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ì sodali e diaconia
Ì^AN-JACQUES PEYRONEL
Anno IX - numero 6 - 9 febbraio 2001
lECO DELLE VALLII
Pineroiese, traffico diffìdie
di MASSIMO GNONE
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I BIBBIA E ATTUALITÀ■ | La scuola italiana sta cambiando nella struttura e nella funzione formativa
LUCI E OMBRE
«Poiché ora vediamo come in uno
specchio, in modo oscuro, allora vedremo faccia a faccia»
I Corinzi 13, 12
CHISSÀ se Maria José, l’ultima
regina d’Italia, era tutto quello
che ne hanno scritto i giornali.
L’apertura dei suoi diari, tra settant’
anni, provocherà (se a qualcuno interesserà ancora) un po’ di ricerche
e forse qualche saggio. Per ora ci
dobbiamo accontentare delle varie
icone che ci sono state consegnate.
Lo specchio è oscuro, come quegli
specchi antichi che non rimandavano immagini nitide. Questo è ü pensiero che emerge in noi ogni volta
che leggiamo i necrologi per qualche
persona, soprattutto se la sua vita si
svolta in momenti cosiddetti cruciali della storia del mondo.
CHE esista un mistero della vita
umana, un impasto di luce e di
ombra insondabile alle scienze, al
buon senso e resistente a molte delle
nostre spiegazioni, è un fatto riconosciuto. C’è anche nelle nostre liturgie
di funerale, in cui si affida alla misericordia di Dio la sorella o il fratello
che «in questo rtiondo ha vissuto la
sua parte di luce e di ombra». Secondo questa liturgia rinunciamo a fare
delle persone delle icone. Ognuno fa
la sua parte nel mondo e la notorietà,
il salire o scendere nell’opinione
pubblica o presso i suoi, sottolinea in
fondo il mistero che è ogni vita umana e la sua insondabilità. Questo naturalmente non significa che le persone non possano essere oggetto di
indagine o che non vadano messe davanti alle loro responsabilità storiche,
penali e civili come sta accadendo
con Pinochet. Rinunciamo però a fare di chiunque un’icona del bene o
del male. Né beati, né dannati.
LO specchio in cui ci specchiamo
resta oscuro e resterà oscuro anche quando la storia, le scienze e la
giustizia avranno consegnato frammenti di immagine di uomini e donne alla storia. Questo testo sembra
avere per concetto fondamentale la
parola imperfezione. Noi possiamo
agire sulle responsabilità delle persone nelle relazioni umane e storiche,
ma la totalità della conoscenza ci è
preclusa; noi possiamo amare gli altri, ma il nostro amore sarà sempre
imperfetto; noi possiamo cercare di
comprendere il nostro momento
storico, ma in un modo sempre imperfetto. A maggior ragione possia
mo cercare di comprendere la vo
lontà di Dio, ma il risultato sarà
sempre perfettibile.
PAOLO sposta il nostro momento
della conoscenza di Dio e di noi
stessi in un tempo escatologico. Nel
tempo escatologico ci sarà una reci
procità della conoscenza tra noi e
Dio. Oggi viviamo al contrario uno
sbilanciamento della conoscenza: Dio
conosce perfettamente, noi conosciamo noi stessi, gli altri e lui solo in
parte e in modo oscuro. Non abbiamo strumenti alla nostra portata per
superare questa nostra imperfezione.
Come viviamo allora questa parola?
Come una liberazione, o come una
delle tante dannazioni deH’essere
umano? Più probabilmente la constatazione della nostra imperfezione sta
nell’essere rimandati alla sobrietà
dell’agire nel campo umano e per chi
è credente, all’attesa del Regno.
Erika Tomasso ne
La trasmissione del sapere
La struttura scolastica di un paese è un indicatore della sua civiltà. La scuola è
capace di trasmettere conoscenza incidendo nell'esistenza concreta dei giovani?
ROSANNA CIARPA
SI va sviluppando in questi mesi
un dibattito impegnativo e serio
sulla scuola. Si comincia forse a
comprendere che la scuola, in quanto istituzione formativa, è un problema di dimensioni nazionali ed è anzi
un indicatore specifico del livello di
civiltà del paese. Mi sembra anche
che ci sia stato un significativo spostamento di accento dalla questione
pur rilevante delle riforme di struttura (anche la scuola deve misurarsi
con i parametri aziendalistici della
produttività), a quella sicuramente
centrale della sua funzione formativa
ed educativa: il ruolo degli insegnanti come agenti primari di questa formazione, le modalità di trasmissione del sapere, i meccanismi dell’ap
Terremoto in India
I primi aiuti
dalle chiese
L’agenzia ecumenica Action by
Churches Together (Act) ha impostato un programma di soccorso per le
vittime del terremoto che ha colpito
l’India il 26 gennaio scorso, in primo
luogo inviando aiuti per 100.000 dollari tratti dai fondi di emergenza, e
subito dopo lanciando un appello
specifico per la raccolta di fondi per
realizzare a breve termine gli interventi necessari: al momento sono stati raccolti 2 milioni di dollari, ma
l’obiettivo è di arrivare almeno à 3
milioni. L’agenzia Churches Auxiliary
for Social Action (collegata ad Act),
partner in India della Chiesa presbiteriana degli Stati Uniti, è già impegnata in molte zone colpite dal sisma,
così come la Chiesa evangelica luterana unita dell’India e del Servizio luterano mondiale dell’India. (nev)
prendimento e gli strumenti della verifica. Tornare al sette in condotta, è
la sintetica provocazione di un intelligente articolo di Mario Pirani su La
Repubblica del 21 gennaio. E la provocazione dà la stura ad angosciosi
interrogativi e alla sconsolata testimonianza di Marco Lodoli (La Repubblica, 23 genn.) e di Pietro Citati
(26 genn.) sulla perdita di ruolo, sulla
crisi di identità e la conseguente frustrazione degli insegnanti, di fronte a
quella che viene descritta come
l’opacità impermeabile e refrattaria
di una massa amorfa di studenti, la
classe ingovernabile in balia della
tempesta, la cui unica, insofferente
invocazione è: «Ma a me che me ne
frega del passero solitario?».
Repressive o permissive che siano,
le misure proposte (sette in condot
Foto P. Romeo
ta, abolizione dell’interrogazione),
sembrano assolutamente inadeguate. C’è invece un punto, diversamente segnalato nella discussione, che
nella sua trasparente ovvietà, mi pare meriti di essere ripreso, e lo riprendo con le parole stesse di Marco
Lodoli: «Il professore è chiamato duramente a dimostrare che le cose di
cui parla non sono chiacchiere
astratte, ma motivi che hanno innanzitutto formato la sua vita e ancora la
formano. Può sembrare paradossale,
ma l’insegnante insegna soprattutto
ciò che lui è, momento dopo momento. Se lui crede a ciò che dice, se
lo dimostra nel suo comportamento,
allora ci crederanno anche i suoi
alunni». Si tocca, mi pare, il cuore del
Segue a pag. 7
W Sisma in Salvador
Critiche al
governo locale
Diverse organizzazioni di soccorso,
hanno mosso aspre critiche al governo del Salvador sulla gestione dell’emergenza terremoto, che tre settimane fa ha devastato il Centro America causando quasi 700 morti e centinaia di feriti. L’ufficio della Federazione luterana mondiale (Firn) in Salvador, in un rapporto sugli effetti del
disastro, ha criticato «il modo inefficiente, preferenziale, pubblicitario e
"politico” con cui gli aiuti bilaterali
governativi sono stati ricevuti, coordinati e distribuiti». Attraverso Tufficiò della Firn in Salvador, l’agenzia di
soccorso Action by Churches Together, che coordina gli aiuti provenienti da numerose chiese e agenzie,
in queste settimane ha potuto portare assistenza a 14.550 famiglie in 10
delle 19 regioni del paese. (nev)
Valli valdesi
La sicurezza sul
luogo di lavoro
In Italia muoiono migliaia di persone ogni anno per incidenti sul lavoro. Anche nel Pinerolese si deve
per conseguenza prestare attenzione
a un aspetto della condizione lavorativa particolarmente delicato. Oltre
alle verifiche che devono essere compiute dagli organi preposti per quan
to riguarda l’applicazione della legge
626, particolare attenzione va dedicata al monitoraggio delle strutture in
amianto negli edifici pubblici (per
esempio le scuole). Oltre ai cantieri
edili sono da considerarsi fortemente
a rischio il settore dei trasporti e le
professioni che avvengono in condizioni di forte rumorosità. Occorre evitare di lavorare «al risparmio», ma anche evitare ogni negligenza.
A pag. Il
LE ALPI
E IL TRENO
Che cosa hanno in comune sindaci,
politici, sindacalisti, agricoltori, commercianti, piccoli imprenditori, insegnanti, frequentatori dei Centri sociali, pensionati che il 29 gennaio scorso
sono arrivati in migliaia a Torino a
contestare le decisioni del summit itaio-francese? L’avversione al progetto
di treno ad alta velocità (Tav) che dovrebbe collegare Torino a Lione. La
maggior parte dei manifestanti sono
arrivati dalla vai Susa. Una valle che,
140 anni fa, è stata collegata con la
Francia attraverso il traforo ferroviario del Frejus e che, 20 anni fa, ha visto
la realizzazione del traforo autostradale sempre del Frejus. Una valle che
oggi ospita due strade statali, un’autostrada, una ferrovia, tutte di collegamento con la Francia. Non c’è quindi
nella cultura della gente nessuna ostilità verso i confinanti, verso l’altro.
Del resto il confine per i montanari
non è mai stato vissuto come un ostacolo, piuttosto come un’opportunità.
Non c’è abitante delle vallate alpine
che non vorrebbe un collegamento facile con i dirimpettai abitanti della
valle corrispondente.
Allora perché tutta questa ostilità? Il
treno è un mezzo di trasporto più sicuro, sicuramente meno inquinante, più
«amico» della gente rispetto ad auto,
camion, autobus. Il primo motivo è la |
questione democratica. Nessuno si è
premurato di ascoltare veramente le
ragioni degli abitanti della valle. Si è
deciso e basta. Il Tav si accompagna
con il metodo del «generai contractor»,
cioè il sistema di affidare a un consorzio di imprese la progettazione e la
realizzazione dell’opera. Un metodo
con il quale si volevano gestire 140.000
miliardi di investimenti per «ammodernare» la rete ferroviaria italiana.
Un metodo che ha voluto dire tangenti,
sprechi e difficoltà di realizzazioni notevolissime. Un metodo che il governo
dell’Ulivo ha voluto abbandonare
(tranne che nel caso della Torino-Milano «per l’urgenza delle Olimpiadi del
2006») preferendo gli appalti. Si sono
cosi realizzate notevoli economie. Il
costo per chilometro della nuova ferrovia è passato da 64 a 38 miliardi. Sui
costi si sono fatti passi in avanti, ma
non così sul piano della democrazia. I
Comuni della valle e la Provincia di Torino hanno presentato studi e proposte
alternative: sono state vissute con insofferenza e non realmente prese in
considerazioni. Si è così deciso di farlo
passare li, nonostante i problemi sociali e ambientali denunciati, e su cui
concordano anche i progettisti. I presidenti Amato e Chirac hanno firmato; si
vada avanti. De mìnimis non curant.
Il secondo motivo è proprio la concezione stessa del Tav. Le merci hanno bisogno di velocità o di puntualità? Quale
differenza c’è se il trasporto di un auto,
di un frigorifero, di un prodotto alimentare, un semilavorato, viaggia a
120 km l’ora o a 180, risparmiando 50
minuti tra Torino e Lione? Il problema
è appunto la puntualità: essere certi
dell’ora di arrivo per una società che
sappia lavorare «just in time». Un miglioramento ferroviario concepito sulla
puntualità del trasporto in un sistema
compatibile con la rete ferroviaria locale tra il Sud della Francia, il dipartimento del Rodano e il Piemonte costerebbe 3-4.000 miliardi, contro i 15.000
del solo tunnel di base tra Bussoleno e
Montmélian. Le Alpi preferiscono sicuramente il treno, ma non il Tav.
Giorgio Gardiol
X)
2
PAG. 2 RIFORMA
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All’Ascolto Della Parola
venerdì 9
FEBBRAIOj[,
«‘ “Il vostro cuore
non sia turbato;
abbiate fede in
Dio, e abbiate fede
anche in me!
^ Nella casa del
padre mio ci sono
molte dimore;
se no, vi avrei detto
forse che io vado
a prepararvi un
luogo? ^Quando
sarò andato e vi
avrò preparato un
luogo, tornerò e vi
accoglierò presso di
me, affinché dove
sono io siate anche
voi; ''e del luogo
dove io vado,
sapete anche la
via”. ^Tommaso
gli disse: “Signore,
non sappiamo
dove vai; come
possiamo sapere
la via?” ^GesU gli
disse: “Io sono la
via, la verità e la
vita; nessuno viene
al Padre se non
per mezzo di me”»
(Giovanni 14,1-6)
«^Wedi, io metto
oggi davanti
a te la vita e il
bene, la morte
e il male; "^poiché
io ti comando oggi
di amare il
Signore, il tuo Dio,
di camminare
nelle sue vie, di
osservare i suoi
comandamenti,
le sue leggi e le sue
prescrizioni,
affinché tu viva e
ti moltiplichi, e il
Signore, il tuo Dio,
ti benedica nel
paese dove stai
per entrare per
prenderne
possesso. (...)
'^lo prendo oggi
a testimoni contro
di voi il cielo e la
terra, che io ti ho
posto davanti la
vita e la morte, la
benedizione e la
maledizione; scegli
dunque la vita,
affinché tu viva,
tu e la tua
discendenza,
^"amando il
Signore, il tuo Dio,
ubbidendo alla
sua voce e
tenendoti stretto
a lui, poiché egli
è la tua vita e colui
che prolunga
i tuoi giorni»
(Deut. 30, 15-20)
UNA VITA ALLA VOLTA
Vivere vuol dire gustare fino in fondo la relazione con chi ci ha creato. Il rapporto
con la realtà del Cristo risorto ci permette di toglierci la fame di una vita autentica
GIUSEPPE PLATONE
La risposta a Tommaso il
quale dice a Gesù: «Noi non
sappiamo» ricorda un po’ la situazione di quel discepolo che
disse a Gesù: «Insegnaci a pregare» (Luca 11,1). Dicendo chiaramente: «Noi non sappiamo»
Tommaso parla anche per altri
che ascoltano Gesù ma non lo
capiscono. Effettivamente non
doveva essere facile capire. Del
resto se tu sai già tutto non
chiedi nulla: ma qui Tommaso,
chiedendo, ammette di non sapere e Gesù, nella sua lapidaria
risposta, riprende un termine
che ritorna frequentemente (36
volte!) nell’Evangelo di Giovanni: «vita». Dice, tra le altre cose,
a Tommaso: «Io sono la vita».
Ma di che vita si tratta?
La vita, dono di Dio
IL Nuovo Testamento è scritto
e pensato in greco, in particolare l’Evangelo di Giovanni. Lo
stesso concetto di vita assume
significati diversi. Gesù però
non era un greco né tantomeno
un filosofo: era un ebreo ed è
bene ricordare sempre l’ebraicità di Gesù, anzi dobbiamo essere lieti che questo secolo in
cui ci incamminiamo sia segnato non più da sentimenti antiebraici ma da una vera e propria
riscoperta delle nostre stesse radici. Quando l’ebreo Gesù parla
della vita, esprime anche una
caratteristica fondamentale di
tutta la sapienza ebraica: la vita,
qualunque vita, è un dono di
Dio. I giorni che abbiamo sono i
giorni che Dio ci dona.
Per l’ebreo la vita era qui e
Preghiamo
Mio Dio,
l’anima che hai messo in me
è pura: tu l’hai creata,
tu l’hai soffiata in me
e tu la custodisci dentro di me.
Tu la riprenderai da me
e me la restituirai in un futuro avvenire:
tutto il tempo in cui l’anima
è dentro di me, io ti ringrazio,
0 Signore mio Dio e Dio dei miei padri.
Benedetto tu, o Signore,
che restituisce le anime ai corpi morti.
Benedizione ebraica al momento del risveglio
Machazor di rito italiano
(tratto da II libro delle preghiere,
a cura di Enzo Bianchi, Einaudi, 1997, Torino, p. 135)
ora. Più che speculare su una vita futura, eterna, ci si concentra
su questa vita quasi a dire: una
vita alla volta. Non c’è vita contemplativa ma solo una vita vissuta e scandita da sentimenti e
passioni. Della risurrezione,
nell’Antico Testamento, se ne
parla chiaramente in un solo
punto (Dan. 12, 2), direi secondario. Ma nell’economia di tutto
l’insegnamento di Gesù, raccolto e interpretato da Giovanni, la
risurrezione da secondaria diventa centrale e proietta la vita
nell’eternità. Non è più un’idea
religiosa. In Cristo la risurrezione diventa realtà, persona.
Chi crede in Cristo crede nella
risurrezione e quindi nella vita
eterna. Questo credere oltre ciò
che si vede e si sperimenta non
significa fuga dal presente ma
inizio di una realtà nuova che si
traduce nella pratica della giustizia, dell’accoglienza, della fraternità. Noi crediamo Cristo vita
eterna vuol dire che questa vita,
ogni vita, comunque vada a finire è nelle mani di Dio: nulla di
vivente va perduto per sempre.
La vita in Dio è indistruttibile:
ogni istante che il credente vive
è un insieme di memoria e di fede in un futuro che in Cristo ha
avuto il suo inizio. Ed è proprio
questa fede nella vita avvenire
che determina la vita presente, e
tutto si gioca dentro queste nostre vite così a volte sciupate,
calpestate, mortificate, represse,
negate, recitate, malate. Questa
vita sgomitata, vissuta spesso
come una lotta di tutti contro
tutti, è pur sempre l’unica vita
che abbiamo e per così dire non
abbiamo tanto tempo, tante occasioni utili per coglierne il significato e di conseguenza viverla bene.
tanti, ieri come oggi, che pone a
Dio una domanda decisiva. Proprio come Nicodemo, come la
Samaritana, come anche noi
quando ci chiediamo: ma che
senso ha questa vita? Come devo viverla? Siamo in una società
piena di problemi, di possibilità,
di distrazioni, di rumori: ebbene
qui, nelle contraddizioni, nei
crolli e nelle rinascite quotidiane, in mezzo alle malattie o al
senso di noia di chi si sente un
beato possidente, qui e non altrove Gesù Cristo risponde alla
tua domanda di senso della vita
e ti apre allo stesso tempo alla
conoscenza di te stesso. In questo corpo a corpo, tra te e il Cristo impari a conoscere Dio e conoscendo Dio che ti ha creato
perché ti ha voluto e amato impari a conoscere te stesso. Meglio detto: impari a conoscere
faticosamente il disegno che Dio
ha per te. E qui si scopre il senso
di questa vita quotidiana, tenuta
su ogni giorno dalla ricerca di
senso, orientata, vissuta nel progetto di Dio per te. Il senso della
vita dipende anche dalla stima
che tu hai della vita degli altri.
Perché non siamo degli individui isolati, siamo dipendenti da
Dio e dipendiamo gli uni dagli
altri. In questa relazione con Dio
e con gli altri scopriamo la nostra vera identità.
staccarci un po’ dai nostri computer, ci invita a uscire dalle nostre confortevoli case ben riscaldate, dalle nostre comodità difese coi denti cercando il bello, il
vero. Cercando di vivere la vita e
non subirla. Avendo il coraggio
di partecipare, di soffrire per gli
altri, di rischiare. Il coraggio di
cercare Dio anche negli altri,
ponendo domande, elevando
preghiere, nutrendo dei sogni.
Vivere (ecco la lezione del pacifista radicale Monod che ha attraversato tutti i deserti della
terra) con passione, con emozione e con generosità questo
tempo che scorre troppo in fretta. E così, quando arriverà la
morte, non avrà nulla da ghermire perché tutto sarà già stato
speso per gli altri.
Due pensatori protestanti
La domanda di Tommaso
VOI mi direte: ma come si fa
a un malato di cancro in fase terminale, a un disoccupato
che ha una famiglia da mandare
avanti, a una persona disperata,
divisa nei suoi affetti, nelle sue
aspirazioni, parlare del senso
della vita? Chi non ha una risposta pronta è simile a Tommaso
che chiede e intanto presenta
quel poco che ha: confusione,
povertà spirituale, irresolutezza.
Il Tommaso di tutti i tempi dice
a Cristo: in sostanza non so nulla, ti seguo governando la mia
ignoranza: ascolto e non sempre
capisco. Tommaso è uno dei
SU questo tema della vita mi
vengono in mente due pensatori protestanti. Uno è Albert
Schweitzer, teologo e filosofo,
meglio conosciuto come il «medico della giungla»: un cristiano
che ha vissuto intensamente per
sé, per gli altri, per la propria famiglia, per la propria musica.
Schweitzer ha organizzato il suo
pensiero di fede intorno al tema
del «rispetto per la vita» da cui
discende un’etica che non riguarda soltanto i rapporti umani ma il nostro rapporto con
l’ambiente con tutte le creature,
quasi un rapporto spirituale con
l’universo intero di cui noi siamo parte, e vive questa sua vita
come una stagione di servizio
generoso per gli altri in un’etica
rinnovata capace di considerare
importante ogni forma di vita.
L’altro testimone a cui penso,
scomparso recentemente, è il
francese Théodore Monod, figlio di un pastore protestante,
grande naturalista. Nel suo libro
«Révérence à la vie» ci invita a
Per una vita piena e autentica
Idue esempi che ho citato rivelano una forte ricerca nel protestantesimo sul tema della vita
che personalmente ho ritrovato,
in termini diversi, in quella appassionata discussione nel Sinodo valdese scorso sulla bioetica
che potremmo intitolare: per
una vita piena di dignità e di significato. Vivere vuol dire gustare fino in fondo la relazione con
chi ci ha creato e a cui non possiamo sfuggire. Non possiamo
rinviare l’incontro con Dio se vogliamo cogliere il senso di queste
nostre giornate terrene. Il mondo nuovo di Cristo inizia là dove
il futuro, nella fede, è anticipato:
non aderendo a un’idea, o chiudendoci in una pura contemplazione o esaurendoci in un frenetico attivismo. Il rapporto con la
realtà del Cristo risorto ci permette di cogliere l’essenziale, di
toglierci veramente la sete e la
fame di una vita autentica. Se la
nostra coscienza è toccata da
Dio, non possiamo far altro che
vivere alla luce di una Parola vivente che non si arresta neppure
di fronte alla morte.
Da questa consapevolezza
scaturisce un’energia, un desiderio di partecipare attivamente
al disegno di Dio. Esso non è
ideale ma una richiesta concreta
di iniziativa, e prende corpo qui
e ora. Non è solo per noi. Questa
vita basta appena per capire che
cosa fare e dire oggi: per la vita
«ultraterrena» francamente non
abbiamo tempo di pensarci. Lo
faremo nell’eternità.
(Prima di una serie
di tre meditazioni)
Note
omiletiche
V0ÍERD19
FEB
c
l^elsuor
del Co
Il limite di questa i
sione biblica risiede nelf
vere focalizzato nel diai
go consolatorio, interco,
so tra Gesù e gli apost,j
lo smarrimento di Tointu
so e il termine «vita», j
trettanto si poteva dj,
degli altri due terniii,
«via» e «verità». I cristij
erano definiti «quelli dei
via», quelli che erano pj
seduti dalla verità. Pj
con i secoli, spesso la*
rità è diventata un ben • = n
posseduto da amministp °
re. Il termine vita nel ip ecumenica
particolarmente in Gio [appoco che
vanni, va letto dall'inbj 158 membr
della Scrittura, partenj centrale del <
proprio dalla Genesi. ¡J6 febbraio
Occorre ricuperare laj jq a Berlino,
sione concreta della seti [‘accento su
tura ebraica che propoti adottare met
un'antropologia unitar« Lj^ialogo e
terrestre, di cui ovviarnei ^
qipastore
segretario ge
ecumei
(Céc), ha ipo
tuale riorgar
te l'ebreo Gesù era pieiJ
mente consapevole.
diverge,
raccontate in un diven quadro culturale, quell Itur^che. 11
greco del NT e segnati deliziato nor
mente dell'Evangelot alle fidali il C
Giovanni, si caricanodh tenelmome
afflato spirituale e ideal idepromuovi
più vicino alla filosofi Pij^operazion
greca che non alla visiot 'pie sue 337
ebraica della vita. Quej jja anche 1
ultima concepita comep, ostacolano 1
ra appartenenza a un a
Durante k
polo con il quale Dio a« ■
va stabilito un patto, 1'« ,
portante quindi è lacon Cecele org
nuazione della famiglia tósse, com
della nazione. deUe chiese
Vedo tuttavia nel coi hanno dedi
cetto ebraico di «nephe# della loro er
traducibile come identiti vere i rappc
ovvero storia individuai delle due p:
unica e irripetibile, un diferro. Do
forte continuità con pluro di Beri
concetto di vita del NT.
credente muore ma il su
nephes rimane in Dii
Non va perduto. La vit
come la sapienza ebrak
ci spiega, ha mille volti;
un granello di sabbia,!
sogno, una nuvola, «
soffio, un fiore. È terif i
che alla terra ritorna.!
vita poi è anche e soprai
tutto una scelta continui
Il famoso bivio del: «Veti
io metto di fronte a tei ‘
vita e la morte» (Dt. Jl
15ss.) è appunto una qui.
stione di vita o di mortil °
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le altre orgi
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dell’organi:
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ingenerale.
In questi
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ma, «Verso
una visione
È, altrimenti detto, il «c«
catemi e vivrete» di Alt*
(5, 4). Né fatalistica,«
idealista, la vita è intei do di crisi c
pretata come piena, atf mero dei le
va partecipazione al pro loro sosteg
prio destino che rimar^ fdcune di lo
nelle mani di Dio. ; flcoltà'ad ai
Esalando l'ultimo res« mente il Ce
ro, il «ruah», come fa«
Cristo in croce dopo ave«
attraversato un dolore»
dicibile insieme a una coi
creta angoscia e dispedi
zione, la carne inizia il si
processo inarrestabilef tótaccresc:
decomposizione ma losP; docia, ina i
rito, l'identità, rimane a» Ser invita
corata in Dio che è eteri* queste rifoi
e non muore. Il credenti semblea de
può dunque vivere pie«* Oeazione c
mente la sua vita sapen* ne speciali
che, proprio nel qua# _ _______
del patto che Dio ha stali
lito con il suo popolo, ni»
la di ciò che a lui è legaj
andrà perduto. Cristo n*
la risurrezione rafforza a«
cor di più il convincime#
che la volontà di Dio «*
nostri confronti ha und
rattere salvifico. Egli indit’
nelle tavole della Legga'
nella Parola del Cristo C"
Molt
Si è enne
Baio scorse
_____ Parola pre
cosa fare per imposta«* fuori le mr
bene la propria vita.
Per
approfondire
- H. W. Wolff, Antrop
logia dell'Antico Tes<‘
mento, Paideia, Brescia,'»
- Kittei, Grande les^f
del Nuovo Testameli
Paideia, Brescia, 1967 ('*“
ce «zoé»).
Albert Schweitzer,
preghiera ,
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^Ihir rispt
'^tó.làFci
spetto per la vita. Ciao# nggu
na, Torino, 1994. della Settir
- Théodore MonodA organizzai,
vérence à la vie. a cura
Jean-Philippe de Tonni* 1 ^
Grasset Paris, 1999. tantido* •
- H. Strathmann, L'tf: ...
gelo di Giovanni, Pa'^s _ Pres
^ ^ «na lett
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Brescia, 1973.
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V0ÍERD19
FEBBRAIO 2001
PAG. 3 RIFORMA
BÄ
I La riunione del Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle chiese a Potsdam
Quale ecumenismo nel XXI secolo?
I\lel suo rapporto introduttivo, il pastore Raiser ha ipotizzato una eventuale riorganizzazione
del Consiglio, adottando metodi più flessibili di dialogo e di cooperazione tra le chiese
che
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parteni centrale del Cec, riunito fino
nesi. ¡16 febbraio a Potsdam, vici2rare la* „q a Berlino, Raiser ha posto
della seri l'accento sulla necessità di
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’ oriitarlj ¿j dialogo e di cooperazione
Il pastore Konrad Raiser,
jggretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese
(^c), ha ipotizzato un’eventuale riorganizzazione della
maggiore organizzazione
ecumenica mondiale. Nel
sviluppare le relazioni tra
^voie fechiesejiel XXI secolo, anzi
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e, quell liturgiche. Il rapporto ha evisegnati denziato non solo le difficoltà
ngelol ¿e quali il Cec deve far fronano din te nel momento in cui intene ideal de promuovere il dialogo e la
filosofi icdoperazione internazionale
tra le sue 337 chiese membro,
ma anche le difficoltà che
ostacolano le relazioni tra le
Chiese a livello mondiale.
Durante la guerra fredda il
Cec e le organizzazioni conttésse, come la Conferenza
dèlie chiese europee (Kek),
hanno dedicato gran parte
della loro energia a promuo
dividual
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del NT.
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identiti vere i rapporti tra i cristiani
delle due parti della cortina
di ferro. Dopo la caduta del
muro di Berlino e il venir meno di questo compito, il Cec e
le altre organizzazioni ecuLa viti ®®i^iche hanno dovuto con1 ebrad problemi.
„ yoUjl Le chiese ortodosse dell’ex
bbia. il blocco sovietico, da tempo
mia, 3 membri del Cec, hanno adotÈ terij ato un atteggiamento sempre più critico nei confronti
dell’organizzazione; d’altra
parte, in molte regioni del
mondo, i gruppi di base hanno assunto un’importanza
Sempre maggiore e l’efficacia
delle grandi istituzioni è stata
messa in discussione. Molte
grandi chiese occidentali
hanno attraversato un periodo di crisi con il calo del numero dei loro membri e del
loro sostegno finanziario, e
! rima« alcune di loro oggi hanno dif, ficoltà'ad aiutare finanziariano reiK mente il Cec e l’ecumenismo
ime fall ingenerale.
In questi ultimi anni il Cec
alore iij grande rifor
ma, «Verso una concezione e
una visione comuni del Cec»,
per accrescere la propria efficacia, ma il rapporto di Raiset invita ad andare oltre
queste riforme. Nel 1998 l’Assemblea del Cec ha chiesto la
weazione di una commissione speciale sulla partecipa
11 rapporto del presidente del Connitato
La violenza come ultima
risorsa si può giustificare?
Berlino: la Gedächtnis-Kirche, dove si è svolto il culto di lancio del
Decennio contro ia vioienza, domenica 4 febbraio (Foto J.-J. Peyronel)
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zione degli ortodossi al Cec,
per rispondere a coloro che
lamentavano l’influsso del
pensiero protestante occidentale sul Cec. Questo processo potrebbe portare a
riforme della costituzione e
delle istanze dirigenti del
Cec. Raiser ha tenuto a menzionare una nuova iniziativa,
l’Alleanza ecumenica «Agire
insieme», creata nel dicembre scorso da un gran numero di organizzazioni, tra cui il
Cec, da varie comunioni cristiane mondiali, dalle agenzie delle chiese, delle organizzazioni ecumeniche regionali e altre, ivi comprese
agenzie cattoliche.
L’Alleanza è stata in parte
ispirata dal successo della
campagna per il divieto delle
mine antiuomo e di «Jubilee
2000», che ha ottenuto un
grande appoggio negli Anni
90 con il lancio di un’iniziativa per rimettere i debiti dei
paesi poveri e che, esercitan
do enormi pressioni, ha potuto ottenere dai paesi ricchi
l’adozione di misure per ridurre il debito di alcuni paesi.
Nel sottolineare che questa è
la strada da seguire, Raiser ha
ricordato che «per molti versi, questa Alleanza è una reazione alla nuova situazione
creata dalla mondializzazione. Di fronte alle strutture e
ai processi di decisione mondiali, i partner ecumenici devono superare i limiti dei
propri campi e metodi di
azione tradizionali e sforzarsi
di creare un quadro efficace
di collaborazione e di sostegno reciproco. L’Alleanza si
sforza di essere uno spazio
ecumenico aperto al quale
tutti i partner del movimento
ecumenico possono partecipare su un piede di parità. Essa si distingue dalla logica
istituzionale che regge la
maggior parte delle organizzazioni ecumeniche fondate
sull’appartenenza formale di
chiese o di comunità, e cerca
invece di incoraggiare la partecipazione volontaria, motivata dalla volontà di agire in
campi precisi».
Konrad Raiser ha posto
l’accento su diverse questioni
del cristianesimo contemporaneo che necessitano della
massima attenzione affinché
vengano compiuti progressi
nel campo delle relazioni; ha
menzionato le dichiarazioni
pubblicate lo scorso anno
dalle due più grandi chiese
del mondo, la Chiesa cattolica romana (che non è membro del Céc) e la Chiesa ortodossa russa (e membro del
Cec) affermando che «ambedue ritengono che la loro propria comunione sia la chiesa
una, cattolica e apostolica
quale è stata istituita dal nostro Signore e Salvatore».
Raiser ha poi parlato di una
tendenza ricorrente fra le
chiese protestanti che «non
hanno alcuna difficoltà a riconoscersi reciprocamente in
quanto chiese, ma il loro attaccamento alla propria autonomia in quanto denominazione e/o alla propria integrità confessionale è in tensione con l’affermazione della cattolicità della chiesa. È
vero che esse si sonò aperte
in modo crescente all’invito
di entrare in comunione fraterna con altre chiese, ma la
loro partecipazione a questa
comunione non cambia fondamentalmente il loro modo
di essere chiesa».
Il segretario Raiser si è detto preoccupato di vedere che
l’ecumenismo si sta riducendo alla cooperazione tra le
chiese al livello più basso,
senza comunione cristiana
autentica. «La comunione
fraterna delle chiese all’interno di questo Consiglio ha un
significato al di là del suo valore pratico che è di favorire
la cooperazione? In che senso
possiamo continuare a parlare di una “comunità fraterna
di chiese” finché la qualità
ecclesiale delle comunità separate rimane incerta?».
Al termine del suo apporto,
Raiser ha parlato di una nuova visione, di uno «spazio
ecumenico per una comunità
aperta a tutti». Con l’aiuto
della Commissione speciale,
questa visione potrebbe concretizzarsi e dare al Cec non
solo una «rinnovata vitalità»,
ma dare «una nuova ispirazione agli sforzi fatti per essere Chiesa neU’ambito di una
comunità conciliare». (eni)
Mentre il Cec stava per lanciare il Decennio contro la
violenza, il presidente del Comitato centrale, il Catholicos
Aram, della Chiesa apostolica
armena, ha avviato il dibattito ponendo una domanda
scottante: «Se messa al servizio di una causa giusta, la violenza si può giustificare?». Nel
suo rapporto presentato il 29
gennaio scorso al Comitato
centrale, Aram ha scelto il tema del Decennio, iniziativa
che punta a incorapiare le
chiese, le organizzazioni e gli
individui ad agire insieme a
favore della pace. Il Catholicos ha avuto alcune parole
dure nei confronti delle chiese. Spesso, ha detto, «la loro
alleanza cieca con la fierezza
nazionale e con le pratiche
dei governi dei propri paesi
rimette seriamente in discussione il loro ruolo profetico.
Spesso le chiese sono chiamate a scegliere tra gli interessi dei propri paesi e il messaggio dell’Evangelo».
Aram ha ricordato le «reazioni diverse delle chiese di
fronte ai conflitti in Iraq, Medio Oriente o Kosovo»; mentre alcuni responsabili e alcune chiese membro si sono
fortemente opposte all’azione
militare, altre hanno dichiarato che l’azione militare poteva giustificarsi come ultima
risorsa. La violenza, ha detto
il primate armeno, «scalza
l’integrità, altera l’unità e rimette in discussione la credibilità della chiesa».
Molti membri del Comitato
centrale, in particolare della
Germania, hanno vivamente
reagito al passo dell’intervento riguardante il ricorso alla
violenza contro l’ingiustizia e
l’oppressione. Nel suo discorso il Catholicos, che viene dal Libano, ha sottolineato che le chiese non sono riuscite a trovare «un terreno di
intesa» circa il ricorso alla
violenza per combattere l’ingiustizia. «La violenza è un
male. Però, per alcuni, che
sono vittime dell’oppressione
e dell’ingiustizia, quando sono stati esauriti tutti i mezzi
di azione nonviolenta, la violenza rimane un’opzione inevitabile, un’ultima risorsa. La
rivolta in Palestina, dopo
tanti anni di azione nonviolenta e di pazienti negoziati,
non è forse un ulteriore
esempio di “violenza come
ultima risorsa”?. Certo, non
si tratta affatto di legittimare
la violenza in qualsivoglia situazione: ma non possiamo
neppure condannare la vio
A San Paolo fuori le mura la celebrazione conclusiva della Settimana per l'unità
lenza quando questa viene
usata “come ultima risorsa”
al servizio della giustizia e
della dignità umana».
Nel corso della conferenza
stampa successiva, il Catholicos ha. ammesso che c’erano
ambiguità nelle sue riflessioni. Nel corso di una discussione, la vescova luterana
Margot Kassmann, di Hannover, ha reagito contro le
parole del presidente dicendo che l’Evangelo non giustifica la violenza come ultima '
risorsa. Quando Gesù è stato
arrestato nel giardino del
Getsemani, ha chiesto che la
spada, che uno di quelli che
lo accompagnavano aveva
sguainato per difenderlo, fosse riposta al suo posto. La vescova Kassmann ha dichiarato di non conoscere nessun
caso in cui il ciclo della guerra sia stato rotto dall’intervento violento.
Pur riconoscendo che non
ci può essere pace senza giustizia, né giustizia senza pace,
Fernando Enns, della Chiesa
mennonita di Germania, che
aveva proposto all’Assemblea
di Harare il lancio del Decennio contro la violenza, ha dichiarato che questo non giustifica la violenza come ultima risorsa. Il Catholicos
Aram ha però avuto l’appoggio di Trond Bakkevig, della
Chiesa di Norvegia; questi ha
ricordato che durante la seconda guerra mondiale suo
padre aveva preso le armi nel
quadro della resistenza all’occupazione nazista del suo
paese; «È stata un’ultima risorsa», ha affermato.
Natan Setiabudi, della
Chiesa cristiana indonesiana, ha dichiarato che i cristiani delle Molucche, dilaniati dai conflitti tra musulmani e cristiani da oltre due
anni, fanno notare che essi
«non possono più sporgere
l’altra guancia perché non ce
l’hanno più». Aram ha precisato che il suo rapporto intendeva sollevare delle questioni e non fare delle dichiarazioni: «Non dobbiamo cercare di sapere se la nonviolenza dovrebbe essere un’ultima risorsa o se la violenza
sia necessaria come ultima
risorsa. Non dobbiamo parlare in termini assoluti».. L’obiettivo del Decennio «Vincere la violenza» non è di
giungere a un «terreno di intesa» sulla questione del ricorso alla violenza o alla nonviolenza, ma di trovare un
«approccio comune» per porre fine alla violenza. (eni)
Molte chiese evangeliche hanno declinato l'invito
Si è conclusa ufficialmente il 26 genscorso, con una celebrazione della
Parola presso la Basilica di San Paolo
^ori le mura a Roma, la Settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani, quest’anno imperniata sul versetto del VanSelo di Giovanni «Io sono la via, la verità
slavità». Non tutte le chiese protestanti
*t®nno deciso di accettare l’invito a partacipare alla celebrazione, sebbene a lirello locale quest’anno siano state nutiarose le iniziative ecumeniche nel cordella Settimana. La Federazione delle
chiese evangeliche in Italia (Fcei) è stata
tPppresentata dal vicepresidente, il pastore luterano Hans-Michael Uhi.
Pur rispondendo positivamente all’in'^to, la Fcei ha espresso «l’auspicio che,
g^li anni prossimi, anche la chiusura
ttella Settimana di preghiera possa essere
^anizzata insieme da tutte le chiese cricosì come insieme le manifestazioni della Settimana sono organizzate in
tritissimi luoghi d’Italia e del mondo»;
fosì il presidente della Fcei, Gianni Long,
^ Una lettera indirizzata a mons. Walter
^®sper, del pontificio Consiglio per
l’unità dei cristiani. Già all’inizio dell anno, in vista della Settimana di preghiera,
la Fcei aveva indirizzato alle proprie
chiese membro una lettera per rilanciare
l’impegno ecumenico, fornendo alcune
indicazioni concrete su temi di collaborazione fra cattolici ed evangelici.
Fra le chiese evangeliche italiane era
presente con una propria delegazione la
Chiesa evangelica luterana in Italia (Celi). Non erano invece presenti la Tavola
valdese e l’Unione cristiana evangelica
battista d’Italia (Ucebi), che rappresentano rispettivamente le chiese valdesi e
metodiste e le chiese battiste italiane. Il
moderatore della Tavola valdese, pastore
Gianni Genre, segnala come elemento
dirimente la mancata preparazione comune della celebrazione di San Paolo,
cosa che rende impossibile la partecipazione di rappresentanti delle chiese vaidesi e metodiste; «Sia pure con rincrescimento - spiega Genre in una lettera indirizzata a mons. Kasper -, non potrò partecipare alla cerimonia in San Paolo alla
quale mi invita, e della quale riconosco
lo spirito fraterno, mancando questo ele
mento per noi essenziale di preparazione comune e di condivisione di un evento che presuppone la ricerca di un animo
comune nella preghiera per l’unità».
Posizione analoga è stata assunta
dall’Unione battista, la cui vicepresidente, pastora Anna Maffei, spiega alcune
perplessità sul metodo; «In questi anni
di dialogo ecumenico a vari livelli - scrive Maffei in una lettera indirizzata a
monsignor Kasper - abbiamo imparato
quanto sia importante che gli incontri
interconfessionali siano preparati insieme fra i vari partner in dialogo. È bene
che quando decidiamo di incontrarci, ci
si consulti in maniera paritaria su cosa
fare insieme, come farlo, chi coinvolgere». La pastora Maffei ha espresso comunque la speranza che in futuro possano realizzarsi incontri realmente alla pari fra chiese cristiane, dal momento che
«le differenze non ci impedisco di pregare insieme, cattolici, ortodossi e protestanti di denominazioni diverse, in tantissimi luoghi, gruppi, chiese e parrocchie in tutto il mondo e anche in Italia. E
non solo in questa settimana». (nev)
L'intervento del presidente tedesco
Per un'economia di mercato
«socialmente inquadrata»
«La cieca logica deU’offerta
e della domanda elimina il
sociale dalla vita degli individui e della società, e questo è
un errore fondamentale», ha
detto Johannes Rau, presidente della Repubblica federale tedesca nel suo messaggio al Comitato centrale del
Cec nella giornata dedicata
alle questioni economiche,
soprattutto quelle legate alla
mondializzazione.
«Ciò che è fondamentale ha aggiunto - è la giustizia attraverso la solidarietà, cosa
che un’economia di mercato
neoliberista trascura del tutto». Più giusto sarebbe un sistema economico fondato,
certo, sul libero mercato, ma
inquadrato in una visuale sociale e basato su valori di libertà, di solidarietà e di giustizia. «Valori che non sono
quotati in nessuna Borsa del
mondo», ha detto ancora con
una punta di humour.
Secondo Rau una simile
«economia di mercato socialmente inquadrata» è anche
quella di cui hanno urgente
bisogno i paesi in via di sviluppo: la solidarietà con i più
deboli, a condizione di essere
praticata dagli stessi paesi ricchi nella propria società, deve
servire da linea direttrice nei
rapporti tra paesi ricchi e paesi in via di sviluppo. Il Presidente ha citato la constatazione fatta dalla stessa Banca
mondiale: il prodotto interno
lordo di paesi che si tengono
lontani da conflitti armati aumenta più rapidamente (circa
ri%) di quello di paesi in conflitto. «Ecco la prova - ha concluso Johannes Rau - che una
politica di pace è, economicamente parlando, l’alternativa
più vincente». (Cec info)
4
PAC. 4 RIFORMA
Cultura
VENERDÌ 9 febbraio 2(^,
Una risposta di ampio respiro nel libro di C J. Den Heyer sulla storicità di Gesù
Chi è l'uomo di Nazaret?
Attraverso un linguaggio privo di ogni tipo di ostacoli, nella spendida traduzione curata dalla
Claudiana, lo studioso olandese ci mette a contatto diretto con i dati del Nuovo Testamento
SERGIO RONCHI
/Quando sì muore sì
'' muore soli». Così dice
una canzone di Fabrizio De
André. E tale destino toccò
anche a un abitante di Nazareth, Gesù, figlio di un falegname, che esalò l’ultimo respiro sulla croce e intorno al
quale si creò il vuoto. Si tratta
del Cristo professato dai credenti non ebrei; di colui che
le masse ascoltavano, riscuotendo un buon successo, comunque rivelatosi strada facendo effimero
Indubbiamente affascinava e suscitava speranze nazionaliste. Oceani di parole
sono state scritte e stampate
su di lui, dal 700 a oggi. Tutti
se ne sono appropriati nel
tempo e tutti ancora oggi se
ne appropriano: dai benpensanti ai non pensanti, dai
conservatori ai reazionari,
dai politici agli uomini di
chiesa, dagli intellettuali
all’uomo della strada, dagli
intellettuali a tempo pieno ai
giornalisti, dagli scrittori ai
pennivendoli, dai filosofi ai
teologi. Anche perché è meno difficilmente manipolabile di suo padre, il quale è
proprio inafferrabile, nonostante continui e persistenti
tentativi. Eppure, egli sfugge,
si divincola. E continua ad
affascinare e a suscitare speranze non sempre religiose;
come pure a inquietare, ponendosi quale interrogativo a
menti e coscienze di credenti
e non credenti.
Allora, chi è l’uomo di Nazareth? Quale risposta si può
trovare? Un tentativo di
grande respiro viene messo a
punto da un olandese, studioso di Nuovo Testamento,
Den Heyer, in un testo ora
accessibile anche al pubblico italiano”'. Attraverso un
linguaggio privo di ostacoli
di sorta (ancor di più agevolato da una splendida traduzione) questi si chiede di chi
si tratti: «Un pazzo o un visionario, un sognatore o un
carismatico, un irresponsabile seduttore del popolo,
oppure un ribelle che spera
di poter mettere fine all’occupazione romana mediante
un attacco a sorpresa preparato con cura?».
Pienamente convinto di
avere quale padre il Dio di
Israele, se ne appropria e insiste. Su di lui «circolano storie prodigiose»; tramite il padre sarebbe discendente di re
Davide; quindi è il Messia di
Israele atteso per il tempo finale. Poi muore per mano del
dominatore romano, ma il
suo corpo privo di vita scompare dal sepolcro; i suoi lo incontreranno in piena forma:
da crocifisso è diventato il Risorto. «Gesù, dunque, è divino o umano? Questa domanda viene posta negli scritti del
Nuovo Testamento, ma non
riceve una risposta esplicita».
E poi, ogni evangelista dice la
sua; per non parlare dell’apostolo Paolo che complica le
cose facendo il teologo e portando l’annuncio del Nazareno crocifisso e risorto al
mondo pagano.
Inoltre, Gesù Cristo è no
me e cognome o, invece, un
nome proprio accompagnato da una interpretazione?
Da un lato abbiamo un dio
fatto uomo e dall’altro un
uomo fatto e fattosi dio?
L’unico Dio volle prendere
forma umana nell’ebreo Gesù e l’ebreo Gesù rivendicò
senza pretese di esserne il
Figlio? Le cose andarono
realmente così? O non furo
no piuttosto i primi cristiani
a deciderlo? E in forza di che
cosa quell’uomo e il messaggio di liberazione e di libertà
da lui proclamato e con lui
Strumenti per la lettura
Una Chiave biblica
sulla Nuova Riveduta
EUGENIO STRETTI
NELL’ULTIMO anno di detenzione nel carcere berlinese di Tegel, il pastore Dietrich Bonhoeffer poteva contare solamente sulla Bibbia di
Lutero, il Nuovo Testamento
greco e la Chiave biblica (E.
Bethge, Dietrich Bonhoeffer
teologo cristiano contemporaneo. Una biografia, Brescia,
1991). La Chiave biblica è
dunque indispensabile per
chiunque intenda leggere le
Scritture e, se lo Spirito del Signore lo chiama, intenda, per
grazia, predicarle.
L’editrice Claudiana sin dal
1893 pubblicò una Chiave biblica sulla versione Diodati.
Nel 1933,1957 e 1965 la nuova versione Riveduta venne
accompagnata da nuove accurate edizioni della preziosa
Chiave biblica. Nell’introduzione l’editore licenziava il
testo con il noto versetto:
„¡beato l'uomo] il cui diletto è
nella legge del Signore, e su
quella legge medita giorno e
notte» (Salmo 1,2).
La pietà evangelica si nutre
delle Scritture e per questo
Adi-Media, la casa editrice
delle Assemblee di Dio in Italia, ha pubblicato la scorsa
estate la Nuova Chiave biblica* con prefazione del pastore Francesco Toppi. 1 termini
presenti sono ben 27.014,
suddivisi per parole (22.933),
nomi (3.232), nomi di animali (214), nomi di piante, arbusti, vegetali e frutta (135), nomi di pietre e metalli (48),
numeri (404), termini relativi
a pesi e misure (48). Nella
presentazione Francesco
Toppi ricorda che la Chiave
biblica era l’unico libro usato, oltre la Bibbia, da Luigi
Francescon e dai pionieri
pentecostali. Ci permettiamo
di aggiungere due nomi di
belle figure evangeliche:
Bonhoeffer, che nel periodo
di massima fecondità teologica ha solo Bibbia e Chiave
biblica, e Timoteo Orlando
(v. D. Maselli, Libertà della
Parola, Claudiana, 1978),
predicatore delle Assemblee
dei Fratelli e traduttore del
Nuovo Testamento.
Ci associamo nell’augurio
che la Chiave biblica, questa
o quella della Claudiana che
si basa sulla versione Riveduta, entri in ogni famiglia
evangelica alla gloria del Signore Gesù Cristo.
(*) La Nuova Chiave biblica
compilata sulla Bibbia versione
Nuova Riveduta. Roma, AdiMedia, 2000.
identificabile «hanno retto»
sino a ora? Da che cosa è sotteso tutto ciò?
La Riforma parla di lui come del fondamento della fede e pone la Scrittura al centro; rilluminismo, due secoli
dopo, mette in discussione
l’uno e l’altra appellandosi
alla ragione; l’Ottocento forgia Gesù a propria immagine
e somiglianza, secondo gli
umori culturali del tempo; il
Novecento demolisce tali costruzioni, e indaga il fondamento storico di Gesù il Cristo. Così si comincia a parlare del «Gesù storico» (quello
veramente esistito) e del
«Cristo della fede» (quello
creduto e proclamato dalla
chiesa e dai cristiani). E intorno a tale distinzione ruota
un secolo e mezzo di ricerca
teologica. Essa, sottolinea pagina per pagina lo studioso
olandese, conobbe ritratti
psicologici di Gesù; ondeggiò
tra ottimismo e scetticismo
per approdare a un rinnovato
interesse per il Gesù storico
dopo aver attraversato il territorio del Cristo kerygmatico
(cioè dell’annuncio: kerygma
in greco della comunità credente) e tenuto conto delle
scoperte archeologiche condotte a Nag Hammadi (villag
gio nell’Egitto meridionale) e
a Qumran (sulla sponda
nord-occidentale del mar
Morto) quali fonti ulteriori.
Dunque, a quali conclusioni giunge l’autore? A nessuna: non è inconcludente;
semplicemente, non conclude perché è impossibile. Invece, pone ancora una volta
la domanda iniziale che si ritrova capitolo per capitolo;
«Chi è Gesù». Né ognuno può
scrivere accanto a essa la
propria opinione: si avrebbe
ancora una volta il proprio
Gesù! L’esatto contrario del
messaggio dell’intero Nuovo
Testamento. 11 presente volume mira infatti a un incontro
diretto con i dati contraddittori degli scritti neotestamentari e non offre (né potrebbe
comunque pretenderlo) sicurezze: né fa sbandare i suoi
lettori: «La ricerca storica
non può negare né confermare la fede cristiana».
Allora? «Gesù ha molti volti»
risponde Den Heyer, che insiste: «La Bibbia è un libro policromo. Il Nuovo Testamento
conosce una grande quantità
di profili di Gesù, non conosce una sola immagine chiara
e armonica di Gesù Cristo».
Quell’ebreo, di nome Yeshua,
vissuto in Galilea nella prima
meta del primo secolo della
nostra era è «entrato nella
storia, in seguito divenne famoso in tutto il mondo come
Gesù Cristo». Questo uomo
famoso, su cui tutti accampano diritti e pretese (soprattutto i religiosi senza distinzione
di chiesa) è uomo dai molti
volti; «Nessuna confessione di
fede o formula dogmatica è in
grado di delineare un’immagine di Gesù nel quale tutti
quei volti trovino la loro piena
collocazione».
(*) C. J. Den Heyer: La storicità
di Gesù. Torino, Claudiana, 2000,
pp. 224, £ 29.000.
Un cattolico anticoncordatario
Carmelo Salanitro
antifascista a Catania
ITALO PONS
\ FFATICARSI, travaKK/^gliarsi senza cessa e
senza stanchezza, rialzarsi,
quando si sia caduti: ecco il
ritmo del vivere, e mirare a
qualcosa che trascenda le
forme e i limiti materiali. Del
resto, che cosa sono le nostre
pene individuali nell’infinito
quadro dei dolori e dei travagli con cui la gente di oggi costruisce per quella di domani
un divenire e un avvenire migliore e più giusto?».
Carmelo Salanitro (Adrano
1894 - Mauthausen 1945)
scriveva queste parole alla
madre dal carcere di Civitavecchia, dopo l’arresto e il
processo, nel 1943. In seguito
verrà deportato in Germania
dove conclude i suoi giorni
in una camera a gas. Di questo insegnante catanese è restituita memoria in un’agile
pubblicazione fresca di
stampa che dà il via a una
nuova collana’”. Vale la pena
di segnalarla perché si prefigge di fornire ai giovani essenziali strumenti di conoscenza e di riflessioni. Ne
hanno curato il primo volumetto Salvatore Di Stefano,
dell’Associazione etnea di
studi storico-filosofici, e Nicola Torre, responsabile della Libreria Cuecm di Catania.
L’iniziativa è senza dubbio
lodevole per la scelta di restituire memoria a un passato
Giotto: «Il crocifisso» (1310 circa)
oggi setacciato da revisionismi imperanti, sia per il modo in cui la pubblicazione è
stata pensata: per i giovani,
che la distribuiranno ai loro
coetanei, richiedendo una
modesta offerta che permetterà di finanziare altre pubblicazioni, speriamo tante.
Dopo una sintetica introduzione sulle ragioni dell’avvento del nazismo in Germania, la seconda parte ripercorre la vicenda dell’insegnante Salanitro: «La più tragica tra le figure dell’antifascismo catanese».
Cattolico di formazione, si
ritirerà dalla Chiesa indignato dopo il Concordato del
1929. Unico tra i suoi colleghi a non essere iscritto al
Pnf distribuisce, tra i banchi
del liceo Cutelli, brevi messaggi dattiloscritti di solidarietà con il Belgio e l’Olanda
invasi dai nazisti. «Siciliani
non combattiamo»: attività
che gli costerà un processo e
una condanna a 18 anni di
reclusione, e dopo T8 settembre la deportazione. La
pubblicazione dell’opuscolo
si inserisce quindi dignitosamente nelle manifestazioni
della Giornata della memoria
il 27 gennaio.
(*) Memoria e libertà, in ricordo di Carmelo Salanitro. Catania, Cuecm, 2001, edizione fuori
commercio, distribuzione gratuita. Richiedere a Nicola Torre via
Etnea 390,95128 Catania.
RIVISTE
Riviste
Studi di teologia
L’ultimo numero della rivista Studi di teologia (25/1° sera,
2001), pubblicata dall’Istituto di formazione evangelica e documentazione (cp 756, 35100 Padova), reca il titolo «Prospettive per il nuovo millennio» e riporta gli interventi e le relazioni
presentati alle «Giornate teologiche» 2000,
organizzate dall’Istituto stesso. Sui vari
«campi» che vengono alimentati dalla fede
(campo etico, spirituale, religioso, teologico) si esprimono diversi studiosi ospitati al
convegno (fra cui Corrado Viafora, Paul
Finch, Enzo Pace, Giuseppe Rizza, Luigi
Sartori, Leonardo De Chirico, Sergio Rostagno) e Pietro Bolognesi, animatore dell’Istituto e direttore della rivista.
I Prospettive
I per K nuovo
I millennio
n
RADIO
I
Culto radio
Ogni domenica mattina alle 7,30 sul primo canale
radio Rai, predicazione e notizie dal mondo evangelico italiano e estero, appuntamenti e commenti di attua.lità.
TELEVISIONE
Protestantesimo
Rubrica televisiva di Raidue, a cura della Federazione delle chiese evangeliche, trasmesse a domeniche alterne e, in replica, il lunedì seguente alle ore 24 circa e
alle ore 9,30 del lunedì successivo. Domenica 18 febbraio, ore
23,50 circa, andrà in onda: «Sfide ed esperienze per una convivenza possibile »; «Festa della libertà: Varaglia e la libertà»;
«Chiaroscuro, un fatto, un commento». La replica sarà trasmessa lunedì 19 febbraio alle ore 24 e lunedì 26 alle 9,30.
PROTESTANTESIMO INTVI
«Vieni e seguimi»
DAVIDE ROSSO
Flessibilità, pensiero
che andava oltre il contingente, ma anche una linea di fede e di vita marcata
fortemente con scelte che
pongono sempre alla frontiera, al limite, il tutto avendo presente il «vieni e seguimi» di Gesù il suo imperativo morale. È difficile riassumere in poche righe o in pochi minuti televisivi, come
ha fatto la rubrica Protestantesimo in un servizio andato
in onda domenica 4 febbraio (replica lunedì 12 febbraio ore 9,30), il percorso di
vita e di fede di persone come Albert Schweitzer.
Certo si potrebbe puntare
solo sulla sua attività di musicista o su quella di medico
o ancora su quella di teologo
ma sarebbe riduttivo e certamente impraticabile perché queste attività nell’uomo e soprattutto nel pensiero di Schweitzer non procedevano, e non poteva essere
diversamente, in maniera
separata, per compartimenti
stagni. Bene hanno fatto i
curatori di Protestantesimo
a voler presentare la figura
di Schweitzer a tutto tondo
ripercorrendo in maniera
cronologica il suo percorso
ma anche mostrando, là dove era possibile, quanto l’es
sere musicista abbia influito
sul suo fare teologia ma anche quanto il suo essere teologo sia stato importante per
il fare medicina per esempio. Certo in conclusione
emergeva di più il «medico
senza frontiere», il pioniere
di un atteggiamento anche
mentale oggi portato avanti
da migliaia di medici che
operano nei paesi del Terzo
Mondo. Ma è anche un modo di dire che l’opera di
Schweitzer, pur rimanendo
ovviamente figlia del suo
tempo, si è in molti casi lanciata oltre il suo presente.
Così per altro come quella di Filippo Melantone, figura di cui parla il servizio
seguente, dove viene presentata la mostra itinerante
sul riformatore tedesco ora
in allestimento a Genova.
Un viaggio anche qui nella
vita ma soprattutto nel pensiero di questa figura poliedrica del ’500 che da una
parte tenta la mediazione
tra cattolici e protestanti e
dall’altra divenne divulgatore e riformatore di un
nuovo sistema scolastico. La
puntata di Protestantesiino
si conclude con un servizio
di presentazione del libro
edito dagli «Editori riuniti»
del prof. Giorgio Girardet
dal titolo «Internet guidebook sul cristianesimo».
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A Bergamo è stata allestita una mostra a suo modo celebrativa dell'Anno Santo
La luce del vero nella pittura
: la moteria sacra e gli studi luministici rendono affascinante le opere (poche ma di pregio
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elevatissimo): d'altra parte sconcertano alcune interpretazioni che ne vengono fornite
In questi ultimi anni siamo stati letteralmente sommersi dalle
mostre d’arte, non sempre meritevoli dello sforzo organizzativo e
^nziario necessario per la loro realizzazione. A Bergamo, in ocfusione dell’Anno Santo, è stata presentata una mostra veramente
hello e intelligente. Il tema trattato: La luce del vero, è stimolante;
eli artisti considerati sono Caravaggio, La Tour, Zurbaran, Rembrandt ma coprono l’Europa dal Sud, al Centro, al Nord; i quadri
presentati sono pochi, ma di livello molto alto e favoriscono la
'concentrazione, anche in considerazione della loro eccellente collocazione. Un catalogo ricco di interventi altamente qualificati
completa il panorama positivo anche se, va detto subito, alcuni
¡lei contributi presentano in alcuni punti qualche caduta di tono,
¿brvutaforse a un eccessivo entusiasmo apologetico.
PAOLO FABBRI
Cominciamo con 11 considerare il tema della
mostra, cioè il passaggio dalla luce soffusa in cui i pittori
rinascimentali immergevano
i loro personaggi al fascio di
luce vera, proveniente dall’interno o dalTesterno del
quadro, che si afferma in Italia col Caravaggio. Pur essendo un estimatore del Merisi,
mi pare che troppo peso gli
sia stato attribuito nella rivoluzione luministica che si verifica tra la fine del ’500 e
l'mizio del ’600. È pur vero
che i quadri del geniale pittore italiano sono stati visti da
tanti artisti che ne sono rigasti influenzati, ma la luce
del vero, quella che entra da
urla finestra o emana da una
ehndela è figlia del secolo
della scienza, il XVII, con i
suoi studi sull’ottica, che non
■trovarono difficoltà nella loro
applicazione artistica perché
rion contrastavano con alcuna «verità» biblica. L’esigenza della «luce del vero» nasce
da un vasto movimento culturale europeo che affonda le
sue radici nell’umanesimo di
Erasmo, si evolve nel Rinascimento, e si sviluppa nella
ricerca scientifica: l’arte l’ha
avvertita, come Thanno avvertita i committenti, religiosi e non.
L’innovazione in sé è neutra, i simbolismi che le si possono associare dipendono dal
singolo artista e dalla sua
ispirazione. Michelangelo
Merisi da Caravaggio ha intuito e sviluppato per primo il
nuovo tipo di luminismo, ma
questo era, per così dire,
nell’aria. Tra le opere esposte
del grande pittore bergamasco colpisce soprattutto la
Deposizione nel sepolcro della
Pinacoteca Vaticana, un quadro di «struttura scultorea»;
Nicodemo si presenta in primo piano, come un attore
sulla scena, con lo sguardo rivolto verso lo spettatore, il
gomito proteso a uscire dal
quadro, e una muta domanda
rappresa sulla bocca: «Come
è potuto succedere»? Al suo
fianco sta Giovanni, l’apostolo che Gesù amava, con il vol
to che appena emerge dell’ombra, che si fa metafora
del cupo dolore, in cui sembra fondersi. Maria, madre di
Gesù, con la mano che passa
sopra la testa dell’apostolo,
protesa in una carezza forse
trattenuta di fronte a questo
Figlio che è Dio eppure è
morto; la testa invece, avvolta
nel mantello scuro, scompare
nelle tenebre.
Maddalena appoggia la testa alla mano rattrappita nei
capelli. Dietro a tutti Maria di
Cleofa che, con le braccia levate in alto, sembra voler racchiudere tutto il gruppo in un
silenzioso, lancinante grido
di dolore. Il corpo di Gesù,
sospeso sopra la pietra dell’unzione, con il suo colore
cinereo esprime il senso della
morte, sottolineato dal mantello rosso di Giovanni e dal
piede possente, venato, di
Nicodemo, presso cui termina il drappo di porpora che,
verticale nel centro del quadro, conferisce il timbro della
tragedia. La pietra dell’unzione, sfiorata dal braccio del Signore, si protende ad angolo
verso l’esterno a dire simbolicamente a tutta Tumanità:
«Ecce homo, ecco il Figlio di
Dio, Tavete ucciso!». La luce,
proiettata da una fonte al di
fuori del quadro dal basso
verso l’alto, perfeziona il senso drammatico della scena,
ne fa parte, si potrebbe dire
che riassume il dramma. Di
fronte a un capolavoro di
questo spessore epico, affermare che «con questo episodio della Passione di Cristo si
voleva sottolineare il ruolo
della Chiesa come intermediaria tra Dio e i devoti, affermando ancora una volta la
dottrina cattolica della transustanziazione ribadita dal
Concilio di Trento [Calvesi
1990]» (N. Barbolani di Montauto, pag. 88 del catalogo) ci
pare francamente molto riduttivo; la figura preminente
è il Cristo, intermediario fra
Dio e gli uomini.
La Tour è la vera scoperta
di questa mostra. Lo splendido gruppo di quadri esposto
ha consentito una comprensione più approfondita del
pittore lorenese. In effetti La
F. de Zurbàran, «S. Ambrogio»
Tour, scoperto in tempi recenti, si allinea al verismo di
Caravaggio ma la sua poetica
è molto diversa, come del tutto personale è l’interpretazione del luminismo con i suoi
notturni a lume di candela,
che sono lontani dal senso
epico e tragico delle composizioni caravaggesche per
esprimere, con i suoi rossi e i
suoi gialli in infinite sfumature un delicato lirismo, così intenso da diventare quasi metafisico, come nel suo quadro
più famoso. Il neonato (presente in mostra), che in realtà
è sicuramente una maternità
con Maria e Anna, ma è privo
di qualsiasi accenno religioso,
eccettuata la posizione della
mano di Anna, alzata a coprire la candela, che richiama la
classica posizione utilizzata
ancora durante il Rinascimento verso Gesù.
L’assoluta essenzialità degli
elementi considerati nel dipinto ha fatto addirittura definire quest’opera «precubista». Ci sembra comunque significativo mettere in evidenza la femminilità così intensamente pregnante del dipinto; le due donne sono perdute in estatica ammirazione
del neonato, che appare come una presenza miracolosa,
ma ancora così fragile, talché
le mani di Maria reggono il
bimbo come se tenessero un
tesoro immenso, mentre la
mano di Anna, pur levata nella posizione di rispetto, sembra volerlo proteggere. La luce, con la mano di Anna a
protezione della candela,
sembra promanare dal volto
del bimbo e l’effetto è certamente voluto, per darle un
valore simbolico soprannaturale. È questo un quadro datato intorno al 1648, nella tarda maturità dell'artista ed è
lecito chiedersi come si possa
affermare: «Più profondamente ancora, e soprattutto
La Tour, «Il neonato»
nelle ultime opere, egli appare come un pittore religioso,
che cerca di dare una presenza allo spettatore illustrando
così le direttive dei grandi
riformatori cattolici» (Bruno
Fertè, pag 101 del catalogo).
Inutile apologia, della Controriforma in un quadro che
semmai l’artista ha voluto
scevro da ogni riferimento
formale sacro, forse proprio
per lasciare alla fede dello
spettatore il compito di intendere e di contemplare.
In Zurbaran la luce del vero
assume la veste di simbolo
del divino nell’interpretazione che egli fornisce della vita
mistica dei monasteri, facendosi presumibilmente testimone di quell’arte veristica,
che aveva il compito di mostrare ai fedeli la santità e le
virtù cristiane. Di ciò Zurbaran fu scrupoloso e attento
esecutore, cogliendo però
con sguardo acuto scene della vita quotidiana che esprimevano anche profonda
umanità. Una delle opere più
significative è il Sant’Ambrogio, con quella splendida cappa rossa, damascata, un vero
capolavoro di capmcità pittorica, ma anche una ostentata
dimostrazione di ricchezza,
che sconcertava allora, mentre sconcerta oggi la didascalia esplicativa del quadro
in mostra; «Lo onorò con
splendidi ornamenti e gli fece
mandare vesti di gloria...»
[Aronne] (Sir. 45, 8-9). L’arte
della Controriforma esaltava
l’importanza della tradizione,
anche negli aspetti rituali che
il protestantesimo contestava. Così questo Sant’Ambrogio, che presenta il vescovo e
dottore della chiesa del IV secolo. Nei paramenti tipici di
un prelato del ’600 diventa
professione di fede in una mirabile continuità attraverso
tutta la storia del popolo di
Dio, a partire dalla veste di
gloria di Aronne. L’alta mitra,
il pastorale dal gusto barocco,
e soprattutto il sontuoso piviale di broccato sono i veri
soggetti del dipinto, testimonianze di una ortodossia religiosa tramandata dall’Antico
Testamento all’era patristica
e fino all’ora presente».
Citare il libro di Siracide
per giustificare la magnificenza del vestiario dei prelati del ’600 mi sembra a dir
poco una forzatura. A suo
tempo il protestantesimo rispose alla magnificenza della chiesa di Roma con la sobrietà; crediamo che oggi
questa virtù potrebbe essere
senza dubbio ecumenica. E
questo al di là della ritualità
che costituisce un diverso
problema teologico.
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Caravaggio, «La deposizione nei sepoicro»
Serie di incisioni e di oli dell'olandese
Rembrandt e il rapporto
diretto con Dio
Rembrandt è rappresentato
da una stupenda serie di 8 incisioni e 5 quadri a olio, fra
cui spicca un giovanile Cristo
crocifisso, entrato poi a far
parte di una «Serie della Passione», sei quadri dipinti fra il
1633 e il 1646. Come si sa,
Rembrandt operava in ambiente protestante, dove la
posizione della Riforma era
quella di contrastare la pittura religiosa, soprattutto nelle
chiese, in quanto si giudicava
che essa potesse distogliere
da quel rapporto diretto con
Dio, senza intermediazioni,
che era uno dei punti cardine
della Riforma stessa; invece la
Controriforma favoriva l’arte
figurativa religiosa, come
strumento educativo particolarmente verso gli umili.
Questa doppia influenza
probabilmente stimolò il
grande pittore olandese a dare alla luce dei suoi quadri
una connotazione di particolare intensità spirituale. Questo Cristo infatti è illuminato
da un raggio di luce che proviene da sinistra, che coglie il
Signore probabilmente nel
momento culminante della
sua agonia, quando lancia il
suo grido Eli lama sabactanì,
e va poi scemando di intensità perdendosi in una tenebra che diventa angosciante metafora del peccato commesso dall’umanità, crocifiggendo il Figlio di Dio. Quella
di Bergamo è una mostra
molto bella, salvo le note apologetiche della Controriforma
sopra accennate: i protestanti
mantengono la loro diffidenza (non preclusione) verso la
collocazione di immagini nei
loro luoghi di culto, ma sanno
ammirare le opere d’arte e
non vorrebbero che tornassero di attualità posizioni come
quelle citate da Maurizio Calvesi; «L’esempio della Maddalena [del Caravaggio] era
stato citato al Concilio di
Trento, proprio nella discussione sul tema della Grazia,
per irridere alla “inerzia de’
zuingliani [seguaci di Zwingli,
riformatore di Zurigo], che dicessero insieme il giustificato
non poter perdere la grazia e
in ogni opera peccare’’» (pag.
80 del catalogo).
Rembrandt, «Cristo crocifisso»
6
PAG. 6 RIFORMA
venerdì 9 FEBBRAIO 2001
In un senninano di studi che si è svolto al Centro diaconale «La Noce» a Palermo
«Globalizzazione, lavoro e Sud Italia»
Al convegno, organizzato dal Centro evangelico di cultura e presieduto do Franco Giampiccoli
sono intervenuti Doriana Giudici, Biagio De Giovanni, Giorgio GardioI e Matteo Passini
aOVANNI LOMBARDO
La catena si è spezzata?
Per niente. Anche se l’Alleanza riformata mondiale
(Arm) ha scelto come simbolo della sua Assemblea generale del 1997 proprio una
margherita di anelli di ferro
spezzati, la catena stringe
sempre più duramente i paesi del Terzo Mondo. Nessuno
osa più chiamarli paesi in vìa
di s^uppo: la globalizzazione li attanaglia come anche
comincia a incidere sulle popolazioni del mondo ricco
dove, ricorda Matteo Passini,
«l’economia cresce e il lavoro
diminuisce: l’Unione europea registra 20 milioni di disoccupati, 50 milioni di poveri, 2 milioni di senzatetto».
L’Arm tuttavia era talmente
consapevole e preoccupata
della situazione dei paesi poveri da concludere quell’Assemblea con la decisione di
invitare le chiese membro a
impegnarsi in un processo di
coscientizzazione per pervenire alla dichiarazione dello
«status confessionis», cioè
una dichiarazione in cui si riconosce che una determinata
questione {in questo caso l’ingiustizia economica connessa
con la distruzione ecologica)
è una questione di fede.
Doriana Giudici, economista e teologa della Chiesa battista, descrivendo con alcuni
esempi corposi e circoscritti
al Meridione d’Italia l’espandersi delia nuova economia
globalizzata, afferma con decisione la necessità che nelle
facoltà di teologia si introducano studi di economia.
Doriana Giudici
Una questione di fede
Franco Giampiccoli, presidente del Centro evangelico
di cultura «G. Bonelli», nel
concludere i due giorni del
Seminario di studi su «Globalizzazione, lavoro e Sud Italia», oltre ad annotare che le
analisi presentate e discusse
hanno posto l’urgenza di come trasferire a livello intemazionale le esigenze della democrazia, sottolinea che l’acquisizioné più chiara e condivisa da tutti i partecipanti è
la presa d’atto che «i problemi economici incidono nell’ambito deha fede».
Il 20 e 21 gennaio scorsi, nei
locali del Centro diaconale
«La Noce», il seminario sì è articolato attraverso le relazioni
di Matteo Passini, direttore
della Banca etica di Padova,
su «Il problema della globalizzazione», di Giorgio GardioI,
deputato dei Verdi e membro
delle Commissioni parlamentari Lavoro e Attività produttive, e Doriana Giudici, membro del Consiglio nazionale
dell’economia e del lavoro
(Cnel), entrambi su «Il futuro
del lavoro»; a Biagio De Giovanni, professore di Storia
della integrazione europea
all’Istituto orientale di Napoli, ima questione molto sentita: «Sud Italia: una sacca di emarginazione»?
li Centro «G. Bonelli», organizzatore del seminario, ha
dato un contributo notevole
al dibattito, fornendo a tutti i
partecipanti un ricco dossier
sui tema «Le chiese e la globalizzazione». Alfonso Manocchio, operatore sociale al
«Centro migranti» di Palermo, ha illustrato il dossier,
che presenta una documentazione riguardante in particolare l’attività del Consiglio
ecumenico delle chiese (Cec)
negli ultimi tre anni.
Ha iniziato la sua attività T8 marzo 1999
La Banca etica
Nasce a Padova, come cooperativa verso la Banca etica,
nel 1995. Diventa banca dal gennaio 1999 e inizia la sua attività l’8.3.1999.
I dati di oggi, ad un anno esatto: 15.000 soci; 19,2 miliardi
di capitale sociale; 7.000 clienti; 145 miliardi di risparmio
raccolto. 650 progetti finanziati per un totale di 90 miliardi
di lire. 7 dipendenti a dicèmbre 2000 (come cooperativa), 15
a dicembre 1999,24 a dicembre 2000.
Sede a Padova' * ‘ v
Filiali à Milano, Roma, Brescia, Vicenza
Tel. 049-8771 111; e-màil: posta@bancaetica.com
Sito Internet: www.bancaetìca.com
Agli inizi degli Anni 90 le organizzazioni impegnate nel
volontariato é nella solidarietà sociale si interrogano sul
ruolo della finanza e dell’impresa e prendono coscienza di
quanto il l^nessere di una collettività sia in stretto rapporto
con il denaro e il suo utilizzo. Matura l’idea di una diversa
concezione dello sviluppo umano e sociale, fondato sui valori della solidarietà civile piuttosto che suirimpcrativo
dell’efficienza e del profitto. Da questa consapevolezza nasce una banca diversa, punto di incontro tra I risparmiatori
più ri^ponst^Oi e le organizzazioni non profit eh» vogliono
realizzare fi bene comune e vogliono farlo bene. ,
L’impegno più importante di Banca etica è soprattutto
quello di promuovere lo sviluppo di nuove iniziative di economia solidale attraverso il sostenimento finanziario di progetd socisfi dhe si propoi^no la riduzione del dhmgio delle
fiisoe più debofi della popotedone, la salvagumdia delt’ambiepte, la cooperazione con 1 paesi poveri del mondo, la
proMoriitnM <fi attività culmyrali e^itive che migliorano la
qualità «Ma vRa. Una banca che si impeg^ nel confronti
dei rispmmtaiori, non solo garantendo nel tem^ il valore
del denaro afl^Uiic^ rim
economico td servizio é^’uomo.
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una cocqicHtativa «H dcmne in Albania per l’acquisto di
fc.
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L’aseociariotie «dttNSttv»» per la pn;dmÌone di aUnienti
biolo^ci su terreni confiscati alia mima in Sicilia.
«Sacca di emarginazione»?
«No». Biagio De Giovanni è
secco nella risposta. Il Sud
d’Italia non è una «sacca di
emarginazione» e per quante
difficoltà debba affrontare, la
sua storia e culmra diffusa ne
faranno sempre un crogiolo
di energie straordinarie anche se di difetti altrettanto
enormi. Ma prima ancora di
discutere del Sud in questa
economia globalizzata è indispensabile, sostiene De Giovanni, mettere bene in chiaro
che cosa dobbiamo intendere per «globalizzazione».
Certamente non si tratta di
un fenomeno degli ultimi decenni del ’900. Globalizzazione è la parola con la quale
oggi chiamiamo un fenomeno antico, sia pure integrato
e accelerato dalle nuove tecniche informatiche e, soprattutto, dal crollo nel 1989 di
quella che De Giovanni chiama la «durezza delle frontiere». Si tratta dell’internazionalizzazione dell’economia,
già in piena strutturazione ed
espansione negli ultimi decenni dell’800, internazionalizzazione che metteva in discussione il sistema degli stati nazionali. Schematizzando,
tra il 1914 e il 1945, la risposta per il controllo dell’economia mondiale furono le
due guerre mondiali. Dal
1950, i maggiori responsabili
delle due guerre mondiali, gli
stati europei, rinunciano a
trovare la soluzione attraverso la guerra e decidono di ridurre la loro dimensione nazionaie e di unificare le rispettive economie. Invece di
guerre per il controllo del
mercato, internazionalizzazione del mercato.
Dopo il 1989 l’integrazione
europea si allarga verso Est,
fino a ipotizzare una Unione
europea di 28 stati. L’unificazione della Germania, intanto, segna in profondità la
nuova Europa e tra il 1994 e il
1997 Germania e Francia sostengono un modello di «Europa carolingia», che avrebbe
emarginato il Sud dell’Europa
e in cui il Meridione d’Italia e
le altre regioni meno sviluppate sarebbero state fortemente penalizzate. L’Italia e
la Spagna contrastano con
decisione tale ipotesi e l’ingresso dell’Italia e dell’Europa meridionale nell’Unione
monetaria (Maastricht) blocca il progetto «carolingio» e
ricolloca strategicamente il
Mezzogiorno nell’Europa. La
globalizzazione, sostiene De
Giovanni, «è il gigantesco dato portato dalla crisi degli stati nazionali, con tutti i problemi connessi all’organizzazione della democrazia, in quanto essa ha avuto nella “forma
stato” il suo contenitore».
Il grave compito che abbiamo davanti è come trasferire
la democrazia in forme statuali sopranazionali. In questa direzione si muove la recente decisione della Ue che
ha prodotto la Carta dei diritti
fondamentali. Tutto il terreno
formativo, dalla scuola alle
agenzie di intervento nel sociale e alla politica, assume
un rilievo formidabile. «Trasportare un divano da Matera
a Gioia Tauro costa quanto
dall’Italia a New York» constata Doriana Giudici. Tuttavia il distretto industriale di
Matera, S. Teramo Colle e Altamura è diventato la capitale
mondiale del salotto: 320 piccole imprese, 12.000 addetti,
3% di disoccupazione, fatturato di 2-3.000 miliardi, quasi
tutti provenienti dall’estero.
Addirittura qui abbiamo il
manifestarsi di un tipo speciale di globalizzazione: fra le
320 piccole aziende una decina sono di proprietà di extracomunitari. Nel 1999 le vendite sono cresciute del 15% e
ciò malgrado le gravi carenze
di infrastrutture (a Matera
non c’è la ferrovia) ma con
un’utilizzazione accuratissima della rete informatica.
Tutto e subito... e il futuro...
Un aspetto gravemente negativo è il lavoro in nero. I
giovani chiedono loro stessi
di essere pagati in nero. Vogliono tutto in busta paga,
non gli interessa il resto, pensione, previdenza. Occorre
che assieme allo sviluppo che
può portare l’economia globalizzata cresca una nuova
cultura. Nelle nuove generazioni si registra un rinchiudersi nei propri bisogni immediati. Sì, il processo di globalizzazione può significare
benessere per tutti ma occorre che lo stato incentivi l’emersione del lavoro in nero,
che elabori regole certe. Ad
esempio, alla flessibilità delle
imprese corrisponde oggettivamente la mobilità dei lavoratori, la loro flessibilità; in
altre parole si debbono affrontare tempi di non lavoro
durante i quali lo stato dovrebbe garantire un sostegno
al reddito. La questione pensioni è gravissima. Anche in
questo settore lo stato deve
intervenire per individuare
nuove modalità che garantiscano la pensione ai nuovi lavoratori. Insomma, proprio
la globalizzazione esige regole e intervento pubblico.
Biagio De Giovanni e Franco Giampiccoli
L'nobbligo di solidarietà»
Giorgio GardioI a questo
proposito ha ricordato che le
tasse che ogni cittadino paga
incorporano anche un «obbligo di solidarietà», che dovrebbe essere utilizzato dai
governi per intervenire a favore delle fasce più deboli,
ciò sia a livello di singolo stato che sul piano mondiale.
Tuttavia, come ci sono individui che preferiscono un salario più Edto e in nero, così a
livello internazionale la bramosia del profitto subito e
fuori da ogni regola porta al
risultato che il 20% delle nazioni ottiene l’88% del prodotto globale. Le aziende si
organizzano sempre più in
maniera da utilizzare soprattutto lavoro a tempo, in affitto, di stagisti; il subappalto è
generalizzato.
In Italia abbiamo avuto un
sorpasso per nulla positivo:
18 milioni circa risultano lavoratori dipendenti; ben 20
milioni invece sono «indipendenti» (cioè precari). La
insicurezza del proprio futuro caratterizza moltissime
persone e in questa situazione la rivalorizzazione della
famiglia, come struttura che
ti permette di vivere nei periodi di non lavoro, non costituisce un segnale positivo
e sottolinea una forte carenza
nell’intervento delle strutture
sociali. Tra l’altro gli stati o, a
livello mondiale, le grandi organizzazioni, potrebbero ricavare-risorse da utilizzare
per interventi sociali con la
cosiddetta «Tobin tax» ovvero la tassa sulle transazioni
valutarie, cioè il vorticoso
movimento di capitali speculativi tra le borse dell’intero
globo. «Mille miliardi di dollari al giorno circolano incessantemente alla ricerca del
maggior profitto e non sono
controllabili», precisa Matteo
Passini, e le grandi concentrazioni finanziarie non intendono assolutamente pagare un minimo di tasse sui
loro guadagni «liberi» da ogni
controllo.
Il «globalismo»
Si tenta di imporre nelle
mentì e nei comportamenti
un’ideologia economica neoliberale, il globalismo, in base
al quale il mercato lasciato
agire liberamente non può
che portare benefici. La realtà
ci dichiara però che il «tunnel» nel quale si trovano i deboli si prolunga sempre più.
Negli ultimi dieci anni i redditi da lavoro sono cresciuti
del 2% e i redditi da capitale
del 59%. È comprensibile che,
senza altre regole, i capitali,
anche dei piccoli risparmiatori, convergano verso la speculazione finanziaria.
Tuttavia è possibile impegnare capitali, attraverso
strutture come la Banca etica, in attività positive, che oltre a dare un reddito contribuiscono a migliorare le condizioni sociali e ambientali.
Si tratta ancora di piccole
realtà ma decisamente in
crescita. Il paradosso dell’attuale sistema finanziario intemazionale può essere rappresentato da due fatti molto
concreti: 1) I fondi pensioni,
enorme massa di denaro di
proprietà dei lavoratori, vengono gestiti dalle grandi
compagnie finanziarie in
operazioni che portano a licenziamenti massicci di lavoratori. 2) Nel mondo il 20%
più ricco è 37 volte più ricco
del 20% più povero.
La globalizzazione non è
certo tutta negativa, è un
processo formidabile che ha
però bisogno proprio di ciò
che viene negato dagli ideologi del globalismo: di regole
certe, con valenza universale
e di organismi internazionali
in grado di farle rispettare. La
grande rete informatica così
come permette di muovere i
grandi capitali, fa circolare le
notizie: dobbiamo pretende
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IRIELLAI
re di sapere dove vanno a fi.
nire i nostri risparmi, con
quali criteri sono investiti;
come consumatori possiamo
fare scelte ben mirate, sulla
base di precise informazioni
in tempo reale. La globalizzazione può essere positiva se è
governata e ciò esige molta
partecipazione sociale.
L’impegno politico diviene
indispensabile; in caso contrario il rischio è una progressiva perdita di democrazia.
Già tutte le grandi strutture
produttive e finanziarie sono
prive di garanzie democratiche. E le organizzazioni finanziarie internazionali sono
espressione di ristrette oligarchie. Il Fondo monetario
internazionale è dominato da
sole 5 potenze (Usa, Giappone, Germania, Gran Bretagna, Francia) e tutti gli «aiuti»
che eroga sono a scapito delle spese sociali. La Banca
mondiale, dominata dai cinque del Fmi più Russia, Cina j nati membri c
e Arabia Saudita non si-pone slmpatizzarn
mai, per principio, la que- iim’abboridan
stione degli impatti sociali - salate varie, de
dei suoi interventi. Occorre
cambiare questi principi di
erogazione degli aiuti.
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Giorgio GardioI
Dal dossier preparato dal Centro G. Bonelli
Le chiese e la globalizzazione
1997, agosto, Debrecen (Ungheria): l’Assemblea generale
dell’Arm (Alleanza riformata mondiale) chiama le chiese
aderenti a un processo di coscientizzazione verso la dichiarazione dello «Status confessionis» (una questione etica,
politica o economica diviene una questione di fede).
1998, Harare (Zimbabwe): l’Assemblea del Cec (Consiglio
ecumenico delle chiese), convocata sul tema «Come viviamo la nostra fede nel contesto della globalizzazione», fa
proprio l’appello del’Arm.
1999,12-15 novembre, Bangkok (Tailandia): il Cec, l’Arm,
la Cca (Conferenza cristiana dell’Asia), il Forum culturale
asiatico sullo sviluppo, la Chiesa di Cristo in Tailandia organizzano un simposio sulle «Conseguenze della globalizzazione economica». Il Simposio produce il «Messaggio alle
chiese del Nord». Stralciamo da esso: «Secondo la tradizio^
ne riformata, l’economia è una cornice che dovrebbe sostenere la vita della comunità civile. Ma l’attuale ordine econo* ;
mico, promosso dal neoliberismo, contribuisce allo smait*: |
tellamento della comunità civile anziché al suo sostegnoi j
Slamo convinti, in base alle prove presentate al Simposio*
che molte persone, cristiani e non, non solò soffrono ma s(F
no sistematicamente escluse dalla comunità civile. Molw
gente nel Sud afferma che l’attuale economia è intollerabili
e lo stesso dice gente del Nord. Come possiamo giustificati 1
Taffermazione di fede che siamo uno in Cristo se un num^ |
ro crescente di fratelli e sorelle soffrono e sono esclusi?..»
conclude: «L’ingiustizia economica è una violazione é
principi fondamentali della nostra fede comune. Facdani'
appello perché vi uniate a noi nel confessare che l’econt^
mia è una questione di fede» (dal «dossier» cit.; trad. dall’io*
^ese di Franco Giampiccoli).
1999,9-11 novembre, Seoul (Corea): il Cec, l’Arm.e il CoJ|
siglio delle chiese in Corea organizzano un minisimposio "
«Globalizzazione e crisi asiatica». ;
2000,7-9 dicembre, Ginevra (Svizzera): incontro prom'
so dal Cec. Durante i lavori viene costituita da una cinqui
fina di rappresentanti (incluse alcune organizzazioni cattoi
liche) la «Alleanza ecumenica per la promozione di Giusti*
zìa e pace» (Ecumenica! Advocacy Alliance).
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Vita Delle Chiese
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Festeggiamenti, il 17 settembre scorso, per la Chiesa evangelica di lingua italiana
pi centenario della comunità di Basilea
ìNota dall'emigroziane, integrata con le chiese valdesi italiane, la comunità è oggi più
f svizzere a vivere nello società come chiesa di minoranza
W
IELLA MARANGONI
Al, culto solenne con cena
del Signore presieduto
dal pastore Christian Gysin,
gjapresenté il moderatore
della Chiesa evangelica riforjiata del Cantone di Basileacittà, pastore Georg Vischer,
die ha rivolto un saluto alla
comunità e ha espresso la
suagiut® nel constatare l’aspetto internazionale e plujtogue della Chiesa evangeIcadi Basilea che ospitava la
Chiesa di lingua francese. Vijcher ha sottolineato l’arricchiroento che proviene da
una situazione di minoranca, più preparata a essere
ancora più chiesa di minolanza in futuro.
È stato reso grazie al Signore, si sono cantate le sue lodi
per aver potuto annunciare e
testimoniare l’Evangelo in lingua italiana nella città e nei
dintorni. Dopo il culto solenne, una grande festa ha avuto
luogo alla Mittlere Strasse
157, nei locali comunitari. Approfittando della bella giornata sono stati allestiti tavoli e
panche sulla strada (opportunamente chiusa al traffico);
sono stati ricevuti e intrattenuti membri di chiesa, amici,
simpatizzanti e vicini con
un’abbondante grigliata, insalatevarie, dolci e caffè, bani co vendita e una tombola.
In questi anni di fine e inizio millennio, non sono poche le
nostre comunità che festeggiano la propria nascita. Tra queste
si situa anche la Chiesa evangelica di lingua italiana di Basilea. È stato con gioia e riconoscenza al Signore che domenica
17 settembre 2000, festa federale di ringraziamento e preghiera
in Svizzera, la Comunità di lingua italiana di Basilea ha ricordato i suoi primi cento anni.
Particolarmente nutrito e
gioioso il trattenimento musicale: il gruppo The due, composto da cinque giovani sotto
i vent’anni, si è esibito «a cappella» con canti e inni in tedesco e in inglese, suscitando
calorosi applausi per le loro
belle voci e per il grande guizzo di teatralità. Con grande
piacere del pubblico presente, i soprani Èva Csapò (che
accompagnava anche al pianoforte) e Rachel Höllenstein
si sono esibite in duetti di
Mercadante, Donizetti e Bach. Per finire, i cinque trombettieri dello Stadtposaunencùor hanno fatto riecheggiare
i loro suoni in mezzo alle case. Anche i bambini hanno
avuto un bellissimo programma ricreativo e, approfittando di colori e pennelli messi a
loro disposizione, hanno dipinto facce e magliette. Un
caloroso ringraziamento è
d’obbligo per tutti coloro che
si sono adoperati per la buona riuscita della festa.
Io pure ho avuto la gioia di
essere in mezzo a queste sorelle e a questi fratelli e di po
ter portare il saluto delle
chiese valdesi e metodiste del
II distretto (nel cui ambito
sono inserite le comunità del
9“ circuito), in rappresentanza della Commissione esecutiva distrettuale. L’ho fatto
tenendo conto del disagio legato alla sensazione di «diversità» che le chiese di lingua italiana in Svizzera hanno esternato durante i lavori
della Conferenza distrettuale.
Le chiese della Svizzera sono
parte integrante della realtà
del II distretto e di tutta la
Chiesa valdese; siamo convinti che, proprio per la loro
situazione particolare di comunità italiane all’estero in
un contesto di protestantesimo di massa, esse possano
offrire alle nostre chiese uno
speciale contributo di esperienza e di riflessione e possano senza alcun dubbio offrire un orizzonte più ampio
e articolato del nostro angusto panorama italiano.
La chiesa di Basilea, come
molte altre chiese italiane in
Svizzera, è nata dall’emigrazione; ora l’emigrazione ita
liana non c’è più e probabilmente neppure in futuro
avremo nuove ondate migratorie dall’Italia. La sfida che
hanno davanti le comunità di
lingua italiana è quella di sapersi aprire alla città in cui sono state chiamate a vivere;
città intesa come realtà complessiva politica, sociale, economica, culturale e religiosa.
Ecco la sfida che consiste nel
promuovere un discorso di
testimonianza e di evangelizzazione: la sfida di portare
avanti il rapporto con le chiese cantonali. Al di là degli
eventi mediatici degli ultimi
mesi in Italia, il cristianesimo
di ogni confessione si avvia a
diventare un fenomeno di minoranza anche nella nostra
Europa, con le conseguenze
che questo comporta sul piano della perdita di potere e di
ricchezza. Le chiese protestanti svizzere, da sempre abituate a essere «chiese di stato»
o per lo meno «chiese di popolo», vivono questa prospettiva con una specie di apprensione, quasi con panico. Qui
in Italia, dove siamo abituati a
essere piccole realtà di minoranza per forza di cose autosufficienti, possiamo per questa nostra caratteristica aiutare le nostre chiese sorelle ad
affrontare con più serenità la
trasformazione forzata che si
trovano a vivere.
Il pastore Christian Gysin con il moderatore del cantone di Basiiea
Georg Vischer
Basilea: luogo di studio e di immigrazione
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I n i9 aprile 1900, la StadtI mfMon di Basilea fece una
j lilfone per trovare una perj sona che potesse svolgere la
funzione di guida spirituale
pef|li emigranti italiani che
lassavano la frontiera con la
Svfeera, specie nel periodo
esttvo; erano persone che venivano impiegate come operaistagionali o come addetti
avarie attività in alberghi e
ristoranti, nell’edilizia, in ferrovia e in vari altri cantieri bisognosi di manodopera. Il
primo predicatore fu Guglielmo Werner, che si era formato all’Istituto Comandi di Firenze. Gli emigranti avevano
bisogno anche di aiuto culturale, sia per la loro alfabetizzazione, sia per la lingua tedesca: vennero organizzati
ooBi che furono una costante deU’evangelizzazione in
j Italia e in altri paesi di emi: srazione. Furoiio istituiti corsi di alfabetizzazione per i
¡•ambini, e di cucito, particolarmente utili per l’inseritoento professionale delle
^onne. Erano tempi di granaapóvertà e i migranti avevaao bisogno di tutto, in partitalare per trovare soluzioni
abitative compatibili con un
: teddito molto modesto.
Ira Stadtmission fu attiva fi
no al 1921, anno in cui revoca
il proprio impegno per la cura d’anime dei lavoratori italiani e per il nascente gruppo
italofono di Basilea; la Chiesa
riformata di Basilea, in accordo con il «Comitato di sostegno», cerca e trova appoggio
nella Chiesa metodista episcopale d’Italia, già operante
in Svizzera a Vevey, Losanna,
Neuchâtel e Ginevra; fu in
questi anni che i pastori non
si occuparono solo di cura
d’anime ma anche di insegnare la lingua italiana a svizzeri che frequentavano la comunità italofona, la cui attività fu insieme evangelistica
e assistenziale. Tuttavia con
Tawento del fascismo in Italia, in particolare con la firma
dei Patti Lateranensi dell’11
febbraio 1929, che chiudono
il conflitto risorgimentale fra
lo stato e la Chiesa cattolica a
vantaggio del fascismo e del
cattolicesimo romano, la libertà religiosa subisce varie
restrizioni e lo stato confessionale cattolico non poteva
che essere ancora più lontano dal clima di politica religiosa vigente in Svizzera. Vari
italiani emigranti trovarono il
luogo idoneo per un incontro
con la predicazione evangelico-protestante.
Nel 1934 la Chiesa metodista episcopale, a causa di difficoltà economiche (in particolare la grande crisi economica culminata nel crollo
della borsa di New York del
1929) fece sospendere le offerte provenienti dall’America destinate alle missioni. In
Italia furono chiusi vari istituti metodisti e i pastori operanti in Svizzera vennero richiamati in patria. Fu in questo periodo che la comunità
di lingua italiana di Basilea
stipulò un accordo con la
Chiesa valdese, che mandò
un pastore da Losanna al
quale però la polizia degli
stranieri basilese non concesse il permesso di soggiorno come insegnante di italiano. Per difficoltà economiche
legate alla riduzione delle
sovvenzioni del Cantone, si
dovette abbinare la cura pastorale della chiesa di Basilea
con quella di Zurigo.
La relazione d’origine e di
comunione disegna l’appartenenza della comunità alla
Chiesa valdese della quale
segue l’ordinamento e con la
quale ha rapporti istituzionali; da non dimenticare la
connessione alle chiese riformate e la loro impostazione
teologica. La Chiesa valdese
®ratppo della comunità dopo II culto solenne del 17 settembre
dalle origini della Riforma
considerò sempre l’università di Basilea uno dei centri
nevralgici della formazione
dei propri teologi. Da questo
momento si instaura una più
stretta collaborazione ecclesiastica con la Chiesa riformata di Basilea, tanto che
TUniversità della città, come
altri atenei svizzeri, costituì
un luogo privilegiato di formazione di vari candidati pastore che si recarono a Basilea per l’anno all’estero o per
il dottorato; molti studenti
valdesi poterono anche godere del contributo didattico
di Karl Barth, il grande teologo basilese.
Dopo la seconda guerra
mondiale, l’emigrazione italiana verso la Svizzera segnò
una consistente impennata.
La maggior parte degli emigranti proveniva dal Sud
dell’Italia, dove la disoccupazione aveva raggiunto percentuali altissime. La Comunità di lingua italiana di Basilea si impegnò non solo
nelTevangelizzazione ma diventò un centro dove ogni
persona in difficoltà poteva
rivolgersi per questioni di lavoro, di aiuto finanziario,
morale, spirituale e per problemi abitativi. Nel 1964 fu
inaugurata la «Casa degli italiani» per offrire alloggio a
operai con famiglia e vi fu
trasferito anche un asilo infantile che diverrà servizio alla città stessa. Da quel momento l’attività pastorale ed
evangelistica, seguendo la
presenza dei lavoratori entrati in contatto con la chiesa di
lingua italiana, si svolse anche in vari comuni del Cantone di Basilea-Campagna.
Nei locali comunitari alla
Mittlere Strasse sono continuati i corsi di italiano per gli
svizzeri e di tedesco per gli
italiani, oltre alle normali attività così simili in ognuna
delle nostre comunità, siano
esse in Italia o in Svizzera.
(note storiche tratte da uno
scritto di Christian Gysin, pastore della Comunità evangelica di lingua italiana di Basilea dal 1979)
La trasmissione del sapere
problema se si riconduce la
discussione a quel che è veramente in gioco; se cioè la
scuola è capace, e in che misura lo è, di insegnare formando, di trasmettere sapere,
conoscenza, passato, storia e
memoria, trasformandoli nel
tessuto vitale di esistenze
concrete: se cioè riesce a ricucire il nesso spezzato tra sapere ed esistenza, tra memoria e
vita, tra storia ed attualità.
Non è affatto paradossale;
l’insegnante insegna (forse,
meglio, testimonia) soprattutto ciò che lui stesso è, ciò
che è diventato attraverso un
percorso formativo, ciò che è
stato formativo per lui. Trasmette, insieme alla nozione,
alla cosa, quel surplus di
esperienza formativa che è
stata per lui l’apprendimento
della cosa. Altro che asettica
oggettività. Un sapere intrecciato alla soggettività di chi lo
trasmette. Mi viene in mente,
non so con quanta pertinenza, il motivo ricorrente di
Paolo ai Corinzi: «Vi trasmetto come anche lo ho ricevuto...» (1 Cor. 11, 23; 15, 3).
Cioè trasmetto efficacemente
quel che ho ricevuto ed è diventato la sostanza della mia
stessa vita. Insegno quel che
io stesso sono, cioè la nozione, il fatto, intrecciato alla
sua interpretazione, all’esperienza di verità che ho incontrato in presenza di esso.
L’ermeneutica moderna
[disciplina che ha per oggetto
l’interpretazione, ndr], da Gadamer a Ricoeur, ha indicato
con estrema pertinenza e lucidità l’implicazione inevitabile (ma quanto feconda!) della soggettività nella dimensione oggettiva del sapere e della
trasmissione del sapere. E in
particolare, vorrei ¿iggiungere,
del sapere storico, del fare sto
ria. Credo sia chiaro a tutti come dietro l’incredibile discussione sulla revisione e la censura dei libri di testo scolastici, si annidi realmente una
questione cmciale, quella della verità storica. Ristabilire, di
dice, la verità dei fatti, mediante l’obiettività della ricostruzione. Ma è possibile una
ricostruzione obiettiva, o tutto è faziosamente implicato
nella soggettività dell’interpretazione ideologica? E la
correttezza del metodo, la
«prova» storica, l’esibizione
minuziosa delle fonti, garantiscono automaticamente un
risultato di verità?
Ho l’impressione che né il
rigore metodologico (pur necessario), né una chimerica
collocazione neutrale, obbiettiva e distanziante dell’interprete siano sufficienti;
ho l’impressione invece che il
problema sia, ancora e di
nuovo, quello di ricucire il
nesso tra storia e attualità, di
ripristinare un circuito di
continuità tra memoria, racconto del passato e impegno
mobilitante del presente.
Scrive Marco Rostan [Riforma n. 3,19 genn.): «Si riesce a
cogliere il senso autentico di
una storia soltanto quando
nel presente si avverte la necessità di scelte personali e di
impegni morali che si situano
in continuità con quella storia». In altri termini una storia, la storia, si colloca nella
dimensione della autenticità
quando, lungi dal neutralizzare l’inevitabile prospettiva
della soggettività, è capace di
fondare, motivare e orientare
scelte etiche e direzione del
cammino nel presente.
Rosanna Ciappa
presidente dell'Associazione
»31 ottobre»
a cura di Eberhard e Renate Bethse
Ultime lettere dalla Resistenza
Dietrich Bonhoeffer e i suoi familiari nella lotta contro Hitler
212 pp., L. 28.000, Euro 14,46, cod. 36v
Non solo Dietrich Bonhoeffer, ma anche suo fratello
Klaus e i cosnati Rudiser Schleicher, Hans von Dohnanyi e Justus Delbrück erano coinvolti nella lotta
contro Hitler e furono tutti imphsionati e uccisi dai
nazisti dopo anni di detenzione, interrosatori e torture. La straordinaria storia di una famislia che, ispirata
da un'intensa spiritualità e fede evangelica, si oppose
alla barbarla nazista fino all'estrema conseguenza.
m mmedhtrìce
Claudiana
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -10125 TORINO
TEL. 011/668.98.04 - FAX 011/650.43.94 - C.C.P. 20780102
http://www.claudiana.it
8
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 9 FEBBRAIO 20HI
È Stato il tema di quest'anno della Settimana di preghiera per l'Unità dei cristiani
«lo sono la via, la verità e la vita»
Le principali manifestazioni di un'iniziativa che, come l'anno scorso, diverse chiese
evangeliche italiane hanno vissuto con disagio a causa delle recenti tensioni ecumeniche
Come rilevato sulle pagine
del nostro settimanale, in diversi articoli e attraverso le
lettere dei nostri lettori, l’anno da poco finito è stato negativo sotto il profilo delle relazioni ecumeniche. Non vogliamo ritornare su cose già
ampiamente dibattute: ricordiamo solo l’Anno Santo,
con il contorno di manifestazioni che lo hanno animato e
la questione irrisolta delle
indulgenze (o dell’indulgenza), la beatificazione di Pio
IX, la dichiarazione del card.
Ratzinger in cui si distingue
tra chiese sorelle e comunità
ecclesiali e si tende a identificare la Chiesa cattolica con
la Chiesa tout-court.
Lo sconcerto e il dissenso
dei protestanti, acuito dalle
ingerenze della gerarchia
cattolica nella vita del nostro
paese in campo politico ed
etico, ha indotto molte chiese
evangeliche a non aderire alla Settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani. In
molte zone la partecipazione
c’è stata, perché il tessuto di
amicizia e fraternità creato
negli anni con alcune parti
del mondo cattolico ha retto
all’urto dell’ondata restauratrice. La partecipazione è stata spesso preceduta da incontri in cui gli evangelici
hanno espresso l’amarezza
per certi atteggiamenti che si
credevano superati e la parte
cattolica ha dimostrato di
comprenderne le difficoltà.
Segnaliamo le manifestazioni che si sono svolte nelle
diverse località, ringraziando
chi ci ha inviato le informazioni e scusandoci per i tagli
che abbiamo dovuto operare.
L’incompletezza delle notizie
è dovuta solo al fatto che
molte iniziative non ci sono
state comunicate.
EMMANUELE PASCHETTO
A Milano, dopo un lungo
«silenzio celebrativo» a
motivo del dissenso riguardo
all’Anno Santo, c’è stato un
susseguirsi di richieste da
parte cattolica di riprendere
con maggior fraternità il cammino ecumenico interrotto. Il
Consiglio delle chiese cristiane della città aveva comunque già concordato di ritrovarsi durante la Settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani (Spuc) e ha preparato
un nutrito programma. Gli
appuntamenti più significativi sono stati: la celebrazione
di apertura nella chiesa di
Santo Stefano a Sesto San
Giovanni, con la predicazione
abbonamenti
interno
estero
sostenitore
L. 10,000
L. 20.000
L. 20.000
Se non avete ancora rinnovato
il vostro abbonamento, vi chiediamo di farlo con sollecitudine: ci eviterete laboriose e costose operazioni di sollecito.
Versamenti sul conto corrente
postale n. 46611000 intestato
a: «CULTO RADIO», via Firenze 38, 001 84 Roma.
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ARREDAMENTI snc
di David« • Pl«tro Fiorini
Via Camillo Bernah, 15
54031 Avanza Carrara (MS)
Tel. 0585 856262
Fax 0585 50301
Una celebrazione ecumenica a Torino
del pastore Antonio Adamo; il
culto evangelico nella chiesa
metodista con padre Traian
Valdman e il pastore Giovanni Anziani (per la prima volta,
nella chiesa metodista di Milano, il culto con un padre ortodosso); rincontro ecumenico delle corali cristiane nella
chiesa Ss. Apostoli e San Nazaro Maggiore, la celebrazione ecumenica «Parola, via,
verità, vita» nella chiesa di
San Marco; la presentazione
del dossier sulla giustificazione nella libreria Ancora, la Tavola rotonda sulla «Ospitalità
eucaristica oggi» con il pastore Paolo Ricca, mons. Giuseppe Chiaretti e padre Traian
Valdman. In questa occasione
il pastore Ricca ha ricordato
che la Cena è del Signore e lui
solo ha in mano la «lista degli
invitati» e ha ripreso l’esortazione di Paolo «Accoglietevi
gli uni gli altri, come anche
Cristo vi ha accolti per la gloria di Dio» (Rom. 15,7).
A Palermo, il 23 gennaio,
ha avuto luogo l’incontro
indetto per la Spuc a cui
hanno preso parte anglicani, avventisti, cattolici, ortodossi e valdesi. Nel corso
della riunione, ricordati i
motivi della sospensione
della Settimana lo scorso
anno, si è avuta una meditazione a più voci sul tema di
quest’anno: «Io sono la via,
la verità e la vita» ed è stato
fatto il punto dell’ecumenismo a Palermo. In questo
contesto il pastore Franco
Giampiccoli ha presentato e
commentato la lettera della
Fcei: «Riapriamo la porta
dell’ecumenismo».
A Torino anche quest’anno vi è stato un nutrito programma preparato dalle
due commissioni, cattolica
ed evangelica, insieme con
la rappresentanza ortodossa. Secondo la richiesta degli evangelici la Spuc non è
iniziata in duomo, ma si è
partiti da tre realtà diverse
della città: a nord nel tempio battista di Lucento, al
centro presso la chiesa ortodossa romena, al sud nella
parrocchia di Santa Rita.
Come di consueto, in due
serate, 22 chiese (4 evangeliche) in Torino e in Rivoli,
Marene, Moncalieri, San
Mauro, Rivalla, Settimo,
Venaria, hanno ospitato gli
incontri di zona, con la partecipazione di due predicatori di diversa confessione.
L’incontro dei giovani il venerdì, i vespri ortodossi il
sabato, il concerto d’organo
al tempio valdese la domenica e la conferenza del pastore battista Luca Negro e
del monaco di Rose Guido
Dotti sul tema «Dov’è la vera chiesa?» il mercoledì hanno scandito la settimana
conclusa con la preghiera
all’Arsenale della pace presso il Sermig.
A Udine la Spuc si è aperta il 18 gennaio con una celebrazione ecumenica nella
parrocchia di San Quirino, e
una riflessione su Giov. 14, 6
condotta dal neoarcivescovo mons. Pietro Brollo e dal
pastore Andreas Kohn, delle
chiese metodiste di Udine e
Gorizia. I partecipanti erano
circa un centinaio. Nello
stesso giorno, in tarda sera
ta,'si è svolta una simile celebrazione nella chiesa metodista di Gorizia: circa 150
persone hanno ascoltato
l’omelia dell’arcivescovo
monsignor Dino De’ Antoni.
Il 23, sempre a Gorizia, nella
sala gremita dell’auditorium
P. Cocolin, il professor Orioldo Marson del seminario
di Pordenone e il pastore
Kohn hanno animato una
serata pubblica dal tema
«Gesù Cristo è l’unico Salvatore?» (in riferimento alla
dichiarazione «Dominus Jesus»), Le iniziative hanno
avuto ampio riscontro sulla
stampa locale, 11 gazzettino
veneto, Il messaggero. La
voce isontina.
A Cremona, nella suggestiva e capace chiesa di
Sant’Ilario il predicatore
Leonardo Casorio, incaricato della cura delle chiese
metodiste della zona, il pastore avventista Vincenzo
Castro e il teologo cattolico
don Romeo Cavedo hanno
commentato alcuni passi di
Isaia e del Vangelo di Giovanni: presenti oltre 100 fedeli, tra cui metodisti e avventisti. Il parroco don Luigi
Parmigiani ha guidato una
apposita liturgia. Il canto è
stato assai partecipato e la
frase liturgica «Ascoltaci Signore» ha sottolineato le numerose preghiere spontanee
facendo percepire l’unità
dello Spirito. Su proposta di
Mario Gnocchi, responsabile
locale del Sae, la colletta è
stata devoluta alla «San Vincenzo» per aiuti agli immigrati e alla Chiesa avventista
per opere di beneficenza.
La scomparsa è avvenuta a Roma in dicembre
Ezio Saccomani, testimone dell'Evangelo
Il 22 dicembre, nella chiesa
battista di via Teatro Valle a
Roma, abbiamo dato il nostro
estremo saluto a Ezio Saccomani. Era nato nel 1910 a
Reggio Calabria, dove il padre
Liutprando era pastore, terzo
di sei figli, cinque maschi e
una femmina. Figura discreta,
tranquilla, meno appariscente
degli altri fratelli, è stato fedele testimone dell’Evangelo e
instancabile lavoratore all’interno della Chiesa battista.
Tornato a Roma nel 1947,
dopo una lunga prigionia
all’Asmara, era diventato
membro della Chiesa battista
di via del Teatro Valle e ne era
stato diacono per molti anni,
prima che una lunga malattia
lo mettesse forzatamente a riposo. Fortemente appassionato all’evangelizzazione diede vita a due mensili. La flon
da nel 1953 e Speranze vive
nel 1957. Nel 1969 gli veniva
affidata la direzione del Seminatore, periodico evangelistico delle chiese battiste italiane sin dai primi anni del secolo scorso. Questo incarico
lo occupava molto anche perché, come spesso accade nelle nostre comunità quando è
richiesto un impegno continuativo, non trovava molti
collaboratori e spesso confezionava da solo il giornale
con pseudonimi vari. Il tempo libero dal suo lavoro si divideva fra la stampa e l’evangelizzazione diretta. Con un
gruppo di giovani delle comunità di Roma andava a
predicare ad Ariccia, Ronciglione. Acquapendente, spesso accompagnato dalla moglie Giuseppina Sander, che
ricorda ancora quelle riunio
ni come momenti entusiasmanti, anche se faticosi.
Trovava tempo anche per
la politica, che era la sua seconda passione. Frequentava
riunioni e dibattiti ed era assiduo lettore deW Unità e di
Vie nuove. Ai nipoti regalava
Il pioniere e L’amico dei fanciulli. Interessato ai temi di
attualità e di cambiamenti
sociali, quando interveniva in
un dibattito politico si qualificava sempre credente e
protestante. Rimase iscritto
al Pei fino alla fine degli Anni
80 quando la malattia lo
privò poco a poco delle sue
energie e delle sue facoltà. È
uscito in silenzio dalla nostra
vita e dal lavoro per la chiesa
come spesso accade ai credenti che hanno in cuore solo TEvangelo e la sua testimonianza. (d.s.)
i Mirella Abate e Petra Bordi
Württemberg: due donne
a capo di un istituto
PETRA ZIEGLER'*
PER la prima volta nella
storia della Chiesa evangelica del Württemberg, la direzione di un importante istituto di formazione è stata affidata a due persone insieme,
due donne. Si tratta dell’Istituto di formazione pastorale,
che sarà diretto congiuntamente dalle pastore Mirella
Abate e Petra Borch. Il solenne culto di insediamento, che
è stato celebrato il 26 gennaio a Stoccarda, ha messo
bene in evidenza che era la
prima volta che un incarico
di tale importanza fosse condiviso fra due responsabili allo stesso livello. Finora era
avvenuto soltanto che un
unico posto pastorale fosse
affidato a una coppia di due
pastori. Mirella Abate, pastora valdese, lavora da molti
anni nella Chiesa evangelica
del Württemberg.
Nel culto di insediamento,
la pastora e consigliera ecclesiastica Use junkermann, in
rappresentanza della Chiesa
del Württemberg, ha citato un
commento delle due pastore:
«Il capo unico lascia ora U posto a un gruppo di lavoro di
due responsabili». È un tipo
nuovo di guida a due che
mette in questione il modello
abituale di gestione di un solo
capo responsabile, e stimola a
r
Bi
risolvere in modo nuovo
problemi di leadership,
tratta di un primo esperimen,
to, che le due pastore intej.
dono attuare e realizzare con
attenzione e consapevolezza
sulla base della loro esperiej,
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pastorale negli ospedali, e clii
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prova, nei suoi vantaggi e
suoi problemi. Al culto di ij.
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sente, come uno dei quattro
«testimoni» il pastore e pro.
fessore Giorgio Girardet, ci
ha ricordato come Mirell,
Abate sia stata la prima pasto,
ra valdese a venire a lavorato
in Germania. «Ci rallegriartio
- ha detto - che una valdest
abbia ora una così grande te- i
sponsabilità nella chiesa del
Württemberg».
L’Istituto di formazionepastorale organizza corsi di pii:
settimane o di fine settimana
per pastori e pastore e
laici attivi nella chiesa, che
sono per prima cosa invitatia
imparare l’ascolto e la comprensione di chi vive in situa-1
zioni di crisi personale. Da
lavoro che Mirella Abate
svolto negli ultimi anni anche
nella Chiesa valdese, con corsi e incontri con pastori e eoa
candidati al ministero.
Sono stc
Inoltri
'%■
* Caporedattore del settimanà
Evangelisches Gemeindeblattffli
Württembeij
CRONACHE DELLE CHIESE»
RORÀ — La comunità si rallegra con il pastore Stefano Mercurio e con sua moglie Anne-Sophie per la nascita, avvenuti
■ nei giorni scorsi, della piccola Hélène.
PRAMOLLO — È nato Samuel Graziato, di Andrea e di Manue
la Haberling. Ci rallegriamo con i neogenitori e con il fratellino David.
• Siamo vicini ed esprimiamo tutta la nostra solidarietà cristiana a Olga Peyronel, al figlio Diego e a tutti i familiari pa
la perdita di Severino Crespo.
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La Commissione sinodale per la diaconia (Csd) avvia
la selezione di una/un
segretaria/o di direzione
preferibilmente con diploma o titolo universitario, ea
fra i 25 ed i 30 anni, attenta/o e precisa/o, capace di lavorare in autonomia e di organizzare il proprio tempo,
naturalmente portata/o a gestire con efficacia i rapporti interpersonali. Il lavoro, inizialmente part-time, potrà
assumere sviluppi interessanti neH’ambito del potenziamento dei servizi della Csd in Torre Pellice.
Le/gli Interessate/! sono pregate/i di inviare, entro
febbraio 2001, dettagliato curriculum con recapiti a:
Commissione sinodale per la diaconia - via Angrogna,
18-10066 Torre Pelllice.
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SOGGIORNO MARINO 2001 per ragazzi/e
I due turni dei soggiorno marino 2001 per ragazzi e ragazze a Borgio Verezzi presso la cosa Balneare Valdesecorso Italia 110, 17027 Pietra Ligure - saranno i seguenti:
1 ° turno dal 10 giugno al 23 giugno età 7-9 anrii
(nati tra il 1 -1 -1992 e il 30-6-1994)
2° turno dal 23 giugno al 6 luglio età 10-12 anni"^
(nati tra il 1-1-1989 e il 31-12-1991)
I moduli per le iscrizioni possono essere richiesti alla Segr®" i
teria della Chiesa valdese, via San Pio V 15,
10125 Torino, tei. 011-6692838.
Termine delle iscrizioni 31 marzo 2001
Si accettano anche le domande per il personale volontario p®' ,
l'animazione e la cura dei ragazzi/e. Le persone interessate
devono fare domanda alla Commissione, sempre presso la Segreteria della Chiesa valdese di Torino, entro II 15 aprii«'!
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venerdì 9 FEBBRAIO 2001
Vita Delle Chiese
PAG. 9 RIFORMA
Tutte le iniziative e i progetti ecumenici deH'anno appena trascorso
Bilancio positivo per la Società biblica
Sono stati stampati cinque milioni di volumi, per un equivalente di 700.000 Bibbie complete
Inoltre, la lettura in pubblico della Bibbia e la mostra «La Parola che cambia il mondo»
pieci progetti, 52 edizioni
in 17 lingue, 5 milioni di copie
stampate per un equivalente
ji 700.000 Bibbie complete: è
il bilancio deile iniziative pro;®osse per l’anno 2000 dalla
Società biblica in Italia (Sbi),
per favorire la diffusione dei
testi biblici. Tutte iniziative di
grande rilievo, anche dal punto di vista della promozione
del dialogo ecumenico.
Già a Pasqua del ’99 è stata
presentata una traduzione in
sette lingue del Vangelo di
Luca: voluta dalle chiese protestanti, cattolica e ortodosse, è stata offerta agli alberghi
romani per collocarla nelle
Stanze a disposizione di turisti e visitatori. La prima traduzione letteraria ecumenica
del Vangelo di Giovanni, proniossa anche in questo caso
da cattolici, protestanti e ortodossi, è stata presentata a
dicembre del ’99 alla Biblioteca Casanatense di Roma e
stampata in 10.000 copie.
In collaborazione con l’associazione evangeiica «Italia
per Cristo» è stato realizzata
una edizione del Vangelo di
Luca, degli Atti e della Lettera
ai Romani, mentre insieme al
Comitato per il Giubileo è stato realizzato il volume «Tornerò al Padre», contenente il
Vangelo di Luca, 1 Pietro,
Amos e i Salmi penitenziali.
Questo volume, stampato in 2
milioni e 500.000 copie, e disponibile in sei lingue, è stato
distribuito ai pellegrini che
nel corso del 2000 hanno visitato le basiliche di Roma.
Altre iniziative di rilievo
nel corso di quest’anno sono
state la lettura dell’intero
Vangelo di Marco, in 11 lingue diverse, realizzata a giu
gno in collaborazione con il
Comune di Roma presso il
Foro Traiano; la mostra «La
Parola che cambia il mondo», in collaborazione con il
ministero per i Beni culturali:
una mostra di Bibbie accompagnata da fotografie e oggetti vari, dall’inizio della
stailipa fino al computer;
una traduzione multilingue
del Vangelo di Marco, distri
buita a Roma in agosto in occasione della Giornata mondiale delle gioventù; infine,
un’edizione del Vangelo di
Marco con illustrazioni artistiche relative a questo Vangelo e alla sua influenza a
Roma; viene distribuita gratuitamente presso tutti i
punti di informazione turistica della capitale ed è disponibile in quattro lingue, (nev)
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[' Conclusa la terza edizione del programma «Semi di pace» della rivista Confronti
lialogo e lavoro per la pace tra israeliani e palestinesi
LUCIA CUOCCI
■“1^ AL 21 al 29 gennaio scorLl si una delegazione di
; éducatori israeliani e palestinesi ha partecipato alla terza
edizione del programma «Semi di pace» promosso dalla
.'tlvista Confronti, realizzata
anche grazie al sostegno fii nanziario dei fondi Otto per
■ mille della Tavola valdese;
’ Sono stati giorni intensi di
'<lÈonoscenza e dialogo, distanti dai luoghi di un conflitto
che sembra avvitarsi su se
Stesso e che rischia un’escalation regionale. 11 senso di
«Semi di pace» è proprio qui:
nel tentativo di favorire l’incontro e il dialogo tra la società civile israeliana e quella
palestinese. Come noto gli
nltimi mesi sono stati segnati
dalla «seconda intifada»
scoppiata in seguito alla visi
ta militarizzata di Ariel Sharon alla «Spianata delle moschee» o «Monte del Tempio», come si vuole chiamare
quel luogo chiave della città
vecchia di Gerusalemme per
controllare il quale sono
morte già troppe persone; e
così rincontro e il dialogo,
già difficili in tempi normali,
sono diventati impossibili.
«Da mesi vivo in un gabbia
a cielo aperto di un chilometro quadrato - ha ripetuto
Rana Khoury, una giovane
donna palestinese e cristiana
di Betlemme, che ha partecipato ai vari incontri avuti in
Italia con esponenti politici e
religiosi di varie comunità di
fede, studenti, insegnanti, associazioni culturali ed educative -. E le reti di questa
gabbia hanno interrotto quei
contatti tra i giovani israeliani e palestinesi che abbiamo
faticosamente costruito in
tutti questi anni; l’occupazione militare e il clima di
violenza dei mesi scorsi hanno anche interrotto quella
strategia di costruzione delia
società civile per cui abbiamo tanto lavorato. Ma non
potrà esserci pace finché non
c’è comunicazione tra i due
popoli e finché non si sarà
democraticamente consolidata la società civile palestinese». Rana è vicedirettrice
deirinternational center di
Betlemme, un’istituzione
educativa promossa dalla locale Chiesa evangeiica luterana: il centro promuove corsi di formazione per guide
turistiche, iaboratori artistici,
incontri con giovani israeliani e del resto del mondo; «È
un modo per superare le barriere, per prepararci al futuro
e qualificare i nostri giovani
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AGENDA
9 febbraio
spiega - perché non si sentano inferiori rispetto ai loro
coetanei israeliani. L’arte è
un eccezionale strumento di
formazione, comunicazione
e creatività».
Nel corso dei vari incontri
svoltosi in varie città italiane
(da Roma a Bergamo, da
Ascoii Piceno a Udine, da
Piombino a Modena a Reggio Emilio) la storia di Rana
si è intrecciata a quelle degli
altri membri del team di
educatori: Mostafa Qossoqsi,
psicologo palestinese di Nazaret; Dalia Landau, fondatrice di Open House, un centro di incontro per giovani
israeliani e palestinesi nella
città di Ramle, non lontano
da Tel Aviv; Yehuda Stolov,
direttore dell’Associazione
interreligiosa israeliana, sorta già negli Anni 50 con il
preciso obiettivo di favorire
l’incontro tra ebrei, cristiani
e musulmani.
Molti gli incontri svoltisi
nelle scuole, seguiti con eccezionale interesse e partecipazione in totale da migliaia di
ragazzi; «Per noi la questione
mediorientale è rappresentata dagli scontri che vediamo
ogni giorno in televisione ha detto una ragazza del liceo
Righi di Roma, in uno degli
incontri più partecipati - ma
oggi abbiamo sentito aitre
storie di dialogo e di lavoro
per la pace che ignoravamo e
di cui non si parla mai».
Dialogo insomma. Negli ultimi mesi, da quando il conflitto è esploso in tutta la sua
violenza, le posizioni sono
tornate a polarizzarsi, favorendo una logica di schieramento: da una parte o dall’altra, dividendo con la spada
torti e ragioni, difendendo
acriticamente una parte contro l’altra. Semi di pace ha lavorato in un’altra linea:
«Dobbiamo imparare ad
ascoltare gli altri - ha affermato Dalia Landau - anche
se non siamo d’accordo. Non
è gareggiando su chi ha sofferto di più che potremo costruire un futuro migliore per
noi e i nostri figli».
GENOVA —Alie 21, nella sala del Dopolavoro ferroviario
(via Doria 9), per il ciclo su «I percorsi del potere economico
verso il dominio mondiale», il teologo Giulio Girardi parla
su «Globalizzazione neoliberista: resistenza e alternative».
GORIZIA — Alle ore 20,30, nella sala «P. Cocolin» dell’auditorium Fogar (via Seminario, 7), il past. Giovanni Carrari, su
invito del gruppo ecumenico, presenterà il documento «Dire la salvezza alle donne e agli uomini dei nostro tempo».
9-11 febbraio
ROCCA DI PAPA (Rm) — Ai Centro battista, daile 14 del 9
febbraio, si tiene il seminario di formazione organizzato dal
Servizio rifugiati e migranti Fcei sui tema deilo sfruttamento
delle donne, progetto Ruth. Per informazioni e iscrizioni:
Srm-Fcei, via Firenze 38, 00184 Roma, tei. 06-48905101, fax
06-48916959; e-mail: sm.evangeliche@agora.stm.it.
10 febbraio
RIESI (Gl) — Al Servizio cristiano, per il ciclo del corso di aggiornamento per predicatori locali, si tiene un seminario sul
tema «La preghiera nel Nuovo Testamento» a cura del past.
Davide Ollearo. Informazioni tei. 0934-928123; 0934-928139.
SAVONA — A partire dalle 10, nella sala evangelica (p. Diaz),
si tiene un convegno sul tema «Evangelici e scuola in Italia».
Relazioni di Rosanna Ciappa e del prof. Adriano Bertolini.
BERGAMO — Alle 17,30, al Centro culturale protestante (v.
Tasso 55), a conclusione degli incontri sul profetismo nella
Bibbia, il past. Eric Noffke parla su «Profetismo e apocalittica».
11 febbraio
ROMA — Alle ore 16, alla Casa delle suore francescane missionarie di Maria, il Sae organizza un incontro sul tema
«Chiesa e Israele». Interviene Carmine Di Sante; riflessione
biblica a cura del pastore Blasco Ramirez.
TORINO — Alle 17,30, nel tempio valdese (corso Vittorio
Emanuele 23), l’Orchestra sinfonica «Alfredo Catalani» diretta da Antonmario Semolini tiene un concerto a favore
dell’Ospedale evangelico valdese di Torino. In programma
musiche di Boccherini, Puccini, Wagner, G. Luporini.
13 febbraio
BOLOGNA — Alle 20,45 nella chiesa metodista (v. Venezian
3), per lo studio sulle lettere di Giacomo e agli Ebrei, il prof.
Rinaldo Fabris introduce i capp. 1-2 della lettera agli Ebrei.
14 febbraio
FIRENZE — Alle 18,30, al Centro culturale (v. Manzoni
19/A), in occasione della Settimana della libertà, Gianni
Long, presidente della Fcei, parla su «La proposta di legge
sulla libertà religiosa in Itaiia in discussione al Parlamento».
16 febbraio
UDINE — Alle 18, nella sala di piazzale D’Annunzio 9, si
inaugura la mostra «Storia della Chiesa evangelica metodista
di Udine dal 1901 al 1973», e l’ing. Paolo Grillo parla sul tema
«I pastori di Udine dal 1866 al 1973».
VENEZIA — Alle 17, a Palazzo Cavagnis, il Centro culturale
Palazzo Cavagnis e la Società italiana per gii studi kierkegaardiani organizzano la presentazione del libro di Michele
Ranchetti «Scritti diversi IL Chiesa cattoiica ed esperienza
religiosa». Intervengono i professori Paolo Bettiolo e Mario
Miegge, e lo storico della chiesa Giovanni Vian. Presiede ia
prof. Federica Ambrosini, conclude l’autore.
GENOVA —Alle 17, a Palazzo Ducale, nell’ambito della mostra «Melantone e la cultura europea», il dr. Günther Franck
parla su «Melantone erudito universale del Cinquecento» e il
prof. Paolo Ricca su «Il pensiero teologico di Melantone».
17 febbraio
SAVONA — Alle 15, nella sala di piazza Diaz, il sindaco, Carlo
Ruggero, e il sen. Russo parlano sul tema «Superare il conflitto, sconfiggere la violenza». Presiede il past. Becchino.
MESSINA —Alle 17, nella chiesa valdese, si tiene la rappresentazione del dramma sacro «La figlia di lefte» allestito dal
«Teatro degli insiemi». Alle 19 agape fraterna.
ROMA — Alle 18, alla chiesa valdese di piazza Cavour si tiene
la Festa della libertà, con letture bibliche, meditazioni, testimonianze e canti a cura delle chiese evangeliche romane che
fanno capo alla Fcei. Seguirà agape comunitaria.
REGGERLO (Fi) — A partire dalle 17 a Casa Cares, Mostafa El
Ayoubi, collaboratore di Confronti e la past. Gianna Sciclone
parlano del tema «Islam: che cosa è? chi sono? chi siamo
noi?». Alle 19, buffet e a seguire il tradizionale falò. Per infor
mazioni e prenotazioni telefonare allo 055-8652001.
BARI — Alle 18, nei locali della chiesa valdese (c. Vittorio
Emanuele 138), il prof. P. Scaramella tiene una conferenza sul
tema «Inquisizione ed eresie nel Mezzogiorno d’Italia: il caso
dei vaidesi di Puglia e Calabria». Introduce il past. Lorenzo
Scornaienchi («Attualità della storia delle persecuzioni»).
TORINO — Alle 15,30, nel tempio valdese (c. Vittorio Emanuele 23), manifestazione pubblica su «I conflitti nell’espe
rienza musicale evangelica», con interventi del past. Alberto
Taccia, Maurizio Girolami, Maria Fortunato e la corale evangelica di Torino. Introduce il past. Giuseppe Platone.
18 febbraio
SUSA —Alle ore 15, nell’aula consiliare del Comune (via Pa
lazzo di Città 39), il Centro culturale «P. lahier» e il Centro di
ricerche di cultura alpina organizzano un incontro sul tema
«Il protestantesimo nella formazione del Piemonte moder
no» con Giorgio Tourn, storico e scrittore. Luca Patria, stori
co, e il past. Giorgio Bouchard. Presiede Anna Rostagno Telmon. La corale «Ensemble» del Centro culturale «P. e L. Paschetto» di Torino eseguirà inni della Riforma.
AVVERTENZA: i programmi relativi a. questa rubrica vanno
inoltrati 15 giorni prima del venerdì di uscita del settimanale
10
PAG. 10 RIFORMA
Ssiis
VENERDÌ 9 FEBBRAIO 200i
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DIRITTI SOCIALI E
DIACONIA IN EUROPA
lEAN-IACQUES PEYRONEL
Costruire l’Europa dei diritti,
della giustizia e della solidarietà:
questo è il grande compito che
sta di fronte alla nuova Europa
che, nonostante tutto, è emersa
dal travagliatissimo vertice di
Nizza dello scorso dicembre. Al
di là delle frizioni che hanno caratterizzato il vertice, Nizza ha
comunque segnato una tappa
cruciale nel delicato processo di
integrazione europea, non solo
perché ha dato il via, non senza
reticenze, all’allargamento a Est
dell’Unione, ma soprattutto perché, con la proclamazione della
«Carta dei diritti fondamentali»,
ha affermato che la nuova Europa non sarà più fondata soltanto
sull’integrazione
economica e monetaria ma anche sulla promozione dei diritti,
vecchi e nuovi,
di ogni cittadino
europeo.
È signifìcativo
che due capi di
stato europei abbiano proposto
che questa «Carta» diventi il preambolo della
auspicata futura Carta costituzionale europea. Uno è il presidente Ciampi, esponente di
quell’Europa mediterranea che
fino a poclfi anni fa rischiava di
essere il «parente povero» dell’Europa franco-tedesca, l’altro è
il presidente ceco Vaclav Havel,
egregio rappresentante della
grande tradizione umanistica
mitteleuropea, riemersa dalle
macerie del muro di Berlino. Se
questo avverrà, la Costituzione
della nuova Europa del XXI secolo avrà lo stesso peso, culturale e politico, oltre che giuridico,
di quello che ebbe, nella Francia
rivoluzionaria del 1789 e nell’Europa di allora, la «Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del
cittadino». Anche se non ha ancora valore giuridico, la «Carta»
ha infatti un enorme valore simbolico e politico che nessun paese membro dell’Unione, presenti e futuri, potrà ignorare. Lo
hanno affermato con forza,
all’indomani del vertice, sia la
presidente del Parlamento europeo, Nicole Fontaine, sia il
presidente della Commissione
europea. Romano Prodi il quale,
parlando il 12 dicembre scorso
davanti al Parlamento di Strasburgo, ha detto che «Parlamento e Commissione hanno già fatto sapere che, per quanto li riguarda, intendono applicare integralmente la Carta».
Anche Jacques Delors, padre
dell’Europa economica e mone
Le chiese europee
sono alla ricerca di
una strategia
comune di diaconia
e solidarietà
che la «Carta» e il dibattito in
corso sulla futura Costituzione
favoriranno quello che finora è
mancato al processo di integrazione europea, e cioè la partecipazione democratica dei cittadini. La «Carta» infatti ridà tutto il
suo peso al ruolo della società civile nella elaborazione delle future istituzioni e in particolare
delle future politiche sociali.
Ora, fra i vari attori della società
civile ci sono indubbiamente le
chiese e le loro associazioni diaconali. Per questo è particolarmente importante la «Carta ecumenica per l’Europa» che le chiese protestanti, ortodosse, cattolica romana e anglicana, firme_______ ranno a Strasburgo dopo Pasqua,
nel segno della loro vocazione comune alla riconciliazione. Importante anche la decisione presa dal
Comitato direttivo di Eurodiaconia nel suo ultimo
incontro a Strasburgo il 3 e 4 febbraio scorso, di presentare una
propria dichiarazione aU’«audizione» del «Comitato economico
e monetario» del Parlamento europeo, il 6 marzo prossimo.
RiaUacciandosi alla Comunicazione della Commissione europea del 20 settembre 2000 relativa ai «Servizi di pubblica utilità
in Europa», la dichiarazione di
Eurodiaconia afferma che il
«mercato sociale», in quanto
espressione del principio di solidarietà fra i cittadini, non può
essere sottoposto alle stesse regole del mercato economico interno, perché i servizi sociali,
«per loro natura, differiscono
fondamentalmente dai servizi
commerciali con fine di lucro».
Altrettanto importante infine
sarà il «Forum diaconale europeo 2001», organizzato dalla
Conferenza delle chiese europee
(Kek) e da Eurodiaconia, che si
svolgerà in Finlandia alla fine
del prossimo settembre sul tema
«Strategie per la diaconia in Europa» e che sarà centrato sui
problemi della disoccupazione,
del lavoro precario, dell’esclusione sociale e della condizione
dei migranti. Proprio in quella
sede, le chiese e le loro organizzazioni diaconali ribadiranno
che la lotta per l’attuazione dei
diritti fondamentali non può essere limitata ai soli cittadini europei ma va estesa a qualunque
essere umano si trovi a vivere
dentro le porte dell’Europa. Solo
così la «Carta» potrà diventare
taria di Maastricht, riconosce un esempio per il mondo.
i: Eco
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DIRETTORE: Eugenio Bernardini. VICEDIRETTORE PER IL CENTRO-SUD: Anna
Maffei. IN REDAZIONE: Alberto Coreani, Marta D’Auria, Massimo Gnone, Jean-Jacques Peyronel, Davide Rosso, Piervaldo Rostan (coordinatore de L'eco delle valli)
Federica Tourn. COLLABORANO: Luca Benecchi, Alberto Bragaglia, Avernino Di
Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrano, Giuseppe Ficara, Pawel Gajewski, Giorgio Gardiol, Maurizio Girolami, Pasquale lacobino. Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa
Nini, Nicola Pantaleo, Emmanuele Paschetto, Giuseppe Platone, Giovanna Pons,
Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Raffaele Volpe.
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE: Piera Egidi.
REVISIONE EDITORIALE: Stello Arnland-Hugon: GRAFICA: Pietro Romeo
AMMINISTRAZIONE; Ester Castangia; ABBONAMENTI: Daniela Actis.
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il
Tariffe Inserzioni pubblicitarie; a modulo (42,5x38 mm, Riforma - 37x45 mm, L'Eco delle
valli valdesi) £ 30.000. Partecipazioni: mm/colonna £ 1.800. Economici: a parola £ 1.000.
La testata Riforma è registrata dal Tribunale di Pinerolo con il numero 176/51.
Riforma-L'Eco delle valli valdesi è il nuovo titolo della testata
L’Eco delle valili valdesi registrata dal Tribunale di Pinerolo con il
n. 175/51 (modifiche registrate il 6 dicembre1999).
Il numero 5 del 2 febbraio 2001 è stalo spedito dall’Utficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 31 gennaio 2001.
200.
Associato alla
Unione stampa
periodica Italiana
Continua il nostro dibattito su una questione controversa
I farmaci e l'eutanasia
Non tutti vivono la malattia e la sofferenza nello stesso modo; per
questo le persone malate devono avere la possibilità di scegliere
GIANPAOLO PERLEHI
IN merito allo scritto comparso sul numero di Riforma del 5 gennaio scorso a firma Miriam Pisani, ritengo di
dover fare le seguenti considerazioni, scusandomi con
chi legge per l’uso di alcuni
termini tecnici, che ho cercato però di limitare al massimo. Pisani scrive che, a proposito deH’eutanasia attiva
«...si interviene con un’azione che è pur sempre mediata
da un farmaco letale, e che
non esclude comunque anche un periodo di agonia». Va
qui precisato che, conformemente ai più noti protocolli, è
previsto che l’intervento con
cui si pone termine alle funzioni vitali sia basato sull’impiego non di uno, ma di diversi farmaci, somministrati
in sequenza temporale.
Il primo farmaco previsto
da molti protocolli (Usa, Australia, Olanda: per informazioni consultare i siti: http:
//WWW.euthanasia.org/wftext.html: www.ves.org. UK/
index.html) è un ipnoinduttore (esempio: pentobarbital), che induce nel paziente,
o nella paziente, uno stato di
narcosi. Seguono immediatamente altri farmaci per arrestare le funzioni vitali in modo privo di traumi o sofferenza. Un tale trattamento non
implica pertanto l’insorgenza
di uno stato di agonia, intesa
come quella condizione di
angoscia e sofferenza psicofisica, accompagnata da una
progressiva perdita delle funzioni vitali, che precede la
morte. La tesi che sostiene
che un intervento farmacologico, messo in opera allo scopo di terminare le funzioni
vitali di un paziente terminale, non possa escludere un
periodo di agonia è quindi
posta in modo impreciso.
Pisani scrive che «...se si
considera che la terapia del
dolore con farmaci oppioidi,
se fatta in modo corretto, con
dosi e tempi di somministrazione giusti, permette il controllo del dolore anche più
forte, senza rischi di dipendenza o di assuefazione, il discorso del dolore insopportabile, che renderebbe la vita
indegna di essere vissuta rappresenta in realtà un falso
problema». Al contrario, il
problema esiste, e in molte
circostanze, che Pisani sembra non considerare. Basta ricordare, per esempio, lo stato
di profonda sofferenza in cui
si trovano molti malati terminali affetti da carcinoma del
polmone o da metastasi polmonari. In queste persone la
sofferenza non è solo causata
dalla sintomatologia doloro
sa, ma anche e soprattutto
dalla penosa difficoltà a respirare (insufficienza respiratoria). In questo caso gli oppioidi non possono attenuare lo
stato di sofferenza delle persone in condizione terminale,
se non attraverso la loro azione narcotica. Inoltre, in questi
pazienti la respirazione viene
spesso garantita dall’intubazione e il collegamento a respiratori meccanici.
Ciò conduce naturalmente
a una riflessione più generale
sulla qualità della fase terminale dell’esistenza in questi
specifici casi: infatti il controllo del dolore costituisce
solo un aspetto del problema, e indica quanto sia improduttivo l’atteggiamento
del «mai e a nessun costo»,
quando si parla di eutanasia.
Va inoltre detto che è non è
corretta l’affermazione che la
somministrazione rigorosamente controllata di analgesici oppioidi (morfina, Fentanil, Péntazocina) non induca
nelle persone malate dipendenza 0 assuefazione (in termine tecnico: tolleranza). Infatti è ben noto che «la dipendenza comincia a manifestarsi entro 24 ore quando
la morfina è somministrata
ad intervalli di 4 ore» ( cfr.
Analgesici narcotici [oppiacei], cap. 12, D.R. Laurence,
Clinical Pharmacology, Churchill Livingstone, Londra).
Riguardo all’opinione che
l’intervento di eutanasia attiva «rappresenti una comoda
scorciatoia che permetta di ridurre notevolmente i costi
della sanità pubblica quando
ormai i cosiddetti "morti viventi’’, come li ha definiti il
ministro della Sanità, sono lì a
dimostrare la sconfitta della
medicina», non desidero fare
commenti: mi limito solo a riproporre tale affermazione alla riflessione dei lettori e delle
lettrici di Riforma, superendo però di mantenere i malati
terminali e le loro sofferenze,
e non la volontà sterminatrice
della classe medica, al centro
della propria analisi e della
propria ricerca personale in
tema di eutanasia.
Non posso fare a meno di
esprimere il mio dissenso riguardo all'affermazione che
il dolore di malati e malate
inguaribili sia «anche un fatto
culturale», e che la sofferenza
a poche ore o giorni dal termine della propria esistenza
possa avere alcunché di educativo o pedagogico. Per potere riflettere sulla propria
condizione di sofferenza, cercando se possibile di attribuire un senso all’esperienza
che si sta attraversando, è necessario innanzitutto conservare una certa lucidità e ave
re energie psicofisiche sufficienti per questa attività.
Inoltre, l’esperienza del dolore assume talvolta una dimensione assoluta e totalizzante, che invade ogni dimensione dell’esistenza delle
persone ammalate inguaribili: sarebbe a mio avviso scorretto, in certi casi addirittura crudele, pretendere «ex
cathedra» che le persone in
condizione terminale compiano a poche ore o giorni
dalla morte un percorso sicuramente non privo di momenti di forte tensione emotiva. È infatti possibile che
molte persone non si sentano
in grado di compiere un tale
sforzo, preferendo ad esso il
sonno, la quiete e la vicinanza una persona cara: il significato dell’ultimo scorcio della propria esistenza non ha
per me meno valore, umano
ma persino teologico, in assenza di una ricerca di fede.
Ho usato volutamente il
termine «malato-malata inguaribile» perché ritengo che
rifiutarsi di chiamare le cose
con il proprio nome («...definire un malato inguaribile
non dovrebbe rientrare nel
linguaggio del credente») non
abbia alcun potere di modificare una realtà oggettiva, per
quanto dolorosa e carica di
sofferenza possa essere. Il
problema non sta a mio avviso nell’evitare di definire, o
definirsi, «un malato inguaribile». Il negare l’irreversibilità
della propria o altrui malattia
costituisce a mio avviso solo
una improduttiva dissociazione dalla realtà, che per di
più solleva, non senza crudeltà, un inutile ostacolo sul
difficile percorso di una persona sofferente verso una
presa di coscienza matura e
consapevole dell’imminente
termine della propria esistenza. Solo in un contesto di
consapevole presa d’atto della propria condizione è possibile, a mio avviso, cercare di
percorrere gli istanti terminali della propria esistenza nel
difficile tentativo, sempre che
la sofferenza lo consenta, di
leggere la propria realtà con
gli occhi della fede.
Gemellaggio
Il I distretto della Chiesa
valdese è gemellato con il
Presbiterio di Kiskiminetas
(Usa). Volete conoscere meglio l'inglese? Volete fare
pratica con il computer corrispondendo con qualche
giovane americano/a? Gli interessati scrivano a Ester (fubonis@tin.it). Ci penseremo
noi a mettervi in contatto.
Il Comitato del gemellaggio
con Kiskiminetas.
UN’ASCOLTATRICE cattolica di Bergamo mi
chiede in una simpatica lettera: «Come mai lei che è pastore da tanti anni e quindi
un religioso, insiste tanto sulla necessità di uno stato laico, una scuola laica, delle
leggi laiche?». Ringrazio per
la domanda che mi permette
di spiegare un concetto che
forse non è chiaro per tutti.
Nelle nostre chiese protestanti non esiste un clero e
un popolo di laici. 1 pastori
non sono dei «religiosi» nel
senso che si attribuisce normalmente a questo termine.
Sono laici come tutti. Quando la comunità dei credenti,
la chiesa, riconosce in alcuni
membri (uomini o donne)
certi doni particolari, vede
una chiara vocazione, certifica una solida preparazione
teologica e biblica, affida loro
questo ministero specifico
PIERO bensì
della predicazione evangelica
e della cura d’anime.
Questo fatto, però, non li
pone in una dignità diversa
da quella dell’organista, o
dell’economo o della donna
delle pulizie. Siamo tutti credenti impegnati, come dice
l’apostolo Pietro, «a proclamare le virtù di colui che ci
ha chiamati dalle tenebre alla
sua meravigliosa luce». Ciascuno, ovviamente, con i
propri doni e le proprie capacità, ma tutti di pari dignità
E UNIONE SARDA
Cardinale e liberali
Tra i nuovi cardinali nominati da Giovanni Paolo II
vi è anche, dopo 123 anni,
un sardo, Mario Francesco
Pompedda, di Ozieri. Nel
celebrare l’avvenimento, il
giornale (22 gennaio) rievoca la figura dell’ultimo cardinale sardo, che fu Luigi
Amat di Sanfilippo (nato
nel 1796 e morto nel 1878),
che si rese protagonista di
una singolare vicenda. Abile diplomatico, «Pio IX lo
inviò come nunzio apostolico (...) presso il Regno di
Napoli quindi in Spagna.
Luigi Amat fu anche prefetto della Congregazione de
propaganda fide e a lui vennero affidati spesso delicati
incarichi di mediazione tra
i potenti dell’epoca. Vestì la
porpora ad appena 40 anni
e poco tempo dopo compì
un gesto inusuale per una
cardinale: rilasciò ad alcuni
liberali dei passaporti per
permettere loro di lasciare
lo Stato Pontificio e di evitare l’arresto, deciso per il
giorno successivo».
COBRIEBE DELLA SERA
Stato e chiesa
Finito il Giubileo, Alberto
Ronchey si interroga in prima pagina (20 gennaio) sulla condizione attuale dei
rapporti stato-chiesa. «La
Chiesa - scrive - (...) ha il
pieno diritto di raccomandare precetti morali o sociali secondo la sua dottrina.
Tuttavia dovrebbe affidarsi
alla persuasione dei credenti, anziché pretendere di influenzare la legislazione
dello stato con precetti e veti anche per i non credenti o
per le minoranze religiose,
dagli ebrei ai valdesi. Roma
sarà pure la sede storica del
papato, ma niente giustifica
la commistione tra potestà
diverse fuori dalle “sacre
mura”. È manifesto poi che
in una società con maggioranza di cattolici, sia pure
non osservanti fino a seguire certi dettami come dimostra la crescita demografica
zero, sarebbe da evitare
ogni tensione fra stato e
chiesa. Ma perché la pressione confessionale non è
così clamorosa e frequente
in altre nazioni di cattolici,
come Austria, Francia, Spagna, Portogallo? Il Vaticano, forse è qui la risposta,
esercita la sua pressione
finché non incontra resistenza? In qualche caso,
tenta persino dove la maggioranza è protestante».
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davanti al Signore. Non esistono per noi, chierici e laici:
siamo tutti laici, cioè parte
del popolo. Oppure, se vogliamo vedere il problema da
un’altra angolatura, nella
chiesa slamo tutti sacerdoti
nei confronti del mondo nel
quale siamo immersi: siamo
tutti chiamati (ognuno nel
ruolo affidatogli) a rendere
testimonianza all’unico nostro grande sacerdote che è
Gesù Cristo.
Lutero, con il suo linguag
gio vivace, scriveva: «Ogni
credente battezzato è sacerdote, vescovo e papa», volendo significare con questa parola che nella chiesa non
possono esserci (o non dovrebbero esserci) membri attivi e membri passivi, ma tutti ugualmente testimoni, dm
pastore al fratello che distribuisce i cantici. Nella società
civile le chiese (cattoliche o
protestanti) hanno il dovere
di proclamare i loro principe
ma lo stato laico deve avere
la libertà di darsi libere leg^
valide per tutti i liberi cittadini. Essere laici non significò
essere anticlericali ma significa difendere la libertà di
tutti, anche di chi non la pen
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Oorallo - per
sa come noi.
(Rubrica «Un fatto, un com^
mento» della trasmissione di R»'
diouno «Culto evangelico» curai« ijWte«:themOotz
dalla Fcei andata in onda dora
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problemi di viabilità in vai Chisone
Siamo quasi alla normalità
Con la riapertura ufficiale avvenuta sabato 3 febbraio di
ponte Palestre si può dire che la viabilità della vai Chisone sia
tornata quasi alla situazione precedente all’alluvione di ottobre. Certo molto resta ancora da fare: tutti gli interventi finora
condotti sono provvisori, e spesso realizzati anche grazie alla
buona volontà delle amministrazioni locali e dei cittadini. Rimane da risolvere la situazione del ponte di Villar Perosa, è
stata però convocata dalla Provincia in settimana la Conferenza dei servizi che dovrà decidere in merito, e c’è poi la ricostruzione vera e propria dei ponti per la quale si dovrà aspettare
molto tempo sperando che le acque nel frattempo non cancellino completamente quanto di provvisorio è stato fatto finora.
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M Celebrando la «Settimana della libertà»
Superare tutte le violenze
Per quest’anno la «Settimana della libertà», che ingloba la
data del XVII Febbraio che ricorda l’emancipazione dei v^desi
avvenuta in seguito all’emanazione dello Statuto Albertino, è
dedicata al tema «Superare il conflitto». La Federazione delle
chiese evangeliche in Italia, che promuove la «Settimana» (da
alcuni anni insieme aU’Unione delle chiese awentiste) ha inteso rispondere al lancio, da parte del Consiglio ecumenico delle
chiese, di un decennio di mobilitazione (2001-2010) contro la
violenza, «Vincere la violenza», appunto. Per l’occasione la Fcei
ha pubblicato un libretto che comprende contributi di taglio
diverso; riflessioni bibliche, ma anche interventi a sfondo sociale, psicologico e storico. Il costo è di £ 10.000.
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1 Fondato nel 1848
Anche nel Pinerolese sono attive forme di controllo dei possibili rischi per i lavoratori
AAA: cercasi sicurezza sui lavoro
¡problemi più rilevanti, oltre alla necessità di adeguarsi alle norme della legge 626, riguardano
le strutture contenenti amianto, il settore dei trasporti e le sempre possibili negligenze operative
PIERVALDO ROSTAN
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SI può morire sul lavofo; i casi esistono, anche nel Pinerolese, così
come non sono affatto infrequenti le situazioni di
incidenti in cantieri o in
stabilimenti o nelle più
liccole aziende artigiane,
successo ancora di recaite, quando un cittadinodella vai Pellice è morto in un cantiere, anche
se a 50 km dal suo luogo
diresidenza. Ma chi vigila
sulla sicurezza nel posto
di lavoro? Come vengono
applicate le leggi che
spesso vengono considerate eccessivamente restrittive e difficili da applicare? E ancora; quali
sono le situazioni più a rischio? Abbiamo provato a
sentire l’Asl 10, che ha al
suo interno un dipartiinento specifico, ma anche! sindacati e la Confederazione artigianale che
Del settore è il maggior
punto di riferimento.
«È un settore su cui abliiamo investito molto
®che negli ultimi tempi
-afferma il direttore
W'Asl, Ferruccio Massa
'(abbiamo 13 operatori,
compreso il dirigente responsabile che è il dott.
furenti. Da poco abbia■®o assunto tre nuovi
'locnici addetti alla pre’onzione che vanno ad
smungersi agli altri tre
ÌHin servizio». Ma come
si svòlge l’attività di questo servizio dell’Asl? «La.'’priamo per piani di atti■''ità- spiega il dott. Laui'titti nel 2000 sono
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stati effettuati 50 controlli in cantieri edili, cui si
aggiungono le verifiche
sull’applicazione della
legge 626. Abbiamo poi
avuto un puntuale monitoraggio sulla presenza
di amianto; in 50 cantieri
è stata autorizzata la rimozione ed una verifica
rigorosa è stata effettuata
sulla presenza di amianto nelle scuole del Pinerolese». I risultati? Un
terzo delle 156 scuole
controllate ha presenza
di amianto, il 90% delle
quali nei tetti. Ma anche
in tema infortuni si sono
registrati i controlli; un’
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«rologerla - oreficeria - argenteria
'orsUo - perle australiane
Croci
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^¿ivoia 1? - 10064 Pinerolo 10 - tei 012139/Si)0
ottantina in tutto. Quali i
sono i settori più a rischio? «Certamente i cantieri edili - dicono all’Asl
subito dopo però abbiamo il settore trasporti,
vale a dire gli incidenti
che vedono coinvolti gli
autisti che guidano veicoli per mestiere». Ma cosa
evidenziano i dati circa
gli incidenti sul lavoro?
Nel territorio dei 47 comuni dell’Asl 10 abbiamo
una media annua, nell’ultimo triennio, di 15001700 incidenti, il 10%
classificato grave, cioè
con prognosi superiore ai
40 giorni; ad essi vanno
aggiunte le malattie professionali (una settantina
diagnosticate all’anno)
fra le quali emerge nettamente la sordità da eccessiva rumorosità dei
luoghi di lavoro.
I dati dell’Asl vengono
poi confermati da altri
osservatori: «Si compila
molta carta - commenta
Enrico Tron, della Firn in parte perché le aziende risparmiano e un po’
perché si lavora con negligenza, gli incidenti ci
sono, a volte anche mortali». «Sulla legge 626 nei
primi anni l’informazione è passata poco - commenta Mauro Prot, della
Cna -; poi si è cominciato a intervenire. C’è però
un problema di adempimenti sovradimensionati
rispetto alle nostre piccole aziende artigiane».
Palaghiaccio di Torre Pellice
Il progetto del
nuovo impianto
C’è chi lo vede già ergersi nel bel mezzo del
prato poco a monte dell’hotel Gilly e chi invece
afferma che a Torre Pellice non si otterrà nulla e
le Olimpiadi si vedranno
solo in televisione. L’argomento è il nuovo Palaghiaccio di Torre Pellice,
da costruirsi in prospettiva olimpica (e con i fondi
destinati all’evento) al
posto del vecchio e ormai disastrato palazzetto
di via Filatoio.
La disputa sugli interventi possibili all’attuale
pista di pattinaggio e sulle possibilità vere e presunte di ospitare gare
olimpiche o semplici allenamenti è caduta insieme al tetto il 15 ottobre.
Da lì in poi è nata una
nuova storia: la ricostruzione di un impianto
che, insieme a quello di
Pinerolo, possa a buon
diritto sostenere la propria candidatura a ospitare almeno un girone
eliminatorio delle olimpiadi di Torino 2006.
Certezze, al momento,
nessuna: solo qualche
promessa, seppure auto
revole. E una buona notizia. La scorsa settimana
la Provincia di Torino ha
consegnato alla Comunità montana vai Pellice
un progetto di massima
per la realizzazione del
possibile nuovo Palaghiaccio, compresi i parcheggi e gli eccessi stradali. Un’opera da 3.200
posti a sedere, con tanto
di ostello interno destinato a ospitare eventuali
gruppi di giovani da fuori
zona in allenamento (il
vecchio sogno dell’aw.
Cotta Morandini era
quello di realizzare un
centro federale di avviamento all’hockey). Sono
ovviamente previste sale
stampa, ristoranti, spazi
funzionali alle olimpiadi
in prospettiva destinabili
ad altre attività. Il tutto
per un costo superiore ai
15 miliardi. E proprio la
questione finanziamento
sarà quella più spinosa:
la legge a suo tempo approvata dal Parlamento
prevedeva il semplice
ammodernamento del
«piccolo» Filatoio: ora si
tratta di trovare cifre ben
più consistenti.
Waum
ICONTRAPPUNTOI
COME PARLIAMO
DELLA SALVEZZA?
MARCO ROSTAN
Oltre al dato fisico,
l'opera di Gesù
recupera la
persona nella sua
totalità
«La tua fede ti ha salvato»; conosciamo bene questa parola che Gesù rivolge
ad alcune persone, dal cieco al lebbroso, dopo averle
guarite. Ma come comprendiamo oggi la parola
«salvezza» e come ne parliamo agli altri? Questa
promessa che Dio rivolge a
tutte le creature e alla stessa creazione —mmmm
che «geme ed è
in travaglio»,
dai terremoti
alle iguane delle isole Galápagos, ha certamente un significato chiaro per chi soffre, è oppresso, alienato,
espulso, perseguitato, contaminato ma
chi, come molti di noi, gode
di relativa sicurezza e benessere, come comprende
questa salvezza? Ci crediamo veramente, al punto di
essere in grado non soltanto di «proclamare» la salvezza dal pulpito, nel linguaggio «religioso» del sermone, ma di dirla nel colloquio interpersonale con gli
uomini e le donne del nostro tempo?
Questi e altri interrogativi sono emersi in una riunione del 1“ circuito della
vai Pellice, in cui il pastore
Alberto Taccia ha presentato il documento discusso
nelle sessioni comuni del
Sinodo valdese e dell’Assemblea battista e raccomandato all’attenzione delle chiese. La salvezza, è stato detto, è il fine ultimo
dell’amore di Dio nei nostri
confronti, amore infinito
che giunge fino alla croce.
Salvezza, liberazione, perdono, riconciliazione, redenzione: sono tanti i termini che possiamo usare,
tante e diverse le situazioni
di sofferenza in cui acquistano significato. Dunque si
è innanzitutto salvati da
qualcosa: ma, se pensiamo
ad esempio alla malattia, la
salvezza non è soltanto guarigione, anche se Gesù guarisce e compie miracoli. Al
di là della guarigione fisica,
del benessere ricuperato, vi
è nella salvezza il recupero
della persona nella sua globalità, un recupero totale,
una riconciliazione con Dio
che perdona i peccati.
Gesù non dice: la tua fede ti ha guarito, ma la tua
fede ti ha salvato: si può
guarire senza essere salvati, si può essere salvati anche senza guarire. Se la salvezza è legata soltanto al
benessere ricuperato, ecco
che quando la guarigione
non arriva siamo pronti a
gridare che Dio ci ha abbandonati. Se è soltanto
guarigione inattesa, uno la
può attribuire a Dio, un altro al caso, alle medicine. E
quando non viene, ecco la
nostra protesta: perché
proprio a me, perché a mio
figlio? Ma non siamo solamente salvati
da siamo salvati per: la
tua vita ti è
stata restituita, adesso che
cosa ne fai?
La salvezza
non è conquistarsi un posto in paradiso, è un nuovo senso che
la mia vita acquista su questa terra, fondato sulla grazia del Signore, che mi basta. Dalla salvezza nasce la
vocazione, l’impegno, una
nuova responsabilità.
Non si può pensare di dire la salvezza oggi senza
una profonda convinzione
e senza essere credibili, come singoli e come chiese.
Qui sta il punto vero da affrontare: e il documento lo
sottolinea quando nota che
la conformazione sociale
delle nostre chiese, sempre
più spesso di classe media,
conduce ad un certo annacquamento delle esigenze di
Dio sulla nostra vita individuale e comunitaria, con il
rischio di vivere la dimensione della fede e quella del
lavoro quotidiano in modo
separato e a volte con logiche opposte. Come ha scritto Daniela Rapisarda presentando la discussione
nell’Assemblea-Sinodo su
questo documento «ci troviamo ad essere chiese portatrici di un messaggio rivolto prima di tutto alle
persone povere, emarginate... ma lo facciamo dalla
comoda posizione di chiese
perfettamente inserite nel
sistema, non sempre disposte a compiere gesti radicali come quelli compiuti dal
Messia. Ci troviamo ad essere chiese portatrici di un
messaggio che restituisce
un senso all’esistenza, che
dà dignità alla persona, che
la fa uscire dalla perdita di
identità causata dalla separazione della creatura da
Dio ma lo facciamo per lo
più una volta alla settimana tenendo per la maggior
parte del tempo le porte
delle nostre chiese sbarrate, incapaci di accogliere
coloro che soffrono di solitudine, alienazione, malessere esistenziale».
12
PAG. 12 RIFORMA
IN PIU DI 1.000 ALLA «CIASPOLATA» DI PRAGELATO — Sono stati in molti a darsi appuntamento a
Pragelato domenica 4 febbraio per la «Racchettinvalle» organizzata dall’associazione «Le eiaspole». Più di mille infatti sono stati i partecipanti, molti i giovani e gli anziani, alla manifestazione competitiva e non che prevedeva un percorso
di 6 chilometri e che attraversava anche il paese
da percorrersi con le racchette da neve, le «eiaspole». Al di là della competizione quello che ha
caratterizzato l’iniziativa è stato però soprattutto
10 spirito di divertimento e di festa della manifestazione favorita anche dal punto di vista climatico dalla splendida giornata di sole.
CASSONETTI INCENDIATI A LUSERNA — Ancora
problemi per i cassonetti della raccolta rifiuti in
vai Penice. In località Ciabas a Luserna San Giovanni mercoledì 31 gennaio i vigili del fuoco sono
intervenuti per domare le fiamme che lambivano
11 cassonetto. Ignoti come al solito i vandali.
OLIMPIADI E TERRITORIO — È questo il titolo di
un convegno promosso dalla commissione esecutiva del I distretto delle chiese valdesi; l’appuntamento è per sabato 10 febbraio alle 16 nella sala di rappresentanza del Comune di Pinerolo. Intervengono il pastore Luciano Deodato, il
sindaco di Pinerolo, Alberto Barbero, il pastore
Giorgio Bouchard, del comitato delle chiese
evangeliche sulle Olimpiadi, Rinaldo Bontempi,
vicepresidente del comitato olimpico torinese.
LE STAGIONI DI CASTELMAGNO: UNA MOSTRA
— Verrà presentata al pubblico sabato 10 febbraio, alle 16,30, alla Galleria d’arte di via D’Azeglio, una mostra fotografica dal titolo; «Le stagióni di Castelmagno». Si tratta delle fotografie
realizzate da alcuni obiettori di coscienza dotati
di senso artistico e grande sensibilità, negli Anni
70, in alta vai Grana: la base di una riflessione
sulle nostre valli, sulla vita delle popolazioni locali, sullo spopolamento della montagna. Una
montagna che non deve essere solo museo per
turisti ma un territorio dove vivere e lavorare,
avendo riguardo alle sue specifiche culture.
FERROVIA: QUANDO IL RIPRISTINO? — Il comitato Rutelli organizza per lunedì 12 febbraio, alle
16, alla sala d’arte del municipio di Luserna, un
convegno sul futuro della linea ferroviaria Pinerolo-Torre Pellice. Intervengono il sottosegretario ai Trasporti, Giordano Angelini, l’assessore
provinciale ai Trasporti, Franco Campia, il direttore trasporti regionali di Torino, Giovanni Cassola, il presidente della Satti, Davide Ganglio, e i
parlamentari locali Merlo e Passone.
RADIO BECKWITH E ARCHITORTI -- Al via questa
settimana i nuovi programmi di Radio Beckwith
Evangelica. Con la compagnia «Nonsoloteatro»
di Pinerolo, ogni giovedì e venerdì alle 19 appuntamento con le fiabe per grandi e piccini
raccontate da Guido Castiglia e Alessia Colombari. Ogni mercoledì alle 17,15 (replica giovedì
alle 15), spazio all’editrice Alzani e «Un tè con
l’autore». Dopo il successo della serata al Folkclub di Torino per la presentazione del nuovo
Cd prodotto da Radio Beckwith e Claudiana, gli
Architorti suoneranno al Jam Session di via Fenestrelle a Pinerolo, martedì 13 febbraio. Si inizia alle 22 e l’ingresso è libero.
PENSIERI IN MOVIMENTO A STRANAMORE —
«Pensieri in movimento» è il titolo degli incontri
in programma all’associazione Stranamore di via
Bignone 89 a Pinerolo. Si inizia sabato 10 febbraio alle 21 con l’intervento di Pino Tripodi su
«Michel Foucault e la biopolitica». Mercoledì 14
sarà la volta di Franca D’Agostini che interverrà
su «11 programma filosofico di Gilles Deleuze:
corpi e concetti». Giovedì 22 l’ospite sarà Leonardo Ceppa, con un intervento su «La fondazione
discorsiva del diritto in Jurgen Habermas».
IL SANGUE VIAGGIA SOTTOTERRA — Dopo i primi
5 mesi di funzionamento, è ora terminata a Pinerolo la sperimentazione dell’impianto di posta
pneumatica situato all’interno di un cavedio sotterraneo posato sotto via Agnelli, una sorta di
nuovo «cordone ombelicale» fra l’Ospedale
Agnelli e la struttura del Nuovo Cottolengo. La
scommessa dell’AsI 10 era stata quella di realizzare un sistema tecnologicamente avanzato di
trasmissione rapida di referti e provette fra le due
strutture, evitando fra l’altro che decine di dipendenti dovessero quotidianamente percorrere l’intera via Agnelli a piedi o in auto per trasportare
provette di sangue e materiale biologico.
Nell’estate scorsa, è stato collocato sotto l’asfalto
stradale un «cavedio» che contiene 24 fibre ottiche per i collegamenti informatici e telefonici e
un innovativo impianto di posta pneumatica. Al
termine dei primi 5 mesi sperimentali rimpianto
dell’Asl 10, è stato collaudato: inviare e ricevere
in pochi secondi provette di sangue e referti al
Laboratorio Analisi, alla Radiologia o al Centro
trasfusionale dell’ospedale è ora possibile.
E Eco Delle ^lli ¥vldesi
venerdì 9 FEBBRAIO
Viabilità sempre difficile tra Pinerolo e la vai Pellice
La «161» a passo d'uomo
Sessanta pullman al posto del treno e il gran numero di
strade secondarie intasano il collegamento con Bricherasio
MASSIMO GNOME
Non è un periodo di
festa per il traffico
tra Pinerolo e la vai Pellice. Le rotaie sospese a
mezz’aria tra ciò che resta del ponte Chisone sono lì a testimoniare che il
guado continua a essere
la strada più breve per
raggiungere il centro. Allo
stesso tempo ricordano
che sono ancora i 60 pullman quotidiani a collegare la valle a Pinerolo.
I tempi si dilatano e la
strada provinciale assume sempre più le sembianze di un corso cittadino, con la circonvallazione di Bricherasio,
strada inizialmente concepita per velocizzare il
traffico, con un beffardo
limite dei 50 km all’ora,
poco rispettato e forse
addirittura pericoloso.
Una via d’uscita per la
161 va trovata, e al più
presto. Da un incontro
fra gli amministratori dei
Comuni interessati e alcuni tecnici della provincia di Torino, emergono
due ipotesi: agire sulla
161 stessa o intraprendere l’opzione di realizzare
un nuovo asse sulla direttrice Pinerolo-OsascoBricherasio, decongestionando così l’attuale
sede. L’assessore alla viabilità della Comunità
montana vai Pellice,
Giorgio Odetto, è cauto
ma soddisfatto; «Al momento - spiega - la Provincia sta approfonden
do la possibilità e le condizioni per dei lavori sul
nuovo percorso da Pinerolo a Bricherasio passando per Osasco; il progetto di intervento sulla
161 non è stato abbandonato, ma bisognerà
considerare i costi delle
opere tenendo presente
che intervenire sulla sede
attuale comporterebbe
dei disagi non indifferenti per la popolazione».
Procedure lunghe, ma
una promessa che arriva
direttamente dalla presidente della Provincia,
Mercedes Bresso. «Facciamo affidamento su
quanto ha promesso recentemente a Torre Pellice - dice Odetto -: un finanziamento di 15 miliardi per la strada».
Intanto a fine gennaio
sono iniziati i lavori per le
nuove aiuole spartitraffico a Luserna San Giovanni, in prossimità del nuovo distributore Total-Fina: un’iniziativa del Comune per la messa in sicurezza della strada pro
vinciale. «Questa operazione non sarà l’ultima dice l’assessore alla viabilità, Roberto Delladonna - e intendiamo realizzare altre aiuole all’altezza del cimitero». Sono allo studio una rotonda oppure un nuovo spartitraffico in prossimità del supermercato Basko. «Il nostro obiettivo - spiega
Delladonna - è permettere l’aumento del limite di
velocità a 70 all’ora, senza
penalizzare la sicurezza».
Altri progetti in gestazione riguardano anche
l’alta valle e i danni causati dall’alluvione: una
soluzione alla strettoia in
località San Marco a Luserna Alta, il consolidamento, con il ripristino
degli argini, del ponte sul
Pellice fra gli Airali e Luserna e l’ampliamento
del ponte prima dell’abitato di volar Pellice. Sono già finanziati gli interventi di messa in sicurezza della strada nell’indiritto di volar e della Bobbio-Villanova.
Aiuole spartitraffico a Luserna San Giovanni
Comunità montana vai Pellice
Un nuovo accordo
per i trasporti
Nell’aria c’è il fantasma
della riduzione del numero di assessori nella giunta della Comunità montana vai Pellice: dagli attuali 9 ai 7 previsti da una recente circolare ministeriale. Una seduta pomeridiana, quella del Consiglio di mercoledì 31 gennaio, che inizia alle 18,30,
per un ordine del giorno
privo di punti salienti ma
convocato dal presidente
Claudio Bertalot messo
alle strette dalla necessità
di riapprovare, dopo le
modifiche apportate e
votate dal Consiglio provinciale, l’accordo.di programma con la Provincia
di Torino per la gestione
del trasporto pubblico locale entro il 1° marzo,
quando la convenzione
dovrà essere operativa.
A dire il vero del «taglio» dei membri di giunta non se ne parla fino
all’arrivo, alle 19,35, del
consigliere di minoranza Danilo Colomba che
chiede chiarimenti sulla
questione. Nessuna risposta da parte di Bertalot, che tuttavia è impegnato proprio in questi
giorni nella decisione di
chi cancellare dalla lista.
La risposta definitiva è rimandata probabilmente
al prossimo Consiglio del
28 febbraio, durante il
quale si approverà anche
il bilancio preventivo.
Nella discussione sull’
accordo con la Provincia
per i trasporti, emerge
una diminuzione di 40
milioni annui del contributo al Comune di An
grogna per il servizio*
autobus. I consiglieri
garello e Alpignano %
vano le pesanti ripercuj
sioni di questa decisioj
sulle casse comunali.
fine la delibera è appi,,
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noranza Bonansea.
Il Consiglio approvi
all’unanimità l’ordiin
del giorno sulla «Siste,
mazione idrogeologicn
idraulica e idraulico-(o.
restale nel territorio
Comunità montanai
Nella sua relazione, l’as,
sessore Giorgio Odettj
mette l’accento sull’
genza di avviare «un
azione tempestiva di conoscenza degli intervent
secondo criteri di mainitenzione permanente
non solo in occasione di
calamità», come 1’
vione di ottobre: «Servi
una programmazioni
complessiva». Gli fa
il sindaco di Torre Pel
ce. Marco Armand Hugon, che denuncia: «Dopo l’emergenza i lavori
sono tutti fermi, con fairivo delle prime pi
di marzo il quadro
drammatico. Se noncisi
muove con tempestività,
scriverò una lettera
Prefetto e se necessarii
al Procuratore della Ee
pubblica, nella quale
declino ogni responsabilità in caso di disastri liituri». Le risorse finanziarie per la manutenzioni
del sistema idrico som
esigue: dei quasi 7 miliardi richiesti sono ani
vati appena 69 milioni.
Il Pellice dopo l'alluvione
Sparite le trote
Trote? Sparite. Questo
è l’allarmante stato dei
corsi d’acqua dopo l’alluvione dell’ottobre scorso, che non sembra essersi limitata a danneggiare ponti e infrastrutture. «Nella parte alta del
Pellice e degli altri torrenti nostrani - sostiene
preoccupato Marco Baltieri, presidente dell’Associazione pescatori riuniti della vai Pellice - l’alluvione ha portato alla
quasi completa scomparsa della fauna ittica che è
stata portata via dalla
corrente, più forte dove
c’è una pendenza superiore». A valle i danni sono stati determinati dallo
spostamento del corso
del torrente: «Buona parte del letto è rimasto in
secca - spiega Baltieri perdendo così buona
parte dei pesci: il torrente
muore». Non sono esenti
da colpe anche i primi interventi fatti sull’asta del
Pellice: «Vengono a mancare le buche e le pietre
più grosse sono state
portate via».
Sulla carta le soluzioni
ci sono, ma restano difficili. «Occorrerà puntare
sul ripopolamento - dice
Baltieri - mentre per il
corso medio-basso bisognerebbe ricostruire le
caratteristiche fisiche e
biologiche del torrente».
L’Associazione, che gestisce l’incubatoio ittico di
valle di Luserna San Giovanni, ha già richiesto ulteriori finanziamenti alla
Provincia, che ha la competenza per la pesca, e a
Comunità montana e Comuni. «Speriamo che l’interessamento degli enti
locali possa avere dei risultati concreti», si augura Baltieri, che aggiunge:
«Qualche milione sarebbe sufficiente, perché tutto il lavoro è garantito da
volontari». L’alluvione ha
peggiorato una situazione già difficile, con una
cronica mancanza d’acqua nei nostri torrenti. Le
ragioni? «Le condizioni
atmosferiche e la scarsità
di pioggia, ma anche e
soprattutto l’aumento dei
prelievi a scopo idroelettrico e irriguo». Marco
Baltieri non cela pessimismo: «Sono già previste
delle nuove centraline a
Bobbio e non esiste, come per l’edilizia, un "piano regolatore” sull’uso
delle acque: se queste iniziative non programmate
si estendessero, potrebbero mettere in crisi tutti
i corsi d’acqua di montagna», conclude.
Comunità montana valli Chisone e Germanasca
Sostenere lo sviluppo locale
DAVIDE ROSSO
Favorire lo sviluppo
dell’imprenditoria locale promovendo la nascita di nuove imprese e
favorendo la competitività di quelle esistenti.
Puntare sulla diffusione
di una maggiore cultura
imprenditoriale ma anche sulla semplificazione
delle pratiche burocratiche necessarie all’insediamento e alla nascita
di nuove attività o al loro
ampliamento. Sono questi gli obiettivi di due iniziative che stanno per essere avviate dalla Comunità montana valli Chisone e Germanasca e che
verranno presentate agli
operatori del settore giovedì 8 al salone del Consorzio interaziendale di
Villar Perosa.
L’iniziativa, portata
avanti dalla Comunità
montana in collaborazione con il Consorzio
interaziendale per la formazione professionale di
Villar Perosa, prevede
l’attivazione fin da subito
di un Centro servizi per
lo sviluppo locale con sede a Villar Perosa nei locali del Consorzio e di
uno Sportello unico per
le imprese che avrà sede
negli uffici della Comunità montana a Perosa.
«Il Centro servizi - spiegano in Comunità montana - fornirà informazioni sulle iniziative e gli
strumenti di finanziamento previsti sia a livello regionale che nazionale e comunitario, ma offrirà anche un servizio di
supporto alle imprese oltre che di promozione di
nuove iniziative imprenditoriali». Questo per
quel che riguarda il supporto tecnico e finanzia
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Di prossima realizzazione a Pinerolo
Ufficio unico delle entrate
Superate alcune difficoltà iniziali dovute all’individuazione di un luogo
idoneo, verrà realizzato a Pinerolo il
nuovo Ufficio unico delle entrate. Verificata infatti l’impossibilità di procedere alla realizzazione in zona Bogliette
dello stabile che dovrà ospitare gli uffici, l’amministrazione pinerolese ha seguito altre strade e ha proposto come
nuova sede un immobile in via Martiri
del XXI il cui intervento è ha carico
dell’Immobiliare Arcobaleno. Si tratta
di un’area posta nelle vicinanze degli
impianti sportivi e degli uffici Inail ed è
«relativamente più vicina al centro cittadino e a servizi come stazione ferroviaria e fermate degli autobus rispetto
a quella precedentemente individuata», fanno osservare in Comune.
«L’agenzia delle Entrate - spiega il
sindaco di Pinerolo, Alberto Barbero dopo un sopralluogo di carattere tecnico, ha definito valide sia l’ubicazione che le caratteristiche costruttive e
funzionali dell’immobile. Siamo soddisfatti per essere in questo modo riusciti a salvaguardare il pubblico interesse, scongiurando ipotesi di spostare
l’Ufficio entrate in altri comuni». La
consegna dei locali finiti da parte
dell’agenzia Arcobaleno è prevista entro il 30 novembre 2001 mentre l’attivazione dell’UfScio dovrebbe avvenire
già alla fine di quest’anno.
rio; lo Sportello di Perosi
invece si occuperà di di
re informazioni sulla
riazione di strumenti uibanistici, e sul loro relativo costo, sulle procedi®
e sullo stato di avanzamento delle singole pratiche messe in cantieri
dagli imprenditori e
altre questioni legate
rettamente dal punto
vista amministrativo
creazione o alla riconversione di imprese.
Lo Sportello unico
Centro servizi saranno insomma, nelle intenzio»
della Comunità, strumeijti in più che gli imprenditori potranno utilizza«
per superare gli intoppi*
le lungaggini burocratiche che oggi spesso fa«'
no da freno allo svilupp*
locale ma anche, nel casi
del Centro di Villar, lu«
ghi dove rivolgersi per«'
cevere consigli e chiede«
consulenze. «Ci sia®*
adoperati - dice l’asses
sore all’artigianato del»
Comunità montana, K®'
nato Ribet - perché«
Sportello unico, strU'i
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Il XVII Febbraio alle Valli: falò, cortei, agapi, culti e momenti di incontro
Fraternità, festa e memoria civile
ANGROGNA—Sabato 17 febbraio, alle 9,30 formazione dei due
cortei, al capoluogo e al Serre, incontro al Vengìe e canto del Giuro di
Sibaud; alle 10,15, culto al capoluogo, con la partecipazione dei bambini'e i ragazzi della scuola domenicale e la corale, predicazione del pastore Massimo Aquilante (Chiesa
metodista di Bologna); alle 12,15,
pranzo -comunitario nella sala organizzato da un gruppo della corale.
Durante il pranzo messaggi vari e
una informazione sulla Chiesa metodista di Bologna. Il costo dei biglietti rimane invariato a £ 20.000,
bambini al di sotto di 8 anni lire
10.000, bambini al di sotto di 5 anni,
gratuito. Per avere i biglietti o prenotare rivolgersi agli anziani o al pastore: alle 20,45, nella sala unionista,
serata comunitaria: i ragazzi del precatechismo recitano «11 mulino di
Valdo», partecipa la corale.
bobbio PELLICE — Venerdì 16
febbraio, alle 19,30 fiaccolata con
partenza da piazza Caduti; alle 20,
accensione del falò presso il monumento di Sibaud. Sabato 17 febbraio, alle 10,30, culto nel tempio
con santa cena, predicazione del
pastore Giorgio Tourn, colletta dedicata alle Chiese valdesi del Rio de
là Piata; alle 12,30: pranzo comunitario; seguirà conversazione del pastore Giorgio Tourn su «Attualità e
prospettive della storia valdese»: alle 21, spettacolo teatrale nella sala
polivalente: la filodrammatica presenterà «Il medico e la pazza»,
commedia in due atti e «Baruffa comunale», farsa-scenetta; lo spettacolo sarà replicato venerdì 23 febbraio, stessa ora e luogo.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Venerdì 16 febbraio, alle 19, appuntamento nel piazzale del tempio per
la tradizionale fiaccolata verso la località Stallò; sarà ospite un gruppo
della chiesa di Torino, che dopo i
falò si intratterrà al presbiterio. Sabato 17, alle 10, culto unico al centro, con predicazione del pastore
Giuseppe Ficara, che darà delle
informazioni sulle chiese della Sicilia; non ci sarà il tradizionale pranzo comunitario, a causa della inagibilità della sala Albarin. Alle 20,45,
nel tempio, rappresentazione di «I
fisici» di Durenmatt, a cura della filodrammatica. Replica il 3 marzo.
PERRERO-MANIGLIA — Venerdì
16 febbraio, alle 20, la corale invita
tutti a cantare intorno ai falò. Sabato 17, alle 11, culto unico nel tempio
di Maniglia, presieduto dal pastore
Pawel Gajewski, che nel pomeriggio
parlerà di «confessare la fede»; prenotazioni del pranzo dalle anziane
Silvana Marchetti (0121-803134) e
Sylvaine Dupont (0121-808874), costo lire 30.000 adulti, lire 20.000
bambini e ragazzi fino a 10 anni.
PINEROLO — Venerdì 16 febbraio, alle ore 20, accensione dei
falò alla Gioietta di Bricherasio e a
Cantalupa. Sabato 17, alle 10, culto
di ringraziamento con celebrazione
della cena del Signore; alle 12,30
agape fraterna (prenotarsi entro
mercoledì 14, Vera Long tei. 012171597 o Fiorella Griot, tei. 012177672, costo lire 20.000 adulti, lire
10.000 bambini sotto i 12 anni), saranno presenti Marco Jourdan, presidente della Csd, e Carola Stobaeus, che parleranno del Centro
diaconale La Noce di Palermo.
POMARETTO — Venerdì 16 febbraio accensione dei falò, con la
partecipazione della banda di Pomaretto, alle 21 accensione dei falò
a Sestriere. Sabato 17, alle 8,30 partenza dei cortei, dalla Eicolo grande
e da Inverso Fleccia; alle 10, culto
nel tempio di Pomaretto, alle 12,30,
pranzo al ristorante Chiabrera, biglietti in vendita fino al 15 febbraio,
lire 40.000 adulti, lire 20.000 bambini, rivolgersi a: Elsa Léger, Marina
Ribet e Nadia Serre, oppure da Media point di Perosa, o le cartoleria
Bert e Beux di Pomaretto; sarà presente nella giornata Anne Marie
Dupré, coordinatrice del Servizio
migranti; le offerte saranno devolute ad Amnesty International; la sera,
la filodrammatica presenta «Pautasso Antonio, esperto in matrimonio».
PRALI — Venerdì 16 febbraio, alle
20,30, accensione dei falò nelle varie
borgate. Sabato 17, alle 10,30, partenza del corteo dal ponte di Ghigo
fino al tempio, dove il culto sarà
presieduto dal pastore di Catania
Italo Pons, presente con le comunità di Catania e Pachino; seguirà
pranzo, prenotarsi entro il 15 febbraio da lise Geme (0121-807532).
PRAMOLLO — Venerdì 16, alle
20, accensione dei falò. Sabato 17,
alle 9,45 corteo; alle 10, culto presieduto da Gianni Long, presidènte
della Fcei e con la partecipazione
della corale e dei bambini della
scuola domenicale; alle 12, pranzo
comunitario nella sala delle attività.
PRAROSTINO — Venerdì 16 febbraio, alle 20, accensione dei falò e
fiaccolata dei giovani, partendo dalla cappella del Roc, fino a San Bartolomeo, facendo sosta al Collaretto. Sabato 17, alle 10, culto con santa cena, partecipazione della corale,
e contributo della scuola domenicale, con il pastore Daniele Bouchard;
alle 12,30 pranzo comunitario nella
sala del teatro, ospiti gli anziani della Casa delle diaconesse; prenotazioni dal pastore: saranno inoltre
presenti Marco Tullio Fiorio e sua
moglie, che parleranno delle loro
esperienze in Africa.
RODORETTO-FONTANE — Domenica 18 febbraio, alle 19,30 incontro dalla famiglia Tron.
SAN GERMANO CHISONE — Venerdì 16, alle 20, accensione dei
falò. Sabato 17, alle 9, appuntamento davanti al tempio per il corteo
verso l’Asilo; alle 10,30, culto con il
past. Giorgio Bouchard; alle 12,30,
pranzo, prenotazioni alla farmacia
Tron o commestibili Bounous (lire
27.000 a persona); saranno presenti
fratelli e sorelle delle chiese della
vai Susa. Domenica 18 culto alle 10.
SAN SECONDO — Per il falò comunitario, tempo permettendo,
l’appuntamento è alla LombardaCrotta presso la famiglia Griglio.
L’accensione del falò è prevista alle
ore 20 di venerdì 16 febbraio. La
giornata del 17 febbraio inizierà alle
ore 10 con il culto con santa cena e
partecipazione della corede, la predicazione sarà tenuta dal pastore
Ruggero Marchetti; dopo il pranzo il
fratello Valdo FÓrnerone, membro
della Ciov, parlerà sulla situazione
degli Ospedali valdesi di Torre Pellice e Pomaretto, illustrando le iniziative intraprese per affrontare i
problemi che, come in molte altre
strutture ospedaliere del paese, sono emersi a seguito delle modificate
condizioni, economiche e non, della sanità italiana. La giornata si concluderà alle 21 con una recita della
filodrammatica.
VILLAR PELLICE — Venerdì 16
febbraio, alle 20,30, accensione dei
falò nelle borgate; alle 20,30 accensione del falò al ponte delle Ruine,
con la partecipazione del moderatore Gianni Genre e della corale. Sabato 17, alle 10, culto nel tempio con
predicazione di Gianni Genre; partecipano la corale di Bobbio-Villar,
scuola domenicale e precatechismo;
alle 12,30, pranzo comunitario nella
sala polivalente, prenotazioni entro
il 14 febbraio, acquistando i biglietti
nell’edicola di Villar, al prezzo di lire
27.000 per gli adulti, lire 20.000 per i
bambini al di sotto dei 10 anni, nel
pomeriggio incontro con il moderatore. Alle 20,45, la filodrammatica
presenta una commedia brillante in
due atti «I sagrin ’d don Taverna» di
Luigi Oddoero e una farsa del titolo
«Attenti a quei sordi», la serata verrà
replicata domenica 18, le offerte raccolte in questa circostanza saranno
devolute a favore dell’associazione
«Il sassolino bianco» per l’accoglienza dei bambini bielorussi.
VILLAR PEROSA — Venerdì 16
febbraio, alle 20, accensione dei
falò. Sabato 17, alle 10, culto nel
tempio con partecipazione della corale; ospite della giornata Franca
Co’isson, presidente della Ciov, che
parlerà dei problemi e delle prospettive delle strutture ospedaliere:
alle 12,30, pranzo al ristorante «Il
vecchio melo», iscrizioni dal pastore; alle 21, nella sala sottostante il
tempio, recita della filodrammatica
«Renato Clot» di Dubbione, che presenterà «L’ultima splua»; al termine
della serata sottoscrizione a premi.
MASSELLO — Sabato 17 feb
bralo, culto alle 11,15 presieduto
dalla pastora Daniela Di Carlo, seguirà aperitivo dalla famiglia Tron.
RORÀ — Venerdì 16, alle 20, accensione dei falò alle fucine e al
parco Montano, canti della corale
Sabato 17, culto con santa cena e
pranzo comunitario.
TORRE PELLICE — Venerdì 16
febbraio, accensione dei falò nelle
varie borgate. Sabato 17 febbraio,
alle 10, culto con la partecipazione
della scuola domenicale e del precatechismo; alle 12,30, pranzo alla
foresteria valdese, prenotazioni
presso gli incaricati all’uscita del
culto deU’ll febbraio, o al presbiterio dal 12 al 14 febbraio, dalle 9,30
alle 12. Alle 20,45, nel tempio del
centro, la filodrammatica dell’Unione giovanile dei Coppieri presenta
«Il gallo nel pollaio», tre atti di Piero
Mazzolotti, replica sabato 24.
VILLASECCA — Venerdì 16 febbraio, accensione dei falò alle 20
Sabato 17, alle 10, partenza dai
Chiotti per Villasecca, culto con cena del signore, colletta a favore del
Rio della Piata; alle 12,30, agape fraterna ai Chiotti, prenotarsi da Clodina Balma Clot, entro il 13 febbraio, costo lire 25.000 adulti, lire
15.000 bambini.
NELLE CHIESE VALDESI
CAMPI DEL BAGNOÒU — Campi
estivi al Bagnoòu di Angrogna saranno
quest’ anno così articolati: campo dei
grandi (seconda, terza media e primo
anno superiori) dal 16 luglio pomeriggio al 22 luglio pomeriggio, iscrizioni
entro maggio da Federica, tei. 03397121905; campo piccoli (ultimo anno
di materna, prima e seconda elementare), dal 22 luglio pomeriggio al 26 luglio, iscrizioni entro maggio da Sandra,
tei. 0121-932935; campo medi (terza,
quarte, quinta elementare, prima media) dal 16 agosto al 22 agosto, iscrizioni entro maggio da Wilma, tei. 0121944182. Tema comune a tutti i campi
«Mamma mia... arrivano i lupi».
angrogna — Incontri del giovedì
ella Scuola grande, alle 20,45: giovedì 8
febbraio, su «Reportage dalla Bielorussia» (a cura dell’Associazione Sassolino
bianco). Martedì 13, alle 20,30, riuniotte quartierale ai Jourdan.
bobbio PELLICE — Assemblea di
Chiesa, domenica 11 febbraio 2001,
®ll’odg approvazione consuntivo 2000
^preventivo 2001; incontro dell’Uniotte femminile. Martedì 13, alle 20, riubione quartierale al Podio.
UlSERNA SAN GIOVANNI — Riubioni quartierali: venerdì 9 febbraio a
“ber Priorato, martedì 13, alla Carierà.
Studio biblico venerdì 9, alle 20,45. Dobienica 11, incontro dell’Unione femtbinile, alle 15.
BERRERO-MANIGLIA — Le prossibte riunioni quartierali e visite pastora1* saranno giovedì 8 febbraio, alle
14,30, alla Baissa, lunedì 12, alle 14 alle
Grangette, alle 9,30 visita all’Eirassa.
PINEROLO — Domenica 11 febbraio, alle 10, culto con assemblea di
chiesa, all’odg la diaconia della Chiesa
valdese. Martedì 13, alle 20,30, inizio
del secondo ciclo di studio biblico, su
«Gesù a Nazaret».
POMARETTO — Incontro ecumenico al Centro anziani di Perosa T'agenti-na, venerdì 9 febbraio, alle 16. Riunioni
quartierali: mercoledì 14, alle 20,30, alla Lausa, giovedì 15, alle 15, all’Inverso
Paiola. Domenica 18, culto al tempio
alle 10, con testimonianza di fede di un
nuovo membro di chiesa.
PRALI — Incontro dell’Unione femminile, giovedì 8 febbraio. Riunioni
quartierali, alle ore 20: martedì 13 a
Villa, mercoledì 14 a Cugno.
PRAMOLLO — Domenica 11 febbraio, alle 10, culto con assemblea di
chiesa, nella sala delle attività, sulla relazione finanziaria.
PRAROSTINO — Domenica 18 febbraio, alle ore 10, si tiene il culto nella
sala del teatro.
SAN SECONDO — Domenica 11 febbraio, alle 10, culto. Martedì 13, alle
20.30, studio biblico. Mercoledì 14, alle
20.30, riunione quartierale alle Combe.
TORRE PELLICE — Riunioni quartierali: venerdì 9 febbraio, agli Appiotti,
martedì 13, all’Inverso, mercoledì 14 ai
Chabriols. Lunedì 12, studio biblico su
«Il regno di Dio: Daniele 7».
VILLAR PELLICE -- Domenica 11
febbraio culto in francese: culto serale
alle 20,30, a cura della Casa Miramonti.
VILLASECCA — Riunioni quartierali,
alle ore 20: venerdì 9 febbraio a Villasecca, martedì 13 alla Roccia.
LARE
UNA DONNA
NOMADE
Sabato 10 febbraio
ore 17
sala incontri
Mariella Amico e Marcella Filippa
presentano
«Una donna nomade»
di Bruna Peyrot
sarà presente l’autrice
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14
PAG. 14 RIFORMA
E Eco Delle Yalu "Iàldesi
VENERDÌ 9 FEBBRAIO 2001
SPORT
PAniNAGGIO ARTISTICO
Si è disputata domenica ad Aosta una manifestazione interregionale di pattinaggio artistico a cui
hanno partecipato atìeti valdostani, emiliani e piemontesi; ben due
atlete del 3S Luserna sono salite
sul podio: primo posto per Miriam Brunero nella categoria
T-agers e secondo posto per Vanessa Chiabrando nella categoria
principianti. Buoni piazzamenti
per Giada Rivoira e Marta Turvani.
HOCKEY GHIACCIO
Ancora due partite difficili per
l’under 19 del Valpellice; impegnati sabato a Pinerolo contro il forte
Renon, i valligiani già dopo un
tempo erano sotto per 4-0; più
netto ancora il secondo tempo e
solo nel terzo drittel il Valpellice
ha contenuto il pasavo chiudendo
sull’1-12 (rete di Matteo Brescia).
Domenica invece partita sempre
in bilico con il Gardena; i valligiani
hanno chiuso in vantaggio il primo tempo grazie alla rete di Mar
chis poi hanno subito il ritorno degli altoatesini che nel secondo
tempo hanno pareggiato e vinto
con un 3-1 finale con rete della sicurezza realizzata a porta vuota
dopo che Da Rin aveva tolto il portiere Mosio alla ricerca della rimonta possibile. Doppio successo
per la C amatoriale che ha superato lunedì i Draghi a Torino per 4-3
e domenica a Pinerolo per 5-2.
Sconfitta pesante per le ragazze in
serie A ma la ventina di reti subite
a Bolzano sono soprattutto figlie
di un infortunio del portiere Montanari che ha abbandonato.
TENNISTAVOLO
Due vittorie e altrettante sconfitte per la Valpellice nei vari campionati. I successi dalla CI che ha
battuto il Verres per 5-3 grazie ai
due punti di Davide Gay e Walter
Fresch e a quello di Malano; vince
anche la squadra «B» in DI che ha
superato la Telecom per 5-1 (punti di Rossetti e Piras, 2 e Del Pero,
1). Male invece all’altra squadra in
DI, sconfitta dal Cus Torino per 5
2 con Odino e Cesano autori di un
punto, e la C2: sfortunati i valligiani che hanno perso per 5-2 con il
Crdc Torino andando però sotto
in due partite ai vantaggi. 1 punti
sono stati di Ghirardotti e Girardon. La prossima settimana tutte
le squadre saranno in trasferta.
CALCIO
Dopo aver condotto tutta la prima parte del campionato di Eccellenza, il Pinerolo ha perso la testa
della classifica domenica; i biancoblù sono stati superati ad Asti
per 1-0 mentre l’altra capolista.
Trino, con uguale punteggio, ha
espugnando il campo della Fossanese isolandosi al comando.
VOLLEY
In B2 maschile il Body Cisco Pinerolo ha vinto per 3-1 sul campo
del Voghera ultimo in classifica restando per altro ancorato a un sesto posto poco soddisfacente. Nel
campionato di terza divisione femminile il 3S Pinerolo è stato superato al tie break 3-2 dal Moncalieri.
Avvicendamenti nel I distretto
I cambi pastorali
nelle chiese valdesi
Nei mesi scorsi in alcune chiese delle Valli si sono tenute le assemblee
per designare i nuovi pastori o pastore: la Tavola,
tenendo conto dei risultati, ha pertanto provveduto a nominare, per la
chiesa di Torre Pellice, il
pastore Claudio Pasquet;
per quella di Villar Pellice
il pastore Vito Gardiol;
per quella di San Secondo il pastore Ruggero
Marchetti; per quella di
Luserna San Giovanni il
pastore Daniele Bouchard; per quella di Prarostino, la pastora Lucilla
Peyrot. La chiesa di Rorà
ha deciso di non avvalersi del suo diritto di designazione, pertanto la sua
cura è stata affidata al 1°
circuito, con la coilaborazione prioritaria del
diacono Dario Tron che
prenderà residenza pres
so la chiesa stessa. Queste nomine decorrono
dal 1“ settembre 2001. Il
candidato al ministero
pastorale Pawel Gajewsky è stato assegnato alle
chiese di Perrero-Maniglia e Massello, con la supervisione del pastore
Sergio Ribet, e residenza
a Perrero mentre dal
luglio prossimo la candidata Caterina Duprè è
stata affidata alla chiesa
di Torre Pellice, con la
supervisione del pastore
Bruno Rostagno, e decorrenza dal 15 febbraio.
La Tavoia inoltre, vista la
richiesta delia Ciov e la
disponibilità deila chiesa
di Luserna San Giovanni,
dai 1“ febbraio mette a
disposizione a tempo
parziaie il pastore Mario
Berutti per il servizio di
cappellania all’Ospedale
valdese di Torre Pellice.
Pomaretto: incontro ecumenico
«Durerà in eterno
la dimora celeste»
LILIANA VICLIELMO
Trascorso n contestato anno giubilare,
sono ripresi i consueti
incontri ecumenici anche in molte comunità
delle Valli. Quest’anno
per la Settimana di unità
di preghiera dei cristiani
era stato scelto come tema la parola di Gesù
contenuta in Giovanni
14, 1-6 «Io sono la via, la
verità e la vita».
Nel tempio di Pomaretto, dove si è riunito un
buon numero di partecipanti, cattolici e valdesi,
a queste immagini ne è
stata affiancata un’altra,
quella della casa di Dio,
come appare nel testo
del secondo libro di Samuele; «Il re Davide - si
legge nel cap. 7 - vorrebbe edificaré un tempio al
Signore, ma riceve un
cortese rifiuto. Sarà Dio
stesso a edificare una casa per Davide, ma questa
casa sarà la sua discendenza, che durerà nei secoli perché non sarà costruita con materiali inerti, ma con persone viventi e alla fine dei tempi la
vera dimora di Dio incarnata sarà il Messia».
«L’immagine di una casa comune - ha commen
tato Lucilia Peyrot - riassume molto bene questo
trovarci insieme tra cattolici e vaidesi; dobbiamo
però riconoscere che non
siamo ancora arrivati a
incontrarci intorno a una
tavola, simbolo ancora
più ricco di significato
per dei credenti. Dobbiamo pregare perché questa prospettiva si realizzi
per l’opera della Spirito
Santo». Il parroco di Pomaretto, don Lucio Bertinetto, ha ripreso il tema
della dimora comune, la
dimora celeste che Gesù
ci ha preparato e della
quale ci indica la via.
«Anche questa via - ha
detto Bertinetto - viene
orientata dall’insegnamento di Gesù, dal suo
sacrificio e dal suo amore
e perciò ci viene richiesto
di amare i nostri fratelli».
La consueta colletta
che ha chiuso rincontro è
stata dedicata a un’opera
fondata nel Bangladesh
da due italiani, Graziella
Melano e Vincenzo Falcone, il progetto «Rishilpi», che Si propone di dare istruzione, assistenza e
lavoro alle persone più
diseredate della società, e
anche ai disabili che non
hanno altra risorsa se
non l’accattonaggio.
In futuro un museo a Pragelato
Torna la meridiana
DAVIDE ROSSO
GLì orologi soiari, le
meridiane, sono tra
gli strumenti più antichi
creati dall’uomo per misurare il corso del sole e
calcolarne la durata. Ancora oggi numerosi paesi
possiedono una meridiana; certo la loro funzione
non è più quella di un
tempo ma rimangono un
patrimonio culturale importante da preservare.
Partendo da queste
motivazioni, e soprattutto dall’interesse che gli
orologi solari della zona
hanno sempre suscitato,
ia Comunità mantana
valii Chisone e Germanasca ha pensato, in coilaborazione con alcune associazioni del territorio,
di ailestire un museo deiia meridiana in cui trovino spazio non solo le foto e le riproduzioni delle
oltre 60 meridiane presenti sul territorio che va
da Porte a Pragelato passando per Massello e
Perrero, ma anche la riproduzione di un quadrante solare, di pannelli
illustrativi sul funzionamento degli orologi soiari e una meridiana a pavimento. «Il museo, per
la verità progettato da
tempo - dicono ali’assessorato alla Cultura della
Comunità -, verrà allestito a Pragelato in borgata
Ruata nei locali che ospitavano fino a non molto
tempo fa il museo del costume (la scelta di Prage
lato come sede deil’iniziativa è dovuta anche al
numero considerevole di
meridiane presenti in
paese)». Il progetto di
museo, che si basa anche
su un iavoro di censimento dei manufatti presenti condotto in questi
anni dalie associazioni
della zona, prevede oltre
alla visita pura e semplice dei locali dei percorsi
interattivi guidati e per le
scuole dei veri e propri
percorsi didattici che saranno gestiti dal museo.
Un viaggio insomma
nel mondo delle meridiane che prevede anche
un’escursione nelie scritte e nei motti che spesso
venivano affiancati all’orologio che nel caso della
vai Chisone risalgono
spesso alla fine del 700 o
all’inizio deii’800.1 lavori
di preparazione dei museo cominceranno nei
prossimi mesi e verranno
finanziati anche con un
contributo regionale di
circa 70 miiioni arrivato
proprio in questi giorni.
i Al teatro Incontro di Pinerolo
storia di Pollicino
Al teatro Incontro di Pinerolo ecco un nuovo appuntamento con «Di festa
teatrando». Domenica 11
febbraio, alle 16 (ingresso
£ 6.000), è la volta dei toscani di «Tpo» che propongono «Pollicino».
Pollicino, Puccettino,
Bacchettino ecc., tanti
nomi di una stessa fiaba,
una delle più note di
Charles Perrault. Nella
messa in scena il lavoro
di regia segue una ricerca
di equilibrio fra tradizione e innovazione. La tecnica utilizzata è prevalentemente tradizionale
con l’uso di burattini e figure miniaturizzate. Del
personaggio, più che la
storia si cerca di esprimere le emozioni, più
che la trama le sensazioni e le atmosfere.
Il teatro di figura, con i
suoi personaggi animati,
con l’assenza di regole, di
iogica, con scarti di dimensioni e la possibilità
di creare grandi ambienti
in piccoli spazi e allo
stesso tempo di evidenziare il rapporto o la differenza tra micro e macro, tra mondo adulto e
mondo infantile, ci è
sembrato il linguaggio
teatrale più adatto per
sperimentare questa proposta rivolta ai più piccoli! L’immagine si fa a volte descrizione altre accenno creando un effetto
visivo che amplifica l’impatto della fabulazione
sui bambini, li affascina
per la sorpresa delle animazioni; un invito all’immaginazione. Prenotazioni allo 0121-323186.
APPUNTAMENTI
8 febbraio, giovedì
TORRE PELLICE: Alle 15,30, nella biblioteca dalla
Casa valdese, concerto di Vincenzo Cozza, tromba, e
Maria Nunzia Piscitelii, pianoforte; musiche di Marceiio, Gounoud, Granados.
BRICHERASIO: Alle 20,30, nella sala culturale «Aldo Moro», inaugurazione deiia mostra «Storia della
Bibbia», alle 20,45, conferenza su «La formazione e la
trasmissione deile Sacre Scritture» con il professor
Bruno Corsani.
PINEROLO: Alle 21, all’auditorium di corso Piave,
«La scalpinada: 1.100 chilometri di sentieri: ia traversata integrale delle Alpi daiie Giulie alle Marittime»,
presentato da Alessandro Risacca.
9 febbraio, venerdì
TORRE PELLICE: Alle 20,45, nella biblioteca della
Casa valdese. Bruna Peyrot, per la Val Lucerna, parlerà su «Colombia in pericolo o pericolo Colombia?».
LUSERNA SAN GIOVANNI: Alle 21, alla biblioteca
comunale, quarto incontro «Insieme per leggere».
PINEROLO: Alle 21, nella sala di concerti «Italo
Tajo» della chiesa di San Giuseppe, concerto di chitarra di Francesco Biraghi, musiche di Mertz, Tarrega,
Barrios, Villa Lobos.
10 febbraio, sabato
BARGE: Alle 21, nel salone parrocchiale di San Martino «Frittomisto», spettacolo brillante in due tempi
di Luigi Oddoero allestito dalla compagnia «Piccolo
varietà»; ingresso lire 10.000.
PINASCA: Al salone polivalente, alle ore 21, serata
musica Anni 80.
VILLAR PELLICE: Nel tempio, alle 20,45, Giorgio
Tourn presenta «Daniel, un valdese giacobino», con
la partecipazione del coro polifonico «Gruppo musica» di Luserna San Giovanni. Ingresso libero.
11 febbraio, domenica
PINEROLO; Alle 15,30, al teatro Incontro di via Caprini, va in scena «Pollicino», della compagnia Tpo di
Prato. Ingresso unico, lire 6.000.
LUSERNA SAN GIOVANNI: Prelievo di sangue nella
sede dell’Aido, via Roma 41.
PRAGELATO: Alle 9,15, escursione guidata dall’associazione «Le ciaspole».
12 febbraio, lunedì
TORRE PELLICE; Alle 20,45, nella biblioteca del
Centro culturale, Mariella Taglierò presenta il libro
«Sulle tracce di Frankestein» di John Turney.
TORRE PELLICE: Alle 18, al circolo Adi, incontro
con Mimmo Lucà, promotore della legge sulla disciplina delle associazioni di promozione sociale.
13 febbraio, martedì
TORRE PELLICE: Alle 15,30, nella biblioteca della
Casa valdese, il professor Giovarmi Sartorio parlerà su
«La scuola napoletana del melodramma».
15 febbraio, giovedì
BRICHERASIO: AUe 20,45, nella sala culturale Aldo
Moro, via Vittorio Emanuele II 79 bis, «Il ruolo delle
Scritture nel corso della storia ebraica», serata a cura
della professoressa Nedelia Tedeschi.
PINEROLO: Alle-21, all’accademia di musica, concerto di Andrea Lucchesini.
MACELLO: Fino al 28 febbraio, nei saloni del castello, è aperta la mostra «Gioco e giocattolo povero»,
con oltre 500 oggetti costruiti con materiali di recupero. Ingresso lire 10.000 adulti, 5.000 per bambini e ragazzi fino ai 15 anni.
PINEROLO: Alle 20,45, al teatro Incontro di via Caprini, va in scena «Le sedie» di Innesco, con Adriana
Asti e Giorgio Ferrara. Lire 15.000, ridotto 12.000.
16 febbraio, venerdì
RINASCA: Alle 20,30, al salone polivalente, serata
natura su «L’inquinamento e il suolo».
17 febbraio, sabato
TORRE PELLICE: Al teatro del Forte, alle 21,15, la
compagnia «Assemblea Teatro» presenta «Più di mille
giovedì», di M. Carlotto. Lire 15.000, ridotto 12.000.
RADIO BECKWITH EVANGELICA
FM 91.2œ-96.550. Tel. 0121-954194
Pinerolo; cinema e scuola
La difesa dei diritti
«Dietro la verità per la
difesa dei diritti»; è il titolo del ciclo di proiezioni cinematografiche organizzato daH’ufficio di
presidenza del Consiglio
regionale del Piemonte,
in collaborazione con
l’Aiace di Torino, Agis e
Anlca. Una manifestazione ospitata in 22 città
piemontesi da febbraio
ad aprile e che si rivolge
alle scuole superiori della Regione.
La rassegna di quest’
anno intende riflettere
sui valori della Costituzione italiana e su alcuni
principi fondamentali in
essa contenuti. Al centro
dei film proiettati ci saranno questioni come la
pari dignità sociale, l’uguaglianza dei cittadini
davanti alla legge, l’abo
SERVIZI ^
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telefono 800-233111
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(turni festivi con orario 8-22)'
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Cavour: San Lorenzo - vij
Giolitti 93, tei. 69024
Perrero: Valletti - via Montenero 27, tei. 848827
Pinerolo: Nuova - b.go San
Lazzaro, tei. 377297
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presso I distietti
SERVIZIO ELIAMBULANZA;
' J
telefono 118
CINEMA
TORRE PELLICE-!
cinema Trento ha in
programma giovedì 8 e
venerdì 9, ore 21,15^
Bread and roses (il pane
e le rose) di Ken Loach;
sabato 10 ore 20,15 e domenica 11, ore 16 e
La carica dei 102 (ani
mato); sabato, ore 22,20,
domenica ore 2O,10e
22,20, lunedì, ore 21,15,
L’erba di Grace.
BARGE — Il cinema
Comunale ha in pro
gramma, venerdì 9 feb
braio, ore 21, The golden
bowl; sabato 10, ore 21,
Bw2 (Il libro segreto delle streghe): domenica 11
ore 15, 17, 19, 21 lunedi,
martedì, mercoledì e gio
vedi, ore 21, Autumn in
New York.
PINEROLO — La mul
tisala Italia ha in pro
gramma, alla sala «2cento». Ti presento i miei;
feriali 20 e 22,20, sabato
20 e 22,30, domenica
15,15, 17,40, 20 e 22,20,
Alla sala «5cento» vain
visione, da venerdì, Hannibal; feriali 20 e 22,20,
sabato 20 e 22,30, domenica spettacoli continuati dalle 14,45.
venerdì 9 FI
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Coïsson
lizione della pena di
morte, la lotta contro
ogni discriminazione
razziale, la parità della
condizione femminile, la
difesa dei diritti umani,
sociali e politici, con l’intento di creare una coscienza più attenta alla
cultura del pluralismo,
della tolleranza e della
convivenza.
A Pinerolo, dopo la
proiezione di giovedì
scorso di East is east di D.
O’Donnell, il cinema Ritz
ospiterà, il 2 marzo, la
proiezione di Garage Olimpo di M. Bechis e, il 3
aprile. Il miglio verde di F.
Darabont. Le scuole devono contattare il cinema
per la prenotazione dei
posti, il costo del biglietto
è di lire 3.000 e le proiezioni hanno inizio alle 10.
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Carissimo Osvaldo,
avrei voluto scriverti
prima per darti le ultime
notizie a proposito dell’attività del nostro gruppo «La Lucerna» ma ho
dovuto attendere perché,
come ben sai, ci riuniamo
soltanto ogni due mesiFinalmente due giovedi
fa ci siamo ritrovati e abbiamo fatto il punto delle
nostre ricerche.
C’eravamo tutti; Bruna.
Carla, Giorgio, Corrado,
Mauro, i due Silvano e
Luigi, e abbiamo parlate
di te, che eri partito, in silenzio, per quel lungO;
viaggio dal quale non si),
ritorna. E un velo è calato,
su di noi. Per un attimo o''
siamo sentiti soli.
Ma poi, continuando
la conversazione abbia'
mo percepito la tua pr®'
senza e ci è parso di udire la tua voce che, calda
come sempre, ci incita''!
a proseguire il cammino
delle nostre ricerche cO'
me tu ci avevi insegnatj
nell’intimo ciascuno
noi ha promesso. i
Grazie professore, d
parte di tutti noi che ti d'ij
r'r»rHor<amr\ p mntÌTlU6f®*r.
corderemo e continuerà"
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Pio XII
Caro direttore, forse la lettera del fratello Emanuele
Angeleri merita una parola di
illustrazione e di commento,
poche settimane fa la rivista
0croMega mi ha chiesto di
dare un parere, come evangelico, sul «rapporto preliminare»* presentato dalla Commissione storica cattolicoebraica circa le responsabilità
del Vaticano nei confronti
dell’«01ocausto». La Commissione ha esaminato gli
undici volumi degli Actes et
Uocuments du Saint Siège relatifs à la seconde guerre
mondiale, pubblicati dalla
Santa Sede tra il 1965 e il
1981: il suo rapporto, pur steso in un linguaggio straordinariamente pacato, mette in
rilievo due cose: a) l’incompletezza della documentazione pubblicata dalla Santa Sede; b) l’estrema problematicità del comportamento della
Santa Sede stessa di fronte allo sterminio degli ebrei.
Nel mio articolo illustravo
questi due punti, e ne deducevo che a ragione Ernesto Buonaiuti aveva giudicato le parole di Pio XII come spiritualmente inferiori a quelle del
presidente F. D. Roosevelt (le
celebri «quattro libertà»). Col
mio consueto amore per le
battute, riassumevo questo
duro giudizio nella frase «aveva ragione Hochhuth», che MicroMega ha cortesemente accettato come titolo del mio articolo: chiunque abbia letto II
vicario di Hochhuth sa che esso contiene, in forma teatrale,
una severa requisitoria contro
Pio XII. Concludevo il mio articolo polemizzando con le beatificazioni, ma dichiarando
che non intendo demonizzare
Pio XII, né farne un Feindbild,
una «immagine di nemico». A
tuia conoscenza, Eugenio Pacelli era un credente: un cristiano che sbagliava pesantemente, ma un cristiano.
Può ben darsi che nel giorno del Giudizio io debba riconoscere che mi ero sbagliato
e che Pio XII era un ateo o un
pagano. Tuttavia ho l’impressione che quel giorno
avremo tutti delle grosse sorprese: nell’attesa, forse è prudente tener conto di quel che
dice il Signore in Matteo 7, 1:
«Con la misura onde misurate sarà misurato a voi».
Giorgio Bouchard - Torino
(*) Testo integrale in MicroMega n. 5/2000, pp. 83 ss.
Il mio commento è a p. 129 ss.
I, Attualità
di Niemòller
Leggendo Agape immaginaria con le relazioni sui campi
di Agape, sento una profonda
differenza di linguaggio e di
tematiche da ciò che si discuteva nei primi anni; tuttavia
mi pare che i problemi non
siano poi tanto diversi, anche
se situati in altro ambiente.
Per preparare una relazione
sulla «Comunità di Agape»
per l’incontro organizzato in
Germania a ricordo di Tullio
Vinay in marzo, mi sono riletta anche le conferenze tenute
da Martin Niemòller nel 1958
proprio ad Agape. Come sono
attuali! Ci riferiamo ancora
spesso al pensiero del teologo
Bonhoeffer, ma dovremmo
anche rileggere le predicazioni di Niemòller. Voglio accennare, in sintesi, ad alcune cose che quest’uomo, che ha
fatto varie esperienze prima
di divenire pastore, ci ha detto e che credo debbano essere
in discussione ancora oggi.
Un esempio: già allora egli ci
ammoniva che la guerra difensiva non solo non è giusta,
ma non ha alcun senso: le armi che usa anche chi solo si
difende diventano sempre più
nocive per lui stesso. Oggi
questo si è avverato. Non possiamo aspettare che siano gli
altri a non usare più armi prima di gettarle noi.
Ma Niemòller si fermava
volentieri sul concetto di predicazione. La chiesa si rivolge
per lo più, almeno in Occidente, a chi è cristiano per
tradizione familiare. Ma gli
altri, che stanno fuori, ci possono capire? A quanti serve
mettere in mano una Bibbia?
Non interessa loro; essi vivono bene (!) anche senza Dio.
Al primo posto sta il problema della «comunicazione».
Forse che oggi non «comunichiamo» tra di noi ancora
meno di cinquant’anni fa? I
temi di attualità che discutiamo non si basano, in fondo,
sulla domanda: «Come convivere con gli rdtri»?
All’uomo «ateo» non serve
parlare della croce di Cristo e
della resurrezione; non ne
sente il bisogno: egli ha bisogno, in primo luogo, che si
ascoltino i suoi problemi. Si
parla tanto di «libertà» e di
«dignità» dell’uomo. La sua
libertà consiste nella possibilità di amare Dio, di dipendere da lui solo e non essere
schiavo di tutte le imposizioni dell’ambiente attorno a
noi. «La verità vi farà liberi»,
cioè Cristo (Giovanni 8, 32).
lido,
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ro grup» ma ho
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Giovani"
a cura di Ferruccio Corsani
Negli Anni so apparve
nei cinema un film del
regista francese André Haguet,
interpretato da Pierre Fresnay,
intitolato È mezzanotte dottor
Schweitzer. Titolo e argomento
erano tratti da un noto libro di
Gilbert Cesbron; il film narrava per sommi capi l’avventura
umanitaria del «gran dottore»,
che da celebrato organista, teologo e critico musicale era tornato all’Università per diventare medico e recarsi in soccorso della dolente umanità africana. Nel Gabon, allora colonia francese, fondò il famoso
ospedale nel quale i malati soggiornavano in tucul con le rispettive famiglie, e venivano
curati; dopo di che ai pazienti
guariti il dottore non mancava
di parlare di Dio e della sua
opera di salvezza.
Di Schweitzer sono apparsi
in questi ultimi mesi due compact ilisc per iniziativa editoriale di un quotidiano nazionale;
in essi si possono ascoltare numerose pagine organistiche di
Bach. Anche se oggi il nostro
gusto preferisce esecuzioni più
severe e rigidamente improntate ai canoni dello stile barocco,
non possiamo negare che le
esecuzioni di Schweitzer (anteriori al conflitto 1939-45) ci
comunicano una passione e un
senso di immedesimazione veramente notevoli. Analogo discorso su può fare per il famoso
libro ]. S. Bach, il musicista poeta (1905) nel quale Schweitzer
studia le opere per organo e le
cantate del sommo musicista;
questo saggio aprì le porte a
una conoscenza più vasta e articolata delle musiche di Bach,
anche se oggi riconosciamo che
spesso l’autore si lasciò trascinare dalle sue acute intuizioni a
conclusioni generalizzate e non
di radè poco convincenti.
Concludendo, si deve essere
a ogni modo grati all’uomo che
ha fatto scoprire in Bach non
solo il «progetto», la «regola»,
la «struttura», ma anche la
poesia, senza la quale l'arte si
inaridisce. Si può sorpassare il
critico e musicista Schweitzer;
non si può ignorarlo.
Salute e informazione, il caso degli Organismi geneticamente modificati
Veramente ci possiamo fidare degli Ogm?
Sono rimasto sconcertato nel leggere, sul numero del 26 gennaio, le argomentazioni usate per sostenere le proprie idee dagli autori dell’Opinione
(pag. 1) e delle «Riflessioni» a firma Piero RÌostagno di pag. 15. Certi tipi di «ragionamenti intellettual-scientifici» li
sento ormai da oltre 30 anni, sparsi generosamente nel campo defl’informazione, tutti rispondenti alla stessa logica: difendere il potere economico e il
cosiddetto progresso. Contro gli utopisti, e quindi retrogradi, che intendono
difendere la qualità globale della vita e
dell’ambiente. Vedere messe così in
evidenza queste logiche sul nostro
giornale mi crea un certo fastidio: siamo anche noi succubi dello strapotere
economico della globalizzazione imposto dalle multinazionali?
Non ho una grande cultura, ma solo
l’esperienza di vivere da circa mezzo
secolo in questo mondo. Non sono
quindi in grado di ribattere ai nostri
«professori» sul loro terreno, ma alcune
domande posso formularle ugualmente. Come mai per contrastare i movimenti dell’agricoltura e dell’alimentazione biologica, sin dalla loro nascita, si
tirava in ballo la fame nel mondo? La
stessa «tecnica» viene oggi usata da G.
Fornari per difendere gli Organismi geneticamente modificati (Ogm). Nella
realtà i paesi poveri sono sempre più
poveri, sempre più legati allo sfruttamento delle loro risorse da parte delle
multinazionali. E soprattutto continuano a morire di fame a milioni. Ricevono
però dai paesi industrializzati i veleni
che nella nostra agricoltura chimica
non si possono più utilizzare, oltre agli
scarti tossici della nostra civiltà.
Riguardo agli Ogm inoltre quanti sanno, a esempio, che la soia transgenica è
stata modificata in modo da essere resi^
stente a un solo antiparassitario di una
certa multinazionale? Riusciamo a capire che questo significa essere legati a
questi semi, a quell’antiparassitario,
prodotti solo da quella multinazionale?
Questa è la realtà degli Ogm alimentari.
Il valore energetico per i paesi poveri rimane solo una bella frase a effetto. Ci
dicono inoltre che attualmente gli Ogm
non fanno male. Qualcuno si ricorda
per quanto tempo sono stati utilizzati il
Talidomide negli anticoncezionali o la
formaldeide negli alimenti, prima di verificarne scientificamente i loro effetti
dannosi alla salute umana?
Si potrebbe fare un elenco molto
lungo di prodotti definiti innocui dalla
comunità scientifica, che si sono poi
rivelati nocivi. Ma se gli Ogm sono innocui per l’uomo, per quale motivo le
multinazionali si sono opposte strenuamente all’indicazione in etichetta
della provenienza genetica? Non hanno abbastanza mezzi per convincerci
della bontà dei loro prodotti? Temono
che la «grande potenza economica» del
«popolo di Seattle» riesca a plagiare le
coscienze? Oppure hanno paura della
nostra irrazionalità di gente comune?
Mi pare comunque che siamo lontani
dal poter credere nella scienza non as
soggettata al volere delle multinazionali. Fatte ovviamente le debite distinzioni, perché qualcuno della comunità
scientifica controcorrente esiste. E
spero di poterlo leggere su queste pagine, con la stessa evidenza data agli
autori in questione.
Siamo colpiti tutti dal consumismo
(nel mondo occidentale), ma certamente non c’è nessun obbligo a esserne anche completamente alienati. Darci anche la colpa del consumismo sfrenato,
imperante nella nostra parte di mondo
«civile», mi sembra francamente troppo. Siamo dei consumatori e in quanto
tali abbiamo una parte di colpa, in special modo dì avere la memoria corta.
Ma le attenuanti sono molte, compresa
quella di essere bombardati dalle parole degli imbonitori di turno che ci indicano la retta via, che ci dicono di stare
tranquilli che non c’è nessun pericolo.
La gente comune dovrebbe cominciare
a prendere coscienza del potere che si
ritrova in mano (visto che potrebbe decidere che cosa acquistare e che cosa
no), e dopo aver tanto ascoltato cominciare a fare «1-f 1», passando alle azioni
relative. Non quelle di chi spacca tutto
durante le manifestazioni ma quelle di
chi, in modo civile e nonviolento, protesta e fa controinformazione, agendo
poi con i suoi consumi in modo dà
orientare il mercato. Con la conseguente possibilità di influire sulle reali modalità di vivere su questo pianeta.
Renato Mirabile - Luserna S. Giovanni
E la «dignità» dell’uomo? Per
noi sta nel valore che questi
ha, cioè nella sua «efficienza»; il che può valere per una
piccola cerchia di «borghesi»
attivi. E gli altri? Il vero valore dell’uomo sta nell’amore.
L’uomo amato ha una sua
dignità, qualunque sia il suo
posto nella società. Se io lo
amo gli attribuisco tutta la
sua dignità. La massima dignità poi gli viene data dall’amore di Dio. Perciò per Niemòller è altrettanto colpevole verso l’uomo il liberalismo consumista quanto il comunismo: ambedue gli tolgono sia la libertà che la dignità. Evangelo è rendersi conto
di questo, non il fatto di accettare determinati «principi
cristiani». Cristo ha pregato
per chi gli stava attorno, era
disponibile per chi aveva bisogno di lui; e solo dopo
spiegava quale era la sua
missione di Figlio di Dio. Ma
una volta compiuta la sua
missione, dopo la sua resurrezione, ci ha inviato il suo
Spirito Santo perché continui
a istruirci e guidarci.
Se in ogni nostro atteggiamento e discussione partissimo da questa vie, non risolveremmo più facilmente i problemi dell’uomo di oggi? E allo stesso tempo delle chiese
che si vuotano sempre di più?
Jolanda Schenk - Merano
Il Nuovissimo
Innario
Ho trascorso un paio d’ore
sfogliando da cima a fondo il
«Nuovissimo Innario», che
chiamo così perché nel mio
pigro inconscio l’Innario resta quello in cui «Notte benigna» era il numero 49 e il
Nuovo Innario resta quello
che stiamo «rottamando» ora.
Devo dire che la mia impressione è stata nel complesso
positiva, provando alla fine
del viaggio un senso di familiarità ben maggiore di quello
provato finora nei confronti
del Nuovo Innario. Credo che
si debba rendere omaggio
non solo al gran lavoro della
Commissione ma al suo indubbio coraggio di esporsi
agli strali delle più disparate
sensibilità individuali.
Io ne cito una sola, raccontando l’emozione provata alle
parole «Oh beati su nel cielo»
(uno degli inni a me più cari),
subito annullata dalla scoperta che quelle parole erano a
cavallo di una melodia del
Cinquecento. Restando in tema, mi è sembrato strano che
la sezione dedicata all’annuncio in presenza della morte
comprenda solo cinque inni,
diversamente da molte raccolte straniere (sicuramente
quelle anglosassoni) e dallo
stesso Innario che ne com
conto corrente postale n. 1123410"!
intestato a La Luce, via San Pio 15, 10125 Torino
Nel presentare il bilancio
dell’attività dell’anno 2000,
preghiamo le donatrici e i
donatori che hanno effettuato i loro versamenti dopo il 18 dicembre di tener
conto che le Poste italiane,
servizio dei Conti correnti,
hanno accreditato queste
somme soltanto all’inizio
del gennaio 2001 (pari a £
970.000). Pertanto questi
versamenti non possono
apparire nel bilancio del
2000, ma verranno pubblicati con il nome dei donatori nell’elenco di gennaiofebbraio. Con queste offerte abbiamo raggiunto i 10
milioni, che spediamo direttamente in Eritrea tramite il consolato di Milano,
ringraziando tutte le persone che hanno manifestato
la loro solidarietà verso
questa iniziativa, (f.d.)
OFFERTE PERVENUTE IN
NOVEMBRE-DICEMBRE
£ 200.000: Odette Eynard
Balmas
£ 154.000: Colletta riunione
Eiciassie
£ 80.000: J. B.
£ 30.000: Primo Violo
Totale £ 464.000
Totale precedente:
£9.130.255
In cassa £ 9.594.255
BILANCIO ANNO 2000
Entrate
In cassa il 1-1-2000:
£1.189.514
Interessi 1999: £4.741
Offerte: 8.499.000
Totale 9.683.255
Uscite
Imposta di bollo sul ccp:
£99.000
In cassa il 31-12-2000
£9.683.255
prendeva undici. La ragione
principale del mio intervento
è però legata non alla storia
che ha preceduto il Nuovissimo Innario ma alla storia che
lo seguirà. Se è vero che il successo di questo stmmento significherà una riscossa della
dimensione musicale della
nostra comunione (la cui carenza in molti lamentano), è
anche vero che quel successo
dipenderà almeno in parte
dalle opportunità di accesso
che saranno offerte.
Illustro questo punto con
tre esempi, tratti dall’ultima
edizione dell’Innario in uso
presso le chiese dei Fratelli
(pubblicato, per una curiosa
coincidenza, nello stesso anno 2000). Il primo esempio è
la presenza della traduzione
in lingua corrente di un elenco di parole che, vuoi perché
arcaiche poetiche o rare,
possono essere di comprensione non immediata.
Il secondo è l’indicazione
esplicita di sequenze di accordi per tutti gli inni (che
sono peraltro più numerosi,
530), rendendo così possibili
tante soluzioni intermedie
tra l’esecuzione della partitura completa e il saltellare
incerto dell’indice della mano destra sulla tastiera (sempre che ci sia).
Il terzo esempio è la produzione delle basi musicali
di tutti gli inni in formato midi per poter essere facilmente installate e ascoltate per
mezzo di un personal computer. Ho qualche dubbio
che il primo e il secondo
esempio possano tradursi in
proposte e progetti, ma sono
più ottimista sul terzo.
Ringrazio per l’ospitalità e
auguro a me stesso che in un
futuro non troppo lontano il
Nuovissimo Innario perda
completamente l’aggettivo.
Luca Zarotti - Ferrara
Passatempo
Soluzione del cruciverba del
numero scorso
Ezio Saccomani
Il 22 dicembre, nella chiesa
battista di via del Teatro Valle, a Roma, la comunità a cui
Ezio Saccomani apparteneva
lo ha salutato per l’ultima
volta. Desidero ringraziare
tutti coloro che hanno partecipato al funerale, coloro che
hanno condotto il servizio funebre e, fra gli intervenuti,
soprattutto le famiglie Fazzari, Francisci e le mie cugine
Saccomani e Perres. Zio Ezio
è appartenuto a tutti noi: con
lui abbiamo condiviso periodi della nostra vita.
Per me era lo zio delle vacanze, del divertimento, della
fantasia: bambina ho sperimentato con lui, incredula, le
scale mobili della Rinascente,
ho scoperto giorno dopo
giorno, con la mano nella
sua, la Roma splendente e
sonnacchiosa degli Anni Cinquanta. Con zia Giuseppina
lo seguivamo nelle sue predicazioni: Teatro Valle, Centocelle, Ariccia. Più tardi le animatissime discussioni con le
prime divergenze teologiche,
politiche, sociali (il femminismo!). Con i genitori, si sa, il
rapporto è sempre un po’
conflittuale, ma con zio Ezio
e zia Pina tutto era perfetto. E
anche il loro esempio di una
vita vissuta nell’impegno comunitario e nella testimonianza evangelica ha contributo fortemente alla mia formazione e al mio cammino
nella libertà delTEvangelo.
Rossella Saccomani
La Spezia
■ PARTECIPAZIONI ■
RINGRAZIAMENTO
«Beati i puri di cuore
perché essi vedranno Dio»
Matteo 5, 8
Ci ha lasciati
Margherita Virginia Tron
ved. Pons
Lo annunciano i figli Gabriella
Jolanda, Enrico, Viviana, Itala e
Marco con le rispettive famiglie, I
nipoti e i parenti tutti.
La famiglia esprime riconoscenza e sentiti ringraziamenti ai
direttore, alle collaboratrici e al
personale tutto dell’Asilo dei vecchi di San Germano Chisone, che
hanno assistito con tanta umanità
e affettuosa pazienza la loro cara
mamma. Un grazie anche a tutte
le persone che le hanno fatto visita durante la sua permanenza
all’Asilo. Esprime, inoltre, sentiti
ringraziamenti a tutte ie persone
che sono state loro vicino in questa triste circostanza.
Campoiasaiza, 31 gennaio 2001
16
PAG. 16 RIFORMA
Villaggio Globale
venerdì 9 FEBBRAIO 2001
w
Dopo il recente assassinio del presidente della Repubblica democratica del Congo
Ex Zaire, le incognite del dopo Kabila
Dal 17 maggio 1997, giorno in cui Kabila si era autoproclamato presidente, al 17 gennaio
2001, giorno dell'annuncio della sua morte, il paese è nuovamente sprofondato nella miseria
JEAN-FÉLIX KAMBA NZOLO
Martedì 16 gennaio è
stato assassinato Laurent-Désiré Kabila, presidente della Repubblica democratica del Congo (RdC, ex Zaire). Sono state fatte diverse
ipotesi sulle circostanze in
cui è rimasto ucciso il dittatore congolese. Secondo le
diverse fonti di informazione
Kabila aveva convocato i suoi
ufficiali per discutere della situazione di guerra nella regione del Katanga (situata a
sud della Repubblica democratica del Congo e confinante con lo Zambia), dove le
forze governative congolesi
avevano subito una sconfitta
da parte dei ribelli e delle
truppe ruandesi e ugandesi
che li sostengono. La discussione sarebbe degenerata in
seguito alle critiche di Kabila.
Una delle guardie del corpo
del Presidente avrebbe sparato in quell’istante ferendolo gravemente; Kabila è morto qualche ora dopo, durante
il trasferimento verso un
ospedale dello Zimbabwe.
Sono in molti a non credere a questa ipotesi data l’attendibilità di altre ipotesi sui
moventi dell’assassinio del
dittatore. È indubbio che nella situazione attuale il movente della morte di Kabila
poteva essere qualunque, a
partire dai ribelli congolesi
appoggiati dai governi di
Ruanda e Uganda, nemici
deU’infinita guerra che devasta il Congo da più di due anni, agli alleati e sostenitori di
Kabila: gira la voce che ultimamente Angola, Zimbabwe
e Namibia, stremati dalla
guerra congolese, si erano
pronunciati contro l’intransigenza di Kabiia nel voler proseguire il braccio di ferro
contro gli invasori e più propensi al dialogo pacifico intercongolese, e ai cittadini
congolesi costretti ad affrontare ogni giorno le difficoltà
di un paese in guerra.
Il fatto che i militari non
siano stati pagati da diversi
mesi e la stessa intransigenza
di Kabila hanno fatto pensare
a un regolamento di conti interno militare. Arrivato al po
nerarle. A ICinshasa, la capitale, regna il panico per quello
che potrebbe succedere nei
prossimi giorni. Senza dubbio
si teme che i ribelli possano
approfittare della debolezza
dell’attuale governo Kabila
juiuor per lanciare delle nuove offensive.
\
L„
Laurent-Désiré Kabila
tere nel 1997 con l’appoggio
militare offertogli dai governi
del Ruanda e dell’Uganda,
amici di ieri e nemici di oggi,
Kabila era riuscito a mettere
fine al regime dittatoriale di
Mobutu che durava da 32 anni; forse è l’unica cosa per la
quale sarà ricordato. Dal 17
maggio del 1997, giorno in
cui Kabila si era autoproclamato presidente della nuova
Repubblica democratica del
Congo, al 17 gennaio 2001,
giorno della conferma ufficiale della sua morte da parte
del governo locale, il paese è
nuovamente sprofondato
nella miseria. Ci si aspettava
un cambiamento totale della
vita politica, e invece Kabila
non ha fatto altro che rispolverare i vecchi sistemi della
dittatura mobutista; arresti e
esecuzioni facili, nepotismo e
spreco del denaro pubblico.
Una guerra dimenticata
Il dramma che si sta consumando nella Rdc sotto lo
sguardo indifferente della comunità internazionale è stato
qualificato dal quotidiano
francese Le Monde come «la
prima guerra mondiale dell’Africa», per il gran numero
dei paesi coinvolti in questa
guerra nella regione Grandi
Laghi. I combattimenti sono
cominciati nell’agosto del
1998 quando le truppe rivali
di ribelli congolesi sostenuti
da Ruanda e Uganda avevano
tentato di rovesciare Kabila,
che dal canto suo è sostenuto
da Zimbabwe, Angola e Namibia. L’Onu aveva inviato le
sue forze ridotte di 224 persone costituite da militari osservatori per il mantenimento della pace per permettere
alle tmppe rivali di osservare
gli accordi del cessate il fuoco
firmati a Lusaka (capitale dello Zambia) nei mesi di luglio
e agosto 1999 da entrambe
parti in guerra.
Ma la Monuc (missione di
osservazione deil’Onu nel
Congo), non aveva raggiunto
10 scopo che si era prefisso,
data la negligenza e la scarsità di osservatori. All’indomani degli accordi di Lusaka
si era continuato a combattere fino all’ultimo accordo di
Harare (capitale dello Zimbabwe), firmato il 6 dicembre
2000, che invitava le parti in
guerra a ritirarsi di almeno 15
km dalle rispettive linee di
fronte per permettere agli osservatori deirOnu di far rispettare il cessate il fuoco deciso precedentemente a Lusaka e rimasto lettera morta.
11 ritiro era previsto entro la
fine del gennaio 2001, cosa
che doveva consentire all’
Onu di inviare altri suoi 500
osservatori, accompagnati da
una forza di protezione di
5.000 soldati, per ricuperare
la zona tampone liberata con
il disimpegno delle forze in
guerra. Un compromesso che
non era un gran che ma che
poteva costituire il primo
passo verso la pace nel Congo ma ora che Kabila, protagonista degli accordi, è morto
c’è il rischio di dover ricominciare da capo.
Successione dinastica
Poco dopo l’assassinio del
dittatore, il potere è passato
automaticamente nelle mani
del generale Joseph Kabila, 31
anni, figlio del defunto presidente. Questo, per molti, fa
pensare alla sua complicità
neil’uccisione del padre. Tale
successione al potere dal sapore dinastico non è stata criticata né dalla comunità internazionale né dalle chiese.
Ancora una volta il Congo si
trova solo abbandonato nelle
mani di coloro che vogliono
spartirsi le sue ricchezze mi
Joseph Kabila junior, nuovo presidente della Rdc
■■ Una delegazione italiana si è recata ad Istanbul dal 5 all'8 gennaio scorso
Sciopero della fame e massacro nelle carceri turche
Nel quadro della campagna «Oltre il Bosforo, oltre le
sbarre», promossa da varie
associazioni italiane una delegazione è stata invitata a
Istanbul dall’Associazione
turca per i diritti umani (Ihd)
per verificare le conseguenze
della repressione dello sciopero della fame e dell’internamento nelle celle di isolamento delle prigioni turche.
La delegazione, guidata da
Alessandro Margara, giudice
di sorveglianza a Firenze, ha
trascorso quattro giorni a
Istanbul, dal 4 all’8 gennaio,
incontrando associazioni dei
familiari dei detenuti, avvocati, esponenti della società
civile impegnati per il rispetto dei diritti umani.
La popolazione carceraria
in Turchia ammontava fino a
poco tempo fa a circa 75.000
detenuti, 13.000 dei quali accusati genericamente di terrorismo o comunque di reati associativi connessi alla propria
militanza politica. L’80% di
questi è accusata di far parte
dei movimenti indipendentisti curdi. A seguito di una recente amnistia condizionale
da cui erano esclusi gran parte dei detenuti politici, la po
polazione carceraria si riduceva del 50% circa. Tre anni fa
il governo turco dava il via a
un piano di edilizia carceraria: alle carceri di massima sicurezza di tipo «E», si volevano sostituire le carceri di tipo
«F», più piccole, in grado di
ospitare circa 400 persone in
celle singole o per 3 persone.
Tre carceri di tipo «F» sono
già state realizzate, 2 sono in
fase di realizzazione, altre 6
saranno pronte entro il 2002.
Le carceri di tipo «F» espongono i reclusi a tutte le
più distruttive pratiche di tortura praticabili in regime di
isolamento. Contro il trasferimento nei nuovi penitenziari
iniziava il 20 ottobre uno
sciopero della fame dei detenuti che rapidamente si estendeva a 41 carceri. Nel
tentativo di sbloccare la situazione nasceva una trattativa fra il governo e i detenuti
che vedeva protagonisti intellettuali, uomini di legge, soggetti della società civile turca.
Il 19 dicembre, poche ore prima di un incontro fra mediatori e delegazioni dei detenuti, l’esercito irrompeva nelle
carceri con un’operazione
chiamata «Ritorno alla vita»
che si concludeva con un tragico bilancio: 31 morti fra i
detenuti, due fra i militari,
720 feriti. Malgrado i trasferimenti lo sciopero continua, a
tutt’oggi risultano essere 324 i
detenuti in gravissimo pericolo di vita che hanno scelto
di non assumere più alcuna
sostanza né liquida né solida,
mentre oltre 1.600 sono i detenuti in sciopero della fame.
La delegazione ha constatato attraverso testimonianze
dirette che resistenza di tutte
le associazioni per la difesa
dei diritti umani e civili è
continuamente messa in pericolo, essendo i loro dirigenti oggetto di minacce, arresti,
intimidazioni, le loro sedi in
gran parte chiuse. È il caso
dell’Ihd, della Fondazione
per i diritti umani e della
Fondazione giuridica, i cui
iscritti sono avvocati impegnati nella difesa di detenuti
che hanno fatto ricorso contro lo stato per torture e maltrattamenti subiti. Il quadro
delle libertà democratiche in
Turchia tracciato dalla delegazione appare avvilente.
Sotto una parvenza di legalità
democratica, sembra rimasto
inalterato il potere degli ap
parati militari. La libertà di
stampa, di associazione, i diritti elementari della persona
sembrano valere ad esclusiva
discrezione del potere politico e militare, un potere che
utilizza i propri strumenti
peggiori per stroncare la questione curda ma anche ogni
altra espressione di dissenso
e di conflitto sociale.
Nello specifico della situazione carceraria emergono la
sistematicità degli abusi sui
detenuti, l’arbitrarietà del loro
trattamento che non è sottoposto ad alcuna regolamentazione anche formale, le difficoltà frapposte agli avvocati
difensori nel condurre i processi e gli ostacoli posti ai familiari dei detenuti per poter
alleviare le sofferenze dei
congiunti. La tortura fisica e
psicologica è estremamente
diffusa con casi gravissimi
ampiamente documentati.
Negli ospedali il personale
medico civile è stato sostituito
da quello militare, l’accesso
negato e i detenuti costretti a
inutili e sadici letti di contenzione. C’è il timore di prossime ulteriori brutali operazioni negli ospedali e nelle carceri in cui prosegue lo sciopero.
i A proposito del Forum di Porto Aiegre
Il muro che divide ancora
l'Est e l'Ovest dell'Europa
PETER CIACCiO
Nei giorni scorsi a Porto
Alegre si è costituito il
Forum sociale mondiale
(Fsm). Come vicepresidente
europeo della World Student
Christian Federation (Wscf),
ricevo decine di e-mail che
chiedono di aderire al Fsm.
Non senza motivo: vista la
storia della Wscf, sembrerebbe «naturale» un’adesione a
queste iniziative. Invece, almeno per quanto riguarda la
regione europea, non è così.
Un’eventuale adesione della
Wscf Europa al Fsm oggi porterebbe a una spaccatura e
alla fuoriuscita di alcuni paesi. I movimenti studenteschi
cristiani degli stati che facevano parte del Patto di Varsavia, in più di un’occasione,
hanno mostrato un certo fastidio, se non astio, verso le
proteste antiglobalizzazione.
Invece quasi tutti i movimenti occidentali hanno uh interesse primario nell’analisi
critica della globalizzazione,
o almeno come questa è concepita e gestita oggi.
Il muro di Berlino è crollato
a furor di popolo: è passato
più di un decennio. Eppure
sembra che una sorta di divisione virtuale longitudinale
divida l’Europa in due blocchi: Est e Ovest, come nella
guerra fredda. Nell’Unione
europea convivono molti popoli, tante diversità: per chi è
nato durante il processo di
unificazione europea, è un
dato di fatto. Invece è stato il
frutto di una politica durata
oltre 40 anni. E stato un lavoro sulle generazioni. Un praghese che ascoltasse un candidato premier contro il pericolo comunista, non ne farebbe delia satira. Aver vissuto separati per decenni ha
portato a un diverso sviluppo
culturale. Sono differenze
culturali enormi che sembrano insormontabili. È un muro, un muro da scavalcare.
Soprattutto se abbiamo capito che ia globalizzazione è un
processo che non porterà
ricchezza a chi non ne ha,
ma a chi ne ha già.
A Praga il liberismo è visto
come un’occasione da non
perdere, disprezzata dagli occidentali perché non conoscono il comunismo. È difficile spiegare che il liberismo
è una degenerazione del liberalismo di Smith, che non è
Keynes a gestire il processo
di globalizzazione, ma compagnie transnazionali, di cui
spesso non si conosce la proprietà e il fatturato, che inseguono il profitto come unico
fine della propria esistenza.
Ed è molto più difficile spiegare che, come per loro il capitalismo, per i giovani e le
giovani occidentali e latinoamericani il marxismo rappresentava l’ideale di libertà. Da
un e-mail (settembre scorso)
di un certo Jakub di Praga,
evidentemente sconvolto
dalla contestazione contro il
Fondo monetario internazio
nale (Fmi), emergeva l’accusa ai manifestanti (soprattutto italiani), e a chi li appoggiava, di essere dei «terroristi
neocomunisti che innalzano
l’icona dell’assassino Lenin».
Come spiegare che chi manifestava lottava soprattutto
per Jakub?
L’unica risposta che si può
dare è una rielaborazione
delle nostre analisi. Se ci troviamo più a nostro agio utilizzando categorie marxiste per
comprendere la realtà, facciamolo. Ma, come diceva Voltaire, «se abbiamo capito una
cosa, dobbiamo anche saperla spiegare; altrimenti non si
è capita». Dobbiamo riuscire
a trovare un nuovo linguaggio
per spiegare ciò che crediamo
di aver capito. Forse anche
Marx sarebbe d’accordo: se la
forma è sostanza, per comunicare le nostre analisi dobbiamo usare una forma che
sia ben accetta dall’interlocutore. Non possiamo permetterci di parlare contro il muro. Un muro di Berlino, ormai
non più fisico ma intellettuale: bisogna scavalcarlo: con
cautela, perché le insidie sono molteplici; con giudizio,
perché non tutte le idee, una
volta scavalcato il muro, sopravviveranno pochi metri.
Dobbiamo essere propositivi.
Per combattere la globalizzazione di oggi dobbiamo proporre una nuova solidarietà
mondiale che abbia come
obiettivi la salvaguardia del
creato e il rispetto dei diritti
umani, tra cui il diritto a una
vita dignitosa.
Questo è l’obiettivo di Porto
Alegre. Dobbiamo denunciare
che i globalizzatori fanno in
modo che se il bisogno non
c’è, viene creato dal nulla, con
il marketing, che il profitto si
crei dal nulla, con le speculazioni finanziarie; se noi crediamo che solo Dio crea dal
nulla, allora dobbiamo denunciare che questo sistema
perverso non è altro che un
idolo. Dando dignità alla sua
esperienza vissuta, riusciremo
a comunicare le nostre analisi
deila realtà anche a Jakub. È
un po’ come il discorso di I
Corinzi 8. Se riteniamo di aver
capito qualcosa, non dobbiamo imporre la nostra conoscenza. Dobbiamo agire con
amore nei ioro confronti.
Se abbiamo capito che i
paesi ex comunisti saranno le
prime vittime dei globalizzatori, non dobbiamo vantarci
di questa nostra comprensione, ma dobbiamo agire con
amore nei confronti dei nostri fratelli e delle nostre sorelle provando a spiegare la
questione dal loro punto di
vista e non dal nostro. Solo
così riusciremo a creare quel
ponte comunicativo che ci
permetterà di ragionare insieme sull’evoluzione storica
della società e sul nostro ruolo in essa. Passeranno delle
generazioni, ma se non c’è un
lavoro politico che mira alla
comprensione reciproca, il
muro tra di noi non crollerà.
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Praga: la piazza di Staré Mèsto con II monumento a Jan Hus