peyretti.
I! n. 25 è l’ultimo uscito.
^ Quasi si trattasse d’una questione di cronaca nera (ad alto livello!).
sità dei beni da loro stessi tenuti nascosti? Dunque, chi faceva il caos in
Cile? ».
Il 17 settembre alcuni giornali riferirono « in una corrispondenza da Washington, le rivelazioni dei più grandi
quotidiani americani sulla politica finanziaria con cui il governo di Nixon
ha chiuso, dal 1970, il tubo dell’aria al
Cile. Qualche esempio soltanto: nel ’70
la U. S. Export Import Bank negò al
governo di Santiago dodici miliardi di
lire per l’acquisto di tre aerei civili,
mentre il Pentagono concedeva nove
miliardi all’aviazione militare cilena
per aerei ed apparecchiature belliche;
dunque (commenta il “New York Times”) non era soltanto una rappresaglia contro le nazionalizzazioni cilene,
ma una precisa scelta politica per le
forze armate e contro il governo democraticamente eletto in Cile. Nel ’72
“violente pressioni” del Dipartimento
di Stato impedirono alla Banca Mondiale, che non dipende dal governo
americano, anche solo di studiare un
mano di finanziamenti all’economia cilena ».
Quanti dei nostri lettori hanno visto
queste cose sui giornali? « Il caos in
Cile non l’ha portato Allende, ma Nixon. Eppure, secondo il tipo d’informazione dominante, il caos non sarebbe
venuto se Allende avesse lasciato che
gli USA continuassero a trarre un milione di dollari al giorno dal rame cileno: questo non era caos, era ordine!
l’ordine che i generali hanno dovuto
ristabilire!
Vedere la realtà in questi momenti
decisivi non ci sembra così difficile da
richiedere lungo studio e lasciare sostanzialmente indifferenti. Un giudizio
essenz.iale e chiaro può esser dato da
tutti, e tutti hanno diritto di poterlo
dare senza esser confusi dalle cortine
fumogene di protezione degl’interessi.
Questo diciamo senza ignorare la complessità e il groviglio dei fatti, che la
storia vedrà con distacco. Ma intanto
nessuno .sia escluso dal diritto di prender partito, d’intervenire, di riconoscere e scegliere la parte giusta. Se l’informazione non serve questo diritto,
se non lo serve con prontezza e chiarezza, essa serve direttamente gl’interessi stabiliti, autori delle iniquità che
ogni giorno dobbiamo vedere. Questo
vale contro il discorso degli opposti
estremismi, tanto congeniale all’anima
qualunquistica di troppi italiani e al
moralismo cattolico astratto. Gli estremismi non sono opposti: uno dei due
ci coinvolge. Ci coinvolge l’estremismo
fascista, se non lavoriamo per la rivoluzione sociale. Ci coinvolge l’estremismo machiavellico del capitalismo occidentale, per il semplice fatto che noi
siamo nel suo sistema, se non ce ne
critiche. Si nominerà un sostituto — di
psicologi « allineati » certo non c’è carenza — e tutto ripiomberà nel silenzio.
E agli obiettori si dirà si o no in base
ad una procedura farsa. « Ma — aggiunge il professor Ponzo — c’è di più.
Anche qualora venga dato un giudizio
positivo alla domanda di un obiettore,
l’interessato deve starsene a casa per
mesi e mesi, dato che non esiste ancora
il servizio civile sostitutivo ».
Un’affermazione contenuta nell’ultimo messaggio di Allende (trasmesso
dal- palazzo della Moneda la mattina
deiril.9), sintetizza le precedenti riflessioni: « Il silenzio di chi dovrebbe
dire la sua parola, è manifestazione di
fascismo» (v. «Il Manifesto» deH’ll.
11.’73). Il cardinale Enriquez avrà certo ascoltato, con amarezza e timore,
quest’affermazione solenne del suo
amico.
MA INSOMMA PERCHÉ
ATTACCARONO ISRAELE?
Nel n. preced. di questo settimanale (art.: « Un’ipotesi azzardata »), abbiamo riportato alcune righe di Luciana Castellina, nelle quali si afferma
che le ostilità della quarta guerra del
M. Oriente vennero aperte dall’Egitto,
non già per vincere Israele, e neanche
per strappare a questo tutti od alcuni
dei territori occupati nel 1967, ma
semplicemente per sbloccare una situazione politica interna, ormai indurita ed impossibile a modificarsi per
altra via.
Abbiamo detto che non ci sentiamo
di pronunziarci su una simile ipotesi.
È per questo che vogliamo riportare
ora anche un’altra ipotesi, compietamente diversa: quella del generale
israeliano Ariel Sharon (in un’intervista registrata alla radio dell’esercito
israeliano e riportata da « Le Monde »
del 6.11.’73).
« Io non sono stato sorpreso dalla
riapertura delle ostilità (ha affermato
il Sharon) perché sapevo, già alla fine
della guerra dei sei giorni, che essa si
sarebbe verificata qualora non si fosse raggiunta una soluzione politica con
l’Egitto. Le altre parti interessate (cioè
Israele, USA e URSS) potevano benissimo accontentarsi della situazione
raggiunta, ma ciò sarebbe stato as.solutamente impossibile per l’Egitto ».
In questo senso, ci pare che possiamo accettare la valutazione di Raniero
La Valle (y. art. « La quarta guerra
arabo-israeliana », sul n. 41 del 19.10.
1973 di questo settimanale), che « la
chiave del problenta del M. Qriente
stia non fuori, ma dentro il popolo di
Israele »: nel senso cioè che, essendo
l’Egitto l’unica (delle quattro parti interessate) impossibilitata a trovare la
soluzione politica del problema, spetti
ad Israele trovarla. E in che modo?
Cambiando mentalità, cioè dando ai
propri rapporti con l’Egitto un fondamento, politico e morale, compietamente nuovo. Questo è, del resto, certamente il giudizio anche di Samuele
Goldmann, un illustre ebreo della diaspora (v. su questo settimanale gli articoli: « Un ebreo parla agli ebrei »,
n. 15 del 13.4.’73, e « Ricordatevi degli
antichi profeti! », n. 16 del 20.4.’73).
Ciò che i giornali
non dicono
(segue da pag. 5 )
fronti delle strutture « profane », dove
optano piuttosto per la rivoluzione che
per la trasformazione. Potenza della
religione che è riuscita ad offuscare
rintelligenza di persone così lucide in
altri campi, ed a difendere se stessa
contrabbandando come opera dello
Spirito il frutto d’un accumularsi plurisecolare di infedeltà al Vangelo! Così,
notevolissime energie vanno sprecate
in un’attesa e in un’azione a cui l’esperienza secolare contraddice. Meglio sarebbe impiegarle in un’esperienza di
fede obbediente al Vangelo e allo Spirito conciliare, e libera dal logorio d'un
riferimento continuo e ossessivo ail’istituzione e alla falsa problematica
del « dentro e fuori ». I confini della
chiesa sono sufficientemente ampi per
contenere anche noi che contestiamo
potere e compromissioni (legate anche
a una certa teologia) d’un organismo
« visibile », come ripete continuamente
la gerarchia, che proprio perché tale è
soggetto alla storia e alle sue possibili
aberrazioni. Se qua e là qualche gerarca ecclesiastico opera qualcosa nel senso della liberazione deH’uomo e del capovolgimento della società, non ce ne
dorremo sicuramente. L’importante è
che la nostra opera o il nostro plauso
non contribuiscano alla stategia del potere.
3) Se un’attenzione, non un’attesa,
dovremo porre all’istituzione religiosa
ufficiale, sarà per contrastarne intelligentemente l’incidenza che tutt’ora ha,
e che potrebbe aumentare, sulle persone opprimendone le coscienze e sottraendole, con ideologie frenanti, alla
causa della liberazione della società c
deH’uomo.
un gruppo dell’ex-Vandalino'
I metodisti boiognesi
contro io giunta ciiena
Ordine del Giorno approvato dalVAssemblea
della Comunità di Bologna domenica 28 ottobre 1973.
L’Assemblea della Comunità Evangelica
Metodista di Bologna, sollecitata a pronunciarsi sui tragici fatti del Cile,
condanna i mandanti e i realizzatori del
colpo di stato e della spietata repressione che
tuttora insanguina quel Paese;
denuncia le atrocità perpetrate dalla giunta
militare e dalla destra reazionaria, sua alleata
— il sostegno offerto alla giunta dalla D.C.
e dalla gerarchia cattolica, nel chiaro intento di salvaguardare il disegno interclassista dal quale traggono potere
— le complicità del capitalismo internazionale, coi suoi imperi politici ed economici,
ieri mobilitati per creare le premesse del
golpe eversivo, oggi neH’aiutarlo a consolidarsi
■— il ricorso alla violenza, attuato da tali imperi, per annegare nel sangue una proposta alternativa al sistema capitalistico, perseguita per vie legali e democratiche;
si appella alle Comunità evangeliche italiane ed ai responsabili delle nostre chiese, affinché prendano in merito una posizione inequivocabile ed intervengano subito, per quanto è
dato loro, in aiuto alle vittime della repressione;
chiede che il Governo italiano non riconosca la giunta militare cilena e non compia alcun passo che possa recarle vantaggio; tale atteggiamento sia esteso ad ogni futuro governo
cileno che, anche costituito da civili, emanasse dalla giunta anziché dalla libera volontà
del popolo;
si impegna a sostenere le iniziative atte ad
aiutare il popolo cileno nella sua decisione
di resistere alla follia di chi « ha la forza ma
non la ragione )t, nella convinzione che compito dei credenti non è di osservare come spettatori neutrali le vicende del mondo, bensì di
denunciarne le ingiustizie e dì cercare la fedeltà all’Evangelo anche nel sentirsi coinvolti
nelle sofferenze dei fratelli oppressi.
Come primo segno di questo impegno, la
Comunità dì Bologna aderisce alla sezione bolognese del comitato nazionale Italia-Cile «Salvador Allende» consapevole dì poter recare un
contributo di testimonianza evangelica alle
iniziative che questo comitato promuoverà.