1
ECO
Ig. FEYROT Arturo
ia C. Cabella 22/5
16122 GENOVA
DELLE VALLI VALDESI
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 108 - N iim. 14
Una copia Lire 80
ABBONAMENTI ^
L. 3.000 per l’interno
L. 4.000 per Testerò
Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70
Cambio di indirizzo Lire 100
TORRE PELLICE 2 Aprile 1971
Amm.: Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
Il segreto della croce
e nuova creazione
La Chiesa e la teologia del nostro
tempo sembrano incontrare qualche
difficoltà a ricevere e trasmettere nei
termini consueti il messaggio della
morie di Gesù che, come ognuno sa,
forma con la risurrezione il cuore stesso dell'Evangelo. L’interpretazione cristiana classica oggi ancora dominante
e direttamente desunta dai testi del
Nuovo Testamento vede nella morte
di Gesù un atto Unico e immenso di
espiazione dei peccati di tutti gli uomini e di tutti i tempi; Gesù è la vittima sacrificata al posto del peccatore; il peccatore — e chi non lo è? —
dovrebbe morire perché il salario del
peccato è la morte; Gesù prende il
posto dei peccatori, si carica della loro colpa e della loro dannazione, subisce la loro condanna, « paga » per
loro; Gesù in croce espia il peccato
degli uomini accettando al posto loro
la terribile sanzione divina sul peccato; così il peccato è condannato ma
il peccatore è salvo; in questo modo
Gesù è Salvatore e la sua morte è la
nostra salvezza. Il peccatore dialoga
così con Gesù crocifisso:
Ai piedi dellla croce
il tuo soffrire atroce
contemplo, o Salvator.
Perché, per qual delitto
sci Tu così confìtto,
o giusto, santo mio Signor?
Risponde la tua voce:
« Per te perisco in croce,
o uomo peccator.
Da me è così lavato
l’intero tuo peccato;
per te v’è grazia e non rigor ».
(Innario Cristiano n. 222).
Oggi questa interpretazione non
soddisfa più un certo numero di cristiani, ivi compresi alcuni teologi e
predicatori i quali, senza negarne la
leelttimità evamuel-kia^ la ,po-
co congeniale con la mentalità dell’uomo moderno, totalmente refrattario all’idea, corrente invece nell’antichità c
nello stesso Israele, di una espiazione
dei peccati ottenuta mediante uno
spargimento di sangue, cioè mediante
il sacrificio di una vita.
In un articolo recente il pastore
francese Louis Simon ha elaborato, a
titolo di ipotesi, una nuova interpretazione del senso della morte di Gesù come atto di salvezza, partendo
dalla convinzione che i termini e 1
concetti di redenzione mediante il sangue, sacrificio vicario, riscatto, propiziazione e via dicendo, non sono più
utilizzabili per spiegare all’uomo d’oggi (e a maggior ragione a quello di domani) il significato salutare e il valore
liberatore della croce del Golgotha:
per far questo occorre abbandonare
sia il concetto di espiazione che oggi
non solo non è più comunicativo ma
può addirittura risultare scostante e
controproducente (un Dio che esige la
espiazione dei peccati è veramente un
Dio di grazia?) sia il concetto di sostituzione, oggi più che mai squalificato
come causa prima di alienazione per
l’uomo, il cui destino viene deciso foori di lui e indipendentemente da lui.
Ma allora; come esprimere il valore
salvifico della morte di Gesù dopo aver
rinunciato alla dottrina dell’espiazione
vicaria?
Il pastore Simon propone di utilizzare Tinteripretazione della morte di Gesù
fornita da Dorothee Solle, audace e vivace teologa tedesca tutta dedita alla ricerca di una versione laica dei messag
gio cristiano, necessaria dopo il tramonto dell’èra religiosa dell’umanità e la
« morte » del Dio metàfisico. La Solle
intende la morte di Gesù come morte
del « modello », non in senso morale
ma psicologico. Gesù sarebbe il modello psicologico dell’umanità, nello stesso
senso per cui un adolescente, per accedere alla maturità, ha bisogno di un
modello (sovente è quello paterno) che
lo solleciti a uscire da se stesso e a
divenire adulto. Ma questo modello,
per ottenere lo scopo, deve a un certo
punto ritirarsi, svanire, « morire ». Il
passaggio di un adolescente alla maturità è reso possibile dalla « morte » del
modello che lo ha aiutato a raggiungere la statura d’uomo fatto. Se il modello non muore, diventa una presenza
alienante e l’uomo resta adolescente.
La morte del modello è allora la salvezza dell’uomo in quanto gli consente
di realizzare se stesso, non restando
bambino e divenendo adulto, fino « all'altezza della statura perfetta di Cristo » (Efesini 4, 13).
Cristo è il modello dell’umanità nel
senso che rivela all’uomo la sua vera
identità e gli dà forza e ispirazione per
realizzarla. Cristo non si sostituisce all’uomo né in vita né in morte; Gesù
non vive e non muore al posto dell’uomo, ma per l’uomo, cioè perché l’uomo diventi se stesso; Gesù non si sovrappone all’uomo come farebbe un de
spota, al contrario è venuto per servirlo, cioè per permettergli di passare dall’adolescenza alla maturità, realizzando
se stesso dopo aver scoperto in Cristo
la sua vera identità. Ma perché tutto
questo giunga a compimento, occorre
che Cristo, il modello, scompaia.
« Il morire di Cristo per me •— scrive
L. Simon — lo intendo così: Sono il
tuo modello (e anche quello di tutta
l'umanità), e acconsento che tu viva
della mia morte, che tu mi metta a
morte per essere te stesso...
« Credo che Cristo è il mio Salvatore.
Egli è il modello per l’uomo e per
l’umanità... perché forma uomini adulti... perché mette l’uomo in piedi fino
a morirne.
«Cristo è il Salvatore perché ha accettato di essere il modello che muore perché l’altro acceda alla sua identità: ecco il suo "morire per gli altri".
« Cristo fa nascere l’uomo libero in
un modo solo: ritirandosi, come il mare per creare i continenti.
« Egli stesso lo diceva: Vi è utile che
io me ne vada... »
Cosa pensare di una interpretazione
della croce così insolita e così poco
convenzionale? A qualcuno non dispiacerà, per essere immediatamente accessibile alla mentalità moderna, in quanto utilizza termini e concetti propri del
pensiero contemporaneo, rinunciando
a quelli arcaici dei riti di propiziazione
ed espiazione dei peccati. Soprattutto
la proposta del pastore Simon può suscitare echi profondi nell’animo dell’uomo d’oggi, perché collega la morte di
Gesù non con il peccato (che l’uomo,
oggi, stenta a riconoscere e « sentire »,
specialmente se si tratta del proprio)
ma con la ricerca e la realizzazione di
se stesso (che nessun uomo può non
« sentire »). In tal modo sembra assicurato un aggancio sicuro tra la parola
della croce e la condizione dell’uomo
d’oggi.
Eppure, per quanto suggestiva sotto
certi profili, la nuova interpretazione
della croce non convince e non sembra
da accogliere. Quello che pare essere il
suo pregio maggiore — spiegare la
morte di Gesù come atto di salvezza indipendentemente dal peccato dell’uomo — è in realtà il suo tallone d’Achille. Se si vuole trovare un senso alla
morte di Gesù prescindendo dal peccato dell’uomo, si diranno molte cose utili ma nessuna essenziale. La croce di
Gesù è salutare per i peccatori; se non
10 è per loro, non io è affatto. E vero
che l’uomo d’oggi non si sente peccatore, ma questo non vuol dire che non lo
sia. Gesù è morto per l’uomo in quanto peccatore, non in quanto essere che
deve diventare se stesso trovando la
propria identità. Il peccato dell’uomo
non è l'immaturità ma la disubbidienza; è un rapporto negativo dell’uomo
con Dio, non dell'uomo con se stesso.
11 segreto della croce si svela non partendo dalla nostra immaturità ma dalla
nostra ribellione.
La croce attesta di che cosa noi siamo capaci nei confronti di Dio, e di
che cosa Dio è capace nei confronti nostri. La croce segna la fine della nostra innocenza e l'inizio della nostra
giustificazione. « Colui che non ha conosciuto peccato, Dio l’ha fatto esser
peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui » (2 Corinzi 5, 21).
Paolo Ricca
generazione
non danno una descrizione della resurrezione; passano direttamente dalla
morte di Gesù alle sue apparizioni: era
morto, ed è vivente. Come questo sia
avvenuto, non è il loro problema. Del
resto non può essere un problema per
nessuno, perché, propriamente parlando, di un problema non ha le caratter, suche; per problema intendo una
struzione dello spirito che trae le conclusioni da una determinata combinazione di dati conosciuti, in modo da ricondurre l’ignoto al conosciuto. L’ignoto della resurrezione non si lascia in
alcun modo ridurre a ciò che è noto,
che sia biologico o psicologico o qualunque altra cosa.
Per contro, la predicazione delia resurrezione — e dunque il senso che questa predicazione dà all’avvenimento •—
si riferisce a ciò che è già conosciuto:
la vita, la morte, l’insegnamento di Gesù. Qui sorge di nuovo il problema: che
cosa vuol dire la resurrezione? Che cosa dice, che non sia già detto da tutto il
contesto? Quale nuova informazione ci
porta, su Dio e sull’esistenza umana?
Un primo elemento di risposta a queste domande può essere dato quando si
constata semplicemente, ingenuamente
— ma l’ingenuità è un difficile esercizio
quando si tratta della lettura della Bibbia, tanto questo libro ci perviene sovraccarico di commenti •— che all’accento messo sul Regno di Dio dai tre
primi evangeli succede, negli altri libri
del Nuovo Testamento, un altro accento, messo questa volta sulla resurrezione e il passaggio dalla morte alla vita.
L’Evangelo di Giovanni, per esempio, fa
allusione una sola volta al Regno di
Dio, nel racconto della conversazione
tra Gesù e un uomo dotto chiamato
lllllMlllllllllllllllllUlllllllIllMllllllillllliMlllllllI IIIIIMIin lllllllllllll Ululili 111 llllllllll 1111111!! Illlllllllllllllllllll III lllllllllllllllllll llllllllllllllllllllll lllllllllllllllll'llll llllllllllllllllllllll
Un motivo- di riflessione ir.L'juesto tempo della Passione
L’attesa del Regno avvenire
è la chiave per risolvere le contraddizioni
dellatteggiamento di Gesù di fronte ai potenti e ai
rivoluzionari del suo tempo
« La paura dello slogan religione-oppio del popolo non deve incitarci a considerare 1 insegnamento di
Gesù al di fuori della prospettiva escatologica del Regno futuro. Del resto, come tutti gli slogans, è contrario alla verità, che non è così semplice. L’attesa del Regno futuro, che non è di questo mondo, non
distoglie Gesù dall’azione in questo mondo che passa e per questo mondo che passa, ma al contrario
la stimola. L’ escatologia cristiana autentica non favorisce affatto Timmobilismo » (Oscar Cullmann).
Ci disponiamo a rileggere le testimonianze evangeliche relative alle ultime
giornate di Gesù di Nazareth; i rapporti con i discepoli, il complotto e il
processo montato contro di lui, fra incomprensioni, ambiguità, menzogne,
tradimenti, fino alla condanna e alla
esecuzione. In questo quadro risulterà
illuminante la lettura dell’opera più recente di Qscar Cullmann, Gesù e i rivoluzionari del suo tempo. Uscito contemporaneamente in tedesco (Mohr) e
in francese (Delachaux & Niestlé) alcuni mesi or sono, questo breve saggio
ha destato subito un’eco vasta: persino
nella nostra stampa quotidiana, ove
possiamo citare un belTarticolo di Raniero La "Valle su « La Stampa » e più
recentemente uno scritto di Geno Pampaioni sul « Corriere della Sera ». Ed
ecco uscire in questi giorni l’edizione
italiana, per i tipi della Morcelliana
(Brescia 1971, p. 78, L. 800). A parte le
doti di semplicità e chiarezza e il giudizio equilibrato e penetrante, che unisce una solida ricerca esegetica e storica a un discorso di fede, il successo
dell’operetta si spiega con l’interesse
del tema — Gesù è stato un rivoluzionario? —, così attuale che, come molti
ricorderanno, la stessa televisione italiana gli ha dedicato una discussa serie
di trasmissioni, nel periodo d’Avvento
1970 (vi partecipò con molti altri lo
stesso Cullmann).
Per la cronaca, diciamo che l’apparire di questa edizione italiana è stato
segnato da uno spiacevole infortunio
giornalistico. Infatti, nella rubrica da
lui curata su « Epoca », Ricciardetto
(n. del 14.3.1971) ha dedicato un articolo non al libro, ma alla presentazione
fattane da G. Pampaioni sul « Corriere
della Sera ». Piuttosto incauto, il giornalista che discute le tesi di un libro
senza averlo letto, semplicemente in
base a ciò che ne ha scritto un collega... Né a *^utt’oggi risulta pubblicata,
dal settimanale di Mondadori, la rettifica che Qscar Cullmann ha inviato, dato che nell’articolo in questione la tesi
del suo libro veniva totalmente capo
volta. È per noi una buona occasione
per presentarla ai nostri lettori, andando oltre l’accenno pubblicato, con
una pagina del Cullmann, nel luglio
scorso (n. 29-30/1970).
Gesù nel suo tempo: situarlo cosi,
sulla base dei documenti storici di cui
disponiamo, è l’intento dello studioso;
egli non rifiuta il riferimento della sua
persona e del suo insegnamento ai problemi odierni, ma insiste sulla necessità di chiarire, senza semplificazioni
affrettate, il problenria storico e vuole
convincere gli impazienti che « vale la
pena prendere la via più lunga della
storia », anziché la scorciatoia dell’attualismo facilone.
Quali sono stati, dunque, i rapporti
di Gesù con i rivoluzionari del suo tempo, con il movimento zelota nelle sue
varie manifestazioni? Rapporti estremamente complessi. Da un lato, « 1 insegnamento e la vita di Gesù presentano certi tratti incontestabilmente zeloti » o che comunque avvicinano Gesù
agli zeloti; la sua predicazione; « Il regno di Dio è vicino », e la coscienza di
avere una missione divina da compiere
in quest’urgenza; il suo atteggiamento
critico nei confronti di Erode (« quella
volpe»); l’ironia con cui parla dei sovrani che, dominando i popoli, si fregiano del titolo di « benefattori »; talune parole sul portare la spada; la vita e l’attività di Gesù: l’ascendente sulla folla che vuol farlo re, l’attrazione
esercitata sugli zeloti. Fra i Dodici, uno
almeno, Simone lo zelota, era stato
membro di quel partito; con molta probabilità pure Simon Pietro lo era stato,
e quasi sicuramente Giuda Iskariot.
Inoltre già durante la vita di Gesù potevano essere intesi, sia pure a forto,
come atti zeloti la purificazione del
tempio, l’ingresso in Gerusalemme
com’è narrato negli evangeli, le arrni
portate da uno o più discepoli nel GetctiTTnQni infinf' snnrattutto 1 espressa
semam, infine soprattutto 1 espressa
condanna di Gesù, da parte del potere
romano, come agitatore zelota.
Ma vi è tutta un’altra serie di passi
nei quali Gesù appare invece avversario di qualsiasi resistenza politica e di
qualsiasi violenza: le parole sulla nonviolenza, sul non resistere al malvagio,
sull’amore dei nemici, la beatitudine
relativa ai pacifici, l’ordine di riporre la
spada, il fatto di avere ammesso fra i
suoi un ex-pubblicano e di avere frequentato spesso questi equivoci rappresentanti dell’ordine costituito; e soprattutto l’energico rifiuto di qualsiasi
elemento politico nella missione divina, che sa di dover adempiere: fin dall'inizio del suo ministero lo zelotismo
gli è apparso come la grande tentazione, la più sottile, la più pericolosa.
Come spiegare quest’atteggiamento
così complesso, per non dire contraddittorio? Giustamente il Cullmann rifiuta la comoda scappatoia di fare risalire alla responsabilità della comunità
primitiva l’una o l’altra di queste serie
di testi, con il risultato di fare di Gesù
un rivoluzionario annacquato fino a ridurlo pacifista, o viceversa, ad opera
di discepoli troppo pavidi o troppo fanatici. In realtà, questi due atteggiamenti apparentemente contrastanti
hanno un’unica radice: l’attesa del Regno avvenire, che costituiva il cuore
della speranza di Gesù. Questa tesissima prospettiva escatologica da un lato
relativizza radicalmente i fenomeni storici, ponendosi al di là dell’alternativa
conservazione-rivoluzione, perché nell’annuncio di Gesù il Regno viene da
Dio e assolutamente non dall’uomo;
ma, dall’altro lato, questa tensione non
costituiva affatto per Gesù un fattore
d’immobilismo né di evasione. E il Cullmann controlla questa prospettiva a
due facce in relazione al problema cultuale, a quello sociale e a quello politico.
Gesù ha purificato il tempio; ma si
è trattato di un gesto zelota? Gli zeloti
Gino Conte
{continua a pag. 3)
Nicodemo. Per contro parole come: Vita, Luce, Resurrezione, sono in esso di
uso frequente.
Queste considerazioni di linguaggio
attirano la nostra attenzione non soltanto sulla varietà delle espressioni teologiche, ma sulla ricchezza di senso
che si trova nella realtà che conosciamo attraverso la nozione di Regno di
Dio. Questa nozione ha certamente delle implicazioni politiche, ma essa non
s. esaurisce affatto nell’ambito politico,
come è già possibile notare nella lettura dell’Antico Testamento.
Questo non contiene soltanto il messaggio e l’annuncio di un sovvertimento, presenta anche questo sovvertimento — specialmente nei profeti come
Isaia, Amos, Geremia, Qsea, ecc. — come una nuova creazione, come una ricreazione del mondo. Non prevede
esclusivamente un cambiamento delle
strutture e delle istituzioni umane, prevede una ripresa dello stesso progetto
della creazione.
Dio, che ha già organizzato il caos, ricomincerà la sua opera in un giorno
che sarà, a seconda degli autori, giorno
d’ira e di distruzione, o giorno di gloria
e di ricostruzione.
Tutti hanno presenti le immagini di
cui ia predicazione profetica abbonda
in questo punto: il lupo abiterà con
l’agnello, il leopardo giacerà accanto
al capretto, il vitello, il giovane leone e
il bestiame da ingrasso abiteranno assieme, e un bambino li condurrà... Non
si farà né male né guasto sulla montagna di Sion, perché la terra sarà ripiena della conoscenza di Dio come il fondo dei mari delle acque che li ricoprono (Is. 11: 1-10). Si possono addirittura
comprendere i racconti della creazione
che contiene l’Antico Testamento alla
luce di queste anticipazioni della nuova
creazione, tanto quest’ultimo tema è
ricco e suggestivo.
È in questa prospettiva che la resurrezione di Gesù è interpretata dal Nuovo Testamento. Il giorno di Pasqua vi è
considerato, in sostanza, come il giorno
della nuova creazione. La vittoria del
Risuscitato sulla morte è il punto di
partenza di una ri-creazione che non
riguarda unicamente e neanche in primo luogo l’ordine politico, ma la totalità dell’esistenza umana, anzi la totalità della creazione. Quando Paolo, servendosi di inni, di salmi che erano già
in uso nelle comunità, fa del Cristo il
primogenito dei morti, il primogenito
della nuova creazione e il Signore di un
mondo nuovo, non prende queste affermazioni, come si è pensato, dalla speculazione delle sette gnostiche, ma, come oggi si tende sempre di più a pensare, dall’Antico Testamento, riletto alla luce della fede nella Resurrezione. (...)
La Resurrezione di Gesù sembra dunque essere stata compresa dagli scrittori del Nuovo Testamento come Talba
di un mondo nuovo, come il mattino
che viene dopo la grande notte, quella
notte del 'Venerdì in cui Gesù muore,
« secondo le Scritture », come essi amano dire.
Che cos’è allora questo mondo nuovo,
e quali relazioni ha con noi che viviamo
sempre nello stesso vecchio mondo,
questo mondo che i nostri sforzi possono rattoppare, certo, ma non ringiovanire?
Per caratterizzarlo. Paolo lascia capire che esso è presente là dove degli
uomini che credono in Gesù risuscitato
credono anche che sono risuscitati con
lui. (...)
« È perché siate liberi — egli scrive
ai Calati — che Cristo vi ha liberati »
(Gal. 5: 1). Sapevamo già che il Regno
di Dio è la liberazione degli uomini,
perché libera i poveri dalla miseria, gli
afflitti dal loro dolore, gli oppressi dall’oppressione e persino, paradossalmente, i ricchi dalla ricchezza. Qra completiamo le nostre conoscenze apprendendo che il mondo nuovo, inaugurato dalla Resurrezione di Gesù, è il mondo in
cui siamo lìberi da tutte le costrizioni,
comprese quelle che ci imponiamo da
soli.
Non basterebbe che fossimo liberati
dai pesi che gli altri fanno pesare su
di noi, occorre anche, perché la libertà
sia la libertà e non una ridistribuzione
delle schiavitù, che siamo noi stessi rifatti, ri-creati, ricostruiti in modo che
in noi non vi sia più nulla che porti il
germe di un nuovo asservimento degli
altri e di noi stessi.
Georges Crespy
(da Croire aujourd’hui. Ed. Qecuméniques, pp. 64-69).
2
pag. Z
N. 14 — 2 aprile 1971
PER CONOSCERE LA BIBBIA
AMOS, il mandriano di Tekoa
'I
Chi fu Amos, il profeta della giustizia.-' Risponderemo a questa domanda
con una serie di quattro articoli, invitando i lettori a seguirci nella meditazione dei testi biblici ai quali faremo ampio riferimento.
Le notizie biografiche sono poche,
rna attendibili. Amos era di Tekoa, un
villaggio non lontano da Betleem, fra
i monti della Giudea. Non proveniva
da una famiglia di profeti, non apparteneva neppure ad una corporazione
di uomini destinati al ministerio profetico; « Io non sono profeta, né discepolo di profeta; ero un mandriano, e
coltivavo i sicomori; l’Eterno mi prese di dietro al gregge e mi disse: Va,
profetizza al mio popolo d'Israele ».
Dal punto di vista storico, la vocazione di Amos avviene in circostanze assai precise: verso l’anno 760 a. C., al
tempo di Geroboamo II, re d'Israele.
Geroboamo aveva dato al suo regno
una prosperità politica ed economica
notevole; ma, dietro la facciata, la vita
religiosa era sempre più minacciata
dalla infedeltà e dall’ipocrisia; la ricchezza diveniva fonte di oppressioni e
di ingiustizie, la corruzione dilagava
nei palazzi dei ricchi e attorno ai santuari delle divinità pagane.
Questa era la società religiosa e politica in cui Amos fu chiamato ad essere profeta dell’Eterno: una società
corrotta e gaudente, sotto il giudizio
di Dio, perché, pur volendo conservare
le strutture religiose, in realtà non era
disposta ad ascoltare la parola dell’Eterno. Tanto più grave era la situazione, se si pensa che Amos non profetizzava in una nazione qualsiasi, ma
in mezzo al popolo di Dio, cioè alla
Chiesa del suo tempo; « Voi soli ho
conosciuto », dice l’Eterno, « fra tutte
le famiglie della terra; perciò io vi punirò per tutte le vostre iniquità » (3: 2).
L’elezione di un popolo o di una comunità cristiana, da parte di Dio, comporta sempre una grande responsabilità: o la si avverte con vigile attenzione o non la si avverte, aprendo la via
alla idolatria ed alla mondanità. Quando il popolo di Dio non vuole assumere le sue responsabilità, corre il rischio di decadere al livello di altre nazioni che vivono, combattono, invecchiano e scompaiono nel profondo silenzio dei secoli.
* * *
In questo contesto storico e vocazionale, i temi della predicazione di Amos
hanno un contenuto preciso: « Hanno
sprezzato la legge dell'Eterno e si sono
lasciati sviare dai loro falsi dei. Adunatevi sui monti di Samaria e vedrete che grandi disordini esistono in
mezzo ad essa e quali oppressioni hanno luogo nel suo seno. Essi non sanno
fare ciò che è retto, dice l’Eterno; accumulano nei loro palazzi i frutti della violenza e della rapina » (2: 4 - 3: 9).
I tempi cambiano, ma le infedeltà
e gli sbandamenti morali rimangono.
Quando la fede in Dio vien meno, il
disordine e la corruzione dilagano, gli
argini della morale umana e sociale
vengono travolti. Tutto cade sotto il
giudizio di Dio: persone, fatti, etica,
religione, culto. Con forte ironia Amos
spinge gli Israeliti verso i santuari di
Bethel e di Ghilgal, antiche località
legate al ricordo dei patriarchi, per celebrarvi i loro riti religiosi in un’atmosfera festaiola e profana, rendendo
omaggio all’Eterno ed al vitello d’oro
in una colpevole mescolanza di culti
destinati a favorire l’avvento di una
religione nazionale ed a potenziare le
strutture dello Stato: « Andate a Bethel, e peccate! a Ghilgal e peccate anche di più » (4: 4). Ad un certo punto,
Dio non può più essere un Dio silenzioso in mezzo al suo popolo. La Sua voce risuonerà con accenti di forza e di
verità per bocca del profeta. Amos
ode il « ruggito » dell’Eterno, ma non
fugge, non si sottrae al compito che
Dio gli affida. La sua vocazione profetica è tutta qui, in queste brevi parole: « Il leone rugge, chi non temerà?
Il Signore, l’Eterno parla, chi non
profeterà? » (i: 8).
Bethel e il suo santuario rievocano
una delle pagine più drammatiche
del ministero di Amos, cioè il conflitto fra Dio e la religione ufficiale, la contestazione del profeta dinanzi al sommo sacerdote.
Al tempo di Amos, il sacerdote di
Bethel si chiamava Amatsia; il re Geroboamo lo aveva rivestito di prestigio, di potere e di ricchezze. Amatsia,
evidentemente, non voleva sopportare in Israele la presenza di un profeta sconosciuto, venuto a contestare
con le sue invettive la religione ufficiale del regno, il culto e le cerimonie sacre, la condotta morale dei fedeli. Contro il pericolo di una predicazione troppo rivoluzionaria bisognava agire con urgenza. Amatsia denunzia il profeta all’autorità competente per vilipendio alla religione ed
a tutta la nazione; manda a dire a Geroboamo; « Amos congiura contro di
te in mezzo alla casa d’Israele; il paese non può sopportare tutte le sue parole. Amos, infatti, ha detto: “Gerohoamo morrà di spada e Israele sarà
menato in cattività lungi dal suo paese”. E Amatsia disse ad Amos: “Veggente, vattene, fuggi nel paese di Giuda: mangia colà il tuo pane, e là profetizza; ma a Bethel non profetar più,
perché è un santuario del re e una residenza reale (7; 10-13).
* * *
Si potrebbero fare non poche considerazioni sull’intervento di Amatsia e
sul suo rifiuto di ascoltare il profeta
dell’Eterno. Quante voci profetiche,
ieri ed oggi, sono state ridotte al silenzio con la minaccia, la violenza e
l’intolleranza religiosa! Basta ricordare, ai giorni nostri, Martin Luther
King, D. Bonhoetfer, accanto ad altre
voci di credenti e di non credenti,
impegnate in un duro conflitto tra il
formalismo religioso e la Parola dell’Iddio vivente che interpella uomini,
chiese, società e istituzioni, apre la
via al rinnovamento delle coscienze,
senza di cui nella chiesa è difficile
parlare di riforma e di osservanza dei
comandamenti di Dio.
La lettura della profezia di Amos
ci mostrerà il profeta seriamente impegnato contro un mondo religioso in
cui prosperano l’idolatria e le ingiustizie. La Parola di Dio sulle labbra
di Amos non è « una canzone d’amore d’uno che abbia una bella voce, e
sappia suonar bene » (Ezech. 33: 32).
È invece una parola energica ed inconfondibile: « Cercatemi e vivrete
— dice l’Eterno — non cercate Bethel,
non andate a Ghilgal... cercate l’Eterno
e vivrete, per tema ch’Egli non si avventi come un fuoco sulla casa di Giuseppe, e la divori senza che in Bethel
ci sia chi spenga. Cercate il bene e
non il male, onde viviate, e l’Eterno
sia con voi, come dite » (5: 4-14).
Qgnuno legga per proprio conto la
Parola di Dio annunziata dal mandriano di Tekoa. E non pensi subito ad
altre persone, ad altri popoli, ad altre
chiese. Non s’affretti a dare un colore politico, perché Amos non è un
« leader » di un partito ma è e rimane
un profeta dell’Eterno. Piuttosto,
ognuno di noi ascolti e rifletta: c’è ancora posto per Amos in mezzo a noi ed
alle nazioni « cristiane » del nostro
tempo.
Ermanno Rostan
iiiiiiiiiiiiiimiiiiimiiiiiiiimiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiim
Crisi del pastorato
per gli studenti in teologia
della Svizzera
Berna (bip) — Un’inchiesta condotta
fra tutti gli studenti in teologia protestanti delle Facoltà svizzere dimostra
che oltre il 50 per cento di loro rifiuta di assumere più tardi il ministero
pastorale tradizionale. Inoltre, l’80 per
cento di loro sono convinti che la formazione e la funzione pastorali esigono delle riforme in profondità. La maggioranza vorrebbe lavorare in gruppo
ed avere un’attività in margine alla
Chiesa come la pedagogia, il lavoro sociale, la psicologia, l’aiuto allo sviluppo, ecc.
Quasi tutti credono che la penuria
di studenti in teologia protestanti che
si verifica attualmente in Svizzera,
contrariamente alla Francia, è un segno preciso della necessità di rinnovare il ministero pastorale e di ritrovare
qual è l’attuale missione della Chiesa.
Si sa che — a parte la questione della carenza di vocazioni — identici interrogativi vengono posti dagli studenti francesi.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiimiiMiiiMiiiiiiiiimiiiiiiiiiii
Un centro sanitario cristiano
sulle pendici del Kilimangiaro
Ììonn (Relazioni Religiose) - È stato da poco inauguralo un centro medico cristiano sul
Kilimangiaro. La sua realizzazione è stala sostenuta dal Servizio per lo Sviluppo della Federazione Luterana mondiale. Dei 21,3 milioni di marchi tedeschi necessari al progetto 18,3
sono stati devoluti dal Comitato della campagna « Pane per il mondo ». dalFAgenzia della
Repubblica Federale e dalla « Lutherhjaelpen » svedese. Le attività operative e l'amministrazione del centro medico del Kilimangiaro saranno condotte in collaborazione con il
governo centrale della Tanzania, il quale si
assumerà gran parte dei costi operativi.
I laici cattolici statunitensi
fanno i conti in tasca
ai loro vescovi
Washington (Relazioni Religiose) - La National Association of Laymeii-NAL (Associazione Nazionale dei Laici cattolici USA) nella
sua ultima riunione a Washington ha tenuto
PEpiscopato sulle .spine presentando un documento dì carattere finanziario in cui si chiede
alla gerarchia di raccogliere nei prossimi anni
50 milioni di dollari (oltre 30 miliardi di lire)
da destinare ai poveri. Il NAL (che raggruppa
4.000 dai 47 milioni di cattolici USA) nel suo
documento afferma anche che le varie diocesi USA. pur disponendo di introiti molto
elevati, ignorano e destinano solo una piccola
somma alla battaglia contro la povertà, il documento del NAL ha un certo valore in quanto il Presidente della Conferenza Nazionale
dei Ve.scovi USA, Cardinale Dearden, nel novembre scorso disse che negli USA (« la nazione più ricca del mondo ») esiste uno « scandalo quasi incredibile » di povertà.
Scrivi le tue
Scrivendo di canzonette non intendo reclamizzare le sagre canzonare italiane od estere, per adulti e piccini,
ma accennare che il fenomeno riserva
delle sorprese, tanto più piacevoli per
chi abbia la modestia di raccattare
delle utili verità dovunque esse spuntino. Pur non conoscendo a fondo l’argomento, ritengo ci siano dei valori in
alcuni filoni abbastanza precisi: quando documentano determinate situazioni storiche o rivelano l’anima di un
popolo, facendosi co-testimoni con libri e giornali, a volte diventando forma d’arte. Per esempio il folclore di
ogni paese, o parte della produzione
francese e nord-americana, o i canti di
lavoro e di protesta eccetera.
C’è poi la canzone religiosa. Che non
è una novità, credo, ma che oggi « va »
anch’essa, rientrando nei generi di consumo. Non dico gli « inni sacri » dei
paesi protestanti dove, a rimorchio
delle riscoperte bibliche della Riforma,
sono perfino penetrati nel tessuto sociale (e sarebbe preziosa, se già non
s’è fatta, un’indagine in merito). Se abbiamo anche, come ognun sa, delle
composizioni ingenue o puerili, talvolta con franche cadute di gusto, altre
sono invece piene di dignità, di sensibilità, di fervore, di verità, con i grandi temi scritturali: l’amore di Dio, il
perdono, la salvezza, o invece lo stato
di peccato dell’uomo, la sua cecità o
la sua consapevolezza, le sue resistenze o il suo cedere alla chiamata divina, i suoi tormenti e le sue vie di Damasco interiori; o infine « il pellegrinaggio del cristiano »: gioia e dolore,
speranza e conforto, la malattia e la
morte. In convegni diversi, specie a
carattere popolare, o in incontri di
studio o informali, qualcuno di noi ricorderà di avere ascoltato tutta una
fioritura di strofette religiose, per lo
più ignote all’innologia ufficiale.
La buona novella
Così si chiama, sorprendemente, l’ultima raccolta di uno tra i nostri più
autentici creatori di canzoni di protesta civile (un altro morì suicida qualche anno fa). Il repertorio dei canti di
protesta è alquanto ricco in Italia, ma
i due autori a cui mi riferisco si discostano da tutti quelli che io conosco. La loro protesta è più civile che
sociale, ossia guardano più all’uomo
che alla società, o se vogliamo giudicano la situazione sociale dell’individuo partendo dalla condizione umana.
Sono trovatori esistenziali più che politici. Tra l’altro meriterebbe qualche
attenzione osservare come attraverso
certi rapsodi odierni la « morte di
Dio » abbia raggiunto più persone, presumo, di quante non ne abbia toccate
tutta la discussione teologica intorno
allo stesso problema (se non sbaglio,
già alcuni anni fa una canzone si chiamava proprio «Dio è morto»). L’autore del disco La buona novella è ben
noto soprattutto tra i giovani, che trovano specchiate le incertezze e le confusioni del nostro tempo. Di lui si è
occupata in marzo una delle migliori
riviste cattoliche italiane, dicendo che
in quest’ultima raccolta di canzoni egli
parla « dei vangeli apocrifi, e cioè di
religione sotto un profilo ben particolare; non il fatto Gesù, quale ci viene
tramandato dai vangeli canonici, ma la
favola (usiamo il termine senza alcun
accento spregiativo) che su quest’uomo strano si è tramandata nei secoli.
Non dunque un di?co “di musica religiosa", ma un artiàia che dal suo umanesimo laico interroga il fenomeno religioso... Per questo, pure parlando di
buona novella, egli parla in realtà dei
“marginali” di queSiA buona novella e,
a rigore, quasi nuli:' di quello che è il
messaggio di Gesù.. Forse sarebbe stato interessante se il disco, anziché parlare del Gesù umau zzato della favola
popolare, avesse parlato dell’umanità
di Gesù quale risulla dal Nuovo Testamento... Tutto som.mato egli ha della
divinità un concetto un po’ mitico...».
A mio avviso anche l’ottica protestante può trovarsi d’accordo con simile valutazione. La ricerca è sincera
c intuitiva ma — ad essere evangelicamente rigoristi — pur nella sua passione polemica, dal linguaggio traspare
un sostrato più chiesastico che biblico,
i fondamenti di una educazione e quindi di una sensibilità cattolica, sebbene
di una "nuova cattolicità del cattolicesimo".
Assai diverso mi sembra invece il
terreno su cui si muovono gli autori
dei paesi di fede riformata. Come accennavo più indietro, la Riforma ha
permeato la mentalità di quei popoli,
sebbene il tempo li abbia investiti con
gli stessi guasti dei paesi di formazione cattolica: immane « recessione » religiosa, indifferenza, negazione, secolarizzazione eccetera. La fede riformata
costituisce tuttavia un humus diverso
per natura da quello cattolico. In esso,
per esempio, affondano le radici le ammirate-odiate caratteristiche che noi
attribuiamo a quelli che con improprietà definiamo senz’altro « paesi nordici », dalla Svizzera alla Finlandia:
disciplina, autocontrollo, senso civico,
coscienza nazionale, più raziocinio che
passionalità, più uniformità che fantasia e via dicendo, fino alle esasperazioni devianti del nazionalismo e a forme di razzismo.
Non si può disconoscere quest’eredità spirituale e psicologica, di evidenza
solare specialmente in alcune delle
canzoni qui riprodotte. Esse sono state sistemate in un certo ordine che mi
sembra facilitare uno sviluppo logico.
Ho perfino tentato di tradurle, cercando di rendere lo spirito più che la lettera; ma per scusarmi degli errori ho
chiesto di pubblicare anche i testi originali. Sono tutte composizioni di
George Harrison, di cui non so nulla,
salvo che è uno del celeberrimo complesso musicale inglese ora discioltó.
Del resto qui non interessa la figura
dell’autore — soliti capelli alla profeta secondo un antico cliché, viso da
disseppellire sotto il gran barbone,
abiti tra il naufrago e il demenziale.
Son elementi esterni, che per scelta, o
per moda, o per ragioni professionalcommerciali non si staccano dai moduli consueti oggi in circolazione. (Se
mai, allargando per un attimo il discorso, l’aspetto esteriore del personaggio ci permette un controllo: non
sempre i contenuti corrispondono alle
apparenze; nel nostro caso, è vera o
falsa l’ormai vecchia equazione capelli lunghi - idee corte?). Qui ci sono sette canzoni di Harrison. Non ho scelto
« il meglio », perché non so quante ne
abbia scritte. Mi limito a presentarvi
una selezione di quelle che son capitate sottomano.
Quando la vita ci passeggia addosso
Il titoletto è l’efficace espressione di
un cartoonist americano, forse il migliore, certo il più famoso. La vita ha
passeggiato addosso al protagonista
del primo testo, una canzonetta « d’amore » che a mio parere ha poco dei
soliti schemi. Si ha l’impressione che
le parole siano sproporzionate al tema. La solitudine dell’abbandono pare
avvolta da un generico fatalismo {tutto, passerà), ma riscattata dalla certezza di un futuro diverso: in inglese,
« tutto deve passare, neppure un filo
di questa vita può durare ». Certo non
si tratta della speranza escatologica di
I Corinzi 7: 31,.« la figura di questo
mondo passa », che si ritrova piuttosto nella (per me) bellissima L’arte di
morire, con la suggestione e la forza
di una predicazione. La vanità, l’ansia
di conoscenza, il « correr dietro al vento » di Ecclesiaste 1, la confusione e
la morte dove « la nostra speranza è
perita» (Ezechiele 37: 11) «alla ricerca della verità in mezzo alla menzogna »: tutto è ricondotto al test finale
dell’uomo, la morte « ultimo nemico »
(I Corinzi 15: 26).
ALL THINGS MUST PASS
Sunrise doe.snT rise all morning
A cloudburst doesn't last all day
Seems my love is up
And has left you with no warning
But it's not always going to he this grey
All thi ngs must pass
All things must pass away.
Sunset doesn't last all evening
A mind can blow those clouds away
After all this, my love is up
And must be leaving
But it's not always going to be this grey
All things must pa.ss away.
None of life's strings can last
So I must be on my way
And face another day
Now the darkness only stays
At night time
In the morning it will fade away
Daylight is good at arriving
At the right time
No. -«t's not alw'ays going
To be this grey
All things must pass
All things must pass away.
TUTTO PASSERA'
L’alba non sorge per lutto il mattino
un temporale non dura tutto il giorno
Sembra che il mio amore si sia alzato
e li abbia lasciato all improvviso.
Ma non sarà sempre tutto così nero
tutto passerà, tutto ha da passare.
Il tramonto non dura tutta la sera
un pensiero può spazzar via quelle nubi
e dopo, il mio amore si alza
e deve andarsene.
Ma non sarà sempre tutto così nero
tutto jiasserà
tutto sarà portato via.
Neppure un filo di (jue.sta vita
può durare.
Perciò devo mettermi in cammino
per affrontare un altro giorno.
Ora il buio dura .solo la notte
col mattino si dilegua:
è bello veder arrivare la luce del giorno
al momento giusto.
No. non sarà sempre tutto così nero
Tutto pa.5serà. tutto sarà portato via.
ART OF DYING
There'll come a time
When all of us
must leave here
Then nothing Sister Mary can do
Will keep me here with you.
As nothing in this life that I've been trying
Can equal or surpass
the Art of Dyng.
Do you believe me?
There’ll come a time
When all your hopes are fading
When things that seemed so very plain
Become an awful pain
Searching for the truth among the lying
And answered when you’ve learned
The Art of Dying.
But if you want it, you mu.st find it
But when you have it
There’ll be no need for it
There'll come time
When most of us return here
Brought back by our desire to be
a perfect entity
Living through a million years of crying
Unitil you’ve realized
the Art of Dying
Do you believe me?
È un peccato si spiega da sé. Potremmo prendere di peso questo testo
per commentare la I lettera di Giovanni in termini concreti, nella dimensione orizzontale. « Chi ama il suo fratello è nella luce, chi lo odia è nelle
tenebre »: È un peccato nel preciso
senso biblico, non nel senso banale
che noi diamo di solito all’espressione
quando qualcosa ci va storto (pazienza, che peccato). Amore non donato,
amore non ricambiato, « cose lunghe
ISN'T TT A PITY
Isn't it a 'ty, isn't it a shame
How we hre..k each other's hearts
And cause each other pain
How we take each other’s love
Without thinking anymore
Forgetting to give back
Isn’t it a pity.
Somethings take so long
But how do I explain?
When not too many people can see
We’re all the same
And because of all their tears
Their eyes can't hope to see
The beauty that sorrounds them
Oh, isn’t it a pity.
I DIG LOVE
I dig love every morning, every evening
And 1 want you to know I dig love
Small love, big love, I don't care
Love's all good love to me
Left love, right love, anywhere love
There's a rare love
Come on and gel it. it's free
Bought love, short love
In any port love’s always there to see
Make love, take love
But you should give love
And try to live love
Come on, that's where you should be.
Qualcunn che
Può forse venire qualcosa di buono
dai Beatles? potremmo dire parafrasando in tutta serietà un versetto biblico che si riferisce a Gesù. Se non
sapessimo la provenienza, cosa diremmo di Ascoltami, Signore? Non è un
testo di confessione e ravvedimento?
« Lo stolto ha detto nel suo cuore:
non c’è Dio. L’Eterno ha guardato dal
cielo se ci fosse qualcuno tanto intelligente da cercarlo » (Salmo 14) e per
HEAR ME LORD
Forgive me Lord plea.se
Those years when 1 ignored you
Forgive them .Lord
Those that feel they can't afford you.
Help me Lord please
To rise above this dealing
Help me Lord please
To love you with more feeling.
At both ends of the road
To the left and the right
Above and below us, out and in
There's no place that you're not in
Won't you hear me. Lord.
Help me Lord please
To rise a little higher
Help me Lord please
To burn out this desire.
la sua grazia trova sempre chi gli chiede perdono per lutti gli anni che non
si è occupato di lui, e che intercede
per la salvezza di altri, « quelli che
credono di non potere darsi a te. Aiutami a uscire da questa ambiguità,
aiutami ad amarti con maggiore verità »: « L’uomo non può ricevere cosa
alcuna, se non gli è data dal cielo; bisogna che Cristo cresca in me, e che io
diminuisca» (Giovanni 3: 27-30). Ascoltami, Signore. Tu sei dappertutto:
3
2 aprile 1971 — N. 14
pag. 3
prigioni, canta la tua libertà
I/ARTE DI MORIRE
Verrà il momento
che tutti dovremo andarcene da quaggiù
e nulla potrà farmi restare con voi,
così come nulla che in questa vita
io abbia cercato di capire
potrà uguagliare o superare
Parte di morire.
Mi credete?
Verrà il momento
che tutte le vostre speranze svaniranno
che tutte le cose in apparenza cosi chiare
diverranno un tormento insopportabile
alla ricerca della verità
in mezzo alla menzogna.
E la risposta si farà capire
quando avrete imparato
Parte dì morire.
Ma se volete davvero questa risposta
dovete trovarla.
Eppure, quando lavrete trovala
non vi servirà più a nulla.
Verrà il momento
che torneremo quasi tutti
ricondollj dal desiderio
di essere un’entità perfetta
che vive un milione d’anni per soffrire
finché non si è capito appieno
i’arte di morire.
Mi credete?
da spiegare... È un peccato, quando
pochi vedono che siamo tutti uguali »;
« voi avete disprezzato il povero »
(Giacomo 2: 6) e « il nome di Dio, per
cagion vostra, è disprezzato fra i Gentili » (Romani 2: 24). C'è bisogno di
Piantare Vamore « ogni mattina, ogni
sera, a dritta e a manca, dovunque l'amore è raro. Sempre dovresti donare
amore, sempre dovresti vivere l'amore. Ecco dove devi stare ».
E' UN PECCATO
È un peccalo, una vergogna
il modo come spezziamo
il cuore del prossimo
come ci facciamo del male a vicenda.
come pretendiamo amore dagli altri
senza pensarci su
tiascurando di ricambiarlo.
Ci sono cose lunghe da spiegare
ma come posso spiegarle?
Quando pochi vedono
che siamo tutti uguali
c a causa delle lacrime
i loro occhi non possono
sperare di vedere
la bellezza che li circonda
è tin peccato.
PIANTARE L’AMORE
Pianto l’amore ogni mattina, ogni sera
e voglio che tu lo sappia.
Amore piccolo o amore grande
fa lo Flesso
per me ogni amore è buono
amore a dritta, amore a manca
amore ovunque, l’amore è raro.
Sù, vieni a prendere questo amore
è gratis.
Amore comprato, amore breve
in ogni porto puoi vedere amore.
Che tu faccia l’amore o lo riceva
sempre dovresti però donare amore
sempre dovrestri cercare di vivere 1 amore.
Sù, vieni, ecco dove devi stare.
cercasse Dio
« alla fine della strada ("Io ho detto:
tu sei l’Iddio mio; i miei giorni sono
nella tua mano”, Salmo 31: 14-15), sopra e sotto di noi ("Tu mi stringi di
dietro e davanti, e mi metti la mano
addosso”. Salmo 139: 5), non c’è nessun posto dove non ci sia anche tu
(“Sono io soltanto un Dio da vicino e
non un Dio anche da lontano? Potrebbe uno nascondersi in luogo occulto in
modo che io no7t lo veda? Non riem
ASCOLTAMI, SIGNORE
Signore, perdonami lutti gli anni
che non mi sono interessato di le.
Perdona (nielli die credono
di non poterli raggiungere.
Aiutami a uscire
da questa amhiguità
aiutami ad amarti
con maggiore jnlen.silà.
Alla line della strada
a destra e a sinistra
.sopra di noi e sotto di noi
fuori e dentro
non c’c nessun posto
dove non ci sia anche tu.
Non mi ascolterai, dunque, Signore?
Ainlamì Signore
a salire un po’ più .su
aiutami a colmare questo desiderio.
pio io il ciclo c la terra? dice l’Eterno”, Geremia 23: 23-24). Quindi non mi
ascolterai, Signore? Aiutami a colmare questo desiderio » ("Io so i pensieri che medito per voi, dice l’Eterno,
pensieri di pace, e non di male, per
darvi un avvenire e una speranza. Voi
mi cercherete e mi troverete, perché
mi cercherete con tutto il vostro cuore, c io mi lascerò trovare da voi, dice
l’Eterno”, Geremia 29: 11-14).
di Renzo Turinetto
Il testo di O mio Signore è semplicissimo, quasi facile, ma non superficiale. « O mio Signore, voglio veramente vederti, veramente stare con
le »: ci sono le realtà non mistificate
di Colossesi 2: 10 e del Salmo 16: li
(“in Cristo voi avete tutto pienamente; vi sono gioie a sazietà nella tua
presenza”). Ma « ci vuol tanto tempo.
Signore »: « si tratta di arrampicarsi
sul sicomoro, / per vedere il Signore
se mai passi. / Ahimè, non sono un
rampicante ed anche / stando in punta di piedi non l’ho mai visto » (Come
Zaccheo, recentissimi versi di Eugenio
Montale). L'esperienza è difficile e impegnativa; conosce le sconfitte di chi
ode la chiamata del Signore ma non
l’intende o se ne scorda presto, e solo
per la grazia di Dio c'è chi approda
alla buona terra che porta frutto
( « non ci vuole tanto tempo, Signore»): parabola del seminatore, Matteo 13.
MY SWEET LORD
My sweet Lord
I really want to see you
I really want to be with you
1 really want to see you Lord
But it takes so long, my Lord.
My sweet Lord
I really want to know you
I really want to go with you
I really want to show you Lord
That it won’t take long, my Lord.
0 MIO SIGNORE
O mio Signore
voglio veramente vederti
veramente stare con te
ma ci vuol tanto tempo. Signore.
O Signore
voglio veramente conoscerti
camminare con te,
voglio veramente mosliarti. Signore,
che non ci vorrà tanlo lempo, Signore.
Pasqua,
dal « Miserere »
di
Georges Rouault
IlVliiies, ìcjoiui n.&ialt.
Il Signore ti aspetta
« Non è quel che entra nella bocca
che contamina l’uomo, ma quel che
esce dalla bocca, ecco quel che contamina l’uomo. Quel che esce dalla bocca viene dal cuore, ed è quel che contamina l’uomo. Poiché è dal cuore che
vengono pensieri malvagi, omicidii,
adulterii, fornicazioni, furti, false te
un modo per temar pulito: canta il
nome del Signore ». Cioè riconosci Cristo come il Salvalore "morto per i nostri peccati. Gesti è l’agnello di Dio
che toglie i peccali del mondo. Il sangue di Gesù ci purifica da ogni peccato” (I Corinzi S; Giovanni 1; 29;
I Giovanni 1: 7). « Se apri il tuo cuore
vedrai che c’è Gesii. Ti solleverà da
ogni ansia». "Vinile a me, voi tutti
che siete travag'ùti e aggravati, e io
vi darò riposo, ’non siate solleciti con
ansietà di cosa aicuna; ma in ogni cosa siano le vostre l ichieste rese note
a Dio” (Matteo li: 28; Efesini 4; 6).
L’ultimo testo che stiamo passando
velocemente in rassegna è un piccolo,
incredibile comp nd io biblico, o la pista per una predicazione di appello
all’evangelo. Come succede per un
quadro, un libro o un brano musicale,
dei quali se non si conosce l’autore si
rischiano valutaz’oni goffe ma si è liberi da ogni condizionamento, così
questi versi che ci troviamo davanti
per ultimi risulterebbero ineccepibili,
io credo, perfino per i protestanti più
ortodossi. Salvo, è naturale, la strofe
di chiusura. La quale scontenta tutti:
« non c’è bisogno rii nessun tempio,
di nessun rosario, di nessun libro di
chiesa per sapere che sei caduto. Basta aprire il tuo cuore ». Che non ci
sia bisogno dell’apparato ecclesiastico
è per molti un’afferrnazione inammissibile. Se mai un riformato intransigente si fermerebbe piuttosto sulla seconda parte: per sapere che siamo dei
peccatori non basta aprire il proprio
cuore. "Il cuore è ingannevole più di
ogni altra cosa e insanabilmente maligno; chi lo conoscerà?” (Geremia
17: 9). Per sua natura l’uomo non crede di essere un peccatore che ha bisogno della salvezza. È la Bibbia che
ce lo deve dire, per evitare di trastullarci con la nostra « coscienza »; per
evitarci una fede psico-emotiva e condurci invece alla vera fede che viene
dall’udire le parole di Cristo (Romani 10: 17). Tuttavia questo spaccare in
quattro il capello teologico non diminuisce la sorprendente testimonianza
che ci è venuta dove mai saremmo andati a cercarla, e che mi è parsa del
tutto idonea ad entrare nel numero di
Pasqua del nostro giornale.
Rììnzo Turinetto
AWAITING ON YOU ALL
You don’t need a love in
You don’t need a bed pan
You don’t need a horoscope or a microscope
To see the mess you are in.
If you open up your heart
You will see what I mean
You’ve been polluted so long
But here’s a way for you to get clean
By chanting the names of the Lord
And you’ll be free
The Lord is awaiting on you all
To awaken and see.
You don't need a passport
You don’t need no visas
You don't need
To designate or to emigrate
Before you can see Jesus
If you open up your heart
Then you will see he’s right there
He always was and will be
He’ll relieve you of all your cares.
By chanting the names of the Lord
And you'll be free
You don’t need no church house
And you don’t need no temple
And you don’t need no temple
And you don’t need no rosary heads
Or their hooks to read
To know that you have fallen
If you open up your heart
Then you will know what I mean
We’ve been kept down so long
Someone’s thinking that we’re all green.
By chanting the names of the Lord.
And you’ll be free
T1 STA ASPETTANDO
Non hai bisogno di essere innamorato
né ammalato
né di oroscopi o di microscopi,
per vedere in che guai ti trovi.
Se apri il tuo cuore
vedrai cosa voglio dire.
Sei stato sporco per tanto tempo
ma c’è un modo per tornar pulito :
conta il nome del Signore
e sarai libero
Il Signore sta aspettando
che tu ti svegli e veda.
Non hai bisogno di passaporto
né di alcun visto
né di iscriverti o di emigrare
per vedere Gesù.
Se apri il tuo cuore
vedrai che egli c’è
che c’è sempre stato
che sempre ci sarà
e ti solleverà da ogni ansia.
Canta il nome del Signore
e sarai libero.
Non hai bisogno di nessuna chiesa
di nessun tempio
né dei grani del rosario
nt di leggere i libri di chiesa
per sapere che sei caduto.
Se apri il tuo cuore
capirai cosa voglio dire.
Troppo a lungo siamo stati repressi
e c’è chi pensa che siamo immaturi.
Canta il nome del Signore
e sarai libero.
(segue da pag. 1)
volevano distruggere il sistema ecclesiastico con la violenza, e volevano sostituirvene un altro sul piano storico.
Gesù pare insorgere sul piano etico
contro il mercato religioso, senza muovere obiezioni a livello eli strutture,
senza assumere po.sìzioni iconoclaste.
Il suo atteggiamento non è però manifestazione di una tendenza al compromesso, alla moderazione; al contrario,
egli ha coscienza di mettere fine all'economia del tempio (si pensi non soltanto al colloquio con la Samaritana, ma
soprattutto alle sue parole sulla distruzione del tempio, che, svisate, saranno
addotte come prova a suo carico nel
processo) e la sua posizione è ben più
radicale di quella zelota, come risulta
pure dal suo atteggiamento di fronte
alla Legge o di fronte ai Samaritani e
ai pagani.
Gesù ha stigmatizzato Vingiiistizia sociale; la sua predicazione, il giudizio
radicale che pronuncia sull’ordine sociale esistente, il quale sancisce una
differenza tra ricchi e poveri che è contraria alla volontà di Dio, sono intimamente rivoluzionari. Gesù non presenta però un programma rivoluzionario
per cambiare le istituzioni sociali: la
sovversione generale è riservata al Regno di Dio; ai discepoli chiede tuttavia
di applicare (in d’ora le norme del Regno avvenire, poiché è l'uomo in quanto individuo che dev'essere trasformato dalla legge d’amore; cenni ■— non
elementi di un nuovo sistema — troviamo nelle parole al giovane ricco, sull’odiare padre e madre, sul farsi eunuchi per il Regno, nell’atteggiamento di
Zaccheo, di Maria di Befania (Luca 10
e Marco 14), nella (volontaria) comunione economica della chiesa di Gerusalemme ai suoi primordi. Si tratta di
frammentari gesti profetici, assolutamente non risolutivi sul piano sociale
e del resto isolati, esposti a distorsioni,
cedimenti, ma tesi ad attendere e a in
L’attesa del Regno avvenire
slimonianze, diffamazioni. Queste son
le cose che contaminano l’uomo. Tutti
sono sotto il peccato. Non c'è alcun
giusto, neppure uno. Per mezzo di un
sol uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato v’è entrata la morte, e in questo modo la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato. Chi può dire:
sono puro del mio peccato? Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi» (Matteo 15: 11-20; Romani 3: 9-10, 5: 12; Proverbi 20: 9;
I Giovanni 3: 8). « Non hai bisogno né
di oroscopi né di microscopi per vedere in che disordine ti trovi. Se apri il
tuo cuore, vedrai cosa voglio dire. Sei
stato sporco per tanto tempo, ma c’è
iimiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiinMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiNiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii'iiiMioiihKiiO""’"""""""""""*"'"
D'accordo, questo è il fondamento
scritturale (mai troppo noto, però, mai
troppo meditato, mai scontato) e occorre sforzarsi di costruirci sopra. Benché non fosse questo lo scopo del libro
di cui parliamo, ne scaturiscono però
due indicazioni preziose, che non sono
generiche pur essendo generali:
1 ) Per Gesù la tentazione più forte
è stata quella zelota: non quella liturgico-sacerdotale, non quella monasticocontemplativa, ma quella politico-messianica; e in una situazione come quella odierna, accanto al « guai a voi, ricchi !» (che va predicato, più di quel che
facciamo), si deve ascoltare con serietà particolare la risposta data da Gesù
al discorso zelota di Simone: « Via da
me, satana! Tu non pensi i pensieri di
Dio ma i pensieri degli uomini! ». L’assenza della tensione escatologica è oggi particolarmente grave; ma al di fuori di essa non si può che fraintendere
Gesù, in un senso o nell’altro.
2) Nel passionale, contrastato contesto religioso, sociale e politico palestinese dell’epoca, Gesù ha raccolto
come discepoli, fra gli altri, degli zeloti
e dei pubblicani, persino e proprio nel
gruppo scelto dei Dodici troviamo affiancati questi mortali avversari politici. L’Evangelo del Regno avvicinatosi
in Gesù colpisce, giudica, chiama, rinnova il collaborazionista senza farne
uno zelota e lo zelota senza farne un
collaborazionista; e — con travaglio
mai concluso, sempre da ricominciare — li plasma l’uno e l’altro in una comunione e in una comunità nuove, li
incammina insieme su una via nuova.
Veramente Gesù è rivoluzionario come nessun altro: persino la rivoluzione — e quanto più la conservazione —
se lo trova sempre di fronte, esigente
e misericordiosamente operante, con la
promessa grandiosa e impegnativa racchiusa neH’opera sua.
Gino Conte
dicare in modo vivo la Soluzione finale.
Gesù ha vissuto la sua vicenda umana « incarnato » nella situazione politica palestinese, è chiaro che l’attesa
del Regno ha reso Gesù fortemente critico nei confronti dello Stato romano e
di quanti esercitavano il potere; ma è
altrettanto chiaro che la condanna e
l’esecuzione come zelota, da parte dei
Romani, sono state un errore giudiziario. Respinto o frainteso dai Giudei, il
suo atteggiamento determinato dalla
prossimità del Regno e dalla sua coscienza messianica non è stato compreso né forse poteva essere compreso
dai Romani: il colloquio con Pilato è
l’esempio di una drammatica incomunicabilità; quindi la ragion di Stato
s’impone repressiva contro chi rischiava seriamente di fomentare, indipendentemente dalla 'Sua volontà, l’agitazione zelota. Eppure quanto diversi in
realtà i fini e i metodi. Già la ri.sposta
circa il tributo imperiale era stata volutamente ambigua, per chi esigeva da
Gesù una scelta che egli rifiutava; nell'ironia che racchiude, il « date a Cesare... » si pone al di là del si e del no,
il suo orizzonte è un altro, incommensurabilmente più ampio e definitivo: il
Governo di Dio.
Il radicalismo escatologico è dunque
il nerbo dell’atteggiamento complesso
di Gesù dinanzi all'istituzione religiosa,
alla struttura sociale, al potere politico: « critica vigorosa delle istituzioni
esistenti », ma « rifiuto dei movimenti
di resistenza che, per il fine perseguito,
distoglievano l’attenzione dal Regno avvenire e violavano, con il ricorso alla
violenza, le esigenze di una giustizia e
di un amore assoluti ».
Come applicare questa prospettiva
alla nostra situazione attuale, tanto più
che l’attesa di una fine prossima, carat
teristica della prima generazione cristiana, non è più la nostra? O, piuttosto, si presenta oggi per noi in termini
diversi, dopo lo scorrere di oltre diciannove secoli. Dobbiamo semplicemente ripetere le posizioni di allora?
(E sia chiaro che non è questo che facciamo, neppure i più conservatori fra
noi). Ovvero dobbiamo impegnarci affinché l'incidenza individuale dell’annuncio evangelico operi anche a livello
delle strutture? Il Cullmann opta per
questa seconda alternativa, ma a condizione che sia sempre ben presente la
radicale prospettiva escatologica, il radicale orientamento sul Regno veniente, che sono stati Tanima della predicazione e della vita di Gesù; quindi tenendo altrettanto presente il carattere
secondario delle nostre risposte e delle
nostre scelte, frammentario — « abbozzi », « schizzi », dice Cullmann —, esposto a continue deviazioni, discutibile e
puramente allusivo alla realtà vera, che
viene.
* * *
Questa breve opera mi pare di estrema importanza, perché costituisce a
mio avviso un modello, oltre che di
chiarezza, di aderenza biblica: ne è
frutto un equilibrio dinamico che riflette, senza pesantezze e senza fanatismi,
la dinamica complessa e vitale dell’Evangelo, scrolla chi inclina alla conservazione ^igra o interessata, senza
per altro dare buona coscienza a chi
si volge con passione alla via rivoluzionaria. Siamo coi piedi ben radicati
in terra, ma respiriamo in un’altra
atmosfera. Lo dico rischiando deliberatamente la critica che mi è stata mossa qui la scorsa settimana — ingiustamente, ritengo — di identificare troppo
un’opera di teologia e la Bibbia: attraverso quest’opera, come attraverso ogni
autentica predicazione, la Parola di Dio
c’interpella.
4
pag. 4
N. 14 — 2 aprile 1971
Notiziario Evangelico Italiano
Presenza luterana nella Penisola
«Pecca fortiter sed crede fortius
Quante volte, da ragazzi, ci siamo
sentiti rinfacciare dai nostri amici cattolici questa frase di Lutero.
Allora si usava (erano altri tempi)
discutere di « religione » a scuola, e la
figura del riformatore, che i preti, gli
insegnanti e quindi i nostri compagni
consideravano una specie di demonio,
ci appariva nera e possente come nel
quadro di Luca Cranach. Però a noi,
protestanti giovanissimi, ispirava una
certa fiducia; lui aveva composto quell’inno che si cantava in chiesa, lento,
chiaro, rassicurante e se l'aveva detta
lui, non poteva, quella frase, nascondere un’insidia.
Adesso ne sappiamo di più; siamo
certi che la grazia di Dio è più forte
del nostro peccato, e se crediamo in
essa non dobbiamo disperare.
* * *
Le origini del Luteranesimo sono
troppo note per parlarne qui e si identificano con quella « grande catastrofe » che fu la Riforma e da cui nacquero la confessione Luterana, l’.Anglicana,
la Riformata.
Nella dottrina di Lutero il punto rivoluzionario è quello del libero esame;
ogni credente, e non solo il clero, può
interpretare i testi sacri. Non vi è intermediario tra Dio e l’uomo, ogni credente è sacerdote.
Il vero cristianesimo non consiste in
manifestazioni e riti esteriori, ma nella sincerità della fede.
Le opere buone hanno valore e sono
gradite a Dio se compiute per fede, ma
non hanno il potere di salvarci; la salvezza ci è data dalla libera grazia divina.
La volontà dell’uomo non è libera, essendo schiava del peccato; eterna e immutabile è la volontà di Dio; abbandonandosi a questa il credente trova la
vera pace.
I sacramenti sono da Lutero portati
a tre, e non sono considerati doni soprannaturali, che salvano, perché è la
fede che salva.
Si sa quello che Lutero pensasse del
Papato che, secondo lui, teneva la Chiesa in cattività, come Babilonia gli antichi Israeliti. Ugualmente condannò
la mariologia, il culto dei santi, il sacerdotalismo.
La Riforma, iniziata nel 1517 con l’affissione delle « 95 Tesi » di Lutero (e
ne celebriamo la ricorrenza il 31 ottobre), attraverso lotte, rivoluzioni, bolle,
diete e scomuniche si affermò nel 1555
con la pace di Augusta, in cui i suoi seguaci vennero riconosciuti giuridicamente.
La « Confessione di Augusta », redatta da Melantone, è il documento più
autorevole della fede Luterana.
Nel 1577, in seguito ad aspre lotte
teologiche tra luterani puri e moderati,
fu redatta la « Formula di concordia »,
che è il fondamento della dottrina luterana.
Da allora il Luteranesimo si diffuse
come maggioranza nella Germania, nei
paesi scandinavi e baltici, nell’Islanda.
Vi sono chiese Luterane principalmente in America (soprattutto Stati
Uniti e Brasile), Francia, Paesi Bassi,
Boemia, Moravia, Slesia, Polonia, India, Italia.
li luteranesimo in Italia
Per quanto riguarda l’Italia, i primi
Luterani che vi misero piede furono i
lanzichenecchi, che nel 1527 fecero il
famoso « sacco di Roma » mettendo la
città a ferro e fuoco. E forse per questo ricordo la parola « luterano » divenne fra il nostro popolo sinonimo di
eretico, miscredente, ma anche di altre
cose peggiori.
I Tedeschi hanno spirito avventuroso
e amano il sole che nelle loro terre
splende così poco; e spesso — nel corso della storia — hanno lasciato le nebbie del nord per scendere nel nostro
paese.
Nel secolo scorso parecchi dalla Germania emigrarono in Italia in cerca di
lavoro; il contrario di adesso. So di
un uomo della Baviera (si chiamava
Michele), un uomo di grande fede, che
nel 1830 se ne venne a piedi fino a Napoli, girò un po’ per la penisola e alla
fine si stabilì a Roma. Aveva la sua
fede di luterano, alla quale era molto
attaccato; impiantò un’industria, ebbe
una moglie e diede il via a una famiglia abbastanza numerosa. Ma la terza
generazione era già completamente italianizzata ed entrò a far parte della
Chiesa Valdese perché in quella Luterana si parlava solo il tedesco, e i più
giovani quella lingua la sapevano poco.
Ora appartiene alla quinta generazione
un piccolo Michele che il tedesco non
lo sa affatto e forse non saprà mai di
avere avuto un trisnonno luterano.
Io penso che dei Luterani emigrati
in Italia molti si siano inseriti in altre
chiese evangeliche appunto per la lin
In parecchie atta italiane ce una
chiesa luterana: a Napoli, a Roma, a
Firenze (dove ce n’erano due e una fu
ceduta ai Valdesi), a Venezia, Milano,
Varese, Genova, in Riviera, a Balzano,
Merano, Trieste. Ci sono poi le chiese
di Torre Annunziata e Torre del Greco
e di S. Maria la Bruna, che sono italiane, con pastori italiani.
Ma i rapporti dei Luterani d’Italia
con le altre chiese evangeliche sono
scarsi, per la difficoltà della lingua; i
tedeschi che vengono per lavoro tra noi
vivono per lo più in un mondo tedesco;
anche i pastori sanno poco l’italiano e
rimangono qui generalmente per sei
anni.
L’organizzazione, il culto,
la pietà e il canto
Per quello che riguarda il governo
della Chiesa, il luteranesimo si basa sul
sistema epìscopale-sinodale. I vescovi
sono a capo di un gruppo di chiese, e
si riuniscono ogni anno in Sinodo, insieme con tutti i pastori e con i laici
mandati dalle comunità.
A capo delle chiese italiane c’è un
« decano », che è qualche cosa meno di
un vescovo, un pò come il nostro « capodistretto ». Il Sinodo italiano si è tenuto Tanno scorso a Bolzano, quest’anno sarà a Roma.
Al nostro « consiglio di chiesa » corrisponde il « presbiterio », che è l’organo autonomo della comunità locale. Anche loro si riuniscono ogni tanto in. assemblea, cioè in una rappresentanza
più ampia della comunità.
* * *
Entrando in una chiesa luterana troviamo degli elementi che nelle nostre
chiese riformate non ci sono; l’altare
con le candele e il crocifisso.
Davanti all’altare, e voltando le spalle
al pubblico, il pastore dice le preghiere
e il « credo », e ciò vuol significare che
il culto non è solo insegnamento ma anche una proclamazione della sovranità
di Dio su di noi.
Il sermone vien fatto dal pulpito. Lutero diceva; « Dove la parola di Dio non
è predicata, sarebbe meglio che nessuno cantasse, leggesse, dimorasse insieme ».
Nel culto si usa il « lezionario » cioè
un libro che stabilisce la lettura e la
meditazione biblica per ogni domenica,
così che ogni comunità sa che in quel
preciso momento, le ore dieci della domenica, ogni altra comunità del mondo
sta celebrando il culto in quello stesso modo.
Durante la santa cena i fedeli a gruppi successivi si riuniscono intorno al
nastore e si passano l’un l’altro il piatto con l’ostia e poi la coppa con il vino.
A questo propostilo bisogna ricordare che i Luterani credono nella « consustanziazione », cioè nella presenza reale del corpo di Cristo in unione con gli
elementi materiali, che rimangono tali.
Avviene per questo che i Luterani non
fanno, o trovano difficoltà a fare la comunione con noi riformati. Tuttavia il
consenso teologico fra luterani e riformati pare procedere, anche su questo
punto.
La pietà luterana si concentra in modo particolare sulla festività delTAvvento, il periodo che precede il Natale, e la
chiesa prepara gli animi a questa festa
con culti e canti particolari. Ogni casa
si orna della « corona d’avvento », intrecciata di rami di abete in cui sono
inserite quattro candele, che vengono
accese una in ognuna delle quattro domeniche che precedono il 25 dicembre.
È in questo periodo che la chiesa luterana risuona maggiormente di canti.
Si sa che Lutero diede molta importanza al canto sacro; lui stesso compose parole e melodie di inni, alcuni dei
quali sono nel nostro innario; « Forte
rocca... », « 0 Re straziato, affranto... »,
« Gran Dio, tu solo i popoli... ».
« La Riforma ci ha donato nel suo
canto e in tutta la musica sacra un patrimonio unico per valore e dovizia ».
Così si esprime Margherita Fürst nella
prefazione del suo libro Canti della Riforma. E ancora; « La fonte che ispirò
con potenza eccezionale il canto della
Riforma è la parola di Dio ».
E a proposito dei corali luterani il
Vescovo G. Aulèn della chiesa di Svezia
scrive; « Non potrei descrivervi un servizio religioso nelle nostre chiese senza
menzionare la vitale importanza che ha
per noi il canto. Non ho bisogno di dirvi che abbiamo in questo una ricca eredità che risale alla Riforma, dovuta in
gran parte all’attività di Lutero stesso.
Chi non ha assistito a uno dei nostri
culti può difficilmente immaginare tutto ciò che i corali — come li chiamiamo —• significhino per le assemblee dei
fedeli. Vorrei potervi condurre tutti
con me a un culto del mattino di Natale, quando tutte le nostre chiese sono
al completo. Vorrei che poteste sentire
IIIIIIIIMIIIIIIIinillllllllMIIIIIIMIIIMIIIIIIIIIIIimillllllllMII
Federazione delle Chiese
evangeliche in Italia
1 « Pecca fortemente ma credi più fortemente », frase scritta da Luterò in una lettera a Melantone.
OFFERTE A FAVORE DEGLI AIUTI
PER LE VITTIME DEL MAREMOTO
NEL PAKISTAN
(terzo elenco)
Importo elenco precedente; L. 4.137.335.
CHIESE METODISTE; Vicenza, L. 8.000.
CHIESE VALDESI: Bergamo (3° versam.),
L. 20.000; Villasecca (2° versam.) 1.000.
VARIE; Anna Chauvin Albarin (Angrogna), L. 3.000; Paolo Dugo (Avola) 2.000; famiglia Abruzze.se (Roma). 5.000.
Totale L. 4.178.335.
le assemblee cantare la loro gioia di
Natale in un cantico solenne di invocazione al principio di questo culto. Vi
rendereste conto di quanto un cantico
riesca a far risplendere TEvangelo e ad
unire i fedeli in una vera comunione ».
E continua il Vescovo Aulèn;
« Parlare dei culti e della vita della
mia chiesa è come quando un ragazzo
parla di sua madre. La chiesa è, come
dice Lutero, la madre che genera e nutrisce ogni cristiano. La mia chiesa è la
mia madre spirituale. Là i miei occhi si
sono aperti alla gloria di Dio. Ecco ciò
che il culto e la vita della mia chiesa
sono per me, che le vostre chiese sono
per voi e la chiesa di Cristo è per tutti
noi ». Poi et Constitution (Atti di Edimburgo).
Alcune notizie su una
chiesa luterana in Italia
Roma. Appena oltrepassate le mura
Aureliane, venendo da Corso Italia, si
vede a sinistra spuntare, bianca col tetto rosso, la torre più alta della chiesa
Luterana di Via Sicilia. Due torri più
basse fiancheggiano la facciata a punta; tutto è in pietra bianca. Il complesso comprende il tempio, il decanato
con gli uffici e sale di ritrovo, e l’edificio moderno dell’Istituto Archeologico Germanico con ricca biblioteca, ed è
delimitato dalle vie Sicilia, Toscana,
Sardegna.
Nell’interno la chiesa è tutta rivestita
di marmo e mosaico, divisa in tre navate, ampio al disopra il matroneo.
Nell’abside un grande Cristo benedicente in mosaico. Il pulpito di marmo lucido sta da una parte e in mezzo Taltare sorregge il crocifisso con sei candele e la Bibbia aperta.
La chiesa luterana di Roma ha la sua
storia e ha celebrato quest’anno il 150"
anniversario della sua presenza nella
città.
Nel 1817 ci fu a Roma il primo culto
luterano, senza pastore. Due anni dopo
c’era il pastore. Nel 1823 la sede luterana fu nel palazzo Caffarelli sul Campidoglio. Dal 1911 al 22, costruzione del
tempio di Via Sicilia. Il 1926 vide il primo Sinodo Luterano in Italia, il 1949
l’unione con la Chiesa Evangelica in
Italia (ELKI).
La comunità di Roma ha 750 membri
iscritti, sono tutti tedeschi o quasi e
nella chiesa si officia, come in tutte le
chiese luterane, intedesco. Per questo
motivo non si fa pjpselitismo, quantunque c’è qualche conversione di Italiani
che conoscono la lingua.
I membri non meùono generalmente
radici qui; sono impiegati dell’ambasciata, della FAQ, della Scuola Tedesca,
dell’Istituto Archeologico, del Goethe
Institut.
Il culto è la domenica alle dieci. Contemporaneamente la scuola domenicale occupa i bambini dai 4 ai 10 anni.
Per i più grandi ci sono le lezioni fatte
da! pastore due volte la settimana alla
Scuola tedesca (ora in Via Aurelia).
A 14 anni fanno la confermazione.
Per le donne ci sono riunioni insieme
al pastore, con studi biblici o di altro
argomento. A casa esse preparano lavori per allestire l’annuale « bazar »
che è spettacoloso.
Per i giovani c’è un’accogliente saletta per le riunioni; però pare che non
sia molto frequentata; mal comune...
Si tengono periodicamente conferenze con discussione.
In via Alessandro Farnese c’è la Casa
delle Diaconesse, un tempo ospedale
apprezzato, adesso pensione; le Diaconesse sono indipendenti dalla chiesa,
però c’è collaborazione.
Roma è la sede del Decano, provvisoriamente trasferito a Napoli.
Ultimamente, nello scorso marzo, il
tempio di Via Sicilia ha accolto le sorelle delle chiese evangeliche di Roma
per la riunione mondiale di preghiera
delle donne.
Ringrazio la sorella signora Picciolino
della Chiesa Luterana di Roma per
l’accoglienza gentile che mi ha fatto,
fornendomi le notizie qui riportare.
Inda Ade
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Doni Eco-Luce
Ruth Uhlmann. Zurigo 1.730; Adolfo Rostan. Cascine Vica 7.000; Elsa Garibbo, Imperia 2.000: Daniele Riboli, Berzo S. Fermo 500:
U. e M. Mantovani, Mantova 3.500: Giov.
Giacomo Tron. Salza di Perrero 2.000: Jalla
Graziella. Torre Pellice 1.000: N. N., Villasecca 10.000; Luisa Tron, Pinerolo 3.000:
Dino Fornerone, Abbadia Alpina 500; Paolo
Gay. Chiavari 2.000.
Centro Diaconale, Palermo 3.000; Lina
Miegge, Urbino, 3.000; Otello Menotti, Brescia
3.000; Riccardo Berner, Bergamo 3.000: Isabella Peraldo Bert, Cándelo 500; Anna Vallone, Latina 500: Chiesa Valdese, Reggio Calabria 500; Elio Peyrot, Luserna S. Giovanni
500: Maria Rìvoire, id. 500: Irma Venturi.
Villar Perosa 250; Elena Billour, Bordighera
500; Renato Pozzi. Alba 1.000.
Grazie!
(continua)
A SAN FEDELE INTELVI
Incontro di monitori
Sabato 6 e domenica 7 marzo si è
svolto a San Fedele d’Intelvi un convegno di monitori che ha visto la partecipazione di una quindicina di monitori rappresentanti le Scuole domenicali di Milano (metodista e valdese),
di Poschiavo e Brusio (Grigioni), di
Spinetta M. (Alessandria), di Bergamo
e di Como.
La sera del sabato abbiamo ascoltato la presentazione dell’ultimo libro di
Mario Lodi, Il Paese sbagliato, fatta in
modo e.sauriente da Rita Gay; nella
breve discussione che è seguita sono
stati messi in luce alcuni problemi di
ordine didattico e d’impostazione educati i^a che si presentano anche nelle
nostre scuole domenicali oltre che nella scuola delTobbligo.
La domenica mattina è stata dedicata a due altre relazioni, una di Thomas Soggin che ha presentato il programma del libro degli Atti che fra
non molto seguiremo alla Scuola Domenicale e una di Rita Gay che ci ha
parlato della individuazione dello scolaro difficile.
La prima relazione ci ha posti di
fronte ad alcuni interessanti problemi
della recente critica biblica per quel
che riguarda l’autore e il contenuto
del libro degli Atti oltre che ai motivi
di fondo che già la prima comunità
cristiana ha dovuto affrontare; una
profonda spaccatura fra giudeo-cristiani e convertiti dal paganesimo con tutti i problemi, attualissimi anche per
noi, che questa divisione nella chiesa
comportava.
La seconda relazione ci ha posto di
fronte ai diversi aspetti del problema
del bambino disturbato, sia nella scuola delTobbligo, come, di riflesso, anche
nella scuola domenicale. Ci sono stati
esposti con chiarezza alcuni tipi di disturbi più frequenti, illustrati da alcuni esempi che hanno reso la trattazione molto efficace.
La discussione che ne è seguita ci
ha portato nel vivo di alcuni problemi
pratici di educazione interessanti non
solo dal punto di vista dei monitori,
ma per la maggioranza dei presenti,
anche in qualità di genitori.
Caratteristica di queste discussioni
è stata la sincerità e l’interessamento
per i problemi vivi delTinsegnamento
nelle scuole domenicali ed il rapporto
fra insegnante e ragazzi che tende sempre di più ad essere un rapporto di
collaborazione e di ricerca comune più
che una lezione cattedratica impartita
dall’alto. Solo così ci sembra possibile
di dare al bambino non solo un insieme di nozioni ed episodi pmilcl staccati, ma un’impostazione del messaggio
biblico stesso Maria Soggin
I lettori ci scrivono
CHIEDERE LTNGRESSO DEL
DISSENSO CATTOLICO NEL
C.E.C.: SI IETTERÀ’ ALLA
PROVA L’ECIMENISMO VATICANO
Un lettore, da Ne: ri:
Carissimo pa.stoi!'.
seguendo la discussione sulTingresso della Chiesa Cattolic.i nel C.E.C. mi accorgo
che le cose si presentano più gravi di
quanto mi immaginavo preparando il mio
primo intervento « Eco-Luce », 15-1-’71).
La gravità consiste nel fatto che sottopongo alla vostra .ittenzione. Mentre la nostra chiesa fa ilcirecumenismo la sua
nuova frontiera, cs.=a emargina ed esclude
con violenza la discussione alTinterno e
cerca di impedire la nascita di comunità
di base più impegnate in un libero confronto con il Vangelo e con la realtà politica ed il mondo attuale. Questo doppio atteggiamento non vi crea nessun imbarazzo? Io come cattolico posso partecipare a
qualsiasi attività ecumenica, ma non posso
partecipare, senza incorrere in sanzioni
gravi, alle attività del dissenso. Le potrei
raccontare mille episodi, genovesi, di questo doppio binario.
Allora io vi chiedo, come fratello altrettanto preoccupato delTavvenire delTEvangelo nel mondo: come potete stare a questo gioco? Non si tratta cioè di porre la
questione se entra o meno, ma di mettere
la nostra chiesa davanti alla sua realtà di
chiesa di Casaroli e di Mazzi. Ebbene tutti oggi accettano un incontro ecumenico,
ma in maggio ci sarà il processo per turbativa di funzioni religiose contro membri
dellTsolotto. Io non ho niente contro il
C.E.C. o contro Tccumenismo istituzionale,
ma faccio notare che il problema di fondo rimane quello di una chiesa cattolica
che emargina e tiranneggia i suoi profeti,
mentre cerca le alleanze nella terra di
Canaan del potere internazionale.
Mi pare, concludendo, che la voce del
disscn.so c delle comunità di base sia il
perno di tutto il contributo che Tevangelismo italiano può dare ai fermenti di riforma della chiesa cattolica. In quale linea
si potrebbe, altrimenti, vedere una testimonianza evangelica in Italia?
Cordialmente I’eppino Ohi.ando
UNILATERALITA’
Un lettore, da La Spezia;
Caro direttore.
rispondo alla lettera aperta inviatami
dal Prof. Augusto Armand-Hugon e riportata sul n. 10 de « L’Eco-Liice » accogliendola nel quadro del dibattito pre-congressuale che ai sta aprendo in vista del Con
gresso Naz. EGEI (S. Severa, nov. 1971).
Mentre da una parte mi rallegro per
l'interessamento che suscitano i documenti del Consiglio della Gioventù (C.d.G.)
anehe in persone con impegnate direttamente nel Movimento Giovanile, dall’altra rivolgerei un invito al Prof. ArmandHugon di leggersi tutti i nostri documenti.
Cosi scoprirebbe — senza fermarsi al punto h) — un punto d) della mia circolare
in cui è indicato quale 4“ documento di
studio per i giovani evangelici l’articolo
di G. Bouchard, Le alternative della testimonianza (G.E. 8/70), che ha redatto per
conto del C.d.G., quale documento preparatorio ai pre-congressi.
Quanto detto sopra potrebbe apparire
un'inezia « bibliografica », ma non è così,
in quanto in quest’ultimo articolo il direttore di G.E., indicando il libro di Miegge
Il Protestante tiella storia come un testo da
studiare e dibattere, aggiunge che « G.E.
ne ha dato una recensione favorevole, con
alcuni interrogativi crìtici » (e non ne ha
detto tutto il bene possibile); continuando
dice che ; « una valutazione sostanzialmente negativa è invece comparsa sull ultimo
numero di "Protestantesimo” (4/70) ».
Come vede. Prof. Armand-Hugon. la
« pianta dclTunilateralità » non alligna
nel Movimento Giovanile evangelico, ma
bisogna cercarla negli orti di altri.
Ringrazio per aver avuto Toccasione di
fare alcune precisazioni e invio fraterni
saluti a quanti si interessano dei problemi
della EGEI. Gian Paolo Ricco
segretario F.G.E.l.
REGGIO CALABRIA OFFESA
Un lettore, da Reggio Calabria;
Signor cUreltorr.
Mentre Reggio Calabria, tradita cd umiliala dalla prepotenza e dalla mafia politica, cerca di far valere nell opinione pubblica nazionale una linea di verità dopo le
calunniose distorsioni tlclla stampa italiana
sul dramma della sua protesta, è doloroso
constatare come il settimanale valdese continui ad infierire nel corpo anche dei Valdesi reggini con stilettate diiTamatorie di
pura inarca gesuitica e reazionaria (Calunniate, calunniate: qualcosa resterà!).
Mi riferisco al n. de « L’Eco-Luee d del
19-2-71. ora pervenutomi, in cui in una
nota dal titolo Reviviscenze fasciste, a firma g. e. si sostiene apertamente che « Le
violenze fasciste avrebbero due epicentri
principali a Reggio Calabria e a Roma ».
Ciò è assolutamente tendenzioso e falso,
e ripete a pappagallo le distorsioni di tutta
la stampa nazionale asservita ad interessi
di uomini prepotenti del mondo della politica. nonché di correnti politiche o di partiti ad essi asserviti. E mentre quaggiù, noi
che friggiamo in pentola, facciamo sforzi
sovrumani per fare luce sulla verità dei
fatti, è sbalorditivo che uomini e fogli che
si ispirano al vangelo della verità, debbano
contribuire ad offuscarla, rendendo co.^^ì
un inconsapevole servigio alFappressione
ed alla menzogna.
Grazie a Dio Reggio Calabria è assente
dalla toponomastica dei centri nazionali incriminati, proprio in questi giorni, per
tentativi di sovversione contro lo Stalo!
Ma questo non basta a convincere ancora
una volta che la protesta di Reggio non
ha avuto matrici fasciste, né teppiste o mafiose, ma un limite massimo a livello di
guardia d'una montante marea dì soprusi,
culminata con la declassazione dal ruolo
di città guida che Reggio riteneva da sé
inalienabile per tradizioni storiche e per
obiettive condizioni di funzionalità. Come
non basta il fatto che Reggio non ha mandato consiglieri missini alla Regione, mentre Catanzaro e Cosenza dLspongono in
quella sede di una fiaccola ciascuno.
Certo sarebbe stato assurdo che i cittadini di Reggio, e .soprallutto i valdesi dì
Reggio, avessero potuto ascoltare un’eco di
verità che venisse da Torre Pellice; una
specola troppo distante per non essere contaminata da informazioni sofisticate e sconsideratamente fatte rimbalzare anche sulla
pelle di questa città, che cede al diritto
della forza, ma sempre protesa spiritualmente al diritto della giustizia.
Ma ciò che stupisce ancora di più è il
fatto che, pur essendo informata da correligionari reggini (vedi articolo di Ernesto
Puzzanghera nel n. 30-10-1970), « L’EcoLuce » continua imperterrito a spular
veleno contro la città di Reggio, con una
leggerezza ed una sconsideratezza che fanno a calci con lo spirito del Vangelo e recano offesa ai fratelli della stessa chiesa,
che da testimoni oculari dei fatti, hanno
già dato — anche per bocca del Pastore —
una chiara ed attendibile versione.
Si .smetta, per carità cristiana ma .soprattutto per amore di verità, di imbastire menzogne sul dramma di una città che ha bisogno di essere considerata e compre.sa alla
luce della giustizia e della dignità calpestate e vilipese dai potenti della terra!
Nella fiducia che voglia ospitare questa
mia come contributo a schiarire Tcquivoco.
La ringrazio e La .saluto cordialmente. Suo
Fr.4NCesco Fiumara
Non abbiamo scritto che tutto, nei fatti
di Reggio, fosse fascismo. Negare, però,
la componente fascista — e componeiite
decisiva. nelVeffettivo svolgersi della vicenda — ci pare sia negare Vevidenza.
Quanto alle, posizioni degli evangelici reggini e dei valdesi in particolare, non ci
risulta che siano state così monolitiche come il nostro lettore sembra sostenere.
5
2 aprile 1971 — N. 14
pag. 5
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
Riflessioni della eomunità di Forano Sabino
sul problema dell’eventuale ingresso della Chiesa
Cattolica nel Consiglio Ecumenico delle Chiese
Rorà
Si rinnova il Concistoro a Prali
Sulla scorta dei documenti pervenuti alle
chiese per esaminare il problema deU’eventuale ingresso della Chiesa cattolica nel C.E.C. si
ricava, come impressione di fondo, che il CEC
non sia altro che una brutta copia di un'O.N.U.
delle confessioni cristiane dove tutti possono
gridare fin che vogliono, ma dove, in fondo,
ognuno fa quello che vuole e la Chiesa cattolica — ci scusiamo per Tirriverente paragone
— sia la Cina che chiede la sua brava adesione... Doi)o un accurato e approfondito osarne
ci sembra che per arrivare ad un pronunciamento ci sia senz’altro bisogno di chiarire sia
il significato del C.E.C., sia le modalità con
cui la Chiesa cattolica vuole entrare nel C.E.C.
I Documenti in questione, in questo senso,
ci sembrano alquanto lacunosi e suscitano un
vespaio di problemi che, evidentemente, abbisognano di essere chiariti in opportuna sede e
quindi rivisti dopo non poche precisazioni.
Condividendo quindi, anche se per altro verso,
il realismo » di taluni ambienti cattolici, ribadiamo come, allo stato attuale delle cose,
si i per ora ancora prematuro pronunciarsi in
un senso piuttosto che in un altro.
Consideriamo, invece, della massima importanza che Teventualità di un ingresso della
Chiesa cattolica nel C.E.C. debba essere dibattuta neH’ambito delle chiese per favorire la
comprensione del problema, per invitare ad
una riflessione « nuova » sul cattolicesimo attuale e per riscoprire che cosa sia il C.E.C.
Oltre ai rilievi di cui sopra, vorremmo richiamare Tattenzione su ciò che per noi è
il problema di fondo : come viene ribadito dal
« documento del gruppo misto di lavoro », il
C.E.C. è « uno strumento creato dalle chiese » per servire il Movimento Ecumenico e, in
questo senso, possiamo anche accettare 1 idea e
auspicare che lo « strumento », con Tingresso
della Chiesa cattolica, serva con maggiore efficacia il Movimento Ecumenico: soltanto che,
date le strutture attuali e della Chiesa cattolica
e del C.E.C., si teme che ciò potrà favorire soltanto il Movimento Ecumenico espresso nei
suoi vertici, corroborando la tendenza a scivolare, da parte protestante, in una identificazione della chiesa nei suoi rappresentanti, cioè
nei suoi vertici, dimenticando che la dimensione comunitaria e di chiesa la si trova, orizzontalmente, alla base; questo proprio oggi
che Tautentico rinnovamento del cattolicesimo
trova la sua fedele espressione non nelle gerarchie, ma in quei gruppi di credenti che accettano dì confrontare la propria esistenza e la
loro chiesa alla luce della Parola di Dio.
Non riusciamo a credere a queìlecumenismo
che tende ad una unione dì chiese; crediamo
invece ad un ecumenismo che si attua là dove
immilli, fTtiirlnii ilallo Spirito Santo, alla luce
della Parola di Dio, esaminano la loro vita,
la loro fede, le strutture che si sono dati; insieme «coprono la loro sostanziale infedeltà al
Signore e insieme — scoprendo la grazia di
cui Dio li ha fatti oggetto, nonostante tutto •—
riconoscono di essere « uno in Cristo » e cercano di rispondere alla vocazione ricevuta con
una concreta azione di testimonianza e di servizio.
Auspichiamo nuovi incontri con il cattolicesimo a tutti i livelli per un reciproco confrontarci. non come chiese, ma come credenti alla
luce della Parola di Dio.
Chiediamo che aH’interno delle nostre comunità si dia uno spazio per lo studio sulla
realtà del C.E.C., sul suo significato, sulle possibilità che abbiamo dì dare un reale contributo sul piano locale, nazionale e mondiale.
L'Assemblea Valdese di Forano
Ultimamente il Culto domenicale è stato presieduto da due studenti Forneron di Pinerolo
e di San Secondo i quali hanno anche esposto
ai presenti e venduto libri della Claudiana :
grazie della collaborazione.
Grati a Dio, ci rallegriamo con il fratello
Luigi Giusiano e la sua famiglia : egli è uscito
miracolosamente sano e salvo da un incidente
stradale.
Il Pastore sig. Cipriano Tourn dei Chiotti,
malgrado che diluviasse, è giunto qui con la
Signora domenica 21 marzo: egli ha presieduto il Culto la mattina e la sera, nella Sala
delle attività, ha proiettato il film documentario sulle nostre Valli, un film molto bello, molto interessante, molto apprezzato. Rinnoviamo
ai sig.ri Tourn i nostri vivi ringraziamenti.
Le celebrazioni del 17 febbraio si sono svolta come di consueto e con una buona partecipazione da parte della comunità. L’unica difficoltà è stata creata dal vento che ha impedito l’accensione di alcuni falò nei quartieri
più alti ed ha creato qualche difficoltà per la
fiaccolata che scendeva dall’AIpet sulle nevi
della pista rossa.
La mattina del 17 i ragazzi delle scuole hanno svolto il corteo dal ponte di Ghigo al tempio mentre la banda di Prali eseguiva inni sulla piazza. Buona la partecipazione al culto
cui ha partecipato validamente anche la corale
con Tesecuzione dì canti appropriati.
55 fratelli hanno partecipato al pranzo fraterno che ha avuto luogo nella sala, organizzato dalla competente esperienza dell’anziano Filippo Berger e realizzato con la collaborazione delle sorelle Margherita Long, Alma Ferrerò, Use Pascal, Rina Peyrot, Graziella Pascal
e Marilena Marcoz. Ancora una volta si è vis
miiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiniiiiiiiiiiiii ii)iiimiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiii]iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii;iiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Tutti calvinisti, ma ciascuno a suo modo
La vita è vocazione, non carriera
Riflessioni su una stimolante conferenza su vita ecclesiastica e politica
nel pensiero di Calvino, tenuta a Torre Pellice dal prof. Valdo Vinay, nel
quadro delle manifestazioni curate dal Comitato del Collegio Valdese.
Anche il quarto ciclo di lezioni di teologia,
a cura del Comitato del Collegio Valdese con
la collaborazione dei docenti della Facoltà di
Teologia, si è felicemente tenuto e concluso a
Torre Pellice. Un buon gruppo ha seguito le
lezioni che il prof. Valdo Vinay ha tenuto sa
« L’ecclesiologia di Giovanni Calvino », e più
numeroso si è raccolto per la conferenza conclusiva, domenica 28, su « Ecclesiologia e etica politica nel pensiero di Giovanni Calvino ».
Il prof. Vinay ha fatto notare al termine della sua conferenza che se avesse presentato allo stesso pubblico di
domenica il pensiero di Bellarmino
(uno dei maggiori teologi cattolici del
1500) o dello stesso Lutero, uno dei
padri della Riforma protestante, l’uditorio avrebbe avuto qualche difficoltà
a comprendere la sua esposizione e la
conversazione avrebbe avuto un tenore assai diverso. Questa osservazione
è assolutamente esatta; nel discorso
del prof. Vinay, accessibile ad ognuno,
semplice e chiaro, come può essere in
bocca ad uno storico che padroneggia
appieno la sua materia, si muovevano
tesi e pensieri che non appartengono
solo alla storia ma alla esperienza di
ognuno. Si parlava in sostanza di noi
stessi in quanto riformati di tradizione calvinista, uomini che vivono dopo
iiiinmmiiiimiiimiiiMiimiiiiiimiiiiiiiiiiiiii'.iimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiim
Cronaca delle
Discussi a Perrero
problemi della Valle
Valli
i maggiori
Germanasca
Nella sala consigliare del comune di
Ferrerò ha avuto luogo sabato 20 marzo
una importante riunione in cui si è fatto il punto sulla situazione della vai
Germanasca e si sono gettate le basi
per un intenso lavoro che potrà condizionare in modo notevole il futuro della
valle e dei suoi abitanti.
Alla riunione hanno preso parte l’Assessore alla Montagna della Provincia
di Torino geom. Juglar, i consiglieri
provinciali Amato e Chiomio, il presidente del Consiglio di Valle dott. Maccari. Le amministrazioni della vai Germanasca erano rappresentate dai sindaci di Salza, Massello e Ferrerò. Erano pure presenti numerosi consiglieri
comunali, responsabili della Pro Loco,
del Patronato scolastico, del CAI.
Non ci sono stati discorsi ufficiali,
ma la discussione è stata condotta sulla traccia di un documento preparato
in una riunione precedente dai consiglieri comunali di Penero che avevano
messo a fuoco tutti i maggiori problemi del comune e della valle.
Dato il tono familiare ed amichevole
tutti hanno potuto prendere parte alla
discussione presentando idee, punti di
vista, esperienze sui vari problemi via
via trattati.
Il sindaco di Ferrerò ha brevemente
presentalo la situazione della valle nel
suo complesso, sottolineando il forte
spopolamento verificatosi negli ultimi
anni, la diminuzione dei posti di lavoro
in valle e a Perosa Argentina ed il conseguente aumento del numero dei pendolari e rallungarsi del loro percorso.
Ha poi fatto presente, con la passione
che gli è solito, la necessità che giungano al più presto delle indicazioni precise .sul futuro che si vuole riservare
alla valle di modo che lo Stato, la Regione, la Provincia, i Comuni e la stessa
popolazione possano agire di conseguenza.
Ed è tenendo presente questa precisa
istanza che si sono poi discussi i vari
problemi: dalla necessità di istituire
dei servizi di trasporto più efficienti a
quella di aprire nuove strade e nuovi
sbocchi verso altre valli, dall’urgenza
di asfaltare le strade carrozzabili alla
necessità di tenerle sgombre dalla ne
ve con efficienti e tempestivi interventi
dei mezzi sgombraneve, dai problemi
del turismo ai programmi di fabbricazione, dai gravi problemi dell’agricoltura alla necessità di valorizzare i pascoli con strade e nuovi ricoveri, alla
creazione di parchi naturali, alla improrogabile urgenza di allacciare alla
rete dell’ENEL le vaste zone che attualmente sono quasi senza luce (comune
di Massello, fraz. di Maniglia, Chiabrano. Traverse, San Martino, nel comune di Ferrerò). Per ciascuno di questi
problemi, e per i molti altri che sono
stati dibattuti, l’Assessore Juglar ha
dimostrato molto interesse e, con invidiabile competenza, ha dato indicazioni, ha suggerito soluzioni, ha promesso
il suo aiuto, senza creare illusioni ma
in una visione della realtà delle cose
che gli fa onore.
Anche i consiglieri provinciali sono
intervenuti spesso nella discussione ed
il presidente del Consiglio di valle, tirando le conclusioni, ha assicurato il
pieno appoggio dell’Ente che rappresenta anche in vista delle nuove prospettive aperte dalla ormai prossima
approvazione della domanda di classifica delle Valli Chisone e Germanasca
in comprensorio di bonifica montana e
ha fatto voti affinché i problemi più
gravi emersi dalla discussione siano approfonditi in una .serie di sedute da tenersi a breve scadenza.
Poiché la proposta è stata accolta da
tutti molto favorevolmente c’è da pensare che nelle prossime settimane ci
saranno nella valle parecchie sedute dedicate ai vari problemi specifici e sarebbe auspicabile che ad esse partecipassero non solo gli esperti o gli amministratori, ma tutte le forze che si
trovano ad operare nella Val Gerrnanasca: dagli imprenditori agli artigiani, dagli operai ai sindacati, dagli albergatori alle Pro Loco, ai rappresentanti dei villeggianti, dai coltivatori diretti a tutte le persone che vivono nella
valle o ne hanno a cuore le sorti. Ma
soprattutto è auspicabile che siano presenti i giovani e gli studenti affinché
non siano gli altri a decidere del loro
domani.
generazioni di credenti assuefatti dalla predica domenicale, dal catechismo,
dalla vita comunitaria a sentire le cose in un certo modo e pensarle in un
certo modo. Era un po’ come sentirsi
dire in ordine ed in modo preciso le
cose che ognuno ha imparato durante
tutta la sua vita cristiana e sa da sempre, una conferma insomma delle realtà fondamentali della nostra impostazione di vita cristiana.
Si respirava aria di casa, ci si muoveva fra idee e verità « nostre »: la vita è una vocazioiie e non una carriera,
la comunità deve servire alla società
come segno profetico del regno, la
chiesa non è un’isola di preghiera, un
convento ma la comunità di uomini
impegnati nel mondo, Tevangelo deve
trasformare tutti i settori della vita
umana, Dio ha la sua parola da dire
mediante la predicazione a tutti i
campi di attività umana, Tevangelo è
la realtà fondamentale da cui deve derivare tutta la vita del credente ecc.
Tutti i presenti, giovani e anziani
erano accomunati in questa rievocazione delle tesi fondamentali della propria esistenza di credenti e risalivano
alle origini della propria personalità
di uomini’ impegnati e di membri di
una comunità « testimone delTevangelo ». Erano accomunati come può esserlo una grande famiglia che si ritrova una volta all’anno per festeggiare
i! compleanno del bisnonno; ci si rivede e saluta, si scambia qualche parola, tutti uniti nell’appartenenza allo
stesso ceppo, tutti con lo stesso cognome. fi nostro comune cognome era,
domenica, « calvinismo », e l’appartenenza alla stessa famiglia si rivelava
nel fatto che ognuno riviveva il cognome comune come una cosa sua, ci si
sentiva dentro. Non c’è dubbio però
che ognuno, come in uno di quei grandi incontri di famiglia, pensava e sentiva a modo suo il calvinismo, ognuno
si sentiva a suo modo appartenente alla discendenza del « bisnonno ». Tutto
quanto veniva rievocato dal prof. Vinay trovava piena adesione in tutti,
ognuno però ascoltava a suo modo e
sentiva a suo modo.
Il cristiano ha ricevuto dei doni c
deve metterli al servizio del fratello,
dice Calvino e questo si deve fare nella vita sociale e politica. La comunità
dei fratelli deve avere come momento
fondamentale l’ascolto della Parola,
una chiesa che non ascolta Tevangelo
non è più una chiesa, ma una comunità deve vivere Tevangelo nel mondo,
non in sé, deve lievitare, permeare in
qualche modo le strutture della realtà
del mondo. La parola si ascolta nella
predica ma si vive nella fabbrica, nella casa, nelle strade, nel municipio
della città. Questo è stato possibile ed
è stato fatto nella Ginevra del 150(),
questo deve essere fatto anche oggi.
Molto lucidamente il prof. Vinay ha
però ricordato due fatti: Non si può
copiare Calvino oggi, nella società pluralista del tempo moderno sarebbe
privo di senso voler fare la Ginevra
del 1540, si finirebbe col fare la Democrazia Cristiana Protestante. E secondo: la tradizione calvinista è certo una
ricchezza, un riferimento, una realtà
che non possiamo gettare alle ortiche,
come se fosse priva di valore, ma oggi
si deve inventare una nuova forma di
vita « riformata », un nuovo modo di
essere « calvinisti »• Ogni generazione
deve ricominciare da capo la sua ricerca di fedeltà alTEvangelo. Molto
opportunamente ha anche ricordato
che per Calvino non esiste un conflitto tra individuo e strutture: il credente deve essere un uorno nuovo, ma deve vivere la sua fede in nuove struttare. Senza il rinnovamento profondo
della vita del singolo credente non ci
sono nuove strutture, ma senza nuove
forme di vita nessun credente nuovo
può vivere una vita responsabile.
Come è però possibile realizzare oggi questa nuova forma di vita riformata? Non era questo il tema della
conferenza e non poteva essere affron
tato; giunti sulla soglia si tratta di varcarla e si varcherà nelle assemblee di
chiesa, nelle conferenze distrettuali,
nei sinodi. Qui si verificherà se Tappartenenza alla grande famiglia di Calvino è realmente un legame, una unità
0 un puro accostamento di persone.
La linea di marcia indicata da Calvino, e così magistralmente rievocata
dal prof. Vinay, è quella che da decenni si presenta a noi in tutte le assemblee: la comunità deve ritornare alla
presenza del Signore e lasciarsi rinnovare dalla sua parola, deve porsi nell’ascolto; solo in un secondo tempo,
come conseguenza, deve uscire nel
mondo, deve diventare, secondo una
espressione frequentemente usata dall’oratore: « una comunità politica »,
una comunità che si propone di ricordare alla comunità civile, alla società
umana, la dimensione di rinnovamento contenuta nelTevangelo. Questa è
però la linea di marcia che la nostra
« famiglia » valdese stenta a seguire.
Il ritorno alla parola di Dio è Tultima
preoccupazione delle nostre assemblee
per cui la battaglia avviene a livello
di « pratica », di realizzazioni.
La conferenza del prof. Vinay merita pertanto di essere Ietta e meditata,
di essere oggetto di dibattito quando
verrà pubblicata ed essere accolta come una ennesima voce di richiamo alla fedeltà evangelica che in questo caso non sarebbe altro che fedeltà alla
« tradizione ».
Giorgio Tourn
iiiiiiiiimiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
S. Germano
Chisone
Le celebrazione del 17 Febbraio si è svolta
regolarmente e con notevole partecipazione di
credenti : il corteo ha percorso il tratto Scuole
Elementari - Casa di Riposo dove la Banda
musicale cittadina e la Corale Valdese hanno
dato un breve concerto molto gradito da tutti
gli ospiti. Il culto, presieduto dal Pastore Bertin, è stato arricchito nella sua liturgia dal
canto della Scuola Domenicale e della Corale.
II pranzo, egregiamente preparato e servito
dal Signor Mario Benx nella nostra sala
delle attività, ha visto, riuniti come in una
sola famiglia, ben 120 partecipanti. Al levar
delle mense il Prof. Armand-Hugon ha presentato una breve panoramica delTattivilà del
« Collegio » di Torre Pellice. Il Pastore Bertin,
accompagnato dalla Sua gentile Signora, ci ha
presentato alcuni episodi, scelti ad arte, della
storia Valdese di San Germano.
La giornata si è conclusa con la tradizionale
serata ricreativa preparata dal gruppo della
fdodrammatica con il concorso della corale. È
stata egregiamente presentata la commedia in
tre atti di Ada Metile: «La Boina » e la farsa
« Un chiodo nella serratura » di autore ignoto.
L'intermezzo del canto corale è stato particolarmente gradito dal folto pubblico.
Concludendo questa breve nota possiamo dire che questa giornata è stata nel suo insieme : « une belle journée » e desideriamo vivamente ringraziare il Pastore Bertin c Signora per essere venuti a trascorrerla con noi
per arricchirla con la loro presenza e con i
loro doni. Giunga pure un caloroso plauso e
uti vivo ringraziamento a tutti coloro che in
vari modi hanno collaborato e faticato per la
buona riu.scita di questa celebrazione.
Visita missionaria. Il 13 c. m. abbiamo avuto la gradita visita del Missionario Pastore P.
Ellenberger del Lesotho. Nel pomeriggio egli
ha presieduto una interessantissima riunione
alla « Ca.sa di Riposo » alla quale hanno pure
partecipato i catecumeni di I e li anno. È
stata una riunione particolarmente vivace dato
il carattere familiare e spontaneo creato dalTambiente stesso.
In seguito, al Presbiterio, il Signor Ellenberger ha intrattenuto i catecumeni di IV e
III anno, con una "causerie” alla quale hanno
preso parte attiva i ragazzi stessi. La .sera, dopo cena, ha avuto luogo una riunione nella
sala delle attivit'a dove erano stali esposti numerosi disegni c oggetti provenienti dal Lesotho. Purtroppo 1 partecipanti erano pochi ma
in compenso è stata una serata di élite dove
1 vari aspetti del lavoro missionario hanno potuto essere presenti in un modo completo.
suta quella atmosfera fraterna spontanea e lieta che è certamente la caratteristica particolare di un incontro realizzato in questo modo.
Il Pastore, presentando una pagina di storia
valdese ha parlato della espansione del valdismo medioevale trattando il tema: «La via
della lana, via delTEvangelo ».
I giovani della filodrammatica hanno presentato la sera del 7 marzo una recita, dovuta alla penna della Sig.ra Elina Quattrini, dal
titolo « La Condanna ». Sala ben piena di
pubblico attento che ha dimostrato di gradire
il copione e l’interpretazione che i ragazzi ne
hanno data.
Domenica 14 marzo una trentina di sorelle
della Val Germanasca è stata ospite di Prali
per la giornata di preghiera organizzata dalle
Unioni femminili della Valle nel quadro della
giornata mondiale. Purtroppo il cattivo tempo
e l’imperversare dell’influenza nella zona hanno ridotto assai la partecipazione a questo incontro.
Le domeniche 21 febbraio e 7 marzo in cui
il pastore è stato assente per partecipare al 17
febbraio delTUnion Vaudoise di Marsiglia e
per impegni distrettuali, i culti sono stati presieduti rispettivamente dal prof. Claudio Tron
e dal past. Franco Giampiccoli, che ringraziamo.
* sic *
Nel corso delle riunioni quartierali, i membri della chiesa di Frali hanno proceduto alla
nomina del nuovo Concistoro da presentare alla prossima assemblea di Chiesa per reiezione.
Ogni quartiere ha indicato il nome del proprio
anziano da proporre aH’Assemblea. In seguito
alla partenza dell’anziano Silvio Garrou e alle
dimissioni delTanziano Emanuele Baud, i nomi indicati sono i seguenti: Oreste Grill (Pomieri), Attilio Peyrot (Orgere), Edoardo Grill
(Malzat), Renaldo Ghigo e Ciro Di Gennaro
(Ghigo), Filippo Berger (Indritti), Alberto Richard e Silvio Richard (Villa). Devono ancora
esprimere il loro pensiero i quartieri di Giordano e di Cugno.
Martedì 9 è stata seppellita nel cimitero di
Ghigo la nostra sorella Emilia Grill deceduta
a Pinerolo dopo breve malattia. Viveva a Indiritti con il figlio Elio. Giunga ancora a tutti
i familiari l’espressione dei nostri sentimenti
fraterni.
Ci rallegriamo, infine, con Funionista Iris
Peyrot che ha vinto i campionati nazionali
femminili di fondo per il 1971.
Pinerolo
Sabato sera 13 marzo si è tenuta una discussione sull’argomento « reviviscenze fasciste ». L’incontro è stato promosso dal gruppo
giovanile che aveva precedentemente discusso
il problema e che ha voluto riproporlo anche
agli altri membri della comunità.
La discussione si è svolta sulla base dell’articolo di Gino Conte e del documento redatto dal Concistoro della città di Firenze.
L’argomento è stato dibattuto in primo
luogo, sul piano generale, ed in seguito esaminando i nostri atteggiamenti e la nostra posizione di credenti di fronte al fenomeno della violenza.
La discussione è stata animata e proficua;
pur nella diversità di pareri e valutazioni diverse, ha favorito una riflessione comune.
— Domenica 21, l’assemblea di chiesa, tenutasi al termine del culto, ha nominato quale delegato al Sinodo l’anziano Franco Rivoira;
sono stati inoltre delegati alla prossima conferenza distrettuale i fratelli : Luciano Rivoira.
Valdo Fornerone e Silvio Revel.
— L’ammissione dei catecumeni, a causa
del ritardo verìficato.si nello svolgimento del
programma, avrà luogo la domenica di Pentecoste.
— Battesimo: Sara Cesarina di Aldo e Tiziana Durand.
— Funerale: Marco Pons.
Concerto a Torre Pellice
Ricordiamo che sabato 3 aprile, alle
ore 21, nel tempio di Torre Pellice, si
terrà un concerto corale e di organo
della Jugendkantorei della Chiesa della Risurrezione, Essen, diretta da Ursula van den Busch.
AVVISI ECONOMICI
CERCANSI due coniugi con le migliori referenze, di confessione evangelica e senza
bambini, per un lavoro domestico in una
ben tenuta e confortevole casa ad Aarau
(Svizzera). La moglie come cuoca e per leggeri lavori dì casa (macchina da stirare e
da lavare), il marito come cameriere e per
gli altri lavori di casa e anche come coadiutore del giardiniere privato. Condizioni:
beirappartamentino nella casa, con bagno,
e televisione, 4 settimane di vacanza all’anno. tempo libero regolato, buona retribuzione e il migliore trattamento. Si tratta dì un
buon posto anche per due coniugi anziani.
Offerte con un corto curriculum vitae, fotografia. richiesta di salario e data di inizio
sono da inoltrare a: Sig.ra K. Kunatb-Scliinkel, Katbarinenbof - 5001 AARAU (Sviz
zera).
La famiglia del compianto
Luigi Bertalot
ringrazia i sig. dott. De Clementi e
Bertolino per le cure prestate al suo
caro congiunto durante la sua lunga
malattia. Un sentito ringraziamento
pure a quanti hanno preso parte alla
sua lunga prova ed al suo dolore.
Inverso Porte
22 marzo 1971
Castellacelo
6
pag. 6
N. 14 — 2 aprile 1971
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
Una guerra senza fine
Giorno per giorno appare sempre più
evidente — e tragica — la conclusione
del fallito attacco sudvietnamita, appoggiato dalle forze aeree americane,
allo scopo essenziale di distruggere i
depositi nemici e di tagliare il cosiddetto « sentiero di Ho Chi Minh », mediante il quale affluiscono gli aiuti del Nord.
L’attacco, iniziato l'8 febbraio scorso,
non solo si è arrestato dopo 44 giorni,
benché avesse dovuto proseguire fino a
tutto aprile, ma si è trasformato in una
caotica ritirata, malgrado l’appoggio di
qualcosa come 2300 aerei (con due-tre
azioni al giorno) e oltre mille elicotteri
che hanno giornalmente compiuto in
media una decina di azioni ciascuno.
Le perdite in uomini e in materiale
sono ingentissime da ambo le parti e
non si potranno mai sapere con sicurezza, essendo più che mai praticato
il « sistema » di minimizzare le proprie
e di dilatare quelle dell’avversario.
È indubbio che le due direttive che
guidano l'attuale politica americana in
Indocina hanno subito una clamorosa
sconfitta. Infatti, ad azione appena iniziata, Nixon ebbe a dire che pensava di
star definitivamente vincendo la guerra indocinese e che quindi essa stava
volgendo al termine, cosa che non si è
per nulla verificata; anzi, successivamente, vista la piega che prendevano le
cose, giustificò la ritirata affermando
che non si trattava certo di un’azione
di occupazione di territori. In secondo
luogo, è anche fallito il tentativo di
« vietnamizzare » la guerra.
Ora, un altro grave pericolo si profila all’orizzonte: alle minacele del Sud
Vietnam di invadere il Nord sono seguiti forti concentramenti di truppe
nelle zone di confine ed ovviamente, da
parte loro, anche i nordvietnamiti ammassano uomini per fronteggiare questa nuova possibilità: dovremo assistere ad un nuovo cruento scontro?
Quali sono le prospettive di questa
situazione che ormai rischia di trasformarsi in una guerra permanente, non
solo, ma anche in una pericolosa esca
per un conflitto più generalizzato?
È chiaro che una soluzione militare
è impossibile: questo accanimento degli Stati Uniti nel voler imporre a tutti
i costi, con la forza e il terrore, una
soluzione a loro gradita, si rivela sempre più non solo come utopistica, ma
— e questo è il lato che ci coinvolge
maggiormente come uomini e come
credenti — costituisce un inaccettabile
modo di agire da parte di una nazione
che si dice maestra di democrazia, rispettosa dei valori umani e delle libere
decisioni dei popoli.
Negli Stati Uniti, frattanto, cresce
sempre più l’opposizione a questa guerra: quotidianamente la classe politica,
in parte anche quella repubblicana, afferma essere necessaria una soluzione
politica, mentre richiede un ritiro più o
meno graduale e totale delle truppe.
Anche 50 rappresentanti delle diverse
denominazioni protestanti americane
hanno rivolto in questi giorni un appello al presidente e al Congresso degli
Stati Uniti, richiedendo non solo il ri
Brandt commenta
il suo gesto a Varsavia
« Ho fatto ciò che si fa quando le
parole sono impotenti », ha dichiarato
il cancelliere Willy Brandt nel ricordare, a Colonia, la sua genuflessione del 7
dicembre scorso a Varsavia, davanti al
monumento eretto alla memoria della
vittime del ghetto ebraico.
Brandt ha precisato che, compiendo
quel gesto, egli aveva pensato che,
malgrado Auschwitz, il fanatismo e
l’oppressione dei diritti dell’uomo erano
tutt’altro che scomparsi.
Nel ricordare anche « i commenti dispiaciuti » che la sua genuflessione
aveva suscitato (recentemente anche a
Brunswick in occasione di una manifestazione di originari della Slesia),
Brandt ha soggiunto: «.In qual posto
un cancelliere federale avrebbe potuto
sentire meglio tutto il peso della storia
tedesca: in quale altro posto avrebbe
egli potuto cercare di pagare meglio il
debito tedesco, se non davanti al ghetto
di Varsavia? ».
tiro di tutte le truppe, ma l’immediata
cessazione del fuoco e di ogni bombardamento, salvo in caso di legittima difesa. Essi hanno inoltre chiesto al governo di Washington di aprire subito,
nell’ambito della Conferenza di Parigi,
dei negoziati sul calendario del ritiro
delle truppe americane.
A novembre vi saranno le elezioni politiche in Sud Vietnam. Le forze neutraliste pare si stiano sempre più rafforzando. Il nostro sincero augurio è
che si possano tenere delle elezioni che
non siano fasulle come le precedenti e
che possano costituire l’avvio di una
soluzione politica a questo conflitto che
dilania un popolo ininterrottamente dal
1941 e cioè da trent’anni.
Una testimonianza
agghiacciante
Le sistematiche violazioni dei diritti
dell’uomo in Brasile sono state recentemente denunciate ancora una volta il
23 marzo scorso davanti alla commissione dei Diritti deH’uomo a Ginevra.
Diverse organizzazioni intemazionali.
come il Consiglio ecumenico delle Chiese, Pax Romana, Amnesty International, la Federazione sindacale mondiale,
ed altre ancora, aventi statuto consultivo presso le Nazioni Unite, hanno redatto un appello in comune al .governo
brasiliano per chiedergli l’accettazione
di una commissione d’inchiesta. Da parte sua, la commissione internazionale
dei giuristi, la cui sede è pure a Ginevra, ha chiesto la messa a punto di
una convenzione internazionale sul trattamento dei prigionieri politici.
Frattanto, una nuova, terribile testimonianza diretta giunge da un’avvocatessa brasiliana, la signora Annina de
Carvalho. Essa ha abbandonato la sua
professione avendo definitivamente
compreso che la giustizia, sotto il regime militare, si riduceva ad una « farsa ». Ha lasciato la famiglia a San Paolo ed ha iniziato un giro del mondo per
rendere la sua testimonianza su « un
regime che ha fabbricato delle leggi
per far credere di non essere una dittatura, ma che le viola quotidianamente ».
Ecco come si svolge un procedimento giudiziario contro un sospettato politico, secondo le dichiarazioni rese dall’avvocatessa al giornale francese « Le
Monde »: Dal 1964 erano i tribunali a
giudicare gli imputati politici. Il 1“ gennaio 1970 è stato promulgato un nuovo
codice di procedura penale militare
che risponda « meglio » a certe situazioni non solo giuridiche, ma politiche,
del momento. Fino al 1969 erano ancora i militari a torturare. Ora, essi si
riparano dietro ai civili. Il prigioniero
viene torturato per quanto tempo la
polizia lo ritiene opportuno, anche oltre il termine dei cinquanta giorni fissati per le investigazioni poliziesche.
Tutte le torture vengono praticate
per indurre il prigioniero a confermare
le accuse formulate contro di lui, a denunciare i suoi compagni, ecc. Il' detenuto è privato di qualsiasi contatto colla famiglia ed anche gli stessi avvocati
difensori non hanno il diritto di vederlo.
Nella seconda fase, quella deH’inchiesta condotta dalla polizia politica, vengono usate altre torture fra cui la « sedia del drago », una poltrona da parrucchiere cui la vittima viene legata e
sottoposta, nuda e bagnata, a scariche
elettriche. Questa fase dovrebbe durare
venti giorni, ma l’avvocatessa conosce
delle persone che sono rimaste anche
dieci mesi nelle mani della polizia.
Infine, segue la procedura giudiziaria: è la fase in cui l’arresto della persona diventa ufficiale, ed allora familiari e avvocati hanno il diritto di visitarla. Naturalmente a questo punto l’opera dell’avvocato, nei riguardi di un individuo quasi totalmente distrutto, è
pressoché nulla.
Qgni tribunale è composto da 4 militari e da un civile. Se un testimone a
carico depone in modo diverso da
quanto aveva detto prima alla polizia,
il processo si ferma, il testimone viene
condotto nel corpo di guardia e gli
viene « rinfrescata » la memoria, anche
con torture. L’accusa può presentare
tutti i testimoni che vuole; la difesa,
due.
Secondo l’avvocatessa de Carvalho i
prigionieri politici in Brasile, di cui si
sa per certa l’esistenza, sono 5 mila,
ma tanti altri sono rinchiusi nelle caserme o nei commissariati.
Quel che chiediamo — ha concluso
l’avvocatessa — è che l’usciere del tribunale militare di San Paolo non ci
dica più, otto giorni prima del processo, quale pena sarà pronunciata contro
gli imputati.
Roberto Peyrot
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
CROCE ROSSA E COLONNELLI
^ Sembra che in Grecia si vada
verso la sparizione d’ogni controllo.
«Il 9 gennaio il sottosegretario agli
esteri del dittatore, Palamas, dichiarava sprezzantemente che il governo
non attribuiva alcuna importanza alle
discussioni dell’assemblea del Consiglio d’Europa, alle quali rimaneva del
tutto indifferente.
Lo stesso giorno l'ineffabile sottosegretario dichiarava pure che i colloqui
tra governo e Croce Rossa Internazionale, per la definizione di un nuovo
accordo alla scadenza di quello del novembre del 1969, che consentiva a rappresentanti dell’ente la visita ad alcuni prigionieri politici e qualche forma
d’aiuto alle famiglie, non sarebbero
continuati. "La Croce Rossa (ha affermato) può continuare a servirsi dei
propri uffici, ma non può continuare
ad interessarsi dei detenuti politici".
Per l’ingiustificabile decisione, la
giunta ha preso a pretesto la liberazione di 305 confinati, avvenuta con
clamore durante le festività natalizie
e la decisione, per ora soltanto sulla
carta, di scarcerare tra qualche mese
altri 400 ostaggi, ma a condizione "che
regnino l’ordine e la sicurezza".
In un’intervista al londinese Times,
a ventiquattr’ore dalla rottura delle
trattative, il rappresentante della Croce Rossa, dopo aver espresso stupore
per la decisione appresa dalla stampa
( e non direttamente dalla delegazione
dei colonnelli), ha tenuto a sottolineare che i confinati dell’isola-penitenziario di Leros, dei quali il regime strombazza l’imminente liberazione, sono
solo una parte dei detenuti politici
greci.
Esistono (ha fatto intendere il rappresentante) almeno altri 2000 prigionieri detenuti nelle carceri del regime,
in stato d’arresto nei vari posti di polizia e nei centri speciali per gl’interrogatori o confinati nei villaggi dell’interno e nelle isole per decisione dei
tribunali ìnilitari. E la Croce Rossa è
ancor più interessata alla loro sorte,
poiché nella maggior parte dei casi si
tratta di cittadini arrestati all’improvviso, nel disprezzo delle stesse salvaguardie previste dalla costituzione fascista, senza che parenti e legali abbiano la possibilità di stabilire con essi qualche contatto.
La stampa internazionale ha sottolineato che l’interruzione delle trattative, ad opera dei colonnelli, è avvenuta
in seguito al rifiuto dei delegati della
Croce Rossa d’effettuare visite soltanto ai detenuti politici indicati dalla
dittatura: un’inammissibile imposizione respinta per non trasformare la pur
tenue azione di controllo finora svolta,
nella copertura della tortura e d’ogni
iniquo trattamento nei confronti degli
oppositori politici e delle loro famiglie. Per una sicura valutazione dei
fatti bisogna tener presente che (quando nel ’69 sottoscrisse l'accordo con la
Croce Rossa) la giunta militare, accusata dall’opinione pubblica mondiale e
dai Paesi membri del Consiglio d’Europa per l’impiego della tortura su larga scala, intendeva far buon viso, attribuirsi una “buona condotta" per parare l'inevitabile condanna espressa
subito dopo dal massimo organismo
europeo.
Oëëi ia giunta militare, screditata e
isolata nell’ambito internazionale, rimane indifferente alle determinazioni
di Strasburgo e, grazie al sostegno degli USA, non vede la ragione di patteggiamenti e mostra il suo vero volto.
Negli ultinù mesi, segnati dai contrasti fra i militari e dada promozione di
Papadopulos a capti unico e incontestato, il regime s’è mostrato più duro
verso gli oppositori ed è deciso a nasconderne agli occhi degli stranieri le
nefaste conseguenze. (...)
Il regime impiega contro i prigionieri metodi sempre più pesanti per
annientarli, per distruggerli fisicamente. Lo rivelano inconfutabilmente le
denunce del settantenne generale lordanidis, trasferito e ricoveraato nei
giorni scorsi d’urgenza nel settore
ospedaliero del carcere Averoff ad
Atene, del dirigente della gioventù dell’Unione di centro Costantopulos, dell’economista Papamargaris, del prof.
Karaforgas, del deputato dell’EDA Circos e di numerosi altri esponenti democratici.
Essi hanno denunciato le terribili
condizioni di detenzione cui sono costretti: sono rinchiusi in celle anguste,
umide, prive di aerazione ed impossibilitati al più piccolo movimento ».
Il mensile «Grecia» (febbraio ’71)
da cui son tratte queste notizie, accompagna l’articolo, a guisa di commento,
con la seguente citazione di Tucidide, il
celebre storico della Grecia Antica
(sec. V a. C.):
« Voi non sapete che sorta di uomini siano questi ateniesi. Sono audaci
oltre il limite delle loro forze, accettano rischi che la prudenza condanna e,
nella sventura, sono di nuovo aperti
alla speranza ».
DAVID BEN-GURION
Il vecchio statista israeliano è
stato intervistato dallo scrittore John
MeCook Roots. Ne riportiamo le seguenti dichiarazioni, che vorremmo
saper condivise da numerose personalità influenti in Israele.
« La pace, una vera pace è ora, per
noi, la necessità primordiale. Essa merita quasi tutti i sacrifici. Per ottenerla, noi dobbiamo accettare di ritornare alle frontiere ante-1967. Se io fossi
ancora primo ministro, annuncerei che
noi siamo pronti a restituire tutti i
territori occupati durante la guerra,
dei sei giorni, ad eccezione soltanto
della parte orientale di Gerusalemme
(per ragioni storiche) e delle alture di
Golan (per ragioni di sicurezza).
Il Sinai? Charm-el-Cheikh? Gaza? La
riva occidentale? Ebbene: che si abbandoni tutto questo. La pace è più
importante dei valori immobiliari. Noi
non abbiamo bisogno di territori. Con
un’irrigazione ben organizzata, noi abbiamo ora qui nel Neguev (regione ancora prevalentemente desertica) abbastanza terreno, per far vivere tutti gli
ebrei del mondo, ammesso che vogliano venir qui da noi. Ma questi non
vorranno certo venir tutti. No, noi non
abbiamo bisogno di territori!
Del resto, quanto alla nostra sicurezza, è anche certo che delle frontiere
militarmente difendibili (anche se sono desiderabili) non sarebbero per sé
Intervista con un cooperatore ecumenico espulso dalla Rhodesia
Nubi minacciose suli'Africa australe,
e luci di speranza
La fattoria di Cold Comfort, che copre una superfìcie di 80 acri (circa
330 are), ai margini di Salisbury, la capitale rhodesiana, era diventata il
sirnbolo di una società multirazziale: creata con il contributo del Consiglio ecumenico delle Chiese e di alcune altre organizzazioni, occupava
un equipe multirazziale in una zona "riservata” agli Africani. Il governo
di lan Smith ha ora vietato la sua attività, dichiarandola organizzazione
u legale, ne ha confiscato i beni e ha espulso il tesoriere Guy Clutton
rock, di origine britannica. Mentre si ha notizia che il CEC intende esigere a rifusione dei danni dal regime di Salisbury, il « Servizio di attuaita ecumeniche » ha diffuso l'intervista rilasciata da G. Clutton Brock,,
a Ginevra, prima di ripartire per l’Africa orientale dove si dispone a
proseguire la sua lotta a servizio della società multirazziale.
Può spiegarci perché è stato espulso
e perché ^la fattoria di Cold Comfort
è stata dichiarata organizzazione illegale?
Suppongo che il governo ha pensato
che rappresentassi una minaccia per
la sua politica. Non so perché, anziché
servirsi della legge fondiaria (Land
Tenure Act), ha dichiarato la nostra
fattoria organizzazione illegale. Penso
che intendesse semplicemente porre fine a qualsiasi progetto del genere e
che non avesse altro mezzo per farlo.
Così facendo riteneva di impedire ai
membri della fattoria di lanciarsi in
un’altra impresa consimile. Perciò nel
giro di una notte ha privato la fattoria di Cold Comfort di tutti i suoi beni, di tutto ciò che il Consiglio ecumenico e altre organizzazioni vi avevano
investito, di tutti i frutti del duro lavoro dei suoi membri.
Pensa che si potrebbero creare altre
fattorie di questo tipo, in Rhodesia?
Non penso che la cosa sarebbe molto
facile, attualmente, a causa delle severe restrizioni esistenti per ciò che riguarda l’ingresso nelle riserve africane e la mescolanza delle razze. D’altra
parte sono molti i giovani che, senza
dubbio, attendono con impazienza il
giorno in cui la politica governativa
cambierà, dovrà cambiare.
La decisione dei vescovi cattoiici, di
non iscrivere nelle loro scuole bianche se non una percentuale limitata
di studenti africani, rafforzerà il regime di lan Smith?
In un senso, ritengo di sì. Penso che
oggi ogni compromesso rafforza il regime razzista. L’epoca del compromesso è davvero conclusa. Abbiamo fatto
tutti dei compromessi, sperando che la
politica migliorerebbe. Ora però l’attuale regime ha mostrato chiaramente il carattere razzista della sua politica e credo veramente che per tutti i
cristiani e per tutte le Chiese cristiane sia venuto il momento di lottare
fermamente in favore dei diritti dell’uomo, e dell’uomo qual è definito dall’Evangelo.
Il progetto britannico di vendita di
armi alla Repubblica Sudafricana rappresenterà un appoggio morale a lan
Smith?
Indubbiamente, perché per varie ragioni mostra che la Gran Bretagna è
pronta ad aumentare i suoi scambi
commerciali con l’Africa australe; e
penso che il regime ribelle della Rho
desia vi vedrà un segno per sé positivo, indicante che il governo britannicosi mostrerà forse più disposto a trattare con esso, nelle conversazioni in
corso, e a mostrarsi più aperto alle
sue esigenze e alla sua politica.
Le nazioni africane hanno richiestosevere sanzioni contro la RhodesiaTuttavia il Malawi e la Zambia mantengono relazioni commerciali con
questo governo di stile apartheid. Si
tratta, da parte loro, di ipocrisia?
No, non si tratta affatto di ipocrisia.
Nesuno può accusare di qualunque ipocrisia un uomo della levatura di Kenneth Kaunda. Ma bisogna pur rendersi conto che tutta questa regione è stata sottoposta alla dominazione coloniale britannica e che le economie e i
servizi di questi vari paesi sono stati
strettamente legati fra loro e in una
certa misura lo rimangono. Sì che
questi paesi non possono rompere totalmente le relazioni. Le popolazioni
che vi vivono devono continuare a sussistere, malgrado gli errori passati dei
governi britannici. Perciò penso che
questi paesi non fanno davvero altro
se non ciò che è necessario e che non
mantengono con la Rhodesia se non
un minimo di relazioni, nulla più di
ciò che è indispensabile.
Che si può dire dell’avvenire politico dell’Africa australe?
Parecchi segni lasciano scorgere che
una grave minaccia pesa sull’Africa
australe. Alcuni, come Cappel Jones
nella sua opera When Smuts goes
(Quando Smuts se ne va) hanno predetto che la terza guerra mondiale
scoppierebbe nell’Africa australe. Penso che effettivamente lo si possa temere, a causa dell’intensità crescente della guerriglia e dei disordini sociali che
lacerano la popolazione. Vi sono tuttavia, secondo me, segni di speranza. Alcuni pensano che gli Afrikaners, nell’Africa del Sud, i quali sanno benissimo di dover vivere con gli Africanisaranno i primi a trovare il modus vivendi che dovranno adottare per vivere con loro, in forma di associazione,
E importante serbare una certa elasticità e fare tutto il possibile per promuovere condizioni favorevoli a un
cambiamento; perciò penso che il governo britannico, in particolare, poiché su di esso ricade in questa questione la responsabilità maggiore, deve
restare forte e rafforzare la propria politica contro il regime rhodesiano ribelle.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimMjiiii;iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Secondo i lulerani ungheresi
Fin troppo cauto, il programma
del CEC contro il razzismo
Budapest (soepi) — In una dichiarazione pubblica che ha pronunciato
nella capitale ungherese, il vescovo
Zoltan Kaldy della Chiesa evangelica
(luterana) ungherese ha detto che il
Comitato centrale del CEC avrebbe
potuto andare più lontano nella approvazione del suo programma di lotta
contro il razzismo.
Invece di affermare che nessun giudizio può essere dato sulle vittime del
razzismo che sono portate a considerare la violenza come l’unico mezzo che
resta loro per controbattere le ingiustizie, « avrebbe dovuto dire che è permesso ai cristiani impegnarsi attivamente nell'azione, anche in quelle violente, purché queste mirino ad accordare gli elementari diritti umani che
spettano agli oppressi », ha detto l’arcivescovo Kaldy.
Egli, però, ha anche annunciato che
la sua Chiesa aveva raccolto 300 dollari americani per il Programma di
iiiiiiiMiiiiiiiMiiiMiiiimiiimiiiiimimiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiii
sufficienti a garantire il nostro avvenire.
La vera sicurezza risiede nella vera
pace coi nostri vicini arabi: nella confidenza reciproca e nell’amicizia. Là
soltanto essa risiede! ».
(Pubblicato nel settimanale « Saturday Rcview », poi riportato ne « Le
Monde» del 26.3.’71).
lotta contro il razzismo, manifestando*
così, anche se modestamente, il suo appoggio alla lotta anti-razzista.
..........................................
Chaiiie Brown
perdi! sempre
San Francisco (Relazioni Religiose) - Ur»
gruppo <li 750 educatori cristiani riuniti a
San Francisco hanno posto la seguente domanda : « Charlìe Brown potrà mai vincere
una partita di baseball, o incontrare la bambi*
na dai capelli rossi? ». Charles M. Schuiz, Finvenlore di Charlie Crown ha risposto di no:
« Charlie Brown non incontrerà mai la bambina dai capelli rossi né vincerà una partita..
Ciò succede a molte persone. Non vincono'
mai ». Questo incontro con il creatore di
Charlie Brown è stato uno dei vari momenti
che hanno caratterizzato la riunione di educatori cristiani promossa dalla Christian Educators Fellowhip. Alla iniziativa protestante hanno partecipato cattolici, ebrei, oltre ai rappresentanti di nove denominazioni protestanti,.
Scopo deirincontro era sperimentare una esperienza di istruzione viva.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (Torino}