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BIBMCTECA VALDróE
1006G TOHRE PEI LICE
DELLE mu VALDESI
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 109 - ¡\um. 33-34 Una copia Lire 90 ABBONAMENTI j L. 3.500 per rinterno L. 4.500 per Testerò Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70 Cambio di indirizzo Lire 100 TORKE PELLICE - 25 Agosto 1972 Amm. : Via Cavour, 1 bis • 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
In uno dei culti mattutini il professore Giorgio Spini
ha predicato il capitolo 13 dell’Apocalisse
il corteo sinodale si avvia al tempio per il culto inaugurale: in testa i pastori Mario
Sbaffi e Davide Cielo e i candidati consacrandi. (foto Aldo Pellegrin)
Lavorare insieme
Conferenza Metodista e Sinodo Valjlese : sessione conginnta
Come è ben noto, l’autore dell’Apocalisse raffigura allegoricamente l’Impero Romano come la bestia che sale
dal mare, in quanto dal mare appunto la potenza romana arrivava rispetto
agli ebrei ed agli abitanti dell’Asia Minore, ove fu scritto questo libro del
N. T.; una potenza che assommava tutte quelle dei precedenti imperi, cui il
nostro testo allude secondo la simbologia del libro di Daniele: Babilonia
(il leone), i Medi (l’orso), i Persiani
Ù) leopardo), Alessandro Magno (il
mostro).
Questo è abbastanza pacifico e qui
non è il caso di addentrarci in altri
problemi storico-esegetici più controversi ; per esempio se l’autore dell’Apocalisse abbia di mira o meno un determinato imperatore, come Nerone
oppure Domiziano.
Giacché il problema che stamani ci
interessa è un altro. L’Apocalisse non
voleva certamente essere un messaggio cifrato per una posterità lontana
intorno ad una fine del mondo anch’essa lontana; era un messaggio per
le comunità dell’Asia Minore intorno a
problemi molto vicini, molto attuali
per loro. Si tratta di vedere se questo
messaggio, che era attuale tanti secoli
fa, è attuale anche per noi, oppure è
solo una specie di relitto archeologico,
che può suscitare bensì una curiosità
erudita, ma in sostanza non ha nulla
di vitale da dirci.
valore terrestre degli uomini, quei magistrati non avrebbero trovato nulla
da ridire nel fatto che i cristiani preferissero il loro Gesù Cristo a Iside o
ad Apollo. C’era posto per qualsiasi
culto e filosofia nel tollerante Impero
Romano!
Da un punto di vista realistico, i
cristiani eran ben sciocchi e imprudenti a prendersela tanto per una cerimonia, fatti tutti i conti, abbastanza
innocua; non molto più, in sostanza,
di un nostro presentat-arm alla bandiera. Gli intellettuali, come Virgilio
ed Orazio, non erano cosi sciocchi davvero: « creda! Judaeus Apella », diceva Orazio col suo sorriso canzonatorio
a chi gli parlava di miracoli e di dei.
Se quei tempi tornassero... Ma se
Cristo; purché sia una croce al cui riparo il ricco Nord possa continuare a
saccheggiare il povero Sud e qualsiasi
brigantaggio possa essere legalizzato.
Davanti a ciò, noi uomini moderni,
cristiani inclusi, amiamo passare il
nostro tempo a discutere quale è la
bestia buona, a cui rendere omaggio:
il mondo libero del capitalismo o la
patria sovietica del socialismo, l’Europa unita del Mec o magari la Cina, e
quali sono invece le bestie cattive, piene di misfatti.
Anche nel mondo antico si distinguevano gli imperatori buoni, come
Tito o Traiano, e gli imperatori cattivi, come Nerone e Domiziano: basta
leggere Tacito o Svetonio. La critica
moderna, poi, ci ha dimostrato che i
Credendo neila vittoria del Cristo crocifisso
Negare il potere della “bestia”
cui il mondo va dietro
i
Particolarmente numeroso, quest’anno, il corteo — come sempre tutt'altro
che solenne — che alle 15,30 di domenica 20 agosto si recava al tempio valdese di Torre Pellìce, partendo dalla
Casa Valdese: fraternamente affiancati, i rappresentanti metodisti e valdesi,
dopo essersi raccolti nell’aula sinodale
per assistere all’apposizione della firma alla Confessione di fede della Chiesa Valdese, da parte del candidato Ep
manna Geme, si recavano nel tempio
per il culto inaugurale della sessione
congiunta (la seconda, dopo quella di
Roma del 1969) della Conferenza Metodista e del Sinodo Valdese.
Alla testa del corteo il past. Mario
Sbaffi, presidente della Chiesa Metodista d’Italia e il past. Davide Cielo, predicatore designato dal Sinodo Valdese, immediatamente seguiti dai candidati consacrandi: Franco Becchino,
Renato Di Lorenzo e Gianmaria Grimaldi, metodisti, ed Ermanno Geme.
Se si considera la partecipazione metodista, pare di anno in anno accentuarsi il fenomeno di un calo d'interesse e di partecipazione da parte di
membri delle nostre comunità, siamo
lontani dalle folle che anni fa riempivano anche il sagrato. Purtuttavia il
tempio era abitato da un’assemblea
che non lo riempiva solo fisicamente:
è sempre un’assemblea che se ha le dimensioni numeriche dei cosidetti culti
delle solennità, è però a stragrande
maggioranza costituita da credenti irnpegnati, e questo non manca di sentirsi nella partecipazione sostenuta allo
svolgersi della liturgia, al canto spiegato.
Il pastore Sbaffi ha presieduto lo
svolgimento della sobria liturgia, concordata fra le due chiese; il pastore
Cielo ha tenuto la predicazione, di cui
riportiamo il testo a pagina 4: con una
scelta acuta e ardimentosa, egli si era
cimentato con uno dei passi chiave
dell’Evangelo per la riflessione e la vita cristiana contemporanea, e lo ha
predicato all’attenta assemblea con vigore, con talune affermazioni teologiche audaci, con aderenza alle situazioni, facendoci una volta di più realizzare come certi passi biblici hanno dimensioni veramente sconfinate, inesauribili. È stata una predicazione che
non ha eluso, ma al contrario affrontato uno dei problemi cristiani cruciali dell’ora.
Intenso il momento della consacrazione — un termine e un atto sempre
più discussi, e con valide ragioni, nel
significato e nella prassi, soprattutto
se riservati in esclusiva ai pastori, in
senso attivo e passivo (ne ha discusso
il Corpo Pastorale, riunito in sessione
il giorno precedente, decidendo di presentare alcune proposte al Sinodo) —
al ministero della Parola dei quattro
candidati: spiritualmente era unito a
loro il neo-anziano evangelista Enos
Mannelli, accolto il giorno prima dalla
sessione pastorale metodista: la Chiesa Metodista, come fino a ieri la Chiesa Valdese (l'ultimo candidato evangelista, A. Bonnes, è stato consacrato nel
culto inaugurale della recente Conferenza del IV Distretto, a Roma), non
consacra gli anziani evangelisti, ma sitratta di un non senso liturgico, spirituale, teologico che è apparso particolarmente stridente in questa circostan
za. Secondo i rispettivi ordinamenti, il
presidente della Chiesa Metodista ha
consacrato i candidati metodisti, e il
predicatore incaricato quello valdese,
ma i due Corpi pastorali, anzi le due
Chiese associate hanno partecipato pienamente a questo conferimento del
mandato pastorale, riconoscendo per
fede la vocazione del Signore, e all’invocazione della luce e della forza che
da il suo Spirito.
La Corale valdese di Torre Pellice,
condotta dal M.° Ferruccio Corsani, ha
cantato con maestria un inno fresco e
vigoroso composto dal suo conduttore, con la chitarra che sostituiva per
una volta l'organo nell'accompagnar e
le voci vigorose e armoniose: si è potuto tra l'altro gustare una volta di più
la capacità, da parte di questa Corale,
di permettere àll’uditorio di percepire
distintamente, anche nell’intensità del
canto, le parole del medesimo. Grazie.
Come è noto, le due sessioni sinodali si svolgono in parte congiuntamente,
in questo caso condotte a turno dai
due seggi, e in parte distintamente;
sulle cinque giornate di lavori, due
vengono vissute insieme dai due corpi
ecclesiastici, e in esse si affrontano
congiuntamente alcuni fra i temi di
fondo di questi lavori: senso e reimpostazione dello studio teologico, rapporti con lo Stato, testimonianza _ attraverso i mass media. Alle sessioni
distinte dei due sinodi partecipa come
sempre una delegazione, con voce consultiva, dell'altra Chiesa: la Chiesa Valdese è rappresentata presso la Conferenza Metodista da Michele Cericela e
Paolo Olivieri, la Chiesa Metodista è
rappresentata presso il Sinodo Valdese da Aldo Visco Gilardi e da Carlo
Zarotti; com’è noto, i pàstori incaricati di cura integrata di comunità delle due Chiese sono membri di pieno
diritto di entrambi i sinodi.
Pubblicheremo come di consueto,
nelle prossime settimane, ampi resoconti su queste giornate di lavoro ora
in pieno svolgimento. La sessione congiunta ha espresso il chiaro proposito
di procedere ulteriormente nell'intrapreso cammino dell'integrazione: a livello locale o zonale se ne giocheranno possibilità e volontà, nel vivo dell’esistenza e della testimonianza quotidiana. S
Qui si parla di una potenza politicomilitare simile ad una bestia mostruosa: un potere che non ha più la dimensione umana del potere di cui si
parla in Romani XIII, che è ministero
di Dio per assicurare la convivenza
umana contro i malvagi! E la manifestazione della sùa—disuHMnità è la
pretesa di sostituirsi a Dio ed essere
oggetto di adorazione degli uomini; la
bestia bestemmi«" iSkSr il suo nome, il
suo tabernacolo e tutti quelli che abitano in cielo.
Noi invece, viviamo in un tempo in
cui non c’è più il rischio di essere messi al bivio fra ardere l’incenso davanti alla statua di un imperatore divinizzato o subire persecuzioni sanguinose.
In merito, le fonti di verità, cui le nostre fratellanze evangeliche attingono
ancora più spesso che alla Bibbia, come il « Corriere della Sera » e la
« Stampa » di Torino, sono del tutto
rassicuranti. Il nostro governo renderà forse obbUgatorio lo studio del latino nelle scuole medie, ma non certamente un’offerta di incenso alla statua dell’onorevole Andreotti. Dunque,
che ha più a che fare con noi questa
polemica di un asiatico visionario di
tanti e tanti secoli fa?
Naturalmente, se quei tempi tornassero, siamo ben sicuri che noi non saremmo da meno dei primi cristiani nel
rifiutarci di prestare un culto idolatrico alla Dea Roma e al Divus Au^stus.
Ma per fortuna, si tratta di un’ipotesi
del tutto teorica.
È vero. Ma è anche vero che quel
culto di Roma e dell’Augusto, cui i cristiani opponevano un rifiuto totale, a
costo della vita stessa, non era poi
nulla di tanto grave in sé. Non molto
più di un atto formale di adesione ad
un ordine costituito. Dato quell’atto
formale di adesione, ognuno poteva
personalmente adorare la divinità che
più gli piaceva o magari seguire la filosofia epicurea, come Virgilio ed Orazio, che degli dei, praticamente, faceva
assai bene a meno. Probabilmente, gli
stessi magistrati romani, in genere
colti e tutt’altro che fanatici, erano i
primi a sapere che la Dea Roma e il
Divus Augustus eran solo dei simboli.
Se i cristiani avessero riconosciuto
con un atto simbolico Roma e l’Augusto come il potere sommo, al di sopra
di ogni potere, e il potere benefico, sai
PHILIP POTTER è ¡I nuovo
segretario generale del CEC
Utrecht - Olanda, 16 agosto (EPS) ■
Il Rev. Doti. Philip Potter, metodista
delle Indie Occidentali, è stato eletto
Segretario Generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese. Ha 51 anni.
Il Comitato Centrale, l’organismo
esecutivo del Consiglio Ecumenico, ha
preso la decisione in una riunione a
porte chiuse, dopo aver udito il rapporto di un comitato per le nomine, di
If. membri, che aveva consultato le
2.52 chiese membro nei mesi scoiai.
Durante gli ultimi sei anni il Doti.
Potter ha diretto la Commissione del
Consiglio Ecumenico per la Missione
Mondiale e l’Evangelizzazione. Prima
ancora aveva servito nel quadro della
Società Missionaria Metodista britannica e diretto il Dipartimento della
Gioventù del Consiglio Ecumenico.
Annunziando reiezione all’unanimità
del Doti. Potter, il Doti. M. M. Thomas,
presidente del Comitato Centrale, ha
detto del neo-eletto che è un uomo
« di vasta e lunga esperienza ecumenica, dotato di un profondo bagaglio teologico e sensibile alla vocazione missionaria della chiesa nei sei continenti ».
Il Doti. Potter, nel suo discorso di
accettazione ed in occasione di una
conferenza-stampa subito dopo, ha lan(continua a pag. 5)
tornassero, c’è da scommettere che
molti ottimi evangelici direbbero che
non è il caso di fare delle sciocchezze,
di compromettersi per tanto poco col
governo, a rischio di passare per nemici dell’ordine costituito, per extraparlamentari, si direbbe ora. Via, un
po’ di incenso solamente, una volta
tanto: e poi ognuno si tiene le sue
opinioni personali, la sua religione
personale, di stretta proprietà privata...
Se quei tempi tornassero... Ma siamo appunto nei tempi della « arrogance of power », il potere per il potere,
il potere che si giustifica da sé nella
propria ragion di stato: e che sia la
ragion di stato americana nel Viet
Nam o quella sovietica a Praga non
fa poi un’immensa differenza. Noi viviamo in tempi di Apocalisse, in questo mondo che sta sul baratro delle
armi atomiche che essa si è accumulato: la distruzione del genere umano
o di buona parte di esso non è più
una prospettiva da visionari, ma qualcosa di cui si discute tranquillamente
negli stati maggiori e negli ambienti
scientifici. Viviamo in tempi di Apocalissi, in cui l’umanità corre a precipizio verso la catastrofe ecologica e demografica, spinta da forze che non conoscono altra norma che quella del
proprio potere. Tempo di bestie dell’Apocalisse; tempo di superpotenze,
tempo di immani concentrazioni capitalistiche, che non conoscono altra legge se non quella delle loro competizioni di profitto e stritolano gli uomini sotto il loro tallone di ferro; tempo
di militarismi scatenati, in gara l’uno
con l’altro, a chi sottrae una più alta
quota delle risorse disponibili nel globo alle necessità delle centinaia di milioni che soffrono materialmente la
fame, per accaparrarsela ai propri fini di distruzione.
Sono bestie il cui potere fa miracoli, anche quello di mandare gli uomini sulla luna; ferite a morte da crisi
economiche o politiche, risanano in
modo che sbalordisce la gente: « e
tutta la terra maravigliata andò dietro alla bestia ». È un potere contro
cui nessuno può guerreggiare; un potere che impone il proprio boicottaggio economico, in modo che nessuno
possa comprare o vendere senza il
marchio della bestia. Un potere che
nega che esista alcunché al di sopra
di sè stesso, della propria logica competitiva, della propria ragion di stato.
Il potere che si pone come ragione ultima di ogni cosa, al posto di Dio, e
come speranza degli uomini, in luogo
della speranza che è in Cristo.
Certo, i nostri imperatori sono molto più abili e meno rozzi di un Nerone
e di un Domiziano. La United Fruits
non si sogna di impedire ai contadini
poveri sudamericani di andare alla
messa: si limita a rifiutarsi di riconoscere in loro l’immagine e somiglianza di Dio. L’imperatore degli Stati
Uniti non dice di smettere di adorare
Cristo; anzi è amico dell’evangelista
Billy Graham; purché si tratti di un
Vangelo ad uso strettamente personale, che non ha a che fare con i bombardamenti nel Viet Nam. A quanto
dicono oggi i giornali le prossime elezioni presidenziali avranno il motto;
« Con Dio e con Nixon ». In fondo, l’imperatore sovietico è più modesto; si
limita ad assicurare che Dio non c’è
e che perciò tocca al potere sovietico
di salvare il mondo dall’imperialismo
capitalistico. I nostri imperatori in diciottesimo dell’Italia ci incoraggiano
addirittura a votare per la croce di
così detti imperatori cattivi erano
quelli che disturbavano gli interessi
della classe aristocratica cui apparteneva Tacito; e i così detti imperatori
buoni erano quelli che non li disturbavano. Anche se Tito « delizia del genere umano » faceva fuori gli uomini a
migliaia come mosche e Traiano « optimus princeps » perseguitava i cristiani con la più scrupolosa osservanza
della legalità.
Viceversa, è tipico come l’autore
dell’Apocalisse non faccia il minimo
accenno ad altre colpe, fuorché la sostituzione del potere politico a Dio;
non dice verbo dei misfatti attribuiti
dagli storici romani a Nerone o Domiziano. Non si muove nella prospettiva
della distinzione fra imperatori buoni
e imperatori cattivi del moralismo di
Tacito; l’Impero è disumano e animalesco nella misura in cui è potere allo
stato puro, autodivinizzantesi.
Ma qui è la fede e la costanza dei
santi: nel sapere che questo potere
fondato sulla forza militare della spada, di spada perisce; nel rifiutare a lui
il culto dovuto a’ Dio solo. È in questa contestazione assolutamente radicale: non nel fare un’abile casuística
sulle qualità buone o cattive di un
singolo imperatore. Tertulliano dirà
poi che v’è qualcosa di assurdo nel
pensare che i Cesari possano essere
cristiani o i cristiani Cesari.
Qui è la fede e la costanza dei santi; alla bestia è stato dato di sconfiggerli e di massacrarli. I santi sono coloro che accettano la sconfitta e la
condanna a morte di Cristo: la bestia
si fa adorare in ragione dei suoi successi strepitosi: i cristiani sono tali in
quanto partecipano dell’insuccesso di
Cristo. Alla bestia è stato dato il potere in quei termini in cui Cristo lo ha
rifiutato nell’ora della tentazione: il
nostro testo ricalca visibilmente gli
stessi termini del racconto evangelico
della tentazione. La fede e costanza
dèi santi sta nel rifiuto di questo potere. La chiesa di oggi può e deve essere chiesa di santi, nella misura in
cui accetta fin in fondo la sua umiliazione e sconfitta e impotenza davanti
alle bestie del mondo moderno. Non
lo è più nella misura in cui scende ad
iibili transazioni nel nome di un Vangelo strettamente privato. Lo è nella
misura in cui riconosce il momento
del trionfo della bestia, dal momento
di quel ministero di cui si parla in
Romani XIII, e non fa una confusione
opportunistica dell’uno e dell’altro. La
chiesa dei santi è tale nella misura in
cui è talmente sciocca, fanatica ed imprudente da rifiutare quell’omaggio
formale, quel modesto granello di incenso che la bestia vuole ottenere, ora
con la forza terroristica ed ora con la
propaganda insinuante.
Ecco, noi qui riuniti dobbiamo chiederci se intendiamo essere un’assemblea di santi, oppure l’assemblea di
un’Associazione religiosa per un culto
particolare, come le Associazioni nel
mondo romano per il culto di Iside o
di Mitra. Dobbiamo chiederci se intendiamo negare, abbracciando il sacrificio e la sconfitta di Cristo, il culto
del successo delle bestie del nostro
tempo, oppure vogliamo solo scavarci una nostra piccola nicchia particolare, in cui stare tranquilli. Qui è la
fede e la costanza dei santi: qui, nella
sconfitta, è l’annunzio della vittoria di
Cristo. ...
E ci dia il Signore di aprire la giornata odierna dei nostri lavori sotto
questo segno. Amen.
Giorgio Spini
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pas- 2.
N. 33-34 — 25 agosto 1972
Notiziario. Evangelico Italiano
TRE GIORNATE DI STUDIO ORGANIZZATE A TORRE PELLICE DALLA F.C.E.I.
La sfida del cattolicesimo
AnabaMsmo e fT/Zorma del dissenso
Su questo tema sono state organizzate a Torre Pellice, dal 16 al 18 agosto, tre giornate di studio della Federazione delle Chiese evangeliche in
Italia. Luigi Santini, nella giornata iniziale, ha parlato della storia dell'anabattismo partendo dalla constatazione
che molto spesso questa storiografia
è stata ttna storiografia confessionale,
fatta da mennoniti o da persone vicine ai mennoniti, una storia che rischia
sempre di essere apologetica e che
quindi deve essere esaminata, pur nella sua serietà, con un. senso critico
molto forte. Come allora spesso le
chiese hanno avuto paura della rivoluzione, così oggi si può anche fare solo
una storia di pietà dimenticando tutti
gli aspetti di vita sociale; è importante vedere in tutti gli aspetti che cosa
significa 'libertà del cristiano’ nel periodo di cui si parla, in particular modo quando ci si trova davanti a gente
che sembra ad ogni momento dichiarare: "Non siamo chiamati a fare delle chiese stabilite ma delle comunità
di credenti”. Così uno dei problemi
più grandi che sono posti oggi a chi
si accinge a studiare il movimento
anabattista è vedere i limiti di questa
storia (e per esempio gli inizi: “Si parte da Miintzer — o della guerra dei
contadini? oppure da Zurigo?)”. Si
tratta evidentemente in ognuno dei
casi di una scelta che si fa, di tipo
teologico (e di tipo politico).
Il professor Gastaldi ci ha in segui
to parlato della ecclesiologia dell'anabattismo esaminando prima i rapporti fra i membfi della comunità e in seguito il rapporto della comunità con
il mondo. Tra le caratteristiche dei
rapporti tra i membri si può notare;
a) scopo dichiarato di ogni riunione
è scoprire la volontà di Dio; perciò è
tutta la comunità che cerca la'volontà
del Signore, e non solo alcuni teologi;
b) si tratta di una comunità carismatiga dove è importante ir riconoscimento dei doni reciproci (nella comunità ci sono i servitori soltanto, gli
incaricati dei servizi da parte della
comunità); c) si tratta di comunità
che hanno comunanza di beni (e la
teoria della comunanza non precede
ma segue l’esperienza comunitaria, ne
è una conseguenza); d) si tratta di comunità escatologica (senza la chiesa
non ci sarebbe che un Cristo senza discepoli); e) la còmunità è ordinata e
disciplinata, per una riprensione fraterna e per l’ammonizione. Ma se si
guardano i rapporti della comunità
con il mondo è necessario notare che
si tratta di una chiesa separata dal
mondo e — d’altra parte — che questa chiesa è missionaria. C’è una tensione continua fra questi due dati, ma
non contraddizione. Il mondo, regno
del maligno, è incompatibile con il regno di Dio; c’è una guerra senza tregua e senza riserve. La chiesa è parte
integrante del conflitto, e non è un
ponte fra le due parti: questo vuol di
LA BIBBIA non; letta'
Un profeta della resistenza
NAHUM
Dicono gli esperti che le brevi pagine di questo Profeta sono, letterariamente, fra le più belle dell’Antico
Testamento. Cosa difficilmente apprezzabile da chi, come noi, non può leggerle che in una traduzione e, per di
più, le legge per trovarvi ispirazione
religiosa o affermazioni di fede che sono piuttosto scarse, o comunque difficilmente rilevabili, in questo scritto.
Ma se cerchiamo di immedesimarci
nell’ora storica in cui il Profeta visse,
ci è più facile, non solo comprenderlo,
ma ammirarlo, non unicamente per la
vigoria dello stile, ma anche per il coraggio morale.
GLI ANNI
DELLA GRANDE MINACCIA
Con Nahum, siamo circa la metà del
secolo VII prima di Cristo. Il terribile
impero Assiro ha già liquidato, da alcuni anni, il regno di Samaria e deportato una considerevole parte della
popolazione, (circa 27.000 persone dalla sola capitale!). Anche il Regno di
Giuda è stato sull’orlo della rovina, e,
alla fine del secolo precedente (701
a. C.), il Re Assiro Sennacherib ne ha
cinto d’assedio la stessa capitale (Gerusalemme) anche se poi Timprovviso
scoppiare di una epidemia di peste,
che fece strage delle sue truppe, lo costrinse a ritirarsi e a tornarsene a Ninive. Tutti questi fatti narrati da
Isaia e dal 2® libro dei Re trovano conferma negli scritti di antichi storici,
come Erodoto,' e nei ritrovamenti archeologici dagli scavi di Ninive, dove,
per esempio, è stata rinvenuta un’interessante iscrizione che dice testualmente che Sennacherib « rinchiuse
Ezechia (re di Giuda) in Gerusalemrne,
come un uccello in gabbia ». L’antica
iscrizione omette, per ovvie ragioni,
(come tutti i bollettini di guerra sulle
« ritirate strategiche ») la menzione
dello smacco sùbito, che gli scrittori
biblici interpretano invece come un
miracoloso intervento « dell'Angelo dell’Eterno, che colpì, nel campo degli Assiri 180.000 uomini» (Isaia 37: 36).
Ma lo scacco non doveva avere grande influenza sulle fortune dell’Impero
Assiro, anzi la minaccia continuò ad
incombere sul Regno di Giuda, mentre
la situazione delle dieci Tribù, già conquistate e decimate, si faceva sempre
più grave, tanto più che un altro Re
Assiro, Assurbanipal, aveva ulteriormente allargato e rinsaldato il potere
dell’Impero, portando le insegne dei
suoi eserciti fin nel cuore dell’Egitto,
conquistando, saccheggiando e distrugdo la città di Tebe (detta, allora, NoAmon) proprio pochi anni prima della missione del profeta Nahum, il quale ricorda appunto questo fatto (3; 8)
come un di quelli che dovevano avere
riempito di orrore e terrore i popoli
del Medio Oriente.
LN PROFETA
DELLA RESISTENZA
È in queste circostanze di strapotere dell’onnipolente nemico, che Nahum
ha il coraggio di profetare, esortando
alla resistenza con la sua energica predicazione, nella quale preannuncia la
caduta dell’impero Assiro e la distruzione di Ninive.
Immaginate un predicatore Polacco
che, negli anni della maggiore tracotanza nazista, avesse pubblicamente
profetato la distruzione di Berlino!
Tale doveva essere Nahum ai suoi
tempi!
11 suo libretto proclama il tracollo
futuro della potenza Assira è > la distruzione della capitale, perché Dio
non può permettere che il trionfo dell’oppressore diventi definitivo. La giustizia di Dio può sembrare lenta a
muoversi, ma, quando il Suo giudizio
decreta che la misura è colma, nessuna potenza al mondo gli può resistere:- Dopo un inno alla grandezza della
giustizia di Dio, il quale è « una fortezza nel giorno della sventura e conosce chi confida in Lui... ma non risparmia i suoi avversari » (1: 7-8) e la promessa della liberazione, i capitoli 2 e 3
descrivono in modo drammatico ed
impressionante l’assedio, la conquista
e la distruzione della città di Ninive,
che subirà la medesima sorte che essa ha fatto subire a tante altre città,
e, in particolare, a Tebe (3: 8 e seg.).
Lo scritto termina con una lamentazione funebre di straordinaria efficacia, un « de profundis » per la potenza
che si credeva invincibile;
« O re d'Assiria, i tuoi pastori si sono
addormentati,
i tuoi valorosi ufficiali riposano;
(ossia: sono stati uccisi)
il tuo popolo è disperso su per i
mónti, •
e non v'è chi li raduni!
Non v'è rimedio per la tua ferita;
la tua piaga è grave;
tutti quelli che udranno parlare di te
batteranno le mani alla tua sorte;
Su chi infatti non è passatà,
la tua perenne malvagità? »
Su quante altre potenze conquistatrici, nel passare dei secoli, sino ai
giorni nostri, non potrebbe cantarsi lo
stesso lamento funebre?
UNA FEDE INCROLLABILE
È evidente che, date le circostanze e
la particolare missione di questo Profeta, sarebbe inutile chiedergli delle
parole di edificazione e di pietà per
il culto o la meditazione personale, o
comunitaria, dei tempi normali. La sua
pietà sta nel sottofondo della sua persona e della sua predicazione che, nel
momento della più grande disperazione, esprime una incrollabile fiducia
nell’Iddio liberatore. Quando la storia
sembra affermare, in modo definitivo,
che chi è più forte ha sempre ragione,
Nahum osa proclamare che chi ha
sempre ragione è Dio. Gli uomini possono vincere delle battaglie, ma chi
vince la guerra è sempre Dio. Alcuni
Padri della Chiesa (Girolamo ed Eusebio) ritenevano che Nahum fosse originario del villaggio galileo di Capernaum {« Kefar-Nahum » = « viUaggio di
Nahum ») che avrebbe preso il nome
da questo suo celebre figlio. Difficile
dire fino a che punto ci sia davvero
un legame tra l’antico profeta e la località immortalata da tanti episodi
della vita di Cristo. Quello che è certo
è che il più bel monumento a memoria del Profeta, sono te sue parole, che
la Bibbia ci ha conservato come la meravigliosa testimonianza di un uomo
che o.sò sperare contro ogni speranza,
perché credeva fermamente in Colui
che è « una fortezza nel giorno della
distretta ».
Erni-.sto Ayassot
,b
re anche che la chièsa è al posto giusto nel inondo quando è chiesa sofferente. Se si pensa che si tratta della
guerra dei figliuoli di Dio contro questo mondo, si può anche parlare, invece di una dottrina dei due regni (come in Lutero), di una dottrina dei due
mondi. In questa particolare situazione l’anabattista legge la Bibbia e così
essa acquista significato per lui. L’aspetto di chiesa separata dal mondo
propone; il problema, del rapporto con
la cultura del tempó: che cosa vuol
dire vivère nel mondo ma non diventare di questo mondo?
Emidio Campi, il giorno dopo, ha
presentato l'etica politica nell'età della Riforma, sottolineando la posizione
e il pùnto di partila di Lutero, di
Miintzer, degli anabattisti e ha confrontato queste posizioni con quella
curiale.
In seguito all’intervento di Emidio
Campi siamo stati levitati ad una duplice scoperta. Da una parte ci è stato
sottoposto un altro modo di vedere il
periodo della Riforma (e si è esaminato insieme una conferenza sulla Riforma protestante nella storiografia
marxista, di Thomas Nipperdey); d’altra parte siamo stati invitati a ripensare il problema del potere e della
partecipazione al potere con le soluzioni che nel terapb. esaminato sono
state date. s,.
La Tavola rotonda conclusiva, seguita da discussione notevolmente appassionata, ha proposto molte domande
ai partecipanti per-,la loro situazione
di oggi; tra le altre queste:,
come essere cristiani e restare uomini? (il problema ¿ei mezzi da parte
di Chi, di fronte a Cristo che ci interroga e ci tormenta,:‘segue la sua strada; la tragedia di chi, essendo solidale con chi soffre, pe|ca di vivere con
coerenza e con realÄnö);
che cosa possono fare le chiese
per aiutare la solidarietà di classe in
una situazione di caegia alle streghe?
(qual’è cioè il rapportò tra il dato di
fede e la solidarietà di classe? oppure: come dare aiuto a chi vuol fare
della sua scelta politica una scelta primaria? come tentàre delle scelte che
non siano solò isole Telici in un mondo disgraziato ma esperienze minimali
comunitarie?);
chè cosa è il potere nella situazione concreta? (sapendo che esso è mondano, chiedersi se " è riscattabile —
poiché parlare di M^rtà senza potere
non ha nessun senso, poiché la libertà
significa avere potere e ogni fratello
ha-potere di essere ascoltato, e di parlare — si può aggiùngere che così si
intravvede che il potere non è un’entità metafisica ma sono rapporti fra
persone);
che cosa significa vivere la via della chiesa sotto la croce, chiesa che
non cerca il martirio ma la fedeltà?
dato che le ragioni della svolta a
destra della Riforma sono state molto poco teologiche, come si possono
norre in questione le nostre posizioni
(ad es. il rapporto col potere o il battesimo così come lo vediamo)?
Qualcuno diceva che il compito nostro è in fondo scavarsi — seguendo
le linee di Calvino — delle nicchie di
libertà sempre più grandi, con un lavoro paziente e continuo. Questa nostra ricerca potrebbe benissimo tener
presente — ha ricordato un oratore —
auel che ha scritto un giorno Leonardo Ragaz, che la Riforma serve benissimo per impedire di riformarsi oggi.
Eugenio Rivoir
Oltre sessanta partecipanti riuniti ad Adelfia per il
campo studi organizzato dalla F.G.E.I. calabro-sicula
Dal 18 al 24 luglio si è svolto ad Adelfia il
campo studi organizzato dalla FGEI SiciliaCalabrìa, sul tema « La sfida del cattolicesimo
del dissenso ». Con questo tema ci proponevamo di avere un incontro tra cattolici (del
dissenso e non), evangelici, e altre persone
non legate a confessioni religiose ma interessate al problema, per studiare la possibilità
di una unità dalla base per una reale testimonianza al Cristo nel mondo di oggi. In
gran parte il campo ha risposto alle aspettative : più di sessanta persone sono intervenute, provenienti da vari ambienti e da diverse
esperienze : dal cattolicesimo del dissenso di
Oregina e di Bari al cattolicesimo « progressista », tradizionale o indifferente della Sicilia, passando dai giovani della FGEI regionale. Abbiamo avuto la gioia di avere con noi,
per tutto il campo. Agostino Zerbinati e Franco Cifatte della comunità di Oregina; con la
loro esperienza concreta e la loro preparazione teologica e politica, essi hanno saputo dare il tono alFincontro e creare uno spirito veramente fraterno.
Non è stato un campo di specialisti poiché
molti partecipanti erano giovani desiderosi
prima di tutto di informarsi meglio sul fèhomenp del dissenso e di confrontarsi con altre
persone impegnate nella lotta al servizio dell’uomo. Le quattro relazioni presentate :
« Come, quando, perché è nato il dissenso »,
« Temi di fondo del cattolicesimo del dissenso »^ « Fedeltà all’&vangelo in un mondo diviso », « La Riforma e il cattolicesimo del
dissènso » hanno inquadrato molto chiaramente i problemi che poi si spno dibattuti a
gruppL Le due prime relazioni hanno cercato dì delineare il fenomeno del dissenso nelle
sue varie motivazioni: sociologiche (il sorgere dei gruppi di base si presenta come alternativa all’isolamentp e airalienazione dell’uomef schiacciato da una società industriale basata sulla logica del profitto, della produzione e dei consumi), politiche (rifiuto dì questo tipo di società e quindi impegno di lotta
per la liberazione dell’uomo, con l’uso del metodo e dell’analisi marxista), ecclesiologiche
(importanza del Concilio che chiude l’epoca
delle certezze precostituite ed inaugura l’epoca della ricerca umile e povera; esigenza di
una chiesa povera, ricca solo della Parola di
Dio; esigenza di una chiesa declericalizzata e
desacralizzata; rifiuto della Chiesa-Istituzione, ritenuta infedele, e crearsi dal basso di
comunità dì credenti in cui il prete è semplicemente un fratello al servizio degli altri
fratelli).
Le altre due relazioni affrontavano i pro
blêmi che stanno di fronte ai credenti che intendono testimoniare di Cristo in un mondo
diviso dalla lotta di classe. Da lì sono emersi vari punti sui quali siamo tornati più volte a discutere: 1) rapporto Dio-mondo-chiesa :
nella concezione tradizionale si vedeva la
chiesa come unico canale di salvezza e di rivelazione. Il mondo cioè doveva dipendere
dalla chiesa. Per le comunità di base, invece,
Dio si rivela al mondo tale quale, perché il
mondo è la sua creazione. 2) La chiesa è chiesa solo se è povera (povera di ricchezze, di
potere, di istituzioni). Al cristianesimo di
massa si preferisce un cristianesimo di diaspora, (sale della terra). 3) Ripensamento dei
problemi dei sacramenti (non più considerati come riti magico-sacrali, ma semplicemente come risposta riconoscente del credente
alla grazia di Dio) e del ministero. Declericalizzazìone e desacralizzazione della chiesa. 4)
Problema dell’autocomprensione della fede
nel mondo attuale; rapporti con Cristo, con
la Parola, col mondo. La Parola intesa come
presenza continua che ci interpella e ci chiama. Indefinibilità della fede che soltanto Dio
può giudicare. 5) Rapporti tra fede e politica;
autonomia dei valori del mondo : impossibilità di integrare fede e politica; non esiste
una « politica di Dio »; vi è una contìnua
tensione dialettica fra fede e polìtica; va evitata a tutti i costi la tentazione di « teologizzare » o « sacralizzare » l’azione politica che è
e rimane un fatto umano. Dobbiamo cogliere
oggi qual’è il soggetto storico di un annuncio evangelico reale : il proletariato è il punto di riferimento storico della vita di fede
della comunità; infatti, solo il proletariato
ha in sé le premesse per avviarsi verso l’uomo nuovo e un mondo nuovo. 6) Problema
del dentro-fuori la chiesa : falso problema
perché la chiesa è il popolo di Dio e quindi
non può essere rinchiusa entro schemi prestabiliti.
In fine campo, abbiamo tentato di studiare
insieme un passo biblico (Matt. 10: 34-42),
testo che abbiamo ripreso la sera durante il
culto che abbiamo celebrato, sul modello delle assemblee settimanali della comunità di
Oregina (presieduto da Zerbinati). Dopo una
presentazione del passo biblico, ognuno ha
potuto intervenire liberamente per esprimere
il. proprio punto di vista. Una intercomunione finale ha riunito quanti si erano sentiti
chiesa durante il campo; la decisione di parteciparvi o meno è stata lasciata alla libera
coscienza di ognuno, dopoché Zerbinati ebbe
presentato ampiamente il significato genuino
della Cena del Signore. E’ stato un momento
realmente commovente per la maggior parte
dì noi.
Questo primo incontro ecumenico ad Adelfia è stato, a parere di tutti, estremamente
positivo e ci ha permesso di sentire maggiormente la nostra unità in Cristo e la nostra
solidarietà con gli sfruttati e gli oppressi della nostra società. Vari ambienti cattolici siciliani hanno partecipato all’incontro con molto interesse. Ora, speriamo di mantenere i
contatti stabiliti e di sviluppare la nostra comune azione dal basso al servizio del proletariato, per un annuncio reale della Buona
Novella della liberazione al mondo odierno.
Jean-Jacques Peyronel
itiMimiiiiiiiiiittiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiinitiiHiMiiiiiiiiniiiu
Ogni giorno
una radio trasmissione
evangelica
Lunedì, ore 13,20, onde corte di Radiò Montecarlo, m. 4971 : Radio risveglio
Martedì, ore 13,20, onde corte di Radio Montecarlo, m. 49: Parole di vita: canti di
gioia e messaggi di fede
Martedì e Mercoledì, ore 22,15, onde medie
di Radio Montecarlo, m. 205 (Kc. 14):
Verità cristiana
Giovedì, ore 22,15, onde medie Radio Montecarlo, m. 205 : Radio risveglio
Venerdì, ore 22,15, onde medie Radio Montecarlo, m. 205: La Via maestra: un
programma di canti, musica e meditazioni
Sabato, ore 13,20, onde corte di Radio Montecarlo, m. 49: Trasmissione di Voce
della Bibbia (G. N. Artini)
ore 22,15 (23 ora leg.), onde medie Montecarlo, m. 205 : Parole di vita
ore 23, onde medie di Radio Montecarlo,
m. 205: Trasmissione di Voce della
Bibbia (Vita abbondante)
Domenica, ore 7,40, Programma nazionale :
Culto radio
ore 13,13, onde corte di Radio Montecarlo, m. 49: Zia Erma (Programma
per ragazzi).
:ii
L’ATTUA LITA’ TEOLOGICA
La "conlBStualizzazziona" della teologia
Il fondo ecumenico per l'insegnamento teologico
adotta un nuovo sistema di assegnazione dei fondi
Ginevra (Soepi) Dopo due anni di
riflessione sull’avvenire dell’insegnamento teologico, il FIT (Fondo per
rinsegnamento teologico) s’interessa
dinuovo alla questione delle sovvenzioni, ma in un senso diverso. Durante
questo periodo di interruzione, alcuni
membri del FIT hanno percorso i sei
continenti per consultare gli interessati, per esaminare le necessità delle
Chiese.
Il mese scorso, il Comitato del FIT
.riunito a Bromley, in Inghilterra, per
definire la nuova politica da seguire,
ha preso conoscenza delle loro conclusioni. Tale politica si riassume in due
parole: « contestualità » e « contestualizzazione ». Tali termini sono impiegati dal FIT per designare l’insegnamento
teologico che prende in considerazione
la situazione locale, ma si sforza di
trasformarla.
« La contestualizzazione tiene conto
dell'evoluzione, della tecnologia e della lotta per la giustizia umana che caratterizzano attualmente i paesi del
Terzo mondo ».
Si è spesso usato il termine « indigenizz.az.ione » quando si tratta di adattare l’Evangelo alle condizioni locali di
Asia, d’Africa e d’America latina. Tuttavia, a Bromley, si è precisato che
« l'indigenizzazione si riferisce ad una
cultura tradizionale ». « La contestualizzazione, quand’è autentica, è sernpre profetica. Essa include l'indigenizzazione, ma implica un processo più
vasto ».
E partendo da queste premesse che
il FIT esaminerà d’ora in poi tutte le
domande di aiuto finanziario. Priorità
sarà data ai programmi tendenti a
promuovere la contestualizzazione per
quel che riguarda la missione, il lavoro teologico, i metodi di insegnamento e le strutture. Sarà data la preferenza ai centri piloti di studi teologici,
alle scuole di teologia che prevedono
una soluzione per gli alloggi degli studenti. Il personale del FIT visiterà regolarmente i progetti sovvenzionati ed
intraprenderà uno studio sulla « possibilità d'esistenza dell'insegnamento teologico nel Terzo mondo », pubblicherà
delle nuove direttive per le scuole teologiche ed una nuova lista di manuali
destinati ai Collegi di teologia. Il FIT
è stato autorizzato a domandare una
somma di 3.300.000 % per il periodo che
va dal 1973 al 1977.
Il Signor Shoki Coe dirige il FIT,
che è posto sotto gli auspici della Commissione « Missione ed evangelizzazione » del Consiglio Ecumenico delle
Chiese.
L’« era protestante » è ormai conclusa. La
fine del protestantesimo è dunque segnata?
Secondo Tillich il protestantesimo è religione altamente intellettualizzata. La toga del
pastore di oggi è la toga del professore del
Medioevo; il pastore è un predicatore, non
un sacerdote, e i sermoni fanno appello innanzitutto all’intelletto dell’uomo. Ma le ma.sse disintegrate del nostro tempo hanno bisogno di simboli che .siano immediatamente
comprensibili senza la mediazione dell’intelletto. L’educazione protestante, anche se è
stata in grado di educare una élite ha fallito
sul piano delle masse. Sempre meno gli
individui sono riusciti a sopportare la tremenda responsabilità di dover decidere continuamente su problemi morali e intellettuali.
Eppure non tutto è perduto a condizione
che il protestantesimo ritorni urgentemente
a quello che l’autore chiama il « principio
protestante », cioè il principio della protesta
profetica contro ogni potere che pretenda per
sé un carattere divino, sia esso chiesa, stato,
capo o partito.
Tillich pas.sa poi ad analizzare il ruolo .specifico del socialismo religioso e del marxi.smo
scientifico. La protesta dei Riformatori contro gli « dèi fatti da mano d’uomo » o gli
idoli, e la protesta di Marx contro la produzione delle ideologie, sfidano lo stesso pericolo spirituale che l’uomo incontra nella sua
presente esistenza: fare della verità un mezzo ai fini deH'orgoglio religioso o della volontà di potere (lolitico. Iiif/Claudiami
Paul Tillich. L'Era protestante, edizione a
cura di Franco Giampiccoli. Collana « Sola
Scriptura ». Volume in 8” di ]ip. 276. copertina plasticata. L. 2.900.
3
25 agosto 1972 — N. 33-34
pag. 3
Ouattrocento anni fa;
la notte di S. Bartolomeo
Il mondo protestante, ed in particolare la Chiesa riformata di Francia,
sono chiamati a ricordare in questi
giorni la tristissima vicenda passata
alla storia col nome di « Notte di San
Bartolomeo », o più lúgubremente
« Strage della S. Bartolomeo ». Si tratta di uno di quegli avvenimenti che
hanno contrassegnato il cammino difficile dell’umanità, una delle « 30 giornate » che hanno fatto la Francia, come si è detto oltralpi a proposito di
una buona collana di testi stòrici.
Il momento storico, seconda metà
del '500, ci riporta in pieno nel periodo
di quelle lunghe e dolorose guerre di
religione, che insanguinarono la Francia e l’Europa per molto tempo, e di
cui i Valdesi furono a lungo partecipi, testimoni e vittime: il nostro monumento a Enrico Arnaud, raffigurato
con la spada in pugno e con la Bibbia
nella cintura, sintetizza precisamente
tale periodo, in cui la libertà di coscienza è un bene che si difende o si
conquista con le armi in pugno.
È peraltro vero, parlando della S.
Bartolomeo, che essa fu il risultato
più o meno imprevisto ed imprevedibile di una complicata situazione politico-religiosa, in cui le instanze confessionali cattoliche e protestanti erano o potevano diventare « ragion di
stato »: e nelle quali, occorre ricordarlo, le istanze puramente religiose colorirono senz’altro i fatti, ma ne furono in realtà abbastanza lontane.
Vediamo molto sinteticamente il
quadro della situazione. La riforma
calvinista in Francia si era fortemente
affermata verso la metà del secolo,
coinvolgendo intere regioni e legando
a sé moltissime nobili famiglie, alcune
delle quali di primo piano nella vita
politica: la monarchia stessa correva
il pericolo di cadere in mano ai protestanti. L’uomo di punta, il rappresentante più autorevole del mondo riformato era Gaspard di Coligny, uomo
d’armi e di politica, e nello stesso
tempo fedele calvinista. La corona era
nel 1572 in mano a Carlo IX, inetto e
deficiente, e come tale guidato ed ispirato dalla famosa Caterina dei Medici, vedova del re Enrico II: essa cònduceva la politica francese, appoggiandosi nella sua fede cattolica ai potenti
duca di Guisa e al cattolicissimo Re
di Spagna Filippo II, badando peraltro
a non concedere troppo né agli uni né
all’altro per non far correre pericoli
aH’insicuro trono del figlio... La Spagna era tuttora padrona delle Fiandre,
e teneva sotto controllo la Francia;
l’aiuto di Filippo II era troppo interessato ad una debolezza interna della
corona francese per non essere sospetto, e d’altra parte Elisabetta, regina
d’Inghilterra e nemica di Filippo II,
non voleva padroni delle Fiandre né
la Spagna né la Francia, che sarebbero stati a quel momento una potenza
europea troppo forte...
Destreggiarsi in questa complicata
situazione non era facile: e Caterina
dei Medici dovette metterci tutto il
suo machiavellismo, col dare intanto
corda e fiato al partito ugonotto, il
quale, tutto sommato, mostrava lealtà
e coerenza, e poteva essere poi l’unico
valido appoggio al processo di rafforzamento interno: salvo poi a temerne
l’eccessivo potere...
Il raggiungimento di un compromesso tra cattolici ed ugonotti parve verificarsi con il matrimonio di Enrico di
Navarra, ugonotto, con Margherita di
Valois, cattolica e figlia di Caterina dei
Medici. Le nozze furono celebrate a
Parigi nell’agosto 1572, ed il partito
cattolico vi scorse il trionfo della linea politica del Coligny. Bisognava intervenire. • j
L’assassinio politico era assai di
moda in quei tempi; e non c’è da stupire se nel pomeriggio del 22 agosto
1572, l’ammiraglio di Coligny fosse oggetto di un attentato, ben organizzato
dai duchi di Guisa. Ma volle il caso
che il sicario, tiratore scelto, che doveva eliminare il capo ugonotto, non
riuscisse che a ferirlo, perché nel momento dello sparo il Coligny si era
curvato per aggiustare le briglie della
mula su cui cavalcava...
Ferite leggere per la vittima designata, ma impressione enorme; nel campo ugonotto si vide immediatamente il
pericolo della congiura, mentre nel
campo cattolico si accusò proprio di
congiura Coligny ed i suoi, colpevoli
di voler spodestare l’imbelle Carlo IX
e impadronirsi del trono...
Si vissero ventiquattrore di angoscia
febbrile da una parte e dall’altra; Caterina, con ogni probabilità consapevole della congiura, vide con raccapriccio che il trono correva pericolo sia
da una reazione degli Ugonotti sia dalla pertinacia dei Guisa. Ed il suo calcolo fu in ultima analisi semplicistico;
accontentare i Guisa, perché forse
erano i più forti ed i meno pericolosi...
Tale obbiettivo non poteva essere raggiunto se non eliminando fisicamente
Coligny e l’ugonotteria francese convenuta a Parigi per le nozze.
A Carlo IX fu strappato il consenso
tacito; al resto, ci fu chi provvide.
Nella notte tra il 23 e il 24 agosto
risonarono lúgubremente le campane
di una chiesa; era il segnale convenuto. Qualche momento prima, per essere sicuri che tutto avrebbe marciato
per il meglio, Gaspare di Coligny era
stato assalito nella sua casa da una
masnada di bravi, capitanati da Enrico di Guisa; sorpreso nel sonno, dopo
ché i suoi uomini erano stati eliminati, egli fu colpito mortalmente da un
sicario, ed il suo corpo fu buttato da
basso nella strada, ai piedi del Guisa.
La teppaglia si precipitò sul cadavere,
lo mutilò orrendamente, e si diede a
trascinarlo per le vie di Parigi.
Intanto la folla si era scatenata;
furono prese d’assalto le case degli
ugonotti, i loro negozi, le librerie; Parigi visse, alle prime luci dell’alba, in
un’atroce orgia di sangue e di pazzia.
Le scene di terrore furono infinite, e
continuarono per tutto il giorno; il
saccheggio era lo scopo principale, e
si uccideva senza badare al sesso e
all’età...
Per altri tre giorni si diede la caccia all’uomo, mentre Carlo IX si assumeva la responsabilità dell’impresa
per toglierne la gloria ai Guisa, ed
emanava disposizioni perché nelle province si seguisse l’esempio della capitale.
Il bottino del saccheggio fu valutato in cinque o sei miliardi di lire attuali; il governo rivendette le cariche
degli Ugonotti uccisi per un importo
di circa dieci miliardi; il numero delle vittime in tutta la Francia fu molto grande, per quanto non si abbiano
dati precisi; néllà sola Parigi furono
sepolti circa duemila cadaveri, oltre
un migliaio a Lione, seicento a Rouen...
L’impressione della strage di S. Bartolomeo fu enorme: le potenze protestanti ne furono inorridite, ed a Ginevra fu stabilito un giorno solenne di
digiuno e preghiere ogni anno, che si
23-24
agosto
1572
mantenne poi fino al secolo scorso.
Gli stati cattolici esultarono, come era
naturale; Filippo lì scrisse di aver
provato « una delle più grandi gioie
della sua vita »; a Venezia si fece una
solenne processione; e a Roma, il papa
Gregorio XIII, dopo avere ringraziato
Iddio con speciali funzioni religiose,
fece coniare una medaglia-ricordo e
dipingere dal Vasari un grande quadro celebrativo.
•ir * -k
Quale il risultato della S. Bartolomeo? In sostanza, nessuno; infatti il
partito ugonotto, momentaneamente
scosso, riprese poi vigore e coscienza;
la monarchia non ne trasse alcun vantaggio, come neppure i Guisa, che caddero ancora sotto i pugnali, mentre
Enrico di Navarra, diventato poi Enrico. IV, abiurava la sua fede ugonotta
in nome della ragion di stato, e dopo
aver stabilito il regime dei Protestanti di Francia con l’Editto di Nantes
(1598), sarebbe caduto sotto il pugnale di Ravaillac...,
Forse è vero, come ha sottolineato
qualche storico, che dall’orrore dell’ingiusta e nefanda strage si fece strada
pian piano l’idea della tolleranza, e
che all’idea della religione di stato si
sarebbe contrapposto lentamente la
visione di un governo che garantisca
a tutti ugualmente la possibilità di
adorare iddio secondo la propria coscienza...
Augusto Armand-Hugo.\
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiii
NELL’ASSEMBLEA DELLA
SOCIETÀ’ DI STUDI VALDESI
Una tavola rotonda
sulla vocazione
internazionalista del
protestantesimo italiano
NOTE DI STORIOGRAFIA VALDESE - 7
1 Poveri
al 111 Concilio
di
Lateranense
Lione
(1179)
Com’è facile constatare, i dati nuovi
fin qui addotti dalla Cronaca di Laon
si riferiscono principalmente a dei mo;
nienti particolari della conversione di
Valdesio; l’ascolto fortuito della Canzone di S. Alessio; il ricorso ad un teologo; la distribuzione dei beni, previo
il collocamento delle figlie presso l’Abbazia di Fontévrault; la decisione di
vivere ormai solo di elemosine, il che
provocò sia la reazione della moglie
che un primo intervento dell’arcivescovo di Lione; infine la creazione di
una originale « societas » di imitatori,
ove venivano praticati l’ammonimento
e la confessione reciproca dei peccati.
Siano veri o immaginarii, questi dettagli completano felicemente lo schema di quel canovaccio d’origine inquisitoriale che abbiamo esaminato nelle
puntate precedenti, soprattutto perché
ci danno un quadro vivo dell’ambiente lionese in cui operò Valdesio: quello
di una città ricca di traffici del basso
Medio Evo, all’incrocio delle strade
tra il nord e il sud dell’Europa, dove
miseria e opulenza s’urtavano scandalosamente. Valdesio, prima della conversione, non era soltanto un grosso
proprietario terriero, ma doveva anche
esercitare la mercatura, forse come
negoziante di stoffe; ma recentemente
l’archivista Marguerite Verdat ha
emesso l’ipotesi che egli fosse piuttosto uno dei gerenti dei diritti feudali
dell’arcivescovado, cioè detentore di
un ufficio i cui redditi potrebbero giustificare l’accusa di usura lanciata dall’Anonimo di Laon contro il lionese.
Un altro dato altrettanto interessante ha attirato l’attenzione della critica;
esso concerne il comportamento di
Valdesio come padre e marito verso
le due figlie, da lui « affidate » a Fontévrault all’insaputa della moglie. Quest’ordine religioso era stato fondato
da Roberto d’Arbrissel, un precursore
della predicazione itinerante, dedito
all’evangelizzazione dei poveri essendo
lui stesso « pauper Christi », fondatore di monasteri doppi per frati e suore che si occupavano anche della conversione delle meretrici e della riabilitazione delle ragazze-madri. Ora, il
verbo adoperato daH’Anonimo per indicare la « cessione » delle figlie da
parte del padre è mancipare, che
llllllllllllllllllllllllllllllllllillllllllllllllllllllillllllllllllllllllllll
avrebbe piuttosto il, significato di « dare in servaggio » ($i‘moti il suo contrario « emancipare ») ohe quello di « affidare »:, <cQueUjt,ii'àuja decisione di
Valdesio di dare m servaggio le proprie figlie all’Abbazia di Fontévrault,
quale tragica luce essa getta — scrive
la nostra erudita francese — sulle dissonanze religiose del focolare domestico di Valdesio e sulla rigidità d’animo del neo-convertito, il quale preferisce per le sue figlie la servitù — sia
pure mite — del chiostro, al rischio
che esse cadano, lui assente, sotto il
dominio di una madre incapace di dar
loro una educazione veramente cristiana »!
A questo quadro delle vicende di
Valdesio mancano ancora due altri
particolari: uno sulla morte improvvisa di un amico, che al pari dell’ascolto della Canzone di S. Alessio sarebbe
da annoverare tra le cause esterne della conversione del ricco lionese; l’altro
sulla presenza di valdesi a Roma all’epoca del III Concilio Lateranense.
Sul primo di questi episodi ci riferisce una fonte piuttosto tardiva, attribuita ad un inquisitore anonimo di
Passau (sul confine austro-tedesco, alla
confluenza delTInn col Danubio) noto sotto il nome di Pseudo-Rainerio
perché rimaneggiatore ad uso dei suoi
colleghi tedeschi del trattato del vero
Rainerio ( = Sacconi) sui Catari e Leonisti, mentre sul viaggio a Roma nel
1179 di Valdesio e di qualche suo seguace siamo informati, oltre che dall’Anonimo di Laon, da altre tre fonti.
Limitiamoci per oggi a vedere ciò
che ne dice la nostra Cronaca, poche
righe dopo l’ultimo brano su Valdesio,
sotto l’anno 1178:
stivano indumenti di colore e si accontentavano di cose semplici ».
Nella prossima puntata ci dovremo
chiedere perché Valdesio si trovava a
Roma fiel 1179. L’Anonimo di Laon ci
f.a sospettare che fosse andato volontariamente dal papa per farsi approvare
il voto di povertà. L’accenno alla richiesta esplicita dei sacerdoti come
conditio sine qua non della predicazione ci rimanda senza dubbio ai noti
contrasti con l’arcivescovo di Lione.
Ma la faccenda non è così chiara come appare a prima vista, per cui occorrerà consultare innazi tutto le altre fonti che ci parlano di questi primissimi rapporti tra i Valdesi e il
Papato.
Giovanni Gönnet
Rabat, 16 luglio 1972
(segue: Perché i Valdesi si recarono
a Roma e che cosa vi ottennero?).
La sera di domenica 20 agosto un
pubblico abbastanza numeroso si è
riunito nell’aula sinodale per seguire
il dibattito organizzato dalla Società di
Studi Valdesi in margine alla sua assemblea annuale, su « La vocazione internazionalista del protestantesimo
italiano ». La settimana prossima riferiremo più diffusamente su questa interessante serata e in particolare sulla
"tavola rotonda”, cui hanno partecipato Augusto Armand Hugon, Giorgio
Spini e Giorgio Tourn.
Méntre Augusto Armand Hugon, presidente della SSV, ha presentato la relazione sull’attività della Società e Enrico Péyrof quella finanziària, Giorgio
Tourn ha esposto il piano di pubblicazioni relative alla storia valdese, programmato dalla Claudiana, in particolare in occasione delTimminente ottavo centenario della conversione di Valdes (1974), di cui pure si è parlato, in
attesa del dibattito sinodale (che è poi
stato ampio e vivace, e anche su di esso riferiremo ampiamente).
In chiusura di serata, il Seggio della
SSV è stato riconfermato pér acclamazione (ma non sarebbe meglio che l’applauso, altrettanto sincero, venisse dopo una votazione?); a sostituire Arturo
Vola, scomparso quest’anno e di cui
è stata ricordata con gratitudine l’attività nella SSV, è stato designato Bruno Bellion.
Scritti poiitici di Thomas Müntzer
Per la prima volta in italiano gli scritti del « profeta del cristianesimo
rivoluzionario », teorizzatore della sovranità popolare e del diritto di
resistenza al principe — Un teologo « politico », ingiustamente dimenticato, che per primo ha espresso una critica da sinistra alla Riforma.
Thomas Müntzer, Scritti politici. Introduzione, versione e note a cura di Emidio
Campi, pp. 232, 16 tav. f. t., 28 ili.,
L. 2.700.
Un romanzo storico valdeso
Da tempo il valdismo è scarsamente produttivo in campo letterario — narrativa,
drammaturgia, poesia —, in particolare in
riferimento alla propria storia passata.
Franz Ollivero ci dà ora in Dio lo vuole
un romanzo basato su serie ricerche storiche,
ma narrativamente vivace, dedicato al « racconto veritiero e senza veli delle tragiche e
spietate persecuzioni subite dai Valdesi nel
1655 », Tanno tragico delle « Pasque piemontesi ». Torneremo più ampiamente su questo
libro (distribuito anche dalla Claudiana, pag.
155, L. 1.500, con numerose illustrazàoni
tratte da antiche stampe), ma desideriamo segnalarlo subito, e con piacere.
« Il Concilio Lateranense... celebrato
dal papa Alessandro III... condannò le
eresie e tutti i fautori, nonché difensori, degli eretici. In quanto a Valdesio, il papa Io abbracciò, approvando
il voto che aveva fatto di povertà volontaria, ma inibendogli, a lui e ai suoi
compagni, la presunzione di predicare,
a meno che ne fossero richiesti dai sacerdoti. Questo precetto, essi lo osservarono per un po’, ma dal giorno in
cui vi disubbidirono, fu per molti causa di scandalo e per essi di rovina ».
Lo stesso destino — aggiunge l’Anonimo — subirono gli Umiliati: « Vi
erano allora in città lombarde dei cittadini i quali, pur vivendo nelle proprie famiglie, avevano adottato un
certo tenore di vita religiosa, astenendosi dal mentire, dal giurare e dal ricorrere ai tribunali, vestendo con semplicità e manifestando con forza la loro fede cattolica. Andati a trovare il
papa, gli chiesero di approvare il loro
proposito. Questi acconsentì, purché
ogni cosa si facesse in umiltà e onestà,
ma vietò loro espressamente di tenere
riunioni e di predicare in pubblico.
Sennonché essi, disprezzando il mandato apostolico, caddero nella disubbidienza e si fecero scomunicare. Si
chiamavano Umiliati, perché non ve
L’ARGOMENTO
Esaltato dagli uni come « ribelle in Cristo », « teologo della rivoluzione », anima della lotta dei contadini tedeschi in Turingia,
esecrato da altri come « falso profeta », « strumento di Satana », agitatore fanatico e privo di scrupoli, la vera personalità di Thomas Müntzer — il grande antagonista di Lutero, decapitato nel 1525 — rimane ancora
misteriosa sotto molti aspetti.
La pubblicazione dell’edizione critica dei
suoi scritti, avvenuta in Germania nel 1968,
ha permesso finalmente di conoscere nella
sua interezza il pensiero di questo ultracalunniato uomo della Riforma, che si rivela
acuto ed originale pensatore « politico », la
etti riflessione è strettamente collegata alla
sua prassi rivoluzionaria.
In Italia Thomas Müntzer non è uno sconosciuto: fin dal 1869 usciva, anonima, una
Breve storia del Comunismo propagato da
Thomas Miinzer in Allemagna... Nel 1946
venne pubblicata in italiano l’opera teatrale
del Wollf, Thomas Müntzer e la guerra dei
contadini. Brevi saggi gli furono dedicati dal
Cantimori (che tradusse la Predica ai principi), dal Caracciolo e dal Cohn (/ fanatici
dell’Apocalisse, ed. Comunità, Milano). Una
compagnia teatrale di Basilea ha recentemente portato in Italia il Lutero-Muntzer, o
l’introduzione della contabilità di D. Forte,
suscitando vivaci polemiche.
Mancava tuttavia sinora, per chi non leggesse il tedesco, Topportunilà di accedere di
rettamente al pensiero di questo predicatore
ricco e sorprendente, il cui fantasma rivoluzionario, inutilmente esorcizzato, costituì per
secoli Tincubo di mezza Europa.
Il presente volume fa precedere alla versione integrale degli scritti « politici » un
ampio profilo biografico, un inquadramento
storico ed una breve storia della storiografia
miintzeriana.
Nessuno studioso della Riforma potrà trascurare di conoscere questo esponente dell’"Ala sinistra”, cui la storia non ha ancora
reso piena giustizia.
A CHI SI RIVOLGE
Dati i suoi fini di alta divulgazione questa
edizione degli « scritti politici » di Thomas
Müntzer non si rivolge solo allo studioso della Riforma e delle dottrine politiche del ’500
europeo, ma ad ogni persona di media cultura interessata a cogliere nel dissidio Lutero.
Müntzer le radici ideologiche profonde di un
contrasto che contrappone ancor oggi borghesia e proletariato, progressisti e rivoluzionari.
I,’AUTORE
Emidio Campi, nato nel 1943, si è diplomato in teologia alla Facoltà Valdese di^Roma.
a, discutendo una tesi sul pensiero di Thomas Müntzer. Vive attualmente in Germania
dove sta svolgendo una ricerca storico-sistematica sul pensiero müntzeriano sotto la guida del prof. Jürgen Moltmann dell’Università di Tubinga. Sta preparando un ampo
saggio sul pensiero di Thomas Müntzer. Ha
pubblicato vari articoli su riviste italiane ed
estere.
Inf./Claudiana
4
pag. 4
N. 33-34 — 25 a~osto 1972
Un testo-chiave dell’Evangelo è stato predicato dai pastore Davide Cielo nel corso del culto inaugurale della sessione sinodale congiunta
j^ella storia della Chiesa è avvenuto
abbastanza spesso che ci sono state delle epoche nelle quali determinati
testi biblici iianno assunto un particolare valore di attualità, perché meglio di altri riflettevano e illuminavano i problemi proprii di quelle epoche.
Si pensi, per esempio, a quello che
ha significato per l’epoca in cui vissero Valdo e Francesco d’Assisi l’episodio del giovane ricco con la sua severa « regola di perfezione »: Se vuoi essere perfetto, va, vendi ciò che hai e
dallo ai poveri... (Matteo 19: 21); o a
quello che ha significato per l’epoca
in cui visse Lutero l’Epistola ai Romani con la sua squillante affermazione:
Il giusto vivrà per fede (1; 17).
Vi è oggi un qualche testo biblico
che la nostra epoca con i suoi specifici problemi, che sono essenzialmente
problemi di ordine sociale, debba
prendere in particolare considerazione?
Probabilmente ve n’è più d’uno; ma,
fra essi, io metterei senz’altro al primo posto la cosiddetta « parabola del
giudizio », contenuta nell’ultima parte
del capitolo 25® di Matteo.
E un testo notoriamente difficile,
sulla cui esatta interpretazione sussistono notevoli divergenze (basti pensare, per esempio, alla dibattuta questione se qui si debba o no vedere un
insegnamento a sostegno del valore
salvifico delle « opere di misericordia »). Per questo la scelta di un testo
di questo genere per la predicazione
di oggi sembrerà forse a qualcuno alquanto imprudente.
Ma si deve dire che se questo testo
intimorisce un poco per le sue difficoltà, al tempo stesso esso attrae fortemente per la bellezza e la novità del
messaggio che contiene: un messaggio
che non è certo marginale nell’insieme
della rivelazione cristiana e che sicuramente può dare alla Chiesa del nostro tempo una precisa indicazione e
un chiaro orientamento per la sua vita e per la sua azione.
Chi sono i « minimi »
di Matteo 25?
Ma che cosa ci rivela di particolare
questo testo? Ci rivela un fatto misterioso e sorprendente, e cioè che Gesù
Cristo, benché sia salito al cielo e
« sieda alla destra di Dio », può essere ogni giorno incontrato sulla terra
nella persona degli uomini più poveri
e più infelici.
Questo, infatti, sembra essere il senso della dichiarazione che si trova al
centro del discorso di Gesù Cristo e
che ne riassume il contenuto: In verità vi dico che in quanto l’avete fatto
ad uno di questi miei minimi fratelli,
l'avete fatto a me.
Ci sono, è vero, degli esegeti (per
esempio, Lutero e Calvino) che danno
di questo passo una interpretazione
restrittiva e vedono nei « minimi » con
i quali Gesù Cristo si immedesima soltanto i suoi apostoli e coloro che in
un modo o nell’altro sono da lui mandati nel mondo. In questo caso noi troveremmo qui l’equivalente delle parole dette da Gesù Cristo ai Dodici mandati in missione: Chi riceve voi riceve
me (Matteo 10: 40). Cioè, sarebbe qui
enunciato il ben noto principio giuridico secondo il quale in colui che è
mandato è presente colui che lo manda. (Questo principio, come si sa, trova la sua più comune applicazione negli ambasciatori, i quali non solo rappresentano il loro paese ma giuridicamente lo personificano).
Ora, effettivamente, Gesù Cristo ha
spesso applicato questo principio ai
suoi inviati, ai suoi apostoli. Però qm
c’è sicuramente qualche cosa di più.
Prima di tutto perché in nessun posto
è detto che, secondo Gesù Cristo, i
« minimi » fossero soltanto i suoi apostoli. E soprattutto perché Gesù Cristo ha esteso il principio giuridico di
cui abbiamo parlato anche ai piccoli
fanciulli: Chiunque riceve uno di tali
piccoli fanciulli nel nome mio, riceve
me (Marco 9: 37). Qra, in che modo
dei piccoli fanciulli potrebbero essere
gli inviati, gli apostoli di Gesù Cristo?
Il 25” capitolo dell’Evangelo di Matteo ci mette, dunque, di fronte ad un
fatto assolutamente nuovo: il fatto
che Gesù Cristo ha voluto rendersi solidale con tutti gli uomini che, oggettivamente, hanno bisogno del suo soccorso, quali che siano le loro disposizioni soggettive.
Non è detto che gli affamati, i forestieri, i malati, i carcerati di cui parla Gesù Cristo siano soltanto degli affamati, dei forestieri, dei malati e dei
carcerati cristiani. No, Gesù Cristo vede un suo fratello in ogni derelitto; il
suo amore lo porta a far sua tutta la
miseria umana (Th. Preiss, La vie en
Christ, pag. 82).
Gesù e i « minimi »
Ma c’è anche un altro aspetto del
nostro testo che è bene chiarire.
Le parole di Gesù Cristo sui « minimi » sono state spesso intese come una
semplice formula umanitaria; cioè.
Gesù Cristo avrebbe parlato così solo
per far capire (con una dichiarazione
un po’ retorica) che la sua capacità di
simpatizzare con tutti i sofferenti è
immensa.
Ma non c’è nessuna ragione per non
prendere le parole di Gesù Cristo alla
lettera. Dicendo: quello che avete falto ad uno dei miei minimi fratelli, lo
avete fatto a me, Gesù Cristo afferma
chiaramente, esplicitamente, la sua
identificazione con i « minimi ». Egli
non è soltanto dalla parte dei « minimi », vicino ai « minimi », ma è nei
« minimi ».
In writn Ili dico che in quantu I'avete fattn ad nnn
di qnesd nani minimi Mi, l'avntn fattn a ma
Come è facile capire, le conseguenze di questo fatto hanno una portata
incalcolabile per noi e per il nostro
comportamento nei riguardi dei poveri e degli infelici.
I poveri e gli infelici non sono lì soltanto per ricevere il nostro aiuto, ma
sono lì per farci incontrare Gesù Cristo. I poveri e gli infelici hanno il privilegio straordinario di. perpetuare nel
mondo l’immagine di Gesù Cristo.
Lo so che, a ben pensarci, tutto questo ci appare sconvolgente, incredibile, ma pure è proprio questo che ci
viene detto in questo testo: a tutti i
« minimi » della terra è concessa la
grazia stupefacente di mostrarci il volto stesso di Gesù Cristo.
E allora c’è una cosa importante da
notare. Quando Gesù Cristo dice: Io
sono con voi tutti i giorni, sino alla
fine dell’età presente (Matteo 28: 20),
allude senza dubbio prima di tutto alla sua presenza spirituale, alla presenza dello Spirito Santo in noi; ma non
soltanto a quella. Perché non possiamo dimenticare l’altra presenza di cui
parla il nostro testo; non possiamo dimenticare che egli è presente nella persona di tutti i « minimi », che per mezzo di essi egli ci offre continuamente
delle occasioni per parlargli e per
ascoltarlo, che egli non si accontenta
delle nostre pratiche religiose ma ci
indica nella pratica dell’amore per gli
altri il mezzo a lui più gradito per
essere da noi adorato e servito.
È, dunque, errato pensare che occupandoci dei « minimi », facendo loro
parte delle nòstre sostanze, siamo solo noi che diamo. È errato, perché se
i « minimi » sono l’immagine di Gesù
Cristo (come Gesù Cristo stesso lo afferma), nel nostro incontro con loro
anch’essi ci danno qualche cosa, anch’essi ci arricchiscono.
Nei nostri rappòrti con i « minimi »
vi è, in fondo, un vero e proprio scambio. Perché se noi parliarho loro di
Dio con le nostre parole e con i nostri
atti, anche loro ci parlano continuamente da parte di Dio, con la loro semplice presenza, con la nuda e cruda
realtà della loro esistenza.
Noi abbiamo l’abitudine di considerare il culto come la sola possibilità
d’incontro col Signore. La presenza
del Signore nel culto è certa, perché è
fondata sulla sua esplicita promessa
(Matteo 18: 20). Ma il Signore stesso
ci dice che egli è in mezzo a noi non
soltanto nel luogo e nel momento del
culto, nia ci viene incontro costantemente dove e quando meno ce l’aspettiamo, assumendo l’aspetto povero e
dimesso di tutti i « minimi » che si
presentano sulla nostra strada per
chiedere la nostra solidarietà.
Dove sono
i « minimi » oggi?
Tutte queste cose non sono, in fondo, nuove per noi. Il fatto è, però, che
non si può dire che queste cose le abbiamo finora prese molto sul serio.
Eppure i « minimi » che chiedono la
nostra solidarietà ci stanno, per così
dire, fra i piedi. Non è Gesù Cristo
che li ha inventati; è la nostra società
che li produce a getto continuo.
Sono i « minimi » che Gesù Cristo
elenca nel suo discorso: i condannati
alla fame e alla miseria, i senza tetto
e i senza patria, i carcerati e i malati
dimenticati da tutti. Ma sono anche
gli altri, gli innumerevoli altri, che il
mondo nel suo baldanzoso cammino
semina dietro di sé con noncuranza;
gli sfruttati, gli oppressi, i discriminati, tutte le vittime delia violenza e
della cinideltà umana.
Di questi « minimi » se ne trovano
in gran numero nelle città e nelle campagne del nostro paese, al nord come
al sud, nelle regioni industrializzate
come in quelle spopolate dall’emigrazione. Ed è a loro, evidentemente, che
le parole di Gesù Cristo ci rimandano.
Ma non soltanto a loro. Le grandi
trasformazioni che il mando ha subito in questi ultimi decenni hanno modificato anche il concetto tradizionale
di solidarietà verso i « minimi ».
In passato si è sempre insistito sulla necessità di aprire gli occhi prima
di tutto sui bisogni delle persone a noi
più vicine per una ragione molto semplice: perché quelle erano le uniche
persone che potevamo conoscere direttamente.
Fino a pochi decenni fa le relazioni
umane (e quindi anche gli atti di solidarietà) erano al livello della famiglia e del villaggio. I drammi di cui
potevamo essere spettatori e i problemi che potevamo contribuire a risolvere erano letteralmente davanti a noi,
sotto i nostri occhi.
Ma oggi non è più cosi. I moderni
prezzi di informazione hanno spezzato
¡ ristretti quadri della famiglia e del
villaggio e ogni giorno ci portano tutto il rnondo in casa. Con rapidità
straordinaria noi siamo messi al corrente di tutto quello che avviene anche nei paesi più lontani.
II risultato è che rincontro con gli
altri uomini avviene oggi ad un livello assai più ampio, e per conseguenza
anche la nostra azione di solidarietà
deve essere ampliata.
------ (Matteo 25: 40)
Nessuno può più invocare la distanza per disinteressarsi dei lontani: il
volto scheletrito delle folle affamate
del Terzo Mondo, gli occhi terrorizzati degli scampati dai villaggi vietnamiti incendiati e distrutti, il grido degli oppressi che in tutto il mondo chiedono giustizia, libertà e condizioni di
vita più umane ci raggiungono anche
quando siamo ben trincerati nella nostra intimità domestica, ci inquietano
e ci. interpellano in mille maniere.
E noi dobbiamo capire che, attraverso le parole che udiamo alla radio
o leggiamo nei giornali e attraverso le
immagini che la televisione fa passare davanti ai nostri occhi, la nostra
responsabilità di credenti è chiamata
in causa.
Conversione
Ma per arrivare a vedere le cose in
questo modo occorre una vera e propria conversione.
La parola « conversione » è una parola molto in uso nel nostro gergo religioso. Generalmente noi adoperiamo
questa parola soltanto con riferimento a Dio: convertirsi vuol dire cambiare la direzione della nostra vita e volgersi verso Dio.
Ma la conversione a Dio può restare una pura astrazione se non si traduce in una concreta conversione al
prossimo. Dobbiamo, renderci conto
che la nostra fede rischia di diventare
una semplice avventura interiore se
non scopriamo la via che conduce verso gli altri uomini, e particolarmente
verso quegli uomini che Gesù Cristo
chiama i « minimi ».
Per ricevere un giorno l’approvazione del Giudice Supremo, dobbiamo
vincere la tendenza naturale che ci
porta a ripiegarci su noi stessi e a vivere solo per noi stessi e dobbiamo
andare verso gli altri, convertirci agli
altri.
Per grazia di Dio, questa conversione è già in atto nella Chiesa. Per le
sue dimensioni essa è più ampia forse della conversione ecumenica. Nessuna confessione e denominazione ne
rimane al di fuori, neppure le nostre
due denominazioni qui rappresentate.
Che lo vogliamo o no, questa conversione verso i « ptinimi » del mondo ci coinvolge e ci travolge, ed assume dèlie forme che ci fanno persino
paura. Perché, della necessità di questa conversione siamo tutti convinti,
ma quando cerchiamo di darle una
espressione concreta ci accorgiamo
che è impossibile accordarsi su una linea di azione comune.
AlTinterno delle nostre Chiese ci sono sempre state delle divisioni determinate dalle più svariate cause. Ma la
divisione prodotta da questa particolare ragione probabilmente le supera
tutte per la profondità del solco che
separa i gruppi opposti e per l’asprezza con cui vengono difese le proprie
posizioni e condannate quelle avverse.
Anche in quest’ultimo anno le nostre
polemiche interne non hanno forse
avuto come motivo principale proprio
questo argomento?
Questo stato di cose può, dar fastidio, può anche far soffrire, ma non
deve far disperare. La Chiesa cristiana è ad una svolta decisiva: qualche
cosa di lei sta per morire e qualche
Il culto inaugurale si e concluso, si torna
nell’aula sinodale; dietro i pastori Sbaffi n
Cielo i neo consacrati: da sinistra Renato Di
Lorenzo, Gianmaria Grimaldi, Franco Becchino e Ermanno Genre (foto Pellegrini
cosa di nuovo sta per nascere. E non
si è mai dato che operazioni di- questo genere siano avvenute senza lotte
e contrasti e sofferenza.
Bisogna avere la pazienza di aspettare e di sperare che tutto questo travaglio trovi il suo sbocco, che, comunque, non potrà essere altro che una
ripresa di coscienza da parte della
Chiesa della sua vera missione nel
mondo, una ripresa di coscienza che
necessariamente dovrà comportare
una profonda e radicale rivoluzione
nella sua vita, nel suo pensiero, nella
sua organizzazione.
Una chiesa
per I « minimi »
Nell’attesa, una cosa deve essere
chiara a tutti: questa conversione verso i « minimi » della terra alla quale
Dio ci chiama esige un impegno chiaro, concreto, non platonico, non avvolto nelle nebbie delle teorizzazioni.
La solidarietà con i « minimi » si deve manifestare sul terreno pratico e
non deve fermarsi (come spesso acca
de) alle affermazioni di principio più
o rneno perentorie. La condizione dei
« minimi » non deve diventare- un sefh-plice tema letterario, come è avvenuto per la condizione degli schiavi in
certa letteratura dell’Qttocento.
Il rischio che queste cose succedano
non è un rischio immaginario. È innegabile, infatti, che alla perizia che abbiamo raggiunto su questa materia a
livello di dibattito non ha corrisposto
finora ciò che sarebbe stato legittimo
aspettarsi a livello di impegno.
Ci sono, sì, qua e là dei pionieri in
questo campo, ma le Comunità non si
muovono. L’inerzia delle nostre Comunità: questo è il dato più evidente che
salta agli occhi in questo tempo in cui
tutto ci sospinge all’azione.
Un’inerzia che è frutto di un pigro
ed ottuso conservatorismo, ma anche
di UH rivoluzionismo velleitario e dilettantistico. Un’inerzia che rende le
nostre Comunità tutt’altro che attraenti, sia per quelli che le guardano
dal di fuori che per quelli che vi vivono dentro.
Questo spiega, tra l’altro, le perplessità, gli scrupoli e le riserve di tanti
nostri giovani, che, pur avendo ricevuto una chiara chiamata dal Signore, esitano a rispondere; e, se rispondono, è soltanto per dedicarsi ad attività che non siano le attività ecclesiastiche tradizionali. Perché si è in loro
formata la convinzione che le nostre
Comunità, così come sono, non costituiscono oggi il luogo più adatto per
l’esplicazione di un serio e fecondo ministero pastorale.
Ai candidati
Ci si può allora domandare che cosa
significhi la vostra presenza qui, cari
candidati.
Significa forse che, per parte vostra,
avete superato ogni perplessità e che
il passo che state per compiere lo compirete senza nessuna esitazione?
Se così fosse, bisognerebbe pensare
che voi ignorate la realtà delle nostre
Comunità; e questo è da escludere,
perché nelle nostre Comunità voi ci
siete quasi tutti nati e vissuti e, comunque, vi avete compiuto il vostro
tirocinio pastorale prima di presentarvi qui.
La vostra presenza qui non può,
quindi, significare che questo: pur conoscendo la realtà delle nostre Comunità, voi non vi siete tratti indietro,
perché avete stimato che Dio vi chiama a vivere e ad operare proprio in
questa realtà. Non, certo, perché vi
rassegniate passivamente a questa
realtà, ma, al contrario, affinché diate
anche voi il vostro contributo per cambiarla.
Accogliendovi, dunque, oggi in mezzo a noi e prendendo atto con profonda riconoscenza al Signore della
autenticità della vostra vocazione al
ministero pastorale, vi diciamo: unitevi a noi per adempiere insieme con
noi gli svariati compiti che il ministero pastorale comporta, ma unitevi a
noi soprattutto per portare avanti con
noi il processo di trasformazione delle nostre Comunità nella linea indicataci da Matteo 25, cioè per rendere le
nostre Comunità veramente solidali
con Tumanità sofferente.
Davide Cielo
IL VOLTO DEL SINODO
Uno degli aspetti positivi — forse il più positivo — del Sinodo di
quest’anno è stato il contributo
determinante offerto da un certo
numero di « laici », i cui interventi nel dibattito sinodale hanno segnato i momenti spiritualmente
più vivi di tutta la sessione. In
particolare nel corso della discus
SÌ0H6 ( ifl SCdutCL COHgiUHtCl) SUL
l’insegnamento teologico e sulla
funzione della teologia nella chiesa, più che gli interventi anche
pregevoli di pastori e teologi hanno lasciato il segno, per la loro autenticità umana e cristiana, le parola di un insegnante, di un tecnico IBM, di uno storico, di un fisico universitario, di un sindacalista CGIL, di un impiegato e di altri ancora — credenti che non accettano il divorzio ira fede e vita
e sanno di trovarsi in prima linea
sul fronte della testimonianza cristiana, di cui avvertono sia la
difficoltà sia Vinsopprimibile esigenza.
In passato il discorso di fondo
del Sinodo è stato sovente (anche
se non sempre) impostato e condotto avanti prevalentemente da
pastori e teologi; quest anno il tono, il contenuto e la qualità del
dibattito sono dipesi in misura
determinante dalla partecipazione
« laica ». E’ un fatto estremamente positivo per almeno due ragioni.
La prima è che si allontana il
pericolo di una involuzione clericale delle nostre chiese. Questo
pericolo è sempre presente ma lo
è in misura maggiore in tempi critici per la chiesa come lo sono
quelli odierni. C’è la tentazione di
rispondere alla crescente secolarizzazione del mondo con una parallela clcricalizzazione della chiesa Cedere a questa tentazione sarebbe un errore fatale. Il fatto che
il discorso sinodale di quest’anno,
in alcuni dei suoi momenti migliori, sia stato svolto da « laici » indica che le chiese stanno portando la loro responsabilità e non
declinandola.
La seconda ragione per cui il
contributo « laico » al dibattito sinodale di quest’anno costituisce
un indice molto positivo è che in
questo modo si introducono nella
riflessione teologica della chiesa
i temi e i problemi cruciali della
testimonianza cristiana nel nostro
tempo. La riflessione teologica e
la stessa predicazione hanno un
bisogno vitale di lasciarsi così interrogare ed eventualmente mettere in questione: gli interrogativi del teologo devono essere quelli del testinione, e non altri. Si comincia a capire che il ruolo dei
« laici » non è solo di trasmettere
un messaggio o di adottare uii
comportamento che la teologia
elabora per conto proprio, ma è
di partecipare direttamente e in
maniera costitutiva alla elaborazione del discorso da fare e alla
ricerca del comportamento da
adottare come cristiani di oggi.
Al Sinodo di quest’anno si è cominciato a intravvedere qualcosa
di questa nuova e promettente
realtà.
Paolo Ricca
Le due assemblee sinodali si sono
costituite distintamente; il Sinodo Valdese si è dato questo seggio: Davide Cielo, presidente; Roberto Peyrot,
vice-presidente; Ermanno Genre, Annamaria Micheletti e Salvatore Ricciardi,
segretari; Emilio Nàti e Franco Rivoira, assessori; la Conferenza Metodista è presieduta da Mario Sbaffi (per
la Chiesa Metodista presidenza della
Chiesa e presidenza della Conferenza
coincidono); Sergio Aquilante ne è segretario, Alfredo Scorsonelli è segretario agli atti; Enos Mannelli, Gianmaria Grimaldi, Renaio Di Lorenzo e
Giorgio Castelli sono segretari ai verbali, Francesco Stefanini, Angelo Alecci e Giordano Senesi costituiscono il
collegio degli scrutatori.
La Conferenza Metodista è costituita
da 62 membri, di cui 59 con voce deliberativa e 3 con voce consultiva; il Sinodo Valdese è costituito da 170 membri, di cui 163 con voce deliberativa e
7 con voce consultiva; complessivamente l’assemblea della sessione congiunta è dunque di 232 membri, di cui
222 con voce deliberativa e lO^con voce
consultiva.
I culti del mattino raccolgono l’intera assemblea, presieduti alternativamente da membri delle due Chiese. La
presenza e la partecipazione di delegati di Chiese sorelle e di organismi ecclesiastici amici fa sentire tangibilmente la comunione dell’ecumene protestante in cui le nostre piccole Chiese
vivono.
La comunione con i fratelli valdesi
.sudamericani, in un’ora difficile per le
tensioni che fanno .soffrire le loro nazioni e le loro chiese, è stata manifestata non solo da un messaggio del
Moderador de la Mesa Vaidense, past.
Delmo Rostan, ma anche dalla partecipazione del past. Carlos Delmonte,
di Colonia Iris, il cui messaggio il Sinodo ha seguito con tesa partecipazione: lo pubblicheremo prossimamente.
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25 agosto 1972 — N. 33-34
pag. 5
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
Le Missioni saranno sosposo?
In quale misura le Chiese del Terzo mondo hanno ragione di considerarsi tuttora oggetto di dominazione straniera? Come superare questo disagio e salvaguardare la piena dignità della chiesa locale ma anche la sua ecumenicità, nel libero
scambio della comunione?
Le Linee d’azione deiia Commissione del C.E.C.
« Partecipazione delie chiese allo sviluppo »
Chiese e sviluppo
Ginevra (soepi) — In occasione della recente riunione del Comitato del
Consiglio Ecumenico per lo scambio
■di personale, riunione che ha avuto
luogo a Choully, presso Ginevra, è stata sollevata la questione della possibilità della sospensione dell'invio e dell’accoglienza dei missionari e dell’accettazione di fondi. Avendo il Comitato cercato il modo di internazionalizzare gli scambi di personale tra le
Chiese, su di un piano di uguaglianza
e di reciprocità, questa questione diventava inevitabile.
Il problema è stato posto dal pastore John Gatu, segretario generale della Chiesa presbiteriana deH’Africa
orientale, che ha dichiarato che molte
Chiese del Terzo mondo continuano
ad avere l’impressione di subire una
dominazione straniera e che le vecchie
forme di dominazione e di dipendenza,
tanto laiche quanto ecclesiastiche, paralizzano più di quanto appoggino la
risposta alla vocazione rivolta da Dio,
da parte delle chiese che mandano in
missione e di quelle che accolgono i
missionari.
Egli ha domandato che cessi « durante un tempo ragionevole » l’invio di
personale e di fondi per permettere di
studiare come utilizzarli nel modo migliore; questo, in modo da rispondere
alla missione affidata da Dio e alla ricerca dell’autonomia da parte delle
Chiese. Il past. Gatu ritiene che sarebbe più facile giungere ad un’autonomia
reale passando per un periodo di indipendenza, piuttosto di modificare gradualmente le strutture attuali. In tal
modo la sospensione diverrebbe un
processo dinamico che condurrebbe a
una reale associazione ed interdipendenza. Tutte le iniziative in vista di
questa sospensione dovrebbero essere
prese dalle Chiese che ricevono i missionari.
Altri membri del Comitato si sono
domandati se tale sospensione fosse
utile, dichiarando che essa condurrebbe ad una « rottura della comunione »
ed alla divisione. Nessuna decisione è
stata presa e il Comitato ha deciso
che 3 o 4 persone preparino un documento di studio da presentare in novembre alla Commissione di aiuto e
di servizio delle Chiese e di assistenza
ai rifugiati, come pure alla Commissione « Missione ed evangelizzazione »,
nel prossimo gennaio, alla conferenza
di Bangkok.
Il Comitato ha notato che i paesi del
Nord Atlantico tendono a concentrarsi sui propri interessi ed a « liberarsi
degli impegni nei confronti degli altri
continenti che costituivano un peso
per loro ».
Le Chiese hanno la responsabilità di
dare alle nazioni la possibilità di avere rapporti da eguale ad eguale, di offrir loro più giustizia e di trasformare la speranza di una liberazione in
realtà per i popoli.
Sotto il tema « Educazione alla missione », hanno domandato ai comitati
missionari ed alle organizzazioni di
servizio di aiutare i loro membri a capire la necessità di questi cambiamenti nei loro rapporti.
E stato suggerito, tra l’altro, che
missionari di altri continenti siano inviati in Europa ed in America del
Nord. Se saranno trattati come « compagni di missione » e non come delle
« curiosità », le loro idee e la loro immaginazione potrebbero essere utili a
tutti. Nello stesso modo, gli organismi
incaricati della missione interna hanno bisogno di unirsi alle missioni d’oltremare per cercare nuove forme di
rapporti con le Chiese d’oltremare, ha
dichiarato il Comitato. Soltanto dopo
<> le comunità ed i cristiani comprenderanno i rapporti col loro prossimo ».
Un po’ dappertutto, in America latina ed in Asia in particolare, le Chiese organizzano sessioni d’informazione
a proposito dello scambio ecumenico
di personale; una consultazione per
l’Europa avrà luogo nel prossimo novembre. Dal canto suo, la Conferenza
cristiana d’Asia orientale ha creato un
segretariato per il personale missionario. Eppure si persiste a pensare che il
Comitato è un organismo ecumenico
incaricato di inviare dei missionari. Il
suo ruolo consiste invece nel suscitare
Normalizzazione » a Praga
Condanna di un pastore
cecoslovacco
Praga (Soepi) - Il pastore Jaromir
Dus, della Chiesa evangelica dei Fratelli cechi, della comunità di 'Vrsovice,
presso Praga, è stato condannato a 15
mesi di reclusione per sovversione, essendo stato trovato in possesso di volantini che ricordavano alla popolazione che aveva il diritto di astenersi dalle elezioni dello scorso novembre.
Secondo l’agenzia REUTER, il pastore Dus e tre altri accusati si sono
riconosciuti colpevoli per quel che concerne la distribuzione dei volantini, ma
hanno rifiutato di riconoscere che la
loro attività fosse illegale.
un avvicinamento tra le Chiese, gli organismi e le missioni, per facilitare la
circolazione di personale e di fondi da
un paese alTaltro. Il vero problema è
la questione del potere. Sono coloro
che possiedono i fondi che decidono
quali persone bisogna inviare. Il Comitato desidera far passare il potere
di decisione nelle mani delle Chiese
che ricevono i missionari. Non vi sarebbe nulla di mutato se tale potere
passasse da organismi missionari potenti ad un organismo ecumenico altrettanto potente. Il Comitato non ha
intenzione di nominare i missionari.
Esso beneficerà della lunga esperienza della Commissione di aiuto e di
servizio delle Chiese e di assistenza ai
rifugiati per l’invio di « équipes » come forma di scambio multi-nazionale.
•—o—
Non è la prima volta che viene fatta
la proposta di « liberarsi » dai missionari o che, comunque, tale o tal altra
chiesa o dirigente di chiesa del Terzo
mondo si domanda se non sarebbe il
caso che le giovani chiese sperimentassero fino in fondo una totale autonomia finanziaria oltreché di personale.
Mano a mano che tali chiese vedono
sorgere uomini e donne locali, capaci
di assumere responsabilità fino ad allora riservate per forza di cose ai missionari, esse diventano legittimamente
ansiose di vegliare a che tutte le responsabilità direttive e tutti i ministeri specializzati siano per quanto possibile affidati a membri di chiesa locali.
Più raro, bisogna ben riconoscerlo, il
desiderio di non valersi più di aiùti
finanziari esterni, anche perché le giovani chiese vivono in generale in zone
in cui i loro membri possono difficilmente sostenere totalmente Topera
della loro chiesa. Piuttosto, si vorrebbe
in qualche modo un aiuto finanziario
libero da qualsiasi condizione ed utilizzabile con intera libertà.
I missionari stessi si domandano talvolta se non si dovrebbe forzare le
chiese al servizio delle quali lavorano
a fare un più ampio apprendistato della loro autonomia, privandole di personale « importato » che può sempre
diventare pur involontariamente una
facile soluzione nella ricerca di personale specializzato.
La proposta del pastore John Gatu
non è dunque, in se, molto nuova. Si
potrebbe dire che, se le cose continuano come oggi, molte giovani chiese si
troveranno... comunque senza missionari, dato che il loro numero e soprattutto la durata del loro lavoro oltremare diminuiscono considerevolmente. Troppe chiese europee, infatti, si
vedono o si credono costrette a richiamare in patria dei missionari o a trattenerli dal partire, preoccupate come
sono del proprio lavoro locale.
È bene tuttavia che gli aspiranti missionari si rendano conto che il loro lavoro sarà particolarmente delicato, non
solo per non urtare la suscettibilità di
qualche collega locale ma soprattutto
per evitare che, attraverso il loro atteggiamento, il sentimento espresso
dal pastore Gatu si trovi rafforzato.
D’altra parte i missionari che hanno
lavorato o lavorano nel Terzo inondo
con spirito imperialista o colonialista
che dir si voglia sono nettamente meno numerosi di quanto lo si pensa
troppo spesso e si trovano comunque
rapidamente in una situazione in.sostenibile per loro!
Certo, ognuno di noi porta con se la
propria formazione ed è partecipe degli errori e delle ingiustizie dei paesi
ex-colonialisti, ogni volta che si trova
inserito nella vita ecclesiastica o meno
delle giovani chiese.
Tuttavia sarebbe triste e falso se si
dovesse in qualche modo dimenticare
che TEvangelo che abbiamo ricevuto e
continuiamo a ricevere da una parte
e dall’altra ci permette effettivamente
di trovare in Cristo un’unità di fede
e d’intenti tali da dare scacco a qualsiasi barriera che rischierebbe di levarsi tra noi.
È bene che riflettiamo a tutto questo, in quanto Chiesa ’Valdese, particolarmente ora che siamo entrati a far
parte della CEVAA (Azione Apostolica
Comune). Ed è bene che i membri del
Comitato ecumenico per lo scambio di
personale abbiano avuto la saggezza di
domandarsi se la decisione di sospendere, anche momentaneamente, lo
scambio (dico bene lo scambio) di
missionari tra le varie chiese fosse
evangelicamente saggia. Abbiamo sempre sostenuto che l’esistenza di missionari in paesi diversi da quello d’origine non è e non dev’essere legata unicamente alle necessità di posti da occupare e non occupabili da credenti
locali. Si tratta di confessare anche
così la dimensione universale della fede e dell’azione di testimonianza della
Chiesa, scoprendo sempre meglio tutto ciò che questo significa per il popolo di Dio. Non c’è miglior modo di
uscire dai provincialismi e dalTegocentrismo di tante chiese sparse per il
mondo, a partire dalla nostra.
Questo senza contare che, oggettivamente, molte chiese e molti stati d’oltremare non possono ancora fare a
meno dell’apporto di missionari qualificati, particolarmente nelle scuole,
negli ospedali e nel quadro della sempre più larga azione sociale che si svolge nei vari continenti. Attualmente, il
richiamo dei missionari significherebbe spesso la necessità per molti stati,
che ancora contano assai sull’opera
socio-educativa delle chiese, la necessità di incamerare molte opere e di assumere... altri « mercenari » non sempre precisamente spinti da motivazioni di fede.
Bisogna però dire che, contrariamente a quanto si afferma volentieri, anche da parte di responsabili di organizzazioni missionarie ecclesiastiche od
interecclesiastiche, i missionari devono sempre più orientarsi verso un servizio di una durata sufficiente, che permetta loro di inserirsi pienamente nel
contesto della chiesa d’adozione.
Questo anche se con ogni probabilità
il tempo dei « quarant’anni in missione » è terminato.
Giovanni Conte
La Commissione del C.E.C. « Partecipazione delle chiese allo sviluppo »
(CPCS) si è riunita lo scorso mese a
Driebergen (Olanda) ed ha approvato
importanti linee di azione. La CPCS,
che è stata creata nel 1970 dopo la
Consultazione di Montreux, sull'« aiuto ecumenico ai progetti di sviluppo »
allargherà,..nel corso d'ei prossimi anni
il suo programma sulla partecipazione. Ricaviamo da un recente comunicato soepi alcune notizie relative appunto alla recente sessione della Commissione.
Per riaffermare il suo punto di vista
che la giustizia sociale e l’autonomia
sono necessarie tanto quanto la crescita economica per lo sviluppo, la CPCS
ha insistito sulla necessità di una liberazione nei confronti delle strutture
oppressive sia economiche che politiche e sulla partecipazione di tutti allo sviluppo.
Il personale e la Commissione approfondiranno le loro relazioni con le
comunità ecclesiastiche di sviluppo del
Camerún, delle Antille, d’Etiopia e di
Indonesia. Il programma incoraggerà
ogni possibilità consentendo agli strati più poveri della popolazione « di
identificare i propri bisogni, di mobilitare le proprie risorse é di modellare il proprio destino secondo le loro
condizioni ». Una somma pari a circa
Il Gomitato centrale del Consiglio ecnmenico deile
Chiese elegge il sno noovn segretario generaie
(segue da pag. 1)
ciato un forte appello all’unità cristiana, centrata sulla Croce. Ha detto;
« Più ci avviciniamo alla Croce più ci
troviamo vicini gli uni agli altri. Soltanto se la Croce diventa una parte
centrale della nostra vita potremo trovarci uniti ». Nello stesso tempo egli
ha invitato il Consiglio Ecumenico a
fronteggiare il mondo con amore e
giudizio nello stesso tempo. « Abbiamo imparato che la Croce pone sotto
giudizio ogni particolarismo in ogni
situazione, per ogni uomo e per ogni
donna. Ecco perché, fratelli, ci lanciamo nel Programma di lotta contro il
razzismo, ci occupiapto di affari internazionali, giustizia, missione urbana
industriale, aiuto interecclesiastico e
sviluppo, tutte cose che, secondo molte persone, tendono a dividerci ed ad
allontanarci dalle questioni essenziali.
Ma, fratelli, le questioni essenziali sono tutte centrate in un'azione che si
incarna nel mondo
« Sono convinto che separare l'orizzontale dal verticale, l’immanente dal
trascendente corrisponde alla negazione della Croce e della resurrezione ».
A quanti gli domandavano la sua
opinione sul rapporto tra missione e
sviluppo ha detto: .« La missione è
l'azione tendente a far conoscere il regno di Dio e la sua giustizia. Questo
include ciò che succede ad ogni individuo ed al suo sviluppo sociale. Ciò non
significa soltanto fare qualcosa per la
gente ma vedere in faccia le ragioni
dell’oppressione e del fatto che noi
siamo coinvolti in questa oppressione.
Non c’è nulla di quel che facciamo che
non metta in gioco la nostra esistenza
nella sua totalità».
Un tempo, le chiese si dedicavano
all’insegnamento del catechismo e del
la teologia ma trattavano essenzialmente di problemi generali. Esse volevano che gli individui cambiassero
radicalmente ma si attendevano un
cambiamento graduale nel contesto
della loro vita. « Ma l'Evangelo nori separa mai l’uomo dalla società e dalla
natura », egli ha affermato.
Questo Comitato Centrale, ha detto,
ha mostrato chiaramente che il movimento ecumenico, pur preoccupato di
agire, ha bisogno di rifiettere più profondamente sulle conseguenze della
fede. La questione che si pone al Consiglio Ecumenico è di sapere se sappiamo vivere nella tensione tra fede ed
azione « nel pentimento, nella fede e
nella gioia ».
Descrivendo il movimento ecumenico come « parte della sua vita » poiché
ha un padre cattolico romano ed una
madre protestante, Philip Potter ha
ricordato che nel suo primo discorso
ecumenico tenuto alla Conferenza Giovanile di Oslo nel 1947, aveva detto;
« Confessare Gesù Cristo come Signore
non significa che viviamo per amore
del potere ma per la forza dell’amore».
In quanto uomo delle Indie Occidentali egli è abituato a vivere in mezzo
alle più grandi culture del mondo.
Prendendo ora le redini del Consiglio
Ecumenico egli spera di constatare che
tutte le numerose e svariate confessioni e culture e tutti gli stili di vita e i
modi di prendere le decisioni rappresentati dalle chiese membro possano
trovare la loro unità in « un rapporto
organico di interazione ». Nei suoi ultimi sei anni di servizio al Consiglio
Ecumenico egli ha potuto creare un
"equipe” ben saldata insieme e formata da buoni colleghi su queste basi.
Qra egli si rende conto che si tratta di
tentare di fare lo stesso con 252 chiese.
350 milioni di lire sarà destinata il
prossimo anno ai singoli programmi
nazionali. Si spera che anche un paese deH’Ainerica latina e uno dell’Asia
possano beneficiarne.
Parallelamente al programma nazionale, verrà favorita l’educazione allo
sviluppo , nei paesi sviluppati coll’aiuto di chiese e di gruppi d’azione. Si insisterà particolarmente su una più intensa presa di coscienza dei problemi dello sviluppo e di un’azione politica che permetta dei cambiamenti di
struttura in favore di una giustizia internazionale. Sono stati stanziati circa
90 milioni di lire per il prossimo anno. Questo stanziamento servirà per
sostenere i programmi di educazione
allo sviluppo in Austria e in Gran Bretagna, a finanziare i viaggi culturali in
Europa e negli Stati Uniti di persone
del Terzo mondo, come pure i Centri
di servizio e comunicazione dei gruppi di azione in Qlanda. Oltre allo studio « Povertà 2000 » che ha lo scopo
d' analizzare la situazione e le prospettive offerte agli strati più miseri
di certi paesi d’Africa, d’Europa e di
Asia, la Commissione ha approvato gli
studi sul « Commercio per la giustizia », la « Partecipazione dei popoli allo sviluppo », la « Tecnologia adattata
ai bisogni locali », la « Utilizzazione
dei capitali delle chiese per lo sviluppo ». Le spese saranno per Tanno prossimo pari a circa 60 milioni di lire.
Per proseguire la sua azione per lo
sviluppo, la CPCS stanzierà oltre 250
milioni per la creazione di infrastrutture, alla pianificazione e a programmi di sviluppo in altri paesi. Perché
un programma venga sovvenzionato,
occorre che esso si riferisca « a problemi basilari onde poter condurre a
uh valido cambiaménto strutturale » e
che sia richiéstó da un gruppo « che
non riceve aiuto immediato nel proprio paese ». I primi doni prelevati su
questo bilancio sono stati versati a diversi gruppi ecclesiastici e laici in India per le infrastrutture e la formazione, in Ghana e in Libano per la pianificazione, in Birmania e in 'Venezuela per dei programmi di sviluppo. E
stato pure dato un aiuto al programma di siviluppo dell’Istituto del Mozambico, alla Conferenza cristiana dell’Asia orientale e alla Conferenza delle
Chiese di tutta l’Africa.
La CPCS ha inoltre la responsabilità
della gestione del Fondo ecumenico di
sviluppo che riceve una parte del 2%
che le chiese membro del CEC sono
state invitate a versare per lo sviluppo (N.d.r.: Dal 1970 il Comitato esecutivo del CEC ha invitato le chiese
membro a versare il 2% del loro bilancio annuale per i programmi di sviluppo). Questo Fondo dispone attualmente di circa 1 miliardo e mezzo di
lire. In una discussione sull’utilizzazione di questo fondo, la Commissione ha
sottolineato che la sua gestione era
un mezzo di « ridistribuzione ecumenica, internazionale e multilaterale di
risorse finanziarie che consentano di
trasferire ai poveri il potere decisionale ». Ci si sforzerà di assicurare la
loro partecipazione alla elaborazione
delle decisioni. La CPCS ha notato che
i gruppi donanti definiscono di norma
i criteri secondo cui versano i loro doni, senza peraltro esaminare le condizioni richieste dai beneficiari. Fra i
soggetti da studiare, la Commissione
ha menzionato la mobilitazione interna delle risorse da parte del gruppo
beneficiario e la sua responsabilità nei
confronti di coloro che esso rappresenta, e non solo del « donatore ».
Un pastore metodista nero delle Antille
alla guida della comunione ecumenica
Il Doti. Philip Potter è direttore della Commissione per la Missione Mondiale e l’Evangelizzazione (CMME) del Consiglio Ecumenico delle Chiese. Nel quadro della struttura
del Consiglio Ecumenico, creata all'inizio del
1971, agisce in quanto Presidente del Programma « Unità nella Fede e nella Testimonianza ». Tale programma comprende: Fede
e Ordinamento, Chiesa e Società. Dialogo con
popoli di varie fedi ed ideologie. Mis.sione
ed evangelizzazione.
Il Dott. Potter è al suo secondo periodo di
lavoro col Consiglio Ecumenico. Negli anni
’50 ha diretto il Dipartimento della Gioventù
dopo essere stato per quattro anni segretario
regionale dello stesso dipartimento.
Cinque anni come segretario della Società
Missionaria Metodista britannica, specialmente responsabile delle Indie Occidentali e delTAfrica Occidentale, l’hanno ottimamente
preparato al assumere il posto attuale. Il
CMME lo nominò nel 1966.
Nato il 19 agosto 1921. nell’isola della
Dominica, il Dott. Potter ha studiato al Caenwood Theological College di Kingston, in
Giamaiea. Più tardi ha seguito i corsi del
Richmond College, in Inghilterra come pure
quelli della Facoltà di Teologia dell’Università di Londra, dalla quale ha ricevuto due titoli accademici. Nel giugno ’71 l’Università
tedesca di Amburgo Tha fatto dottore in teologi.i honoris causa.
Tutta la vita di Philip Potter è fondata
sullo studio regolare e sistematico e sull’interprctazione della Bibbia. Questo fatto unito
cosi alle sue conclusioni una profondità ed
una portata particolari.
Entrato a far parte del Movimento Cristiano Studenti (MCS) fin dal tempo dei suoi
studi al Caenwood College, Philip Potter è
stato il segretario per l’oltremare del MCS
britannico dal 1948 al 1950. Dieci anni più
tardi si è visto in lui l’uomo adatto per l’incarico... onorifico di Presidente della Federazione Mondiale degli Studenti Cristiani (19601968). Tra i suoi due incarichi di .segretario
il nostro ha speso quattro anni quale pastore
metodista ad Haiti (1950-’54).
Il Dott. Potter è continuamente richiesto
in qualità di direttore di studi biblici e come oratore in occasione di conferenze mondiali e nazionali. La lista dei suoi sermoni,
discorsi, articoli e documenti comprende 37
titoli. Essi concernono ad esempio una valutazione della « Gioventù all’Assemblea di
Evanston », pubblicata suH’"Ecumenical Review" nel 1955 ed un discorso sull’evangelizzazione, pronunciato alla 12“ Conferenza Metodista Mondiale tenutasi a Denver. Colorado (S. U.) nell’agosto 1971 come pure un
sermone pronunciato in tedesco nella Stiftskirche di Stoccarda in occasione della Domenica della Riforma, nell’ottobre dello stes
al suo carattere vivace ed aperto. 1 ha spinto
a condividere con altri la fede cristiana, prima nei gruppi giovanili e di studenti poi attraverso un lavoro missionario più ufficiale.
Pur non avendo seguito degli studi storici specializzati egli tende ad analizzare ogni problema corrente nel suo conle.sto storico, dando
so anno.
Senza contare
vari interventi nel quadro
(continua a pag. 7)
•A Alla redazione di questo numero
hanno collaborato Giovanni Conte
e Roberto Peyrot.
6
pag. 6
N. 33-34 — 25 agosto 1972
Val Pellice
Incontro
italo-francese
al Colle della Croce
Come annunziato, la domenica 31 luglio si
è rinnovata la tradizione deirincontro italofrancese al Colle della Croce. Il tempo non
è stato particolarmente clemente: nella prima
mattinata violenti temporali si erano abbattuti sul Pinerolese e poi durante tutta la giornata una fitta nebbia, salendo verso il colle
dal lato italiano, ha nascosto completamente
il sole lasciando in un freddo piuttosto pun-‘
gente i circa cento coraggiosi partecipanti.
Inoltre le ferie ormai iniziate in tutta la zona, avevano portato verso altre più attraenti
mete non pochi frequentatori abituali deU’incontro. Va forse ancora aggiunto che oggi,
con le facilità di scambi e relazioni ánche
internazionali, questo tipo di incontri ha perso in buona parte la sua attrattiva. Da parte
francese si è anche fatto notare che i numerosi turisti che passano le loro vacanze nel
Queyras arrivano e partono appunto intorno
aH’ultima domenica del mese. Per cercare di
ovviare ad alcune di queste cause e rilanciare questo incontro di evangelici nella cui validità ancora crediamo, è stato proposto per
anni venturi di avere rincontro la penultima
domenica di luglio.
Se il numero dei partecipanti era piuttosto
ristretto, in compenso ne ha guadagnato il
raccoglimento durante l’ora del culto. Non vi
erano quest’anno i gruppetti (anche di giovani valdesi), sempre di parte italiana, che
riuniti a poca distanza dalla croce disturbavano con il loro rumore. Si è invece mantenuta nella tradizione rumorosa e qualche volta un pochino volgare la « baraonda » della
serata di sabato nella zona del Pra. Varrebbe la pena di aprire un discorso su questo
aspetto della manifestazione, per chiederci se
non si tratta di una testimonianza negativa
che viene data da molti giovani (e anche non
più tanto giovani) valdesi nei confronti dei
turisti anche numerosi che sono lì in questo
periodo. Non vogliamo accusare nessuno in
particolare e nemmeno impedire a chicchesia
dì recarsi in gita al Pra pur non avendo
intenzione di partecipare al convegno del
Colle della Croce, ma ci pare che una riflessione in questo senso sarebbe utile.
n programma si è svolto come di consueto : la liturgia è- stata tenuta dal pastore Bellion di Bobbio Pellice, mentre la predicazione
è stata del pastore Mazel che ci ha invitati a
riflettere sul significato della Santa Cena anche in relazione ai problejati della intercomunione.
Nel pomeriggio abbiamo avuto il piacere
di rivedere il pastore Mpnod, uno dei promotori della ripresa di questo incontro negli a Tini immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, U quale ha parlato
di un suo recente viaggio attraverso le chiese valdesi in Italia, mentre il pastore Giorgio Bouchard ci ha raccontato delle esperienze e della ricerca del gruppo di lavoro comunitario a Cinisello. Credo che in quanti
hanno partecipato a questo incontro è rimasta
ben viva l’impressione che qualcosa si va
muovendo nelle nostre chiese ed uno stimolo a continuare la ricerca in questo senso,
non nel desiderio di fare ad ogni costo qualche cosa di nuovo, ma unicamente nella ricerca di una sempre rinnovata fedeltà al Signore della Chiesa.
Se ogni anno il convegno del Colle della
Croce riuscisse in questa direzione, potremmo
ben dire che la fatica per arrivare fin là ed
eventualmente il freddo ed anche qualche
buon acquazzone (come quello sulla vie del
ritorno) si sopportano volentieri. Con questa
speranza osiamo dire : arrivederci alla terza
domenica di luglio del 1973! br.
Cronaca delle Valli
I TEMI DELLA RIUNIONE DEL 15 AGOSTO, A VILLAR PEROSA
Stato e la
I nostri rapporti con lo
nostra responsabilità
La festa del XV Agosto si è tenuta
quest’anno a Villar Perosa. L’incontro
fraterno è stato iniziato dal Pastoie
Geymet di Villar Perosa che ha rivolto a tutti i presenti il suo più caloroso
benvenuto óltre alraugurio che quella
non fosse soltanto l’occasioné per una
scampagnata, ma un modo per avere
uno scambio di idee e opinioni sulle
attività e sul significato di alcune iniziative della nostra chiesa evangelica.
Lo stesso pastore Geymet ha quindi
presieduto il culto coadiuvato, per la
parte liturgica, dall’anziano evangelista Felice Beflinat.
Il testo biblico su cui si è svolta la
predicazione è stato tratto dal II libro
dei Re al cap. 6, riguardante l’intervento di Eliseo nella guerra fra Israele ed il re della Siria; un intervento
che si concretizza nella preghiera di
Eliseo rivolta al Signore affinché fermi
in qualche modo i Siri, e che culmina,
dal punto di vista cristiano, nel perdono di Eliseo nei confronti dei Siri
fatti prigionieri.
Un testo questo, secondo il pastore
Geymet, che rispecchia bene la nostra
condizione umana e la sua principale
manifestazione: la paura. Una paura
a cui noi da soli non riusciamo a sottrarci ma che vinciamo quando, come
Eliseo, invochiamo l’aiuto di Dio e,
quando chiediamo questo aiuto a Dio,
noi riusciamo e dobbiamo perdonare
chi era per noi causa di paura.
La seconda parte della mattinata è
stata occupata da un dibattito aperto
a! pubblico sulla legge fascista del
1929 sui culti ammessi. E stato scelto
questo argomento perché è lo stesso
che il Sinodo affronterà per decidere
quale sia la linea da seguire, per la
chièsa, nei prossimi anni riguardo a
questa legge.
Il dibattito condotto dal pastore
Giorgio Tourn è avvenuto fra un gruppo di « esperti » ed un gruppo di persone che rappresentavano un po’ la
media delle nostre comunità. Gli esperti erano: Augusto Armand Hugon (storico), Franco Becchino (giurista), Luciano Deodato (pastore) e Franco
Giampiccoli (teologo); il 2" gruppo era
composto da: Graziella Fornerone
(impiegata), Virgilio Gay (pensionato
ed ex anziano di chiesa), Ive Pons (insegnante) e Attilio Fornerone (studente).
Il pastore Tourn ha aperto la discussione ponendo alcune domande ai
« non esperti » sulla legge del 1929, sul
suo significato e sulle conseguenze, volendo in tale modo dare un’idea, in linea di massima, sulle opinioni delle
comunità riguardo a questo problema.
Ha quindi chiesto agli « esperti » di
completare o correggere le affermazioni fatte, secondo i principi storici,
teologici e giuridici. Da questo confronto sono scaturiti alcuni problemi
principali nell’ambito dei rapporti tra
stato e chiesa. Lo scopo di questo dibattito non era certo quello di presentare al pubblico una soluzione del problema ma di presentare le varie opinioni al riguardo.
Gli atteggiamenti nei confronti della legge del ’29 sono stati essenzialmente tre: il primo è stato una tendenza a mantenere l’attuale stato di
cose. Nel caso del matrimonio, per
esempio, la giustificazione consisteva
nella maggiore praticità dell’attuale
forma valida sia civilmente che religiosamente, sostenendo che la non ingerenza nel campo religioso da parte
delle varie forze dello stato è una questione da risolvere personalmente.
La seconda posizione sostenuta rivendicava una totale indipendenza dallo stato da realizzarsi, per esempio,
nel matrimonio separando nettamerite il momento religioso da quello civile per evitare un pericoloso connubio fra chiesa e stato, connubio che si
riscontra attualmente anche in altri
modi come l’insegnamento della religione a scuola. Riguardo a questo specifico problema si è parlato dell’esonero concesso agli appartenenti a confessioni non cattoliche. Ci si è anche
chiesti se sia necessariamente la scuola scuola il luogo dove « insegiiare » la
religione ai giovani o se non siano invece la famiglia e la comunità il luogo
in cui non si insegna ma si vive l’Evangelo.
Il terzo atteggiamento prospettato
consiste nella ricerca di una intesa
con lo stato. La ^fferenza fra questa
forma e l’attuale ’ legge consiste nella
diversa posizione con cui ci si pone
come chiesa nei confronti dello stato:
rifiuto dell’attuale, légge sui culti ammessi « concessaci » dallo stato, per
una scelta bilateride di quali debbano
essere i reciproci ‘rapporti.
Illlllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll
A Torre Pellice, il 26 agosto
INCONTRO-DIBATTITO
A CURA DELL'AICE
ia lettura Ilei tumetti, oggi
L’Associazione organizza un incontro di studio, aperto a tutti, in occasione del suo corigresso biennale che
si terrà a Torre Péllice, sabato 26 agosto 1972 alle ore 9, nell’Aula Sinodale,
gentilmente concessa.
L’araomentó: ^ lettura del furnettl, oggi » sarà intròdotto da Gianni Rodavi, direttóre del Giornale dei Genitori e Prenìiò Andersen per la letteratura infantile.
I vari aspetti (sociologico, pedagogico, evangelico, iisicologico, didattico
c politico) del problema saranno esaminati in gruppo al termine deH’introduzione.
Nel pomeriggio sono previste le relazioni dei gruppi e le conclusioni di
Rodari.
Al termine deH’incontro,. i Soci dell’A.I.C.E. si riuniranno per discutere
sulla validità ed il futuro dell’Associa
zione.
Il Comitato Nazionale A.I.C.E.
INDETTO DAL SERVIZIO SOCIALE DEL CONSIGLIO DELLA VAL PELLICE
Corso per educatori dì scuola materna
Organizzato dai Comuni di Luserna
S. Giovanni e Torre Pellice, dal Centro Diaconale Valdese, con la collaborazione tecnica ed il contributo finanziario delTA.A.L, con il coordinamento del Servizio Sociale del Consiglio
di Valle, si terrà in Torre Pellice dal
1° al 9 settembre p. v., un corso residenziale per educatrici di scuola materna.
Il corso intende rispondere alle esigenze di aggiornamento e di maggior
qualificazione emerse dagli incontri
per insegnanti di scuola materna svoltisi in Torre Pellice e Lusema S. Giovanni nella scorsa primavera; il corso
intende rispondere anche alle esigenze dei genitori espresse attraverso i
questionari sulla scuola materna distribuiti in Torre Pellice e Luserna
San Giovanni; il corso intende rispon
dere ancora alla confermata necessità
di potenziare la scuola materna, vista
come primo livello di inserimento e
di socializzazione, nell’intendimento di
estendere al maggior numero possibile di fanciulli la possibilità di giungere alle elementari con un bagaglio
minimo di cognizioni uguali per tutti.
La collaborazione di docenti altamente qualificati, il carattere di residenzialità del corso nonché ii metodo
di lavoro tipo « seminario » e ricerca
di gruppo, offriranno ai partecipanti
una valida occasione di verifica di
esperienze e di approfondimento. Chi
desidera informazioni sul corso è pregato di rivolgersi al Consiglio della
Val Pellice - Servizio Sociale (piazza
Muston 3 - palazzo comunale - Torre
Pellice - tei. 0121/91.514).
PROGRAMMA
Psicologia (5 ore) - Dott.ssa Alba Greco,
psicoioga presso la Clinica Pediatrica della
Università di Torino; introduzione; il bambino da 0 a 6 anni; quadro comportamentistico; l’attività istintiva; la vita affettiva.
Pedagogia (4 ore) - Prof. Franco Frabboni dell’Istituto di Pedagogia dell’Università
di Bologna : indirizzi pedagogici contemporanei; il fine dell’educazione; il rapporto educativo educatore-bambino, educatore-gruppobambini; il gioco e le attività ricreative; il
gioco come realtà fisiologica e psicologica; il
ruolo dell’educatrice nel gioco e nella ricreazione infantile; cenni di psicopedagogia differenziale.
Didattica (6 ore) - Sig.ne Ada Bessone di
Pinerolo e Anna Selva di Bologna, insegnanti di scuola materna: i metodi pedagogici della scuola materna; sussidi didattici.
Orientamenti metodologici di base (ore 12)
- Dott.ssa Alma Salazar Malincònico dell’A.
A.I.: la scuola materna; finalità, struttura,
enti gestori; condizioni di funzionamento:
edificio, locali, attrezzature, arredi, materiale, spazi per le attività; l’organico del personale: requisiti e funzioni; il lavoro educativo
coi bambini; l’organizzazione della giornata
scolastica.
Alimentazione (4 ore) - Sig.na Maddalena
Sanfelice della scuola convitto « Casa Gay »
di Torre Pellice : le esigenze nutritive del
bambino di 3/6 anni; cenni sul fenomeno
della nutrizione; la dieta del bambino nell’età prescolare; la tabella dietetica settimanale; l’educazione alimentare nella scuola
materna.
Pediatria (2 ore) - Dott.ssa Danielle Giampiccoli Rollier, pediatra: lo sviluppo fisico da
0 a 6 anni; cenni sulle principali malattie
infantili; problemi di igiene mentale propri
dell’età infantile.
Etica professionale (2 ore) - Dott. Elvio
Passone, magistrato in Pinerolo: concetto di
etica professionale; l’impegno, la maturità, il
servizio professionale : la disponibilità dell’educatore.
Lavoro di gruppo ( 5 ore) : finalità del lavoro di gruppo; cenni sulla tecnica della discussione e sul metodo di lavoro; esercitazioni
in gruppo di discussione; esercitazioni in
gruppi di lavoro.
Attività ricreative (29 ore) - Sig.na Carla
Carli Pittolo e Donatella Marchesini, istruttrici dell’A.A.L: attività di tipo manuale (10
ore): definizione deU’attivdtà; insegnamento
di diverse tecniche : pittura, collage, modellaggio, burattini, costruzioni, ecc. - Giochi
(6 ore): giochi di movimento di vario tipo:
con o senza attrezzi, in gruppo o individuali,
liberi ed organizzati, ecc. - Canto, giochi cantati e ritmica (8 ore). - Attività di spettacolo
(5 ore): teatro dei burattini, drammatizzazione, gioco drammatico, cinema e teatro d’ombre, narrazioni e letture.
Sono inoltre previste delle conversazioni
sui seguenti argomenti :
1) dépistage e diagnosi precoce delle turbe del linguaggio, del carattere, dell’intelligenza (Miriam Bein, logopedista e Rosaria
Pagani, assistente psicoioga del Servizio di
Medicina Scolastica della Provincia di Torino).
2) le principali norme di legislazione sulla scuola materna (Dott.ssa Giovanna Di Giovine, dirigente Ufficio Provinciale dell’A.A.I.
di Torino);
3) la situazione attuale dell’assistenza e
le prospettive di trasformazione e di sviluppo
dei servizi sociali (Mariena Gaietti Scassellati,
assistente sociale del Consiglio della Val Pellice);
4) i mutamenti socio-economici e culturali in atto nelle valli del pinerolese.
missionaria
Con una parte del dibattito si è conclusa la mattinata.
Al pomeriggio, verso le ore 15, si è
ripreso il programma della giornata:
il pastore Franco Davite ci ha presentato la nuova situazione in fatto di
missioni, parlandoci della nuova Comunità Evangelica di Azione Apostolica (CEVAA) che ha sostituito la organizzazione della Società delle Missioni.
Scopo della CEVAA è rendere sempre
più autonome le comunità nate in terra di missione, trasformare l’attuale
scambio a senso unico di uomini, materiale ed idee che partono daH’Europa per raggiungere queste nuove comunità ed arrivare invece ad uno
scambio reciproco e questo per permetterci di sentire le opinioni e le critiche di gente nuova con idee nuove e
che vivono in situazioni diverse dalle
nostre. Sempre sullo stesso argomento, ma da un punto di vista diverso,
ha parlato il pastore Giovanni Conte,
ritornato dopo dieci anni di attività
nella sua comimità di Papeete (Tahiti)
e che svolgerà ora la sua attività in
una comunità delle valli.
Il pastore Franco Giampiccoli ha
quindi parlato brevemente della nuova
situazione che si sta creando a Torino
agli Artigianelli, che stanno perdendo
il loro carattere di ambiente per la
preparazione professionale per diventare un punto di appoggio per coloro che svolgono la loro attività a Torino pur essendo residenti alle valli.
La giornata si è quindi conclusa con
Ir consueta lotteria ed il bazar allestito per l’occasione.
Un ringraziamento, infine, a tutta la
comunità di Villar Perosa per avere
organizzato in modo efficiente e meticoloso tutti gli impianti disponibili
permettendo uno svolgimento regolare dell’incontro nonostante la pioggia
scrosciante.
Attilio Fornerone
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiii|iiiiiiiiiMiiiiiimiMiiiiiiiiiiMi
TORRE PELLICE,
DOMENICA 27 AGOSTO
Giornata
degli “Amici del Collegio,,
L’Associazione degli « Amici del CoUegio »
ha indetto per Domenica 27 agosto, a Torre
Pellice, la sua annuale «Giornata », con quésto programma : ore 12,30, pranzo presso la
Foresteria Valdese; ore 15,15, seduta sociale
presso la Casa Valdese; ore 16,30, buffet con
giochi, quiz e caccia al tesoro, a cura dei
giovani.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiii
Torre Pellice (presso la Foresteria Valdese)
dall’l al 3 settembre 1972
Terzo incontro
franco-svizzero-italiano
dei matrimoni misti
L’incontro sarà guidato da un’equipe italofrancese con Padre René Beaupère, e si rivolge a tutte le persone interessate al problema. Si segnala in particolare, sabato 2 settembre alle ore 21, nel salone della Foresteria Valdese, un dibattito pubblico sul tema :
« L’educazione religiosa dei figli nella coppia interconfessioruile: problemi psico-pedagogici, pastorali, giuridici ». (Introducono e
dirigono due coppie).
Per informazioni rivolgersi a « Gruppo Focolari Misti », presso Claudio Bertolotto, Via
Agnelli 4, Pinerolo (tei. 71018).
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiii
ALLA GALLERIA GARDEN
DI TORRE PELLICE
Edina Prochet
espone i suoi acquarelli
Dopo il successo incontrato alcuni mesi fa
in una galleria torinese, Edina Prochet espone, nella Galleria Garden di Torre Pellice,
dal 12 al 31 agosto, una serie di suoi acquareUi, che hanno incontrato interesse e favore
di critica e di pubblico. Ce ne rallegriamo
vivamente con lei.
Val Gurmanasca
Riunione
agii Eiciassie
Domenica 27 c. m. alle 15 si terrà
la riunione agli Eiciassie con la partecipazione di alcuni oratori. In caso di
cattivo tempo la riunione si terrà nel
tempio dei Chiotti.
Pomaretto
Cinque battesimi la domenica 30 luglio r
eccovi i nomi : Rihet Sandra di Guido e Rina Viglielmo; Rihet Chantal di Luciano e Revel Paola; Pascal Giuliano di Luciano e Peyrot Franca; Borei Luca di Giorgio e Peyraii
Graziella; Giraud Andrea di Gino e di Ribet
Ida. Le promesse saranno mantenute? Che il
Signore aiuti i genitori a indicare la via del
Salvatore perché i figli scoprano che Gesù è
la sola Guida ed il solo Redentore.
RINGRAZIAMENTO
La famiglia ed il fidanzato della
cara
Alma Bertin
nelTimpossibilità di farlo personalmente, ringraziano tutte le gentili
persone che con la loro presenza, con
scritti e con fiori, hanno preso parte
al loro grande dolore. In modo particolare ringraziano i Sigg. Marco e
Sergio Gay, i cugini Bruno e Rachel
Pons, i Pastori Sigg. Taccia e Rivoir
(Pastore a Verona) per la loro fraterna partecipazione e per le buone
parole di conforto.
Luserna S. Giov., 17 agosto 1972.
RINGRAZIAMENTO
Margherita e Francesca Borsalino,
profotìdamente commosse’’ per la grande dimostrazione di affetto tributata
alla loro cara
Angela
AVVISI ECONOMICI
FAMIGLIA torinese residente Montecarlo cerca coniugi referenziati, moglie tuttofare,
marito cameriere autista. Scrivere o telefonare Vernerò - Hôtel Malzat - Frali - Telefono 8532.
CASA 4 camere, garage, stalla, orto, vendesi.
Rivolgersi sig. Giraud Carlo, Chiotti di Riclaretto (Torino).
TORRE PELLICE vendesi villa con parco
adatta anche ristorante. Telefonare (ore
pasti) 91281 oppure geom. Poet, 91594 (ore
ufficio).
VENDESI fabbricato in San Germano Chisone. Via Umberto I ex via provinciale costituito da due piani fuori terreno di vani
otto, cantinati, rimessa, terrazza, terreno
attiguo. Rivolgersi : geometra Gino Rostan,
Via Monte Grappa 6, Perosa Argentina :
tei. 8313.
ASSUMIAMO giovani diplomati scuola o istituto magistrale anche primo impiego. Scrivere a: Ist. Gould, via Serragli, 49 50124 Firenze.
nell’impossibilità di farlo singolarmente ringraziano tutti coloro che
con scritti, presenza e parole di conforto hanno preso parte al loro dolore.
Ringraziano il Dott. Rostan, i Pastori R. Coisson, Jahier, Costabel.
Serre Angrogna, 9 agosto 1972.
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Valter Long
ringraziano tutti quelli che sono stati vicini al loro congiunto nell’ultimo
periodo della sua vita e ne hanno accompagnato la spoglia mortale alla
sua ultima dimora; in special modo:
il pastore Felice Bertinat, la direttrice e il personale tutto della casa di
riposo di S. Germano.
« ...L’uomo nasce per soffrire come la favilla per volare in alto »•
(Giobbe 5: 7).
S. Germano Chisone, 10 agosto 1972.
RINGRAZIAMENTO
I familiari del compianto
Abramo Salce
profondamente commossi per la dimostrazione di stima e di affetto tributata al caro congiunto ringraziano
tutti quelli che in qualunque moda
hanno preso parte al loro dolore.
Un grazie particolare al pastore
Achille Deodato, al gruppo anziani
RiV'SKF, ai medici, suore e personale
del reparto medicina dell’Ospedale
Agnelli, alle famiglie Gurgo, Beimi,
Sereno, alla signora Vera Bong.
RINGRAZIAMENTO
All’età di 97 anni è mancata all’affetto dei suoi cari
Leontina Bounous
ved. Reynaud
I familiari, sensibili alla dimostrazione ricevuta, ringraziano tutti coloro
che sono stati vicini nella triste circostanza.
Un ringraziamento particolare al
Dott. Bertolino, ai Pastori T. Pons e
F. Bertinat ed ai vicini di casa.
7
25 agosto 1972 — N. 33-34
pag. 7
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
A PROPOSITO DEL PROGRAMMA DI LOTTA AL RAZZISMO DEL C.E.C.
Con gli evangelici della diaspora
L'impegno della Chiesa di Verona
Che cosa fanno le altre comunità? La nostra sottoscrizione continua
La comunità di Verona, dopo aver esaminato in assemblea di chiesa l’ordine del giorno sinodale del 1970 in cui veniva chiesta la partecipazione delle chiese — ovviamente anche finanziaria — allo scopo sia di sovvenire a situazioni di
emergenza di particolare gravità sia di contrastare il mantenimento di situazioni ingiuste, a favore del Terzo Mondo, ha deciso di sostenere in modo regolare e costante il programma di lotta al razzismo del Consiglio ecumenico delle
Chiese. Abbiamo chiesto al pastore Rivoir di dirci qualcosa a questo riguardo
e pubblichiamo qui sotto il suo scritto. Ci auguriamo di cuore che questo preciso impegno sia suscitatore di numerose altre prese di posizione e di pratica
testimonianza nei riguardi di una situazione che rappresenta, nel mondo in
cui viviamo, una delle degenerazioni più indegne dell’uomo che oltre a tutto,
per giustificare questo suo modo d’agire, invoca princìpi civili e cristiani.
Ricordiamo con l’occasione che il « fondo di solidarietà » del giornale è sempre destinato al suddetto programma e che le sottoscrizioni vanno inviate al
conto corr. postale n. 2/39878 intestato a Roberto Peyrot, corso Moncalieri 70,
Torino.
A un po’ più di un anno dairassemblea di chiesa che a Verona si è riunita per discutere sul programma di lotta al razzismo, del Consiglio ecumenico delle chiese, butto giù qualche riga
per vari motivi:
a) perché mi pare che sia importante comunicare più che si può quel
che sta succedendo nelle nostre comunità;
b) perché mi pare che del programma di lotta al razzismo debbano
occuparsi le comunità (se ha un senso
radunarsi in assemblea) e non dei singoli sparsi qui e là indipendentemente
dalla loro partecipazione ad un lavoro
comune;
per sostenere questa azione del Consiglio Ecùmenico ed altre che debbano seguire sulla stessa linea;
chiede alla Tavola che l’informazione sull’impiego dei fondi trasmessi al
Consiglio ecumenico delle chiese pervenga regolarmente alle comunità.
causa, con continua riflessione comune, gli avvenimenti del nostro tempo:
ci sentiamo parte in causa;
— si è insistito perché non ci si fermasse a fare discorsi: la gente si è
impegnata mensilrnente (cioè regolarmente) anche con il suo denaro;
— la sottoscrizione si svolge in due
modi, con contribuzioni di singoli e
con collette in deterrninati culti: il discorso non resta quindi legato all’offerta individuale ma fa parte della riflessione comunitaria;
— non si parla più astrattamente di
rapporti tra fede e politica, perché si
cerca di vedere che cosa significhi vivere con fede una situazione politica;
— l’impegno in favóre del programma del CEC non ha fatto diminuire le
contribuzioni in favore della chiesa in
Italia: al contrario esse sono aumentate perché hanno acquistato un nuovo
significato.
Veneto
orientale
Il gruppetto di Forni di
sotto, nell’alto Ampezzano,
con la famiglia del pastore
U. Bert.
E dico due parole su alcune conseguenze:
—■ è stato possibile in questi mesi
affrontare con maggiore conoscenza di
In questo senso viviamo per provocare nuovi sviluppi di questa e di altre azioni.
Eugenio Rivoir
Nel corso di quest’ultimo mezzo secolo la dura necessità dell’emigrazione
ha ridotto notevolmente la consistenza dei piccoli gruppi della regione.
D’altra parte, altri fattori, coinè ad
es. i matrimoni misti, la necessità di
trasferimenti per ragioni di lavoro
hanno fatto sì chè, attualmente, non
si possa più parlare di gruppi veri e
propri, ma di piccoli nuclei familiari
Uesame di fede di Ermanno Genre
c) . perché mi pare importante sapere se la nostra esperienza, per limitata che sia, dica qualcosa ad altri
gruppi (a altre comunità?);
d) perché sono indignato per il silenzio a questo riguardo di comunità,
consigli di chiesa, teologi, predicatori,
gruppi di servizio, comitati ecc.;
e) perché è importante riesaminare le decisioni die si sono prese dopo
un po’ di tempo (contro la routine ecclesiastica).
Cito quindi l’ordine del giorno che
l’assemblea di chiesa della comunità
di Verona, in data 14 febbraio 1971, ha
votato, dopo ampia discussione:
Cristo, segno di contraikizione
L’assemblea di chiesa di Verona, riunita il 14.2.71, dopo aver esaminato con
attenzione l’ordine del giorno sinodale
sul problema del sottosviluppo (Atti,
art. 18),
■ esprime U suo. parere .favorevole al-,
l’azione del Consiglio ecumenico contro il razzismo bianco;
propone la costituzione di un fondo
di solidarietà, con una sottoscrizione
mensile a partire dal mese prossimo.
Nell’Aula sinodale della Casa Valdese in 'Torre Pellice s’è svolto il 12 agosto l’esame di fede del Cand. Ermanno Genre; lina cerimonia che lascia
pernlessi i più per molti motivi, ma
alla' quale non si è ancora trovato
qualcosa di sostitutivo. Quattro sono
state le domande che il corpo pastorale ha voluto rivolgere al Candidato, e
alle quali egli ha dato delle risposte
chiare ed esaurienti, anche se brevi e
schematiche. Alla prima, che suonava;
Gesù, il Figliolo unigenito di Dio, Genre ha risposto dicendo che con l’aggettivo « unigenito » la Chiesa ha inteso confessare la sua fede riconoscendo
che, Dio si è rivelato m Cristo e ih Lui
soltanto. L’Antico ed il Nuovo Testamento parlano di Cristo, alludono a
Lui, testimoniano di Lui. Col titolo di
v; Figlio » i credenti hanno voluto dire
che per loro Dio stesso si è rivelato
in Cristoà Fuori di’ Cristo quindi non
v’è rivelazione e perciò neppure sal
vezza.
Un passo por osGire dalla crisi
IstiiuxionB di borse di studio
per personale qualificato in assistenza ospedaliera
E’ noto come tra i problemi che assillano i nostri Istituti assistenziali
quello relativo alla carenza di personale qualificato è forse il più grave. La
situazione, pur essendo migliorata in
senso quantitativo, non registra tuttavia un sensibile miglioramento, in
quanto l’entità dell’opera assistenziale,
rilevabile dall’aumento del numero dei
ricoverati, riconduce il rapporto numerico tra assistiti e personale qualificato, nei termini di alcuni anni or
sono.
Le nuòve normative di lavoro ed economiche particolarmente presso gli
Ospedali, hanno permesso, è vero, l’assunzione di altro personale qualificato, ma ancora oggi la carenza è notevole e raggiunge punte di vera crisi
particolarmente, durante i mesi estivi, causa i periodi di ferie; per non
parlare deU’aumento di lavoro, che nel
corso dell’anno si registra, allorquando per malattia od altri motivi, il personale risulta inferiore alla necessità.
Questa situazione è comune a tutti
gli ospedali od enti assistenziali, ma
raggiunge i limiti della massima .gravità, particolarmente negli enti di modesta entità come i nostri, ove l’assenza anche di una sola infermiera viene
immediatamente risentita.
In base a queste considerazioni ed
in relazione a quanto suggerito dalla
Conferenza del I Distretto, la CIOV si
propone di creare un fondo per istituire delle borse di studio da assegnare a
giovani che intendano frequentare e
conseguire diplomi neU’ambito del ramo assistenziale (infermieri professionali o generici, tecnici di laboratorio
ecc.) e che si impegnino per almeno
un anno, in regolare normativa di contratto di lavoro, a prestare servizio
nei nostri Istituti. La CIQV sta perfezionando i criteri di assegnazione di
queste borse di studio e ne comunicherà al più presto, sulla nostra stampa,
gli estremi: sarà utile precisare che
esse saranno assegnate indipendentemente dalla confessione religiosa degli
aspiranti.
Per tanto abbiamo creduto opportuno di portare a conoscenza dei lettori
questa iniziativa ed invitiamo tutti coloro che hanno a cuore i nostri istituti
ad appoggiarla concretamente.
E’ intenzione della CIOV costituire
quattro fondi; per l’Ospedale di Torre Pellice, per l’Ospedale di Pomaretto, per il Rifugio Re Carlo Alberto e
per l’Asilo di San Germano Chisone.
I sottoscrittori sono pregati di segnalare a quale fondo vorranno dedicare le loro offerte: daremo comunicazione aggiornata di quanto abbiamo
ricevuto relativamente ai fondi per
ogni Istituto.
La Commissione
Istituti Ospedalieri Valdesi
PRIME OFFERTE PER FONDO
BORSE DI STUDIO
Ospedale di Pomaretto:
Prof. Franco Operti L. 500.000; N. N.
L. 408.050.
Forano
Dopo una ininterrotta permanenza di ben
li anni nell’America del Nord, è ritornata
nella sua Forano per una breve vacanza la
Signora Dora Pazzaglia, accompagnala dalla
sorella Emilia ebe già avemmo occasione di
conoscere tre anni fa in una analoga circo
Direltore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpina • Torre Pellice (Torino)
stanza.
Figlie dell’anziano di Cbiesa Pasquale che
fu per molti anni colportore e valido collaboratore nel movimento evangelico nella bassa
Sabina, hanno ripreso contatto con la loro
chiosa mai dimenticata. La comunità tutta si
è stretta attorno a queste care sorelle ed ha
ringraziato il Signore che ci ha dato questa
occasione di incontro per rinsaldare i vincoli
di amore tra fratelli in fede alla gloria del
Suo Santo Nome.
Rocco Giui.unt
La seconda domanda: -« Gesù Cristo,
segno di contraddizione nella storia
degli uomini » dava là possibilità al
Candidato di parlare del mondo e della domanda che l’Evangelo pone al
mondo., Egli ha posto l’accento sul
« segno di contraddizione »: per la nostra vita, per il mondo. Cristo è il « segno » del Regno, della sua venuta. Questo segno ci è dato nella sua croce. Anche se il Nuovo Testàmento parla di
una vittoria di Cristo, essa va intesa
sullo sfondo della crqc'p, che è l’unico
segno 'che ci ^ia d^tó/ Lja Chiesa non
soltanto annuncia gfiestò, segno, ma
lo vive al suo interfio, sottoposta sempre alla tentazione gi eluderlo, come
per es. Pietro, quando non accetta l’annuncio della crocifissione di Gesù
(Mt. 16). È un segno di contraddizione
perché, pur nella sua negatività, contiene la promessa del Regno, la resurrezione. Questo segno va annunciato
di fronte e contro tutti i segni che ci
sono nel mondo, e che non sono validi,
perché non indicano il Regno.
La terza domanda riguardava l’umanità e i rapporti tra gli uomini; essa
era formulata semplicemente così:
« la koinonìa », una parola tratta dal
greco del Nuovo Testamento, che significa: « la comuhione ». Molto giustamente Genre ha osservato che nel
Nuovo Testamento nOn si parla mai di
koinonia senza fondarla in Cristo. Essa è partecipazione alla morte e alla
resurrezione di Cristo, come chiaramente è espresso dalla S. Cena. Non
si tratta di una semplice e banale
esortazione moràle,.'m'a essa ha il suo
punto di partenza ;! di riferimento
riella cróce di Cristo e nella sua umanità. In Cristo ci è data e ci è promessa la comunione fraterna. Egli rende
possibile un rapporto umano nuovo,
perché fa di noi degli uomini nuovi,
e ci chiama a far parte della sua comunità. Ogni nostra divisione di carattere razziale o sociale od altro va
quindi messa a nudo, denunciata, giudicata alla luce dell’autorità della Paiola di Dio.
La quarta ed ultima domanda; « la
mia vocazione pastorale » è ormai di
rito; ed è interessante constatare, confrontandone la risposta data con quelle fornite dai candidati degli anni passati, come essa possa essere variamente intesa. Genre ci ha detto di non poter intendere la sua vocazione pastorale sganciata dalla storia che gli uomini vivono drammaticamente in questo periodo: una storia che è negazione della libertà che Cristo ci ha recata
ed affermazione invece della violenza e
della ingiustizia. In questo contesto lo
Evangelo è essenzialmente un annuncio di libertà. Questa libertà va annunciata a tutti i livelli e non soltanto nell’ambito ristretto della Chiesa o della
coscienza religiosa del singolo, perché
non può e non deve esi.stere una frattura fra quello che è religioso e quello
che invece è profano, mondano. Il credente vive la sua fede non soltanto in
Chiesa, ma anche e soprattutto nel
mondo, durante il suo lavoro quotidiano. Manifestando l’intenzione di diventare pastore, Genre non intende isolarsi, separarsi dal mondo ma, pur consapevole di certi limiti e di certi rischi,
condurre avanti, insieme ai suoi fratelli, la riflessione sulla vocazione cristiana.
È chiaro che questi brevi appunti
non hanno dato un quadro in tutto
fedele ed esauriente delle risposte date da Genre, ed è anche chiaro che
molte delle sue affermazioni avrebbe
ro dovuto essere meglio esplicitate o
formulate in altra maniera: d’altra
parte da queste risposte è parso ai pastori, e forse anche al pubblico che
assisteva, di cogliere una esprpsione
autentica di fede ed un autentico impegno di testimonianza, che gli auguriamo di saper portare avanti con fedeltà nel suo ministero pastorale.
Luciano Deodato
Positivo è stato pure, la sera della medesima giornata, l’esito del sermone di prova,
sul testo Matteo 16; 1-4, predicato nel tempio dei Coppieri. Notiamo che se quest’anno
un solo candidato valdese si è presentato,
quattro erano invece i candidati metodisti, i
quali, esaminati in sessione pastorale sabato
19 agosto, la sera stessa hanno predicato il
loro sermone di prova (su' testo da loro rispettivamente scelto) nel tempio di Pinerolo,
dinanzi a un buon gruppo di pastori e membri
di chiesa, metodisti e valdesi, valligiani e non.
Anche ai neo-consacrati colleghi metodisti.
Franco Becchino, Renato Di Lorenzo, Gianmaria Grimaldi ed Enos Mannelli, il nostro
augurio fraterno.
Pramollo
Un cordiale benvenuto a Elisa di Beux
Amato e Adele (Mondoni di San Germano
Chisone); a lei, ai genitori ed alla sua famiglia ogni benedizione divina.
Domenica 9 luglio siamo stati lieti di avere in mezzo a noi al culto la Corale della
Chiesa di 'Villar Pellice insieme alla sua direttrice Signora Ciesch ed al pastore E. Micol e Signora. Nel ringraziare sentitamente il
past. Micol per l’attuale messaggio rivoltoci
nel corso del culto da lui presieduto, siamo
grati alla Corale di Villar ed alla sua direttrice per gli inni ed i cori che hanno voluto
cantare per noi e diciamo a questi fratelli ed
queste sorelle « arrivederci », se piace a
a
Dio
sparsi su un vastissimo territorio che
va dai confini della Carinzia alle grandi pianure del Friuli.
Fa eccezione Tramonti di Sopra dove la Colonia Estiva Menegon costituisce, ancora oggi, insieme alle poche
famiglie rimaste stabilmente nel borgo, un centro di raduno per evangelici.
Chi non ricorda i tempi in cui anche
Pontebba e Forni di Sotto erano altrettanti luoghi di raduno per la gioventù evangelica del Triveneto? Se ne
parla oggi ancora in seno a quei nuclei . familiari, compositi per. lo più da
persone anziane, rimasti fedeli malgrado le difficoltà dell’ambiente e dell’isolamento.
Attualmepte la cura pastorale viene
effettuata mettendo in pratica lo spirito di collaborazione interdenominàzionale. I pastori ed alcuni laici di
Venezia, Gorizia e Trieste si alternano
nelle visite a quegli isolati. La strada
è lunga, ma gli istanti di comunione
fraterna sono sempre una preziosa
realtà per tutti. A Pontebba, nell’ospitale cucina dei coniugi Buzzi, si riunisce un piccolo gruppo (la famiglia
Huber viene appositamente da Bagni
di Lusnizza per quell’ora di meditazione in comune). Sono anche presenti i
coniugi Pucciarelli, zii del compianto
Iacopo Lombardini. Viene spontaneo,
nella conversazione, ricordare la figura dello scomparso, il suo spirito di
servizio in favore dei giovani, la sua
prigionia e la sua morte in campo di
concentramento.
A Forni di Sotto, alcune famiglie
tornate al paese natio per le ferie sono liete di unirsi ai coniugi Tonello
per un culto in comune. Nella linda
saletta, messa a disposizione per i
culti, una quindicina di persone hanno così modo di sperimentare la gioia
della comunione fraterna nella comune adorazione. Per quella circostanza
anche l’armonium viene rimesso in attività: una targhetta ricorda che è
stato un dono delle sorelle in fede del
« Restfull Hour Meeting » di Leamington che, nel 1951, quando questo villaggio della Gamia, distrutto dalla
guerra, veniva ricostruito, hanno voluto lasciare un segno del loro amore
e della loro solidarietà.
Sulle montagne della Gamia l’inverno è lungo, le strade spesso impraticabili. A Forni di Sotto, quando i villeggianti saranno ripartiti, rimarranno soltanto più i coniugi Tonello ad
accogliere il pastore nel suo giro di
visite. .
Vorremmo che tutte quelle famiglie
isolate sentissero che le seguiamo col
pensiero e con la preghiera, chiedendo
al Signore di benedirle e renderle sempre più salde nella fede. b.
iiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiriiiiiiiiiiiiiimiiiniiii|iiiiiiiii<iiiiii«>i«i>i
Nel corso di queste ultime settimane per
ben tre volte abbiamo dovuto prendere la via
del cimitero per accompagnarvi la spoglia
mortale delle sorelle : Sappè Luigia nata Long
di anni 84 (Pellenchi) l’il luglio, Bocchiardo
Silvia nata Long di anni 62 (Ciotti) il 24
luglio e del fratello Long Edvico fu Alberto
di anni 62 (Ruata) membro del Concistoro di
questo quartiere. A tutti i familiari colpiti da
questi lutti rinnoviamo l’espressione della nostra fraterna solidarietà nel dolore della separazione ma anche nella speranza in Gesù
Cristo, nostro Signore.
Domenica 30 luglio è stato amministrato
il battesimo a Nadia di Jabier Livio e Yvonne
(Ciotti); il Signore accompagni con la Sua
Grazia questa bambina ed aiuti i suoi genitori
a mantenere le promesse fatte.
Un fraterno saluto ai fratelli ed alle sorelle
di altre chiese venuti a trascorrere le loro
vacanze in mezzo a noi con l’augurio di un
buon soggiorno nel nostro vallone.
In queste settimane il nostro pensiero è
stato particolarmente vicino al pastore Ermanno Boston ed alla sua famiglia; invochiamo su di loro l’assistenza del Signore e
siamo stati felici di rivedere questo fratello
a Pramollo, dopo il buon esito dell’intervento
affrontato. . , i
Domenica 6 e 13 corr. m. 1 annunzio dell’Evangelo ci è stato rivolto dal fratello Dott.
Ugo Zeni e dal pastore Umberto Bert. che ringraziamo vivamente per la preziosa collaborazione e per i loro efficaci messaggi.
Sabato 12 corr. m. abbiamo accompagnato
al campo del riposo la spoglia mortale della
decana della comunità: la sorella Leontina
Reynaud nata Bounous, deceduta dopo lunghi anni di infermità ai Balmas di San Germano Chisone, all’età di 97 anni. Rinnoviamo alla famiglia in lutto la nostra fraterna
solidarietà.
Un pastore metodista
delle Antille alla guida
della
comunione ecumenica
(segue da pag. 5)
delle Assemblee Presbiteriane a Ontario (Canada), Rochester, New York e Memphis
(Tennessee), le Conferenze Jesse M. Rader
sull’evangelizzazione contemporanea tenute ad
Adelaide, in Australia, gli interventi in occasione di conferenze regionali a Cipro ed
alle isole Figi, del Consiglio Cristiano del
Giappone, come pure le emissioni radio-televisive in Germania ed Olanda.
Il suo discorso di dottorato ad Amburgo su
« Il Terzo Mondo nel Movimento Ecumenico » è apparso in inglese nell’"Ecumenical
Review” come pure nell’“Oekumenische
Rundschau”.
Il Dott. Potter è co-autore col prof. Hendrikus Berkhof dell’opera Parole Chiave delVEvangelo (SCM Press, Londra, 1963) ed ha
scritto un capitolo del libro America Latina
esplosiva che sta per esser pubblicato dal
Lettner Verlag di Berlino.
Egli scrive inoltre regolarmente degli editoriali per la pubblicazione del Consiglio
Ecumenico « Rivista Internazionale delle
Missioni ».
Doni in memoria di Cario Alberto
Balmas in favore dell’Asilo dei Vecchi
di Luserna San Giovanni
La sorella Susanna e cognato Giov. Peyrot
L. 20.000; le cognate Rita e Margherita
Balmas e i nipoti Bahnas-Peyrot-Macri 70
mila: Iolanda e Carlo Varese 30.000; Pucci e
Franco Varese 30.000; Laura Jon-Scotta
25.000.
Â
8
pag. 8
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
N. 33-34 — 25 agosto 1972
L’industria
e il commercio più infami
In occasione della recente Conferenza ecologica di Stoccolma — di cui ci
siamo già interessati in uno dei numeri precedenti — è stato posto in evidenza (ricorderemo in modo particolare gli interventi del segretario generale deirONU Waldheim e dello stesso primo ministro svedese Olaf Palme) che una delle peggiori fonti di inquinamento e di distruzione (sotto tutti gli aspetti!) è la corsa agli armamenti e la guerra. Esempip di tragica
attualità è dato da quella'che si combatte in Vietnam e di cui in varie occasioni abbiamo denunciato le spaventose conseguenze.
Mentre le superpotenze (ed i loro
obbedienti alleati) parlano di pace, nel
contempo stanno seguendo una paurosa politica di riarmo, nonché di commercio di materiale bellico. La cosa
risulta dalla recentissima pubblicazione dell’annuario 1972 da parte dèl-^
l’Istituto internazionale per le ricerche per la pace di Stoccolma (Sipri).
Preciseremp anzitutto che il Sipri è un
ente di ricerca internazionale indipendente fondato nel 1966 dal parlamento svedese. Di esso fanno parte
una quarantina di scienziati di vari
paesi, e si avvale inoltre della collaborazione di un consiglio scientifico
di 24 studiosi, statisti e funzionari internazionali particolarmente qualificati. Questi « annuari » sono ormai universalmente considerati come una delle più autorevoli pubbUcazioni sulle
questioni relative agli armamenti e al
disarmo.
Vediamo alcuni dati. Secondo la
pubblicazione, la proporzione delle risorse mondiali dedicata alle spese militari è di circa il 6 per cento: secondo i calcoli dell’Istituto, si ricava che
le spese militari nel 1970 sono state
di 180 miliardi di dollari (ca. 110 mila
miliardi di lire). Sei paesi: Stati Uniti
(con 77,827 miliardi). Unione Sovietica (42,619), Cina (8,000), la Germania
occidentale (6,188), la Francia (6,014),
e la Gran Bretagna (5,850) rappresentano l’80 per cento della spesa militare mondiale, mentre il Terzo Mondo
giunge alT8 per cento.
La guerra in Vietnam è costata al
contribuente americano per il 1971
una cifra pari a circa .45 mila miliardi
di lire, contro i 28 mila del 1965; «Per
Tanno in corso il Sipri prevede 46 mila miliardi.
Circa gli armamenti nucleari, sia
l’Unione sovietica che gli Stati Uniti,
mentre proseguivano i colloqui SALT
(per la limitazione delle armi strategiche) realizzavano testate multiple nucleari per i loro missili balistici. Gli
accordi firmati a Mosca « non sono
abbastanza ampi per consentire un arresto nella corsa agli armamenti nucleari »-fra le suddette potenze.
Un altro spaventoso confronto viene fatto dall’annuario per quanto riguarda il più ristretto campo della ricerca. Esso sattolinea che durante lo
scorso decennio il mondo « ha probabilmente speso oltre 15 miliardi di
dollari all’anno per la ricerca nel campo militare, in confronto ai circa 4
spesi nel campo della ricerca medica ».
Guardando poi al domani, il Sipri
afferma che la tecnologia nucleare si
diffonderà alle regioni sottosviluppate
e « verso la fine degli anni ’70 quasi
un terzo dei paesi del mondo attueranno significativi programmi nucleari'».
Per quanto riguarda il commercio
delle armi pesanti nel mondo (l’informazione sulle armi di piccolo calibro
è omessa, perché frammentaria e imprecisa) il Sipri in un’altra pubblicazione documenta, a proposito della loro vendita tra undici paesi industrializzati e 91 paesi sottosviluppati, chi
sono state finora, le prime undici fornitrici, in ordine di grandezza del volume di vendite: Stati Uniti, Unione
Sovietica, Gran Bretagna, Francia, Italia, Canada, Germania occ., Giappone,
Svezia, Svizzera e Cina. Nel periodo
1950-1969, Stati Uniti e Unione Sovietica hanno rappresentato il 67 per cento del totale. Per valutare compietamente il ruolo degli USA in questo
settore, non sono comprese le armi
usate in Vietnam in tutti questi anni
perché tecnicamente non sono qualificate come « commercio internazionale ».
La crisi tessile
Tutti i lettori — chi più, chi meno
ed anche a seconda della località ove
risiedono — sono certo al corrente
della grave crisi tessile che l’Italia sta
attraversando, crisi che non si presenta né di facile né di prossima soluzione. Conoscendo abbastanza bene detto ambiente, vorremmo fare qualche
considerazione che di norma i giornali non fanno e che pure contribuiscono non poco a far comprendere la
gravità della crisi.
Intanto, sarà bene premettere che
questo fenomeno si estende (sia pure
con proporzioni assai minori) a livello europeo. Ricorderemo al riguardo
qui poche cifre — date dalla CEE —
che parlano assai chiaro: gli addetti
al settore in Europa (della Comuriità)
negli ultimi cinque anni sono scesi da
1 milione 701 mila persone a 1 milione 600 mila. In particolare il settore
cotoniero perde annualmente il 2,2%,
quello laniero il 4,6%, quello della juta
il 6,1%. Tra le cause, da segnalare la
fortemente accresciuta competitività
dei paesi sottosviluppati e del Giappone, che si avvalgono di mano d’opera a bassi salari.
Ma passiamo ora all’Italia ed anzitutto premettiamo che per « settore
tessile » si intende sia quello della produzione dei filati e dei tessuti, sia
quello delTingrosso (in via di estinzione) e dell’industria dell’abbigliamento.
Ebbene, presso il ministero delTindustria sono all’esame 901 domande di
aziende tessili che richiedono interventi: 690 per un totale di 348 miliardi e 211 più piccole per oltre cinque
miliardi di contributi.
Le zone maggiormente interessate
per il settore filati-tessuti sono il biellese, il pratese (lane), la Lombardia
Le forze di lavoro
in Italia
L’indagine dell’Istituto di statistica
(ISTAT) sulle forze di lavoro in Italia fatta all’inizio di aprile e recentemente pubblicata, contiene cifre indicanti massicci spostamenti nella composizione soeialè italiana.
Il totale delle forze di lavoro (occupati più disoccupati) scende a 19 milioni 19 mila persone, e cioè 580.000
in meno di un anno fa, di modo che
il rapporto fra la forza e la popolazione totale è del 35,2 per cento: il più
basso rapporto mai misurato in Italia
e forse il più basso del mondo.
Il numero dei disoccupati è pari a
623 mila persone : è cresciuto di a appena » 57 mila rispetto a un anno
avanti. Questo fenomeno (e cioè il
mancato aumento in proporzione dei
disoccupati) è dato in gran parte dal
fatto che la riduzione netta degli occupati avviene a carico di quanti vanno in pensione, senza essere rimpiazzati che in minima parte dalle nuove leve di lavoro.
(cotoni), il comasco (seterie), mentre,
per quanto riguarda l’industria di confezione, essa è distribuita un po’ in
tutto il paese. Limitandoci alla sola
situazione biellese, nell’ultimo decennio la gente occupata nel settore è scesa di quasi 12 mila unità, passando
dai 50.163 occupati ai 38.203. Nel solo
1971, vi sono stati 2546 licenziati, mentre lo stillicidio è continuato nei primi sei mesi di quest’anno. In questi
momenti sono poi in gioco altri mille
posti di lavoro, in soli tre lanifici.
Ma quali sono le ‘ bause ■ spearifiche
della crisi, oltre a quelle, più generali,
già citate? Per il settore filati-tessuti,
nel biellese ima conduzione di aziende che vanno avanti da decine d’anni
con vecchi macchinari e impianti ultra sfruttati e — nel pratese — il sorgere di aziende pseudo industriali che
di « lanificio » hanno solo il nome e
speculano sul lavoro a domicilio evadendo così le varie previdenze, mentre
allo stesso tempo sono pronte a « sbaraccare » in un battibaleno.
Per il settore abbigliamento, l’affannosa corsa degli imprenditori vecchi e
nuovi (in periodo di « boom ») a costruire e raddoppiare gli stabilimenti,
disputandosi fra loro stessi il personale più qualificato: cosa che ha determinato una crisi di sovraproduzione. Ma un altro motivo, apparentemente più « superficiale », determina
la crisi del settore abbigliamento e
vale a dire il continuo mutare della
moda. I confezionisti infatti, sempre
alla ricerca di nuovi espedienti in ossequio alla logica del profitto, n on
esitano — anziché accordarsi su un
gusto e una moda uniformi e di una
certa durata — a farsi fra loro stessi
una concorrenza, anzi una « guerra »
fra le più accanite per strapparsi la
clientela con delle « novità » il cui
prezzo ricade naturalmente sulle spalle del consumatore.
In questo stato di cose, i modesti
interventi della finanziaria pubblica
costituiscono solo un palliativo e a
volte non fanno che prolungare l’agonia delle aziende. Neppure la partecipazione statale in varie Ditte vale a
riassestarle: certo, esse producono e
vendono, ma i bilanci di fine anno sono spaventosi: tanto, paga il contribuente...
Non è questa la sede per proporre
o indicare soluzioni, ma è chiaro che
tutto il settore tessile (e non solo quello) va completamente ristrutturato, rimuovendo ad una ad una le cause che
10 hanno condotto all’attuale, drammatica situazione.
Commiato
A causa di sopravvenuti, più onerosi carichi di lavoro derivanti dalla
grave crisi tessile ai cui si parlava
dianzi, mi trovo costretto a dover diradare — mio vivo malgrado — la collaborazione al settimanale, e in modo
particolare a rinunciare a questa rubrica, che ho curato ininterrottamente
per due anni circa.
Nel l’accomiatarmi dai lettori desidero ringraziarli tutti, sia coloro che mi
hanno dimostrato la loro solidarietà e
11 loro apprezzamento e sia coloro che,
per un motivo o per un altro, si sono
mostrati critici e contrari.
Vorrei però rivolgermi in modo particolare a quei lettori che partono dalla considerazione che questo è un
giornale della Chiesa valdese e che di
conseguenza non dovrebbe occuparsi
di politica, ma solo di cose attinenti
alla sfera spirituale e « religiosa » della comunità. Essi dicono: « la Chiesa
non deve fare politica; deve stare al
di sopra e al di fuori delle parti. Li invito ancora una volta a riflettere profondamente su questo luogo comune:
anche Ponzio Pilato si definì « neutrale » e sappiamo bene con quale esito
per la vita terrena di Gesù. Vorrei ri
cordar loro che un atteggiamento
« neutrale » è già una presa di posizione perché obbiettivamente favorisce lo
status quo, è già un parteggiare — sia
pure a volte inconscio — per il niù
forte.
È proprio per questo motivo che, sia
pure con tutte le mie infedeltà di credente, colle inevitabili carenze e sovente con fare « dilettantistico » ho ritenutq mio dovere denunciare alcune
delle innumerevoli situazioni di ingiustizia, di violenza, di sfruttamento delluorno sull’uomo esistenti nel mondo,
quali la sempre più sporca guerra del
y^^tnar^ la drammatica situazione del
Medio Oriente, il dramma nordirlandese, il razzismo, lo sfruttamento del
Terzo Mondo, la corsa agli armamenti 1 blocchi militari, la democrazia
lormale dell’occidente, la repressione
ideologica all’Est, di cui proprio in
questo periodo, nel quarto anniversavm dell’invasione della Cecoslovacchia,
abbiamo durissimi esempi in quella
nazione, ecc. ecc.
Di tutte queste cose ho cercato di
parlare colla libertà e colla fermezza
che mi vengono dall’essere credente e
con la convinzione profonda che TEvangelo, se deve essere una cosa vivente e vissuta, deve investire l’uomo
intero in tutti i suoi rapporti, in tutte
le situazioni in cui egli è chiamato a
vivere e ad operare.
Roberto Peyrot
l'tcmioaiia e la pliià dalla vita
Roberto Peyrot e da anni nel nostro gruppo redazionale; fin dal principio ha collaborato al notiziario ecumenico, alla presentazione di libri, ha curato il "fondo di solidarietà , oltre al gravoso impegno settimanale
della rubrica che ora lascia. La lascia unicamente per motivi di lavoro, ma con qualche
amarezza per le critiche crescenti cui il suo
lavoro è stato sottoposto da una parte dei
lettori: e di questa amarezza sono molto spiacente. Non ripeto ciò che ho più volte scritto al riguardo. Noto soltanto che la critica di
unilateralità va, se mai, mossa alla redazione
nel suo insieme e a me in particolare, non a
un singolo collaboratore, che — lo riaffermo
— ha avuto coscienza dei limiti costituzionali
di cui tutti soffriamo, e vi ha reagito con sforzo sincero. Da altre parti abbiamo ricevuto
più spesso critiche generiche e non di rado
astiose, che contributi anche critici pensati e
concreti, i quali abbiamo sempre pubblicato
con interesse e piacere. Grazie, Roberto; a
nome nostro e di molti, lo sai; e siamo lieti
di sapere che potremo ancora contare, in
molti modi; sulla tua eoUaboraàone generosa.
Gino Conte
Mentre l’economista de « La Stampa » — nonché professore di economia
politica e di politica economica presso
la Facoltà di Economia e Commercio
di Torino — Sergio Ricossa aderisce al
fronte per la cultura di destra fondato
dal filosofo Armando Plebe, neo eletto
senatore nelle liste della Destra Nazionale (Panorama, n. 327 del 21-1-12),
il filosofo Nicola Abbagnano si prende
il compito di segnalare sullo stesso
quotidiano — in data 15-8 — « le scelte sbagliate dell’economia ».
La teoria economica — dice TAbbagnano — è in crisi perché non riesce
« a fronteggiare con prontezza ed efficacia sufficienti alcuni problemi cruciali della vita economica contemporanea. Fra tali problemi emergono quello dell'inflazione che tende a crescere
anche nei periodi di recessione o di
stasi; quello della crisi cronica del sistema monetario internazionale e quello dei paesi sottosviluppati nei quali i
vantaggi dell’industrializzazione sono
rapidamente divorati dalla crescita
della popolazione senza che quindi si
prospetti un equilibrio, sia pure lontano, tra il loro livello di vita e quello
dei paesi più sviluppati. A questi problemi vanno aggiunti quelli che derivano dalla distruzione dell’ambiente
naturale dovuta all’industrialismo, dalla persistenza della povertà anche nei
paesi più ricchi e dall’insorger e sempre più acuto di conflitti sociali e razziali ». Sono questi alcuni dei problemi irrisolti della teoria economica «occidentale » ma accanto a questi se ne
evidenziano sempre più altri che hanno come fondamento la messa in discussione del concetto di « benessere ».
Si ha così l’economista americano J.
K. Galbraith che intitola la sua ultima
raccolta di saggi « L’economia e la
qualità della vita » ed il presidente della Commissione economica della Comunità Europea S. Mansholt che propone di sostituire al concetto di « prodotto nazionale » (che esprime in termini monetari la produzione di beni e
servizi avvenuta nel corso di un anno
in una nazione) quello di « felicità nazionale » e di adoprarsi conseguentemente per l’aumento di quésto nuovo
indice di ricchezza. Anche TAbbagnano, che pur nella precedente elencazione di problemi dimostra una prospettiva sostanijialmente tr^izionale, lo
arnmettè. « inoltre un benessere inteso
alla stregua della teoria economica.
cioè ridotto al godimento dei beni materiali, può riuscire — e di fatti riesce
a gruppi sempre più numerosi di persone — insoddisfacente o deludente
perché esclude i valori umani fondamentali e può includere l’alienazione,
l’ostilità e l’isolamento in cui gli uomini sono spesso gettati dai loro stessi rapporti economici ».
Ecco quindi nuove prospettive per
l’economia, per questa scienza delle
scelte che tanto raramente si fa portatrice di valori umani che non siano
sottoposti all’idolo della produzione e
di un indiscriminato interesse economico. « Basta spiegare che avrà effetti
economici benefici ed ecco che si fa
passare una strada per un parco, si
abbandona una campagna all’industria,
si riempiono di scorie l’aria o un lago,
si boccia un provvedimento di assistenza sociale o si impone un cambiamento nei metodi di lavoro » (Galbraith). Così anche TAbbagnanó termina in modo molto deludente il suo
esame degli errori delTeconomia. « La
distribuzione equa dei beni, che è ia
mèta verso cui si incamminano o dovrebbero incamminarsi le società moderne, suppone che i beni siano prodotti nel modo più rapido ed efficiente
possibile ». Produttivismo, società dei
consumi, efficienza spinta all’eccesso a
danno delTumanizzazione; eccoli i miti moderni che cacciati dalla porta
rientrano dalla finestra, che portiamo
con noi tanto sono ormai connaturati
al nostro modo di pensare plasmato
da professori che aderiscono a fronti
della cultura di destra.
« ...se c’è una prevaricazione dell’incremento della tecnologia e della complessità dell’organizzazione e della produzione da un lato su quello del potere d’espressione individuale dall’altro...
non c’è forse una solida dose di intuizione sociale nel comportamento di'
quei giovani che vedono nel rifiuto dei
beni materiali una possibilità di esprimere meglio se stessi? » (Galbraith).
Queste tematiche, pur ricorrendo da
alcuni anni, solo ora hanno raggiuntouna grande divulgazione, grazie anche
alle discussioni che ha suscitato l’uscita -del rapporto di un gruppo di studio
del Massachusetts Istitute of Technology con le sue conclusioni cariche di
preoccupanti interrogativi sui «limiti
dello sviluppo ». Ma su qi^sto rapporto
riprenderemo il discorso sui prossimi
numeri. Renato Balma
GIUSTIZIA
IN ITALIA
« Il padre di
Valpreda, Emilio, e
la madre. Eie Lovati, hanno presentato una denuncia contro ignoti (ma si
comprende bene chi siano questi “ignoti": i magistrati che tengono incarcerato da così lungo tempo il figlio), che
è una clamorosa protesta per il modo
in cui si amministra la giustizia politica nel nostro paese.
Nel loro atto, presentato davanti a
tutti i giornalisti stranieri, essi sostengono che il figlio si avvia a sicura morte, che il suo male (il morbo di Burger) progredisce inesorabilmente, che
non riceve cure adeguate, che il “clima” di Regina Coeli (il carcere di Roma), umidissimo d’inverno perché il
carcere si trova sotto il livello del Tevere, e una fornace d’estate, aggrava
le sue condizioni.
“Sono ormai tre anni (hanno affermato i genitori di Valpreda) che nostro figlio, innocente, attende inutilmente una risposta alla sua protesta
d< assoluta estraneità ai delitti contestatigli; sono tre anni che si tenta di
addossargli mostruose responsabilità,
quando la gran parte dell’opinione
pubblica è andata invece lentamente
convincendosi che esse erano da ricercare in tutt’altra direzione. Sono tre
anni che nostro figlio giace in uru carcere inumano, ed ogni giorno il suo
male si aggrava. Il suo fisico s’indebolisce e la morte si fa più prossima:
che non sia questa la speranza di tanti vili, inetti e pavidi, e dei veri responsabili della strage ”.
Dopo un accenno all’appello della
madre di Panagulis per la salvezza del
figlio, i genitori dell’accusato numero
uno della strage di Milano si domandano quale differenza ci sia, in sostanza, tra la Grecia dei colonnelli e il nostro paese, "se anche da noi è possibile arrestare un innocente, schiacciarlo sotto un’inumana costruzione giudiziaria, negargli ogni possibilità di difesa in un pubblico processo, ed infine attendere che muoia anche lui nel
buio di una cella carceraria".
Ma, di fronte alla “giustizia”, questo
appello è destinato a cadere nel vuoto. Infatti non si ha la rninima idea
di quando effettivamente si svolgerà il
processo contro Pietro Valpreda, né si
conosce con esattezza davanti a quale
tribunale verrà discusso. Infatti la
Cassazione, che ha inviato, dopo la decisione presa il primo luglio di respingere tutti i ricorsi presentati dalla difesa, la documentazione a Milano, non
ha voluto tener conto che due spade
di Damocle pendono sul processo e rischiano di rimandarlo più in là del ’73.
Le due circostanze che potrebbero
impedire l’iniz.io del processo a Milano, sono in primo luogo la possibilità
che il Pubblico Ministero milanese non
accetti la soluzione, suggerita dal Procuratore generale della Cassazione per
superare Vimpasse" della mancata sua
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
richiesta di azione penale per il terzo
reato di strage (ritenuto sussistente
dalla Corte d’Assiste romana, e per
mezzo del quale ha ordinato il trasferimento a Milano del processo, ma
non dal giudice istruttore); in secondo
luogo la sempre possibile eccezione
del nuovo Procuratore generale milanese in tema di legittima suspicione
e di ordine pubblico, in particolare dopo la morte di Calabresi.
Nel primo caso potrebbe verificarsi
un nuovo conflitto di competenza, con
un nuovo defatigante ritorno degli atti alla Cassazione; nel secondo il processo potrebbe tornare alla stessa Cassazione, perché indichi la sede definitiva della sua celebrazione. Saltando
così in pieno il ’73 e continuando a tenere rinchiuso in carcere Pietro Vaipreda. In attesa della morte? ».
(Da un articolo di Marco Sassano
su « L’Astrolabio » del 30.6 c. a.).
...E IN UNIONE SOVIETICA
■yt- Fisico illustre, membro dell’Accademia delle Scienze sovietica. Andrei Sacarov è tra i fondatori d’un comitato ufficioso per la difesa dei diritti dell’uomo in URSS. La sua grande notorietà Tha conservato, al pari
dello scrittore Alessandro Solgenizin,
relativamente immune, fino ad oggi,
dalle persecuzioni. Nel 1968 egli diffuse clandestinamente un manoscritto
intitolato: « Riflessioni sul progresso,
sulla coesistenza pacifica e sulla libertà individuale ». Il 5.3.’71 indirizzò a
Leonida Breznev una lettera, proponendo un vasto programma di riforme. Non avendone ricevuto risposta,
Sacarov ha quest’anno pubblicato tale
lettera con l’aggiunta d’un Post-Scriptum. Questo è infine pervenuto, datato del giugno c. a., in occidente e pubblicato dall’« Express » del 7-13 agosto.
Da tale Post-Scriptum rileviamo il passe seguente.
« Un’ondata di arresti politici nei
primi mesi del 1972 appare particolarmente allarmante. Molti di questi hanno avuto luogo in Ucraina; altri a Mosca, a Leningrado e altrove. Assolutamente intollerabile è l’uso, che si fa,
della psichiatria a fini politici: tale uso
ha conseguenze strardinariamente pericolose per la società. Su tale argomento abbondano proteste e dichiarazioni. Ma Piotr Grigorenko, Vladimir
Gershuni e molti altri continuano sempre ad essere rinchiusi in certe cliniche-prigioni. Di Victor Feinberg e di
Vladimir Borisov non si sa nulla L Vi
sono altri casi recenti: per es. il poeta
Luponos, in Ucraina.
La persecuzione, l’annientamento della religione proseguono da' decenni,
con una crudeltà inaudita. Questo è un
attentato ai diritti dell’uomo, particolarmente gravido di conseguenze: perché la libertà di religione è parte inte
grante della libertà
intellettuale in generale. Purtroppo
negli ultimi mesi si
son viste altre violenze di tal genere:
particolarmente nelle Repubbliche Baltiche, ma anche altrove ».
I FIGLI DELL’ODIO
■yt- Di figli dell’odio se ne trovano
molti nelTIrlanda del Nord. « La sera
del lunedì 7 c., essi hanno ucciso un
soldato inglese: hanno gettato pietre
sulla sua camionetta di pattuglia, lo
hanno assalito a colpi di mattone ed
hanno salutato con grida di gioia la
sua morte, nel momento in cui la camionetta s’è fracassata contro un ostacolo. I bambini hanno anche lapidato
un’ambulanza e i soccorritori che tentavano di liberare un altro soldato
chiuso nella camionetta e che era rimasto ferito. Anche due poliziotti sono stati colpiti dai bambini.
L’ufficiale che comandava i soldati
scontratisi coi piccoli rivoluzionari, ha
fatto fatica ad impedir loro d’aprire iL
fuoco. “Sono rimasto inorridito dal
comportamento di quei bambini (ha
dichiarato). Sembrava che per loro si
trattasse d’un giuoco". (...)
"Detesto particolarmente i.bambini",
ci ha confidato un soldato britannico.
“È impossibile sparare su di loro, non
è vero? Ma si avrebbe voglia di dar
loro delle botte. Più ancora avrei voglia di metter le mani sui loro genitori".
Parecchi bambini sono stati uccisi,
durante i tre anni di guerra civile.
Molti sono stati feriti. I genitori hanno paura.
Tipico è il caso di Bernadette, bambina di undici anni. È bionda, vivace
e abita nel quartiere di Andersontown,
a Belfast. E appassionata delle rivolte
armate. “Io non riesco a trattenerla",
dice sua madre costantemente timorose per la vita dei suoi sette bambini.
"Bernadette sente arrivare i soldati.
Allora corre a gridare contro di loro,
r a cercar pietre per i suoi fratelli
che le gettano. Un giorno si farà ammazzare” ».
(Da « Le Monde » del 10.8.1972).
* Con lettera aperta (del 1.8.’72) al Sig.
Boris Petrovsky, ministro della Sanità, il Sacarov ha annunziato che Feiijberg e Borisov
« sono in punto di morte » nell’ospedale psichiatrico di Leningrado, nel quale essi si trovano rinchiusi da più di tre anni. Il criticod’arte Victor Feinherg venne arrestato il 25
agosto ’68, per aver preso parte ad una manifestazione sulla Piazza Rossa contro l’invasione della Cecoslovacchia. L’ingegnere Vladimir Borisov aveva firmato una petizione
alI’ONU, per protesta contro gli arresti politici nell’URSS. Privati entrambi di libri e
impediti di scrivere, essi hanno fatto numerosi scioperi della fame. Secondo il Sacarov,
una commissione medica (nell’aprile u. s.) li
ha entrambi riconosciuti psichicamente sani,.
ma un giudizio della magistratura li ha mantenuti in ospedale.