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Anno 122 - n. 36
19 settembre 1986
L. 600
Sped. abbonamento postale
Gruppo 1 bls/70
In caso di mancato recapito rispedire
a; casella postale - 10066 Torre Pellic*.
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
RIFLESSIONI SU PINOCHET, BONHOEFFER E ALTRO
Come ogni anno, è cominciato il campionato dì calcio, e
come ogni anno non si sente
parlar d’altro, il lunedì mattina.
Eppure questo non è un anno come gli altri, non tanto per
il football inteso come gioco,
quanto piuttosto per l’apparato
ideologico-propagandistico che
gli è cresciuto intorno. Crisi di
diversa origine e portata scuotono infatti l’idea del pallone come fabbrica di evasione e di felicità a buon mercato, la sua
rappresentazione come mondo
«pulito» e ideale in contrapposizione alla sporcizia della società.
In primo luogo, il problema
sempre più grave della violenza
negli stadi; in secondo, l’incredibile scandalo delle partite truccate; infine, lo stato di gravissimo dissesto finanziario a cui sono giunte alcune antiche e famose
società sportive: questa ccmbiirazione di elementi dovrebbe aprire gli occhi anche al più incallito dei tifosi — meglio di tanti
discorsi moralistici sul calcio
come « oppio dei popoli » — su
cosa sia in realtà l’oggetto della
sua passione.
Per un altre verso, però, proprio questi eventi informano anche, e in modo particolare chi al
fenomeno-pallone ha sempre
guardato con sufficienza e distacco, sulla paradossale serietà
del mondo del calcio nel nostro
paese: i suoi mali, infatti, sono
quelli delia nazione tutta; la violenza, la corruzione e, con la recente indecorosa scesa in campo dì uomini politici a favore
di questa o quella società, l’uso
del potere a fini personali o di
parte sono infatti mali non circoscritti aH’ambito dello sport
professionistico, ma provengono
dalla società civile e politica e
trovano semmai nel calcio solo
uno specchio.
Una riprova ne viene dal paese
che ha inventato e condotto ai
massimi gradi di esasperazione
il professionismo sportivo, gli
Stati Uniti. Di li non vengon notizie di risse fra « ultras », né di
compravendite di partite; e hi
effetti in quel paese l’ideologia,
la cultura, la legge dominanti
sono quelle del profitto. Dure,
spietate, disumane, ma almeno
valgono per tutti. Non che sia
un male minore rispetto a quelli
di cui soffriamo noi, ma intanto
è un fatto che l’osservazione critica del fenomeno sportivo può
aiutare anche a capire alcuni
aspetti di una realtà generale. _
Va sottolineato che queste disavventure del « gioco più bello
del mondo » in Italia, oltre che
essere spia di problemi di più
ampia portata, possono avere di
per sé qualche effetto positivo:
per esempio nell’indurre un approccio più razionale e meno fanatico ai calcio da parte di tifosi e mass media. E’ presto per
dirlo, ma qualche segpiale che
va in questa direzione forse c’è,
anche se indubbiamente si tratta di un processo lungo e contrastato, e sono ancora tanti
quelli che restano attaccati alla
loro ottusa fede negli idoli della domenica pomeriggio. Come
chi ha affisso in un bar di Napoli una sorta di «preghiera»
che comincia così: « Maradona
nostro che scendi in campo,
sia santificato fl’ tuo piede... ».Paolo Fiorio
E' lecito uccidere il tiranno?
Il complotto contro Hitler - La Chiesa confessante tedesca - Lombardini, partigiano senza armi Gesù: « Se non vi ravvedete, perirete tutti » - Di fronte alla logica perversa della violenza
Devo confessare che anch’io,
al pari di tanti altri, all'annuncio del fallito attentato a Pinochet ho esclamato: « Che peccato! Speriamo che la prossima
volta vada meglio! ». Non si può
pensare a questi tredici anni di
dittatura feroce, alla tragedia di
migliaia di persone uccise, torturate, imprigionate, al dolore
di un popolo intero costretto a
subire sofferenze e privato della
libertà, senza nello stesso tempo desiderare ardentemente la
fine di questo calvario; e se questa deve passare attraverso la
eliminazione fisica di colui che
ne è il simbolo, oltre che l’artefice, ebbene sia. Se non ci sono
altre strade, se ormai tutto è
stato sperimentato, ma invano,
non credo ci debba scandalizzare il tentativo di eliminare il tiranno. Lo scandalo è da vedersi, caso mai, sull’altro versante:
com’è possibile che noi abbiamo
accettato per tutti questi anni
il fatto che una simile tirannia
agisse e spargesse intorno a sé
morte e terrore?
Tuttavia questi pensieri vanno definiti meglio. Una cosa infatti è una reazione emotiva,
un’altra un ragionamento che
dobbiamo sforzarci di fare sul
problema in generale. La morte
del tiranno, se non vado errato,
non è mai stata considerata negativamente sotto il profilo morale. Se ne può discutere la validità politica, quali conseguenze cioè essa comporti e se essa
produca realmente libertà. Ma
non è di questo che vogliamo
ora occuparci. Chi ha compiuto il gesto ha certamente valutato anche il rischio che l’attentato fallisse ed innescasse un
processo di forsennata reazione.
Nella storia recente, e in quella che ci riguarda più da vicino, abbiamo il caso di Dietrich
Bonhoeffer che, com’è noto, prese parte al fallito complotto
contro Hitler e per questo fu
imprigionato ed alla fine impiccato. Oggi non solo nessuno mette in dubbio la validità morale
di questo tentativo, ma anche è
come se, proprio grazie a questo suo impegno concreto, il pensiero teologico di Bonhoeffer riceva una particolare validità.
Eppure pare che all’epoca della
« chiesa confessante », il nome
di Bonhoeffer non comparisse
nelle liste di coloro per i quali
la chiesa pregava. Cautela, prudenza? Può darsi. Come può anche essere che il cristiano abbia
una tendenza a « non sporcarsi
le mani ». Oppure, meno ipocritamente, a cercare di vivere il
comandamento dell’amore per il
nemico, e quindi sia trattenuto
dallo spargere il sangue. Oppure
sia istintivamente portato al rispetto nei confronti dell’autorità.
J. Lombardini ha partecipato
alla Resistenza, ma come lui
stesso ha lasciato scritto, non
portava armi. Sappiamo che la
pistola datagli dai compagni
partigiani al momento della fuga disperata verso il Col Giuliano egli non Tha usata per difendersi. Ha preferito essere dal
Repressione
a Santiago del Cile.
Nonostante la
violenza del regime,
la dittatura
ha ormai le ore
contate.
la parte della vittima, come il
Cristo.
L’attentato a Pinochet ci riporta dunque a questo insieme
di problemi complessi, difficili,
ardui da risolvere; anzi, che non
possono essere risolti a tavolino.
C’è però in tutto questo qualcosa che possiamo dire. Non mi
pare che nella Bibbia sia descritta ima situazione simile a
DAI CULTI MATTUTINI DEL SINODO
Il divario tra
la Parola e la vita
Vorrei condividere con voi due
fronti della mia predicazione di
questa estate nel luogo in cui vivo. Quando dico fronte non dico
frontiera. Dico solo campo, luogo in cui sono stata chiamata a
predicare. E su questi due fronti
incontro la domanda sul futuro
e il problema della sofferenza.
Da diversi anni vado ad Agape
^a collaborare per il campo cadetti e alla fine di un interessantissimo campo cadetti che riguardava giovani dai 14 ai 17 anni,
quando si raccoglievano le proposte per il tema del campo dell’anno successivo, la proposta
più votata e che ha suscitato
maggiori entusiasmi è stata « il
nostro futuro ».
Questi ragazzi, che sono molto
vivaci ma non credo siano- apocalittici nella loro formazione, ci
hanno interrogato su questo tema: « Il nostro futuro ». Che futuro abbiamo noi, come ne abbiamo uno, come lo possiamo
riempire? A questa loro domanda di adolescenti se n’è aggiunta,
alcune settimane dopo, un’altra,
formulata da persone più adulte
che, dopo avere dibattuto in Frali il problema del nucleare, della
sicurezza, delle centrali si sono
chieste la stessa cosa: qual è il
futuro che noi abbiamo?
L’altro fronte della mia predicazione è stato quello della sofferenza. Non sto ad elencarvi gli
elementi di questo fronte in troppi dettagli. Ve ne cito solo due:
un ragazzo svizzero va in gita in
montagna, tornando scivola e
muore; un ragazzo di 24 anni si
ammala seriamente di una malattia terminale. A queste si potrebbero aggiungere molte altre
cose. Ho chiamato questi casi i
miei due fronti estivi di predicazione e volevo provare, non a
ripetere quello che ho detto in
quelle circostanze, ma a dire alcuni pensieri che ho elaborato:
Voglio così leggervi innanzitutto.
anzi rileggervi perché in questo
Sinodo in parte lo abbiamo già
udito, il testo di Matteo 11, versetti 4 e 5: « Gesù rispose ai discepoli di Giovanni: Andate a
raccontargli quel che udite e che
vedete. I ciechi vedono, gli zoppi
camminano, i lebbrosi sono risanati, i sordi odono, i morti risorgono e la salvezza viene annunciata ai poveri ».
Accanto a questo testo vorrei
mettere un versetto dall’Evangelo secondo Giovanni: « Vi ho detto tutto questo perché troviate
in me la pace. Nel mondo avrete
dolori; coraggio però, io ho vinto il mondo » {Giovanni 16: 33).
Quando leggo questi versetti
nell’Evangelo di Matteo ho trovato e trovo ancora adesso che si
tratta di una parola pesante perché è negata fortemente dalla
esperienza. Quando leggiamo
questa parola abbiami in fondo
Erika ’Ì'omassone
{continua a pag. 10)
questa. Ma c’è una parola che
mi è tornata sovente in questi
giorni, quella di Gesù che commenta due notizie di cronaca
molto strane (Luca 13: 1-5), dietro alle quali vanno letti forse
due tentativi, ferocemente repressi, di liberazione popolare.
Riferendosi ai Galilei fatti massacrare da Pilato e ai rivoltosi
di Siloe, periti nel crollo della
torre, Gesù dice: « Se non vi
ravvedete, tutti al par di loro
perirete ». E’ una parala urtante e dura. Non esprime simpatia. partecipazione, ma quasi
condanna, giudizio. Eppure come si poteva accettare una dominazione come quella romana,
senza reagire?
A me sembra che questa parola possa suggerirci due riflessioni. La prima è che, una volta
innescato il meccanismo della
violenza, non ci si può poi lamentare delle conseguenze cui
essa porta. Nel nostro caso non
si può affatto essere teneri con
Pinochet. Chi ha distrutto la libertà, la democrazia, chi non
ha tenuto in nessun conto il valore della vita umana, ma Tha
calpestata, negata, non può nretendere per sé ciò che ha rifiutato agli altri. Ciò vale per lui
e per tutti quelli che sostengono la sua ideologia di morte. In
questo senso ci deve dispiacere
che il dittatore possa, ancora
operare e possiamo in buona coscienza auspicare che gli sforzi
di chi cerca di fermare la mano di questo assassino abbiano
quanto prima pieno successo.
Le ore del regime di Pinochet
sono contate. Il problenia è sapere come e con chi il Cile uscirà da questa terribile vicenda,
e come potrà ritrovare la strada per il rispetto della vita e
della dignità umana.
La seconda riflessione è intorno alla parola « ravvedimento ».
Luciano Deodato
(continua a pag. 2)
2
2 fede e cultura
19 settembre 1986
UNA RIFLESSIONE SUL PASTORATO
E il sacerdozio universale?
Ho letto rarticolo-predicazione del pastore Bouchard « Appello al pastorato », apparso su
« La Luce » n. 33 e spontanea mi
è venuta la frase : « Appello al
sacerdozio universale », un monito anch’esso che deve farci riflettere.
Sottoporrò alcuni flashes, che
avrebbero bisogno ognuno di im
articolo a parte, ma che — per
motivi di spazio — tratterò molto brevemente:
1) Sono convinto che il pastore (termine di per sé equivoco, perché sottintende un ’’gregge”...) abbia senso là dove e
quando la chiesa lo consideri
(nella realtà) un pari tra pari,
im credente con dei doni qualitativamente uguali agli altri credenti.
I suoi studi, il suo lavoro a
pieno tempo per il Signore (e
non per la chiesa, di cui è membro!), la sua particolare vocazione lo vedranno come una specie
di coordinatore, di punto di riferimento « spaziale », ma mai come lo ’’specialista” della predicazione, in quanto la predicazione
(nei suoi molteplici aspetti) spetta a tutta la comunità e non solo al pastore o in primo luogo a
lui!
2) In un contesto ecclesiastico piuttosto scialbo e abitudinario, come sovente è quello delle
nostre odierne comunità, la figura e il ruolo del pastore assumono spesso una fisionomia —
direi — molto clericale: egli diventa lo specialista della predicazione (una prediceizione che
— tra l’altro — non nasce dalla
prassi ma dal... « tavolino » dell’ufficio), il punto di riferimento
teologico ed etico, Tidentiflcazione di se stesso con la comunità,
colui al quale spetta l’ultima pa^
rola, il burocrate, ecc.: in ima
parola, le nostre comunità rischiano di non essere più cristocentriche (come vorrebbe la nostra teologia), ma... « pastocentriche ».
3) Perché questo? Credo per
un intrecciarsi di cause che vanno dalla facoltà di teologia (troppo ’’intellettuale”) alle comunità che delegano al pastore o ad
un numero molto ristretto tutta
la gestione della chiesa, agli stessi pastori (che sentendosi soli o
quasi) tendono ad accentrare
tutto su di loro, diventando a
poco a poco — senza neanche
accorgersene — dei piccoli ”re”
(anche se simpatici e ’’intenzionalmente’ democratici), rischiando inconsapevolmente di impedire a volte — invece di incitare e favorire la creatività e
l’azione — i pochi sprazzi di entusiasmo che talora nascono in
qualcimo.
La mia non vuole certo essere una polemica contro questi
nostri fratelli (spesso troppo carichi di lavoro e di mansioni),
ma è un giudizio verso la chiesa nella sua globalità, che —
secondo me — oggi può forse
dare molto dal punto di vista
culturale e storico, ma ben poco
come testimonianza.
4) So bene che molti non saranno d’accordo con la mia analisi e che — d’altra parte — la
esposizione è stata molto breve
per poterla ben spiegare, ma personalmente io — lungi dal pregare ’’tutte le mattine” perché
qualcuno delle nostre famiglie
diventi pastore (come spera G.
Bouchard) — vorrei esortare tutti a pregare con autentica disponibilità affinché le comunità la
smettano di delegare la predicazione all’uno o all’altro, affinché ogni membro di chiesa si
senta direttamente responsabile
della propria comunità e della
predicazione che essa deve dare,
affinché il ’’sacerdozio universale” (base del protestantesimo)
abbia un riscontro concreto e
non teorico (come spesso accade nella realtà), affinché le nostre comunità diventino nuovamente cristocentriche nella loro
vita e nei loro impegni quotidiani.
Solo dopo o contemporaneamente e nel contesto di una comunità che lavora e che s’impegna, si può vedere se aH’interno
esistano ’’vocazioni pastorali”.
Porre il problema al contrario, secondo me, è come dire
che dai pastori dipende la continuità o meno della nostra chiesa e quindi continuare verso un
cammino clericale, contrario allo spirito della Riforma.
E’ un discorso duro? Riflettiamoci insieme.
Nino Gullotta
PUBBLICATI GLI ATTI DEL CONVEGNO
Se vuoi la
prepara la
pace
pace
L’associazione culturale cattolica « Testimonianze » ha organizzato nello scorso novembre a
Firenze il quarto Convegno nazionale « Se vuoi la pace prepara la pace », dedicato ai « Continenti e popoli oltre ai blocchi ».
I tre precedenti Convegni avevano dibattuto rispettivamente
sull’armamento atomico e sulle
armi di distruzione di massa; sul
rapporto Nord/Sud in relazione
all’attuale sistema politico-economico mondiale; sui diritti umani e suH’autodeterminazione dei
popoli.
NeH’ambito di quest’ultimo incontro vi è stata anche una sessione straordinaria incentrata su
AMNESTY INTERNATIONAL
Giovani In carcere
Come forse molti già sanno,
Amnesty International è un’organizzazione che da anni lotta civilmente per ottenere la liberazione di coloro ohe vengono incarcerati per reati d’opinione, o
almeno per rendere più sopportabile la loro prigionia. Amnesty
si batte per l’abolizione della tortura e della pena di morte, perché ad ogni detenuto/a venga riconosciuta la sua dignità di essere umano; l'associazione è internazionale, indipendente da
qualsiasi chiesa o partito.
Questo libriccino ci parla di
giovani imprigionati e/o uccisi
senza che avessero commesso alcun misfatto, perseguitati a causa dei loro ideali politici o religiosi, della loro razza o de'la loro famiglia; una realtà degradante da cui ben pochi Stati sono indenni: gli Autori ci ricordano episodi accaduti dappertutto,
in America come neH’Unione Sovietica. in Africa, in Europa e in
Asia, Sono casi choccanti, come
quello di Maria Joaquim, « desaparecida » a soli 17 anni; Irma
Hicho Ramos, sequestrata da uo
mini armati insieme ad altri studenti iscritti airuSAC guatemalteca, un’università che le forze
armate considerano un centro di
sovversione; infine il piccolo Gilberto Acuña Chihua, rapito insieme ai genitori e incarcerato
sebbene abbia solo 10 anni. Una
desolante sfilata di giovanissimi
che si affacciavano alla vita carichi di energie, ora privati di qualsiasi opportunità politica, sociale e affettiva, condannati a subire traumi che li condizioneranno
forse per tutta la vita. Iscriversi
ad Amnesty significa impegnarsi
concretamente perché certi orrori non avvengano più. Il libro
dedica uno spazio particolare
agli obiettori di coscienza detenuti in quanto pacifisti. « Giovani
in carcere » ha 26 pagine e costa
L. 2.000. Amnesty ha stampato
altri esaurienti opuscoli, come
« Donne in carcere », « Tortura »
e « Testimonianze »: è possibile
acquistarli presso le librerie
Claudiana di Torre Pellice, Torino e Milano o direttamente presso i Gruppi Amnesty.
Edi Morini
idee e proposte per una nuova
fase del Movimento per la pace
in Italia.
Ora è stato pubblicato un volume di oltre trecento pagine
(L. 13.000, ccp. 18032508 intestato
a « 'Testimonianze », 50016 S. Domenico di Fiesole, via dei Roccettini 11) che raccoglie tutti gli interventi dei partecipanti. Si tratta di un volume di eccezionale
densità sia per la qualità che per
la quantità dei presenti. Citeremo
Ernesto Balducci con le sue
« idee per una Internazionale
per la pace »; l’olandese Jan Faber con « le chiese e il movimento per la pace »; Renato Zangheri col « ruolo internazionale della sinistra europea »; e ancora
Valdo Spini, Raniero La Valle,
Giulio Girardi, Giorgio Nebbia,
G.C. Paietta, Pietro Pinna e tanti altri ancora.
r. p.
Tiranno
(segue da pag. 1)
Perché proprio questa parola?
Che cosa dovevano cambiare della propria mentalità i pov(jri
contadini palestinesi cui si rivolgeva Gesù? Ma qui, forse, è
contenuto un avvertimento che
riguarda il loro e il nostro futuro. Una volta che sei entrato
nella spirale della violenza, ben
difficilmente te ne puoi sottrarre. Allora il problema è quello
di cercare di non entrarci. Pinochet, fin dall’inizio, ha distrutto in Cile tutti gli spazi di democrazia. Una uscita da questo
regime non può essere meno lacerante e dolorosa.
Per quanto ci riguarda è quindi importante che, nelle nostre
situazioni, gli spazi di democrazia, dialogo, umanità non vengano distrutti; doipo, altrimenti, nessuno può più sottrarsi alla spirale perversa che distrugge tutto e tutti.
Luciano Deodato
PROTESTANTESIMO IN TV
Per una curiosa coincidenza, i programmi della Rai sulle reti 2 e 3 della televisione,
nella tarda serata di lunedì 8
settembre, offrivano contemporaneamente due trasmissioni aventi ad oggetto, in maniera molto diversa certo, i
quadri di una esposizione.
Ero in attesa di « Protestantesimo », su Rai 2, in ora già da
diofoniche o su riviste specializzate mi è sembrato sempre
assolutamente astruso, « da
iniziati », poco adatto ad avvicinare il grande pubblico all’arte figurativa. La trasmissione di «Protestantesimo» ha
avuto invece il non indifferente pregio di un linguaggio piano, chiaro, comprensibile anche a persone come me, asso
Filippo Scroppo: autoritratto del 1938
alla Galleria degli Uffizi.
esposto
Mostre d’arte
nottambulo, allorché mi sono
sintonizzato per caso su Rai
3, ove era trasmesso un concerto di musica sinfonica, premiazione di un concorso per
giovani direttori d’orchestra;
il brano in programma era
Quadri di una esposizione di
Modest Mussorgsky (nella
versione orchestrale di Maurice Ravel), composizione in
cui il maestro russo traduce
in musica l’atmosfera evocata
dai quadri di una mostra di
pittura a Mosca.
Purtroppo ho dovuto poi interrompere l’ascolto perché,
ad ora ormai molto tarda, finalmente, iniziava, sull’altro
canale, la trasmissione di
« Protestantesimo ».
Ed ecco di nuovo una mostra di quadri: la musica di
Mussorgsky - Ravel mi aveva
in qualche modo preparato al
programma seguente. « Protestantesimo » presentava infatti un servizio da Torre Pellice
sulla Mostra di arte contemporanea e sul pittore Filippo
Scroppo, suo principale promotore.
Il linguaggio utilizzato di
solito dai « critici d’arte » in
trasmissioni televisive e ra
lutamente digiune di questa
forma di arte.
Altro pregio, è riuscita a comunicare al telespettatore l’animo con cui l’artista si avvicina alla sua opera, e l’intento di questi di coinvòlgere
a sua volta l’animo di chi
guarda le opere stesse.
La comprensione di un’opera d’arte richiede una adeguata educazione, per non giudicare l’opera in maniera superficiale, lasciandosi influenzare
dalla prima impressione, che
si ferma ad una valutazione
piuttosto emotiva e poco meditata ( mi piace, è bello; che
brutto!): un esame più attento permette di cogliere aspetti che possono far apprezzare
un quadro per elementi diversi dalla pura apparenza estetica (l’accostamento dei colori,
la tecnica usata, l’interpretazione della realtà).
Dopo la trasmissione di
«Protestantesimo» di lunedì 8,
penso mi avvicinerò, e come
me spero anche altre persone,
ad una mostra di quadri di arte contemporanea con animo
meno prevenuto, con rinnovato interesse.
Paolo Gay
NOVITÀ’
Nella Piccola Collana Moderna è uscito il n. 52 :
Jürgen Moltmann
DIACONIA
Il servizio cristiano nella prospettiva del regno di Dio
Introd. di Alberto Taccia, 123 pp., L. 8.9(X).
I criteri dell’attività assistenziale delle chiese sono mutuati dagli schemi della società industriale che emargina i
deboli e gli improduttivi. I>a qui la necessità di una comunità che guarisce, che non emargina ma include, integra e
partecipa condividendo. Gli operatori di questa comunità,
i «diaconi)), non sono gli specialisti a cui si delega l’assistenza ma tutti i credenti stessi.
CLAUDIANA, V. Principe Tommaso 1, 10125 Torino
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19 settembre 1986
lenismo 3
AD ADELFIA IL r CAMPO INTERNAZIONALE E INTERCONFESSIONALE DELLA FDEI
Donne nella chiesa e nella società
La condizione femminile sfida la coscienza dei credenti — La tradizione patriarcale biblica e
l’origine di una solidarietà ecumenica
E’ necessario continuare questi incontri
Si è concluso il 6 agosto, presso il Centro Giovanile Evangelico di Adelfia sulla riviera Kamarina in Sicilia, il I campo internazionale e interconfessionale
organizzato dalla Federazione
Donne Evangeliche Italiane sulla
problematica della condizione
femminile, oggi, nella Chiesa e
nella società.
Per 10 giorni, alternando momenti di studio, liturgici e di
svago, donne di fedi e culture
diverse (ebree, protestanti, cattoliche, femministe, laiche) e di diversa nazionalità (dal Nord, dal
Centro e dal Sud d’Italia, dalla
Germania, Cile, Francia, Cuba,
Perù) in un clima di libero confronto e di femminile solidarietà, hanno discusso temi come
quello delle donne nella politica,
nell’ebraismo, nel cattolicesimo,
del servizio nelle comunità protestanti, della violenza sessuale,
delle donne nella povertà e nella
migrazione, delle donne per la
pace.
Gli scopi della FDEI sono stati illustrati da Vera Velluto, presidente della FDEI, nella sua introduzione al tema del campo:
« Idee e realtà a confronto: essere donne oggi nella Chiesa e
nella società ». Il problema della
condizione femminile nel mondo
costituisce una sfida per la coscienza di ogni individuo ed in
particolare per la coscienza dei
credenti. La FDEI, il cui principale obiettivo è quello di annunciare la salvezza e la liberazione
di Cristo per ogni creatura umana, ritiene di dover prestare particolare attenzione al problema
della donna, un problema ohe si
propone a livello mondiale, con
maggiore o minore accentuazione nei paesi sviluppati e in via
di sviluppo, e in sistemi politici
ed economici diversi.
DeH’impegno della donna nella vita politica ha parlato Maddalena Costabel, ricordando la
sua esperienza di sindaco a Felónica e le resistenze incontrate
per il fatto di essere donna. Ella
ha messo in discussione il separatismo invocato e adottato dalle femministe perché, ormai, le
donne sono consapevoli del loro
valore e vogliono essere presenti nelle istituzioni per orientare
la vita politica e sociale del
paese.
Dalle relazioni e dai dibattiti
che hanno fatto seguito è emerso un dato interessiante: sia nell’ambito ecclesiastico cristiano
che in quello giudaico, le donne
rivendicano il diritto di uscire
da uno stato di minorità imposto dalla società patriarcale e
codificato in alcuni testi biblici.
Esse chiedono una presenza
maggiore nei luoghi decisionali e
il diritto ialla propria identità nel
servizio della Chiesa (Elisa Baglieri della FKIEI). Le donne cattoliche, presenti dopo il Concilio
Vaticano II nelle facoltà teologiche cattoliche come insegnanti
e studentesse, continuano ad essere escluse dal sacerdozio. Ciò
è dovuto, precisa la teologa cattolica Cettina Militello, nella sua
relazione molto apprezzata dalle
presenti, a causa di quegli equivoci culturali presenti nella
Scrittura, i quali hanno sempre
danneggiato le donne nonostante
il fatto che il sacramento del
battesimo abbia annullato ogni
differenza fra uomo e donna, perché, come dice l’apostolo Paolo,
in Cristo non c’è né uomo né
donna. A sua volta. Marina Della
Seta, rappresentante dell'Associazione Donne Ebraiche Italiane
(ADEI), ha rivissuto le tappe della storia del popolo ebraico e
della condizione della donna nel
l’ebraismo: dalla loro esclusione
da ogni manifestazione cultuale
e laica alla odierna emancipazione. La linea di demarcazione fra
le tre correnti presenti oggi nell’ebraismo potrebbe essere rappresentata dalla presenza femminile in certe aree tradizionalmente negate alle donne. Oggi la
donna ebrea nella corrente riformata e in quella conservatrice
può accedere agli studi rabbinici,
mentre viene esclusa dalla ordinazione rabbinica nella corrente
ortodossa.
Forse con stupore, le donne
presenti si sono rese conto che
lo specifico femminile può varcare le frontiere delle confessioni religiose e realizzare un rapporto ecumenico che non si basa
sulle teorizzazioni ma prende le
mosse dalla comune condizione
di subordinazione e di oppressione che la tradizione patriarcale
biblica ha legittimato nel corso
dei secoli. E della violenza contro le donne nella Bibbia ha parlato il past. Lidia Giorgi. Ella ha
incentrato la riflessione biblica
con cui ha avuto inizio il campo
sul noto episodio del sacrificio
della figlia di Jefte (Giudici 11),
un sacrificio che le vergini di
Israele non avevano dimenticato.
Ma la violenza contro le donne
non ha frontiere né età storiche:
Anne Rey Orgeolet, femminista
protestante, rappresentante del
Group Orsay di Parigi, ci ha raccontato di come ancora oggi le
donne siano violate ed umiliate,
di come, ancora oggi, il ricatto
sesso-lavoro sia una realtà. Certamente la violenza sessuale è
solo un aspetto della violenza,
così spesso mitizzata ed esaltata,
presente nella società maschilista di tutti i tempi. E’ necessario
recuperare i valori femminili, è
necessario, ha sostenuto Medi
Vaccaro, vice - presidente del
M.I.R. (Movimento Intemazionale della Riconciliazione) che la
pratica della non-violenza venga
imparata da tutti e venga insegnata ai bambini affinché imparino un modo diverso di rapportarsi gli uni agli altri e verso la
natura, anch’essa oggi violentata
dagli esseri umani.
Delle donne in situazioni di
povertà e di migrazione ha parlato Emera Napoletano, presidente del C.E.S.E., con particolare riferimento ad un gruppo
di donne mauriziane ohe l’organizzazione assiste. DeH’opera che,
in collaborazione con il Servizio
Migranti della FCEI, svolgono le
comunità battista e valdese di
Catania per l’assistenza e la alfabetizzazione delle donne eritree, hanno ricordato le difficoltà
e le carenze strutturali nelle quali si dibattono, le due rappresentanti delle Chiese di Catania.
Una serie di diapositive presentate da Maité, pittrice cilena
e da Filar, antropoioga peruviana, emigrate in Italia, ci hanno
rese edotte sulla condizione della donna ih Cile e in Perù.
Il processo di liberazione della
donna non può che avvenire in
un contesto di trasformazione
della società sulla via della giustizia e del diritto per la eliminazione di ogni forma di sfruttamento e di oppressione. Questo
ha sostenuto Emelia Arce Posada, rappresentante della Chiesa
Riformata Presbiteriana di Cuba,
dell’America latina e dei Caraibi
presso la Conferenza Cristiana
per la Pace di Praga. Le donne,
ella ha detto, possono essere uno
strumento importante nella lotta
per la pace e contro gli armamenti. E quale testimonianza
della volontà delle donne di lottare per il diritto, l’eguaglianza,
contro la violenza (quella sessuale e in genere) per la pace e per
la giustizia, per un’umanità senza
armi, senza fame e senza protezione di « scudi spaziali », ad
Adelfia è rimasto un « murales »,
ideato da Maité e al quale hanno
collaborato tutte le donne ed i
bambini del campo: rappresenta
una donna avvolta dai colori della pace, mani nere e bianche che
si stringono e tante tante mimose.
Durante l’assemblea conclusiva, le donne hanno considerato
positiva l’esperienza vissuta e la
stessa impostazione del campo.
Nessuno dei 30 e oltre partecipanti al campo (uoniini inclusi)
dimenticherà le visite compiute
al Centro Cristiano di Riesi e alla
Casa per Anziani di Vittoria, cosi
come resterà nel ricordo il momento di comunione vissuto con
la comunità di Vittoria durante
il culto domenicale.
Le donne hanno chiesto che
« rincontro » venga ripetuto ogni
anno, nello stesso periodo e nello
stesso luogo (magari con strutture più confortevoli) per approfondire i temi accennati, per esaminare fino in fondo la problematica della donna nella teologia, nella Bibbia, nella spiritualità, in un contesto di rinnovamento delle Chiese e di trasformazione della società. Alcime riflessioni conclusive, scaturite dal
confronto dialettico, restano come base di partenza per gli ulteriori approfondimenti e come testimonianza dei momenti di « sororità » vissuti ad Adelfia.
Vera Velluto
Il documento
conclusivo del campo
termine del campo internazioe interconfessionale organizzato
Al
naie
dalla Federazione Donne Evangeliche
Italiane sul tema: Idee e realtà a
confronto: essere donne oggi nella
Chiesa e nella società, ci sembra di
poter trarre alcune conclusioni.
— La molteplicità, la varietà, la diversità delle presenze e degli interventi hanno evidenziato da un lato la
pluralità delle situazioni in cui si trovano, vivono, operano le donne, oggi,
nel mondo e, dall’altro, un dato comune e cioè una condizione di attesa, di
inferiorità, di subordinazione, di lotta. Differenziate sono, invece, apparse le scelte dei modi e delle strategie da seguire per assumere nella
storia il ruolo di interlocutrici.
— Un altro elemento unificante è
8.000 EVANGELISTI IN CONGRESSO AD AMSTERDAM
A scuola di evangelizzazione
Daini al 21 luglio si è svolto
ad Amsterdam il « Congresso
Internazionale per Evangelisti
Itineranti », organizzato dall’associazione evangelistica di Billy
Graham. Come schema esso ricalcava quello già tenuto nell’83.
Si sono raccolti 8.000 evangelisti di 173 nazioni per poter ricevere tecniche e materiali di
evangelizzazione. Questo congresso aveva lo scopo di « contare» gli evangelisti di ogni denominazione evangelica nel mondo e di organizzarli. Lo sforzo
da fare era la sistematica evangelizzazione di tutto il globo terrestre da completare entro il
duemila, ossia entro la generazione di Billy Graham — che
forse vuole avere un posto al
sole nella storia del cristianesimo —. Questo per permettere,
creare le condizioni per la venuta del Regno di Dio secondo
le promesse bibliche.
Ho avuto molte perplessità
sulla teologia che essi esprimono: fondamentalista, elementare
fino all’eccesso e assiomatica all’esasperazione. Ma c’è da dire
che in quanto a tecniche questi
americani sono proprio dei maestri.
L’evangelista, secondo questa
impiostazione, è innanzitutto un
nemico giurato del ’liberalismo’,
cioè l’esegesi storico-critica e la
teologia che ne consegue. In secondo luogo è un predicatore
del giudizio di Dio e infine crede fermamente a Satana e alla
sua opera malvagia. Questi sono
gli elementi che devono far colpo sull’individuo che ascolta la
predicazione evangelistica. Mancando questi elementi si perde
la spinta a comprendere l’urgenza di una « decisione per
Cristo », come si dice nel loro
gergo. La teologia liberale, secondo loro, invece di dare certezze, specula sul dubbio e ciò
non è efficiente per l’evangelizzazione.
L’evangelista, in questo congresso, riceveva tutto. Lezioni
per preparare un sermone evangelistico o uno studio biblico,
sistemi per portare la gente in
chiesa con vari metodi (alcuni
ottimi), sistemi per creare collaboratori, per risvegliare la
chiesa, etc. Questa era la parte
più interessante del convegno e
credo anche che noi potremmo
esaminare più da vicino queste
tecniche per un loro eventuale
uso personalizzato. Infatti sono
dell’opinione che queste tecniche di evangelizzazione non sono legate alla teologia fondamentalista, cioè esse sono aperte ad ogni tipo di contenuto teologico. Inoltre non sono metodi coercitivi, ma sono anzi molto rispettosi della libertà di coscienza dell’individuo; anche se,
come ho detto, puntano molto
sulla paura, l’entusiasmo, l’interiorità, l’assenza di dubbio. Oltre a ciò l’evangelista riceveva
il materiale (gratuito) di evangelizzazione : cassette, registratori, libri (di scarso valore) e
pubblicazioni varie: Per il terzo
mondo avevano organizzato anche un servizio di distribuzione
di vestiario per gli evangelisti
più poveri e le loro famiglie.
Al di là dei metodi e dei contenuti, credo che le cose più importanti che ho ricevuto da questi fratelli siano la convinzione
profonda della necessità dell’evangelizzazione e la sicurezza,
tutta evangelica, che l’Evangelo
di Gesù Cristo è più necessario
e interessante per il mondo e la
gente che non la chiesa e la sua
bella cultura, come spesso siamo tentati di pensare noi; quasi che esista una evangelizzazione implicita. Mentre questi fratelli puntano molto su una predicazione dinamica ed esplicita.
Si tratta di metodi aggressivi?
Forse, ma noi potremmo imparare molto, senza copiare.
Al congresso c’erano 10.000
persone, mille solo di servizio,
l’organizzazione era mastodontica e funzionante come un orologio. I sistemi di sicurezza erano severissimi, i lavori erano divisi per sessioni plenarie, seminari di studio e incontri regionali nella propria lingua. In più
c’erano intrattenimenti di vario
genere, teatrale, cinematografico,
televisivo, musicale, tutto di altissimo livello.
Un giorno è stato dedicato
al turismo ed un altro alla « pratica » nelle strade d’Olanda. Il
tutto è costato 30 miliardi di
lire, 13 dollari per ogni contributore di Billy Graham,
Italo Benedetti
venuto dalla ricerca e dalla rilettura
della Parola. E’ infatti emerso che due
sono i risultati del lavoro di ricerca e
di rilettura:
a) una forza che può e deve spìngerci a riacquistare una nuova identità come libere creature di Dio;
b) una possibilità di reale lavoro
ecumenico che non sìa né di vertice
né di irenismo facile, ma sia anche
esso un cammino verso la parità e
la trasformazione delle Chiese.
— Come si vede è un taglio diverso che non rischia di adottare un linguaggio maschilista e oppressivo, ma
che ricerca un modo di proporsi nuovo anche nel linguaggio il quale acquista un valore pieno di testimonianza e
di comunicazione.
— Ma come una musica di sottofondo che è emersa limpida e potente
ogni volta nelle discussioni, il tema
della pace è stato importante e irrinunciabile: perché pace per noi donne,
per tutte le donne significa giustizia,
amore, libertà, parità, vita, futuro.
Significa anche assenza di ogni compromesso con la violenza di ogni tipo,
da quella più eclatante, macroscopica,
evidente della guerra e degli armamenti a quella sessuale e a quella più
sottile delle idee, delle abitudini, della tradizione e delle tradizioni nelle
Chiese e nella società.
— Riteniamo che incontri come questi debbano ripetersi. Poiché questo
primo « incontro » ha già trattato una
gamma piuttosto ampia di problemi
attinenti la condizione femminile, sentiamo ora la necessità di rivederci per
approfondire ulteriormente i temi discussi.
— Proponiamo, quindi, di organizzare negli anni futuri, nello stesso luogo
e nello stesso periodo, campi-studio
che trattino uno o al massimo due argomenti nell'ambito della problematica femminile, lasciando inalterata la
formula organizzativa (riflessione, momento liturgico, svago) adottata.
Nell’immediato si potrebbe realizzare un campo che abbia come tema di
discussione: « La voce delle donne nella Bibbia, nella teologia, nella spiritualità ».
— Il campo, ubicato a pochi chilometri dalla base missilistica di Comiso, conclude i suoi lavori nella ricorrenza deH'Hiroshima Day. Nel ricordo delle vittime dell’orrore nucleare, ci sentiamo unite a tutti coloro i
quali, credenti e non credenti, chiedono non solo la messa al bando degli
armamenti (nucleari e convenzionali)
ma si adopesano per la realizzazione di
una umanità futura nella quale le parole fame nel mondo, miseria, guerra non abbiano più alcun significato.
Per questo ci impegniamo ad essere
« facitori di pace » affinché nel mondo possa germogliare il seme della
speranza per una rinnovata umanità.
Adelfia, 5 agosto 1986.
Le partecipanti ai campo FDEI
4
4 prospettive bibliche
19 settembre 1986
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
GLORIA A DIO,
PACE
IN TERRA!
1
« Gloria a Dio nei luoghi altissimi, pace in terra fra gli uomini ch’Egli gradisce »
nell’interpretazione del pittore fiammingo Pieter Bruegel.
Perché, dopo quasi duemila anni di storia 'cristiana’, le chiese d’Europa si riuniscono intorno a questo tema? Perché,
dopo due millenni di cristianesimo,
tematizzare la gloria di Dio e la pace sulla terra? I termini che compongono tale tema hanno l’autorità
e la forza di ogni parola biblica sono, letteralmente, scrittura santa.
Hanno anche il peso, talvolta schiacciante, delle parole ormai impastate di storia, ima storia che è pure la
nostra ma che, essa, è lungi dall’essere santa. Non possiamo pronunciare queste parole come se fossimo innocenti rispetto ad esse. Non
possiamo fingere un’ingenuità che
non ci abita più. Il tema scelto dagli organizzatori della nostra assemblea potrebbe, in fondo, ritorcersi
contro di noi. Scritte a caratteri cubitali sulla bandiera ideale della nostra assemblea, queste parole potrebbero diventare i nostri principali capi d’accusa. Scelte da noi, racchiuderebbero la confessione segreta del nostro fallimento colposo in
quanto Europa e in quanto chiese
d Europa, rispetto alla nostra vocazione. Questa potrebbe essere la ragione della scelta. Questo tema sarebbe stato scelto perché costituisce una sfida temibile a tutti noi qui
riuniti, alle chiese che rappresentiarno, ai vari paesi d’Europa dai quali proveniamo. Per la nostra assemblea il rischio maggiore, accettando
la sfida, è di affrontarla unicamente
« a forza di parole » (Matteo 6: 7),
cioè di farne una volta di più l’oggetto di retorica religiosa.
Il più secolarizzato e il meno
pacifico dei continenti...
« Gloria a Dio ». Questa consegna
fondamentale, che riassume mirabilmente la vocazione dell’uomo secondo la Bibbia e che, traboccando
dalle pagine della Bibbia, si è iscritta in modo incancellabile nella storia cristiana dell’Europa, diventando fra l’altro la parola d’ordine di
due movimenti fra i più dinamici e
fecondi della chiesa in Occidente:
E’ questo il tema generale della IX Assemblea della KEK (Conferenza delle Chiese europee) che si è tenuta dal 4 ài 12 settembre a Stirling,
in Scozia. I lettori ricorderanno ohe in questa rubrica, all’inizio dell’anno, abbiamo pubblicato il materiale biblico preparatorio àll’assemblea,
dovuto ^in parte al prof. Paolo Ricca; siamo lieti di poter ora pubblicare, « in Contemporanea », quasi, il testo della sua relazione sul tema
generale, che è stato chiamato a dare nella sessione inaugurale, il 4
settembre.
a cura di GINO CONTE
la Compagnia di Gesù, di Ignazio di
Loyola, e il cristianesimo riformato
da Giovanni Calvino, crogiolo di una
civiltà, questa consegna evocatrice e ispiratrice è ancora capace di
mobilitare la coscienza europea?
Non dobbiamo confessare che questa tesi, che un tempo infiammava
tanti europei, per la maggior parte
di loro ha, oggi, una risonanza nettamente archeologica? Non evoca,
questa tesi, l’immagine di un’Europa in via di sparizione, se non già
sparita? L’Europa non è forse diventata il continente più secolarizzato del mondo?
« Pace in terra ». Le centinaia di
missili non europei situati in Europa, che minacciano di ridurla a un
cumulo di macerie, fanno di questo
continente quello più esposto, oggi,
ai rischi della distruzione nucleare.
D’altra parte, come europei raccogliamo ciò che abbiamo seminato.
Non siamo la parte del mondo che
ha fatto, imposto e subito il maggior numero di guerre, lungo l’intero corso della sua storia? Non siamo forse il meno pacifico di tutti
i continenti? Non a torto si è potuto
scrivere: « La parola ’guerra’ è inseparabile dalla parola ’Europa’... Non
manca nulla alla spaventosa collezione: né guerre imperiali, né guerre di salvezza pubblica, né guerre
razziali, né guerre di religione, né
guerre di rivoluzione, né guerre familiari; in attesa che Karl Marx programmasse la guerra di classe »'.
Possiamo completare il quadro aggiungendo la guerra dei sessi. Ma
se la parola ’guerra’ è inseparabile
dalla parola ’Europa’, lo è pure, purtroppo, dalla cristianità europea. La
’costantinizzazione’ più o meno spinta, comunque indiscutibile, della
chiesa non ha forse comportato un
certo grado di militarizzazione (in
senso figurato e in senso proprio)
del cristianesimo e talvolta persino
dell’idea cristiana di Dio? « Pace in
terra » - in terra europea? Questa
terra che ha voluto e creduto identificarsi con il cristianesimo e fare tutt’uno con esso, non è stata né pacifica nè — meno ancora — pacifista.
Il connubio fra l’Europa e il cristianesimo (e così il loro divorzio) non
ha generato la pace.
Il rifiuto cristiano
del pacifismo
Ma c’è di più: l’Europa cristiana
ha praticamente espulso dal suo seno, come un pericolo mortale, gli
unici movimenti pacifisti generati
dal cristianesimo storico nell'Europa moderna (mennoniti etc.). Per
quanto gracili fossero, apparivano
come una minaccia temibile agli occhi delle chiese costituite e, in generale, deW establishment politico e
religioso. Così non soltanto l’Europa cristiana non ha generato la pace, ma ha cacciato dalla sua presenza, nel XVI e nel XVII secolo, le rare espressioni organizzate del pacifismo cristiano, fin sul nascere.
L’Europa, terra di pace? Non c’è,
qui, un avvenire del tutto inedito,
un novum assoluto, sia per l’Europa
sia per la cristianità europea? La
terra d’Europa in quanto terra di
pace è, nel senso proprio del termine, una terra promessa che, come
un tempo Canaan, è ancora tutta da
scoprire, da conquistare.
« Gloria a Dio, pace in terra ». Non
soltanto la ’gloria di Dio’ quale programma dell’Europa di un tempo,
del quale ci piacerebbe affermare in
termini nuovi l’attualità per l’Europa di oggi; non soltanto la ’pace in
terra' quale programma dell’Europa (e del mondo!) di domani del
quale ci piacerebbe vedere qualche
anticipazione nell’Europa di oggi;
ma il legame fra la gloria di Dio e
la pace in terra non è stato, finora,
percepito e vissuto se non assai debolmente dalle nostre chiese.
Si può dire crudamente che tale
legame è stato totalmente ignorato,
anzi deliberatamente eluso; e questa è la ragione fondamentale per
cui la storia cristiana europea non
è stata finora né pacifica né pacifista.
Le due facce
della stessa medaglia
Tutte le chiese, infatti, ciascuna
secondo la sua fisionomia spirituale
particolare e nel suo specifico quadro socio-culturale, hanno reso gloria a Dio confessando il suo Nome,
cantando le sue lodi, sforzandosi di
obbedirgli; ma non hanno saputo
(o voluto?) vedere che la glorificazione di Dio e la pace in terra sono
le due facce della stessa medaglia.
Hanno parlato costantemente di pace, ma non l’hanno fatta.
Non per nulla Gesù proclama beati e figli di Dio coloro che « fanno la
pace » (Matteo 5: 9), non coloro che
ne parlano. La pace è un’opera, non
un discorso. E’ nella ’carne’ di Gesù
che Dio ha fatto la pace: il suo corpo, la chiesa, è dunque letteralmente il corpo della pace nella storia.
Quando l’apostolo Paolo dice ai
cristiani: « Glorificate dunque Dio
con il vostro corpo » (I Corinzi 6:
20), tra l’altro afferma anche il legame fra la glorificazione di Dio e
l’opera di pace, « con il corpo » dei
cristiani e della chiesa: glorificate
Dio mettendo i vostri corpi al servizio della pace.
Paolo Ricca
(continua)
' A. Conte, L’aventure européenne, Paris, 1979, p. 428; citato da A. Molnàr,
Bible - Témoignage - Europe. Paper presentato al Comitato della Regione europea dell’Alleanza Riformata Mondiale
(agosto 1986).
5
19 settembre 1986
___________________________________________obiettivo aperto 5
LA RAPIDA DIFFUSIONE DELLA COCAINA COME EMERGE DA STATISTICHE ELABORATE NEGLI STATI UNITI
Nuova droga e . antichi maii
La nuova figura del consumatore: può assumere più sostanze contemporaneamente, anche senza precise necessità -1 limiti del proibizionismo- Il disagio giovanile alla base del fenomeno
Sembra che il mondo della
droga stia cambiando. Come
cambiano i giovani, i problemi,
le « mode », anche il mercato
si rinnova, offre «nuovi» prodotti. I calcoli cinici dei grandi
trafficanti nel cercare di pilotare i consumi e fare spazio ai
nuovi business, in questo caso
si indicano con una parola sola:
cocaina.
E, anche se dati sul fenomej in Italia non esistono, molte
lestimonianze di persone che
L'u'orano « sul campo » rilevano
u i aumento della diffusione di
tale sostanza. « L’unico riferil’^icnto a dati che si può fare —
dice Giancarlo Arnao, medicò,
autore di numerosi libri sulle
o oghe, legali e non — riguarda
!\mdamento del fenomeno negli
>ictti Uniti, tenendo conto che
elianto avviene in America do,r j un po’ di tempo si verifica
;; Europa». Gli ultimi dati di
^ui si è a conoscenza, pubblicati
dal Nida nel 1984, parlano di
un consumo occasionale {almeno una volta) da parte di 5,4 milioni di persone nel 1974, che saie a 21,6 milioni nel 1982. Notevole anche l’aumento del consumo “corrente” (termine che, per
Quanto riguarda le droghe definite “leggere”, viene usato per
indicare un consumo di almeno
una volta nell’ultimo mese), da
1,6 milioni di persone nel 1977
a 4,2 milioni nel 1982 ».
Un mercato
da supermercato
Ultimamente è stata definita
1 oro verde»-, sono tonnellate
di cocaina (la maggior parte pro'.engono dalla Bolivia: 170.000
tonnellate) che ogni anno viaggiano daH’America del Sud agli
Stati Uniti e da lì verso l’Europa.
I campesinos si sono organizzati;
riescono a fare un raccolto quasi ogni due mesi (cinque volte
Fanno). Seccano le foglie, le ripongono in grandi contenitori
di plastica, le mescolano con
cherosene, poi le pestano coi
piedi. Dopo quattordici ore cola un lattice grigiastro: la pasta
di coca. Un quintale di foglie
pi oduce un chilo di « pasta ».
La coltivazione e la lavorazione su vasta scala della cocaina hanno portato un nuovo
benessere nei Paesi dell’America Latina. Da una parte il contadino che la coltiva non ne concisce né la destinazione né il
pericolo. Non può valutarne la
Pvi'tata, ma gode di un beneficio immediato e nuovo, non è
quindi disposto a cambiamenti.
Dall’altra parte i «potenti» si
troiano tra le mani un potere
economico notevole, in espansione, al quale non sono minimamente disposti a rinunciare.
■Alcuni “sentori" sull’aumento del traffico — e quindi del
consumo — sostiene Vittorino
Andreoli, psichiatra, direttore
nella zona di Verona di uno dei
ser\izi per le tossicodipendenze — li abbiamo dal mercato di
Verona che, come ben si sa, è
molto sensibile ai cambi di tendenza ».
Su questa « piazza » situata in
una posizione strategica e considerata uno dei punti nodali di
quello che viene chiamato il
« quadrante europeo », luogo di
transito obbligato per il passaggio delle varie sostanze verso Marsiglia, Monaco, ecc.,
«si è registrata — afferma sempre Andreoli — nell’ultimo periodo una notevole diminuzione
del prezzo della cocaina, ormai
quasi uguale a quello dell’eroi
na, tanto che molti tossicomani
che intendono comprare eroina
ultimamente si trovano ad acquistare cocaina ».
Non è del medesimo avviso
Luigi Cancrini, docente di psicoterapia alla Università di Roma e responsabile regionale PCI
per il settore tossicodipendenze.
« Il mercato della cocaina in
Italia, sia per il prezzo che per
l'organizzazione della vendita,
non è comunque per ora un mercato di ’’piazza” o di "strada",
ma segue altri canali che raggiungono categorie sociali abbastanza "protette” dal punto di
vista economico e culturale, vale a dire piccola, media e alta
borghesia. Ciò che deve piuttosto preoccupare — prosegue
Cancrini — è il forte consumo
di pasta di coca tra le sacche di
povertà dei Paesi produttori,
che interessa in particolare i
giovani. La situazione in questi
casi è davvero disastrosa e i
Paesi maggiormente interessati
sono Bolivia, Colombia e Venezuela ».
della stessa normalità, dei suoi
valori e dei suoi obiettivi. In parole più semplici, chi oggi nasce
con modelli di vita consumistici
legati all’immagine di un benessere a portata di mano rischia
di arrivare in fretta a talune modalità di ricerca ».
« Uno degli aspetti “pericolosi” di questa sostanza — afferma Vittorino Andreoli — è che,
oltre a non avere tanti nemici
come l’eroina, potrà lasciare indifferenti, ad esempio, i padri e
le madri, perché il suo uso rap
presenta l’imitazione dei "grandi”, dei ricchi. Non ci si rende
sufficientemente conto che questa sostanza, come altre, facilita la soluzione di problemi semplici, , ma noti certamente di
quelli difficili ».
« Non mi stupirei — prosegue
lo psichiatra veronese — se a
differenza dell’eroina che produce svogliatezza, non applicazione, a scuola ci saranno molti
“otto" da coca ».
Un fenomeno
che cambia
Dall’eroina alla cocaina? Un
cambio di sostanza (o sostanze)
che si « vede » ancora poco ma
che per questo non deve escludere alcuni interrogativi. Troppo superficiale sarebbe interpretare come positivo l’andamento della mortalità per eroina, dai 392 decessi del 1984 ai
237 del 1985: «Se da una parte
questi elementi possono essere
intesi come segnali positivi —
dice Luigi Ciotti, responsabile
del Gruppo Abele e presidente
del C.N.C.A. (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza) — e stanno a dimostrare un
grosso lavoro ed uno sforzo a
tutti i livelli, una maggior presa di coscienza e di responsabilità, sia da parte del pubblico che
del privato, dall’altra sono un
chiaro indicatore del fatto che
nel fenomeno sta cambiando
qualcosa. Si deve tener conto, ad
esempio, che accanto alle droghe illegali c’è un forte aumento di consumo di sostanze reperibili sul mercato legale (alcool, farmaci, ecc.) ».
«Un altro elemento — prosegue Ciotti — è l’uso di più sostanze contemporaneamente: l’obiettivo è “lo sballo per lo sballo”, a qualsiasi costo. C’è poi da
tener conto che la lotta all’eroina, la campagna per i pericoli
di contagio per l’AIDS possono
favorire la diffusione della cocaina che può essere assunta o
fumando o sniffando e non solo
bucando. Il mercato trova quindi un terreno particolarmente
favorevole e tende ad approfittarne: la cocaina esce dal ristretto “giro-bene” e può diventare sempre più “droga di strada" ».
Dietro la falsa
normalità
Con l’eroina molti hanno imparato a « convivere », « facendosi » nei fine settimana; con la
cocaina si può convivere quotidianamente. « Ed è proprio questa falsa normalità — afferma
Luigi Ciotti — il fenomeno nuovo che “nasconde” il disagio nelle molteplici forme in cui oggi
si esprime e legittima il paradosso della normalità come condizione che provoca la devianza,
a sua volta espressione e al tempo stesso segno di fallimento
L’uso e gli effetti
della coca cambiano
I modi d’uso della cocaina
sembrano cambiati in modo considerevole, tanto che i nuovi effetti di questa sostanza non sono descritti nei trattati medici,
dove si parla del suo uso « classico », intendendo con questa
definizione l’uso non abituale,
ma finalizzato. « La cocaina —
dice Andreoli — si consumava in
gruppetti o singolarmente, sempre in modo saltuario, in particolari occasioni, per aumentare
le capacità di resistenza fìsica
(protrarre feste per intere notti)
o per conseguire maggiori prestazioni sessuali, oppure, ancora, per affrontare in modo “brillante” e con jnù grinta determinate situazioni. In questo modo
una persona faceva dai 4 ai 5
“tiri” al gtorno. Oggi, al contrario, si può dire che l’uso della
cocaina è “afinalizzato", chi la
usa dice che la prende “perché
gli piace” e non ci sono momenti particolari in cui assumerla:
ci sono ragazzi che si fanno 20/
25 "tiri” al giorno ».
Altro importante elemento è
che l’uso oggi è passato dai « tiri » alla via endovenosa che un
tempo si conosceva solo come
possibilità teorica, senza avere
mai avuto riscontri pratici. I giovani, inoltre, sembra facciano
uso di un particolare tipo di
droga chiamata free-base, che si
ottiene per estrazione diretta e
che completa la sua azione mentre si fuma. Questo tipo di cocaina ha un effetto molto più
forte di quello comunemente in
uso.
Alla diffusione della cocaina
non sono estranee alcune scelte
relative alle linee politiche di
intervento.
E’ quanto sostiene Giancarlo
Arnao: « Se riteniamo che quanto succede in America è comunque indicativo, dobbiamo tenere presente che la forte campagna, che definirei “militare”, contro la marijuana, con relativa
distruzione di piantagioni, ha
avuto come effetto la diminuzione del consumo di tale sostanza, ma sono aumentati i consumatori di alcool, psicofarmaci e
cocaina. Ciò ha dimostrato ancora una volta come l’uso della
forza e il proibizionismo non
servano a nulla se non si agisce
alla base, sugli elementi sociali
e psicologici che portano le persone ad assumere sostanze ».
« Per quanto riguarda la co
caina — prosegue Arnao — c’è
da dire che il suo uso è alquanto
rischioso perché si presta ad una
diversità di situazioni. Con ciò
voglio dire che mentre la cannabis viene generalmente usata nel
tempo libero e comunque non
“abbinata” ad attività produttive, per la cocaina ci sono molti
“momenti” in cui si può avere
il pretesto di usarla: andare a
lavorare, affrontare situazioni diffìcili, divertirsi, apparire in forma. E’ una sostanza cioè che si
presta a quella che io chiamo
“dipendenza situazionale” ».
Oltre ai nuovi modi di assunzione, ai fattori psicologico-sociali che li determinano, all’incidenza del mercato, si deve tener conto degli effetti della cocaina, che
appaiono particolarmente gravi.
La psicosi da cocaina provoca
alterazioni del comportamento
con stati deliranti, tanto che in
alcuni casi vengono confusi con
manifestazioni di schizofrenia.
« Un dato molto allarmante —
avverte Andreoli — sono i morti
da cocaina, dato fino a poco tempo fa sconosciuto. In una rivista
americana (il Journal American
Association, del 1985), è apparso
il primo studio su 68 casi di morti da cocaina. L’effetto della cocaina viene chiamato “up¡down”,
ossia “su e giù”; dopo un primo
momento in cui subentra uno
stato di euforia, benessere, sicurezza, c’è uno stato di astenia e
depressione al quale generalmente le persone fanno fronte o con
l’assunzione di altra cocaina o di
altre sostanze, in particolare psicofarmaci. Il primo e più reale
rischio che si può correre in questi stati di depressione è quello
del suicidio ».
L’impotenza
dei servizi
Se da una parte la diffusione
della cocaina è difficilmente
quantificabile, ci sono alcuni
elementi di lettura su cui riflettere. « Le comunità terapeutiche
— dice Luigi Ciotti — rilevano
un certo calo di pressione nelle
richieste ». Tale dato è confermato anche dal servizi pubblici.
« Nell’ultimo anno — sostiene
Vittorino Andreoli — abbiamo
osservato come nelle strutture
pubbliche siano diminuite le richieste di disintossicazione da
parte dei giovani dediti all’eroina. Su questa constatazione tutti
i centri per le tossicodipendenze
del Veneto concordano ».
Al di là delle considerazioni
sul cambiamento del fenomeno,
sulla influenza che ha avuto
l’AIDS nel mondo della tossicodipendenza, dò che si sono chiesti gli operatori dei servizi pubblici del Veneto è dove si sono
disintossicati gli eroinomani che
adesso consumano cocaina. « La
risposta — aggiunge Andreoli —
sembra essere una forma di disintossicazione che si può definire autogestita, ottenuta sostituendo, gradualmente, cocaina
ad una parte di eroina. Questa
mescolanza aiuta a coprire i sintomi che provoca l’astinenza».
Pur ritenendo non numerosi i
casi di tossicodipendenza da cocaina, Luigi Cancrini evidenzia
come i problemi clinici e di approccio che vanno affrontati a livello dei servizi siano molto diversi da quelli inerenti l’eroina.
« Un primo elemento di cui tener conto — dice Cancrini — è
che la richiesta di aiuto ai servizi avviene da parte di familiari
ed amici e non succede quasi
mai che sia il tossicodipendente
a chiedere aiuto, poiché si sente
forte e sano e quindi non bisognoso dì aiuto. Un secondo aspetto è che per la disintossicazione
fisica da cocaina ci vuole una organizzazione medica ben strutturata: in questo si avvicina di più
al trattamento che si richiede
per gii alcoolisti ».
Dove
stiamo andando?
Non è facile ipotizzare l’evolversi del fenomeno. I campanelli
d’allarme, anche se non esistono
nel nostro Paese dati concreti
con cui confrontarsi, sembrano
comunque molti.
Alcune considerazioni su quanto non si sta facendo e sulle linee su cui dovrebbe muoversi un
intervento futuro si possono comunque abbozzare tenendo conto — hanno ribadito gli intervistati — che la mancanza di una
analisi approfondita non ha permesso una lettura attenta ed una
programmazione adeguata degli
interventi.
« Oggi siamo molto “progettati” e proiettati — dice Luigi Ciotti — in funzione di eroina/metadonefcomunità; mentre la richiesta, in gran parte, è già cambiata. Ancora una volta ci troviamo
a rincorrere i problemi, correndo
il rischio di accontentarci di porre affrettati e superficiali rimedi ».
Su questi temi si è recentemente espresso il Coordinamento
nazionale delle comunità di accoglienza (CNCA), ricordando come « a fronte di un problema così articolato e diffuso come quello del disagio, manca ancora oggi un progetto complessivo con i
giovani ed una politica coordinata e globale che ne affronti tutti
gli aspetti e le problematiche e
coinvolga tutte le risorse che con
i giovani vengono in contatto.
Famiglia, scuola, lavoro, casa,
tempo libero, associazionismo,
gli ambiti normali di vita dei giovani troppo spesso non sono tenuti in conto come momenti importanti per la loro formazione
e maturazione, e non sempre chi
ha una responsabilità educativa
ne è sufficientemente consapevole ».
(tratto dall’agenzia Aspe)
6
6 vita delle chiese
19 settembre 1986
RIFLESSIONE SU UN ASPETTO DELLA NOSTRA TESTIMONIANZA
La diaconia evangeiica
Nelle chiese evangeliche la
« diaconia », cioè il servizio della chiesa verso il mondo, con particolare attenzione ai problemi
della sofferenza, della marginalizzazione, della malattia e della debolezza umana, non è mai stata
considerata un « optional », cioè
qualcosa che si può fare o non
fare, ma un aspetto costitutivo e
irrinunciabile della loro vocazione di testimonianza.
In ogni tempo le chiese evangeliche, in ogni parte del mondo, hanno costituito strutture di servizio
e promosso azioni diaconali, partendo da due elementi essenziali:
da una parte il riferimento biblico come fondamento dell’azione
e del modo della azione, e dall’altra la situazione concreta di reale
necessità. Questi due momenti
della diaconia rinviano continuamente l’uno all’altro, come elemento reciproco di controUo, stimolo, verifica, concretezza, evan-,
gelicità. *
Il fondamento
evangelico
Se dovessi indicare in sintesi il
fondamento evangelico della diaconia, indicherei quattro punti essenziali, partendo dall’azione stessa di Cristo:
a) L’oggetto dell’ azione è
l’uomo considerato nella globalità
della sua esistenza (materiale e spirituale) e quindi nella totalità
delle sue situazioni esistenziali,
personali e relazionali (salute, malattia, fame, peccato, benessere,
emarginazione, paura, orgoglio,
fragilità, morte). La chiesa nella
sua azione non può limitarsi a
occuparsi di « anime » e dei soli
problemi « spirituali », ma di uomini reali in situazioni concrete.
b) Lo scopo dell’azione è la
salvezza. Salvezza globale per un
uomo globale: riconciliazione dell’uomo con Dio, con il fratello,
con se stesso e con la natura. La
salvezza in Cristo non è soltanto
una realtà proiettata nell’aldilà,
ma opera qui e ora come restituzione di senso e significato dell’esistenza. La guarigione e la salute come capacità e forza di
esprimere se stesso, scoprire e
adempiere la propria vocazione,
fanno parte della salvezza come
espressione del senso della propria esistenza. La salute è, nel
senso più alto, la capacità di vivere come esseri liberi e responsabili la propria felicità come la propria sofferenza, il proprio benessere come la propria malattia, la
propria vita come la propria
morte.
La chiesa, nella sua azione, non
può limitarsi ad una assistenza
umanitaria, sociale o sanitaria, ma
attraverso di essa e associata ad
essa, deve aiutare gli uomini a
scoprire la vera salute nella capacità di dare significato alla propria vita.
c) Il modo dell’azione è il
servizio, ispirato dall’amore e
non il dominio ispirato dal potere. Il servizio non è servilismo,
ma disponibilità verso il prossimo nel bisogno, non è beneficenza, ma volontà di rimuovere le
cause della sofferenza, non è
azione socialmente cieca e acritica, ma, ove necessario, denuncia
contro ogni azione emarginante e
lotta per la dignità e la libertà
dell’uomo. La condizione di servo (diacono) non è subita da Gesù, ma è assunta in una chiara
scelta di campo e indicata come
vocazione per i discepoli (Marco
10: 41-45). La chiesa, nella sua
azione, non può strumentalizzare
le situazioni di bisogno per imporre il proprio potere (sia pur
solo morale e spirituale), ma porsi in un atteggiamento di ascolto,
di collaborazione e servizio, vigi
evangeliche hanno creato delle
grandi strutture diaconali per accogliere, assistere e aiutare coloro
che venivano respinti ai margini
della vita sociale a causa delle loro condizioni di salute, di handicap, di età, di solitudine, di miseria e di abbandono.
Villa « I Graffi », nella stupenda campagna toscana, vicino a Firenze,
oggi sede di « Casa Cares », struttura aperta a convegni e incontri
vari, diretta dalla famiglia Krieg. Qui si svolgerà, tra VII e il 14
novembre, l’importante convegno sulla diaconia.
landò sul modo e gli strumenti del
suo intervento, mirando non a
rafforzare il proprio prestigio, ma
ad aiutare veramente la gente.
d) I soggetti dell’azione sono
i credenti. Gesù associa i discepoli alla sua azione di predicazione, insegnamento e guarigione. Al
progetto globale di predicazione e
di servizio della chiesa, fa riscontro un ministerio globale di tutti i credenti. Al sacerdozio
universale, si associa un diaconato universale. Ma nella comunità
i doni del Signore sono diversi e
si esprimono in una varietà di
ministeri particolari. I ministeri
non costituiscono una gerarchia,
ma una comunità di pari, che in
una adeguata organizzazione sviluppano una azione di coordinamento, complementarità, collaborazione, ciascuno secondo i
doni che ha ricevuto « per l’utile
comune » sotto la guida dello Spirito e alla luce della Parola. Nessun ministero nella chiesa è esclusivo e i ministeri particolari non
si sostituiscono alla responsabilità dei membri della comunità secondo la logica della delega, ma
si pongono come elemento di coordinamento, di stimolo e di promozione, pur nel rispetto delle
competenze e dei livelli di responsabilità di ciascuno.
La chiesa nella sua azione, pur
valorizzando i ministeri particolari, svilupperà la massima partecipazione dei credenti, tutti ugualmente responsabili nel ministero
globale della chiesa stessa. Non
attribuirà mai a se stessa posizioni
di monopolio, nè avrà la pretesa
di considerare la propria azione
diaconale intrinsecamente superiore. Nel servizio concreto verso il
prossimo si affiancherà ad altri,
imparando da essi, se sarà il caso, e cercando di portare il contributo della propria specificità.
L’inserimento
nella situazione
La vocazione di servizio della
chiesa si attua nella prassi. Nel
passato le istituzioni ecclesiastiche
erano pressoché le sole ad occuparsi dei malati, degli handicappati, degli anziani, degli orfani e
dei fanciulli abbandonati. Specialmente nel secolo scorso le chiese
Giornate di formazione
per diaconi
CASA CARES - 11-14 NOVEMBRE 1986
PROGRAMMA
Martedì 11 novembre - ore 15
Prof. Bruno Corsani: Introduzione generale agli Atti degli
Apostoli.
Past. Giorgio Bouchard: Le diverse realtà regionali della
nostra Chiesa.
Mercoledì 13 novembre
Past. Emidio Campi: dagli Atti - La Chiesa di Gerusalemme,
la Chiesa primitiva.
Past. Giorgio Bouchard: Panorama delle opere della nostra
Chiesa. (Cena e serata ricreativa).
Giovedì 13 novembre
Prof. Domenico Maselli: I viaggi missionari di Paolo (Atti
17 etc.).
Past. Giorgio Bouchard: Il senso delle nostre strutture ecclesiastiche.
(In serata) Prof. Massimo Bubboli e Stefano Woods (Assemblee Fratelli): Altre realtà ecclesiastiche in Italia:
valori a confronto.
Venerdì 14 novembre
Past. Luigi Santini: Le persecuzioni (il processo di Paolo).
(Pomeriggio): incontro con il Moderatore; eventuale stesura di Un documento finale.
Quota di partecipazione (tutto incluso): L. 80.000 (volendo
è possibile anticipare l’arrivo e posticipare la partenza).
Informazioni e prenotazioni: CASA CARES - via Pietrapiana 56 - I Graffi - 50066 Beggello (Firenze) - tei. 055 865.20.01.
CORRISPONDENZE
Non. sempre le chiese hanno saputo esprimere, accanto all’intervento sanitario e assistenziale ispirato all’amore di Cristo, azioni e
prese di posizioni critiche sulle
cause dell’emarginazione, costituendo così in alcuni casi, più o
meno inconsciamente, un’azione
di copertura all’avanzante ideologia del profitto basata sul binomio produzione-consumo, che esclude chi non è in grado di entrare in tale logica, ed è perciò
considerato inutile e improduttivo.
La chiesa valdese, dalla fine degli anni ’60, ha avviato un processo di riflessione sul senso della
propria diaconia, sulle motivazioni, sui settori e sui modi di intervento. Parecchi istituti, creati nel
secolo scorso, vengono ristrutturati per adeguarli alle nuove forme
di servizio richieste dalle odierne
esigenze sanitarie e assistenziali.
Lo scopo non è soltanto quello
di ristrutturare, ma di riqualificare il tipo di servizio sia a livello
tecnico professionale che di considerazione e tutela della dignità
umana.
Ma accanto a questa forma di
servizio, definito della diaconia
istituzionalizzata, il cui ulteriore
sviluppo deve essere limitato al
massimo a causa del grave impegno economico e , organizzativo
che rischia di superare le forze e
le possibilità di una piccola chiesa come la nostra, devono essere
ricercate e valorizzate nuove forme di servizio che non implichino pesanti strutture, ma che puntino su azioni di intervento diretto in situazioni di bisogno, che
coinvolgano le persone più che
le istituzioni e che, ove giudicato
possibile e opportuno, si affianchino a gruppi esistenti, o si inseriscano in organismi già operanti
nei campi delle vecchie e nuove
forme di sofferenza e di emarginazione che la nostra società tende a perpetuare e a creare.
In tale servizio diaconale, nella
sua vastità e varietà, sono impegnati uomini e donne a pieno
tempo, volontari, obiettori di coscienza e per quanto possibile coloro che nelle chiese vogliono vivere in modo attivo e cosciente
la loro vocazione di servizio e di
testimonianza.
Alberto Taccia
La scomparsa di
Romano Dell’Acqua
S. MARZANO OLIVETO —
Romano Dell’Acqua ci ha lasciati improvvisamente, addormentandosi nel Signore. Egli è stato
per tutti i credenti di questa zona un esempio di come rincontro reale con il nostro Signore
Gesù, il Cristo, possa capovolgere la nostra visione della vita
e possa farci diventare uno strumento utile nelle mani di Dio.
L’incontro con il Cristo trasforma la sua vita e quella di
tutta la sua famiglia; da proprietario e gestore di un rinomato
ristorante della zona di Calamandrana (AT) vede la propria vita indirizzata improvvisamente
in una nuova direzione.
Lui, sua moglie, suo figlio, i
suoi stessi beni diventano una
« città rifugio » inserita nell’organizzazione dei Centri ARCA
che accoglie le creature distrutte dal flagello della droga e le
restituisce trasformate dal proprio incontro con il Cristo... e
lui, e altri insieme a lui, imparano, giorno dopo giorno, cosa
voglia dire fidarsi completamente delle promesse di Dio.
La sua figura di credente è
una testimonianza vivente di come si possa vivere la fede nel
nostro tempo, un segno del mondo nuovo di Dio che è venuto
ad incontrarci in Cristo.
La comunità metodista di S.
Marzano Oliveto nell’esprimere
la propria partecipazione al dolore della famiglia per la scomparsa del fratello Romano, desidera richiamare l’attenzione di
tutti sulla parola di Gesù, come
ci è riferita dall’apostolo Giovanni: « Questa è la volontà del Padre mio: che chiunque contempla il Figlio e crede in lui, abbia vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno » (Giovi
6: 40).
Incontro
deirxi Circuito
S. BENEDETTO DEI MARSI
— Una bella giornata di incontro
e di fraternità è stata vissuta
domenica 14 settembre dalle
chiese deH’undicesimo Circuito
(Abruzzo-Lazio-Umbria) insieme
coi fratelli della locale piccola
chiesa battista. Oltre 150 persone, provenienti da S. Sebastiano,
Terni, Forano, S. Angelo in Villa, Roma (oltre naturalmente gli
indigeni), si sono date convegno
la mattina presso il tempio evangelico, per prendere parte al
culto.
Il sermone, tenuto dal sovrintendente circuitale, pastore Gian
Maria Grimaldi, sul profeta come « sentinella » del popolo (Ezechiele 33), ha avuto per tema la
responsabilità dei credenti.
Nel pomeriggio, i convenuti si
son trasferiti a Villa S. Sebastiano, dove la giornata si è conclusa con giochi e canti.
Ora dì religione
NAPOLI — Le chiese valdese e
metodista del Vomere hanno tenuto domenica 14 settembre, al
termine del culto, un’affollata assemblea nel corso della quale
hanno affrontato la situazione
che si determinerà con la riapertura delle scuole per quel che
riguarda l’insegnamento religioso, alla luce del recente dibattito sinodale. Più voci si sono levate a lamentare l’inconsistenza
, delle « attività alternative », che,
per ciò stesso, non mascherano
il loro carattere discriminatorio
rispetto all’insegnamento cattolico. All’assemblea è intervenuto
però, inaspettatamente, anche il
preside delTITIS « Righi », una
delie più grosse scuole dì Napoli, il quale ha avanzato la proposta di far svolgere nel suo
istituto, come « attività alternative », corsi di storia delle religioni tenuti da docenti di storia
e quindi liberi da matrici confessionali.
Nel corso della riunione è stato anche deciso di costituire —
altro punto vivamente sostenuto da numerosi genitori evangelici — un « ufficio vertenze », che
segnali alla Tavola eventuali soprusi e discriminazioni da parte delle autorità scolastiche e
che, se del caso,, intervenga dir
rettamente per reclamare il rispetto delle Intese.
7
19 settembre 1986
vita delle chiese 7
PRESENTAZIONE DEL NUOVO PASTORE METODISTA A ROMA
Robert Marsh: pastore
a Ponte Sant'Angelo
Iniziative a Masselio
Sono cresciuto in una famiglia
metodista. Mio padre aveva avuto una breve esperienza come
missionario e fu per tutta la
sua vita predicatore locale.
Mia moglie Margaret è di famiglia anglicana. Ci siamo incontrati durante gli studi al College in Leicester e ci siamo
sposati quando ho finito la mia
preparazione teologica.
Fummo destinati alla Chiesa
dell’India del Sud, diocesi di Medak, e dopo un periodo di preparazione al Collegio Missionario, partimmo per Hyderabad il
23 dicembre 1958.
Abbiamo passato i primi anni
a studiare la lingua locale e a
fare esperienza nella Chiesa locale e nelle sue istituzioni.
Il nostro primo lavoro indipendente è stato il pastorato
nella zona rurale di Soan, sul
grande fiume Godavari, negli anni 1962-64. Qui dovevamo seguire 17 congregazioni, con Taiuto
di sei evangelisti.
Dopo un periodo di aspettativa
nel 1964, andammo a lavorare in
Hyderabad, una città di più di
due milioni di abitanti, presso la
chiesa di San Giorgio (un tempo anglicana). Per la prima volta
abbiamo così potuto sperimentare con mano cosa significhi
trovarsi in una Chiesa unita.
Dopo un altro periodo di congedo nel 1969, abbiamo continuato a lavorare a San Giorgio,
ma vivendo in una casa per studenti di scuola superiore (ce
n’erano più di 200) in qualità di
direttori.
Nel 1973 ho iniziato a lavorare
all’Ufficio della diocesi, occupandomi dapprima di proprietà (la
diocesi aveva allora in carico
più di 800 proprietà e si occupava di circa 150.000 cristiani);
quindi, dopo un altro periodo in
cui mi sono occupato congiuntamente di proprietà e finanze,
sono stato nominato tesoriere,
ma con la responsabilità di una
grande parrocchia a Secunderabad: la chiesa di San Giovanni.
Abbiamo usufruito di un anno di aspettativa nel 1981-82;
quindi siamo ritornati a Medak
a preparare gli evangelisti alla
loro opera nei villaggi della diocesi. La mia responsabilità riguardava I’amministrazione e
l’insegnamehto della Bibbia.
Durante tutti questi incarichi,
mia moglie Margaret è stata
sia coinvolta nella vita delle
chiese e delle istituzioni, sia occupata neH’allevare i nostri quattro figli (Elizabeth, Katherine,
David, Eric) nati tra il 1963 ed
il 1971.
Trovammo stimolante e rilassante ad un tempo cantare nel
coro di Hyderabad e recitare e
dirigere la filodrammatica locale.
I nostri anni successivi nella
chiesa di San Giovanni furono
un po’ guastati da dispute e litigi nella scuola annessa. L’incertezza di poter continuare indefinitamente il nostro lavoro
in India, soprattutto dopo l’assassinio di Indirà Gandhi, e le
necessità formative e scolastiche dei nostri figli ci hanno spinti a pensare di ritornare in In
MAS SELLO — Autunno : è
tempo di fare un bilancio delle
attività che hanno impegnato i
membri di chiesa, gli ex-membri
e gli amici della comunità nel
corso dell’estate. Gli sforzi si
sono concentrati nella ristrutturazione delle scuole di proprietà del Concistoro. Per quanto
riguarda la raccolta dei fondi,
una notevole sonuna (oltre 6
milioni) è stata raccolta in occasione del bazar del 27 luglio.
Il bazar ha avuto un esito così
felice grazie all’impegno di sorelle e fratelli che hanno offerto manufatti da vendere e il loro impegno nella organizzazio
ghilterra. Quando abbiamo saputo che la sede di Roma sarebbe stata vacante, abbiamo espresso il nostro desiderio e la
nostra disponibilità di essere
qui destinati.
Dopo un colloquio, siamo stati accettati rsia daimCOD, sia
dalla chiesa locale italiana.
Alla fine del settembre ’85 siamo andati a Perugia per imparare l’italiano e il 25 luglio 1986
abbiamo preso servizio presso la
chiesa di Ponte Sant’Angelo a
Roma.
Robert Marsh
PRECISAZIONE
La nuova
Tavola
Per errore nell’elenco dei
nuovi incarichi ecclesiastici
pubblicati a pag. 3 del numero speciale sul Sinodo ’86,
è « saltato » il nome di Gian
Pàolo Ricco, tra quelli dei
componenti la Tavola Valdese
per l’anno 1986/87.
Ci scusiamo con l’interessato e coi lettori e pubblichiamo nuovamente l’elenco
dei membri corretto:
Moderatore: Franco Giaotnpiccoli
Vicemoderatore: Gianni Rostan
Membri: Giulio Vicentini, Valdo Benecchi, Oriana Bert,
Bruno Bellion, Gian Paolo
Ricco.
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
LUSERNA SAN GIOVANNI —
Sabato 30 agosto, all’Asilo Valdese di San Giovanni, con la partecipazione — naturalmente —
degli anziani ospiti, e di centinaia di persone venute da fuori,
si è svolto il bazar annuale.
Nel corso della manifestazione
sono stati venduti articoli confezionati dagli ospiti dell’Asilo,
in prevalenza lavori di uncinetto, maglia, cucito, e sono stati
offerti a tutti tè, caffè, sangría,
insieme a pane e frutta provenienti dalle cascine circostanti.
Due sono stati — come ci ha
detto il direttore dell’Asilo, Livio
GobellO — gli scopi dell’iniziativa, che si ripete costantemente
dal 1982, dopo avere avuto nel
’79 una prima edizione che per
alcuni anni non ebbe seguito. Il
primo è quello di contribuire a
dare agli anziani ricoverati nella
struttura dì San Giovanni occasioni di incontro e di scambio
con resterno; non si tratta, è
vero, di un’occasione unica, ché
il rapporto con la società si realizza anche in una serie dì altri
momenti, ma di certo il bazar di
fine agosto è, per chi vive all’Asilo Valdese, una scadenza da non
sottovalutare.
Il secondo obiettivo dell’incontro era illustrato in alcuni tabelloni che sono stati esposti
alla curiosità dei visitatori: in
essi erano illustrate le attività
dell’Asilo, e il bilancio annuale,
che presenta un deficit non
preoccupante, ma che non può
assolutamente essere ignorato.
E il bazar, che di per se stesso
è un mezzo, pur limitato, di autofinanziamento, ha voluto cosi
essere anche un momento di sensibilizzazione, in modo che l’affetto e la solidarietà dai quali
l’Asilo è già ora circondato si
traducano in impegni coerenti.
• L’Assemblea di Chiesa è convocata sabato sera 27 c.m. alle
ore 20.30 nella Sala Albarin per
discutere la relazione morale del
Bazar all’Asilo
Concistoro ed impostare il programma di lavoro del prossimo
inverno. Si dovrà pure procedere alla elezione di cinque membri del Concistoro che con questo mese hanno compiuto il
quinquennio del loro mandato.
(• L’inizio delle attività avrà
luogo con un culto fissato per
domenica 28 c.m. alle ore 10. I
catecumeni dei quattro anni dovranno trovarsi alle ore 9.15 nella Sala Albarin.
Culti e decessi
SAN SECONDO — I culti di
domenica 17 e 24 agosto sono
stati presieduti da Peggy Bertolino e Rosanna Paschetto il
primo e dal pastore Gianni Genre il secondo. Li ringraziamo
per i messaggi rivoltici.
Ringraziamo anche Stefania
Bertolino per gli interludi con
il flauto dritto.
• Il Signore ha chiamato a Sé
i fratelli : Renato Don, Enrico
Paschetto e Giulio Paschetto.
Esprimiamo ancora la nostra
fraterna simpatia ai familiari ricordando il messaggio della Risurrezione.
<f Pro Miramonti »
VILLAR PELLICE — La giornata «Pro Miramonti» s’è svolta con buona affluenza di pubblico. Anche il provento è stato
buono e sarà di aiuto nei lavori di ampliamento della Casa.
Sentita gratitudine a tutti coloro che hanno offerto doni in
natura o in denaro, a chi ha lavorato per preparare cibi, dolci...
per allestire i vari banchi di
vendita e che in uh modo o nel
l’altro ha dato la sua collaborazione alla riuscita dell’incontro.
'• Alla fine del mese di luglio ci hanno lasciato i fratelli: Talmon Giovanni, di anni
80, e AUio Giovanni, di anni 85.
Rinnoviamo ai familiari la nostra fraterna solidarietà in Gesù
Cristo.
• La chiesa ringrazia sentitamente i pastori A. Janavel e
Gustavo Bouchard per la loro
visita e per il messaggio rivoltoci nel corso dei culti che hanno presieduto.
• Si sono uniti in matrimonio: Varoli Luca e Armand Ugon Lucetta, Ricca Riccardo e
Foglia lisa Nicoletta; a questi
sposi rinnoviamo l’augurio che
il Signore sia sempre l’ospite
del loro focolare.
• Viva gratitudine al gruppo
di trombettieri del Baden che,
guidati dal M® Ludwig, hanno
offerto un apprezzato concerto
ed hanno accompagnato gli inni di un culto, nonché al gruppo
di trombettieri e di flauti della
Vestfalia, che anch’essi hanno
guidato il canto nel corso di un
culto.
I nostri incontri
PINEROLO — Nonostante la
assenza di molti pinerolesi in
vacanza ci siamo ritrovati ogni
domenica, nei mesi di luglio e
agosto, con fratelli di altre località che abbiamo accolto con
gioia, in particolar modo Hans
Martin Lange e Dietrich Lenck
della chiesa regionale della Sassonia.
• Durante il culto del 10 agosto abbiamo assistito al matrimonio di Marco Gallian con Ka
tia Cattadori e in due altre domeniche al battesimo di Matteo
Jahier, Simona Grìotto e Alex
Giacomino.
Su tutti rinnoviamo la richiesta di benedizioni del Signore.
• E’ terminata la vita terrena
di Bernardo Motta. La nostra
solidarietà alla sua famiglia e
in particolare alla moglie degente in ospedale.
Predicatori estivi
S. GERMANO CHISONE —
Un sincero ringraziamento da
parte della comunità vada ai
fratelli Andrea Ribet, Aldo Garrone, Ileana Borre! Lanfranco e
Andrea Garrone che hanno presieduto i culti delle domeniche
13, 20, 27 luglio e 3 agosto e cioè
durante l’assenza del pastore
lontano da noi non solo per le
vacanze, ma anche per aver partecipato al convegno ecumenico
de La Mendola.
La comunità si è rallegrata
assai di rivedere il pastore Conte e la signora, altri ex sangermanesi ed amici di passaggio
alle Valli; ad ognuno di loro rinnoviamo da queste colonne il nostro saluto più affettuoso e fraterno.
Mancano
solo i mobili
ANGROGNA — Una sessantina di persone riunite nel saloncino della ”Ca d’ia pais”, con il
caminetto acceso, hanno partecipato al culto di domenica 14.
L’ultimo per quest’anno lassù ai
millecinquecento metri del Bagnóou. Si spera, nel corso dei
mesi invernali, di riuscire a
organizzare l’arredamento della
casa (in armonia con lo stile
architettonico) al fine di renderla
pienamente agibile per la prossima estate.
ne e nella conduzione della giornata. L’affluenza è stata notevole e molto varia; si sono notate persone provenienti da Torre Penice, Pìnerolo, S. Germ.ano, Pomaretto e tanti altri, a
cui va il ringraziamento della
comunità per questo segno di
solidarietà concreta. Subito dopo il bazar sono iniziati i lavori. Anche in questa occasione
notevole è stato il contributo in
lavoro volontario e materiali regalati (legname, lose). In particolare la comunità si rallegra
per la riparazione quasi ultimata della scuola di Campolasalza,
che fra le altre destava maggiori preoccupazioni. In questa borgata si è sviluppata una collaborazione molto bella fra gli
abitanti ed altri volontari esterni. Il comitato, che era stato
creato per collegare tutte le persone particolarmente interessate
al progetto, e che ha lavorato
nel corso dell’inverno per preparare il bazar e raccogliere i
fondi, è stato e continua a rappresentare una esperienza molto bella di conoscenza e di lavorò in comime fra massellini,
ex massellini e sorelle e fratelli
provenienti da altre comunità,
valdesi, metodiste e taattiste. Perciò un altro degli scopi perseguiti è stato raggiimto : quello
di fare lavorare insieme persone diverse, ma tutte motivate,
ad un progetto comune. Siccome con i fondi raccolti per ora
si sono potuti solo riparare i tetti e compiere qualche opera di
muratura, il Concistoro intende
proseguire la raccolta di fondi,
mentre stanno maturando alcune idee e proposte sull’utilizzo
futuro delle scuole. L. P.
Calendario
Giovedì 18 settembre
n INAUGURAZIONE
DELL’ANNO
SCOLASTIGO
TORRE PELLICE — Alle ore 15 nell'Aula Sinodale si tiene l’inaugurazione dell'anno scolastico del Liceo Classico-Linguistico valdese. Gli ailievi
si trovano alle ore 14,30 nelle rispettive classi del Collegio. Tiene la prolusione il past. Giorgio Tourn sul tema
<. Fede e religione ». Tutti sono invitati
a partecipare.
Domenica 21 settembre
□ ORA DI RELIGIONE
PINEROLO — Alle ore 15 nella sala
valdese di via dei Mille 1, la Commissione Esecutiva Distrettuale del 1° distretto organizza un dibattito sui tema
« L'ora di religione cattolica e le attività alternative ». Introducono: Franco
Calvetti, direttore didattico; Paolo Ribet, presidente del Comitato pinerolese per la laicità delia scuola.
□ RISTRUTTURAZIONE
SCUOLA BECKWITH
TORRE PELLICE — Alle ore 12.45 di
domenica 21 settembre, presso la
scuoia Beckwith dell’Inverso Roland!
si terrà un pranzo con asado a cura
dei membri del quartiere, il costo è
di L. 8.000 e le prenotazioni si raccolgono presso il negozio Foto Pellegrin.
Alle ore 15 si terrà la riunione di inaugurazione dei lavori di manutenzione
della scuola.
Mercoledì 24 settembre
n INCONTRO UNIONI
FEMMINILI DEL
PRIMO DISTRETTO
PRAROSTINO — Inizierà alle ore
14.30 al presbiterio valdese rincontro
delle responsabili delle Unioni Femminili del primo distretto, indetto dalla
FFEVM. All’ordine del giorno la programmazione dell’attività di insieme
1986/1987.
8
8 cronaca delleValli
19 settembre 1986
DAL CONVEGNO DEL PCI A TORRE PELLICE
‘‘iVo ai
terronP^
Sulla strada che porta all’antico tempio del Ciabas, l'amministrazione comunale di Angrogna
ha posto, di recente, un cartello
ben visibile: « Questo comune ha
detto no al nucleare ». Con il favore delle tenebre, l’altra notte,
una mano ignota ha sostituito il
« no al nucleare » con un « no ai
terroni ». Si può sorridere pensando che gli imbecilli saranno
sempre tra noi. Non è il caso di
farci su una profonda riflessione.
Il giorno dopo leggo sulla rispettabile « La Stampa » di Torino la notizia che alcune cartoline spedite da una località del
Nord Italia, da parte di un gruppo di ragazzi siciliani, sono state
manomesse con scritte del tipo:
« Terrorii, non tornate più qui! ».
Certo si può supporre che in entrambi i casi si è trattato semplicemente di uno scherzo. Pesante, di cattivo gusto, ma pur
sempre uno scherzo. Ma non credo che questo tipo di episodi
possano essere semplicemente
liquidati come scherzi inqualificabili. In realtà essi tradiscono
(e ne potrei citare molti altri)
un razzismo latente, una mentalità superficiale e fascistoide che
è presente nella società in cui viviamo e quindi anche in queste
Valli.
Parliamo di. lotta contro l’apartheid in Sud Africa ma a volte
Vorticello razzista lo coltiviamo
anche noi, a casa nostra. Il Sud
va bene per le vacanze estive, in
quanto al viverci e lavorarci diventa tutto più problematico. E’
sintomatico il fatto — per parlare di cose nostre — che nessun
pastore nordico (salvo rarissime
eccezioni) sia disposto a trasferirsi armi e bagagli, al Sud. In
questo caso non si tratta certamente di razzismo, tuttavia per
una serie infinita di motivi, belli
e brutti, il divario tra Nord e
Sud tende ad approfondirsi. E
quando manca il collegamento,
lo scambio, cresce la reciproca
ignoranza, il pregiudizio insieme
al desiderio di rinchiudersi nel
proprio mondo conosciuto. Svanisce anche il piacere di confrontarsi. Insamma, è più facile rimanere cittadini di un piccolo paese
di montagna che non va al di là
dell’« orizzonte Piemonte », piuttosto che diventare cittadini italiani, o meglio cittadini del mondo.
Ma lo spirito del valdismo non
può ridursi ad una visione provinciale ed accodarsi a questo
buon senso comune localistico e
pieno di boria proprio perché esso è spirito d’internazionalità, è
profondo rispetto del prossimo
ed è non-violenza. Sono questi
ultimi i valori che vengono da
lontano e che, mi pare, vadano
salvaguardati, valorizzati, e continuamente attualizzati perché
costituiscono lo spirito protestante di queste Valli.
No al nucleare vuol anche dire
no al razzismo, al militarismo,
no alla violenza da qualsiasi parte essa provenga. Perciò è necessario reagire ogni volta che questi valori vengono calpestati o
derisi. Il patrimonio di cultura
e spiritualità che il protestantesimo nei secoli ha costruito in queste Valli non può lasciarsi condizionare da una certa «piemontesità» razzista e provinciale, con la
quale non vogliamo avere nulla
da spartire.
Giuseppe Platone
Una navetta
tra Pinerolo e Torre?
Mancano ancora i dati ufficiali sul futuro delle linee di interesse locale - I progetti per le due strade statali che confluiscono su Pinerolo
Un « no » deciso ai vari progetti di autostrada per Pinerolo e
alla soppressione della linea ferroviaria Airasca-Saluzzo; un appoggio invece al piano di ampliamento delle statali 23 e 589, nonché a tutti i progetti di ammodernamento e di razionalizzazione
per le linee di interesse locale.
Queste, in sintesi, le conclusioni del convegno sulla politica del
traffico viario e ferroviario organizzato dalla federazione torinese e dal comitato zonale di Pinerolo del Partito comunista, tenutosi sabato 13 a Torre Pellice.
Un comunicato stilato al termine
dei lavori parla infatti di « sostegno pieno alle iniziative del comitato per la realizzazione della
superstrada Torino-Pinerolo, con
interventi migliorativi sulla SS 23
(Airasca e None) e con l’adeguamento della pedemontana (589)
alle esigenze del traffico leggero
e pesante (...), unica linea praticabile in tempi realistici»; a proposito invece dei cosiddetti « rami secchi », continua il documento, « si è sottolineato che la mobilitazione e il lavoro condotti
dai comitati di difesa hanno sì
raggiunto significativi risultati, ma
che è necessario proseguire nell’opera di vigilanza e di proposta
delle comunità locali e dei comuni interessati nei rapporti con il
Ministero dei trasporti, con le
FFSS, con la Regione Piemonte.
Una nuova fase infatti si impone
dello sviluppo ferroviario in relazione al sistema metropolitano di
comunicazione. In questa ottica si
è valutato come una diversa gestione delle linee a interesse locale potrebbe favorire una migliore
organizzazione e fruibilità del servizio, a condizione che il Parlamento riprenda l’iter del progetto di legge per il finanziamento
delle ferrovie concesse o di interesse locale ».
Una serie di interventi qualificati aveva permesso di inquadrare l’ampio problema del pinerolese negli aspetti logistici, economici, politici e sociali. Partendo dalla legge finanziaria 1985,
che di fatto ha costretto il Ministero dei trasporti ad un ridimensionamento delle linee a scarso
traffico, e illustrando la situazione attuale delle FFSS, che, anche
a livello economico, va ben oltre
la questione dei « rami secchi »
(la nostra rete è assai ridotta rispetto agli altri paesi europei, e
vi viaggia solo il 9% dei cittadini
che si spostano), il responsabile
del PCI torinese per i trasporti,
Marcello Vindigni, ha avviato i lavori.
Sono stati rappresentati; la Regione dal capogruppo PCI Bontempi (soffermatosi più diffusamente sul nodo stradale), il Consiglio d’amministrazione dell’ente
ferroviario dall’ingegner Peyronel, e il compartimento torinese
nella persona del suo direttore, ingegner Ballatore. Forse per chi si
è occupato in ormai undici mesi
delle iniziative in difesa della linea Pinerolo-Torre Pellice, le novità non sono state molte, ma è
stato almeno chiarito (da Peyronel) che le linee la cui soppressione era prevista per il 28 settembre prossimo resteranno attivate
fino alla presentazione delle conclusioni di una commissione di
studio facente capo al piano generale dei trasporti.
Non era chiaro infatti, all’ultima riunione del comitato di difesa della ferrovia, il 10 settembre
scorso, quale fosse il destino della
Pinerolo-Torre Pellice: mancavano informazioni ufficiali da parte
della Regione Piemonte. E’ quanto ha detto nel suo intervento
Franca Coìsson, riprendendo un
comunicato del comitato, di cui
è presidente; si è appreso solo
dai giornali (La Stampa) che il
28 settembre non sarà il giorno di
chiusura per la ferrovia, ma non
si sa in quali termini e con quali
scadenze proseguirà il servizio,
né si sa se sulla linea verranno
apportati miglioramenti tecnici. Il
comunicato quindi ribadisce le
richieste da tempo presentate (alcune modifiche all’orario, l’istituzione delle fermate di San Secondo e Cappella Moreri, al fine di
allargare la fascia di potenziali utenti) e il rifiuto dell’ipotesi di
un treno-navetta tra Torre Pellice
e Pinerolo, soluzione che non offrirebbe rilevanti vantaggi economici, ed anzi scoraggerebbe molti
viaggiatori a causa del disagio del
trasbordo (specialmente in inverno) e dell’inevitabile allungamento dei tempi di viaggio. In base
a queste prese di posizione, il comitato ha richiesto incontri urgenti con gli assessori regionale
e provinciale ai trasporti e con il
direttore del compartimento ferroviario di Torino.
A conclusione del convegno,
Athos Guasso ha ribadito il carattere di urgenza di tutta la questione dei trasporti nel pinerolese, area in cui viaggiare è sempre
più difficile (e pericoloso), che
rischia di vedersi sempre più isolata, culturalmente e socialmente
oltre che economicamente.
Alberto Gorsani
POMARETTO: LA SITUAZIONE DEL CONVITTO
Un futuro più sereno
Con la ripresa autunnale, il
Convitto di Pomaretto ha raggiunto con gli enti pubblici alcuni accordi che rendono il futuro dei minori ospitati molto
più sereno. Dopo la lettera inviata al presidente dell’USSL 42
dal seggio della Conferenza Distrettuale di giugno, a cui avevano fatto seguito altre prese di
posizione di chiese e organi, scolastici, il mantenimento del servizio è stato assicurato per tutto il 1986. A breve termine si
procederà al rirmovo della convenzione per la comimità alloggio che accoglie ragazzi ai quali
la famiglia non è in grado di assicurare la necessaria educazione.
Altri incoraggiamenti per la
prosecuzione del servizio sono
giunti dai funzionari regionali
responsabili per il settore, con
l’assicurazione che eventuali tagli finanziari riguardano, se mai,
i nuovi progetti, ma non le attività che da tempo hanno dato
risultati apprezzabili sotto ogni
punto di vista.
Tuttavia, se la direzione del
Convitto non ha più per il momento la preoccupazione dell’immediato futuro, i problemi
non mancano e uno dei più urgenti è la necessità di rinnovare
in parte le strutture deH’edificio.
Lo stabile che accoglie il Convitto, oltre alle mense scolastiche e alla nuova famiglia pastorale, risulta di dimensioni sovrabbondanti per una sola comunità alloggio e con le attuali restrizioni finanziarie non
sembra proponibile im aumento
delle possibilità assistenziali.
Le spese di riscaldamento, so
prattutto, oltre agli inevitabili
lavori di manutenzione, sono eccessive per il bilancio del Convitto e la soluzione di questo
problema non potrà essere rimandata a lungo.
E’ bene quindi che le chiese
e le persone singole che si sono
prese a cuore il superamento
della crisi finanziaria continuino ad interessarsi di questa opera, che non fa sempre notizia
ma che ha ancora bisogno di
simpatia e di appKjggio. L. V.
Comitato per
la laicità della scuola
TORINO — In relazione ai
molteplici e spesso gravi problemi connessi con l’attuale normativa suH’insegnamento confessionale della religione cattolica nella scuola pubblica non universitaria, il Comitato torinese per
la laicità della scuola ha provveduto a costituire nel proprio
ambito un Collegio legale di difesa per i cittadini che, singolarmente o in gruppo, avranno
fondati motivi per presentare ricorsi.
Per informazioni, gl’interessati
potranno rivolgersi al tei. (Oli)
687258.
Censimento
del volontariato
TORRE PELLICE — In applicazione della Legge Regionale n.
44 del 27.8.78 l’USSL sta attuando il censimento delle associazioni di volontariato operanti sul
proprio territorio nel campo sanitario e socio-assistenziale.
La Regione ha predisposto una scheda finalizzata a rilevare
la situazione a livello locale, per
valutare successivamente la dimensione regionale del fenomeno.
Le associazioni o gruppi conosciuti dalla Comunità Montana
Val Pellice-USSL hanno ricevuto la scheda da compilare.
I gruppi e le associazioni che
non avessero ricevuto il materiale, possono rivolgersi in ore d’ufficio alla Segreteria Servizio Sociale della Comunità Montana
Val Pellice (tei. 91836-91514).
Dove mettere
i rifiuti?
PINEROLO — La discarica
in cui i comuni del pinerolese
smaltiscono i loro rifiuti ha ancora sei mesi di vita. Poi sarà
esaurita. Dove mettere i rifiuti?
E’ l’interrogativo che si pongono molti amministratori. Pressato dal tempo, il consorzio dei
comuni interessati allo smaltimento dei rifiuti, aveva proposto la costruzione di un inceneritore, che avrebbe dovuto sostituire rimpianto di riciclaggio
inizialmente previsto dall’appalto del 1979. Della cosa si è discusso prima nel consiglio comunale di Pinerolo e poi nel
consorzio. A parte la spesa (si
passa da 6 a 21 miliardi), i timori di inquinamento hanno fatto decidere tutti per un più approfondito esame della questione. Rimane però l’urgenza di
dove collocare i rifiuti.
Hanno collaborato a questo
numero: Archimede Bertolino - Ivana Costabel - Dino
Gardiol - Giorgina Giacone Vera Long - Lucilla Peyrot Teofìlo Pons - Ugo Tomassone.
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9
19 settembre 1986
cronaca delle Valli 9
UNA INDAGINE BIBLICA DELLA TEV
il versetto
che più mi ha colpito
Il Movimento di Testimonianza Evangelica Valdese ha promosso, nel marzo scorso, un’indagine dal titolo: « Qual è il
versetto o il brano delle Sacre
Scritture che ha avuto maggiore incidenza nella vostra vita e
perché? ».
Le risposte sono state numerose e sarebbero state anche
maggiori se il pudore dei propri
sentimenti non avesse fatto da
freno nel rivelare particolari stati d’animo. Ne è sintomo evidente il fatto che molti hanno
chiesto, in caso di pubblicazione, di omettere il loro nome.
Il 40% delle risposte cita brani dell'Antico Testamento (con
18 segnalazioni del Salmo 23 e
12 del Salmo 121). Il 55% delle
risposte cita brani del Nuovo
Testamento (particolarmente segnalati versetti dell’Evangelo di
Giovanni, 18). Il restante 5% cita più brani della Bibbia.
Da un esame più particolareggiato delle risposte, notiamo che
molti credenti hanno ricevuto
conforto e aiuto da un preciso
passo biblico; altri, non credenti. sono stati profondamente toccati in un particolare momento
della loro vita e ciò ha provocato o quanto meno aiutato la loro conversione; molti ricorrono,
ancora oggi, alla Bibbia per ricevere speranza e ne traggono
aiuto, conforto e serenità.
Alcuni esempi. Un fratello scrive: « Ogni versetto ed ogni episodio del N.T. ci dà la gioia della rinascita spirituale in Cristo
Gesù... in questo nostro cammino terreno, giorno dopo giorno,
i vari passi delle Scritture ci
consolano e ci spronano al momento opportuno: li viviamo
perché sono stati scritti per ciascuno di noi ».
Una sorella: « Dopo la mia personale conversione a Gesù, dell'A.T. si è inciso particolarmente in me il versetto di Giosuè
24: 15: “Quanto a me e alla mia
casa serviremo all'Eterno”. Potrei limitarmi a dire: quanto a
me, io servirò l’Eterno, ma rendo grazie a Dio, anche perché
sono tra persone unite in una
famiglia da una unica confessione di fede, membra viventi del
Suo Corpo Spirituale ».
Un altro fratello, citando Matteo 16: 13: « Chi dite voi che io
sia? », afferma: «Mi sono reso
conto che ero mosso da quella
stessa fede confessata da Pietro:
Gesù era diventato, anche per
me, il fondamento, la comunione e il patto ».
Due citazioni del Salmo 121:
« Io alzo gli occhi ai monti, donde mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto
viene dall’Eterno... »: « Il Signore non abbandona mai coloro
che in Lui confidano e sperano »
e « In mezzo alla natura, specialmente in montagna, mi sento più vicina a Dio e mi viene
spontanea la preghiera di riconoscenza ».
Un altro fratello sostiene: « Il
inondo, oggi, non ha bisogno di
tanti predicatori, ma di “praticatori”, di coloro, cioè, che predichino ogni giorno con la pro
pria vita, non solo la .domenica,
questa nuova natura donataci
dallo Spirito Santo. Gesù disse:
"Bisogna che nasciate di nuovo”
(Giov. 3: 7) altrimenti non faremo altro che presentare al
mondo un Evangelo scadente. Il
Cristianesimo è Cristo, vivente
in noi, mediante la nuova nascita. A proposito di questo versetto, ricordo con commozione
la testimonianza resa da un caro fratello scomparso lo scorso
anno: tremandosi in Inghilterra,
per incarico dell’azienda per cui
lavorava, alla domenica si era
recato in una chiesa, come era
solito fare in Italia. Il pastore,
a fine culto, cercò di informarsi
del perché tosse venuto e chi
fosse. Il nostro fratello, che conosceva poco la lingua, riuscì a
spiegargli la sua fede mostrandogli, appunto, Giovanni 3: 7! ».
« L’Evangelo è potenza di Dio
per la salvezza di ogni credente » (Romani 1: 16). Questo versetto, scritto sulla vetrata del
Tempio di Messina, ha fatto riflettere, domenica dopo domenica, un giovane fratello, che ha
compreso la forza dell’Evangelo
per sé e la necessità di mettere
in pratica i suoi insegnamenti.
Una sorella scrive: « Marco
4: 35: Fattasi sera, il Signore
disse: passiamo all’altra riva;
queste parole in tutta la loro
semplicità, hanno tanto contenuto: sapere, sentire, con tutta
certezza, l’esistenza di questa altra sponda, è per me una grande consolazione ».
Per Tirino alla carità di Corinzi 13, diverse sono state le segnalazioni: « Credo che sia l’essenza dell’attuazione pratica per
noi cristiani, mi correggo, per
noi aspiranti cristiani ».
« Durante uno studio biblico
sulla vocazione, udii leggere
Isaia 6: 8: Chi manderò? Sentii quella domanda rivolta a me
personalmente — ci scrive un
pastore — e risposi: Eccomi Signore, manda me! In seguito,
tante volte (come non confessarlo?) cercai di svincolarmi, ma
Egli è venuto, sempre, a cercarmi e ad aiutarmi; ora ancora,
sono pronto a dire: manda me! ».
E dal più citato Salmo 23:
« Il Signore è il mio Pastore,
nulla mai mi mancherà », molti
hanno ricevuto « la certezza che
il Signore müi li avrebbe abbandonati », di « non essere soli »;
« E’ quello più vicino al mio cuore »; « Lo ripeto, all’inizio di ogni
giorno, mi dà sicurezza e serenità »; « In esso vi è tutto quan
to un cristiano desidera nella
sua vita ».
Un’altra sorella, che ha perso
due fratelli in un bombardamento e tutto ciò che la sua famiglia possedeva durante l’ultima
guerra, scrive: « Ho ricevuto,
sempre, da questo Salmo, la certezza di un aiuto, la forza e la
rassegnazione e, nei momenti
difficili che ancora attraverso,
queste parole mi danno la forza e la sicurezza ».
Infine anche una testimonianza di un fratello arrestato dalla
Gestapo e rinchiuso in carcere
con Jacopo Lombardini, a Torino, poi in un lager tedesco.
Lo salvò, credendolo uno dei
suoi, un medico tedesco. Durante la degenza in ospedale, lesse
Romani 8: 28: « Ora noi sappiamo che tutte le cose cooperano
al bene di coloro che amano
Dio... »: « La mia vita da quel
momento è stata serena, anche
durante le prove successive ».
Molti sostengono che non solo
un versetto della Bibbia ha avuto incidenza nella loro vita. Una
sorella scrive che « tutta la
Scrittura è una sinfonia, basta
ascoltarla per essere trasportato in alto, ti penetra, ti trasforma. Se sono preoccupata per
qualcosa, ecco Luca 12: 22: “non
Pensièri di settembre
Gino, Luca e Mario ci hanno
lasciato tragicamente in questa
fine estate, gettando nel lutto
un’intera vallata. Incidenti come
questi, in cui perdono la vita ragazzi di sedici, ventuno o ventidue anni, un’età che lascia spazio
a molte speranze e molti progetti, provocano un turbinio di pensieri, per lo più confusi e di rabbia, nella mente di ognuno di
noi. Cercherò di esprimere alcuni dei miei.
1) In ogni epoca, tra i bisogni di ogni individuo, vi è forse
stata la ricerca di sensazioni
forti ed ogni epoca ha risposto
a questa necessità coi mezzi che
aveva a disposizione.
Oggi, questo bisogno di forti
emozioni, è risolto in mille modi: con Talcocl, la droga, la velocità, Un giro in deltaplano, uria
partita di calcio, e, ai limiti, le
violenze su bambini o persone
anziane, la depravazione, gli stupri, gli omicidi, ecc. Il problema
sta nel fatto che queste sono
sensazioni effimere, di un momento brevissimo, che bisogna
ripetere di frequente, che non
hanno sbocchi concreti, che non
lasciano traccia nel cuore o nel
la mente. I rischi vengono così
aumentati di volta in volta ed
in questo ha certamente anche
la sua parte il divismo, la voglia
di sentirsi più forte di tutto e di
tutti.
2) Il « vantaggio » di questo
tipo di sensazioni forti è la facilità con cui si possono provare: sono alla portata di tutti.
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richiedono poco tempo e poco
denaro.
Le nostre attività ecclesiastiche, anche quelle più fantasiose,
difficilmente riescono ad offrire
questo tipo di emozioni: la fede
non è un attimo formidabile
(Matteo 17: 4), ma un cammino,
una ricerca comune, che non si
esaurisce mai, che non ha mai
una fine, che richiede costanza
ed impegno.
3) Il « rischio del progresso »
è un rischio al quale tutti siamo
esposti. Quante volte noi siamo
schiavi delle comodità, delTautomazione, della meccanizzazione, quante volte diventiamo strumenti in mano alle macchine inventate da noi stessi?? E’ chiaro che tutto ha un prezzo, anche
il progresso, ma io credo che
nulla valga ima vita, soprattutto se il perderla non va a vantaggio di nessuno e di nulla.
Quando la nostra esistenza è
dominata dalle creature che
qualcuno dì noi ha « partorito »,
allora è veramente giunto il
momento di chiederci se siamo
ancora noi gli uomini o se invece non siamo noi gli automi, coloro che non sanno percepire
quando è il momento per certe
cose oppure per altre, che non
sanno discemere il bene dal male (spesso questo si fa troppo
tardi...).
4) Non solo il pregresso ha
due facce di una stessa medaglia, ma anche il bombardamento di informazioni da noi ricevute, che è poi una parte del
progresso stesso. Ogni giorno si
sentono rumori di stragi, di massacri, di guerre, di incidenti lon
tani e ciò rischia di farci credere immuni, di farci sentire al di
fuori di ogni disgrazia. Ma perché a noi no e agli altri sì??
Il rischio che le notizie passino
sopra la nostra testa senza neppure sfiorarci ed entrare in noi
è grande ed è proprio questo
che ci fa sentire o rassegnati o
troppo forti, che ci fa subire passivamente gli eventi, come sp
nessuno di noi avesse mai réspcnsabilità in nulla, perché « sono cose che sono sempre accadute da ogni parte nel mondo e
mai nessuno ha potuto farci nulla». Subire passivamente gli eventi e non fare mai nulla per
viverne altri in modo positivo
ed attivo.
5) Purtroppo anche la lezione
imparata in casi come questi rischia di essere dimenticata troppo in fretta: il tempo di un funerale, di un abbraccio, di due
ore di pianto e commozione. C’è
poi invece chi rischia di non dimenticare mai più, soprattutto
chi questi avvenimenti li ha vissuti o subiti.
Un altro rischio è quello di
non utilizzare ciò che si vede o
si sente come esperienza per se
stessi.
L’augurio per tutti è che Colui
che ha chiamato donne e uomini a seguirlo, chiami anche noi
oggi alla responsabilità personale, alla costruzione di una vita
più sensata, che vada al di là
delle sensazioni di un attimo, ma
si fondi sull’amore e sulla comunione continua con chi vive con
noi su questo pianeta.
Dario Tron
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GIRARDON
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Via Rossini, 2 - Tel. 781.371 10093 COLLECNO (To)
siate con ansietà solleciti”; se
mi assale la paura, ecco il Salmo 23: “nulla mai ti mancherà”
o il 55: “getta sull’Eterno il tuo
peso”. Nella 7“ ep. di Giovanni:
"Dio è amore”, tre parole che
sintetizzano tutto: Dio ci ama,
ci perdona, ci comprende, ci aiuta, ci indica la via da percorrere, ci spinge ad amare, a perdonare, a comprendere ed aiutare
il fratello. Nulla si può togliere
e nulla si può aggiungere ».
I Giovanni 2: 14: « Giovani,
vi ho scritto perché siete forti e
la Parola di Dio dimora in voi
e avete vinto il maligno. Non
amate il mondo: se uno. ama il
mondo, Tamor del Padre non è
in lui... ». Questi versetti ispirano una giovane sorella, che trova, in essi, un inno dei giovani, un motivo in più per non cedere al male e rialzarsi ogni volta che si cade: « A noi non è
permesso vivere di rendita cristiana — afferma —; dobbiamo
rivoluzionare il mondo per Cristo, con le armi dell’amore. La
Bibbia non è solo ’roba da vecchi’, come alcuni sostengono! ».
a cura di
Aldo Rostaìn
« Allora i giusti risplenderanno
come il sole nel regno del Padre loro »
(Matteo 13: 43)
All’età di 42 anm è improvvisamente mancato àll’afletto dei suoi cari
Roberto Rostain
Ne danno annuncio con profondo dolore la moglie Claudia Lattea, la sua
adorata piccola Silvia, i genitori Èva
ed Enrico.
Bologna, 13 settembre 1986
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Guardia Farmaceutica :
DOMENICA 21 SETTEMBRE 1986
Perosa Argentina: FARMACIA FORNERIS - Via Umberto I - Tel. 81205.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
( Distretto di Pinerolo )
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva e festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia Farmaceutica r
DOMENICA 21 SETTEMBRE 1986
Torre Pellice: FARMACIA INTERNAZIONALE - Via Arnaud 8 - Telefono
91.374.
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice: Telefono 91.996.
10
10 uomo e società
19 settembre 1986
UN PROBLEMA APERTO
Religione a scuola;
proposte
li divario tra
ia Paroia e ia vita
Tra il 18 ed il 29 settembre in tutta Italia riprenderanno le
scuole. Rimangono i problemi di sempre: organici degli insegnanti,
aule, materiale didattico. Ed uno nuovo: l’ora di religione e la cosiddetta “ora alternativa” per coloro che non si avvalgono dell’insegnamento cattolico. Sono arrivati in extremis i nuovi programmi
per la scuola materna, ed i vari consigli scolastici sono impegnati
nella definizione di orari, insegnamenti. Tra le varie proposte pubblichiamo qui quelle del SAE e del Comitato torinese per la laicità.
Documento
dei SAE
Il gruppo interreligioso di studio suH’insegnamento della religione nella scuola, riunitosi nel
corso della XXIV Sess. del S.A.E.
(Segretariato Attività Ecumeniche) a La Mandola (TN) dal 27
luglio al 3 agosto 1986, dopo aver
ampiamente discusso vari aspetti del problema,
DENUNCIA
per quanto riguarda il passato,
le profonde lacerazioni che la
vicenda ha prodotto nei rapporti
ecumenici, sia per le procedure
seguite che hanno escluso di fatto qualsiasi previo confronto fra
le diverse Chiese cristiane e fra
esse e le altre Comunità religiose
presenti in Italia; sia per la situazione creatasi di forte opposizione da parte delle Comunità
non cattoliche e di diminuita
credibilità ecumenica della Chiesa cattolica.
Ritiene che l’attuale quadro legislativo — pur se formalmente
corretto per Taffermazione del
principio della libertà religiosa
— ostacoli la reciproca comprensione, innalzi nuovi steccati, soprattutto introduca nella scuola
un elemento di divisione, ponendo i ragazzi — in particolare
quelli della materna ed elementare — di fronte ad esperienze di
fatto discriminatorie, educativamente dannose ai fini della promozione di una convivenza civile
tra diversi che sia di reciproco
arricchimento.
Deplora, nel modo in cui si è
risolta la vicenda, l’oggettiva convergenza verificatasi tra gli ambienti più integristi sia del cattolicesimo sia del laicismo, che
rende più difficile dirsi nella
scuola al tempo stesso credenti e
laici.
Denuncia infine i condizionamenti molteplici che hanno ridotto l’effettiva libertà di scelta
di insegnanti, genitori e studenti.
RACCOMANDA
nella situazione presente, alle
Chiese e alle Comunità religiose
presenti in Italia di ricercare insieme tutti quei comportamenti
che possono contribuire a orientare la situazione in una prospettiva ecumenica utilizzando tutti
gli spazi disponibili. A tal fine
ritiene opportuno
a) che la formazione e l’aggiornamento degli insegnanti siano di norma aperti alla conoscenza e al contributo di insegnamento delle diverse Chiese e
Comunità religiose;
b) che nei programmi e nei
libri di testo sia tenuta presente la dimensione ecumenica, consultando e coinvolgendo nella
loro elaborazione e verifica le
diverse Chiese e Comunità religiose;
c) che nei programmi il dovuto spazio sia dato allo studio
storico-critico della Bibbia quale testo fondamentale per la nostra cultura;
d) che la metodologia dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola sia realmente
ecumenica, non solo nel senso di
un doveroso rispetto della libertà di coscienza individuale, ma
soprattutto nella capacità di valorizzare le differenti posizioni
in un confronto aperto e sereno, in un reciproco arricchimento di valori.
AUSPICA
per il futuro che una prassi
ecumenica pienamente partecipata, sempre più diffusa e applicata, conduca ad un profondo
cambiamento culturale e di
mentalità, tale da rendere possibile un superamento in positivo dell’attuale quadro normativo. Questo superamento dovrebbe essere frutto di una convergenza delle diverse componenti religiose, culturali e politiche del nostro paese, al fine di
introdurre nella scuola italiana
un insegnamento curriculare e aconfessionale sul fatto religioso,
fermo restando il diritto degli
studenti e delle famiglie di richiedere anche interventi confessionali facoltativi e non curricu
INCHIESTA DI COM - NUOVI TEMPI
Una mappa delle
chiese denuclearizzate
« Denuclearizzare » il proprio
locale di culto; è un gesto simbolico, un gesto « piccolo » che
però può diventare significativo
nella misura in cui a partire da
esso si sviluppano iniziative e
contatti, si realizza una controinformazione, si stimolano gli
enti locali a prendere posizione
sulla pace. Molte chiese evangeliche hanno già denuclearizzato
i propri locali, rispondendo all’invito della Commissione pace
e disarmo delle chiese battiste,
metodiste e valdesi. Ora il quindicinale interconfessionale «comnuovi tempi» (cfr. il n. 15-16 del
10-24 agosto 1986) intende rilanciare la campagna a livello ecumenico. E’ nostra intenzione
pubblicare entro la fine dell’an
no una « mappa delle chiese denuclearizzate in Italia » con gli
indirizzi delle varie comunità religiose denuclearizzate, nella speranza che questo possa contribuire alla creazione di una rete
ecumenica di pace. Chiediamo
perciò a tutte le comunità evangeliche che hanno dichiarato i
propri locali zona denuclearizzata di volercelo comunicare, allegando copia del relativo ordine del giorno e possibilmente
indicando le reazioni, le iniziative ed i contatti che fossero nati
in seguito alla dichiarazione di
denuclearizzazione. Si prega di
scrivere a Luca Negro, comnuovi tempi, via Firenze 38, 00184
Roma.
lari a carico delle'rispettive comunità.
La prospettiva di cui sopra
implica nelle Università un incremento dei dipartimenti di Scienze Religiose per una adeguata
formazione degli insegnanti ed
un arricchimento della cultura
italiana per quanto riguarda la
dimensione religiosa.
Relatore: Mario Gozzini.
Consulenti: Sandro Ventura
(ebreo); don Giovanni Cereti
(cattolico); past. Piero Bensi
(evangelico).
Comitato torinese
per ia laicità
della scuola
In relazione ai molteplici e
spesso gravi problemi derivanti
dall’attuale normativa sull’insegnamento confessionale della
religione cattolica nella scuola
pubblica italiana di ogni ordine
e grado e sulla connessa imposizione di attività « integrative »
o « alternative » agli alunni che
non intendono avvalersi dell’insegnamento religioso, il Comitato torinese per la laicità della
scuola ribadisce in linea di principio :
— la necessità del superamento del regime concordatario che
garantisce il privilegio della
Chiesa cattolica nella scuola,
nella società e nello Stato, e
comporta discriminazione fra
cittadini cattolici e non cattolici, credenti e non credenti, sotto l’apparenza di una conquista
di libertà;
— l’urgenza, nel permanere
del Concordato da cui essa deriva, di una profonda revisione
dell’Intesa tra Autorità Scolastica e -Conferenza Episcopale Italiana che — con le successive
circolari Falcucci del 3 maggio
e del 24 luglio 1986 — ha leso nella sostanza il carattere facoltativo della scelta religiosa e ha
imposto norme macchinose, praticamente non attuabili in modo equo ed efficiente;
— l’opportunità di collocare
l’insegnamento religioso cattolico nelle ore pomeridiane, al fine di garantirlo nello spirito
delle disposizioni vigenti e dello
stesso Concordato a chi ha chiesto di avvalersene, eliminare gli
oneri dei momenti alternativi
per chi non se ne avvale, ristabilire l’eguaglianza di tutti nella
scuola di tutti.
Nella prospettiva immediata
dell’anno scolastico 1986-1987 il
Comitato torinese per la laicità della scuola sollecita i dirigenti scolastici, gli insegnanti,
gli studenti e le loro famiglie ad
impegnarsi perché :
— nella scuola di base — materna, elementare, media — si
faccia ogni serio sforzo per organizzare in modo non traumatico e non discriminante attività alternative alla religione confessionale realmente qualificate
e formative;
— nella scuola secondaria superiore si favoriscano ampiamente le ore autogestite dagli
alunni con la consulenza specifica di docenti ed esperti esterni
e le attività di studio individuale
potenziando la corretta fruizione
delle attrezzature scolastiche, biblioteche e laboratori;
— vengano tempestivamente
segnalati, denunciati, rimossi tutti gli abusi e le situazioni alienanti 0 discriminanti che dovessero verificarsi nelle diverse circostanze ambientali a scapito
della parità effettiva di diritti
degli-allievi è delia libertà nella
scuola.
(segue da pag. 1)
la tentazione di fare un discorso
molto piatto, assolutamente e puramente consolatorio, un discorso paradossale che evita di fare
i conti con la realtà. Secondo la
nostra esperienza, salvo nei casi
rari di progresso della medicina,
i ciechi non ricuperano la vista,
gli zoppi raramente camminano,
i lebbrosi a volte sono risanati,
i sordi spesso diventano più sordi, i morti non risorgono e ai poveri raramente viene annunciata
la salvezza. Davanti a questa parola di Matteo è necessario porsi
alcune domande: quando Matteo
ha scritto questo testo, non si è
forse lasciato prendere la mano
dal profeta Isaia? Forse Matteo
non si è in fondo sbagliato? Oppure: i segni del Messia per noi
sono altri?
La nostra esperienza e la parola della Scrittura stanno una
accanto all’altra e sono in un certo senso e in una certa misura
una la negazione dell’altra. Forse si può anche non colmare immediatamente quello spazio che
c’è tra la nostra esperienza della rottura della vita e la promessa di integrità della vita, di
restituzione della vita che troviamo nell’Evangelo. Si può anche evitare di riempire ad ogni
costo questo divario, questo spazio tra la nostra esperienza e la
Parola con delle formule che
cercano di coprire la frattura,
che sono teologicamente vere
ma che non rendono conto della frattura che si è aperta. Penso che questa frattura che esiste
tra la nostra esperienza di rottura della vita, della ristrettezza
del nostro futuro e la promessa
della Parola che ci annuncia l’integrità della vita e della prospettiva futura possa essere colmata
solo dall’interrogazione della fede. Se ci pensiamo, tutto oggi
viene accettato senza grossi traumi per la fede. Se la tua vita di
diciassettenne ha poco futuro,
in un certo senso la vivi con
rassegnazione, con la rassegnazione di quelli che non hanno
il potere di cambiare niente. Se
la vita del tuo amico di vent’anni è finita puoi sempre dire:
« Era la sua ora, prima o poi
tutti hanno un destino ».
Ma prima di cercare in queste situazioni facili risposte religiose potremmo far nostra l’interrogazione della fede che chiede conto a Dio di questa opposizione tra vita spezzata e promessa di integrità. E’ importante, mi pare, non fare necessariamente quadrare il cerchio ad
ogni costo con risposte piene di
saggezza. La scarsità di prospettive, la sofferenza sono da vivere
innanzitutto come negazione di
Fondo di
solidarietà
Nel dare qui appresso l’elenco delle offerte pervenuteci a
tutto il 31 agosto, ricordiamo ai
lettori che attualmente la destinazione del denaro raccolto è
il Chipembi Farm College, la
scuola di agricoltura dello
Zambia (Africa), ed in modo
particolare per rimpianto idrico per sfruttare l’acqua che si
trova sotto terra. Le offerte vanno inviate al c.c.p. n. 11234101 intestato a La Luce, Fondo solidarietà, Via Pio V, 15, Torino.
L. 200.000: Aldo Clemenzi.
L. 100.000: Delia Fontana: Lola e
Edna Passera.
L. 50.000: Catterina Poèt Passarelli.
L. 40.000: Sara e Sauro Gottardi.
L. 30.000: Gabriella Grillo.
L. 20.000: Gina Berrà.
Totale L. 540.000; tot. precedente L.
3.062.049; In cassa L. 3.602.049.
questa immagine di integrità e
di trionfo della vita in Gesù Cristo e non solo come degli accidenti occasionali che possono
essere risolti immediatamente.
L’Evangelo ci dice che la promessa di Dio non ci toglie dalle
sofferenze ma ci dà la forza per
vivere all’interno di queste. Alcuni anni fa ho sentito — quando sono andata al funerale di un
mio amico — il past. Bruno Rostagno che diceva che il male
circola nel mondo e che in fondo la morte di questo mio amico — e amico di tariti altri —
era proprio « il segno della circolarità del male ».
Durante questa estate ho riflettuto a lungo su questo problema. Ritengo che la promessa dell’Evangelo, la vittoria di
Gesù, buca — se posso dire così
— questa “circolarità", apre delle piccole brecce. Queste brecce
in questa circolarità diventano
per noi condizione di vita perché solo nella circolarità che
non ha interruzione ci può essere una stretta mortale. Davanti al male, davanti alla sofferenza, davanti all’interrogativo sul
futuro vale a maggior ragione
quanto dice Karl Barth sul discorso teologico in generale.
Barth, a grandi linee, afferma:
noi in quanto teologi dobbiamo
parlare di Dio, però noi siamo
uomini e allora come tali non
possiamo parlare di Dio. Nel nostro discorso teologico dobbiamo sapere Luna e l’altra cosa,
il nostro dovere e il nostro non
potere. E proprio in questo, cioè
nel sapere le due cose, noi possiamo dare gloria a Dio.
Erika Tomasso ne
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