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Anno 128 - n. 10
6 marzo 1992
L. 1.200
Sped. abbonamento postale
Gruppo II A/70
In caso di mancato recapito rispedire
a: casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
5 APRILE
IL SERVIZIO CIVILE E LA NUOVA LEGGE IN DISCUSSIONE
Elezioni Le ragioni della coscienza
Oggetto di queste elezioni è la
rif orma istituzionale ; siamo
chiamati a scegliere le persone
ed i partiti che inizieranno il
processo costituente delle nuove
regole e dei nuovi strumenti della democrazia italiana.
Certo non dovremo dimenticare net votare di scegliere anche
sui temi tradizionali della politica: l’economia, la politica sociale, la scuola, l’ambiente, il Mezzogiorno, rtmmigrazione. Però è
certo che voteremo sid futuro
della nostra democrazia. Democrazia che presenta parecchi
punti di crisi;
1 - Mancata realizzazione della sovranità popolare. La crescita delle grandi burocrazie pubbliche, con le loro tendenze oligarchiche e gerarchiche, è l’opposto deU’affermazione costituzionale secondo cui la sovranità
appartiene al popolo. E’ la burocrazia che ha il potere. In coda alla posta, alTUSSL, negli uffici pubblici è quasi impossibile
che il cittadino si senta « sovrano »!
2 ■ Riduzione del ruolo dell’individuo. La democrazia classica
è stata pensata come valorizzazione dell’individuo in politica.
Oggi però i protagonisti della vita politica sono i gruppi, le grandi organizzazioni, i partiti, i sindacati, le professioni. L’autonomia (altro concetto forte della
democrazia) appartiene più ai
gruppi che agli individui. L’individuo singolo non affiliato a partiti è, di fatto, privo di una soggettività politica autonoma.
3 ■ Lo sviluppo tecnico-scientifico e l’esigenza di dare risposte politiche a questioni complesse ha esautorato il cittadino mediò dalle scelte, che sono oggi di
competenza di poche persone,
gli specialisti e gli esperti. Il cittadino medio va a votare sulla
base dell’esperienza e delle preferenze ideologiche e non sidla
base di competenze.
4 - Nonostante lo scopo della
democrazia fosse lo sviluppo della partecipazione popolare, oggi
constatiamo conformismo e apatia politica. I partiti sono in crisi come strumenti per l’elaborazione di proposte per la soluzione dei problemi e diventano strumenti di propaganda che adottano le più raffinate tecniche di organizzazione e manipolazione del
consenso.
5 - Attraverso il meccanismo
di rappresentanza non si è sconfìtto il potere oligarchico. Oggi
i rappresentanti eletti sono anche rappresentanti di quegli interessi che li hanno fatti eleggere.
6 - La democrazia è pubblicità
e trasparenza. Oggi l’area dell’invisibilità del potere si è allargata: il governo pubblico dell’economia e delle comunicazioni è
sempre più invisibile.
Nonostante questi ed altri limiti la democrazia resta il metodo migliore. Accettiamola dunque cosi com’è. Altri modelli si
sono rivelati fallimentari e carichi di rischi. Per 30 giorni la polìtica torna alla base. Informiamoci, e decidiamo a ragion veduta il 5 aprile.
Giorgio Gardiol
Le nostre chiese si sono occupate (da tempo degli obiettori: in questo momento occorre contribuire alla valorizzazione di un servizio che non deve essere visto come una « scappatoia »
« Un modo valido di testimoniare concretamente la pace del
Signore, un segno ed un annuncio del Regno di Dio che viene ».
Così si esprimeva il Sinodo del
1966 a proposito dell’obiezione
di coscienza al servizio militare.
E di lì a pochi anni un’altra
sessione era chiamata a pronunciarsi, nel 1972, dalla lettera di
un evangelico, Gianfranco Truddaiu, obiettore di coscienza detenuto nel carcere militare di Peschiera.
In quest’altra occasione il Sinodo e la Conferenza metodista, riunita anch’essa a Torre
Pellice, inviavano un messaggio
alle chiese oltre ad esprimere
una mozione che auspicava « una
legge che non sia mortificante
detta dignità umana e non abbia carattere punitivo nei riguardi degli obiettori ».
Nel giro di alcuni mesi (dicembre ’72) la legge fu effettivamente approvata: essa segnava una
prima importante conquista da
parte di quel movimento laico
e cristiano che subito dopo la
fine della seconda guerra mondiale si era battuto per il riconoscimento delle ragioni della
coscienza. Pietro Pinna fu processato nel 1949 per il suo rifiuto della divisa di allievo ufficiale; Giuseppe Gozzini fu il primo obiettore cattolico (1962);
nel 1965 scoppiava il caso di
don Milani, il parroco che polemizzò con i cappellani in congedo della Toscana che in un
documento avevano considerato
« un insulto alla Patria e ai suoi
caduti la cosiddetta "obiezione
di coscienza" che, estranea al comandamento cristiano dell’amore, è espressione di viltà ».
Con la legge, dunque, si apriva una stagione di crescente
adesione all’obiezione di coscienza; oltre centomila giovani
in quasi vent’anni hanno scelto
il servizio non armato, impegnandosi nelTassistenza e nella promozione culturale.
Anche le nostre chiese hanno
accolto e stanno accogliendo nelle loro strutture i giovani desiderosi di rendersi utili al pros
simo nel periodo della leva. Da
quando, nel 1976, vennero avviati i primi obiettori (due ad Agape e uno al Gignoro di Firenze)
siamo ormai oltre i 300 « immatricolamenti », dagli istituti delle Valli al centro « La Noce »
di Palermo.
Ora tutto questo è stato rimesso in discussione; dopo anni
di lavoro, tutto sommato abbastanza oscuro, il progetto di riforma della legge aveva portato ad un accordo abbastanza
ampio tra le forze della maggioranza e dell’opposizione. Tuttavia nel dicembre scorso il pre-’
Bidente della commissione Affari costituzionali, senatore Murmura, aveva sostenuto che l’articolo 2 del disegno di riforma
che riconosce, innovativamente,
l’obiezione come « diritto soggettivo », « confligge con il dettato
dell’articolo 52 della Costituzione, laddove la difesa della Patria è qualificata come dovere
del cittadino » (ADISTA, 20-21
dicembre ’91). Il presidente della
Repubblica, con questa ed altre
RUTH E NOEMI
La voce delVamore di Dio
«Non insistere perché io ti lasci (...) perché
dove andrai tu, andrò anch’io; e dove starai tu,
io pure starò; il tuo popolo sarà il mio popolo,
e il tuo Dio sarà il mio Dio» (Ruth 1: 16).
Tempo fa sono andata a trovare una donna
di mezza età di ritorno dall’ospedale; il suo corpo era stato duramente colpito, pieno di cicatrici a causa di un susseguirsi di interventi chirurgici. La donna cominciò a raccontarmi gli ultimi
anni della sua vita con rabbia ed amarezza: solo
dolore e solitudine aveva sperimentato. Notai, in
un angolo della stanza, la presenza di una ragazza e chiesi chi fosse; la donna mi rispose: « E’
una mia nipote, una brava ragazza che è rimasta
con me durante tutto questo tempo ». Mi venne
naturale dire: « Ma allora non sei sola ». La donna però neppure mi rispose e riprese a raccontare di sé.
Qualcosa di molto simile è accaduto in Israele
al tempo dei giudici. Una donna, Noemi, è colpita dalla tragedia: mentre si trova con la famiglia
in terra straniera, a Moab, perde prima il marito
e poi i due figli. Noemi rimane sola con le mogli
dei figli: Orpa e Ruth, entrambe moabite; per
lei non c'è nessuna possibilità di sopravvivere in
quella terra ed allora decide di tornare in Israele,
dove almeno avrebbe trovato sostegno tra la sua
parentela. Noemi si congeda dalle due nuore e le
lascia libere di costruirsi una nuova vita a Moab.
Orpa fa la scelta più ragionevole e rimane nella
sua terra; voleva bene alla suocera, ma lasciare
lutto per andare verso l’insicurezza e l’ignoto era
fuori da ogni logica.
Comprensibile è anche l’amarezza e la rabbia
che accompagnano Noemi anche dopo l’arrivo in
patria; il suo dolore e il senso di solitudine non
si placano neppure tra la sua gente: « Non chiamatemi più Noemi, che significa mia dolcezza,
chiamatemi Mara, perché l’Onnipotente mi
ha ricolmata d’amarezza, lo partii nell’abbondanza e l’Eterno mi riconduce spoglia di tutto. Perché chiamarmi Noemi, quando l’Eterno si è messo contro di me e mi ha resa infelice? ». Nelle parole di Noemi riecheggia lo stesso urlo e la stessa
lotta di Giobbe, in lei ho risentito la voce della
donna che ho visitato al suo ritorno dall’ospedale.
Ma mentre Noemi si dispera, nella sua inconsolabile amarezza, non si rende conto che, lì in
disparte, c’è qualcuno che l’ama profondamente
e che non l’ha mai abbandonata, qualcuno che ha
rinuncialo a tutto per rimanere con lei: Ruth. Nessun ragionamento logico, né gentile persuasione
l’avevano convinta a lasciare Noemi; il suo futuro tra un popolo straniero, senza marito né figli,
senza risorse economiche, era altamente rischioso: chi l’avrebbe protetta? Ma Ruth rifiuta di
separarsi dalla suocera con fermezza, con una testardaggine e un coraggio del tutto inadatti al
suo ruolo di donna giovane, vedova e per di più
straniera (1: 16-17). Ruth aveva deciso: sarebbe
rimasta per sempre con Noemi e con il Dio d’Israele che ora era il suo Dio; questa sua scelta non
era un atto di debolezza o sottomissione, ma piuttosto di forza e fermezza. La decisione di Ruth
era motivata da un profondo amore che prendeva corpo nei suoi atti e che è diventato intimità,
generosità e fedeltà verso Noemi, verso il suo Dio
e verso quel popolo, ora non più straniero. Nessuno aveva preteso il suo amore, ma la sua benignità era giunta inattesa, inaspettata e in quantità
straordinaria.
E questa è la storia di conversione di Ruth,
senza atti o parole eclatanti, ma semplicemente
con la radicale decisione di lasciare tutto per spendere la sua vita nell’amore per quel Dio straniero,
per Noemi e il suo popolo. Una storia, questa dt
Ruth, che ai nostri occhi adempie il cuore dell’insegnamento di Gesù e attualizza la sua chiamata al discepolato. Nel prosieguo del libro appare come Dio, attraverso Ruth, fa sperimentare
atte due donne la sua straordinaria e inaspettata
benignità ricolmando la loro vita con le sue benedizioni. Ruth è stata la voce dell’amore di Dio
nella vita di Noemi. Quella ragazza era forse la
stessa voce netta vita di quella donna malata, ma
il suo astio l’aveva resa incapace di ascoltare. Quella stessa voce arriva a noi; la stessa voce possiamo diventare noi; saremo capaci di ascoltare e
rispondere alla chiamata che ci è rivolta?
Paola Benecchi
Terza di una serie di 4 meditazioni
motivazioni, ha poi rinviato questa legge al Parlamento, innescando un dibattito che, da addetti ai lavori che era, ha occupato le prime pagine, e ancora
le occupa con toni virulenti.
Ora che il testo è di nuovo alTesame del Parlamento, c’è il
rischio che la legge abbia una
durata limitata, fino a che entri
in vigore il « nuovo sistema di
difesa ».
Quali le cause? Forse il clima
preelettorale, forse antiche convinzioni e ideologie, forse una
certa responsabilità degli stessi
obiettori di coscienza, accusati
da molti (che peraltro « sparano
ne] mucchio ») di essere sostanzialmente degli imboscati; la nuova legge — dicono gli oppositori
e alcuni ambienti militari — permetterebbe di fatto la libera
scelta tra servizio militare e servizio civile: e chi ci andrebbe
più, in caserma?
Non solo: un altro argomento sbandierato da alcuni è che
la sentenza del luglio ’89, con
la quale la Corte costituzionale
equiparava la durata del servizio civile a quella del servizio
militare armato (12 mesi), ha
fatto incrementare ulteriormente le domande per prestare il
Servizio alternativo. Ed è vero.
Veniva meno una discriminazione che per anni è stata fortemente penalizzante (il servizio
civile era di 18 mesi) anche perché costringeva spesso a rinunciare ad occasioni di lavoro che
di questi tempi sono diventate
rare. Insomma, secondo alcuni
gli obiettori sono troppi, e non
basta a scoraggiarli il fissare la
loro ferma a 15 mesi, come previsto dalla legge in discussione.
Gli obiettori
nelle nostre opere
Naturalmente la realtà non è
così semplice. Solo per restare
nell’ambito delle nostre opere
(e di quelle delle chiese battiste, che hanno obiettori nella casa per anziani « Villa Grazialma » di Avigliana (TO) e presso
l’Istituto « G. B. Taylor » di Roma) il « posto al sole », di cui
parlano alcuni sprezzantemente,
è caratterizzato dall’assistenza
agli anziani, ai malati, dalle attività di animazione con i minori, dalla promozione di attività culturali. Senza coprire posti
di lavoro in organico, gli obiettori inseriti nelle opere facenti
capo alla Tavola valdese (nel
numero massimo di una quarantina, distribuiti in circa una ventina di « sedi periferiche ») esprimono un vero e proprio servizio, inteso nel senso della vocazione diaconale.
I primi anni (dal ’76 all’85)
hanno visto nelle nostre opere
una presenza quasi interamente
evangelica dei giovani in servizio civile. Alcuni provvedimenti
interni al ministero della Difesa (a cui secondo la vecchia legge compete ancora la gestione
del servizio) hanno poi modifi
Alberto Corsani
(continua a pag. 12)
2
fede e cultura
6 marzo 1992
UNA GUIDA PER LE CHIESE
Come e perché possiamo
impegnarci per ii creato
Alcune indicazioni pratiche introdotte da una riflessione che parte dalla Bibbia - Saremo disponibili a dare attenzione al problema?
L’integrità della creazione è il
terzo polo del famoso processo
conciliare che vede agli altri due
poli pace e giustizia. Sull'integrità della creazione ormai da tempo anche le nostre chiese discutono, sia pur in modo a volte
discontinuo ed astratto. Documenti assembleari, mandati sinodali, dibattiti pubblici: molti sono gli spunti ed i suggerimenti
accumulatisi fino ad oggi. Un
felice punto d’incontro di questi
spunti, che dimostra però anche
precise sensibilità dei singoli e
di una chiesa locale, è rappresentato dall’ultimo supplemento al
« Piccolo messaggero », il bollettino della Chiesa valdese di Torino. (n. 1-gennaio ’92).
Questo supplemento, denominato Ecosentieri: come, quando,
dove e perché impegnarci per
il creato, si presenta come im
breve opuscolo, curato dalla
Commissione « Giustizia, pace e
integrità del creato » della Chiesa valdese di Torino. Strutturato in sezioni distinte, si sofferma innanzitutto a riassumere le
motivazioni ideali e di fede che
dovrebbero spingere non solo
ogni credente, ma anche ogni
persona « di buona volontà » ad
impegnarsi per la salvaguardia di un ambiente sempre più
degradato.
Di fatto, forse l’argomentazione migliore per giustificare l’impegno a favore dell’ambiente naturale è quella che ricorda agli
esseri umani come l’ambiente
che li circonda debba essere considerato « la [loro] seconda pelle » (p. 3). Dobbiamo quindi cercare con esso un armonico equilibrio.
Da un punto di teista cristiano,
tuttavia, il deterioramento dell’ambiente e la conseguente ipoteca sempre più alta che viene
posta sulla vita delle future generazioni possono essere interpretati anche come « segno dei
tempi (Luca; 12: 54) »; e « nella
Bibbia i segni dei tempi sono un
invito al pentimento e alla conversione, al rinnovamento del
Appuntamenti
Martedì 10 marzo — MILANO; Nella sala al 1° piano di via Sforza 12/a,
alle ore 18, prosegue la serie di studi sulla lettera ai Romani. Si affronta
il tema Lo Spirito Santo ed il nostro
futuro in Dio (escatologia). Introduce
il past. Alfredo Berlendis.
Giovedì 12 marzo — FIRENZE: Il
SAE prosegue la serie di incontri sul
tema « Profeti delle chiese ». Alle ore
18. nella sala di riunioni della Chiesa
luterana (via de' Bardi, 20), il prof.
Luciano Martini parla sul tema: La
profezia di Giovanni XXIII.
Giovedì 12 marzo — GENOVA: Alle
ore 17,30, nella sala (g. c.) della Banca di Genova e S. Giorgio (via Ceccardi) si tiene, organizzata dal SAE,
una conferenza-dibattito sul tema:
L'idea del peccato nel cristianesimo.
Relatori sono Berend Wellmann, pastore luterano, e il prof. Antonio Balietto, direttore della casa editrice Marietti.
Sabato 14 - domenica 15 marzo —
RIESI: Presso la Chiesa valdese (v.
Paraci, 63) si tiene il secondo weekend del corso per predicatori locali,
inizialmente fissato per il 7-8 marzo.
L'inizio è previsto per le 16.30 (esegesi di un testo del NT), segue Cristo nell'Apocalisse di Giovanni e la
cena alle 20. La domenica è prevista
la partecipazione al culto, e, alle 14,30.
la discussione relativa al sermone. Per
iscriversi tei. 0934/928139-928123 (past.
Platone) oppure 0934/929433 (G. Ficara).
rapporto con Dio e con tutta la
creazione » (p. 4.), Pentimento e
conversione che non vanno certo limitati ad astratte e semplici formule da recitare tutti
insieme nelle chiese o da soli,
nell’isolamento della propria
stanzetta. Sono atti concreti, forti, Scelte di fede e di vita che
cercano di testimoniare rispetto
per un prossimo oppresso, sfruttato e derubato, sebbene distante e non visibile. Un prossimo
che va cercato tra le popolazioni più povere della terra, ma è
rappresentato anche dai nostri
futuri discendenti e dagli altri
elementi e frutti della creazione.
Certamente, gli aspetti più evidenti del rapporto molto squilibrato che noi, abitanti della porzione più ricca ed « evoluta » della terra, abbiamo con l’ambiente
naturale sono legati alla produzione dei rifiuti e al consumo
delle fonti di energia. A questi
due argomenti Ecosentieri dedica brevi sezioni distinte da cui
si può cogliere, almeno nelle
sue linee principali, la complessità delle questioni in gioco.
I consumi
e i rifiuti
L’abnorme produzione di rifiuti, infatti, è conseguenza diretta della altrettanto forte crescita e diversificazione dei consumi di una società. Le nostre città
sono letteralmente sommerse da
rifiuti di tutti i generi, mentre
il loro smaltimento è diventato
un problema sempre più importante, a cui si sono dedicate apposite leggi e che ha visto la
crescita di nuove figure professionali. Tuttavia è evidente come
« l’emergenza rifiuti » sia ormai
quasi fuori controllo; e questo
significa che le soluzioni parziali e scoordinate messe in atto
sino ad ora devono essere sostituite da scelte precise, da programmi coerenti e a lungo periodo. Anche i singoli consumatori possono cercare di avere un
ruolo attivo nell’elaborazione di
nuove strategie e nuovi comportamenti.
I problemi legati all’energia
si rivelano speculari e altrettanto gravi rispetto a quelli derivanti dai rifiuti. In particolare
appare ormai chiaro come sia
la produzione, sia i consumi di
energia nelle sue varie forme
non possano crescere indefinitamente, pena il degrado definitivo ed irreversibile dei livelli di
vita, delle risorse, deH’ambiente.
Quindi, anche il giusto e necessario riequilibrio dei consumi
di energia tra le varie aree del
mondo deve avvenire senza che
i consumi totali aumentino. Ma
questo non riguarda solo le strategie politiche mondiali, che verranno decise da pochi potenti.
Anche noi, ci ricorda Ecosentieri, possiamo di nuovo testimoniare il bisogno della conversione
attraverso una consapevole riduzione dei consumi energetici individuali.
Ed ecco che l’analisi fa spazio
alla concretezza. Infatti viene dedicato molto spazio al « ché
fare », come singoli e come comunità (pp. 12-15). Le indicazioni riportate sono varie e curiose e vanno dalle spiegazioni su
come migliorare l’uso dei propri elettrodomestici, riducendone i consumi, ai « consigli per
gli acquisti » (privilegiare imballi poco elaborati, non comprare
prodotti di fatto inutili, e così
via), dalle osservazioni sui mezzi di trasporto ai suggerimenti ■
sul che fare nei luoghi di lavoro o di studio.
Naturalmente indicazioni molto simili vengono date per le
azioni da compiere all’interno
delle chiese, in particolare riguardo alla possibilità di ridurre
lo spreco di materiali e di energia e con la convinzione che
« l’elaborazione teologica ed etica relativa all’ecologia ed al suo
intreccio con la giustizia e la
pace dev’essere portata in tutte le attività ecclesiastiche » (p.
15).
I diritti deile
future generazioni
In appendice viene riportata
come utile materiale di studio e
di riflessione la Carta della terra,
presentata al terzo incontro preparatorio della Conferenza dell’QNU su « Ambiente e sviluppo ».
Si tratta di un testo preparato
a Bossey nell’agosto del 1991 e
che è sostanzialmente diviso in
tre importanti parti che intendono affrontare i diritti della terra come sistema complesso, i
diritti delle future generazioni,
i diritti della natura.
E’ evidente che Ecosentieri
non offre conclusioni rivoluzionarie, né indica soluzioni definitive. Il suo interesse sta proprio nella sua agilità, nella sua
semplicità e nelle proposte concrete che contiene. Nella pratica, risulterà probabilmente più
utile alle nostre chiese di un
lungo e tedioso manuale di
« ecologia pratica »; e, se ben
diffuso, si rivelerà comunque stimolante per studi e discussioni.
Ho l’impressione, tuttavia, che
uno scoglio da superare sarà
proprio la capacità delle varie
assemblee e dei vari consigli o
concistori di assumere un atteggiamento realmente attento ai
problemi ambientali, operando
delle scelte conseguenti che all’inizio si rivelano necessariamente piuttosto onerose. Ma non
bisogna perdere la fiducia...
Alberto Bragaglia
PROTESTANTESIMO IN TV
Il titolo della trasmissione
del 23 febbraio, dedicata alla
storia dei luterani a Venezia,
si riferiva alla necessità di
« mascherarsi » per chi, nella
repubblica veneziana, condividesse le idee della Riforma.
Tipico esempio l’espressione
usata da fra Paolo Sarpi (figura ben nota, autore di una
Istoria del Concilio tridentino
condannata dalla chiesa) che
di sé scriveva: « Personam
fero » ossia, appunto, « Porto
la maschera ». Siamo dunque
risaliti alle origini dell’attuale comunità luterana attraver
stiene di credere non a Lutero e a ’’Zwinglio” ma « a
quello che c’è nell’Evangelo,
sia Vecchio che Nuovo ».
Viene condannato al carcere
a vita e subisce in seguito
un secondo processo « per
aver fatto propaganda » in
carcere.
Ad un certo punto sembrò
persino possibile uno spostamento della repubblica veneziana dal campo cattolicoasburgico a quello protestante ma così non avvenne, anche
per il divario esistente tra la
città lagunare e lo stato della
La maschera
e la fede
so l’esposizione di Renato
Maiocchi e le interviste a tre
storici e a due membri della
comunità stessa. Rivediamone le tappe.
Nel ’500 Venezia era un centro molto vivo dal punto di
vista sia commerciale che
culturale in cui — grazie anche alla diffusione delle macchine per stampare — le tesi dei riformatori cominciarono ad essere conosciute. Di
qui, nel 1527, il primo rogo
pubblico di libri sospetti di
eresia. Intanto le adesioni provenivano da ogni classe sociale: artigiani, mercanti,
maestri, preti ed intellettuali
in genere. Dagli archivi del
tribunale dell’Inquisizione e
dal numero dei processi (ben
1.560 dal 1547 al 1580) possiamo farci un’idea dell’entità
del fenomeno. Vi contribuirono la predicazione di Bernardino Ochino (generale dei
Cappuccini poi divenuto protestante), la prima traduzione della Bibbia in italiano e
la diffusione del Beneficio di
Cristo, che può essere considerato il manifesto della Rifornta in Italia.
A titolo di esempio sono state lette le risposte di un orologiaio nel corso del processo
da lui subito nel 1566, a seguito della denuncia di due
preti che avevano ascoltato
una sua conversazione durante un viaggio in barca. In termini pacati ma fermi egli so
terraferma, che non voleva
urtarsi con lo Stato pontificio. Le successive vicende storiche allontanarono sempre
più questa evenienza fino a
ridurre la presenza luterana
al solo « Fondaco dei tedeschi », vero e proprio ghetto
riservato a gente straniera,
estranea alla vita della città,
che fingeva di non vedere e
non sapere.
Questa comunità ottenne
la piena libertà sotto Napoleone e più tardi « godette » della tolleranza prevista
dallo Statuto albertino. Oggi
essa, di dimensioni molto ridotte:, non ha più nessun problema di integrazione e considera sua chance e sua vocazione il poter fare da « trait
d’union » tra le altre confessioni cristiane della città,
agevolando il dialogo ecumenico.
La trasmissione, arricchita
da pregevoli disegni originali e dalle sempre affascinanti immagini della città lagunare, era accompagnata da
un sottofondo musicale senz’altro « pertinente », ma che
a volte prevaricava un po’
sul parlato. E’ seguita la rubrica 1-ì-l in cui una corrispondente chiedeva « per chi
votano i protestanti », domanda a cui Giorgio Girardet ha
risposto ponendo il problema
nella sua giusta luce.
Mirella Argentieri Bein
« MADE IN USA » A TORINO
L’arte in questione
La mostra di arte americana,
in esposizione al Lingotto a Torino, sta avendo un notevole successo di pubblico. Aperta l’il
gennaio (chiuderà il 31 marzo),
fino ad ora è stata visitata da
65.(X)0 persone, con una media di
1.450 persone al giorno. Da im
questionario proposto dagli organizzatori della mostra emerge
un tipo di pubblico molto vario.
Fra i visitatori vi sono infatti
operai, dirigenti, studenti e insegnanti; il 56% è rappresentato da donne ; solo il 30% del pubblico è torinese, mentre i visitatori provenienti da fuori del Piemonte sono il 42%. Il risultato
positivo per quanto riguarda la
domanda relativa ai contenuti
della mostra da parte di un pubblico che impiega circa 2-3 ore
nel visitarla conferma il fatto
che essa ha incontrato il favore
dei visitatori.
La mostra è un’antologia dell’arte americana dagli anni ’30
agU anni ’70 del ’900, passando
attraverso circa 2(X) opere di 120
autori che rappresentano le numerose correnti artistiche di
quegli anni, dai regionalisti agli
espressionisti astratti, dai neodadaisti alla Pop Art, per citarne solo alcune. Le opere esposte
(quadri e sculture) non sempre
rappresentano il meglio espresso da ogni singolo artista, ma
rappresentano una buona media
della produzione artistica di quel
periodo.
Il curatore Codognato ha cercato di cogliere i momenti salienti di un’arte sulla via di diventare autonoma da quella europea e che riuscirà a liberarsi
da questo peso proprio in quegli anni.
E’ la storia di un codice comunicativo (quello artistico) che
si viene sviluppando e rimodellando fino ad assumere caratteristiche sue proprie.
La situazione sociale ha una
grande influenza su questo processo artistico, e la mostra cerca di dare qualche ragguaglio
anche in questo senso, sia fornendo indicazioni sul periodo
storico-culturale sia attraverso
un video che funge da supporto
alla mostra. Essa diventa così
uno spaccato, sia pur sommario,
di storia americana, ma di una
storia carica di quotidianità, lontana daH’enfasi o dal rifiuto tipicamente europeo per un tipo
di arte — ma soprattutto per un
tipo di cultura — che non ci appartiene. Storia con cui, specialmente in questi ultimi 50 anni,
abbiamo avuto molto a che fare e con cui spesso ci si è confrontati in maniera critica, ma
che abbiamo anche subito passivamente.
Questa storia ci viene qui presentata soprattutto attraverso la
storia di un codice che si carica
di un alto valore contestuale,
cioè porta con sé implicandoli,
ma anche spiegandoli, una serie
di valori e di ideali nonché di
tensioni sociali che in quell’America emergevano e venivano affrontati.
La mostra diventa così non solo im viaggio attraverso un’arte
ma anche attraverso una cultura che interagisce con ima nuova identità comunicativa che va
formandosi.
Davide Rosso
3
6 marzo 1992
vita delle chiese
LA TAVOLA INFORMA
FIRENZE, 7-8 MARZO
Incontro con la diaconia Opere a convegno
Molti i « temi di fondo » affrontati nell’ultima tornata di sedute - Riorganizzazione della diaconia, gli aspetti
Necessarie nuove iniziative di solidarietà con l’area rioplatense tocnici e giuridici e la riflessione biblica
Tra Foresteria e Casa valdese,
nella tranquillità della Torre Pellice invernale, si sono svolte le
sedute della Tavola di febbraio,
dal 22 al 24, precedute da un
incontro serale con la Commissione esecutiva e i circuiti del
I distretto. L’incontro alle Valli
è stato occasione di un contatto
diretto con la realtà e i problemi della diaconia; ma anche altri temi come cultura ed ecumenismo, finanze ed evangelizzazione sono stati al centro delle riflessioni e delle decisioni della
Tavola.
Campo di lavoro
e evangelizzazione
Mentre prosegue la faticosa sistemazione del campo di lavoro
da varare come ogni anno alla
scadenza autunnale, la Tavola si
è riproposta il tema dell’evangelizzazione. A volte nel distribuire
le forze pastorali si è condotti
da criteri di equilibrio, di economia, di equità e si perde di
vista la sfida dell’evangelizzazione. Dove è bene investire delle
forze per lo sviluppo e il potenziamento della testimonianza,
non limitandosi allo sforzo del
mantenimento? La Tavola intende ricevere dai distretti, come
già in passato, delle indicazioni
che l’aiutino a tener conto del
criterio più diffìcile.
Diaconia
La Tavola ha affrontato diversi aspetti della diaconia, spesso
nel quadro di incontri vivaci e
interessanti.
Con i responsabili del I distretto ha discusso il progetto
elaborato dal I circuito per una
cura più organica e specializzata di quella particolare comunità costituita dagli ospiti dei diversi istituti che, è stato detto,
numericamente rappresenta la
terza comunità delle Valli.
Con la CIOV la Tavola ha discusso la proposta che si va via
via precisando di una Commissione sinodale per la diaconia,
per la quale è stata elaborata
una bozza di statuto. Tavola e
CIOV hanno anche affrontato il
diffìcile problema della fusione
dei tre ospedali (Torre Pellice,
Pomaretto, Torino) secondo due
ipotesi: una più empirica avente maggiori probabilità di riuscita, che tuttavia costituirebbe
una permanente forzatura del
nostro ordinamento; l’altra più
ortodossa e in sintonia con l’ordinamento valdese, ma con minori probabilità di successo. I
due temi — la Commissione sinodale per la diaconia e il caso degli ospedali, che rinvia al
problema del rapporto tra ordinamento civile e ordinamento
ecclesiastico — torneranno il 7-8
marzo alla ribalta del convegno
di Firenze sulla riorganizzazione
della diaconia per un confronto
con la cerchia degli operatori
più impegnati in questo campo.
La Tavola ha anche esaminato da vicino la situazione di tre
istituti delle Valli — Uliveto, Casa delle diaconesse. Villa Olanda — che in forme e gradi diversi passano attraverso crisi di
ricambio o di esaurimento. Per
l’Uliveto è stato possibile operare un ricambio parziale, o meglio un inizio di ricambio. Aurora Revel prende il posto di
Bruno Mathieu che si è ritirato
dopo molti anni di presidenza
del Comitato; ma ha accettato
la presidenza dell’Uliveto nel
quadro di un ricambio più generale che il Comitato dovrà ora
perseguire. Per l’antica istituzione delle diaconesse la Tavola ha
formulato alcune proposte al
Comitato che intendono dar corpo alla distinzione tra la Casa
con il rinnovamento del suo servizio e le diaconesse con il lo
ro viale del tramonto: l’una e
le altre hanno diritto ad una
uguale cura attenta e fraterna.
Parlando infine di Villa Olanda
si pensa sempre al futuro, alle
ipotesi di ristrutturazione e di
nuovi sviluppi. Ma è col presente che è ora necessario fare i
conti, nel quadro di un esaurimento sempre più evidente. Il
futuro di Villa Olanda passa attraverso lo scioglimento dei i>odi gestionali del presente. Su
questo diffìcile terreno Tavola e
Comitato dovranno incontrarsi
al più presto per trovare i necessari accordi operativi.
Cultura ed
ecumenismo
Il titolo del nuovo giornale delle chiese battiste, metodiste e valdesi sarà dunque « Riforma ». Più inclusivo ma più
vago rispetto al titolo concorrente (« Vita protestante », più
preciso ma anche più ghettizzante), il nuovo titolo è stato scelto al termine di un lungo processo di valutazione dei prò e
dei contro dalla giunta degli esecutivi BM. La Tavola ha ratificato per parte sua questa scelta e si è soffermata sui problemi dell’organizzazione e del lancio di « Riforma ». Il Consiglio
della SEP, l’editrice del giornale, ha presentato un preventivo
per il ’92 più realistico e completo di quello approssimativo
che era stato presentato al Sinodo valdese e metodista e all’Assemblea battista. Per raggiungere la cifra di 200 milioni
è tanto più necessaria la sottoscrizione straordinaria che gli
esecutivi BM si apprestano a
lanciare insieme alla SEP. Solo
un incoraggiante e solidale apporto dei futuri lettori permetterà di aumentare sensibilmente il capitale già sottoscritto dagli esecutivi (comprendente anche il fondo del progetto EcoLuce/Testimonio accantonato
nel passato decennio). Per questo la Tavola ribadisce la richiesta presentata con lettera del
moderatore ai presidenti dei
Concistori/Consigli di chiesa —
in parallelo ad uguale richiesta
OPCEMI e UCEBI per le chiese metodiste e battiste — per
l’invio alla SEP dell’indirizzario
di tutte le chiese per consentire
un lancio ampio e capillare di
« Riforma ».
Sull’efficienza e l’impegno solidale connessi a questa fase
molto delicata del progetto si
giocherà parte della riuscita di
questa impresa comune, che costituisce il primo vero esperimento di collaborazione BMV.
Tutte le chiese sono perciò caldamente invitate a collaborare
al massimo per il lancio di « Riforma » non solo fornendo Tindirizzario al giornale, ma organizzando in accordo con la SEP
momenti di incontro, di divulgazione e di promozione del progetto.
L’AIP — Associazione informazione protestante — attuale editrice dell’Eco-Luce, si sta ormai
trasformando in associazione
BMV dei lettori di « Riforma ».
Sarà TAIP a raccogliere la sottoscrizione che verrà lanciata
prima di Pasqua, dando un importante contributo allo sforzo
congiunto.
La Tavola ha vagliato l’attività e i bilanci del Centro culturale valdese anche a mezzo di
un incontro con il Consiglio della Fondazione recentemente costituitasi, che ha preceduto le
sedute. La Tavola si è rallegrata per l’attività del Centro che,
pur essendo ancora nella fase
di assestamento e organizzazione interna, ha già cominciato a
uscire con pregevolissime iniziative nazionali, come il convegno
su Giovanni Miegge organizzato
lo scorso dicembre insieme alla
Chiesa metodista di Savona. Non
si nasconde d’altra parte forti
preoccupazioni per il bilancio di
quest’opera, che grava in massima parte sulle finanze della Tavola. Finora è stato possibile sostenere la fase di avvio in gran
parte con fondi reperiti all’esterno. D’ora in poi la stabilizzazione del Centro esige una voce
nel bilancio della Tavola, contenuta ma fìssa, accanto a fondi
che il CCV stesso dovrà reperire all’esterno per far quadrare
il proprio bilancio. L’apporto di
doni specifici — e un maggior
apporto dell’altro partner della
Fondazione, la Società di studi
valdesi — saranno dunque determinanti per la salute di un
centro propulsore che abbiamo
fortemente e limgamente desiderato per tutta la nostra chiesa.
Sul tema dell’ecumenismo la
Tavola si è soffermata soprattutto sui risultati del riuscito
convegno di Roma deH’inizio di
febbraio. Ci si è preoccupati di
evitare alcuni rischi : « bruciare »
i documenti di studio prodotti
dal convegno con una conclusione troppo ravvicinata della ricerca, o lasciar raffreddare l’interesse con un rinvio della discussione nelle chiese. I documenti
di studjo verranno quindi inviati alle chiese entro Pasqua e la
circolare della Tavola n. 3, in
preparazione, fornirà alle chiese
proposte operative.
Finanze valdesi
Nessun problema per l’esercizio ’91. La previsione di chiusura presenta un leggero avanzo
che verrà accantonato per le
maggiori spese della fase di avvio del giornale comune. Ma già
si era detto che in vista del raggiungimento del punto di equilibrio la modesta salita del ’91 si
sarebbe impennata nel ’92. Solo
due distretti hanno cercato di superare gli obiettivi del ’91 per
avere una maggior rincorsa in
modo da raggiungere il punto di
equilibrio nel ’92 come previsto.
Non sembra che per il momento ci si riesca. Mancano 126 milioni per la copertura di rm bilancio che la Tavola ha ridotto
all’osso. La Tavola ha decìso
perciò di ripresentare alle chiese un appello circostanziato per
la precisazione degli impegni che
non tutte le chiese hanno espresso entro metà febbraio e per una
revisione di impegni a volte troppo prudenti. Entro aprile dovremmo poter operare una verifica generale e la Tavola spera vivamente nel senso di solidarietà di tutte le chiese per sostenere il lavoro di tutta la chiesa.
Sul tema del sistema contributivo è stato predisposto un questionario relativo ai bilanci ’89’91 per una valutazione triennale che il Sinodo ’88 chiese a Tavola e OPCEMI nel lanciare
quella che poi fu chiamata la
« campagna delle 3 P ». L’indagine fornirà dati su scala nazionale, ma prima di tutti servirà
a Concistori e Consigli di chiesa per im autoesame della propria azione locale.
Non possiamo chiudere questo
capitolo senza menzionare la viva preoccupazione che ha destato nella Tavola la situazione economica delle Chiese valdesi del
Rio de la Piata. Mentre da noi
la campagna per contribuire al
rinnovo del parco auto dei pastori rioplatensi segna il passo,
in Uruguay e Argentina si fa la
fame. La Tavola ha deciso di attendere rincontro col moderador
Hugo Malan, in marzo, per avere notizie complete e per concordare le iniziative di solidarietà che non potranno mancare.
Il Sinodo dello scorso anno
aveva dedicato molta attenzione
al progetto di riorganizzazione
della diaconia in Italia, quello
conosciuto col nome di « nuova
CIOV », ed aveva dato mandato
alla Tavola e alla CIOV di elaborare un progetto definitivo che
la prossima sessione sinodale
dovrà esaminare.
In questi mesi gli esecutivi si
sono concentrati su due temi:
la struttura organizzativa che le
opere diaconali devono assumere
ed i problemi di carattere giuridico legati all’auspicata fusione
dei tre ospedali di Pomaretto,
Torre Pellice e Torino, e ora,
visti i risultati positivi della convocazione dello scorso anno, sottopongono i risultati del loro lavoro ai rappresentanti delle opere, prima di diffonderlo presso
le chiese, in vista del dibattito
del prossimo Sinodo.
Il convegno delle opere, che
si terrà il 7 e 8 marzo e che
è già stato annunciato sulla nostra stampa, seguirà due filoni
principali di riflessione: uno organizzativo e l’altro giuridico.
Ma la prima voce che verrà ascoltata sarà quella di Yann Redalié,
che guiderà un momento di studio biblico sul tema del potere
e del servizio nella chiesa.
E’ indubbio infatti che anche
strutture di servizio, quali sono
gli ospedali o le case per persone anziane, possono diventare
strumenti di potere: dove corre
dunque il confine fra le due realtà? La Bibbia insegna ad usare
il potere che la chiesa affida ad
alcune persone come servizio e
non come un bene personale?
Non sono certo argomenti dì poco conto, visto che le nostre
opere muovono ormai decine di
miliardi.
Si è detto fin qui della necessità di una riorganizzazione della
diaconia: ma è veramente sentita, questa necessità, dalle opere? Per introdurre l’argomento,
nel corso dell’inverno è stata
compiuta una rilevazione presso
dieci opere, sulla base di un questionario che riprendeva ed analizzava i temi di riflessione proposti dal Sinodo stesso. Le risul
tanze di questa consultazione saranno presentate da Paolo Ribet.
Il moderatore illustrerà invece il progetto organizzativo per
le opere diaconali. Esso ricalca
quello accolto dal Sinodo del
1990, con qualche correzione. Per
prima cosa, come già annunciato in un articolo dell’Eco-Luce
che informava sui lavori della
Tavola, la CIOV ritornerà all’antico (ri-)diventando il Comitato
di gestione degli ospedali e non
sarà più nominata dal Sinodo.
Il coordinamento della diaconia, sul piano nazionale, sarà assunto da una iiuova Commissione sinodale amministrativa (che
dovrebbe chiamarsi Commissione sinodale per la diaconia) che
avrà il compito di nominare i
Comitati di gestione, di coordinare il lavoro delle varie opere,
di sostenerlo attraverso supporti
di carattere amministrativo (quale il Centro servizi) e informativo e di vitalizzarlo attraverso
una riflessione sul tema della
diaconia.
Una tale riorganizzazione si
propone scopi diversi: innanzitutto solleva la Tavola da una
serie di preoccupazioni, in quanto opere a lei affidate direttamente verrebbero affidate alla
nuova Commissione, in secondo
luogo riporta al Sinodo il controllo effettivo delle opere (attraverso la sua Commissione
d’esame) e la definizione della
linea diaconale della chiesa. Come si vede, si tratta di argomenti delicati, che Tavola e CIOV
affrontano insieme alle opere diaconali perché ogni decisione che
le concerne non venga presa alle loro spalle.
Il secondo giorno di dibattito
sarà occupato, come detto, da
un confronto, quanto mai urgente, sulle modalità di applicazione della legge sulle Intese. Di
questa legge, infatti, si danno
diverse interpretazioni, da cui
derivano atteggiamenti diversi.
L’incontro di Firenze rappresenta l’occasione per approfondire
questo argomento e definire
un’azione comune.
Paolo Ribet
ELEZIONI
Per una
società giusta
La Federazione delle chiese
evangeliche in Italia (FCEI) ha
aderito alla campagna « Democrazia è partecipazione », tesa a
richiedere ai candidati alle prossime elezioni un impegno preciso sui temi della pace, della democrazia, della riforma delle istituzioni, della solidarietà, della
cooperazione allo sviluppo e della salvaguardia dell’ambiente.
Il presidente della FCEI, pastore Giorgio Bouchard, ha così
chiarito il signiflcato dell’adesione aH’iniziativa : « Al centro
delle nostre preoccupazioni vi è
senza alcun dubbio la costruzione di una società giusta in un
contesto di libertà e di democrazia pienamente sviluppata. A
questo scopo occorre puntare su
di una società aperta non solo
a tutte le idee ma a tutti gli
esseri umani.
Raccomandiamo perciò di sviluppare al massimo la solidarietà con gli immigrati che vivono
nel nostro paese, poiché su questo tema si misurerà la tenuta
della democrazia italiana.
Un paese impegnato a costruire una società giusta deve anche
essere capace di ridurre le tensioni intemazionali e di frenare
sostanzialmente la crescita degli
armamenti: ciò nel contesto di
una solidarietà concreta e non
ideologica con i popoli del Terzo Mondo.
Un altro tema che vedremmo
volentieri sottolineato è l’autodeterminazione delle donne e la
loro piena partecipazione alla
costmzione di una società libera
e giusta. I recenti fatti irlandesi dimostrano l’attualità di questa nostra preoccupazione.
Deve essere ben chiaro, comunque, che la tradizione evangelica non conosce gerarchie legittimate a condizionare le scelte dei singoli credenti. Il nostro
è e rimane un appello ai candidati; non è e non potrebbe mai
essere un impegno della FCEI
ad orientare in questo senso il
voto degli evangelici».
(nev)
4
vita delle chiese
6 marzo 1992
FORANO SABINO
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Un XVII davvero speciale una festa riuscita
Un incontro che ha visto la partecipazione anche delle chiese cittadine, per un ricco programma vissuto all’insegna della fraternità
Anche quest’anno la giornata
della « festa della libertà » è stata vissuta da tutti i partecipanti all’insegna della comunione
fraterna.
Il Consiglio di circuito ha deciso di far confluire l’attenzione
delle chiese « cittadine » sulle
iniziative di quelle periferiche,
dato che negli ultimi anni le
chiese più grandi non avevano
programmato nulla, mentre quelle più piccole avevano organizzato incontri, conferenze-dibattito, filmati ed agapi varie.
Vista la presenza a Forano
dei rappresentanti del Lazio di
Amnesty International, si è così deciso di confluire in Sabina.
Alle 10.30, infatti, quasi simultaneamente, sono arrivati i pullman della comunità metodista di via Firenze e di quella
valdese di piazza Cavour completa di corale, con i fratelli
metodisti di Temi che erano già
per le vie del paese.
Alle 11 si è tenuto il culto
con la chiesa stracolma ed il
pastore Eugenio Rivoir ha incentrato la predicazione su Levitino
19: 2 « Siate santi perché io sono santo».
Dopo l’agape fraterna, che si
è tenuta — visto il gran numero di partecipanti •— presso il
ristorante Belvedere di Forano,
e dopo l’arrivo di alcuni membri
della chiesa di via IV novembre,
alle 15.30 è iniziata l’interessante
presentazione delle attività di
Amnesty International, l’organizzazione internazionale che si occupa della liberazione dei prigionieri per motivi di opinione.
Interessanti gli interventi in
proposito e soprattutto il saluto dell’assessore alla Cultura del
comune di Forano, Andrea Valentini, il quale ha sottolineato
l’impegno degli evangelici per
lo sviluppo della cultura e della
coscienza civile nel territorio.
Infatti la conferenza che la
Chiesa valdese di Forano tiene
in occasione del 17 febbraio rappresenta uno dei rari appunta
menti culturali nel calendario
annuale del nostro paese.
Dopo la proiezione di un filmato, che descriveva le iniziative
di Amnesty contro le violazioni
dei diritti civili in tutti i paesi
del mondo, la corale di piazza
Cavour ci ha proposto una serie
di canti risalenti alla storia valdese.
Apprezzata da tutti la merènda, a base di dolci di tutti i
tipi (e tutti rigorosamente fatti
in casa) e tè, servita dalle nostre amabili signore.
A seguire, dopo il suono delle
campane, il tradizionale falò
con gli inni: il Giuro di Sibaud,
Celebriamo il Signore, Padre Nostro.
Con i saluti di rito si concludeva la giornata di domenica
16 febbraio 1992, nella quale abbiamo voluto ringraziare il Signore per quel che ci ha dato
in quel 17 febbraio del 1848 e
per tutti i doni che ci offre quotidianamente.
Paolo Scarinci
VILXAR PELLICE — La giornata del XVII febbraio s’è svolta secondo il programma tradizionale.
Al mattino una bella assemblea ha ascoltato il messaggio
della Parola di Dio e quello che
i bambini ed i ragazzi della scuola domenicale ed alcune giovani ci hanno rivolto con recito,
canti ed esecuzioni musicali.
Viva gratitudine a tutti coloro che in vario modo si sono
impegnati per la riuscita della
celebrazione, in particolare alle
monitrici per la preparazione dei
canti e delle recite; al sindaco
Paolo Frache ed alle sue allieve
del « gruppo flauti » per le esecuzioni musicali e per la rievocazione della pagina di storia
valdese locale, che quest’anno ci
ha ricordato le prime riunioni
del consiglio comunale dopo il
rimpatrio; al gruppo ormai affiatato e collaudato di sorelle e
di fratelli che ha organizzato,
preparato e servito il pranzo comunitario con quasi duecento
commensali; al gruppo giovanile di Inverso per la recita offerta con la rappresentazione
della commedia brillante « Un
mazzo di rose scarlatte », ripetuta il sabato successivo.
BRESCIA Studi biblici
Insieme per fare meglio
Le numerose attività organizzate dalla comunità hanno permesso di
approfondire i legami « interni » ma anche di presentarsi alla città
La vita della comunità di Brescia è stata caratterizzata in quest’ultimo anno da una serie di
attività che l’hanno notevolmente
impegnata.
Eppure, nel redigere questo
breve bollettino, riscontriamo
che si è fatto ancora troppo poco rispetto a ciò che ci si era
prefissati di organizzare e di attuare.
I numerosi impegni extracomunitari che fanno parte della
quotidianità di ognuno spesso limitano la disponibilità di tem^
po da dedicare alla chiesa. Ci
possiamo comunque ritenere soddisfatti delle attività organizzate
in quanto ci hanno permesso di
lavorare insieme, fattore non secondario oggigiorno, per realizzare obiettivi comuni.
Le numerose occasioni hanno
favorito quEuito meno ravvicinamento di numerosi simpatizzanti alla chiesa stessa. Cronologicamente, ripercorrendo tutto
l’anno appena trascorso, ricordiamo con enorme piacere la visita ricevuta dal fratello Renato
Giuntini e dalla moglie, amici
della comunità bresciana da antica data, in occasione del XVII
febbraio '91. Molto apprezzata
la serie di studi biblici tenuta
dal pastore Ricciardi, seguita da
un folto numero di presenze cattoliche.
Durante l’arco dei mesi estivi
la comunità si era impegnata a
garantire il servizio di culto e
la relativa apertura della chiesa,
organizzando momenti di preghiera e di riflessione per coloro che hanno trascorso l’estate
in città. Il servizio è stato particolarmente apprezzato.
Con l’inizio delle attività autunnali la comunità ha voluto istituire un servizio di intrattenimento per i bambini la domenica durante il culto, e ciò ha
permesso a numerosi giovani genitori di partecipare più assiduamente ai culti domenicali. Un
particolare impegno ha richiesto
l’organizzazione di tre concerti
nel nostro tempio: il primo per
clavicembalo e soprano su musiche di Bach, il secondo per
violini e clavicembali ed il terzo per ottoni in memoria di un
caro giovane amico e membro
della nostra comunità scomparso da dieci anni.
Tutti i concerti hanno avuto
un notevole successo, tanto da
indurci a pensare di organizzarne altri nel nuovo anno.
Il prof. Daniele Garrone è venuto a Brescia per tenere una
conferenza presso i Padri della
pace, in gennaio, che ha avuto
Un notevole seguito ed apprezzamento.
Il past. Bertalot ha tenuto,
sempre nel medesimo periodo,
una conferenza presso l'istituto
delle Poverelle, anche questa
molto seguita.
In occasione della settimana
dell’unità dei cristiani abbiamo
ospitato per il consueto incontro
gli amici della comunità dei Padri della pace.
Per concludere, particolarmente gradita la visita del past.
Giuseppe Platone, che ha relazionato circa l’attività del Servizio
cristiano di Riesi con diapositive
e conversazione. La comunità
bresciana ringrazia ancora tutti
coloro che si sono adoperati per
permettere la realizzazione di
ogni attività e confida nell’aiuto
di tutti per fare sempre più e
meglio.
Alberto Nencini
TORRE PELLICE — Ha inizio un nuovo ciclo di studi biblici sulla lettera di Paolo ai Calati.
Gli studi, tenuti dal pastore
Ruggero Marchetti a cura del
primo circuito, sono aperti a tutti.
Il primo appuntamento è per
mercoledì 11 marzo alle ore 20,30
presso i locali della Comunità
alloggio di via Angrogna, agli
Appiotti.
Solidarietà
GENOVA
La predicazione
dei «gesti concreti»
PERRERO-MANIGLIA — All’età di 96 anni è terminata resistenza terrena di Clementina
Genre Canal; era la persona più
anziana della nostra comunità.
Ai funerali, che hanno avuto
luogo nel tempio di Ferrerò, ha
partecipato una folla commossa
che si è unita al dolore del figlio Oreste. A lui e al fratello
Felix, in America, come pure a
tutti i parenti, la comunità di
Perrero-Maniglia è vicina con affetto, nella fede comime nel Signore risorto.
• Si sono imiti in matrimonio
Patrizia Massel, organista della
nostra chiesa, e Luca Civra;
agli sposi, che si stabiliscono a
Cercenasco, le affettuose felicitazioni della comunità con l’augu
rio di averli spesso fra noi ad
animare il culto con la loro competenza musicale.
Recite
VILLASECCA — La filodrammatica presenterà la sua recita
sabato 7 marzo alle 20,30 e domenica 8 marzo alle 14,30. Sarà
rappresentata la commedia di
Franco Roberto « Arriva lo zio
di Dallas » e la farsa dello stesso autore « Voglio sposare la
suocera ». Sabato parteciperà anche la banda musicale di Pomaretto.
• L’Unione femminile avrà il
piacere, giovedì 12 marzo, di ricevere la visita di Elena Pascal
che presenterà, con diapositive,
alcuni aspetti della vita della
Scozia.
• Le riparazioni progettate
per il campanile del tempio dei
Chiotti sono state portate a termine. Le offerte della comunità
hanno praticamente coperto la
spesa. Resta uno scoperto di circa 200.000 lire. Se qualcuno è disponibile a coprirlo il concistoro sarà riconoscente.
Riunioni quartierali
ANGROGNA — Le riunioni
quartierali del mese di marzo saranno a cura delle sorelle dell’Unione femminile che daranno
vita a degli incontri ricchi di
canti e, perciò, di gioia.
I prossimi incontri : giovedì
5 Baussan (ore 20,30); lunedì 9
Capoluogo (ore 20); martedì 10
Martel (or,e 20); giovedì 12
Odin-Bertot (ore 20); lunedì 16
Serre (ore 20); martedì 17 Buonanotte (ore 20) ; giovedì 19 Prassuit-Verné (ore 20,30).
• L’assemblea di chiesa riunita domenica scorsa ha eletto i
deputati al Sinodo e alla Conferenza distrettuale; al Sinodo andrà Adriano Chauvie (suppl. Davide Simond). Deputati alla Conferenza saranno Marina Zoppi,
Marina Bertot e Michele Pons
(suppl. Umberto Gaydou e Giovanna Goss).
Sabato 7 marzo
□ INCONTRI TEOLOGICI
GIOVANNI MIEGGE
PINEROLO — Alle ore 17, presso
i locali della Chiesa valdese in via
dei Mille, proseguono gli incontri teologici « Giovanni Miegge » organizzati
dal Centro culturale valdese.
SAMPIERDARENA — La Chiesa valdese e la Chiesa metodista di Sestri domenica 16 hanno
festeggiato insieme il 17 febbraio.
La giornata è stata dedicata
ad una riflessione sulla diaconia
guidata dal pastore Paolo Ribet,
presidente della CIOV.
Dopo i culti nelle due chiese
e dopo l'agape comune, il pastore Ribet è intervenuto nell’assemblea pomeridiana soffermandosi, in particolare, sulTesperienza dell’Asilo di S. Germano. Il
dibattito che ne è seguito ha
indicato alcuni spunti per una
riflessione che continuerà nei
prossimi mesi.
Diaconia come predicazione di
Cristo attraverso gesti, opere
concrete. L’Ospedale evangelico
intemazionale di Genova è un
importante esempio di quella che
chiamiamo diaconia « fresante »,
ma è stata messa in evidenza la
necessità di aiutare, di incoraggiare le nostre chiese ad espri
mersi anche attraverso la diaconia « leggera », nelle piccole cose, con i piccoli gesti. Si è molto discusso sulla difficoltà di un
lavoro diaconale a favore dei
tossicodipendenti e dei lavoratori stranieri, da una parte per
cercare di evitare di intervenire in modo improvvisato e dall’altra anche per un atteggiamento non sempre maturo verso il
diverso.
Diaconia può anche voler dire
dare un contributo come singoli
cittadini e come chiese al miglioramento del funzionamento
delle stnjtture pubbliche.
Si è molto sottolineata la necessità di essere nelle nostre
chiese più attenti a valorizzare
chi sente una vocazione per un
lavoro diaconale. Il pastore Paolo
Ribet si è anche soffermato a
chiarire i termini della riforma
della CIOV sul cui progetto le
nostre chiese saranno chiamate
ad esprimersi.
Marco Conte
Casa valdese di Rio Marina - Isola d’Elba
La direzione comunica che sono aperte le prenotazioni
presso la Casa che entrerà in funzione dal
1° aprile 1992
Si offrono particolari facilitazioni a quei pastori che
siano disponibili ad offrire il loro contributo spirituale
durante il loro soggiorno.
Sono previste riduzioni speciali per nuclei familiari e
per situazioni particolari.
Rivolgersi alla direzione:
Sig.ra Ornella Grein - Piazza Mazzini, 1
tei. 0565/96.26.56 - 96.21.41 - Fax e tei. 0565/96.27.70
5
6 marzo 1992
vita delle chiese 5
LA SPEZIA
CORRISPONDENZE
Le chiese evangeliche
di fronte allo Stato
Una giornata all’insegna della partecipazione, che si vuole ripetere in futuro - La libertà religiosa - La questione « otto per mille »
Domenica 9 febbraio si è svolto a La Spezia un importante
incontro tra la Federazione delle
chiese evangeliche in Liguria e
la locale Chiesa awentista del
7“ giorno. Nell’ambito ligure
questo momento riveste un significato molto preciso: è stato
il primo approccio (e speriamo
di una lunga serie) verso una reciproca maggiore attenzione e
conoscenza.
Già il mattino, presso i locali della Chiesa battista, Paolo
Tramuto, pastore awentista, ha
delineato i criteri organizzativi
e didattici della Scuola del sabato; alla sua relazione sono seguite diverse domande e richieste di informazioni da parte dei
monitori presenti, desiderosi di
comprendere meglio quest’attività dipartimentale delle chiese
avventiste.
Il culto interdenominazionale,
svoltosi immediatamente dopo,
è stato presieduto dal past.
Umberto Delle Donne, che ha
predicato sul concetto di pace.
Abbiamo avuto quindi, sempre
all’insegna di una partecipazione
notevole e sentita, un'agape fraterna dove è stato possibile familiarizzare ulteriormente, scambiarci informazioni, solidarizzare
e cominciare a pensare quanto
sia interessante e formativo confrontarsi.
Nel primo pomeriggio, ospitati nei locali della Chiesa avventista. siamo stati protagonisti di
una tavola rotonda sul tema de
Le chiese evangeliche di fronte
allo stato, a cui sono intervenuti
tre esperti: Franco Scaramuccia,
vicepresidente UCEBI, che ha
presentato l’argomento della libertà religiosa in Italia, Ignazio
Barbascia, segretario generale
dell’Unione awentista, che ha
analizzato il problema delle intese e Franco Becchino, giudice e
membro della commissione istituita nello scorso Sinodo per la
revisione dell’intesa delle chiese
valdesi e metodiste con lo stato,
che ha enucleato alcuni aspetti
dell'« 8 per mille».
Una cartina
di tornasole
Il pastore Scaramuccia ha evidenziato come la libertà religiosa, per uno stato, sia la cartina di tornasole del rispetto di
tutte le altre libertà di cui possano godere i cittadini sia come
singoli sia nelle formazioni sociali in cui si riuniscono, ed ha
poi aggiunto che nel caso specifico italiano i rapporti che lo
stato attua con i suoi cittadini
sono viziati dal riconoscimento
preferenziale del cattolicesimo e
delle sue specifiche esigenze. Pertanto vediamo come, per la presante ipoteca concordataria, dal
1948 non si sia affrontata la questione religiosa a partire dai diritti di libertà individuale, per
definire conseguentemente i rapporti fra stato e chiesa, ma si
sia seguito il capnmino inverso.
Questa situazione ha condizionato non poco l'intera materia (negando tra l'altro il diritto all’apostasia).
A parere del relatore nella Costituzione avrebbe dovuto trovare posto, tra i diritti fondamentali, la trattazione della libertà
religiosa del singolo e nel caso i
cittadini avessero ritenuto opportuno riunirsi in formazioni sociali, i loro rapporti avrebbero dovuto essere senz’altro affrontati nell'ambito di rapporti pattizi.
La situazione attuale, a causa
di queste premesse, mostra come l’esercizio di alcuni diritti
individuali sia menomato dai
rapporti pattizi, che impediscono
il diritto di detrazione delle liberalità a favore di una confessione religiosa che non abbia previsto questo comportamento nella stipulazione dell’intesa, o
venga negata la definizione di
« confessione » alle Congregazioni pentecostali autonome dichiarando che esiste già un’intesa
con le ADI.
Il vizio d’origine ha fortemente condizionato tutto l’atteggiamento successivo dello stato,
compreso il fantomatico « disegno governativo sulla libertà religiosa », che doveva riguardare
solo i diritti individuali e che
la stampa diede per approvato
dal Consiglio dei ministri del
14.9.1990, ma che non risulta
essere mai giunto in Parlamento.
Questo disegno contiene anche
una sezione dedicata alle confessioni, al loro riconoscimento ed
a come devono essere stipulate
le intese.
Per un uguale
trattamento
Il pastore Scaramuccia ha concluso sperando nell’applicazione
del diritto di uguale trattamento
a tutti i gruppi, con cui la Repubblica dia prova di voler tutelare
realmente il diritto dei suoi cittadini di professare senza restrizioni la loro fede.
A questo' punto è intervenuto
il pastore Barbuscia che ha sottolineato l’azione degli awentisti in merito al problema della
libertà religiosa evidenziando
come, attraverso l'intesa con lo
stato, essi siano riusciti non solo a definire ulteriormente la
loro presenza nella realtà italiana, ma anche ad indurre lo
stato a riconoscere la funzionalità delle loro opere ed attività
sociali.
Il relatore ha ribadito, inoltre, che la scelta dell’8 per mille è stata determinata dalla volontà di potenziare tutte le strutture di servizio e di assistenza
come beni rivolti a tutta la collettività sociale. A questo proposito è indispensabile che la ge
Ampia
collaborazione
Esperienze comuni e scambi tra la Chiesa metodista e le altre denominazioni nel Savonese
stione dell’S per mille sia sempre molto trasparente, sia come
dovere verso coloro che hanno
optato in tal senso sia per l'intera collettività, visto che si parla di denari pubblici.
Il pastore Becchino, partendo
dagli interventi che lo hanno preceduto, ha ravvisato la necessità di essere concreti sulla questione dell’8 per mille; non è più
possibile arroccarci dietro a separatismi ottocenteschi, che ormai sono antistorici, per rivolgerci invece al sistema di rapporti bilaterali, tipici dello schema attualmente previsto dalla
Costituzione repubblicana.
Il pastore Becchino ha esposto quelle che sono le prevalenti opinioni sul rifiuto deH’8 per
mille, che comunque (a differenza della Chiesa cattolica) è sempre ritenuto destinabile alle sole
opere sodali-umanitarie, ed ha
ricordato come, in ambito valdese e metodista, la parte « operativa » rifiuti la logica dell’8 per
mille e come, viceversa, la base
voglia aderirvi.
Le posizioni di rifiuto nascono da scelte politiche, ma anche
da precise scelte teologiche. Le
posizioni a favore vedono invece le chiese italiane essere nella
necessità di richiedere fondi a
denominazioni straniere, che possono elargirli proprio graz:ie agli
interventi finanziari statali. Queste realtà straniere, che ci vedono come quinta potenza economica, preferiscono, del resto,
sostenere chiese più povere, come quelle dei paesi dell’Est o
dell’Africa, convogliando sempre
minori somme verso le comunità
italiane. D’altra parte l’8 per
mille consentirebbe di potenziare le attuali strutture assistenziali evangeliche, che sono già
insufficienti rispetto alla domanda e che lo diventeranno ulteriormente in seguito alla delega
che lo stato attua a favore di
questi specifici interventi.
Com’era prevedibile a queste
relazioni è semita una ricca
e vivace discussione che ha manifestato l’inderogabile necessità di un ulteriore incontro sulla
libertà religiosa.
Massimo Torracca
SAVONA — Ad un anno di distanza dagli incontri che la Chiesa evangelica metodista di Savona ha avuto con le altre chiese
evangeliche della provincia per
uno scambio di notizie ed esperienze di vita comunitaria e di
evangelizzazione, ci sono da riferire alcuni sviluppi che, grazie
al Signore, ci sono stati in queste relazioni.
Con la Chiesa battista di Albisola sono continuate le buone
relazioni già esistenti da decenni e rafforzate dopo l’assembleasinodo tra battisti, metodisti e
valdesi del novembre ’90 in vista anche di una collaborazione
più stretta a livello regionale. In
questa comunità viene offerto un
servizio di predicazione al culto
ogni seconda domenica del mese.
Già l’anno scorso, dopo la partecipazione alla conferenza della
Chiesa awentista di Savona sulla « libertà religiosa in Italia »,
era seguito uno scambio di pulpito e di studio biblico, che si
sono rivelati simpatici e festosi
incontri, e che saranno ripetuti
anche quest’anno.
Ad Alassio, nella Chiesa valdese, si alternano i culti della II
e IV domenica del mese con
quelli di Albenga, nel centro
evangelico, del I e III sabato,
dove si svolge anche una piccola scuola domenicale; ciò nell’ambito di un’integrazione che
le fanno un corpo unico.
Relazioni più
continuative
Esistevano già da tempo con
la Comunità dei cristiani di Finalborgo diversi contatti personali che consentivano di essere
al corrente delle loro iniziative
in loco. Dall’anno scorso hanno
chiesto di mantenere relazioni
più continuative ed è stato risposto positivamente alla richiesta di predicare nella loro nuova sala, alla cui inaugurazione
Savona è andata in un bel gruppo, la terza domenica del mese.
La Chiesa apostolica di Loano ha preso contatto, attraverso due suoi membri, con la Chiesa battista di Albisola e metodista di Savona; essi hanno partecipato a degli incontri anche
RICORDO
Gabriella Titta Dreher
Gabriella Titta Dreher ci ha
lasciati il 28 gennaio scorso, dopo una breve ma inesorabile malattia.
Quando la morte spezza un
rapporto di lunga amicizia, riandiamo indietro col pensiero come
per ritrovare almeno nel ricordo la persona che abbiamo perduto.
Così ho rivisto Gabriella nella sua chiesa di via IV Novembre, dove è stata attiva e punto
di riferimento sicuro per molti
anni. Membro del concistoro e
presidente dell’Unione femminile, ha certamente avuto un ruolo
positivo nella vita di questa comunità, come lo ha avuto nella
FFV e nella FDEI.
L’ho rivista presiedere congressi e riunioni con intelligenza e sicurezza e con la stessa
dinamica efficienza con cui organizzava bazar e cene fredde o
si prodigava in tanti altri servizi diaconali.
Donna d’avanguardia, dai molti interessi e larghe vedute, aper
ta ai grandi temi del nostro tempo, capace di scelte coraggiose
ma equilibrata e sempre estremamente concreta: così ricordo
Gabriella. E proprio per questi
tratti caratteristici della sua personalità, oltre all’impegno nella
chiesa, Gabriella ha dato molto
del suo tempo, delle sue energie e delle sue capacità ad associazioni che operano nel sociale: l’YWCA-UCDG, di cui è stata presidente nazionale per molti anni, ed Amnesty International.
E’ in quest’ultimo ambito che
ho avuto occasione di conoscerla
meglio e quindi i miei ricordi
si fanno emotivamente più vivi. Fu proprio lei che mi sollecitò ad entrare a far parte del
gruppo Amnesty di cui, nel novembre 1974, era stata una delle
fondatrici insieme ad altre donne delle comunità evangeliche
di Roma. Sotto la sua guida
ho fatto i primi passi in questa
attività per me nuova.
La rivedo seduta al suo posto
suonando e cantando alcuni nuovi inni. Di recente hanno pensato di far convenire le loro comunità liguri in un raduno a
Savona, usufruendo dei locali
della Chiesa metodista.
Il rispetto
reciproco
Tutto quanto esposto sopra è
avvenuto ed awiene nel massimo rispetto reciproco delle proprie autonomie e nell’intento della comunione fraterna e dell’annunzio dell’Evangelo di Gesù
Cristo. Non è stata fatta perciò
nessuna pressione presso le chiese evangeliche di Savona che
non ritengono di dover avere relazione con le altre chiese sorelle.
Tuttavia sono stati fatti presenti con una lettera circolare
i motivi evangelici che indicano
una necessità di correlazione e
comunicazione:
— la centralità di Gesù Cristo morto e risorto per la nostra salvezza (I Corinzi 2) di
fronte al dilagare, nella religiosità cristiana (anche nella provincia savonese), di proposte
mediatrici di tutti i generi, meno che, appunto, cristiane;
— la necessità di essere un
sol corpo ed una sola mente in
Cristo (I Corinzi 12), in modo
da presentarci ai nostri concittadini con un’unità di intenti e
di predicazione, che non sia solo di nome, ma visibile e riconoscibile da una società che invece si divide e fraziona sempre
di più dietro motivi corporativi
e di parte;
—■ il richiamo a non appropriarsi dell’Evangelo (I Corinzi
9) come cosa nostra, esclusiva,
di diritto, ma di servirlo mettendosi a disposizione di tutti
« pur essendo liberi da tutti »,
in un mondo che invece cerca
di appropriarsi delle parole dell’Evangelo ad uso proprio e distorto.
La Chiesa evangelica metodista di Savona ritiene che ogni
futura possibilità di incontro, relazione e dialogo con ciascuna
delle altre comunità evangeliche
della provincia sarà certamente
un dono del Signore.
intorno al tavolo nelle nostre
riunioni settimanali. Un po’ insofferente delle parole inutili,
cercava sempre di arrivare a
quello che considerava operativamente essenziale. Per oltre 13
anni si è occupata in modo narticolare delle violazioni dei diritti umani neH’America Centrale,
coordinando con scrupolosa precisione le azioni del gruppo per
questa martoriata area geografica.
Gabriella è stata sempre assidua alle riunioni fino al 28 ottobre scorso, quando mi disse
che sarebbe stata assente per
tre settimane. Non è più tornata
tra noi e il suo posto è restato vuoto. Tutti ne siamo molto
addolorati. Ma, sia pur nella tristezza del distacco, io penso che
il ricordo di Gabriella, tutto
quello che da lei abbiamo ricevuto continueranno a vivere dentro di noi come una ricchezza
che la morte non cancella.
Lidia Sommani Girardet
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La Chiesa valdese di S.
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6
6 prospettive bibliche
6 marzo 1992
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
LEGGERE GALATI i
Leggere col cervello (e non solo con gli
occhi o con le labbra) significa capire, o
almeno sforzarsi di capire, che cosa fautore volesse dire ai suoi lettori, di che
cosa volesse convincerli. Calati non è una
lettera scritta per adempiere una formalità
(come si scrivono tanti biglietti di auguri
natalizi) o per parlare del tempo che faceva: è una lettera scritta col cuore, a tratti
violenta (cfr. 1: 8-9; 3: 10; 5: 4, 12), oppure appassionata (cfr. 3; 1; 4: 13-15;
5; 1-2) e affettuosa (6: 11; 6: 18).
A chi scriveva Paolo questa lettera dallo
spessore umano così evidente? E soprattutto: perché scriveva così? Che tipo di ragionamento svolge coi suoi lettori? Quali
argomenti propone? E’ quel che ci proponiamo di vedere in tre o quattro articoli
biblici. E per cominciare, cercheremo di
rispondere alle prime due domande.
Per chi è
La lettera ai galati?
Abbiamo davanti a noi non uno scritto
sui cristiani di Calazia, ma uno scritto per
i cristiani di Calazia. Quindi Paolo, scrivendo, non ha bisogno di spiegare chi siano i galati e come li ha conosciuti o come
sono diventati cristiani. Tuttavia nella sua
lettera alcuni passi ci aiutano a intravvedere il volto dei lettori.
Intanto, all’inizio Paolo detta le parole
del saluto apostolico (1: 3) alle chiese della
Galazia (1: 2). Questo vuol dire che i cristiani di quella regione (al centro-nord dell’attuale Turchia) dovevano essere abbastanza numerosi, che erano forse sparsi in
molte località e che erano anche abbastanza
organizzati. Per i cristiani di Roma Paolo
non parla mai di « chiesa » o di « chiese »
romane, né all’inizio della lettera ai romani
né nei capitoli da 1 a 15 (solo in 16: 5
parla della « chiesa che si riunisce in casa
loro » — una comunità domestica? Ma
non è neanche sicuro che sia una comunità romana, perché sappiamo da Atti 18: 26
che Aquila e sua moglie stavano a Efeso).
Leggendo attentamente i sei capitoli della lettera si trovano almeno una quarantina di informazioni sui lettori, sul loro passato e sul loro presente. Non le esamineremo tutte, naturalmente, ma vogliamo ricordare le più significative.
I galati appartenevano al mondo del paganesimo (cfr. 4: 8: servivano quelli che
per natura non sono dèi). Poi Paolo si è
«affaticato» per loro (4: 11), evangelizzandoli in occasione di una malattia che
forse lo obbligò a fermarsi fra loro: essi lo
accolsero senza riserve, trattandolo « come un angelo di Dio, come Gesù Cristo
stesso » e con grande generosità (4: 13-15).
Paolo riassume il suo lavoro apostolico in
Galazia con i due verbi classici (usati anche in 1 Cor. 15: 1): « annunziare » e
« ricevere » l’Evangelo ( 1: 8-9), e in un
altro passo commenta: « Gesù Cristo è
stato ritratto al vivo » davanti ai loro occhi (3: 1). Così i galati hanno conosciuto
Dio, anzi sono stati conosciuti da lui (4: 9),
sono stati battezzati in Cristo (3; 27), hanno ricevuto lo Spirito Santo (3: 2 e 3: 31).
Paolo può perfino arrivare a dire che ormai, essendo di Cristo, sono — anche loro,
éx pagani! — « discendenza d’Àbramo »
(3: 29), «figli della promessa» come
Isacco (4: 28).
Da quel momento comincia la vita cristiana dei galati, che Paolo riassume con
un verbo molto espressivo: « Voi correvate bene » (5: 7). Una vita cristiana che però non dev’essere stata priva di difficoltà,
se in 3: 4 Paolo può dir loro: « Avete sofferto tante cose invano? ». In positivo rimane il fatto che Dio ha operato miracoli
in mezzo a loro (3: 5), che sono condotti
dallo Spirito (5: 18), che hanno conosciuto
la chiamata alla libertà (5: 13); insomma,
che sono « figli di Dio per la fede in Gesù
Cristo » (3: 26).
Sì, correvano bene — ma qualcuno li ha
« fermati » (5: 7). In un altro passo Paolo
arriva addirittura a parlare di stregoneria:
« Chi v’ha ammaliati? » (3: 1). In 5: 10
A partire da questo numero, il prof. Bruno Corsani ci guida nella
lettura ragionata della lettera di Paolo ai galati. Altre tre puntate seguiranno. Fra le lettere di Paolo, quella ai galati è sicuramente la più appassionata, quella in cui appare maggiormente l’umanità e la soggettività
dell’apostolo. Nello stesso tempo è quella che affronta alcuni capisaldi
della teologia paolina che poi verranno ripresi più sistematicamente in
altre lettere, soprattutto nella lettera ai romani; il tema della salvezza
per sola grazia mediante la fede (e non per le opere) e quello della piena libertà in Cristo (che non significa libertinismo e assenza di riferimenti etici). Tutta la lettera è scritta per cercare di convincere i galati (ex
pagani convertiti da Paolo) a non lasciarsi fuorviare dall’opera antievangelica di « missionari » che vorrebbero imporre loro il rito della circoncisione. Scopo della lettera pastorale di Paolo è di convincerli invece a perseverare nella verità dell’Evangelo e di « non passare a un altro evangelo ». (red.)
ne parla al singolare, come se si trattasse
di una persona sola: « Colui che vi turba
ne subirà la condanna, chiunque egli sia ».
Ma sono molto più numerosi i casi in cui
Paolo ne parla al plurale, come di un gruppo o di una corrente, p. es. in 6: 12 e 13:
« Tutti coloro che vogliono far bella figura nella carne vi costringono a farvi circoncidere... Vogliono che voi siate circoncisi per potersi vantare della vostra carne ».
Senza dubbio Paolo ha avuto notizia di
questa propaganda svolta in Galazia contro l’Evangelo da lui predicato, l’Evangelo della libertà e della salvezza per grazia. Perciò interviene con questa lettera
chiamandoli « figli miei, per i quali sono
di nuovo in doglie » — è un linguaggio
figurato, come se Paolo soffrisse le doglie del parto per generarli una seconda
volta alla fede perché la prima nascita alla fede ha fatto fallimento (4: 19) — ma
invece di continuare dicendo: finché siate
nati alla fede (oppure: nati in Cristo) continua « ...finché Cristo sia formato in voi »
(ivi). L’immagine dunque non prosegue
sulle linee delle doglie e del parto, ma si
riaffaccia l’immagine di 2: 20: « Non son
più io che vivo; è Cristo che vive in me ».
Questo è il traguardo del lavoro apostolico,
e se l’accenno alle doglie del parto poteva
suggerire l’idea della nuova nascita, Paolo
preferisce l’idea della sostituzione dell’«io»
dell’uomo con 1’« io » di Cristo (cfr. anche
Rom. 8: 10 e 2 Cor. 13: 5, «Cristo in
voi »). Paolo mette l’accento sulla presenza di Cristo nei credenti. Ma anche scegliendo questo pensiero piuttosto che quello della nuova nascita. Paolo non rinunzia
all’immagine delle doglie, perché essa suggerisce l’idea di una crisi dolorosa e violenta. Paolo ha già sofferto una volta le doglie per le comunità della Galazia, ma esse
devono ripetersi perché qualcuno li ha
« ammaliati » (3: 1), sedotti, ed essi devono essere portati una seconda volta a nascere come credenti autentici.
In questa situazione. Paolo menziona più
volte quale sia la tentazione in cui si vuol
far cadere i galati: « Vi costringono a farvi
circoncidere » (6: 12), « Vogliono che siate
circoncisi » (6: 13). Qui si parla delle persone menzionate nel preambolo della lettera: « Ci sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo » (2:
7). Contro queste persone Paolo pronunzia una durissima parola di maledizione:
« Se qualcuno vi annunzia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema! » (1: 9; cfr. 1: 8, quasi identico).
Ma i cristiani della Galazia rischiano di
cedere, anzi forse hanno già ceduto (« chi
v’ha ammaliati? », 3: 1) alla propaganda
antipaolina. Perciò Paolo dice loro: « Siete
insensati. Volete raggiungere la perfezione
con la carne» (3: 3). E li accusa: «Vi rivolgete di nuovo ai deboli e poveri elementi,
dei quali volete rendervi schiavi di nuovo »
(4: 9). « Vi rivolgete » corrisponde, in greco, al verbo usato di solito per descrivere
la conversione. I cristiani della Galazia
stanno facendo il cammino inverso, una
conversione alla rovescia — passando dall’Evangelo e dal servizio di Dio al culto e
al servizio di quegli ’’elementi del mondo”
che li tenevano in schiavitù (4: 3) quando
erano minorenni.
In alcuni versetti le accuse si fanno più
precise: « Voi che volete essere giustificati
dalla legge...» (5: 4), «Voi osservate giorni, mesi, stagioni, anni » (4: 10).
Ma più che accusare. Paolo si preoccupa
di esortare perché ciò non accada; o se anche è accaduto, i galati si ravvedano e
cambino strada: « State saldi! Non vi lasciate di nuovo porre sotto il giogo della
schiavitù» (5: 1); «Non vi ingannate:
non ci si può beffare di Dio! » (6: 7).
Chi seminava zizzanie
in Galazia?
C’è dunque stato qualcuno che ha « fermato » i galati nel loro cammino di fede,
nella loro vita cristiana — almeno come la
vede Paolo. Dai passi citati sembra che
Paolo li accusi di sovvertire l’Evangelo
(1: 7) e, in termini molto concreti, di costringere i galati a riconoscere l’importanza
della circoncisione e a praticarla (6: 12-13).
Chi erano queste persone?
E’ molto difficile rispondere a questa
domanda, per due ragioni: a) perché la lettera ai galati non ha uno scopo descrittivo,
ma uno scopo persuasivo. Paolo vuole convincerli a resistere, a rimanere fedeli all’Evangelo della salvezza per grazia. Quindi
non entra in particolari sulla propaganda
rivale; b) perché la lettera è scritta alle vittime degli avversari, e parla di costoro in
modo allusivo. I galati sanno benissimo di
chi e di che cosa si tratta! Se Paolo avesse scritto per altri sui fatti di Galazia (per
esempio, per i corinzi o per i fìlippesi) per
informarli di ciò che succedeva in Asia
Minore, sarebbe certamente stato più chiaro ed esplicito. Così noi restiamo all’oscuro di molte cose. Ci sono comunque alcuni
accenni utili, nella lettera, per capire ciò
che era successo in Galazia dopo la fortunata attività apostolica di Paolo.
Devono essere arrivati in Galazia dei
« missionari » di un’altra tendenza. Paolo
dice di loro: « Vogliono staccarvi da noi
affinché il vostro zelo si volga a loro » (4:
17). E più categoricamente: «Vi turbano
e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo »
(1: 7).
Cosa voleva dire, in pratica?
In 6: 12 e 13 troviamo queste due spiegazioni: « Tutti coloro che vogliono far
bella figura nella carne, vi costringono a
farvi circoncidere », e « Vogliono che siate circoncisi per potersi vantare della vostra carne ». Sembra dunque evidente che
il sovvertimento dell’Evangelo di cui Paolo
parla al principio della lettera (1: 7) sia
la propaganda a favore della circoncisione
obbligatoria. La circoncisione diventava il
simbolo e l’impegno dell’accettazione integrale della legge di Mosè (« Dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere,
che egli è obbligato a osservare tutta quanta la legge », 5: 3).
Al di là della circoncisione, c’era dunque
tutta una filosofia della salvezza: Paolo non
aveva nulla da obiettare alla circoncisione
di chi era nato e cresciuto nel giudaismo,
anche se passava alla fede in Cristo (cfr. 1
Cor. 7: 18-19: «Qualcuno è stato chiamato
essendo circonciso? Non faccia sparire la
propria circoncisione. Qualcuno è stato
chiamato essendo incirconciso? Non si faccia circoncidere. La circoncisione non conta
nulla, e l’incirconcisione non conta nulla;
ma l’osservanza del comandamento di Dio
è tutto »). Ma chi da pagano diventava cristiano non doveva essere sottoposto a quel
rito. I galati, che prima erano pagani, sono
considerati da Paolo « figli di Abramo » e
«figli della promessa, come Isacco» (3:
29; 4: 28); e questo perché sono stati « conosciuti da Dio » (4: 9) e hanno creduto in
lui.
Il timore di Paolo è che i missionari della circoncisione convincano i galati che la
salvezza non è per grazia, ma per opere. La
lettera ai galati è il momento culminante
del suo contrattacco: « Se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla » (5: 2).
« L’uomo non è giustificato in base alle opere della legge » (2: 16). « Se la giustificazione viene dalla legge. Cristo è morto invano » (2: 21). « Se l’eredità si ottenesse
in base alla legge, non sarebbe più in base
alla promessa » (3: 18). Ma « Cristo ci ha
riscattati dalla maledizione della legge »
(3: 13).
Sugli argomenti di Paolo ritorneremo nella lettura dell’epistola. Qui ci preme solo
constatare che cosa era successo in Galazia. E’ chiaro che dopo la predicazione
paolina della salvezza per grazia, altri erano andati a predicare la necessità delle osservanze legali come condizione indispensabile per ottenere la salvezza promessa al
popolo di Dio.
Che tipo di ragionamento
offre la lettera ai galati?
Per contrastare la propaganda dei suoi
« avversari » e per riconquistare i galati all’Evangelo della salvezza per grazia. Paolo
scrive la lettera che è poi entrata a far parte del Nuovo Testamento. Lo stile della
lettera, e il modo di ragionare di Paolo
mentre la scrive, dipendono dallo scopo che
egli si proponeva.
C’è chi considera Galati una lettera
apologetica, in cui Paolo esalta il suo apostolato contrapponendolo a quello dei predicatori della circoncisione. Per altri, Galati sarebbe una lettera polemica in cui Paolo
combatte le dottrine e la propaganda degli
avversari del « suo » Evangelo. Anche se
qua e là ci può essere qualcosa che corrisponde a queste definizioni. Paolo scrive la
lettera con uno scopo diverso.
Io penso che si debba prendere sul serio
il fatto che la lettera è indirizzata « alle
chiese della Galazia» (1: 2). Non è indirizzata ai propagandisti della circoncisione
né a terze persone. Dunque, se Paolo scrive
ai suoi convertiti, la lettera deve avere, e
ha, anzitutto uno scopo pastorale. Paolo
scrive ai galati per convincerli a non abbandonare l’Evangelo della salvezza per
grazia in Cristo Gesù.
Nell’arte oratoria antica (retorica) c’erano tre tipi o modelli di discorso: il discorso encomiastico o elogiativo (che serviva
soprattutto per fare le lodi di un personaggio, in occasione di una festa o di un banchetto in suo onore), il discorso giudiziario,
cioè l’arringa dell’avvocato (che serviva a
difendere un imputato davanti al tribunale), e il discorso persuasivo (detto anche
deliberativo o simbuleutico), che serviva a
convincere o a dissuadere. 11 più diffuso di
questi schemi era il secondo; Aristotele, Cicerone, Quintiliano scrissero dei trattati per
insegnare a costruire il discorso giudiziario.
E si capisce: era anche il più redditizio, e
molti giovani cercavano di imparare quell’arte per utilizzarla poi nella professione.
Per vedere in Galati un discorso giudiziario dovremmo immaginare una situazione
fittizia, in cui Paolo difende il suo Evangelo davanti ai galati o difende i galati davanti a una giuria immaginaria.
Mi sembra più logico e semplice prendere Galati come un discorso di persuasione
pastorale, rivolto direttamente ai cristiani
della Galazia per convincerli a perseverare
nella verità dell’Evangelo (2: 5 e 2: 14).
Vedremo come Paolo affronta questo compito e con quali argomenti cerca di persuadere i galati a non « passare a un altro
evangelo »(1: 6).
Bruno Corsani - 1 (segue)
7
6 marzo 1992
obiettivo aperto
ALLA CHIUSURA DELL’« ANNO INTERNAZIONALE»
Tibet; un mondo da non dimenticare
La vita, la società e l’eredità storica di una regione dalla cultura e dalle tradizioni antichissime - I rapporti
con la Cina e le attuali tensioni - Riuscirà l’opinione pubblica ad impedire l’estinzione di questo patrimonio?
Esìste una questione tibetana?
La risposta può essere affermativa, a condizione che nell’opinione pubblica se ne diffonda
la coscienza e l’ambito politico
la faccia propria. Appaiono così molto importanti le numerose
manifestazioni culturali organizzate in tutto il mondo, e nella
stessa Italia, in occasione di quello che è stato proclamato « Anno del Tibet » (10 marzo 1991-10
marzo 1992), ormai giunto al suo
scadere.
Sul Tibet e sulla cultura tibetana sono diffusi luoghi comuni
che vanno chiariti, per una corretta impostazione del problema.
Il più ovvio vuole che il Tibet
sia sinonimo di isolamento ge(>
grafico, e quindi umano e storico. E’ vero fino ad un certo punto: il sistema di altipiani tibetano è in realtà circondato dalle
enormi catene dell’Himalaya, del
Karakorum, del Kun lun; per
di più all’interno di questo immenso territorio esistono catene minori ed estese zone desertiche. E' altrettanto vero però
che questi ostacoli fisici non
hanno mai, nel passato, costituito una barriera invalicabile^ per
le popolazioni. Lungo i corsi dei
fiumi ed attraverso i passi inontani fin da epoche protostoriche
sono passati popoli, eserciti,
mercanti, yogi, monaci missionari, artisti.
Un laboratorio
storico vivente
Così, una delle caratteristiche
che colpisce chi si avvicini alla
cultura tibetana è il suo essere
un laboratorio storico vivente,
entro il quale si sono incontrate
culture anche molto distanti fra
loro. La vastità dell’area culturale tibetana, molto più ampia
della zona attualmente compresa
entro i confini politici della cosiddetta Regione autonoma del
Tibet, ha consentito che differenti e anche remoti apporti
convergessero in un'eredità storica originale. Infatti le popolazioni di ceppo linguistico tibetano sono insediate fra il
Karakorum — attuale Pakistan
nord-orientale — e le aree di
confine tra l’India nord-orientale e la Birmania, attraverso l’intero Himalaya, il Tibet ovviamente, il Nepal e il Bhutan. Comunità tibetane vivono anche
molto aH’interno della Cina
centro-occidentale.
In tempi antichi la presenza
tibetana fu ancora più estesa,
a seguito dell’espansione militare condotta fra il VII e il IX
secolo da una dinastia del Tibet
meridionale. Essa controllò direttamente le città stato poste
lungo la « via della seta »,
come Khotan, Kucha, Kashgar,
Dunhuang; si batté alla pari con
la dinastia cinese Tang, ne ocviupò per breve tempo la capitale Xian e ne ricavò considerazione ed importanti trattati diplomatici. Penetrò nella valle del
Nepal e si affacciò sulle pianure
dell’India.
A quel tempo i tibetani non
erano ancora convertiti al buddhismo: praticavano una religione fondata sul culto dei re divinizzati e su divinità naturali
locali. Tra i popoli confinanti,
oggetto' di attacchi ed intensi
traffici, il buddhismo era già invece stabilmente diffuso, fiorivano scuole e grandi istituzioni
monastiche. Fu per quella via
e a quell’epoca che cominciò la
penetrazione del dharma fra i
tibetani: non soltanto da sud,
dall’India ancora in gran parte
buddhista, ma soprattutto dall’Asia Centrale. Il buddhismo
fra non pochi contrasti divenne
religione di corte e di parte della nobiltà: arrivarono i primi
Gyantsé: in primo piano il Grande Stupa e sullo sfondo la rocca
dei principi (foto E. Orcorte, 1987).
Lhasa. Buddista tibetana in preghiera davanti al palazzo del
Dalai Lama, (foto E. Orcorte,
1987).
maestri. Verso la metà del IX
secolo il regno tibetano crollò
e la diffusione del buddhismo
rallentò: nella parte occidentale del paese si formò un nuovo
regno i cui re promossero e fecero iniziare da studiosi sia indiani sia indigeni il gigantesco
lavoro di traduzione dei testi
buddhisti sanscriti che durò fino al XIV secolo.
I tibetani ereditarono così
l’immenso retaggio del buddhismo indiano più tardo, nel frattempo scomparso dalla sua terra d’origine a causa delle invasioni islamiche che si abbattero
no sull’India nell’XI e XII secolo. Pandit e yogi si rifugiarono
nella « Terra delle nevi », e la
straordinaria vitalità tibetana
si convertì in una appassionata
devozione verso tutto ciò che
era buddhista e indiano. Con
inesauribile passione esegetica
e teologica fu riordinata, catalogata e canonizzata l’enorme produzione letteraria sacra; pittura, scultura e, come nel caso
dei grandi « stupa » ^ e di alcuni monasteri, l’architettura, furono veicoli e strumenti di devozione e meditazione.
Da questo periodo nello sviluppo e nell’evoluzione dell’arte figurativa tibetana si può apprezzare la grande varici à di contributi culturali, tecniche e stili:
Asia Centrale, Kashmir, India,
Nepal, Cina, e, come nei dipinti
murali del famoso monastero
di Alchi in Ladakh, influssi dell’arte persiana attraverso la mediazione centroasiatica.
All’interno di quella società
aristocratica e feudale si riprodussero e si costruirono grandi
monasteri, sul modello di quelli
indiani: fiorirono maestri e yogi,
si moltiplicarono le scuole e gli
ordini religiosi. La « medievalizzazione » — in termini occidentali — del paese impedì di' fatto
la rinascita di uno stato nazionale; ad intermittenza signorie
locali si imposero e si scontrarono fra loro alleandosi con gli
ordini religiosi.
Il Tibet e la sua
struttura sociale
La struttura sociale ed economica affermatasi in Tibet, e durata fino a tempi recentissimi,
è assimilabile a quella a noi nota dell’Occidente medievale. Al
vertice, un’aristocrazia agraria e
militare, in un complesso rapporto di coesistenza e interdipendenza con le alte gerarchie religiose dei vari ordini; queste ultime espressione spesso altissima di un sistema monastico reso ricco e prospero dalle donazioni e dalle esenzioni fiscali.
Alla base, contadini, nomadi, artigiani, floride comunità di mei'canti ed artisti, anche stranieri,
come i pittori e scultori nepalesi.
A dispetto delle severe condizioni climatiche, la relativa rarefazione della popolazione rispetto alle risorse agricolo-pastorali disponibili sembra aver assicurato ai tibetani un tenore di
vita mediamente migliore di
quello diffuso fra le genti di più
congestionate zone dell’Asia.
Collante ideologico di una
struttura sociale tutto sommato
stabile fu il buddhismo tantrico,
nella sua versione ed evoluzione
tibetana, teologicamente ed etica
mente abbastanza eclettico, per
quanto percorso da ininterrotto
fervore esegetico, da essere vissuto come patrimonio storico e
culturale nazionale da parte di
Un popolo che è riuscito solo
in parte a costituirsi in nazione.
La profonda adesione popolare
a questo modello culturale sincretistico, che ha felicemente
assorbito nel registro « alto »
della religione le più antiche credenze autoctone, serve anche a
spiegare l’orgoglio nazionale che
ha diviso e che oggi più che mai
oppone i tibetani alla Cina.
I primi rapporti di qualche
stabilità fra i potenti- ordini monastici tibetani e la corte di Pechino datano dall’epoca della
dinastia mongola Yuan (12071368). Raramente furono rapporti conflittuali; gli ordini si giovarono spesso dell’appoggio dei
signori mongoli contro i nemici
interni. Questa situazione durò
anche dopo che, fra la metà del
XVI e del XVII secolo, l’ordine
Ghelùgpa, col V Dalai Lama,
ebbe il sopravvento sugli altri
potentati laici e religiosi ed unificò di fatto il paese.
Il nuovo potere
dei cinesi
II gioco continuò, tra alti e
bassi, con le dinastie che si succedettero sul « Trono del Cielo ».
Non mancarono periodi di indipendenza, per lo più dovuti alla
lontananza del potere imperiale
(fino alla metà del XX secolo il
viaggio fra Lhasa e Pechino durava alcuni mesi) ed alle sue ricorrenti crisi che ad una reale
volontà politica da parte tibetana.
Tutto ciò durò fino alla comparsa sulla scena cinese, negli
anni Cinquanta, di un nuovo potere che non avrebbe fatto a
metà con nessuno. E come ogni
nuova dinastia cinese rifondava
e ridefiniva il cosmo stesso, così il nuovo potere sconvolse la
società tibetana e minacciò resistenza delle sue stesse basi culturali. Dopo incerti approcci lo
scontro fu durissimo, e perdente
per i tibetani. A migliaia andarono in esilio, e la resistenza fu
soffocata nel sangue. Dal 1967,
dieci anni di rivoluzione culturale rischiarono di diventare la
« soluzione finale » per il popolo tibetano. I danni inflitti al
patrimonio artistico e culturale
furono enormi.
Metodi autoritari
e violenti
A un breve periodo di apertura è seguita l'attuale fase di
incertezza e relativa chiusura.
All’ascesa a Pechino di un gruppo dirigente che non esita ad
usare metodi autoritari estremamente violenti per controllare
un cambiamento economico di
proporzioni continentali, è corrisposta purtroppo la scomparsa
di un grande mediatore come
l’ultimo Panchen Lama. Sul XIV
Dalai Lama, guida spirituale della grande maggioranza della pc>
polazione tibetana e guida politica dell’emigrazione, pesa il compito di riuscire a portare l’evoluzione politica del suo popolo
e del suo paese verso esiti che
non siano distruttivi. Né è da
ignorare che nel corso dell’ultimo quarantennio di presenza cinese in Tibet le condizioni sociali ed economiche della regione
e perfino la composizione etnica
sono profondamente cambiate.
Al persistere di ampie sacche di
popolazione che se^ono stili di
vita tradizionali si affiancano
nuove fasce di società che non
si identificano più con l’antico
modo di pensare. Anche senza
voler evocare i consistenti interessi strategici cinesi in una zona
di confine « caldo » come il
Tibet, è con tutti questi pesanti
problemi che dovranno misurarsi sia la leadership tibetana dell’esilio sia la controparte cinese,
nonché un’auspicabile terza forza tibetana « riformista » deH’interno.
All’opinione pubblica mondiale spetta il compito di non dimenticare, e di impedire che una
cultura che è patrimonio del
mondo intero si estingua.
Claudio Biancani
^ in origine i'urna a cui vennero affidate ceneri e reliquie del Buddha e
di altri grandi maestri, Io « stupa »
crebbe fino a diventare un monumento maestoso, come quello di Gyantsé,
costituito da settantacinque cappelle e
templi distribuiti su otto piani, interamente decorati con sculture e pitture fra il 1427 ed il 1439.
Contadine tibetane fotografate a Kanzé (Tibet orientale).
8
8
ecumenismo
6 marzo 1992
BERLINO: ASSEMBLEA EUROPEA
Nuove sfide per il MIR
Il Movimento internazionale per la riconciliazione ha svolto la sua
assemblea sul tema della nonviolenza attiva in un’Europa che cambia
Echi dal mondo
cristiano
Il treno arriva puntuale a Berlino alle 18,20. Là incontriamo
altri amici e tutti insieme prendiamo la metropolitana che ci
porta in breve tempo al centro
parrocchiale della chiesa Berlino
Dahlem, dove è stato pastore
Martin Niemòller. Più della metà dei partecipanti è già arrivata aH’Assemblea europea del MIR
(Movimento internazionale della
riconciliazione). Dopo la cena, ci
presentiamo. Che gioia rivedere
amiche e amici con i quali si è
collaborato per la pace in varie
occasioni.
Ecco Richard Deats, pastore
metodista del MIR degli USA, al
quale ho telefonato più volte prima e durante la guerra del Golfo. Volontari europei (anzitutto
italiani) e statunitensi avevano
coliaborato nei campi per la pace a Baghdad e al fronte.
Ecco Nya Rhosier, responsabile del MIR del Galles, con la quale avevo diviso la stanza durante il Consiglio mondiale del MIR
ad Assisi, nel caldo agosto 1988.
Ecco Sandor, romeno, che ha
dovuto lottare per mesi per ottenere il visto.
Ecco Rosa, la giovane che tiene le file di tutto, volontaria nera della Chiesa dei confratelli
(Bretbren) degli USA.
Alla fine andiamo tutti nei vari alloggi offerti dai credenti berlinesi di varie confessioni. Con
Magda, olandese, che dirige un
centro internazionale di addestramento alla nonviolenza. Diana
Francis, quacohera inglese, presidente internazionale del MIR, e
Irina, giovane insegnante di Leningrado (scusate. San Pietroburgo!), prendo l’autobus verso il
centro. Siamo ospiti della parrocchia evangelica della Trinità dove ci aspetta Betty, altra volontaria della Chiesa dei confratelli.
Il giorno seguente continua il
lavoro dei gruppi, iniziato già la
sera prima, nei quali ogni sezione nazionale presenta il suo lavoro, le sue difficoltà, le sue speranze.
Il ricordo
di Niemòller
'Dopo le conferenze pomeridiane di Oraziana, del centro di azione nonviolenta di Vilnius, e di
altri due esperti, ci dividiamo in
altri gruppi. Scelgo quello su
« economia e giustizia » che si
riunisce nella vicina « Casa Martin Niemòller », dove egli abitò.
Sono un po’ emozionata entrando nell’edificio, penso all’influenza determinante di Martin Niemoller sulla mia conversione a
Cristo. Lo rivedo pallido, col viso macerato dai lunghi anni di
campi di concentramento. Tenne
il suo primo sermone dopo la
guerra nella grande cattedrale di
Zurigo (Fraumùnsterkirche) e mi
fece un’impressione che dura ancora oggi. 24 anni dopo, eravamo diventati amici e collaboravamo organizzando una preghiera ecumenica per credenti e non
credenti durante la conferenza
dell’IRG (Intemazionale dei resistenti alla guerra) nel collegio
quacchero di Haversford, in Pennsylvania. Egli era attivo in quel
movimento perché, mi disse,
« voi del MIR credete già in Gesù Cristo, devo testimoniarlo in
mezzo a quelli che ancora non
lo conoscono ».
Il gruppo su « economia e giustizia » è molto numeroso. Ci dividiamo in due sottogruppi. Il
lavoro è grande perché l’economia è il perno sul quale si basa
la povertà, la miseria, la distruzione di milioni di sorelle e fratelli del Terzo Mondo, e la ric
chezza sfrenata di altri fratelli
e sorelle del « nostro mondo ».
Ogni giorno iniziamo i lavori
con una preghiera molto « ecumenica » nella quale il silenzio,
il canto, i contributi spontanei,
il movimento del corpo hanno
il loro posto. Sono momenti gioiosi ohe ci danno forza per le
tante, ore di lavoro durante la
giornata.
A disposizione
delle chiese
Oggi ci sono ancora altri gmppi. Scelgo quello sul lavoro nelle chiese. Mi raggitmgono finalmente Etta Ragusa, da Grottaglie, e Beppe Marasso, da Ivrea,
che erano rimasti bloccati all’aeroporto di Milano a causa del
maltempo. Anche in questo gruppo si fa un grande cartellone
per l’assemblea: « Il MIR si metta a disposizione delle chiese e
comunità per dei seminari sulla
risoluzione dei conflitti », « continui la partecipazione a Kairòs
Europa », « lavori con continuità
al processo "giustizia, pace e salvaguardia del creato”, per arrivare alla seconda assemblea di
Basilea », « lavori per i servizi
"Shalom” che sono già stati raccomandati dalle assemblee di Basilea e di Seoul » (si tratta di ministeri per la giustizia, pace e
salvaguardia del creato, sostenuti dalle diverse chiese) ecc...
A pranzo, ho la gradita sorpresa di incontrare Theodor Ebert,
che insegna la nonviolenza all’Università libera di Berlino. E’
uno dei maggiori scienziati nel
campo della nonviolenza. Mi promette la collaborazione per la nascente enciclopedia della nonviolenza, che si cercherà di pubblicare in varie lingue.
Dopo cena molti approfondiscono il dialogo con i russi, i lituani, i polacchi, i romeni, i cit
tadini dell’ex RDT che hanno
partecipato alla liberazione nonviolenta dalle rispettive dittature
e dal colpo di stato nell’URSS.
Stanno estendendo la loro rete
di contatti, stanno nascendo sempre più gruppi nonviolenti. Oltre
al gruppo su « economia e giustizia », c’è quello su « militarismo e sicurezza in Europa dopo
la guerra fredda » e un altro su
« identità e nazionalismo ». Verranno pubblicati i vari documenti.
Impossibile rendere conto della ricchezza e creatività dei molti interventi. Quello che niù mi
ha impressionata è la grande speranza e gioia, la riconferma di
essere in molti a lavorare con la
nonviolenza per la soluzione dei
problemi enormi del nostro tempo. Questa gioia, questa speranza l’ho sentita anche nel culto di
chiusura, molto partecipato, presieduto da Richard Deats.
Hedí Vaccaro
TORINO
Alcuni concreti
passi avanti
Settimana per l’unità: quest’anno abbiamo
potuto verificare alcune significative novità
La settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani, edizione
1992, ha segnalato alcune particolarità che vale la péna di sottolineare al fine di registrare, in
una situazione alquanto generalizzata e sconfortante di indifferenza, di incomprensione e a
volte di ostilità verso i problemi dell’ecumenismo, alcuni passi avanti, piccoli ma concreti.
Per la prima volta il programma della SPUC (così sintetizziamo a Torino il nome della « settimana ») era presentato con la
firma sia del presidente della
Commissione diocesana per l’ecumenismo e il dialogo, sia del
presidente della recentemente
costituita Commissione evangelica per l’ecumenismo (a cui partecipano battisti e valdesi). Quindi non più una chiesa che organizza e invita l’altra, ma le due
chiese che insieme costruiscono
il programma.
Un secondo elemento importante è costituito dal fatto che
la SPUC a Torino non è più momento isolato, indice di un ecumenismo formale di precetto di
cui ci si ricorda una volta all’anno, ma un’iniziativa che si inserisce, come elemento centrale,
in una serie di programmi di
incontro, lavoro e riflessione comune : il SAE, con i suoi incontri
mensili di quest’anno sul tema
ecumenismo e identità confessionale: il gruppo coppie interconfessionali, impegnato sui temi
della catechesi ecumenica; il
gruppo ecumenico teologico con
riflessioni sui problemi di fondo
(la mariologia, il sacramento del
matrimonio, ecc.). A questi grup
pi possiamo aggiungere l’attività
di « Beati costruttori di pace »,
l’impegno verso i migranti e, perché no, la corale evangelica a
larga partecipazione interconfessionale '. Inoltre le due commissioni ecumeniche hanno incontri
regolari per svolgere il loro compito di promozione, di confronto, di stimolo e, se necessario,
di coordinamento.
Una prospettiva emersa in uno
degli incontri della SPUC è stata la sfida, lanciata alle tre chiese rappresentate, di sviluppare
una predicazione che sia ortodossa per il suo legame alla più
autentica tradizione cristiana,
evangelica per il suo radicamento nell’Evangelo di Cristo, cattolica per il suo carattere di
apertura a tutti gli uomini. I termini che oggi definiscono realtà ecclesiastiche diverse e storicamente inconciliabili possano
diventare domani le caratteristiche di una testimonianza comune che, nel rispetto della diversità e della particolarità di ciascuno, possa essere proclamazione dello stesso Cristo a cui tutti ci richiamiamo come capo indiscusso della chiesa e che tutti
riconosciamo come il Salvatore
del mondo.
Alberto Taccia
' A questo si aggiunga l'attività di
un gruppo informale (detto ET, ecumenismo torinese) che da anni organizza tre appuntamenti comuni: la settimana ecumenica per la pace, l'incontro conclusivo della SPUC nel tempio valdese e un incontro ecumenico
a Pentecoste.
E’ nato un centro
per le donne
CAMERUN — Su iniziativa
di « Donne per Cristo », organizzazione della Chiesa evangelica
luterana del Camerún, un centro per le donne è stato costruito a Ngaoundéré. La costruzione è stata finanziata da un partito politico norvegese. Il centro
verrà utilizzato per gli incontri
delle donne, per le prove delle
corali, per corsi di formazione
nel campo della cucina, del cucito e della letteratura.
Scopo di questo nuovo centro
è di contribuire allo sviluppo
spirituale, morale e fisico delle
donne. L’organizzazione « Donne
per Cristo », creata nel 1975, conta attualmente oltre 12.000 mèmbri.
(BIP/LWÍ)
Per il ripristino
della democrazia
RUANDA — I dirigenti della
Chiesa cattolica, delle chiese protestanti e degli avventisti del
Ruanda hanno firmato, in occasione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, una
dichiarazione comune per chiedere la pace e il ripristino della democrazia.
Secondo l’agenzia di stampa
cattolica APIC, le chiese hanno
inoltre deciso di collaborare per
realizzare insieme una traduzione dell’intera Bibbia in kinyarwanda, la lingua locale.
I dirigenti delle chiese si rivolgono alle autorità e ai partiti politici affinché cessi la guerra che sta imperversando nel
paese fin dall’ottobre 1990 e perché venga data una soluzione ai
problemi dei profughi. Essi chiedono che il Ruanda torni ad una
democrazia « che rispetti la legge, protegga gli interessi del paese e degli individui, rispetti i diritti dell’uomo », democrazia che
può risultare solo « da elezioni
libere e giuste ».
Infine, la dichiarazione raccomanda ai cittadini del Ruanda
di « sradicare in essi l’etnismo e
il regionalismo, fonte di odio, di
divisione e di guerra ».
(BIP/SOEPI/APIC)
Per i profughi
negli Stati Uniti
HAITI — La Federazione luterana mondiale si è unita a numerose altre organizzazioni per
lanciare un appello al presidente Bush, chiedendogli di non
rimpatriare con la forza gli
haitiani che cercano asilo negli
Stati Uniti. Essa ritiene che ciò
sarebbe una violazione del diritto internazionale secondo il quale non si respingono « le persone che chiedono asilo in situazioni di terrore o di persecuzione ». Il segretario generale, Gimnar Staalsett, ha ricordato che
questo era stato l’atteggiamento
degli Stati Uniti nei confronti
dei boat-people vietnamiti.
I Centinaia di haitiani, in fuga
dal paese dopo il colpo di stato
che ha cacciato il presidente Aristide, sono già stati respinti e
rimpatriati con la forza.
(BIP/LWI)
Stranieri: campagna
di mobilitazione
PARIGI — Il presidente della
Federazione protestante di Francia, pastore Jacques Stewart, ha
scritto una lettera ai responsabili delle chiese e delle istituzioni chiedendo loro dì « incitare le
loro istanze locali e regionali a
intervenire presso le autorità
pubbliche ogniqualvolta l’esercizio del diritto di asilo e l’acco
glienza dei profughi siano minacciati o applicati in modo troppo
restrittivo ».
La lettera fa seguito alla richiesta del Consiglio della Federazione, riunito a Parigi l’I e 2
febbraio per esaminare i 13 ordini del giorno votati dall’Assemblea generale di Lille nel novembre scorso. Il Consiglio ha preso anche conoscenza del progetto « Accogliere lo straniero », presentato da Geneviève Jacques,
segretaria generale della Cimade,
relativo ad una grande campagna di mobilitazione dell’opinione pubblica su questo tema.
« L’arrivo e la presenza permanente sul suolo nazionale di una
importante popolazione straniera non sono un fenomeno del
tutto nuovo — precisa l’appello
lanciato dalla Cimade — se non
per l’inasprimento delle reazioni
di xenofobia che essi provocano
attualmente », reazioni alimentate da gruppi nazionalistici che
hanno « soprattutto strumentalizzato, in modo demagogico, i
sentimenti di espropriazione e dì
insicurezza ». E’ inoltre « chiaro
che tutta l’Europa occidentale
deve e dovrà inevitabilmente far
fronte ad un’immigrazione proveniente soprattutto dal Sud, ma
anche dall’Est. Le spiegazioni demografiche, economiche o politiche che vengono date non cambiano nulla a questa realtà ineluttabile. Si può tentare di regolarizzarla, di gestirla, ma non ci
si può opporre».
« Il tema scelto, ’’Accogliere lo
straniero”, in forma affermativa,
vuole mettere l’accento su una
convinzione il cui carattere polemico non sfuggirà a nessuno
— precisa la Cimade —. Coloro
che propongono il tema cercano
di dare una risposta positiva alle domande che esso pone, ma
essi non hanno un programma
preconfezionato né soluzioni già
pronte. Ciò dev’essere chiaro in
partenza, malgrado la difficoltà
(non piccola) di esprimere che
si vuol fare intendere una parola che impegna, e non costituire
una specie di partito ».
(SOEPI)
Il Pacifico
nuclearizzato
GINEVRA — La Conferenza
delle chiese del Pacifico (CEP)
ha inviato una lettera ai responsabili delle chiese europee, ai
Consigh, Conferenze e altre organizzazioni di chiese in Europa
per sollevare ancora ima volta il
problema delTutilizzo del Pacifico per il deposito di scorie tossiche e per i programmi di sperimentazione nucleare.
La lettera ricorda le decisioni
prese dall’Assemblea della CEP
nel settembre ’91, che chiedeva
che la questione dell’ambiente e
della gestione dell’eredità del Pacifico abbia la precedenza nell’ordine del giorno del segretariato « Giustizia, pace e sviluppo ».
(SOEPI)
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9
6 marzo 1992
valli valdesi
PINEROLO: SI DISCUTE DI OBIEZIONE DI COSCIENZA
Tempi
passati?
Scorrendo i dati regionali dei
rapporti sanitari dell'anno 1989
balza subito agli occhi un dato
relativo all’USSL 42 che fa senz’altro riflettere.
Il dato si riferisce all’interruzione volontaria della gravidanza (IVG): nell’89, nell’USSL 42,
su 1.000 nati vivi ci sono state
476 IVG: il dato più alto di tutta
la regione Piemonte. Altri dati
però sono più incoraggianti: riguardo al totale regionale, ad
esempio, non sono stati registrati casi di IVG nella fascia di
età 15-18 anni, mentre il numero delle gravidanze al di sotto
dei 18 anni è inferiore alla media regionale. Le donne che si
rivolgono al consultorio sono
però una percentuale molto bassa, sembra che si preferisca rivolgersi ai medici privati.
Questo dato potrebbe significare una sfiducia delle donne
verso la struttura pubblica, in
effetti, parlando con le responsabili del consultorio, sono
emersi alcuni problemi contingenti derivanti, pare, da leggi
regionali che regolano le assunzioni dei medici specialisti. _
Questo provoca un continuo
cambiamento, soprattutto nei
medici all’interno del consultorio, che non favorisce certo quel
clima di fiducia e continuità che
dovrebbe esserci fra medico e
paziente.
Spesso poi le proposte che
provengono da ostetriche, infermiere, assistenti, sono accolte
con indifferenza anche dalle
utenti.
Sono loritani i tempi delle con.sulte femminili e della partecipazione di base delle donne all’organizzazione e gestione dei consultori. Nostalgia dei tempi passati, si potrà dire, ma chi lavora all’interno delle- strutture lamenta questo distacco e la sensazione di non incidere è forte.
Eppure il consultorio dell’USSL 42 ha dei progetti che
stanno per decollare o che sono
già in fase di attuazione: interventi con i ragazzi della terza
media sull’educazione sessuale,
incontri con le donne in gravidanza, preparazione di « training
al parto ».
Si è deciso di puntare soprattutto sull’educazione sessuale
dei giovanissimi: si ha l’impressione che gli adolescenti a cui
ci Si rivolge sappiano molto,
ma in modo a volte confuso e
che molte inf orinazioni siano
superficiali, se non addirittura
scorrette.
Un punto delicato è senz'altro
il tema dei rapporti sessuali tra
giovanissimi (14-15 anni). Molte
quattordicenni, da sole o accompagnate da amiche o dalla madre, si rivolgono al consultorio
per la prescrizione della pillola
anticoncezionale. E’ il risultato
di una educazione sessuale corretta oppure è il sintomo di una
concezione sbagliata che hanno
i giovanissimi circa la loro sessualità?
Gli operatori del consultorio
non sanno dare una risposta, ma
la pillola la prescrivono comun
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10066 TORRE PELLICE (To)
Una legge travagliata
La scelta del servizio civile non può essere subordinata al giudizio di una commissione - La presenza degli obiettori nel Pinerolese
La nuova legge sull’obiezione
di coscienza, dopo il rinvio al
Parlamento da parte del presidente Cossiga, è tornata alle luci della ribalta. Ne hanno parlato a Pinerolo, martedì 25 febbraio, i responsabili locali della
GIOC e dell’ARCI, Bruno Marabotto e Angelo Merletti, e il
capogruppo del PDS alla Camera, Luciano Violante.
Una legge travagliata. Già nella scorsa legislatura venne approvata da un ramo del Parlamento, ma non fece in tempo a
superare l’esame dell’altra Camera. Questa volta, dopo altri 5
anni di gestazione, era stata approvata con il solo voto contrario di missini e repubblicani. Ma
Cossiga si è opposto, rinviandola al Parlamento (a suo dire questo è delegittimato e quindi dovrebbe essere il prossimo a riesaminarla) con un lungo documento in cui critica la sostanza
stessa della legge.
La questione di fondo è questa: la nuova legge dice che il
dovere di difendere la patria si
può attuare in due modi, con il
servizio militare o con il servizio civile. L’obiezione di coscienza diviene un diritto soggettivo
non più sottoposto al giudizio di
una commissione (come invece
previsto con la legge 772 del
1972). Il dibattito tra le forze politiche e le gerarchie militari,
che è alla, base dell’intervento di
Cossiga, nasce di qui. E bisogna
ricordare che accanto alla legge
sull’obiezione di coscienza il Parlamento ha iniziato la discussione sul nuovo modello di difesa
e sull’organizzazione delle forze
armate, in cui tra l’altro si deve decidere tra esercito di leva
o di professione, nonché di una
drastica riduzione del numero
dei militari (da dove cominciare?). Alcuni dati per inquadrare
il problema: nel 1991 sono state
presentate 18.254 domande di
obiezione, rispetto a 213.000 militari di leva e a 102.000 militari
in servizio permanente effettivo.
In questo fermento, una legge
che assicura il diritto soggettivo
all’obiezione di coscienza e sgancia la gestione del servizio civile
dal controllo del ministero della
Difesa ha allarmato una parte
del mondo politico e militare ;
Cossiga si è fatto portavoce di
questo malumore.
Durante la serata a Pinerolo
si è parlato anche dei problemi
che esistono nel mondo dell’obiezione in conseguenza sia della
crescita del numero degli obiettori sia dell’atteggiamento degli
enti, poco interessati ad un servizio civile più motivato.
Adesso bisogna attendere le modifiche che verranno apportate
al testo per rispondere alle «obiezioni» di Cossiga. Violante ha
anticipato alcune variazioni concordate in commissione alla Camera, ma il successivo rendezvous tra Forlani e Craxi (ma e
la sovranità del Parlamento?)
ha di nuovo cambiato le carte in
tavola. Resta la certezza che il
presidente della Repubblica deve promulgare la legge se votata
una seconda volta dal Parlamento. Dopo si tratterà di applicarla, e sarà un impegno serio an
TORRE PELLICE
L’acquedotto
all’Inverso Roland!
Su lutto il territorio comunale di Torre Pellice una sola zona,
densamente popolata, è ancora
priva di acquedotto comunale:
l’Inverso Roland!; per secoli le
molte fontane della zona sono
state sufficienti al fabbisogno
di acqua delle famiglie residenti;
poi, due anni fa, complice la
grave siccità, vi furono diverse
famiglie che si trovarono coi rubinetti a secco. Lo stesso abbandono progressivo delle fasce più
alte di territorio ha di fatto contribuito ad una minor attenzione alle fonti: intervennero le
autobotti, ma nacque così l’esigenza di estendere al di là del
Pellice la rete dell'acquedotto.
Il progetto ha fatto il suo iter,
si sono valutate le ipotesi di
intervento e individuati i canali
di finanziamento; dopo un confronto con la popolazione, avvenuto pochi giorni or sono, il Consiglio comunale ha deliberato
venerdì scorso 28 febbraio il piano di finanziamento e la richiesta di mutui a carico dello stato
da suddividersi su tre anni.
Con questo primo intervento — l’inizio dei lavori non avverrà prima della primavera
'93 — oltre all’estensione della
rete idrica, verranno costruiti un
impianto. di rilancio ed un serbatoio ad una quota tale da
garantire a tutti i residenti la
possibilità di allacciamento; il
costo del primo lotto non sarà
lontano dai 300 milioni.
Dopo aver illustrato questo
intervento il sindaco, Armand
Hugon, ha motivato la successiva proposta di aumentare l’Iciap
del 10% con « pressanti esigenze di bilancio e col fatto che.
distribuito su due anni, questo
aggiornamento corrisponde in
pratica al dato deU’inflazione.
Del resto anche su questo problema abbiamo avuto un preventivo incontro con l’associazione
dei commercianti, che ci ha
espresso la sua comprensione ».
Duramente contrario il capogruppo della minoranza, Hertel,
che ha ribadito la convinzione
che una tassa che si basi più
sulla superficie utilizzata dalle
attività produttive che sul reddito sia da considerarsi anticostituzionale.
Sostanziale accordo invece fra
le componenti del Consiglio su
altri punti in discussione; lavori
di miglioria alTimpianto di depurazione comunale e concessione di deroghe urbanistiche in relazione al progetto di ampliamento delTOspedale valdese, il
cui primo lotto di lavori ha già
avuto il finanziamento. Questo
aumento di volume e di attività
dell’ospedale provocherà una ulteriore « fame » di parcheggi nella zona ed il Comune sta valutando le possibili soluzioni.
All’unanimità sono stati ridotti i periodi di concessione degli
spazi cimiteriali (loculi, celle ossario, tombe individuali) ed a
maggioranza aumentate anche le
tariffe.
Spazio infine alle interrogazioni della Lega Nord, su bambini
immigrati che, malgrado le diffide, continuano ad offrire la loro merce per le vie del paese
invece di frequentare le scuole
a cui pure sono iscritti e sull’ordine pubblico.
O. N.
che per gli enti, a partire dagli
istituti e opere della chiesa. In
particolare si dovrà discutere di
ambiti di impiego degli obiettori e di come gestire i tre mesi
di formazione. Avremo modo di
parlarne in seguito.
Alcuni dati
La mappa dell’obiezione di coscienza a Pinerolo e valli è ricca
di storie e personaggi; non soltanto le chiese (la Tavola valdese per le opere assistenziali e i
centri culturali, la Caritas per
parte cattolica) ma anche enti
locali (le due Comunità montane-USSL, il Comune di Pinerolo) o organismi diversi come
TARCI, la CISL, il WWF a Pinerolo o la CRI a Torre Pellice
hanno nel tempo stipulato convenzioni col ministero della Difesa. In maggioranza, almeno per
gli enti pubblici, gli obiettori vengono impiegati nei settori socioassistenziali. Anche in alcuni altri Comuni se ne è parlato senza poi arrivare ad atti concreti.
Oggi nel Pinerolese c’è, in base alle convenzioni, la possibilità
di inserire 65 obiettori (17 nelle
opere valdesi); attualmente sono 34 gli obiettori in servizio,
dunque poco più della metà, di
cui 10 in opere valdesi.
Si svolgono periodici incontri
fra gli obiettori della zona e ciò
avviene in modo specifico fra
quanti prestano il loro servizio
in strutture della nostra chiesa;
la Conferenza distrettuale dello
scorso anno decise di sostenere
ed incentivare tali scelte fra i
giovani; in questo senso si stanno organizzando incontri nelle
scuole e nei gruppi giovanili.
Fra le iniziative condotte dagli obiettori è di questi giorni la
presentazione della campagna
per la non rielezione dei parlamentari che hanno votato la partecipazione italiana alla guerra
del Golfo di un anno fa.
Recentemente il PDS di Pinerolo aveva proposto al Consiglio
comunale di adottare una mozione a sostegno della legge sull’obiezione; durante il Consiglio
del 28 febbraio tale mozione è
però stata bocciata dai voti della maggioranza e della Lega
Nord.
A cura di Silvio Vola
e Piervaldo Rostan
Centro
culturale
valdese
Notizie
■lE’ in fase di allestimento la
mostra dedicata all’uso delTacdìiia, Tilluminazione ed il riscaldamento nella storia delle Valli.
mostra sarà inaugurata a metà luglio. Per un’adeguata ricostruzione degli ambienti ed una
rjcca esposizione di materiale
facciamo appello alla collabora:^one di tutti. Chiunque disponga di oggetti, documenti, fotografie che in qualsiasi modo si
Riferiscano a questi temi è invitato a mettersi in contatto con
fi. Centro per un eventuale prestito di questo materiale.
• Il Centro culturale organiz|à altresì una serie di « Incontri
con... », il primo dei quali si svolgerà a Torre Pellice, presso la
■Riiblioteca della Casa valdese, sabato 14 marzo alle ore 17, quando. Massimo Salvadori parlerà
feul tema: «Autonomia: perché,
quando e come attuarla».
Candidature
TORINO — Saranno 19 le liste di candidati alla Camera nella circoscrizione Torino-NovaraVercelli e 17 i simboli dei collegi senatoriali del Piemonte; questo il dato finale dopo la scadenza dei termini per la presentazione di simboli e liste.
Il 5 e 6 aprile gli elettori piemontesi potranno scegliere fra
PDS, Lega casalinghe e pensionati, PRI, Federalismo pensionati-Union Valdòtaine, PSI, Lega
alpina Piemont, Rifondazione comumsta. Rete, Verdi-sole che ride, Lista referendaria, MSI, Lega Nord, DC, Partito pensionati, Verdi verdi, PSDI, Piemont
libero. Lista Pannella.
Le liste Rinnovamento e Verdi
di centro, accolte in un primo
momento, sono risultate alla verifica prive delle necessarie firme di sostegno e dunque respinte ; c’è ancora spazio per i ricorsi.
Pochi anche i candidati noti
provenienti dal Fbnerolese: alla
Camera Marco Bellion (PDS),
Fausto Blandotto (Lega alpina
Piemont), Giorgio Canal, Francesco Fratta e Franco Algostino
(Rete), Erica Malan (Verdi-sole
che ride), Giorgio Mathieu e Cristina Rostan (PLI), Dario Boceo e Domenico Collino (Lega
Nord), Attilio Sibille (Lista Pannella); al Senato (collegio di Pinerolo) sarà presente, nelle liste
MSI, Carmine Manganiello, mentre Rinaldo Bontempi (PDS) sarà candidato sia alla Camera che
al Senato.
Conoscere l’AlDO
SAN GERMANO CHISONE
— Un invito a conoscere TAIDO
(Associazione italiana donatori
di organi), i suoi scopi e la sua
attività viene rivolto dall’Unione femminile della Chiesa valdese. In un incontro aperto a tutta la popolazione, mercoledì 11
marzo, con inizio alle ore 15, interverranno i rappresentanti della sezione di Villar Perosa unitamente ai dott. Amasio (oculista) e Bruno (nefrólogo). L’incontro si terrà presso la sala
delle vecchie scuole.
Nuovo direttivo
PRAROSTINO — La Pro Loco vanta una lunga tradizione:
esiste e lavora, infatti, da oltre
16 anni. Anche se ha incontrato
momenti di crisi, che ne hanno
messo più volte in forse la sopravvivenza, è riuscita nel corso
degli anni a rinnovarsi e ad offrire momenti di svago e di intrattenimento, curando per conto delTamministrazione comunale manifestazioni come la festa
degli anziani, la festa dei ragazzi ecc... Attualmente si è rinnovata anche nel direttivo; il 14
febbraio il consiglio eletto dall’assemblea dei tesserati Pro Loco si è riunito ed ha nominato
la nuova presidenza: Marco Paschetto, pres,idente tuttofare per
tutti questi anni di vita della Pro
Loco, aveva già manifestato l’intenzione di non accettare la ricandidatura a presidente; si è
giunti così alla nomina del nugvo presidente, Tullio Long, chie
sarà affiancato oltre che dal vicepresidente Miarco Paschettó,
ancora disposto la lavorare, dalla
segretaria R,oberta Bouchard,
dal cassiere pRàncesco Vignolo,
e da tutto il consiglio direttivo.
Infatti, in base ad una acéuratà
suddivisione, ciascun componente avrà il suo incarico relativamente ai vari settori ih cui la
Pro Loco svolge la sua normale
attività; tra l’altro fanno parte
del direttivo anche i rappresentanti di ognuna delle associazioni o enti operanti nel territorio
di Prarostino, il che consénte ad
esempio di coordinare le varie
manifestazioni con quelle organizzate dalla Pro Loco.
10
10 valli valdesi
6 marzo 1992
PINEROLO: I 130 ANNI DEL « PORPORATO »
ANGROGNA
Il Liceo classico
a una svolta
Un incontro degli ex allievi per sostenere le ragioni
to - L'attualità e l’importanza degli studi classici per
ICIAP: + 10%
L’ampliamento dell’acquedotto e il nuovo piano commerciale - Riviste anche altre tariffe
deiristitula cultura
Sono stati in molti lo scorso
28 febbraio a partecipare all’incontro organizzato dagli ex allievi del Liceo classico « Poi'porato » di Pinerolo, che ha-festeggiato in quell’occasione i 130 anni dalla sua fondazione.
Il liceo, l'unico statale ad indirizzo classico di tutto il Pinerolese, infatti, è stato fondato
proprio nel 1862 e nel corso di
questo lungo arco di tempo ha
visto tante generazioni alternarsi sui banchi di scuola. Attualmente ha una popolazione scolastica di circa 250 alunni, suddivisi in tredici classi, ma proprio
in questi giorni il suo destino è
al vaglio del ministero della Pubblica Istruzione e del Provveditorato agli studi. In base ad una
recente circolare sembra infatti
che le scuole di secondo grado
con meno di venticinque classi
dovranno progressivamente sparire o convivere con altri tipi
di scuola secondaria; il mantenimento di scuole con pochi alunni viene considerato da questa
circolare uno spreco che il ministero non può permettersi. E
allora che fare?
L’incontro tra gli ex allievi cosi non è stato solo un momento
per ritrovarsi, per ricordare, per
Cinema
PINEROLO — Il cinema Italia ha in
programma, fino a mercoledi 11 marzo, « La famiglia Addams » (comico);
feriali 20,20 e 22,30, festivi 14,20,
16,20, 18,20. 20,20, 22,20.
Il cinema Hollywood, fino a martedì 10, propone « Tacchi a spillo »; feriali 20 e 22; festivi 14, 16, 18, 20
e 22.
Al Ritz, fino a lunedì 9, è in programma « Un medico, un uomo »
(dramm.l; feriali 20 e 22; festivi 14,
16, 18, 20, 22.
TORRE PELLICE —- il cinema Trento ha in programma: « La timida », venerdì 6 marzo, ore 21,15; « Hot shots »,
sabato 7, ore 20 e 22,10 e domenica
8 marzo, ore 16, 18, 20, 22,10.
BARGE — Il cinema comunale presenta, venerdì 6 marzo, ore 21, «Ho
affittato un killer» di A. Kaurismaki.
trascorrere insieme un pomeriggio tra vecchi amici, ma è stato
anche un’importante occasione
di riflessione collettiva sul ruolo
della scuola in generale, su quello dell’istmzione classica in particolare e sulla sorte che toccherà al « Porporato ». L’Associazione degli ex allievi, sorta circa
quindici anni fa per volontà di
alcuni di loro, ha pensato bene di
invitare a parlare, di fronte al
numeroso pubblico raccoltosi
presso l’auditorium di corso Piave, tre ex allievi. E la scelta non
è stata casuale. Infatti hanno preso la parola, dopo l’introduzione del preside che ha presentato la situazione attuale del classico pinerolese, l’avvocato Ettore Serafino, il giudice Elvio Passone, membro del CSM, e Mariella Vagnozzi, futuro avvocato
e rappresentante dell’ultima generazione che ha frequentato il
« Porporato ».
Il liceo
non è uno spreco
Serafino, che è intervenuto per
primo, ha non solo parlato dell’epoca in cui era studente liceale, raccontando aneddoti e piccoli pezzi di storia del « Porporato », ma ha insistito fortemente
affinché il liceo sopravviva nel
miglior modo possibile. « Non
si può considerare uno spreco — ha detto al termine del
suo sentito intervento l'avvocato
di Pinerolo — la presenza di un
liceo classico unico nel suo genere per una potenziale popolazione scolastica assai vasta ».
Con tono appassionato ha parlato poi Passone, che ha insistito
sull’importanza della cultura
classica nella società contemporanea. Gli studi classici, ha spiegato, contribuiscono a formare
una mente sempre vigile, attenta e critica verso qualunque tipo
di problema, da quelli grandi a
quelli quotidiani, e allora, anche
secondo Passone, è necessario
porsi molto attentamente il problema della sorte del liceo classico di Pinerolo.
Con una buona dose di ernozione e con profonda convinzione ha infine nreso la parola
Vagnozzi, laureanda in giurispru
liAGENTE NE PARLA?
LAMPOGAS NE PRODUCE !!
LAMPOGAS PIEMONTESE SRL MONCAUERI (TO)
denza, che ha voluto portare la
testimonianza di chi tra i banchi del « Porporato » è stato seduto fino a pochi anni fa.
La porta della
segreteria
Al termine dell’incontro tanti
applausi per i tre relatori e tanti abbracci, saluti, tra giovani e
rneno giovani, qualcuno con i
figli, qualcun altro con i nipoti,
tutti davvero uniti nel nome di
Un liceo.
La porta della segreteria, risalente proprio all’epoca della
fondazione del « Porporato » 130
anni fa, che era stata trasportata e installata sul palco dal quale hanno parlato i tre ex allievi,
simbolo dell’intera storia del liceo, è ritornata subito dopo nella sua vera sede, ma in tanti si
chiedono per quanto tempo ancora esisterà quella scuola, proprio
com’è stata nel corso di quasi
Un secolo e mezzo.
Carmelina Maurizio
In apertura di Consiglio comunale, giovedì scorso 27 febbraio, il sindaco ha esposto quanto si sta facendo circa l’ampliamento dell’acquedotto comunale
alla zona orientale ; sono stati
appaltati i lavori per un primo
lotto da 200 milioni con un ribasso del 13%. Nel frattempo si
sta lavorando per un secondo
appalto di 100 milioni ed attualmente l’ufflcio tecnico sta redigendo l’ultima parte del progetto generale, che prevede una spesa totale di 420 milioni.
Entrando poi nel merito dell’ordine del giorno va segnalato
un intervento (55 milioni reperiti mediante mutuo) per asfaltare un primo tratto della strada
di Buonanotte. Sono state inoltre riviste alcune tariffe: -+-10%
riciap, 4-50% le concessioni comunali, 4-10% la tassa raccolta
rifiuti, in questo caso con una
differenziazione fra residenti e
non residenti: questi ultimi pagheranno lOO lire in più a metro
quadro deH’abitazione.
Il Consiglio ha poi approvato
il nuovo piano commerciale: secondo l’attuale situazione sarebbero a disposizione alcune superfici destinabili al commercio sul
territorio comunale, il che non
implica ovviamente l’immediata
apertura di un negozio ma la
consente.
DIBATTITO
Volontariato, perché?
Quale rapporto corretto con le istituzioni?
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A due mesi di distanza dal
convegno promosso a Torre Pellice, Luciano Tavazza, segretario
della Fondazione nazionale del
volontariato, è stato invitato a
Pinerolo in occasione dell’inaugurazione del corso di formazione per volontari del Telesoccorso.
Come molti avranno potuto
notare, negli ultimi sei mesi tutti i mass media (stampa, radio,
TV) hanno parlato parecchio di
volontariato, come mai era successo in precedenza. Una nuova
moda? O un invito a prendere
coscienza che è necessaria una
nuova mobilitazione di fronte alle istituzioni che perdono colpi
ogni giorno in maniera sempre
più preoccupante?
Per Luciano Tavazza il volontariato di riparazione che è stato proposto sino agli anni ’70,
di matrice laica o confessionale,
non è più proponibile. La riflessione lanciata nel ’68 ha fatto fare un passo significativo
alla concezione di come devono
essere i rapporti nella società,
rivendicando il diritto alla partecipazione del cittadino a qualsiasi livello e a maggior ragione
a livello dei servizi. Anche le
chiese in vari pronunciamenti
hanno recepito che « non può
essere dato per carità ciò che
è dovuto alle persone per giustizia ».
Da questo momento, questa
diventa una precisa chiave di
lettura con la quale è bene che
ogni associazione sottoponga ad
analisi critica il proprio operato. Alle associazioni di volontariato non è lecito rinchiudersi
su ciò che stanno facendo, senza aprire gli occhi su cosa avviene realmente attorno a loro.
Esse devono avere una fotografia attendibile della realtà nella
quale sono inserite e dialogare
con essa. « Solo così — continua
Tavazza — il volontariato esplica la sua vera funzione di anticipatore delle esigenze, di urnanizzatore dei servizi, di promozione di valori di solidarietà in
Infine il Consiglio ha designato i rappresentanti del Comune
nelle commissioni consultive che
la Comunità montana intende
costituire ; assistenza e sanità,
cultura, agricoltura, industria.
Oggi
e domani
continua evoluzione ». Il volontario degli anni '90 deve essere
quindi un cittadino cosciente,
attento ai sintomi delle mutazioni, Solidale in tutti i momenti
della sua vita e non solo quando, terminata la sua giornata
lavorativa, assume l’abito del
volontario. Una persona in ricerca, disposta a mettersi in discussione e nello stesso tempo
pronta ad una continua riqualificazione.
« Ma, allora, qual è il rapporto corretto fra il volontariato
e le istituzioni? Se lo stato funzionasse come dovrebbe, dimuinirebbe la necessità dell’apporto
del volontariato? », chiede una
voce dalla sala.
« Al contrario — risponde Tavazza —, più le istituzioni sono
in grado di funzionare e più il
volontariato esplica un’azione
anticipatrice e democratica. Dove le istituzioni non funzionano
il volontario deve smettere di
sostituirsi alle loro inefficienze,
ma deve denunciare ciò che non
funziona suscitando il dibattito,
il confronto, la presa di coscien
za, la mobilitazione.
Amici che fate del volontariato — conclude — d’ora innanzi dovete chiarire a voi stessi
da che parte state ».
Adriano Longo
Amnesty International
TORRE PELLICE — Venerdì 6 marzo
alle ore 17 avrà luogo, presso la sede in via Repubblica 3 [2° piano), la
consueta riunione quindicinale.
_____________Concerti_________________
LUSERNA SAN GIOVANNI — Il
gruppo Amnesty International - Italia
90 Val Pellice organizza per domenica
8 marzo, alle ore 20,45, un concerto
di flauto dolce presso la parrocchia di
S. Giacomo a Luserna Alta. Tutti sono caldamente invitati.
Incontri
POWiARETTO — Domenica 15 marzo
alle ore 15, presso ii teatro del convitto, organizzato dal MI circuito delle
chiese valdesi, si svolge un incontro
su « Occupazione e lavoro nelle valli
Chisone e Germanasca: problemi e
prospettive ». intervengono Enrico Lanza, sindacalista, e Giorgio Gardiol, direttore dell’Eco delle Valli valdesi.
SAN GERMANO CHISONE — Lunedì 16 marzo, alie ore 20,30 il preside
dell'istituto Buniva, prof. Zanzottera, e
il parlamentare europeo Rinaldo Bontempi, in un incontro pubblico presso
la sede PDS in via 1° maggio, affronteranno questioni inerenti il mondo
giovanile, la scuola, la formazione in
genere. Si tratta del primo di una
serie di incontri.
TORRE PELLICE — Domenico Carpanini, candidato PDS alla Camera, incontrerà, venerdì 6 marzo alle ore
20,45 nel salone del convitto valdese
di via Angrogna, la popolazione intervenendo sul tema: « Crisi istituzionale e sfiducia verso i partiti. Le proposte di rinnovamento del PDS ».
Segnalazioni
TORRE PELLICE — Alle ore 15 di
sabato 7 marzo, presso la sede di
corso Lombardini, si svolgerà il Consiglio della Comunità montana vai Pellice; molti gli argomenti in discussione, tra cui rimpasto di giunta, rinnovo convenzioni con istituti per anziani e minori, revisione contributi per
gli utenti di alcuni servizi, statuto deli'« associazione degli Escartons e valli valdesi ».
LUSERNA SAN GIOVANNI — Domenica 15 marzo, alle ore 9 in prima e
alle 10 in seconda convocazione, presso la sede sociale in via Roma 41,
si svolgerà l'assemblea annuale del
gruppo vai Pellice dell’AlDO (ass. italiana donatori di organi).
Teatro
TORRE PELLICE — Sabato 7 marzo,
alle ore 21, nel salone opera gioventù, la compagnia Renato Clot presenterà lo spettacolo dialettale « Drôlerie ».
MOBILIFICIO
esposizione e laboratorio:
via S. Secondo, 38 - 'S 0121/201712
(di fronte alla caserma alpini)
ABBADIA ALPINA - PINEROLO
FA VIVERE LA TEA CASA
11
6 marzo 1992
lettere 11
Si ALZERANNO
NUOVI MURI?
In Belgio il razzista Blok (primo alle recenti elezioni di Anversa) ha per
motto « Prima siamo noi, fuori gli stranieri, qui non c’è posto! ». Dietro il
movimento politico xenofobo c'è la
scuola pensante in termini di « difesa
della cultura », tradizionalismo cioè,
che per il francese Le Pen, per l'austriaco Haider, per gli ostasela croati,
per l'italiano Bossi è « occidentale »,
■■ bianco », « cattolico », escluse le sfumature: dottrina integralista, dunque.
Manca circa un mese alle elezioni
del 5 aprile e un italiano su due non
sa più come votare. C’è chi teme lo
<■ sfascio » e la fine della « prima »
repubblica. In effetti lo scenario elettorale è intricato, un dedalo di correnti, di trasversalità: una « casbab ». I
primi sondaggi riguardanti una zona a
rischio, il nord-est, danno alle Leghe
venete una percentuale di voti probabili attorno all’11%, con punte nel
profondo Veneto » bianco » fino al 1820%.
A sole poche settimane dalle grandi manifestazioni del 25 gennaio contro tutti i razzismi e per i diritti degli immigrati, presto valuteremo con
realismo quanto peso ha sulla coscienza del popolo italiano la domanda di
solidarietà che viene dall'onda terzomondiale.
Se tracimeranno i movimenti leghisti sorti con più virulenza dalla paura che enfiò l'estate scorsa con lo
sbarco formicolante di albanesi sulle
coste adriatiche — con una reazione
che in Europa ci ha fatto accusare,
perlomeno, di brutalità —, se il fronte della rappresaglia {« Non passi lo
straniero! ») avrà la meglio, consolidandosi, ebbene in tal caso dovremo
prepararci ad alzare muri più alti di
quello frantumato a Berlino. E piomberemo a capofitto nella palude mediterranea, fuori dall'Europa, estranei
allo spirito democratico di questa e
della società futura.
Eppure, malgrado le fondate apprensioni per l’equilibrio del diritto « liberale », qualcosa di segno positivo si
muove, progredisce, fa ben sperare.
Dalla Francia al Nord Europa, alla Germania, all'Olanda gli intellettuali, le
forze migliori, i giovani, la società civile, tutti insieme producono momenti di confronto, di riflessione fraterna,
di iniziative vantaggiose.
In Germania le chiese protestanti
sono il luogo di queste occasioni, ma
di tali avvenimenti i mass media non
pubblicizzano granché o si presentano
le cose come « episodiche ».
In Italia — sia pur sotto elezioni
— il ministro per l'Immigrazione Margherita Boniver e quello dell'Interno
Vincenzo Scotti intendono proporre un
nuovo decreto che cambierà la regolazione deH’immigrazione, a solo due
anni dall’entrata in vigore della » legge Martelli ».
La nuova normativa, per smorzare
un comprensibile allarme nella popolazione, prevede l'immediata espulsione degli extracomunitari che si rendano colpevoli di gravi reati. Segue l'apprezzata proposta di portare da 15 a
30 miliardi i fondi stanziati per I centri di prima accoglienza, cattolici e
non cattolici, di stato o privati e autogestiti.
Marius Gnech-Verdini, Agordo
UN KAIROS PER
LA CRISTIANITÀ’
Il titolo « Seguire verità in carità »
deH’articolo apparso in prima pagina
sul n. 6 del giornale (7.2.1992) mi ha
fatto ricordare un aneddoto appreso
diversi anni fa.
Si narra che, avendo Ludwig von Pastor iniziato a scrivere la Storia dei papi, lo venne a sapere II cardinale domenicano De Lai, il quale si permise
di suggerire al grande storico: » Prima la carità e poi la verità, anche
nella storia ». Al che il von Pastor rispose: « Se così fosse, la stessa storia sarebbe impossibile. Per fortuna
Cristo ha detto: "lo sono la Verità" ».
Se nel dialogo ecumenico tra cattolici e protestanti si accettasse il suggerimento del suddetto cardinale, anche i protestanti dovrebbero affermare che prima viene la Verità, cioè Gesù Cristo e poi la carità, di cui Gesù
Cristo è la fonte; diversamente lo
stesso dialogo ecumenico sarebbe impossibile.
Credo che tutti, protestanti e cat
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Redattori; Alberto Corsani, Luciano Deodato (vicedirettore), Giorgio Gardiol (direttore). Carmelina Maurizio, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan.
Comitato editoriale: Paolo T. Angeleri, Mirella Argentieri Bein, Claudio
Bo, Alberto Bragaglia, Franco Carri, Rosanna Ciappa Nitti, Piera Egidi,
Adriano Longo, Emmanuele Paschetto, Roberto Peyrot, Sergio Ribet,
Mirella Scorsonelli.
Collaboratori; Daniela Actis (segreteria), Mitzi Menusan (amministrazione), Stelio Armand-Hugon, Mariella Taglierò (revisione editoriale).
via Arnaud, 23
10066 Torre
Stampa; Coop, Tipografica Subalpina
Penice - telefono 0121/91334
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Registro nazionale della stampa: n. 00961 voi. 10 foglio 481
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Amministrazione dei fondo; Maria Luisa Barberis. Renato CoTsson, Roberto Peyrot
tolici, siano concordi che nei loro incontri ecumenici ci debba essere prima la Verità. Ma domandiamoci: quale verità? la mia verità? la tua? un
compromesso tra la mia e la tua?
La Verità è una sola, come uno solo è Gesù Cristo, che non può essere
oggetto di compromessi irenici.
Se si è d'accordo che nel dialogo
ecumenico deve esserci prima Gesù
Cristo, allora domandiamoci: quale Gesù Cristo? quello della teologia cattolica, secondo la quale egli istituì il
papato infallibile, fondò una chiesa da
essere gestita da sacerdoti sottoposti
al celibato, lasciò ai suoi fedeli, oltre al suo Evangelo, anche le tradizioni, il (diritto canonico, ecc.? O non
piuttosto il Cristo che fondò la sua
chiesa sulla « pietra angolare » (Efes.
2: 20), unico mediatore (I Tim. 2: 5),
unico sommo sacerdote (Ebrei 4: 14),
il Cristo quale appunto si rivela dal
testi neotestamentari?
Penso che il dialogo ecumenico potrebbe evitare il suo tiepido « autunno » a condizione che si segua Verità in carità, cioè Gesù Cristo in quell'agape fraterna e sororale che è 11
distintivo di riconoscimento dei suoi
veri discepoli e discepole (Glov. 13:
35).
Forse è giunto il « kairòs » (Mat. 26;
18), Il tempo propizio per auspicare
la convocazione di un Concilio ecumenico composto dai delegati di tutta la
cristianità sparsa nel mondo, i quali
possano eleggere a presiederlo uno dì
loro reputato ■■ primus inter pares »
(= primo tra uguali).
Bruno Ciccarelli, Catania
L’ISTITUTO
« FERRETTI »
Parlare o scrivere dell'Istituto Ferretti suscita in me un insieme di sentimenti che, anche se a volte contrastanti, sono comunque motivo di una
profonda emozione.
Vi è la nostalgia della mia giovane
età e anche il desiderio di cancellare quegli anni velati di tristezza perché lontana dalla famiglia, dai primi
grandi affetti.
Rivedo l'adolescente che si appresta a trascorrere ben nove anni al
Ferretti insieme ad altre bambine provenienti dalle varie regioni d’Italia,
prevalentemente dal Sud, mia terra di
origine. Ripenso alle nostre storie familiari, agli studi che ciascuna si apprestava a compiere fino all'età di 18,
19 o 20 anni. Questi erano, più o meno, i tempi entro I quali venivamo
considerate » pronte » per il nostro ingresso nella società, nel mondo del
lavoro: eravamo diventate adulte ormai!
La nostalgia e la gioia, invece, mi
invadono quando ripenso alle mie coetanee e alla profonda amicizia che ancora oggi mi lega ad alcune di loro.
E’ proprio questa amicizia, infatti, nata al Ferretti, che è stata ed è tuttora tanto determinante nell'affrontare
le varie difficoltà che la vita frequentemente ci riserva.
Il Ferretti degli anni 1953-1962 accoglieva circa 25 bambine, e unitamente
alla direttrice e alle sorveglianti formavamo un gruppo di circa trenta persone. L'opera era seguita dalle varie comunità evangeliche italiane ed
estere: in particolare le chiese di Bergamo, Como e Milano erano chiamate
le « chiese madrine » ed infatti seguivano con cura e regolarità la vita delle '■ ferrettine ».
Verso gli anni '70 le esigenze delle
famiglie evangeliche erano mutate, l’intolleranza per le minoranze religiose
era andata diminuendo e le bambine
evangeliche che prima erano ospiti del
Ferretti, non solo per studiare ma anche per poter conoscere, ascoltare e
vivere liberamente in un ambiente
evangelico, potevano ormai svolgere
queste attività nei luoghi di origine.
E' così che il Ferretti, dagli anni '70
in poi, ha rivolto la sua attenzione ai
problemi dei ragazzi che vivono nella
città di Firenze. L'opera dell'Istituto,
quindi, non si è mai fermata. Anche
se molto silenziosamente, il suo cammino continua e la sua testimonianza
è viva ed apprezzata soprattutto all’esterno belle nostre comunità. L’Istituto accoglie In particolare i minori
che vivono nei quartieri più vicini al
Ferretti, ma vengono presi in considerazione i casi ritenuti più urgenti, anche se si tratta di qualche minore che
abita lontano. I ragazzi vengono se
guiti nei loro studi, hanno il pranzo
in comune e, secondo l'età e gli interessi, svolgono un programma per
loro elaborato, dove c'è spazio per
teatro, canto, lavori manuali, ritmica,
ecc.
Grande importanza riveste il continuo contatto con le famiglie dei ragazzi, ma lungo è sempre II cammino da compiere per ottenere la loro
fiducia e collaborazione. Frequenti sono le delusioni per la mancanza dei
risultati sperati, ma vari sono i motivi per rallegrarsi dell'opera svolta;
nell'arco degli ultimi vent'anni, nonostante i cambiamenti verificatisi nella
nostra società, non pochi degli ex ragazzi sono tornati a visitare il Ferretti
trovandovi sempre chi II accoglie con
immutato affetto.
Questo ci fa credere che il seme
della parola del Signore non si è seccato e ci fa sperare che continui a
germogliare per dare i suoi frutti dove e quando egli vorrà.
Lydia (una ex ferrettina)
EVANGELO
O VANGELO?
Caro Direttore,
leggo nell’ultimo numero dell’Eco/
Luce una lettera di Gino Conte sull’argomento Evangelo o Vangelo?
10 simpatizzo col collega Conte, perché anch’io preferisco la forma Evangelo — almeno nei casi in cui mi
sembra importante far risaltare II significato etimologico della parola
(■■ buona notizia »). Tuttavia l'evoluzione della lingua parlata non può essere contrastata per motivi eruditi, e
l'evoluzione va nel senso della semplificazione. Molte parole Italiane dovrebbero avere una vocale iniziale (per
rispetto deH'origine latina o greca) e
invece nel corso dei secoli l'hanno
perduta. Così dal latino abbate viene
badessa » (per il maschile invece
« abate »); da ecclesia viene « chiesa »
(ma negli aggettivi « ecclesiastico, ecclesiale »); da episcopus viene ■■ vescovo » (ma l'aggettivo ■■ episcopale » accanto a « vescovile »), da hirundo viene « rondine », da expedire viene « spedire » (ma dallo stesso verbo latino
viene anche il nostro » espediente »),
da explicare viene « spiegare », da
expandere viene « spandere » (ma anche » espansione » e derivati).
11 fatto che in alcune delle parole
che ho riportato sia rimasta la vocale iniziale non può essere invocato
per rimetterla a forza nelle parole che
l’hanno perduta. E questo vale anche
per le parole con la eu iniziale citate
da Conte.
Quanto all'ipotesi che la forma • vangelo » sia un adeguamento alla dizione preferita dai cattolici, suggerito dalla recente moda ecumenica, non è
sostenibile: la Riveduta, prodotta fra
il 1913 e il 1924, usa la forma « vangelo » in numerosi passi (Me. 8: 35;
At. 15; 7; Rm. 15; 16; 2 Cor. 4: 3
e 9: 13; Gal. 1: 6, 8 e 2: 5; FiK
1: 5, 12, 16, 27; Col. 1: 5; 2 Tess. 1; 8;
2 Tim. 2: 8, 4: 17; Filem. 13; 1 Pie.
4: 17) quasi sempre in coabitazione
con altri passi dove c'è » evangelo »
(quindi non si può dire che l’uso dell’una o dell'altra forma cambi passando da libro a libro).
Se posso citare me stesso, io seguo un metodo totalmente incoerente;
dico « vangelo » quando mi riferisco
a uno dei primi quattro libri del Nuovo Testamento e « evangelo » quando
mi riferisco al messaggio (buona notizia) portato non solo da Gesù ma
da tutta la Bibbia da parte e nel nome
di Dio. Ma quest'incoerenza farebbe
inorridire I linguisti!
Bruno Corsani, Roma
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOIMENICA 8 IVIARZO
ore 23,30 - RAIDUE
Replica:
LUNEDI’ 16 IVIARZO
ore 10 - RAIDUE
INCONTRO CON LA
TEOLOGIA FEMMINISTA
Dibattito in studio con teologhe cattoliche e protestanti.
RINGRAZIAMENTO
« Ma grâce te suffit »
(2 Cor. 12: 9)
I familiari della cara
Carolina Hugon
riconoscenti per la dimostrazione di
stima e di affetto tributata in tale triste occasione, ringraziano di cuore tutti coloro die in ogni modo hanno voluto essere vicini e presenti.
Torre Pellice, 4 marzo 1992.
RINGRAZIAMENTO
II Gruppo YWCA-UCDG e il Collettivo biblico ecumenico di Torre
Pellice ricordano con rimpianto
Carolina Hugon
socia e amica per tanti anni, presente
ad ogni attività con adesione aperta e
disponibile.
Torre Pellice, 6 marzo 1992.
RINGRAZIAMENTO
« Io sono la risurrezione e la
vita, chi crede in me, anche
se muoia, vivrà »
(Gdov. 11: 25)
La moglie Wanda, le figlie Elvina
con Bruno, Rudy e Sabrina; Giuliana con Ottavio, Matteo e Davide di
Ercole Costabel
commossi e riconoscenti ringraziano
di cuore tutti coloro che sono stati vicino a loro ed al loro caro in questi
mesi di sofferenza e tutti queUi che
con presenza, preghiera, scritti, parole di conforto, opere di bene, hanno
preso parte al loro dolore.
Un particolare ringraziamento a parenti, amici, coscritti, abitanti di via
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Pinerolo, 6 marzo 1992.
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12
12 villaggio globale
6 marzo 1992
RIFUGIATI
Profughi e migranti:
la marea sale
Il « nuovo ordine mondiale » deve fare i conti con questo problema in
continua espansione - Le guerre civili e le motivazioni economiche
Negli ultimi due anni i profughi nel mondo sono aumentati di altri due milioni. Secondo
l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (di seguito: ACR) essi ammontavano,
alla fine del 1991, ad oltre 17
milioni.
Ancora una volta la rivista
mensile « Réfugiés » (dalla quale attingiamo i dati più oltre riportati) sottolinea che, di fronte alla vastità del fenomeno migratorio, si rende necessario ed
urgente affrontare il problema
per porvi rimedio, se si vuole
costruire un vero nuovo ordine
mondiale, secondo la ormai celebre frase del presidente Bush.
Naturalmente, le situazioni devono essere studiate di volta in
volta tenendo ben presente che,
nella gran maggioranza, i migranti vorrebbero ritornare nei
loro paesi d’origine dai quali sono stati cacciati o si sono allontanati per vari motivi: guerre, fame, persecuzioni politiche
e religiose, ecc. L’accoglimento
dei profughi dovrebbe avere un
aspetto temporaneo in attesa di
creare, con un’adeguata collaborazione intemazionale, delle condizioni favorevoli al loro ritorno.
Reddito
e occupazione
Non basta infatti mandare nei
paesi poveri generi alimentari
(Utili per l’emergenza) o macchinari, non è sufficiente creare
« reddito », tante volte incamerato dai poteri locali. Bisogna produrre occupazione tramite opportuni investimenti, compatibili con gli usi e le risorse in loco, promuovendo quei posti di
lavoro che ora gli abitanti di
quei paesi devono forzatamente
cercare altrove.
Ma, a parte quest’impostazione di principio a cui i vari paesi devono sentirsi chiamati, occorrerà esser pronti a fronteggiare nuovi movimenti di profughi, e cioè quelli causati paradossalmente dalla fine della
guerra fredda, e di cui proprio
Un centro di raccolta dei profughi etiopici, rientrati in patria dalla
Somalia: la loro odissea sta per finire?
in Italia abbiamo avuto un esempio col drammatico sbarco —
e reimbarco — degli albanesi.
Gli storici eventi che hanno scosso alle fondamenta l’ex Unione
Sovietica e l’Europa Est potranno provocare — secondo l’ACR
— dei massicci movimenti di popolazioni.
Già centinaia di migliaia di
persone, a cui prima era proibito muoversi, si sono spostate e
continuano tuttora a spostarsi.
Già ci sono dei dati su cui riflettere: la guerra civile in Jugoslavia ha finora sradicato dalle
loro terre mezzo milione di croati, mentre nel 1989 oltre 300.000
turchi sono usciti dalla Bulgaria. Dalla Germania Est 700.000
tedeschi hanno aperto l’emigrazione verso ovest, mentre prime
colonie di emigranti russi si sono stanziate in Polonia. Non è
fuori luogo prevedere — annuncia « Réfugiés » — che da tre
a sei milioni di persone possano lasciare l’ex URSS, passando
prima dall’Europa dell’Est, i cui
problemi sono enormi, per poi
espandersi nell’Europa occidentale il cui richiamo, attraverso
i mass media, appare ai loro occhi sempre più attraente e dispensatore di ogni sorta di be
ni. Di fronte a simili situazioni
e prospettive l’ACR tende a differenziare i profughi veri e propri da questi « migranti economici », ma lo fa per segnalare
alla pubblica opinione un grosso pericolo: già ora i governi occidentali tendono a inglobare
nella categoria degli « economici » tutti i profughi, creando una
sorta di sottoclasse di esseri
umani da respingere e comunque da non regolarizzare. Anche
questo, quindi, sarà un problema in più da affrontare.
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CONFERENZA « MEDIO ORIENTE »
Il fumo e l’arrosto
In questa nuova sessione di lavoro si discute
sul concetto di autonomia e sugli insediamenti
I nuovi profughi
Ma proprio questa « novità »
dei migranti del lavoro deve più
che mai indurre il ricco Occidente (quanto ricco a spese
dei paesi poveri?) a predisporre
con urgenza delle politiche atte
ad equilibrare l’economia a livello mondiale. Credo che tutti
noi abbiamo ben presente che,
di fronte agli osanna per le dittature cadute all’Est, ben poco
si sia fatto per dimostrare la
reale e continuativa solidarietà
dell’Occidente allo scopo di favorire la ripresa di quelle economie, lunga e difficile quanto
si voglia, ma proprio per questo
tanto più necessaria ed urgente.
Di fronte ad un simile quadro — e rimanendo in ambito
europeo — si può dire che il
problema dei profughi, visto nel
suo insieme, si presenta come
una delle più importanti questioni sociali per il prossimo futuro. La necessaria elaborazione di
strategie programmatiche deve
partire dalla consapevolezza che
non si tratta di un fenomeno da
vedere come un’emergenza ma
di una realtà permanente e crescente.
Anche le nostre chiese dovranno essere più che mai presenti
in questa realtà. Il nostro settimanale ha trattato questo argomento in parecchie occasioni e
certamente continuerà a farlo
sia con propri contributi, sia
dando voce ai dibattiti ed alle
iniziative relativi a quest’argomento. Ma non dimentichiamo
che la domanda fondamentale
resta una sola, come ci ricordava Paolo Ricca nelle « prospettive bibliche » del 22 marzo scorso: « Lo straniero (ndr: con specifico riferimento al profugo) è
una creatura in bilico fra il diventare nemico é il diventare
fratello e noi siamo esattamente al punto di intersecazione fra
queste due possibilità »: è da noi
che dipende da quale parte far
pendere la bilancia.
Roberto Peyrot
Dunque lunedì scorso, 24 febbraio, sono ripresi a Washington i « negoziati di pace sul Medio Oriente ». Le virgolette sono di rigore, visto come vanno
le cose: « si mette male », scrive il Corriere della sera (25
febbr.), « sul futuro di Gaza e
Cisgiordania è rissa senza quartiere », dimenticando di includere tra i punti della trattativa
Gerusalemme e il circostante territorio illegalmente annessi e imbottiti di insediamenti.
La « rissa » viene subito spiegata. « Palestinesi e israeliani
hanno messo sul tavolo divergenti progetti di autonomia per i
Territori occupati. Gli israeliani — cito sempre il Corriere — sono pronti a concedere
solo una limitatissima autonomia amministrativa, mentre i
palestinesi mirano alla piena indipendenza ». Informazione inesatta e confusa. Gli israeliani
non sono per niente « pronti »
a concedere alcunché, e Shamir
l’ha detto chiaro e tondo pochi
giorni fa: « Non mi sento piùlegato agli accordi di Camp
David », i quali, appunto, parlavano di autonomia.
E da quando è iniziata la conclamata « Conferenza di pace »
la delegazione palestinese si è
ben guardata dal pronunciare
la parola « autonomia » (nel linguaggio neanche tanto cifrato
dei media sta per realistica e
moderata dichiarazione di resa); chiede appunto indipendenza, uno stato sovrano, cioè « una
pace tra uguali » come fu testualmente detto a Madrid, con
una fase transitoria d’autogoverno, libere elezioni, trasferimento delle truppe israeliane fuori
dalle zone più popolose dei territori occupati, presenza intemazionale per garantire la protezione della popolazione, blocco
totale degli insediamenti e avvio,
con scadenza serrata e precisa,
della trattativa sullo status finale.
Il testo del Corriere della sera
è curiosamente (ma noti tanto)
contraddittorio. La richiesta di
« piena indipendenza » è l’esatto
contrario di un « progetto di
autononùa », non una sua diversa formulazione, come la portavoce palestinese Ashrawi non
ha mancato di chiarire: con
l’autonomia, che comunque viene preannunciata limitata, anzi
limitatissima, « gli israeliani vogliono che i palestinesi partecipino a un potere che resterà
israeliano, e questo equivale a
rifare il trucco all’occupazione ».
Ma la commedia degli equivoci deve continuare, e ogni dì ci
si arrampica neanche tanto elegantemente sui vetri. Gli israeliani, scrive La Stampa (25 febbr.)
citando il capo-delegazione a
Washington, « non accetteranno
di discutere del congelamento
degli insediamenti », ma « in
linea di principio Israele è disposta a concedere una forma di
autonomia limitata ai palestinesi, mentre meno elastica è la
posizione nei confronti di Damasco e Berut ».
Ora, ai palestinesi lo stato di
Israele, o meglio il suo attuale
governo non intende concedere
Un bel niente e fa di tutto, ma
proprio di tutto, per dimostrarlo
in linea di principio e di fatto,
senza lasciare nulla all’immaginazione. Ma basta giostrare un
po’ con le parole e si riesce
a far salire un aroma, una mezza idea di « flessibilità » anche
Altro esempio, stessa tecnica.
« Rabin scende in campo contro
le scelte di Shamir » (Repubblica,
25 febbr.). « Nel suo primo discorso elettorale il neoeletto leader
del Labour Party, Yitzhak Rabin,
si è espresso contro la costruzione di nuovi insediamenti... "Sono
contrario, sono contrario”... ».
Parole grosse, dato che Rabin
Sarà nelle elezioni israeliane di
giugno Tavversario di Shamir.
Se vince si cambierà rotta, più
niente insediamenti?
Andiamoci piano. « Si tratta
di insediamenti politici — dice
Rabin — che distolgono denaro
dello stato dalla vita economica
del paese » e che « non aggiungono nulla alla sicurezza di
Israele, in quanto costruiti non
in zone di conflitto ». Alternativa proposta? « Costruire insediamenti solo intorno a Gerusalemme e lungo linee di conflitto,
quali la valle del Giordano e le
alture del Golan, e restituire tutto il resto ai palestinesi, rispettando la promessa di autonomia
fatta da Begin ».
Il trucco c’è e si vede. Giordano e Golan sono solo esempi,
non un elenco chiuso, e il « tutto il resto » è un concetto piuttosto elastico (si torna, mi pare,
al piano del laburista Allon, che
diede il via, subito dopo la guerra del 1967, alla politica di colonizzazione dei territori occupati). Non si parla di eliminare i
vecchi insediamenti, si dice che
se ne faranno di nuovi, « diversi ». Le truppe resteranno. E sarà sanzionata la delegittimazione dei diritti palestinesi alla
terra. La parola chiave è « l’autonomia di Begin », perché fu
Begin a inventare la distinzione
tra autonomia dei territori e
quella delle persone e ad escludere drasticamente la prima.
Quando Rabin parla di « restituzione » e cita Begin comunica
semplicemente, e neanche tanto
in cifra, che non si restituirà
niente. Sandro Sarti
Le ragioni della coscienza
(segue da pag. 1)
cato la situazione, assegnando
alla Tavola valdese anche obiettori di altra provenienza.
Ma non è qui l’importante:
l’importante è che nelle nostre
chiese e ai nostri giovani, legge
o non legge, emendamento più,
emendamento meno, deve essere chiaro che si è di fronte ad
una scelta a due livelli. Quello
propriamente detto dell’obiezione: una scelta di coscienza, in
base a un diritto irrinunciabile. E successivamente (se, come
pare, neanche l’ostruzionismo
missino bloccherà la legge), fermo restando questo diritto irrinunciabile, tocca al singolo farsi carico della responsabilità di
interpretare un ruolo di vero
servizio.
La Tavola valdese, e anche
rUCEBI, fanno parte di un « cartello » a cui fanno capo altri
enti che accolgono gli obiettori
(enti cattolici come quelli del
Trentino o dell’Emilia, ma non
i più grandi come la Caritas,
e altri ancora) che sta elaborando una sorta di codice di « automoralizzazione » che ben definisce le responsabilità, le mansioni, i compiti degli obiettori.
Credo sia compito delle nostre
chiese, a tutti i livelli della loro
riflessione collettiva, contribuire a formare questi giovani, che,
oltre alle spinte ideali delle migliaia di altri giovani che « obiettano», hanno dalla loro un’ulteriore motivazione che viene dalla fede; e credo che sia condivisa da tutti la necessità di trovare una sempre rinnovata comunione con chi, a fianco di
altri, dip>endenti, volontari, fratelli e sorelle, investe il proprio
tempo nel servizio per gli altri.
Alberto Corsani