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DELLE mm VALDESI
BIBLIOTECA VALDESE
TORRE FILLICB
Settimanale
della Chiesa Valdese
Annu XLVll - N. 50-51 .4BBONAMENTÌ Í Eco: L. 2.500 per rìnterno .Spedizione io abbonamento postale . I Gruppo bis 1 TORRE FELLICE — 22 Dicembre 1967 I
Una copia lire SO \ L. 3.500 per reitero Cambio di indirizzo Lire 50 1 Ammin. Qaudiana Torre Pellice . C.CJ. 2-17557 |
Dio si è rivelato
'Nessuno ha mai veduto Iddio; l’unigenito figlio, che
• nel seno del Padre, è quel che l’ha fatto conoscere”.
(Giov. 1: 18).
“ Sarò la guida del mio paese „
_______________________________——^—---
In aprile il re non è stato con il popolo, oggi il popolo non è stato con il re
Si parla molto (li ateismo, oggi,
con amare constatazioni sul distacco delle masse dalla vita della fede
e sulla secolarizzazione del mondo
moderno. Si fanno diagnosi acute
anche sulTate-smo implicito, che si
ammanta di forme religiose, rispetta le grandi feste, ma è interiormente svuotato di ogni valore; diventa
allora evidente la distinzione tra la
forma religiosa come uno dei modi
di essere del nostro mondo e la realtà della fede che invece impegna e
determina la vita del credente. Così
tutti festeggiano Natale, ma pochi
comprendono il significato di questa irruzione di Dio nella storia nell’atto deirincarnazione di Cristo.
Ma vi è un’altra forma di ateismo
che ci ac( ade di incontrare tra noi :
il non poter credere, forse soffrendo
per una si ama nostalgia di Dio, forse illudendosi di avere sistemato la
faccenda c non trovando più interessante i! problema. Perchè ci sono quesiioni che appaiono più avvincenti e immediate e che si pensa
di poter risolvere, lasciando l’interrogativo ili Dio sullo sfondo nebuloso deiliarvenire; nel momento
stesso in nii l’esistenza dell’uomo
assume ir<; ampiezza illimitata, lo
spazio si ndvice, il tempo diventa
relativo, iJ suo orizzonte spirituale
appare iii.'redibilmente angusto.
Ateismo moderno, forse non peggiore di quello nascosto dei tempi
andati, i
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rompere •!
vita, ( I '
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no nell
ne per noi
terrogatjvi.
nostro modo di vivere : poiché Dio
non è più un mistero pauroso o una
vecchia favola, ma ci è venuto incontro in Gesù Cristo, noi siamo veramente liberi di credere, non più
costretti all’ateismo religioso e profano o all’indifferenza inconsapevole; siamo veramente liberi di ascoltare il sermone sul monte e di vivere nell’obbedienza della fede.
Per questo finalmente l’annuncio
di Natale è lieto e si può davvero
far festa; perchè in quell’incontro è
la nostra libertà e la scoperta riconoscente della nostra ragion d’essere per l’oggi e per il domani.
Vi è dunque un augurio che ci
possiamo scambievolmente rivolgere: ed è che questo Evangelo di
Gesù Cristo, che ci libera dal sempre risorgente ateismo, che dà senso e speranza ad ogni nostra fatica,
diventi ogni giorno la pietra di paragone del nostro operare e la riscoperta gioiosa del significato della
nostra vita.
Neri Giampiccoli
Costantino II, re di Grecia, ha tentato di scrollarsi di dosso la dittatura
dei tre colonnelli, Giorgio Papadopoulos, Stylianos Pattakòs e Nicola
Makarezes. Lo ha fatto non in nome
della libertà, ma per conservare il trono e riacquistare ih potere. Da otto
mesi era ridotto al rango di «prigioniero di lusso » : estromesso dagli affari di Stato, separato:‘dai suoi consiglieri, gli rimanevano soltanto i nastri
da tagliare nelle cerimonie ufficiali.
Gli portavano anche, per la firma, liste di prescrizione e (|i epurazione, i
decreti che sopprimevano le libertà
costituzionali. Firmava. Avallava così,
con il suo silenzio, condanne, deportazioni e torture.
Ha capito che la sua firma non sarebbe stata necessaria a lungo e ha
tentato di rovesc'are il triumvirato. Un
tentativo goffo, maldestro, pietoso. È
durato dodici ore e si è concluso con
una fuga precipitosa in aereo. I colonnelli gli hanno mandato dietro un altro apparecchio con bagagli, servitori,
cortig'ani e il cane. Potevano permettersi questa beffarda "generosità : gli
avevano dimostrato che nessuno, in
Grecia, era disposto ad alzare un dito
per lui. Perchè?
I punti d’appoggio di tutte le monarchie sono sempre stati due: aristocrazia ed esercito. Aristoçrazia : in Grecia
non esiste. È l’unico paese europeo che
non conosce nè ha mai conosciuto titoli nobiliari, onorificenze, ordini cavallereschi. Il sistema feudale introdotto per pochi anni nel paese dai cavalieri franchi e lombardi è stato spazzato via da cinque secoli di dominazione ottomana. Il trono, artificiosamente radicato ih Grecia nel 1832 con un
re tedesco, non ha mai avuto una
corte, nè una nobiltà schierata ai suoi
lati.
Esercito : l’esercito greco non ha tradizioni di fedeltà dinastica nè istituzionale. Furono i generali a detronizzare nel 1924 re Giorgio II proclamando la repubblica. Sono stati i colonnelli, otto mesi fa, ad esautorare Costantino. Sono stati solo i militari della
IH* armata a Salonicco a sostenere
troppo tiepidamente il suo tentativo di
ribellione : il resto dell’esercito gli ha
negato il suo appoggio.
Restava il popolo, che per due volte,
nel 1920 e nel 1946, si è pronunciato
con un plebiscito in favore della monarchia. È difficile capire questi plebisciti, e quali affinità possano aver
legato i greci alla dinastia bavarese
dei Wittelsbach prima, a quella danese poi. In Atene bruciata dal sole, cemento e brulle colline immerse nella
nejtta luminosità deH’Attica che riflette il sale del pensiero classico, c’è una
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imiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiii|iiniiimiimiiMmmimMiiiimi
MEDITAZIONE DI NATALE
s pm sincero, certamenlo. L’Evangelo dice che
ì è normale : « Nessuno
iuto Iddio ». Questo sii’iiomo è naturalmente
Dio, anche quando è regran festa a Natale; e
i'inchè non ha cómprela libertà di Dio, la
presenza, il suo iregli schemi della nostra
tiiuiscono veramente co• religiosi, ci determinade anche se questa rimairta di problemi e di inSe 1 uomo è naturalmente ateo perchè non ha mai veduto Iddio, l’annuncio di Natale è
il capovolgimento di questa situazione: « rijiiigenito figlio... è quel
che l’ha laUo conoscere ». Natale è
la rivelazione dell’Iddio sconosciuto e in quel momento la fede non è
prima di tutto un fatto razionale o
una legge morale, ma è la scoperta
gioio.sa e lieta dell’umanità di Dio,
è un conoscere Dio nella storia di
Gesù.
Si tratta dunque soltanto di un
problema di conoscenza? Credo che
una gran parte deH’ateismo contemporaneo sia determinato proprio da
una mancanza di conoscenza : la
storia di fiatale è nota fin dall’infanzia, l’Evangelo lo si è letto, la
Chiesa si sa cos’è, i pastori fanno
il loro mestiere e la brava gente va
in Chiesa. Tutto sistemato! Invece
il più delle volte non si è capito
nulla: non si è capito che la rivelazione di Dio in Gesù Cristo è un fatto lontano nella storia e sempre contemporaneo, è un avvenimento e un
interrogativo sempre nuovo, è un
problema da affrontare tutti i giorni perchè non può mai essere sistemato.
Ma questa conoscenza di Dio, per
mezzo di Gesù Cristo, non è soltanto un fatto di cultura; diventa normativa nella nostra vita di tutti i
giorni e non possiamo più far finta
di non sapere o tirare avanti senza
interrogarci. Poiché ci è stata data
questa conoscenza e l’abbiamo incontrata nell’avvento di Cristo, essa
ora ci interroga e ci affronta nei nostri pensieri, nei nostri giudizi, nel
Chi è colui che vije^ne?
“Da allora molti dei suoi discepoli si ritrassero indietro e non andavano più con lui. Perciò
Gesù disse ai dodici: Non ve ne volete andare anche voi? Simon Pietro gli rispose:
Signore, a chi ce ne andremmo noi? Tu hai parole di vita eterna,, (Giovanni 6, 66-68).
NON VE NE VOLETE ANDARE ANCHE VOI?
A Natale, nessuno se ne vuole andare, nessuno si
tira indietro. Anzi, tutti accorrono e si avvicinano. AAa
poi se ne andranno. La grande folla che si raduna intorno a Gesù, per Natale, si disperderà presto. Resteranno
in pochi.
Lo stesso accadde in Galilea, tanti secoli fa. Una gran
folla s'era adunata intorno a Gesù, che l'aveva sfamata,
moltiplicando i pani e i pesci (Giov. 6; 1-15). Quel giorno nessuno si trasse indietro. Anzi tornarono il giorno
dopo e cercarono Gesù, pensando che egli avrebbe di
nuovo distribuito il pane (Giov. 6; 24-25).
Ma il giorno dopo Gesù non distribuì più il pane, ma
solo la sua parola .
Chi è dunque colui che viene? E' il Signore del pane,
che lo moltìplica e distribuisce, in modo che tutti siano
saziati. E' un vero scandalo che duemila anni dopo la
sua venuta s|ano-,ancora così numerosi nel mondo coloro
che non sono stati saziati. E guai all'uomo per cui lo scandalo avviene! Saremo forse noi? Di fronte alle folle affamate-del duemila, Gesù viene a dare il pane, il pane
di grano, il pane per il corpo. Gesù è il Signore del nostro pane, per moltiplicarlo e distribuirlo a chi ha fame.
Ma Gesù non vuole solo nutrire gli uomini, vuole trasformarli. Per questo, dopo aver dato il pane, dà la Parola. Egli dice: «Voi mi cercate... perchè avete mangiato e siete stati saziati. Adoperatevi non per il cibo che
perisce, ma per il cibo che dura in vita eterna » (Giovanni 6: 26-27). Questo cibo è la sua parola, è lui stesso. Ma la folla vuole il pane, non la parola. Perciò si allontana da lui. Dei cinquemila che erano all'inizio
(vers. 10), alla fine ne restano dodici (vers. 67).
Così sta accadendo nella nostra cristianità. Come alle folle di Galilea, così ai cristiani del nostro tempo Gesù
può dire; « Avete mangiato e siete stati saziati ». E' vero: noi cristiani abbiamo mangiato e siamo stati saziati.
E ora? Che faremo, ora che abbiamo avuto il pane? Ce
ne andremo anche noi? E' Gesù stesso che ce lo chiede:
« Non ve ne volete andare anche voi? » Egli non vuole
che sia il pane a tenerci legati a lui, ma la sua parola.
Se è solo per il pane, possiamo anche andarcene, ora
che l'abbiamo. Gesù non teme di restare solo, nè nella
Palestina del I secolo, nè nel mondo del XX secolo. Anche senza di noi, Gesù non resta solo : « io non sono
solo ___ egli dice — perchè il Padre è meco » (Giov.
16; 33). Siamo forse noi che, senza di lui, resteremo
soli. Saziati sì, ma soli. Soli non perchè Gesù se ne è andato: egli anzi è venuto, come Natale ci ricorda. Soli perchè ce ne saremo andati noi, dopo la festa, dopo aver
mangiato ed essere stati saziati. Soli perchè non avremo
capito che Gesù, oltre al pane, vuole darci anche la Parola.
SIGNORE, A CHI CE NE ANDREMMO NOI?
Forse ce ne andremo anche noi, forse tutti se ne andranno. Forse la nostra generazione è davvero la generazione dell'esodo: dell'esodo lontano da Gesù. Forse ce
ne andremo anche noi — ma dove? « A chi ce ne andremmo noi? » chiede Simon Pietro. Pietro non saprebbe dove andare. Nessuno sa dove andare. Nessuno sa
dove va : « chi cammina nelle tenebre, non sa dove va »
(Giov. 12: 35). Tutti andiamo: ma dove portano le nostre vie? Nel nulla o nella eternità? Molti non se ne
preoccupano e vanno avanti lo stesso. Beato l'uomo che
un giorno o l'altro si ferma e chiede a se stesso: Dove
sto andando?
I Dodici potrebbero andarsene anch'essì, Gesù non
obbliga nessuno a restare. Anch'essi hanno mangiato i
pani e sono ormai sazi. Ma a differenza dei cinquemila,
non se ne vanno. Perchè? Perchè, come Gesù stesso aveva detto, « la vita è più del nutrimento » (Matteo 6: 25)
e « non di pane soltanto vivrà l'uomo, ma d'ogni parola
che procede dalla bocca di Dio » (Matteo 4: 4). E' a*.motivo di questa parola che i Dodici restano con Gesù : essi
si sentono legati a luì non dal pane che hanno mangiato
ma dalla parola che hanno udito. Pietro non dice a Gesù :
« A chi ce ne andremmo noi? Tu hai del pane », ma dice ; « A chi ce ne andremmo noi? Tu hai parole dì vita
eterna ».
« Parole di vita eterna »: parole, ancora parole, dirà
qualcuno. Che cosa ce ne facciamo delle parole? Siamo
stanchi di parole! Nulla nel nostro tempo è più screditato che le parole. Le parole lasciano il tempo che trovano — come si dice; soprattutto lasciano l'uomo come
lo trovano. C'è già un'inflazione di parole. Anche Gesù
vuole darci delle parole?
Sì, Gesù vuole darci delle parole, egli è venuto per
questo: « le parole che tu, o Padre, mi hai dato, le ho
date a loro» (Giov. 17: 8). Non sono parole qualsiasi,
che il vento porta via: sono le parole del Padre, le parole di Dio, quelle di cui parla il profeta Geremia
quando dice: « Tosto che ho trovato le tue parole, io le
ho divorate; e le tue parole sono state la mia gioia, l'allegrezza del mio cuore» (Ger. 15: 16), quelle di cui
parla Gesù quando dice : « Beati i vostri orecchi perchè
odono. Poiché in verità vi dico che molti profeti e giusti
desiderarono... di udire le cose che voi udite, e non le
udirono» (Matteo 13: 17), e ancora: « Lo Spirito è quel
che vivifica, la carne non giova a nulla : le parole che vi
ho detto sono Spirito e vita » (Giov. 6: 63).
A questo punto non c'è più nulla da dire, ma solo da
ascoltare. Come è scritto : « Ascoltate, e l'anima vostra
vivrà » ( Isaia 55 : 3).
Paolo Ricca
sola macchia scura: il parco della reggia, nel quale i re nordici hanno tentato di ricreare la romantica penombra delle loro foreste. Un contrasto
che colpisce e sottolinea quanto siano
rimasti estranei al paese.
Al popolo, comunque, si è appellato
Costantino : « Aiutatemi a restaurare
la democrazia». Il popolo non ha risposto. Perchè avrebbe dovuto combattere e morire per il re? Già una
volta il re aveva tradito le sue promesse. Il 6 marzo 1964, salendo al trono,
aveva giurato di «proteggere la religione del suo popolo e rispettare la
cqstituzione ». Con gli occhi rossi di
pianto, aveva affermato solennemente :
« Il mio primo pensiero è per il popolo.
Sarò la guida del mio paese, manterrò la linea della democrazia ».
Ero ad Atene un anno dopo, nel luglio 1965 : il popolo tumultuava in piazza, scandendo il nome di Papandreu, e
la polizia lo disperdeva con cariche
selvagge. Il re non era con il popolo.
Il re era schierato con i grandi armatori, i pochi industriali, le antiche famiglie conservatrici: nel loro interesse, con pressioni, minacce, ricatto e
corruzione stava disgregando la maggioranza parlamentaré del premier Papandreu che, dopo vent’anni di governi autoritari e reazionari, aveva intrapreso la strada delle libertà democratiche e stava impostando un programma di pur caute riforme.
Papandreu cadde, in dispregio di
tutte le garanzie costituzionali, ed ebbe
inizio quel rapido processo di deterioramento della democrazia che è culminato con la dittatura dei colonnelli.
Alla quale, violando anche l’altra parte del suo giuramento, Costantino ha
consentito massicce epurazioni tra le
gerarchie della Chiesa ortodossa. Perchè ora il popolo dovrebbe morire per
lui?
Questo giovane atletico re di 27 anni, che amava farsi fotografare in
splendide divise e incoronato dell’alIqro olimpico e mentre con un colpo
di gomito spezzava una pila di mattoni, non ha avuto nemmeno il coraggio
trascinatore della regalità : « Non una
oncia », ha detto un giornale inglese.
Ha puntato in elicottero su Salonicco
dove lo attendevano truppe fedeli, e
quando la torre di controllo lo ha avvertito che sarebbe stato abbattuto se
avesse tentato di atterrare, è tornato
indietro.
Poco dopo partiva in aereo per l’Italia. Abbiamo sott’occhio la fotografia
del suo arrivo a Ciampino, sulla quale
piangeranno i rotocalchi. Per questo
re amletico e indeciso è pronto un castello in Danimarca, se falliranno le
trattative, che ora ha intrapreso con i
colonnelli per conservare il trono.
Pronto ad avallare non più solo con
il silenzio, ma apertamente, la dittatura, le deportazioni, il carcere dei suoi
stessi fedeli: i pochi che lo hanno seguito e che ora pagano per lui. Ho nella memoria un’altra fotografia, piena
di orrore e di autentica, regale dignità :
quella del corpo di Che Guevara straziato dalle torture e ucciso, mentre
combatteva senza quartiere per riscattare gli oppressi.
Giorgio Martinat
Neirinterno
leggete :
★ A pag. 4, 5, 6, 7, 8 un invito a
udire l’annuncio di Natale:
Dio ha tanto amato il mondo.
Ma come si presenta questo
mondo che Dio ha tanto amato e come lo illumina la luce
di Natale?
★ a pag. 2 un articolo di Tullio
Vinay da Riesi.
★ a pag. 3 in intervento di Valdo Vinay nel dibattito, aperto
da Mario Miegge, su Riforma
e società e sulla situazione del
protestantesimo, oggi.
★ a pag. 8, di Luigi Santini, una
presentazione critica della vita italiana.
2
pa¿f 2
N. 50-51 — 22 dicembre 1967
Essere inseriti nel travaglio del mondo
L'incarnazione ci dice che Cristo ha preso su di sè la nostra situazione umana com’essa è, come la vediamo ogni giorno, ma la sua resurrezione ci dice che questa situazione, portandola, la ha vinta
L’Et>0PEA DEI “GALEOTTI PER LA FEDE,,
Sulle galere del Re Sole
Se si considera da una parte la situazione del mondo e l’equilibrio assolutamente instabile in cui esso vive
e, dall’altra, la vita della città in cui
siamo, ci prende un grande senso di
angoscia.
Il mondo è in pericolo non solo per
le ultime scoperte di missili ed in genere di nuovi potenti mezzi di distruzione, ma ancor più perchè la sua situazione economica-politica è inevitabile sorgente di grandi rivoluzioni e
mutamenti non pacifici. Basti guardare al Sud-America, aH’estremo Oriente, all’Africa, oltre ai focolai di guerra
che regolarmente si accendono (Israele, Cipro, ecc.).
E la città da parte sua ne, è assente.
Praticamente, salvo rare ' eccezioni,,
ignora tutto questo. <3ui non ci sono
marce e manifestazioni, qui la gente
non è informata di quel che avviene se
non attraverso la tranquillante e tendenziosa chiacchierata della radio italiana. R’esi vive la sua vita, sia pur
misera, distaccata dal travaglio enorme del mondo d’oggi.
Tutto ciò non è fatto unico, perchè
è facile comprendere che immense zone del mondo, sia sviluppate che sottosviluppate, sono nella completa incoscienza della realtà storica di oggi.
D’altra parte è chiaro che una vera
edificazione del mondo non può esser
fatta senza la partecipazione di tutti
i popoli, il che è di più che la partecipaz'.one di tutti i governi, anche se
non si ha ancora nemmeno questo.
Ci vuole un impegno ed una volontà
popolari perchè una nazione risorga e
trovi la sua via, altrimenti le resistenze passive, le diversioni, il boicottaggio di molti, anche incosciente, rende
irrealizzabile ogni decisione produttiva. Tutto questo lo si vede, per esempio, molto bene in Sicilia perchè da
una parte tutto è nelle mani dei pochi
che tengono il potere e che non cercano nemmeno una collaborazione della base e, dall’altra, v’è nei più un disinteresse completo per quanto succede in alto. Se vi sono delle eccezioni,
queste in gran parte sono manifestazioni di partito ben più spesso intese
alla propaganda che non a un profondo rinnovamento della Regione.
La responsabilità della chiesa stessa
non è piccola. Essa troppo spesso ha
contribuito a tenere chiusi gli occhi
del popolo ed a soddisfarlo con vuota
retorica o con diversivi di vario genere. Un rapporto sulla responsabilità
della chiesa nei confronti della mafia
dice, per esempio, esplicitamente che
essa non ha fatto il suo dovere, mentre ognuno riconosce quanto essa potrebbe fare per la sua azione educativa e, col suo contatto con le masse,
contribuire al rinnovamento dell’isola.
La realtà triste è questa, tuttavia,
che il mondo è in un travaglio immane e la città, per parlare della comunità civile in cui viviamo, ne è del tutto assente. Non lo sa, non lo vuol sapere, nessuno concorre a renderla cosciente. Eppure Riesi non può essere
lasciata da parte nell’opera al contempo urgente ed essenziale della ricostruzione del mondo d’oggi.
Se il nostro popolo non partecipa ai
problemi del mondo paga ugualmente
il caro prezzo della situazione che gli
è imposta e della quale porta le conseguenze. Se ci si trova così, è sì colpa
dei cittadini di Riesi, ma immensamente di più dei fattori generali, nazionali e mondiali che tali situazioni
generano e mantegono.
E non è giusto che si paghi un prezzo senza saperne il perchè: questo aumento solo lo scetticismo e la sfiducia
in tutto e 'n tutti. E non è possibile liberarsi senza sapere questo « perchè »,
cioè senza conoscere la situazione del
mondo in cui viviamo. Il minimo presupposto della libertà è la coscienza
della situazione reale in cui ci si trova.
E senza uomini liberi non si costruisce
una città nuova, in un nuovo mondo.
Come dunque far partecipare questa
città al travaglio ed alla ricostruzione
del mondo?
Questo è il problema veramente grave e difficile dinnanzi al quale e buona volontà e tecnica cadono. Non si
tratta di parlare ad essa soltanto. Come si può far attenzione ad un discorso che riguarda i problemi di fondo
dell’esistenza umana, quando, già questa nostra piccola vita è nell’angoscia
per lo scadere delle cambiali e per la
insistenza dei creditori o del negozio
che non vuol più dare a credito il cibo di ogni giorno?
In questo senso nulla risolve un mutamento economico venuto dall’alto.
Pensiamo che se a Riesi si stabilisse
una grande fabbrica che assorbisse
E’ mancato
un vecchio amico
dei Vaidesi
R. M. STEPHENS
Apprendiamo telegraficamente che in un
incidente ha perso la vi<a il cap. R. M. Stephens, per tanti anni membro della Waldensian Aid Society briiannica e ben noto sia
alle Valli che nelle comunità della penisola,
da lui visitate innumerevoli volte nel corso
di molti decenni. Rivolgiamo un pensiero
di profonda gratitudine alla memoria di
questo fratello che ha fatto rivivere così intensamente, nel nostro tempo, l'antica solidarietà del protestantesimo britannico. Lo
ricorderemo più diffusamente.
tutta la massa dei disoccupati, non
per questo la città sarebbe più inserita nel travaglio e nella lotta di redenzione del mondo. Ci saranno sempre i
più che han l’animo al proprio benessere, al proprio avere, e quelli legati ad
un sistema mafioso con cui vorranno
opprimere gli altri e da cui saranno
essi stessi oppressi.
Forse la via migliore è quella di una
educazione e preparazione politica e
sociale della gente perchè a poco a
poco sia cosciente di quanto da vicino o da lontano la circonda. L’uscita
possibile è una rivoluzione, che non è
detto sia violenta, in questa non ci
crediamo affatto, ma spirituale. Una
rivoluzione degli spiriti per cui dalla
preoccupazione del proprio immediato interesse si passi alla preoccupazione più grande dell’interesse del mondo. Si pensi a rinnovarlo, per averne,
anche, di conseguenza, rinnovata la
vita.
E questo è il primo nostro grande
compito se abbiamo avvertito i fondamenti della vita del mondo, fondamenti che stanno nella persona e nell’insegnamento di Cristo e, ancor più, nell’opera che, oggi, vivente, egli compie.
Perciò aveva ragione il sociologo che,
dopo aver indagato sulle connessioni
fra mafia e clero, ha concluso che questo non aveva fatto il suo dovere, ed
han ragione quanti oggi richiamano
la chiesa al suo compito nel mondo.
La prima lotta è quella contro le potenze spirituali del maligno che sono
nell’aria, l’aria che il popolo, noi, respiriamo e che ci avvelenano la vita
rendendoci incapaci di agire e di impegnarci. Ed è contro queste potenze
che prima di tutto dobbiamo divenire
obiettori di coscienza per agire poi in
opposizione ad esse.
Ma chi non realizza la difficoltà di
una lotta contro ciò che sfugge, che
non si afferra, che non si vede in faccia? Una lotta contro un veleno che è
nell’aria e che paralizza ogni azione
negli altri ed in noi?
Proprio per questo occorre guardare
alla realtà ultima perchè le realtà quotidiane prendano la loro vera proporzione e non ci soffochino dopo che si
son ingigantite negli occhi nostri. E
la realtà ultima è il mondo dell’agape
che nella resurrezione ci appare definitivamente vincitore. Esso viene. Viene col Suo Signore, com’Egli ha promesso ai discepoli che lo attendono.
L’incarnazione, ci dice che ha preso
su di sè la nostra situazione umana
com’essa è, come la vediamo ogni giorno, anche qui a Riesi, ma la sua resurrezione ci dice che questa situazione,
portandola, la ha vinta, come ha vinto tutte le potenze che ostacolano la
nostra vocazione. E il mondo dell’agape, che è il mondo veramente nuovo,
deve stabilirsi definitivamente.
Tullio 'Vinay
La Grande-Royale, la Duchesse, la
Madame, la Couronne, la Dauphine,
la Superbe... sono i nomi delle galere
del re di Francia, belle e robuste navi
che hanno vinto più di una battaglia,
rendendo illustre anche sui mari il
nome di Luigi XIV, il Re Sole.
Ma non ad una macchina o ad un
motore — ancora di là da venire —,
e neppure soltanto alle grandi vele,
troppo soggette al capriccio dei venti,
era affidato l’incarico di fare avanzare queste navi, bensì ad uomini condannati per crimini vari; uomini dai
corpi devastati dai maltrattamenti,
dalle malattie, dalla fame, nei quali
soltanto più i muscoli sembravano
aver vita, resi poderosi da uno spietato eserc'zio: i galeotti, ciurma tragica
e disperata. Le navi sfrecciavano sulle
onde e manovravano con destrezza durante le battaglie per le sole forze delle braccia martoriate di esseri viventi :
250-260-300 uomini stipati sui banchi
della voga, incatenati, orrendamente
sfregiati dalle bastonature, divorati dai
pidocchi, con in bocca un tappo di sughero stretto tra i denti quando remavano molto forte, frustati a sangue per
non perdere il terribile ritmo veloce,
sempre più veloce: seduti, in piedi,
curvi in avanti sul remo, poi bruscamente ributtati indietro... seduti, in
piedi, curvi sul remo... fino alla follia,
fino alla morte. Efficienti rinomate temute ammirate da tutti, cos’i vogavano le galere di sua Maestà Cristianissima. In mezzo ai ladri, agli assassini, ai
delinquenti, agli empi d’ogni genere,
gomito a gomito nell’immane fatica e
iiiiiiimiiiiiiiiiiiiii
IIIIHIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIII
Il Mnto degli angi alla nascita del Salvatore
La “pace,, annunciata significa la “salvezza,, nel senso più pieno e ricco
Spesso si rileva che non esiste un testo
comune del Padre Nostro per tutti i cristiani. Questa mancanza di uniformità tuttavia può essere in parte spiegata : il Padre
Nostro infatti ci è stato tramandato in due
diverse redazioni co'nteaute nel Vangelo di
Matteo e in quello di Luca.
Il Natale ci pone davanti un altro testo
famoso, al quale molti sono affezionati in
forme diverse benché ci sia giunto in un
solo Vangelo: il canto degli angeli alla
nascita del Salvatore.
« « 4:
Anche se il numero degli oppositori della Versione Riveduta è sempre più ridotto,
ci sono ancora, specialmente fra le persone
anziane, molti che ricordano le parole del
canto di Natale secondo la traduzione di
Diodati
« Gloria a Dio ne’ luoghi altissimi,
pace in terra,
henivoglienza inverso gli uomini »
(Luca 2: 14)
Questo testo diodatino, trascritto da un
N. T. stampato nel 1945, corrisponde esattamente (salvo la diversa grafia di alcune
parole) a quanto Diodati scriveva nelle edizioni del 1607 e del 1641 (che avevano
« ...heniiioglienza inuerso gli huomini »). Da
dove aveva tratto il Diodati questa suddivisione del « Gloria in excelsis » in tre parti?
Il testo greco si presenta così, con i tre
termini (gloria, pace, benevoglienza) in parallelo. tutti e tre soggetto, in un certo numero di manoscritti. Da essi, questo tipo di
testo è passato nelle prime edizioni a stampa del XVI secolo e da quelle è stato tradotto in molte Bibbie in lingua volgare
(Lutero; versione inglese detta del Re Giacomo. che è dell'epoca della diodatina; Diodati). Solo nel secolo scorso, con la miglior
conoscenza dei manoscritti antichi, confermata dalla scoperta di nuovi codici e papiri in questo secolo, è apparso chiaro che
i manoscritti che hanno la parola greca corrispondente a « henivoglienza » come soggetto non possono sostenere il confronto
con quelli, più numerosi e soprattutto più
antichi, ove il termine stesso è nel caso del
complemento di specificazione (genitivo): la
prima mano del Sin. e del Vatic.. Alessandrino. Beza. Freer. le versioni gotica, coptasahidica, latine. Ireneo. Attanasio. Agostino
e altri.
4 4 *
Accanto alla forma « diodatina » del canto di Natale, possiamo menzionare la forma
tradizionale cattolica:
« Gloria a Dio nel più allo dei cieli,
e pace in terra agli uomini di buon
[volere ».
Così mons. Martini, arcivescovo di Firenze,
traduceva il latino della Vulgata (Gloria in
altissimis Deo. et in terra pax hominibus
bonae voluntatis).
Anche questa versione del « Gloria in
excelsis » ha avuto, ed ha tuttora una larga popolarità, soprattutto nella forma più
orecchiabile, che segue passo passo il latino « ...pace in terra agli uomini di buona
volontà ».
Questa forma del canto angelico, se da
un lato si fonda su un testo greco migliore
di quello della diodatina, dall'altro esprime
una concezione teologica della salvezza e
dell'uomo che è agli antipodi di quella che
permea i due primi capitoli del Vangelo di
Luca, la concezione secondo cui la salvezza
dipende anche dal consenso, dalla collaborazione dell'uomo. Gli argomenti contro l’importanza attribuita dalla Vulgata agli « uomini di buona volontà » (non solo teologici,
ma anche linguistici, è bene precisarlo) sono noti ai nostri lettori perchè questo testo
e le sue traduzioni sono sempre stati argomente di commento e di polemiche. Oggigiorno. poi, una documentazione molto ampia e rigorosamente scientifica in proposito
può esssere trovata nel Grande Lessico del
N. T.. traduzione italiana del Theologisches
Wörterbuch zum N. T. di G. Kittei e G.
Friedrich, che nel III volume (italiano) porta 1 articolo eudokia in cui è descritto e
commentato l’uso di questo termine (e del
suo equivalente ebraico). Trattandosi, nel
caso di Luca 2: 14, di un passo che proclama il compimento della volontà salvatrice
di Dio, la traduzione del termine greco che
già prevale nel resto della Bibbia si impone più che in qualsiasi altro caso: sovrana volojrtà„ di -JDio, divino compiacimento
del Signore nella sua grazia spontanea e
generosa. -w
E questa è la terza forma in cui è noto
il canto degli angeli;
« Gloria a Dio ne’ luoghi altissimi,
pace in terra fra gli uomini ch’Egli
[gradisce! ».
(Versione Riveduta)
Questa forma si va imponendo anche nelle Bibbie cattoliche più recenti: citiamo a
mo' d'esempio la traduzione di P. Rossano
nella Bibbia della casa editrice UTET;
« Gloria a Dio nel più alto dei cieli,
e pace in terra agli uomini del suo
[amore ».
Nella nota l’autore commenta ; « Il secondo verso dell’inno angelico viene tradotto
spesso, in base al testo latino della Volgata, "pace in terra agli uomini di buona
volontà”. L'originale greco tuttavia suona
letteralmente: ’’pace... agli uomini che sono
oggetto di benevolenza” ».
Una conferma indiretta di questa interpretazione è stata fornita dai testi della
setta giudaica di Qumràn scoperti dopo la
seconda guerra mondiale vicino al Mar
Morto. Negli Inni di riconoscenza, un passo
dice : « La via dell'uomo non è mai fissata I se non ad opera di quello spirilo che
Dio creò in lui, / perchè tracci ai figli dell’uomo almeno una strada senza colpe, / perchè essi possano conoscere tutte le opere
sue I nella grandezza della sua potenza e
nell’ampiezza della sua misericordia / verso
i figli della sua compiacenza ». e un altro ;
POLITICA E RELIGIONE
Buenos Aires (soepi) — A richiesta della
santa sede, il vescovo argentino mons. J. Podestà ha dato le dimissioni.
E' di dominio pubblico, scrive l’agenzia di
stampa cattolica KIPA (Friburgo, Svizzera)
il fatto che il governo argentino vedeva di
cattivo occhio l’attività di mons. Podestà,
che alcuni paragonano al « vescovo rosso »
del nord-est brasiliano, mons. H. Camara,
arcivescovo di Olinda e di Recife. Gli era
stato rimproverato di aver partecipato a parecchie riunioni sindacali o politiche giudicate incompatibili con la sua missione. Qual,
che giorno fa mons. Podestà era stato ricevuto dal generale Ongania, presidente della repubblica argentina, ed il colloquio avrebbe
messo in evidenza il loro disaccordo.
Il prelato, nato nel 1920, è un attivo propagandista della « Populorum progressio ».
A questo proposito, il governo e buona parte
del clero argentino gli rimproverano di darle una interpretazione « troppo personale ».
Tuttavia, accusato di simpatie sinistrorse, egli ha dichiarato alla stampa : « non sono
comunista ».
In un lungo documento, mons. Podestà ha
confermato di aver dato le dimissioni a richiesta di Roma. La nunziatura apostolica a
Buenos Aires gli ha fatto conoscere detta decisione il 1° novembre u. s. Il vescovo l’ha
immediatamente accettata, a condizione di
poter avere un colloquio col papa, prima del.
la sua pubblicazione, la qual cosa gli venne
garantita. Ma prima che questa udienza potesse venir realizzata, la notizia delle sue dimissioni venne resa pubblica.
« Dalla tua bontà discende abbondanza di
perdono / e c’è misericordia per i figli della
tua compiacenza ».
Ovviamente, questo non vuol dire che il
canto degli angeli si sia ispirato agli inni di
riconoscenza della setta di Qumràn, nè che
li abbia influenzati: vuol dire però (e anche questo è importante) che in quell’epoca
era corrente parlare del « compiacimenito »
di Dio per i suoi eletti — e che se ne parlava specialmente quando il discorso trat^taya-.della misericordia di Dio per gii uomini. Nel linguaggio, così ricco di risonanze ebraiche, degli inni di Luca 1 e 2, la
menzione della « pace » non deve essere
intesa nel senso negativo di assenza di conflitti, o neppure in quello positivo, di tranquillità — ma come equivalente greco del
termine ebraico shalóm, che si impiega sì
per indicare la « pace » ma che significa
molto di più: corrisponde a «salvezza»
nel senso più pieno e ricco della parola.
Alla manifestazione della gloria di Dio nel
cielo eorrisponde la presenza delia sua salvezza sulla '¡erra, in mezzo agli uomini ai
quali egli si è compiaciuto di inviare il suo
figliuolo. E anche questa armonia fra ciò
che avviene in cielo e sulla terra (come nel
Padre Nostro!) fa parte dell’Evangelo di
Natale.
Bruno Corsani
nelle crudeli sofferenze, vi erano an
che i perseguitati per la fede, gli ugonotti e i valdesi; gente pia, spiritualmente evoluta per la loro grande familiarità con la Parola di Dio, il più
delle volte istruita, come per esempio
fi eh rurgo valdese Giovanni Muston
di Luserna S. Giovanni, il quale, fatto
prigioniero dai francesi nella 'Val Cla
rea nel 1689, soffrì, per 25 anni sulle galere la Hardie e la Grande.
L’autore del libro che presentiamo
e il discendente di un galeotto per motivi di religione, André Chamson, noto
scrittore dell’Accademia di Francia
Egli ritrova fra vecchie carte i conno
tati del suo antenato, ed è stupito di
constatare come rassomiglino ai suoistatura media, capelli e barba castani
viso ovale, lentiggini, calvizie incipiente, fossetta sul mento. Avrebbe potuto
essere lui! Invece sette uomini, nel
susseguirsi delle generazioni, lo separano dall’antenato condannato per la
sua fede. Sembra lontano il tempo
delle persecuz'oni e delle galere, eppure vi sono solo sette uomini tra Loiiis
Chamson « le domestique de Dieu »,
il galeotto, e André Chamson lo scrittore contemporaneo ; e purtroppo non
è neppure lontano, bensì, ahimè!, sempre attuale il tempo delle vessazioni
dell’uomo sull’uomo. L’autore dichiara di aver fatto risorgere queste dolorose memorie, perchè gli sembra necessario guardare in faccia con lealtà
gli orrori del passato, dal momento
che, come accade, altri odii, altre persecuzioni altrettanto atroci hanno preso il posto di quelle nel mondo odierno che a noi pare tanto civile ; eiii-rre
fratr'cide, delirio totalitario, camn: di
concentramento, genocidio. Dobbiamo
avere almeno il coraggio di denura lare chiaramente le colpe passate, oer
rifiutarle con energia e non d \ e le
complici; per imparare a d “ce e
quelle di cu^ oggi ci macchiamo.
Il libro « La Superbe » è un r n
za, ma la parte storica è ; cr j
mente precisa : « nulla è stato r to
senza prove — dice il Cham~on i
la è stato di proposito rese p u
ro, più tragico » ; anzi in tutte a
gine traspare un desiderio since;- da
parte dell’autore di gettare un v-v di
luce nelle tenebre di dolore e di « -rore della vita sulle galere. Co" no
messi nel cuore di alcuni per gì
sentimenti di pietà e di fratern r
se, in realtà, assai rari in que a
ed in quell’ambiente. Tra gli e
pietoso il cappellano della tiag ir
ma dei galeotti, il curato Jean Bk ii
quale, a forza di meditare 'u o
che ha l’obbligo di convertire r
ge che il meglio della sua lede o
naie viene proprio dagli ugonotti. E
un omaggio dell’autore allo spiri o m
ricerca di una fraternità cristiana, che
muove oggi i cuori dei credenti mi gliori di ogni confessione. «Avrei po.ato
scrivere un libro molto più teriT.'ìle,
pur restando nella verità — afte .. ma
André Chamson — ma la storia fila
Superbe non si è aperta per me culTodio e sul furore, bensì sulla ca ità
fraterna, la pace in terra, la benevolenza verso gli uomini », dando a 'ueste parole il significato profondo ;-he
avevano per gli antichi ugonotti,
I « religionari » erano trattati molto
più severamente degli altri condannati; l’unico contatto con il loro n-on
[continua in 3” puffna)
Un granide ritorno
BUCCIN
Il classico per l'infanzia, scritto da Virgilio Sommani, negli ultimi anni più noto e amato all'estero che in Italia, viene ripresentato ai piccoli lettori nostrani.
È uscita presso la nostra casa editrice la terza edizione riveduta del libro per ragazzi « Le avventure di Buccino » di Virgilio Sommani : lo aspettavamo da tempo e siamo lieti che
proprio per le feste natalizie la casa
abbia pensato ai nostri ragazzi.
Il libro del Sommani, letto e amato
da due generazioni in Italia e all’estero, ha tutte le qualità per farsi amare
dai ragazzi d’oggi. La sua lettura (è il
dato d’esperienze condotte in alcune
classi delle Valli valdesi e di Torino)
ha appassionato ancora una volta i
ragazzi dai sei agli undici anni; ed il
personaggio Bucc'no. « ragazzo fatto,
buono come una pasta, ma vivace e
allegro ch’era un piacere », è diventato nel giro di qualche ora un loro amichetto, uno di casa alla stregua di Pollicino, di Pinocchio e di Gatto Berardo.
Il libro (tranne il suo personaggio
che è frutto di vivida e indiscussa fantasia) non ha niente dello scenario
classico, cammina vicino alla vita: è
sulla via soleggiata del mondo affascinante degli animali (lo scoiattolo, il
grillo, le formiche, i furetti, le cicogne,
i delfini) e in quello più disincantato degli uomini.
« Buccino » è una fiaba dovuta ad
un uomo rimasto nell’intimo profondamente fanciullo e che porta nel sangue l’arte di narrare ; ce lo dicono Tar
guzia scintillante, la freschezza, il tagl:o del dialogo, le battute discorsive,
il filosofeggiare sereno e persino gioioso della vita.
Il Sommani scrivendo il libro non si
è posto una finalità morale nel senso
in cui è intesa dagli adulti. Egli conosce troppo bene i ragazzi per sapere
che essi soltanto sanno scoprire una
eccedenza di significato anche nelle
situazioni più scontate : vedono quel
bello e quel buono che gli adulti nella
loro fretta dispersiva non sanno più
scorgere.
Buccino non è costruito sullo stampo dei bambini buoni o cattivi, come
è in certa letteratura deH’infanzia, e
neppure su quello dei falsi monelli che
a frotte sono succeduti al Pinocchio,
ina ha una sua personalità: ama la
vita, le esplosioni improvvise, sempre
alla ricerca delTimprevisto e del nuovo. In ultima analisi il personaggio
Bucc'no esprime una limpidezza di
sentimenti che resiste attraverso le
sue avventure; sono appunto questi
sentimenti che ci consigliano di ripresentarlo ai ragazzi e raccomandarlo
agli educatori.
Le illustrazioni, grazie anche alla
tecnica della coloritura apportata in
questa ultima ed zione, sono incisive e
alla portata dei piccoli lettori.
F. Calvetti
3
22 dicembre 1967 — N. 50-51
pag. 3
Note critiche agli articoli di Mario Miegge sulla Riforma e il Protestantesimo
Il pensiero sociale della Riforma
Face il processo al protestantesimo, sta bene; ma nell’istruttoria occone esaminare i capi d’accusa più a fondu
di quanto fanno molti giovani intellettuali protestanti che aderiscono al marxismo in Italia e in tante nazioni
Mario Miegge nel suo articolo su
«Servitù per convinzione»? («L’EcoLuce », n. 42) esamina rapidamente il
pensiero sociale di Lutero, ne valuta
positivamente il concetto laico di vocazione, quale « lavoro stabile e continuativo al servizio del prossimo »,
principio dal quale « dipenderà tutta
l’etica professionale protestante ». Critica invece fortemente la « visione tradizionale e conservatrice della società
secolare » nel pensiero del Riformatore, che « afferma che per attuare la
propria vocazione, ognuno deve rimanere nel proprio stato, rispettando la
rigida gerarchia dei ceti medioevali ».
Una conferma di questo conservatorismo sociale il Miegge la vede nella
risposta data da Lutero ai contadini
in rivolta; «Un regno temporale non
può sussistere senza disuguaglianza
nelle persone, per cui alcuni sono liberi e altri prigionieri, alcuni signori
altri servi ». Quindi il servizio per il
prossimo è, dice Miegge, « per i contadini servitù, per i principi dominio ».
Lutero per il popolo
È noto, e lo ricorda anche il Miegge,
che Lutero si è formato, e ha in seguito agito come Riformatore, in un paese retto da una economia feudale, a
differenza di Zwingli, Bucero e Calvino vissuti in città aperte ai commerci,
alle industrie e alle correnti culturali
più vive dell’umanesimo. Wittenberg
non era Ginevra, nè Strasburgo ; si
trovava al limitare della civiltà, « in
limine civilitatis », come diceva lo stesso Riformatore tedesco. È dunque inutile cercare in Lutero idee democratiche che un uomo del suo tempo e del
suo ambiente non poteva avere, a meno che non fosse un contadino in rivolta contro tutto e contro tutti. Può
essere invece profìcuo intendere quegli
elementi nel pensiero di Lutro che potevano contribuire a un elevamento
sociale e morale delle classi più umili
e degli stessi contadini.
Notiamo anzitutto, nelle concezioni
etiche nel Riformatore, che anche la
vocazioiie- ael principe era intesa come se _ Commentando il passo
cristol} « prese forma di servo »
(Pii- 2- se J,utero scriveva che il princ pe uor 'uo spogliarsi della
sua a pe" curarsi delle neces
sità dei SUOI sudditi come se fossero
sue ne a Nei reprimere e punire
1 mg u T 1 principe deve badare
piu au fc e dei paese e dei sudditi che si nroprio. Durante la rivolta
dei co Jei 1525, il Riformatore
ha usalo •-iure espressioni per questi,
ma noo stato tenero neppure nei
riguarfli sei principi: «Voi, signori,
avete d oi [a Scrittura e la
i tor a strano come furono puniti 1 t Ora poiché è certo che
voi reggete da tiranni sanguinari, vietando n^eio e opprimendo e triboland ente povera, non vi resta
altro 1 nè speranza, se non di
perire pari vostri ». E ancora :
« Avet la alla gola, e tuttavia
presun essere tanto saldi in sella
che n( lotrebbe buttarvi giù ; ma
appunt està vostra baldanza e sicumei ccherà l’osso del collo, e
lo vedrete. Innumerevoli volte già ve
rannunzial affinchè vi teneste iii
guardia rontro il Salmo CIV : ’'Egli
spande il liisprezzo sopra i principi’...
Voi siete ;a causa dell’ira di Dio... »
(EsortaziiMie alla pace, sopra i Dodici
articoli dei contadini di Svevia). Anche queste parole del Riformatore contro i sienori andavano ricordate, per
presentare con qualche obbiettività il
suo pensiero sociale.
Lutero ebbe aspre e crudeli parole
contro principi e contro contadini durante la rivolta del 1525 che, secondo
lui, comprometteva la chiara intelligenza e la diffusione del Vangelo. Ma
migliori pensieri, che potevano contribuire a elevare il popolo, troviaino in
numerosi altri suoi scritti. Abbiamo
accennato al concetto di vocazione come posizione nella vita, particolare
campo di lavoro e professione per servire il prossimo e glorificare Iddio
nell’obbedienza. La vocazione non è
quindi semplicemente il pùnto casuale in cui l’individuo è inserito nell’organismo sociale, ma un vincolo particolare con esso. In Lutero è ancora vivo il pensiero della corporazione me
dievale e non si possono intendere le
sue concezioni che nel quadro degli
ordinamenti sociali del suo tempo. Chi
si aspettasse da lui qualche cos’altro,
confonderebbe la sua etica coll’utopismo di Melantone (W. Elert). Tuttavia ciò non significa che Lutero sia
stato nel campo politico un conservatore ad oltranza. In lui vi sono dei
germi vivi di rinnovamento sociale.
Soprattutto importante è la battaglia
che egli ha combattuto per la scuola
popolare. Voleva che i figli dei poveri,
se intelligenti e atti allo studio, fossero aiutati dalle autorità dello Stato
e della Chiesa a compiere gli studi necessari per.poi rivestire delle cariche
importanti nella società. « Quando la
autorità vede un ragazzo intelligente,
deve badare che sia mandato a scuola; se il padre è povero lo si aiuti con
i beni della chiesa» (I figli a scuola).
Il Riformatore poteva profetare che
«i figli del popolo dovranno governare
il mondo, tanto nella sfera ecclesiastica quanto in quella civile» (Ai consiglieri delle città di Germania).
Altri mezzi di elevazione del popolo
rientravano nella educazione della comunità cristiana. È noto che Lutero
ha soppresso la distinzione rigorosa
medievale fra clero e laicato e ha insegnato il sacerdozio universale dei
credenti, ha parlato di una comunità
non più oggetto di cura d’anime da
parte del clero, ma divenuta essa stessa soggetto di cura d’anime per esercitare la vigilanza, l’esortazione e la
reciproca consolazione fraterna (mutua consolatio fratrum). Egli è giunto
perfino a proclamare il principio (che
in molte chiese ancora oggi suona rivoluzionario) che Una comunità cristiana ha il diritto e la facoltà_ di giudicare ogni dottrina e di chiamare,
insediare e destituire i suoi dottori.
Lutero ha dato la Bibbia in mano
al popolo e nella lingua del popolo,
stabilendo, mediante la dottrina della
giustificazione un rapporto immediato
fra la parola di Dio e il credente. In
tal modo rendeva impossibile un magistero ecclesiastico come quello del
papa e preparava la Chiesa del popolo
a divenire una Chiesa adulta nel mondo moderno. Altri validi aiuti per la
educazione delle nuove generazioni
erano il Piccolo catechismo e il canto
evangelico, il corale luterano, nella
lingua parlata. Si potrà osservare che
questa educazione era essenzialmente
ecclesiastica. Ma la maturità del credente deve avere come conseguenza
la maturità del cittadino. Il Troeltsch
nota questa influenza della educazione cristiana sulla vita politica nella
Ginevra di Calvino, quando afferma
che « l’intreccio d’una Chiesa di comunità con una repubblica cittadina
ag' potentemente nel senso di idee
democratiche, del principio della sovranità popolare ». La situazione politica e sociale in cui doveva svilupparsi la riforma luterana fu, come abbiamo detto, ben diversa, e i pr neipi territoriali tedeschi soffocarono col loro
assolutismo (e nel migliore dei casi col
loro paternalismo) molti di quei germi
di rinnovamento sociale che la predicazione di Martin Lutero aveva sparsi
nel popolo.
Dignità del lavoro
secondo Bucero e Calvino
A Calvino il Miegge consacra soltanto cinque righe e mezzo, per dire che
il Riformatore di Ginevra « ammette
che l’esercizio della vocazione può
conciliarsi con un cambiamento di
stato ». Poi parla, senza transizione,
quasi si trattasse della medesima cosa,
del puritanesimo, mentre in realtà
quest’ultimo va ben distinto dal calvinismo originario, poiché ne rappresenta una evidente deviazione.
Nel concetto di vocazione Calvino,
come gli altri Riformatori tutti, senza
eccezione, ha accentuato l’utilità di
ogni professione per la vita del prossimo e della società in genere. Bucero
fa dell’utilità, non per se stessi, ma
per gli altri, uno dei criteri di scelta
della vocazione. « Una vocazione che
permette di servire alla collettività è
preferibile a quella in cui ci si mette
al servizio di singoli». (Che nessuno
deve vivere per se stesso). Questo concetto è alquanto diverso da quello del
maggiore guadagno puritano, « senza
danno per l’anima vostra o per gli altri ».
dito («Eco-Luce», n. 45), domande rimaste senza risposta nella replica del
Miegge : Requiem per il protestantesimo? (« Eco-Luce », n. 47). In una città
in cui tutti lavorano, gli inabili per
vecchiaia o malattia, come pure i
bambini, non possono e non devono
vivere di elemosina. L’assistenza da
parte della società lavoratrice è un
loro diritto, come noi oggi parliamo di
un diritto alla pensione. L’aiuto privato non sarebbe un atto di carità, ma
una umiliazione infiitta al bisognoso.
Oltre a ciò esso creerebbe, in città di
poche migliaia di abitanti, poco simpatiche infiuenze personali e clientele.
Nel De regno Christi Bucero motiva
così questa disposizione : L’elemosina
non va fatta privatamente, perchè
l’elemosina privata favorisce l’orgoglio del benefattore e la mendicità di
Parlando di «Riforma e società»,
mi pare che si doveva sviluppare il
concetto di vocazione e di Iporo nei
Riformatori, più che nel puritanesimo
posteriore. La dignità del lavoro riscoperta dalla Riforma mi sembra uno
dei suoi valori perenni, ariche per la
dignità umana del proletariato del nostro tempo. Lavorare significa per Calvino, compiere ciò che Dio stesso fa,
partecipare all’opera di Dio. L uomo
possiede la sua piena umanità lavorando in obbedienza alla vocazione divina. Non è ammesso che cittadini atti al lavoro rimangano inerti. Bucero
per es. vuole che certi nobili inglesi
poco intelligenti, e quindi incapaci di
altra occupazione, si consacrino al lavoro dei campi e airallevamento del
bestiame, poiché anche questa è una
professione nobile, esercitata un tempo da Abramo, Isacco e Giacobbe...
(De regno Christi ). ,
In connessione con questa etica del
lavoro va considerata la questione della carità «impersonale» che ha suscitato tante domande ad Antonio Ar
quelli che vengono aiutati. Il denaro
per tale scopo va dato alla chiesa, e
se taluno disobbedisce dev’essere punito, « mediante una legge che imponga
un’offerta doppia a chi sia colto a fare
un’elargizione privata ai poveri ».
Ma l’azione caritativa anonima non
era priva di simpatia umana e fraterna, poiché gli incaricati dell’assistenza erano i diaconi della chiesa. Del
resto l’uomo non ha bisogno soltanto
di pane, ma di comprensione, di affetto, di compagnia nella solitudine,
di consolazione nel lutto. Le comunità
riformate conoscono nel XVI secolo,
e fino ad oggi, il ministero della reciproca consolazione ed esortazione fraterna. Lo stesso Ardito non ha chiesto per sè, quale atto di carità, che un
aiuto a vedere chiaro in questa questione.
Il processo al protestantesimo
Infine il Miegge chiede una resa dei
conti al puritanesimo in particolare,
ma anche a Lutero, come appare dal
titolo stesso dell’articolo ; « Servitù per
convinzione »? Qui si manifesta la ragione di tutto l’articolo che è un processo alla storia fatto da un tribunale
marxista. Per l’istruttoria Mario Miegge doveva esaminare i principali capi
d’accusa, per cui il Medioevo (mille
anni di storia della Chiesa e della civiltà cristiana, con o senza virgolette)
è riassunto nella « vicenda delle buone
opere », Lutero è liquidato come servo
dei principi e dei signori, il puritanesimo con ì conti attivi, ma non giusti.
Il processo dev’essersi concluso con la
condanna capitale, poiché il Miegge
intitola il suo secondo articolo; Requiem per il protestantesimo? (Il titolo, veramente, era nostro, n.d.r.).
Ho voluto precisare alcune questioni
storiche, ma non sono abituato a fare
l’apologeta del protestantesimo. Se il
Miegge vuole assicurarsene ancora
una volta, legga il mio articolo su Riformatori e lotte contadine nell’ultimo
numero della « Rivista di Storia e Letteratura Religiosa ». Ma non sono neppure convinto dell’utilità di questi processi alla storia fatti semplicemente
per provare la validità di una tesi prestabilita, in questo caso marxista, e
quindi per propaganda politica.
La Riforma, come fenomeno storico
si presta a critiche anche più severe
(e più giuste) di quelle del Miegge, ma
la sua validità è tutta nel messaggio
che ha fatto risuonare in Europa. Nella misura in cui questo messaggio è
fedele alla parola di. Dio, esso ha un
significato ecumenico, cioè universale
e perenne, la Riforma stessa diviene
un punto costante di riferimento e
(simile in questo alla Chiesa dei primi
secoli) un paradigma della decisione
per la parola e l’opera di Dio in Gesù
Cristo per la salvezza del mondo.
Il Miegge dice giustamente che la
Riforma « non costituisce una sorta di
deposito immutabile di verità teologiche e di norme morali ». Quindi il « sola fide », il « sola Scriptura » non sono formule da ripetere oggi come nel
XVI secolo. È vero, e, aggiungiamo,
non giova neppure ripetere versetti
biblici. Il Vangelo è un messaggio e la
Bibbia va letta e meditata per cercare
d’intendere ciò che la parola di Dio
ha da dire alla nostra generazione. Il
Vangelo del Regno è come un tesoro
nascosto e bisogna scavare e scavare
profondo per scoprirlo. Questa meditazione e questo studio per percepire
la parola di Dio per il mondo del nostro tempo è una fatica ben più dura
che quella di tenere una lezione di filosofia, ’0 anche di teologia in un’aula
accademica. E dopo la fatica il Vangelo è e rimane sempre e soltanto un
dono.
Quanto al tramonto o alla morte
del protestantesimo lasciamo il giudizio a Colui che sta più in alto di tutti
i tribunali umani. Per quello che noi
uomini possiamo constatare, senza volere fare dell’apologetica, vi sono alcuni fatti che testimoniano piuttosto di
una vitalità non esaurita nel protestantesimo dell’ultimo mezzo secolo:
p il rinnovamento teologico-biblico
per opera di Karl Barth e dei suoi discepoli che non soltanto ha risollevato
la teologia evangelica dalla situazione
stagnante di una esaurita teologia liberale, ma ha dato la spina dorsale
alla resistenza al nazismo e al fascismo (cfr. il mio articolo su La generazione di Giovanni Miegge in «Prote
stantesimo», 1962) in Germania, in
Italia e in altri paesi d’Europa ; 2“ l’origine del movimento ecumenico nella
sua ora profetica che è durata almeno fino all’Assemblea di Nuova Delhi
1961; 3“ l’immenso contributo teologico-biblico al rinnovamento in atto del
cattolicesimo romano che mai e poi
mai avrebbe trovato nella sua tradizione post-tridentina la forza per riformare se stesso.
Vi sono certo anche dei segni profondi di decadimento nel protestantesimo contemporaneo, e uno di questi
segni è costituito da quei giovani intellettuali protestanti italiani e di altre
nazioni, che, militando nel comuriismo, non sanno fare nulla di meglio
che un insistente proselitismo marxi
sta in seno alle comunità evangeliche,
ad Agape e sino nell’ambito della Facoltà Teologica Valdese. Non vorrei essere frainteso. Non voglio minimamente prendere posizione in favore del
conservatorismo delle classi agiate che
desiderano perpetuare la situazione
mondiale attuale, per loro comoda
( oggi Lutero direbbe loro : « Voi, signori, siete causa dell’ira di Dio!»), ma
tragica per gran parte deH’umanità
che muore di fame, che soffre discriminazione, sfruttamento e servitù. Il
radicalismo del Vangelo mi spinge ad
accettare, e volentieri, la soluzione comunista (non marxista!) della questione sociale, per quanto mi sembri che
il popolo italiano sia del tutto immaturo per un tale esperimento. Infatti
da noi tutto ciò che è statale, cioè bene comune, è oggetto di ruberie piccole e grandi da parte di gente di tutti i
partiti. Ritengo però che il compito di
un protestante comunista sia di portare ai marxisti le visuali nuove e veramente salutari del Vangelo e non già
di fare proseliti marxisti quanti più
possibile, nelle fila del protestantesimo.
Se poi le Chiese rappresentino
« qualcosa d’importante nella storia »
o no, lo sa Iddio (non il professore di
filosofia nè il teologo) che può servirsi anche delle cose deboli di questo
mondo per svergognare le forti. Quello che importa è che la Chiesa di Cristo dica oggi una parola chiara, una
parola vera, la parola che Dio vuole
dire agli uomini del nostro tempo, e
la dica anche ai marxisti, affinchè la
giustizia e la pace nel mondo possa essere bene orientata. Mi pare che questo punto di vista sia stato adeguatamente espresso e illustrato in due articoli, apparsi in questo settimanale
(n. 46), di Gino Conte; «Fede marxista e fede cristiana » e di Helmut Gollwitzer : « Responsabilità dei cristiani
nelle tensioni Est-Ovest ». E ciò mi risparmia di prolungare il discorso.
Valdo Vinay
Sulle galere del He Sole
SEGUE DALLA SECONDA PAGINA
do proveniva dal continuo affluire dei
fratelli nella fede, che arrivavano sempre più numerosi a condividere la medesima pena, e furtivamente recavano
notizie della -chiesa perseguitata, del
paese, della famiglia. Le « catene », così,
si chiamavano le file dei galeotti, giungevano da ogni parte della Francia,
dirette ai porti, simili ad un lungo inverosimile bruco di uomini pesti sanguinanti allucinati ; e sempre più frequentemente i grandi criminali avevano accanto gli illuminati dalla fede.
Le notizie che serpeggiano, caute e
rapide, tra i bancacci e nelle stive delle galere, sono strane : le Cevenne si
sono sollevate e fanno la guerra ai
loro persecutori. I vecchi ugonotti, che
da anni soffrono il martirio sulle navi
francesi, rassegnati e quieti, quelli che
come pecore .n mezzo ai lupi, pregavano appassionatamente : « Abbatti, brucia, colpiscimi, o Dio, ma rimani con
me e sostienimi... fa che io mi sottometta alla tua volontà... » vengono a
sapere, con sbigottimento, che la ch'esa perseguitata non è più la colomba
nascosta tra le rocce del deserto, ma
è diventata la spada deH’Eterno che
trionfa sui suoi nemici.
Tutta l’eroica storia dei Camisardi,
epopea gloriosa e terribile, passa nelle
pagine del libro vista alternativamente, ora dai banchi dei miseri rematori
delle galere, spauriti affascinati pieni
di speranza; ora dalla tolda della nave ove stanno gli ufficiali deH’equipaggio, scettici, devoti al loro re, pieni di
sdegno. L’autore ci porge qui un motivo di meditazione molto serio: quanto è difficile valutare con equilibrio e
saggezza gli eventi storici che si stanno attraversando ! È forse impossibile?
Gli uomini di fede, come i galeotti delle Cevenne, hanno una visione più
retta delle cose, ed una chiarezza di
vedute che precorre i tempi; dice uno
di loro : « verrà un giorno in cui nessuno potrà più farci violenza... i figli dei
perseguitati si ricorderanno delle persecuzioni dei loro padri, e per questa
ragione saranno i guardiani della giustizia ». Una simile visione l’hanno attinta nella Parola di Dio, e nel martirio che sopportano per amor suo. Gli
altri, al loro confronto sembrano ciechi: uomini di parte contro profeti.
Nel bel romanzo di André Chamson
non manca l’intreccio d’amore e d’avventura; ma il libro rimane essenzialmente una testimonianza della fede e
della lotta disperata per la libertà di
coscienza. È dedicato « ai discendenti
dei combattenti del Deserto e dei galeotti per la fede », quindi è anche
proprio per noi. È da leggere oggi non
come una curiosità storica interessante e commovente, ma come una predicazione viva, con molti spunti attuali.
Infatti la fede fervente ed operante dei padri non è valida soltanto per
un tempo passato e per una situazione superata; bensì anche per questo
tempo ed in questa oscura confusa
conturbante situazione odierna.
Edina Ribet
André Chamson: La Superbe — Ed. Plon,
pag. 546 — L. 3.,300.
Società dì Studi Valdesi
Doni in memoria del prof. A. Pascali Evelina e Federico Ghisi, L. 5.000; Jolanda e
Carlo Varese. L. 20.000.
VILLAR FELLICE
Diverse famiglie della nostra Comunità
sono state, nel corso di queste ultime settimane, visitate dal lutto. Ci hanno infatti
lasciato per rispondere alla suprema chiamata : Rivoire Anna nata Gönnet, di anni 84
(Inverso-Fienminuto); Chiavia Aldo, di anni 56 (Centro); Garnier Davide, di anni 71
(Meynet); Rivoire Giovanna, di anni 53 (Inverso-Fienminuto); Garnier Margherita nata
Albarea, di anni 71 (Boudeina). Chi se ne è
andato dopo un lungo soffrire e un lungo
tempo trascorso in compagnia della malattia
e della infermità, e chi invece improvvisamente; chi relativamente giovane ancora, e
chi invece avanti negli anni. Segno evidente
di quelle che sono la nostra fragilità umana
e Tincertezza dei nostri giorni. Ma « noi non
veniamo meno nell’animo..., sappiamo infatti che se questa tenda che è la nostra dimora terrena viene disfatta, noi abbiamo da
Dio un edificio, una casa non fatta da mano d’uomo, eterna, nei cieli » (2 Cor. 4: 16
e 5: 1 e 2). La Chiesa esprime la sua fraterna simpatia alle famiglie in lutto.
I mesi di settembre e ottobre sono stati
« mesi matrimoniali » per eccellenza. Si sono
infatti sposati: Roberto Davit (Toupiun) e
Iolanda Davit (Inverso); Dario Bouissa (Teynaud) e Vanda Michelin Salomon (Centro);
Marco Charbonnier (Luserna S. Giovanni) e
Ida Gaydou (Centro); Silvio Charbonnier
(Bobbio Pollice) e Ada Demaria (Teynaud);
Enzo Michelin Salomon (Centro) e Gisella
Rivoira (Torre Pel lice; Giovanni Giacomo
Bertinat e Graziella Geymet (Teynaud); Daniele Rostagnol (Bobbio Pellice) e Olga Gönnet (Ruà).
Parecchi di questi Sposi hanno fissato la
loro residenza fuori del territorio della nostra parrocchia. A tutti i nostri voti fraterni.
Sono stati pres-entati al S. Battesimo : Rossella, di Stefano e Carla Gamba (TeynaudTorre Pellice); Marco, di Ettore e Suscita
Volpe (Centrò); Ivan, di Emestina Gönnet
(Centro).
Sono invece giunti a rallegrare il loro focolare domestico e ad aumentare la famiglia
della Chiesa ; Pierpaolo, di Piercarlo e Ilda
Geymonat (Ciarmis); Cinzia, di Luigi e Lia
Saracco (Centro - Torre Pellice); Renzo, di
Matteo e Graziella Sobrero (Centro); Dario,
di Aldo e Elena Ayassot (Ciarmis); Loris
Paolo, di Rinaldo e Laura Garnier (Ruà);
Roberto, di Daniele e Ivonne Negrìn (Centro); Giovanni, di Luciano e Cesarina Charbonnier (Centro).
A questi fanciulli ed alle loro famiglie i
nostri migliòri voti augurali.
Su proposta del Quartiere interessato l‘Assemblea di Chiesa ha eletto alla carica di
Anziano e di Diacono per il Quartiere dell’Inverso rispettivamente il Sig. Gius-eppe
Gönnet e il Sig. Aldo Berton. Essi sono stati
insediati nella loro carica la domenica 12
novembre. Il Signore conceda loro molte soddisfazioni nel servizio che essi si apprestano
a compiere nel nome Suo nella Chiesa.
Ci hanno ultimamente portato il messaggio della Parola di Dio, presiedendo il nostro cullo, la Pastoressa francese Sig.ra Hoffet, di Strasburgo, il Pastore Roberto Jahier
e il Sig. Alberto Lazier. Il Missionario Sig.
Roberto Coisson ci ha invece parlato dell’opera delle Missioni in occasione di una
riunione quartierale. Esprimiamo loro ancora la nostra viva gratitudine.
Sono giunti a Villar Pellice, dove hanno
fissato la loro residenza, il Sig. e la Sig.ra
Giorgio e Hélène Louise Graglietto. Da un
anno, circa, il Sig. Graglietto — proveniente dalla Comunità di Biella — aveva assunto
la carica di Vice-I)irellore dello Stabilimento Crumière.
Nel porger loro il suo fraterno saluto, la
Comunità dire loro la sua gioia di poterli
contare tra i suoi membri ed augura loro
un lungo soggiorno a Villar Pellice, arricchito da molle gioie e da molte soddisfazioni.
Con piacere segnaliamo Finizio dei lavori
per la costruzione della nuova strada Torre
Pellice . Villar - Bobbio. I lavori cominciati
in regione « La Vittoria » procedono a ritmo
discreto; speriamo che con il ritorno della
bella stagione essi prendano un avvio veloce,
in modo da offrire presto a tutti un passaggio comodo e spedito.
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pag. 4
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N. 50-51 — 22 dicembre 1967
Olo Hb ÉBnio BntBÉo // mondo che he doto
Chi può amare il mondo? Quale cuore è capace di
una simile follia? Il mondo...: quante cose abbraccia
questo nome, quale immensità, i secoli che non si possono contare, le civiltà che si susseguono, le folle umane,
innumerevoli, tutte sprofondate nella morte, moltitudine
inafferrabile che si dissolve appena apparsa nell’immensità dell'universo. Ma, forse, poiché gli uomini più sapienti
non riescono a esplorare che un infimo angolo di questo
infinito e della sua storia, forse un'intelligenza smisurata
è capace di abbracciare questa dimensione schiacciante
del tempo e dello spazio!
Ma il mondo è altro che questa inconcepibile immensità. Vicinissimo a noi, la sua realtà ci presenta un
altro mistero. Il mondo! cioè ciò che gli uomini fanno
della vita, con la loro ignoranza, le loro avidità, le loro
piìssioni — queste relazioni fra loro, nelle quali finiscono
sempre per farsi soffrire — la loro indifferenza, le loro
piccole e le loro grandi, immense crudeltà — e alla fin
fine sempre quella solitudine amara nella quale vivono,
per quanto intensamente possano amarsi, gli uni accanto agli altri quando non è gli uni contro gli altri.
Oh, lo so bene, il mondo è anche la bellezza delle
cose, talvolta degli esseri — di tutti gli esseri — questa
vita mai stanca che sempre ritrova l’ardore della sua
giovinezza: ardore di ricercare, di creare, di sapere, di
vincere gli ostacoli e le ostilità delle circostanze o la
malvagità dei malvagi. Il bisogno insaziabile di verità
e di giustizia.
Sì, certo, è anche questo, e ci offre molte occasioni
di entusiasmarci. Ma è soltanto anche questo, e « questo » non cambia affatto l’altra immagine del mondo che
abbiamo evocata prima.
.'\llora la domanda resta vera: chi può amare il mondo a due faccie, il mondo così com’è^ con tutti quelli che
l’abitano, il mondo in cui accanto alla bellezza regnano
pure le brutture più orrende, accanto agli sforzi verso il
bene, il male invincibile, accanto alla vita, la morte?
Ma ascoltate: in fin dei conti il mondo siamo noi
stessi. E pongo in questi termini la domanda: chi può
Il mondo della
religione
Molti pensano forse che se l'apostolo Paolo passasse
oggi per le nostre città secolarizzate non gli verrebbe
fatto di « inacerbirsi » e di dire, come ad Atene, « vedo
che siete quasi troppo religiosi...» (Atti 17: 22).
Eppure quando si parla, come si fa correntemente,
di culto della personalità, o della ragione, della natura,
della salute, della famiglia, dei morti, della patria, della
razza, del lavoro, dell'auto, dello sport, dello spettacolo,
del sesso, della violenza, ecc., non sono pure espressioni verbali, semplici immagini : sentiamo bene che si
esprimono realtà profonde, anche se queste si manifestano in forma secolarizzata, come può avvenire in uno
stadio, in un salone dell'auto, in una parata militare, in
un comizio politico, a un'esecuzione dell'urlatore di turno, o magari nell'intimità dei riti televisivi serali.
Il nostro è stato chiamato il tempo della 'eclissi del
sacro', ma si giustifica davvero questa definizione? L'istinto religioso deH'uomo ha assunto forme secolarizzate, o
è disceso nell'inconscio, ma non è stato soffocato. A che
cosa si rivolge, questo istinto religioso? A idoli : anche
gli uomini più indifferenti a qualsiasi problematica specificamente religiosa hanno i loro idoli palesi o segreti,
idoli di cui sono succubi o che si sono creati essi stessi,
poiché nulla l'uomo desidera (concupisce!) tanto, quanto elevare a 'valori' i propri pensieri e le proprie passioni, facendosi dio a se stesso, fissando la propria scala
di valori.
La Bibbia considera con estremo realismo questo ricco e intenso mondo della religione, che riaffiora continuamente in Israele e nella Chiesa : sa che palpita della
carne e del sangue dell'uomo, che vibra dei suoi aneliti più generosi e più spirituali; conosce nella sua forza primigenia l'immersione estatica nella natura e nell'amore; non ignora l'intensità sacrale dei vincoli di stirpe, della comunione con un suolo; ha'ben presenti le
multiformi redenzioni offerte all'uomo da culti di ogni
tipo e livello, dai più carnali ai più spirituali.
^ Ma a questo mondo profeti e apostoli oppongono
un alternativa radicale: non una religione più spirituale
o più concreta, più interiore o più impegnata; sarebbero
ancora e sempre valori dell'uomo, risposte dell'uomo.
No, al grande anelito religioso (anche in forma secola
Signore, a chi ce ne andremmo noi?
rizzata) — in cui si nasconde, distorta, l'antica solitudine
dell'uomo separato dalla sorgente della sua vita — viene offerto « quel che non è salito in cuore d'uomo »
(1 Cor. 2: 9), la risposta di Dio, la Parola fatta carne,
estremamente laica, profana, religiosamente spoglia, che
esige a sua volta risposta nel nudo, diretto rapporto della fede in Gesù di Nazareth, figlio di Dio, salvatore del
mondo. « In nessun altro è la salvezza, poiché non v'è
sotto il cielo alcun altro nome (alcun'altra persona) che
sia stato dato agli uomini, per il quale noi abbiamo ad
essere salvati » (Atti 4: 12). « Sebbene vi siano dei cosidetti dèi tanto in cielo che in terra, come infatti ci sono
molti dèi e molti signori, nondimeno, per noi c'è un Dio
solo, il Padre, dal quale sono tutte le cose, e noi per la
gloria sua, e un solo Signore, Gesù Cristo, mediante il
quale sono tutte le cose e mediante il quale siamo noi »
(1 Cor. 8: 5-6).
■Anche Gesù è stato tentato, una tentazione estremamente religiosa, riaffiorata durante tutto il suo ministero;
dal principio alla fine le ha opposto — annunciato, vissuto, sofferto — il grande comandamento, la grande certezza : « Adora Jahvè, il tuo Dio, e rendi a lui soltanto il
tuo culto» (Matt. 4: 20). Lo hanno crocifisso come bestemmiatore, così come i primi cristiani sono saliti sulle
croci e sono andati alle fiere sotto l'accusa di ateismo.
Noi, ci chiamano a edificare e consacrare il mondo.
Questa donna deH’Africa nera
Il mondo
votava per la prima volta, nel
suo paese libero. Forse era una
cittadina del Ghana e credeva
appassionatamente in Kwame redentore africano è stata divelta
N Krumah, ma oggi la statua del dal suo piedestallo, a Accra. O for
Nuovi culti, all'est come all'ovest.
...fin troppo religiosi.
Il mondo della sofferenza
Il dolore è sempre, per l’uomo, profondamente incarnato, visibilmente corporeo, consistente, reale. Nella sofferenza l’uomo sente il suo peso, il suo limite la sua fragilità
di creatura. Spesso, giunto all’estremo della sua capacità
di sopportazione, giunge ad invocare la morte liberatrice,
ed anche impreca e maledice la sorte o Dio stesso, se
aveva creduto in Lui.
Per l’incredulo la sofferenza è assurda, e fa parte di un
mondo senza significato... ma chi è veramente, totalmente incredulo? Nel vivo della sofferenza nascono qua3i
sempre pensieri che superano
la situazione personale, e concernono Dio, che permette un
male ingiusto, una fine prematura, un dolore talora agghiacciante, ed esplode la ribellione.
Si conclude allora che Dio non
esiste, o che se^esiste è lontano, inaccessibil^ e poco interessato alle tragedie del mondo, poiché non interviene, e
permette il male delle sue creature. Il cristiano come tale non
è sottratto in modo alcuno alla sofferenza, e alla ribellione
che essa suscita; ma è già stato avvertito da Cristo: «Nel
mondo avrete gravi angoscia,
ma coraggio!, lo ho vinto il
mondo ».
Si, ma quale vittoria, se intanto un cancro divora — come la lebbra un tempo — aldilà -di quello che sembra umanamente sopportabile, se la
morte uccide prematuramente
spezzando l’unità di una famiglia, se la disgrazia piomba fulminea? Quando, dove, la vittoria di Cristo sul dolore?
Certo nei miracoli, nelle
l’Evangelo ricorda... ma oggi, dove?
Non certo nei « miracoli » della medicina e della chirurgia, che non sembrano avere bisogno di Dio per agire,
nè nella potenza dei mezzi chimici e fisici di cure, che
spesso vantano successi strepitosi.
E quando, ancora più atrocemente, è l’uomo che fa
soffrire l’altro uomo, sino alle aberrazioni della tortura
e dello sterminio, od anche soltanto quando uno rimane
solo, perchè tutti attorno a lui lo hanno abbandonato,
Dio dov’è?
Preso nella stretta dell’angoscia l’uomo vorrebbe che
almeno quando ha perso ogni appiglio e ogni speranza
umana, almeno allora, all’estremo limite, intervenisse a
M
m
15 milioni di lebbrosi.
stupende guarigioni che
liberarlo dal male. Spesso invece sembra non accadere nulla, e il male continua la sua opera distruttrice.
Nel suo « Journal de cellule » Roland De Pury ricorda
il grido di un suo compagno di prigionia nel carcere nazista: «Cristo ha forse sofferto come soffro io adesso?».
Eppure il Vangelo ci ricorda che Dio si è incarnato per
essere con l’uomo, per essere uomo, per soffrire e morire
con lui. Nella persona di Gesù Cristo il suo essere per
l’uomo, il suo essere carne, e carne sofferente « familiare
con il patire », diviene una realtà. Nella grave angoscia,
inutile cercare lontano, l’inaccessibile Dio che «è nei Cieli»
poiché Egli, anche nel dolore, ti
ha preceduto.
Non ci sono spazi, nè profondità umane, nelle quali il
Dio che è nei Cieli, che continua ad essere nei Cieli, non si
sia calato per essere presente,
a statura duomo, per l’uomo.
Dio si è incarnato in Gesù Cristo per essere per sempre con
gli uomini; questa è la vittoria
di Gesù Cristo.
Se la sofferenza non è illuminata da questa certezza della
fede, è perchè la ribellione ha
reso ciechi e si continua a cercare Dio altrove, per protestare contro di Lui. Ma Dio è invece vicino, tremendamente vicino. carne e sangue come la
tua... non c’è esperienza umana, per quanto terribile, che
Egli non abbia fatta sua. Anche se non sempre Dio interviene per liberare dalla prova, è puf sempre Lui solo
che può dare un senso alla sofferenza.
La liberazione di Dio... sogni, chimere, illusioni?
No, realtà della fede che sa che Dio in tre giorni ha
distrutto la morte («il re degli spaventi»), anche se è
vero che Dio, in Gesù Cristo, « è in agonia » fino alla
fine di questo mondo.
Ma Dio parla solo il linguaggio duro, sgradito, del
dolore? Certamente no; ma la nostra situazione di peccato, cioè di solitudine e di ribellione, rende sempre
« doloroso » il nostro incontro con Lui. Guai però a colui che nemmeno nel dolore sa incontrarlo! Dove,
allora, e quando mai, potrà riconoscerlo? E non sarà forse la sofferenza più tragica, peggiore di ogni altra,
quella di non averlo mai cercato nè trovato nemmeno
nella Croce?
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22 dicembre 1967 — N. 50-51
pag. 5
## SUO unigenito figiiuoio s N atei e Ì967
amarci, proprio noi, nella nostra genuinità, in tutte le
nostre ore, con tutto il nostro passato, con tutti i nostri
segreti? Chi lo può? Dato che nemmeno noi lo possiamo,
noi che pure siamo così abili ad amare noi stessi, a sedurci per continuare ad amarci: non c’è essere umano
che non conosca, magari per un'ora sola, il dolore, la
vergogna, la disperazione di essere sè stesso.
Ebbene, Natale è anzitutto un simile prodigio: qualcuno ama il mondo, nella sua verità totale e radicale, in
tutti i suoi volti, con tutti coloro che in esso vivono e
muoiono, con ciò che in loro vi è di più alto e di peg
giore, con voi e con me. Il mondo è amato da qualcuno
che lo’conosce nei suoi ultimi segreti, da qualcuno che
non può farsi su di esso la minima illusione.
Ma vi è qualcosa di ancora più inconcepibile dell’amore che non è bloccato nell’amare dalla sua conoscenza rigorosa e completa: questo Amore, è 1 amore di
uno che il mondo non ama, che il mondo sfugge, evita,
rifiuta, respinge e bestemmia.
Non diciamo che parlando così si è esagerati, neri,
pessimisti. Anche un solo sguardo onesto alla storia del
mondo — quella più antica e quella di oggi e quella di
sempre — ma soprattutto una sola ora onesta passata in
tutta sincerità con noi stessi, con tutti noi stessi, con tutta la nostra vita di ieri, senza tralasciarne nulla, con
tutti i sentimenti del nostro cuore, con tutti i pensieri
della nostra mente... potremo ancora dire che il mondo,
che noi amiamo Dio al di sopra di tutto?
Natale ci dice che, sapendo tutto questo, sopportando tutto questo, questo Dio respinto, rifiutato, evitato,
sfuggito, questo Dio ama il mondo, questo Dio non ha
per il mondo se non amore.
Chi potrà crederlo?
Pierre Maury
della politica
se era nigeriana, cresciuta nella
cosiddetta « colonia modello » della Corona britannica, ma che ne
sari* di lei, oggi, in un paese dilaniato da una guerra civile e tribale feroce? La sua figura è emblematica dell’ambiguità della vita
politica attuale.
Indubbiamente, oggi tutti sono
coinvolti nella «cosa pubblica»
come mai prima d’ora e la solidarietà, a ìivello nazionale come a livello planetario, non è più soltanto un jiViperativo morale, ma un
dato d: latto oggettivo che non si
può in’iV’mernente calpestare. Democra/:'. ; significa oggi, essenzialmente reciproca corresponsabilità.
E tu:
de, nei
ficio d
piano .
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esse » ,
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tri di ;
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gari.
« FnGesù —
ivia, in piccolo o in granioporto di fabbrica e d’ufìscuno di noi come sul
d i vita internazionale (e,
nella stessa « politica
. a ») s’impone continuarealismo di queste paro' «Voi sapete che i prin,ìadoni le signoreggiano
'•ndi usano podestà su di
' Tt. 20: 25 s.). Mutano,
..tondamente, le forme e
‘ ' C, si trasformano i «cen"ere>', ma la tecnica, l’ani- oporti umani rimane soaente la stessa; e sotto
ime, di qualsiasi colore, si
:■ legge dei capi e dei gre
oì però non è così — dice
anzi, chiunque vorrà es
sere grande fra voi, sarà vostro servitore; appunto conte il Figlio dell'uomo non è
venuto per essere servito,
ma per servire e per dare la
sua vita come prezzo di riscatto per molti ».
Il mondo alla rovescia!
Lui, il Signore, non è venuto
come un libero democratico,
appassionatamente impegnato ad affermare i-propri diritti, oltre che a vivere i propri doveri. Ha fatto, con una
radicalità e una perfezione a
noi inconcepibili, quella cosa
difficilissima che è servire,
e in quel modo e fino a quel
punto. È molto più facile dominare che servire, anche
molto più funzionale. Ma
Gesù ha servito. E ci chiede,
ci offre questa grandezza
quale testimonianza resa a
lui, che è il Signore, il Padrone, « il quale essendo pari a Dio, annichilì sè stesso,
diventando servo in ubbidienza » al Padre.
« Mi chiamate Maestro e
Signore, e avete ragione, perchè lo sono; ma io sono fra
voi come colui che serve ».
«Io non vi chiamo più servi, ma amici ».
Egli asciugherà ogni lagrima dai loro occhi, e la morte non saia
più. Non ci sarà più cordoglio, nè grida, nè dolore. Ecco io faccio ogni cosa nuova ” (Apocalisse 21: 4-5).
Le nazioni sono, agli occhi di Jahvè, come una gocciola della secchia, come la polvere minuta delle bi
lancie.
(Isaia 40: 15)
Jahvè giudicherà fra nazione e nazione e sarà l’arbitro fra molti popoli; ed essi delle loro spade fabbricheranno vomeri d’aratro; una nazione non leverà più
la spada contro Faltra e non impareranno più la guerra.
(Isaia 2)
Ecco il mio .servo, io lo sosterrò; io ho messo il mio
Spirito su lui, egli insegnerà la giustizia alle nazioni.
Non griderà, non alzerà la voce; non spezzerà la canna rotta e non spegnerà il lucignolo fumante. Non verrà mi no e non si abbatterà finché abbia stabilita la giustizia sulla terra. (Isaia 42)
Voi mi chiamate Signore — ha detto Gesù — e dite
bene, perchè lo sono. Ma io sono in mezzo a voi come
colui che serve. (Giov. 13; 13; Luca 22: 27)
Il Palazzo di vetro delle Nazioni Unite si specchia nello
Hudson, a New York.
11 mondo del tempo libero
Vien sera, dopo una dura giornata di lavoro piena di PO
vera in generi di soddisfazioni : è il momento del riposo, ed anche
dello svago. Certo qualcuno non ha tempo... il tempo che 9
basta appena per la famiglia o altri necessari lavori ; poi " ® ^
dia — anche dopo una dura giornata passata in fabbrica
e deve rubare ore preziose al sonno e al riposo... ma i piu sembra
o "nascere ed d nuova vita, Cambiato |•.blto fa.tis, Imd, e p lìti, eccoli sciamare la sera in cerca di divertimento : nei nej e
sale da ballo e in altri locali pubblici, al cine, ed anche — i piu esi
aenti e maliziosi I — in locali cosiddetti « equivoci ».
Dalle statistiche apprendiamo che gli italiani spendono per divertirsi somme enormi; niente di male, sicuro ¡|
sai oeqqio se le spendessero in armamenti 1 — e si può dire cne
famL^slogan dei giovani di oggi « fate l'aruore e non la guerra »
può anche trovare udienza in certi ambienti benpensa ti.
Non punteremo dunque il nostro indice (protesta .)
loro che cercano lo svago, per delimitare ciò che e ® "
non è lecito tra i divertimenti che il mondo di oggi offre copiosa
Tuttavia si dovrà pur ricordare che il più delle volte q^'l'uorno
che si era « alienato» nel lavoro (come si usa dire oggi) ^ontinu
ad « alienarsi » quando si stordisce nel divertimento e nel gioco. E
oerchè questo? Perchè il più delle volte fugge da se stesso, dimenbca i suoi problemi più intimi e veri, evade. Molti sanno fin troppo
bene dove vogliono andare; alla ricerca di emozioni piuttosto intense di piaceri facili (sin troppo a portata di manol), di sogni impregnati di immagini di celluloide... tutto è meglio che ritrovare se stes
chiusura e disprezzo verso questa dimensione così umana, ma semplicemente perchè di fronte alla urgenza del Regno di Dio
che viene e « mobilita » i cristiani, il problema del « tempo libero » ha una portata
assai modesta. Gesù non ha avuto il tempo
— nella sua breve vita terrena — di ricordare all'uomo come si possa svagare e divertire: chi era chiamato a servirlo aveva
ben poco « tempo libero ». E gli altri? Gli
altri, « morti », continuavano « a seppellire
i loro morti ».
si, la propria inutilità, la propria miseria spirituale, e di toccare con
m’ano quello che non si è riusciti a fare nella realtà pratica, a concludere nella vita. Eppure, quando vi è questo sottofondo piuttosto
angoscioso di colpa e autodisprezzo, lo svago distrae solo per qualche tempo, lascia la bocca amara. Oggi più che mai si ha a che fare
con gente stanca, delusa, sazia anche di divertimenti. Con ciò non
si vuol negare la gioia, l'entusiasmo di molti per cui lo svago non e
soltanto stordimento, ma è sereno riposo. Ma i più non sanno nemmeno bene dove andare, errano incerti alla ricerca di qualche cosa,
seguono passivamente gli amici, gli altri.
L'Evangelo, al quale costantemente vorremmo riferirci, non parla mai di svaghi e divertimenti ; e questo non già per una sorta di
Venite a me voi tutti che siete travagliati e aggravati, e io vi datò
riposo (Matteo 11: 28).
,1 Í*' N'»« ;
.
€
Le vacche sacre sulle nostre strade.
(da « Réforme »)
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N. 50-51 — 22 dicembre 1967
Dio ha tanto amato il mondo che ha dato
11 mondo dello guerra
Il mondo dello sport
Vi è oggi, sempre più diffusa, una menticando che sarebbe stato neces
nuova forma di religione, le cui assemblee sono molto ben frequentate da gente entusiasta, che grida,
soffre, gioisce, applaude, cioè partecipa intensamente alla cerimonia.
Non solo, ma gli stessi officianti sono in genere uomini famosi, dinamici, pronti ad esibirsi non già col- accorrere
la compassata fierezza dei predica- sportivi?
tori di un tempo, ma col brio gio- Non si vuole dunque disprezzare
vanile di chi corre, salta, combatte lo sport, ricco come appare di signi
di fronte agli altri. ficato e di valore umano, ma sem
Ogni domenica, negli stadi ed al- plicemente ricordare che quando
trove, questi « culti » moderni si ri- Tentusiasmo sportivo diviene « cul
sario aver tempo e entusiasmo per
battaglie ben più essenziali, in un
mondo che soffre e muore? Come
mai coloro che lottano aspramente
impegnati nel mondo contro la malattia, la miseria, la fame, a non
hanno tempo » che raramente, per
sugli spalti degli stadi
petono : sono queste appunto le
« manifestazioni sportive ».
Naturalmente, oltre alla Chiesa
ufficiale di maggioranza, che è il
calcio, e che conta certamente il
maggior numero di adepti e simpatizzanti (membri e amici del « Sodalizio »), si notano numerose altre
confessioni : boxe, ciclismo, ecc. ecc.
Il « Tifo » sportivo appare dunque come una delle più entusiasmanti forme di « culto » dell’uomo
moderno, e a questo culto egli sembra spesso « consacrare » tutto il suo
tempo libero e le sue migliori ener
Non intendiamo certamente svilire tutto questo, nè pare che tocchi
ai cristiani di far cadere su tutti
questi entusiasmi, in fondo sani (ce
ne sono di ben peggiori!), un pesante anatema in base ad un facile
e presuntuoso moralismo puritano.
Se le Chiese continuano a svuotarsi
e gli stadi si riempiono, vuol dire
che essi offrono all’uomo di oggi di
più di quello che offrono le Chiese;
emozioni fresche e gioiose al posto
di frasi fatte e di esortazioni rettoriche ed ipocrite!
Meglio dunque la religione sportiva che l’idolatria religiosa!
Sì certamente! Ma è anche vero
che l’entusiasmo e la « fede » sportiva costituisce oggi per moltissimi
un alibi terribile.
Sarebbe troppo facile osservare
che nella passione sportiva il « tifoso » trova uno sfogo della sua aggressività, un compenso alla propria
insoddisfazione interiore, una gioia
che la vita monotona e triste di tutti i giorni non gli dà, e che la religione non sembra offrirgli.
Ma infine, dopo tante sofferenze e
tante gioie sportive, cosa rimane?
Non si è forse vissuto invano, di
to » e assorbe tutto l’uomo, allora
si fa pesante idolatria. E nella vita
di un cristiano autentico non ci può
essere posto per gli idoli.
Questo mondo, che Dio ha tanto amato, è
un mondo di guerre e rumori di guerre. Si
può scrivere tutta la storia dell’umanità in
base alle sue guerre. Persino la Chiesa ne ha
fatte, il che è tutto dire.
Quante guerre, anche solo nel nostro secolo, nel breve arco di poco più di cinquanta
anni! Guerra di Libia, D guerra mondiale,
guerra d’Etiopia, 2“ guerra mondiale, guerra
di Corea, guerra in Medioriente, guerra d’Indocina, guerra d’Algeria, guerra del Vietnam... l’elenco è lungo, interminabile. La
guerra è interminabile. Siamo partiti dal bastone di Caino levato contro Abele e siamo
arrivati alla bomba atomica lanciata su Hiroshima. Siamo partiti dalle lance e dalle
frecce e siamo arrivati ai missili anti-missile.
E che varietà di guerre! Guerre di aggressione, guerre di liberazione, guerre di conquista, guerre d’indipendenza, guerre di religione (sì, anche queste), guerre « sante »,
guerre « sporche », guerre civili, guerra fredda, guerra preventiva, guerra convenzionale,
guerra atomica, guerra totale... anche qui il
pensiero si annebbia. Chi osa continuare?
Come sono ancora lontani quegli « ultimi
tempi » annunciati dalla Scrittura, in cui i
popoli « dalle loro spade fabbricheranno vomeri, dalle loro lance, roncole; una nazione
non leverà più la spada contro l'altra, e non
impareranno più la guerra » (Michea 4: 2).
In verità, non sembrano avvicinarsi questi
ultimi tempi: siamo ancora ai tempi antichi,
ai giorni di Caino.
Certo, c'è guerra e guerra. C’è chi trae la
spada per primo. C’è chi attacca e chi si difende. C’è chi fa la guerra per asservire un
popolo, c’è chi la fa per liberarlo o liberarsi.
Nessuno oserà mettere tutte le guerre sullo
stesso piano, anzi ci sono grandi differenze.
Ma intanto, i morti, le distruzioni, le lacrime
sono uguali per tutti. Le guerre sono diverse,
ma la legge della guerra è uguale per tutti.
La morte non ha nome, né partito, né classe.
Si dice che la storia è maestra di vita, che
la storia insegna. Ma gli uomini, riguardo
alla guerra, sembra che non abbiano imparato nulla dalla loro storia insanguinata. Si
pensa sempre che ogni guerra sia l'ultima,
ma finora nessuna è stata l’ultima. La guerra
continua.
Si dice anche che tutti amano la pace e
nessuno vuole la guerra. È vero. Ma è anche vero che non amano solo la pace: amano
anche il prestigio, il dominio, il trionfo, la
grandezza, la ricchezza, l’influenza economica, il successo delle loro ideologie. E la guerra può servire a ottenere queste cose. È
vero: nessuno vuole la guerra; ma molti vogliono delle cose per ottenere le quali ci
vuole la guerra. È come se volessero la
guerra.
Si dice anche che se Dio esistesse, non ci
sarebbero guerre. Certo, se Dio esistesse per
Beati i mansueti,
perchè
eretieranno la terra
chi le fa, per chi le provoca, per chi le fomenta, i
sarebbero guerre. Ma per costoro, Dio non csist
esiste la sua legge: « Non uccidere », non esiste la s
rola: « Beati coloro che si adoperano per la pc
tanto meno quest’altra: « Amate i vostri nemu
costoro, Dio e la sua legge non esistono; esistono r
bomba e la sua legge.
I ci
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a
i. e
V.1
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Su questa terra che, oggi come ai tempi di Noe, è
« ripiena di violenza » (Genesi 6: 11), in questo mor do di
guerra e rumori di guerra, brutale e bellicoso, che iollemente distrugge ciò che prima ha edificato, che ucciae ciò
a cui ha dato vita — Dio ha mandato il suo unigeniio Figliuolo. Non lo ha scortato con dodici legioni d’angcii, lo
ha mandato solo e inerme in un mondo armato li io ai
Ghlstlorò conto dolio
vita doiruomo alla
mano dell'uomo, dioe II Slgnorom
QoneoI 2,5
« E vi fu grandine e fuoco, mescolati con sangue che
furono gettati sulla terra; e la terza parte della terra
fu arsa, e la terza parte degli alberi fu arsa, ed ogni
erba verde fu arsa » (Apocalisse 8: 7)
denti. Così Gesù non è venuto come un guerriero: « io 50«
mansueto cd umile di cuore» (Matteo 11: 29). E non ha
detto: Beati i vincitori, ma ha detto: Beati i mansueti. Ha
cci'to combattuto: non però con la spada, ma con la Parola c Tamore. Egli ci ha insegnato che si può combattere
amando. E stato crocifisso.
L’amore di Dio, manifestato a Natale, vissuto da Gesù
fino alla morte, ed alla morte della croce, bussa alla porta
del mondo della guerra. È da tanto che bussa, e busserà
ancora. Chi vorrà aprire? Chi vorrà credere? Chi vorrà
amare?
7
pag. 7
22 d’cembre lí)67 — N. 50-51
il suo unigenito figliuolo: Natale 1967
Il mondo del lavoro
Parlare del lavoro, sijmiiira parlare (lelPuomo; perchè
per questo efili è stato creato: per lavorare. Quest’affermaalone è ben chiara nella Scrittura e l’attuale condizione amhiffua del lavoro (vocazione - costrizione) riflette appunto il
fatto che l’uomo è impensabile fuori del lavoro, come della
natura : proprio là dove si realizza la sua vocazione, si manifesta pure la sua soggezione alla m servitù della corruzione »,
alla fatica, alla costrizione, all’insuccesso, alla lotta, al limite al senso di vanità; « Il mio cuore si allegrava d’ogni mia
jatica, ed è la ricompensa che m’è toccata d’ogni mia fatica,
poi considerai tutte le opere che le mie mani avevano fatte,
£ la fatica che avevo durata a farle, ed ecco che tutto era vanità e un correre dietro al vento... » (Eccl. 2: 11).
Eppure, malgrado queste servitù, sappiamo quale crisi
rappresenta per l’uomo la privazione del lavoro: non anzitutto una crisi economica, ma essenzialmente una crisi umana, spirituale: l’uomo privato del suo lavoro dalla disoccupazione, dalla prigionia, dalla malattia, dalla vecchiaia, è
un uomo profondamente sofferente, la sua vita manca di un
aspetto essenziale, tende a inaridirsi e ad atrofizzarsi. Grave
responsabilità incombe su coloro che causano tale disoccupazione; il dovere del lavoro nei confronti di Dio fonda il diritto al lavoro nei confronti degli uomini. La stessa responsabilità grava su ogni sistema di detenzione, come pure su
ogni sistema sociale che deve offrire alle persone anziane la
possibilità di attività che siano alla portata delle loro forze.
La Riforma ha riscoperto e riaffermato con meraviglioso
in fonderia (Italsider di Taranto)
nei campi
vigore la realtà e la dignità di ogni lavoro, che è vocazione
di Dio, parte essenziale del culto autentico che il Signore attende dalle sue creature, sì che l’apostolo poteva dire: « Io
vi esorto, fratelli, a mettere i vostri corpi a disposizione in
sacrificio vivente, santo, accettevole a Dio: questo è il vostro
culto conveniente y> (Rom. 12; 1), e invitare il cristmno a
« faticare onestamente con le sue mani, sì che abbia di che
far parte a colui che ha bisogno » (Ef. 4; 28).
Tuttavia, nel nostro tempo il lavoro si presenta sotto
aspetti che pongono problemi profondamente nuovi, inediti.
Da un lato la tecnica ha alleviato in parte la fatica fisica, cmti aspetti particolarmente penosi o pesanti del lavoro. Anche
se rimangono ancora larghi settori geografici e di classe in
cui la manovalanza generica è prevalente, andiamo rapidamente vèrso una sostituzione quasi totale del tecnico al fornitore di puro lavoro manuale; dai campi alle fabbriche, dai
< porti e dagli scali agli uffici, dalle miniere ai cantieri di costruzione, il rapporto braccio-strumento si trasforma in rapporto mente-macchina; la macchina non è un puro strumento, è un mezzo sovente di alta complessità e perfezione : seguirla, reggerla, se necessario ripararla implica una somma
di conoscenze, una partecipazione personale notevole.
D’altra parte, la tecnica moderna di produzione tende
a disumanizzare l’uomo, nella misura in cui lo lega a una catena — di montaggio, ad esempio — costringendolo alla ripetizione infinita del medesimo gesto, spesso paradossalmente
tanto più esatto quanto più meccanico; neUa misura in cui
lo riduce a meccanismo animato, affidandogli un lavoro estremamente frazionato, di cui spesso gli sfugge la dimensione
e il senso globale: pianificazione, ricerca e rinnovamento,
situazione generale sul piano nazionale e internazionale, partecipazione alle decisioni, leggi di mercato, ecc., su tutto
questo non soltanto egli non ha alcun potere, ma neppure
ne è realmente informato. La stessa automazione del lavoro,
per cui al limite esso è sostituito da un comando (qualcuno
ha parlato di « una parodia della creazione mediante la pa
rola »!). se allevia la fatica fisica dell’uomo, lo vincola però
in uno schema esattamente prefissato, in cui il suo apporto
personale è minimo o nullo. Tanto che si può nettamente
porre la domanda; un lavoro di questo genere, è ancora un
lavoro nel senso che la Parola di Dio dà a questo termine?
un lavoro in cui l’uomo possa esprimersi e possa servire,
malgrado le servitù e l’ambiguità di ogni aspetto della condizione umana? Non è una domanda marxisU, è una domanda biblica. E la chiesa odierna non ha ancora saputo
dare una risposta a questo interrogativo del suo Signore.
Assurda sarebbe ogni nostalgia sentimentale per un arti-danato in fase ormai quasi revoluta. Ma questa preoccupazione per l’uomo, per la difesa della sua umanità nel lavoro, dev’essere dominante, in particolare in chi impara da
Dio chi è l’uomo, quale significato ha il suo lavoro, in quale
luce di giudizio e di grazia vanno visti la fatica, 1 insuccesso,
la lotta, la gioia creativa, il servizio agli altri, il rapporto con
gli altri e con la natura. Per apprenderlo non abbiamo biso:mo delle divagazioni extrabibliche su san Giuseppe operaio
e meno ancora su Gesù lavoratore : gli anni attivi di Gesù
non fanno parte dell’Evangelo, questo comincia quando Gesù
lascia il ’servizio attivo’, il cantiere di Nazareth, il lavoro
degli uomini per cc compiere le opere del Padre mio » (Giovanni 10: 25). La nostra vita, anche il nostro lavoro sono riscattati non perchè Gesù ha lavorato pure lui, ma perchè
alle soglie di una morte ’immatura’ può dire ; « Padre, ho
compiuto Popera che mi hai data da fare» (Giov. 17: 4).
Dobbiamo piuttosto, pazientemente, scavare nel tesoro dell’Evangelo, per comprendere —- e vivere — interi
deva Gesù dicendo: « Adoperatevi non per il cibo che perisce ma per il cibo che dura in vita eterna, che il Figlio delPuomo vi darà» (Giov. 6: 26), e Paolo assicurando: «La
vostra fatica non è vana nel Signore » (1 Cor. 15: 58).
Forse cominceremo a comprendere qualcosa se avvertiremo il limite del nostro lavoro, cioè l’abbandono fiducioso
del figlio al Padre, perchè noi piantiamo e irrighiamo, ma
chi fa crescere è Dio (cfr. 1 Cor. 3: 6 s.). « Ricordati del
giorno del riposo, per santificarlo. Lavora sei giorni e fa in
essi ogni tua opera; ma il settimo è giorno di riposo, consacrato a Jahv'e, il tuo Dio », il Padre del tuo Redentore, che
ti dà riñoso nel tuo assillo e nella tua stanchezza.
in miniera
(Gianna, vai Germanasca)
Il mondo dell'economia
_ fola _ir^dQpTP raDacì ed associarci a u
Il mondo dell’economia è un mondo molto complesso,
del quale chi scrive queste righe è poco a
nostre conoscenze, come quelle della maggioranza g
uòmini, si fermano al nostro stipendio, alle piccole spese quotidiane sul mercato o nei
pagare, al modesto bilancio di una famiglia come tante
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altre. Tutt’al più conosciamo il libretto di piccolo risparmio, un po’ di danaro da parte, depositato in banca o
all’ufficio postale. Poco sappiamo di
quel che accade nei centri del potere
economico.
Comprendiamo però che i rappord
economici costituiscono un aspetto
essenziale del nostro mondo — di questo mondo che Dio ha tanto amato.
Comprendiamo che l’economia, m s^
è una cosa buona e necessaria, che
se è ben condotta può arrecare grandi vantaggi a tutti gli uomini: una
economia è ben condotta — ci P^re
quando è fatta « avendo riguardo non
alle cose proprie, ma anche a quelle degli altri» (Filipp. 2; 4), cioè nell.mteche il mondo dell’economia e oggi necessariamente intrecciato al mondo della finanza, del capita.e
o di Stato), della produzione, del lavoro del commercio e del danaro in genere, anche del nostro.
tale - essere rapaci ed associarci a uomini rapaci Piuttosto siamo chiamati a vivere e a testimoniare, nel ferreo
mondo dei rapporti economici, di quella economia del dono,
che a Natale ci è stata rivelata.
Una seconda cosa dice il Natale al mondo dell’economia:
il dono di Dio è gratuito. Non si vende e non si compra
perchè non ha prezzo. Dio non ne ha fissato alcuno.
Quando S’mon Mago offerse del danaro per ricevere dagli
apostoli lo Spirito Santo, Pietro lo redarguì, aspramente
dicendo- «Vada il tuo danaro teco in perdizione, poiché
hai stimato che il dono di Dio si acquisti con danaro»
(Atti 8: 20). «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» disse Gesù ai discepoli (Matteo 10: 8).
Questo significa che il danaro serve a molte cose ma
non a entrare in rapporto con Dio, il cui invito è questo : Venite, comprate senza danaro, senza pagare »
(Isaia 55: 1).
r
*!, ■■ i
L
Quale luce proietta il Natale sul
mondo dell’economia? In primo luogo
nuesta" che Dio ha dato. L economia
TSà: se cosi si può dire è una economia del dono. Il Dio di cui testi
monia la sacra Scrittura non e uri
Dio che prende ma un Dio che dà,
nln solo qualcosa, ma il suo unigenito
Figliuolo. Questi, che era nella gloria
del Padre, «non reputò cosa da ntenere con avidità l’essere uguale a Dio,
ma annichili sè stesso, .Pendendo forma di servo» (Flhppesi 2; 6-7>, e an
cora- «Voi conoscete la carità del Si
tnnr' nostto Gesù Cristo il quale, eslendo ricco, s’è fatto povero per amor
vostro, onde, mediante la sua
voi poteste diventar ricchi» (2 Corinzi 8: 9).
. • J- n-^ ^ tutte qp l’Iddio di Natale è un Dio che dà,
Cercate prima il Regno e la giustizia non possiamo — se celebriamo il a
le altre cose vi
La Borsa di Londra
Non con argento o con oro siete stati riscattati
1 Slajil davanti a fit‘sù
/ Magi, nell'adorazione, portano
ciò che ai loro occhi vale forse più
che loro stessi. L’oro, segno della
loro ricchezza e anche di tutta la ricchezza del mondo. L’incenso, col
quale si glorificano i re e che è il segno del potere politico. La mirra, utilizzata per imbalsamare, e segno dei
poteri misteriosi dei magi, forse della
scienza. Facendo questo, essi pongono nelle mani del fanciullo le forze stesse del mondo: riconoscono che
esse appartengono a questo piccolo
fanciullo. Bisognava appunto che questi ricchi venissero, avendo abbandonato l’attaccamento alle loro ricchezze, affinchè l’uomo offra al suo Signore tutto ciò che fa la sua forza
sulla terra. Non è il povero che poteva offrire quel che non aveva. È
il ricco che doveva donare la ricchezza del inondo.
Non si tratta di un dono .solo simbolico o spirituale, poiché questi re,
quando ripartirono, non avevano più
l’oro, l’incenso e la mirra: li avevano
lasciali nelle mani del Signore.
Dando ciò che avevano di più
prezioso essi, nello stesso tempo, si
erano dati loro stessi. Infatti, quando ripartono, diventano dei testimoni: proteggono il piccolo fanciullo
che il re Erode voleva sacrificare, l
re Magi rompono la solidarietà politica. Arrivando, avevano certo accettato di incontrare il re Erode: i
potenti sì incontrano tra loro. Ci
sono interessi comuni. Ma al ritorno,
essi sono ormai dalla parte di Gesù,
e tradiscono gli interessi del loro
ambiente: non obbediscono più a
Erode.
(Da L’homme
ques Ellul).
et l'argent, di Jac
saranno sopraggiunte.
8
Dio ha íBitío amato /# mondo
11 mondo della tecnica
a tecnica è la grande posta in gioco nel nostro secolo, in cui il futuro è già cominciato e pare procedere a
un ritmo sempre più serrato. Costituisce la trama della
nostra giornata cittadina: dal quotidiano che troviamo
alla porta di casa o in edicola al risveglio, all'autobus o
all utilitaria che ci porta al lavoro, al telefono che assilla
le ore impegnate e quelle 'libere', all'intricato mondo assistenziale in cui talvolta incappiamo, all'attrezzatura turistica e sportiva che agevola il godimento del tempo libero e al tempo stesso lo 'massifica' e livella.
La tecnica; il 'cuore nuovo' di Washnansky, l'uomo
di Città del Capo — e il virus attivo, capace di ripro
dursi, prodotto in laboratorio in California; l'eccezionale
balletto di navicelle spaziali e di cosmonauti nell'immensità dello spazio — e la spaventosa precisione di missili
della più varia potenza distruttrice. Siamo immersi in un
mondo di tecnica. Si è sviluppata tutta una tecnica quanto mai tortuosa della vita politica e si può ormai senz'altro parlare di una tecnica dei 'rapporti ecumenici'. La
tecnica della guerriglia ha perso in Che Guevara uno dei
suoi teorici e apostoli, ma la spinta rivoluzionaria, di
fronte a una reazione sempre più tecnicizzata, continuerà
a trovare in essa uno strumento perfezionato; e vi è una
tecnica del colpo di Stato, in tutti i settori dell'orizzonte
geografico e politico. Vi è una tecnica dell'informazione,
che al limite crea e preconfeziona la 'verità', mentre sappiamo tutti quale pressione quotidiana, ora irritante, ora
suadente, esercita su noi la tecnica pubblicitaria.
Siamo dunque avvolti da questa tecnica; e malgrado le deformazioni e le servitù che comporta, si può pur
dire che essa non soltanto agevola in cento modi la vita,
la semplifica in casa, al lavoro, nelle comunicazioni, ma
la libera da molte servitù manuali, mediante l'automazione; soprattutto, la riempie e l'arricchisce, in particolare mediante i mezzi d'informazione, poiché allarga i miei
orizzonti il poter sapere a distanza di poche ore, talvo'tu
di minuti, ciò che avviene
ai quattro canti della
terra.
Eppure su tutta questa
tecnica, sempre nuova, affascinante, di cui ci serviamo con gratitudine, incombe la parola di Gesù :
« Che vantaggio ne avrà
un uomo che, dopo aver
guadagnato il mondo intero, perde poi la sua vita? » (Matt. 16: 26). La
tecnica può facilitare, liberare, arricchire la vita,
non può darle senso. Il
...problema è questo, oggi
come allora: qual'è il senso della vita? Gesù è venuto a porci questa domanda, con estrema chiarezza, ma è una domanda d'amore: alia nostra
vita perfezionata e vana
egli vuol dare un senso.
Credo in Dio Padre onnipotente Creatore del cielo e della terra.
Isaia diceva al suo popolo:
« In mezzo all' ahboncliinzasemhriamo dei morti » (59. 10).
E noi, in mezzo aWahhondanza, come sembriamo?
Hanno
collaborato
a
queste pagine
— Gino Conte
— Giorgio Martin,i :
— Enrico Pascal
— Paolo Ricca
lluando Dio, avendo amato questo
^ mondo, vi ha mandato il suo unigenito Figliuolo, c’erano certamente
già allora uomini, donne, vecchi e soprattutto bambini che morivano di
fame. Ci sono ancora oggi. Ci riesce
difficile rendercente conto, soprattutto a Natale, coi nostri pranzi speciali. Ci riesce difficile immaginarlo, noi
che forse mai o solo di rado e comunque per poco tempo abbiamo avuto
fame, noi che non sappiamo che cosa
significhi, in realtà, questa parola. La
fame non la si può immaginare. Bisogna passarci, per sapere cos’è. Gesù
sapeva che cos’è la fame : all’inizio del
suo ministero, dopo che ebbe digiunato quaranta giorni e quaranta notti
nel deserto, « alla fine ebbe fame »
(Matteo 4; 2).
11 mondo della fame
Gesù, che sapeva che cos’è la fame,
quando vide le folle affamate, non
ascoltò il consiglio dei discepoli : « Licenzia le folle, affinchè vadano nei
villaggi a comprarsi da mangiare »,
ma al contrario chiese ai discepoli di
consegnargli i loro cinque pani e i loro
due pesci, e li moltiplicò, in modo che
« tutti mangiarono e furono sazi »
(Matteo 14: 15-21): tutti, non solo i
discepoli, ma anche le folle. Se non
fosse intervenuto Gesù, solo i discepoli avrebbero mangiato. Ma con il
suo intervento, hanno mangiato tutti.
Che cosa significa questo, se non
che Gesù è venuto sulla terra anche
per moltiplicare i nostri pani, affinchè
tutti siano saziati? Ma chi ubbidirà al
suo invito : « Portatemeli qua »? Chi
non troverà delle scuse? Ce ne sono
di molto buone. O chi non mungerà
in fretta i suoi pani, anteponendo la
propria fame a quella degli altri?
Questa è la realtà: noi stiamo mangiando i nostri pani — quelli che Gesù vorrebbe moltiplicare — davanti
alla fame del mondo.
« Ebbi fame e non mi deste da mangiare » (Matteo 25: 42). Questa è una
delle parole più misteriose di Gesù:
egli stabilisce qui un rapporto tra la
sua persona e la fame degli affamati,
anzi tra la sua persona e la persona
degli affamati. Gesù si identifica con
gli affamati. Vogliamo tutti far qualcosa per gli affamati, ma nessuno vuole
identificarsi con loro. Nessuno, tranne
Ebbi fame.
Si fa presto
a dire fame
...Bepi riprese il dialogo interrotto: « Quante cose abbiamo capito ora, cose che prima sapevamo soltanto. Si fa presto a dire
fame, ma pensate ai delitti che la
fame ha compiuto là dentro (nei
campi di concentramento). Non
ha solo ammazzato dei corpi, ha
ucciso pensiero, religione, pietà,
bontà, lutto ».
a Ha ucciso tanta parte di noi
stessi » disse Negri con amarezza...
« Già » interloquì Calore. « nulla si riuscirà più a costruire se
non si potrà garantire airuomo
la libertà dalla fame e dalla
paura... ».
« Hai ragione » dissi. « L'uomo
è libero quando la fame non lo
degrada e non lo esaspera, non
gli impedisce di pensare e di volere. L'uomo è libero quando può
decidere il proprio destino, serenamente, senza paura; quando
non è schiavo dei suoi istinti peggiori, quando i suoi migliori impulsi sono incoraggiali e guidali
dalla ragione e dall'amore degli
altri uomini e per gli altri uomini ».
(Da Si fa presto a dire fame, di
Pietro Caleffi).
Gesù. Egli è venuto sulla terra anche
per questo: per penetrare nel mcndo
della fame. «Ebbi fame» dice colui
che è il pane della vita. Chi ode queste parole cercherà di ubbidire all’an
tica parola detta già per bocca del
profeta Isaia : « Il digiuno di cui mi
compiaccio — dice l’Eterno — non èegli questo: che tu divida il tuo pane
con chi ha fame? » (Isaia 58: 7).
e non mi tlesie da mangiara
9
22 dicembre 1967 — N. 50-51
pa^. 9
Alia nuovi in Facoltà
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
L ottima partenza del pfilo corso di formazione teologica per laici presso làpatmltà Valdese di Teologia in Roma mostra chi qsso risponde a una esigenza uiua^niQ sentita
Il primo « corso teologico per laici »■
presso la Facoltà Valdese di Teologia,j
in Roma, prende forma. Sabato 2 di-i
cembre esso è stato inaugurato, con
una lezione pubblica del prof. Vittorio |
Subilia, seguita da un buon numero
di intervenuti da Roma e dintorni, anche non prossimi. Nel corso di questa
riunione sono state prese in comune
alcune decisioni.
Anzitutto, il ritmo del corso sarà
settimanale per gli iscritti residenti a
Roma o dintorni; la lezone si terrà
il venerdì alle ore, 17 (salvo periodi festivijj.
Qi|anto al programma, esso sarà
suddiviso in quattro corsi. Il primo,
iniziato, è tenuto dal prof. Vittorio Subilia (2,15 dicembre, 12, 19, 26 gennaio)
e costituisce un’introduzione allo stu<lio della teologia : « Il significato del
confessare la fede ». Il secondo corso
verterà sul Nuovo Testamento: il professor Bruno Corsani, decano, terrà
una serie di lezioni (2, 9, 16, 23 febbraio, 1 Marzo) sulle tappe più antiche
della formaz one del N. T. e sulla sua
portata per il presente. La storia del
cristianesimo farà oggetto del terzo
corso: il prof. Valdo Vinay in sei lezioni (8, 15, 22, 29 marzo, 5 e 19 aprile)
tratterà di avvenimenti e problemi dell’epoca della Riforma. Infine il quarto
corso, sull’Antico Testamento, sarà tenuto dal prof. J. Alberto Soggin (26
aprile, 3, 10, 17, 24 maggio), il quale
presenterà il periodo pre-esilico della
letteratura israelitica.
E il metodo di lavoro? Anche per
evitare la monotonia, i metodi d’insegnamento e di lavoro varieranno nel
corso d-eli’anno. Taluni corsi saranno
esposti oralmente dal docente (e si
provvederà, con l’aiuto di un registratore e di volenterosi evangelici romani, a inviare agli iscritti il testo o il
riassunto ciclostilato delle lezioni, settimana per settimana). Altri corsi
cons'steranno nella discussione di un
testo indicato in anticipo agli iscritti,
[o in una ricerca biblica, e cosi via ; naituralmente saranno fornite di volta
n volta le indicazioni bibliografì;he, ecc.
Le iscrizioni, che avrebbero dovuto
issere chiuse a fine novembre, sono riaste aperte fino alla lezione del 15
icembre, per offrire a qualche ritaratario, infervoratosi alla prova dei
[atti, la possib lità di inserirsi nei'cori di quest’anno. In seguito, per ovvie
[agioni di continuità di lavoro e di
¡ompattezza del gruppo di lavoro, tali
cr zioni alla partecipazione diretta
no state chiuse. L’interesse suscitaè stato vivo e profondamente ralgrante, e se anche qualcuno dovesse
sere « escluso » dalla frequenza per
est’anno, si tratta di semplice rin0, perchè data la risposta di tanti
embri di chiesa si ha ogni ragione di
■edere che i corsi verranno proseguinegli anni prossimi.
L’inizio del primo corso di forma,lone teologica per laici segna un mo'* ento significativo nella storia della
istra Facoltà teologica, non solo peri e ottempera alla richiesta reiterata
I vari sinodi, ma anche perchè ri! Dnde a un’esigenza profonda del no! ‘0 tempo. Anche se dobbiamo augu3 rei che s a eccessivo il timore che
j mani cessi di esistere un ministero
] starale organizzato, non c’è dubbio
( e l’importanza della testimonianza
( dell’insegnamento forniti dal « lai( ;o » — sul p ano teorico e in quello
c ìcreto della vita pratica e della preE iza al mondo — andrà crecendo e
i ¡umendo un peso forse determinan
— L’8 ottobre, in seguito a disgrazia è
stata trasportata d’urgenza a Torino ove è
deceduta, la nostra sorella Enriehetla Bounous in Travers di anni 57. Il servizio funebre ha avuto luogo il 10 ott. a Piano
Maurino davanti alla casa della defunta ove
si era radnnata una commossa folla di parenti e di conoscenti e si è concluso nel cimitero delle Chenevières.
Il 20 ottobre dopo lunghe sofferenze ci ha
lasciati per la Patria Celeste la nostra sorella Margherita Eynard ved. Jonrdan, di
anni 76. Il servizio funebre ha avuto luogo
presso la casa della figlia Alhertina Baux
con la quale la defunta abitava. Al cimitero del Villar il fratello Adriano Longo, di
Ivrea, parente dell’estinta, ci ha rivolto un
messaggio di fede e di speranza.
La Chiesa ha espresso a queste famiglie
che sono nell'afflizione, la sua fraterna simpatia e domandato al Signore di fortificare
la loro fede.
— Ringraziamo il Pastore Bertin, il Past.
Cipriano Tourn, il nostro studente in teologia Ermanno Glenre e la signora Schnapper
di Leomherg per i loro apprezzati messaggi.
— Abbiamo effettuato la nostra consueta
vendita autnnnale che ha dato ottimi risultati grazie allo zelo e alla buona volontà
deirUnione Femminile e dell’Unione Cadetta.
— Il 12 nov. abbiamo celebrato il nostro
primo (c Raduno veterani » al quale ha partecipato una rappresentanza della Casa di
Riposo di S. Germano e ringraziamo la direttrice Suor Velia per il suo messaggio.
— Per rispondere al desiderio di alcuni
fratelli abbiamo istituito un breve culto
quindicinale, alla domenica nel pomeriggio
aUe ore 17,15.
— Diamo un fraterno benvenuto agli sposi Dino Ghigo e Dina Genre di Prali che si
sono stabiliti fra noi.
1 per la diffusione dell
Evangelo.
B. C.
I iiiiiiiiiiiimiiiiiii
— Battesimi: Danilo di Umberto e Jole
Coucourde; Ivarui di Ercole e Margherita
Resiale.
iiiiimiiiiiiilliiiliiiiiiliilllliliiiimiiiii
iiillliilimiiilMiiiiiimiKliiii
Si parla di ricostruint, di offerte, di rapporti ecumenici
Nelle ultime settimane si sono avute alcune riunioni di particolare interesse. In
assemblea di chiesa è stato una volta anco-*
ra affrontaio il problema della ricostruzione
dello stabile di Via Pio V; era stato faito
circolare un opuscolo con una prima informazione su progetti, costi, ecc.; si trattava
ora di passare all’attuazione, dato che il
sì di massima era già stato dato l’anno scorso. Si è solo insistito affinchè la nuova costruzione non venga sentita — e quindi impostata — come una speculazione edilizia,
la costruzione di uno stabile « di reddito »;
mentre è ovvio che per un certo numero di
anni tale reddito dovrà valere ad ammortizzare il forte debito contratto, dev'essere però ben chiaro che lo scopo primo e ultimo
è quello di avere un centro comunitario
veramente funzionale, fornendo il quadro
ad aitività periodiche (riunioni dei vari
gruppi assistenziali, missioni, femminili, giovanili, di cultura, ecc.) e continuative (Claudiana. biblioteca e centro di lettura, ostello,
asilo infantile, centro sociale, casa di riposo,
ecc.); anche se non tutte queste attività potranno essere lanciate immediatamente dopo il concludersi dei lavori (che inizieranno,
in tre fasi, nella prossima primavera), è
bene che siano tenute presenti fin dal principio come esigenze fondamentali. Si tratterà indubbiamente di un grande sforzo, sommato a quello che si chiede sul piano generale nell'ambito della Chiesa valdese; e
tu'ttavia, anche se non tutti potranno far
propria la proposta di offrire, nel giro di
2, 3 o più anni, una somma pari a un proprio stipendio mensile, è una mèta raggiungibile, sicché speriamo che gli « impegni »
richiesti vengano presto a tranquillizzare i
responsabili. Vi sono già stati alcuni esempi
toccanti, e come capita anche in questo
tempo, qualche « ultimo » è stato primo...
* * *
lello Spirito Santo; il cronista è però
Into che questo richiamo andava rivolfnedessàrio tuttavia che il dibattito conXed è auspicabile che si estenda ad allomunità, perchè l’ecumenismo ufficiale
Sboccato, un po’ alla chetichella, una
molto discutibile. Ecco il testo vo
consciamente la propria confessione di fede:
ed è quanto ci rifiutiamo di fare, direttamente o attraverso chi ^dovrebbe rappresentarci.
Altro problema affron'iato in assemblea
di chiesa: i rapporti ecumenici. In seguito
alla partecipazione attiva di rappresentanti
di alleanze confessionali protestanti e del
Consiglio ecumenico delle Chiese al Congresso dell'apostolato laico cattolico, tenutosi a fine ottobre a Roma, era stato presentato un ordine del giorno, che la nostra
assemblea non si è subito sentita di votare;
in un'altra seduta, l’informazione relativa è
stata data a tre voci dai pastori Ayassot,
Conte e Ricca, secondo impostazioni diverse e anche abbastanza contrastanti. È seguita una discussione estremamente vivace,
che ha rivelato animi profondamente divisi,
purtroppo. Non è possibile riferire qui dettagliatamente su tale discussione, di cui è
stato moderatore il giudice Aldo Ribei; il
quale aveva iniziato leggendo il passo
Atti 10: 1-16. Il problema in questione era
la possibilità e liceità di una collaborazione
ufficiale fra Chiese evangeliche e C.E.C. da
un lato, e Chiesa romana dall'altro, tenendo
presente che quest'ultima, pur considerandoci oggi «fratelli separati», non è però
chiesa sorella, ma è e rimane chiesa madre.
Dopo qualche emendamento al testo in discussione, si è infine giunti alla votazione
dell'ordine del giorno che riportiamo sotto,
con 38 sì, 12 no e 7 astenuti (gli intervenuti
erano parecchio più numerosi, ma non tutti «.elettori»), una votazione sintomatica,
che è sitata avvertita dalla minoranza come
un atto di forza più che come un'indicazio
^ssemhlea della Chiesa valdese di Topiimita il 27 novembre 1967,
so atto che, sulla traccia di quanto
\nunciato nel corso dell’annua sessione
■omitato centrale del C.E.C. a Hera„.,0 in agosto, si è avuta al recente UI
.'c ^esso mondiale dell’apostolato laico, a
Re una cospicua partecipazione ufficiale Àappresentanti di Chiese protestanti
(olÉmhe anglicane e ortodosse) e del Consigi t%cumenico delle Chiese;
c nStatato che tale partecipazione, a differì fía di quanto sinora è avvenuto, non ha
avi ì semplice carattere di « osservazione »,
ber pure di consulenza e di collaborazione, ì da non poter evitare al pubblico l’impre (%!« del fronte unico cristiano;
c liderato che in tale occasione vari interi mi pubblici di rappresentanti protestar i del C.E.C. hanno dato esplicita con"a tale carattere confessionalmente
- „'CO.
ifime la propria viva perplessitcì per
p contributo alla confusione ecumeatto e
ri ferma che sul piano della testimonian'risto — che altro è il cosidetto aposnnuv Ittico? — non vi può essere vera azione C [rnune se non su di una comune base
di /«K c teologica: una condizione che og\n tristezza, vediamo verificarsi seniMno nel confronto fra la confessione
/Jle evangelica e quella cattolica. Di
ienza. impostare ufficialmente e a
istituzionale un’azione comune con
a di Roma significa, per le Chiese
'he, accantonare consciamente o in
II dibattito, intanto, è proseguito, la sera
deH’8 c. m., nella sede dell’U.C.D.G., ove
si trovava, per la seduta del Comitato Nazionale, la sig.na Mary Rossi, la quale è
stata osservatrice-consulente dell’Y.W.C.A.
presso il recente congresso cattolico a Roma. Il dibattito è stato franco e cordiale;
non sappiamo se costruttivo, perchè gli
animi sono effettivamente divisi.
ferr
eqt
A FrosinoDe, una conferenza snila Riforma
del
cíale
Prof.
Giovedì 30 ottobre u. s., nel salone
Palazzo Provindi Prosinone, il
Valdo Vinay,
per ricordare il 450“
anniversario della
Riformai h® tenuto una conferenza il cui
tema cr*t " significato ecumenico della
informât
Ad api^itira, il Prof. ladanza, presidente
della ol«f® Società Dante Alighieri, orga
nizzatrici della serata, ha presentato al numeroso fubblico convenuto il Prof. Valdo
Vinay e|a sua opera di studio.so noto in Italia e allistero.
Dopo ai c'ù il Prof. Vinay ha esposto la
sua intetpssante conferenza mettendo in luce
i motivilche determinarono quel capovolgimento rwigioso che va sotto il nome di Riforma Piotestante.
TORRE PELLICE
[’((AssociazioDe Amici del Collegi«))
invita ad od concerto
di musiche natalizie
La M Associazione Amici del Collegio » ha
organizzato per la sera del 30 dicembre a
Torre Pellice un importante concerto di musiche sacre improntate in gran parte alla celebrazione del Natale. Ad esso parteciperanno: il M.o Giuseppe Peirolo, organista del
Duomo di Asti, concertista e compositore; il
M.o Luigi Pocaterra, violinista presso l’orchestra sinfonica della RAI di Torino, e la
Corale Valdese di Torre Pellice, diretta dal
M.o Ferruccio Corsani.
Amici e cultori della musica e del canto
corale, amici e sostenitori del Collegio, e la
popolazione tutta, sono molto cordialmente
invitati.
Sabato 30 dicembre 1967 ore 20,30 nel
Tempio Valdese di Torre Pellice; ingresso
libero. Offerte alla porta a favore del Collegio Valdese.
BBI
Giovedì 14 dicembre ha avuto luogo il servizio funebre della nostra sorella Davit Maddalena ved. Charbonnier^ deceduta il giorno
13 dicembre alla sua abitazione in Via Mae.
stra alla età di anni 76, dopo lunga malattia.
Domenica 17 dicembre, nel pomeriggio,
abbiamo accompagnato alla loro ultima dimora terrena le spoglie mortali di due nostri
fratelli : Catalin Paolo Ernesto fu Eliseo, deceduto alla sua abitazione in Via Beisilia nella notte del 15 dicembre, alla età di anni 54.
Ricoverato aU’Ospedale Valdese di Torino,
speravamo tutti di vederlo ritornare tra noi
con un deciso miglioramento nelle sue condizioni di salute; purtroppo, col passare del
tempo e malgrado le cure assidue, le sue condizioni di salute peggiorarono ed apparve
inevitabile la fine. Con spirito di pazienza
e di fede egli sostenne la sua prova, lieto di
potere infine ritornare a casa sua dove egli
fu curato ed assistito con affetto sino alla
fine da tutti i suoi cari. Durand-Canton Giovanni Enrico fu Luigi, deceduto nelle prime
ore del mattino di sabato 16 dicembre a Torino, alla età di anni 81. Da quando, circa
un anno fa, la sua compagna era deceduta
alla frazione Genteugna, il nostro fratello
cadde in uno stato di depressione e di prostrazione che andò sempre maggiormente aggravandosi e dal quale non fu più possibile
in alcun modo liberarlo.
A queste- famìglie nella tristezza e nel lutto esprimiamo ancora la nostra profonda
simpatia e la nostra fraterna solidarietà nella prova, domandando al Signore di far scen.
dere nei cuori afflitti la sua consolazione e
la sua pace. e. a.
SAMPIEBDARENA
Fra le attività di rilievo, segnaliamo, promossa dalla Lega femminile, una tavola rotonda (Samuele Bouchard, Mirella Pizzo,
Andrea Ribet, Paolo Ricca), presieduta dalla signorina Evelina Pons, il cui tema era
stato così annunciato : « A colloquio con
l’ateo » ; in realtà, doveva essere un discorso
preliminare, fra noi, a proposito deH’ateismo, e così l’hanno impostato i relatori, ma
la presenza di un ateo (di tipo filosofico-spiritualistico) ha... costretto a passare subko
all’azione, con modesti risultati, ma rivelando con molta efficacia le difficoltà di
questo colloquio, in cui pure siamo impegnati. e che va proseguito con perseveranza a vari livelli.
Il Comitato di Assistenza di Corso Oddone e il Gruppo Missioni, affiancato dalla
« Dorcas », hanno raccolto in queste settimane il frutto di una parte del loro lavoro;
buona raccolta, con l'esito soddisfacente
delle due vendile benefiche, per la partecipazione fraterna di molti.
A cura deH’Unione giovanile è stato
proiettato il bel film di Henri Brandt, realizzato per la Società delle Missioni Evangeliche di Parigi, « Madagascar au bota du
monde», di cui si è già parlato sul giornale; buona partecipazione giovanile, modesta quella adulta; abbiamo visto con gioia
fra noi alcuni fratelli di a'ttre comunità
evangeliche della città.
Il 5 e il 10 c. m. in unione alle Chiese
Evangeliche della Grande Genova abbiamo
avuto due riunioni di Avvento, Si sono alternati nella predicazione i Pastori Valdesi
e Battisti.
La ■ Gioventù Evangelica Genovese ha ripreso la sua attività e quest’anno le riunioni
hanno luogo — per turno — presso la Chiesa Battista di Genova. A cura della stessa
ha avuto luogo il 25 Nov. u. s. nella sala
della Camera del Lavoro di Sampierdarena
una conferenza del Pastore Giorgio Bouchard
sul tema : « Dialogo tra Cristiani e Marxisti
da un punto di vista protestante ».
Il Consiglio di Chiesa ha esaminato attentamente la situazione finanziaria della
Chiesa Valdese ed ha inviato un appello
« individuale » a tutti i membri di Chiesa
che, possiamo già dirlo, hanno risposto —
se non nella totalità — almeno in numero
soddisfacente di modo che la Comunità potrà aumentare la sua contribuzione aUa Cassa centrale.
Dipartita. — All’alba del 6 dicembre, all'età di 17 anni, il giovane Elios Gazza ha
trovato riposo al suo corpo tanto martoriato
per raggiungere la pace del Regno celeste.
La sua sofferenza, durata quasi ininterrottamente per tutta la sua breve vita, è finita.
La sua fede, alimentata dalla parola e dalla conoscenza del suo Signore, è stata un
aiuto al dolore di coloro che fino all’ultimo
10 hanno vegliato.
La Comunità ha partecipato al dolore delle famiglie Cazzo e Bortolotti ed al cimitero
11 Pastore Scorsonelli — che già aveva segui
to amorosamente il giovanetto e la famiglia
— ha portato ai presenti la parola della Vita
e della Speranza Cristiana. « Beati i morti
che muoiono nel Signore ». R. C.
Il numeroso pubblico, composto di moltissimi cattolici, oltre ai rappresentanti delle
varie chiese protestanti circonvicine, ha seguito con molto interesse, mostrando cosi di
cominciare ora ad interessarsi ad un argomento, pochi anni addietro ritenuto « tabù ».
Al termine il Vescovo di Veroli-Frosinone,
Mons. Marafini, ha voluto prendere la parola
per elogiare quanto esposto dall’oratore, tanto più che. in ossequio ai cattolici presenti
in sala, il Profe.ssore non ha voluto suscitare
spunti polemici, ma ha trattato l’argomento
dal solo punto di vista storico.
Il Vescovo infine ha affermato di accettare tutto come esatto storicamente e che il
movimento ecumenico attuale è stato suscitato dalla Riforma Protestante; ha quindi
esortato i presenti, cattolici e protestanti, a
riconoscere in Cristo il Centro... il Nome
che ci unisce.
Rosina Costa
SAN SECONDO
PRAMOLLO
Pastore C. Tourn e Signora per le interessanti notizie sulle Chiese Evangeliche in
Germania e per la fraterna accoglienza tributataci.
— Ci è giunta notizia del decesso della
sorella Caydou Caterina ved. Long di anni
88, avvenuto a Marsiglia presso la figlia
Long Sylvie in Piccard il 25 novembre.
— Martedì 5 dicembre abbiamo accompagnato aH’estremo riposo la spoglia della sorella Reynaud Eugenia ved. Reynaud, deceduta ai Gimbardi (Porte) all’età di 81 anni. Nelle sue sofferenze questa sorella ci ha
lasciato la testimonianza di una fede vivente nel Signore e Salvatore nel quale aveva
creduto. Mentre rinnoviamo alle famiglie afflitte Tespressione della nostra solidarietà nel
dolore, riaffermiamo la nostra speranza in
Gesù Cristo « risurrezione e vita » per chiunque crede in Lui.
Associazione
((Amici della Scuola latina))
Doni ricevuti a favore della ’^Campana
della Scuola Latina^^ di Pomaretto, a tutto
il 15 dicembre 1967 : Rostagno Geom. Emi*
lio L. 10.000 — Gardiol Prof. Frida 5.000
— Griset Prof. Emanuele 10.000 — Menusan Henry doli. 5 — Tron Emanuel doli. 5
— Bice e Attilio Fornerone 30.000 — Ida
e Teofilo Pons 5.000 — Coucourde Ugo
2.000 — Adele Ribet-Tron in mem. del marito 10.000 — Gay Elvire e Paolo, Chiavar!
10.000 Rita e Alberto Bouchard .5.000 —
Lina Sommani 10.000 — Grill ing. Giovanni 7.000 — Mathieu Mimi 3.500 — Grill
Margherita e Speranza 5.000 — Beux Itala
e Ettore 10.000 — Ribet Aldo e B^na 5.000
— Marchetti Luigi 500 — Balma Giulietta
3.500 — Rostagno Giovanni 5.000 — Tron
Giovanni 5.000 — Pons Ezio 5.000 — Richard Nadine e Mariella 6.000 — N. N. Ma.
nìglìa 10.000 — Hìlda Long-Meynier 5.000
— Peyrot Dott. Teodoro 2.000 — Famìglia
Gustavo Bouchard 10.000 — Giaiero Evelina e Valdo 7.000 — Elena Fattori-Pons
5.000 — Elena Fattori-Pons per 1966, 5.000
— Gretel Denzer - Germania . 21.280 —
Freundeskreis der Valdenser Kirche - Mann,
heim 108.635 — Chambon Angela 5.000 —
Henry F. Ghigo in ricordo del Cav. Oreste
Canal 5.000 — N. N. 200.000 — Ricordando la Signora Sybil Tron-Woodbrown, N. N.
50.000.
Il Comitato degli « Amici » ringrazia vivamente tutti i generosi donatori e ricorda
che vi è un c. c. p. num. 2/20.928, intestato
a : Associazione Amici Scuola Latina di Po
avvisi economici
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pensione per ragazzo o ragazza studenti.
Rivolgersi Tipografia Subalpina - - Torre
Pellice.
RINGRAZIAMENTO
I famil ari di
Levi Avondet
sentitamente ringraziano tutte le gentili persone che si sono unite al loro
dolore nella triste circostanza.
« E fattosi sera Gesù disse : passiamo aU’altra riva»
(Marco IV V. 35)
S. Germano Chisone, 6 dicembre 1967
« Dio è amore ».
Serenamente è mancato
Enrico lachia
di anni 82
Maestro del Lavoro
Ne danno l’annunzio la figlia Susanna e parenti tutti.
Torre Pellice 18 dicembre 1967
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Il Comitato « Pro Asilo Infantile »
di San Secondo, ringrazia vivamente
tutti coloro che con offerte in denaro
o in natura hanno collaborato alla perfetta riuscita del Banco di Beneficenza per la raccolta dei fondi necessari
per dare inizic ai più urgenti e indispensabili lavori di riparazione all’asilo Infantile.
— Sabato sera 25 novembre i nostri giovani si sono recati ai Chiotti di Riclaretto
in risposta all’invito della locale Unione Ciò.
vanile. Un vivo ringraziamento ai giovani
di quella chiesa ed in modo particoÌare al
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conservare fornendolo direttamente ai
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adatta al corpo umano.
SI PRATICANO SCONTI ALLE FAMIGLIE EVANGELICHE, per informazioni scrivere a SCEVOLA PAOLO
- Casella Postale n. 426 -, 181Ó() IMPERIA ONEGLIA.
1
10
pag. 10
r"
N. 50-51 — 22 dicembre 1967
JSotiziario ""
UN APPELLO SERIO
ecumenico
a cura di Roberto Peyrot
CÍ si avvicina all'ora X?
lA SETTIMANA DI PREGHIERA
PER L'UNITA' DEI CRISTIANI
Ginevra (soepi) — Cristiani di tutte le
Dopo il caso Tambroni abbiamo alla sbarra il SIFAR, e le due vicende
lasciano trasparire la preoccupazione
— diversamente motivata — di gran
parte della classe politica italiana: il
colpo di stato reazionario. Non impor
confessioni celebreranno la Settimana di ore f ^ .Ì reazionario. XNon imporBbiera n.r o'.' loio , “ ^ ta essore dei can da penna, per fiutare
ghiera per lumia cristiana 1968, che Sara «qualcosa» C’è nell’aria, per ren
imperniata sul tema « a lode della Sua gloria » (Ef, 1: 14). Per la prima volta, il segretariato « Fede e Costituzione » del CEC
e rappresentanti dei centri ecumenici cattòlici hanno preparato assieme una pubblicazione destinata a tutti i cristiani. Il rev.
P. Michalon, direttore dell’Associazione
« Unità cristiana » di Lione, ha collaborato
alla sua redazione. Da parecchi anni egli lavora col segretariato « Fede e Costituzione »
per la preparazione della settimana di preghiera. Fra i protestanti vi era un rappresen.
tante dell’Alleanza evangelica europea.
Quest’anno, dunque, la stesura della pubblicazione anzidetta ha permesso di andare
più avanti nella collaborazione.
La brochure comprende una preghiera del.
la liturgia di S. Giovanni Crisostomo, una
preghiera della liturgia romana del Venerdì
santo, una preghiera della liturgia della Chiesa riformata di Francia ed una preghiera
pronunciata durante una cerimonia a S. Pao.
lo fuori le mura nel dicembre del 1965, durante il Concilio vaticano II. Vi si trova
anche una preghiera di Zwinglio e di
H. Bezzel.
Le chiese ed i consigli di chiesa sono liberi di adattare i testi secondo il loro desiderio, ma durante il colloquio di Ginevra è
stata espressa la speranza che qualunque mo.
difica dovrebbe essere fatta nel senso di una
collaborazione ecumenica.
dersi conto che il paese sta calando in
una crisi profonda, senza che si veda
via d’uscita.
La crisi coincide col crollo del cattolicesimo quale unica idea-guida della nazione. Un crollo inevitabile, sarebbe accaduto anche se il mito marxista non si fosse affermato; ma il cattolicesimo italiano, senza riandare tanto lontano, veniva dal ventennio trionfale del clerico-fascismo, ed il suo crollo ha lasciato in milioni di individui
un vuoto, una solitudine che con troppa fretta abbiamo etichettato per « democrazia » e « libertà ». Queste sante
parole mettitutto sono ormai spregiate da una massa enorme di cittadini, i
quali hanno torto e ragione.
li porta a immaginare e riferirsi a un
passato mai esistito come loro dicono ;
essi non sono ancora integrati. Con
qualche ottimismo, forse domani da
questi verrà una voce cosi potente da
obbligare — se non altro per paura —
i politici a cambiare sistema. Ma chi
sono?
PUBBLICAZIONE
DI LETTERE INEDITE
DI D. BONHOEFFER
New York (soepi) —- La rivista dell’« Union Theological Seminary » dì New York
ha teste pubblicato degli estratti di lettere
inedite che il teologo tedesco Dietrich Bonhoeffer, ucciso dai nazisti nel 1945, aveva in.
viato alla fidanzata.
« Il nostro matrimonio — egli scriveva —
sarà un ”si” alta terra di Dio; ci permetterà
di agire e di compiere qualunque cosa, su
questa terra, con maggior coraggio. Temo
che i cristiani che si tengono con un piede
sulla terra non si tengano egualmente con
Un piede in cielo ».
TEOLOGO PROTESTANTE,
DOTTORE «HONORIS CAUSA»
DI UN'UNIVERSITÀ' CATTOLICA
Friburgo (bip) — Durante le cerimonie
della Giornata Accademica dell’Università
di Friburgo, il padre T. Mehrle, decano della Facoltà di teologìa cattolica, ha consegnato al professor Jean-Louis Leuba, dell’Università di Neuchâtel, il diploma di dottore
« honoris causa » Nell’offrire per la prima
volta questa distinzione ad un teologo protestante, rUniversità di Friburgo ha voluto
rendere omaggio ai suoi meriti d’uomo di
scienza e d’azione e al suo spirito ecumenico.
Nato nel 1912 a Neuchâtel, il prof. Leuba
ha studiato teologia in questa città e nel
1937 fu consacrato pastore a Travers.
Dopo aver esercitato il suo ministero presso la Chiesa francese di Basilea, venne chiamato nel 1954 ad insegnare teologia sistematica presso la Facoltà di Neuchâtel.
Dirige la rivista « Verbum caro » e ha
concorso alla fondazione di un'associazione
interconfessionale di teologi svizzeri. Il suo
ultimo libro « Alla scoperta dello spazio ecumenico » (edito da Delachaux et Niestlé),
raccolta di articoli scritti nell’arco di vent’anni, mostra l’evoluzione del pensiero ecumenico.
Ma cos’è questa « democrazia »? Impostate come sono le cose, con un
enorme potere effettivo nelle mani dei
partiti politici, il cittadino arriva a
chiedersi fino a qual punto — nei casi
Tambroni e SIFAR, per es. — si vigili
realmente sulla difesa di un ordine
democratico o non si tratti della autoconservazione della partitocrazia nazionale. Il dubbio è motivato dall’uso
che del potere fanno i partiti stessi.
Il lavoro, la promozione, la carriera,
ogni attività lecita del cittadino qualunque è strettamente legata al carro
di questo o quel partito; le pubbliche
amministrazioni, a tutti i livelli, e non
solo quelle, sono dei feudi implacabilmente difesi dai partiti, i quali usano
i loro uomini come pedine, costruendo carriere folgoranti, cadute improvvise. Siamo ai fasti e nefasti della Roma imperiale e decadente, con i suoi
gruppi di potere, le sue clientele, il suo
cinismo. Inutilmente qualche personalità s’azzarda a tentare una difesa
d’ufficio della pubblica amministrazione : l’uomo che sa, conosce per esperienza quanto sia profondamente corrotta la vita al livello locale, non può
credere che altrove sia diverso.
L’ultimo colpo, se così, passiamo dire, Tha dato il Partito Socialista Unificato : ridimensionato o liquefatto
ogni ideale, apparato e consorterie
s’impegnano per una partecipazione
agli utili dell’impresa, beffando la piccola gente che ancora credeva nella
vecchia bandiera. Quanto alla DC, essa abbina la faziosità clericale all’arrivismo famelico di chi specula su Cristo ; ma ha una sua coscienza inquieta
che cresce, non trascuriamolo. Il PCI
ha una posizione singolare : rifiuta
questo tipo di democrazia, ed ha una
mano pulita ; mette suoi uomini dove
può, arraffa e corrompe come tutti, ed
ha l’altra mano sporca. Conosce la via
italiana alla furbizia.
%rtanto, a cinque lustri dalla Resistenza e dall’inizio della rinascita del
paese, s’ha la sensazione precisa di un
disgusto, d’una indignazione civile che
passa per tutti gli strati della popolazione. La corruzione della democrazia
borghese non sembra portare a una
situazione prerivoluzionaria, bens’i prere azonaria.
Sono i piccoli-borghesi, i « borghesucci », il largo strato sociale che offre il maggior numero di scontenta Ad
essi s’affianca quella borghesia italiana ch’è naturalmente qualunquista, e
davvero nostalgica. Il piccolo-borghese
è Hans Luther che, contadino inurbato, a forza di sacrifici s’è fatto la
casa, ha qualche soldo :n banca, e grida e pesta perchè il figlio non vuol fare l’avvocato. Il piccolo-borghese italiano in questi vent’anni ha raggiunto
mète per lui ambiziose: ha l’appartamento, i figli all’Università, la macchina per la domenica... e strilla dall’ingenua paura che Torco comunista gli
porti via tutto; sembra dire candidamente: «ho fatto il mio gioco, chi ha
avuto ha avuto, e fermiamo tutto ».
Il piccolo-borghese non sa che per
fare un borghese vero, un borghese
europeo, ci vogliono generazioni e generazioni, perchè si tratta di raggiungere una condizione di civiltà : s’immagina, forse perchè è un nuovo ricco, d’essere « già » un borghese, e prende una bandiera che la sua non è.
L’Italia è infestata, oggi, da un agitare di bandiere sbagliate, fasulle.
Fra noi gli scontenti sono a migliaia,
ed uniscono alla ind'gnazione per ciò
che accade il malumore per questa
eterna cappa clericale che non si sa
mai cosa nasconda. Ma, oltre le esperienze minute che ognuno può fare, si
tratta di valutare il fenomeno generale: l’Italia, spinta dal corso della
storia più che dai suoi modesti governanti, attraversa un periodo profondo
di crisi. Crisi spirituale. Tutti i «valori» sono rimessi in discussione, le
basi della società — le colonne, direbbe Ibsen — sono scosse, spazzate via.
No, non c’è più « religione ». Mi correggo : c’è religione e irreligione, lede
e incredulità. C’è tutto.
Più elle
il Signore
Dov’è tuo
a
ei domanda
fratello ?
Ora, il cristiano non può vivere l’oggi che come un tempo che s’infutura,
che s’avvia al domani; non fosse che
per- questo, dilfici'mente può trovarsi
nella veste del nostalgico. Gli assetti
sociali del passato, (anche dei paesi
protestanti, figuriamoci del nostro!)
non possono diventare per noi dei
miti, s a perchè rifiutiamo tutti i
initi social-politici, sia perchè non possiamo essere così, sprovveduti da pensare che domani si possa riprodurre
Fieri.
La borghesia ital ana, dopo la fiammata del Risorgimento, cosa ha dato
alla nazione? È il gruppo sociale sul
quale fanno affidamento le democrazie occidentali per sussistere ed avanzare ; da noi la borghesia ha affossato
le libertà col fascismo, ed oggi seguita
a sfornare una classe dirigente senza
ideali, intenta solo a tramandare di
padre in figlio la grande paura della
rivoluzione. È, la nostra, una borghesia provinciale, che non conosce nè
l’ardore del confronto delle idee nè la
curiosità e l’alacrità di chi vuol costruire. Però è reazionaria. Tanto reazionaria da sfornarci un neo-liberalismo all’insegna delle chiavi di S. Pietro. Oggi un protestante borghese — e
ce ne sono pochi, ch’io sappia — è
proprio un senza famiglia.
Un apprezzamento protestante della situazione non sembra fuori luogo.
Nel momento in cui troppi « rivoluzionari » smerciano vecchi miti riscaldati a bagnomaria, noi dobbiamo insistere sul valore rivoluzionario dell’Evangelo, e cercare « nella situazione in cui ci troviamo » i modi per stabilre una nostra alternativa. (E di
« alternativa » si tratta, chè in sostanza possiamo tranquillamente mettere
in un mazzo tanta gente che, per comodo, si etichetta differentemente).
Resta scoperto, sembra, il piano morale. E qui non bastano più delle affermazioni di principio : bisogna entrare nelle cose, vederle con occhi nuovi, in prospettive che una generazione la ancora non s’immaginavano. Su
questo piano il protestantesimo, in
Italia almeno, sembra ancora fermo su
posizioni ottocentesche: ma l’Ottocento è il canto del cigno del Vangelo?
Una cosa va sottolineata : una ora X
si avvicina. Sarà quella della resa dei
conti per una classe politica corrotta,
per una amministrazione caot ca e
negligente. Eorterà alla reazione o al
progresso? Ma iU progresso è sempre
autentica rivoluzione: lo diciamo sottovoce, per non spaventare i benpensanti. L. S.
Echi della settimana
MACABRI CALCOLI
SULLA BOMBA H
a cura di Tullio Viola
I BIMBI ACATTOLICI SPAGNOLI
E L'ISTRUZIONE RELIGIOSA
Madrid (soepi) — In conformità al decreto pubblicato dal Ministero spagnolo della
educazione, i ragazzi acattolici non saranno
più tenuti a seguire i corsi di istruzione religiosa cattolica nelle scuole che dipendono
dal suddetto ministero. Non saranno neppure obbligati a seguire i servizi religiosi. 1 genitori dovranno semplicemente -redigere una
lettera colla quale precisano il desiderio che
i loro figli non ricevano una istruzione religiosa cattolica.
DONNE PASTORI
NEI PAESI BASSI
Driebergen (soepi)
sua ultima riunione.
— In occasione della
il Sinodo della Chiesa
riformata dei Paesi Bassi ha deciso di ammettere le donne al ministero pastorale, respìngendo tutte le restrizioni fin’ora poste.
La decisione è stata presa con 43 voti contro 9.
Per motivi d’ordine pratico il Sinodo ha
tuttavia deciso che la donna pastore, in caso
dì suo matrimonio, dovrà automaticamente
dare le sue dimissioni dal posto occupato in
quel momento, mantenendo però la possibilità di chiedere una nuova sede, in un’altra
Le libertà ci sono date come surrogato della democrazia? È ciò che ci
chiediamo, anche osservando quali esse sono e da chi sono patrocinate. Il
secolo scorso agitava « la fantasima
della Libertà», il nostro vede la lotta
per la conquista di specifiche Tbertà:
la stampa, l’opinione, l’associazione,
ecc. Ed è qui che osserviamo la reazione indignata — non necessariamente « ipocrita » — di parte dell’opinione
pubblica. Infatti, in un paese nel quale per ancestrale convinzione «peccato » e « sesso » si equivalgono, o quasi,
nulla fa più scandalo del crescere di
costumi sessuali acristiani, del dilagare d’una stampa avviata alla pornografia, d’un tipo di spettacolo che propaganda il libertinaggio.
E questo non faccia però dimenticare il profondo sommovimento sociale
provocato da tutte le altre libertà, per
cui quella italiana è oggi una società
in movimento (e non in assestamento). Cresce una situazione che irrita,
muove a sdegno milioni di persone che
si chiedono se la libertà sia davvero
un bene, una conquista. Ed osservate
l’intreccio di situazioni, per cui i comunisti si fanno paladini di tutte le
libertà, anche di quelle che nei paesi
dell’Est sono notoriamente castigate,
mentre i democristiani — aggiogati al
carro di quelli che credono in questo
tipo di democrazia libera — cercano
di frenare da tutte le parti : la loro coscienza è veramente inquieta.
PROGETTO DI UNIONE
DELLE CHIESE
NELLA GUINEA EQUATORIALE
Rio Munì, Guinea Equatoriale (soepi) —
Rappresentanti delle Chiese e delle missioni
evangeliche della Guinea equatoriale si sono
recentemente incontrati per discutere circa
la possibilità della creazione di una Chiesa
evangelica unita. La promessa che U paese
diventerà indipendente dalla Spagna entro il
luglio del 1968 ha favorito questo progetto.
Attualmente, le Chiese evangeliche vengono considerate dal governo spagnolo come
associazioni private senza alcun diritto o pri.
vilegio partieilari. Se questa Chiesa unita
potrà venir Tealizzata, potrà ottenere il riconoscimento legale dal futuro governo.
I nostalgici crescono. Non si comprende bene di cosa siano nostalgici,
ma crescono. Crescono male, viziati,
però. Essi dimenticano troppo disinvoltamente d’avere beneficiato, e di
beneficiare!, in larga misura del balzo
in avanti economico fatto dalla società italiana nel dopoguerra. E la cosa
più grave, colpevole, è che essi vanno
mitizzando presso i giovani Tavantiguerra, distorcendo completamente la
verità, quando è invece proprio da un
confronto delle situazioni concrete che
balza agli occhi il fatto che «democrazia » e « libertà » non sono zeri negativi.
Non disprezziamo i nostalgici, anche
se acritici : l’indignazione, è quella che
là- Sono stati fatti da uno studente di
fisica in una tesi di laurea presentata all’Università di Roma e i cui risultati sono riportati su « L’Astrolabio » del 10-12-’67. 11 problema risolto può sembrare ozioso e pedante; a noi sembra invece che esso presenti
particolare interesse per coloro, se ancora
esistono, che aves.sero dubbi sugli effetti
d’una futura guerra atomica.
L'autore s'è chiesto : che cosa accadrebbe
se una bomba H cadesse a Roma, con P. Z.
(«punto zero») la stazione Termini?
» Entro un raggio di ¡5 km. dal P. Z.,
il flusso di calore non avrebbe intensità inferiore a 20 calorie per centimetro quadrato. Ciò significa che quanti esseri umani
fossero sorpresi allo scoperto dall'onda termica, subirebbero ustioni almeno di terzo
grado. A Frascati le ustioni sarebbero meno
gravi, solo di secondo grado: l’edicola che è
sulla grande piazza andrebbe in fiamme. A
Tivoli, a Velletri le ustioni sarebbero più
lievi, ma non per questo vi si starebbe al
sicuro: ci sarebbero pericolosissime ricadute
radioattive (...). La parte centrale di Roma
sino al Tascolano, al Trionfale, a Monte
Sacro, andrebbe totalmente distrutta: chi
fosse sfuggito alToiida termica finirebbe vittima dello sconquasso generale provocato
dall’onda di pressione (...). / morti nella zona completamente devastata potrebbero
raggiungere e superare i due milioni di
unità. Mezzo milione di autovetture sarebbero sballottate per aria come pericolosi
proiettili, distrutte dalle fiamme o sepolte
dalle macerie. Sconvolte le linee telefoniche,
la rete elettrica, quella idrica, distrutti i
ponti sul Tevere, i cavalcavia, lo stadio
Olimpico. Ridotta un mucchio di ceneri e
rottami la basilica di San Pietro...»
Scienziati americani hanno fatto calcoli
anaioghi per Londra, per Los Angeles e per
altre città. Per es. « a Londra, una bomba
di dieci megaton (con P. Z. Trafalgar
Square) genererebbe una colonna di fiamme
di 30 km. di diametro e 1.500 m. d'altezza.
Le cadute radioattive sarebbero così micidiali, che il venti per cento della popolazione di Parigi ne resterebbe vittima entro
un paio di settimane. Il resto potrebbe salvarsi, ma dopo parecchi mesi di cure mediche ».
L’articolista (F. Gioia) commenta a lungo questi dati. Dice che « la tesi del giovane fisico non nasce per caso, ma dall’avvertimento degli scienziati italiani che è tempo di far qualcosa perchè la nostra opinione pubblica conosca il rischio reale del
nostro tempo ».
illimitato lo sciopero dei corsi e dei lavori
pratici, iniziato nella seconda metà di novembre. Il motivo addotto è che Tamministrazione non ha dato alcuna risposta alle
rivendicazioni dell’associazione degli studenti. Tali rivendicazioni si riassumono
nella richiesta di riunire una commissione
formata da rappresentanti dell’amministrazione, da professori e da studenti, col compito d’esaminare una riforma dell’insegnamento dell’Istituto, di definire una equivalenza dei diplomi e di precisare le conseguenti possibilità d’impiego ».
Una lettrice delle Valli, la quale
desidera serbare l’anonimato, ci ha
scritto, anche a nome di una sua
amica, « per sapere se non vi è un.
indirizzo sicuro cui inviare una
modesta somma per le infelici pòpolazioni del Vietnam o del VicinoOriente o per i miseri che nelVlndia.
muoiono di fame. La cristianitàf.
quella protestante quanto quella cattolica, accetta questi orrori e vi si
abitua con un’incoscienza pari soltanto al nostro egoismo. Sopraitiitto
in questi giorni, in occasione dello
’feste’, realizziamo quale abisso separi il mondo. Se solo ci dessimo la
pena di metterci un quarto d’ora in
ginocchio davanti a Dio, non in riunioni di preghiera che lasciano il
tempo che trovano, ma ognuno di
noi, personalmente, solo dinanzi
Dio, e di domandargli che cosa egli
si aspetta da noi, che cosa pos.ùamo
e dobbiamo fare per tutta questa
somma di sofferenze che gridano a
lui giorno e notte, non credo che et
risponderebbe: ”Ma voi fate tanto!
avete da preparare gli alberi di Natale, i pacchi per i poveri, per i solitari, per i ricoverati...” Se fo.ssimo
in tempi normali, tutto questo mi
parrebbe così bello, così altruista;
ina mentre i nostri fratelli, lontano,,
muoiono di fame o per mancanza di
cure, abbiamo il diritto di occuparci di tante cose che potremmo offrire
in nome di Colui che ha lasciato
ogni cosa per noi? Non tutti sono
pronti a rinunciare alle loro feste e
ai loro regali natalizi, lo so bene; se
tento di parlarne, se ne ride... Ma
non volete, voi, lanciare un appello, secondo quel che Dio vi ispirerà?
Forse Dio si servirà di voi per scuoterci un poco, per ripeterci: ’’Che
fai di tuo fratello?” Presto o tardi
questa domanda ci sarà rivolta e il
tempo della Grazia potrebbe aver
fine. Sono quindici giorni che ne
sono tormentata. Non avevo voglia
di scrivervi, ma un po’ la mia amica, e un po’ il mio cuore sanguina
per tante sofferenze in contrasto con
tanto ben di Dio che ci circonda...
sento che il minimo che devo fare
è chiedere a voi di fare quello di cui
non sarei capace io. L’appello sarà
inutile? farà strillare i novantanoveben pasciuti? ».
(Da « Le Monde » del 1-12-1967)
SONDAGGIO D'OPINIONE PUBBLICA
IN GERMANIA
«Lo popolazione adulta della R.F.T.
(Repubblica Federale Tedesca, cioè Germania Ovest) sarebbe favorevole, nella misura del 53%, al riconoscimento della linea
Oder-Neisse, qualora un simile gesto potesse contribuire a migliorare le relazioni coi
paesi dell'Est. È questo il risultato d'un sondaggio d’opinione effettuato dall'istituto di
demoscopia di Allemabach, per conto della
stazione di radiodiffusione di Siidwestfunk,
a Bhdèn-Baden. 33 % delle persone interrogate si sono pronunciate contro il riconoscimento.
90% della popolazione sono favorevoli a
negoziati diretti fra Bonn e Berlino-Est,
sulla questione del miglioramento delle relazioni umane fra le due parti del paese:
53% pensano che una riunificazione è possibile in un avvenire prevedibile (30 anni);
51% ritengono che "potrebbe venire il giorno" in cui la R.F.T. sarà "costretta" a riconoscere la R.D.T. (Repubblica Democratica Tedesca, cioè Germania Est); 33'!<y sono
di parere contrario ».
(Da «Le Monde» del 7-12-19671
iN'on potremmo aggiungere nulla;
possiamo soltanto dire che il SuO’
appello, sorella, ci ha toccato e colto in pieno. Ci siamo anche chiesti^
onestamente, se questo numero speciale, un po’... ’lussuoso’, non cada
sotto questo giudizio; ma abbiamo
appunto tentato di dare un volto,
dei volti al mondo che Dio ha tanto amato, agli uomini che il Signor
Gesù ci ha lasciato comandamento
di amare come egli ha amato noi:
« se vi scambiate doni solo con i vostri cari e i vostri amici,, che fate di
speciale? non fanno anche i pagani
lo stesso? ».
RICHIESTE DI ROTTURA
COL GOVERNO
DEI COLONNELLI GRECI
I DISORDINI UNIVERSITARI
•jà- Simili richieste si moltiplicano qua e
là in molte nazioni, fra le quali Tltalia. Ma
è notevole che la cosa accada anche negli
U.S.A. Per es. « il sig. Stèphen Young,
membro della commissione delle forze armate del Senato americano, ha espresso,
giovedì 14 c., al presidente Johnson e al segretario di Stato, l’esigenza di rompere al
più presto le relazioni diplomatiche con la
Giunta dei colonnelli greci ».
(Da « Le Monde » del 16-12-1967).
Sono quelli che culminano negli scioperi e nelle occupazioni degli studenti a
Torino, a Genova, a Napoli, ecc. Ma all’estero accadono disordini analoghi. Per es.
a Parigi « l’associazione degli studenti del/’Istituto di studi sullo sviluppo economico
e sociale, ha deciso di proseguire a tempo
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg.
al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (To)
(,)uanto alla destinazione delle offerte, abbiamo pubblicato recentemente un appello di Liliana Munzi,.
da Londra, dove da anni è al lavoro’
un Comitato (del tutto a-politico)
per il Vietnam, che cura l’inoltro
di medicinali e di aiuti sanitari nei
due Vietnam; sempre per il Vietnam, gli organi assistenziali del
Consiglio ecumenico delle Chiese
sono sempre in attività, e lo stesso
dicasi per ciò che riguarda i profughi mediorientali. Ricordiamo poi
che che l’EPER, l’organismo assistenziale della Federazione protestante elvetica, compie da molti anni un’opera di rilevamento sociale,
assistenza, formazione professionale
in vari punti nevralgici della geografia della fame, e in India in particolare (ci proponiamo anzi di documentare in un prossimo futuro ai
nostri lettori quest’opera estremamente concreta). Se i lettori vorranno inviare a noi le loro offerte (ovvero alla Tavola Valdese), esse saranno immediatamente rimesse alle
organizzazioni da loro indicate.