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Anno IX — N. 22. II SERIE 30 Novkmbke I8C0
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
Segaendo la verità nulla carità. — £fe3. VI. 15.
PREZZO DI ASSCM3IAZI0NE ì LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione]____ £. 3 00 i In TomsoaU’UffiziodelOIornale.vladel Principe
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25 J Tommaso dietro il Tempio Valdese.
Per P Inghilterra, id................... „ 5 50 s Nelle Pbovincik per mezzo di franco-hoUi po
Per la Germania id................... „ 6 50 ’ stali, che dovranno essere inviati franco al Di’
Non si ricevono associazioni per meno di un anno, i rettore della Bcosa Novella.
All’estero, a’seguenti indirizzi; Parigi, dalla libreria C. Meyrueis, rue Rivoli;
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra, dal signor G. F. Muller,
General Merchant, 26, Leadenhall street. E. C.
SOMMAKIO
Anno X della Buona Novella — Storia: L’Evangelo nella Valle d’Aosta, al secolo XVI. — Poiemica; Il purgatorio ed il mezzo di liberarsene — A che serva la scomunica in mano ai preti —
Bibliografia : Il Canone delie Sante Scritture ecc., per ff. Gaussen, I — Notizie religiose: Firenze,
Francia, Oermaula, Stati Uniti d’America.
IMO X DELLA BUONA NOVELLA
La Buona Novella che speravamo poter, fin dal venturo
gennajo, trapiantare in Firenze, per circostanze indipendenti della nostra volontà, fermerà, per un’altr’anno ancora,
la sua stanza in Torino.
Il modo di pubblicazione, nonché le condizioni di associazione rimangono quello che sonp presentemente.
Agli sforzi tentati per l’addietro ne aggiungeremo altri,
onde, coll’aiuto di Dio, rendere il nostro umile periodico
vieppiù conforme al suo titolo ed all’alto scopo che si propone; non ci vengano meno, dal lato dei nostri associati e
cooperatori, la loro benivolenza ed il loro concorso.
E mentre caldamente preghiamo quei sig." associati che
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non iincora soddisfecero l’importo della loro associazione per
l’anno clie termina, a volersi sdebitare quanto prima, non
meno caldamente invitiamo coloro che intendono di seguitare la loro associazione per l’anno vegnente a farci nota, su
tal riguai’do, e più presto cbe potranno, la loro intenzione,
accompagnando ogni domanda di un corrispettivo vaglia
postale, se risiedono nello Stato, o se sono all’estero, a mezzo
dei nostri corrispondenti nei singoli paesi.
I nostri associati ed amici del Regno Unito à!Inghilterra
ed Irlanda sono poi specialmente avvertiti, che avendo noi
potuto, per squisita gentilezza di un nostro connazionale ed
amico, stabilire, in Londra stessa, un ufficio di associazione
al nostro giornale, al medesimo essi dovranno rivolgersi in
avvenire, sì per le associazioni, che per i pagamenti o richiami di ogni sorta, con lettere aftrancate dirette al
Sig. G. F. Muller, General Merchant,
26, Jjeadenhall Street. E. G.
La Direzione.
L’EVANGELO NELLA VALLE D’AOSTA
NEL SECOLO XVI
Aosta, 15 Novembre 1860.
t
Signore e caro fratello !
I lettori della Buona Novella non avranno dispiacere^ io penso,
di conoscere alquanto la nostra bolla Vallata, l’opera del Vangelo
intrapresa altra volta e l’opera che vi è attualmente avviata.
La Valle d’Aosta ha un’estensione di 20 leghe e più, e non ne ha
meno di 8 a 10 in larghezza, da una estremità all’altra delle Vallate
laterali.
In se stessa, la Val d’Aosta, il più sovente, è stretta e chiusa fra due
catene di montagne assai elevate e che variano dai 6,000 ai 14,700
piedi di altezza. Basterà questo pechè comprendiate esser noi attorniati
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da nevi eterne, ed abbondare questo paese di ghiacciaje, di cadute
d’acqua, di sorgenti termali e minerali, e finalmente di miniere. Una
tal natura maestosa e ridente quanto quella di Chamounix, e che
ad ogni piè sospinto vi offre, in uno ai siti i)iii svariati, buon numero di vecchi castelli sparsi sui fianchi delle colline, non manca di
attrarre ogni anno fra noi assai viaggiatori italiani ed inglesi, che
vengono chiedere a questa pacifica Valle, sia le gioje soavi che le di
lei scene imponenti offrono loro, sia la sanità che si raccoglie dall’aere puro e dal beneficio delle acque..... La popolazione Valostana
ammonta a circa 90,000 anime ripartite in 73 Comuni, in 85 parrocchie, 0 infine in 7 mandamenti che hanno per capiluoghi Aosta,
Chàtillon, Donnas, Gignod, Morgex, Quart e Verres. — Le principali Agallate laterali sono quelle di Valleise, Challand, Valtournanche, Valpeline, Yalgrisanche, Cogne e Champorcher. L’entrata solita
della Valle d’Aosta ha luogo dal Ponte San Martino, da Torino
partendo ; dal Piccolo San Bernardo e dal Colle della Saignc, venendo di Francia; dai Colli San Teodulo, Ferret e dal Gran
San Bernardo, partendo dalla Svizzera. — Le nostre popolazioni,
che tutte parlano il francese, come lor madre lingua, si dedicano
aH’allevameuto del bestiame, alla manipolazione dei formaggi, alle
industrie de’ cuoi e del ferro, alla coltura deila vigna e de’ cereali,
infine al buon’andamento dei boschi. Circa al carattere dei Valostani, egli è naturalmente dolce, pacifico, anzi un po’ timido. Sono
molto affezionati alle vecchie loro abitudini dalle quali a stento si
può distoglierli, com’è quella p. e., nelle campagne, di passar tutto
l’inverno entro le stalle, dove accade loro di contrarre più d’una malattia. Il cretinismo è certo fra le piaghe di parecchie delle nostre
località ; tuttavia scorgesi che tende insensibilmente a scomparire.
Se molti fra noi sanno leggere, bisogna però dire che l’istruzione
propriamente detta è lungi d’essere diffusa, e v’ha il perchè !...
I preti, i frati e le monache non iscarseggiano già nella Valle ;
per sua parte, la città d’Aosta, che rinchiude circa 8000 anime, non
ha meno di 45 preti o canonici. Con simile armata vi sarà facile il
comprendere come Roma siasi mostrata per lunghissimo tempo onnipotente in cotesto paese dove si arricchiva e regnava a suo beneplacito ; laonde, tentare di turbare il di lei benessere e il di lei sonno
sarebbe stato far prova di grande temerità e un affrontare tutto il
furore della collera del clero Valostano. Pure Calvino lo tentò, e poco
ci volle che non ne riportasse luminosa vittoria, che avrebbe recato
le felicità temporale e spirituale dei Valostani. — Ecco i fatti :
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Al priticipio deU’aiino 1536, il Riformatore attraversava le Alpi,
tornando dalla Corte di Ferrara dove edificò la sorella di Francesco I re di Francia e convertì alcune persone della nobiltà. A tale
epoca di moti religiosi in tutta Europa, e all’eutrata dell’anno 1535,
sembrava che la nostra Vallata avesse già sentito qualche beneficio
del Vangelo recatole di certo dai cristiani della Svizzera, colla quale
la nostra provincia ha sempre intrattenuto le più frequenti relazioni.
Comunelle sia, vcdiauw dai dispacci à!Amico Pm'ral, ambasciatore
di Ginevra a Berna, sotto la data dei mesi d’agosto e dicembre 1535,
che la Parola di Dio era allora iu germe nei cuori dei Valostani, i
quali avevano delle gravi contese a sciogliere in proposito col vescovo loro Gasnini, e che parecchi erano già stati scomunicati (Vedi
Gaberel, Storia della Chie.m di Ginevra, Append. 100-102 — T. I).
È verso il mese di febbrajo 153G che Calvino, avendo avuto notizia di tale serio movimento, giunse nella città d’Aosta per imprimergli una più forte spinta. E alla casa colonica di Bihian, oggidì
proprietà Martinet, nelle vigne, a 5 minuti dalla città e sulla strada
del Gran S. Bernardo, ch’ei d’ordinario alloggiava, per cura dell’avvocato nob. F. Leonardo di Vaudan; di là si recava ad Aosta a presiedere le sue numerose assemblee, nella via attualmente chiamata
Malconseil e in una casa che tuttavia sussiste, posseduta dal notajo
signor Carlon. Certo è che il popolo della città propriamente detta,
buon numero di borghesi, anche di nobili e parecchi preti schieraronsi dal lato del Vangelo e di Calvino ; che gli spiriti s’infiammarono ; e che si parlava nientemeno, di porre ai voti, iu una grande
Assemblea degli Stati che stava per riunirsi, un mutamento di culto,
come si praticava allora in Isvizzera, paese col quale si crede che
Calvino volesse legare i Valostani, in caso di pericolo.....Ma il vescovo Gassini, con parte del clero rimasto fedele al papa, ed il conte
René di Challand, maresciallo di Savoja, veduta l’ora critica, tentarono di subito uno sforzo supremo, del genere di quelli che Roma
conosce ed ama tanto. Si ebbe ricorso al braccio secolare, alle carceri, ai soldati, alle confische de’ beni e sopra tutto alle pene di
morte, argomenti troppo sovente vittoriosi in proposito.....Un corriere spedito secretamente al Duca in Torino fu tosto di ritorno, ordinando mezzi violenti contro Calvino ed i suoi. E dunque sotto tali
auspicii che l’Assemblea, ignara del piano di Roma, era per aprirsi.
Di più, allo scopo di dare aU’affare una tinta affatto spirituale, il
vescovo ed il conte fecero inaugurare l’apertura della memorabile
Assemblea colla celebrazione, il più che si potè pompo.sa, di una
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Mess<a solenne, detta del Santo Spirito, onde meglio colpire gli spiriti. Un [)adre Cordeliere di Aimaville, A. Sapientibus, fu scelto per
fare un abile e dotta rimostranza, in cui naturalmente gli argomenti , sempre cari al papato, abbondarono ; in seguito gli Stati
entrarono in seduta, sotto la presidenza del maresciallo di Savoja e
del vescovo Gassini. Appena riunita l’Assemblea, il conte di Challand proibì in nome del Duca, sotto pena della vita e della perdita
di tutti i beni, a chiunque, nella detta Assemblea, di presentare alcuna proposizione religiosa od altro che fosse contrario agl’ interessi
del Duca. L’argomento non ammetteva repliche, e siffatte minaccie
atterrirono l’Assemblea, la quale, dicesi, dichiarò alVunanimità di
voler vivere e morire nella religione romana. E qui, considerando il
grande numero di partigiani che aveva Calvino nella città d’Aosta,
è permesso tuttavolta di dubitare che Vunanimità fosse così ]ierfetta,
giacché si sa che il Eiformatore avea, nel novero degli amici affezionati, i signori Della Creste, Dolla Visière, Vaudan, Boi'gnion,
Philippou, un nobile Aragan, Champvillain, Chandieu, Salluard
(Juay, du Tillet, im Challand, Besenval, Eourgeois, tre curati di Tor
giian ed altri ancora, gente di qualità.....Comunque sia, verso la fine
della seduta, l’arresto immediato e la morte di Calvino e de’ suoi
caldi partigiani fu decretata. Fortunatamente il Eiformatoi'e ritirato
nella casa colonica di Bibian, e iu aspettazione dell’esito della riunione degli Stati, avvertito a tempo da alcuni de’ suoi amici usciti
in secreto dalla famosa seduta, potè all’istante salire a cavallo e salvarsi con essi i>er la strada del Gran S. Bernardo. Udendo ben presto
le genti del maresciallo che lo inseguivano, affrettò il passo e, lasciata
la grande strada vicino a Iloisan, passò il torrente di Buttier a Cluselina, prese la via d’Ollomont, indi varii sentieri tortuosi delle montagne della Valpellina, per discendere nel Valiese, dove giunse sano
e salvo..... Fu dunque in vano che i suoi nemici, compreso il conte
René di Challand, gli corsero dietro fino a S. Remy, presso l’Ospizio
del Gran San Bernardo, Roma perdette la sua preda per sempre.....
Al fíne di celebrare degnamente questa fuga, avvenuta alle 11 ore
del mattino, il clero romano pose in moto tutte le campane della
città, e d’allora conservò il bell’uso di suonare cotidianamente mezzogiorno a 11 ore, in tutta la vallata, per ricordare cotesta felice liberazione.....Ogni proprietario nella città fu eziandio forzato, onde
rendere pure grazie a Dio per tale circostanza, di pingere sulla portii
le iniziali del nome di Gesii, circondate da una specie di sole, come
si vede tuttora. Di più, nel 1541, i preti fecero innalzare nella via
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Malconseil, in memoria della suddetta fuga di Calvino, un monumento in pietra sormontato da un cranio e su cui leggesi anclie oggidì ; “ Hanc Calvini fuga erexit anno 3IDXLI, réligionis constantia reparavit anno MDCCLI. ” Non basta ; il clero colla
parte devota, il vescovo Gassini, le corporazioni della città, ed il
conte Eené di Challand fecero altresì delle solenni processioni durante un’ intero mese, malgrado il rigore della stagione ; processioni
nelle quali tutti camminavano a piedi nudi, coperti di sacchi ed
aspersi di cenere. Allora infine cominciarono l’esplosioni di odio e di
vendetta contro tutti quelli caduti in sospetto di avere parteggiato
per Calvino e che non avevano ancor presa la fuga ; e Dio sa quali
vendette, poiché erano clericali!.... Processi, prigionie, interrogatorii
inqnisitoriali, spogliazioni di beni, morti lunghe o violenti, nulla
dovette mancare a preti incaricati di processare, come dice un vecchio manoscritto ; tuttavia Eoma ebbe cura dappoi di far conoscere
il meno possibile i barbari atti di cui si rendè colpevole in quella
circostanza. Più non si rinvengono gli atti dei processi d’allora e di
cui un manoscritto fa menzione. Nondimeno sappiamo per l’opera
stampata dall’Abb. Besson, che una gran torre e delle prigioni furono costrutte nel borgo di Gignod per rinchiudere e contenere precisamente i partigiani di Calvino. Sappiamo eziandio un’ altra cosa
e bene confermata da Crespino, ed è che nel 1557, il 4 maggio, il
povero Nicolao Sartoris da Chieri, tornando dalla Svizzera, dove studiava Teologia, dopo essere stato posto in un carcere d’Aosta ed aver
ricevuto i tratti di corda j)er mano di uu canonico, del Podestà e del
Procuratore fiscale, in sostituzione del sergente che rifiutò di compiere cotesto ordine barbarico (nell’attuale deposito delle pompe da
fuoco), fu alla fine bruciato vivo sulla piazza creduta quella dei Cor
dellieri ed ora Carlo Alberto.....
Se vecchi manoscritti della Valle raccontano che Yeresia venne
del tutto estirpata da questo paese nell’anno 1542, noi vediamo d’altra parte, negli scritti del citato abbate Besson, che la luce del Vangelo non fu in realtà spenta ostensibilmente che verso gli anni 1586
a 1592, epoca in cui viveva il vescovo Giovanni Gotofred, il quale
avrebbe avuto la gloria di purgare affatto-la sua diocesi dal veleno
evangelico..... Sì, non c’è dubbio, Roma potè trionfare nel 1592 sulla
più parte degli amici del Vangelo in quella Valle, giacché molti
avevano presa la fuga, altri erano morti o in carcere, e in fine altri
ancora trovavansi spaventati dagli argomenti clericali; tuttavia è
certo che parecchie anime servirono ancora lungamente in secreto il
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Signore, secondo la di Lui parola, imperciocché, non è forse piii di
una quarantina d’anni, come aJcuiii vecchi assicurano, che a Véivii,
comime di S.t Didier, nell’alta Vallata, tre famiglie, di nome Bruno
e Savoie,si gloriavano di scendere dall’opera del Eiformatore in Aosta,
e non volevano ritrarre nulla di spirituale se non dalla Sacra Scrittura che loro veniva spiegata dal venerando cieco Savoie che, avendo
perduti gli occhi del corpo, aveva ritrovato piiì chiaroveggenza e
splendore ia quelli dell’anima. I nomi di Giacobini che la parte devota dava a queste famiglie non li spaventava punto ; nondimeno il
¡ìovero cieco, non avendo voluto, al punto di morte, nè confessarsi,
nò lasciarsi convertire da cinque preti che attorniavano il suo letticciuolo, anzi avendo loro coraggiosamente resistito, appoggiandosi sul
Vangelo, si ebbe immediata punizione coll’essere, fatto cadavere,
espulso dal cimitero.....Dopo la morte del cieco Savoie, le tre fami
ghe si estinsero o si dispersero ; ma io potei ritrovarne ancora uu
germoglio nel Comune di Brissognes !
Eccovi, 0 signore e caro fratello, i piiì rimarchevoli fatti che voleva comunicarvi tanto sulla nostra Valle d’Aosta, quanto sul passaggio di Calvino. Mi riservo in una prossima comunicazione di
parlarvi dell’opera del Vangelo che si sta ora continuando in questa
Vallata dove io sono pastore da quattro anni e piiì. •
I diversi fatti che vi ho tratteggiato sono stati da me tolti sia da
(juattro o cinque vecchi manoscritti che copiai, sia dalla relazione
' del sig. Giulio Bonnet sul passaggio di Calvino, sia da altre opere e
da vecchi che ho potuto consultare. Soltanto le poche riflessioni che
avx'ete incontrato mi appartengono.
Nou mi dilungo di piii ; lascio a’ vostri lettori la cura di fare quei
riflessi che naturalmente suggerisce la lettura di questa pagina di
Storia. — Vi dirò altresì, prima di terminare, che il principale manoscritto della Valle che trattò cotesta materia e col quale è probabile che altri se ne sieno formati, porta la data del 1740; cho proviene da un Du Tillet, i)arerite, senza dubbio, di quello che fuggì iu
Isvizzera nel 1536, e che il manoscritto è posseduto dal deputato
d’Aosta sig. Barone Bich.
Aggradite, signor Eedattore e caro fratello, la conferma de’ miei
sentimenti i più affettuosi.
Vostro Devotiss.
G. G. Curie, pastore in Aosta.
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POliEmCA
IL PURGATORIO ED IL MEZZO DI LIBERARSENE
L’articolo che sotto questo titolo pubblichiamo è un brano di discorso da quello stesso padre Chiniquy (la di cui conversione abbiamo, non è molto, i arrata ai nostri lettori) pronunciato in una
pubblica assemblea, in Edimburgo. Egli è cosa che a più d’uno dei
nostri connazionali riescirà interessante al sommo, il sentire dalla
bocca stessa di un prete romano fra i più rispettabili ed operosi,
come sia giunto a liberar se ed i suoi parrocchiani dal Purgatorio.
“ Voi bramate forse di sapere come ci siamo noi liberati dal Purgatorio.
Il Purgatorio è un’ istituzione stupendamente intesa all’ effetto di guadagnar quattrini — ma è una credenza sinceramente ammessa dai cattolici
romani. Confesso che io puro la dividevo pienamente prima che Iddio mi
aprisse gli occhi; ma fin da quando io ero ancor prete di Eoma, Iddio mi
pose nel caso di farmi un giusto criterio di questa iniquità. Un giorno
avvenne ch’io predicassi suH’argomento della temperanza ad un’uditorio
composto di persone ricche. Il prete stesso del luogo era agiatissimo; si di
ceva avesse depositati alla banca dieci mila dollari (scudi). Strada facendo,
dalla chiesa a casa sua, dopo la funzione, c’imbattemmo in un povero meschinello di nient’altro vestito che di cenci, il quale, con tremula voce,
chiedette al prete di dire una messa grande per la sua moglie morta da due
mesi. « Signor curato, diceva, io sogno di continuo di mia moglie. Io la
« veggo in mezzo alle fiamme del Purgatorio. Per l’amor di Dio, abbiate
« pietà di me. » — « Ottimamente, rispose secco il prete, datemi cinque
dollari, ed io vi canterò una messa grande. » — « Signor curato, riprese il
meschino, io non ho danaro; io sono stato infermo gli ultimi sei mesi; io
non ho pane da dare ai miei figli. » — « Va benissimo, soggiunse il prete,
voi potete fare ciò che più vi talenta colla vostra moglie in Purgatorio; inquanto a me non posso cantare una messa a gratis. » Il pover’uomo scongiurò
allora il curato nel modo più pressante perchè dicesse cinque messe basse
in suffragio dell’anima di sua moglie. — « Ebbene, datemi cinque scellini
(circa 6 fr.) ed io vi darò in cambio cinque messe basse. » — « Oh ! signor
curato, disse il povero accattone, ella sa benissimo che io non sono niente
più iu grado di darle cinque scellini che cinque dollari! » — « Ne son do-
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lento, disse il prete, ma io non dico messe a gratis. » Andammo innanzi
alcuni passi, fatti i quali, il prete rivoltosi nuovamente alpover’ uomo: «Mi
pare, gli disse, di aver veduto in casa vostra alcuni porcelli da latte; datemene uno ed avrete le vostre cinque messe. » Al che l’uomo rispose :
« Per l'amor di Dio, mi risparmi signor curato! io mi sforzo d’ingrassarli
per nutrire i miei figli; è l’unica provigione ch’io mi abbia per quest’inverno. » — « Ottimamente, fate ciò che vorrete colla vostra donna in Purgatorio, ripetè il prete, io non dico messe per nulla. »
Ci allontanammo e poco dopo giungemmo a casa; ma mi fu impossibile
quella notte di chiuder l'occhio. « Possibile, dicevo tra me e me, che nella
mia cara santa Chiesa, l'unica Chiesa di Cristo, trovinsi cose così orrende
quali oggi ne ho vedute! » Non potei dormire punto.
Il giorno seguente, a mezzodì, ora del pranzo, recatomi nella sala, il primo
oggetto che scorsi in tavola fu un porcello da latte che mandava un’odore
squisitissimo. D mio ospite, da quell’uomo ben educato ch’egli era, me ne
servì uno dei pezzi migliori. « È questo, gli dissi, il porcello di quel povero
uomo nel quale ieri ci siamo imbattuti ?» — « Sì, mi rispose egli, e soggiunse : « Se non possiamo trarre la donna dal Purgatorio, avremo in ogni
caso, mangiato un buon boccone. » »
Mi balenò nella mente un pensiero tremendo. Tuttavia seguitai a credere
che lloma era infallibile e che soli i miei pensieri nonché i detti di quel
prete erano colpevoli.
Ciò non pertanto la credenza nel Purgatorio fu fra le prime di cui mi liberai. Nel principio temeva di formarmi sopra questo argomento, per cui
invece di prendere consiglio dalla mia esperienza o dalla mia debole scienza,
che non è che ignoranza, pregai l’iddio mio perchè si degnasse, neUa sua
misericordia, d'illuminare i miei connazionali. Privatamente ragionavamo
intorno a queste materie, ma non ardiva ancora parlarne pubblicamente.
Invitavo i miei uditori a riferirsi sul proposito alle S. Scritture. Ma venne
il giorno in cui non mi fu più possibile il celare quello che sentivo, cd in
cui mi sarei reso colpevole d’iniquità grande, tacendo quello che è. Il giorno
di Ogni Santi hawi l’uso di fare grandi questue per le anime del Purgatorio. Dopo la funzione del mattino, io così mi espressi: « Miei cari parrocchiani, eravi per l’addietro l’usanza di questuare in questo giorno, per le
anime del Purgatorio. Or, se vi sia o no un Purgatorio, io non ve lo dirò ;
sforzatevi a trovarlo nelle Sacre Scritture, quindi venite a mostrarmelo. Voi
avete la Scrittura fra le mani; consultatela intorno a questo argomento
come pure intorno ad ogni altro, e se Dio disse esservi un Purgatorio,
credetelo. Ma una cosa io sono astretto dalla coscienza a dichiararvi : Altre
volte voi mi deste forti somme per le anime del Pui'gatorio, ma io non ho
potuto mandarle e mi sono quindi rimasto in tasca. Io devo confessarvi il
vero; ma io non vengo a dettarvi leggi intorno a questa credenzii. Questo
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dopo pranzo io farò girare in mezzo a voi due scattole, una delle quali
bianca, per ricevere i vostri doni a prò delle vedove, l’altra nera per il
Purgatorio. Abbiamo fra noi circa dodici vedove ed orfani. Se yi pare miglior
cosa, al cospetto di Dio, di sfamare e vestire questi, darete per i vivi; cbe
se date per le anime del Purgatorio, saprete fin da ora dove (accennando
alla sua tasca) vadano i vostri quattrini. » —^ La questua si fece; nemmeno
un centesimo fu dato per le anime dei defunti; e fra noi, da quel giorno
in poi, non si fece mai più parola del Purgatorio. »
(Témoin de la Vérité)
A OHE SEBVA LA SCOMUNICA IN MANO AI PRETI
L’apostolo S. Paolo, scrivendo ai Corinti, terminava la sua prima lettera
con qùeste solenni parole ; « Se alcuno non ama il Signor Gesù Cristo, sia
anatema » (1 Cor. xvi, 22). Il medesimo nella sua lettera ai Galati dichiara
incorso nella stessa pena chiunque si facesse ad evangelizzare loro oltre a ciò
che avevano ricevuto. E un tal linguaggio non ha niente che ci sorprenda.
Che venga dichiarato escluso dalla società dei credenti chi, e colle parole e
coi fatti, si mostra avverso a Gesù Cristo e sovvertitore del suo Evangelo è
cosa legittima non solo ma del tutto naturale. La scomunica, in tal caso,
non fa che dare una formola ad un fatto che già esisteva ; la Chiesa di
chiara non appartenergli più, chi, per le sue dottrine o la sua vita in aperta
opposizione colla fede in Gesù Cristo, avea escluso se stesso dal novero dei
credenti. Ma che uno il quale d’altronde ripone ogni sua fiducia in G. C.
e lo venera come suo Salvatore e suo Dio, parteggi per la monarchia o per
la repubblica, pel governo di Vittorio Emmanuele o per quello di Pio IX ;
che stimi il primo preferibile al secondo, e dichiari il governo dei preti il
pessimo fra i governi e cento volte da anteporsi quello dei laici, è tal cosa
di cui l’Evangelo non si preoccupa nè punto nè poco, essendo le varie forme
di governo nel novero di quelle verità relative, che al punto di vista dello
circostanze e non già dì un principio morale assoluto vanno giudicate.
Partendo da queste considerazioni, qual giudizio dovrassi fare di quesiti,
come i seguenti, che a nome dei Vescovi delle Marche venivano non è guari
sottoposti allo scioglimento della Sacra Penitenziaria Apostolica f
« Se siano incorsi nella scomunica maggiore coloro, sia uomini, sia donne,
che, essendo artisti, ovvero, trovandosi al servizio di fautori della rivoluzione, hanno prestato l'opera loro materiale nel lavorare coccarde, bandiere,
stemmi, ccc. ecc., ed altri contrassegni nazionali diretti a festeggiare ed a
facilitare lo stabilimento del nuovo usui’patore governo.
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« Se l’abbiano incorsa tutti coloro che, facendo parte di un qualche concerto (banda musicale), ovvero coloro che avendo in custodia le campane
dei Mimicipii o delle Chiese, non che coloro che collo sparo de’ mortai ecc.,
hanno prestato l’opera loro per festeggiare la votazione c gli atti diversi
che sonosi fatti e si vanno facendo per impiantare e consolidare il nuovo
usurpatore governo.
« Se l’abbia incorsa dii, per umano rispetto, o per im qualche timore ò
andato a dare il suo voto nel solenne atto del plebiscito, benché abbia dato
il suo voto negativo o in bianco, e perciò nullo, credendo nel suo cuore di
non commettere una colpa grave.
4 Se l’abbia incorsa chi nel plebiscito ha dato il suo voto affermativo,
ma indotto da qualche inganno, o da un qualche timore, avendo però nel suo
cuore una volontà contraria, e sperando di non fare un atto gravemente
colpevole.
« Se l’abbiano incorsa le donne ed i giovani minorenni, i quali abbiano
sottoscritti fogli di adesione al nuovo invasore governo, o indirizzi di sudditanza al Ke Vittorio Emmanuele II ».,
Che c’entra, noi le domandiamo, in tutto questo, fede o non fede, amore
o odio a Gesù Cristo, dottrina conforme od opposta all’Evangelo? Che cosa
avrebbe che vedere con tutti i casi ivi supposti la scomunica (e quello che
più monta la scomunica maggiore^ qualora un tale castigo non venisse inflitto che a mente deU’Evangelo, e per quei soli casi dal l’Evangelo contemplati? Fare tali quesiti, non basta per se solo a dimostrare, anche ai meno
chiaroveggenti, che l’arma sacra della scomunica la brandisce, non già il
pontefice ma il re ; non già chi si cura della salvezza delle anime ma bensì
dell’integrità del suo terrttorio; e che la scomimica non è niente più che un
supplemento alle poderose armate ed ai cannoni rigati in gran numero che,
per buona sorte dell’umanità, fanno difetto al sedicente Vicario di G. C. ?
E questi sono quelli che poi gridano all’invadente incredulità, e si lagnano che la fede vada perdendosi, quando in tutto e per tutto operano nel
modo più acconcio ad estirpare dal cuore di chi tien dietro ai loro portamenti fino all’ultimo vestigio di fede che possa rimanervi! Italiani miei
concittadini, quando alfine aprirete voi gli occhi o cesserete di toner dietro
a maestri, che dei vostri bisogni religiosi, anziché soddisfarli, se ne valgono,
unicamente come di pascolo alle loro bramo mondano, c cosi operando vi
traggono seco in quell’abisso in cui, per giusto giudizio di Dio, sono vicini
a cadere!
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BIBLIOGRAFIA
IL CANONE DELLE SANTE SCRITTURE SOTTO IL DUPLICE ASPETTO DELLA SCIENZA
E DELLA FEDE. — Per L. Gaussm, 2 voi., Losanna 18G0.
I
Allorquando un dottore, il di cui nome è giustamente onorato in tutte le
Chiese di Dio , riassume, sullo scorcio della sua vita , l’insieme del di lui
punto di vista, in un’opera di lunga lena; allorquando sopratutto quest’opera
si trova in relazione ìntima colla parte che l’autore ha sostenuto nella Chiesa,
egli 6 con rispetto particolare e con religioso interessamento che si accoglie
la detta opera. Questa diventa infatti, colle di lei scientifiche risultanze, co’
meriti suoi e cogli stessi difetti (conseguenze logiche di un sistema) una
pietra dell’edificio generale del pensiero cristiano.
Il nome solo del sig. Gaussen basterebbe ad assicurare alla di lui opera
il )-ispetto dei lettori cristiani. Si può non ammettere la forma logica, rigorosa sotto la quale egli ha stabilito un fatto cosi misterioso e complessivo
come quello della inspirazione; si può a prima vista essere colpiti dalla apparenza matematica nella divisione della sua nuova opera in 400 tesi sulla
storia, oin 235 sul dogma; si può far largamente le proprie riserve nell’accettare il tale o tal’altro ragionamento della « teopneustìa; » ma nou v’è alcuno, che abbia letto quelle pagine, che portano l’impronta di tanta commozione e di tanta pietà che non dica tosto a se stesso ; ecco qui un nobile
cuore, una imaginazione che il vento bruciante del*uaterialismo non ha potuto disseccare, una coscienza che non chiama punto il bone male, e il male
bene !
Per natura eminentemente sintetico ed affermativo, il sig. Gaussen ha
una antipatia quasi instintiva per la negazione; i suoi primi sermoni sono
stati letti, riletti ed ammirati dagli stessi cattolici, perchè non hanno ancora
nessuno dei tratti dolorosi e coatti di un’epoca di lotta. Come sono soavi
e benefiche le di lui parabole della primavera! Quanto intima e sentita la
descrizione di una vita pastorale modello, nella notizia che dà intorno al sig.
Cellérier! E chi non leggerà con ammirazione le lezioni ch’egli indirizza ai
fanciulli sulla Creazione, nell’opera sua sul primo capitolo della Genesi!
Rappresentante delle dottrine vitali del Vangelo nella città di Calvino,
la quale avevano invasa, in parte almeno, opinioni razionalistiche, il signor
Gaussen è stato costretto, com’è noto, a separarsi dalla Chiesa nazionale, e
sostenne contro la parte latitudinaria una prolungata lotta che andò mitigandosi, in causa dei rallegranti progressi di pietà, dopo la rivoluzione del
1847.
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La Chiesa indipendente di Ginevra godeva in tal’epoca di un riposo e di
una prosperità cui la sua influenza all’estero dava lustro particolare. Le di lei
opere esteriori andavano estendendosi; la Scuola di teologia sembrava del
pari comendevole per la scienza cho per la fede, quando scoppiò l'inatteso
uragano, al quale deve la nascita l’opera che ora annunziamo. Il clero ginevrino, sebbene diviso per molte verità di prima importanza, era d’accordo
sul punto di partenza della scienza cristiana; il razionalismo rigoroso, negativo, critico della Germania non eravi mai penetrato, ed ortodossi e latitudinarj riconoscevano uua autorità comune, cioè quella della Parola di Dio.
Piassicurati dal rispetto dei loro avversarj per la Scrittura, ed alimentandosi
invece alle sorgenti della teologia inglese, che s’occupava assai poco di critica sacra, i dottori della scuola libera di Ginevra avevano per la più parte
recato un’attenzione abbastanza ristretta al movimento teologico della Germania dove la negazione si era, dal principio del nostro secolo, attaccata
in ispecie alle fonti della storia e del dogma evangelico. I\Ia ecco già che uu
loro collega, uomo di vasta erudizione, che al senso critico di molti teologi
tedeschi univa la rigorosa logica dei francesi, alzò tosto a lato di essi lo
stendardo di un razionalismo nascosto che, sotto il nome di coscienza, impiegato iu un senso assai contestabile, tentava intronizzare la ragione, additava alla scienza, alla polemica, alla vita cristiana un sentiero novello, c
prometteva di far udire ormai ai lettori della Bibbia, non il “ ventriloquio
cabalistico ” della teopneustìa, ma “ il nobile accento della voce umana. ”
Noi uou possiamo qui fare la storia di cotesta tempesta, cui gli uomini di
fede, che s’erano dati la santa missione di conservare a Ginevra le dottrine
dei riformatori, fecero fronte, per quanto lo permettevano la voga della novità e la forma inattesa dell’attacco; essi trovaronsi in modo inopinato ravvicinati ai loro antichi avversarj, che vedendo scossa la religiosa base di essi,
si posero a difenderla con serietà e certo non senza benedizione.
Di tutti i dottori, colui che doveva soffrire il più da questo attacco inaspettato, e che n’era in qualche modo in ispecialità l’oggetto, era il signore
Gaussen. Imperciocché la caratteristica distintiva della sua carriera teologica si è ch’egli ha professato sempre nelle di lui opere una sommessione
assoluta ed un rispetto senza limiti per la Parola Scritta. È a sostegno del
rigoroso sistema della teopneustìa o ispirazione assoluta ch’ebbe consacrato
la di lui principale opera teologica; e mentre, in Germania, i teologi razionalisti e i dottori positivamente cristiani erano occupati a discutere a lungo
sull’autenticità più o meno probabile di Daniele, il nostro autore, valendosi
di tutta la ricchezza della sua imaginazione e delle suo conoscenze, fece
dello studio rispetto.so di quel profeta il soggetto di un libro accessibile ai
fanciulli, e che, anche ì padri leggono con piacere.
Figuriamoci ùn nobile figlio di famiglia, stabilito da molti anni ncU’erodità de’ suoi padri, or passeggiante, nel tempo disponibile, nel fiorito giardino
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che lo vide crescere e dove ogni cosa ò animata dallo rimembranze dell'infanzia, ora in cerca di austere lezioni di coraggio e di prudenza negli espressivi lineamenti de’ suoi antenati, ritrovante la storia loro nelle volte secolari,
sotto gli antichi viali, nelle vaste sale del suo castello, - quanto ama cotesta
dimora di cui ogni nuovo avvenimento della di lui vita viene ancora ad aumentarne il pregio ! - Ma ecco già, che, affatto all’impensata, un parente giugno
di lontano, munito di grande quantità di atti, di carte, di varie dichiarazioni,
e viene a contestargli la legittimità della di lui successione, la purezza dell’origine, l’onore del padre e della madre! — Gettato d’un colpo nell’arena
dei combattimenti gindiziarj, il dotto figlio rispettoso sente il dovere che gli
incombe di cOBservare incolume la memoria dei genitori; attonito per l’audacia de’ suoi accusatori, ma senza essere indebolito per nuUa nelle di lui
convinzioni, egli intraprende l’opera della pietà filiale, cerca documenti,
rovista negli archivii, confonde i nemici per la forza schiacciante della evidenza, poi rientra tranquillo e serio nella diletta dimora, che si volle rapirgli, stanco dello sforzo, ma più che mai fidente nella potenza della giustizia,
come Abramo depose le sue armi dopo la guerra contro Chedor-Laomer.
Tal'è la storia dell’opera che annunziamo: l’autore della Teopneustìa attaccato all’improvviso, dal lato della critica sacra, chc non era affatto la sua
partita, e per la quale si scorgo facilmente in lui una specie di antipatia, fu
obbligato di abbandonare, per così dire, un momento la dimora stessa della
Scrittura per battersi nella strada contro la critica negativa; ciò foce nel
primo volume dell’opera dove stabilì le prove storiche dell’autenticità del
Nuovo Testamento ; in luogo di respingere gli assalti fatti contro le diverse
parti del Sacro Libro, il sig. Gaussen ha stabilito affermativamente con documenti e fatti che la guarentiscono, l’origine divina e sopratutto rorigine
apostolica del Canone. H di lui coraggio e la serietà colla quale assunse, in
un’età avanzata e malgrado le molte infermità, tutta la responsabililà del
-suo punto di vista, sono state altamente ricompensate ; il soggetto che sembrava oscuro da lungi, divenne a lui chiaro per nuova luce, e non si può
leggere il primo volume di quoU'opera senza essere colpiti dalla potenza
delle testimonianze storiche di cui Dio ha circondato la sua Parola, e sentirsi convinti della piena ed intera autenticità di 'tutti i libri ricevuti dalla
Chiesa nei due primi secoli deU’éra nostra; v’ha un cerchio di dimostrazioni
che va restringendosi dalle testimonianze del 3° secolo fino a quelle ohe
toccano l’epoca degli Apostoli e che finisce per formare all’intorno dei
quattro evangeli, delle epistole di Paolo e degli altri scritti apostolici, un
baluardo chc toglie ogni voglia d’assalto.
( Continua)
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NOTIZIE RELIGIOSE
Firenze. — L’avvocato Orzelli. —..... « L’ultimo Lunedì (12 Novembre) abbiamo accompagnato al Cimitero svizzero la salma dell’ottimo avvocato Orzelìi, mancato ai vivi a Pontassieve, nel giorno di sabbato, 10 del
corrente, dopo una malattìa di circa tre settimane. Quest’ottimo fratello fu
uno dei primi cbe, in Toscana, si sieno apertamente dichiarati per la fede
evangelica. Io mi ricordo di avergli sentito dire, sono più di dieci anni,
aver egli ricevuto un’impressione incancellabile, a Ginevra, dalla persona
di un cristiano eminente, fu il Signor Vcrnet, quando viveva presidente
della Società Evangelica. La fede discese nel di lui cuore; e se nonne fece
mai gran rumore; se varie considerazioni p.arvero talvolta velarla al pubblico; se l’interessamento per l’indipendenza della patria ha, in certi casi,
contrastato il primo posto all’attività missionaria del cristiano, questo rimane
pur sempre, ch’egli ha fatto risplendere intorno di sò la luce dell’Evangelo,
e ch’egli è stato lo strumento, fra altre conversioni, di quella della di lui
consorte, la quale ò una cristiana manifesta e fervente. L’Evangelista della
nostra Chiesa Valdese in Firenze lo ha visitato più volte durante la sUa
malattìa, e dal suo labbro stesso gli fu dato raccogliere le testimonianze ripetute di una fede inconcussa e di una certa speranza. »
(Nostra corrisp.)
Francia—Simptatia alVItalia.—Da un ottimo pastore francese ci giunse,
giorni sono, una lettera, della quale ci piace trascrivere alcuni brani, che, posti
sott’occhio ai nostri lettori, saranno loro un pegno consolante deU’intercsse
che dai cristiani di quel grande impero, viene preso alle cose nostre, segnatamente religiose ; « Io vorrei essere in grado di dire a tutti cotesti fratelli
dispersi nell’italiana penisola, che io prego per loro, che con loro combatto,
e che mi rallegro per i progressi che l’Evangelo sta facendo nel loro nobile
paese. Fin dallo scorso inverno iniziai in seno alla mia chiesa raunanze di
preghiera a prò deU’Italia, e lo stesso spero di fare ancora quest’inverno.
Coraggio adunque, fratelli d’Italia! noi siamo con voi; il sangue dei nostri
prodi ha fecondato la nascente libertà della patria vostra, le preghiere dei
cristiani di Francia s’uniscono alle vostre ; siate fedeli alla santa causa della
verità e non temiate: sulla vostra navicella sbattuta dall’onde trovasi Gesù,
e gli basta una parola ad acquetare la burrasca : « Non temere, o picciola
greggia, perciocché è piaciuto al Padre di darvi il Kegno. » Nelle difficoltà
ed in seno ai pericoli ci sorregga questa promessa, e tutto andrà bene ».
Germania — Conversioni all’Evangelo. — L’^n’intiera famiglia, composta
di cinque persone è stata, giorni sono, ammessa nel grembo della Chiesa
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Evangelica, dopo avere abiurato il romanesimo. Uu frate Carmelitano, il
signor Francesco Ammers, nativo di Monaco, è stato egli pure ricevuto
membro della comunione evangelica il dì 10 ottobre p. p. Coinè Lutero,
una Bibbia rinvenuta nel convento di cui egli era Bibliotecario, fu quella
che, gi-ado gi'ado, aperti gli occhi, Tindusse a questo gran passo.
Stati-Uniti d’America. — Il futuro presidente dell’ Unione Americana.
Le ultime notizie giunteci d’America ci recano la nomina a presidente della
Confederazione, del sig. A. Lincoln, candidato degli abolizionisti. A dare
un’idea del carattere del futuro Presidente gioverà non poco il fatto seguente, che narrava, è poco, in un giornale americano, un monitore di una
delle scuole domenicali di New-York: « Mesi sono, una domenica mattina,
quando già era adunata la nostra scuola, veggo entrare e prender posto fra
noi un signore di alta statura e di modi distintissimi. Egli tenne dietro ai
nostri esercizi! con una tale attenzione ed il suo viso portava l’impronta di
così vivo interessamento, che facendomegli vicino, gli domandai se non
fosse disposto a rivolgere qualche parola ai bambmi. Tale invito gli riuscì
manifestamente accetto; per cui egli, alzandosi diede principio ad un discorso così semplice, ma ad un tempo così attraente, che, dopo un’istante,
tutti i suoi giovani uditori ne erano incantati, ed il massimo silenzio regnava
in tutta la scuola. Sommamente bello era il suo linguaggio, »v ìve e commovente la sua voce. A misura ch’ei parlava scorgevasi in tutti quei piccoli
visi a lui rivolti l’espressione, ora della tristizia or della gioja, a seconda
ch’ei facea loro sentire o gli ammonimenti severi, o le consolanti promesse
della Parola. Una volta o due ei si provò di porre fine alla sua allocuzione,
ma un grido unanime di : <i Ancora ! oh ! ancora ! » mandato dal suo giovane
uditorio, l’indusse a proseguire. Tutto, in questo estraneo, la forte complessione fisica, il capo grossissimo ed i lineamenti del volto fortemente accennati, ma nei quali scorgeasi pure come un soave riflesso delle attuali impressioni, tutto in una parola, mi colpì a tal segno, che non potetti resistere
al desiderio di sapere chi egli fosse; e nell’atto che stava per partire ,
chiestogli umilmente il suo nome : « Io sono, mi rispose con squisita cortesìa,
Ahraamo Lincoln dell'Illinese ». —
(U Espérance)
Domenico Grosso gerente.
TORINO - Tipografia CLAUDIANA, diretta ila R. Tromljctta.