1
LA BUOIVA NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
U domicilio
Torino, per un anno L. 6,00 L.7,00
— per sei mesi » 4,00 » 4,SO
Per le provincie e l’eslero franco sino
ai confini, un anno . . li. 7,20
per sei mesi, » o,20
A)>;0£Ùovti{ Sì ivàyattri
Seguendo la verità nella carità
Efes. IV. 15.
L’Ufficio della BUONA NOVELLA è in
Torino, presso la libreria Evangelica
di GIACOMO BIAVA, viaCarlo Alberto,
dirimpello al CafTè Diiei.
Le assuciazioni si ricevono in Torino allo
slesso Ufficio.
Gli Associali delle Provincie potranno provvedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alla libreria Biava.
Lettere d'un Ggliuolo a >uo padre. Letlera IL — La Ghieta e lo Stato. — Notixìe
religiose ,— Cronachetta politica.
Emettere «f’ut» Figltwolo a «t«o Putire.
LETTERA IL
Carissimo Padre
Mentre il di lei foglio, pubblicato
nell’ylrOTonm, riscuoteva la lode dei
buoni, seguaci del Vangelo o delle
dottrine di Roma (chè v’ha dei buoni
in ambo i campi), associandosi questi all’appello eh’ ella muoveva alla
mia coscienza, e parendo a quegli
altri bella quanlo eccezionale allo spirilo cattolico la sua moderazione, ecco
saltar su un foglio clericale, e frap
porsi odiosamente tra padre e Cgiio
per guastare un riavvicinamento iniziato in nome d’un Dio di pace, e
sollo gli auspicii della sanlità dei vincoli domestici. Quell'asliosa pubblicazione inventa una corrispondenza
di Ginevra, la quale mi fa essere il'
ridicolo protagonista di una ridicola ;
quanlo inverisimile commedia poli tico-evangelica die sarebbe stata rappresentala in questa città addi 24 del
2
passalo agosto, giorno ìq cui ripeto,
e potrei provare all’evidenxa a chi si
ostinasse a non volerlo credere, ch’io
era lontano una cinr]uantina di miglia
da Ginevra.
Queiraffastellamento di bugie goffe
ed invereconde, tendeva in ultimo,
come si ricava dalla morale sui generis che s’affrettavano di trarne i malaccorti preti, ad agitare uno spauracchio in faccia al Governo, per aver
egli voluto sottrarre qualche povera
famiglia all’ influenza micidiale del
colèra turbando gli ozii di pochi
frati e di poche monache.
Se ricordo incidentalmente questo
fatto, gli è per farlo avvertito, mio
buon padre, del carattere e delle ignobili preoccupazioni di molti fra coloro a cui mi piange il cuore di vederlo compagno, interroghi la sua
coscienza, e tengo per fermo che le
risponderà, ben trista e disperata
esser quella causa cbe propugnala da
prima colla violenza, cerca da ullimo
uno schermo nella menzogna.
In quanto a quelle del Cattolico di
Genova, esse non ebbero altra conseguenza che di muovere a riso i miei
amici di Ginevra, calvinisti quanto
le pare, ma incapaci di mentire.
Ora veniamo al merito -delle sue
obbiezioni.
Io l'avea pregato dì chiarirmi un
punto di dottrina in -cui rai pareva
scorgere una contraddizione fragrante
tra le massime del V'angelo e quelle
delia chiesa di Roma. « Il codice
della V^erilà eterna, quest’era la mia
lesi, presenta alla nostra fede un
Unico Mediatore Ira Dio e l’uomo,
Crislo. La chiesa dei papi ne creò invece intiere legioni, cominciando dalla
Vergine Maria , e andando fìno alla
vergine Filomena, ed al bambino Botonto ch’ebbe la doppia ventura di
morir vergine e martire ».
Ma Ella trasportando la quistione
sopra un altro terreno, mi svolge la
dottrina che venne stabilita nella sessione 6 del Concilio tridentino, sulla
necessità dell’opere a salute.
La prego però di rammentare la circostanza affatto personale che provocava la mia dichiarazione, esser cioè
la fede in Cristo , sola condizione
scritturale di salvezza. Standosi ella
in molta apprensione sulla mia pretesa apostasia, io cercava di tranquillarla, mostrandole colle promesse di
Dio alla mano, che credendo in Cristo
mi ritenevo in condizione di salvarmi.
« Ma adagio un poco, ella soggiunge
nella sua risposta, la sola fede non
basta; essa deve esser compagna all’opere ». A questo punlo io potrei
troncar di botto la quistione , riconducendola alle proporzioni individuali
che le aveva assegnate quando la
posai, e rispondendole : « Io mi studio
3
di palesarla raia fede ocH’opere, ergo
sono ia condizione di salute secondo
la Scrittura, nonché secondo la di lei
stessa tesi.
Non volendo però scappar d’argomento, nè divertire cavillando la quistione, accetto di buon grado il punlo
controverso ch’ella mi mette innanzi,
ed ai mille passi scritturali che provano la non contestala necessità dell’opere, contrappongo quelli che smentiscono perenloriamenlc la giustijìcmione pell’opere, nel che solo sta
tutla la divergenza Ira la teoria del
Vangelo e quella de’papi.
E partiamo in prima dalla massima
generale, onde vedo compenelrala
lutta ia Sciiltura, vo’ dir quella che
nessuno è trovalo giusto, puro, perfello innanzi alla giustizia, alla purità ed alla perfezione infinita di Dio.
A conferma del mio assunto non moltiplicherò all’ infinito, come potrei
farlo, le mie citazioni per non prolungare all infinilo la mia letlera. Mi consenta solo ch’io le citi in buòn vo'igare
per impegnare alla cimtroversiu i molti
che non san di latino. Se pn ;uderò
abbaglio nel voltare letteralm ente la
Volgala sarà efielto d’ignoram a, non
di mala fede, e le sarò quin di grato
che ella od altri mi corregga) iO.
Ecco ciò eh’ io leggo ne Salmo
cxLiii di David, al vers. 2. « Non
venire a giudicio col tuo servitore,
perchè nessun vivente sarà trovato
giusto al tuo cospetto ».
« Son tutli corrotti, son divenuti
tutli fetenti, non v’è alcuno che faccia
bene, non pure uno. Sai. xiv, ver. 3.
« Non v’è alcun giuslo, non pure
uno ». Rom. in, IO.
.•> Conciossiachè lutti abbiano peccato , e sieno privi della gloria di
Dio ». Rom. Ili, 23.
Nessuno è giusto, la tesi è assoluta, luiti hanno peccato, non è fatta
eccezione neanco alla Vergine Maria
che Pio IX vorrebbe, ma tentenna ancora nella sua infallibilitù a dichiarare immacolata. K però un fallo certissimo che fra questa universal corruttela, molli e molti furono i sanli
uomini e le sante donne (fra cui mi
compiaccio di annoverare Maria) che
si distinsero per opere eccellenti e
santissime: ma non ostante quest’opere, niuno fu trovato giusto innanzi
a Dio. Dunque non sono evidentemente le opere che ci ricongiungono
a Dio, a meno che non si voglia asserire , contro l’esplicita dichiarazione
delle Scritture, che gl’ingiiiili possano
veder la faccia deirAllissimo. Come
saremo noi dunque giustificati ?
Al che Paolo risponde: «L’uomo è
giustificato per fede senza l’opere
della legge ». Rom. ni, 28.
« Niuna carne sarà giustificala innanzi a Dio per l’opere della legge,
4
dappoiché per la legge si ha conoscenza del peccato ». Rom. ni, 20.
« L’uomo non è giustificalo per le
opere della legge, ma per la fede in
Gesii Crislo ». Galati ii. 16.
* Abram credette a Dio , e ciò gli
fu imputalo a giustizia ». Genesi xv,
6. — Rora. IV, 3.
Che se ella mi volesse opporre trattarsi in questi passi della legge cerimoniale piuttosto che della morale, le
risponderò con Paolo (Gal. ni, 17),
cbe la legge venuta qualtrocent’anni
dopo la giustificazione di quel patriarca non avea che fare colla giustificazione da lui conseguila quattro secoli innanzi mediante la fede. Per
togliere poi qualunque ambiguità a
questo riguardo, lo slesso Aposlolo
scrivea agli Efesi, fra cui è indubitato
che molti eran gentili, e quindi ignari
della legge cerimoniale di Mosè :
« Voi siete salvali per la grazia
mediante la fede, e ciò non è da voi,
ma è dono di Dio; nm per opere,
acciocché niuno se ne glorii ».
Efesi li, 8, 9.
Ma qui prevedo ch’ella m'opporrà
questo passo di Giacomo : « Non fu
Abramo nostro padre giustificato per
l’opere, avendo offerto il suo figliuolo
Isacco sopra l’altare.^ Ep. cap. ii,21.
Ponga però mente, o padre mio,
che a toglier via ogni ombra di contraddizione , l'ApostoIo s’affretta di
soggiungere (ii, 23): « E fu adempiuta la Scrittura che dice: Ed Àbramo credette a Dio, e ciò gli fu imputato a giustizia». Locchè evidentemente significa: « La dottrina scritturale è quesla che la sola fede
giustifica, ma siccome l’opere d’Àbramo dimostrarono eh’ egli aveva
questa fede giustificante^ cosi gli ottennero la giustificazione che ne è la
conseguenza. Oppure « La Scrittura
fu adempiuta perchè l'opere d’Àbramo
dimostrarono che egli avea una fede
alta a giustificarlo ». A dichiarare
meglio il vero’senso di questo passo,
favorisca consultare l’epistola di Paolo
agli Ebrei, cap. ix, 4.
« Per fede offerse Abele“ sacrifizio
più eccellente che Caino: per la quale
(fede) fu testimoniato ch’egli era giuslo ».
I due fratelli offerivano entrambi
olocausU a Dio, raa la fede di Abele
rese il suo sacrificio più eccelleule di
quello di Caino, e gli valse quindi la
giustificazione: {per quam fidem, e
non, per quem sacrificium, dice la
Volgata, consecutus est essejusius).
E anche in questo caso, come in
quello di Abramo, si sarebbe poluto
dire che i sacrificii di Abele lo giustificarcmo, in questo senso però, che
resero uua visibile testimonianza della
giustifica zione ch’egli avea conseguita
mercè la fede.
5
E sa, padre mio, che ne costerebbe
a voler sostenere come dommatica la
definizione del Concilio tridentino, e
del Bellarmino nella sua opera della
Giustificazione, lib. 4, cap. 18, cioè
la dottrina della chiesa di Roma?
A darla vinta agli increduli.
Infatti, se numerosi e lampanti
come la luce di mezzodi sono i passi di
Paolo in cui è insegnala la giustificazione per la fede senza l’opera, e se
a fronte di quesla verità irrefragabile
ci ostinassimo con Roma a torcere il
senso delle parole di Giacomo, e a
volergli far dire l’opposto di ciò dieci
venne insegnato da Paolo, non rimarrebbe chi! a gettar via la Bibbia, notandola di falsità e di contraddizione.
L’orrore che la diCfusione delle sacre Scritture ha sempre ispiralo ai
papi non nascerebbe per avventura
dall’aver essi toccalo un po’ tardi con
mano che le loro decisioni sono in
aperta contraddizione colla parola
biblica?
La canzone poi che si possa uccidere, rubare, mentire, malfare, e salvarsi perchè la fede giustilica senza
l’opera, è omai così rancid a, che non
franca la spesa di una seria confulazione. I proteslanli d’ogni denominazione sono concordi nell’asserire
con Giacomo, che la fede senza le
opere è morta, e che la fede la quale
giustifica, non può che produrre i
53
suoi fruiti, come ne producono necessariamente un buon albero ed un
fecondo terreno. Se avessi poi a dirla,
mi pare che l’assurda ed immorale
doltrina affibbiata ai prolestanti sia
piuttosto praticala dai papisti (fatte
sempre le debile eccezioui), che mentre stimano potersi, anzi doversi soli
salvare, calunniano brullamente come
usò meco il Cattolico, o fanno d’ogni
erba fascio come usarono colla morale
i tre quarti almeno de’ papi.
E non solo ritengono i Calvinisti,
i Luterani, gli Anglicani, gli Evangelici, e s’altri ve ne ha, che la fede
dev’essere falla palese dall'opere, ma
si studiano indefessamente di mostrarlo coll’esempio. A tale che basta
gettare uno sguardo sull’ Europa o
sull’ America riformata per convincersi che la civiltà, il buon costume
e le liberali istituzioni vi sono molto
pili in fiore che ne’paesi caltolici.
Triste verilà che è provata dall’evidenza matematica delle cifre, le quali
ci danno per media 1 assassinio tentato 0 consumato su 180,222 tra
proteslanti, ed, orribile a dirsi! 1 su
16,155 tra catlolici, ed 1 allievo
delle scuole primarie sopra 10 protestanti, menlre se ne conta invece un
solo sopra 124 cattolici!
Ma che valore posson aggiungere
le cifre alla statistica dell’evidenza?
Noi Italiani non vediam forse la pa-
6
tria nostra piagata, serva, divisa pel
fatto di queir influenza tristameate
operosa che vi han sempre esercitato
le istituzioni cattoliche? Dov’è la riforma che non si sia dovuta strappare
a forza dalle mani avare dei papi ?
ÌVon haa essi torturato Galileo, ucciso
Giannone, messo all’indice Filangieri,
perseguitato Tannucci? E se un alito
di libertà spira adesso in Piemonte,
chi se ne rammarica piii altamente
dei preti, chi la combatte con più accanimento, chi mostra più palesi tendenze verso l’Austria che la stampa
clericale?
S. Paolo , cui lo spirito irradiava
l’intelletto di luce profetica, ben previde le obbiezioni che l'orgoglio umano avrebbe mosse contro la dottrina
della giustiflcazione per la fede, allorquando esclama : « Annulliamo noi
dunque la legge per la fedo? Così non
sia : anzi stabiliamo la legge «.
Rom. ni, 31.
Le quali parole voglion significare
che la dottrina della giustificazione
per la fede, nonché annullar la legge
morale (sarebbe assurdo il dire trattarsi qui della legge cerimoniale combattuta sempre da Paolo) fondano
anzi la prima. Ed invero l’uomo che
è fatto partecipe, mercè la fede, della
gloriosa resurrezione di Cristo, toglie
Cristo a modello di sua condotta, lo
segue passo passo, ne raccoglie e
pratica 1 precetti della Montagna, e
la sublime abnegazione del Calvario.
Chi non si facesse questa legge sarebbe cristiano in parole, ed incorrerebbe nella condanna dell’ albero
infruttifero che è disvelto e gittato
alle fiamme.
E qui fo punto non per difetto di
materie, ma per la sua esuberanza
che mi condurrebbe più lontano che
io non voglia e possa andare in una
lettera. Legga, ottimo padre, e medili colla preghiera della fede le belle
Epistole di Paolo ai Romani ed agli
Ebrei, ed ella vi troverà tuttociò che
manca alla mia povera esposizione,
che è a dire il quadro stupendo e
compiuto di quell’abbozzo che le an^
dai tratteggiando a rapide e confuse
pennellate. Ella vi troverà la dommatica cristiana nella sua sintesi più
perfetta, e nella sua più consolante
applicazione ai bisogni del cuore.
Non le sarà difBoile convincersi che
la dottrina della giustificazione pell’opere tende a spogliare il cristianesimo del suo carattere eminentemente
spirituale che riposa sulla giustificazione avvenuta e compita dal sacrificio di Crislo a noi applicato mercè
la fede, per sostituire a quella giustificazione, sola, efficace, l’uomo peccatore, le sue opere inferme, i suoi
conati impotenti. Quindi la radice di
quella prevaricazione a cui io aceen-
7
nava nell’ultima raia lettera, voglio
dire una falange d’intercessori affollati nel paradiso caltolico intorno al
trono di grazia per sopperire alla
deOcienza che sentiamo in noi stessi
circa l’opera della salute. Nou concedendo tutto all’ unico Mediatore.,
ehe toglie i peccati del mondo, e
sentendoci venir meno ad ogni passo
le forze con cui poggiamo al cielo,
siamo costretti ad appigliarci alla intercessione dei morii e dei vivi, a
mercanteggiare le opere sovrabbondanti degli altri per sopperire alla
mancanza delle nostre, a comprarle
a danaro contante, o biascicando
interminate Ave Maria, ci creiamo
un antibiblico purgatorio di cui spenghiamo le fiamme con messe ed indulgenze comprale , ci picchiamo il
petto da mane a sera, ci maceriamo
crudelmente, e dopo esserci tanto
affaccendati siamo sospinti nelle fosse
tra dubbi strazianti ed ineffabili
terrori. Consulti il Flos sanctorwn
e vedrà tra quali angoscie morissero
un Illarione, un Giovanni Stillila, ed
inflaiti altri marliri della giustificazione per le opere.
Dottrina la quale dopo aver in tal
guisa alterata l’indole spirituale del
cristianesimo, lo converte da quella
religione inlima ed individuale ch’esso
è, in una istituzione tutta umana,
tutla esterna, tutta materiale, ne fa
il monopolio di una casta e la schiavitù morale di lulti.
Questa istituzione strappala al dominio della coscienza individuale, si
abbandona alla corrente degli umani
avvenimenti, come un fiore divelto e
travvolto dal turbine. Quindi essa
liraneggia ed incrudelisce coi despoti
finché dura la servitù, e caduta questa, trascina i suoi giorni languidamente e alla ventura. Ora cospirando
col potere ai danni della libertà, ora
lusingando la libertà per distruggere
il potere che non la serve, odiata da
entrambi, esosa agli intelligenti, tenuta viva dal cemento della consuetudine e daH’ignoranza del volgo. Sul
letlo ove agonizza, è colta da uno
spasimo ad ogni voltar di fianco: le
baiouelte francesi a Roma, e le tedesche a i3ologua le squarciano i
visceri, lo Statuto Piemontese la
mette sull’aculeo, la stampa libera
l’espone alla gogna, la diffusione
della Bibbia le imprime in fronte il
marchio del falsario. A desiare una
scintilla di fede tra gli sterpi dell’iudiirerentismo, e tra’ geli dell’incredulità, è costretta ad imposturar
miracoli fanciulleschi, e a trannellar
di mano alla foggia de’ canlabanchi,
qui producendo a mostra di sudore
celeste l’umido gocciante sopra una
tela, là facendo occhieggiar madonne
oppure turbando il riposo dell’ossa
8
consacrate dal martirio, e rimartirizzandole coir appiccarvi ridicole e favolose tradizioni. Condannata al tormento neroniano di sentirsi morire,
essa non vede, o finge di non veder
che le gherminelle intese a risvegliar
un po’ di fede in chi la deride, o
sbadiglia, peggiorano ed esacerbano
la cancrena che la divora. Quelle
divote baratterie mi ricordano al vivo
queiraltre più antiche colle quali i
sacerdoti pagani tentavano tener ritta
la mole crollante deiridolalria.......
l’occheggiar di Minerva, i ripostigli
degli oracoli, lo sballare dell’immane Serapide......
Così giudico, 0 padre mio, l’istituzione, mentre compiango gli uomini
che la servono, nè mi potrei associare a coloro che individualmente li
denigrano, credendo che più siano gli
illusi che i tristi.
Voglia il sorriso di Dio dissipar la
nube che fa velo ai loro occhi, e mostrar loro nella religione non un catafalco d’umane invenzioni che crolla
ad ogni vento d’opinione, e ad ogni
rivoltura di fortuna, ma la rinascenza
individuale che Cristo inculcava al
buon dottore Nicodemo.
Le bacio la mano con riverenza
ed affetto.
Suo figlio Costantino.
LA CHIESA E LO STATO
opera
deU’aw, Carlo Boggio.
IL
La esposizione storica delle relazioni
della S. Sede colla corte di Sardegna è
divisa in quattro libri, i quali abbracciano
quailro epoche distinte, ossia il primo
dall 000 aH700, il secondo tutto il secolo
decimotlavo, il terzo dal principio del
presente secolo va fino alla promulgazione
dello Statuto, l’ultimo discorre gli avvenimenti che seguivano dopo queH'epoca tra
il governo costituzionale di Piemonte e
l’autorità ecclesiastica di Roma.
Il primo libro ci offre una serie di tentativi pertinaci, aggressivi e soventi immorali con cui la Sede romana tende ad
assicurarsi negli Stati de’ duchi di Savoia
una predominanza, la quale non ai soli
affari ecclesiastici, ma che si estendesse
agli stessi affari civili, tenendo rautorità
secolare in uno stato di dipendenza dall’autorità ecclesiastica, e mirando a signoreggiare per ogni astuto argomenlo
l’animo devoto de’ principi. Frequenti
quindi per parte di questi le opposizioni,
energici talora i provvedimenti, atti che
sentono di rappresaglia ; ma nello stesso
tempo completa mancanza di un sistema;
idee felici e sagge con cui difendere il
minacciato potere, ma non un piano giuridico sviluppato in provvide leggi con
cui infrenare le ritentate usurpazioni.
Questa condizione di cose contribuiva a
mantenere i principi di Savoia in una
soggezione di fatto dalla S. Sede, ed a
ringagliardire le pretese insaziabili di
questa. Se non che il bisogno di tutelarsi
€ l’esempio d’altri Stati « principi gl’in-
9
dussealla finca voler provvedere in modo
definitivo alla sicurezza del potere regio,
ed a guarenlire i dirilli del principato.
Qui incomincia l’epooa dei concordati e
con essa ua secolo di trattative, di controversie rinascenti, di ostacoli posti
avanli da Roma per rimandare all’infinito
la coniposizione di un litigio, nel quale
essa guadagna sempre purché giunga a
perpetuarlo. Due gravi mancanze appajono tuttavolta in questa serie di Irattalive, la soverchia sommessione de’ principi, e il disconoscimenlo assoluto del
grande principio della liberlà di coscienza.
Ad ogni modo i vantaggi cbe i principi
s’erano assicurati co’concordali andarono
perduti coll’invasione france.ie. L’influenza della corte di Roma rinacque più
vigorosa nella reggia esulante, ed il prin
cipio religioso assunto a guida dell’ordine
politico, divenne fonte di vessazioni, di
reazioni violente, c di quasi imbarbarimento dfll’ordiDe sociale in .secolo progressivo e civile. Equando il potere regio
volle ritornare alle utili riforme si trovò
avviluppato in una pania inestricabile di
sorde opposizioni per parte di coperti
nemici, i quali con ogni sforzo e con ogni
più scaltro accorgiineolo s’ingegnavano a
mandare a vuoto ogui nobile e civile tentativo di regolare ordinamento dello Stato.
Il regno di Carlo Alberlo è tutto ripieno
di quesla lotta muta, incessante, intrigante, sospettosa e nemica del pubblico
bene con cui una casta, che s’ebbe nome
di Cattolica, attraversava i disegni del re,
gli imponeva le influenze, gli individui e
fìno ad un certo punto i principii.
E questa setta avea geliate cosi salde
radici che le promulgate libertà aoa fu
rono potenti a sradicarla e a distruggerne
l’influenza ; l’opposizione prese altre forme, e quesla combinata coi precedenti
storici, e colla tradizionale sommessione
a Roma trasse un'allra volta il governo
sullo sdrucciolo delle composizioni ; un
nuovo coniiordato fu proposto, ma felicemente per noi senza elTetlo. Le esorbitanze di Roma salvarono le acquistate
libertà e giunsero a persuadere agli onesti cittadini non esservi alira via per
uscire da questo bivio fatale, e per togliersi d’addosso un grave e vergognoso
ser\aggio che adottare francamente il
prmci|iio della separazione della Chiesa
dallo Slato. Queslo è il complesso dei
falli discorsi ne’ quullro libri di cui fecimo menzione.
Ciò che in quest’opera però non ci sembra vero, il punto essenziale su cui ci
sembra che l’autore si lasci dominare da
un’illusione, è il credere che per la separazione della Chiesa dallo Stato deva sopirsi il litigio, spuntare l’accordo fra i
due poteri, e riconciliarsi il clero nelle
libertà sociali. Non conviene lasciarsi
trarre in inganno; il clero caltolico prima
d’ogni cosa presta e presterà sempre obbedienza a Roma, la quale per virtù del
principiodell’aulorilà assoluta, infallibile,
indiscutibile che essa rappresenta, è la
necessaria nemica d’ogni liberlà. E se
essa la invoca, egli è per valersene a suo
esclusivo vantaggio, per interpretarla a
suo modo e prescriverne a tulli la misura ; essa non può riconoscere che l’eguaglianza dell'obbedienza passiva e deli'ab
negazione della ragione individuale, [.a
verità di quanto osserviamo è deposta iu
tulta la sposizione del nostro autore, die
il governo si separi dalla Chiesa, tanto
10
meglio; esso farà un alto d’indipendenza
pienamente giuridico ; ma questa sua indipendenza ch’egli si prepari a difenderla
conlro gli attacchi replicati di Roma. Colia
separazione si avrà acquistato un grande
principio di diritto pubblico, non la pace,
nè l’amicizia del clero romano.
Per quello poi che riguarda la narrazione storica non ci piace che l’autore
travisi i fatti, e che per difendere la colpevole defezione del clero egli si lasci
trasportare fino a denigrare in parte ii
più puro, il più legittimo, il più fratellevole dei nazionali movinr.enti, quale si lu
l'italiano, al quale non mancò che il successo per costituirlo oltre che santo eziandio gloriosissimo. Nè vorreTnmo che ad
ogni costo egli volesse vedere nel principato un accorgimento prudente inverso
Roma là dove non v’era che slimoli di
necessaria difesa, che non cambiasse la
frequente connivenza in fortezza indipendente, !a mancanza di idee fisse in un
saggio sistema. E ciò è tauto vero che
quando per l’altrui esempio que’principi
vennero ai concordati, furono quelli che
seppero trarne il minor profiito, ed eman<‘iparsi solo melà dal predominio di
Roma.
Questo sistema di esaltazione ad ogni
costo iraiiiuWi Iroppo spesso lo storico in
panegirista, con iscupito della verilà e di
quegl’insegnamenti di cui è si feconda la
stoiia.
Del resto non negheremo a quest’opera
i molti pregi di cui va fornita, de’ quali
primissimo quello dell’opportunilà, e l’altro di aver messi a conoscenza del paese
molli e preziosi documenti che giacevano
ignorati sotto la polvere delle biblioteche.
Infine gli facciamo plauso per avere
posto e proclamato altamente il grande
principio dell’assoluta separazione della
Chiesa dallo Stato. Che il governo attui
un tale principio in tutta la sua pienezza,
e lo faccia con quella fermezza che la di
lui gravila richiede, senza lasciarsi ima
paurire dallo scalpore che a lungo vorrà
menarne Roma impaurita. Siavi libertà
per tutli ; la discussione ricondurrà la
moralità, e quesla aprirà la via alla diffusione della pura verilà del Vangelo che è
destinata a rigenerare gli Stati ilaliani
dalla corruzione papale. Siavi liberlà religiosa intera e sicura ; in questa sola
tutte le ailtre libertà avranno un pegno di
durata, poiché l’uomo che si saprà libero
davanti a Dio non consentirà mai ad abbassarsi fino al livello dei bruti per sopportare ii giogo iniquamente impostogli
da un allro uomo.
SOTlZiE UELIGIOSE
Novara. Moriva in questa ciltà il 25
prossimo passalo un cristiano evangelico
per uome Zanoia, persona onorata e rispettala da quanti lo conoscevano, ^'on essendovi cimitero per gli Evungelic-i io
Novara, i desolati congiunti del defunto
già si accingevano a condurre la sua salma
a Tonno, quando spinti da un pensiero
che imiiianlinenle alluaronn, si rivolsero
al sig. Sindaco cavaliere De-Medici, ed
in una supplica firmata dalla maggioranza
degli Evungeiici di iS’uvara uiiilamenle al
revereudo signor Ceri recatosi colà all'effetto di portare al moribondo gli eslremi
soccorsi della religione, domandarono —
invocando l’uguaglianza civile di lulti i
regnicoli, ed il rispetto chc dappertutto
nei paesi Evangelici si »saperi morti cattolici— che fosse loro permesso di seppellire nel Composanto di Novara, cun accompagnameoto di amici, il loro correligionario, e di più che per lo avvenire i
11
cristiani E «angelici resisi defunti in questa città I’'ussero nei cimitero comune
tumulati c I )n tutli I dovuti onori. La risposta uon si fece aspettare e fu quale si
potea sper. i ffe da! Municipio di uua città
con ragion ^ reputata fra le più lil)er:ili del
Piemonte; i i l'indomani la salma del Zanoia veniva. da unafollaimmeusadigente,
accomiia"Uii .ta al Camposanto, ove dal reverendo Bei t si compiva la mesta cerimonia secondo il rito Evangelico, leggendo
uu capitolo ( Iella Bibbia, e rivolgendo all’assemblea, «lice un Giornale di Novara,
Il le più reli, ;iose, le più evangeliche e ie
più commov snti parole », che terminava
recitando !’> )razione domenicale ed il
creilu upostul ico. — Noi andiamo superbi
pel nosiro pai ese di poter con.sejinare nelle
nostre rolotil se un fatto die cancellerà in
parie, almeno , presso i forestieri, i’uiipressione doloros a che vi aveano desiato i fatti
di Nizza e di Trino; e nulrinmo speranza
che il nobile esempio del Sindaco e del
Municipio di Kuvara nou andrà perduto
per (|iiei Sin ilaci cui potreblie accadere
di trovarsi ia simili circoslanze.
iNCuartuR A.—Una commissione della
Società per la Propagazione del Vangelo
radunatasi ier i, ha deierminato di convocare la^cieli i .^ovedì, specialmente per
meitcrfl disa mina i mezzi più atli alla
spedizione di uu addizionale numero di
Minislri evange lii'.i per assistere i soldati
ammalali e fer ili sul teatro della guerra.
Quesla risoluzic ne è stala presa colla piena sanzione e ■ concorrenza*del Governo;
ed è veramente grato di aggiungere che
un Ministro, rat mi >ro del collegio di O.kford. ba olTerlo i su oi gratuiti servigii per
lale opera di mii eri.:ordia. Slamo ancora
informali che cir ca l'.i'nlo lire sterline erano ad un trailo so Itos critte sul banco della
commissione.
Irlanda. — Il Rev. R.Bickersteth constata il fallo seguente che ci pare signi(li antissinio: — Ci rea 1 0 anni sono la cifra
dei |)rctl callolioi in li landa, s’elevava a
più di jOuO ; diel ro il verificamento eseguito nell’anno so orso, è discesa a a.'SeS.
Austkia. Una la itera ili Liuz in Austria,
del 13 ottobre, die e: uUi i allo, poco m armonia collo spirito de' noslri lerapi, ha
avuto luogo ingut sti se irsi giorni nella
chiesa di Niederbri 'chtwn . Un giovanecal
tolico, ammogliatosi ad una ¡sraelita, incorreva nella scomunica. Tutta la chiesa
parata di nero era talmeute afi'ollala, che
molli individui furono porlati fuori svenuti.
11 curalo essendosi posto davanti l’altare,
con voce agitata, spiegava alla congregazione la natura e la cagione della cerimonia che andava ad aver luogo. L'n membro superiore del clero, ehe er:i montato
sul (lulpito, esortava il curalo ad adempier,' con coraggio e fermezza il penoso
dovere imposto a lui dal .sacro suo ufficio
e dagli ordini del suo vescovo. Il curato,
che era (irofondamente afflino, e che piange>a diroltamenie, prendendo posto, legge 1.1 sentenza di anatema pubblicata dal
vescovo, e pronunzia la scomunica contro
10 sposo e lutti coloro che avevano leniilo
mano alla conclusioue del matrimonio.
Gkrmama, — Un foglio religioso mensile, che si pubblica a Bonn, dice nel suo
numero di luglio, che sono avvenute a
Dusseldorf, in (juesli ultimi anni, molte
conversioni di cattolici romani al proteslantesimo, e ne riferisce una inlere.ssantissima, che ha avuto luogo quesl’anno.
L'n medico catlolico romano che godeva
una gran riputazione e cnn^idel'azione, il
dottore Woller , es.sendosi preiiiurosainente occupato per lo spazio di due anni
della lettura della liibbia, è sialo condotto
per mezzo di quesla letlura a ricono.s'’ere
gli errori della cbiesa di Uoma, e dopo
aver ricevuta un’istruzione convenevole
dal signor pastore ÌCrafTì, è stalo riceviilo
con lutta la sua famiglia nella chiesa Evangelica. Molle fra le principali famiglie
cattoliche, delle quali egli era medico,
si sono sforzate invano di distoglierlo
da (|uesta abiura. Con gran ramiiiarico
dei suoi amici il doUore ^Voller è sialo
chiamato a lasciar questo mondo poco
tempo dopo.
fLe Chrètien Belge).
Olanha. —Uua dama per nomeZwynIioll della Ilaie, mona da (loco, ha legato 200,000 fiorini affin di far fronte
alle spese per l’ediiCiizione di dieci giovani chc verranno istruiti per predicare
11 Vangelo. La trapassala non ha dimenticato i poveri, ai quali ha a.ssicurata una
gran souima, altreltaolo avendo fatto ancora colla Socielà Biblica e Missionaria.
12
CilONACIiETTA POLITICA
Torino. Bollettino del 31 ottobre: caii
di cholera 27, decessi 24. Del 1 novembre
casi 7, decessi 17.
Spag.na. La regina aprirà in persona le
Cortes. Questa cosa che sembra cosi naturale, è tuttavia stala occasione di gravissime difficoltà. La regina, mal consigliata
da qualche nascosto intrigante retrogrado,
dicesi che non volesse saperne.
La diplomazia è intervenuta, l’ambasciatore inglese ha fatti sentire gli inconvenienli fatali elo scandalo che sarebbero
derivali dall’assenza della regina, la quale
ba finito col comprendere meglio i suoi interessi.
Londra. Sembra che il governo inglese
si proponga d’inviare nella prossima primavera una nuova spedizione in cerca
degli avanzi dell’infelice spedizione di John
Franklin.
Stati Umiti. Il Morning Pont aaauncia
essere stato stipulato un trattato tra il
governo dell’Unione equello della repubblica di San Domingo, in forza del quale
questa avrebbe accordato agli Siati Vaili
un diritto di protettorato equivalente ad
una vera annessione.
— Gli Stali dell’Ohio, Maryland e Pensilvania hanno recato un colpo falale all’Amministrazione federale, al gesuitismo
ed all’irlandesisnjo. Il partito protestante
americano ha trionfato ovunque, persino
nella California ! Si spera che lo stesso avverrà nello Stato di Nuova York.
— Tulti sono preoccupati deH’infortuDÌo iieli’Àrtico. Oltre trecento individui
sonosi annegati. Tutte le classi hanno pa
galo il loro contingente: l’alt o commercio, la banca, il foro, i foresti .ei i qui stabiliti, Insomma il lutto è gen ei ale.
Dispacci telegrad ci.
Parigi, 1 novembre.
Secondo un dispaccio da \'arsavia al
principe Gortschakoff, i li riiicieramenti
degl’inglesi sarebbero stati il 25 ottobre
sforzali, smontali 11 cann' arii inglesi, e
dissipata la cavalleria leggie ni comandata
da lord Cardigan. La noliz ,ia è di fonte
russa.
Parigi, ' ! novembre.
BucKAnEST, 30. — Il COI T|iere di Francia annunzia che il paque b(U inglese, il
Tridente, è giunto a Varn: i colle nolizie
della Crimea del 2o. Il bo m bardamento
continuava con gran vigore! Isenza interruzione.
I cannoni erano stati diretti sulla città.
Erano tanti i cadaveri in 5 iebastnpol',
che la ciltà ne era infetta. L ’ammiratilo
Nachimoff è stato ucciso da una bomba.
Diretlore P. G. MEIl ^LE.
Grosso Domenico gè.
L’AMICO DI CASA
ALMANACCO ?0F ‘OLARE
aiLiLiirsffMa.'©
ANNO li. — H855.
Vendibile a Torino jlla 1 ^.-ibreria Evangelica, via Cai to All lerto.
Con sommo pi /cere annunziamo la
pubblicazione di jiiest’o ttimo Almanacco, del quale ci propor damo di discorrere più a lungo in un prossimo numero. — Sono preijati i L ihrai delle Provincie a diriger?,! per le : condizioni alla
Libreria suddet ta.