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Anno 113 - N. 40
7 ottobre 1977 - L. 200
Spedizione in abbonamento postale
• Gruppo /7C
BIBLIOTECA
10066 T03ÍIE PEI LICE
VALDE3]
delie valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
IL SINODO VISTO DA PINEROLO
INTESE = CONCORDATO
l'equazione di un giornale cattolico
tf
Sotto i fuochi d’artificio della brillante polemica, una realtà deprimente: l’aggiornamento cattolico si è ridotto ad un aggiustamento
Tutto è nostro
« Nessuno dunque si glori degli uomini, perché ogni cosa
è vostra: e Paolo, e Apollo, e Cefa, e il mondo, e la vita, e la
morte, e le cose presenti, e le cose future, tutto è vostro; e
voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio ».
(I Corinzi 3: 21-23)
Il giornale della diocesi di Pinerolo, l'Eco del Chisone, ha dato anche quest’anno una rapida
cronaca dei lavori sinodali, ma,
come era prevedibile, ha centrato la sua attenzione su un problema, quello delle Intese con lo
Stato. Era inevitabile fosse così,
ormai sono alcuni anni che il
tema Concordato-rapporti Chiesa-mondo costituiscono i temi
del confronto polemico con questo settimanale cattolico.
Il suo cronista. Franco Trombotto, presenta il problema nello stile suo caratteristico, sempre un pochino provocatorio e
aggressivo, come fa la gente che
si occupa troppo di te e finisce
col soffocarti. L’argomento è
svolto in questi termini: i Valdesi hanno gridato per anni contro
il Concordato, hanno fatto di
questo uno dei loro cavalli di
battaglia contro i cattolici ed ora
zitti zitti il Concordato se lo fanno anche loro con il governo Andreotti.
Parlano di « intese » è vero
ma nella sostanza le cose non
cambiano perché si tratta sempre di mettersi d'accordo,con lo
Stato su certe cose che poi fini-,
scono, o possono finire, col diventare dei privilegi. Insomma
le parole cambiano ma la sostanza resta quella che è.
Naturalmente don Trombotto
queste cose le dice con molta più
eleganza, ti fa la storia della
chiesa spiegando ai lettori (cosa
utilissima) che ci sono dei paesi
dove c’è la chiesa di Stato, e naturalmente sono alcuni paesi protestanti, e ci sono dei paesi dove
la chiesa è del tutto separata
dallo Stato, come la Francia e
gli Stati Uniti e guarda caso i
cattolici sono contentissimi di
questa situazione (non viene detto però che questa non è stata
una loro scelta ma si sono sempre battuti contro) e per finire
parla anche della situazione italiana col suo Concordato che
non è la situazione ideale.
Tralasciando le battute e le
frecciate e venendo alla sostanza dell’articolo ci sembra vi sia
alla base un grosso equivoco, e
non sappiamo fino a che punto
si tratti di ingenuità o di esplicita volontà di confondere le
idee alla gente. L’argomento e
questo: noi cattolici abbiamo il
nostro Concordato, più o meno
buono e ce lo teniamo, caso mai
modificato, se i valdesi si fanno
anche loro il loro concordatino
m definitiva possiamo stare tranquilli tutti quanti. Anzi ci comprenderemo meglio, saremo sullo stesso piano, nella stessa barca (nella stessa bagna) ed il dialogo sarà più costruttivo.
L’equivoco è che il Concordato
SOMMARIO
Pagina del I Distretto
Sulla revisione del Concordato
I giovani di fronte alla
Bibbia
Secolarizzazione: verso
la fine della religione
Intervista all’assessore
Bozzello sul dopo-alluvione
e le Intese siano la stessa cosa.
In apparenza, « formalmente »,
può sembrare di sì; ci sono due
parti che trattano insieme delle
questioni e che si mettono d’accordo ma il problema sta nella
sostanza delle cose su cui si mettono d’accordo. Una riunione di
preghiera, una riunione di segreteria del partito o una riunione
di mafiosi è sempre una riunione, il problema è sapere perché
si trovano insieme.
E nella sostanza delle cose un
Concordato e delle Intese non
sono la stessa cosa. Anzitutto
perché il Concordato è stipulato
fra uno Stato e la S. Sede, cioè
fra due potenze che garantiscono i propri interessi, le Intese
no, la chiesa valdese non è un
Vaticanino.
In secondo luogo le questioni trattate nelle Intese sono
molto poche e precise, riguardano dei diritti che crediamo ci
spettino in base alla Costituzione.
Il diritto di accesso alle scuole
per una istruzione religiosa, a richiesta degli alunni, ci sembra
esemplare a questo riguardo salvo restando che si tratta sempre
di un diritto e non di un privilegio e sia a spese nostre e non
dello Stato.
Tutto questo l’abbiamo scritto
all’Eco del Chisone a rettifica di
quanto scritto in quell’articolo
perché i suoi lettori cattolici sappiano come vediamo noi le cose;
naturalmente, come è sua prassi,
ci ha risposto con yn commento
più lungo della nostra lettera.
Che cosa risponde? « Dal punto di vista della sostanza ho riconosciuto che il nostro Concordato va corretto mentre ritengo
che i valdesi ne avranno uno
esemplare anche per noi ». Ne
prendiamo atto. Ed è come dice
vo sopra; i cattolici avranno il
Concordato aggiornato e noi le
Intese esemplari ed intanto don
Trombotto continua a fare religione nelle scuole di Stato magari solo 3 o 4 ore con stipendio
da professore e non ha nessuna
idea di seguire l’esempio che gli
proponiamo.
« Fate anche voi le Intese — gli
scrivevo — scegliete tre laici della vostra diocesi e mandateli a
trattare ». « Come si fa — risponde lui — il Concordato è una
causa maior che va trattata dal
papa consultando i vescovi, non
possiamo fare come voi perché
siamo in troppi e non è colpa nostra! » Certo le cose si fanno in
segreto, peccato perché così si
dimentica il Concilio.
Ma l’argomento chiave del discorso di don Trombotto è quello solito che già conosciamo:
« fareste meglio a stare zitti e
lavare i vostri panni sporchi in
casa; quando c’è stata nel 1929
la legge sui culti ammessi ve ne
siete rallegrati mandando telegrammi di saluto a Mussolini,
non solo ma auspicavate cappellani militari e privilegi fiscali. E
chissà quanti telegrammi e documenti del genere sono sepolti
negli archivi della Chiesa valdese
che nessuno potrà vedere per un
secolo! ».
Io i panni sporchi alla diocesi
di Pinerolo non li ho lavati né
intendo lavarli, se li custodisca
ner bene, ho solo chiesto all’esimio articolista don 'Trombotto,
primo, di non confondere le idee
ai suoi lettori, secondo, di prendere posizione e .mi rallegro che
Labbia fatto ripetendo che per
lui il Concordato sta bene, ci si
Giorgio Tourn
(continua a pag. 3)
È esaltante, cari fratelli ed
amici, anche per noi, come deve
essere stato per i cristiani di Corinto, questo annuncio di libertà,
fatto dall'apostolo Paolo. Tutto è
nostro! siamo posti al di sopra
dei confini che angustiano la nostra vita, siamo elevati, come
aquile, a spaziare sul mondo e i
suoi eventi, a scrutare nella storia e nel suo futuro. Siamo fatti
« liberi signori sopra ogni cosa »,
come diceva Lutero.
Ma questo annuncio può risultare nello stesso tempo anche
sconvolgente: e ci si può chiedere: che c’entro io con i problemi
cosmici, con il mondo intero: io
non pretendo questa signoria; il
« mio luogo » è la mia chiesa, il
mio gruppo d’azione, la mia casa, la mia famiglia; la vita e la
morte, le cose presenti e le cose
future esulano dalle mie responsabilità. E ancora: se seguo la
teologia di Paolo perché devo accettare anche quella di Apollo?
Se sono del gruppo di Pietro perche devo essere anche degli altri? Ho la mia posizione ideologica, la mia teologia, la mia tradizione: perché devono essere
« mie » anche le posizioni degli
altri?
E ancora: di che mondo siamo
fatti padroni? Di quale presente?
di quale futuro?
Il mondo va verso la distruzione, distruzione atomica e bellica:
sono già pronte le bombe per distruggere più volte il mondo intero; e distruzione chimica per
inquinamento: gli ecologi danno
al mondo pochi decenni di vita.
Questo presente e questo futuro sono nostri. E nostre sono le
ingiustizie, nostri gli oppressi, '
poveri, gli storpi, i malati, i pazzi,
nostre le sopraffazioni, le violenze, le torture, il pianto dei bambini affamati, il lamento dei vecchi abbandonati, nostra la fatica
del lavoro, nostri gli sfruttati e
SUD AFRICA
L’assassinio
di Steve Biko
I cristiani del mondo intero hanno espresso
la propria indignazione per la morte inspiegabile di STEVE BIKO, uno dei principali leader
del popolo di colore sud-africano, arrestato
dalla polizia e trattenuto in carcere senza es■sere stato processato.
Le circostanze in cui è avvenuta la morte di
Biko gettano sulle autorità sud-africane la grave responsabilità di avere ridotto al silenzio
una delle voci più autorevoli del paese, in vista
di una lotta non-violenta.
Steve Biko è stato vittima della politica della tortura e dell’assassinio sistematicamente
usata oggi nei confronti dei detenuti politici di
quel paese. Altri 18 negri sono morti nel corso
degli ultimi 18 mesi, arrestati dalla polizia e
detenuti per un tempo indeterminato.
Questa politica venne condannata dal Comitato esecutivo del C.E.C., sette mesi fa, in questi termini;
« Le spiegazioni date daile autorità sud-africane sulla causa di certi decessi, attribuiti a
suicidio, disgrazie o cause naturali, non convincono. Molti detenuti sono stati rinchiusi in
prigione senza una condanna, senza processo,
senza la possibilità di ricorrere ad un avvocato o all’aiuto dei familiari o di qualche organizzazione umanitaria ».
II Comitato ha espresso la propria simpatia
ai familiari di queste vittime della violenza poliziesca; ha condannato le torture e gli assassini dei detenuti nelle prigioni sud-africane, co
Philip A. Potter
(continua a pag. 3)
Dopo la notizia della morte
del leader africano, avvenuta in
prigione, il Consiglio Ecumenico ha
espresso la propria protesta
con questa dichiarazione
del suo Segretario generale.
i delinquenti, e i drogati sono
nostri, e la prostituzione è nostra, e gli imbroglioni, gli arricchiti sulla pelle altrui... E le tensioni del presente, e la paura del
futuro; l’angoscia della solitudine e il vuoto della vita; la disperazione, il disorientamento, i
falsi modelli di vita...
Tutto questo è nostro? Non è
meglio dire: il mondo appartiene agli increduli, al « principe di
questo mondo », non è campo
nostro, così da non legare la nostra responsabilità di cristiani a
un destino tanto catastrofico?
Possiamo rifiutare questa pretesa libertà, questa pretesa padronanza sul mondo e sul suo
destino, pretesa signoria su tutte
le cose? Possiamo dire: il rnondo
e la sua storia e il suo destino, la
sua cultura e la sua rovina non
ci interessano; restiamo ancorati alla roccaforte della nostra
realtà di « comunità di credenti »
e non ci sporchiamo le mani col
mondo, con le sue false glorie, le
sue false grandezze, e la sua reale e profonda miseria. Possiamo
rifiutare, in definitiva, questo dono di « libertà », di « padronanza su tutte le cose? ».
No, non lo possiamo. Non lo
possiamo, perché, come dice
l’apostolo Paolo, « noi siamo di
Cristo ». Essere di Cristo significa partecipare della sua vita:
della sua morte e della sua resurrezione, della sua croce e della sua gloria.
Ma, si potrebbe obiettare: questo appunto noi vogliamo: partecipare della sua gloria e della
sua croce nella sua comunità,
nella Chiesa dei credenti.
No. La croce di Cristo è piantata sul mondo. Il mondo è la
sua croce e dev’essere anche la
nostra croce. La Chiesa partecipa anche della sua gloria. Il mondo conosce solo la morte. I credenti sono peccatori, ma conoscono il perdono e la grazia, il
mondo conosce solo la disperazione dell’errore; i credenti sono
proiettati verso una vita trasformata dallo Spirito, il mondo conosce solo la debolezza della carne, la ricerca affannosa di essere
« migliori » con le proprie forze:
non conosce la forza della resurrezione di Cristo.
Ma è Cristo, il Signore della
vita, colui che ha vinto, è lui, il
crocifìsso, e risorto, che ha in
Piano il futuro del mondo e dà
un senso alla nostra vita ed alla
nostra storia.
Ecco perché anche a loro, ai
credenti, a coloro che sono di
Ciisto, tutto appartiene: perché
sono chiamati a partecipare alla
Signoria di Cristo, a essere, insieme a Cristo, servitori di questo mondo, annunziatori della
nuova realtà del Regno, predicatori della resurrezione e della vita in un mondo di distruzione e
di morte.
La « libertà » del credente è
una libertà per questo servizio.
Infatti Lutero definiva il cristiano SI « un libero signore sopra
ogni cosa, non sottoposto a nessuno », ma nello stesso tempo
« un servo volonteroso in ogni
cosa, e sottoposto ad ognuno ».
In questo senso oggi la comunità cristiana ha preso coscienza
del suo essere per il mondo. Questo è il senso della Chiesa che diventa comunità dell’esodo, che
va verso il mondo, si mescola col
mondo, con i suoi problemi, la
.sua cultura, le sue lotte, la sua
politica, i suoi turbamenti, pe’'
Lietta Pascal
(dal sermone di prova tenuto al
Ciabas il 20 agosto 1977).
(continua a pag. 8}
2
7 ottobre 1977
PROBLEMI DEL PRIMO DISTRETTO
Vita della Chiesa
e secolarizzazione
^ Le chiese del Distvetto sono iftipegncite Quest'anno a fare una sorta di esame di coscienza sulla
tracia di un ordine del giorno della Conferenza di
S. Germano; votato dall’assemblea dopo un dibattito non molto ampio ma abbastanza serrato si può
dire che ha posto alla coscienza di tutti un grave
problema. Non si tratta di cosa nuova in modo
assoluto perché tutti gli anni si affrontano temi
che in qualche modo gravitano sulla riflessione di
fede e sull’impegno cristiano nella società.
Quest’anno l’accento sembra spostarsi all’interno della vita spirituale della chiesa, si denuncia
una sua mancanza interiore. La scarsità delle presenze alle assemblee, ai culti, agli incontri lascia
intendere che l’interesse dei fratelli per la vita di
/fide comune, per la meditazione dell’evangelo, per
I cdificcizioHB di tifici coYHUfiità cvedcHte è scutso
ed è in ribasso. La gente non si interessa più della
fede, ma non solo la "gente" in modo generale ma
gli stessi membri delle chiese. Diciamo che non si
interessa più delle cose della fede, ma è un fenome>10 di oggi o è di sempre? Una volta si interessava
di più? E se si interessava della chiesa perché lo
faceva?
Tutte queste domande meritano attenzione e
ci si potrà riflettere durante i prossimi mesi. Il
suggerimento dato dalla Conferenza di impegnare
i giovani per fare nelle diverse chiese un lavoro di
inchiesta del tipo di quella fatta a S. Giovanni è
di questo tipo, non si tratta di passare all’esame
tutta la parrocchia ma dt raccogliere sufficienti dati per un dibattito comune.
L’incontro finale non potrà aver luogo prima
di gennaio-febbraio, le assemblee di Circuito si potranno tenere in dicembre, ci sono perciò almeno
due mesi per poter concentrare la nostra attenzione su questo tema ed a questo si impegneranno i
concistori. la C.ED.
Un sintomo allarmante
Si tratta della frequenza ai culti domenicali.
Chi oggi volesse parlare di
questo argomento sarebbe tentato di riandare ai tempi passati.
Il lodatore dei tempi antichi ricorderebbe, ad esempio, che nel
suo rapporto del 1885, il Concistoro di Rodoretto deplorava come un fenomeno straordinario
che una persona non frequentasse il culto. E anche nelle altre
parrocchie, e fino a tempi non
troppo lontani, la frequenza era
molto elevata. Ma i paragoni sono odiosi e generalmente sterili.
È piuttosto necessario domandarsi per quali ragioni il culto
domenicale non i;onisce più che
una minima frazione dei membri
di chiesa. Ma il fatto, a nostro
parere ancora più grave, è che la
diserzione dai culti non sembra
suscitare particolare sgomento.
Certo si deplora il fenomeno, ma
non ci risulta, e se la memoria
ci fa difetto ne chiediamo venia
in anticipo, che nessun Sinodo,
nessuna Conferenza distrettuale
abbia mai dedicato a questo argomento una attenzione almeno
eguale a quella dedicata ad altri
problemi. Molti di questi sono
certo importanti, ma non incidono minimamente sulla vita spirituale delle chiese. Che Tultima
Conferenza del 1° Distretto, e ora
il nostro settimanale, vi abbia
dedicato maggiore spazio è un
fatto nuovo, che ci lascia sperare
che qualche cosa si stia muovendo.
Purché non sia troppo tardi.
Infatti le assemblee che partecipano ancora al culto domenicale
sono, quasi dovunque, composte
prevalentemente da persone anziane. Tra qualche anno, per un
motivo o per l’àltro, essi non saranno più presenti. Chi prenderà
il loro posto se i giovani sono
quasi del tutto assenti?
Chiesa
senza culto
Di qui sorge un’altra domanda: il culto domenicale è realmente da considerarsi un momento essenziale della nostra vita, ovvero possiamo immaginare
che uria Chiesa possa esistere
senza di esso? E se non esiste la
Chiesa è pensabile che possa ancora sussistere il cristianesimo?
Questa domanda può sembrare
addirittura scandalosa a noi che
nel « Credo » ripetiamo: « Credo
la Chiesa universale ». Tuttavia
la storia è lì per insegnarci che
le varie comunità storiche non
sono eterne, come è successo alle chiese dell’Asia Minore e dell’Africa Settentrionale, una volta
fiorenti, matrici di martiri e di
teologi, e ora scomparse. Non è
affatto detto che la Chiesa Valdese possa sottrarsi alla minaccia tià rivolta alla celebre chiesa di Efeso: « Ricordati donde
sei caduto e ravvediti, e fa’ le
opere di prima; se no verrò a te,
e rimuoverò il tuo candelabro
dal suo posto, se tu non ti ravvedi » (Apoc. 2: 5).
Le cause che hanno provocato
questa frana sono certamente diverse. Non è ancora stato fatto
uno studio, per esempio, sulle
conseguenze della prima guerra
mondiale sulla vita spirituale
delle popolazioni Valdesi. Molti
di quelli che allora ebbero la ventura di ritornare avevano preso
coscienza che si può benissimo
vivere, e morire, senza la presenza della Chiesa. E poi, più recentemente, c’è stato il benessere
economico, rm benessere che i
Valdesi di cinquant’anni fa neppure si sognavano. Ora è chiaro
— almeno così sembra — che
più si sta bene e meno c’è bisogno di Dio. Magari ogni tante
succede un imprevisto che scuote le nostre sicurezze. Ma si preferisce non pensarci e vivere alla
giornata. E allora che importanza ha il culto domenicale? Le scuse sono a portata di mano: quelli che vanno in chiesa non sono
migliori di noi: posso pregare in
casa mia; non ho tempo, e via dicendo.
Un cattivo
esempio
Un’altra causa, e non secondaria, che tiene lontano i giovani è
Tesempio degli adulti. Come si
spiega infatti lo scandalo di centinaia di catecumeni che chiedono di fare professione di fede, e
poi non si vedono mai più, o quasi mai più, ai culti? Ma prima di
giudicarli mettiamoci nei loro
panni. Forse qualcuno di loro avrebbe piacere di frequentare,
ma come andare contro corrente, dissociandosi dall’esempio del
proprio padre o della propria
madre o di tutti i fratelli e sorelle, che da anni hanno cessato
una partecipazione attiva alla vita della loro Chiesa?
Il Sinodo ha votato un ordine
del giorno invitando le chiese a
interessarsi del problema della
educazione cristiana delle nuove
generazioni. A nessuno sfugge
l’importanza di questo argomento. Ma possiamo essere ben certi che tutto quello che diremo
avrà scarsa rilevanza finché i
templi semideserti daranno una
altra testimonianza.
Bisogna poi aggiungere che in
molti si è affievolito il senso dell’adorazione, cioè della più alta
facoltà dell’essere umano. All’adorazione dell’Iddio altissimo, a
Colui davanti al quale si prostrano le creature celesti, a Colui davanti al quale dovremo tutti comparire per essere giudicati, si
preferisce la gita in auto o le
faccende domestiche. A questo
punto ci rimane più poco da perdere, perché « se uno non ha, anche quello che ha gli verrà tolto » (Matt. 13: 12). Forse, per
qualche tempo, rimarranno ancora le strutture, l’anparato ecclesiastico sempre più perfezionato, ma dietro al quale rimane
poco o nulla.
A meno che, come già è avvenuto nelle ore più buie della
Chiesa, non ci sia un Risveglio.
0.d.G. della Conferenza
La Conferenza Distrettuale, riunita a S. Germano Chisone i giorni 4 e 5 giugno
1977, ravvisando nella scarsa
presenza ai Culti un problema centrale per la vita della
Chiesa, invita la C.E.D. ad
organizzare per il prossimo
anno un incontro dei concistori allargato a tutti i membri di Chiesa sul problema
della partecipazione al culto
e della secolarizzazione nelle
Valli valdesi, facendo prece
dere rincontro da mi dibattito nei Circuiti sulla base di
documenti preparatori,
preso atto dell’inchiesta
FGEI a Luserna S. Giovanni, auspica la estensione di
questo lavoro a tutte le Chiese del distretto, in via di una
conoscenza approfondita dei
fenomeni sociali e culturali
che concorrono a determinare l’attuale crisi della vita
comunitaria.
Ricostruire
Ma che cosa fare?
Non abbiamo l’orgogliosa pretesa di offrire una qualsiasi formula. Il Risveglio è opera dello
Spirito Santo, e solo Lui potrà
risvegliarci dal nostro placido e
tragico sonno.
Tuttavia una cosa può essere
fatta, ed è di occuparci jeriameri
te di questo problema e di occuparcene con perseveranza e spirito di preghiera. Durante settimane e mesi tutte le attività delle chiese dovrebbero concentrarsi su questo tema. Non dovremmo darci pace finché non sia entrato nella coscienza di un gran
numero che il problema della
frequenza ai culti è un nroblema
di vita o di morte. Dobbiamo
farlo con la stessa insistenza con
cui parliamo delle finanze.
Non è ammissibile che mentre
le Chiese storiche accettano passivamente la loro sorte, le sette
più strane e aberranti raccolgano migliaia e migliaia di entusiasti.
Possiamo essere disturbati da
questi paragoni, ma è tempo or
mai che anche noi prendiamo sul
serio il nostro impegno cristiano, o, come meglio dice la Scrittura: « È temno ormai che vi
svegliate dal sonno... » (Romani
13: 11).
Queste ultime parole significano che ci è ancora offerta una
possibilità. Forse la Chiesa ritornerà alle sue migliori tradizioni
e i templi vedranno di nuovo i
Valdesi uniti nella medesima fede per testimoniare che il Signore regna.
Roberto Nisbet
La Conferenza distrettuale ha
lanciato la proposta di discutere il problema della partecipazione ai culti e di condurre una
indagine sulla secolarizzazione
alle Valli. Con questo si vuole
rilanciare il discorso di riflessione. In qualsiasi modo si attuerà questo rilancio sarà comunque secondo schemi diversi da tutto ciò che la chiesa ha
vissuto sino ad ora. Sarà necessario per la comunità dei credenti reinventare un modo di
essere chiesa, adatto a rispondere alle nuove situazioni.
Prima di reinventare sorge
però il problema di analizzare
i meccanismi che hanno portato le nostre comunità verso una
secolarizzazione così accentuata. Senza un’analisi approfondita delle condizioni reali in cui
ci troviamo a vivere come credenti, non è possibile trovare
un messaggio che sia capito dagli uomini di oggi.
Se vogliamo capire la storia
della nostra chiesa, dobbiamo
tener presente come gli ultimi
30 anni abbiano inciso nella vita delle nostre vallate : gli anni 50, il duro periodo della ricostruzione post-bellica, sfociato poi nel miracolo economico
che aveva stupito tutti, ma che
fu di breve durata, poiché non
poggiava su solide, visioni di
sviluppo.
È bene non dimenticare che
per far questo la zona di pianura pinerolese fu fatta passare per zona depressa, per ottenere i finanziamenti dello Stato
e che questi finanziamenti comportarono le prime grosse ristrutturazioni con conseguenti
riduzioni di mano d’opera. A
quel punto molti valdesi sono
costretti a scendere a valle per
avvicinarsi al posto di lavoro,
altri sull’onda dell’euforia, di
questo miracolo, hanno scelto
coscientemente di inserirsi in
questo tipo di vita nell’illusione di benefici che sembravano
facili da raggiungere.
Il meccanismo dello svilup
Finanze
Come ogni numero della Circolare anche questa pagina reca alcune notizie di carattere finanziario sulla situazione del nostro Distretto.
Tutte le chiese hanno accettato
all’inizio dell’anno di aumentare
le loro contribuzioni di una percentuale fra il 10 ed il 15% rispetto al versamento del 1976 che
si era chiuso in modo molto positivo.
Fino al mese di giugno siamo
stati fedeli aH’impegno assunto e
non si sono verificati ritardi anche perché alcune chiese fra cui
Massello e Rorà (ed è bene sottolineare che si tratta delle due
più piccole delle Valli) avevano
già versato in gennaio tutta la
loro quota, con 12 mesi di anticipo. Nell’estate si sono verificati
alcuni ritardi ed ora alla fine di
settembre siamo già in ritardo
di alcuni milioni .sul previsto.
Si tratta ora, con la ripresa,
di mettere mano ad un impegno
concreto e risalire la china per
arrivare alla fine dell’anno 1977
col preventivo raggiunto.
Insieme a ouesto numero del
giornale ed alla Circolare allegata viene distribuito un ciclosti
lato che presenta sotto firma di
un albero le entrate c le usede
della chiesa in percentuale. Basta guardare per vedere che i doni delle chiese sono il 70% delle
entrate della chiesa mentre le
spese per il personale e le pensioni, cioè le spese di stipendio
dei pastori è del 74%; ne consegue che la chiesa con le sue offerte non paga neppure le spese
dei suoi pastori.
È prevista nel corso dell’autunno una serie di riunioni nelle famiglie e nei quartieri fatte dagli
anziani o più esattamente dai
cassieri delle diverse chiese per
illustrare i problemi in questo
campo. Tutti nartecipino a questi incontri e si informino perché
la prima cosa da fare è conoscere le cose come stanno.
Un secondo momento di informazione e di dibattito sarà nel
mese di dicembre quando si avranno le assemblee di chiesa
per l’approvazione del preventivo di spesa del 1978 che prevede
un ulteriore aumento del 15%
sulle offerte. Tutti si impegnino
ad essere presenti per poter discutere questo ed essere al
chiaro.
po, però, era precario, perché
basato essenzialmente sull’espansione dei consumi personali, mentre veramente poco si
fece a livello di produzione dei
consumi sociali (trasporti, energia, edilizia popolare, scolastica, servizi sociali).
In questo meccanismo ci siamo quindi trovati anche noi. Le
comunità delle alte valli un
tempo fiorenti ed autonome si
sono trovate ad essere notevolmente ridotte di numero, mentre le comunità di fondo valle
si sono gonfiate a dismisura,
ma in fondo erano più comunità di nome che di fatto. La
gente stentava ad inserirsi e rimaneva iscritta nelle comunità
di origine senza peraltro frequentarle. Ci sarà senz’altro
qualcuno che si chiederà se era
possibile fare altro in una situazione come quella descritta.
Forse vai la pena di ricordare
che i nostri fratelli che lasciarono le valli per il Sud America
condizionarono la loro scelta
economica (trovare una risposta alla loro povertà) con delle scelte precise: Non disperdersi - Ricostruire le strutture
comunitarie - Cogliere quell’occasione per essere dei testimoni.
Ritornando al nostro oggi, è
da questo punto che possiamo
partire per la nostra indagine
sulla secolarizzazione. La nostra società ha esaltato i valori individuali dell’uomo, rompendo cosi una dimensione di
solidarietà. La secolarizzazione
ha portato questa dimensione
individuale anche nelle nostre
scelte di fede: soli coi nostri
problemi abbiamo deciso di
emigrare, isolati ci siamo trovati nel luogo dove slamo andati ad abifare, allentati i rapporti comunitari non abbiamo
più chiara la motivazione per
stare insieme. Perché andare in
chiesa, che significato ha nella
vita di tutti i giorni essere dei
credenti? Anche il rapporto con
Dio lo abbiamo relegato nella
sfera delle questioni strettamente personali di cui non sentiamo l’esigenza di parlare.
Eppure, mai come ora, vi è
la necessità obiettiva di ricucire questo tessuto di rapporti
completamente lacerato ; altrimenti giungeremo alla paralisi
completa. I nuovi insediamenti
sono un concentrato di gente
che ha lasciato una cultura,
delle tradizioni, degli affetti, e
si trova di fronte alla necessità
impellente di ricostruirli. Anche nella chiesa ,1’essere come
individui l’uno accanto all’altro
(massellino, rodorino, pomarino ) finisce col non avere un significato se lo viviamo solo come momento individuale della
ricerca di Dio; se lo separiamo
dalla vita di tutti i giorni, per
cui finiamo per fare la distinzione tra sfera ecclesiastica e
mondo.
Nelle nuove situazioni in cui
la storia ci ha portati vi è invece un tessuto sociale, culturale e di fede da ricostruire. La
secolarizzazione si combatte
avendo presente che Dio ci ha
posti alle Valli affinché collaboriamo a « ricostruire la città »,
creando nuovi rapporti, nuovi
servizi in risposta alle nuove
esigenze, partecipando al rinnovamento politico e sociale,
pregando e ricercando comunitariamente nella Parola del Signore le indicazioni e la forza
necessarie.
Adriano Longo
3
7 ottobre 1977
PUBBLICATA LA « NOTA INFORMATIVA » APPROVATA DA SINODO E CONFERENZA 3t6V6 BÌKO
La revisione del Concordato
passata al pettine fino
Superando l’imposizione — o la tentazione — del ghetto, dobbiamo inserirci nella discussione viva dei problemi del Paese - Un’occasione per essere protestanti e non protestatari
È uscito in questi giorni un agile volumetto ' che contiene la
« Nota informativa » sulla revisione del Concordato, sottoposta
dalla Tavola alla Sessione congiunta del Sinodo e della Conferenza metodista, e da questa approvata dopo attenta discussione.
Tavola e Comitato Permanente"
hanno deciso di far stampare questa « nota », e di inviarla alle segreterie di tutti i partiti democratici, ai gruppi parlamentari, al governo; la Federazione si è associata a questa iniziativa, e ha provveduto ad ampliare notevolmente la
diffusione della « nota », in modo
che essa raggiunga, se possibile,
tutta l’opinione pubblica italiana
sensibile a questi problemi.
C’è da chiedersi qual’è il significato di questa iniziativa: come
mai valdesi e metodisti, indaffarati per mesi nella questione delle « Intese » hanno voluto trovare il tempo di studiare a fondo una questione che riguarda in realtà tutta la collettività nazionale, e
non li tocca direttamente.
Effettivamente era possibile,
forse « naturale », badare agli interessi nostri, « coltivare — come
si suol dire — i! nostro giardino »,
nel caso badare ad ottenere delle
« Intese » il più possibile dignitose e rispettose delle nostre libertà
e dei nostri principi, e per il resto
rassegnarsi ad una revisione concordataria che sembra ormai voluta dal 90% degli italiani, o almeno dal 90% dei loro rappresentanti parlamentari. Si poteva,
in altre parole, restare nel ghettoi
quel ghetto rigido e chiuso che ci
è stato imposto per tanti secoli, e
che oggi si è trasformato in un
cortese « ghetto ameboide », che
consiste nel riconoscerci un posto
dignitoso ma irrimediabilmente
marginale nella vita del Paese. Né
si può nascondere che in noi affiora talvolta la tentazione di accettare interiormente questa situazione di ghetto: nel caso della revisione del Concordato, questo at
TARANTO
CAMBIO DI TELEFONO
II pastore valdese Salvatore Ricciardi comunica il suo nuovo numero te
lefonico : 331017.
teggiamento poteva esprimersi o
in un completo ripiegamento su
noi stessi (solo le « Intese ») o in
una posizione puramente negativa: noi siamo contro il Concordato, noi riteniamo che i rapporti
stato-chiese vadano regolati dall’art. 8 e non dall’art. 7 della Costituzione; quindi tutta questa
faccenda della revisione non ci interessa, perché è sbagliata nella
sua stessa impostazione.
Effettivamente, è vero che l’art.
8 — mediante l’istituto delle intese — imposta i rapporti chiesestato in modo sano, e l’art. 7 —
richiamando i Patti Lateranensi
nella Costituzione — in modo
malsano; è vero che il modo (invero assai riservato) con cui l’intera questione della revisione concordataria è stata impostata lascia
molto a desiderare. Ma è anche
vero che noi non possiamo stare
semplicemente fermi ad aspettare
che il Paese ci raggiunga sulle nostre posizioni: dobbiamo inserirci
nella discussione viva dei problemi del Paese, e se per caso questa
discussione langue (come è il caso della revisione concordataria),
dobbiamo fare del nostro meglio
per ravvivarla, con un contributo
anche fortemente critico, ma circostanziato e preciso, non limitato a belle dichiarazioni di principio. In altre parole, dobbiamo
essere protestanti, e non semplicemente protestatari.
Questo significa che, se oggi è
sul tappeto la revisione del Concordato, noi dobbiamo entrare in
merito, con una analisi serrata,
con degli argomenti, con dei documénti, e senza rinunziare in
nulla al nostro modo evangelico
di vedere i problemi: con questo
ci comporteremo come membri
responsabili della società italiana,
non come sparuti difensori d’un
ghetto circondato e difeso da un
muro di negazioni. Questa è stata
la scelta che Sinodo e Conferenza
hanno fatto, e che ci pare giusto
raccomandare all’attenzione delle
chiese, anche in vista di quelle
iniziative esterne che esse dovrebbero essere in grado di solle
citare o di intraprendere.
Abbiamo parlato di attenzione,
e non a caso; la « nota » non si
presenta infatti come un testo di
agevole lettura, ed esige anzi di
Novità Claudiana
Ermanno Rostan.
UOMO D’OGGI DOVE SEI?
pp. 56, L. 1.000
Franco Giampiccoli
RELIGIONE SENZA AMORE O
AMORE SENZA RELIGIONE?
Una riflessione su T Corinzi 13
(A.P. 76), L. 300
VALDESI E METODISTI DI FRONTE
ALLA REVISIONE DEL CONCORDATO
La « Nota » della Tavola valdese con la « bozza di revisione »
che passerà all’esame delle Camere.
(Dossier 1), pp. 60, L. 1.000
Günther Bornkamm
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Tutto quello che il ’Gesù televisivo’ non vi ha fatto sapere !
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essere studiata con una certa cura,
e ciò per due motivi:
a) il governo non ha ancora
ritenuto opportuno rendere pubblica la bozza del nuovo testo di
revisione del Concordato: il testo
ha perciò dovuto essere ricostruito sulla base di congetture (sia
pure altamente attendibili, e non
smentite al tempo della loro pubblicazione il lavoro di analisi
critica ha perciò dovuto essere
fatto con estrema attenzione, e anche con una certa cautela.
b) per non operare in modo
sommario e superficiale si è voluto procedere all’esame punto per
punto di tutti e quindici gli articoli della nuova bozza di revisione, senza fermarsi unicamente su
quelli che maggiormente colpiscono la nostra sensibilità (o le nostre passioni): si tratta di un testo che sta per diventar legge nel
nostro Paese, e nelle leggi ogni
virgola è importante.
Tuttavia è lecito, in sede di presentazione giornalistica del volume, concentrare la nostra attenzione su alcuni punti qualificanti. È
ciò che faremo nel corso di due
articoli sui prossimi numeri del
giornale.
della Tavola valdese con la o bozza di
revisione » che passerà all’esame delle
Camere (ed. Claudiana, Dossier 1), pp.
60, L. 1.000.
2 vedi COM-Nuovi Tempi, numero
26, del 17.7.1977; e « il Mondo» del 14
settembre 1977.
I Valdesi e Metodisti di fronte alla
Revisione del Coneordato. La i< Nota »
Invito alle
chiese
Per la campagna abbonamenti, rinnovi e nuove
sottoscrizioni, invitiamo le
chiese ad una diffusione
straordinaria del n. 42 del
21 ottobre dedicato alla
DOMENICA
DELLA RIFORMA
con una doppia pagina
sulla Riforma in Italia
curata dal prof. Salvatore
Gaponetto.
Prenotazioni per copie
extra entro domenica 16
telefonando al 011/655.278.
Data la situazione posta!e, si consiglia la lieve
spesa supplementare di
poche migliaia di lire per
un invio a mezzo corriere.
TACCUINO DI VIAGGIO
Alla scoperta
del protestantesimo
della Francia meridionale
Concluso il breve viaggio in
Francia, cercherò di illustrare
chiaramente questa intensa settimana oltralpe. Come di consueto il « gruppo Torinese del sabato » che porta avanti, durante
l’anno studi molteplici, ha organizzato come conclusione di uno
di questi il breve viaggio atto a
quel contatto diretto che dovrebbe sempre seguire uno studio
teorico. Era il terzo viaggio che
seguiva quelli in Svizzera e Germania.
Quindi, dati gli studi da noi
portati avanti, studi riguardanti
il protestantesimo francese, scopo principale del viaggio era
quello di visitare i luoghi storici
del protestantesimo, ma soprattutto il poter stringere contatti
con quei gruppi locali di giovani
protestanti.
Se le interessantissime visite
ai centri storici hanno avuto il
merito di renderci colti e consapevoli di un protestantesimo vissuto in sofferenza dai fratelli
francesi, gli incontri con i gruppi giovanili hanno permesso ampi ed utili confronti.
Di particolare rilievo è stato
rincontro serale con il gruppo
giovanile di Grenoble, nell’ambito del quale si è notata una certa
analogia col nostro gruppo della
EGEI, degnamente rappresentato tra noi, ma quello che ci ha lasciati perplessi riguarda i contatti di questo gruppo francese con
la propria comunità. Infatti alla
nostra domanda relativa è giunta la bizzarra risposta che gli
unici contatti sono di carattere
finanziario.
Ci chiediamo dunque come
possa esser positivo un distacco
così netto dalla propria comunità da parte di Questo gruppo
che ha svolto tra l’altro interessanti studi sulTAmerica Latina.
Positiva è stata anche la discussione che abbiamo avuto con gli
scouts protestanti di Cresi. La discussione si è articolata dopo un
filmato che mostra i cicli lavo
rativi di questi giovani. Ma sebbene ci sia stato un loro discorso presentante questo gruppo come formativo ed atto a dare responsabilità ai ragazzi, considerando i loro inevitabili errori,
questo gruppo non ci ha completamente convinti. Non ci ha
convinti per il suo atteggiamento
disinteressato verso gli attuali
uroblemi sociali e per i suoi metodi formativi, che confidano
troppo nella « neutralità » dell’educazione. A Crest abbiamo
potuto visitare la torre, luogo tristemente famoso date le sofferenze cui erano sottoposti i prigionieri rinchiusi in questa possente prigione.
Il clou del viaggio ci è stato
comunque offerto dalla interessantissima visita al musée du
desert presso Mialet nelle Cevenne. Sotto la guida dell’abile
Cicerone locale abbiamo ricalcato le tappe del protestantesimo
francese, rivivendo i tragici momenti che i nostri fratelli riuscirono a superare grazie all’aiuto
di Dio. Piacevole dunque questa
visita ad un museo fornito di
ampi materiali e con una ingente
documentazione. Altri momenti
del viaggio: nella Drôme una
visita alla parrocchia di Bourdeaux, dove visse e mori lo storico valdese Alessio Muston; un
interrnezzo speleologico nelle
grotte di Trabuc; un incontro
fraterno con alcuni membri dell’Unione Valdese di Marsiglia.
Purtroppo il gruppo torineise
organizzatore non aveva potuto
che preparare il viaggio a grandi
linee data la scarsa partecipazione di giovani a ridosso dell’estate. Il gruppo potrebbe invece essere punto d'incontro per più
persone. Questo vuoto organizzativo ha lievemente nociuto al
viaggio, ma non ha intaccato il
felice compimento di quelli che
erano i nostri propositi iniziali
come « gruppo del sabato ».
Federico Jahier
(segue da pag. 1)
me pure la detenzione di prigionieri non processati, ha
espresso appoggio alle Chiese
dell’Africa del Sud che hanno
severamente condannato la tortura nelle prigioni, ed ha rivolto un appello alla Commissione
per i diritti umani dell’ONU, affinché sia immediatamente compiuta una seria inchiesta in
proposito.
Il più chiaro insegnamento
che ci viene dalla morte di Steve Biko è che il sistema dell’apartheid è indissolubilmente
legato alla morte e non alla vita, all’oppressione e non alla libertà. Piangendo la morte di un
uomo di pace, condanniamo il
sistema blasfemo che compie
l’ingiustizia appellandosi alla civilizzazione cristiana.
Steve Biko rappresenta la
nonviolenza e la moderazione,
in contrapposizione all’estrema
violenza di un sistema distruttivo. Nella sua qualità di presidente onorario della Convenzione del popolo negro, e di fondatore del Movimento della coscienza negra, Steve Biko è stato il simbolo della speranza dell’Africa del Sud, in vista di un
avvenire giusto ed umano. Il
suo messaggio che invitava ad
una trasformazione del sistema
politico, tenendo conto della dignità del popolo di colore, senza spargimento di sangue, aveva acquistato il rispetto internazionale.
Ma le autorità sud-africane
hanno risposto a quest'uomo
con delle vessazioni, intimidazioni e calunnie. È stato ufficialmente obbligato al silenzio con
le leggi restrittive del 1973. Clandestina, ma sicura, è- la morte
che gli è stata inferta nel 1977.
Il C.E.C. invita tutti coloro
che hanno ancora dei dubbi sull’apartheid a meditare sulle implicazioni di questa recente morte, e sulla strada da prendere.
Ciò che questi fatti ci rivelano
è un sistema di repressione che
si dimostra sempre più incapace di operare un mutamento ragionevole, Se l’apartheid decide
che degli uomini come Steve
Biko debbano morire, chi sarà
autorizzato a vivere nell’Africa
del Sud?
La necessità di un’inchiesta
approfondita e indipendente sulla morte di Steve Biko è evidente. Le giustificazioni ufficiali. ciniche, che abbiamo sentito
fino a questo momento, per ciò
. che riguarda la colpevolezza ufficiale, non fanno che accrescere la crudeltà di quest’azione
brutale. Un’inchiesta è quindi
necessaria, in quanto coinvolge
la nostra responsabilità nel por
fine a delle strutture che altrimenti continuerebbero a distruggere degli altri Steve Biko
nell’Africa del Sud.
Per questo il C.E.C. chiede
(come ha già fatto altre volte
negli ultimi anni) l’appoggio a
tutti coloro che operano per la
giustizia nel Sud-Africa e la negazione di ogni forma di aiuto
— militare, economico, diplomatico e culturale — al governo
della minoranza bianca.
Intese
t segue da pag. 1)
trova il suo tornaconto (spirituale), che le Intese sono un
esempio, che il Concilio su questo è fallito e che vuole partecipare al Sinodo prossimo. Vuole
fare una tesi seria, non degli articoletti di propaganda, sull’atteggiamento della chiesa valdese
di fronte allo Stato fascista? Si
rivolga al nostro archivista ed otterrà certo accesso molto più libero di quanto otterrei io negli
archivi diocesani di Pinerolo.
A me però don Trombotto e
l’Eco del Chisone non mi interessano in modo esistenziale, mi
interessa l’atteggiamento della
chiesa nel mondo e la constatazione che debbo fare al termine
di questa piccola polemica è che
l'aggiornamento decantato degli
anni 60 si è ridotto ad un aggiustamento e se ne deve concludere che la cultura cattolica resta quella che è, resta quella
che è la politica cattolica e di
conseguenza anche la testimonianza in Italia.
Come conclusione è piuttosto
deprimente.
4
7 ottobre 1977
UNA SPERANZA AL DI LA’ DELLE INCERTEZZE
U tua parola è una lampada al mio piede
ed una luce sul mio sentiero isai n9: nsi
Nel corso di una discussione del gruppo redazionale qualcuno ha affermato, come cosa certa e scontata, e perciò in modo un po’
provocatorio, che i giovani non hanno oggi alcun interesse per la Bibbia. Abbiamo pensato perciò di invitare due gruppi di catecumeni, uno a Torre Pellice e l’altro a Torino, a commentare questa affermazione.
TORRE PELLICE
... Bisognerebbe
leggerla in gruppo
« Leggete ancora la Bibbia? ».
la domanda l’ha rivolta, l’altra
sera, Giorgio Tourn a tre ragazze della comunità valdese di Torre Pellice. A titolo di cronaca diciamo che una di loro non ha accettato di fare la confermazione,
le altre due sì. Siamo in una saletta del Presbiterio, il magnetofono continua a girare nel silenzio generale. Poi, finalmente. Iris
si decide:
« Personalmente la Bibbia non
la leggo anche se penso che è un
libro importante. Preferisco leggere altri libri. Tuttavia per me
è un problema perché i miei genitori sono credenti e questo fatto mi pone delle domande. Ogni
tanto penso a queste cose ma
in chiesa non ci vado. Però se
la chiesa m'invita a spiegare la
mia posizione o a partecipare a
qualcosa — come stasera a questo incontro — io aderisco volentieri. Per esempio all’idea di
frequentare il catechismo, un luogo cioè dove si legge la Bibbia,
non mi sono mai ribellata. Ma
non mi sono presentata alla confermazione perché non ne ero
convinta. Comunque oggi la Bibbia non m’interessa perché ho
altri problemi ».
Interviene Caterina, confermata l’anno scorso: ^(Qualche volta da sola, ho provato a leggere
la Bibbia, ma poi mi sono subito
demoralizzata. Penso anch’io che
è un libro molto importante e
credo che possa interessare anche chi in Dio non ci crede ».
Ma perché ti sei demoralizzata?
« Perché è troppo difficile. Anche se volessi leggerla non potrei
capirla, ci vorrebbe sempre qualcuno che me la spiegasse, che
inquadrasse il passo che m’interessa. Al catechismo mi piaceva
venire perché almeno c'era una
spiegazione seguita da una discussione... Infatti da quando mi
son confermata non ho più letto
la Bibbia perché, secondo me, è
molto complicata... Forse bisognerebbe leggerla in gruppo con
qualcuno che ne capisca qualco
sa. La Bibbia sembra facile in
apparenza ma poi il significato
profondo sfugge ». Sandra, mentre Caterina parla, muove la testa in segno d’assenso: « Anch’io
non sento l’esigenza di leggere la
Bibbia anche perché è molto difficile da capire e quindi il mio interesse è diminuito ».
Allora finito il catechismo voi
non avete più letto la Bibbia. Ma
quello che avete imparato a catechismo non vi potrebbe aiutare a superare le difficoltà di comprensione?
Interviene Sandra: « Forse il
metodo del catechismo è sbagliato, noi comunque non abbia
mo gli strumenti per capire la
Bibbia. C'è qualcosa che non funziona ». « Comunque sia — aggiunge Iris — strumenti o non
strumenti sta di fatto che il nostro disinteresse ver la Bibbia è
lo stesso di moltissimi altri giovani che una volta finito il catechismo la Bibbia non l’aprono
più. A meno che non ci sia la
fede... »
Quindi secondo voi la lettura
biblica è una questione di fede?
Secondo Iris, sì: « Penso che
le due cose, fede e Bibbia, vadano assieme. Uno ha fede e quindi legge la Bibbia anzi generalmente uno non crede e poi, leggendo la Bibbia, comincia a credere in Dio ».
Ma se per esempio qui ci fosse
un gruppo di giovani della vostra
età che si riunisse regolarmente
per leggere la Bibbia voi lo frequentereste?
Risponde Sandra: « Il catechismo qualcosa ci ha dato, non è
stata un’esperienza da buttar via.
Era un gruppo che leggeva la
Bibbia, quindi se ci fosse un nuovo gruppo forse verrei... ». Inter
viene di nuovo Iris: « Credo che
a un gruppo così ci verrei per
un po’ di tempo noi mi scoccerei
perché m’interessano altri problemi. Attualmente vivo bene
così anche senza leet^ere la Bibbia o andare in chiesa, comunque non è detto che io chiuda il
problema definitivamente. Non
faccio progetti per il futuro ».
Chiediamo a Caterina di tentare una risposta. E infatti arriva:
« Se ci fosse un gruppo biblico
lo frequenterei. Quando ho frequentato catechismo ero troppo
giovane, adesso che l’ho appena
finito penso che dovrebbe ricocominciare. Sento che solo adesso comincio ad entrare nei problemi della vita e forse è il momento migliore per cercare di
capire la Bibbia. Quando non si
hanno problemi non interessa
neanche la Bibbia. L’istruzione
biblica per me dovrebbe cominciare adesso, che ho quasi diciatto anni ». '
Quest’ultima affermazione credo che possa valere per ogni età.
G. Platone
TORINO
Lo scoglio dell'Interpretazione
MARCO - La Bibbia, così, com’è, la sento un po’ lontana:
mi sembra che sia tutta da interpretare. Quanto al problema
posto, la Bibbia mi interessa,
sì, ma penso sia per curiosità
personale. A me interessa poter studiare dei testi comparati
e acquisire una conoscenza del
mondo ebraico di quel tempo.
LA SCRITTURA
La parola dei profeti e degli apostoli è parola, testimonianza, annuncio e predicazione di Gesù Cristo. La promessa
accordata alla Chiesa da questa parola è la promessa della
misericordia di Dio espressa nella persona di colui che è veramente Dio e veramente uomo: misericordia che si impadronisce di noi nella incapacità totale in cui siamo di badare a
noi stessi a causa della nostra ostilità contro Dio. La promessa di questa parola si chiama « Emmanuele »: Dio con noi —
sì, con noi che siamo gettati sempre di nuovo nella stessa miseria che consiste nel non poter essere con Dio. La Sacra
Scrittura è la parola degli uomini che hanno chiamato, atteso, sperato questo Emmanuele, che infine l’hanno visto, ascoltate e toccato in Gesù Cristo. Questa parola dice, attesta e
predica questo fatto, e ci promette che esso vale anche per
noi. Chi ascolta tale parola, coglie la promessa e risponde: sì;
chi fa questo, crede. Questo cogliere, questo accettare la promessa « Emmanuele con i peccatori », per mezzo della parola
dei profeti e degli apostoli, costituisce la fede della Chiesa. In
questa fede la Chiesa si ricorda della rivelazione già avvenuta; in questa fede attende la rivelazione futura: si ricorda
della incarnazione della Parola eterna e della riconciliazione
che essa compie ed attende il ritorno di Gesù Cristo che la
libererà dalla potenza del male.
Così, è per questo contenuto che la Scrittura si impone.
Un testo che ha questo contenuto, solo questo in verità —
in opposizione a tutti gli altri testi — è la Sacra Scrittura.
Quando la Chiesa ha ascoltato quella parola — e l’ha ascoltata dalla bocca dei profeti e degli apostoli e da nessun altro —
ha ascoltato una parola che si definiva sovrana, che non può
più essere posta sullo stesso piano di alcun’altra parola. Un
testo che abbia questo contenuto pone dei necessari limiti
al monologo della Chiesa: in presenza di questo « Emmanuele,
Dio con noi peccatori » vediamo bene che la nostra essenza,
per quanto profonda, non potrebbe mai essere la rivelazione
già compiuta da Dio. Un testo che abbia questo contenuto deve ergersi di fronte alla vita della Chiesa (è per questa situazione che può esserci una vita nella Chiesa) come una grandezza pienamente autonoma, pienamente vivente e potente,
come un criterio che non si confonde in nulla con la vita storica della Chiesa. Infine un testo che abbia questo contenuto
deve continuamente diventare l’oggetto del ricordo autentico
della Chiesa, il ricordo sul quale essa si appoggia per guar
dare verso l’avvenire: « Ho creduto, per questo ho parlato »
(Salmo 116: 10; 2 Cor. 4: 13).
L’ascolto di questa parola, nella fede in ciò che essa
promette, comanda e rende possibile la predicazione.
Karl Barth
FEDERICO - Io giudico la
Bibbia utile e indispensabile come arricchimento della propria
cultura e come base fondamentale della fede. La sento un po’
pesante se non c’è altro per tutto un anno di catechismo : dovrebbe essere possibile variare
e parlare una volta della Bibbia, una volta della storia valdese, una volta di temi di attualità.
SANDRO - Sono d’accordo
con quanto ha detto Marco : non
si può leggere la Bibbia cos'i com’è, ma bisogna intenderla in
chiave moderna secondo i pensieri di oggi e cercare di capire
che cosa intendevano dire quelli che l’hanno scritta duemila
anni fa. Secondo me il catechismo dovrebbe essere uno strumento per renderci coscienti di
ciò che siamo, soprattutto nei
nostri rapporti con il mondo
cattolico.
GIAMPICCOLI - Secondo voi,
il catechismo così; come viene
fatto nelle nostre chiese, come
formazione essenzialmente biblica, serve a « introdurre » alla lettura personale della Bibbia oppure questa rimane una
attività confinata nell’ora di catechismo?
SANDRO - Secondo me la domanda è mal posta perché la
cosa varia da individuo a individuo.
MARCO - Personalmente ogni
tanto prendo la Bibbia, leggo e
cerco di capire qualcosa ; ma
sono d’accordo con Sandro, è
una cosa molto soggettiva, la
fede è una cosa molto personale.
FEDERICO - A me la Bibbia
interessa, ma fuori del catechismo la Bibbia non la leggo perché non mi ci raccapezzo. Vedo
questo grosso librone e non so
da che parte prenderlo. Vado al
catechismo anche per questo,
perché voglio leggere la Bibbia
ma essendo aiutato e indirizzato sui punti principali.
CINZIA - 11 mio problema è
che quando leggo la Bibbia mi
chiedo quale possa essere la
giusta interpretazione. Prenderla alla lettera non penso sia
possibile: si parla di tempi passati che non hanno più niente
a che fare col nostro tempo. Ma
allora come interpretare? Non
sono neanche sicura che non
vada presa alla lettera e mi chiedo anche se l’interpretazione
che ne dà la chiesa, un pastore, sia quella giusta.
GIAMPICCOLI - La soluzione più semplice non sarebbe
avere una interpretazione d’autorità, come hanno i cattolici,
che risolva dubbi e insicurezze?
CINZIA - Su questo non sarei proprio d’accordo !
SANDRO - La sicurezza dovrebbe venire dalla fede personale.
CINZIA - Io sono d’accordo
che quando uno ha fede, sente
dentro di sé quello che è giusto
e quello che non è giusto e dentro di sé può avere il senso di
come va interpretato un certo
passo. Però tante volte sono rimasta sconcertata per la differenza tra la mia interpretazione
e quella del pastore.
GIAMPICCOLI Credo che
chi può interpretare autorevolmente la Bibbia per , ciascuno
di noi è Dio stesso, è lo Spirito
del Signore. Questo crediamo
come protestanti: non è il papa che ci dice come dobbiamo
credere e intendere la Bibbia,
né un’altra autorità nella chiesa, ma è lo Spirito del Signore,
con tutti i rischi che questo
comporta, rischi di equivoco, di
confusione tra lo spirito nostro
e quello del Signore...
SILVIA - Secondo me non ci
sono due persone con la stessa
testa per cui l’interpretazione
varia da persona a persona. Anch’io ho un problema di interpretazione e sento la Bibbia
come un testo molto impegnativo e diffìcile. Non mi sentirei
di inculcare nella testa di altri
la mia interpretazione perché
non sono per nulla sicura che
sia quella giusta.
ALBERTO - La difficoltà, per
ciò che riguarda l’interpretazione, è di capire dove il racconto
si traduce in insegnamento per
noi. Mi è servita per esempio
llndicazione dell’ultimo numero della Luce in cui sì commenta il racconto della Genesi dicendo che l’uomo era stato posto nel giardino dell’Eden per
custodire la natura e per rispet
tarla. Di fronte a tutti gli esempi di come l’uomo non ha saputo custodire e rispettare la
natura, può allora emergere
l’insegnamento anche da un testo antico.
ETTORE - Io condivido quanto è stato detto riguardo alle
insicurezze che abbiamo di fronte alla Bibbia; ma dal momento che non ci facciamo dei
dogmi queste insicurezze sono
inevitabili. La sicurezza se mai
deriva dalla fede che uno ha;
può darsi che io non abbia tantissima fede dato che ho poca
sicurezza; ad ogni modo penso
che ben pochi possano avere
una fede senza insicurezze.
GIAMPICCOLI Ma forse
preoccupanti e anormali non
sono le insicurezze di cui parliamo, ma al contrario la pretesa di avere una fede senza la
minima insicurezza...
DIONISIA - Interpretare la
Bibbia è difficile per tutti, ma
forse c’è anche la possibilità
che quello che uno legge a casa e la predica del pastore la
domenica che nel culto legge
un passo e lo commenta, siano
in accordo secondo una stessa
interpretazione.
GIAMPICCOLI - Ci manca il
tempo per proseguire su questo
argomento. Per concludere farei questa osservazione: che abbiamo risposto solo in modo
piuttosto marginale al problema
dell’« interesse » : è infatti evidente che al nostro invito hanno risposto solo persone che
hanno un certo interesse per la
Bibbia. Chi per la Bibbia non ha
alcun interesse, anche se invitato, non è venuto a dirlo e a spiegarne le ragioni: semplicemente
non ha risposto a questo invito.
In compenso dalla nostra conversazione è emerso un fatto importante, e cioè che per chi in
un modo o nell’altro è « interessato » alla Bibbia, il problema
centrale è quello della sua interpretazione per il nostro tempo. Tra Fautoritarismo dell’interpretazione d’ufficio e il relativismo delle opinioni personali
tutte sullo stesso piano, come
protestanti riformati non possiamo che essere sempre di
nuovo davanti a questo problema, alla ricerca della Parola di
Dio tra le parole degli uomini.
5
7 ottobre 1977
— a
UN PROBLEMA ANTICO E ATTUALE
V
Secolarizzazione: verso
la fine della religione?
Sentita spesso come una minaccia rivolta alla chiesa, la secolarizzazione può invece
essere strumento per il rovesciamento degli ideali religiosi del nostro mondo
Tema di grande attualità, questo della secolarizzazione; lo dimostra il fatto che sia entrato
anche nel linguaggio della
Conferenza del I Distretto
che lo usa in un suo órdine
del giorno (vedi pag. 2). È
però un tema dotto che fa
scorrere inchiostro da decenni, riempie libri ed articoli di riviste, è oggetto di
discussioni in grandi congressi. In realtà privato del
suo alone di mistero e di
cultura il problema è molto antico e semplice per i
credenti (il problema, non
la soluzione, s’intende!): è
quello del vivere la fede
cristiana in un mondo e fra
gente che cristiana non è e
che si disinteressa assolutamente del discorso di fede.
È in questi termini che la
parola, usata nel discorso
del I Distretto, è stata associata al problema della crisi del culto.
Il problema è diventato
più acuto negli ultimi decenni perché il numero delle persone che si allontanano non solo dal culto ma
dalla fede cristiana è sempre crescente e la chiesa si
trova ad essere messa ai
margini della vita associata,
diventa sempre più un relitto del passato.
Posta in questi termini la
« secolarizzazione » è un fenomeno semplice e suscita
ben pochi misteri; a guardare più in profondità però, è meno semplice ed è
comunque singolare per
molti aspetti.
SECOLO E MONDO
Singolare è il termine
stesso. Sta ad indicare un
atteggiamento libero dalla
religione, dai riferimenti
teologici, dall’istituzione ecclesiastica ma è un termine
nato e cresciuto sul terreno della fede cristiana. « Secolare » è il « secolo », cioè
il mondo, quello che la predicazione apostolica considerava opposto alla manifestazione di Cristo e che è diventato poi sinonimo di opposto alla chiesa. I « religiosi » sono i frati, coloro
che vivono interamente volti al mondo di Dio, al vero
mondo deH’al di là, i « secolari » sono quelli che restano legati a questa realtà, a
questo mondo. « Secolarizzazione » come « mondanizzazione » è termine negativo nell’ambito della vita cristiana.
E questo non è vero solo
per ciò che riguarda il termine ma il fenomeno stesso. Cioè vista sotto un primo aspetto la secolarizzazione è sempre in funzione
o in riferimento alla fede
cristiana. Non esiste da sola, non ha autonomia, realtà, consistenza in sé, esiste
solo in quanto si riferisce
alla rivelazione, a Dio. Il
« secolare » è il non-credere, come il mondo è nell’evangelo di Giovanni la non
fede. È perciò inevitabile
che si raccolga attorno al
termine stesso un’atmosfera di critica, di risentimento, di polemica, di tensione.
C’è tensione da parte di
coloro che vivono il processo di secolarizzazione come opposizione alla fede, alla realtà della rivelazione,
alla comunità cristiana che
vive della fede in Cristo.
C’è sempre, inevitabile una
forma di anti-clericalismo,
di anti-religione, di anti-spiritualismo in ogni atteggia
HARVEY COX
Cos’è la secolarizzazione? È il mondo che si
libera dà una comprensione religiosa o semireligiosa di se stesso, il dissolversi di ogni concezione del mondo angusta e limitata, la rottura di tutti i miti soprannaturali e di tutti i
simboli sacri. Rappresenta ciò che un osservatore ha chiamato « la storia sfatata », la scoperta dell’uomo di esser stato lasciato col mondo tra l3 mani e di non poter più dar la colpa
che affermano che la nostra età moderna ha
le sue religioni secolarizzate, i suoi santi politici, e i suoi templi profani. In un certo senso
hanno ragione; ma d’altra parte, chiamare per
esempio « religioni » il nazismo o il comunismo
signiñca oscurare una differenza molto signiffcativa tra questi e le religioni tradizionali. Signiñca anche oscurare il fatto che il nazismo
era un tuffo indietro in un tribalismo perduto
Una storia «sfatata»
al caso o alle furie per ciò che ne fa. Secolarizzazione è l’uomo che distoglie la sua attenzione da un mondo « al di là » e la concentra su
questo mondo e su questo tempo (saeculum =
l’età presente). È ciò che Dietrich Bonhoeffer
nel 1944 chiamava « l’uomo diventato adulto ». (...)
L’era del mondo secolarizzato, il cui modo
di vivere si sta estendendo rapidamente fino
ai più lontani angoli del globo, è un’era marcata dalla mancanza assoluta di religione. Essa
non guarda più a regole e a riti religiosi per
la propria morale o per i propri significati.
Certo ad alcuni la religione fornisce un passatempo, ad altri un segno di identità nazionale
o etnica, ad altri ancora un godimento estetico. Ma è per un numero sempre più ristretto
che essa costituisce un sistema inclusivo e costrittivo di valori e di spiegazioni tanto personali che universali. Certo, ci sono persone
e che il comunismo ogni giorno che passa diventa più « secolarizzato » e perciò sempre meno una « religione ».
Lo sforzo per costringere in una cornice religiosa movimenti secolari e politici del nostro
tempo, in modo da poter essere giustificati nel
nostro aggrapparci per contrasto alla nostra
religione, è alla fin fine, una battaglia perduta.
La secolarizzazione va avanti e se vogliamo
comprendere e comunicare con la nostra età
presente dobbiamo imparare ad amarla nella
sua irrinunciabile secolarità. Dobbiamo imparare. come diceva Bonhoeffer, a parlare di Dio
in un modo secolare e a trovare un’interpretazione non-religiosa dei concetti biblici. Non servirà a nulla aggrapparci alle nostre versioni
religiose e metafisiche del Cristianesimo nella
speranza che un giorno la religione o la metafisica tornino a imporsi. Se ne vanno per sempre...
DIETRICH BONHOEFFER
8 giugno 1944
Ha raggiunto ai giorni nostri una certa compiutezza
il movimento iniziatosi verso il XIII secolo (non starò
qui a imbarcarmi in una discussione sulle date), che
aveva come obiettivo l’autonomia dell’uomo (intendo
per autonomia la scoperta
delle leggi, in base alle quali
quella protestante sono concordi nel vedere in questa
evoluzione la grande secessione da Dio, da Cristo :
quanto più ci si richiama a
Dio e a Cristo contro questa evoluzione, tanto più questa evoluzione interpreta se
stessa come anticristiana. Il
mondo, pervenuto alla consapevolezza di sé e delle proprie leggi di vita, è a tal pun
Un mondo adulto
il mondo vive e basta a se
stesso nella scienza, nella vita sociale e politica, nell’arte, nella morale, nella religione). L’uomo ha imparato
a cavarsela da solo in tutte
le questioni importanti, senza ricorrere alla « ipotesi di
lavoro: Dio». Il fatto è scontato ormai nelle questioni
scientifiche, artistiche e anche etiche, e nessuno più
osa tornarci sopra; ma da
un centinaio d’anni questo
vale, e in misura sempre
maggiore, anche per le questioni religiose ; si è visto
che tutto va avanti — esattamente come prima — anche senza « Dio ». Nell’ambito genericamente umano, come in quello scientifico,
« Dio » è respinto sempre più
lontano dalla vita, perde terreno.
La storiografìa cattolica e
to sicuro di sé, che ne proviamo un penoso disagio. (...)
Io ritengo gli attacchi dell’apologetica cristiana al
mondo diventato adulto, primo : assurdi ; secondo ; scadenti; terzo: non cristiani.
Assurdi; perché mi sembrano il tentativo di ricondurre
alla pubertà un individuo ormai uomo, cioè di riportarlo a dipendere da cose dalle quali egli si è reso di fatto indipendente, di ricacciarlo verso problemi che, di
fatto, per lui non sono più
tali. Scadenti: perché si tenta lo sfruttamento delle debolezze di un uomo a un fine che gli è estraneo e che
non ha sottoscritto liberamente. Non cristiani; perché
Cristo viene scambiato per
un determinato grado della
religiosità umana, quanto
dire con }xna legge umana.
mento secolare. A uno che
non crede spesso dà fastidio trovare uno che crede.
Quanto anticlericalismo, irreligione, quanta critica beffarda e volgare è stata spesa nel cammino della cultura moderna!
Ma c’è tensione anche da
parte dei credenti. Difficile
per non dire impossibile accettare con serenità, con
tranquilla coscienza, con
sorriso distaccato, il fatto
che la fede cristiana perda
il suo posto nell’animo degli uomini moderni. I credenti sono perciò condotti
senza volerlo ad assumere
un atteggiamento sospettoso e rigido nei confronti di
coloro che avvertono come
potenziali nemici della fede.
Questo spiega perché il
fenomeno della secolarizzazione sia stato visto e vissuto per molti decenni in
chiave polemica e denunziato come un pericolo da parte della chiesa.
IL CRITERIQ E’ DIQ
NQN LA CHIESA
Ma si è pian piano fatto
strada un ripensamento ed
una diversa coscienza del
problema ha preso corpo.
Secolarizzarsi è in riferimento alle realtà della fede certo, ma in che modo? Significa distacco dalla chiesa o
da Dio? Significa sempre
che uno rifiuta l'evangelo o
soltanto manifesta il suo distacco e la sua distanza dalla istituzione ecclesiastica,
dalla chiesa come struttura? Svalutazione della chiesa è necessariamente oppo
sizione a Dio, volontà di
contrapporsi a lui?
Non c’è forse, nella secolarizzazione anche un aspetto positivo nel senso che richiama la fede ad una sua
dimensione profonda, troppo spesso dimenticata e trascurata e precisamente la
realtà del mondo? Il mondo inteso, non come in Giovanni nel senso dell’opposizione a Dio, ma semplicemente come la realtà degli
uomini e delle cose, il creato in sostanza che non esiste per inspiegabile caso o
per errore ma per volontà
di Dio, non sarebbe forse
una realtà degna di essere
amata ed assunta nella riconoscenza al Signore?
C’è qualcosa di valido in
questa volontà di essere responsabile delle proprie
scelte ed azioni, in questo
voler vivere la vita senza la
tutela della chiesa; come il
laicismo o la laicità della
cultura, della scuola, dello
stato sono fatti positivi, e
tali li abbiamo sputiti nella nostra battaglia 'di evangelici in Italia, così lo è sotto certi aspetti la secolarizzazione di cui sono espressione.
RELIGIQNE O CRISTO
Ma si può fare ancora un
passo innanzi e chiederci
contro che dio si esprime
la protesta « secolare » dell’uomo moderno. Contro il
Dio dell’Evangelo, contro
Gesù Cristo morto e risorto
Giorgio Toum
(continua a pag. 8)
6
7 ottobre 1977
cronaca delle valli
PRALÏ
_______________ INTERVISTA ALL’ASSESSORE BOZZELLO DELLA PROVINCIA
Alluvione : 9 miliardi accertati
autogestita
Le tre fasi del piano di intervento della Provincia - Nessun effetto definitivo se non verranno
operati massicci interventi negli alvei dei torrenti.
Abbiamo incontrato nel suo
ufficio in Provincia Eugenio Bozzello, Assessore allo sviluppo sociale, alla viabilità ed ai trasporti. Assessore dal 1970, dopo essere stato segretario provinciale
del PSI, egli ci ha dichiarato il
suo interesse a seguire le vicende e i bisogni dei piccoli comuni, essendo lui stesso originario
di un piccolo comune, Castellamonte canavesano. « Noi teniamo — ci dice — a che le risorse della Provincia vengano
spese a partire dallo stato di
necessità, e cioè per i piccoli
comuni, per la loro viabilità,
per i loro trasporti, per l’assetto generale del loro territorio».
Parliamo con lui delle conseguenze del più grave disastro
naturale mai subito dalle nostre vallate.
— Assessore Bozzello, a quanto ammontano i danni accertati in conseguenza deU’alluvione
del maggio ’77?
— Da una valutazione che' si
avvia ad esser definitiva — dopo il doveroso controllo operato dagli Uffici tecnici provinciali e regionali sui dati forniti
dai Comuni, che in qualche caso nella denuncia hanno messo
un po’ di tutto — i soli danni
patiti dalle strutture della viabilità provinciale nella tremenda giornata di maggio (ponti,
strade, muri di sostegno, opere d’arte) ammontano a circa 9
miliardi cui vanno aggiunti gli
ingenti danni subiti in precedenza nel novembre 1976, e poi
nell’aprile e nel luglio del 1977.
— Come si è mossa la Provincia. dopo il disastro?
— L’Amministrazione provinciale ha compiuto un ingente
sforzo con l’impiego incondizionato e continuo di tutte le proprie strutture. Non abbiamo
atteso la legge nazionale che è
stata approvata il 22 giugno e
la sua traduzione regionale varata il 21 luglio; abbiamo anticipato la legge impegnando i
fondi della Provincia in attesa
di potere, in un secondo tempo, liberare i fondi provinciali
e impegnare quelli regionali. Se
non avessimo operato in questo modo si sarebbero persi tre
mesi di lavoro utile nella stagione più propizia.
— In particolare, come sono
stati strutturati gli interventi
della Provincia?
— Sono stati articolati in tre
distinte fasi:
1“ fase - pronto ed immediato
intervento rivolto al ripristino
dei collegamenti viari tra comuni e frazioni effettuati con
mezzi di emergenza, con l’impiego di mezzi meccanici della
Provincia e di privati con i quali la Provincia ha rapporti abituali in ausilio ai tecnici ed al
personale dipendente. L’evidente efficacia di questa fase è stata unanimemente riconosciuta:
basti ricordare che al Consiglio Provinciale, riunito il 25
maggio, potevo comunicare che
nessun comune servito dalla
rete provinciale era isolato.
Ili CIRCUITO
Unioni
Femminili
Le unioni femminili di
Prali, Perrero, Chiotti, Pomaretto si ritroveranno
domenica 13 novembre a
Pomaretto, alle 14.15, per
un incontro fraterno e per
programmare alcune attività in comune.
Invito cordiale anche alle non unioniste.
2“ fase - pronto intervento
per il ripristino delle strutture
danneggiate, e pericolanti, per
lo sgombro delle frane e la ricostruzione delle opere indispensabili a garantire il transito con sufficiente garanzia di
sicurezza.
3" fase - ricostruzione delle
opere danneggiate e ripristino
delle condizioni preesistenti,
con studio e provvidenze atte,
per quanto possibile, a scongiurare il ripetersi degli effetti
catastrofici in occasione di
prossime avversità atmosferiche.
— Quali possono essere per
esempio queste previdenze?
— Da una parte possono essere per esempio nuovi tracciati per strade la cui attuale configurazione si è rivelata inadatta. Ma l’essenziale è un’indispensabile opera di risanamento per mezzo di un intervento
a carattere globale. La realizzazione delle opere che la Provincia ha intrapreso porterà
un notevole e determinante contributo alla ricostruzione delle
zone disastrate ma non sortirà
alcun definitivo effetto se non
sarà integrata da massicci interventi negli alvei specie del
Pellice e dall’imbrigliamento e
governo dei corsi d’acqua specie nella loro parte alta. Queste opere come noto sono di
competenza di altri Enti ( Regione, Magistrato del Po, Genio
Civile) e la Provincia può solo,
in questi casi, se richiesta, fornire rapporti di. collaborazione
a livello di consulenza. Va sottolineato che l’Amministrazione
provinciale non si è mai fatta
scudo dei suoi limiti di competenza per eludere impegni in
interventi ritenuti indispensabili, vedasi in proposito la progettazione della soluzione del
ponte Blando e l’installazione
del ponte Bailey a Villar Porosa.
— Quali sono i programmi
della Provincia per l’immediato
futuro?
— Delle tre fasi descritte,
stiamo ora arrivando alla terza. Entro il 15 ottobre intendia
Nel comprensorio
di Pinerolo
Opere già ultimate
serio di Pinerolo:
1 ) Rinforzo della spalla del Ponte sul Rio Rospard. Impresa Sicos
2) Rinforzo delle spalle del ponte di Lusernetta. Impresa Sicos
3) Costruzione di difese a monte ed a valle del ponte sul
Pellice a Luserna. Impresa Rotunno
4) Costruzione di diaframma in c.a. a valle del ponte sul
Pellice a Luserna. Impresa Sicos
5) Esecuzione di ponte Bailey in sostituzione quello crollato a Bibiana. Impresa Crosetto
6) Esecuzione di ponte Bailey a Villar Perosa, Impresa
Crosetto
7) Costruzione di muro di contenimento del movimento
franoso in regione Sagne di Perrero. Impresa Sicos L. 200.000.000
8) Costruzione di chiodature del muro di sostegno in
regione■ Gianna. Impresa Sicos
9) Ricostruzione corpo stradale della provinciale diretta
dell'Inverso tra Porte di Pinerolo, S. Germano, Inverso Rinasca, Pomaretto. Impresa Crosetto ed altre
10) Interventi vari localizzati lungo le due direttrici principali della Val Pellice e deHa Val Germanasca
A metà settembre sono stati consegnati alle imprese aggiudicatarie i lavori di ricostruzione dei muri di sostegno e delle opere d'arte della strada
provinciale per Masssello e Saiza per un importo di lire 400.000.000.
Sono stati altresì consegnati alle imprese aggiudicatarie i tre lotti di
ricostruzione de! corpo stradale e delle opere d'arte lungo la strada provinciale Perrero-Prali-Ghigo per un importo di lire 265.000.000.
E' altresì in corso la progettazione del ponte definitivo di Bibiana in sostituzione di quello crollato; la spesa presunta si aggira sui 600.000.000.
Anche il progetto delle difese dei ponti di Miradolo, di Faule e di Villafranca, nonché quello relativo alla ricostruzione della strada da Torre Pellice
a Bobbio Pellice sono in avanzata fase di realizzazione; l'importo di questi
progetti sarà prossimo ai 500.000.000.
avanzato stato di realizzazione nel compren
L. 50.000.000
L. 40.000.000
L. 150.000.000
L. 98.000.000
L. 50.000.000
35.000.000
L. 100.000.000
L. 450.000.000
120.000.000
mo compiere un sopralluogo
per accertare lo stato dei lavori, per controllare che ciò che
non si potrà fare ora, con l’approssimarsi della cattiva stagione, possa ripartire subito appena possibile in primavera.
Per il resto, gli Uffici tecnici,
come per il passato, sono a disposizione per la progettazione,
direzione lavori ed espletamenti relativi ad opere di compe:
tenza di Enti che non abbiano
le strutture adatte a sopperire
le necessità progettuali.
Al termine della conversazione, l’Assessore Bozzello ci ha
anche anticipato gli interventi
regionali che la Provincia aveva sollecitato alla Regione per
la parte di sua competenza. Ma
su questa parte ritorneremo
un’altra volta.
intervista a cura di
Franco Giampiccoli
Nei prossimi numeri proseguiremo l’indagine con interviste
all’assessorato alla montagna della Provincia e della Regione.
Sarà possibile avere una scuola materna anche a Prali? Tutte
le prevedibili soluzioni collegate
a questa ipotesi sono state esaminate in una riunione che ha
avuto luogo, sabato nella sala comunale. Un gruppo di madri di
bambini dai 3 ai 5 anni si è dichiarato molto favorevole alTiniziativa ed ha chiesto l’appoggio
delTamministrazione comunale.
Scartata Tipotesi della scuola
materna statale perché richiede
condizioni molto precise (numero elevato di iscritti, locali adatti, mensa e trasporto) si è pensato ad una forma più familiare
di scuola autogestita dalle stesse famiglie e con orario ridotto
a metà giornata. È stata assicurata la presenza di almeno dieci
bambini e l’impegno delle famiglie a versare un contributo mensile per pagare l’insegnante.
Dal canto suo il sindaco di Prali presente alla seduta si è impegnato a cercare i locali necessari e jnserire l’argomento nell’ordine del giorno del prossimo
Consiglio.
Attività Museo
• Il Museo ha avuto in luglio
994 visitatori e 1689 in agosto.
In tutto circa un migliaio in
meno dello scorso anno nello
stesso periodo. Il calo è certamente dovuto alla stagione molto piovosa che ha attirato a
Prali meno turisti del solito.
L’attività di sorveglianza e
guida del Museo è stata svolta
dal signor Giuseppe Alberto
Gaydou, dalla signorina Irma
Pizzocaro Giraud e dal signor
Giuseppe Longo.
Siamo grati a questi fratelli
per la loro collaborazione.
Giornata Asilo di S. Germano
• Un gruppo di ospiti dell’Asilo per vecchi di S. Germano
ha trascorso in agosto una giornata a Prali. Hanno collaborato all’iniziativa l’Unione Femminile, alcuni giovani ed anche
una famiglia metodista di Sestri Levante in ferie a Prali. Gli
anziani di S. Germano hanno
rivisto conoscenti e parenti e
scoperto con meraviglia i cambiamenti di Prali.
Una visita ad Agape ha concluso la giornata.
Tutti d’accordo : una iniziativa da ripetere.
COMBAVILLA, CAMPO CLOT, DUE ESEMPI DIVERSI
Quale futuro
per i villaggi delle
nostre montagne?
Campo Clot: una riunione spontanea all’aperto
Combavilla: par chi percorre la statale del
Sestriere, appare come un punto grigio in
mezzo ai boschi che coprono la montagna
sopra Inverso Pinasca. Le case costruite a
gradino sul fianco della montagna, le ime
sulle altre, al bordo di un bel pianoro lasciato libero per i campi ed i prati. Al centro, la
scuoletta Beckwith che raccoglieva i bambini anche dai casolari più in alto e dove la
gente si riuniva per la "priera”, momento di
incontro e di meditazione molto importante.
Un passato di stenti e di vita grama: troppa gente, pochi i terreni coltivabili dai quali
veniva strappato a fatica il nutrimento appena sufficiente per sopravvivere. Poi l'apertura delle prime fabbriche a Perosa, al Villar; ed ecco, poco alla volta il cambiamento:
il passaggio dalla campagna alla fabbrica.
Questo è avvenuto presto, in anticipo su altre zone delle valli. Per decenni gli operai
hanno affrontato le lunghe marce a piedi per
recarsi al lavoro, poi, dopo l’ultima guerra,
il trasferimento a valle. Combavilla si è gradatamente svuotata al punto che oggi una
sola famiglia vi abita stabilmente.
In questi ultimi anni, però, le case rimaste in stato di abbandono hanno cambiato
proprietario: acquistate da gente di Pinerolo
e della pianura, son state restaurate ed il
villaggio ha ripreso a vivere nei fine settima
na e nelle vacanze. Ma è un villaggio diverso.
Diverso non per Le antenne della TV e per
gli elettrodomestici o perché si sente parlare piemontese o italiano e non più "patois”,
ma perché la gente porta con sé quella freddezza sospettosa e quell’isolamento tipico
della realtà cittadina: quando si passa nessuno saluta, non c’è più quella rude cordialità dei montanari pronti a scambiare due
chiacchiere anche con il forestiero. È gente
estranea. Il villaggio rivive, ma la campagna
intorno rimane abbandonata, i sentieri spariscono tra i rovi.
Non c’è da stupirsi che nessuno partecipi
alla riunione che si fa sotto i castagni.
Campo Clot: Dalla strada di Prali la strada si arrampica attraverso alle rocce a strapiombo sul torrente, gli Eicialeiras, e quasi
improvvisarnente ci si trova nel vallone di
Rodoretto, il più povero e più disagiato delle valli. Oltre la Villa, sotto la strada che
conduce agli altri villaggi ecco Campo Clot.
Anche qui le case le une contro le altre
per non rubare spazio ai can-ipi e per rimanere al riparo dalle valanghe, protette dal
costone sovrastante, la scuola Beckwith, sopra il villaggio in uso fin verso il 1960. Oltre
allo scarso reddito della campagna, le vicine
miniere di talco sono state la fonte di guadagno, ma anche di silicosi, della popolazione.
Poi negli anni ’60 l’esodo massiccio verso
il fondo valle. La necessità di inviare i figli
alle scuole superiori, la crisi della miniera
di quegli anni ed altri fattori hanno vuotato
il vallone; anche chi non voleva partire è
stato costretto a farlo.
Nel 1965 il villaggio è vuoto. Ma i proprietari non hanno dimenticato le loro case ed
in questi ultimi anni poco alla volta le hanno aggiustate.
Così oggi anche Campo Clot nei fine settimana ed al tempo delle ferie rivive. Il vecchio villaggio si ricostituisce, rivivono i ricordi del passato, ci si ’’ricarica” prima di tornare al condominio ed al lavoro.
Ed intanto si piantano le patate, si fa un
po’ di fieno ecc.
L’estate scorsa si è pure avuta una spontanea ed improvvisata riunione cui erano
presenti ben 24 persone più i bambini.
Combavilla, Campo Clot due villaggi simili a tanti altri villaggi delle nostre valli,
con una storia comune fino ad ora, ma che
hanno imboccato due strade diverse per il
futuro. Due soluzioni diverse dello stesso
problema su cui dobbiamo riflettere pensando al futuro di tanti altri villaggi delle zone
di montagna, per non trovarci di fronte ad
un certo momento ad una realtà che ci sfugge sia come chiesa che come popolazione
valligiana.
Renato Coisson
7
7 ottobre 1977
CRONACA DELLE VALLI
INCONTRO PASTORALE DEL 1«^ DISTRETTO
Linee di lavoro
per il 1977-78
NeH’incontro del 26 settembre,
svoltosi al Castagneto di Villar
Pellice, è stato deciso il programma di lavoro per gli incontri pastorali di quest’anno. Come
l’anno scorso, gli incontri si divideranno in due parti; nella
prima parte, al mattino, svolgeremo una riflessione su temi
centrali di teologia; nella seconda parte, al pomeriggio, tratteremo le tematiche proposte dal
Sinodo e dalla Conferenza Distrettuale, oltre ai consueti argomenti amministrativi e organizzativi.
Per il lavoro del mattino, da
ottobre a febbraio abbiamo
scelto di collaborare alla revisione di alcune voci del nuovo
« ABC della fede evangelica »,
che la Claudiana ha in preparazione. Da marzo in poi discuteremo alcuni capitoli degli
« Scritti teologici » di Giovanni
Miegge.
Le voci dell’ABC, la cui prima
stesura sarà inviata in anticipo
ai partecipanti all’incontro pastorale, sono: Giustificazione,
predestinazione (ott.). Uomo,
fede, sofferenza (nov.), Israele,
Incarnazione, Spirito Santo (dicembre), Escatologia, predicazione (genn.). Peccato, riconciliazione (feb.).
Diamo anche l’elenco degli
argomenti del pomeriggio:
Ottobre: Intese con lo Stato (F/
SC/1977);
Novembre: Culto e secolarizzazione (o.d.g. CD) - Liturgia
(R/SC/1977);
Dicembre: Id.
Gennaio: Educazione alla fede
(26/SI/1977);
Febbraio; Id.
Marzo: Ministeri (N/SC/1977);
Aprile; Conciliarità (Q/SC/’’77).
TERZO CIRCUITO
Corso monitori
Dal 26 al 30 settembre si è
svolto a Perrero un corso di introduzione al programma della
Scuola Domenicale. Poiché l’anno scorso non vi era stato il
tempo per svolgere la sequenza
su Àbramo, si è deciso di cominciare con questa. Il corso si
è svolto per cinque sere consecutive, dalle 20 alle 22. Le due
prime sere sono state occupate da problemi introduttivi: in
che epoca si è formato il ciclo
di Abramo e come si è giunti
alla redazione definitiva; cosa
si sa storicamente dell’epoca dei
patriarchi.
Nelle altre tre sere si sono affrontati alcuni temi particolari:
vocazione e promessa. Sodoma,
Ismaele, sacrificio di Isacco.
Le lezioni sono state tenute dai
pastori del circuito; le presenze
variavano da un minimo di 15 e
un massimo di 21, tra monitrici
e monitori.
Lo scopo del corso era di approfondire con una certa calma
i temi centrali della sequenza,
sia dal punto di vista teologico,
sia dal punto di vista didattico.
Ci si è scontrati con il solito limite del tempo: la sequenza di
Abramo non è certo di quelle più
facili e riposanti; contiene alcuni
dei testi chiave dell’intero messaggio biblico, e pone naturalmente, per il lettore di cultura
moderna, non pochi interrogativi: come spiegare ai bambini la
distruzione di Sodoma? e l’ordine di sacrificare il figlio?
Nel corso si è discusso molto
e .sono emersi dubbi e posizioni
contrastanti. Segno che il corso
corrisponde a una necessità; ma
lascia insoddisfatti l’esito di questo primo esperimento: proprio
per mancanza di tempo e perché
il corso pretendeva di affrontare
tutto il complesso dei problemi,
non si è potuto concludere mol
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to, ed è sperabile che il lavoro
venga ripreso negli incontri settimanali che si svolgono in ogni
comunità.
Bisognerà tener conto di questi
difetti e correggere il tiro nella
seconda parte del corso, che sarà svolta all’inizio della sequenza su Gesù vive, il 7-8 gennaio
1978, al Convitto di Pomaretto.
b. r.
TORRE PELLICE
Domenica sccorsa ha avuto
luogo l’insediamento del past.
Giorgio Tourn e la presentazione del candidato in teologia Antonio Adamo alla comunità nel
corso del culto presieduto dal
Sovrintendente di Circuito.
• La Scuola Domenicale riprende la sua attività sabato 8
alle 15 per la formazione dei
gruppi al Centro e Domenica 9
alle 9 agli Appiotti e Coppieri.
Il culto di apertura avrà luogo
domenica 16 nel tempio, con
monitori e bambini. Ai catecumeni verrà consegnata la copia
personale della Bibbia per il
corso di istruzione.
• L’assemblea di chiesa è convocata per domenica prossima
dopo il culto per le relazioni
dei deputati al Sinodo e della
Cominissione Restauri al presbiterio.
« La Società di Cucito riprende la sua attività mercoledì; 5
c. m. alle ore 15 all’Asilo.
• Le Società missionarie avranno le loro sedute martedì, 4,
ore 14,45 agli Appiotti ed il 13
al gruppo dei Coppieri.
• La Corale è convocata per
giovedì 6 ottobre alle ore 21 ;
un caldo appello è rivolto ai
giovani perché si inseriscano in
questa attività.
Comunicato TEU
La prossima assemblea
ir.E.V. avrà luogo Domenica 23 ottobre alle ore 15
a Villar Pellice, nella sala
Miramonti.
Il tema; «Il nostro impegno nella vita della Chiesa ».
I .’incontro inizierà con
un tempo di preghiera e di
intercessione per il rinnovamento della nostra Chie'
sa.
Primo Circuito
Fra i tre circuiti del 1° distretto quello che stenta ad ingranare
è senza dubbio il primo, la Val
Pellice. La cosa non va da sé:
perché in Val Pellice si iniziò anni or sono un’esperienza di collaborazione fra le comunità, il
cosiddetto «Presbiterio della bassa Val Pellice », che sosteneva
molte iniziative che oggi dovrebbero concretarsi a livello di circuito. Se il periodo di rodaggio
non è stato molto felice e non si
vedono, per ora, dei segni di ripresa, ciò è da attribuirsi unicamente alla scarsa o nulla partecipazione dei concistori delle singole comunità che sembrano
quasi ripiegarsi sul loro particolare e rinunciare ad una visione
più allargata del lavoro nella valle. E questo non è evidentemente il metodo migliore per combattere l’emarginazione che si denuncia abbondantemente nelle
comunità.
In questo clima di assenteismo
(non c’era neppure la metà dei
LUSERNA
SAN GIOVANNI
Il programma allegato a
questo numero dell’Eco indica,
anche per quest’anno una serie di attività più o meno tradizionali in cui si articola la vita della nostra Chiesa. Il quadro è aperto a ricevere nuove
proposte e iniziative che contribuiscano a una maggior aderenza del pensiero e dell’azione
della nostra Comunità all’ENangelo, da una parte e alla situazione reale, dall’altra.
E a questo proposito si ripropone l’interrogativo : quale risposta darà la comunità allo
sforzo non indifferente che il
Concistoro compie per offrire a
tutti la possibilità dell’incontro,
dell’ascolto, della maturazione e
della crescita della fede? Come
dice la relazione ; « sarà necessario riprendere con serietà l’analisi della situazione, sia esterna
(processo di secolarizzazione,
trasformazioni sociali, crisi dei
valori spirituali di cui la chiesa è
portatrice ecc.) sia interna (analisi delle strutture in cui si articola la vita della Chiesa, loro significato dal punto di vista delia testimonianza evangelica).
Questa ricerca sarà alla base del
nostro lavoro di quest’anno.
Chiediamo a tutti partecipazione e molta preghiera nella consapevolezza che « se il Signore
non edifica la casa, invano si
affaticano gli edificatori ».
• Sono mancati Rostan Ernesto, originario dei Coppieri di
Torre, all’Ospedale di Luserna
all’età di 78 anni e Long Giacomina ved. Frache ai Curt, all’età di 90 anni dopo lunga malattia sopportata con pazienza.
Al Rifugio è deceduta la sorella Theiler M. Elisa di anni 93.
Alle famiglie la nostra solidarietà, nella certezza della resurrezione in Cristo.
ANGROGNA
membri aventi diritto) si è proceduto a verificare le possibilità
di impegno per il prossinio anno 77-'78, partendo dalle indicazioni dello scorso anno e dalle tematiche indicate dall’ultimo sinodo e conferenza distrettuale.
I punti sui quali il consiglio eletto (E. Ayassot sovraintendente,
Adolfo Charbonnier, Gioele Garnier, Maria Tamietti, Ethel Bonnet membri) dovrà fornire indicazioni di lavoro e coordinare
gli incontri sono i seguenti: studio del tema della secolarizzazione, del culto e della catechesi.
Inoltre sono stati indicati dall’assemblea il tema assistenza, nell’attu.ale situazione di confronto
con la Regione Piemonte e gli
Enti locali, la proposta di un incontro pubblico per conoscere
meglio le intenzioni della Regione. Buona accoglienza ha trovato
la proposta di decentrare gli incontri da Torre verso le altre comunità con eventuali incontri
di una giornata.
VILLAR PELLICE
RINGRAZIAMENTO
Gli allevatori dell’Alpeggio
Pralacomba di Villar Pellice
ringraziano caldamente la direzione della Pro Loco, il Sindaco Paolo Frache e la Giunta
composta dal veterinario Gönnet Osvaldo, Albarea Ernesto e
Gönnet Giuseppe per la mostra
delle manze dell’Alpeggio Pralacomba tenutasi a Pértusel domenica 25 settembre con una
manifestazione molto familiare
fra allevatori e numerosi partecipanti.
Fa piacere agli Allevatori vedere che vi è ancora chi segue
e capisce il duro lavoro dei
montanari, specialmente quest’anno che con i danni causati
dall’alluvione e il continuo maltempo, le risorse degli agricoltori della montagna sono diventate molto ristrette.
Gli Allevatori
INVITO AL CENTENARIO
Nell’ ottobre del 1876 veniva
inaugurato il tempio del Serre.
Un anno dopo, nel settembre del
1877, s’inaugurava il tempio di
Pradeltorno. '
In quel lontano anno, il pastore d’Angrogna Stefano Bonnet
rivolgeva al Sinodo queste parole: « Grâce aux secours de
quelques amis chrétiens, et aux
dons volontaires des parçissiens
le nouveu temple du Serre a pu
être ouvert à la prédication de
l'Evangile dès le 26 Octobre de
l’année dernière. La paroisse a
vu avec joie et avec rèconoissance les travaux continuer aussi a
Pra du tour, où le 53 familles
protestantes oui abitent avec 36
familles catholiques dans ce 12’"’
quartier de notre vaste paroisse,
auront prochainement V usage
d’une petite chapelle... »
Cento anni sono passati con in
mezzo due guerre mondiali e il
rapido spopolamento di questi
ultimi anni. Noi oeai abbiamo di
fronte due monumenti che testimoniano un passato fervente
d’iniziative e di vita spirituale
(benché, allora, peggiori fossero
le condizioni economiche). Nella
nuova mutata situazione odierna
non è il caso di ricordare la fondazione di due nostri templi con
toni trionfalistici. Tuttavia crediamo che il centenario possa essere un’occasione preziosa per
ritrovarsi, in più ampia cerchia
dell’usuale, per riflettere sulla
nostra testimonianza, oggn Al
Serre, la giornata del centenario
è stata spostata di un anno a causa dei lavori di restauro (iniziati
sotto la generosa spinta di molti
donatori) ancora in atto mentre
vi scriviamo. Agli Angrognini, vicini e lontano, a tutti gli amici
della nostra Comunità chiediarno
di partecipare alla giornàta (tei
30 ottobre ad Angrogna. E’ anche
la domenica della Riforma; una
data significativa.
VILLASECCA
Domenica della Riforma,
30 ottobre
PROGRAMMA
del centenario
TEMPIO DEL SERRE;
10,00; Culto di lode al
ore
Signore - S
Cena - Corale.
TEMPIO DI PRADELTORNO:
ore 14,00: Culto di lode al
Signore - S. Cena - (Dorale.
Interverranno: il sindaco
prof. Franca Coisson; il
prof. Augusto Armand-Hugon. Seguirà un rinfresco
preparato dall Unione femminile.
POMARETTO
PINEROLO
Dalla « Lettera Circolare » allegata a questo numero del giornale appare il programma completo delle attività che stanno per
ricominciare. Ognuno può trovare in questo programma il campo specifico in cui impegnarsi
secondo le proprie capacità ed
i propri interessi. È infatti indispensabile che ognuno trovi il
suo posto nella comunità perché
essa sia sempre più vivente e sia
arricchita dall’apporto dei doni
di ciascuno.
Questi i punti fondamentali
del nostro lavoro del prossimo
inverno: 1) Costruzione della
nostra fede nell’ascolto della Parola di Dio; 2) Riscoperta dei
vincoli comunitari; 3) Impegno
nella realtà del mondo come testimonianza al Regno di Dio.
Il ritmo della vita moderna con
i suoi vari impegni non favorisce
una presenza attiva nella vita della chiesa. Non dimentichiamo
però che soltanto Cristo può essere il vero fondamento di tutta
la nostra vita.
• Venerdì, scorso si è svolto il
funerale di Ferro Ermanno di
54 anni, deceduto dopo breve
malattia. Alla famiglia nel lutto
la simpatia di tutta la Comunità.
Anche se i disguidi postali
non ci hanno ancora permesso
di prendere visione degli atti
della Tavola circa le deliberazioni prese dopo il Sinodo, siamo
stati informati che la Tavola ha
nominato pastore della comunità di Coazze il cand. theol. Ruben Artus, che ha diretto Tanno
scorso il nostro « mini-convitto »
e che ha già dato la sua collaborazione per il lavoro a Coazze. Ora, dal momento che il lavoro in quella comunità non
assorbirà presumibilmente tutto il suo tempo, la Tavola ha
pensato di mettere a disposizione quella parte del tempo restante libera ad Artus a favore
della nostra comunità. Il concistoro. che ha già avuto a questo riguardo un primo contatto
con il delegato della Tavola per
il nostro distretto, pastore A.
Taccia, vedrà prossimamente
con Artus e col concistoro di
Coazze come utilizzare al meglio questa collaborazione. Per
ora rivolgiamo, a nome di tutta
la comunità, il nostro fraterno
saluto e il più cordiale benvenuto al candidato Artus e alla
sua famiglia, che continueranno
a risiedere al tempio.
Ha destato profonda emozione in tutti la notizia, certamente
inaspettata, che Armando Peyronel era deceduto molto probabilmente in seguito a quello
che generalmente viene definito
banale incidente, avvenuto in casa molti giorni prima. In questa
circostanza la stima e l’affetto,
nutriti da molti, verso questo
nostro fratello, sono stati chiaramente espressi da quanti fin
da bambini lo avevano conosciuto ed avuto come amico e
fratello.
Anche se è sempre vissuto solo, barbo Armand non è rimasto mai isolato. In questa cornice, cosT viva e fatta di umana
immediatezza e partecipazione,
è stato annunciato TEvangelo
della resurrezione e della vita,
quale motivazione ultima e speranza certa di ogni credente.
• Erano in tutto oltre 40 persone, di cui una trentina appartenenti ad uno stesso ceppo familiare, quello di Cesare e Lidia
Giacomino. Si sono riuniti tutti, insieme alla comunità, intorno alla piccola Ivana Peyronel
di Silvano ed Anita Giacomino
nel giorno del suo battesimo,
avvenuto domenica 25 sett. Diciamo questo perché quella non
è stata una « festa » o un « pranzo » occasionale, ma un momento di comunione fraterna e di
consapevolezza di vocazione cristiana in cui tutti ci siamo sentiti chiamati a rinnovare il nostro impegno di educatori cristiani.
I lavori di restauro del Tempio
del Serre sono bene avviati, mentre scriviamo è quasi terminata
la tinteggiatura della parte esterna.
• I monitori hanno fissato, sabato 1 ottobre, gli orari dei corsi della scuola domenicale per
il Martel, Jourdan, Cacet e Capoluogo. Le indicazioni verranno distribuite con foglio a parte
durante questa settimana.
Precisazione
La signora Arlette Armoni ci telefona precisando che, contrariamente a
quanto affermato nell’articolo: «Telegramma del Ministro: dopo il biennio non ci sarà il triennio! » (apparso
sul n. 36 del nostro giornale) che dava per ’’bocciato” il proseguimento del
biennio sia a Luserna che a Giaveno,
per fortuna in quest’ultima località
alla fine è statò concesso e gli studenti si preparano a frequentarlo. Nessuna garanzia, comunque, viene data
per il futuro. A Luserna, com’è noto,
il triennio non è stato assolutamente
concesso.
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Levy Massel
commossi per la manifestazione di
simpatia e solidarietà ringraziano il
dottor Sappé, il personale deirospedale Civile di Pinerolo, il pastore Coisson e lutti coloro che hanno preso
parte al loro grande dolore.
(( Il mio aiuto vien dall Eterno
che ha fatto il cielo e la terra »
(Salmo 121: 2)
Pomaretto, 25 settembre 1977
8
8
7 ottobre 1977
MOVIMENTO DI COOPERAZIONE EDUCATIVA
Dalla parte del bambino
Le tendenze più avanzate della pedagogia moderna che in questi anni tanti genitori hanno imparato ad apprezzare e altri hanno osteggiato
Il Movimento di Cooperazione Educativa è un’organizzazione di operatori culturali, non
categoriale, bensì aperta al contributo ed alla collaborazione
di tutte le persone democratiche interessate ai problemi della scuola e più in generale ai
problemi culturali del nostro
paese. Il nostro movimento si
colloca all’interno di quel vasto schieramento di forze sociali, politiche e sindacali che
aspirano ed operano per realizzare una società democratica,
egualitaria, lontana dagli squilibri e dalle discriminazioni selettive ancora troppo marcate
oggi nel nostro paese.
Il contributo che noi su tale
terreno intendiamo portare è il
risultato di un’analisi critica e
di un confronto dialettico interno, serrato, a volte duro,
che ci ha permesso di individuare nello specifico didattico
il terreno da privilegiare. Resta
scontato evidentemente che a
tale specifico tendiamo, ed in
esso operiamo, evitando da un
Secolarizzazione
(segue da pag. 5)
per noi o contro gli idoli di
cui è pieno il mondo? L'uomo che non intende più essere guidato e manovrato
da Dio rivendica la sua autonomia contro una presenza che sente come oppressiva, repressiva e limitatrice delle sue possibilità. È
veramente questo il Dio della Bibbia?
Quando Bonhoeffer, nella
lettera ormai celebre all’amico in guerra, parla dell’uomo che è diventato adulto e non ha più bisogno di
cercare Dio in tutto quello
che fa ed opera, pensa a questa maturità della vita da
uomo responsabile. Non
vuole dire, certo, che quest’uomo non abbia più bisogno di credere in Cristo
ma solo che si è ormai liberato dal peso dei suoi riferimenti religiosi che gli erano diventati idoli opprimenti .Anche questo va dunque
tenuto presente.
Il problema non è nuovo,
è quello di sempre: i credenti davanti a Cristo ed alla gente ma oggi la gente
non vuole più un Cristo religioso, bisogna prenderne
atto ed anziché rassegnarsi
cercare una nuova fedeltà a
Lui.
Comitato di Redazione ; Bruno Bellion, Ermanno Genre, Giuseppe Platone, Paolo Ricca, Fulvio Rocco, Sergio Rostagno, Roberto SbaflFì.
Direttore: FRANCO GIAMPICCOLI
Dirett. Responsabile: GINO CONTE
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2/33094 intestato a « L'Eco delle Valli - La Luce » - Torre Pellice.
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Fondo di solidarietà; c.c.p. 2/39878
intestato a ; Roberto Peyrot - Corto
Moncalieri, 70 - 10133 Torino.
Reg. Tribunale
8 luglio 1960.
di Pinerolo N. 175,
Cooperativa Tipografica
Torre Pellice (Torino)
Subalpina
lato posizioni velleitarie, che
in passato ci hanno costretto
ad assumere in prima persona
lotte ed obiettivi di carattere
sindacale o politico in senso
stretto ; dall’altro isolamenti
pericolosi in un settore, che
avrebbero potuto spingerci su
posizioni strettamente didatticistiche e tecnicistiche, staccate
dunque dal confronto continuo
col reale e con le forze sociali
vive che in esso operano.
La nostra ricerca nelle scuole parte e si ispira alle sperimentazioni svolte dal Preinet
in Francia, anche se oggi, più
che di tecniche freinetiane in
senso stretto, sarebbe giusto
parlare di « spirito Preinet »,
ossia di un atteggiamento critico, nella scuola, di continua
ricerca e di diretta sperimentazione, del rifiuto di ogni
dogmatismo in campo didattico, culturale e scientifico.
Più specificatamente possiamo cosii sintetizzare i punti
principali del nostro impegno :
— Ricerca e costruzione, attraverso lo studio teorico, il
confronto (sempre condotti per
gruppi) e la quotidiana sperimentazione nelle scuole, di una
prassi didattica alternativa, che
tenda allo sviluppo ed alla ricomposizione della personalità
del bambino nei suoi aspetti
fisici, affettivi, razionali e nei
suoi rapporti sociali.
— Inserimento, in questa ottica, del bambino handicappato
nella scuola normale e rifiuto
di ogni tipo di classificazione
meritocratica o tendente comunque a riflettere nella scuola
privilegi e discriminazioni sociali.
— Lotta quindi contro la selezione scolastica nella scuola
dell’obbligo e ricerca di nuove
forme valutative che partano
dalla concezione della valutazione come momento integrante
del processo educativo e formativo e non siano mai un’operazione autoritaria del docente, esterna al lavoro scolastico
diretto (va ricordato a questo
proposito che gli aderenti al nostro movimento in passato sono stati spesso oggetto di repressioni nella scuola, per essersi rifiutati di assegnare voti
e compilare pagelle e per aver
eliminato, nella scuola dell’obbligo, le bocciature).
— Coscienza del fatto che la'
promozione dentro la scuola
non è comunque un fatto burocratico e valutativo, ma deve
rappresentare un reale processo di recupero, formazione e
sviluppo delle capacità intellettive, della corporeità, della socialità, deiraffettività del bambino.
— Rifiuto dei tradizionali metodi di trasmissione della cultura (lezione, interrogazione, voto,
etc.) che rendono passivo il discente e presuppongono una
concezione dogmatica ed autoritaria del sapere e ricerca di metodologie didattiche caratterizzate da procedimenti scientifici
di ricerca, tendenti ad offrire
strumenti per una visione critica della realtà e per un intervento attivo su di essa.
— Battaglia contro la cultura
precostituita che, attraverso i
libri di testo e altri strumenti
pseudo-innovatori, viene imposta
senza possibilità di comprensione, di verifica e di elaborazione
critica da parte dell’alunno, e
quindi, uso collettivo e gratuito
di tutti i mezzi di documentazione e di ricerca.
— Concezione della scuola
dell’obbligo come scuola unitaria, da collegare coerentemente
con gli asili nido e con le scuole
per l’infanzia, in un unico, omogeneo progetto educativo, funzionale e capace di ovviare alle
attuali chiusure e contraddizioni tra diversi livelli di scuola.
— Generalizzazione della scuola a tempo pieno (che per primi
e tra enormi ostacoli abbiamo
sperimentato in Italia) intesa
non come semplice raddoppio
di orario, bensì; come modello di
scuola totalmente innovativo nei
metodi e nei contenuti, luogo
dove il bambino compie (e riflette su) una serie di esperienze
educative e socializzanti.
— Concezione generale della
scuola non come istituzione separata, ma come centro sociale
e culturale concretamente calata
nel territorio aperta a tutte le
istanze culturali, nella prospettiva di un’educazione permanente che investa non soltanto lo
scolaro, ma la collettività nel
suo insieme.
— Di qui la nostra partecipazione alla qualificazione politicopedagogica dei corsi di studio
conquistati dai lavoratori e la
rivendicazione della loro estensione al fine di contribuire ad
una rifondazione della scuola
pubblica di Stato.
Questi alcuni degli obiettivi
più qualificanti per i quali operiamo ; non mi è certo stato possibile qui entrare nel merito di
un’analisi diretta delle nostre
tecniche e della nostra esperienza specifica nelle scuole; non mi
resta che invitare coloro che in
tali obiettivi (o almeno in alcuni di essi) si ritrovano, a prendere contatto con il nostro movimento, a conoscere i materiali
prodotti ed eventualmente a lavorare nei nostri gruppi.
Giorgio Parena
PERCHE’ L’ECO-LUCE NON ARRIVA
GIACENZE
« Posta ferma, già 60 tonnellate ». Clan questo titolo la
Stampa Sera del 21 settembre
sintetizza la situazione di caos
esistente a Torino Porta Nuova — la stazione da cui viene
spedito il nostro settimanale — dando nel corso dell’articolo le solite indicazioni sulle
cause del disservizio: cattiva
distribuzione del personale sul
territorio; incapacità dei vertici di trattare i problemi tecnici; sperequazioni salariali.
Come è noto la situazione è
precipitata da quando è entrata in vigore la norma per
cui gli impiegati possono fare
un massimo di 35 ore di
straordinario al mese: bastano i primi 10 giorni del mese
per raggiungere questo tetto
e per il resto del tempo, finito
l’orario il personale se ne va
e le « giacenze » ( orrenda parola che riunisce in sé l’astratto di responsabilità inespresse e il concreto di tonnellate
di carta) crescono a vista
d’occhio ■
Ho voluto togliermi la soddisfazione di vedere con i
miei occhi come viene svuotato di significato il lavoro mio
e di quanti lavorano al nostro
settimanale, insieme al lavoro
di migliaia e migliaia di persone la cui attività passa in
modo obbligato attraverso alla strozzatura del caos postale. A Porta Nuova è un gene
rale allargar le braccia e non
appena richiedo qualche dichiarazione che spieghi ai lettori del giornale che dirigo le
cause del disservizio, vengo
palleggiato da un dirigente
all’altro su per la scala gerar
chica. Intanto passo tra montagne di sacchi, parte di quelle 60 tonnellate (ma pare siano di più) di posta inevasa
che ha intasato il servizio in
modo quasi totale. Vengo così indirizzato all’ufficio del direttore. Mentre aspetto vedo
nel corridoio un carrello colmo di posta con la scritta
« Buca - 20.9.71 » (oggi è il 28).
È un piccolo particolare, ma
dà visivamente l’idea di cosa
succede di ciò che ancora con
un briciolo di speranza infiliamo nella buca delle lettere
dell’angolo sotto casa.
Neppure il direttore, pur ricevendomi gentilmente, rilascia dichiarazioni: nessun dirigente ne è autorizzato, e mi
rinvia a ciò che già ampiamente hanno detto i giornali.
Aggiunge tuttavia che si sta
cercando di smaltire le giacenze ma che la situazione è
peggiorata per gli scioperi del
personale viaggiante per cui
su interi tratti di linea della
zona di Torino la posta torna
indietro senza essere stata
scaricata. Per '^uesto sono sta
ti organizzati dei furgoni speciali per ridistribuire nelle
vallate la posta inevasa. Al di
là di questo raggio molto ravvicinato ho l’impressione che
da Torino non sia possibile
spingere lo sguardo.
Mentre ripercorro la strada
in senso inverso, tra montagne di giacenze e gente rassegnata, mi chiedo se lo scempio di un pubblico impiego
come quello delle poste —
perpetrato ormai da decenni
— sia ancora risanabile.
Franco Giampiccoli
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
j
Euroterrorismo
Può così essere qualificata
la catena di episodi criminosi di
rapimenti, di sequestri di persona, di ricatti infami, di assassini,
che s’infittisce sempre più nell’Occidente Europeo, isoprattutto
in Italia e in Germania, e tende
ad assomigliare queste due nazioni (sebbene con caratteristiche, di fondo, diverse) all’Argentina e ad altri Stati deH’America
Meridionale.
Maurice Duverger, in un articolo dal titolo significativo « Il fascismo rosso » ( su « Le Monde »
deiril-12.9.’77), cerca una valutazione (in parte con un’ottica tutta francese) di questo tristissimo
e preoccupante fenomeno sociale. Riportiamo i punti salienti
dell’articolo.
« Noi siamo tutti coinvolti dal
terrorismo degli estremisti di sinistra. Il cancro che invade le
membra dei nostri vicini, è meno avanzato nel nostro organismo francese. Ma non si tratta
che di un ritardo nel tempo: infatti la debolezza dello Stato in
Italia e una certa tradizione di
violenza nei due estremismi tedeschi, non fanno altro che accelerare, in auei due paesi, una involuzione che minaccia tutto l’Occidente. Quando una struttura sociale ha perso il proprio -sistema
di valori, il disordine e la confusione non vi restano più confinati in una ristretta frangia
marginale. Gli esseri umani che
Tutto è nostro
{segue da pag. 1)
essere portatrice di questo messaggio: Cristo è il Signore del
mondò, il Signore della storia.
In lui l'umanità ed il mondo hanno un futuro, un futuro di vita e
di liberazione.
Questa è la nostra libertà e la
nostra signoria: credere Fumana
mente impossibile e sperare contro ogni speranza.
E allora possiamo osare ogni
cosa, nulla può farci paura, a
nostra azione non ha limiti:
politica, società, cultura, arte,
scienza, tecnica, lavoro, lotte,
tutto ciò che il mondo possiede
diventa nostro. Ma nostro nel
servizio. Nostro nella luce del
Cristo crocefisso e nella potenza della sua resurrezione.
Amen.
vivono ai margini di quella struttura, si moltiplicano e si radicalizzano. Un ordine che non si basa più sul consenso (per lo meno
parziale), ma sulla costrizione,
tende a far pullulare coloro che
non sopportano l’ingiustizia, che
sentono (o credono di sentire)
la vocazione di sopprimere l’ingiustizia, che sono pronti a qualunque impresa pur di raggiungere questo loro ideale.
Gli estremisti della rivoluzione
hanno un’anima pura e delle nobili intenzioni. Essi meritano che
si cerchi di comprenderli e di
spiegarne il comportamento, così
come l’hanno fatto Heinrich Boll,
Jean Genet e altri. Meritano rispetto questi figli e figlie della
borghesia, che potrebbero condurre un’esistenza tranquilla, o
addirittura dorata, e che invece
hanno scelto di vivere braccati,
in attesa di esser uccisi o imprigionati. Meritano che si denunci
lo scandaloso regime delle prigioni, che è loro riservato nella
Repubblica Federale. Ma essi non
meritano che si giustifichino le
loro azioni, né che se ne cerchino
le scuse.
Quelle azioni conducono al fascismo. Comprendere e spiegare
le motivazioni dei terroristi, non
deve dispensare dal comprendere e dallo spiegare le reazioni
che essi provocano in una società che li respinge. Una certa corrente di sinistra commette Verro
re di confondere gli attentati attuali in Germania e in Italia, con
quelli che scatenarono le lotte
liberatrici nelle nazioni oppresse
da un dittatore, o da un esercito
d’occupaz.ione, o da una potenza
colonizzatrice. In quei casi, le
bombe e le mitragliatrici di singoli individui aiutavano e aiutano a risvegliare un popolo, naturalmente ostile a coloro che lo
tengono in servitù. Fin dal principio, v’è una specie di connivenza fra i terroristi e le masse:
infatti i primi costituiscono un’avanguardia che mobilita le secon
de. Quei terroristi possono operare, perché restano sempre in
stretto contatto con le masse, come pesci nell’acqua, secondo la
formulazione di Mao Tse-tung
tanto spesso ripetuta.
Ma i discepoli di Baader si trovano in una situazione molto difficile. Essi non agiscono all’interno d’un popolo oppresso. Certo
le società dell’Qccidente sono dominate dal denaro; certo la disuguaglianza vi è grande, l’ingiustizia vi è reale, la legislazione vi è
in condizioni pietose. Ma nessuna società della storia ha conosciuto tante libertà. Nessuna ha
mai dato ai suoi componenti condizioni di vita più agiate, fatta
eccezione per una minoranza al
più basso gradino della scala sociale. Soprattutto nessuna società ha mai lasciato, a quasi tutti,
così grandi mezzi di protesta, di
rivendicazioni, d’interventi, attraverso sindacati, partiti, elezioni. (...)
Nelle denrocrazie pluraliste, i
terroristi non sono un’avanguardia collegata con le masse: essi
non possono mobilitarle al proprio seguito. Sono un pugno di
emarginati che non hanno nessuna probabilità di. essere seguiti da un popolo, la cui schiacciante maggioranza respinge. Il
loro isolanrento cresce proporzio
nalmente alla loro violenza, ed
essi lo sanno perfettamente. Il
loro obiettivo non è quello di provocare una rivoluzione immediata, bensì una rivoluzione ’’indiretta”, al termine d’una lunga
evoluzione la cui prima fase consiste nel rovesciare il regime liberale. E tale prima fase dovrebbe potersi raggiungere secondo
quel meccanismo così ben descrivo da I. Genet: “Il progres.so
rivoluzionario si fa strada con la
creazione di una controrivoluzione potente e unificata”.
In poche parole, ciò significa
un antifascismo integrale che
vuol farsi strada attraverso la
restaurazione del fascismo ».