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Anno 117 - N. 34-36
4 settembre 1981 - L. 300
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
IL MESSAGGIO DEL MODERATORE BOUCHARD AL XV AGOSTO
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Ad illustrazione del Sinodo di
quest’anno abbiamo pubblicato
sul numero scorso una foto inconsueta: vi si vede un momento della consacrazione dei tre
neo-pastori con il predicatore e
l’assemblea che impongono le
mani nel gesto biblico dell’invocazione dello Spirito e del conferimento di un incarico. Dieci
anni fa una tale foto sarebbe
stata diversa perché un altro
sarebbe stato il predicatore (un
pastore e non, come quest’anno,
un predicatore non consacrato)
e solo alcuni nell’assemblea avrebbero imposto le mani (solo
i pastori presenti, cioè, e non
— come avviene da alcuni anni
— tutta l’assemblea). La foto
del Sinodo 1981 esprime invece
la tappa, non certo finale, che
la nostra chiesa ha raggiunto
nella propria riflessione sui ministeri: una coralità del popolo
di Dio che esprime il concetto
fondamentale del sacerdozio di
tutti i credenti su cui si innestano i ministeri particolari e la libertà della chiesa nell’affldare il
compito della predicazione, riconoscendone i doni, anche al di là
dell’ambito del corpo pastorale.
È nna tappa sul cammino dell’abolizione del « ministero »? È
quanto sostiene implicitamente
il giornale della diocesi di Pinerolo. E non fa meraviglia. La
Chiesa cattolica è infatti fondata
su un sacerdozio che costituisce
nel popolo di Dio un gruppo di
credenti resi sostanzialmente diversi dagli altri dal sacramento
dell’ordine che conferisce loro
un potere mediatorio tra Dio e
gli altri credenti. Per questo il
nostro ministero pastorale è sentito ancor più lontano e inconsistente se, anziché essere comunque un « corpo separato » nella
chiesa, appare immerso nella
progressiva assunzione di responpbilità del popolo di Dio nel suo
insieme.
Ma la critica cattolica ha tutta
la sua utilità nello stimolarci ad
esplicitare la base su cui si fonda il cammino che stiamo seguendo. A parte il discorso storico che altri fa in altra parte
del giornale (che ha una sua
pertinenza ma che non ha per
noi una rilevanza teologica), è
chiaro che il solo discorso valido
a questo proposito è il discorso
biblico, è la drammatica transizione dall’Antico al Nuovo Testamento, da una religione sacerdotale ad una fraternità post-sacerdotale, in cui, come è attestato in modo chiarissimo in I Pietro 2: 1-10, se ancora si parla di
sacerdozio lo si fa riferendosi
all’insieme della comunità dei
credenti e non ad un gruppo particolare nella comunità, parlando di un servizio di « sacrifici
spirituali » e cioè di proclamazione e testimonianza e non di
un potere di mediazione tra Dio
e gli uomini.
Tener conto di questa concezione significa per noi non già
eliminare il ministero pastorale
ma innestarlo, insieme agli altri
ministeri, su una concezione
nuova del sacerdozio (di tutti i
credenti) che è fondamentalmente diversa da quella arcaica (di
un^ clero) che è propria della
Chiesa cattolica.
Nel cammino che percorriamo
(certo non privo di incongruenze e di residui clericali) la foto
di quest'anno segna dunque una
tappa importante dalla quale non
credo si tornerà indietro.
Franco Giampiccoli
Indicazioni per un popolo-chiesa
Dobbiamo partecipare pienamente ai problemi di questo paese vivendo in questa società
come una realtà organica ed essendo capaci di confessare la nostra fede apertamente
Vorrei sostenere quest’oggi che
come chiesa Evangelica — e penso qui a quella grande diaspora
che va dalle Valli Valdesi alla
Sicilia, che comprende una vasta
zona dell’Uruguay e della Argentina, e che non si limita certo alla realtà valdese ma comprende
quello che si suol chiamare il
«protestantesimo italiano» — noi
possiamo e dobbiamo essere un
organismo di massa che ha dei
momenti confessanti ed è capace
di partecipare alla vita della società.
Organismo dì massa
Non c’è dubbio alcuno che le
odierne forze sociologiche — che
agiscono su di noi come su chiunque altro — tendono a distruggerci come popolo organico e
compatto. Le fabbriche, i trasporti, l’organizzazione del turismo e del tempo libero, la televisione, tendono a disperderci
ovunque noi siamo. Tutto lo sviluppo della nostra società tende
perciò a fare di noi protestanti
italiani una piccola minoranza
poco numerosa ma in compenso
altamente qualificata, un gruppo
di élite che fa tante cose belle
ma non è più un popolo: insomma un’anima senza corpo. Il nostro sforzo attuale deve essere
anzi tutto quello di impedire che
questo accada operando in modo
da salvaguardare il più possibile
il carattere organico della nostra
chiesa.
L’altro giorno, mentre attraversavo il mercato di Torre Pellice — in mezzo ad una folla in
maggioranza valdese, ma di cui
solo qualche isolato era venuto
ad ascoltare il Sinodo — è venuta a cercarmi una giovane signora di Villar Pellice per dirmi; lei è il pastore che mi ha
battezzata. Che cosa significava
per questa persona incontrare il
pastore che Taveva battezzata e
che non aveva più rivisto in seguito? Era chiaro che non era
come incontrare il fotografo che
ha fatto le foto il giorno delle
nozze. Per questa persona, che
non è venuta ad ascoltare il Sinodo ma che fa parte del popolo
valdese, evidentemente il rapporto con la Chiesa Valdese ha un
significato importante, che può
non essere sempre chiaro, ma
che esiste. Vogliamo lasciarle
perdere tutte queste persone? O
non vale piuttosto la pena di provare a continuare a vivere come
chiesa-popolo, come organismo
di massa? Non è forse vero che
se riusciamo a far qualcosa in
Italia non è perché abbiamo buone idee ma perché in questo paese abbiamo radici da cui riceviamo linfa vitale?
Se è così allora il discorso sulle Valli Valdesi ha una grande
importanza, perché se è vero che
abbiamo radici in tutta Italia,
come in Uruguay e in Argentina,
Túnico posto in cui queste radici
sono sensibili è l’area delle Valli
e in questo senso le Valli valdesi
sono senza dubbio la chiave di
volta della nostra presenza in
DAI CULTI MATTUTINI DEL SINODO
Un medesimo sentimento
L’amore sia senza ipocrisia. Aborrite il male, e attenetevi fermamente al bene. Quanto alTamor fraterno, siate pieni d’affezione
gli uni per gli altri; quanto all’onore, prevenitevi gli uni gli altri;
quanto allo zelo, non siate pigri; siate ferventi nello spirito, servite
il Signore; siate allegri nella speranza, pazienti nelTafflizione, perseveranti nella preghiera; provvedete alle necessità dei santi, esercitate con premura l’ospitalità. Benedite quelli che vi perseguitano ;
benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono allegri;
piangete con quelli che piangono. Abbiate fra voi un medesimo sentimento ; _ non abbiate l’animo alle cose alte, ma lasciatevi attirare
dalle umili. Non vi stimate savi da voi stessi. (Romani 12: 9-16).
Al centro di queste esortazioni
di Paolo sta la parola: abbiate
tra voi un medesimo sentimento.
Certo la parola « medesimo » può
dar l’impressione di un invito a
pensare e ad agire nella stessa
identica maniera, espressione di
una uniformità sostanziale quasi
fossimo tutti usciti da un identico stampo. Ma proprio a modificare questa impressione sta l’altra parola, « sentimento ». Il sentimento si differenzia da individuo a individuo, è basato su
esperienze diverse, è cresciuto in
un clima di fiducia o in un clima disturbato e perciò assume
aspetti differenti.
Ancora, per noi protestanti abituati a dare grande importanza
al pensiero e alla sua chiarezza,
« sentimento » è una parola dal
suono sospetto, che fa pensare al
sentimentalismo, pensiero confuso e impulsi tumultuosi. D’altra
parte non possiamo dimenticare
che per comunicare e ricevere
una comunicazione non ci limitiamo ad usare il pensiero ma ci
.serviamo dei nostri sensi, non
usiamo solo la testa ma anche il
cuore.
Diciamo dunque che l’essere
« di un medesimo sentimento »
significa avere una stessa deter.
minazione, uno stesso orientamento della volontà e della persona rivolto verso un preciso indirizzo. Quale sia l’indirizzo preciso per la nostra azione è espresso da Paolo nelle sue esortazioni: il servizio a prò del prossimo, l’impegno a prò del debole.
Ma su cosa si fonda questo indirizzo?
Paolo esprime le sue esortazioni dopo aver annunciato la
giustificazione per grazia mediante la fede. A chi è giustificato avendo creduto, Paolo indica la via da seguire. Certo il linguaggio di Paolo sulla giustificazione, centro del messaggio riscoperto dalla Riforma, non è
per nulla semplice e chi ne sente parlare per la prima volta non
capirà immediatamente e istintivamente. Ma ci viene in aiuto
l’evangelo nelle parole che Gesù
ha rivolto a chi viveva con lui:
« io ti perdono »; « i tuoi peccati
ti sono rimessi ». E’ la possibilità
di una nuova vita che è data a
chi si rivolge a Gesù. Nello stesso tempo è motivo di critica, di
mormorii e opposizione da par
te di chi crede di essere dalla
parte giusta già prima di iniziare, di chi pretende di amministrare giustizia e comandamenti,
di chi perciò porterà Gesù alla
croce. Ma quanti ricevono da Gesù l’annuncio della remissione
dei peccati, dato per esempio
nella parabola del servitore spietato, ricevono il programma di
vita dell’agire da perdonati, da
giustificati perdonanti.
Questo perdono è la molla della liberazione dall’angoscia e dalla sofferenza, il movente che consente di vivere, è ciò che in fin
dei conti anima le esortazioni di
Paolo che altro non sono se non
indicazioni di come perdonare da
perdonati. Penso che allora questo sia il contenuto dell’invito ad
avere un medesimo sentimento.
Non vuol dire non discutere, non
essere di pareri diversi, bensì essere animati dall’evangelo che
incita a vivere da perdonati. Perciò siamo chiamati a controllare
giorno per giorno la nostra capacità di perdono, perché solo
così possiamo effettivamente perdonare e amare il prossimo ed
essere così determinati nella direzione che sta alla base dell’essere chiesa, della vita nella comunione, in cui tutti hanno il loro posto, i forti coinè i deboli,
gli uni a prò degli altri, nessuno
senza_ l’altro. Ed è questa la determinazione che cerchiamo di
tradurre in atto, non certo' per
nostra gloria, ma per l’avanzamento del Regno di Dio che Ge.sù
ci annuncia ed a cui ci avvicina.
Christian Gysin
Italia. Il fatto che la nostra chiesa abbia rifiutato di chiudere i
suoi ospedali, che sia riuscita alle Valli a riqualificare compietamente alcune delle sue opere sociali, è segno che non siamo ancora, grazie a Dio, un’anima senza corpo. E Timpegno che è stato
profuso in queste ed altre opere
è segno che noi vogliamo restare
una realtà organica e che rifiutiartio di diventare soltanto un movimento di opinione con tante
belle teste e senza gambe per
camminare.
Momenti confessanti
Onesto « organismo di massa » deve però avere dei momenti confessanti, cioè dei momenti
in cui la fede viene dichiarata
apertamente. Perché dietro la
nostra storia, dietro gli ospedali,
le case per anziani, dietro la Claudiana, il giornale. Agape, dietro
tutte queste cose c’è un rapporto con Cristo e questo rapporto deve essere espresso: la fede
va confessata. Cosa vuol dire
questo?
Anzitutto che la nostra chiesa
deve avere una linea nella fede.
All’inizio del Sinodo i pastori
consacrandi firmano la Confessione di fede valdese e si impegnano di predicare secondo quella confessione di fede. Come un
partito, così anche la chiesa ha
una sua linea, di tanto più importante in quanto non può e
non deve essere cambiata a cuor
leggero. Può essere rivista al
massimo una volta ogni generazione: la nostra generazione lo
ha fatto nel 1974, e Tha confermata; infatti, quando la confessione di fede del 1655 è stata accolta nell'Integrazione valdese.
metodista si è voluto dire con
chiarezza che riguardo ai nostri
rapporti con Dio la chiesa intende tenere fede alla testimonianza biblica. Le singole persone
oscillano (ma quanti dei nostri
amici abbandonano la chiesa a
vent’anni per riscoprirla a quaranta?) e sarà così sempre più:
ma proprio in questa situazione
la chiesa deve mantenere una
linea molto chiara, e da questa
non può deflettere.
In secondo luogo la fede confessata non può non avere una
base biblica ed è quindi connessa
alla predicazione della Parola.
In essa noi cerchiamo di dichiarare la fede perché questo
rapporto che sta dietro a tutto
quello che noi viviamo e siamo
va espresso con le parole del
giorno. La confessione di fede
non cambia, le parole del giorno
cambiano. La confessione di fede non si discute, il sermone sì:
è affidato alla comunità per essere vagliato e discusso. Eppure
esso deve esprimere questa fiducia: che mentre noi parliamo e
operiamo, il Signore è presente
e vuole parlare per bocca nostra.
In terzo luogo la confessione
della fede deve essere espressa
nel linguaggio quotidiano. Qui,
come chiesa, abbiamo mille problemi da risolvere e siamo in
difficoltà. Sia nelle Valli valdesi
che altrove, noi abbiamo spe.sso affidato ai pastori il compito
di esprimere la fede di tutti. I
membri di un partito tirano fuori volentieri la tessera: noi lo
facciamo raramente. Eppure dobbiamo imparare a farlo. Non si
Giorgio Bouchard
(continua a pag. 8)
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4 settembre 1981
MANIFESTAZIONE A RIESI
12-13 SETTEMBRE
No olla **prot6ZÌori6” Le giornate
Il segretario E. Genre
la Federazione giovani
Riesi — La Chiesa valdese a
seguito di quanto appreso dai
giornali e dalla TV, in rapporto
alla installazione di missili del
tipo Cruise a Comiso, in occasione della visita di circa una settantina di giovani della FGEI
nazionale, ha organizzato una
manifestazione contro la violenza, la guerra e gli armamenti.
Alle ore 19.30 di domenica 23
agosto un folto corteo di giovani
e di meno giovani si è mosso da
via Paraci (luogo del tempio)
per sfilare lungo le principali
vie di Riesi con cartelloni e canti di protesta accompagnati da
alcune chitarre. Il corteo ha poi
raggiunto la Piazza Garibaldi ove
era stata allestita una ricca
mostra di cartelloni documentativi e di protesta e dove, da un
palco messo a disposizione dal
Comune, si sono avuti gli interventi di Salvatore Butera (un
giovane riesino) e del pastore
Ermanno Genre, segretario della
FGEI.
L’intervento del pastore Genre, pur non avendo la pretesa di
un discorso di fondo, è stato alquanto esauriente dal momento
m cui ha precisato che la violenza regna ovunque in modo muto e freddo e per essa c’è chi decide, secondo le proprie passioni
ECUMENE
Il mito
Sul tema del mito si svolge ad
Ecumene dal 7 al 12 settembre
un campo di studio aperto particolarmente a pastori e membri
impegnati nella vita delle chiese.
Lo studio si articolerà con interventi relativi agli aspetti teologici (S. Rostagno, A. Manocchio), psicanalitici (T. Rabaglia)
e filosofici.
Per una introduzione generale
i partecipanti si serviranno di
una traccia di lavoro preparata
da Mario Miegge centrata soprattutto su Rudolf Bultmann
Levu-Strauss e Paul Ricoeur.
Nuovo telefono
Il pastore Franco Becchino di
Savona comunica il suo nuovo
numero telefonico: 019/806467.
esprime la protesta dele per i missili in Sicilia
ed ambizioni, sulle teste degli
altri e a danno dell’umanità.
L’oratore ha parlato della pace
nel mondo, precisando che trattasi spesso di un concetto alquanto astratto e pieno di contraddizioni, soprattutto da parte
della Chiesa cattolica ufficiale
che, se da una parte condanna
la guerra e la violenza, dall’altra
seguita a mantenere ed alimentare forme di convivenza col potere pubblico, favorendo l’elezione di uomini corrotti ed ambiziosi.
Con un accorato appello sono
state invitate le forze politiche
a ben considerare la decisione di
chi non tiene in nessuna considerazione la vita degli uomini, affermando tra l’altro con tracotanza, che tale decisione è stata
presa per mantenere un certo
equilibrio, per « proteggere »
l’umanità. In tale contesto sono
emerse tutte le responsabilità
che il Governo italiano ha nel
permettere, con rassegnato servilismo che altri venga e continui a servirsi di « noi » per le
proprie beghe e per espandere
la propria potenza. Nella conclusione l’oratore ha puntualizzato
che per i credenti non può esservi rassegnazione, specie dinnanzi
ad atti così irresponsabili per i
quali l’evangelo di Cristo deve,
anzi, risuonare in modo deciso
e pronto a difesa degli sfruttati,
degli oppressi, degli ultimi di
questo mondo.
Infine, è stato rivolto un appello al locale Consiglio comunale perché faccia vibrare la propria protesta mediante un apposito ordine del giorno da inviare
al nostro Governo.
F. G. L’Abbate
annuali del
centro studi
dolciniani
Il 12 e 13 settembre si terranno come di consuetudine le manifestazioni del Centro studi dolciniani. Sabato 12 settembre, alla rnattina, si farà una gita nei
posti dolciniani e alla sera alle
ore 21 a Vigliano Biellese nella
piazzetta antistante alla Biblioteca Civica, per iniziativa del Comune, verrà rappresentata « La
Passione di Dolcino e Margherita » di Renzo Francescotti poeta
dialettale trentino, del gruppo
Neruda di Trento. Domenica 13
alla Bocchetta di Margosio alle
ore 10 ci sarà un breve culto
evangelico presieduto dal pastore Giorgio Girardet e alle 11 si
salirà al cippo di Fra Dolcino
per fare l’assemblea del Centro
studi dolciniani. Alle 12,30 pranzo al sacco con appoggio alla cascina di Margosio e al pomeriggio canzoni piemontesi operaie e
ballate della Passione di Dolcino e Margherita del gruppo Neruda.
Sabato sera dopo la rappresentazione ci sarà un dibattito
presieduto sempre dal dott. Giorgio Girardet direttore di ComNuovi Tempi.
Segnaliamo infine che domenica 6 settembre a Piedicavallo nel
tempio valdese sarà tenuto un
culto in lingua piemontese presieduto dal pastore battista Barbin.
(Per eventuali maggiori informazioni si potrà telefonare a Aldo Fappani, via Robioglio 48, Valle Mosso - tei. 015/73465).
Comunicato
La Tavola valdese proclama la vacanza della Chiesa di Bobbio Pellice.
J essere fatta, da parte della Chiesa
di Bobbio Penice, entro il 15 novembre 1981, a norma degli artt. 12
13, 14, 15/RO. 4/1977 (Regolamento sulle Chiese Locali valdesi).
La Tavola valdese proclama la vacanza della Chiesa di Villar Pellice
j- .hn pastore dovrà essere fatta, da parte della Chiesa
di Lillar Pellice, entro il 15 novembre 1981, a norma degli artt. 12
13, 14, 15/RO. 4/1977 (Regolamento sulle Chiese Locali valdesi).
per la Tavola Valdese:
Giorgio Bouchard, IVioderatore
IN MARGINE ALL’ULTIMO SINODO
Quale ministero
I tre pastori consacrati quest
Nel « L’Eco del Chisone » del
6 agosto scorso, parlando del culto di apertura del Sinodo 1981,
F.T. si chiede se « la Chiesa valdese accetta ancora il ministero ». Se egli si fa una simile domanda, è perché a presiedere il
culto e a consacrare i tre nuovi
pastori è stato un non pastore,
un « laico », cioè un non consacrato, il che — secondo F.T. —
non avrebbe entusiasmato tutti
i pastori presenti ». D’altra parte
— egli aggiunge — « nella teologia calvinista... un fatto del genere sarebbe stato ritenuto illegittimo ». Ora, si sa, la prassi ministeriale inaugurata il 2 agosto
nel tempio valdese di Torre Pellice non è certamente in linea
con l’episcopalismo di alcune
chiese della Riforma, senza parlare della chiesa vecchio-cattolica
alla cui ecclesiologia rimane fedele — tanto per fare un esempio — il ben noto Ugo Janni anche quando chiese nel 1901 di far
parte del corpo pastorale valdese, esigendo che proprio in quell’occasione egli non fosse « riconsacrato » dato che riteneva valida la consacrazione a suo tempo
ricevuta da un vescovo vecchiocattolico di Berna (cfr. Cesare Milaneschi, Ugo Janni pioniere dell’ecumenismo, Torino, Claudiana
1979, pp. 87-88). Certo, F.T. avverte giustamente che con la designazione del « laico » a presiedere il culto di apertura del sinodo
si è voluto « sottolineare il sacerdozio universale dei credenti »,
che « la cosa... non mancava di
una sua valenza di rinnovamento
profetico », anche tenendo conto
del fatto che il predicatore scelto non era « un valdese qualunque ».
Se F.T. ha scritto queste cose
armo (foto R. Ribet)
— e lo ha fatto con viva simpatia
— è certamente perché egli sa
che la prassi inaugurata il 2 agosto rientra nella linea non solo
di molti episodi raccontati dal
libro degli Atti degli Apostoli,
ma soprattutto del valdismo medioevale. Il movimento fondato
da Valdesio di Lione fu essenzialmente laico, anche se fin dalle sue origini chiesero di farne
parte dei sacerdoti. Come chiarisce bene uno dei primi seguaci
del lionese. Durando di Osca, ritornato poi nel girone della Chiesa romana, vi era tra gli iniziatori del movimento la consapevolezza che quel che contava era
la chiamata diretta di Dio, la vocazione personale, la quale, se
riconosciuta dai membri del
gruppo, veniva senz’altro considerata come un mandato, che
non aveva bisogno di alcuna ulteriore consacrazione. E’ proprio
quello che leggiamo nell’opera di
un famoso polemista cattolico
della prima metà del secolo XIII,
il domenicano Moneta di Cremona: ciò che più dava fastidio alle
gerarchie ecclesiastiche di quel
tempo era lo spettacolo di predicatori itineranti che annunciavano in giro il Vangelo senza essane stati preventivamente autorizzati dai vescovi locali. Moneta
ce l’ha in particolare con Valdesio: se egli non è stato consacrato da qualche vescovo, come osa
consacrare a sua volta? La risposta giunge precisa: Dio l’ha chiamato personalmente, e 1’« Universitas » dei suoi fratelli in fede ha riconosciuto la sua vocazione (cfr. Giovanni Gönnet, Le
confessioni di fede valdesi prima della Riforma, Torino, Claudiana, 1967, pp. 72-73).
Giovanni Gönnet
DALLE CHIESE
Torino: a contatto col risveglio
Estate. Si pensa sia un periodo fiacco, in cui non è possibile
impostare iniziative di grande
respiro. Ma il movimento « Cristo è la risposta » viene a chiederci Fuso del tempio di Corso
Vittorio, in luglio, per una campagna di evangelizzazione. Come
si potrebbe rifiutare? Come pastori valdesi a Torino, cerchiamo
di alternarci, compatibilmente
con gli altri impegni, nelle serate che si susseguono.
Forse c’è meno evangelizzazione di quanto si sperasse, certo
c’è una presenza, man mano crescente, delle chiese evangeliche
« indipendenti » della zona torinese.
Un « risveglio » quindi, più che
una evangelizzazione?
Può darsi; ma, al di là delle
etichette, e dei contenuti talvolta
discutibili, talvolta elementari e
un po’ schematici, una grande
volontà di servire il Signore, di
non lasciare senza adempimento il comandamento della missione.
Contemporaneamente, in un’altra parte della città, il movimento « La Buona Novella » ha alzato la sua tenda in una delle tante piazze della mezza periferia
cittadina. Questi fratelli, guidati
dal predicatore Candelini, ci hanno chiesto di poter usufruire, dal
prossimo autunno, dei locali della Chiesa Valdese della barriera
di Milano, in Via Nomaglio. Intanto, hanno chiesto al pastore
Taccia di portare un messaggio
sotto la tenda.
Si sente che qui si vuole amare
Dio più « con tutto il proprio cuore » che non soltanto « con tutta
la propria mente ». La predicazione valdese rappresenta una nota,
forse, diversa: non direi stonata.
L’irnpressione di queste due
esperienze è duplice: da un lato
sentiamo quanta distanza ci differenzia da altri fratelli; d’altro
lato sentiamo quanto siano complementari, e non a priori esclusive, queste diverse forme di adorazione e di pietà. Certo una
vigilanza evangelica è necessaria,
agli uni e agli altri, per non ridurre il messaggio a mera razionalità, da un lato, o a mera emotività, dall’altro; a non infeudarsi in utopie sociali, da una parte, o in messaggi consolatori e
di autogiustificazione, dall’altra.
Evangelizzazione
con l’inserto Eco-Luce
PADOVA — La sorella Liviana Maggiore si è unita in matrimonio presso il Municipio di
Cadoneghe con Giancarlo Rossi,
presenti uno stuolo di parenti e
amici, membri della comunità,
il Sovrintendente di circuito Carrari ed i pastori Garufi, Martelli
e Carrera nonché due preti cattolici amici degli sposi. Rinnoviamo gli auguri più sinceri.
Durante le assenze del pastore per impegni e per ferie hanno
presieduto i culti diversi membri della comunità: L. Maggiore, F. Rossi Cavazzuti, S. Guargena, U. Vedova e G. L. Giudici
del gruppo ecumenico.
Domenica 13 settembre, con
inizio alle ore 9,30, avrà luogo un
incontro del gruppo triveneto
« Fede Cristiana ed Omosessualità » con la relazione di F. Castellano su « Agape 1981 ». Il
gruppo parteciperà al culto con
la comunità alle ore 11,15 (predicazione sui testi I Re 19: 7 ;
Mtt. 11: 28-30), quindi pranzo al
sacco e proseguimento dei lavori con un incontro informale con
il pastore Grimaldi e la dott.
Liviana Maggiore. Tutti sono invitati.
Dalle ore 10 sino alle ore 11,15
davanti al tempio di corso Milano si distribuiscono copie dell’inserto della Luce « Cristiani
nella Libertà ». Nonostante il
vuoto estivo almeno una ventina di pieghevoli vengono dati ai
passanti : qualche spiegazione.
qualcuno vuole visitare la chiesa protestante, qualche chiarimento e anche... qualche rifiuto!
Presenza con i libri
LUINO — Daini al 16 agosto
abbiamo aperto al pubblico la
nostra sala di Culto per presentare la bella mostra di Umberto
Stagnaro sulle origini e la storia della Chiesa Valdese fino ad
oggi con la presentazione del libro « Pradeltorno non deve cadere ». Oltre alla mostra abbiamo
allestito anche un banco di libri
della Claudiana, che ci ha permesso anche un piccolo incasso.
Parallelamente a questa iniziativa abbiamo presenziato anche al
Festival del villeggiante sempre
con un banco di libri il 14/15/16
agosto. Un vivo ringraziamento
quindi ai fratelli e alle sorelle
della comunità che hanno dedicato giorni delle loro ferie per questo impegno che va forse al di là
della evangelizzazione perché abbiamo visto finalmente entrare
nella nostra sala di culto gente
che altrimenti non si sarebbe mai
azzardata a mettervi piede. L’interesse dei visitatori che leggevano i cartelloni era evidente, un
interesse forse mosso da cose
nuove mai viste e udite finora.
Visto il buon risultato di questa
iniziativa desideriamo quindi
proseguire ancora su questa strada che ci conduce ad un ulteriore
avvicinamento con la cittadinanza di Luino. Ripeteremo comunque questa iniziativa in occasione
del festival de L’Unità il prossimo mese di settembre in una
piazza di Luino, certi che con
l’aiuto di Dio il nostro lavoro
non sarà mai vano.
M. Zaccaro Mariani
BOLOGNA — Il 23 maggio u.s.
è deceduta, all’età di 87 anni, la
nostra sorella Maria Zaccaro ved.
Mariani. Era una delle decane
della nostra comunità e costantemente è stata una colonna della comunità stessa partecipando
sempre attivamente alla vita di
essa e per molti anni prendendo
anche parte attiva al Culto mettendo a disposizione, all’organo,
le sue notevoli doti di pianista.
Vogliamo ricordare la nostra sorella a quanti la conobbero, apprezzarono ed amarono anche al
di fuori della nostra comunità
nel più vasto ambiente dell’Evangelismo italiano. Tutta la sua
esistenza ed anche il suo trapasso ci lasciano un unico fondamentale messaggio: la Serenità.
Una serenità vissuta profondamente, attraverso tutte le non
serene e spesso dolorose traversie della esistenza, fino all’ultimo
istante, perché profondamente
ancorata ad una incrollabile Fede, ad una totale fiducia, ad un
completo abbandono nel Signore.
3
4 settembre 1981
HA CONCLUSO L’ESISTENZA NELLA SUA ECUMENE A 72 ANNI
RICORDO DEL PASTORE MARIO S BAFFI
Maifolbaff;'
Un uomo d’azione
Mario Sbaffl era un pastore di
calda e limpida fede cristiana,
impegnato senza riserve nel suo
ministero. Però al ministero era
arrivato attraverso un itinerario
inconsueto, specie per un figlio
di pastore, come lui. In gioventù, era stato marinaio e solo in
un secondo momento aveva scoperto in sé la vocazione al pastorato. Neanche a farlo apposta,
divenuto pastore nel 1933, fu
mandato quasi subito in una
città di marinai come è La Spezia e vi restò per quasi dieci anni, in capo ai quali fu richiamato nella Marina a causa della II
Guerra Mondiale. Non è strano
che conservasse qualcosa di marinaresco anche nell’età matura,
a cominciare da una caratteristica abilità nello sbrogliarsela in
qualunque situazione e nel fare
qualsiasi lavoro con le proprie
mani. Ma forse derivarono dalle
sue esperienze giovanili anche
quel coraggio pacato davanti ad
ogni sorta di rischi e quella resistenza formidabile alla fatica e
ai disagi, che erano tanta parte
della sua personalità e del fascino che essa esercitava su tanti.
Meditata coerenza
Era un uomo forte: un uomo
d’azione. Ma anche se non era
gran che tagliato per il difficile
gergo dei teologi, non era un facilone, portato ora qua ora là
dal primo vento che soffi. Anzi,
la sua vita è una lezione di meditata coerenza dagli inizi del
suo ministero nella Chiesa Metodista Wesleyana fino agli ultimi
sviluppi. La Chiesa Metodista
Wesleyana era cosa modesta: un
venti-venticinque chiesette con
una popolazione di un due-tremila anime in tutto. Però a quel
tempo aveva tra i suoi dirigenti
dei pastori di tutt’altro che modesto livello, anche sul piano intellettuale. Tanto per fare qualche nome soltanto, basta ricordare Emanuele Sbaffi, il padre
del nostro Mario, Giovanni Ferreri, Riccardo Borsari, Ludovico
Vergnano e l’antico deputato socialista Dante Argentieri. Aveva
avuto docenti alla sua scuola
teologica Ernesto Buonaiuti e il
filosofo mazziniano Della Seta,
anch’egli ex-deputato al Parlamento. Aveva dei laici come Duilio Bossi, Carlo Zarotti, Jacopo
Lombardini, Ferdinando Geremia. In quel piccolo mondo antico wesleyano di allora c’erano
pertanto un livello di cultura
tutt’altro che spregevole e una
dialettica abbastanza vivida tra
posizioni ideali diverse. Mario
Sbaffi, proprio perché era un
pastore tanto impegnato, visse
intensamente il clima spirituale
della sua chiesa e ne trasse degli
insegnamenti, cui restò sostanzialmente fedele durante tutto il
corso della sua vita.
Scelta delia vera
italianità
Il metodismo wesleyano era
stato importato in Italia da un
missionario inglese Henry Piggott. Ma per quanto fosse un missionario straniero, Piggott aveva
puntato risolutamente sulla formazione di un’opera radicata del
tutto nella realtà italiana e senza sentore alcuno di pio colonialismo. Inoltre, aveva sempre pensato che per raggiungere questo
fine occorreva utilizzare al possibile quanto di buono potesse
offrire l’Italia in fatto di cultura
religiosa. Dopo la morte di Piggott, però, e l’avvento del fascismo, da questa dialettica tra rapporti col metodismo britannico
e strenua ricerca di italianità culturale erano spuntati interrogativi non facili. L’italianità cui ci
si intendeva riferire era quella
del regime littorio trionfante oppure queiraltra cui appartenevano gli sconfitti dalla « rivoluzione » fascista? La risposta che
prevalse in casa wesleyana traspare dai nomi stessi che abbiamo fatto or ora: antichi esponenti repubblicani o socialisti,
come Argentieri, Della Seta, Lombardini, oppure un eretico della
forza di Ernesto Buonaiuti od un
reduce dal confino come Ferdinando Geremia erano gente che
« scottava ». E « scottavano » non
meno certe amicizie con ambienti dell’opposizione intellettuale,
di cui erano tramite le Associazioni Cristiane dei Giovani (A.C.
D.G.), con le quali altresì collaborava allora Mario Sbaffi. A
quel tempo, il fascismo sembrava intramontabile: neanche i suoi
più strenui avversari ne prevedevano il crollo a distanza non
lontana. Dunque certe presenze o
certe amicizie « scottanti » erano
una scuola quotidiana di umile,
silenzioso coraggio.
Apertura ecumenica
Di questo coraggio sémplice,
oer nulla sbruffone o retorico,
fu maestro ed esempio a tutti
Emanuele Sbaffi, che allora era il
più ascoltato leader dei wesleyani. Ma anche suo figlio Mario ne
seguì l’esempio costantemente:
una prova di carattere e di cristiana carità tanto più da ricordare in quanto poco o nulla motivata da ragioni di parte politica. Né allora, infatti, né più tardi Mario Sbaffi mostrò gran che
interesse per i problemi politici.
D’altra parte, anche la scelta di
vita in compagnia dei vinti, anziché nel branco dei vincitori, portava ad ancora ulteriori problemi. La Chiesa Metodista Wesleyana era pure essa un ramo dell’evangelismo risorgimentale,
spuntato fuori al tempo della
Questione Romana e dei suoi furori anticlericali. Di fatti, ancora
agli inizi degli anni trenta, i wesleyani furono protagonisti degli
ultimi conati di ribellione popolare all’egemonia clericale, avanti che la cappa di piombo clerico-fascista riuscisse a soffocare tutto sotto il suo peso: i movirnenti evangelici di Vintebbio
e di Villa San Sebastiano, su cui
l’Osservatore Romano rovesciava colonne su colonne di maledizioni, sotto un titolo veramente
di buon gusto: La Nona Bolgia.
Però lo sforzo di immedesimazione con la realtà italiana, lasciato in retaggio da Piggott ai
wesleyani, portava di necessità
ad un qualche sforzo di com
Giorgio Spini
(Continua a pag. 8)
e deU’evangelismo italiano
1962: svolta storica
« Occorre credere, credere ferrnamente che l’Evangelo che ci
è stato recato deve essere recato ad altri, che la salvezza che
ci è stata offerta in Cristo Gesù
non è una panacea per la nostra
buona pace ma è un fuoco che
deve ardere in noi, e non deve
darci tregua fino a che vi sia chi
questa salvezza non conosce, e
da questo Evangelo non ha ricevuto la parola riconciliatrice e liberatrice ».
E’ la proposta che Mario Sbaffi,
in qualità di Presidente Sovraintendente Generale, presentava
nel suo messaggio al Sinodo della
Chiesa Evangelica Metodista d’Italia, 8-13 maggio 1962, l’anno che
segna una svolta nella storia di
questa piccola formazione evangelica. Vi si coglie l’orientamento del suo ministero, della sua
stessa vita.
Questa passione per l’Evangelo
non lo ha mai portato fuori della realtà. Nello stesso messaggio
egli diceva:
« Se le nostre comunità hanno
bisogno di ritrovare il valore insostituibile del culto domenicale... debbono ritrovarlo non in
senso pietistico — e tanto meno
legalistico — ma per essere il
popolo di Dio che dopo essersi
raccolto intorno al suo Signore
ed alla sua parola, esce... per vivere questa parola ogni giorno
della settimana e per testimoniare del suo Signore negli aspetti
molteplici della vita quotidiana ».
In questo quadro, egli assegnava un ruolo di primo piano
all’azione sociale:
« La Chiesa è chiamata a predicare non solo con la parola
ma col servizio... inserendosi nella vita associata per portare nel
nome di Cristo Gesù un segno di
riconciliazione, di giustizia... dobbiamo preoccuparci di suscitare
a questo riguardo delle vocazio
ni reali... alle quali dovremo fornire gli strumenti idonei perché
tale vocazione non rimanga sterile ma rechi frutti d'amore e di
riconciliazione ».
Egli stesso si è mosso lungo
questa linea. Negli anni '50 molti della mia generazione furono
aggregati da lui nella costruzione di Ecumene che volle, appunto, come uno strumento di riconciliazione, una occasione per l’amore.
Ho collaborato con Mario Sbaffi (alle volte in dialettica, in contradditorio) sia ad Ecumene, sia
nell’allora movimento giovanile
metodista, e sia nel Comitato
Permanente della Chiesa Metodista (qui per ben 10 anni): l’ho
sempre visto teso con tutte le
sue energie alla realizzazione di
queirobiettivo che egli aveva posto, per altro, con estrema chiarezza proprio nel Sinodo del
1962:
« Questo Sinodo sarà, quasi
certamente, l'ultimo Sinodo del
Distretto italiano, ormai sulla
soglia di essere trasformato in
Conferenza autonoma. Il Sinodo
del 1961 fu un Sinodo che ci chiamò, conimossi e grati, a riguardare al passato della nostra
Chiesa, pur senza dimenticare le
responsabilità del presente e gli
impegni per il futuro (fu il Sinodo del centenario n.d.r.). Questo nostro Sinodo è un Sinodo
che ci chiama, commossi e tremebondi, a considerare con piena consapevolezza il presente ed
a guardare con senso di piena
responsabilità e consacrazione il
futuro... Vi è in noi, in questo
nostro Sinodo, lo stato d'animo
del figliuolo che dopo essere stato amorevolmente allevato, guidato, sostenuto, preparato, sta
per assumere nella vita le sue
piene responsabilità e sta per
farsi una sua casa nella quale
dovrà affrontare nuovi compiti
e responsabilità più precise ».
La mia generazione ricorda
con una certa commozione la figura di Mario Sbaffi. Il ricordo
più antico risale all’annuncio
che egli fece nel Congresso gioganile interdenominazionale di
Milano del 1951 della progettata
costruzione, nell’Italia centrale,
di un centro giovanile dal nome
allora francamente inconsueto:
Ecumene. Mario Sbaffi fu il leader del primo tentativo, a Monteluco in Umbria, che non riuscì, impedito dalla durezza dei
tempi e anche degli uomini. Colpì
la mia generazione il fatto che
questa sconfitta non scoraggiasse Mario Sbaffl ma lo spingesse
a tentare nuovamente con un
motto spesso ripetuto: Ecumene
la faremo. Il secondo tentativo
fu fatto dove ha sede attualmente Ecumene, a Velletri, e ripensandoci trent’anni dopo ci rendiamo conto che il valore del
centro di Ecumene nasce da quella sconfitta e da quella perseveranza. Il fatto di avere un centro
bello, disponibile, molto vicino a
Roma è importante sotto il profilo giovanile, culturale ed ecumenico e per vari anni Mario
Sbaffi ha lavorato con grande
tenacia aggregando una genera
Tenacia e apertura
zione di giovani, laici e pastori,
per la costruzione di questo
centro.
Un secondo momento in cui la
personalità di Mario Sbaffi si è
imposta alla mia generazione è
stata l’epoca del Congresso
evangelico. Mario Sbaffi era a
quell’epoca presidente del Consiglio federale. L’idea di tenere il
Congresso evangelico era nata
in ambienti giovanili, con ambizioni molto grandi che solo in
parte si realizzarono. Ad ogni
modo Mario Sbaffl catalizzò il comitato che preparava il Congresso evangelico del ’65, e anche
qui, quando c’erano difficoltà,
tornava la stessa frase pur in
forma diversa: il Congresso lo
faremo e anche qui si notava la
tenacia nel voler realizzare quello che era stato deciso.
A quell’epoca per molti di noi
avvenne la scoperta della grande capacità di lavoro di questa
persona. Dopo una notte di treno se ne andava in ufficio a ciclostilare, a scrivere il sermone o
andava in ospedale a visitare un
malato. Eppure non viveva con
l’attivismo febbrile che caratterizza talvolta noi uomini moderni, ma con un forte senso della
tenacia e della puntualità.
Mario Sbaffl fu dopo l’Assemblea dei 1967 il primo presidente
della Federazione delle Chiese
evangeliche; lo fu per 6 anni
dando un po’ il tono alla Federazione. Le grandi speranze del
’65 erano tramontate o ridimensionate però il lavoro venne svolto con grande metodicità. Ricordi molto chiari: i rendiconti sempre pronti in tempo, e anche una
capacità di presiedere con calma
e con fermezza.
Mario Sbaffl ebbe il tempo di
essere contestato. In particolare
venne contestato per le sue scelte
ecumeniche negli anni ’60. Molti
della mia generazione pensavano
che queste scelte ecumeniche erano discutibili e vennero discusse
proprio in sede del Consiglio della Federazione. Ricordo la calma
con cui di fronte alle nostre cri
tiche Mario Sbaffl diceva di essere pronto ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni.
Quindi anche nei momenti di dissenso pur abbastanza rilevante
non venne mai meno quel senso
di fiducia che la persona di Mario
Sbaffi ispirava. Per esempio per
giovani pastori un po’ in crisi
col loro ruolo, quest’uomo che
passava dal lavoro di presidenza
della sua Chiesa alla visita ad
un ammalato attraverso una telefonata, n il ciclostile e molte
lettere, dava Timmagine di un
ministero pastorale pieno. E
questo tra l’altro si leggeva sulla faccia delle centinaia di persone che erano presenti al suo
funerale. Mario Sbaffl ha quindi
permesso alla mia generazione di
confrontarsi con un tipo di pastorate storicamente datato ma
indubbiamente efficace. Per questo personalmente ho partecipato con grande commozione al
congedo umano che abbiamo preso da lui e mentre col passar del
tempo le nostre singolarità si
stemperano nella vita, rimane il
senso molto netto di aver ricevuto una testimonianza.
Giorgio Bouchard
La costituzione della
Conferenza italiana
Penso che questo momento
specifico del suo servizio vada
fortemente sottolineato: il suo
lavoro, il suo impegno totale per
la costituzione della Chiesa Evangelica Metodista d'Italia in Conferenza autonoma.
Ripensando a quel periodo
(per esempio ai tanti dibattiti
che facemmo per rapportare i
lineamenti dottrinali del metodismo britannico alla nostra situazione italiana: nell’atto di conferimento dell'autonomia è specificato che una chiesa autonoma è, per definizione, la naturale custode dei propri lineamenti
dottrinali e della loro interpretazione), mi accorgo, ancora di
più oggi, della validità dell’iniziativa che allora fu presa.
Mi sembra che con la forma,
anche organizzativa, di Conferenza autonoma, da una parte si volle un radicamento più profondo
della nostra chiesa nella realtà
italiana, e dall’altra si riconobbe
come un suo tratto distintivo la
esperienza di un evangelismo tipicamente italiano che essa aveva nel tempo ereditato.
Mario Sbaffi, nel suo messaggio alla prima Conferenza (4-5
ottobre 1962), si chiedeva e chiedeva a tutti noi:
« che cosa significa essere autonomi e indipendenti? ».
Rispondeva:
« Se il termine 'Conferenza autonoma ed indipendente' può
esprimere efficacemente la nostra posizione sul piano giuridico, vorrei però fosse ben chiaro
a noi tutti che la nostra nuova
posizione ecclesiastica è quella
di una chiesa che accetta di assumere la sua piena responsabilità e che vuole realizzare in maniera sempre più efficace la sua
interdipendenza con le chiese
dell'ecumene cristiana. Noi siamo quindi da questo momento
una chiesa che assume la sua
piena responsabilità. Quale? Certo, piena responsabilità amministrativa, disciplinare, organizzativa... (ma anche) responsabilità
della sua vita spirituale, della
sua testimonianza evangelica, della sua sensibilità ai compiti che
la nuova era dell'umanità, già
iniziata, richiede... ».
Mario Sbaffi ha concluso la sua
esistenza ad Ecumene (questo
tentativo giornaliero di riconciliazione e di amore): egli usava
considerarla come « casa » sua.
Pur nel nostro rigoroso rifiuto
della celebrazione dell’uomo e
delle sue opere (conosciamo i
nostri limiti, le nostre debolezze,
le nostre contraddizioni), noi lo
ricordiamo come un servitore
dell’Evangelo, che per questo
Evangelo ha speso la vita.
E benediciamo il Signore perché, nel suo amore per noi (un
amore di cui nessuno può privaici: un amore eterno), ci apre
uno spazio per amarci gli uni gli
altri, e, in questo, lare l’esperienza della vita nuova: sperimentare, fin da ora, il passaggio
dalla morte alla vita, secondo la
parola biblica: « noi sappiamo
che siamo passati dalla morte
alla vita perche amiamo i fratelli » (I Gioy. 3: 14).
Sergio Aquilante
4
4 settembre 1981
Centratità
dell’assemblea
sinodale
Dopo l'elezione della Tavola, il moderatore ha preso la parola rivolgendo al Sinodo un messaggio di cui riportiamo le
parti salienti. Egli ha iniziato con un ringraziamento al fratello Sergio Bianconi che dopo 4 anni di lavoro nella Tavola
lascia questo incarico per assumere quello dell’Ufficio legale
succedendo al fratello Giorgio Peyrot. Come già riferito sul
numero scorso, la Tavola eletta è risultata composta da Giorgio Bouchard, moderatore; Alberto Taccia vice moderatorebranco Becchino, Valdo Fornerone, Salvatore Ricciardi, Giorgio Spini e Gianni Rostan eletto per la prima volta.
Abbiamo avuto quest’anno un Sinodo faticoso ma che ha avuto il gusto di discutere e la
capacità di decidere. Gusto di
discutere: quante volte in quest’aula ci siamo affrontati con
posizioni profondamente diverse che riflettono la diversità della nostra mente, la diversità della nostra ricerca e
la pluralità di chiese cristiane
che sono ormai rappresentate in questo Sinodo e che si
sentono rappresentate da questo Sinodo. Più di una volta
nei dibattiti anche tesi, nel
confronto tra le varie posizioni dietro le quali c’era la volontà più di convincere che
non di vincere, abbiamo sperimentato come un’assemblea di
credenti possa discutere con
risultati direi irreversibili. Alcune discussioni di questo Sinodo sono tali che non potremo più affrontare gli stessi
problemi come se quelle discussioni non fossero avvenute. I nostri teologi, pastori e
profes.sori, hanno contribuito
a questo dibattito; ma direi
che tutto il Sinodo vi ha partecipato.
Il Sinodo è stato anche capace di decidere, cosa molto
importante per un’assemblea.
Abbiamo avuto problemi di
grande concretezza: il terremoto, la discussione finanziaria suirOPCEMI, il dibattito
teologico e pratico sui pastori
« locali », per citarne solo alcuni. E’ chiaro che in questo
ed altri casi abbiamo affrontato più di una volta delle
vere e proprie difficoltà. Ma
in tutti questi casi lo strumento sinodale si rivela fondamentale per la vita delle
nostre chiese. Lo strumento
sinodale è fondamentale, scioglie i problemi, cementa le
persone. Possiamo quindi uscire da questo Sinodo riaffermando a testa alta la centralità deH’assemblea nella vita
della chiesa, non solo di questa assemblea: dell'assemblea
locale, del gruppo, del circuito, del distretto, centralità dell’assemblea ad ogni livello.
Ora, se accettiamo la centralità dell’ as.semblea sinodale,
l’unità delle sue componenti
diversificate (chiese valdesi,
metodiste, libere, Firenze-Pra
to) non si fa certo con la vittoria degli uni sopra gli altri ma nel dialogo: l’unità
delle chiese si fa dialogando
tra pari e non sottoponendo
l’ecumene cristiana a miti o a
simboli.
Dopo aver ricordato, come
rovescio della medaglia di
questo Sinodo, i non pochi argomenti che hanno dovuto essere rinviati, il moderatore ha
concluso indicando alcune
scadenze che stanno davanti
alle chiese nel nuovo anno di
attività.
11 Sinodo 1982 porterà
due scadenze importanti: sarà l’ultimo Sinodo in cui le
chiese valdesi e metodiste potranno esprimersi sull’assemblea di Vancouver. All’Assemblea del Consiglio Ecumenico
delle Chiese penso dovremo
dedicare tempo e attenzione
durante l’anno vagliando e
studiando i documenti preparatori, in modo che i delegati
delle nostre chiese a Vancouver possano portare la voce
di un’assemblea e non la voce
propria. E la partita che si
gioca a Vancouver è molto
grossa: Gesù Cristo, la vita
del mondo: cosa significa come predicazione, come vita
nostra, come azione.
L’anno prossimo riferirà anche al Sinodo la commissione
di studio sul cattolicesimo romano. Anche questo è un tema centrale, su cui diverse
chiese e distretti hanno già
discusso nel ouadro di un dibattito che certo continuerà
e si allargherà durante l’anno.
E infine ricordo che il 1982
è il 450° anniversario del Sinodo di Chanforan, cioè dell’adesione alla Riforma del
vecchio movimento valdese.
Dietro allo spessore teologico
dei nostri dibattiti in questi
giorni, stava a mio giudizio la
domanda: che significa essere
dei riformati al giorno d'og!»!, ^ui in Italia e in Sudamerica. E quando celebreremo
lutti insieme il Sinodo di
Chanforan ci troveremo di
fronte a questo problema:
non già rivedere la svolta che
ha rappresentato l’adesione
nlla Riforma — ciò è fuori di
discussione — bensì discutere
come noi viviamo oggi l’appartenenza alla Riforma per
evitare il pericolo di discostarcene senza accorgercene.
___________IL DIBATTITO SULLA FACOLTA’ DI TEOLOGIA
La teologia è cosa della chiesa
Il dibattito sinodale sulla Facoltà di teologia si è condensato
in alcuni ordini del giorno che
possono sembrare ovvii o aridi
a chi non sia stato presente.
Può sembrare ovvio approvare
I operato del Consiglio, ringraziare il Sodalizio « Amici della
Facoltà », ringraziare enti, chiese
e privati che, in Italia e fuori,
hanno contribuito a potenziare il
lavoro della Facoltà stessa.
Ma questi ordini del giorno
non sono stati formali: sono venuti al termine di una discussione vivace, anche tesa, e hanno segnato non il superamento di ogni
problema, ma la solidarietà e la
fiducia reale che le nostre chiese
hanno verso questa istituzione.
Ma gli ordini del giorno più
travagliati, quelli che possono
dare un’impressione di aridità,
sono probabilmente quelli che
più incideranno nella vita prossima della Facoltà.
L’o.d.g. 52, non parla in effetti soltanto di regolamenti: la Facoltà è cresciuta; aspettative, richieste sono profondamente mutate negli ultimi decenni per studenti, professori, e fruitori in genere (biblioteca, convitto, ecc.):
struttura dei corsi, rapporto tra
studenti e professori, tra Consiglio di Facoltà e Consiglio Accademico, vanno periodicamente rivisti, ricompresi, adeguati. Ecco
quindi la necessità da un lato di
sistemare in modo coerente la figura regolamentare della Facolta, di fotografare la situazione
reale come s’è andata creando;
d altro lato, senza giungere al1 eccesso di rivedere tutto ad
ogni nuovo ingresso in Facoltà,
la necessità di tenersi aperti alle
esigenze sempre nuove che si
presentano.
Da queste varie esigenze scaturiscono anche gli altri o.d.g. di
rilievo che il Sinodo ha votato.
Si profila l’opportunità di portare da 4 a 5 il numero dei professori ordinari, facendolo così coincidere con quello delle cattedre
^ntico e Nuovo Testamento,
Teologia sistematica. Teologia pastorale, Storia della chiesa).
Se qualcuno ha chiesto ai professori rnaggiore concentrazione
sul compito tradizionale (preparazione dei futuri pastori), nessuno ha negato l’importanza dei
rapporti col mondo della cultura
e col inondo ecumenico, che sempre più impegnano i professori su fronti molteplici, spesso
porte aperte ad una presenza o
ad una testimonianza evangelica.
L o d.g. che si è votato, prudente
nella forma, rinvia di un anno la
decisione: ma il dibattito s’è
aperto ed è bene si sviluppi e
non « dorma » per un anno.
La frequenza
Il più discusso tra gli argomenti è stato probabilmente
quello che viene ripreso dalI o.d.g. 51. Non a caso, questo
o.d.g. nasce da casi concreti, da
richieste specifiche.
'Che fare quando persone adulte, già inserite in qualche modo
nel mondo del lavoro, ritengono
di dover rispondere ad una vocazione pastorale, ma non si sentono in grado di seguire l’iter normale, che prevede la frequenza
alle lezioni della Facoltà? Dei
fronti inusuali si sono scontrati
•SU questa tematica; inusuali perché non corrispondevano alle
« etichette » che, in qualche modo, spes.so ci applichiamo (vecchi e giovani, sinistra e destra,
ecc.ì. Da un lato l’esigenza di
continuare ad avere un corpo pastorale preparato, addestrato,
rendeva difficile concepire una
preparazione teologica condotta
soltanto « a casa propria », senza il confronto con altri studenti e con i professori, la dimestichezza con una biblioteca specializzata, la scuola di vita — nel
bene e nel male — che si crea nel
convivere per un arco di tempo
rilevante. D’altro lato come non
cercare di comprendere — e di
rispondere — a vocazioni maturate (per riprendere uno « slogan » del moderatore) non « nella
scuola di guerra », ma « sul campo di battaglia », certo valutando
caso per ca.so e con serietà, ma
.senza spegnere lo Spirito? L’o.d.g.
votato, forse un tantino di compromesso, rinvia alla Facoltà e
alla Tavola la predisposizione dì
Le principali delibere
Il Sinodo, ritenuto che la chiesa
deve farsi carico della preparazione di coloro i quali intendano servire come pastori ed esercitare tale
ministerio in sede locale e non siano muniti di licenza teologica conseguita nella Facoltà Valdese di
Teologia o di titolo accademico riconosciuto equipollente, ovvero non
abbiano già svolto un complesso di
studi sufficiente:
ritenuto che il « complesso di
studi sufficiente » di cui alTart. 6
lettera B del RO 3, previo giudizio
di equipollenza {unitamente all'adeguata sperimentazione e al conseguimento delia licenza teologica) abilita, unitamente alle altre condizioni
previste dal predetto articolo 6, alla
consacrazione e quindi, in presenza dell’assunzione di cui alTart. 8
detto RO 3, ail’esercizio del pastorato;
ritenuto che tale complesso di
studi sufficiente può essere predisposto dalla Facoltà di Teologia,
d’intesa con la TV;
chiede ai competenti organi della
Facoltà di Teologia ed alla TV di
provvedere in conseguenza.
(51/SI/81).
Il Sinodo, preso atto dei problemi sorti nell’applicazione del RFT e
della necessità della sua armoniz
zazione con altri testi regolamentari emanati dai Sinodi successivi
al 1975, dà mandato al CFT di predisporre per la prossima sessione
sinodale — in collaborazione con la
TV e con la CR — un articolato
completo di tutte le modifiche da
apportare. (52/SI/81).
Il Sinodo, presa conoscenza delTOdG votato il 1° luglio 1981 con cui
il Cons. di Facoltà ha espresso un
parere di massima favorevole al
progetto di portare da 4 a 5 il
numero dei professori ordinari, facendolo così coincidere col numero delle cattedre ed affidando al
quinto professore una delle due
cattedre (storia della chiesa o teologia pratica) di cui è attualmente
titolare un unico professore.
incoraggia il Consiglio a proseguire il suo lavoro in questa direzione e a portare a termine, d’intesa con il Collegio Accademico, Toiaborazione del progetto, corredandolo anche di un piano dettagliato
di finanziamento;
chiede al Consiglio di presentare
detto progetto alla TV e alle chiese in tempo utile perché una decisione al riguardo possa essere presa nel corso del Sinodo 1982.
(53/SI/81).
un complesso di studi sufficiente, e la valutazione in concreto
dei casi che si presentano.
Dietro a tutto il dibattito, è
sembrata ben viva, al di là delle
diverse posizioni emerse, la consapevolezza della chiesa tutta,
della necessità di una sana teologia, ed allo stesso tempo di un
radicamento nella situazione presente, per tutti: come ricordava
già la relazione del Consiglio
della Facoltà, concludendo con
un pensiero di Barth, « la teologia è una faccenda della chiesa... Fondamentalmente nella
chiesa non ci sono dei non teologi ». Sembra che il Sinodo abbia
preso sul serio questa indicazione di metodo.
Sergio Ribet
_______ BATTISTI METODISTI VALDESI
Un mandato alle chiese
Circa un’ora di dibattito sulla
questione dei rapporti tra Battisti Metodisti e Valdesi (la cosiddetta B.M.V.) non è molto, ma
neanche poco per un Sinodo come quello di quest’anno, carico
di problemi e questioni urgenti
da risolvere.
Non si trattava infatti di assumere decisioni diffìcili, quanto
piuttosto di fare il punto della
questione e continuare in un
cammino che sembra avere un
riscontro positivo a livello di
chiese locali. Molti interventi
hanno messo in evidenza come
la collaborazione tra B.M.V., anche se evidentemente assume
connotazioni diverse, a seconda
dei luoghi, è tuttavia un fatto
ormai entrato a far parte della
vita delle chiese con un reciproco arricchimento. Ma, come nota la Tavola nel suo rapporto
al Sinodo, « non si è ancora giunti a quella organica collaborazione pratica tra le tre denominazioni », auspicata dal Sinodo
dell’anno scorso e dall’Assemblea
Battista.
Quest’anno i membri del Sinodo hanno avuto due documenti
preparati da una Commissione
di studio nominata dai tre esecutivi: uno sul battesimo, e l’altro
sul Patto d’integrazione valdometodista. Col primo s’intende
compiere un raffronto tra le varie comprensioni del battesimo
presenti nelle chiese battiste, metodiste e valdesi e giungere così a
comprendere se veramente il
battesimo sia un punto di divisione insormontabile tra le tre
denominazioni, oppure no. Col
secondo si intende portare a conoscenza, e non solo dei battisti,
« la natura, la portata e il contenuto del Patto di integrazione»,
non già per allargarlo alle Chiese
battiste, quanto piuttosto per
presentare un metodo di lavoro
che si è rivelato particolarmente valido. Come dice il documento: « Detto Patto rivela uno spirito di cooperazione unitaria che
può essere suscitatore di altri in
contri bilaterali con altre diverse
confessioni nei quali potranno
essere realizzate istanze ecumeniche parallele con modalità
e forme diverse, adatte alle situazioni cui dovranno provvedere ».
Il Sinodo quest’anno non poteva e non doveva far altro che
esprimere la propria approvazione per quanto fatto dai tre esecutivi e nello stesso tempo inviare e raccomandare alle chiese lo
studio dei due documenti. Saranno infatti le Chiese che dovranno pronunciarsi, sia sulle questioni di fondo, sia su quelle di
metodo.
Le Chiese dovranno far pervenire alla Tavola le loro risposte
entro il 31 germaio p.v., affinché i
dati elaborati possano giungere
in tempo utile per l’Assemblea
primaverile dell’Unione delle
Chiese battiste.
L’approvazione pressocché plebiscitaria (111 sì, nessun no, 1
astenuto) col quale è stato approvato l’ordine del giorno relativo esprime senza dubbio il
profondo desiderio che la ricchezza della testimonianza, della
fede e della storia delle tre denominazioni diventi anche in modo visibile un patrimonio comune.
Luciano Deedato
Il Sinodo ringrazia gli esecutivi
battista, valdese e metodista e la
Commissione da essi nominata per
i due documen'i presentati all’attenzione delie chiese;
approva il modo con cui sono
stati mantenuti i contatti e le informazioni recìproche durante l'anno trascorso;
invita le chiese ad approfondire
anche sul piano locale i loro rapporti di collaborazione e ad esaminare (se possibile congiuntamente)
i nuovi documenti;
dà mandato alla TV di avviare la
ricerca di momenti operativi co,munì ivi compresa la collaborazione
tra i servizi tecnico-amministrativi.
5
4 settembre 1981
UN INTERO POMERIGGIO DEDICATO ALLA CIOV
Gli Istituti ricevono al Sinodo
l’attenzione che meritano
« Finalmente, dopo tanti anni,
si è discusso approfonditamente
in Sinodo sulla CIOV ». Con queste parole al termine del dibattito esprimeva la sua soddisfazione un membro della Commissione Istituti Ospedalieri Valdesi.
E’ vero, il Sinodo ha speso un
intero pomeriggio sull’argomento; ma troppe erano le « bombe »
che erano state portate in aula
perché il Sinodo potesse permettersi di ratificare semplicemente,
e dopo breve dibattito, le decisioni della Conferenza del I Distretto. Elenchiamole:
1) Lo scorporo dell’Asilo di
San Germano,
2) Lo sciopero del personale
al Rifugio « Re Carlo Alberto »,
3) Il progetto di ristrutturazione degli ospedali di Torre Pellice e di Pomaretto,
4) Le dimissioni in blocco di
tutta la Commissione degli istituti ospitalieri valdesi.
Scorporo
Erano anni che la CIOV manifestava la volontà di « lasciare
libero » l’Asilo di San Germano
di camminare con le sue gambe;
ma sempre Conferenze distrettuali e Sinodi avevano chiesto
alla CIOV di rimandare perché
si temeva che l’Asilo, da solo,
non ce la facesse ad andare
avanti. Quest’anno la CIOV si è
presentata più decisa; « Non ce
la facciamo — ha detto più volte il presidente — a mandare
avanti degli istituti così diversi
come sono gli ospedali, il Rifugio
e l'Asilo. E’ meglio che l’Asilo si
muova autonomamente, diretto
da una commissione tutta per
lui, che cerchi fondi, che crei iniziative e che, in una parola, gestisca direttamente quest'istituto ».
Il Sinodo ha accolto questa proposta, che di fatto è già operativa da un anno; ma dal dibattito
è emerso quanto sia urgente che
anche questo genere di istituti
si dia una forma di collegamento, in modo che i problemi comuni possano venire risolti in
modo organico e coordinato.
Sciopero
Valutazioni molto diverse sono
state date all’episodio dello sciopero del personale del Rifugio.
C’è chi vi ha visto la dimostrazione del fatto che l’ingresso del sindacalismo nelle nostre opere porta alla morte della Chiesa, o
quanto meno del diaconato al suo
interno.
C’è chi vi ha visto la fine del
mito populistico-sindacale in cui
la Chiesa è vissuta per un certo
tempo. Ma soprattutto è stato
partendo da questo episodio che
si è vista la necessità di riprendere con serietà il discorso del
volontariato. « Le Chiese — ha
detto la Commissione d’esame —
non devono sentire la spinta al
lavoro volontario nei nostri istituti soltanto per rispondere a
dei momenti di emergenza. Questo aspetto del lavoro della Chiesa deve invece essere programmato e propagandato perché diventi una costante nelle nostre
opere ». Su questa idea insiste
con forza il presidente della
CIOV: «La proposta del volontariato, del servizio diaconale,
non risponde soltanto ad una necessità finanziaria, ma vuole porre in piena luce l’aspetto della
azione della Chiesa verso i minimi. Questo significa che, al limite, tutte le opere della Chiesa
dovrebbero reggersi sul solo la.
voro volontario poiché questo è
il modo in cui la chiesa partecipa al lavoro delle sue opere.
Oggi — prosegue l’ing. Messina
stanno uscendo delle leggi che
riconoscono le associazioni di volontari e dunque molti ostacoli
possono così essere superati; una
cosa però deve essere chiara, che
a pieno tempo o part time il lavoro volontario non può essere
un fatto estemporaneo o il gesto
generoso di un momento, bensì
un impegno costante ». Su questo tema da anni il discorso è
aperto nella nostra chiesa ed il
pastore Taccia, che fin dall’inizio
ne è stato uno dei promotori, ha
ricordato alcune proposte della
commissione diaconale, ma soprattutto — ha detto — diaconato non deve significare sfruttamento.
Ristrutturazione
Terzo argomento in discussione era il progetto di ristrutturazione degli ospedali di Torre Pellice e di Pomaretto. NelTillustrarlo nelle sue grandi linee, il
presidente della CIOV ha spiegato come l’inserimento dei nostri
ospedali nei piani di programmazione sanitaria della Regione, se
da un lato ci dà la sicurezza di
essere inseriti in un quadro di
intervento, d’altro lato ci impegna moralmente a fornire agli
utenti un servizio qualitativa
Importanti trasformazioni
Il Sinodo, considerata la permanente necessità dei nostri istituti
di avere dalle chiese contributi di
lavoro e di doni,
riaffermata la necessità della testimonianza evangelica espressa
nell'assistenza ai più deboli
invita la TV, la CIOV e le chiese ad informare i membri delle comunità su queste necessità ed a
ricercare le forme più idonee ad
utilizzare ogni forma di collaborazione (43/SI/81).
Il Sinodo, considerata la situazione dell'Asilo di S. Germano Chisone quale è stata esposta dalla
CIOV e dalla CdE, ritenuta l'opportunità che si provveda alla gestione
autonoma dell'Istituto, preso atto
della manifestata disponibilità della CIOV a collaborare per l'inizio
e l'impostazione della nuova gestione, in particolare circa le prospettive economiche, chiede alla TV di
nominare un co.mitato per la gestione dell'asilo a partire dal 1"
gennaio 1982. (44/SÌ/81).
Il Sinodo, sulla base delle proposte congiuntamente presentate dagli ospedali di Torino, Pomaretto e
Torre Pellice circa l'integrazione
funzionale dei servizi amministrativi,
pur riconoscendo che la piena attuazione del progetto è condizionata all'approvazione legislativa delle
intese con lo Stato Italiano, dà
mandato alla CIOV e al Concistoro
della Chiesa di Torino, di procede
re alle iniziative concrete già possibili riferendo sui risultati nella
prossima sessione sinodale.
(45/SI/81).
Il Sinodo, in vista delle trattative
con le autorità sanitarie regionali
e locali per la stipulazione di convenzioni che inquadrino l'inserimento delle attività degli stabilimenti di
ricovero nel piano socio sanitario
pubblico, riconoscendo che a tale
scopo sono necessari urgenti finanziamenti in particolare per gli Ospedali di Pomaretto e Torre Pellice
invita la CIOV in collaborazione
con la TV a elaborare un piano di
copertura da presentare alla prossima sessione sinodale che tenga
conto delle reali possibilità contributive delle chiese italiane e delle concrete possibilità di aiuto degli evangelici all'estero. Per quanto
riguarda inoltre l'ospedale di Torre
Pellice particolare cura dovrà essere dedicata alla sistemazione dei
degenti dell'attuale reparto psicogeriatrico. (46/SI/81).
Il Sinodo, chiede alla CIOV di
potenziare nei confronti delle chiese
e dell'ambiente esterno l'informazione sulla propria attività e sulla
vita degli istituti da essa gestiti,
avvalendsi sia degli organi ecclesiastici di stampa sia sollecitando
le chiese a promuovere speciali assemblee informative (con l'eventuale presenza di un membro della
CIOV) intorno ai problemi dei singoli istituti. (47/SI/81).
mente ineccepibile. Questo fatto
implica un ampliamento e un
ammodernamento di quello di
Torre: il vecchio padiglione psichiatrico viene completamente ristrutturato per poter fornire
l’ospedale di un numero maggiore di posti letto. Costo: circa
due miliardi. A questi si aggiungano circa cinquecento milioni
previsti per Pomaretto e le spese
necessarie per la ristrutturazione
radicale ormai urgente del Rifugio e si avrà l’immagine del pesante impegno che sta di fronte
alla CIOV per i prossimi anni. Si
avrà però immediatamente dinanzi anche la percezione di che
cosa significhi oggi, per la Chiesa, gestire delle opere. E’ mia impressione che queste, di fatto,
stiano sfuggendo di mano alle comunità. L’ospedale, l’Asilo non
sono più ciò che erano vent’anni
fa, una realtà tutto sommato vicina alla gente del posto, ma sono diventati una macchina talmente complessa da vivere necessariamente di vita autonoma
e, dunque, staccata dalle chiese.
Dimissioni
L’ampiezza e la complessità di
questo lavoro sta anche alla base delle dimissioni presentate
dall’intero comitato. Qualcuno si
è chiesto se qui non si trattasse
di una « soavissima forma di ricatto, o di un altrettanto soave
tentativo di coinvolgere le chiese
nel lavoro delle opere ». Giriamo la domanda al presidente
della CIOV; « Non si tratta di un
gesto clamoroso — ci dice l'ing.
Messina —, quanto piuttosto di
una dimostrazione di disponibilità. La CIOV è sempre stata vista
come una roccaforte, chiusa e
inamovibile. Ora, da qualche anno noi cerchiamo di aprirci il
più possibile al dialogo. Le dimissioni vogliono essere la dimostrazione di questa nostra apertura. La CIOV si dichiara disponibile ad essere distrutta e completamente rifatta. Vi è poi un
risvolto tecnico — precisa ancora ring. Messina — visto lo scorporo dell'Asilo di San Germano,
alcuni componenti della CIOV,
dovranno andare a formare il
nuovo comitato dell’Asilo. Ecco
l’occasione per introdurre elementi nuovi, soprattutto un pastore, di cui la CIOV richiede da
tempo la presenza, se possibile a
pieno tempo ».
Quando parlo con Ting. Messina è il venerdì pomeriggio, datante le elezioni. I nomi proposti
sono quelli degli anni passati ed
io gli chiedo come interpreterebbe una rielezione. « La rielezione
— mi risponde — darebbe nuova
spinta alla CIOV: sarebbe il segno che la strada intrapresa è
quella giusta ».
Paolo Ribet
L Asilo di S. Germano avrà dal 1° gennaio ’82 una gestione autonoma curata dalla Tavola.
IL MESSAGGIO DI UN VALDESE SUDAMERICANO
Radiografia rioplatense
Al prof. Marcelo Dalmas, che è alle Valli per un anno di studio,
impegnato nella traduzione de « I Valdesi » di G. Tourn (che sta arricchendo di un’appendice sulla storia valdese del Rio de la Piata), il
Seggio del Sinodo ha dato la parola per un messaggio non ufficiale
ma non per questo meno significativo. Ne trascriviamo l’essenziale.
Parlare oggi delle Chiese del
Rio de la Piata significa far riferimento ad un periodo di crisi,
se intendiamo crisi trovarsi sottoposti ad un giudizio. Per alcuni
questo giudizio è dettato dai criteri di una società che si divide
tra rinnovatori e conservatori.
Ma per altri, per noi, alla luce
della Parola di Dio, il giudizio
è di Dio e ci raggiunge tutti nella
medesima misura. Ed è alla luce
della Parola e sotto il giudizio
di Dio che dobbiamo imparare
cosa è e cosa deve fare la chiesa.
Due vie sembrano oggi esser
sbarrate: la conservazione di ciò
che si è voluto ritenere inalterabile e la costruzione di ciò che
si è voluto fondare su tanti messianismi. Ed è da questa duplice
crisi che scaturisce il problema
della chiesa. In questa situazione noi dobbiamo trovare un discorso profetico ma tale esso sarà solo se, provenendo dai rinnovatori, sarà rivolto alla chiesa nella denuncia del culto di
Mammona e se, provenendo dai
conservatori, si dissocierà da
questo culto idolatrico e dirà a
quanti vogliono la distruzione
della chiesa: date a Cesare quel
che è di Cesare e a Dio quel che
è di Dio. Il liberalismo infatti ci
ha dato l’opportunità di diventar
padroni di una proprietà privata fine a se stessa. Ha forse dato
con questo un contributo alla
chiesa? Anzi: ha allontanato Cesare dalla signoria di Dio. E così il socialismo egualitario darà
un suo contributo alla vita della chiesa se sapremo vivere lo
spirito comunitario della chiesa
apostolica; non già se noi aspetteremo di veder realizzato nel
quadro del potere coercitivo
di Cesare quello che la chiesa
non ha saputo realizzare.
Guardando la situazione in
cui viviamo dall’angolo visuale
del potere, la nostra alternativa
è molto chiara: o il potere del
Signore e la sua chiesa, o il potere di Cesare, non importa di
che panni sia rivestito. E nel
mezzo di questo contrasto di poteri, noi siamo volti a stabilire
la prassi di quei « poveri di Lione » o « poveri lombardi » che
predicavano l’evangelo da cui
prendevano origine comunità che
non erano né guelfe né ghibelline. La nostra chiesa deve prepararsi ad essere comunità in mezzo ad una società che si dice
cristiana ma che è sotto un potere che usurpa il potere del suo
Signore, o in mezzo ad una società secolarizzata che viva sotto
un potere rivestito con la più
bella delle utopie.
La nostra chiesa vive la drammaticità della sua crisi a partire
da una prassi che appartiene alla sua particolare ecclesiologia
e che le ha riproposto il tema
della sua identità. In un momento preciso noi valdesi del Rio
de la Piata siamo stati posti di
fronte alla sfida del rimanere
uniti nello spirito dell’art. 5 della nostra Disciplina '. E abbiamo risposto con una prassi ecclesiologica specificatamente valdese, ciò che costituisce il nostro
contributo alla ricerca ecumenica. E d’altra parte questo articolo è una pietra di scandalo per
certo ecumenismo che rifiuta la
particolarità perseguendo un
concetto di unità che mutila la
storia della chiesa in uno dei
suoi momenti più decisivi. Per
questa ragione la nostra scelta
come valdesi potrà far sì che
Valdo e le sue comunità conti
nuino ad essere fonte di eresia o
continuo richiamo al fondamento apostolico; oppure, la scelta
di altre chiese sorelle, se prevarrà, farà sì che l’ecumenismo
si trasformi in un nuovo cattolicesimo di stampo costantiniano impedendo al valdismo di ritrovare la sua identità in un tale
ambito.
Non si pensi che stiamo idealizzando la nostra chiesa: non
intendiamo la chiesa come effetto di una idealità contrapposta
alla realtà. Tra ciò che è e ciò
che dovrebbe essere, chi voglia
capire il senso del valdismo deve farlo nello spirito dei profeti.
Certo nell’immagine del profeta
Ezechiele noi valdesi del Rio de
la Piata siamo un mucchio di ossa secche. Ma se non recupereremo muscoli con la Parola di Dio,
invano ci rivolgeremo ad altri
corpi che presentino muscoli,
perché si tratterebbe di corpi
senza lo spirito di Jahwé.
La vostra realtà è diversa dalla nostra, ma il valdismo è uno
solo. Nella Parola di Dio dobbiamo dunque mantenere la nostra unità secondo la parola di
Valdo secondo cui è necessario
ubbidire a Dio prima che agli
uomini. Questa parola significava allora predicare l’evangelo
per seminare e edificare la chiesa in mezzo ai poteri di questo
mondo. E questa eredità, che per
noi come minoranza storica si
chiama valdismo, è evangelo per
tutti quanti nella tradizione degli apostoli.
Marcelo Dalmas
(1) L'autore fa riferimento alTindipendenza con cui tempo fa la sessione
sinodale rioplatense confermò la Mesa
vaidense nei suoi membri malgrado segnali governativi che indicavano l’opportunità di un cambiamento, riconoscendovi una concreta applicazione
dell’articolo della Disciplina valdese
che .stabilisce i principi del rifiuto di
ogni jrrivilegio e di ogni ingerenza
estranea nella vita della chiesa (n.d.r.).
6
4 settembre 1981
ALLE VALLI OGGI
__________cronaca delle valli
« GIORNATA DELL’ECO DELLE VALLI VALDESI « A TORRE PELLICE
Passione Una riuscita iniziativa
anziché
laurea
Il 21° Convegno di Studi sulla
Riforma ed i movimenti religiosi
in Italia ha avuto luogo la scorsa
settiniana a Torre Pellice. Sono
ormai molti anni che questa iniziativa della Società di Studi
Valdesi ha luogo nella « Ginevra
Italiana » ma non si può dire abbia avuto mai grande successo;
il pubblico, qualificato ed attento, non è mai molto numeroso e
le assenze da parte di tutta l'intellighenzia valligiana sta ad indicare lo scarso interesse per questa iniziativa.
Vi sono probabilmente in questo due motivi (oltre naturalmente alla pigrizia endemica
dell’intellighenzia che merita un
discorso a sé): la noia della sto.
ria e la paura della storia, quando si dice « fare storia » si pensa ai tempi lontani e si pensa
ad una attività di cervelli fini,
che richiede grande impegno e
molta preparazione. Per « fare
storia» bisogna amare le cose
vecchie e bisogna aver studiato.
Dobbiamo batterci perché queste idee, sbagliate, siano superate e soprattutto perché siano superate nell’ambito della nostra
storia valdese.
Studiare la storia valdese non
vuol dire infatti occuparsi soltanto di persecuzioni lontane o
di personaggi dimenticati, vuol
dire anche occuparsi di cose molto più vicine a noi. Non a caso
una giornata del nostro Convegno è stata dedicata ai problemi
della nostra storia recente: la prima guerra mondiale, il Fascismo,
Agape; non si è trattato di un errore o di un accorgimento tattico ma di una scelta motivata: la
vicenda della chiesa valdese sotto il Fascismo è già storia. Certo non è tutta la storia valdese
e molte cose del passato più lontano meritano di essere studiate
ed esplorate, ma occuparsene è
« fare storia ».
In secondo luogo « fare storia »
non significa avere studiato anni ed anni ed avere una laurea.
Chiunque abbia un po’ di buona
volontà e di pazienza può contribuire a scrivere la storia ( ed in
questo caso penso in particolare alla storia valdese).
Faccio riferimento ad un caso
preciso: un amico di Prarostino
ha molto saggiamente salvato
dalla distruzione in una vecchia
casa una quantità di vecchi libri,
giornali e lettere e li ha offerti
alla nostra Società. Molto bene.
Ma può fare molto di più, gli
ho detto, può fare opera storica.
Facendo l’elenco di tutto ciò che
ha trovato, mettendolo in ordine
cronologico, facendo il quadro
della famiglia che lo ha posseduto può dare la fotografia di una
famiglia valdese di Prarostino
dal 1910 al 1960 che diventa un
documento di storia; esso permetterà domani di farsi una idea
più chiara di cosa pensavano e
leggevano davvero i valdesi (o
alcuni di essi) in questi anni.
Questo fratello, operaio, senza
studi particolari farà la storia
altrettanto quanto un professore
di Università. E lo farà bene perché ama il suo mondo. « Fare
storia » non è questione di scienza ma di passione.
Giorgio Toum
Comunità Montana
Val Pellice
Concorso pubblico
Presso la Comunità Montana
Val Pellice è indetto pubblico
concorso per titoli ed esami per
un posto di applicato — con scadenza per la presentazione delle
domande al 9.9.1981.
Per accedere al concorso occorre:
— licenza di scuola media inferiore;
— capacità di scrivere a macchina;
— età tra i 18 e i 35 anni.
Per maggiori informazioni rivolgersi alla Segreteria della Comunità Montana (sede: Torre
Pellice - Piazza Muston 3, telefono 91514/91836).
per promuovere il giornale
Notevole l'afflusso durante la giornata malgrado gli scrosci d’acqua.
La sera la Casa valdese non ha potuto contenere tutti gli intervenuti
L’idea di dedicare una giornata al nostro giornale — realizzata a Torre Pellice l’8 agosto — è
nata da alcune risposte al questionario inviato ai lettori qualche tempo fa, ed è stata raccolta
dal gruppo evangelizzazione di
Torre Pellice che ne ha parlato
con i redattori dell’Eco-Luce, i
quali hanno accolto favorevolmente la proposta. Si volevano
raggiungere precipuamente i seguenti obiettivi: stimolare l’interesse per il giornale in chi non
lo conosceva ancora e riavvicinare ad esso chi lo conosceva
ma l’aveva progressivamente trascurato per precise motivazioni,
quali la difficoltà del linguaggio
o la carenza di spazi dedicati alla
cronaca locale, motivazioni che
allo stato attuale delle cose risultano ingiustificate; organizzare,
in occasione della giornata, un dibattito su un argomento di attualità con la partecipazione di un
cattolico, di un protestante e di
un laico; promuovere una sottoscrizione a premi a favore del
giornale.
Nelle intenzioni del gruppo
promotore la giornata doveva
avere un carattere principalmente culturale; pertanto nel giardino di piazza Muston, dove si è
svolta la manifestazione, sono
stati allestiti vari stands per illustrare l’attività di Agape, che
quest’anno celebra i suoi trenta
anni di servizio, della Società di
Studi Valdesi nel centenario della sua fondazione, delle Chiese
Valdesi del Rio de la Piata, e dell’Eco-Luce. In questa occasione è
stata curata la ristampa del primo numero dell’Echo des Valides, pubblicato il 13 luglio 1848,
iniziativa che è stata molto apprezzata. Era anche presente con
un banco-vendita la Casa Editrice
Claudiana.
Per dare una panoramica più
completa della vita culturale delle nostre Valli è stata richiesta
la partecipazione di artisti locali che con la loro adesione hanno
permesso l’allestimento di una
mostra pittorica, e di artigiani
che hanno esposto numerosi lavori in legno, stoffa, pelle, ferro
battuto; erano anche presentati
oggetti prodotti in una locale
scuola di pittura su ceramica.
Ha destato interesse la mostra
fotografica ispirata ai temi:
« Considerate la roccia onde foste tagliati» (Isaia 51: 1) e «Il
ieri e
bambino in Val Pellice,
oggi ».
Il programma della giornata
ha compreso l’illustrazione, da
parte di uno dei membri delia
redazione dell’Eco-Luce, dei problemi e delle prospettive del giornale, e la presentazione, fatta
dal prof. Marcelo Dalmas, della
situazione della Chiesa Valdese
nell’ Argentina e nell’ Uruguay;
gradito è stato l’intermezzo musicale offerto dai Trombettieri
del Baden.
Molto frequentato dal pubblico, abbastanza numeroso malgrado il tempo poco favorevole,
è stato il buffet, che ha funzionato ininterrottamente. E una
nota di colore ha costituito la
preparazione dell’« asado criollo » (carne cucinata alla maniera
dei gauchos del Rio de la Piata),
particolarmente apprezzato dagli
intervenuti.
La giornata si è conclusa con
una Tavola rotonda sulla « Questione morale » (che sarà riportata sul prossimo numero, n.d.r.)
con la partecipazione di Gianni
Baget Bozzo, Wladimiro Zagrebelski e Giorgio Spini a cui ha
assistito alla Casa valdese un foltissimo pubblico e a cui non pochi hanno dovuto rinunciare per
mancanza di posti.
Nel complesso ci sembra che
l’iniziativa sia stata del tutto positiva: il pubblico ha dimostrato
un sensibile interesse per la manifestazione, di cui ci auguriamo
abbia capito gli intenti.
E’ senz’altro doveroso esprimere viva riconoscenza innanzitutto al gruppo promotore della manifestazione, ed anche alle numerose persone che hanno in vari
modi contribuito alla sua realizzazione. Abbiamo appreso con vivo piacere che la sottoscrizione a
premi a favore dell’Eco-Luce ha
fruttato la somma di L. 1.768.000.
Il gruppo promotore lancia
l’idea che la giornata dell’Eco
sia ripetuta l’anno prossimo, non
di nuovo a Torre Pellice, ma,
per esempio, nel secondo circuito perché sia possibile raggiungere un pubblico diverso. Qualcuno raccoglierà tale proposta?
A.R. e L.R.
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Numeri estratti
Elenco dei numeri vincenti dei
biglietti della sottoscrizione a
premi «Pro Eco delle Valli»
estratti l’8 agosto 1981, dal 1» ai
50" premio.
N. 22, vince il
2" premio 2476,
4" premio; 1584
225; 1811; 172;
5634; 6005; 2320
2300; 1448; 1508;
213; 2018; 2370;
1818; 989; 1982;
398; 283; 1629;
2286; 2492; 55141356; 5701.
1" premio; n. 148
3° premio; 2774
5° premio; 2668
1038; 403; 2653
: 2407; 505; 865
2116; 1867; 2099
756; 2314; 5595
139; 1348; 118
506; 2373; 1750
1391; 2245; 5007
I possessori dei biglietti vincenti che non ritireranno i premi
entro il mese di settembre saranno considerati rinunciatari.
MOSTRA A PEROSA
Il lavoro
in montagna
L’agosto perosino è sempre periodo di manifestazioni folcloristiche, sportive e religiose di vario tipo, in concomitanza col periodo delle ferie e della festa del
patrono della locale parrocchia
cattolica. Anche quest’anno hanno avuto luogo i tornei di bocce,
la gara di pesca, le manifestazioni religiose ecc. Vorremmo segnalare in modo particolare la
mostra sul lavoro in montagna,
organizzata dalla Pro-Loco, nei
locali delle Scuole Elementari.
La prima parte della rassegna
presentava alcuni vecchi attrezzi
tipici, in parte non più in uso:
un aratro di legno, un ventilatore per la pulitura del grano e
della segala con ingranaggi in
legno, ventilatori a scuotimento,
forconi in legno, attrezzi da ciabattino.
Vari artigiani e commercianti
della zona hanno avuto modo di
esporre i loro prodotti, per cui,
accanto a moderni equipaggiamenti sportivi prodotti dall’industria, si potevano anche vedere — e acquistare — prodotti
in cuoio, in legno intagliato, in
ferro battuto e prodotti agricoli,
alcuni dei quali ottenuti con tecniche nuove ed ecologiche adottate nella lotta contro i parassiti.
Nei corridoi ed in alcune aule
abbondava, poi, il materiale fotografico di vario tipo, volto a
documentare sia lo stato di degrado in cui si trovano varie
strutture delle Valli alpine, sia
gli sforzi fatti per la salvaguardia della cultura e dell’ambiente
montano. Non mancava la mostra-vendita di pubblicazioni sulla storia e sulle attività della
montagna. Gli Enti pubblici hanno partecipato esponendo una
documentazione sui vari aspetti
del loro lavoro per la montagna
e in particolare per le Valli Chisone e Germanasca.
Una mostra organizzata, dunque, grazie alla collaborazione di
molti volontari, con strumenti
modesti, ma di indubbio interesse.
Claudio Tron
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4 settembre 1981
CRONACA DELLE VALLI
ASSOCIATION D’ETUDES DU LUBERON
CON UN TEMPO PROIBITIVO
I valdesi medioevali Incontro al Colle della Croce
Se la Società di Studi Valdesi
ha in programma molte manifestazioni per la celebrazione del
suo centenario, la sua più giovane consorella Association d’Etudes Vaudoise et Historiques du
Luberon è altrettanto attiva secondo quanto leggiamo sia sul
suo bollettino trimestrale « La
Valmasque » sia sui programmi
delle singole manifestazioni. A
questo proposito va segnalata la
« Journée d’Etudes » che si è tenuta a Manerbe il 4 luglio 1981,
con contributi di: Louis Mordant; Le Consistoire de Lourmarin au XIX siècle; Grado
G. Merlo: Les vaudois du Piémont au XIV siècle; Elisabeth
Sauze: L'inventaire général dans
les cantons de Cadenet et de
Pertuis (Le pays d’Aigues).
Inoltre per il 19 settembre è
prevista l'assemblea annua della
Società a Mérindol, con Tinaugurazione della casa « La Muse »,
sede dell’Associazione.
E da segnalare anche una interessante tavola rotonda organizzata a Marsiglia il 17 aprile
scorso da questa Associazione
sul tema: « La religión, source
de déplacement de population:
1 exemple des Vaudois », con l'intervento di Giovanni Gönnet, Philippe^ Joutard, Emile Temine e
Gabriel Audisio (ben conosciuto
anche fra noi per il suo libro:
Le Barbe et TInquisiteur). Il sig.
Bernard Appy, redattore de « La
Valmasque », ne ha inviato il verbale (che verrà pubblicato su « La
Valmasque ») di cui diamo un
breve riassunto.
Dopo un'introduzione di Gönnet per delineare l'origine e
l'evoluzione del Valdismo, Audisio sottolinea i tre punti fondamentali che hanno distinto i Vaidesi medievali: la povertà, la
predicazione dei laici e la Scrittura come sola regola. Vengono
esaminate le successive emigrazioni: quella in Calabria avviene
per ragioni economiche, ma poi,
con le due navi che hanno sbarcato a Napoli e a Paola nel 1477
dei gruppi di valdesi del Delfinato anche per cause religiose,
come pure quelle nel Luberon a
causa delle stesse persecuzioni
nel Delfinato. Un’ altra emigra
SAN SECONDO
In occasione del culto di domenica 30 agosto sono stati battezzati Stefano e Mario Long, figli di Tullio e Giuliana Bouchard (Cavoretto). Ai bimbi e
afia loro famiglia la comunità
rinnova l’augurio e l’intercessione espressi durante il culto.
Dopo il battesimo il culto è
proseguito con la partecipazione
di 4 « inviati » della CEvAA in
Togo (Africa occ.) ed in Lesotho (Africa austr.). Essi ci hanno parlato del lavoro, delle difficoltà e delle speranze connesse alla testimonianza cristiana.
Su di loro e sul lavoro delle loro
chiese chiediamo la benedizione
del Signore.
Hanno collahorato per questo
numero: Domenico Abate Franco Davite - G. L. Giudici Gesuina Grassi - U. Postpischel - Sergio Ribet - Giorgio
Tourn, Ivana Costabel.
zione per causa di religione è
quella della fine del XVII e dell’inizio del XVIII secolo dei Vaidesi delle Valli e di Pragelato in
Germania. Mentre è di nuovo
spinta da ragioni economiche
quella verso il Sud e il Nord
America alla fine del XIX secolo,
come pure per i vari gruppi di
Valdesi emigrati a Marsiglia e in
altre città francesi.
All’inizio del movimento valdese più che di emigrazione si
tratta di una espansione a scopo
missionario, che porta ad una
vasta diaspora, mentre in seguito
lo spostamento delle popolazioni
valdesi diventa vero e proprio
fenomeno migratorio, in certi
casi per motivi religiosi, in altri
piuttosto per cause economiche.
Bernard Appy conclude il suo
verbale con un’osservazione personale: Il Valdismo non è un
monolito dottrinale che si è mantenuto tale attraverso ai secoli,
e non è ancora tutto chiarito
nella sua integrità, trattandosi di
un fenomeno multiplo. Da questo proviene la sua ricchezza e
l’interesse ad approfondirne lo
studio.
O. Coisson
Società
di Studi
Valdesi
Gita storica
Domenica 13 settembre passeggiata storica in Val Germanasca: visita al piccolo Museo di
Rodoretto e al Museo di Frali.
Trasporto in piccolo pullman.
Partenza da Torre Pellice ore
8.30 dalla Foresteria. Pranzo al
sacco. Da Rodoretto a Frali si
propone il percorso a piedi del
« sentiero dei pastori » traversando la Costa di Galmont (due ore
circa con dislivello di 250 metri)
oppure per chi lo preferisce in
pullman. Rientro a Torre verso
le ore 19. Costo previsto L. 4.500
circa, prenotazioni con anticipo
di L. 3.000 entro il 9 settembre
presso Diomira Moretti - telefono 91.809.
TORRE PELLICE
Domenica 6 settembre (culto
in francese) avremo il piacere di
accogliere la Priedrichsdorfer
Kantorei diretta da Valdo Abate che parteciperà al culto con
il canto del Mottetto di Bach « Jesu meine Prende ».
La stessa Kantorei esegue un
concerto a Torino nella chiesa
di S. Filippo la sera di domenica
alle ore 21. Il concerto, inserito
nel programma « Settembre musica » comprende 4 cantate di
Bach (tra cui «Forte rocca»).
Un pullman partirà da Torre
(Foresteria) ore 18.30. Prezzo L.
3.000.
• I fratelli valdesi di Walldorf
trascorreranno a Torre i giorni
12-13 settembre. Alloggeranno all’Hótel du Pare. Avremo con loro
un incontro fraterno la sera di
domenica 13 alle ore 21 presso la
Foresteria valdese a cui tutti
possono partecipare.
dal 1886
TORRE PELLICE
di F. Sartorio
FONDANTS
CARAMELLE
GELATINE
PASTIGLIAGGI
Viale Trento, 1 - Tel. 0121/91271
10066 TORRE PELLICE (To)
Le avverse condizioni atmosferiche
non sono valse a impedire rincontrarsi ed il fraternizzare di credenti, giovani ed anziani, al tradizionale Convegno al Colle della Croce giunto ormai
alla sua 47® edizione. Saremmo stati
in molti; già dal venerdì pomeriggio
e poi dal sabato non mancavano folti
gruppi di giovani che salivano a Villanova ed al Fra, ma la domenica mattina 19 luglio eravamo circa 80 attorno alla nuova grande croce (un gentile
omaggio di Sergio Detachelis). Un’on
data di freddo autenticamente invernale sostenuta da un falciante mistral
spazza il Colle, ma i fedelissimi non
mollano, anche se molti, dopo le prime
salite oltre il Pra, hanno rinunciato al
convegno. Veramente bravi i giovani
di Bobbio e di Torre che con fatica
sono riusciti a portare a 2298 m la
pesante croce, cemento, sabbia, pali,
attrezzi d’ogni genere per piazzarla.
L’alba della domenica ci si presenta
con un cielo scuro, dal Pra la visione
delle montagne è scoraggiante : Bude,
Gorgia, Fiumira e cosi le cime fin
verso il Granero sono coperte da un
manto di neve. Sul Colle ci attendono
folti gruppi di francesi e tedeschi, vecchi e nuovi amici; vigorose strette di
mani, abbracci, c’è tanta gioia. Rivediamo i fratelli del Queyras-Freissinières, delle Comunità protestanti di
Molines, St. Vèran. Guillestre, Colombes ecc. con il pastore Gilles Pivot ed il pastore Jean Domon con la
sua équipe del servizio radio-televisione delia Federazione protestante francese; è presente una comitiva di 25
trombettieri della Stadt Kirche di
Pforzheim. Presenti pure gruppetti di
olandesi, svizzeri ed un africano. Con
noi delle diverse comunità delle Valli,
specie Bobbio, Villar Pellice e Luserna S, Giovanni è partecipe un folto
gruppo di amici di Torino e diaspora delle Comunità dei Fratelli. In mezzo alla bufera i bravi trombettieri tedeschi avviano alcuni inni, la televisione è al lavoro; i giovani che hanno
fatto una profonda buca preparano il
cemento, viene piantata la Croce mentre si canta « A Toi, mon Dieu mon
^ ''X'
cœur monte... ». Presiede la liturgia il
past. Benotmane, indi il past. (Ìilles
Pivot predica sul testo « affinché tutti
siano uno », un prezioso messaggio
ispirato ad un evangelo che affondi la
sua realtà nel concreto della vita dell’uomo e dell’umanità. Indi ha luogo
il servizio della Santa Cena attorno al
tavolo di pietra ed alla Croce, tutti
stretti l’uno accanto all’altro mentre
vengono ripetute le parole del memoriale cc fate questo in memoria di Me ».
In effetti mai come quest’anno vi è
stato tanto raccoglimento, e serenità,
tanto calore spirituale anche se il freddo è intenso e fiocca le neve... Walter
Miliari pronuncia una fervente preghiera éd il past. Benotmane chiude
con la benedizione. Indi D. Abate rivolge un vivo ringraziamento a tutti
gli intervenuti, ricorda i grandi assenti
che pure furono fra i promotori di
questo incontro, i pastori Jacques
Meyer e Roberto Jahier, nell’ormai
lontano 1933. D.A.
PRAMOLLO
Nel corso dei mesi estivi in cui
il pastore Noffke è impegnato
nella direzione della Casa Valdese di Rio Marina, il fratello Ugo
Zeni si è assunto la responsabilità della nostra comunità e
gli esprimiamo la nostra riconoscenza. Nei mesi di giugno, luglio e fino al 2 agosto si sono
avvicendati numerosi predicatori
che ringraziamo per i messaggi
che ci hanno rivolto nel corso
del culti da loro presieduti:
Edoardo Micol, Alberto Ribet,
Sergio Ribet, Paolo Marauda,
Ugo Zeni e Gianni Genre.
• Il 7 luglio e il 4 agosto ci siamo riuniti per ascoltare il messaggio della risurrezione attorno
alle famiglie di Emilio Long, deceduto all’età di 88 anni presso
la casa di riposo di S. Germano,
e di Enrico Long, deceduto presso l’Ospedale di Pomaretto alla
età di 83 anni. A tutti coloro che
soffrono esprimiamo le condoglianze e la fraterna solidarietà
della comunità.
• Una nota di gioia è venuta
dalla nascita di Romina, primogenita di Miranda e Italo Long
(Sappiatti). Ai genitori ed alla
bimba giungano le nostre felicitazioni.
• Rivolgiamo un augurio sincero a Gilberto Clot, abitante agli
Alfieri, e a Lorella Bianciotto che
si sono uniti in matrimonio.
BOBBIO PELLICE
La vita della Comunità procede
malgrado la partenza del past.
T. Benotmane; i membri del
Concistoro in queste ultime settimane si sono prodigati particolarmente con visite alle persone anziane, agli ammalati, agli
isolati. I culti sono stati presieduti la domenica 9 agosto dal
cand. teol. Mauro Pons; il 16 dal
sig. Domenico Abate; il 23 dal
past. emerito Roberto Nisbet.
Buona la frequenza a detti culti
anche per la presenza di numerosi forestieri in vacanza a Bobbio.
• Nel periodo 7-16 agosto incontri fraterni ha organizzato
l’Esercito della Salvezza nel Salone del Centro.
Doni Asilo
di San Germano
MESE DI FEBBRAIO
L. 10.000: Bianchi Isabella, Bergamo;
Magliana Lidia, Torino.
L. 20.000: Long Anita, in mem. zia
Long Elisa; Travers Silvio e Emma, Pramollo, in mem, loro cari; Long Fanny,
Porte, in memoria loro cari.
L. 35.000: Chiesa Valdese di Prarostino.
L. 150.000: Lega Femminile Valdese di
Milano.
L. 705.500: Direzione e Maestranze
RIV-SKF, Villar Perosa.
L. 800.000: N. N., in memoria di Revel
Fernand.
MESE DI MARZO
L. 10.000: N. N.
L. 30.000: Cordin Ida, Villar Pellice,
L. 33.500: Zampillo Vincenzo, Borgaro
Torinese.
L. 40.000: I vicini di casa della figlia
Neve, in mem, di Beux Arturo.
L. 50.000: Castorina Anna, Roma, in
mem. di Paolo.
L. 65.000: I vicini di casa in mem. di
Beux Arturo,
L. 72.000: Comitato di Zurigo.
MESE DI APRILE
L. 10.000: Peyronel Malosso Elisa, in
mem. della cara Emilia Bounous Peyronel: Denise e Oreste e Silvia Beux, in
mem. Bert Rachele; Lalla Conte, Genova.
L. 20.000: Long Florence, in mem.
del marito.
L. 25.000: Lalla Conte e Gino Conte,
in mem. di Gustavo Ribet.
L. 80.000: I vicini ed ex vicini delle
Gorge in mem. di Giovanni Long.
L. 100.000: La famiglia in mem. di
Umberto Codino.
L. 200.COO: Mori Edoardo, in mem.
di Matilde Mori Chauvie.
L. 213.900: Unione Femminile della
Chiesa Evangelica di lìngua italiana di
Zurigo.
AVVISO ECONOMICO
SI OFFRE alloggio a coppia di
coniugi con le seguenti incombenze di lavoro regolarmente
retribuito — ausiliario ai servizi generali dell’Ente — coltivazione di terreno destinato
ad orto, frutteto, ecc. ed allevamento animali da cortile. —
Scrivere a: Coop. Tipografica
Subalpina - Via Arnaud, 25 10066 Torre Pellice.
RINGRAZIAMENTO
« Ritorna anima mia al tuo riposo perché l’Eterno t’ha colmata di
beni» (Salmo 116: 7)
I familiari deirindimenticabile
Berlino Berton
riconoscenti per la dimostrazione di
affetto e di cordoglio neirimpossibìlità
di farlo personalmente ringraziano tutte le persone che hanno partecipato al
loro dolore. Un particolare ringraziamento all’associazione Alpini di Villar
Pellice e al pastore Ayassot.
Bobbio Pellice, 7 agosto 1981
RINGRAZIAMENTO
I parenti di
Adelina Margherita Rivoira
ved. ReveI
riconoscenti ringraziano tutte le persone che parteciparono al loro lutto.
Luserna S. Giovanni, 23-8-’81
RINGRAZIAMENTO
« Io sono la resurrezione e la vita,
chi crede in me anche se muoia
vivrà y> (Giovanni 11: 25)
I familiari del compianto
Enrico Long
commossi e riconoscenti per la grande
dimostrazione di stima e di affetto tributata al loro caro scomparso, ringraziano tutti coloro che, con scritti o presenza hanno preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare ai
Dottori ed al Personale dell’Ospedale
Valdese di Pomaretto, ed a tutti coloro che sono stati di aiuto nella triste
circostanza.
Pramollo, 4 agosto 1981
AVVISI ECONOMICI
LEZIONI inglese (adulti) stagione da
9/81 a 5/82. Iscrizioni se possibile
I-IO sett.: Beerbobm, tei. 932253.
PENSIONATA sola offre vitto aUoggio piccolo compenso a valida mezz’età referenziata disposta trasferirsi
Vercelli cambio compagnia aiuto
domestico. Scrivere Marrano - Tubino 103 - 16156 Genova. Telefono:
010^62024.
COMUNITÀ’ MONTANA
VAL PELLICE
SERVIZIO
GUARDIA MEDICA
notturna - prefestiva - festiva
dal sabato ore 14 al lunedi ore 8
dalle ore 14 della vigilia del giorno festivo infrasettimanale alle
8 del giorno successivo presso
l'OSPEDALE MAURIZIANO - Luserna San Giovanni - Tel. 90884.
Nella notte del giorni feriali, dalle ore 20 alle ore 8 (escluso sabato, domenica e vigilia dei festivi) presso l'OSPEDALE VALDESE - Torre Pellice - Tel. 932433.
GUARDIA FARMACEUTICA
festiva e notturna
DOMENICA 6 SETTEMBRE
Luserna San Giovanni: FARMACIA SAVELLONI - Via F. Blando - Luserna Alta - Tel. 90223.
CHIUSURE INFRASETTIMANALI
A Torre Pellice: martedì chiusa
la farmacia Muston, giovedì chiù
sa la farmacia Internazionale
A Luserna San Giovanni: mer
coledi oblusa la farmacia Prati
giovedì chiusa la farmacia Ga
letto.
DOMENICA 6 SETTEMBRE
AUTOAMBULANZA
VERGNANO - Noccioleto
Tel.
91288.
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Torre Pellice: Tel. 91365 - 91300
Luserna S.G.: Tel. 90884 ■ 90205
COMUNITÀ' MONTANA
VAL CHISONE-GERMANASCA
SERVIZIO
GUARDIA MEDICA
dal sabato ore 14 al lunedì ore 8,
dalle ore 14 della vigilia del
giorni festivi alle ore 8 dei giorni
successivi al festivi
le notti dalle ore 20 alle 8.
Il recapito del servizio è presso
la CROCE VERDE di Perosa Argentina - Tel. 81.000.
GUARDIA FARMACEUTICA
festiva e notturna
DOMENICA 6 SETTEMBRE
Perosa Argentina
FARMACIA CASOLATI - Via Umberto I ■ Tel. 81205.
AUTOAMBULANZA
Croce Verde Pinerolo - Tel. 22664
Croce Verde Porte - Tel. 74197
Croce Verde Perosa - Tel. 81000
8
8
4 settembre 1981
UNA LEGGE DA CONOSCERE E DA UTILIZZARE
COSTRUIRE LA PACE
Per un servizio civile Marcia pacifista
nelle zone terremotate
Al Convegno FCEI di Ecumene sull’intervento degli evangelici nelle zone terremotate abbiamo detto, tra l’altro, che è necessario conoscere meglio la legislazione relativa ai poteri e alle
funzioni degli Enti Locali e, soprattutto, la legge n. 219 del 14
maggio ’81 « per la ricostruzione ». Credo appunto che solo per
scarsa conoscenza non siamo
ancora intervenuti sulla questione, così vicina alla nostra sensibilità, del servizio civile, sostitutivo del servizio militare.
È una grossa novità introdotta nell’art. 68 della Legge 219: riguarda i giovani di leva negli
anni 1981-83 che, senza doversi
necessariamente dichiarare obiettori di coscienza e senza dover sottostare alle procedure della legge relativa, con una semplice domanda e un certificato
di residenza nei Comuni terremotati, potranno lavorare « nell’ambito della protezione civile e
della ricostruzione, secondo modalità da definire da parte dei
Ministeri della Difesa, dell’Interno, dei Lavori pubblici e dei Beni culturali e ambientali ». Gli
Enti locali devono avanzare le
loro richieste motivate e con
« procedura semplificata » riceveranno un’apposita convenzione.
Come spesso accade, però, una
legge anche buona può essere
svuotata in fase di applicazione.
Già centinaia di giovani hanno
inoltrato la domanda (forse sono migliaia), ma i vari Ministeri
competenti non hanno predisposto né modalità d’impiego, né
convenzioni mentre le stesse richieste degli Enti Locali pare
siano modeste.
Nelle scorse settimane, per
sbloccare la situazione si è costituito un Comitato giovanile unitario, nel quale sono presenti organizzazioni di Partiti (FGCI e
PdUP e formalmente anche FGSI, Movimento Giovanile DC e
Gioventù Socialdemocratica) e,
con un forte ruolo trainante, la
Lega Obiettori di Coscienza
(LOC) e le ACLI. Assemblee e
Dalla legge 219-81
Art. 68.
(Prestazione del servizio militare in comuni terremotati).
I giovani di leva del triennio 1981-1983, residenti nei comuni danneggiati dal terremoto, che intendano prestare
servizio civile nelle zone terremotate, presentano apposita domanda al Ministero della
difesa.
II Ministro della difesa dà
disposizioni per l’inizio del
servizio entro due mesi dalla
domanda, in rapporto alle richieste motivate che gli enti
locali fanno pervenire al Ministero stesso.
Il periodo di servizio prestato vale come periodo dì
ferma militare previsto per la
rispettiva forza armata di appartenenza.
Il Ministero della difesa
adotta procedura semplificata
per convenzionare gli Enti
locali delle zone terremotate
che presentino domanda di
utilizzazione di giovani di leva in servizio civile.
Agli Enti convenzionati viene erogata, in considerazione
delle eccezionali condizioni di
disagio, una somma integrativa della quota già prevista
dalla legge 15 dicembre 1972,
n. 772, per il mantenimento di
giovani di leva in servizio civile.
I giovani di leva di cui al
primo comma che hanno presentato domanda richiamandosi alla legge 15 dicembre
1972, n. 771, anteriormente all'entrata in vigore della presente legge, ed in attesa di riconoscimento, possono optare,
a richiesta, per il servizio civile da prestarsi secondo le
modalità previste dal presente articolo.
I giovani di leva sopraindicati in servizio civile vengono
impiegati nell’ambito della
protezione civile e della ricostruzione secondo modalità
da definire da parte dei Ministeri della difesa, dell’interno,
dei lavori pubblici e dei beni
culturali e ambientali.
Vengono istituiti corsi di
formazione, della durata di 30
giorni, aH’interno del periodo
di servizio civile, gestiti dal
Comitato regionale della protezione civile, a tal uopo designato dal competente Ministero.
A detti corsi partecipano
tutti i giovani che prestano il
servizio civile.
una conferenza stampa hanno
avviato l’opera di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e del
Governo. Sono seguite due interrogazioni parlamentari al Ministro della Difesa e al Ministro
della Protezione civile da parte
del Sen. Boris Ulianìch, senatore
della Sinistra Indipendente, il
quale aveva avuto gran parte
nella stesura dell’art. 68.
Ritengo che la presenza e l’in
teressamento di Chiese e Organizzazioni evangeliche a questa
battaglia sia un’occasione concreta di testimonianza, in questi
giorni in cui l’Italia viene nuovamente coinvolta nella folle corsa agli armamenti.
Emilio Nitti
In uno degli ultimi «punti di
vista », nel ricordare la imponente manifestazione contro gli armamenti avvenuta all’indomani
del Kirchentag ad Amburgo, si
constatava come in Italia e nell’Europa del sud manchino in
genere dei movimenti capaci di
trascinare masse di gente per dimostrare contro gli orrori della
guerra.
Proprio per sottolineare questa
scarsa sensibilità — che ritengo
sia essenzialmente dovuta ad un
senso di impotenza e di fatalismo
nei confronti di uno dei problemi
più drammatici e più gravidi di
pericoli del nostro tempo — si
vuol ricordare ai lettori (invitando tutti coloro che abbiano
la possibilità di parteciparvi) la
terza Marcia della Pace Perugia
Assisi che avrà luogo domenica
20 settembre con partenza da Perugia alle ore 9.
In occasione di questa marcia,
organizzata dalla Fondazione Capitini (ideologo italiano della
non violenza) e dal Movimento
nonviolento, è stato lanciato un
invito rivolto a tutti: per l’idea
— come dice l’appello — che Capitini aveva di una pace che sia
di tutti; per l’interesse supremo
che tutti hanno a salvaguardare
la pace fra i popoli; per la possibilità e la doverosità di ognuno
a fare qualcosa per allontanare
lo spettro perennemente incombente di una catastrofe bellica
mondiale di inimmaginabili dimensioni.
L’appello prosegue: « Nella corsa agli armamenti le nazioni
della terra spendono attualmente
600 mila miliardi di lire all’anno: oltre un miliardo al minuto.
Un criminoso sperpero di ricchezza, di intelligenza e di lavoro
che aggrava e perpetua tutti i
problemi economici, alimentari,
politici, morali del mondo. È ragionevole pensare — come vogliono i governanti — che non si
arrivi all’esito folle dell’annientamento della razza umana continuando a credere fatalisticamente nell’equilibrio del terrore?
Obiettando a questa credenza,
un illustre filosofo osservava recentemente che se già ha poco
senso parlare di equilibrio del
terrore fra due sole potenze
(USA ed URSS) diventa addirittura irragionevole parlarne quando i soggetti in campo sono molti, nella corsa ad altrettanti arsenali micidiali in cui sono entrati
e vengono via via entrando tanti
altri Paesi ».
« Non possiamo lasciare nelle
sole mani dei governanti questo
supremo interesse della pace.
Essi continuano a dimostrare che
non ce la fanno — quando pure
vogliono — ad assicurare questo
bene primario dell’umanità. Pace e sicurezza non sono possibili che nel disarmo. Se le moltitudini lo vogliono, il disarmo
si può fare: facciamo che cominci ora. Si blocchino e si riducano sin da ora in misura significativa le spese militari: si arresti
la produzione e l’acquisto di armamenti, la vendita o la fornitura di armi ad altri Paesi (come
è noto, l’Italia è al quarto posto
fra i Paesi esportatori, ndr). I
denari, il lavoro e le risorse così
risparmiati siano utilizzati per
la soddisfazione dei bisogni primari della gente: cibo, case, sanità, istruzione. Anche di "pace
armata” si muore: l’accumulo di
armi diventa un delitto di omissione pari all’assassinio attivo
della guerra, uccide anche senza
che esse arrivino a sparare: in
questa "pace” si lasciano morir
di fame 40 bambini al minuto ».
A chi è interessato a questi temi (e speriamo siano tanti) segnaliamo inoltre la rivista bimestrale del Movimento nonviolento: « Azione non violenta », casella postale 713, 36100 Vicenza (abbonamento annuo L. 6.000).
Roberto Peyrot
Protestantesimo
in TV
Lunedì 7.9 ore 23.15
II rete
antico TESTAMENTO:
dove come quando
Presentazione delle ricerche sull’A.T. che utilizzano anche scoperte archeologiche. Consulenza di
Daniele Garrone.
Popolo-chiesa
Un uomo d’azione
(segue da pag. 1)
può più affidare al solo pastore
questo compito, non si può più
delegare questa responsabilità.
Dobbiamo inventare un modo di
parlare, di testimoniare della fede, che abbia senso e autorità
nella vita di tutti i giorni. E’ difficile, ma nella Scrittura ci è assicurato che quando saremo davanti ai tribunali — ma direi anche: nella nostra vita quotidiana, sul lavoro, al bar, in fabbrica, sul tram — lo Spirito del Signore metterà nella nostra bocca
le parole che dovremo pronunciare.
Partecipare alla vita
della società
Infine dobbiamo essere una
chiesa che partecipa alla vita
della società. Questo certo conta
alle Valli Valdesi ma anche in
tutta Italia. Credo che dovremo
rinunciare alla divisione tra vita
della chiesa e problemi della società. Non sono solo i nostri Sinodi ad essere importanti per
noi. Come è fatta la Comunità
Montana, quali convenzioni facciamo per gli ospedali, come votiamo alle elezioni, sono cose per
noi di estrema importanza. Guai
a noi se come chiesa, di fronte a
un’Italia torbida e in crisi, dicessimo: la crisi dell’Italia non ci
riguarda, noi siamo puri. Si è
vero, siamo un po’ meno ladri e
un po’ meno bugiardi, non ci vuole una gran fatica. Ma guai a noi
se ne trarremo la giustificazione
Pfr e.straniarci pensando di valer
di più (invece davanti a Dio valiamo come gli altri), anziché la
spinta per una partecipazione totale alla vita del nostro paese.
Certo è spesso difficile, ma qualche volta ci siamo riusciti. Voglio
fare due esempi: il primo è il referendum dello scorso mese di
maggio. Io non penso che noi vaidesi siamo un popolo di abortisti.
Tuttavia i protestanti italiani —
particolarmente alle Valli — hanno votato no per un motivo di
libertà e di democrazia. Un altro
esempio: quando c’è stato il terremoto nel Sud ho ricevuto moltissime telefonate dalle Valli. Proponevano iniziative, collaborazioni: mi ha fatto piacere, perché
vuol dire che riusciamo in qualche occasione a sentirci parte del
popolo in mezzo al quale viviamo. E sono anche convinto che
sulle questioni essenziali — sui
grandi problemi come la libertà,
la giustizia, l’uguaglianza, la pace — possiamo esprimerci insieme. Ecco un esempio: Roma è
oggi piena di facce nere, di tunisini, di filippine. Ce ne sono 80
mila, tutti a lavoro nero, tutti
senza libretto. Ora se un tempo
abbiamo tuonato contro i tedeschi perché trattavano male i nostri lavoratori italiani, cosa faremo ora con i negri che vivono a
Roma e qualche volta vengono
anche ammazzati? La risposta la
possiamo trarre insieme.
L’Italia cambia. E’ diversa da
come la pensavamo, da come la
volevamo, ma noi ne siamo parte. E .sono profondamente persuaso che come chiese evangeliche noi dobbiamo esserlo partecipando pienamente ai problemi
di questo paese, vivendo in questa società come una realtà organica ed essendo capaci di confessare la nostra fede apertamente: questo è in sostanza il senso
ultimo di quello che noi siamo
e di quello che facciamo.
Giorgio Bouchard
(segue da pag. 3)
prensione anche per il cattolicesimo degli italiani, se non altro
nei suoi aspetti men chiusamente clericali o più aperti a potenzialità riformatrici. Le A.C.D.G.
erano un terreno comune di incontro fra evangelici di ogni denominazione, e come tali operavano nel senso di un superamento del più gretto e arrogante denominazionalismo. Però aspiravano, almeno tendenzialmente,
ad andare oltre l’interdenominazionalismo ed aprirsi a prospettive di carattere ecumenico. In
casa wesleyana, pertanto, ad un
polo dialettico, ancorato alla tradizione dell’evangelismo garibaldino, se ne contrapponeva un altro ecumenico, rappresentato
dalla posizione di Giovanni Ferreri, analoga a quella « pancristiana » di Ugo Janni e cinta del
prestigio di una spiritualità quanto mai elevata e suggestivamente ascetica. In quegli anni di
trionfalismo papale e di tresche
tra Pio XI e Mussolini poteva
sembrare follia nutrire speranze ecumeniche. Ma un po’ di quella follia arrivò pure al giovane
pastore wresleyano della Spezia.
Come aveva partecipato alle lotte di Villa San Sebastiano, sia
pure per poco tempo, così fu
appassionato lettore degli scritti e uditore della parola fascinosa di Giovanni Ferreri. Sbaglierebbe chi attribuisse il deciso
schieramento di Mario Sbaffl in
senso ecumenico durante questi
ultimi decenni ad una specie di
folgorazione sulla via di Damasco (o magari su quella del Concilio Vaticano II...). In realtà, si
trattava dello sviluppo fino alle
ultime conseguenze di certe premesse, gettate già da lungo tempo e meditate non meno a lungo.
Della sua Chiesa Metodista Wesleyana Mario Sbaffi visse altresì
le dure prove di quegli anni con
l’abnegazione e il pacato coraggio che gli erano abituali. Prima
vi furono le strettezze finanziarie, via via sempre più umilianti e amare, causate dalla crisi
economica imperversante. Poi
venne l’ostilità crescente della
dittatura fascista contro l’Inghilterra, e quindi anche contro tutto quello che sapesse in qualche
modo di inglese. Appartenere ad
una chiesa, che persino nel suo
nome aveva tanto di « W » e di
« Y », divenne sempre più scomodo per laici e pastori. Infine venne la dichiarazione di guerra vera e propria e con lei vennero il
sequestro di quanto apparteneva
alla chiesa wesleyana, la miseria
iri ogni casa pastorale, la grandine dei richiami alle armi. Anche Mario Sbaffl dovette tornare
in Marina e soltanto per un pelo la scampò dall’essere messo
tra i paracadutisti: forse perché
dichiarò subito, col suo bel sorriso tranquillo, che era pronto a
lanciarsi col paracadute, ma a
patto di portare con sé una cassetta di pronto soccorso per i feriti: con un mitra per ammazzare il prossimo non si sarebbe
mai lanciato neanche se avesse
dovuto pagare quella disobbedienza con la fucilazione. Fu talmente chiaro e persuasivo che
la Marina preferì infilare dentro
un ufficio qualsiasi un bel tipo
simile e non insistette ulteriormente nel fare di lui un paracadutista.
Dopo la guerra fu eletto tra i
dirigenti della Chiesa Metodista
Wesleyana e quindi ebbe una parte importante nel processo che
portò all’unione dei wesleyani
con i metodisti episcopali in una
unica Chiesa Evangelica Metodista d’Italia e successivamente alla autonomia di questa ultima
dalla Conferenza Metodista della
Gran Bretagna. Ed anche in questo superamento di ristretti orizzonti denominazionali ed in questo ulteriore radicamento nel
contesto italiano è evidente la
coerenza con quelle linee di pensiero cristiano, di cui Mario
Sbaffl aveva sentito così profondamente Tinfiuenza fino dai primi anni del suo ministero. Ad
altri sviluppi egli andò incontro
successivamente, come fondatore del centro giovanile Ecumene, come presidente della Chiesa
Evangelica Metodista d’Italia e
infine come presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia; ed altri ne scriverà
su questo giornale. Neanche allora, tuttavia, andò smarrita quella
linea di coerenza spirituale, che
abbiamo voluto ricordare qui
come una tre le più valide lezioni che Mario Sbaffl ci ha lasciata con la sua esistenza stessa.
Comitato di Redazione; Franco
Becchino, Dino Ciesch, Niso De
Michefis, Giorgio Cardio!, Marcella Gay, Aurelio Penna, Jean-Jacques Peyronel, Roberto Peyrot,
Giuseppe Platone, Luciano Rivoira,
Liliana Viglielmo.
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« La Luce »: Autor. Tribunale di
Pinerolo N. 176, 25 marzo 1960.
« L’Eoo delle Valli Valdesi »: Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175, 8 luglio 1960.
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