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ECO
DELLE miXI VALDESI
Spett.
BIBLIOIECA VALDESE
TORRE PELLICE
(Torino)
Settimanale
della Chiesa Valdese
An no XCIV - Num. 27
Una copia Lire 4 IJ
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TORRE PELLICE. 3 Luglio 1H64
Anunin. Claudiana Torre Pellice ■ C.C.P. 2-17557
Consegnate le chiavi delle casette prefabbricate al Vajont
Le casette di S.
not
11
Q
Subito dopo il disastro del Vajont,
quale delegato del Consiglio Federale
delle Chiese Evangeliche d’Italia, accompagnai il Dott. Williams a Longarone per vedere quello che si sarebbe
potuto fare per i sinistrati colla colletta lanciata nel mondo protestante
italiano ed estero.
Ritornammo sul posto poche settimane dopo, per vedere un altro
aspetto del disastro e fummo profondamente impressionati e ritornammo
con un acuto senso di angoscia nei
ricordo di Erto, sinistrato solo nella
parte inferiore, ma privo di ogni anima viva, perchè tutti gli abitanti erano stati evacuati forzatamente per la
niinaccia di una nuova frana e per
Taccrescersi delTacqua del lago artificiale, che privato del naturale sfogo
oaha grande frana, cresceva di un decimetro al giorno. Grandi idravore,
ben presto poste in opera e che hanno lavorato giorno e notte sono riuscite fino ad ora ad evitare questo secondo pericolo; per il momento però
le autorità non si sentono ancora in
grado di autorizzare il ritorno a Erto
a quei pochi che ancora sperano di
ritornare nella casa dei padri.
La visione del paese desolato e dei
profughi che gremivano Claut e Cini oláis ci hanno fatto capire quale poteva essere la destinazione migliore
dei,fondi raccolti e, ,coll& autorità interessate, concordammo la costruzione di dieci casette per dieci famiglie
sfollate di Erto-Casso.
Mentre il Consiglio Ecumenico ordinò le casette in Austria, TAmministrazione Provinciale di Udine acquistò un terreno; il Genio Civile si occupò di tracciare le strade, di provvedere i servizi idrici ed igienici, e l’illuminazione e fece costruire i basamenti, su cui le casette avrebbero dovuto erigersi. Naturalmente ci volle
del tempo per trovare il terreno adat-to ; ed esso fu acquistato a circa sei
chilometii da Pordenone sulla strada
di Maniago, cioè quella che da Erto
porta a Pordenone e là dove stanno
sorgendo stabilimenti presso cui potranno trovare lavoro gli sfollati di
Erto.
11 lavoro di preparazione del terreno e quello di montaggio delle case
procedette veloce con una procedura
così precisa che la Ditta costruttrice
delle casette ebbe ad afi'ermare che
essa era stata un modello di tecnica.
Una parola di vivo elogio deve essere
pertanto detta al Genio Civile di Udine che si assunse tutto il lavoro tecnico e che lo seguì con interesse e capacità.
Superate anche le difficoltà di carattere amministrativo inevitabili in
un’opera in cui intervengono vari enti
pubblici (amministrazione provinciale,
genio civile, Comune di Erto-Casso,
Comune di S. Quirino ecc.) giovedì 1 1
con una cerimonia semplice, sugestiva sono state consegnate le chiavi delle casette a dieci famiglie sinistrate.
Fra !e autorità erano presenti il Presidente della Provincia, il Vice Prefetto che sovrintende a tutta l’opera
di assistenza dei sinistrati del Vajont,
il sindaco di S. Quirino, il Vice-Sindaco di Erto-Casso, assessori e segretari
comunali e il capitano dei carabinieri
di Pordenone. Il mondo evangelico
era rappresentato dal Dott. Williams
del Consiglio Ecumenico, dal sottoscritto in rappresentanza del Consiglio Federale, dal Pastore Carsaniga,
capo circuito del Veneto e rappresentante della Chiesa Metodista, dal Pastore Coacci di Pordenone della Chiesa Battista, dal Pastore Colucci, Presidente della Comm. Distrettuale del
Lombardo-Veneto e dal Pastore Vetta
di Udine.
Nella breve cerimonia parlarono i
lappresentanti del Comune di S. Quirino e di Erto-Casso, il Presidente dell'Amministrazione Provinciale, il dirigente del Genio Civile di Udine, il
Dott. Williams ed il sottoscritto.
A dare un carattere ecumenico alla
manifestazione, contribuiva la presenza dei parroci di Erto-Casso e di
S, Quirino.
Non è una cosa strana che i membri del clero siano presenti a cerimonie pubbliche, però è la prima volta
in Italia in cui il mondo evangelica
ha avuto una missione ufficiale accanto alle autorità civili e i rappresentanti del clero sono stati fra gli invitati. La loro presenza, mentre ha
affermato lo spirito ecumenico del
protestantesimo che non si è sentito
affatto a disagio per la presenza di
sacerdoti cattolico-romani in una cerimonia sua, ha però dimostrato anche una certa apertura psicologica dei
due sacerdoti presenti, i quali presenziarono ad una cerimonia civile sì,
ma che ebbe al suo centro un discorso del rappresentante del Consiglio
Ecumenico di Ginevra e del rappre
uirino Degli evangelisti e
di altri predicatori
sentante del Consiglio Federale delle
Chiese Evangeliche d’Italia. Alcuni anni fa cose simili non si sarebbero immaginate in Italia e soprattutto nel
Veneto! E che oggi siano possibili, ne
prendiamo atto con soddisfazione.
L’operazione « Casette del Vajont »
è così oggi conclusa.
La visione drammatica di mille soldati che scavano fra le macerie alla
ricerca dei morti, non è certo canceldalla speranza. E’, ancora una volta,
sione di quella vecchietta ottantenne
che guarda serena e sorridente il figlio che infila la chiave nella serratura di quella che da ora è la sua nuova
casa o di quella coppia di sposi che
chiede con un gioviale sorriso sulle
labbra di essere fotografata sull’uscio
di « casa loro ».
,\ncora una volta la carità ha operato il suo miracolo e almeno sulla
vita di dieci famiglie si è aperta una
nuova propizia pagina non più oscurata dalla disperazione, ma illuminata
dalla speranza. E’, ancora una volta
il miracolo deh’amore di Dio che opera nella umanità per mezzo di credenti. Alberto Ribet
Forse una delle riforme minori, -e
poi non tanto minori, che, messe insieme, potrebbero portare a un nuovo
aspetto della Chiesa, sarebbe quella
che riguarda gli Anziani Evangelisti
la CUI situazione attuale è veramente
troppo piena di contraddizioni.
Come tuitti sanno, quello delTevangelista è uno dei doni o servizi di cui
paria ripetutamente TApcstolo Paolo
e che la Chiesa antica ben conosceva e utilizzava; senonchè, allora, per
evangelista si intendeva colui che
evangelizza,- cioè particolarmente diffonde l’Evangelo verso l’esterno : diremmo oggi un propagandista.
Ora è certo* che vi sono degli « evangelisti » attuali, ohe non .sono affatto
evangelisti in questo senso, mentre vi
sono dei pastori e dei cosidetti laici
che lo sono (e, altri, molti, che non lo
sono). In un tempo più vicino a noi
Si pariava di maestri-evangelisti, che
eiano, come si ricorda, dei maestri,
cui venivano affidate quelle meravi
gliose piccole scuole che, secondo lo
« stile » calvinista univano la funzione culturale alla diffusione dell’Evangelo, per cui ancora il nome corrispondeva, almeno teoricamente, alTincar
rico affidato a queste persone. E’ curioso notare, incidentalmente, come
dalla relazioni delTepoca risultasse
IL CONCILIO VATICANO II
in una visuale protestante
La presente pubblicazione coinprende due
conferenze tenute a Milano e in varie altre
città delVltalia settentrionale e della Germania occidentale dopo la prima e la seconda
sessione dell'attuale Concilio Vaticano. Esse
espongono gli argomenti trattati nel Concilio cosi come furono presentati e dibattuti a
più riprese durante le due sessioni, per cui
nella seconda conferenza ritornano questioni
mariologiche ed ecclesiologiche già affrontate, ma non esaurientemente sviluppate nella
prima sessione. Tuttavia non si hanno vere
ripetizioni, ma soltanto sviluppi di argomenti, seguendo le discussioni conciliari.
In modo un po' sommario abbiatno distinto due tendenze in Concilio, parlando di riformisti e di conservatori. Non si tratta di
correnti o di gruppi ben delineati, ma soltanto di due orientamenti molto generici,
che contrappongono i padri che sentono in
vario modo la necessità e l’urgenza di un
rinnovamento della Chiesa a quelli più attaccati alle tradizioni, preoccupati soprattutto della conservazione di ciò che hanno ricevuto dalle generazioni passate. Un dialogo
vivace e interessante si svolge fra le due
parti. Un simile dialogo fra gruppi e tendenze diverse si ha pure in seno alle Chiese
evangeliche. L'argomento di discussione e
talvolta proprio il modo con cui regolare i
propri rapporti col cattolicesimo romano. ¡I
dialogo ecumenico non è dunque semplice,
come si potrebbe immaginare, quasi che si
svolgesse fra due parli ben definite e delimitate. Il dialogo ha inizio 'ii seno alla nostra
propria Chiesa e in essa continua anche quando già si è passati alla fase del dialogo con
l altra confessione. In tutto ciò l essenziale
c che si cerchi veramente d'intendere l altro. di esporre il suo pensiero in modo che
egli possa affermare: E’ proprio questo che
volevo dire”. Nulla nuoce tanto al dialogo,
sino a renderlo impossibile, quanto il non
prendere sul serio l'interlocutore, il dare alle
sue parole un senso che non hanno, il minimizzare ciò che egli eventualmente dica di
rilevante.
Quanto ai rapporti col cattolicesimo, vi
sono essenzialmente due pericoli per i protestanti nella situazione attuale: il sentimentalismo che ¡tarla troppo facilmente di amore, di carità, di spirito, e si risparmia la fatica di affrontare i veri problemi, dimenticando le ragioni profonde della Riforma, e
il confessionalismo angusto che fa della confessione di fede un muro di difesa e di separazione, anziché il fondamento della propria libertà cristiana e dell'apertura verso il
prossimo di altre convinzioni. In Italia protestantesimo e cattolicesimo sono veramente
prossimo l’uno dell’altro e. come il teologo
Oscar Cullmann osservò in una conferenza
Oggi ben inseriti nel dialogo, e /••• presente
pubblicazione vorrebbe soltanto portare ad
esso un cjualcke contributo.
Valdo Vinay
durante la prima sessione
conciliare, sarebbe
rmcrescevole che il dialogo ecumenico fra
Roma e le Chiese evangeliche si sviluppasse
passando oltre il protestantesimo italiano. In
realtà ”li evangelici italiani si sono fino ad
Da molte parli, sia dove il prof. Vinay
ha tenuto queste conferenze, sia dove ne
era giunta l’eco, ne veniva richiesta la pubblicazione : siamo dunque lieti che la Claudiana diffonda ora questo volumetto, il cui
scopo è espresso chiaramente dalTautore nella prefazione die abbiamo niportato.
li prof. Vinay, quale corrispondente di
periodici protestanti tedeschi, è stato fra i
giornalisti accreditati in Vaticano e ha quindi potuto seguire assai da vicino i lavori
delle due prime sessioni conciliari; la cosa
risulta evidente dalTampia e .assai viva documentazione che costituisce il nerbo delle
sue pagine, di lettura piacevole e vivace,
sempre pronte a sottolineare con cristiana
alllegrezza i segni di vita evangelica in seno
al cattolicesimo « in stalo di concilio », come pui'e a marcare senza peli sulla lingua i
punti di dissenso.
Mi pare che si possa muovere una sola
obiezione a queste conferenze e a questo
scritto: essi sembrano tener maggior conto
della fenomenologia cattolica odierna (il
grande ventaglio di tendenze fra gli ostinati
reazionari e i più illuminati progressisti)
che non della sua teologia di fondo. Non intendo naturalmente dire che il prof. Vinay
ha scritto un libretto sul folklore conciliare,
e i motti di spirito circolanti qua e là in
queste pagine dopo che nei corridoi vaticani
lianno quella funzione d'umorismo che Karl
Barili ricorda così sano, essenziale anche nelranihito della teologia e della chiesa! Voglio
dire che il prof. Vinay osserva e registra,
con occhio attente e partecipe, i lati oscuri
e quelli luminosi. le correnti e tendenze diverse che si contrastano nel cattolicesimo;
mi pare tuttavia che manchi, almeno in modo sensibile e sistematico, il riferimento di
tutte queste osservazioni alla considerazione
di fondo che il cattolicesimo è tutto questo
insieme : si può in fondo distinguere solo
fino a un certo punto, in senso di coerenza
morale o di lucidità inteilcttualc, un cattolicesimo buono (progressista e riformista)
da un cattolicesimo cattivo (reazionario e
conservatore); teologicamente Tuna e Taltra
tendenza iitsieme — in quelTarmonico compromesso che Roma ha sempre trovato e continuerà a trovare a meno di una crisi radicale — costituiscono la sintesi cattolica, perennemente tentata, a nostro giudizio certo
illusoria, eppure per molti tentante.
So bene che il prof. Vinay condivide queste considerazioni. Egli stesso scrive ad esempio, chiedendosi se vi è stata critica conciliare alla dottrina tradizionale della Chiesa,
che « data la struttura disciplinare e dogm,:lirLi della Chiesa Romana, la critica non
poteva avvenire che mediante una reinterprctazione dei vecchi dogmi o mediante Io
spostamento di accenti nelle dottrine ufficiali della Chiesa » (p. 11). Ma è proprio su
quel « data » che non possiamo in alcun
modo sorvolare lievemente, poiché è proprio
quei considerare come definitivamente « data » — attraverso il M.-igislero — la propria
posizione di fondo che condanna irreparabilmente ogni tentativo di rinnovamento romano a rimanere sul piano del riformismo, senza riuscire ad elevarsi a vera, radicale riforma. E questo lo dobbiamo continuare a dire,
senza stancarci, sia ai cattolici sia ai protestanti sia ai ’laici’, naturalmente in modo
che risulti una parola rivolta anche contro
non poche manifestazioni della nostra vita
cristiana individuale e ecclesiastica. Nessuna
vera « riforma n è possibile con semplici
« rcinterpretazioni » e a spostamenti d'accento », a mio avviso, e il prof. Vinay sottolinea
anch’egli che quest’arte è, grazie a Dio, totalmente mancata a Lutero e a Calvino.
So di essere un modestissimo rappresentante di quelli che, riprendendo una discussa
e discutibile e un tantino demagogica definizione di K. Barth, sono stati chiamati gli
« integristi protestanti »; ma non credo che
la mia posizione sia dettata da un confessionalismo statico e gretto, lì cattolicesimo è
veramente, ne sono convinto, una realtà bili-onte, o poliedrica e salvo una crisi di base
-riuscirà a "dìi'ge-rire” tutto, come ha fatto
dallo gnosticismo alla religione di stato pagana, dalTumanesimo rinascimentale alTilluminismo razionalista, dal modernismo all’esistenzialismo, dal liberalesirao al socialismo
(pian piano). Il movente ; ricondurre tutte
le cose a Cristo (cioè, per necessaria conseseguenza della sua dottrina, alla Chiesa). Il
prezzo : un conformismo in evoluzione al
presente secolo, conformismo che è tentazione costante di ogni chiesa ma che è condizione quasi disperata di una chiesa prigioni .a della propria infallibilità
Tali considerazioni non tolgono il benché
minimo valore a questo volumetto, che già
sta avendo una buona dilfusione, e che ci
auguriamo molti leggano, in quest’intervallo
conciliare: vi troveranno una solida e vivace informazione che li aiuterà, poi. -a meglio situare ia valanga di informazioni che
stampa e radio indubbiamente ci forniranno di nuovo dopo la ripresa della 3.a sessione, il 14 settembre prossimo: nonché molti
spunti di meditazione, poiché indubbiamente
la problematica cosi viva del Vaticano II
pone Interrogativi assai precisi anche a noi,
alle nostre chiese riformate, e dovremmo anche noi chiederci sempre « che cos’è il protestantesimo, oggi? che senso ha? quali prospettiv-j? », come seriamente a appassionatamente sii interroga ¡1 caltolicesìmo.
Gino Conte
VALDO VINAY, Il Concilio Vaticano II in una visuale protestante. Piccola Collana Moderna n. 6, Claudiana, Torino
1964, pagg. 74, L. 500.
che in tutte le Chiese costituite si lamentava anche allora Tassenteismo
dei fedeli, mentre nei centri affidati
ai maestri evangelisti la partecipazione media ai Culti era sempre molto
superiore al numero dei membri iscritti. „ ,
Ora, invec-3, la designazione ufflcia,Itì di questa categoria di persone è
quella di anziano evangelista; l’anziano sta bene in quanto essi, come i
Pastori fanno parte di quel collegio
degli -anziani cui è dalTEvangelo affidato il compito del governo della Chiesa locale, ma l’evangelista non ha molte. ragione di essere. Infatti, in pratica, ad essi sono affidati gli stessi compiti dei Pastori: predicazione pubblica e DTivata, amministrazione dei sacramenti, insegnamento, e. secondo la
moda dei tempi, direzione e amministrazione di opere sociali. Ora è chiare che tutta l’opera della Chiesa è,
o dovrebbe essere, evangelizzazione
verso Tintemo e verso Sesterno, ma è
altrettanto certo che questa opera può
venire svolta in chiave più o meno
evangelistica, a seconda delle capacità
di ciascuno ; in ogni caso- ciò vale tante per gli evangelisti, quanto per i pasicri, per cui non si vede la necessità
di nomi diversi.
Inoltre al nome diverso, che, in fonde potrebbe anche avere una importanza relativa, si agg'unge uno « status» differente; intanto Tevangelista
riceve alcune migliaia di lire in meno del pastore e ciò mi pare che sia
un travisamento della funzione di
quella somma di denaro che viene data a coloro che si mettono a intera
disposizione della Chiesa. Una diffe
renza di stipendio per differenza di
titolo sarebbe giustificata se, appunto, di stipendio si trattasse; ma mi pare e per ovvie iBigioni, che si debba
invece parlare nella Chiesa di una
me desta indennità «per mancato redr:itc », cioè per la impossibilità nella
auale talune persine si sono volontariamente poste di sussistere con altre
fonti di reddito. E -allora come si fa
a pensare che un evangelista debba
vestirsi, mangiare e pagar la scuola
ai figli, meno di un pastore?
Inoltre gli evangelisti, come le vedove, fanno parte di un « ruolo » speciale, per cui ad ogni Sinodo si assiste alla, vagamente sindacale, rivendicazione di alcimi loro diritti e alla,
vagamente padronale, parziale concessione di essi, con il risultato di creare
in alcuni evangelisti una specie di
complesso di inferiorità, altrettanto
ingiustificato, quanto dannoso.
Ne consegue che molti evangelisti o
figli di evangelisti fanno il possibile
per diventare pastori, il ohe sarebbe
molto bello, se non vi fosse, in qualche caso isolato, un piccolo sospietto
di rivendicazione, di vcler «passare di
ruolo », come si dice fra gli statali.
Non siamo rutti « dottori » in Italia?
Ma il punto, a parer mio, più grave,
sta nei fatto che, mentre per i Pastori gmstamente la Chiesa provvede insegnanti altamente aualificati, biblioteche, esami in quantità, soggiorni all’estero, gli evangelisti, che svolgono
la loro stessa attività, devono sapter
tutto dallo Spirito Santo, tutt’al più
seguendo gli alquanto vaghi corsi della Commissione Minis'’-eri. sostenendo,
più o meno alla chetichella, alcuni
esami (e se sono bocciati non imttorta, fanno gli evangelisti lo stesso) e
venendo consacrati nelTambito di un
distretto, in cui poi non è detto che
prestino servizio.
Ciò non significa che gli Evangelisti diano necessariamente dei resultati inferiori a quelli dei Pastori, ma è
chiaro ohe la Chiesa non sente nello
stesso modo la responsabili’^à di nreoarare i primi, come i secondi, Dur affidando ad ambedue lo stesso servizio;
e Questo non. mi pare giusto.
■Vi è poi ira’altra categoria an^^om
più diseredata di cui è bene narlars
in questo ouadro: quella ohe gli amici metedisti chiamano dei predicato
ri laici, cui noi non diamo neppure
un nome o ruolo ufficiale, ma ohe,
spesso, salgono sui pulpiti a predica’•e TEvangelo. E anche qui accade che
lo Spirito Santo intervenga e che la
IcTo predicazionf. sia spesso estremamente buona, ed edificante, accade che
certi Pastori volenterosi preparino
ner loro una qualche istruzione, accado che la bopemerita Commissione
Ministeri abb’a ciclostilato dell“ assai
incomplete e provvisorie dispense, ma
(continua in ì" pagina)
2
N. 27 — 3 luglio 1964
Il Movimento Metodista
Da molte partL^e con ragione, ci è stato chiesto a proposito della discussione sui
rapporti valdesUmetodisti di esporre in modo chiaro e accessibile che cosa intendiamo
parlando di un confroiuo sul piano teologico, inserito nel suo quadro storico. Va dato
atto alla F.U.V., che di questo movimento verso /’untone degli evangelici italiani si è
fatta convinta promotrice, di avere efficacemente curato tale informazione in seno alle
nostre unioni giovanili; uno dei quaderni* di studio più fortunizti degli ultimi anni
(si sta infatti esaurendo e se ne auspica una nuova edizione) è quello preparato dal
post. Giorgio Bouchard su ”Le cinque grandi Chiese evangeliche di oggi *. Per coloro
— molti, naturalmente — che non hanno letto questo opuscolo, pubblicheremo per alcune settimane il capitolo relativo al movimento metodista; ricordiamo che la Claudiana nel passato aveva iniziato una ^’collana metodista” — finora purtroppo non proseguita — pubblicando la versione italiana di un'opera del vescovo metodista sudamericano Sante U. Barbieri (che fu pure uno dei presidenti del C.E.C.): "Una strana
stirpe di audaci", che espone appunto vivacemente ma con fondatezza storica la vita
dei pionieri del metodismo.
II metodismo è sorto poco più di due secoli fa, ma si è sviluppato con un ritmo tale
da presentarsi oggi come una delle massime
chiese protestanti. Questo vigore straordinario è dovuto al fatto che esso è il frutto del
più grande Risveglio che il mondo evangelico abbia mai sperimentalo.
La chiesa e la rivoinzione
indnstciale
Verso il 1730 Tlnghilterra non era più
la puritana nazione dei santi che aveva creduto di essere al tempo di Cromwell : il successo aveva appesantito la vita spirituale, la
chiesa anglicana era discretamente politicante
e le stesse chiese nonconformiste (presbiteriani, congregazionalisti, ecc.) avevano perso
il loro antico vigore. In questa situazione,
non c'era alcuna forza spirituale pronta a
fronteggiare la profonda crisi di trasformazione che doveva abbattersi suiringhilterra
nel corso del secolo : la rivoluzione industriale, accompagnata dalla rivoluzione scientifica e filosofica (il cosiddetto illuminismo,
parola che allude alla fiducia, sorta in quel
tempo, che lutti i problemi culturali e sociali possono essere risolti diffondendo i « lumi della ragione »).
L’Inghilterra del XVIII sec. vedeva nascere sul suo territorio la moderna società industriale : ma questo fatto, se le dava la funzione di nazione-guida, creava dei problemi
sociali molto gravi : le masse operaie sradicate dalla terra e ridotte a puro strumento
della produzione capitalistica si addensavano
nei fetidi sobborghi delle grandi città, senza
chiesa, senza cultura, senza morale.
Per la prima volta nella storia una nazione cristiana si trovava di fronte al problema
delle masse proletarie. Le classi dirigenti dello stato e della chiesa non erano in grado
di rispondere a questa sfida sociale, perchè
troppo legate al vigente sistema economico
e troppo pervase dallo scetticismo religioso e
morale del secolo. Ma questa cristianità sonnolenta e conformista doveva sperimentare
di lì a poco un imprevisto soprassalto di religiosità popolare ; il suo principale animatore fu un aristocratico, tradizionale, liturgico pastore anglicano; Giovanni Wesley
(1703-1791).
Weste^, Witefield
e il grande Rìsvegliu
Wesley era nato nella casa di un pastore
anglicano di campgana e vi aveva ricevuto
(con altri 18 fratelli) un solido allenamento
alla pietà e alla lotta per la vita. I parrocchiani, a cui Wesley padre non andava a genio, gli bruciarono un paio di volte la casa.
In uno di questi incendi il piccolo Giovanni
fu salvato per miracolo: perciò egli si considerò sempre come « un tizzone strappato dal
fuoco ». La madre di W. fu la principale responsabile della sua educazione religiosa ed
esercitò una benefica influenza su di lui per
tutta la vita, tanto da meritare il nome di
« madre del metodism» ».
Mandato a studiare a Oxford, sì trovò subito a dover lottare contro lo scetticismo irreligioso deH’ambiente studentesco: per resistere e reagire fondò con il fratello Carlo
e alcuni amici una specie di associazione giovanile retta da regole rigorose : tutti i membri s’impegnavano a studiare metodicamente
la Bibbia, a praticare l’elemosina e ad accostarsi settimanalmente alla S. Cena. Vennero
perciò chiamati per dileggio « il santo club »,
oppure « i metodisti », nome destinato a rimanere per sempre attaccato al movimento
wesleyano.
Diventato pastore, Wesley ebbe una prima,
infelice esperienza in Georgia (Nordamcrica) :
questo fallimento pastorale gli fece sentirf*
tutta Tinutilità d'una vita spirituale fondata
sul ritualismo e sul moralismo. Ma durante
il viaggio e il soggiorno egli aveva scoperto
un gruppo di Fratelli Moravi che l'aveva sbalordito con la loro convinta, incrollabile pietà.
Tornato in patria si mise perciò alla scuola
dei Moravi; questo incontro ebbe un'iraportan^à decisiva per luì: infatti entrò così in
contatto con il pietismo germanico c, attraverso il pietismo, con una tradizione luterana.
La sera del 24 maggio 1738. mentre con
un gruppo di Moravi leggeva il famoso commentario di Lutero aH’Epi&toIa ai Romani,
Wesley attraversò una sconvolgente esperienza spirituale: egli «senti », con la commozione nel cuore, che Cristo aveva perdonati*
i suoi peccati e che ormai egli metteva solo
in Cristo la fiducia della sua salvezza. In altre par de, egli sperimentava la giustificazione
per fede.
Non v'era nulla in lui del formidabile travaglio intellettuale che aveva portato Lutero
a quella scoperta : Tesperienza luterana era
rivissuta, diciamo così, attraverso una specie
di scorciatoia psicologica.
Tuttavia a partire da questo momento la
posizione di Wesley divenne autenticamente
evangelica: abbandonando le sue antiche posizioni dì ritualista raisticheggiante, egli dedicherà tutta la sua vita a diffondere una
esperienza religiosa centrala suila scoperta
dell’amore di Dio, del perdono e della salvezza gratuita.
Fu proprio in quest'opera di evangelizzazione che Wesley rivelò la sua statura di
grande capo religioso. Mentre i suoi maestri
pietisti e moravi si limitavano a coltivare
piccole cellule di cristiani convinti, Wesley
si rivolse alle masse proletarie. In ciò egli
non fu, a dire il vero, nè il solo, nè il primo :
uno dei membri del « santo club », Giorgio
Whitefield, calvinista convinto e predicatore
affascinante, aveva predicato per qualche
tempo in America e in quelle teri'e selvagge
di pionieri si era abituato a predicare all’aperto. Tornato anche lui in Inghilterra
aveva scoperto che alla periferia delle città
esistevano enormi quartieri operai senza chiesa: Whitefield si sentì naturalmente portato
a ripetere qui l’esperienza americana, e il 17
febbraio 1739 tenne la prima predica all’aperto a Kingswood, sobborgo di Bristol, ottenendo uno sbalorditivo successo di numero
e di qualità : commossi da quella predicazione entusiastica, molti uditori confessavano i
propri peccati in mezzo a crisi sconvolgenti,
si convertivano e mutavano vita.
Wesley, dopo qualche esitazione, si inserì
in questo lavoro e lo seppe organizzare genialmente : si stabilì a Kingswood, vi costruì
una cappella e, subito, anche una scuola,
inaugurando così queirassociazione fra predicazione e opere sociali che rimarrà caratteristica del metodismo. Inoltre Wesley si rese
subito conto che i convertiti non potevano
essere aibbandoinati a se stessi in mezzo alla
massa miscredente che avrebbe fatto di tutto
per riassorbirli : egli applicò allora alla nuova situazione lo schema dei pietisti moravi,
e decise che i convertiti dovevano frequentemente riunirsi a piccoli gruppi (6-12) per
incoraggiarsi a vicenda, confessare le proprie
colpe, sorvegliare c aiutare i vacillanti.
Questo fu Tinizio del sistema delle « classi », che è stato il segreto del successo metodista e che ritroviamo oggi, secolarizzato, nelle cellule dei partiti. Wesley pensava che
questi piccoli gruppi di veri credenti avrebbero potuto essere come un lievito di rinnovamento in seno alla chiesa anglicana. Ma
dato che questa li respinse, essi divennero di
fatto le cellule di base della futura chiesa
metodista.
Dopo qualche mese Wesley cominciò a
predicare in altri centri industriali, ottenendo gli stessi successi che a Kingswood e organizzando nello stesso modo i convertfti;
ma davanti aH’estenderei dell’opera egli si
trovò a mancare di collaboratori qualificati :
pochissimi pastori lavoravano con lui e la
chiesa anglicana lo osteggiava ormai apertamente. Perciò Wesley fu costretto ad affidare a semplici laici il compito di dirigere
in sua assenza i vari gruppi e di svolgere
qualche limitata attività spirituale.
Ma quando il muratore Maxfield, contravvenendo ai precisi ordini del capo, si mise
a predicare, Wesley vide nel successo di
quella predicazione un segno provvidenziale :
con questo egli faceva un secondo passo in
direzione evangelica, rivivendo in forma pratica e empirica il messaggio luterano de!
sacerdozio universale.
Da questo momento Wesley fu libero per
u :a missione di grande ampiezza: affidata
a dei laici la predic^.Tlonc locale, egli si dedicò per cinquanl anni alJ evangelizzazione
itinerante, portando instancabilmente il suo
messaggio in lutti gli angoii della Gran Bretagna. Il suo famoso detto: «La mia parrocchia è il mondo » non è del tutto ingiustificato se si pensa che predicò 42.000 volte
percorrendo in tutto 360.000 chilometri.
L'azione dì Wesley si estese presto all'America. dove Whitefield aveva lavorato con
grande serietà, pur dimostrandosi incapace
di consolidare i risultati dei suoi risvegli :
calvinista profondamente convinto della dottrina della ijredestìnazione, Whitefield si limitava a seminare la Parola senza organ'zzare ì convertiti (1). Perciò anche in America il Risveglio si consolidò su linee weslcyane: nel 1770 l'organizzazione del metodismo
inglese fu estesa all'Àmerica, in modo che
quando la chiesa anglicana venne coinvolta
nel crollo del dominio inglese (1776) il metodismo èra pronto a divenire la principale
forza impegnata nell’evangelizzazione della
nuova nazione : negli Stati Uniti l’Ottocento
sarà un secolo metodista.
Ma in America v’erano pochissimi pastori
regolarmente consacrati e tutta l’opera poggiava sui valorosi predicatori laici; e poiché
i vescovi anglicani rifiutavano di consacrare
dei pastori per la missione metodista, Wesley
decise di procedere personalmente alle necessarie consacrazioni : egli si era infatti convinto che nel Nuovo Testamento vescovi e
anziani (presbiteri) erano praticamente equiparati e che perciò anche lui, semplice pastore (presbitero) incaricato d'una missione
straordinaria, aveva il diritto di consacrare
altri pastori. Con questo Wesley faceva un
ulteriore passo in direzione evangelica : il rifiuto della successione apostolica dei vescovi.
I capi del metodismo americano presero presto il nome di « vescovi », ma non furono
e non sono altro che dei sovrintendenti, e
non hanno nulla a che fare con i vescovi anglicani (2).
Giorgio Bouchard
iiiiiitiiimiiiiiiiiimiiiiiiii
Cinema
GOTT MIT UNS
Al cinema Romano di Torino continuano
le proiezioni del film-dociimentario « Goti
mìt uns » di Fernaldo Di Giammatteo. E’
senz’altro qualcosa di più che un « documento » sulla storia del nazismo ed è ben
diverso dai molteplici e generici documentari sulla guerra nazista, comparsi negli ultimi tempi. .Si tratta di un approfondito saggio dì critica storica in cui il fenomeno d?l
nazismo non viene presentato come lo scaturire improvviso di un momento di pazzìa,
generale e collettiva, come un fatto a parte,
isolalo, ma con una conseguenza logica di
« certe premesse » che hanno permesso e facilitato. anno dopo anno, mese dopo mese,
il sorgere c lo svilupparsi del nazismo: tra
queste premesse vengono citate il silenzio
della Chiesa Cristiana (eccetto singoli « obiettori dì coscienza » ed obiettori al nazismo),
il militarismo di certi stati, le conseguenze
del capitalismo europeo, ecc.
Di Giammatteo, studioso serio e cosciente
del cinema, ha raccolto una grande quantità
di documenti inediti, che prendono in esame circa mezzo secolo di storia tedesca, da
Guglielmo II all’avvento di Hitler, per i cui
soldati fu coniato ¡1 motto « Golt mit uns »
(« Dio è con noi ») e inciso a fuoco sulla
fibbia dei loro cinturoni. Durante lutto il
film ci si chiede quale Dio possa essere stato
con loro, con il popolo nazista: non certo il
Dio della Bibbia, ma un Dio di comodo, un
Dio tradizionale a cui si possa far dire ciò
che si preferisce e che torna di vantaggio,
un Dio che è servito loro per far soffrire i
popoli con le più atroci torture della fame
e della guerra, delle ingiustizie, dello sfruttamento e della schiavitù, dei massacri organizzati e dei campi di concentramento.
Il film presenta una buona parte di questo cammino di violenze, indicando da una
parte coloro che le hanno favorite (clero,
borghesia, industriali, opportunismo di certe
classi, ecc.) e presentando daH'altra un nutrito elenco delle singole persone che si opposero al nazismo (per un totale dì circa
45.000) sacrificando la loro vita. I popoli
DOMANDE INNOCUE, MA NON TANTO
I padrini : decorazione
ecclesiastica ?
« Signor Pastore, desidererei battezzare il
mio bambino in una delle prossimo domeniche, è possibile? ». Domanda normale, apparentemente innocua, ma solo qualche rara
volta, perchè quel brav’uomo che ti ha chiesto il battesimo del proprio figliuolo è proprio quel membro di Chiesa che spiritualmente vegeta alla meno peggio tra tanti altri, seguendo l’andazzo normaìe delle attività
ecclesiastiche, ma- non con eccessivo zelo :
mica è un fanatico! Forse è questa l’occasione
attesa da tempo per una discussione seria,
profonda, per una catechesi battesimale, per
una cura d'anime intima verso di lui e sua
moglie. Benvenuta quindi quella piccola creatura così piccola ed ancora incosciente ma
che si rivela già preziosa per la testimonianza deU’Evangelo.
« Ma certo, senz’altro!... anche domenica
prossima, se lo desidera, al culto del mattino » si affretta a rispondere il Pastore già
lieto per la buona occasione di ricondurre all'ovile la pecorella smarrita... o quasi! almeno dal suo punto di vista. Alla sua mente
affiorano lontani ricordi di teologia pastorale;
si sente pronto ad affrontare il cimento, il
caso particolare che gli si offre, nel colloquio, nella catechesi liattesimale, il tutto con
tatto estremo perchè l'Evangelo venga ripro
(1) Wesley non accettava il calvinismo di
Whitefield ed era convinto che Dio offre la
salvezza a tutti («libera grazia»): sono gli
uomini che decidono il proprio destino accettando o respingendo la salvezza. Si può
notare in questa semplificazione della dottrina biblica della salvezza una certa influenza
di quel razionalismo settecentesco che Wesley aveva superato più con il sentimento che
con il pensiero. {Quanto all’incapacità organizzativa del Whitefield, si trattava di sua
caratteristica personale, non certo di una
conseguenza del suo calvinismo: si pensi infatti alla vigoria e molteplice fantasia organizzativa di Calvino! - N.d.r.).
(2) Secondo le carÉUeristiche del pragmatismo inglese, e metodista, tale rifiuto ci pare però esser stato anche qui imposto dagli
eventi più che frutto di un approfondimento
teologico, e ci pare che una vena episcopale
non possa essere in alcun modo negata nel
metodismo ieri e oggi. D'altro lato tale vena
si ritrova in altre chiese protestanti, da quelle
luterane ad alcune riformate (Ungheria, Spagna, ecc.): il fatto che questi vescovi lo siano
per lo più a vita distingue comunque queste
chiese da quelle a regime presbiteriano-sinodale. N.d.r.
Un’eredità ingombrante che pone gli eredi
in una situazione ambigua e imbarazzante:
la ricerca dei padrini!
d’Europa aprirono gli occhi Tuno dopo l'altro ed organizzarono la resistenza al nazismo,
fino a combatterlo e costringerlo alla resa
E’ ovunque presente il bisogno di chiarire e smascherare la vera origine del « mito » nazista, del superuomo, della razza superiore, di come si è sviluppato, ingigantito,
e di comò è « capitolato », ammesso che lo
sia. Infatti il regista si chiede se veramente
questo mito sia stato sotterrato negli animi
dei tedeschi di oggi, o se non sia soltanto
sopito, in attesa che una scintilla od un altro « Führer » lo ripristini.
Dì Giammatteo ha posto a conclusione
del film, alcuni ben centrati interrogativi
sul pericolo attuale che il nazismo rappresenta, richiamandosi alla realtà della Germania di Adenauer e di Erhardt.
Nel dibattito pubblico che si è tenuto nello stesso cinema Romano, il regista ha così
sintetizzato il pensiero centrale del suo film:
« Vi è una tendenza a sottovalutare il problema tedesco, addirittura a dimenticarlo,
mentre invece oggi è più che mai necessario porlo criticamente al centro dell'attuale
situazione inlernazioiiaU. Lo scopo del mio
film è proprio quello di costringerci a guardare quella realtà, luilora spavonlosa, carica
di minacce... Le nuove generazicni non hanno appreso nulla che le aiuti a dimenticare
gli orribili errori delle precedenti... ».
Al pubblico cosciente c responsabilizzalo
da tali visioni non può non tornare in mente il grido di B. Brecht : « Questo mostro
'itava una volta per governare il mondo! I
popoli lo spensero, ma ora non cantiamo
vittoria troppo presto : il grembo da cui nacque è ancora fecondo». B. P. Turin
ARRIVI
IN LIBRERIA
ISOBEL KUHN; Foglie verdi nella siccità
La storia deilÌ’e&odo dalla Oina comunista degli Uiltimì missionari della China
Inland Mission. Pagg. 158, L. 650.
posto con tutta la sua profondità al fratello
nella sua particolare situazione. Ma la realtà,
ben diversa, si presenta senza delicatezza alcuna, come quegli schizzi di acqua fangosa
che aH’improvviso il tuo prossimo, per l’occasione comodamente assiso su di una potente autovettura, ti spruzza addosso passando
velocemente sull'asfalto bagnato tra le pozzanghere in un giorno di pioggia, mentre tu
con cura hai tentato invano di camminare
a ridosso dei muri. « Bene, ci vedremo allora domenica mattina all’ora del culto. Va
bene?... a proposito... i padrini debbono tenere il bambino in braccio prima o dopo che
lei lo battezza? ». Già! Ci sono i Padrini con
cui fare i conti, per non dire della possibilità
di un incontro almeno con i genitori escluso
a priori dalla secca risposta della « pecora
smarrita ».
« I padrini?... già... è naturale... sì i Padrini » risponde sorridendo il Pastore facendo buon viso a cattivo gioco. « E... chi sono
i Padrini? ». Due nomi di illustri sconosciuti
o dì persone notoriamente fra i meno adatti
ad assolvere tale incarico rappresentano l’unica risposta.
Mentre molti optano per il battesimo degli adulti, non esclusivamente per motivi e
convinzioni teologiche battislc, ma fors’anche
per molivi prettamente disciplinari diremmo
quasi per indurre a maggior riHessione ed a
ponderato e conseguente comportamento ì
troppi genitori che fanno battezzare i loro
figli per pura pia tradizionale abitudine religiosa senza intendere il profondo impegno
che assumono nei confronti dì Cristo e della
Chiesa, altri accettando per sincera convinzione il pedoballismo vi aggregano diremmo
quasi vi applicano a guisa di ornamento o
decorazione necessaria i padrini la cui figura
ed il cui significato si perdono nel vago della nebbia spessa e non facilmente diradabile
delle tradizioni e delle regole liturgico-pratichc, che mollo facilmente, in modo particolare nelle zone del Sud, la Chiesa romana
riesce ad inculcare nei suoi fedeli i quali
dopo averle asserbìte e falle proprie, ne conservano spesso anche dopo la loro conversione all’Evangelo il ricordo, e si fanno precìso
do\cre di suggerirle ai nostri membri di
Chiesa ad integrazione di una carenza della
nostra prassi battesimale.
Infatti i padrini li abbiamo anche noi, ma
la loro presenza, la loro funzione ed il loro
significato, non sono precisati in alcuna norma pratica o disciplinare dei nostri regolamenti. Le Chiese evangeliche sorte dalla Riforma del XVI secolo hanno infatti ereditalo ì « padrini » dalla prassi cattolico-romana
ma non ne hanno accettato le norme che li
caratterizzavano e ne definivano i limiti, i
compiti, gli impegni. Per cui non di rado
siamo spettatori ed attori in situazioni ben
ambigue, e, mentre un pastore chiede ai genitori ed ai padrini di pronunziare le solenni promesse previste dalla liturgia del battesimo (che tra Taltro non è sufficientemente
chiara al riguardo delle persone cui deve essere richiesto il famoso « si »), un altro si
rivolge ai soli genitori e lascia da parte i padrini liducendone la presenza a puro elemento decorativo.
Alla fine però, è esperienza comune, i « padrini» che di solito ci sono e non sanno bene
che cosa fare, se avvicinarsi o no, se prendere in braccio il pìccolo per portarlo al fonte
o riceverlo dalle mani della madre dopo l'amminislrazione del sacramento, sono impacciati e confusi a tal punto che Tintervento di
una lontana parente o conoscente, di una
comare che sa tutto in ogni occasione, si rivela prezioso. E... potete scommetterci, i preziosi suggerimenti sussurrati prima o addirittura durante il culto non sono che il sunto di quelle norme canoniche genericamente
note e che prescrivono al padrino di sorreggere, toccare il battezzando o levarlo dal sa
cro fonte o riceverlo dalle mani del battezzante.
Ma perchè tutto ciò? In fondo che i padrini esìstano o no, siano presenti o no, non è
un problema di fede bensì di prassi e di dìsciplina ecclesiastica, di prevenzione religiu.
sa, ma di quella religiosità umana che ten 1»*
:i garantire l’uomo dagli alti e bassi delle
vicende della vita. Perchè, indipendentemente da quali possano essere stati i motivi che
indussero i primi cristiani ad ammettere dei
padrini o dei testimoni al ballesìmo dei fanciulli 0 degli adulti, oggi ì padrini sono scelti
per una funzione vicaria, nella eventualità
che i genitori muoiano e non si curino più
del loro pargolo. Non è tanto alla educazione
spirituale quanto ad una garanzia materiale
finanziaria del fanciullo che si pensa; per cui
la scelta dei padrini, almeno nel Sud, stantio
alle comuni esperienze, si fonda su criteri e
motivazioni ben precise e del tutto estranee
ad una corretta problematica biblica. Esaminata senza falsi pudori, e non ci si dica per
favore che siamo pessimisti, la situazione
odierna può essere precisata in alcuni puiiii:
teoricamente quando i genitori scelgono ì }>adrini per i loro figliuoli dovrebbero sapere
che i « padrini » assumono davanti al Signore ed alla comunità dei particolari impegni
verso il fanciullo, ma praticamente tale pensiero spesso non rientra neppure lontanamente tra le preoccupazioni che guidano nella scelta dei padrini. La normale regola si è
mutata in rara eccezione.
In genere infatti la scelta di determimue
persone affinchè facciano da padrini è guidata dai più svariati motivi :
1) Convenienza materiale: padrini ricchi
0 socialmente e finanziariamente in solida
posizione.
2) Inconscio culto della personalità; si sceglie quel membro di Chiesa che gode di maggiore reputazione nella comunità, o quella
persona che brilla nel proprio naturale ainbiente al quale spesso i genitori del battezzando appratengr.no occupando un posto inferiore.
3) Principi di classismo borghese ; si sceglie chi può essere all’altezza sociale della
famiglia del battezzando, indipendenlemcnle
dal suo credo religioso.
4) Preoccupazioni e scrupoli personali:
specialmente presso i neofiti o i neo-converlili
provenienti dal cattolicesimo romano si preferiscono quelle persone che già furono padrini o madrine al battesimo o alla cresima
degli altri figli, secondo il rito cattolico, ¿idducendo la scusa che « se no sì offenderebbero ». In questo caso v’è una evidente riduzione della serietà dei problemi della fede al
livello delle misere prevenzioni umane.
5) Scarsa sensibilità della comunità per il
problema del pedobattismo dovuta o a tendenze baltiste del Pastore o di parte dei membri, oppure ad una insufficiente preparazione
catechistica attuale o remota.
6) Psicosi del Battesimo: alla nascita di
un fanciullo, sia per le pressioni di parenti
non evangelici, sia per tradizione, anche i
membri più periferici c tiepidi delle nostre
comunità avvertono il Pastore del loro desiderio di battezzare il fanciullo solo poeJii
giorni prima della data già fissata, in festoso
unanime consenso, da tutta la numerosa parentela; quando addirittura non si avverte
il Pastore la- mattina stessa del culto.
7) Situazione ambientale in cui rindìff'erenza dei genitori, che sono i veri padrini sechi
da Dìo, è conseguenza della indifferenza della
comunilà. Stando cosi le cose, ed escludendo
1 rarissimi casi in cui sia genitori che padrini
sono evangelici dalla vita esemplare, quante
volte nelPaccettare dei padrini scelti tra ì
catecumeni, i neofiti, i simpatizzanti, ì membri più tiepidi delle comunità, quando non
addirittura tra gli atei, i pastori si sono resi
gravemente colpevoli davanti al Signore?
Hanno indotto, pur con ogni buona fede e
con la migliore delle intenzioni, questi padrini a pronunziare delle promesse che si
sapeva a priori non sarebbero state mantenute. Li hanno reso spergiuri davanti a Dio.
Non sarebbe meglio non incoraggiare o
addirittura sconsigliare ai genitori la ricerca
dei padrini? Una rivalutazione della istituzione del padrinalo ci pare oltremodo diffìcile
e problematica. Essa presuppone l’esistenza
di una comunilà fedele fondata su di una
seria e continuata preparazione biblica, nutrita tla una adeguata catechesi battesimale
impartita indistintamente senza eccezione alcuna a tutti i suoi membri.
Inoltre la libertà con cui nella nostra Chiesa ì sìngoli pastori hanno accettato ed accetlano di adeguarsi oppure respingono tale
prassi riconoscendo o no la validità di questa
tradizione ecclesiastica alla luce dell'Èva ugeio, e giudicando volta per volta dinnanzi ad
ogni singolo caso concreto, è. ci pare, segno
evidente che il problema del padrinalo al
battesimo dei fanciulli deve essere affrontato
oltre che sul piano teologico dogmatico, anche sul terreno storico disciplinare in cui una
prassi è valida e viene mantenuta fino a clic
la si può giustificare in quanto assolve al
compito e raggiunge lo scopo per cui è stata
creata ed è mantenuta, ma cade in disuso c
diviene addirittura sterile e controproducente. come nel nostro caso, quando ingenera
equivoci e rende di difficile comprensione il
messaggio della grazia di Dio.
Crediamo quindi che sia stata proprio una
saggia decisione quella votala dalla Conferenza Distrettuale autunnale del VI Distretto
(cfr. « La Luce » 29-11-1963 p. 2) in un
O.d.G. approvato airunanìmità in cui tra
l'altro si chiede che : « le promesse al battesimo dei fanciulli siano richieste ai soli genitori ». I padrini, se ci saranno, adempiranno ad una pura funzione decorativa. E'
un passo verso la chiarificazione di un problema ben lungi dall'essere risolto e che resta ancora un « problema aperto » per ogni
singolo membro delle nostre comunità.
Giovanni Scuderi
3
3 luglio 1964 — N. 27
pag. 3
Vieni, Spirito Creatore
Per il rinnovamento del culto
e della testimonianza
Relazione sulla Conferenza
Che cosa si può fare? Ogni risposta
presuppone che ogni Chiesa deve attuare il proprio rinnovamento e che
non basta l’idea che « tutto deve cambiare ». qualunque sia l’impulso che
muove. Si oossono tuttavia fare alcune prcpcste precise, largamente applicabili, che sono conseguenza naturale
di tutto ciò che abbiamo detto fin qui
sulla Chiesa.
1 Lavorata sempre a render possibile una simile comunità. PensateOia
non come un ideale evaneBoente ma
come ciò che la Chiesa può e deve essere. Gli incontri amichevoli, la costruzione di locali nei quali la parrocchia abbia l’impressione di formar
re una comunità visibile possono dare un impulso ; tuttavia tali mezzi non
implicano necessariamente 1 impegno
totale della persona e possono divenire semplici distrazioni. Pemhè non
inviteremmo al pranzo della domenica lo straniero, l’amico, il vicino seduto sul nostro stesso banw, in chiesa? Come membri della Chiesta di Orista apparteniamo già gli uni agli altri. almeno abbastanza per poter pranzare insieme? Come imparare a conoscerci, altrimenti?
2. Esigete di avere occasioni (M pregare in comune in qualche culto
non soltianto con cantici o responsori e non soltanto con preghiere pronunciate dal pastore, ma con quelle
proiiunoiate dalla comunntà tutta insieme. Naturalmente possiamo adottare questo nuovo modo di fare con^rvando immutate le vecchie abitudini.
Ad ssempio, le nostre preghiere comunitarie di confessione sono isolate, o
le pronunciamo essendo ben coscienti gli uni della presenza degli altri'?
abbiamo coscienza di cantare i nostri
cantici di lode come comuniità o come
agglomerato d’individui? che le preghiere d’invocazione, di azione di grazie d’intercessione servono a aprire i
ncstri cuori a tutte le persone preseriti, oppure si tratta di semplici cerimonie celebrate da una folla anonima? ,, .___
t. Rivendicate! il diritto e 1 occasione
di ascoltare la Parola di Dio — in un
culto ordinato, nel quale ogni nota
importante della preghiera ha il suo
pesto ben determinato. Questo implica un uso avveduto della Scrittura e
la comprensione ohe ogni preghiera
è una risposta alla Parola che Dio ha
già pronuniciata e che il sermorie è la
proclamazione della Pairola di Dio.
Questi elementi vanno considerati come l’atto di un sol uomo o come il
(' servizio! » — scambievole di un assemblea che si riunisce per diveintare
una comunità più profonda e più obbediente al suo Signore? Ogni laico
non ha forse la responsabilità di ricercare e studiare la Parola Dio può
volergli rivolgere — a lui e a tutta
la comunità — attraverso il culto don,enicale, e di agire secondo questa
Parola, anziché starsene seduto passivamente, aspettando che il inessag^o
le « avvicini »? Quale altra possibilità
lo Spirito Santo avrebbe di averla vinta sui formalismi, portando la grazia
e la verità di Dio?
4 In un certo senso, Oìgni aoto eli
culto c di adorazione autentica è un
miracele. Perciò i sacrarnenti dovrel>
bero avere parte importante nella vita della Chiesa; ci ricordano che Dio
viene in mezzo a un’umanità peccatrice; viene davvero in modo particolare, formando rrdracolceamente un
popolo attento e obbediente, medrante i sacramenti che eelobriaino. Abbiar
mo di che rallegrarci! Ma cd railegriamo davvero?
della sua morte? Se molti di noi hanno trasformato questo sacramento in
un memoriale occasionale, la cosa
non è legata al fatto che non attendiamo davvero che Io Spirito Santo
ci porti, hic et nunc, la graz a e la verità di Dio? Se ogni tanto evochiamo
la realtà della comunione degli apostoli, non lo faooi'amo perchè abbia
mo perduto il senso ohe siamo noi pure una oemunità apostolica? Il Signore che doveva morire e riorgere non
è anche il nostro Signore? Di che cosa
abbiamo paura?
La testimonianza
delia comunità
Il culto è già una testimonianza.
Testimoniare significa vivere il culto.
Perciò è sorprendente constatare tutta la forza .spirituaile che risulta dai
nostri teniativi di « uscire dai ncstri
templi». Tuttavia i notti progetti di
opera sociale, campagne d’evangelizzazione, programmi d’assistenza, in
una parola tutti i nostri sforzi per
costituire un servizio cristiano non saranno che paglia al vento se non_ si
radicano in una comunità di serviziocomimità di testimonianza nella quale esercitiamo già il nostro ministero
comune cerne popolo di Cristo.
A misura che questa comunità si
volge aU’estemo, il Regno di Dio entra nel mondo, lo Spirito Samo viene — cioè il Regno di Dio diventa una
realtà — l’Evangelo continua a essere la buona novella perchè Dio rinnova gli uomini.
Nella pxospettiv-a del Regno di Dio,
come può una comunità accontentar
si di restare isolata dalla Chiesa di
tutti i tempi e di tutti i luoghi? come
può evitare di pregare affinchè lo Spirito Creatore venga a chiamare le
Chiese lill’unità? Anzi, come può pregare sinoera-mente « il tuo Regno venga... », se non ha fiducia che lo Spinto Creatore lavori in lei per la redenzione del mondo? Come può isolarsi
dia tutta la vita del mondo, specie in
un’epoca in cui non è a-ssolutamente
possibile de-solida,rizzarsi — o almeno, non se ne hanno* scuse — dal movimBnto che porta gli uomini alla foimazione di una società mondiale? So
prattutto, questa comunità come può
arretrare davanti alle necessità, ai diritti, alla semplice presenza di ogni
persona o gruppo di persone che e
nellimmediata prossimità della sua
chiesa, ovvero escludersi dalla comunità sociopolitica nella quale vivono
1 suoi membri?
Questi due imperativi — cercare 1 undtà delle Chiese e partecipare al ministero redentore di Cristo nel mondo
— sono sempre stati quelli a cui è
chiamala a rispondere una Chiesa che
vuol essere testimone. Non c’è ragione
di creare nuove organizzazioni e di
lanciare nuovi programmi, finché nelle nostre parrocchie non saranno scaturiti questi due imperativi, frutti della nostra passione per il rinnovamento ; aillora non avremo bisc!gno di costruire casteilli in aria. La chiarnata
di Dio ci giunge in modo immediato
e chiaro. I piani particolareggiati ed
i mezzi tecnici seguono, come espressione necessaria di questa chiamata.
La vita deliia nostra Chiesa incoraggia il
dischiudersi', nei suoi membri, dj questa
passione di rinnovamento? Tale dovrebbe
essere il nostro sformo creatore, alle condizioni posta da Fili. 2: 12-13!
(continua) Tereiice Tice
Riconfermata la Commissione Distrettuale
uscenl •. eletti i deputati al Sinodo, approvati gii Atti relativi ai propri lavori, la Conferenza del V Distretto si è sciolta alle 17,10
dì domenica 14 giugno, dopo aver fissato di
riconvocarsi a Taranto, settimana più settimana meno, di qui a un anno. Se nel frattempo lo Spirito Santo avrà fatto di noi
tutti delle creature nuove, a quell'epoca ci
occuperemo meno dei casi personali e più
della vita delle Comunità, saremo meno suscettibili per ciò che riguarda noi stessi e più
disponibili alle esigenze dell’Evangelo.
Ma non avendo il compito di prevedere
Tandamento della prossima Conferenza, bensì quello di riferire su quella recentemente
svoltasi, dirò, per la cronaca, che eravamo
in venlìdue, che abbiamo avuto due giornate
assai piene, che Tospitalità della Chiesa di
Napoli (via dei Cimbri) è stata esemplare, e
che il Seggio era composto dall'Anz. Ev. Enrico Trobia (che ha tenuto il culto d’apertura) quale pre.sidente, dal Dr. Eros \ icari
quale vice-presidente, e dal sottoscritto quale
segretario.
Più d'uno gli argomenti degni di menzione che la Conferenza ha trattato; e sebbene essi rappresentassero voci diverse dell’o.d.g., sono tutti legati insieme: segno che
nulla, nella vita della Chiesa, può rimanere
isolato, ma che veramente la sofferenza o la
gioia di un solo membro sono la sofferenza
o la gioia di tutto il corpo.
Riguardo al campo di lavoro, va osservato
che il nostro distretto è forse quello che comprende le più vaste diaspore affidate alle cure
della Chiesa valdese. Parecchie zone, di vasta
estensione, di scarse comunicazioni, di poca
cultura, sono costellate di gruppi dì credenti,
sparuti, scarni, ma vìvi ed assetati dell’acqua
della vita. Qui il seme dell’Evangelo, gettato
la prima volta quasi per caso, è germogliato,
ha dato frutti: iono questi i gruppi che riforniscono membri alle Chiese delle città
grandi. E per la cura di questi gruppi disponiamo di troppo [lochi operai. 1 pastori
che se ne occupano attualmente fanno tutto
quello che possono, spesso anche il di più,
e continueranno. Ma occorre che altri operai
lavorino alla messe del Signore, hinchè non
ci saranno, finche quello delle vocazioni al
ministero continuerà ad essere un problema
irrisolto, bisogna far sì — se è vero che
crediamo nel sacerdozio universale dei credenti — che sorgano nei gruppi stessi dei
fratelli capaci di predicare.
Essi non sorgono dal nulla, evidentemente : occorre la preghiera della Chiesa, occorre
la preparazione. Agape ha preannunciato da
tempo la pubblicazione di corsi per responsabili (che non abbiamo ancora visti), la Facoltà pure ne ¡>otrà preparare. Neirattesa degli uni e degli altri, che speriamo « potabili » anche ai non troppo culturalmente « provveduti », ci serviremo, dato che potremo già
averli a settembre, di quelli approntati per
la Chiesa di Catania.
Sulle attività tradizionali della Chiesa, si
nota che la frequenza ai culti è più o meno
stazionaria; che ci sono troppi simpatizzanti
i quali preferiscono rimaner tali per lunghi
anni piuttosto che confessare pubblicamente
la loro fede; e che le Scuole Domenicali, olire ad avere ì loro pro-blemi locali di frequenza, di disponibilità di monitori, di orario. sono state tutte quante a disagio per la
poco curata preparazione e l'irregolare spedizione dei quaderni del programma nazionale.
Evangelizzazione ed opere sociali. E' forse
opportuno riunire sotto un solo capoverso
queste due voci, in quanto, come osserva la
Relazione della Commissione Distrettuale, la
predicazione « impedisce alle opere sociali di
sfociare nel vuoto attivismo; le opere sociali
impediscono alla Chiesa di diventare una
’venditrice di parole’, o, se si preferisce Timmagine di Paolo, ’un rame risonante’ ». L’Evangelizzazione ci dà cattiva coscienza. Siamo disorientati? delusi dei pochi risultati otlenut'i finora? iindiffere'nti' e scansafatiche?
abbiamo esaurito il nostro amore per le anime? Comunque sia, l'evangeiizzazione vive,
per ora, dì... ricerca di metodi: squalificati
quelli vecchi, di là da venire quelli nuovi!
Che faremo finche non ne avremo trovati?
La Commissione Distrettuale è incaricata di
prender particolarmente a cuore questo settore della nostra vita, e, insieme con esso,
quello delle opere sociali, Ü cui problema di
fondo consiste, più che nella disponibilità
dei mezzi e nell’interessamento della Tavola,
nelle vocazioni al servizio: è questione di
uomini, prima che di mezzi. Anche di questi
problemi la soluzione può trovarsi nella preghiera.
Sulle trattative di unione con la Chiesa
metodista, non ci si è potuti pronunciare
in quanto il rapporto deUa Commissione mista è giunto troppo tardi per esser sottoposto
all’esame delle Chiese durante quest’anno. Attendiamo l’anno prossimo, dunque.
La Chiesa vive di attesa. Non solo per
que«*a, ma per tutte le sue ccse. Attera dciV.a grazia e del perdo-no du Dio, della sua luce e della sua guida. Tutto ciò che
facciamo, speriamo che possa esser da Luì
accettato e benedetto. Tutto ciò che faremo,
da Lui ispirato e guidato. Soli Deo gloria!
Salvatore Ricciardi
Not ereile
in margine
Le Conferenze Distrettuali sono come il
respiro della nostra vita democratica: un respiro ampio che condiziona la vita stessa dell’organismo. Uno può esprimere il proprio
pensiero a rischio di attirarsi antipatie [Dcrsonali, ma può anche, ed è questo quel che
conta, in un quadro più ampio soffrire coi
propri fratelli e cercare insieme con essi in
uno spirito di umiltà quei rimedi che nell’isolamento non sarebbe possibile intravedere.
Siamo grati al Signore anche perchè quest'anno trovarci in seno alla Comunità dì
Via dei Cimbri, la quale ha ritrovato la sua
unità e il suo fervore, dopo la ben nota crisi
è stato per lutti una confortante esperienza.
Anche la presenza del Delegato della Tavola. Pastore Pier Luigi Jalla, coi suoi interventi ha concorso a dare alla Conferenza
medesima quel tono di equilìbrio, di contenutezza c di sobrietà che torse non avrebbe
avuto.
Ma mi domando senza tentare una valutazione cli’è sempre temerario fare, se noi 23
delegati che per due giorni ascoltammo e discutemmo insieme, se abbiamo tutti avvertito quel qualcosa che proprio nel respiro di
questo organz ino che c la Ch-csa, 1 insieme di' que’li che hanno credute, non va.
Oh non siamo pessimisti! non sono entrambi i polmoni che accusano stanchezza.
Osservate come Fil- 2 :
1-18 descrive la
l’.Miiunità crisjiana. Tulla questa letlera com
cerne la gioia del popolo-servitore di Cri
sto. Paolo parla qui della croce e in vir'm
(li una coinoS'Cenza jinitiima della sofferenza,
sofferenza che non idealizza ma considera
con <alma per quel che è; egli contennpia
però la croce dalle « altezze v delia resurrezione. Perciò è nella gioia. 11 nojtro eu.^
to, la nostra adorazione sono ih tal nalrara
La quarta proposca e dunque la seguente ponete i sacramenti al centro
del culto, dov’è il loro posto, accompagnati dalla prodamazione e dallascolto' obbediente della Parola di DioCerte chiese hanno fatto deila S. Cena un rito coS' * funebre e misterioso,
così siacierdotale e magico che molti
cristiani arTetrano davanti alla prospettiva di parteciparvi regolarmente.
Abbiamo però risolto il problema perpetrando questo errore solo aloune
volte all’anno? Il culto deve avere solennità, ma ta tristezza è peccato. Facciamo bene a ricordare la morte eh
Cristo, poiché siamo stati e siamo battezzati passando per la morte che ha
sofferta per attenere la vita che oi offre; ma una S. Cena che non fa che
commemorare, celebrare, che non tende se non a ripetere il sacrifìcio della
sua morte, è un peccato. La Chiesa di
Cristo è in primissimo luogo, senza
eccezioni, la Chiesa del nostro Signore risuscitato! Perchè, allora, la cosiddetta « celebrazioine » della S. Cena è quasi universalmente divenuta
qualcos’altro? se siamo riuniti attorno alla Mensa del Signore per commemorare la sua morte, non dobbiamo ricordare la ragione e lo scopo
DEGLI EVANGELISTI
e di altri predicatori
(.segue dalla T' pagina}
■q più delle volte accade che la Chiesa
non si curi minimamento di sapere
come lo siano. Per cui vi sono, come
per gli Evangelisti, quelli che con vivo senso di responsabil'.tà, riuniscono
da soli il materiale necessario e lo studiano, e altri che contano esclusivameme sulla ispirazione momentanea.
Ma come diceva un Riformatore, lo
Spirito Santo non ama i pigri e ciò
vale per le persone, cerne per la Chiesa nel suo complesso.
Il risultato di questo ragionamento
è che mi pare esista un unico ministerio 0 servizio della predicazione,
ohe questo servizio è affidato a persona assai diverse tra loro per età, ca
rattere, inclinazioni e titoli di studio,
ma ohe tutte queste persone andreb
bero considerate « pari dignitate ac
respectu», perchè il rispetto e la dignità non derivano dalle loro, piu o
meno grandi, qualità, ma dal comune
incarico, che è loro affidato. Starà poi
alla Chiesa di utilizzarii saggiamente
secondo le loro capa e tà e inolinazicni' ma forse si potrebbe intanto pensare a un unico ruolo (che brutta parola') dei predicatori, a un unico tipo di indennità per tutti coloro, predicatori e non predicatori, che mettono il loro tempo a completo servino
della Chiesa, e infine a una istruzione fondamentalmente coordinata.
Noi abbiamo la fortuna di avere un
assai numeroso e assai valente gruppo di Professori e una Facoltà di teologia straordinariamente bene attrezzata; non potrebbe (butto lì la proposta par quel che vale) la Facoltà
prevedere un corso biennale unico cui
parteciperebbero tutti i predicatori e
che verrebbe stampato e distribuito
anche ai cosidetti laici e, poi, dei corsi particolari per i vari specialisti?
Non è infatti affidato dalla Chiesa
propriamente alla Facoltà il compito
di istruire i predicatori, quali che sia
no, e non potrebbe dunque la Facoltà articolare sapientemente la sua attività in modo da far fronte alla preparazione di tutti i tipi di predicato
ri e di predicazione?
Ora, certamente, qualcuno dirà che
io ho scoperto l’America, in quanto il
« problema degli evangelisti » esiste
da gran tempo ed è .stato trattato da
nersone assai più competenti di me;
ma, intanto, il problema non appare
risolto. Il nome che diamo, s'a agli
evangelisti che ai predicatori occasdon.ali, è sbagliato e, soprattutto, mi
sembra che usiamo in modo superficiale di alcuni doni che lo Spirito
continua, nonostante tutto, a dare alla nostra Chiesa.
E allora, forse, vale la pena che ne
parliamo di nuovo.
Pierluigi Jalla
e'è sempre quello delle normali attività che
funziona egregiamente, le relazioni quasi tutte dal tono ottimistico fatte dai responsabili
ai convenuti, sono eloquenti al riguardo della
normalità.
Ma noi tutiiii insieme thè aibbiamo creduto, come lo viviamo il mossaggiio della vita
e della salvezza? che r..e facciamo nel rapporto e verso quelli di dentro e verso quelli
di fuori?
La Relazione della Commissione Distrettuale ci è sembrato che abbia tentato con
polso sicuro la diagnosi del polmone malato
(paragrafo sull’Evangelizzazione) e che Labbia fatto, senza pietà, cioè con sincerità e
coiraggio e che ne abbia sviscerato la causa
determinante quando dice : « è l'amore che
spinge. Altrimenti il ragionamento più naturale è questo: che il moribondo muoia, che
il cieco non veda, che il disperato si danni,
non mi importa. Alla base della nostra insensibilità per la evangelizzazione non vi sarebbe forse proprio questo ragionamento^ ».
Carenza d’amere, questo il male, e perciò
di slancio, di spirito di sacrificio che sono
( videnti sia net] fenomeno della diminuita
rrequeniza ai che nessun'a'Ura cuntiiii
aenie molivazìont riuscirà a sipiegare, sia nel
i ene meno aTarmante che tutte le nostre chiese e grupiJii non sono riuscilti a raggiungete
l'aumento del 20% nella Contribuzione
Annua.
Data la svalutazione della moneta uno
sforzo comunitario avrebbe potuto essere
fatto!
Si studieranno i rimedi della nostra malattia nella prossima Conferenza del P novembre, e certamente lo possiamo fare fin
d’ora s ngolarmente, la/le studio, in uno spìrito di sofferta angoscia e di preghiera!
Ma il rimedio è poi così lontano da non
essere alla portata di tutti? Me lo sono chiesto sfogliando un prezioso documento del
passato, dal titolo (( Storia della Chiesa di C.
dal 1895 al 1931 ». Il collega sconosciuto ha
avuto la pazienza di dattilografare i sunti
delle Relazioni che compaiono nei rapporti
al Sinodo, e di metterli insieme.
Apro e leggo a caso.
Anno 1919. Pastore Enrico Tron da Corato - membri 54 - contribuzioni L. 594.75.
« La congregazione di C. ricorda le congregazioni apostoliche, conta 54 membri che
sono altrettanti missionari pieni di amore e
di fede per la santa causa. Quei fratelli sotto
la direzione di due anziani che lavorano con
zelo veramente ammirabile si riuniscono due
volte la Domenica e un'altra il Mercoledì
sera con concordia edificante. I due anziani
esortano e pregano, un altro ha la direzione
della Scuola Domenicale. Il Pastore li visita
ogni 15 giorni e spesso chi va per edificare
ritorna edificato.
I fratelli hanno una vera passione per il
canto. Quattro anni or sono la Chiesa aveva
un bilancio di 26 lire; oggi con 54 membri
ha un bilancio che equivale a L. 11 a testa ».
II rimedio al male che affligge le nostre
grandi o piccole chiese è alla portata di
lutti! E’ lo Spirito Santo creatore di vita.
Esso unisce i cuori col vincolo dell'amore.
Esso lì spinge al sacrificio e alla testimonianza. Esso crea il miracolo... soffiando dai
quattro venti su tutte le ossa secche... anche
nell’anno di grazia 1964!
G. E. C.
I LETTORI SCHIVONO
Diaspora
Da quando siedo sugli scanni delle
Conferenze distrettuali del nostro
Ddistretto (alias IV, o-ggi V, un tem
pc IV e V insieme, quando i due
Dislrerti erano riuniti sotto lo stesse Sovraiiintendente) il tema della
Diaspora ritorna puntualnienite.
Siccome è un n-robilenia senza soluzione esso lascia sempre Tamarezza nel cuore dei responsabili.
Anche quest’anno, alla conferenza
di Napoli, agitato, se ne cercava la
logica e parziale soluzione nel solito richiamo al Smodo o alla Tavola
dii allargare i quadri nel Distretto
co’-l’invio dii uno o due altri Pastori.
Sono lieto di essermi opposto e di
aver fa lo naufragare Valutile ordine del giorno.
Diciamo inutile percJiè nessun Sinodo e nessuna Tavola ci potrà dare
gli uomini che attualmenite mancano
alla Chiesa.
Sono lieto e confortato dalla decisione presa a Sanipierdlarena, ih sede de’J!a Conferenza del 11 Dstretto,
decisione (die se arriverà in porto sarà veramente rivoluzionaria, in base ad essa, il ridimensicnamento del’e forze sarà inte-o tutto a discapito delia diaspora.
La diaspora, cioè i gruppi disseminnM ai senliranno ancora più ¡isoiati, quando il perimetro della dUtssem nazìone si allargherà ancora di
piiù; quando il culto presieduto dal
PaiS'cre non sarà più setUiimanale nè
quindlt'ina’e ma forse mensile.
Quagli le ragi’oni della validità del
la ri voluzionaria proposta ?
Dall punito di vista spdrituale io ne
intravedo due:
1) La diaspora, comfintcerà a gravitare come problema sulla coscienza del nostro laicato. La riforma
servirà da slilmoilante a quel sacerdozio universale dei credenti, che
ahimè è diiventato solo un cavallo
di battaglia, quando polemizziamo coi
cfiitoi’iìci. Ma vi fu un tempo in cui
esso era una benefica realtà che arrìcchiìlva la vita dèlie chiese di città
Al tempo del Pastore Mariani
(1910‘-13) attorno a Bari esistevano
ben 14 gruppi; fu il momento più
felice quello. Nel campo dello spiri o .si riceve sempre neUa misura
che ci sì dona. In questo senso sarebbe la fine della testimonianza se
venisse a mancare la vitalità che si
sprigiìona dai piccoli gruipipì (tesi sosvenuta dal fr. Rusì alla Conferenza
d'' Naipcli) visitatii dai responsabili
di ogni chiesa orgSinizzata,
2) E v’è una seconda ragione che
m ilita a favore della diìaspora gravitante sulla coscienza dei laici collahoramtì' col Pastore. Quando essa non
vìvrà più per via di quell’ossigeno
dello stpecialìsta uscito dalla Facoltà. comincerà per essa diaspora il
perìodo della autonomia, come avviene per il fanciullo cui vengono a
n>ancare i' tTanti: il fanciullo camminerà da solo, se sarà capace!
il problema della diaspora noi lo
collochiamo spesso nel quadro sentimentale, in delta sede finiranno per
esasperarlo: incapaci' di risolverlo
dal punto dì vista organizzativo ci
amareggiamo.
RicoHochiaino^o nella sua vera sede che è quella vocazionale e spirituale.
Qui la potenzialità è in ragione
direttamente protporzioinale del talento, che se ricevuto, è commercializzalo. non è sotterrale da’l’indiiTerentismo e dal conformismo.
Ma se non è stato ricevuto non
si riuscirà mai a farlo valorizzare.
E’ come avviene per rindividiio
ere ri cn e; se S lui la lanr è avcesa questa iPumina tutti quelli che
sono nella casa.
1 ncstri gruppi, che vivano del solo contatto spiri uale delPanzìano o
di quei poihj che hanno creduto.
Se ne awantaggerà tutto Torgani
smo, tutta la te^Tmonìanza resa d
questa nostra Chiesa... che come me
gl io ha potuto e cerne potrà, cer
cherà di essere alTaLezza der’impe
gno e(T'tto a lettere d’oro o d’ar
genio nel proprio stemma: «Lux tu
cei in lenebris ».
C’è forse un motto più impegna
tivo e al tempo stesso ptii capace di
fare appello a quella responsabilità
che è innazitutto nersonale?
G. E. C.
4
pag- 4
N. 27 — 3 luglio 1964
dalle nostre COMWjlTÀ
AN6HD6NA (Capolnogo)
— Domenica 21 giugno è stato accompagnato, da un piccolo gruppo di parenti ed
amici, al campo deirestremo riposo la salma
di Carlo Rino Odin originario del Martel,
ma abi'anle ai Bastda dii Luserna San Gào
vanni. Esprimiamo alla vedova Teresa Lesage
la nostra partecipazione al suo cordoglio, fidando nella grandezza della misericordia di
Dio.
— Sfidando il tempo piuttosto incerto, doinenicii 21 giugno, un piccolo gruppo di bambini delle Scuole Domenicali di Angrogna
ha risposto aH’appello della gita di fine d’anno. La meta prevista, Serre Malan, è stata
provvisoriamente accantonata e sostituita con
il Bagnau, dove i bambini hanno assistito al
culto aH’aperto, nel pomeriggio. Gn grazie alla Sig .na Bonnet, insegnante dei Jourdan,
per aver coraggiosamente guidato la piccola
comitiva.
POMARETTO
— EOTrimi'amo la nostra viva riconoscen
za al Pastore Gustavo Bertin ed Enrico Geymet per la loro coriaiborazione in assenza
del Pastore e per i profondi messaggi rivolti alla comunità. Il collega G. Bertin,
ircariicaito dalla Tavola, Ira presieduto i culti e la Scuola domenii'cale.
— Il pastore Bertin ha celebrato il servizio funebre di Rlhet Ernesto, deceduto
dopo lunghe sofferenze; esprimiamo alla
famiglia la nostra viva simpatia. Il collega
iiiiimiiiiiiiimii
Geym?t ha presieduto i servizi funebri di
K;i:et Giu’io ilell’lnvcrào nanch,è della crealura di Gostant'.no Enrico. Inviamo pure a
queste fanug'ie lui pensiero di sulidariclà
cristhana.
— Inoltre iH nas ore Geymei ha (‘eilebrata
i niatriimonii di Ribet Gino e Paola Rostagno, figlia del nostro sindaco, nonché di
Flavio Micci] e Anita Lcng. In una cornice
di gioia gli! sposii' sono istalli cìrcandati da»
parenti e dagli amici. Agli sposi il nostro
augurio della lieei'ca delia felici'tà in Colui
(he solo può donarla.
— Rii'ngr.''aziiamo i predicatori delle ultime dumeni.Vhe: jl doti. Aldo Ribot, il sigDino Gardiol e il maestro Franco Calvelti
per il loro prezioso aiuto. Ringraziamo pure dii cucre tulle le perisone, speciailmenle
la nostra mLssionarìa Añila Gay, per la coillaborazione avuta per le gite della scuola
domeniik ale, delle madri, ecc.
— Alla Conferenza dislreltuale sono stati presenti i nostri tre delegati: Tron Renato, Arturo Bernard e Tròn Attilio.
— L’Unione delle sorelle Iia chiuso l’atlività con un messaggio del Pastore Berlhi
e Signori e con una proiezione interessante del niaestro Amato, al quale inviamo un
pensiero dii gralitudlne.
— BaUesimi. Nel corso di queste ultime
settimane è stalo amministrato il battesimo a Zanella Andrea Luigi di Ugo e Peyronel Laura; Bertoochio Daniele di Cesare
e Mi'cod Elsa; GaiTiano Iva di' Pasqualino e
di Perro Maddalena. Cbe il Signore benedica le tenere creature che si compiace di
aggiungere al suo gregge.
l’ evangelo in Sardegna
Una corrlipoiidenza (pubblicata nell’Eco
delle Valili di due settimane fa cii ha dato
una lieta notizia: 11 rtaiprirsi della Cappella Valdese, per tantii anni rimaisla chiiWa.
alla Maddalena. Dtieo lieta notizia: La riorganizzazione di' una Comunità Evanigel'ica
cbe ha in animo il riaccendorsli d’una fiamma destinata a dare una efficace testimonianza mediante la predicazione del puro Evangelo.
Pochi giorni dopo aver letto la lieta notizia, mi capi'ta fra le mani un’altra corrispondenza assai antica, apparsa nel Témoin
(il giornale dblla nostre Valli prima del
no-stro « Eco ») niente di meno che del 24
O'tlcbre 1884, dovuto alia penna deio zelante Pastore Giuseppe Quattrini, figlio di
Angelo Quattrllni che svolse una così efficace atìività al’inizio e nel consolidamento
della Chiesa Evangelico delil’lsola d’Elba.
Credo clic possa ìnilcrcssare questa coirri6-pondenza di Giusappe Quattrini di cui noi
cbe l’abbfamo ccnoiscauto sentiamo un grato ricordo. Riassumo Tarticolo, ed in parte
lo cito testualmente, traducendolo dal francese, perchè il Quattrini aveva fatto gli stadi a Torer Pellice.
Dalla città dii Temine, assai vicino alla
Msdda-^ena, gli* era stalo involto un appello. TBJnpio è la capitale della Gaillura. Allora contava 11.000 abitanli, di cui 3.000 pastori di pecore, dal carattere ardente e ''Oraggioso. « Al mio amvo, dice il Q., trovo
che sono atteso con grande ansietà. Molti
vendono a strin,germi la mano, passeggiare
con me per farmi vedere il paese, come se
io foss-i un vecchio amico ». Ma sorgono
delle difficoltà. Dove trovare un locale per
poter dare una conferenza? Le sale ricliieBte, Luna dopo l’altira, sono rifiutate, mentre talune sono concesse per pochi istanti,
e tosto dì nuovo negate. Sono tre giorni' di
ricerche infrut uose. Mu il vescovo viene
in mollo volontario aiuto. Salito di Domenica in mrlpito, chiama rEvangelista « e
missari'o di Stana », e scaglia la scomunica
contro chiunque gli assegnerà un locale o
g’i darà alloggio, od avrà qualsiasi rapporto con luì. Conseguenza: la curiosità si fa
tale nelal popolazione, che dovunque egli
vada gilj è demandato: «Quando ci darete
una conferenza? » Nell’atlesa, s’inizi’a una
evangelizzazione privata. G. Q. è ricevuto
in una famiglia di padre, madre ed otto
figli, tutti ben disposti per TEvangelo. EH
ecco che un uoaiio ricco, dopo alcune conversazioni col gi'ovane Pastcre, gli offre due
gaiette. Si fanno i preiparativi. Giunto il
momento, una vera moltitudine grida:
«Parli fuori! » Perchè il locale è troppo
ristretto. Col consenso del delegalo di P.
S.. il Pastcre sale i*n cima di una scalinata
esterna, e incominicia con l’invocazione;
poi esorta luitli a rilornare al Crist.anesimo
prniitiivo. Una seconda conferenza è data in
un vasto cortile fiancheggiato da case su
tre lati*. Fiìnestre e balconii sono gremiti ^di
uditori. Nella foglia si no'.ano tre preti. Vo’
ratore parla del Cristo che dona la vera libertà. Purtropipo, senza che il Q- lo possa
imipediire, quando i preti s’avviano all uscita sono fiscliiati. Il Sottoprefetto fa chiamare il Q., temendo complotLi c tumuli', e
Fccns'.gÌia di tenere una terza conferenza
gii annunziala per la slessa sera. Il Q. dice
ch’egli deve darla. E la dà, senza che si verifilili il minimo disordine. Rimane ancora due giioml. La sera della sua partenza,
molte persone vengono a salutarlo, pregandolo di no-n abbandonarle.
In seguito, gli è inviala una petizione
« (>n cento firme.
Che cesa successe di i^oi? E’ un quesito
1j cui risposta ri eh i ed er e bl>e molte rlcer(Iie. Ma ci basili sapere die tanti anni fa
vi fu un he] movimento evangelico a Temp/o, moilto vicino alla Muddalerut dove il
sacro fuoco si s.a ora riaccendendo, destando in noi un caldo fraterno augurio. D altronde, anclie dalla Maddalena il gruppo
evangelico di Tempio fu varie volte visitato. Éd anrlie addosso «i rivolge il nostro
augurio.
Mi sla cons^ntiito un ricordo personale.
Nei primi di Giugno del 1914, dovetti partire dia Roma per la Maddalena, per ili funerale dell’Èvangelli'S-a Virginio Clerico, il
quale, dopo essere uscito dalla Chiesa Catto^lìca Romana, svolse un efficace minislero
alla Maddalena. Fu breve il culto nella
Cappellla Valdese, troppo piccoila per accogliere il gran numero deg l l'nìervenuci. Ci
avviammo verso il Camposanto, situato in
alto, ai fianchi d’una colilina, da dove sì
assisteva ad un panorama meraviglioso
Lunghissimo il corteo funebre. Dovetiti' parlare all’aperto ad una vera folla di almeno
un migliiaio di persone. V’erano le Autorità locali, e fu sempre al mio fianco un capitano di marina, evangelico. Fu un vibrante omaggio reso alla memoria delTEvangeilista Clerico ed una prova che il suo
ministero di pareochi anni era stato molto
apprezza-o. E fu anche una prova delle buone disposizioni d’animo della popolazione.
L’indomani, visitai la vicina Caprera, accolto cordialmente da Donna Francesca Garibaldi, la quale mi par'ò della simpatia
die Garibaldi nutriva per jl nucleo evangeheo della Maddalena.
Dopo un breve periodo durante jl quale
la Vedoca Clerico prese cura delia Comunità, fu i'nviato alla Maddalena rEvaiigeliwia Enrico Robutti, che vi stelle sett-e orini. Poi, la Maddalena fu perioaicamente
visiilata. Ora, si sta riacceniLlendo la fiam*tia! Giovnnnt Beriijiatti
shria t» ililiallilo
sull’ auionoiiìia a faiaiiia
Catania è una città di transito e anche la
Chiesa vede spesso passare dei forestieri, che
accoghe con una tradizionale simpatia. Per
meglio venire incontro a questo suo dovere,
che è già ricordalo nel Nuovo Testamento, la
Chiesa ha preparato una piccola foresteria
capace di ospitare due o tre persone, ma
completamente attrezzata, anche per un lungo soggiorno. Questa foresteria, che è stata
organizzata con Taiulo di lutti i membri di
Chiesa, e senza chiedere contributi alla Tavola e ad altri E-mlii, è» nel suo genere, una
modesta, ma reale opera sociale; dimostrazione della concordia e della collaborazione della Chiesa, è messa gratuitamente a disposizione di quanti debbano o vogliano fermarsi
per un tempo più o meno lungo a Catania,
come segno di affetto e di accoglienza fraterna.
Un’altra espressione della vitalità della Comunità è costituita dal recente dibattito sulla autonomìa; la Chiesa vi ha partecipato
con passione e con estrema serenità e serietà;
sono stati subito scartati gli elementi più
egoistici e formali del concetto di autonomia,
mentre ci si è resi conto del fatto che essa
significa essenzialmente senso di responsabilità e di vitalità di tutta la Chiesa. E’ apparso dunque necessario che la Chiesa nel
suo complesso sia sempre più frequentemente investita dei problemi che stanno di fronte al Cristianesimo in generale e alla comunità locale in particolare e che, attraverso un
esame di questi problemi, altrettanto serio e
sereno quanto quello recentemente avvenuto,
la autonomia, cui la Chiesa di Catania ha
già formalmente diritto, diventi una realtà
di fatto. La Chiesa di Catania non intende
dunque chiedere Tautonoraia come un diritto, ma realizzarla, al più presto, come un
dovere e anche questo è un segno di maturità.
Pierluigi Jalla
A V Viso
Al LETTOR!
Avvertiamo i lettori che il nostro
settimanale non uscirà, la prossima
settimana; il prossimo numero sarà
dunque quello del 17 luglio. Nel corso
delTestate avremo occasione di pubblicare numeri a 6 pagine, sicché i
nostri lettori non saranno frodati di
ciò che è loro!
Culto radio
ore 7.40
DOMENICA 5 LUGLIO
Pastore Guido Comba
Chiesa Valdese - Roma
DOMENICA 12 LUGLIO
Pastore Aldo Sbaffl
Chiesa Valdese - Genova
SPIGOLATURE DI ATTUALITÀ
Ciak: sì gira!
« Stampa Sera » del 15-16 giugno scor.su
offre uno spunto per argomentare su due
jatterelli che meritano attenzione.
Soffermiamoci, anzitutto, sulla corrispondenza di Jeremy Crift, da Melbourne, che
concerne il quartetto Beatles, divenuto famoso anche per le scene di fanatismo dei
suoi ”fans*\
^'Circa ducentocinquantamila giovani di
ambo i sessi si sono ammassati davanti alI albergo che ospita celebre complesso
inglese. Ragazze svenute e colpestate dalla
folla’\
La colorito narrazione del corrispondente
ci fa sapere che davanti alValbergo erano
collocate pesanti transenne di ferro; ragazze svenivano nella ressa e venivano calpestate; capelluti giovanotti che tentavano di
soccorrerle erano anch'essi travolti, alcuni
addirittura spremuti ^ verso Vaho, sulle teste dei vicini. Alla fine, i quattro canterini, dopo vicendevoli abbracci e grandi
pacche sulla schiena, s¿ sono affacciati ni
balcone centrale, salutati dalle urla isteriche delle regazze e dei nerboruti giovinotti.
Scene entusiasmanti, che si apparigliano a
quelle dei divi aj quali sono tagliuzzate le
cravatte o strappati lembi di camicia, e a
quella del cantautore che, per ripararsi dalli frenesia delle sue ammiratrici, cerei
scampo sul davanzale di una finestra; e le
ragazze lo tirano giù per i calzoni, sicché
il nostro eroe, impaurito, ma felice, felice
rimane con le brache penzoloni.
Ma Vavvenimento che ci tocca più da vi
cino, perchè accaduto in Italia, con protagonisti italiani, ci viene presentato, icasticamente dalla foto, su quattro colonne,
che. a pagina 3, ci mostra Adruino Celentano (/'Tonto nomini..."/ tra due frati.
'!\iiova crisi spirituale di Celentano”, dice il titolo. Didascalia: ^*Il popolare urlatore è stato colto da una nuova crisi spirituale. Eccolo in lacrime, nel convento di
Gro.s.seio, confortato dal suo confessore, don
L golino Magnozzi*.
Ve/.'« foto, l'urlatore — in maniche di
ctimicia — è ritratto nell’attimo di* tapparsi il naso col fazzoletto; fil suo confessore,
mentre gli tende la mano, in atto amiche
cole comprensione, fissa lo sguardo non sul
penitente, ma sulla macchina fotografico :
I altro frate, affiancato da un giovane laico,
se ne sta in secondo piano, in atteggiamento pensoso.
Crisi spirituale” a parte, ci piace ricostruire la sequenza, secondo il procedimen
fo di un regista cinematografico.
— Lei, padre, tenda il braccio destro-,
sfiorì con la mano Vavambraccio sinistro del
cantante. Fissi ¿’o6i!etiii’o. Cosi. L’altro fra
te e il giovane amico si mettano un poco
più indietro. Pensosi. Assorti. Così. Tu.
Adria, mièttete ’o fazzoletto ’ncoppa ’o naso. Chiagne. Abbassa la testa, socchiudi le
palpebre. Pensa che questa, per te. è un”,
decisione importante. Piangi. Così, som
messamente. Ecco. Proviamo ancora. Jm
macchina^ don Ugolino! Guardi, guardi
qui; c’è l’uccellino; l’uccellino davanti all obiettivo. Bene. Così. Fermi! Ciak! Si
gita! Alberto Guadalaxara
Libri ricevuti
Ecco ai'cuTie recenti publt'.icazioni de!
« Cenno Biblico»:
PATRICIA ST. JOHN: Tenori fra In neve.
Una nuova presentazione di un romanzo
-per ragazzi — ma non soio — della nota
scrittrice. Pagg. 286, L- 800.
— Fr.ncuUi della Bibbia. 95 i>agg. iln carta patinata, riccaanente il ústrate, una serie di racconti biblici centrali su figure
giovaniili, da Isacco a Timoteo. L. 450.
''(clini oP'Uscoili per revangelizzazione:
R. EDM4N: Mani callose e cuori puri, 16
paigg. L. 50.
— ha realtà dei valori materiali. 16 pagg.,
L. 50.
Tulle nuesfe pubblicazioni possono essere richieste alla Librerìa Claudicna.
LO STUDIO
della Bibbia
Leltu in u Grazia » (n. 1218 de! 2l Giugno 1964,1, ne ’a rubrica « Ceruliiaino insie
ne » di Padre Rotondi.
Qualche domenica (a ascoltando la Radio di j>rìjna mattina udii una breve trasmissione di un uasìore protesUmte il quale parlava del poco amore che i cristiani
nutrono verso la B.bbia e del poco impegno che essi mettono nello studio di essa...” (R. M. T.J.
Quei|2a trasmissione l’Iio semita antdi’io.
eli ara, nil; la, convlnoenlirisima. Il pastore
notava anzi ulto che allrave-so lo studio
de.'a Bibbia noi .scopriamo Dio. Nessun
nze'zo è tanto efficace per penetrare nell’essenza e nell’essere dii Lui quanto la meditaz.cne attenta dei testi da Lui stesso ispirali. Sfogliando la Bibbia, di ceva, sì scopre l’uomo: lo si vede con gli ocelli di Diolo oi. valuta c lo bi giudica con i cr^kefi di
Diu. Siud^ittlu G meditando la Bibbia, conili I ono con tutta la nreci
sH 1 t 1 ì elle sono i veri, prò
lo 1 I ho e l’uomo. Basta ag
n I ] ndo la Bibbia si sco
prv/no tiinlie i rauporli fra Dio e il regno
ifnliauuiaiio uaip .mali, vegetai^, minerali) ;
fra iil regno infraumano e gli uomini, ner
dire che la Bibbia è strumento ottimo pei
avere una visione esatta della realtà esistente. Indubbiamente i cristiainj iln genere e,
pur roippo, i oattobeì in specie, peiceano di
grave omissi-one nei confronti dello studio
bib^-iV‘0. Vi sono, tuttavia, segni evidenti di
ritorno al libro sacro. Ridotto alla sua vera dimensione il criterio « scientifico » della critica storico-fisiologica, ci sii* accofila
oggi alla Bibbia come alla storia sacra, albi storia della umana salvezza, alla storia,
dic-iamollo ¡pure, vista con gli Oixhi di Dio
elle di tu'ta la storia è l’Autore supremo.
Aggiungiamo a questa nota, che ci è stata
segnalata di alcuni lettori e lettrici, e che
ci fui fatto piacere che la trasmissione in
questione era il culto evangelico alla radio
trasTìiesso dal i
nica 26 api I
di tutta um
dibattiti prò
del distrleto tigr
d nast. Era Avassot dome
1 h l o 1 opportunità
1 serie eh riuni orti ( pubblici
t l a cinese valdesi
tigure-pie, nonli
A proposito di certi
((dociinieiiti)) recenti
Registriamo un... piccante caso di tradii
zione traditrice (il dello popolare si avvera più spesso di quanto non si creda!).
Trattasi di un episodio marginale alla d’scuissione sul « Vicaiio » di Hoclibut. Su un
quotidiano torinese è appar.sa reicenlemento
una le.tera, in citi sj citava il ben noto
Leon Poliakov, l’autore ebreo della spaventosa cronaca ( dccumenlatissima) dal tit'jlo « Le Bréviaire de la baine a, il breviario dell odio. Il titolo è stato poi malamente modificato nella versione italiana in
« Nazismo e persecuzioni degli ebrei », o
qualcosa di simile.
^ Da queilla c'iaz'one risulta — sempirecbé
l’autore della le.tera pubblicata dal quotidiano torinese abbia riferito correllamento
dal Poliakov iraJolto ^ cbe il Poliakov
scrisse non es^er vero che il popo Pio XII
si comportasse nel modo evidentemente descritto dall’ormai celebre dramma dello
Hocbbuì.
Diffidiamo ormai dei traduttori italiani
per abito profe-ssionale. Siamo andati a con
iroilare l’-originale. A pagina 311 e 342, il
Poliakov dice esattamente il contrario, e,
naturalmente, la traduzione italiana (rompbmenli all’editore che non concsciamoi
elegantemente omette il pas.so. Dice dunque il Poliakov: «è penoso constatare che
ditrante tutto jl corso della guerra, mentre
le officine della morte funzionavano con
tulli i loro forni accesi, il papa serbava il
.(-ilenzio ». .Non occorre sottolineare la gra
vita di questa affermazione, perchè il PoItakov stesso ne dà la dcicumentazione. Egli
riproduce un rapporto ufficiale dell’allora
ambas, latore di Germania presso la Santa
Sede, da cui risulta, alla data del 27 ottobre 1943, cbe « (sebbene stretto da tutte le
par i, ¡(1 papa non si è lasciato sin qui trascinare In alruna riprovazione dimustrativ.i
( irta la deportazione degli ebrei di Roma.
Egli Ittt Gito di tutto, in questa questione,
per non mettere alla prova i ra(pporli della
Santa Sede ron il governo tedesco... ». Se
lo diceva l’ambasciatore von Weiszacker...
Un qua'.idiano che si pubblica nella ceccliia delle mura leonine, a Roma, ha prodotto dei docimienli. Sta bene. Ma che vuol
dire? Sono documenti di gratitudme di coloro cbe sono stati risparmiati dalla orrenda fine del crematorio. Degli altri — qual(bc cosa come 6 milioni — non si nuò davvero fornire h per li una documentazions
così coir I Jlo'nerte né cosi sicuramente
Iranquillante e «liberatoria»!
Il problema — certamente angoscioso per
lutti i cristiani che han vissuto quegli anni
rqiiest’è il vero senso del messaggio di
Hocbbut, che molti fingono di non capire)
— rimane tuttora aperto. Probabilmente rimarrà aperto per sempre.
Teodoro Balma
.Abbiamo scri'to a quel quotidiano torinese. Pubblicherà?
Direttore resp.: Gino Conte
B'-g. al rrib’"’atc dt l’iri.-r.'lo
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Giov.) 500; Luigi Breuza (Rodorelto) 400;
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(Svizzera) 3.000; Giovanni Gönnet (Osto)
200; Bisceglia (Kansas City) 300; Daniele
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Germano Chis.) 500; Alberto Clol (Riclaretto) 200; Gino Rostan (Perosa Arg.) 300:
Serv. Aiuto Amichevole (Napoli) 500; Elxira Conca (Providence) 600; Sigfrido Codino (Torino) 500; Giuseppe Salvaggio (US V)
300. Grazie! {continua)
La Maddalena
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