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ECO
DELLE WU YALDESI
BIBLIOTECA VALDESE
IuOdü TOaRE PEIL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 111 - Num. 7
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TORRE PELLICE 15 Febbraio 1974
Anun. : Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pellicc - c.c.p. 2/33094
17 FEBBRAIO 1974: LO SPIRITO E L’ISTITUZIONE
Fossero pur tutti profeti!
« Mosè gli rispose: Sei tu geloso di me? Oh! Fossero pur tutti
profeti nel popolo dell'Eterno,
e volesse l’Eterno mettere su
loro lo Spirito suo! ».
Numeri 11: 29
Questa esclamazione di Mosé è
singolare, non tanto per il tono
quanto per il contenuto; il libro
dell'Esodo ci ha infatti abituati ad
un Mosè ricco di contraddizioni,
pieno di vita, con reazioni inattese, nulla di strano che le posizioni
del suo giovane amico Giosuè suscitino in lui un moto di stizza come le infedeltà e la pigrizia del
popolo hanno suscitato la sua indignazione.
Qui però non c'è incomprensione, incredulità ma paura; non è
con la ribellione o la protesta che
Mosè si scontra ma con la prudenza timorosa. Il fatto che gli anziani di Israele abbiano ricevuto lo
Spirito di Dio e predichino, ■ facciano cioè quello che sino allora
faceva il solo Mosè, deve essere
già stato motivo di stupore per il
popolo di Israele.
Ma ancor più stupito, preoccupato e scandalizzato è stato il fedele Giosuè quando ha sentito che
vi erano anziani che profetizzavano nell'accampamento, fuori della
tenda sacra, fuori del « tempio »,
in mezzo alle donne che fanno cucina ed ai ragazzi che giocano, fra
le pecore e gli asinelli. « Lo Spirito
in chiesa e le donne in cucina »
avrà detto Giosuè: come si fa a
mischiare le cose in questo modo?
Profetizzino pure gli anziani, cioè
predichino facciano cose religiose,
anche se è già una eccezione che
siano dei laici a fare questo, ma
stiano nel recinto del tempio.
Le cose di Dio e quelle della vita devono stare ognuna al proprio
posto, ognuno ha il suo compito,
c'è un tempo ed un luogo per ogni
cosa.
Giosuè non ha torto, e molti sono quelli che gli danno ragione
tutt'ora ma il suo è un ragionamento cieco, la sua fede è una fede
sorda.
L'episodio, e perciò anche la risposta di Mosè, si possono leggere
in due modi egualmente significativi e costruttivi ma opposti: può
essere il punto di riferimento per
una situazione in cui ci si trova,
una conferma di qualcosa che si
sta vivendo, può essere al contrario l'espressione di una speranza,
una visione, una utopia.
La prima comunità valdese,
quella che si è costituita otto secoli fa attorno a Valdo ed alla sua
scelta di fede, ha letto il passo nel
primo modo; oggi, nel contesto
delle nostre cosidette « celebrazioni » non possiamo che leggerlo nel
secondo.
Cosa hanno infatti sperimentato
i primi valdesi nella loro attività
a Lione? Che la Chiesa continua,
nei secoli, a seguire il ragionamento di Giosuè: lo Spirito di Dio deve stare dentro l'istituzione ed essere gestito da quelli che ne hanno l’incarico; laici, uomini del popolo e donnette non hanno nulla
a che fare con la missione cristiana; per quello ci sono i vescovi, i
canonici, i frati. I fedeli si limitino ad essere buoni cristiani, a seguire, obbedire e vivere quello che
è stato loro insegnato.
Essi invece stavano facendo una
esperienza completamente diversa, nuova, inattesa: lo Spirito del
Signore era presente nella loro
opera, nelle loro parole in modo
altrettanto vivo quanto nelle forme tradizionali della predicazione.
Non erano inquadrati nello schema del magistero ecclesiastico, irregimentati in un ordine, non avevano ricevuto investiture, vocazioni, consacrazioni, ma si sentivano
egualmente inseriti pienamente
neH’opera di Cristo.
Quando pensiamo a quella comunità ce la raffiguriamo forse
troppo con un’ottica moderna, come un gruppo critico, polemico,
preoccupato di mettere in chiaro
la propria posizione rispetto alla
tradizione della Chiesa. Questo è
indubbiamente vero e lo fu in
modo sempre più radicale via via
che l’atteggiamento della Chiesa
diventava critico, ma non è l’elemento caratteristico; quello che
colpisce nei valdesi lionesi non è
iiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
L’8'’ centenario valdese
nella cattedrale di Ginevra
Il pastore Giorgio Tourrt predicherà, la do>
menica 17 febbraio, nella cattedrale St. Pierre
a Ginevra. In quel giorno, infatti, la chiesa vai-*
dese ginevrina celebrerà un culto commemora*
tivo deirs^ centenario del movimento valdese,
invitando a raccogliersi con essa i fratelli ginevrini che riconosceranno la portata che ha per
tutte le Chièse riformate questa ricorrenza, lo
annuncia il «Servizio stampa riformato» (febbraio '74), che riporta pure un articolo del pastore G. Tourn, illustrativo del senso di questa
"celebrazione": impegno rinnovato, seria riflessione, fresca presa di coscienza del mandato
evangelico e del problema costituito dall'evangeiizzazione.
la loro denuncia ma la loro libertà, non tanto quello che dicono ma
come lo dicono: invitàno i concittadini al pentimento, alla penitenza, alle opere buone (ad una vita
cristiana coerente ed impegnata
diremmo noi oggi) ma con slancio,
ottimismo, speranza. La loro è una
libertà creativa, inventiva, leggono il vangelo con occhi nuovi, come gente che scopre un mondo
nuovo , ed è libertà gioiosa, non
per nulla amano citare la parola
di Gesù che paragona i suoi discepoli agli uccelli del cielo, liberi e
fiduciosi nella provvidenza divina.
Profeti, cioè responsabili dell'evangelo, certo erano i vescovi ed
i frati, la cosa andava da sé, il miracolo però era un altro: che profeti potessero essere anche loro.
L’esclamazione di Mosè: « fossero tutti profeti! » suonava perciò come una risposta del Signore
stesso. I vescovi potevano essere
gelosi, prudenti, sordi come Giosuè, r atteggiamento autenticamente cristiano era un altro: un
aprirsi allo Spiritò del Signore ed
alla sua opera.
La nostra esperienza di credenti oggi è esattamente il contrario,
l'opposto: « fossero pur tutti profeti », non lo possiamo dire per
giustificare quello che vediamo
ma per esprimerfsf^upllo che speriamo; non è la realtà ma l’utopia, non ciucilo che è ma quello
che vogliamo sia, non la testimonianza ma l’invocazione.
Anche in questo caso però occorre essere avveduti e guardare
la nostra speranza, la speranza
della testimonianza valdese domani con occhi sereni ma obiettivi,
come si guarda la testimonianza
valdese di ieri.
Che significa « profeti »? Può significare una cosa sola, alla luce
deH’evangelo: testimoni di Gesù
Cristo. La profezia c’è dove Gesù
è vivente, presente, creatore di situazioni e di parole nuove. Esserlo
« tutti » significa che nessuno ha
il monopolio dello Spirito, il controllo dell’evangelo, neppure la
chiesa cristiana, fosse pure la più
fedele e coerente.
Ma quello che dobbiamo imparare è forse un'altra cosa: essere
liberi dalla ansietà della fede; la
nostra generazione è ansiosa, lo è
per il vivere cotidiano, il lavoro,
l’avvenire, il benessere, lo è quando è necessario (ed in molti casi
10 si deve essere) e quando non è
11 caso; il volto della nostra generazione manca di serenità. Anche
la nostra fede è ansiosa, siamo an
siosi nel credere come nel lavorare, nell'amare, nel soffrire. Paura
di non farcela, di non essere abbastanza fedeli, di non raggiungere i traguardi e gli obiettivi necessari. La vocazione ci mette addosso insicurezza, non allegrezza.
La nostra preghiera, la nostra
invocazione se vogliono essere autentiche devono essere invece liberate dall’ansietà, dalla paura.
« Fossero pur tutti profeti » non
ha da essere (guai se lo è) l’invocazione di una comunità che spera
di realizzarsi, di farcela, di essere
più avanti di un’altra, ma di una
comunità fiduciosa. È una preghiera che va pregata per Cristo e non
per sè, per l’evangelo e non per la
propria realizzazione.
Il dibattito che si sta aprendo
sul centenario è bello, fecondo,
costruttivo se lo sappiamo vivere
nel clima di questa preghiera fiduciosa e serena.
Giorgio Tourn
A PROPOSITO DI CENTENARIO
Perchè ricordiamo
All’inizio di questo 1974, anno del
Centenario Valdese, già si possono intravvedere alcune delle linee p posizioni con cui esso viene inteso in vari
ambienti della chiesa o le reazioni diverse con cui esso è recepito anche
fuori del nostro piccolo mondo.
Esiste anzitutto, e lo diciamo con
dispiacere, tutto un settore delTopinione pubblica valdese che è rimasto indifferente ed insensibile: direi che questi non sono neppure i «valdesi del
XV agosto o del XVII febbraio», come taluno ha definito i tradizionalisti, fedeli a certe manifestazioni esteriori delle comuriità valdesi, a volte
poi assenti dalla vita religiosa delle comunità stesse. Si tratta di tutti quelli
per cui è diffìcile « commemorare » se
CHE FARE PER IL CENTENARIO?
Un gesto necessario
L’articolo del pastore Giorgio GirarDET sul centenario valdese, comparso
su « Nuovi Tempi » del 13 gennaio
scorso e commentato nell’ultimo numero di questo giornale in termini
piuttosto critici, meritava, a mio avviso, un’accoglienza migliore. L’esigenza
che il pastore Girardet esprime è più
che giusta e c’è da rammaricarsi non
del fatto che essa sia finalmente emersa nella coscienza di qualcuno ma del
fatto che finora non sembra essere stata avvertita dalla coscienza dei più.
Quanto alle proposte operative suggerite dal pastore Girardet, esse sono
certo opinabili, devono essere vagliate,
discusse, eventualmente rettificate o
anche accantonate ma se non altro
hanno il pregio della concretezza e meritano comunque qualche ulteriore considerazione.
QuaTè l’esigenza espressa dal pastore Girardet? È che il centenario valdese non si riduca a essere (anche
perché, come al solito, pochi oi lavorano) una celebrazione a carattere storico (benché questo non possa mancare) e un’operazione di turismo ecc’íesiastico nel senso migliore del termine
(anche questo non può mancare). La
ospitalità ai fratelli che verranno dall’estero e Tallestimento di alcune manifestazioni storico-culturali a Torre
Pellico sono aspetti e momenti importanti del centenario. Così e più ancora i vari programmi che le singole
chiese stanno predisponendo localmente. Ma è un fatto che ci vorrebbe
una iniziativa comune che coinvolga
l’insieme delle nostre chiese e costitui,sca per tutti un segno della nostra comune vocazione evangelica. Data la
nostra esiguità numerica e le nostre
limitate possibilità si tratterebbe certamente di un’iniziativa modesta, poco
più che un gesto: eppure sarebbe
ugualmente significativa.
Tutti sanno che il Sinodo di Chanforan (1532) decise di finanziare la stampa della prima Bibbia in francese tradotta da un protestante; quella di Oli
vetano. Questo per ovviare a una loro
necessità effettiva e, specialmente, per
accompagnare con un gesto significativo la loro decisione di aderire alla
Riforma. I 1.500 scudi d'oro (una grossa cifra) che i valdesi raccolsero per
stampare la Bibbia di Qlivetano significano molto di più di quanto possa
indicare un calcolo solo monetario.
Nella sua prefazione Qlivetano si rivolge alla Chiesa Evangelica in generale e scrive: « Il popolo che ti fa questo dono è stato al bando per più di
trecento anni e diviso da te. E stato
reputato il più malvagio che fosse mai.
Le genti si servono ancora del suo nome per vituperio. Non di meno esso
è il vero popolo paziente che con fede
e carità vinse in silenzio ogni assalto.
Non lo riconosci? E il tuo fratello il
quale, come Giuseppe, non si può più
trattenere dal darsi a conoscere a te ».
Finanziando la stampa della Bibbia di
Qlivetano, i valdesi si sono « dati a
conoscere » nel mondo evangelico del
XVI secolo. Non potremmo noi oggi
far qualcosa di analogo, in una situazione completamente diversa e in una
occasione assai meno cruciale? Va da
sé che il nostro centenario non è neppure lontanamente paragonabile a
quello che è stato il Sinodo di Chanforan: uno dei momenti decisivi dell’intera storia valdese, anzi senz’altro il
più importante dopo la conversione di
Valdo. Eppure l’esempio dei valdesi
del 16° secolo è un’indicazione: pur
nella massima sobrietà dato che non
stiamo vivendo un’ora eroica della nostra storia, sarebbe bello e incoraggiante se la chiesa valdese nel suo insieme facesse, in occasione del centenario, un gesto parallelo a quello compiuto a Chanforan nel 1532, e così si
« desse a conoscere » alle chiese evangeliche di oggi come i valdesi di Chanforan si sono dati a conoscere al mondo evangelico di allora, finanziando la
stampa della Bibbia di Qlivetano. Si
tratterebbe, come ha proposto il pastore Girardet, di raccogliere l’impe
gno e lo sforzo corale di tutte le comunità valdesi intorno a un’iniziativa
comune, a un « gesto qualificante ».
Questo gesto qualificante non può
essere ovviamente la ristrutturazione
del Museo valdese di Torre Felice. Per
quanto importante e necessaria sia
quest’opera, essa non può e non deve
essere additata come l’obiettivo su cui
concentrare i nostri sforzi in occasione del centenario. I nostri sforzi li
dobbiamo concentrare altrove, su un
obiettivo, per così dire, meno casalingo e meno archeologico. Quale potrebbe essere? Potremmo, ad esempio, finanziare in parte o del tutto uno dei
tanti progetti gestiti dal Consiglio Ecumenico delle chiese o da altri organismi internazionali (ad esempio la
CEVAA) a favore di chiese o paesi particolarmente in difficoltà e necessità.
Come il popolo valdese si è fatto conoscere come « fratello » con l’azione
decisa a Chanforan, così oggi si tratterebbe di compiere un gesto di fraternità e solidarietà evangelica in un orip
zonte ecumenico. Potrà trattarsi di sostenere un ospedale o un programma
di alfabetizzazione o un’azione di diffusione della Bibbia o di stampa di
letteratura evangelica o un’emittente
evangelica o un’opera di assistenza a
rifugiati politici o un intervento economico o altro ancora: quel che conta è che si tratti di un’iniziativa non
a favore nostro ma di altri e che indichi una linea di movimento per l’insieme della chiesa.
Si tratterà sempre di poca cosa. Nulla di più che un piccolo segno. Ma questo segno, che è poco, può significare
molto.
Vorrei quindi rilanciare l’idea del
pastore Girardet. Le singole proposte
potranno essere ridiscusse: avevano
del resto un valore soltanto indicativo.
Ma l’idea di fondo mi pare buona, e
perciò da raccogliere e tradurre iVi
realtà.
Paolo Ricca
non c’è occasione pratica di incontro,
di celebrazioni ecc., di quelli per cui
il meditare su valori religiosi o umani è ormai cosa ardua ed insolita. Un
discorso di natura essenzialmente spirituale non li interessa; sordi agli appelli, sono i secolarizzati ormaci fuori
della vita della chiesa, magari anagraficamente presenti, ma spiritualmente
e religiosamente assenti.
A questi fratelli, noi diciamo tuttavia che ci farà piacere averli con noi,
che desideriamo si associno alla gioia
comune, non lascino vuoto il loro posto...
Ci sono poi i critici, per natura o
per scelta; sono quelli dai sorrisi divertiti o di commiserazione, che ci accusano di essere dei maniaci della storia, degli anacronistici amanti del passato; essi affermano che la storia non
ha mai insegnato nulla a nessuno, e
che è pertanto inutile ritornarci, quasi che il non aver nulla alle spalle ci
renda più grandi. Invischiati nei problemi del tempo presente, inesperti
gestori dell’eterno fallimento delle cose umane, dottrinari ed anche poveri
di umanità, essi sono piuttosto scettici ad appelli come quelli del sinodo 1972.
Forse essi non sono poi molto numerosi nella loro funzione demolitrice di « hastian countrari » ; ma accanto ad essi ci sono i critici più consapevoli, la cui posizione è maturata da
una meditazione sofferta o da una ricerca insoddisfatta: dicono che le scelte fatte in occasione del centenario, la
via intrapresa dalla Tavola o dai vari
comitati che se ne devono occupare,
non è convincente, che manca qualche
cosa, che non si è trovata un’idea oilota o un’indicazione illuminante.
Una critica, direi, non demolitrice,
ma nemmeno costruttiva, che non propone alternative, e che lascia a bocca
asciutta.
C’è anche un settore dell’opinione
pubblica valdese che più o meno consapevolmente tende a strumentalizzare l’occasione del centenario: essa ha
ceduto all’eterna tentazione di ritrovare nel passato motivi ed elementi delle odierne visioni sociologiche. Solo
che essi dimenticano che la nostra fugace attualità non ha riscontro nel
passato, e che a volerlo trovare si
compiono grossolani errori di prospettiva o di trasposizione storica, e forse
non pensano che nessun modello di
cinquecento od ottocento anni fa è
Augusto Armand Hugon
(continua a pag. 2)
Le donne
nella sterla valdese
Nelle pagine interne, questa settimana e la
settimana ventura, compare a cura dolía Federazione Femminile Valdese un'ampia presentazione dell'apporto delle donne al movimento e
alla chiesa valdese, nel corso degli otto secoli
della sua storia. Siamo molto grati a coloro che
ci hanno offerto questo serio contributo : non
soltanto la vicenda secolare è vista con l'occhio
delle donne, ma arricchisce con vivacità la riflessione di questi mesi sulla portata del nostro passato.
2
pag. 2
N. 7 — 15 febbraio 1974
EERCHE RICORDIAMO
Ir; '.iìri.'
■ . J1 ; ■ D j t
( segue da pag. 1 )
adatto a capire o a risolvere i problemi sociali di oggi; sarebbe troppo bello... E sarebbe davvero anche troppo
poco vedere nel centenario valdese
un’occasione in più per motivare degli slogans correnti, dimenticando che
il Valdismo primitivo era sì| presente
nella socialità del suo tempo, ma indicava soprattutto delle soluzioni e
delle vie che sono al di là e al di sopra delle problematiche umane riguardanti il denaro e il potere.
Non vorremmo che Valdo e i suoi
fossero rimpiccioliti o rimpannucciati
malamente, attraverso un’ipoteca di
tal fatta, risultando traditi o distorti
nella loro realtà storica.
Non vogliamo poi dimenticare che
a questo nostro ricordare il Valdismo
primitivo si sono voluti associare i
fratelli delle chiese protestanti di molti paesi: essi saranno presenti tra noi
questa estate, visiteranno le Valli e le
comunità in Italia, conosceranno la
nostra storia. Essi si aspettano forse
dal nostro centenario qualche cosa di
più o di diverso: ma forse non saremo in grado di dare loro il messaggio
che si attendono o quelle manifestazioni esteriori che abbiamo lasciato da
parte, né ci sentiamo di rivendicare davanti a loro nessuna primogenitura.
Pensiamo d’altra parte che essi ci conoscono da lungo tempo, e forse chiedono soltanto di esserci vicini in questa occasione di gioia e di riflessione
sui comuni e perenni compiti della testimonianza cristiana.
E c’è ancora ima nota nuova da rilevare: la partecipazione e l’interesse
da parte dei cattolici, specie del Pinerolese, a livello popolare e di responsabilità ecclesiastica. Ce ne rallegriamo molto, perché ci rendiamo conto
che tale desiderio deriva da uno spirito buono e fraterno. Qualcuno parla
a questo proposito di ecumenismo: a
mio parere, recumenismo è ancora .
im’altra cosa, e non vorremmo appimto che nascessero delle confusioni
spiacevoli. La ricerca e la meditazione comune sulla storia del passato è
necessaria ed utile per valdesi e cattolici, che devono conoscersi meglio : ma
quésto non significa dimenticare le divisioni che ci sono state al tempo di
Valdo e dopo. E ci possiamo quindi
ritrovare senza il presupposto di voler cancellare le differenze, ma al di là
di esse: non chiediamo delle rinunce
né ci sentiamo di fame, perché tale
strada non sarà quella di una maggiore ricchezza spirituale né una conquista. Tutt’al più chiediamo che siano chiare a tutti le due rivoluzionarie
posizioni di Valdo: la riscoperta della Parola di Dio (e l’odierna diffusione della Bibbia tra i cattolici è già un
fatto imjjortante ed acquisito), e il valore, finora misconosciuto, del sacerdozio universale. Questo per evitare
delle retoriche inutili.
Ma c’è ancora un’altra posizione davanti all’occasione del centenario :
quella indicata dal sinodo 1972. Essa
Tommaso Riccardo
Castiglione
Il 2 dicembre si è spento a Ginevra,
e l'Agenzia telegrafica svizzera ne dava il triste annuncio, il professore onorario di quella università, Tommaso
Riccardo Castiglione. Per più di 30 anni ha insegnato letteratura italiana in
quell’Ateneo. Anche la Chiesa Valdese
ha avuto il privilegio del suo servizio
entusiasta prima che il fascismo gli
imponesse l'esilio. Nato a Grotte da
famiglia fervidamente evangelica (il
fratello è tuttora pastore valdese ed il
padre era stato insegnante delle scuole evangeliche locali), Castiglione terminò i suoi studi teologici alla Facoltà Valdese di Firenze proseguendo contemporaneamente altri studi universitari alla facoltà di lettere. Fecondo fu
il suo ministero nella chiesa valdese
di Bari dove si legò a Vittorio Laurora, anche lui da poco richiamato più
in alto, con amicizia che durò fino alla
loro morte. Egli cercava nuove vie, in
una evangelizzazione legata a solida
cultura.
A Ginevra ebbe attività pastorali nella chiesa locale di lingua italiana e nell'ambiente universitario per darsi poi
completamente all’insegnamento e alla ricerca storica. Molto gli dobbiamo
per i suoi studi e ricerche sull'emigraziorte di riformati italiani nella città
di Calvino. Frutto delle sue fatiche sono le numerose pubblicazioni: fra altre il riformato G. C. Pascali da Messina, l'eretico calabrese Gentili, l’umanista Pacioli, l’illuminista De Felice, oltre ai più famoso Pellegrino Rossi. La
morte lo ha colto mentre dava gli aitivi tocchi alle memorie inedite di
Giovanni Gambini in una pubblicazione della Regione Siciliana.
Ma l’amico e condiscepolo Tommaso va ricordato ancor più per il suo
amore verso i diseredati,, fossero rifugiati in tempo di guerra, od i negletti
della sua mai dimenticata Sicilia. Per
questo si era legato con stretta amicizia a Danilo Dolci. Presiedeva a Ginevra il locale comitato di ausilio. Rimane in chi lo ha conosciuto ed amato il ricordo e la riconoscenza per un
amico, compagno, fratello untile, buono, cordiale; animato da fede profonda e perciò non parolaia, ma fattiva
nella sua limpidezza.
Guido Rivoir
è quella di coloro che hanno scelto la
via più modesta e semplice, ma non
per questo la più facile: la via della
riflesìsione sul modo che dei credenti
nei secoli passati hanno seguito per
testimoniare nella loro fedeltà e nelle
loro debolezze del loro cristianesimo;
quella della ricerca di una spiritualità
più convinta è più sentita, perché indicata da esempi di vita, che sono forse lontani dalle nostre dimensioni spirituali di oggi, ma che ci devono interessare, perché l’essere umano è sempre tale davanti agli eterni problemi
della vita e della morte, dell’amore e
dell’Odio, della carne e dello spirito,
del denaro e della miseria...
Per questi valdesi evidentemente
non ha molta importanza che non ci
sia un’iniziativa per intitolare una
piazza o una via a Valdo, o che non si
abbia una medaglia commemorativa,
o che si facciano gesti plateali che lasciano poi il tempo che trovano e che
rischiano di esaurire in sé lo spirito
del centenario. Essi pensano alla grossa responsabilità di questo biglietto
da visita valdese, di questa lunga sto
ria che sta alle nostre spalle, e sono
convinto che la Riforma è permanente (come si afferma) nel senso che il
permanente comprende passato, presente ed avvenire, e che la sua forza
originale sta soltanto nella grazia di
Dio, Signore della storia.
Ed essi non disdfegnano nemmeno
che si modernizzi e si arricchisca il
Museo storico valdese di Torre Penice, ben convinti che esso non rappresenta affatto il perno del centenario
valdese, ma che esso potrà, coll’aiuto
di tutti, essere un modesto strumento
perché la riflessione degli uomini sul
cammino incerto e difficile della libertà religiosa e sulla testimonianza di
un nucleo di credenti nel mondo, possa essere legata a qualcosa di visibile
e di concreto.
Senza contare che esso sarà una voce che recherà uu messaggio fuori delle nostre chiese e delle nostre assemblee, e per di più, un messaggio religioso: credo che in questo senso sarà
l’unico nel nostro paese. E quindi non
opera di vanagloria, ma di testimonianza... Augusto Armand Hugon
Nuove sottoscrizioni
ai fondo di soiidarietà
Continua la raccolta delle sottoscrizioni, i cui importi sono destinati alle
varie iniziative scelte dal nostro
F^ndo.
Attualmente — oltre alla sottoscrizione permanente a favore del Programma di lotta al razzismo (PLR)
del Consiglio ecumenico delle Chiese
— le destinazioni sono diverse e le ricordiamo qui ai lettori, invitandoli nel
contempo a specificarle nell’inviare le
loro offerte.
I) Il PLR del Cec: abbiamo ap
pena inviato mezzo milione e al momento questa iniziativa, di carattere
permanente, dispone solo di poche migliaia di lire. ‘ '
II) Per i rifugiati politici in CUe:
la somma ha rapidamente raggiunto
750 mila lire. . Speriamo di poter raggiungere il milione in breve tempo, dopo di che lo invieremo alla Tavola per
un pronto reinoltro al CEC. Come forse i lettori ricorderanno, questa attività del CEC a favore dei perseguitati
in Cile cura anche l’assistenza e l’inserimento dei rifugiati nei paesi ospiti. Inoltre, nello stesso Cile, viene anche appoggiata l’attività del comitato
di difesa dei diritti dell’uomo per quei
cittadini che sono stati incarcerati o
sono rimasti disoccupati dopo il golpe,
ed anche per le famiglie di coloro che
sono stati assassinati dai militari al
potere.
Ili) Contro la siccità del Sahel
(Africa): anche questa è una iniziativa del CEC verso quelle regioni che
ormai da anni sono preda di questo
spaventoso fenomeno, che purtroppo
si sta ulteriormente estendendo. Gli
aiuti del CEC, oltre ad essere di soccorso immediato alle vittime, sono anche volti a rimuovere le cause per cui
questa siccità ha raggiunto proporzioni altamente drammatiche (fondi per
l’agricoltura, sviluppo dei trasporti,
ricerche idriche, ecc.). La somma sin
qui raggiunta è di L. 250.000; speriamo di poter giungere quanto prima al
mezzo milione.
IV) Infine, per i prigionieri politici del Sudvietnam: attualmente in
cassa ci sono L. 80.000 destinate dai
lettori a questo scopo. Si tratta di sostenere l’opera del comitato internazionale per salvare i suddetti prigionieri. Com’è noto, essi sono oltre 200
mila, e vengono trattati assai peggio
degli animali. Non ci dilunghiamo su
quest’argomento dato che il nostro
Personalia
Presso la Facoltà di lettere dell’Università di Palermo si è laureata Curmela Averello-Peri membro della comunità valdese di Palermo, discutendo una
tesi su: « Il De officiis di Cicerone e il
De officiis di S. Ambrogio ».
I nostri più cari rallegramenti, augurando una buona attività professionale.
Il maestro David Machado, membro
della comunità valdese di Palermo, il
quale durante l’estate scorsa fece una
tournée in Brasile, suo Paese d’origine,
dirigendo varie orchestre, ha ricevuto
dalla « Associazione dei critici musicali
del Brasile » il premio: Medaglia d’oro,
come migliore direttore d’orchestra per
il 1973.
Ci rallegriamo col M° Machado per
questo riconoscimento ottenuto e gli
auguriamo sempre maggior successo.
giornale è già stato molto ricco di notizie al riguardo, ed inoltre il pastore
Tullio Vinay sta sensibilizzando colle
sue conferenze le Varie comimità. Anche per quest’iniziativa speriamo di
raggiungere al più presto possibile il
mezzo milione di lire, che invieremo
al pastore Vinay affinché lo reinoltri a
chi di dovere.
Attendiamo le vostre offerte, ricordandovi che vanno inviate al conto
corr. postale n. 2/39878 intestato a Roberto Peyrot, corso MoncaUeri 70, Torino e intanto diamo qui sotto un nuovo elenco di sottoscrizioni :
Scuola domenicale di Campobasso L. 15
mila; M. Villani 4.000; GMF 200.000; Colletta Chiesa via Nomaglio, Torino 23.400; G.
e I. Bertalot 5.000; La comunità di Cerignola
25.000; L’unione femminile dì Angrogna 12
mha; M. T. Fiorio 20.000; F. Valerio 20.000;
I. Gander in mem. dei genitori 50.000; Chiesa valdese di Pinerolo 130.000; L. e G. Conte
10.000; Famiglia Di Pasquale-Cassetti 5.000.
Totale L. 519.400; prec. L. 514.395; in cassa L. 1.033.795.
IL CENTENARIO, E DOPO?
Una controcultura
Di fronte alla domanda sui frutti che ci si aspetta dall’ottavo centenario, sul che ne sarà dopo, forse non è il caso di aspettarsi svolte clamorose o gesti esemplari. Sarà già un risultato non disprezzabile se la
ricorrenza ci avrà fatto cogliere alcune occasioni.
B più appropriato viverla come ricorrenza che come celebrazione,
perché si sa che dopo le celebrazioni tutto rimane come prima; non a
caso la cristianità ha celebrato quasi duemila natali, sempre con propositi costruttivi che poi non hanno inciso granché.
Mi limito a sottolineare molto in breve e sènza pensare di essere
esauriente, una delle occasioni che abbiamo davanti: quella di non ignorare i testi relativi alle origini del movimento e le riflessioni che alcune
comunità odierne hanno fatto prendendo in considerazione quei testi.
Non tanto per arricchire un bagaglio di cultura, ma per capire per quali
motivi e in'che modo quei credenti di allora hanno rifiutato certe cose e
ne hanno conquistate certe altre.
Se dedichiamo qualche ora alla lettura degli inserti mensili comparsi
su Eco-Luce da novembre a febbraio, questo potrebbe rappresentare un
momento di informazione necessaria nel tentativo di ritrovare quella
identità per molti versi in crisi o perduta.
Non per tutti infatti si è presentata la possibilità reale, non teorica,
di avvicinare la storia del movimento valdese in modo diverso da come
ci si è fatti l’idea che sia, un'idea approssimativa formatasi per. sentito
dire, e questo anche fra noi.
Si tratta, insomma, di “una storia da rileggere”. Un po’ come con la
storia italiana: la scuola, quella tradizionale (seria), ne dà una certa idea,
dicendo per esempio che la classe dirigente piemontese (anzi, dice il Piemonte) ha fatto l'Italia, ma poi capita di scoprire che ha soprattutto stabilito un rapporto di tipo coloniale con il resto dell’Italia. E questa rilettura capita purtroppo ài farla solo più tardi, e con materiale diverso da
quello che ha annoiato tante generazioni di studenti.
Uno degli esempi possibili, che mi limito ad accennare affrettatamente, è il ripensare a qualcuna delle conquiste fondamentali del movimento
primitivo, come la predicazione di tutti tradotta in protesta, al di là della
distinzione conservatrice fra ignoranti e colti (ved. l'inserto n. 2, dicembre ’73): la conoscenza della controcultura che nacque allora ci può aiutare a maturare oggi delle valutazioni e delle posizioni che contrastano
quelle correnti con cui i mezzi di massa cullano gli utenti, così come
raffermarsi, allora, di una serie di cose — fra cui la libera predicazione —,
contrastò il monopolio che il clero esercitava sulla Bibbia e che la società esercitava sulle masse.
Oriana Bert
A TORINO, IL 9 FEBBRAIO
InEontni sul ConciH’iato
di gnini e comunità ecclesiali
A distanza di quarantacinque anni dalla firma del Concordato, si possono avere le idee
chiare per quanto riguarda il significato di
questo gesto per anni tacitamente subito o
approvato.
A PROPOSITO DI UN ARTICOLO DI M. S. AGURSKI
Prima che sia troppo tardi
Alla redazione dì que.sto numero
hanno collaborato Marie-France
Coisson, Lalla Conte, Ermanno
Geme, Roberto Peyrot, Giorgio
Tourn, Elsa e Speranza Tron.
Si tratta di un articolo pubblicato su
« L’Espresso » del 6.1.’74 e che un lettore de « La Luce », che si firma G.P., ha
riportato in parte e con un commento
personale, sotto il titolo « Le frasi fatte » (v. il n. 4 del 25.1), L’Agurski è un
intellettuale sovietico oppositore del
regime, che s’inserisce nella grande disputa nella quale s’incrociano le . più
svariate opinioni.
Ho riletto Tinjero articolo delTAgurski {che già conoscevo) e mi sono convinto che Roberto Peyrot, nella sua risposta al lettore G.P. ( « Frasi fatte a
doppio binario », n. 5 de « La Luce »,
1.2. ’74), risposta che condivido pienamente, ha messo ben in luce il punto
debole deH’articolo stesso.
Ma il lettore è ritornato sull’argomento, per ulteriori chiarimenti (« / binari della Storia », n. 6 de « La Luce »,
8.2. ’74). Mi permetto perciò d’aggiungere anch’io poche righe, tanto più che
l’abbrivo a questa interessante discussione, sembra che Tabbia dato proprio
io, riportando l’opinione di Roy Medvediev negli « Egli della settimana » (v.
«La Luce» del 14.12.’73, n. 49).
I miei lettori non hanno certo avuto
difficiltà a convincersi, seguendo le mie
frequenti citazioni e i miei corrispondenti rilievi, che alla personalità di
Alexander Solgenizin ed alle sue opinioni vanno la mia ammirazione e il
mio consenso profondo. Ma ciò non signfica poi che io gli debba dar ragione
in tutto e per tutto. Ho già citato un
errore evidente, a mio parere, d’un giudizio espresso dal Solgenizin sulle condizioni del Sud-Africa. Un altro errore
di valutazione ho rilevato (errore largamente noto) in certe dichiarazioni
del Sakharov a proposito del Cile e del
poeta Pablo Neruda. Così pure sbagliano, a mio parere, in taluni punti, i fratelli Medvediev, il nominato M.S. Agurskd, ecc.
Che gTintellettuali sovietici, oppositori del loro regime, sbagliano più volte nelle loro valutazioni sul mondo occidentale, non deve far meraviglia. È
un fatto che ci deve invece far riflettere sulle gravissime responsabilità di
quel regime, che continua ad ostacolare la libera circolazione delle informazioni e delle opinioni. Comunque stiano le cose nelTURSS, io non ho il minimo dubbio sull’onestà e sincerità di
Sakharov, di Solgenizin, dei fratelli
Medvediev, dell’Agurski e di decine
d'altri oppositori che, rendendo note le
proprie idee, espongono sé stessi e i
propri familiari ai più grandi pericoli.
Pertanto vorrei precisare il mio pensiero associandomi alle parole del
leader socialista François Mitterrand:
« anche se non fossi d’accordo con
Solgenizin, "io sarei da parte mia persuaso che la cosa più importante non è
ciò che dice Solgenizin, ma il fatto
ch’egli possa dirlo. E che, se ciò ch’egli
dice nuoce al comunismo (sottinteso:
oggi), il fatto ch’egli possa dirlo serve
a quest’ultimo in misura molto maggiore (sottinteso: domani) ” ». (Da « Le
Monde» del 9.2.’74).
Intepdo con ciò esprimere qui il mio
generale orientamento politico, che è
e resterà democratico, pur sapendo
bene che non rientra nelle possibilità
umane il prevedere Tavvenire.
Per concludere, desidero che i miei
lettori sappiano esattamente due cose:
a) il punto preoiso in cui io dissento
maggiormento àaWAgurski; h) il punto in cui dissento maggiormente dal
lettore.
a) L’Agurski scrive: « La grande
tragedia del movimento di sinistra (...)
è l’identificazione del socialismo con il
capitalismo monopolistico di Stato (...).
Proprio questa identificazione ed essa
sola fu alla base della tragedia cilena ecc. ». Questo, a mio parere, è un
grave errore delTAgurski. Posso accettare l’affermazione che la detta identificazione ha profondamente nociuto alla società, nella misura in cui tale affermazione è frutto della critica di più di
mezzo secolo di storia. Non accetto
l’affermazione relativamente alla società cilena, perché tre anni d’esperienza
storica non bastano a giustificarla. Ma
il punto veramente grave del giudizio
delTAgurski è nelle tre parole: « ED
ESSA SOLA ». Roberto Peyrot ha giustamente richiamato all’enorme parte
di responsabilità degli USA nella tragedia cilena!
b) Il lettore, nel suo commento,
scrive: « Coloro che in Italia, vivendo
da borghesi, non si peritano ecc., farebbero bene, prima che sia troppo tardi,
di meditare più attentamente e responsabilmente le lezioni dì storia che (...)
ci vengono dall’Est europeo ». Qui il
binario sul quale corre il mio treno, c
proprio l’altro: il mio treno corre nel
verso opposto a quello del lettore. Perché oggi il pericolo che minaccia la
società italiana (e, più in generale, occidentale) è, a mio parere, proprio Topposto di quello che teme il lettore.
« PRIMA CHE SIA TRQPPO TARDI »:
proprio così, cioè prima che le ingiustizie e le prepotenze e le violenze commesse a tutto favore dei fascisti, dei
padroni e dei loro servi, non producano fatalmente la perdita di quella poca
democrazia che ancora ci è concessa,
la morte di quella povera, anemica,
gracile pianticella malata. Tullio Viola
L’incontro del 9 febbraio, a Torino, ha significato una presa di posizione dei gruppi
di base mirante ad una proposta concreta di
abrogazione del Concordato. È stato innanzitutto chiarita la posizione assunta dal papato
e le responsabilità della chiesa cattolica nei
confronti dei Patti del Laterano. Il discorso
fatto nella sala S. Donato può essere articolato
per maggior chiarezza in due punti: 1) Rifiuto della vocazione; 2) Riconoscimento del
governo fascista. Anche se i due punti appaiono complementari è bene tuttavia mantenerli
distinti; infatti il primo investe un discorso
di fondo.
1) Il papato, chiedendo una regolamentazione giuridica in virtù del suo divino mandato, chiedendo uno stato fuori del diritto comune, adducendo a pretesto la speciale testimonianza da rendere al mondo, si è posto in
un’ottica tutt’altro che evangelica. Cristo non
chiede ai credenti di cercare la situazione più
favorevole alla testimonianza per esplicare la
loro vocazione, anzi più volte ha manifestato
il contrario.
2) La chiesa cattolica è divenuta soggetta
ad un potere politico che per anni ha oppresso e schiacciato la gente secondo una logica
tutt’altro che evangelica. La chiesa cattolica
ha accettato il governo fascista come Stato
garante della religione di Stato.
Ancora oggi, essendo in vigore il Concordato, si riscontrano le ripercussioni di una tale
politica. Non si possono infatti ignorare la
regolamentazione riguardante i cappellani militari, l’insegnamento religioso nella scuola, il
matrimonio, la congrua.
Cappellani militari sono coloro che svolgono
il « sacro ministero presso le truppe ». Gli articoli 13, 14, 15 e 3 costituiscono la regolamentazione in merito. Il problema che si pone è il seguente : la presenza nelle caserme
dei cappellani militari e la loro predicazione
è un servizio autentico al vangelo o un .servizio all'istituzione militare?
Matrimonio: ricordando che il Concordato
fa si che il matrimonio cattolico sia un matrimonio religioso valido agli effetti civili, il
problema attuale è questo: qual’è il valore
del matrimonio concordatario dal punto di vista della fede, se non esiste una conversione
profonda che porti gli sposi a fondare la loro
unione con serietà ed impegno di fede?
Istruzione religiosa nella scuola : per questo
punto pongo solo una questione che serve da
spunto critico. È posisbile dare una testimonianza cristiana attraverso una struttura scolastica che riduce rigidamente il rapporto
umano ad un rapporto professore-alunno?
La congrua è l’assegno che viene corrisposto
ai parroci dallo Stato. Questa facilitazione è
considerata vincolante nei confronti della predicazione. Ma è giusto accettare una protezione dello Stato che finisce col minacciare seriamente la libertà della predicazione c diventa
una grave incocrenza che compromette la testimonianza cristiana?
Questi, in sostanza, i punti di riflessione.
L’esame del Concordato è stato affrontato da
Pierangelo Gramaglia con un grande rigore
critico e gli interventi dei gruppi non hanno
mostrato un eccitato fanati.smo, ma una deciia
posizione, frutto di un sincero confronto con
Tevangelo.
Voglio infine ricordare che i rapporti tra
le chiese non cattoliche e lo Stato .sono regolati dalle leggi sui culti ammessi di cui a
lungo si è discu.sso nelle nostre chiese Tanno
pas.salo sulla base dell’opuscolo di Franco
Giampiccoli : Liberi ma disuguali.
Erika Toma.s.sone
3
• 15 febbraio 1974 — N. 7
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
pag. 3
1 cristiani danno valutazioni
Vìa libera ai colloqui
contrastanti dello Stato di Israele riformati e battisti
1’
•{sepd). Secondo un rapporto del servizio d'informazioni deU’Alleanza Evangelica, il precipitare degli avvenimenti a partire dalla guerra del Kippur
hanno fatto passare sotto silenzio un’interessante convegno: quello di 12 teologi protestanti di primo piano, europei e
nordamericani, e di 13 personalità ortodosse di rilievo, provenienti dai paesi
arabi. Portavoce dei teologi occidentali
è stato lo svizzero Markus Barth (uno
dei figli di Karl), docente di Nuovo Testamento a Basilea. Egli si è sforzato di
chiarire ai colleghi arabi come dalla
Bibbia risulti il ruolo d'Israele come
popolo di Dio. La storia della salvezza
: manifestata nella storia d'Israele non
ha conosciuto interruzioni. Il ritorno
del popolo ebraico nella terra promessa e previsto secondo il divino disegno
di salvezza e dev’essere accettato come
un fatto dalla chiesa. Quest’interpretazione sostenuta dai partecipanti occidentali non è stata assolutamente accettata da parte araba.
Il metropolita greco-ortodosso, libanese Khodr ha richiesto, all’opposto,
una « deteologizzazione » d'Israele. Con
la definitiva rivelazione di Dio attuatasi in Gesù Cristo si è conclusa la storia
ebraica della salvezza. Perciò è impossibile riconoscere ancora un posto particolare al popolo ebraico accanto alla
chiesa. La conferenza è stata teatro di
aspri scontri.
L’israelita Shalom Ben-Chorin ha notato, a proposito di questo dibattito:
« Tutti i capi cristiani del Vicino Oriente sono capi di minoranze, alla mercé
dell'odio e del sospetto della maggioranza araba. Se queste minoranze affermassero la legittimità d'Israele in
senso teologico-religioso, la cosa potrebbe avere conseguenze politiche negative ». Secondo Ben-Chorin avanzare
il concetto di de-teologizzazione di
Israele vuol dire rinnovare l’antico giudizio errato della chiesa nei confronti
delTebraismo. Per secoli la chiesa ha
negato all’ebraismo qualsiasi valore nel
quadro della storia della salvezza e ha
correntemente sorvolato o svisato tutii i testi neotestamentari che si oppongohó a una de-teologizzazione d’Israele. Solo in seguito alla catastrofe deh
l’ebraismo europeo negli anni delle
persecuzioni nazista si è fatta strada
nelle Chiese occidentali una trasformazione profonda nel modo di intendere Israele. « Bisogna proprio — dice Ben-Chorin — che si ripeta una catastrofe di dimensioni impensabili,
perché anche le Chiese orientali giungano a una comprensione nuova di
Israele? ».
Su questa conferenza « Punti cruciali », il servizio d’informazioni della
chiesa evangelica di Beirut (Libano),
ha pubblicato una valutazione diversa,
sotto il titolo « L'integrazione d'Israele
nel Vicino Oriente ».
Fra l’altro, « Punti cruciali » scrive
che si è rivelato impossibile distinguere gli armenti cosidetti “teologici” da
quelli “politici”. Anche se i partecipanti alla conferenza si sono occupati dei
rapporti con l’ebraismo e con l’islam
in unà prospettiva teologica, essi hanno parlato al tempo stesso di Israele
e degli Arabi in termini politici. Anche
quando hanno tentato una “pura” esegesi, è subito apparso chiaro che si
aveva coscienza delle conseguenze politiche di quanto si diceva. L’applicazione dell’esegesi alle realtà politiche
odierne non è cominciata solo con la
seconda guerra mondiale, ma è stata
sempre parte integrante della pre-comprensione, dei presupposti con i quali
ci si accostava al testo biblico.
Sul piano politico la conferenza di
lavoro ha confermato che i partecipanti arabi non vogliono scavalcare il diritto alla vita di un popolo ebraico in
Palestina. La presenza degli ebrei co
mc gruppo collettivo nel Vicino Oriente è un punto di partenza per la configurazione politica avvenire della regione. D’altro canto i partecipanti occidentali, che sostengono il mantenimento dell’attuale Stato d’Israele, hanno dichiarato che questo non è per
loro un punto-chiave teologico. Il raccogliersi del popolo d’Israele in Palestina ha un importante carattere di
’segno’ teologico, che invece non può
pretendere lo Stato quale struttura
umana. Attualmente, però, lo Stato
non è soltanto importante da un punto di vista politico, ma ha pure un
valore interiore per l’autorealizzazione
degli ebrei in questo momento della
loro storia. All’opposto, la convinzione unanime dei cristiani arabi era che
lo Stato d’Israele è una collettività
razzista e religiosamente esclusivista
che va radicalmente condannata. Un
tale Stato non è integrabile nella società del Vicino Oriente, se non abbandona totalmente la sua attuale concezione sionista. Le opinioni dunque divergono radicalmente per ciò che riguarda l’avvenire di Israele in quanto
Stato.
Sul piano teologico in Europa si applica volentieri a Israele il motto
« elezione - patto - fedeltà di Dio »; si
sottolineano le promesse rivolte a
Israele e le affermazioni veterotestamentarie relative al Patto, di fronte
alle messe in guardia profetiche che
muovono a Israele una critica di fondo. Le promesse che Dio ha fatto un
giorno a Israele non possono andar
perdute nel corso della storia. Lo schema di pensiero degli ortodossi si può
invece raccogliere nel motto « la Chiesa sostituisce totalmente Israele »: nella nuova èra posteriore alla risurrezione di Cristo regna una nuova realtà, nella quale la Chiesa vive diversamente dall’Israele dell'Antico Testamento. Secondo la tradizione cristologica orientale, l’incarnazione del Logos
(la Parola) preesistente include la risurrezione, sì che la glorificazione di
Cristo costituisce il punto conclusivo
della sua incarnazione. Le prime tappe
dell’incarnazione e il carattere ebraico
di Gesù sono superati. L’antico popolo
di Dio, con le promesse di cui è portatore, è inserito nella nuova costruzione universale della Chiesa come i
frammenti di un primo abbozzo sono
inseriti in un tutto nuovo. Il problema della continuità fra Israele, Cristo
e la Chiesa perde allora ogni valore.
Secondo « Punti cruciali », anziché
scegliere polemicamente un motto contro l’altro, bisogna porsi criticamente
di fronte ad entrambi.
Ginevra (spr) - II Comitato esecutivo dell’Alleanza Riformata Mondiale
(ARM) ha dato all’umanità via libera
alle conversazioni teologiche fra TARM
e l’Alleanza Battista Mondiale (ABM).
Tre teologi di ciascuna delle due confessioni parteciperanno alle conversazioni che saranno, inizialmente, limitate all’Europa; ne saranno prossimamente comunicati i nomi. Si prevede
che dopo quattro riunioni annuali, una
relazione sarà presentata all’ esame
dei comitati esecutivi delle due organizzazioni.
L’ordine del giorno del primo incon
tro, previsto per la fine del 1974, comprende la ricerca della definizione dei
’punti di tensione’, relativi in primo
luogo alla dottrina e alla prassi battesimale nelle tradizioni riformata e
battista, come pure alla dottrina e alla struttura della chiesa.
Un documento di lavoro, pubblicato congiuntamente da un gruppo consultivo riformato-battista dei due comitati esecutivi, sottolinea pure questi punti: « Le tradizioni battista e riformata riconoscono entrambe una
radice comune alla loro storia che risale, passando per l’epoca della Riforma e per i primi Padri della Chiesa,
al Nuovo Testamento La teologia
l'ecumene divisa sui cuefiino araiin-israeiiauo
(sepd) Il Consiglio ecumenico delle
Chiese è stato invitato dal gruppo di
lavoro ’Ebrei e Cristiani’, del Kirchentag evangelico tedesco, a intervenire
nel conflitto del Vicino Oriente a favore del diritto alla vita e della dignità umana di entrambe le parti. In un
memorandum indirizzato al Sinodo
della Chiesa evangelica in Germania
(EKD), riunito a metà gennaio a Kassel, e al CEC, si dice che nel movimento ecumenico si manifestano due
gruppi di cristiani: gli uni, a causa
della loro concezione dell’amore e della giustizia cristiani, s’impegnano per
il popolo ebraico nello Stato d’Israele,
gli altri, con le medesime motivazioni, inten vengono a favore dei palestinesi arabi. Si constata con rincrescimento che il CEC è stato impedito, a
causa di tale polarizzazione, di dare
un contributo costruttivo alla soluzione del conflitto del Vicinò Oriente.
Secondo il parere del gruppo di lavoro 'Ebrei e Cristiani’, la preoccupazione per il destino e per la sofferenza degli uomini deve andare in pari
misura agli ebrei in Israele e ai palestinesi arabi. Il CEC viene quindi invitato a intervenire soprattutto a favore dei palestinesi, nel corso delle
prossime trattative. Contemporaneamente si deve premere perché sia garantita l’esistenza e la possibilità di
vita dello Stato d’Israele, « dopo venticinque anni di propaganda, di sospetto e di odio contro questo Stato ».
Una convivenza pacifica degli Israeliani e dei Palestinesi in uno Stato arabo è oggi irrealizzabile. Perciò lo Stato d’Israele è « il quadro indispensabile dell'esistenza ebraica » nel Vicino
Oriente.
In un ordine del giorno, il Sinodo
della Chiesa evangelica nella Renania
esprime la preoccupazione che nell’Europa occidentale, per garantire la propria esistenza, si sia disposti in misura crescente ad accettare una minaccia nei confronti dell’esistenza di
Israele.
Del tutto opposto il parere del prof.
W. J. Hollenweger, un teologo svizzero che insegna all’Università di Bir
mingham. Sotto il titolo provocatorio
« Grazie agli Arabi », egli ha scritto
fra l’altro, nella rivista « Leben und
Glauben » (Vita e fede »: « Gli Arabi
non sono d'accordo con la soluzione
che gli Europei hanno dato al problema degli ebrei cacciati. È sempre facile donare oggetti (e in particolare
terre) che non ci appartengono — essi dicono. Dopo che gli àrabi hanno
abitato per oltre mille anni in Palestina, oggi se ne arrivano gli ebrei e affermano di avere il diritto. di abitarvi. Immaginiamoci le r'ea^oni se oggi
i romani (o gli italiani) affermassero
che il S. Gottardo, le città di Zurigo,
Winterthur, Basilea, Ginevra, le ‘vie di
comunicazione principali della Sviz
zera, insieme a importanti città tedesche, appartengono loro, perché essi le
hanno costruite e durante secoli le
hanno abitate e governate. Giustissimo, direbbero gli svizzeri, ma nel frattempo è passato un millennio e mezzo. E adesso ci abitiamo noi ». (N.d.r.:
con tutto il rispetto, un’analogia del
genere è priva di serietà/ romani e italici non sono mai stati la popolazione
dell’Helvetia, ma Thanno, per un periodo, governata; la situazione del
popolo d’Israele in Canaan era assolutamente diversa. Ragionare a facili sIch
gans, a volte, è controproducente. Un
teologo, poi, non dovrebbe rhai tacerò
il rapporto teologico fra il popolo di
Israele e la terra promessa).
UNA CAMPAGNA SCATENATA A BERLINO-OVEST
CONTRO « PANE PER iL MONDO » ;
Allergia ariti-araba?
A metà gennaio si è acceso a Berlino-Ovest un vivace dibattito pubblico
circa l’utilizzazione di offerte da parte
di « Brot für die Welt » (« Pane per il
mondo »); giornali della catena di
Axel Springer hanno affermato che
parte di tali offerte hanno finanziato
pure la propaganda palestinese. La
stampa di Springer si riferiva all’attività d’informazione dell’Ufficio delle
Chiese cristiane nel Vicino Oriente, a
Beirut. Ai lettori si faceva intendere
che « Brot für die Welt » contribuisse
al finanziamento della propaganda per
gli ambienti arabi, « che si accollano
la responsabilità di dirottatori aerei,
assassini di donne e di bambini, specialisti in massacri ».
Il Sinodo delTEKD, riunito a Kassel, ha respinto con forza tali accuse.
« Brot für die Welt » sostiene nel Vicino Oriente solo programmi umanitari. Per il 1974 sono stati stanziati
950.000 marchi (circa 235 milioni di lire) per abiti, reinstallazione di profughi, cliniche ginecologiche e formazione professionale, e l’uso dei fondi è
attentamente controllato. L’ufficio di
Beirut, in discussione, non riceve nulla da « BfW ».
La campagna ha spinto uno dei responsabili delTE.P.D., il servizio stampa evangelico tedesco, a dichiarare
che il citato ufficio d’informazioni di
Beirut non è in nessun modo al servizio di oscuri lottatori clandestini, ma
una stimabile attività dei cristiani arabi. Esso è finanziato dalle Chiese del
Vicino Oriente e da cristiani canadesi, australiani, scandinavi e nordamericani; il suo scopo è quello di far capire meglio alla cristianità mondiale
la situazione delle Chiese nel Vicino
Oriente, che sono alle prese con difficoltà particolari. Bisogna quindi stare
attenti affinché l’alleargia anti-araba
non colpisce degli innocenti.
IL CONSIGLIO DELLA CHIESA RIFORMATA DEL CANTONE DI ZURIGO ESPRIME
Solidarietà con Israele
Palestinesi
e con I
Zurigo (sepd) — Allo scoppio della guerra
del Kippur molti svizzeri solidarizzarono spontaneamente con Israele: poi, via via, l’arma
del petrolio e le conseguenze delle restrizioni
energetiche e del rialzo dei prezzi hanno fatto ammutolire le voci in favore di Israele,
mentre si cominciava a chiedere una rapida
soluzione del problema vicino-orientale, anche
a un alto prezzo politico e morale. In questa situazione il Consiglio della Chiesa riformata del Cantone di Zurigo ha sentito di dover prendere posizione in questi termini :
« Israele non pub esser lasciato solo. Israele, un microstaio come la Svizzera, pretente il
riconoscimento della sua esistenza e del suo
diritto alla vita. Ciò presuppone frontiere riconosciute. sicure, garantite dal diritto dei
popoli, che non possano essere rimesse in questione nel giro di qualche anno. Per Gerusalemme dev’essere trovata una soluzione durevole, che permetta alla città di essere la capitale di Israele e che al tempo stesso garantisca alle tre grandi religioni mondiali un accesso sempre libero ai loro “luoghi santi . Per
i Palestinesi dev’essere trovata una soluzione
responsabile, realistica e umana, con la collaborazione di tutti gli Stati cointeressati. Si
deve impedire a tutti i costi che si abusi ulteriormente dei Palestinesi quale pedina politica ».
Il Consiglio è « colpito dal modo in cui lo
Stato d’Israele, nei suoi 25 anni d’esistenza,
ha conservato anche in situazioni difficili la
libertà democratica e i diritti civili. Considerazioni economiche non possono spingerci a
respingere sul fondo il diritto e la giustizia in
base ad argomenti utilitaristici e ad abbandonare Israele a se stesso ». Concludendo il Consiglio invita a pregare per la pace per tutti
popoli del mondo, per tutti gli uomini. Questa preghiera obbliga ciascuno di noi a un
modo di pensare e di agire che tenda alla riconciliazione. aScoltanto così, infatti, possiamo sperare che Dio, il Signore dei popoli e
del mondo, ci doni la sua pace, il suo shalom ».
Anche i Bernesi
Anche il Sinodo della Chiesa riformata del
Cantone di Berna, riunito in dicembre, ha dibattuto i problemi del conflitto del Vicino
Oriente, sulla base di un rapporto dello specialista mediorientale di Radio Berna, ^ P.
Braunschweig. Questi ha sostenuto che 1 ultimo conflitto ha mostrato da un lato che i
territori occupati non garantiscono frontiere
più sicure ad Israele (anzi, sollecitano 1 ospitalità dei vicini), e dall’altro che una vittoria
militare araba non è realizzabile. I problemi
non sarebbero eliminati, ma si farebbero passi avanti se da parte israeliana si attuasse una
“de-occidentalizzazione’^ dato che Israele ha
un volto occidentale e si presenta come iin
corpo estraneo nel mondo arabo; e se da parte
araba si de-monizzasse la propria visione di
Israele.
Al termine del dibattito, il Sinodo ha votato con 126 voti contro 13 questa risoluzione:
« Il Sinodo della Chiesa riformata bernese
è profondamente turbato per gli avvenimenti
nel Vicino Oriente. Il popolo ebraico e la sua
esistenza sono nuovamente minacciati nel conflitto con il circostante mondo arabo. Come
chiesa di Gesù Cristo ci sentiamo profondamente legati al destino di questo popolo. Sollecitiamo quindi le nostre autorità e /’opinione pubblica a non abbandonare a se stesso
Vavvenire d’Israele in base a considerazioni
dHìiteresse economico. In vista delle attese
trattative di pace invitiamo à pregare con fedeltà e perseveranza per tutti coloro che vi
sono coinvolti ».
Aiuti cristiani a Israele
Surigo (sepd) — Nel quadro dell’« Aiuto
celere » lanciato a favore di Israele appena
scoppiata la guerra d’ottobre, fino a metà
gennaio circa settemila donatori svizzeri, tedeschi, olandesi e francesi hanno offerto oltre
due milioni di franchi (quasi cinquecento milioni di lire). Il denaro dev’essere impiegato
per la cura dei feriti gravi, dei mutilati e per
l’assistenza ai familiari dei morti. L’iniziativa
si concluderà con la fine di febbraio.
di Calvino e di Zwingli ba avuto, storicamente, una grande influenza sullo
sviluppo del pensiero battista dopo la
Riforma (...). Le due tradizioni pongono l’accento sulla fonte normativa
della S. Scrittura, sul posto centrale
della Parola di Dio, sulla testimonianza a Gesù Cristo quale Salvatore e Signore e sulla sovranità della grazia.
Inoltre le due tradizioni hanno in comune la preoccupazione di vivere oggi una testimonianza e un servizio nell’ubbidienza della fede ».
Riconoscendo, tuttavia, notevoli divergenze di vedute fra le due confessioni, il documento dichiara : « A causa della profonda divergenza di teologia e di prassi fra le tradizioni battista e riformata e a causa delta nostra
stretta parentela, pare molto importante cbe cerchiamo insieme qual è la
natura del nostro disaccordo e qual è
il modo migliore per superare le nostre differenze ».
Illllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllinilllllinillllllllllllllllfl
Chiesa e società
L’Assemblea generale della Chiesa
presbiteriana a Cuba dà una valutazione della situazione interna e
internazionale, specie latino-americana
Il problema
dei “luoghi santi”
Secondo il segretario generale del
CEC, past. Ph. Potter, il problema dei
’luoghi santi’ non è affatto il problema centrale per le chiese cristiane a
Gerusalemme. Essenziali sono invece,
per loro, i rapporti fra musulmani,
cristiani ed ebrei nella città. Il CEC
considera in primo luogo importanti i
problemi umani e di conseguenza la
riconciliazione fra gli abitanti di questa zona e l’attuarsi di una soluzione
politica. Per raggiungere la migliore
soluzione possibile, il CEC mantiene
« contatti assai stretti » sia con gli arabi che con gli israeliani.
La posizione degli ortodossi
(sepd) È tornata in primo piano, nelle trattative di pace fra arabi e israeliani. la sorte
di Gerusalemme e dei “luoghi santi”. L’ortodossia orientale non è unanime, al riguardo.
La difesa degli interessi ortodossi nei “luoghi
santi" è affidata al patriarcato greco-ortodosso
di Gerusalemme, il quale mantiene buone relazioni con le autorità israeliane; tuttavia la
chiesa greco-ortodossa sulle due rive del Giordano è costituita quasi esclusivamente di arabi. Si comprende che il patriarca non s’impegni politicamente né da una parte né dall’.altra. Invece il patriarcato di Mosca esige la restituzione della Città Vecchia di Gerusalemme
agli arabi, senza dubbio con la speranza di
potere in tal modo acquistare maggiore influenza sui cristiani arabi che vivono in Palestina.
Gli ambienti ortodossi si sono fortemente
inquietati alla notizia che il papa Paolo VI in
un colloquio con il vicesegretario di Stato
statunitense J. Siseo avrebbe richiesto un « patronato sui Luoghi Santi ». Su esplìcita richiesta ortodossa, il Vaticano ha smentito tale notizia.
L’Avana (bip) — Questa Assemblea ò
costituita da laici — due per ogni chiesa locale —, dai collaboratori e dai
pastori. L’attuale presidente è Francisco Norniella, e Sergio Arce Martinez
è il segretario generale.
Il Consiglio generale della Chiesa
presbiteriana aveva affidato alla Commissione « Chiesa e Società » il compito di presentare una bozza di risoluzione in cui si desse una valutazione
della situazione politica interna e internazionale. Tale bozza è stata elaborata
dal past. Hector Mendez, presidente
della suddetta Commissione. Dopo dibattito e vari emendamenti, è stato
adottato dalTAssemblea generale, riunita a Versalles, presso Matanzas: « ...riteniamo che le nostre risoluzioni definiscano una linea di lotta e di lavoro per
una società migliore e per l'appoggio
alle classi sfruttate. Speriamo e crediamo che esse saranno accolte sopratutto dalle Chiese cristiane del Terzo
Mondo, come una manifestazione prófetea della nostra Chiesa a Cuba... ».
In 17 paragrafi, questi testi evocano
i principali punti del globo neiq uali la
lotta anticolonialista e i movimenti insurrezionali sembrano loro più evidenti
o più necessari: Irlanda, Cipro, Rhodesia e Sud-Africa a causa della loro poli tica d'apartheid, colonie portoghesi,
Indocina, Medio Oriente. Largo spazio è dato aU’America, del Nord come
del Sud, in particolare a Portorico, Perù, Panama e naturalmente il Cile e la
stessa Cuba.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiimiiiiiiiiii
Appello musulmano
per una conferenza
islamo-cristiana
su Gerusalemme
Amman (bip/snop) - Lo sceicco Abdallah
Ghosh, gran cadì di Giordania, ha chiesto la
riunione d’urgenza di una conferenza islamocristiana per esaminare la questione di Gerusalemme, proponendo che essa si tenga nella
grande università islamica “Al Azhar”. al
Cairo. « Gerusalemme è una città araba e dovrebbe restarlo nella sua amministrazione e
nelle sue caratteristiche », ritiene il gran cadì
(giudice supremo). Lo sceicco Abdallah Ghosh
dichiara d’altro lato che « gli arabi, cristiani e
musulmani, non accetteranno assolutamente
che Gerusalemme sia posta sotto un’amministrazione diversa da quella araba. Questa fase
critica del conflitto israelo-arabo rende indispensabile un incontro dei capi religiosi cristiani e musulmani per decidere delVavvenire
di Gerusalemme e far udire al mondo la voce
della giustizia ».
(N.d.r.: che garanzie di libertà e di laicità
statale debbano comunque essere chieste allo
Stato d’Israele, è indubbio; quanto però all’affermazione che i ‘‘capi religiosi cristiani e
musulmani” facciano udire al mondo la voce
della giustizia, il passato recente e meno della regione ci autorizza a metterla in seria discussione).
Gli israeliani
e l’amministrazione
dei “luoghi santi,,
Gerusalemme (bip/snop) - Il 58% degli
israeliani viventi nelle grandi città ritengono
che Tamministrazione dei “luoghi santi” cristiani debba essere affidata al governo israeliano o alla municipalità della città : questo il
risultato di un sondaggio d’opinione dell’Istituto delle comunicazioni dell’Università ebraica di Gerusalemme. Invece il 42% dichiara
che tale amministrazione dev’essere affidata al
Vaticano. Il 36% delle persone interrogale nel
corso del sondaggio si sono, infine, pronunciate a favore dell’amministrazione dei "luoghi
santi” musulmani dì Gerusalemme da parte
della Giordania.
4
pag. 4
N. 7 — 15 febbraio 1974
a cura della federazione femminile valdese
testimonianza servizio speranza de||j
1. la donna nella
società medioevale
La società medievale, in generale, relegava la donna in una
condizione di vistosa inferiorità
rispetto all’uomo. Tuttavia, è noto, il Medio Evo non è un fatto
unitario perché comprende un
arco di 1000 anni, nel corso dei
quali anche la condizione della
donna subì sensibili mutamenti.
Ad esempio, all’inizio del Medio Evo, la codificazione giustinianea, introdotta in Italia nel
553, tentò di affermare principi
di eguaglianza dei due sessi. Successivamente, le invasioni barbariche, e soprattutto quella longobarda, mutarono la concezione della donna in senso assai
più restrittivo. E ciò si spiega
facilmente: si trattava di popolazioni guerriere per le quali il
potere di ogni singolo era subordinato alla sua capacità militare. La donna, perciò, incapace militarmente, era considerata
inferiore all’uomo.
In Italia si scontravano quindi due opposte concezioni della
donna, quella romana e quelle
barbariche tra le quali soprattutto quella longobarda. Per un
certo periodo le due popolazioni vissero ciascuna secondo il
proprio diritto nazionale. La condizione di ciascuna donna dipese dal diritto che essa seguiva.
Più tardi, tra queste due concezioni si giunse a un compromesso in base al quale, pur nel rifiu
In un'incisione francese dei primi del '500, da una vetrata dell'Abbazia
di St. Martial a Limoges, una donna predica a un gruppo di "settari".
La scritta dice: «Mal sont les gens endoctrinés/ quand par femmes
sont sermonnés » ( « Mal la gente può imparare / se sono donne a
predicare » ).
libere predicatrici
dell' Evangelo
to delle concezioni longobarde
maggiormente discriminatorie, la
donna venne a trovarsi in una
condizione assai più arretrata
rispetto all’epoca giustinianea.
II diritto canonico non modificò in nulla questa situazione.
Anzi, mentre proclamava in
astratto l’eguaglianza dei sessi,
in realtà perpetuava l’inferiorità
della donna. Alla base vi era
una quasi univoca concezione
teologica che, dalla patristica
attraverso Agostino fino a Tommaso d’Aquino aveva sempre
proclamato Tinferiorità della
donna fondandola sul fatto che
attraverso una donna, Èva, il
peccato è entrato nel mondo
Perciò, .se tutta l’umanità era
peccatrice, ancor più lo era la
donna. Si affermava inoltre che
questa condizione di inferiorità
della donna era fondata sull’ordine della natura. Ma questo ordine della natura, che veniva
considerato creazione eterna di
Dio, non era altro che la situazione di fatto nella quale si trovava allora la donna.
Essa era dunque esclusa da
qualsiasi potestà nella chiesa e,
in modo particolare, dalla predicazione, che non era permessa neppure agli uomini laici ma
solo agli ecclesiastici. Solo nei
monasteri femminili l’abbatessa
aveva una certa potestà di giurisdizione. Nel corso dei secoli
queste abatesse si spinsero fino
a una lettura in pubblico della
Bibbia e alla predicazione, ma
Innocenzo III (1198-1216) lo proibì in modo assoluto.
Questa concezione della donna, propria del diritto canonico,
è molto importante perché esso
NOTE
1 V. Metz R., La femme en droit
canonique médiévaL Ree. de la Soc.
J. Bodin, XII/2 (1962) 59-113.
2 V. Gönnet. G., Enchiridion Fontium Valdensium. Torre Pellice, 1958,
p. 99.
^ V. Micne. PL, CCX, 1. II, col. 382.
* V. Vasoli C., Il “contra haereticos"
di Alano di Lilla, Bollet. d. 1st. .stor.
hai.. 75 (1963) 123-172.
■’ Gönnet G., Op. cit.. p. 46.
Volpe G.. Movimenti religiosi e
sette ereticali. Firenze 1971 p. 54 s.
’ Guirand J., Histoire de Vinquisition au Moyen Age. I. Paris. 1936,
p. 246.
* Selce K.-V., II Valdismo Medioevale tra Conservazione e Rivoluzione.
BSSV 94/133 (1973) 3-16.
" Gönnet G., Op. cit.. p. 44.
cfr. Kock G., Frauenfrage und
Ketzertum im Mittelalter. Berlin 1962.
p. 169.
" I.. p. 161.
cfr. Gönnet G., Portata e limiti
dell episcopato valdese nel medio evo.
BSSV 77/104 (1958), p. 27-42.
» Id., p. 33 s.
V. Kock G., Op cit.. p. 170.
non concerneva soltanto la chiesa, ma influenzava fortemente
tutta la società dato che, nella
« christianitas » medievale, società civile e società ecclesiastica costituivano tutt’uno.
Per questo motivo la contemporanea società feudale ne fece
propri i principi. Del resto, questa società era quanto mai adatta ad accoglierli. Essa, infatti,
era stratificata su base gerarchico-patriarcale. Ogni singolo uomo era sottoposto alTautorità
di chi si trovava a un gradino
immediatamente precedente il
suo. La donna era sempre a un
gradino inferiore a quello dell’uomo. Ma questo atteggiamento del mondo feudale nei confronti della donna era contradditorio, non univoco e sempre
più lo divenne con l’evolversi del
mondo feudale: infatti, mentre
essa veniva oggettivamente svalutata, veniva sublimata dai trovatori e, per un processo di interscambio tra cultura ecclesiastica e cultura laica, il suo essere veniva proiettato in una
sfera ideale, celeste. Il punto
culminante di questa sublimazione era costituito dalla figura
idealizzata e .sublimata di Maria. All’inizio del XII secolo con
Bernardo di Chiaravalle nasce il
culto mariano.
Dopo l’anno 1000 con il sorgere della società comunale, molto più concreta di quella feudale, la donna è in misura molto
minore oggetto di idealizzazione
ma è ancora egualmente discriminata. Gli statuti comunali ne
limitano la libertà perché vogliono evitare qualunque emigrazione di capitali che si sarebbe potuta verificare se la donna fosse
stata libera di stabilirsi ove
avesse voluto. Essa era soggetta
a una perpetua tutela. L’unica
eccezione era costituita dalle poche donne (ricche) che si occupavano di commercio, le quali
potevano liberamente amministrare e disporre dei loro beni.
In generale, questa nuova società mentre perpetua l’inferiorità
della donna si serve però abbondantemente della sua mano d’opera. E così, mentre non si permette alla donna di esercitare
l’artigianato in prima persona,
ci si serve però del suo lavoro
in posizione subordinata e di
sfruttamento. Infatti è sempre
l'uomo a dirigere il lavoro.
In questa generale condizione
femminile di inferiorità che, anzi, con la progressiva crescita
del lavoro, diviene anche di
sfruttamento, il problema della
donna si presenta sempre più
emergente, specialmente a partire dal XII secolo. La società
ne cerca la soluzione in vario
modo: o confinandola in ordini
monastici femminili o abusandone come prostituta o incana
lando le sue esigenze e richieste
nel movimento del beghinisfno
che, almeno in parte, era controllato dalla chiesa. Ma altre
donne, sfuggendo a queste possibilità offerte dalla società si
inserirono, sia in Francia che in
Italia, nei numerosi movimenti
« eretici ». Questi movimenti avevano largo seguito tra le donne
anche perché generalmente le
equiparavano agli uomini. Nella
Francia meridionale e in Italia
settentrionale i più importanti
erano il movimento cataro e il
movimento valdese. Il catarismo
reclutava i suoi aderenti soprattutto tra la borghesia e la piccola nobiltà. Erede probabilmente di antiche tradizioni, di
origine gnostica e precristiana,
il dualismo cataro anche se considerava uomini e donne uguali, era in genere contrario alla
predicazione femminile.
2. la donna valdese
predicatrice
Diversamente si pone la questione per il valdismo. Fin dal
suo inizio, gli inquisitori e i polemisti cattolici indicano come
caratteristica costante del movimento la presenza in esso di
donne che, come gli uomini, predicavano sulle strade e sulle
piazze, in una completa equiparazione. Così ci dice Stefano di
Bourbon. Un altro polemista,
Bernardo di Fonteaude, negli anni 1190-92 aggiungeva che, mediante l’opera delle donne, si
guadagnavano uomini al movimento. Contemporaneamente
Gioacchino da Fiore rimproverava ai Valdesi precisamente la
predicazione della donna, affermando che giustamente la chiesa li persegue perché essi indifferentemente e senza discrezione, tanto uomini che donne, senza istruzione, senza grazia, senza essere ordinati, non tanto annunziano quanto falsificano la
parola di Dio...^. Con lui concordava Alano di Lilla che, negli stessi anni, contemporaneamente, scriveva un trattato contro catari e valdesi. L’aspetto
del valdismo più condannabile
era anche per lui la libera predicazione. Alano, .sostenitore di
una visione gerarchica della
realtà fondata sui testi dello
pseudo-Dionigi (un trattato neoplatonico scritto intorno all’anno 500), affermava che tutti i
poteri, ecclesiastici e secolari,
sono stati istituiti da Dio; per
cui vi è nei loro confronti un
dovere di obbedienza, fondamento di ogni ordine celeste e
umano ^ Si tratta dunque di
un’apologià dell'ordine gerarchico della società temporale e spi
rituale che Alano oppone cosi
recisamente all'impulso evangelico e all’ideale 'livellatore' della
'reformatio' valdese. E si direbbe, anzi, che il teologo parigino...
voglia soprattutto combattere
nell’eresia valdese una forza e
un principio storico che potrebbe distruggere alla base quella
società e quell'ordine di cui egli
stesso è un tipico rappresentante *.
Sulla partecipazione femminile al movimento ci informa anche il cistercense Goffredo di
Auxerre: non mancano anche
delle miserabili donnicciole cariche di peccati che penetrano nelle case degli altri, curiose e
chiacchierone,, sfacciate, malvage, impudenti, come due di loro,
circa 5 anni fa, in una specie di
combriccola di nefandi compagni, assalirono con gli insulti
più gravi che poterono il venerabile vescovo della città di Arvernia, rimproverandogli che,
avendole trovate una volta a
predicare nella sua diocesi, con
minacce e persuasioni le aveva
spinte a rinunciare alla setta medesima... Ai Valdesi, uomini e
donne, gli inquisitori e i polemisti cattolici non soltanto rimproveravano la pretesa della libera predicazione, senza mandato ecclesiastico, ma li accusavano altresì di ignoranza. Ma
l'ignoranza di questi e altri eretici bisogna... intenderla nel suo
vero senso. Essi non danno valore... Se non a ciò che scaturisce dalla fonte prima cui si abbeverano, dal Vangelo. Nella conoscenza del Vangelo essi sono
profondi, in essa superano gli altri e se ne gloriano. Del resto,
il moto ereticale tutto quanto,
nel suo complesso, è moto di
cultura checché si possa pensare in contrario; è cioè indice ed
insieme spinta di più vivo lavorio intellettuale. Son coscienze
che si plasmano e reagiscono;
son cervelli prima inerti che si
mettono in moto. Ignorando o
disconoscendo quel che è al di
fuori e contro di essi, cioè la tradizione e il diritto scritto, tanto
nella chiesa come nella società
civile, essi si attaccano all'autorità dei testi...
Anche le donne valdesi partecipano consapevolmente a questa linea del movirnento. Infatti in esso, sin dall’inizio, come
ci riferiscono preoccupati i polemisti cattolici era stata istituita una sorta di scuola in cui
anche ragazze molto giovani venivano istruite nell’Evangelo e
nella teologia del movimento. Il
risultato è che nella predicazione, uomini e donne gareggiavano, come ci dicono le fonti, nella citazione di brani biblici imparati a memoria. I valdesi consideravano ciò come un loro segno caratteristico di fronte ai
cattolici. Per cui gli inquisitori
avevano più paura dei Valdesi i
quali, richiamandosi alla Scrittura, rifiutavano qualsiasi autorità, sia patristica che ecclesiastica, che dei Catari, sostenitori
di un’autonoma dottrina filosofico-religiosa.
L’attiva partecipazione della
donna alla vita del movimento,
e, soprattutto, la sua predicazione, fu considerata dai polemisti
cattolici come uno speciale indizio della particolare condannabilità del valdismo. Infatti,
poiché attraverso una donna il
peccato è entrato nel mondo, ne
deriva che se tutta l’umanità
soggiaceva al peccato e tutti avevano bisogno di essere salvati,
la donna lo aveva ancora un po’
di più: la sua via di salvezza era
quella del lavoro per la famiglia, delle buone opere, della
penitenza, forse anche, se nobile, del convento, ma non certo
quella del ministero itinerante
di predicazione pubblicai **
Ma era proprio questa la via
della donna valdese. Anzi, all’interno del movimento, diviso, come è noto, in « perfetti », uomini e donne, che avevano emesso
uno speciale voto, e « amici » o
« uditori », anch’essi uomini e
donne, le donne « perfette » avevano libero accesso ai più ristretti circoli. Ciò derivava direttamente dalla loro equiparazione agli uomini nella predicazione, considerata come una grazia derivante direttamente da
Dio, indipendentemente dal sesso '■>.
Il problema della cultura ci
pone dinanzi a un’altra caratteristica del movimento valdese oltre a quella della predicazione:
quella della povertà.
Tuttavia, tra povertà e predicazione non si può operare una
distinzione. I Valdesi predicavano l’Evangelo e lo testimoniavano vivendo poveramente. Ma
non si coglierebbe il senso profondo della loro povertà se ci si
limitasse a considerarla solo nel
suo aspetto esteriore, formale.
In realtà, essa costituiva per il
movimento il riflesso della povertà che più profondamente
In una interessante e fresca descrizione redatta nel l5Qn
dallo storico pastore Scipione Lentolo, nella sua « Historjj
delle grandi e crudeli persecutioni... », i Valdesi risultane
abitare già da alcuni secoli nelle Valli ;
« Sono dunque sulle Alpi del Piemonte che cominciano
8 miglia discosto dal M. Vesulo, Viso chiamato hoggidì dg
gli habitanti del paese, e scorrono fino a Pineruolo, alcune
Valli nelle quali sono già da alcune centinaia d'anni che habitano questi Valdesi. La principale delle quali è la Valle di
Luserna, una giornata discosta da Turino verso ponente
Sono in lei, oltre Lucerna altre villette, come La Torre, Rorà
Tagliaretto, Villaro, Bobio... nei quali tutti, per gratia di Dio
pubblicamente si predica l'Evangelo senza Messa... conte
ancora fanno quei di Fenile, Bubiana e S. Gianni che è luogo
esprimeva nella predicazione della sola Parola di Dio. Infatti, in
un’epoca in cui, secondo una dottrina ormai in uso da secoli nella chiesa, la Bibbia veniva letta
e interpretata in modo allegorico o morale e col sostegno dell'autorità dei Padri della chiesa
o della tradizione, il valdismo
rifiuta ogni interpretazione della Scrittura che non trovi nella
Scrittura stessa il proprio criterio interpretativo e così le si pone dinanzi in un atteggiamento
di totale povertà. La quale è
quindi da interpretare innanzitutto teologicamente: si tratta
della povertà radicale dell’uomo di fronte a Dio e alla sua
Parola. Essa ha certo necessariamente anche un riflesso sociale.
Ma non si esaurisce in esso. Infatti se ci si richiama soltanto
all’aspetto sociale non considerandolo una cpnseguenza di quello della fede, c'è il rischio di
leggere la Parola di Dio alla luce
di presupposti personali, ideologici, di tradizione ecclesiastica,
come avvenne per es. per i contemporanei Francescani ai quali
il testamento di Francesco ¿’Assisi, nel quadro di una povertà
puramente sociologica e non teologica, mentre riconosceva la
proprietà privata degli strumenti di lavoro, non riconosceva la
proprietà della Bibbia. I Francescani venivano così abbandonati,
nella lettura della Parola di Dio,
ai criteri interpretativi della tradizione romana. Il valdismo invece rovescia questa impostazione.
Come gli uomini le donne confessarono la loro fede dinanzi
all’inquisizione: dei 91 Valdesi
interrogati a Tolosa negli anni
1305-1323 31 erano donne e dei
138 interrogati nel Brandeburgo
65 erano donne “. Ma anche in
Italia numerose donne furono
colpite. Un caso singolare avvenne verso la fine del XIII secolo a Padova dove alcune vaidesi, arrestate, riuscirono a fuggire per la negligenza dell’autorità locale
Ma le cose in genere andarono
ben diversamente, le donne furo,
no duramente perseguitate e
molte di loro anche uccise. Così
a Pinerolo nel 1312 il primo martirio valdese nella regione è quel'
lo di una donna. Ma anche altro
ve le donne valdesi confessano la
loro fede: nella persecuzione m
Austria durante il sec. XIV vi so
no numerose figure femminili, I!
movimento valdese era però gli
da lungo tempo diviso: nel 120^
i Valdesi italiani, cioè i Pover
Lombardi, molto più radicali de
Francesi e influenzati dai var
movimenti presenti neH’Italii
settentrionale, si separarono da
Poveri di Lione ed elessero a lo
ro guida Giovanni da Ronchi al
la cui elezione Valdo era contra
rio. Questo significò che il ma
vimento si volgeva ora ver»
altre strade. Infatti Valdo eri
stato contrario alla nomina Í
un suo successore
3. rinvoiuzioni
I Valdesi italiani con Tele»
ne di Giovanni da Ronchi detta
ro il via a un processo che fu i
lenta ma inarrestabile ecclesia
sticizzazione. Questa tendenza:
comprensibile: il movimenti
stava passando dalla proclama
zione del « si deve obbedire pima a Dio che agli uomini » all
unica obbedienza a Dio (Atti i
29), e affermava sempre più nel
tamente la propria indipendena
nei confronti della gerarchia cat
tolica. Se sulle prime l’intento i
Valdo e dei suoi sodali non jt
affatto quello di creare un ergi
nismo nuovo in aniagonism
con l’edificio della chiesa romt
na, più tardi, causa i ripetè
anatemi, furono quasi costretti,
sull’esempio delle dissidenze i
loro anteriori o contemporanti,
a darsi prima una giuslifcaziont
teologica della velleità loro r»
facciata di predicare ancorcU
non autorizzati né inviati né tan
tomeno investiti degli ordini sì
cri. poi a farsi delle idee pi
chiare sul terreno di un’ecclesio
intervista del prof. Amedeo Molnàr
il movimento
attirava I&
Prof. Molnàr, lei pensa che
questo movimento valdese, all’inizio così « duro »,
imperniato com’era suiia
povertà, sui celibato, su
una austera predicazione,
possa avere attirato le donne di queli’epoca?
Credo si possa rispondere affermativamente se ci si fa una
idea del contesto sociale nel
quale il movimento ha preso origine. Bisogna tener conto prima
di tutto della dipendenza quasi
totale delle donne, sostenute o
sfruttate economicamente dallo
uomo, nelle classi subalterne
della società medioevale. Questa dipendenza dall’uomo è ben
illustrata dal fatto che Valdo
stesso per potersi consacrare alla sua missione ha delegato alla
moglie parte dei suoi beni e affidato le figlie all’ordine di Fontévrault. Se no sarebbero state
in balìa di una società che non
avrebbe saputo che farsene di
donne indipendenti. Esiste un
vero problema della donna che
si fa urgente nell’Europa occidentale a partire dal XII secolo. Si comincia a cercarne la «soluzione» da una parte con la fondazione di ordini monastici femminili, dall’altra con l’abuso del
la donna come prostituta o coi
una specie di autodifesa da
te delle donne stesse che crean
delle congregazioni spontane
(come i béguinages) o partee
pano ai numerosi movirnenl
« ereticali » in seno ai quali P®
sono acquistare una certa digo
tà umana, che e loro rifiutai
nella vita normale. È il cas
delle valdesi.
E quale dignità umana hj
trovato la donna nel vai
dismo?
Bisogna constatare che la don
na ha una importanza non oo
mune nel valdismo primitivo
acquista nientemeno che il dih]
to di predicare! Questo dura
no alla fine del duecento.
suo ruolo cambia: diventa ®
curatrice degli « ospizi » e seiC;
pre più la madre che forma
figli nella nuova tradizione claO',
destina del movimento (dovu®
alle persecuzioni). Il movimcn
to ha perso il suo senso « ù"®
sionario » e la sua testimonian'
za si esprime nella « fedeltà*'
non è poca cosa, naturalment®'
vista la situazione. Ma è aim
cosa che la missione evangeli®^
zatrice di una volta. In altre P*'
role: la storia della donna va^
dese riassume la storia valdc*®
tutta.
5
15 febbraio 1974 — N. 7
P'ïg- 5
donne valdesi dai medioevo a oggi
ente
yn poco più ritirato verso le falde dei monti d'Angrogna.
Ora questa Angrogna è anch'ella una valletta assai stretta,
y|unga> detta così da un piccol fiume che le passa per mezzo:
dov'è la predication dell'Evangelo senza idolatria.
« Dall'altro lato verso tramontana v'è la valle di S. Marjjyo, valle assai più selvaggia... dove cominciando da più
,|to sono Frali, segue Rodoretto, vengono poi Macello, La
Salza, la Maneglia, Richiaretto e 'I Foriero...
« Verso levante v'è la valle della Ferugia, più spaziosa,
più lunga, amena ed abondante ch'è ora sotto il dominio di
Francia siccome l'altre due sono soggette al Duca di Savoia.
questa si predica l'Evangelo in S. Germano, al Vilaro e a
gibbone ; in tutti gli altri luoghi, che ve . ne sono parecchi
altri, v'è la Messa ».
logifl progressivamente indipendente àa quella romana, infine a
compone il passo definitivo del
distacco totale col nominarsi dei
nropri rettori, come avvenne a
Bergamo nel 1218. Già qualche
anno prima, verso il 1215, era
apparso il termine episcopus,
ma è solo verso la metà del secolo che vediamo funzionare appieno presso i Valdesi il triplice
ordo ecclesiasticus del diaconato, presbiterato e episcopato
Parallelamente a questa nuova stmtturazione del movimento
la condizione della donna subisce un mutamento. Essa, che era
stata una libera prédicatrice in
un movimento indifferenziato di
predicatori itineranti, viene ora
sempre più retrocessa a un ruolo marginale dal movimento che
si va strutturando in una triplice gerarchia.
Questo processo riproduce
esattamente quello avvenuto
1000 anni prima, nella chiesa
primitiva, quando proprio lo
strutturarsi della chiesa in forma gerarchica ed episcopale, collegata a una lettura privilegiata
ddle lettere pastorali di Paolo,
confinò la donna in una condizione di inferiorità e di soggezione. Esattamente come la chiesa
del III e IV secolo che sta lentamente perdendo lo slancio
missionario per rinchiudersi su
se stessa, sul proprio patrimonio 'religioso e di tradizione, e
sta progressivamente adeguandosi alle concezioni della società
in cui vive, il movimento valdese
dalla metà del XIII secolo ripiega sulla fedeltà a se stesso, alle
proprie tradizioni, ma, paradossalmente, in tal modo si adegua
alle concezioni dell’epoca, discriminatorie nei confronti della
donna, allontanandosi sempre
più dalla pratica effettiva del
sacerdozio universale per porsi
quale alternativa parallela alla
forma di organizzazione gerarchica cattolica. La predicazione
diventa sempre più un monopolio di questa gerarchia che viene
a trovarsi dinanzi degli ascoltatori. Sembra che alla donna fin
da principio fosse precluso l’accesso a questa gerarchia“.
La donna viene perciò progressivamente confinata a una funzione puramente intrafamiliare.
La sua precedente vivace attività di predicazione si riduce sempre più a un semplice ruolo di
insegnamento nei confronti dei
suoi figli che educa alla nuova
tradizione clandestina di un movimento che ha tuttavia perso
la tensione missionaria e riflette
su se stesso.
4. gli ’’ospìzi”
L’unica attività extrafamiliare
che veda ancora la donna impegnata è ormai quella della cura
della istituzione degli ospizi. Essi risalivano al valdismo primitivo. Servivano come luoghi di
riunione e scuole in cui i membri del movimento, anche molto
giovani, venivano istruiti e quali alloggio dei predicatori itineranti. Doveva essere un’istituzione molto viva se nel 1220 Tommaso I di Savoia promulgò uno
statuto contro l’ospitalità di predicatori e predicatrici itineranti
valdesi.
Al termine di queste osservazioni si può affermare che la vicenda della donna valdese ha seguito le sorti del movimento;
libera predicatrice dell’Evangelo
in un movimento teso all’opera
di evangelizzazione, ne viene
progressivamente esclusa e viene emarginata dalla sua vita
quando esso si viene strutturando in forme più rigide, determinato sia da un processo interno
di involuzione sia dalla pressione dell’ambiente esterno.
Da ultimo essa, benché confinata a quelle funzioni che le sono tradizionalmente assegnate
dalla società quando il movimento anche se solo per antitesi si è ormai conformato all’ambiente dell’epoca, ne resta tuttavia ancora membro attivo in
quanto testimone anche col martirio della propria fede.
A. I. e G. P.
valdese primitivo
donne dell'epoca
Dove si trovano più numerose le donne valdesi impegnate nel movimento?
Sono numerosissime nella
pancia orientale alla fine del
^ sec. e al principio del XIII.
Hanno la missione di predicare come gli uomini valdesi ! Nella città italiane fanno professio116 aperta della loro fede, per es.
a Padova nel 1270. In Germania
Hanno ii compito di dirigere gli
ospizi durante il XIV sec. È no’'0 un importante gruppo di don^ valdesi verso il 1336 a Wittenoatg. Si conoscono eroiche figur® Hi donne nella persecuzione
Hi Austria durante il XIV secolo.
Quando è cominciato e
quanto ha durato questo
loro ministero della predicazione?
.. ^lle donne valdesi difendono
i. loro diritto e il loro dovere
? predicare davanti al vescovo
^ Clermont prima del 1189. La
predicazione di donne valdesi è
Hata di frequente nelle fonti
jH® precedono il 1250. Meno
Passo è dato loro il permesso
^consacrare la S. Cena. In Ita, * le donne missionarie sono atancora verso gli anni 70 del
■'‘HI sec. Poi la loro predica
impegnate nel
servizio del martirio
zione tace, come anche quella
delle valdesi francesi. Ancora
nel 1400 compaiono delle «Meisterinnen» («maestre») presso
un gruppo a carattere valdese
a Strasburgo, ma non sembra
esercitino Tufflcio di predicazione.
Forse curavano gli ospizi?
Sono ben le donne che prendono cura di questa istituzione
che fu cosò utile per la strategia dei predicatori itineranti. È
difficile stabilire il tessuto degli
ospizi: essi ebbero un’importanza non trascurabile, ancora durante il XV sec., in Germania
come mezzo di propaganda delle idee hussito-valdesi. Se ne trovano fin su, vicino al mar Baltico!
La ringraziamo, professore, di queste notizie così
stimolanti !
Quello su cui vorrei insistere
ancora è la portata sensazionale di ciò che la donna ha ricevuto in seno al valdismo primitivo, cioè il compito di essere
portatrice della Parola. Fenomeno senza analogie e talmente rivoluzionario che i valdesi stessi
non hanno saputo conservare a
fondo e per sempre.
dopo gli inizi
e prima della Riforma
Nel 1300 e 1400 il movimento si
trasformò ulteriormente. Si era
già da tempo allontanato dal tipo primitivo di fraternità laica,
in cui era riconosciuto anche alle
donne il diritto di predicare e,
organizzatosi clandestinamente,
la predicazione era diventata prima monopolio di anziani e diaconi a ciò preparati h più tardi
di quelli che prenderanno il caratteristico nome di « Barbi ». I
Barbi di questi secoli sono ricordati come pastori molto dotti,
versati nelle scienze e nell’intelligenza della sacra Scrittura intenti a ben istruire la gioventù e sopratutto gli scolari di buona speranza... fra i quali avrebbero
scelto quelli adatti a pervenire al
santo ministerio. Questi Barbi
avevano inoltre conoscenza di un
rpestiere, specialmente erano versati nella medicina e nella chirurgia. Alcuni cominciarono a
sposarsi, altri se ne astenevano,
non per proibizione o per scrupolo di coscienza, ma per essere
più liberi di seguire la loro missione
Questo ci mostra come i tempi
sono cambiati: al periodo delle
libere discussioni, della pubblica
contestazione succede un periodo
diverso. Il movimento dovrà
muoversi per secoli nella clandestinità e a poco a poco scordare
i suoi valori iniziali. Al principio
ci sono ancora i contatti fra i
Valdesi dei due versanti delle Alpi (Provenza/Delfinato e Piemonte), la espansione in Germania e
nel meridione d’Italia, c’è specialmente il rapporto con gli Russiti
in Boemia a creare nuovi fermenti nel movimento. Ma poi_ a
limitare la missione dei Valdesi e
al tempo stesso a potenziare la
loro testimonianza — perché il
martirio è testimonianza condotta fino aH’estremo — si era svegliata quasi subito l’inquisizione
e aveva sfoderato le sue armi
crudeli e sbrigative contro di loro. Così assistiamo al passaggio
da quello che possiamo chiamare
il servizio della Parola, caratteristico delle origini, a un nuovo
servizio, compiuto dagli uomini
e altrettanto dalle donne, il servizio duro e tribolato del martirio.
Il principio di questo martirio,
come abbiamo visto, risale molto
indietro, il primo supplizio che
conosciamo è quello di una donna, di cui si ignora il nome, accusata di « valdesìa » a Pinerolo
nel 1312 ^ Era il tempo in cui generalmente i sospetti di eresia
venivano ancora puniti con rammenda. Ma le torture cominciarono a moltiplicarsi lungo il 1300.
Negli anni intorno al 1300 girava la regione delle Alpi Cozie il
predicatore eretico Martino Pastre (non è ben chiaro se fosse
valdese o cataro). Il Pastre convertì molti nella regione di Goazze, Giaveno e Luserna con la sua
predicazione nelle case private,
fra il popolo e fra la nobiltà; ce
ne dà esempio Mursa, vedova del
barone Umberto di Coazze, la
quale era una zelante valdese^,
forse un esempio di quelle donne, citate dagli inquisitori, che
collaboravano con i predicatori
ospitandoli e ascoltando la confessione di donne, come la bella
Alasia di Bobbio. Comunque, sia
NOTE
' A. De Stefano. Riformati e eretici. p. 319, cit. da Döllinger, Beiträge,
p. 132.
^ P. Gille.s. Histoire eccl. des Egl.
Vaudoises I, p. 23 ss.
* E. CoMBA. Hist. des Vaudois.
p. 322.
' T. Kaeppeli O. P., Un processo
contro i Valdesi del Piemonte. Riv. St.
della Chiesa in Italia. Anno I (1947)
n. 2. p. 285.
’ E. CoMBA. Op cit., p. 162. Cit. da
Haupt - Wald. u. Inq. II, p. 117.
G. Miolo. Historia breve et vera.
p. 85.
’ Id., p. 86.
* S. Lentolo. Historia delle grandi
e crudeli persecutioni fatte ai tempi nostri in Provenza Calabria e Piemonte,
n. 64.
“ Id., p. 74 s.
Anonimo. Historie Mémorable a
cura di E. Balmas. p. 76 n. 5 e 83.
l’attività del Pastore sia l’attività
clandestina di molti predicatori
valdesi in Italia o in (Germania o
in Boemia, si svolgeva per lo più
di notte e quasi unicamente nelle
case private, nei granai o in locali sotterranei. Questo destava
sospetti e la calunnia che quando
si raunavano insieme commettessero cose indegne di christiani.
Ma il preparare un luogo per il
predicatore, vegliando sulla sicurezza dei fratelli, l’essere compromesse e in pericolo nell’ambito della propria casa deve aver
costituito un grande impegno per
quelle donne, rendendole oltremodo sensibili alla missione. Le
pene cui gli eretici andavano incontro erano: carcere, digiuni,
pellegrinaggi, ammende, segni infamanti, come vestire un abito
con due croci giallastre o rosse o
blu, davanti e dietro, la peggiore
di tutte dal punto di vista sociale.
Un esempio commovente a
questo proposito è il caso avvenuto in un villaggio austriaco nel
1391 a Elsa Feur valdese dalla
nascita: maltrattata dall’inquisitore, si era convertita al cattolicesimo, ma era stata condannata a portare l’abito ignominioso
dei penitenti con le due croci. In
più per sette feste consecutive
aveva subito l’umiliazione di fare
il giro della chiesa davanti al curato che la fustigava e poi di
stendersi per terra davanti alla
poyta della chiesa, lasciandosi
calpestare dai fedeli. Sette anni
dopo Tinquisitore aveva constatato che Elsa Feur continuava a
non credere nel purgatorio e a
considerare illecito per un cristiano il giuramento. Fu condannata e bruciata sul rogo ^
Verso la fine del 1300 si scatenò in Francia la violenta persecuzi«he condotta dall’inquisitore
Borelli: dall’alto del pulpito di
Embrun egli denunciò come eretici' 170 valdesi e fra gli altri vennero arse sulla rocca della città
Marguerite Tournât e Berthe Bonadel, Alfande e Jeanne moglie
di Etienne Puy St. Romain. Fu
una persecuzione violenta e lunga che si propagò pure nel versante piemontese, dove è situato
l’episodio — discusso fra gli storici quanto a data e a particolari — della fuga di interi villaggi del Pragelato sul Colle dell’Albergian (m. 2.700) in pieno inverno. Il Miolo racconta il fatto,
narrando il commovente particolare del ritrovamento di ottanta cune con i piccoli figliolini
dentro *.
Se è difficile documentare dei
dati così indietro nella storia,
pure questa e altre infinite più o
meno sicure tradizioni, tramandate di padre in figlio o riportate senza gran precisione da qualche inquisitore distratto, sono
giunte fino a noi e testimoniano
di un incredibile dolore che conosce il peso dei secoli. In questo stesso tempo, sempre il .Miolo, .situa l’impiccagione di Margarita Latoda di Meana per la religione Valdese" e abbiamo notizia di un rogo, accesosi a Pinerolo nel 1433, su cui furono .arsi un uomo e quattro donne vaidesi.
il tempo della Riforma
Non si può capire come il 1500,
secolo così ricco di aperture
umane, abbia potuto esprimere
tanta incomprensione, tanta crudeltà. Evidentemente non possiamo nemmeno alla lontana elencare tutte le sofferenze vissute
dai Valdesi là dove essi abitavano e, per quello che riguarda il
nostro studio, dalle loro donne.
Possiamo citare solo alcuni episodi avvenuti nelle zone che ci
sono più vicine, episodi presi qua
e là, che ci fanno sentire la donna valdese partecipe ora del travaglio attraverso cui il movimento è passato, come lo era stata
nel tempo della missione iniziale.
IN PROVENZA
Non è sempre solo storia di
dolore quella delle donne valdesi. Scipione Lentolo, uno dei nostri primi storici, ci narra l’episodio dei ragazzi di Mérindol in
Provenza. Verso la metà del 1500,
quando il villaggio ricevette la
visita del vescovo, quei ragazzi
seppero in sua presenza discutere con tanta serietà e competenza delle cose della fede e sostenere sopratutto la necessità di
pregare nella lingua parlata e capita, da stupire anche il vescovo:
Un di loro cominciò a interrogare gli altri, con tanta gratia e autorità che pareva egli fosse il
maestro: e gli altri, per ordine rispondevano tanto a proposito
che non vi fu persona che li udì
che non se ne meravigliasse L Lo
storico non indaga se il merito di
tanta conoscenza fosse dei Barbi
o delle mamme, ma ci è lecito
spingere l’immaginazione oltre il
dato puramente storico e vedere
in questo episodio il segno di una
NELLE VALLI
L’agosto 1555 segnò un tempo
nuovo per i Valdesi delle Valli.
Dopo la loro dibattuta adesione,
nel Sinodo del 1532, alle chiese
della Riforma svizzera che le incoraggiavano a professare più
apertamente la loro fede, i Vaidesi sentirono il bisogno di predicare in pubblico. Fu allora che
si costruirono i primi templi:
quelli del Capoluogo e del Serre
per Angrogna, il Ciabas per Luserna, i Coppieri per Torre. Le
case cessarono di essere luoghi
di incontro. Però già nel dicembre 1559 Emanuele Filiberto, entrato in possesso del Piemonte,
testimonianza familiare e pensiamo materna, fondata e sagomata
sulla Bibbia.
Nel 1545 una piersecuzione radicale, che durò 18 anni, distruggeva i villaggi di Mérindol, Chabrières, ecc. Stralciarrio dalla
opera citata del Lentolo, che dopo aver descritto Torrenda strage, dice: Perché non si trascurasse alcuna crudeltà furono prese 40 donne (gli storici antichi
sono sempre un po’ approssimativi con i numeri, ma che cosa
cambia se erano 40 o 400 o 4?),
alcune delle quali erano gravide
e havendole fatte serrare dentro
una grangia vi fu messo il fuoco
da tutti quattro i lati e perché,
crescendo le fiamme, quelle meschine cercavano di gettarsi giù,
erano fatte tornar dentro a punte di alabarde e di picche... Entrati poi i soldati nella chiesa
dov’erano molti poveri vecchi,
molte donne e fanciulli, senza
compassione alcuna fu fatta di
loro uccisione crudelissima
organizzò una repressione contro
quelli che chiamava « i bestemmiatori », per distruggere i templi ed espellerne i ministri. La
« Histoire Mémorable » scritta
da un anonimo, contemporaneo
di questi fatti, racconta sobriamente come in quella occasione
a Carignano fossero presi Marcellin e sua moglie Giovanna che
furono bruciati vivi otto giorni
dopo e morirono ambedue nello
stesso tempo. Ma per mezzo della
donna Dio fornì un singolare
esempio di costanza, poiché mentre erano portati a morte essa
esortava il marito dicendo: —
Stai di buon animo, fratello, poiché oggi noi andremo insieme in
paradiso —■
Vedendo come le misure contro di loro rincrudivano, i Vaidesi cominciarono a evacuare le
loro case, portando via suppellettili e vettovaglie di maniera
I. A. e B. S.
(continua a pag. 6)
attività nella missione
del periodo iniziale
Stralciamo da una lettera di
K.-V. Selge:
Certo che donne valdesi interessanti ci sono state e molto
attive! Sono state attive nella
missione primitiva e hanno creato un problema particolare per
i rapporti con la gerarchia ecclesiastica. Perché se, già di per sé,
la predicazione laica era accettala con difficoltà e con grande
precauzione, un tale ministero,
svolto da donne, non poteva non
essere considerato come contrario all'ordinamento divino. Si ricordi infatti I Cor. 11: 1 ss. in
cui Èva ha la parte peggiore nella caduta dell’uomo, si ricordino le tradizioni patriarcali, le
influenze spiritualistiche di tanti
secoli che si ripercuotono sulla
tradizione teologica e soprattutto devozionale della chiesa cristiana.
Bisogna anche dire che in questo ministero della predicazione
le donne sono sempre state una
minoranza. Però direi, pur con
grande cautela, che la donna allora aveva una vita pesante, negli strati sociali nei quali la missione valdese si è svolta per lo
più. Donne e uomini dovevano
portare il peso delle cure quotidiane e non c’era tempo per esibizioni patriarcali. Quindi un ri
sveglio in quegli strati doveva
coinvolgere anche le donne.
Ma la loro maggiore attività
nel movimento valdese non è
stata la predicazione attiva,
quanto il procurare l’ospitalità é
il curare la vita quotidiana dei
predicatori. Se la predicazione
ha avuto popolarità e ha potuto
sopravvivere, è dovuto in parte
alla collaborazione delle donne
che sono state un trait-d’union
tra i predicatori itineranti e la
bassa e media società (si conoscono anche casi di donne nobili o pressoché nobili, fra borghesia e nobiltà).
La caratteristica di partecipare attivamente ai movimento è
rimasta alle donne anche durante i secoli di clandestinità anzi,
forse soprattutto nei secoli in
cui il ministero della predicazione era limitato agli uomini per
ovvie ragioni di praticità, la loro
partecipazione ha avuto un peso
maggiore.
Molti cordiali saluti
Kurt-Victor Selce
Questa doppia pagina, come
quella che seguirà la prossima
settimana, sono state preparate
da un gruppo di valdesi romane: Inda Ade, Fernanda Comba,
Alessandra Ippoliti, Giovanna
Pons e Berta Subilia.
6
pag. 6
N. 7 — 15 febbraio 1974
a cura della federazione femminile valdese
impegnate nel servizio
del martirio
(segue da pag. 5)
che per lo spatio di otto giorni
non si vedeva altro per le strade
che persone andare e venire, come le formiche al tempo de
l'estate non cessano di andare innanzi e indietro per congregare
la provisione dell’inverno. Andavano cantando salmi e consolandosi l’un l’altro
Sopravvenne uno dei momenti
peggiori. Le persecuzioni che seguirono abbracciarono quasi ininterrottamente mezzo secolo. I
saccheggi delle case, le donne rapite come ostaggi sono all’ordine
del giorno. Il Lentolo che visse
quelle persecuzioni le racconta
nella sua maniera sobria e impressiva: il Tagliaretto, sulla
via di Pradeltorno, fu saccheggiato e una volta i saldati vi arrivarono di notte e uccisero uomini donne e fanciulli mentre erano
ancora nel loro letto. Una volta
le donne furono rimandate a casa dopo essere state arrestate,
senza che fosse loro stato fatto
torto alcuno quanto all’onore...
Vero è che nel medesimo giorno
furono trovate due povere donne
in una caverna, madre e figlia,
ferite a morte dai soldati, così
che poco dopo passarono da questa vita'"^. A volte invece le donne combattono: Gl’ Angragnini
tanto gli uomini che le donne fecero gran difesa " o ràiutano la
difesa mentre gli uomini tengono
a bada i soldati, pptiàno pietre
che scagliano, rius^’ndó a metterli in fuga. Ma Spesso quelle
meno agili rimangono nel villaggio con i vecchi e i fanciulli e
vengono uccise, come nell’incendio di Rorà, durante la terribile
repressione del conte della Tri.nità.’
IN CALABRIA
L’^emigrazióne nell’Italia meridionale risale a cavallo del XIII
e XIV secolo. I Valdesi detti gli
« Oltremontani » vi si stabilirono
e vissero secoli di lavoro e di relativa pace, visitati regolarmente
dai Barbi piemontesi. Quando alle Valli cominciarono i culti pubblici, desiderarono anch’essi uscire dalla clandestinità e chiesero
dei pastori. Furono mandati Bonello e Paschale. Il primo morì
martire a Palermo, il secondo subì U martirio a Roma, come eretico. Questo attirò l'attenzione
dell’ Inquisizione e fu iniziata
un’opera capillare per condurre i
Valdesi all’abiura. Essi scrissero
una delle pagine più commoventi e tragiche della storia valdese.
Una delle prime persone che
l’inquisitore di turno cercò di
persuadere, fu Maddalena Aurelia, madre di un giovane che si
preparava al ministero nell’accademia di Calvino. Perciò la madre era particolarmente sospetta
e fu spietatamente molestata.
Andando così le cose, i Valdesi
di Calabria, S. Sisto, Montalto,
Fuscaldo cercarono salvezza fuggendo nei boschi, i genitori portando i figliuolini in braccio, e
trascinando le persone .anziane.
Fuggirono quasi tutti e i boschi
così belli dell’Appennino calabrese risuonarono delle loro preghiere. Non mancarono le trattative
e le promesse, tra l’altro che
le donne e i fanciulli tornassero
pure alle loro case e stessero sicuri che non sarebbe stato fatto
loro alcun male. Chi potrà raccontare quanto fu miserabil cosa
tal separamento? — si chiede il
Lentolo. Le donne tornarono ed ,
alcune erano costrette a portare
in braccio i loro piccoli figlioletti, onde erano, dopo aver camminato alcune miglia, tanto stanche che per non poter più si gittavano a terra. Naturalmente
avvenne che gli uomini furono attaccati dai soldati e non volendo
uccidere, furono massacrati. I
villaggi bruciati. Le donne che
per il terrore erano fuggite nelle
campagne erano menate, quelle
meschine, da quelli scellerati e
pessimi ladroni per entro i boschi e quivi battute e tormentate
nei più strani modi che havesse
saputo immaginare la loro più
barbara crudeltà. Le svergognavano, né lasciavano cosa alcuna
per scellerata che fosse, di commettere contro quelle meschine
ed infelici. Dopo di che le condussero a Cosenza e le rinchiusero in una prigione umida, tormentate dalla sete, dalle corde
così strette ai polsi che si formavano delle piaghe purulente.
Fra esse era Maddalena Aurelia
che si mantenne, come le altre,
coraggiosa e forte. Quando qualcuna era dimessa dal carcere, doveva portare l’abito infamante:
due pezzi di panno giallo con una
croce rossa davanti e dietro laonde quando queste infelici se ne
andavano via in così strana divisa ogniuno che le incontrava le
scherniva chiamandole cagne,
streghe e che no? **. In seguito i
fanciulli furono distribuiti nelle
famiglie cattoliche* fu proibito ai
giovani di sposarsi tra loro e
questo fino allo sterminio completo di quella gente.
il secolo
della Controriforma
Il Seicento è segnato dal periodo della Controriforma, che è
stata una reazione a tutto quello
che di suo aveva portato la Riforma. Non necessariamente la
Controriforma ha provocato sempre una lotta cruenta contro i
Valdesi, è stata forse sopratutto uno spirito introdotto nel pensiero del secolo.
Si ha l’impressione che nei primi anni del 1600 ci sia stata una
certa tranquillità tra i Valdesi,
dovuta forse a quell’Editto di
Nantes che metteva tregua alla
persecuzione e che più tardi è stato revocato. Ma è una tranquillità opaca, subdola, che sa tanto,
appunto, di Controriforma! I duchi di Savoia oscillavano in continui compromessi con i loro sudditi valdesi, dei quali si servivano, preoccupati sopratutto di
rendere solida la loro casata. La
chiesa cattolica, in quel suo bisogno di rinnovarsi all’interno, dopo l’esperienza della Riforma,
aveva preso in mano la lotta contro l’eresia per restaurare l’unità
della chiesa.
Non sono sempre gli eretici a
portare fermenti nuovi? I Valdesi li avevano portati all’inizio
del loro movimento. Poi nel corso dei secoli uomini e donne avevano dovuto impegnarsi a difèndere le loro pMDsizioni con le unghie e con i denti. Ma la persecuzione non era riuscita a distruggere il Valdismo: era riuseffa però a canabiargli la fisionomia, a
, trasformare quel movimento,
aperto verso la società e desideroso di' trasformare la società in
cui aveva cercato di inserirsi, in
rma comvmità che, data la situazione, non poteva più che badare
ài fatti suoi. .
Anche la donna valdese è diventata diversa.
Se la caratteristica del Valdismo in questi ultimi secoli non
ha più potuto essere quella della
missione evan^lizzatrice, era subentrata però in esso un’altra caratteristica evangelica — quella
della perseveranza — che è stata
più nell’intimità delle loro case e
socchiudere caute la porta al temuto nemico. L’indomani, vigilia
di Pasqua, del 1655, all’alba, ogni
soldato si abbatte sulla famiglia
che l’ha ospitato e viene compiuta nelle Valli quella strage di inenarrabile crudeltà che è detta
Pasque Piemontesi. Uomini inermi mutilati, scorticati, squarciati,
infermi e vecchi lungamente martirizzati, bambini strappati dalle
braccia materne e sfracellati contro le roccie, fanciulle e donne oltraggiate e poi. scaraventate nei^
precipizi, quando non venivano'
decapitate e impalate e sotterrate vive... La penna cade di mano...^’’.
È in questa occasione che incontriamo Caterina Durand, moglie di Gianavello. Quando Rorà
fu invasa, le case incendiate e gli
abitanti massacrati, fu fatta prigioniera con le sue tre figlie. Il
Pianezza offerse a Gianavello la
loro liberazione se avesse abiurato alla sua eresia. Ebbe un rifiuto. Le quattro donne subirono
mesi di prigionia senza piegare.
Tutta l’Europa fu indignata dei
massacri del Pianezza e in seguito all’intervento di ministri della
Svizzera, fu firmato un accordo
a Pinerolo che prevedeva anche
la resa dei prigionieri. Così furono liberate la moglie e le figlie di
Gianavello. Le figlie sposarono
dei compagni d’arme del padre è
la moglie lo seguì in esilio a Ginevra.
Molte altre donne si comportarono validamente: Margherita
Garnier, sorella di Gianavello,
presente all’assalto di Rorà, ferita a morte, col figlioletto tra le
braccia, quando vide il marito
trovò la forza di sollevarsi per
supplicarlo di non abiurare per
salvarla. Giovanna Simondet, detta Magna Giana, aveva un albergo a Villar: un albergo dove trovarono rifugio, aiuto e cure i
Valdesi feriti e fuggitivi. Anna
Mondon e le sue compagne, a
guardia del bestiame sulle alture,
si difesero da un attacco di soldati piemontesi, rotolando in basso delle roccie. Anna, moglie del
capitano Mondon dei « duecento
invincibili », seguirà il marito nella guerriglia, lo accompagnerà ■
nell’esilio, ritroverà con lui la loro casa nel rimpatrio. La guerriglia dei « duecento invincibili »
salvò i Valdesi dallo sterminio e
rese possibile ai superstiti di
espatriare in Svizzera e Germania. Moltissimi, uomini e donne,
abiurarono in quel tempo che
non conosceva diritti e pensiamo
che il giudizio cadrà su quella società più che su di loro. La statistica segna 3000 esùli rimasti
fedeli. Essi poterono rìrripatriare
nel 1689 e l’anno successivo an
/ lettori ci scrivono
I Ritorno al paese
In occasione della presentazione di queste pagine, il Comitato Nazionale
della F.F.V.,ha inviate a tutte le Unioni una circolare che, fra l’altro, diceva: «...ci pare poi importante che il movimento abbia potuto procedere con una dinamica comunitaria, dato che il martirio — la testimonianza
fino all'estremo — è stata vissuta dagli uomini come dalle donne, e infine che
la donna abbia preso parte all'attività diaconale dei tempi più recenti. Speriamo di non avervi presentato un immobile profilo del passato, ma che la
testimonianza che abbiamo cercato di far rivivere da episodi, pensieri, torture, speranze, preghiere e azioni possa raggiungere ognuna creando in noi
forse cattiva coscienza per le nostre stanchezze di oggi, per le tante "scuse"
che sappiamo portare per non impegnarci". Nel pensiero e nel ricordo di
quanto ci dicono queste donne del passato, le donne valdesi di oggi vogliono
ancora vivere, testimoniare, servire la loro Chiesa, umilmente ma con fedeltà
e dedizione. Ade Cardio! Theiler, presidente della FFV
vissuta con coraggio non meno
dalle donne che dagli uomini,
permettendo al Valdismo di resistere non solo come popolo, ma
anche come una intiera comunità
di credenti.
Per illustrare brevemente questo periodo leggiamo nella storia
di P. Gilles, pastore a Torre Pellice e contemporaneo di questi
fatti, la piaga di nuovo genere
che tormentò i Valdesi: l’invasione dei frati, che rendevano la
vita intollerabile ficcandosi dappertutto, nelle case, nelle botteghe, nelle campagne, nelle S'trade,
insolenti e ingiuriosi. I Valdesi
non riuscivano a liberarsene né
per via legale, né era loro permesso farlo con la forza. Perché
non succedesse un guaio grosso,
a Villar e a Rorà, dove i frati
erano stati particolarmente insopportabili, ecco entrare in scena alcune forti contadine valdesi e — facendoci alquanto sorridere — caricarsi sulle spalle i
frati e portarli fuori dai loro
confini! ''
La Congregazione « De propaganda fide et extirpandis haereticis » era stata fondata a Roma
nel 1622 e offriva indulgenze plenarie ai suoi attivisti. Anche negli
stati sabaudi uomini e donne cattolici si dedicavano con zelo a
quest’opera. Le donne lavoravano
in modo capillare, subdolo, insinuandosi nelle famiglie valdesi,
per corrompere, dividere, provocare. E sotto Carlo Emanuele II,
per l’influenza della Propaganda
la persecuzione si addensa e si
concreta in una delle stragi più
crudeli che i Valdesi abbiano subito. Il marchese di Pianezza aveva persuaso i Valdesi ad alloggiare in ogni casa dei loro villaggi un soldato del duca, per dimostrare a questo la loro lealtà. Possiamo immaginare le donne preparare dubbiose un giaciglio in
che le famiglie — donne e bambini — tornarono alle Valli che
dodici anni dopo contavano 6000
abitanti. Un aumento eccezionale
e un ripopolamento merito delle
donne!
Era lontano l’ideale del celibato volontario come disponibilità
per la missione: ora si guardava
a una ripresa di possesso del paese, a una serena vita di famiglia,
forse anche in reazione a un passato così tormentato quando i
figli erano rapiti e mai più restituiti, perché messi in collegi o in
ignote famiglie nobili che Ìi allevavano nella religione cattolica e
se ne servivano come servi.
Il secolo successivo, il ’700, all’insegna della tolleranza, è stato
più tranquillo per i Valdesi, per
le donne in particolare, dal punto
di vista della repressione armata. I nuovi problemi, posti dalla
filosofia dell’epoca, si sono riflessi
anche nelle chiese delle Valli probabilmente attraverso la predicazione dei pastori che si formavano nelle scuole teologiche europee ed erano influenzati dal pensiero illuminista (fede nella Ragione e nei suoi « lumi », cioè in
fondo fiducia nell’uomo).
* * *
Stranamente, nonostante questa mentalità razionalista, o forse proprio in reazione ad essa,
all'alba del XIX secolo sorge il
Risveglio a cui — come vedremo
prossimamente — le donne vaidesi hanno attivamente partecipato. I. A. e B. S.
” S. Lentolo, Op. dt., p. 178.
Id., p. 190.
G. Miolo, Op. cit., p. 90.
S. Lentolo, Op. cit., p. 232. 235,
243.
P. Gilles, Hist. Eccl. des Eglises
Vautoises^ II, p. 57 ss. e 373.
E. CoMBA, St. dei Valdesi, p. 193.
Un lettore, da anni emigrato per lavoro a
Frauenfeld (Svizzera) ci scrive:
Cara « Luce »,
ho trascorso quattro settimane nel niio paesello nativo. Dopo anni ho rivisto la chiesa
dove ho conosciuto l’Evangelo e dove per la
prima volta ho fatto conoscenza con te e, non
per elogiarti, mi sei sempre stata cara. Lì ho
avuto occasione di parlar« con vecchie 'Conoscenze e amici. Una sera parlai con un ex-fascista, ora di sinistra, e con un ox-evangelico,
con il quale negli anni '30 si frequentava insieme lUGV, e che ora è fascista. Il primo,
con fare ironico, non crede se non quello che
vede e ho dovuto dirgli ; « Io non dovrei credere alLesistenza di un ex-Mussolini, solo perché non 1 ho mai veduto? » e li a elencargli
tanti altri nomi della storia passata, fino a
Mosè. A questo punto il secondo asserì di credere ai personaggi della storia, conre pure al
Cristo, ma in Dio...; e se pur esiste, è Fautore di ogni male, perché avrebbe potuto far
l’uomo più buono.
Un giovane fratello, conosciuto in un incontro primaverile, mi raccontò le avventure della
sua vita e infine mi forzò a leggere la lettera
di un suo congiunto, colonna della chiesa,
che concludeva: «Se tu rifiuti dì ascoltare
questo mio accorato consiglio, sappi bene che
I Onnipotente dalFalto veglierà e veglierà non
invano ».
Sono rientrato a Frauenfeld e ho trovato i
tuoi numeri, in particolare il primo del 1974,
con I articolo di fondo dì Paolo Ricca, a Speranza contro speranza ». Com’è pieno di realtà!
II tornare a Dio sarebbe il dovere di ogni cristiano. Egli ci ha tanto amato e in Cristo Gesù ha compiuto l’opera salvifica di ogni uomo
che crede e sa amare il prossimo come fratello perche rei volto di lui indentifica quello
di Dio.
Ma il nostro c^tianesimo sa solo inveire
contro i negatori S^Dio, gli atei che lo accusano come l’autore di tutti i mali e gli altri
che lo vogliono condizionare e piegare alla loro volontà, come nel caso di sopra.
Se si volessero scrivere tutte le cose che
succedono nelle nostre chiese, ci sarebbe da
mettersi le mani nei capelli. Ognuno di noi
vuole che Dio agisca secondo il nostro volere, anziché tornare a lui come alla “voce profetica". Tutti diciamo di amare Dio, ma ;ion
sappiamo amare il prossimo comé’^^egli ci comanda, anzi, se possiamo gli scarichiamo .addosso le nostre colpe, rendendogli la vita più
pesante. Vogliamo fare risaltare la nostra personalità, la nostra famiglia, il nostro ceto,
calpestando quello degli altri.
E le rapine a mano armata, gl’imbrogli, gli
scandali nei paesi cristiani sono all’ordine del
giorno; quando poi nella nostra Italia — culla del cristianesimo, faro dì civiltà — si viene a sapere che in detti scandali sono coinvolte
e incriminate personalità che dovrebbero fare
rispettare la “legge”,che pensare? Non è forse Dio che deve tornare all’uomo?
Dio torna all’uomo ogni giorno, perché ogni
giorno gli rinnova il suo amore e le sue misericordie e il suo invito « Venite a me » ;
sappiamo noi ascoltare questo invito meraviglioso che si ripete ogni istante della nostra
vita? Se si, sapremo amare anche il fratello e
chiedergli perdono se Fabbiamo offeso e perdonarlo se ci ha offeso. Ma finché non fiappiamo riconoscerci peccatori davanti a Dio e
batterci il petto fino a squarciarlo, non ci giova a nulla se nei confronti del fratello vogliamo essere un gradino in su ed essere sempre
dalla parte della ragione. Questo ci allontana
sempre più da Dio, fino a rinnegarlo e ad attribuirgli le nostre colpe.
Un giorno, però, gli renderemo conto.
Domenico Di Toro
Divorzio
e referendum
Torino, 6 febbraio 1974
Caro direttore,
la Signora o Signorina Augusta Merolli
protesta perché VEco-Luce ha pubblicato un
mio articolo sui referendum.
Mi ripeterò, ma debbo ricordare che non
sono valdese, né evangelico, né cristiano. O
almeno tale non mi dico (come non mi dico
marxista). Sono un originario e in parte residente delle Valli Valdesi che ci tiene al suo
popolo, riconosce di dovere molto alla Chiesa
Valdese (e magari un poco anche ai marxisti),
ivi comprese delle critiche. A questo titolo
questo giornale mi ospita. Per gusto e per
professione sto volentieri con i giovani, ma
non credo di essere fra coloro che invecchiando sentono il bisogno di adularli. Anzi, lì ingiurio volentieri, e ho una speciale simpatìa
per gli anziani^ Non credo che l’avvenire sia
solo dei giovani, è anche dei vecchi. Il Partito
Radicale mi lascia a volte un pò irritato e perplesso, Vorrei che Augusta Merolli mi capisse.
Ma il Partito Radicale, di cui non faccio parte, si batte per i diritti civili, e gli altri no, o
poco e con tanta ipocrisia. Ma molti giovani
si battono anche per i diritti e per la libertà
di Augusta Merolli e miei, mentre i più anziani stanno a guardare. Non faccio di ogni
erba un fascio. E, come si sa, chi fa sbaglia
apparentemente non sbaglia solo chi non fa
nulla.
Perché si tratta di libertà. E mentre si ha
il dovere di non schiavizzare, si ha il diritto di
imporre la libertà, cioè la responsabilità. Questo non vuol dire imporre un voto. Io esprimo
le mie opinioni, e quel che credo bisogna fare. Non si tratta di imporre alle coppie di
separarsi, ci mancherebbe altro! Ma lo Stato,
la legge non hanno il diritto di impedirlo. E
se una tale legge c’è, per me non è valida. Come non sarebbe valida una legge che mi imponesse di uccidere ogni decima persona che
incontro. È meglio però che tali leggi non
ci siano. Perciò sono per una legge che permetta il divorzio. Se un uomo ha dei doveri
verso una donna anziana, li conserverà anche
con il divorzio, senza esserne schiavo. £ se è
quel che si dice un lazzarone; non lì osserverà anche se rimarrà formalmente legato. Di
co questo sapendo che cosa preziosa, e neanche
tanto rara, è Fimione, Farmonia fra due vecchi.
Gli altri otto referendum, quellr promossi
dal Partito Radicale, e su cui mi propongo di
tornare con un articolo, chiedono Fabolìzìone
di alcuni articoli del Concordato, di leggi derivate dal Concordato, del codice penale militare di pace, dell’ordinamento giudiziario militare, della legge istitutiva delFOrdine dei
giornalisti, delle norme sulle telecomunicazioni che estendono il monopolio televisivo alla
televisione via cavo, della legge del 1948 sulla
stampa, e infine di una parte delFaltuale codice penale.
Tutti i partiti parlamentari sono contrari,
ed ora cominciano a mettersi contro anche
gli extra-parlamentari, che in un primo tempo erano favorevoli. Ma se il Parlamento non
si muove neppure adesso — e siamo arrivati
a quello che si chiama il Trentennale della
Lotta di Liberazione — i cittadini, cristiani
o no, che debbono fare? Anche loro stare a
guardare?
Cordiali saluti
Gustavo Malan
17 febbraio
Una lettrice delle Valli, che ha appena perduto uno dei suoi familiari, ci scrive:
Un altro 17 febbraio si avvicina e invila
gli uomini di buona volontà ad aiutarsi e
amarsi come fratelli; questo a noi lo chiede
il Signore. Anche là. dove regnano l’odio e la
guerra, possano i popoli conoscere e festeggiare una data come questa, affinché sia ovunque
messo in pratica il comandamento d‘amore
del Signore. Si accenderanno ì falò e la luce di
quei falò salirà al cielo.
Ogni anno con amore ricordavi quella data. Ora la tua morte improvvisa ha lasciato in
tanti il rimpianto, perché hai saputo amare e
aiutare chi era nel bisogno. La tua vita semplice rifletteva la fede nascosta nel tuo intimo.
Hai duramente lavorato. Ora Dìo nella sua
infinita misericordia ha voluto richiamarti a
a sé da questo mondo di dolore, senza farti conoscere una lunga sofferenza, e questo ci è
stato di conforto nella separazione.
Con una stretta al cuore ricordo la nostra
cara casetta, dove da bambina ho trascorso
un’infanzia serena e felice. La mamma ci pre.^parava con amore e c&ti cura a questa festa
di ringraziamento a Dio, che aveva protetto i
nostri padri e aveva dato a noi giovani il desiderio dì vivere e lavorare per il Signore. Ma
ora la porta della casetta è chiusa, e Dio ha
ancora voluto provare la mia fede con questo
dolore, dopo molti altri. Il dolore, però, aumenta la nostra fede e Dio non ci abbandona : rimane sempre al nostro fianco per sostenerci
e consolarci. So che i miei cari non sono morti, ma vivono, secondo la promessa di Gesù:
« Chi créde in me, anche se muore, tivrà. e
chi vive e crede in me non muore in eterno ».
Siano queste parole di conforto a chi dubita;
vivendo in comunione con Gesù la nostra vita cambia totalmente.
una valdese
Responsabilizzazione
Torino, 8 febbraio 1974
Caro direttore,
desidero replicare brevemente all’articolo
di G. P. pubblicato sulPultimo numero a pag.
6 col titolo « I binari della storia ».
G. P., neH’accettare la notevole (anzi, radicale) diflerenza da me in precedenza sottolineata, fra « statalizzazione » e « socializzazione », coglie Poccasione per far rilevare, attraverso uno scritto di Amalrik, il senso di impotenza e l’assenza di « responsabilità sociale » di fronte al pesante apparato burocratico
sovietico. Il punto è proprio questo: la responsabilizzazione. Il problema si presenta pari pari nel sistema capitalistico (vedi catena
di montaggio, azioni ripetitive aH’infinito. costruzione di pezzi di cui l’operaio non sa nemmeno la funzione, ecc.), dove le direttive vengono dall'alto e sono subordinate all’inflessibile n logica » del profitto e del consumismo.
Non parliamo poi della statalizzazione in
Italia (si pensi alla scuola, al sistema giudiziario, alle poste, aU’esercito, ecc.) .11 fatto è
che la « cosa pubblica », invece di essere gestita come bene comune, viene adoperata come « roba di ne.ssuno » (tanto, paga lo Stato!), quando poi addirittura — e mi pare che
qui da noi la cosa sia all’ordine del giorno __
non venga utilizzata come base clientelare e
come generosa dispensatrice di favori... interessati.
Riferendosi poi al caso del Cile, G. P. ricorda che non solo le miniere di rame sono
state totalmente nazionalizzate sotto Allende,
ma che varie altre sono state le nazionalizzazioni. Certo, nessun dubbio, ma io mi ero
fermato all esempio del rame perché era quello
più « noto » e comunque uno di quelli determinanti per la caduta di Allende (col dimezzamento del suo prezzo) voluta dagli Stati
Uniti.
Probabilmente all’America poco importava
che Allende nazionalizzasse il restante delle
miniere di rame, ma invece molto importava
che il socialismo non vincesse in Cile. Per ottenere questo, essa ha commesso una gravissima intromi-ssione in un paese straniero, una
intromissione che si può mettere alla stessa
stregua dell’inlervento sovietico in Cecoslovacchia (con tanti e tanti morti in più).
Colla differenza che PURSS ha agito —
brutalmente finché si vuole — ma a « viso
aperto », mentre gli USA hanno usato una
tattica più subdola, più «astuta»; se questo
è un esempio di democrazia, alla larga!
Roberto Peyrot
TRASPORTI E TRASLOCHI
per Torino e qualsiasi destinazione — furgone imbottito —
Sala, Nichelino, tei. 011/66.05.72.
7
15 febbraio 1974 — N. 7
CRONACA CELLE VALLI
pag. /
Alle Valli oggi
L’ECO DELLA VERITÀ’ 1874
CGTltGTKXViO ^ proposito deirinsegnamento religioso nelle scuole 100 anni fa
e XVII
febbraio
Qualche anno fa, in un’intervista fatta da questo settimanale al prof. Amedeo Mainar in occasione del 17 febbraio, gli si chiedeva: « Pensa che altre date, risalendo la storia valdese, sarebbero più degne di essere celebrate
come ’’festa valdese”? ».
La sua risposta: « ... la coscienza
della continuità storica è messa in crisi,
ai giorni nostri, presso i protestanti di
ogni colorazione. Una delle cause è
forse lo storicismo idealista delle generazioni che ci hanno preceduto, troppo
dedito a glorificare retoricamente le
virtù dei padri, sfuggendo l’interrogativo circa l’autenticità teologica, evangelica, delle decisioni che un tempo essi
presero. Se si ha il coraggio di porre
questo interrogativo, vi saranno probabilmente altre date, nella storia valdese, che risulteranno assai più importanti di quelle che segnano le tappe del
processo, pur importante, ma non essenziale, della loro legittimazione civile ».
Quando Molnar scrisse queste parole non si parlava di centenario; era il
1967. Oggi, a sette anni di distanza,
questa sua chiara indicazione si sta
imponendo all’attenzione di tutte le nostre comunità.
E’ indubbio che, indipendentemente dal centenario, i temi e le scelte dei
valdesi medioevali sono di ben maggior attualità della celebrazione del
17 febbraio. Oltretutto sono due momenti storici estremamente diversi, con
delle scelte radicalmente differenti, e
non perché vi sia stata di mezzo la Riforma a cui i valdesi aderirono. Mentre
la protesta valdese « costituì una rinuncia alla cristianità costituita, in vista
di una presenza autenticamente evangelica, solidale con gli uomini minacciati nella loro umanità », come scrive
il Molnar, il 17 febbraio è invece una
specie di imprimatur regio a condividere diritti e doveri della stessa « cristianità costituita ». Al discepolato dei
primi si sostituisce il patriottismo dei
secondi, per dirla un po’ paradossalmente. D’altra parte, riscoprire il valdismo medioevale come momento particolarmente significante per noi oggi,
non significa coprire il significato del
17 febbraio. E’ sbagliato dire che il
17 febbraio non ha senso per le nostre
comunità (ammesso che qualcuno lo
dica): è vero invece, che le nostre
comunità non sanno dare significato al
17 febbraio. Il significato delle cose
non esiste da sé; c’è se sappiamo darlo.
Uno sguardo al bollettino inter parrocchiale in distribuzione è una fedele fotografia del modo con cui non sappiamo vivere nel presente il messaggio del
17 febbraio. Non sappiamo occuparci
seriamente né della nostra libertà né di
quella degli altri. Ogni momento del
passato porta con sé un significato potenziale per le nostre scelte di oggi: tutto sta nel saper scoprire questo nesso
con la realtà di oggi. Il passato non lo
si rivive, non ha nessun .senso staccato
dal presente.
Mentre noi ricorderemo nei nostri
culti e nei pranzi il 17 febbraio 1848,
altri fratelli in fede, altri valdesi, lo trascorreranno in prigione in sudamerica,
oppure nelle loro case, ma in un clima
di terrore e di paura. Per loro il 17 febbraio ha un ben altro significato che
per noi, mentre noi lo ricordiamo loro
lo aspettano ”di nuovo”.
Ermanno Genre
visita
Avromo il piacere di aecogliere alle
valli dal 20-25 febbraio, un gruppo di
studenti in teologia valdesi, provenienti daH’Argentina e dall’Uruguay. Questi
fratelli stanno effettuando un viaggio
di studio in Germania con i loro compagni della Facoltà di Buenos Ayres
ed hanno manifestato il desiderio trovandosi in Europa, di visitare le valli.
Giungeranno a Torino nella serata del
19 febbraio e ripartiranno il 25 p^r fare ritorno a Parigi dove raggiungeranno i compagni prima di partire per
l’America Latina.
Anche se il soggiorno di questi amici sarà breve, limitato a 5 giorni in
tutto, l’occasione di avere un gruppo
di studenti valdesi fra noi è più unica
che rara; quelli che sono venuti in Europa in passato lo hanno infatti fatto
nel loro anno di prova e non così numerosi. Ci auguriamo che possano avere occasione di incontrare molti valdesi alle valli, prendere utili contatti, fare benefiche esperienze: diamo sin
d’ora il nostro fraterno saluto a questi amici.
La presa di posizione in materia di
insegnamento religioso del cosidetto
« campo di evangelizzazione » la troviamo nell’Eco della Verità (Giornale
delle Chiese evangeliche italiane, come indica il sottotitolo), che si pubblica « la mattina di ogni sabato in Firenze », e appunto nel 1874 annunzia la
sua morte e risurrezione, « con la stessa redazione e con ugual prezzo e formato » ma con mutato nome; diventerà: La famiglia cristiana; sarà « popolare e interamente libero da qualsiasi ecclesiastica pastoia ».
* * *
Come abbiamo precedentemente ricordato, nelle Valli Valdesi la discussione che aveva portato ad una presa
di posizione era stata contaminata da
tutta una serie di equivoci e di casi
personali, insinuazioni e risentimenti,
in cui Tincomprensione di alcuni genitori e la permalosità di qualche insegnante elementare avevano fatto degenerare un dibattito, per certi aspetti oggi ancora interessante per la conoscenza dell’attività pedagogica nelle
Valli e la vita della Chiesa.
Apprendiamo così che, ancora nel
1874, in qualche parrocchia il « régent » è tenuto « ...à faire le pain du
pasteur, sonner les cloches, balayer le
tempie, déblayer le chemin en temps
de neige ».
Si denunzia pure un cedimento sul
piano della sana dottrina; i tre quarti
dei così detti cristiani sarebbero « pélagiens en fait de doctrine, presque
autant que le Vicaire de l’Emile ».
Lo studio della Bibbia è degradato
a strumento di tortura (versetti da
imparare a memoria per punizione, da
trascrivere come esercizio di calligrafia).
* * *
Nel Campo dell’evangelizzazione il
problema al quale L’Eco della Verità
consacra ben 18 articoli nel solo 18'74
è quello delle « scuole evangeliche » in
Italia. L’argomento non ci interessa
in questa sede, anche se uno studio
iiiiiiiiiiiHiiiiiuimiiiiiiiiiimiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiimiiiimiiii
San Germano
Chisone
Sabato 9 febbraio, il pastore Achille
Deodato ha presieduto il funerale della nostra sorella Erminia Long, di anni 71, deceduta all’ospedale civile di
Pinerolo. Questa sorella aveva vissuto
a lungo lontano da San Germano, ma
molti la ricordano con affetto. Esprimiamo la nostra simpatia alla sorella
Olga, ved. Dau, ed alla zia Silvia, che
risiede in Francia, come a tutti i parenti.
— L’insegnante Claudio Tron, di
Ferrerò, ha presieduto il culto settimanale alla nostra Casa di Riposo.
Gli esprimiamo la riconoscenza nostra
e degli ospiti della Casa.
— Ricordiamo che, in occasione del
XVII febbraio, è stato posto in vendita l'opuscolo appositamente preparato
per quest’occasione dal pastore Giorgio Tourn, per conto della Società di
Studi Valdesi. L’opuscolo, scritto in
modo assai vivace e di lettura relativamente facile, data la densità dei
problemi da trattare, sarà diffuso in
mezzo a noi dai catecumeni ma è anche disponibile presso il pastore o all’uscita dal culto, al prezzo di lire 250:
il suo titolo: « Valdo e la protesta valdese ». È assolutamente indispensabile che ogni famiglia se lo procuri, se
vogliamo che il centenario sia per noi
l’occasione di riflettere al significato
della « protesta » di Valdo e del nostro inserimento in quella linea di
pensiero e di azione.
Giovanni Conte
Borsa di studio
Olga Sibille
I promotori della sottoscrizione « Borsa di
studio Olga Sibille » comunicano di aver raggiunto finora la somma di 1.021.000 e pertanto sarà possibile assegnare la borsa di studio
ad uno studente della Scuola Media statale
alla fine del corrente anno scolastico 1973-74.
Ringraziando i sottoscrittori ne pubblichiamo l’elenco :
Armand Hugon Paola e Daniela 10.000, Armand Hugon Ezio 2.000, Pellegrin Frida e
Aldo 5.000, Pontet Elena 20.000, Peyrot Wanda e Gianni 40.000. Re Silvana 2.000, De
Marchi Lucia e Saverio 5.000, famiglia Ghisi 30.000, Pagliano Ines 2.000, Genre Arturo
10.000, Eynard Franca e Marco 5.000, Jouve
Alice 10.000. Balma Elsa 10.000, Vola Luciana 10.000, Ribet Anna 5.000, Marnilo Anna 10.000, Armand Pilon Silvia e Mario
10.000, N.N. 20.000. Girando Elena 10.000,
Venturi Danilo 20.000, Valente Graziella
5.000, Bonnet Renato 30.000, Ippolito Elena
e Romano 25.000, Giampiccoli Mirella e Giorgio 10.000, Vittone Rosetta 1.000, Effer 3.000,
personale insegnante e non insegnante Scuola
Media statale « L. da Vinci » 120.000, De
Bettini Giancarlo 30.000, Nisbet Sergio
10.000, Benech Misin e Valdo 25.000, Padrino e Madrina 20.000, la figlioccia Giovanna
Peyrot 20.000, Macri Ester e Aldo 15.000,
Odetto Lilliana 10.000, Peyrot Maria Teresa
e Guido 10.000, Peyrot Caterina e Emilia
50.000, Peyrot Lilette 10.000, famiglia Ballarin 10.000, Morcaldó Sergio 10.000, Pons
Franco lOO.OOO, Formigoni Giuseppina 10.000.
P. L. 100.000, A. G. 5.000, A.V. 50.000, Due
amici 100.000. Beux Maria ó.OOO.
Totale L. 1.021.000.
approfondito sarebbe di somma utilità per la storia dell’Evangelismo italiano.
L’insegnamento della religione nella
scuola italiana viene quindi affrontato
da una posizione più chiara e senza
quelle contaminazioni locali e personalismi che sembrano essere una componente ineliminabile di tutti i dibattiti nelle valli così dette valdesi.
* * *
Lo spunto è offerto dal nono Congresso Pedagogico Italiano (settembre
1874 - Bologna), il quale, capovolgendo
le conclusioni del precedente Congresso (Venezia - 1873) si dichiara favorevole all’abolizione dell’insegnamento
religioso nelle scuole elementari.
«C’è prima di tutto la quistione di
principio: si può egli, nella educazione del bambino, lasciar da parte quell'importantis.simo elemento che è l’elemento religioso? ». Aritmetica, grammatica, morale sono tutte cose belle
e buone, ma « istillare nel cuore [del
bambino) il buon seme delle virtù...,
un uomo dabbene nel senso più alto
della parola..., è egli possibile fare tutto ciò, senza l’aiuto, senza il potente
concorso della religione? ».
Se il problema è impostato chiaramente nel riferimento alla quistione di
principio, non altrettanto chiaro è che
cosa s’abbia a intendere per religione
e insegnamento religioso. Comunque
alcuni spunti sono interessanti e non
del tutto non attuali.
Per es.: è proprio vero che l’insegnamento laico è superiore a quello religioso per fondarvi sopra « la morale
del popolo »?; la « neutralità » (oggi
forse si direbbe agnosticismo) dell’insegnante è nefasta perché viene giudicata dal bambino come « incredulità »;
la « areligiosità » della scuola elementare inevitabilmente sconfinerà nella
« irreligiosità », non c’è il pericolo che
alla scuola laica statale che avrà la
sua religione laicista si contrapponga
il proliferare di una scuola confessionale cattolica privata
* * it
Che posizione prendere allóra? Il nostro Eòo della Verità è esplicito e premette un’affermazione di principio:
« ...frq il cattoUcesìmq romano e l'mcredulità moderna, questa ci sembrerà sempre più pericolosa di quello per
l’avvenire sì delle nazioni che degli individui ». La giustificazione teologica
di questa preferenza è però alquanto
discutibile; non sappiamo francamente fino a qual punto la eventualità di
un’apertura all’Evangelo sia maggiore
in « un cattolico romano bigotto » che
in un « incredulo dichiarato ».
Perciò « tutto quello che domandiamo, e ciò non ci è mai stato negato,
si è che quell’insegnamento religioso
non sia reso obbligatorio per i nostri
bambini, poiché noi ci riserbiamo di
provvedere diversamente e secondo la
nostra coscienza a questo loro bisogno ».
Con questa presa di posizione la quistione di principio è risolta positivamente: l’insegnamento religioso è necessario.
Naturalmente ci sono obiezioni e inconvenienti che l’Eco destreggiandosi
cerca di confutare in modo più o meno convincente.
1) «Lo Stato e il Comune, si dice,
sono incompetenti ad insegnar religione, perciò le scuole da loro montenute non se ne dovrebbero occupare ».
2) « Lo Stato e la Chiesa devono
essere interamente separati e distinti
l’una dall’altro ».
3) « La libertà di coscienza non deve certo esser minore nelle scuole che
in tutte le altre sfere della vita sociale ».
4) «In quasi tutte le nostre scuole
altro insegnamento religioso non si conosce e non si dà all’infuori di quello
contenuto nel catechismo della diocesi o in qualche pubblicazione eiusdem
farinae ».
* * *
Conclusione: «Trovare il vero insegnamento religioso... Per arrivare a
questo scopo, non è punto necessario
di esser teologo; basta saper leggere,
aprire una Bibbia e risalire da sé alle
sorgenti del puro Vangelo... »: la Bibbia nella famiglia, nella scuola elementare, nella Chies'a.
* * *
È il linguaggio del Risveglio; la religioneligione è « una cosa pratica »
che ha bisogno di uno strumento « pratico »; e questo strumento è la Bibbia
e la Bibbia soltanto, che risponde a
tutti gli interrogativi e scioglie tutti i
dubbi: la buona novella della salvezza al peccatore, ed i ragazzi delle Elementari devono imparare che sono
peccatori come i loro genitori e maestri, e salvati per grazia.
Ma queste parole hanno ancora un
significato nel 1874 per genitori e'maestri? L’Eco della Verità ha forti dubbi
in proposito e cita curiosamente uniti
Port-Royal, Sainte Beuve e... Cousin.
L. A. Vaimal
re imo a quai (jumu la
lllllllllllllllllllllllllllllllllllllllHtIHIIIlll""""""""*""""""*
Nuové strade a Perrero
Gli abitanti di Serre Marco e Morasso si sono riuniti a Chiotti per decidere la costruzione di una strada che
allacci i loro due minuscoli villaggi
con la strada comunale Chiotti-Riclaretto.
Le famiglie ancora residenti nella
zona sono poche, ma vi sono anche alcuni proprietari di terreni interessati
all’iniziativa. Il tracciato della strada,
nel primo tratto che dovrebbe raggiungere il villaggio di Serre Marco, presenta alcune difficoltà; infatti, sul versante del vallone di Riclaretto sarebbe necessario un ponte piuttosto costoso; spostandosi invece verso Trossieri, si dovrebbe attraversare una zona di terreno franoso.
Il sindaco e i consiglieri comunali
presenti alla seduta hanno promesso
l’interessamento del comune per ottenere una pala meccanica pressoché
gratuita; inoltre hanno assicurato il
solito contributo in modo che, aspettando la futura programmazione, gli
abitanti di Serre Marco e Morasso
possano almeno costruirsi una strada
a loro spese.
* * *
Si riparla in questi giorni di asfal
A Torre Pellice
« L'arciere », di Vittorio Calvino
presentato dal gruppo teatrale
del Collegio
Domenica 17 febbraio, alle ore 20,45,
neil’Aula magna del Collegio Valdese,
il gruppo teatrale del Collegio presenterà insieme alla Corale Valdese, il
dramma « L’arciere » di Vittorio Calvino.
La rappresentazione sarà ripetuta la
sera di sabato 23, pure alle ore 20,45,
con la collaborazione del Coretto del
Collegio.
I biglietti sono in vendita presso la
Claudiana.
tare l’ex-strada militare di Porta Cialancia che interessa parecchi villaggi
del vallone di Faetto.
Quest’opera, rimandata già parecchie volte, viene a costare ogni anno
un po’ di più e l’Amministrazione provinciale ha chiesto al Comune di Ferrerò un contributo di parecchi milioni. Intanto, la manutenzione ordinaria
è abbastanza trascurata e il piano
stradale dissestato è una vera rovina
per le automobili di quelli che sono
costretti a percorrere la strada tutti i
giorni per andare a lavorare.
L. ViGLIELMO
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Doni pro Eco-Luce
■Vincenzo Gay, Torino L. 1.000; Enrichetta
Fenouil Pons, Torino 500; Chiesa Valdese,
Felonica Po 4.000; .Clemente Beux, Torino
500; Ernesto Michelin Lausarot, Bordighera
4.000; Enrico Poet, Ferrerò 500; Felice Costabel, Ferrerò 2.000; Fernando Olivero, Villastellone 1.000; Giulio Cesarò, Palermo 1.000
Luigi Rosati, La Spezia 1.000; Emilia Eyassot Albo, Roma 500; Giulia Bettoli, Prarostino 1.000; fam. Migliotti, Luserna S. Giovanni 500; Mary Jahier, 'Torre Pelliee 2.000;
Vineenzo Barbio, Valperga Canavese 4.000;
Giulia Gullino, Pianezza 1.000; M. T. Fiorio,
Napoli 5.000; Maria Martinat, Torino 1.000;
Mary Campese Genre, Pinerolo 1.000; Aldo
Aldrighetti, Torino 1.000; Davide, Sappé, Pramollo 500; Maria Jon Scotta, Torino 1.500;
Elsa Janin, Ivrea 1.000; Giorgio Bertetto,
Torino 1.000; Paola Citernesi, Torino 1.000;
Rodolfo Benyr, Pinerolo 1.000; Riccardo Gay,
Luserna S. Giovanni 1.000; Giacomo Avataneo, Villastellone 500; Alessandro Ghigo, Ferrerò 500; Luigi Cairus, Pinerolo 1.000; Giovanni Gay, Pinerolo 1.000; fam. Peyrot, Genova 1.000; Enrichetta Genre, Frali 1.000;
Silvio Richard. Frali 1.000; Aldo Richard,
(Giordano) Frali 1.000; Luisa Müller Kollmar, Germania 1.000; M.B. Coi'sson Brofferio,
Roma 5.000; Elvidio Mattone, Coazze 500;
Grazie! (continua)
Torre Pellice
Il libro di Giorgio Tourn « Una chiesa in
analisi » è stato l’oggetto di riflessione durante il culto del 13 gennaio, secondo le seguenti
linee :
1) La constatazione di una crisi aU’interno della nostra chiesa che si manifesta spesso nella frattura fra le proposte avanzate da
gruppi impegnati e la base popolare della nostra comunità.
2) La constatazione della insufficienza
delle soluzioni entrate in conflitto in questi
anni : rivivere il passato — creare la setta —
rendere la chiesa una comunità confessante.
3) La proposta di una nuova unità affinché la minoranza impegnata, svolga un’azione
missionaria all’interno della chiesa e un opera
di propaganda all’esterno.
4) La ricerca di un contenuto teologico
e di una azione concordata per attuare questa unità interna onde rendere più sentita la
preghiera della comunità, promuovere una
coscienza protestante e coordinare tutte le
forze disponibili in vista di un servizio valido all’interno e evangelizzare il mondo in cui
viviamo.
La nostra comunità ha accolto con gioia
e viva simpatia come membro comunicante
con pieno impegno il fratello Camillo Giazzi
da lunghi anni simpatizzante e amico della
nostra chiesa.
Gli alunni delle medie, che frequentano
la S. Domenicale del Centro e il primo corso
di catechismo hanno accolto fraternamente un
gruppo di studenti delle medie di Pinerolo,
membri della comunità di S. Lazzaro, accompagnati da Don Polastro. Valido e costruttivo
è stato lo scambio di idee sullo studio deUe
Sacre Scritture a cui si dedicano con molto
impegno. Dopo la visita al Museo Valdese con
la competente guida del dottor Peyrot, dopo
la visita alla Casa Valdese e al Tempio un
cordiale trattenimento a base di biscotti, pizze
e té ha terminato la simpatica riunione.
La comunità si rallegra col pastore Sonelli
per l’esito lusinghiero della sua rielezione e lo
ringrazia per l’opera svolta nel nome del Signore durante questi undici anni.
La Corale prosegue infaticabile lo studio
di salmi vecchi inni e canzoni, alcuni in dialetto della Valle Germanasca, per un secondo
disco che raccomandiamo fin d’ora a tutti
quando sarà posto a disposizione del pubblico.
Sono già state incise a Torino le prime cinque canzoni. Questa raccolta costituisce un
patrimonio di grande valore come la nostra
storia valdese. In questi inni rivive, prega,
piange, ama, ride, scherza l’anima antica del
nostro popolo.
Il 10 febbraio si è svolto un culto comunitario alla Foresteria sul tema « Testimonianza
alle nuove generazioni »- Dopo una breve meditazione de Ipastore Sonelli una monitrice ed
un catechista hanno esposto con inolta chiarezza i programmi, i problemi, le difficoltà, le
speranze e gli interrogativi inerenti all’insegnamento religioso. Dall’intervento di una marni
ma (solo due o tre hanno parlato) risulta che
Tinsegnamento dell’Antico Testamento sia
troppo difficile per un bimbo di 4 anni. Tutti
sapranno certamente che il programma adottato dalle nostre Scuole Domenicali è quello
delle Scuole Svizzere, tradotto in italiano dalla signorina Selma Longo. Pensiamo che un
bimbo di 4 anni non capisca neppure 1 racconti del Nuovo Testamento, ma frequentando'la Scuola fin dalla più tenera età, ode
spesso parlare di episodi di vita vissuta da
bimbi come lui, viene a contatto con altri
bambini che impara a conoscere, capire ^ ed
amare e tutti insieme cantano molto con gioia
e con entusisasmo.
È maggiormente valido chiedere agli alunni
un riassunto del racconto biblico o lo studio
a memoria di un versetto? Altro problema
importante che noi monitrici dei piccoli sentiamo profondamente. I nostri alunni interpellati, hanno quasi aU’unanimità scelto lo
studio dei versetti. Sarebbe bene a questo
proposito indire un referendum anche fra i
genitori.
Infine è risultata pertinente l’esigenza d’incontri dei genitori, monitori, alunni, in vista
di studi biblici, giornate ricreative, visite ad
altre Scuole Domenicali e visite a Comunità
delle nostre Valli.
Primo dislratto
Si pregano i pastori e Concistori di esaminare al più presto la Relazione
in riferimento airislruzìone religiosa nelle scuole redatta dalla Commissione
Pedagogica e di dare risposta al questionario accluso per permettere alla
commissione stessa di proseguire il suo lavoro. Hanno sin qui risposto due
sole comunità: Frali e Pramollo.
In vista de^i incontri con i cassieri dei Concistori previsti per sabato
2 marzo a Porosa (cappella) ore 17 e sabato 9 marzo nella sala del Concistoro a Torre Pellice ore 20,30 si pregano i Concistori, che ancora non lo avessero
fatto, di rispondere al questionario inviato a suo tempo circa la composizione
sociale delle comunità, sia pure in modo approssimativo.
La Commissione Distrettuale
Lina Varese
RINGRAZIAMENTO
I familiari, commossi per il tributo
di affetto dimostrato in occasione della dipartita di
Maria Rostan ved. Rostan
nell’impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro che, in
qualsiasi modo, sono stati vicini a loro nella triste circostanza. Un particolare grazie al pastore Sonelli, al missionario Coisson, ai dottori Gardiol e
De Bettini, alla Direttrice ed al personale deirOsped%le Valdese, al sindaco
ed ai consiglieri, al comandante e dipendenti della stazione Carabinieri, ai
loro compagni di lavoro, ai rappresentanti di enti ed associazioni ed ai titolari del Caffè d’Italia.
Torre Pellice, 9 febbraio 1974.
RINGRAZIAMENTO
Olga Long vedova Dau, in occasione
dela dipartita della sorella
Erminia Long
ringrazia tutti coloro che le sono stati
vicini ed in particolare il Pastore signor Deodato di Pinerolo.
12 febbraio 1974.
8
pag. 8
I NOSTRI GIORNI
N. 7 — 15 febbraio 1974
Il mito cinese si incrina
PROTAGONISTI ARABI
Si accorciano i tempi per tutto, anche per la durata dei miti. La Cina popolare è stata per molti un mito: un
paese profondamente rinnovato, impegnato solidalmente nella costruzione di
strutture sociali nuove, più umane. Un
mito consistente, ricco non solo di fascino ma di indicazioni concrete. Anch’io non sono stato indifferente a questo fascino, ho sempre letto con vivo
interesse non solo reportages su visite
in Cina, ma anche opere di occidentali
intelligenti e sensibili — come Snow e
Myrdal, ad esempio — che documentavano modi effettivamente nuovi di vivere e lavorare in società. Si veda pure Capire la Cina di A. Jacoviello, a suo
tempo presentato su queste colonne.
Tutto questo, nel “mito” cinese, è realtà, come è realtà il balzo sociale fatto
nel giro di alcuni decenni dal servo della gleba russo. Vorrei che quanto dirò
sia visto in questo quadro di effettivo
riconoscimento degli aspetti positivi
della “nuova realtà” dalia quale abbiamo senza dubbio non poco da imparare.
Tuttavia, come già prima per l’URSS,
pian piano anche per i più cordiali la
lucentezza del mito si appanna, crepe
profonde ne incidono la levigatezza,
dissonanze anche stridenti turbano i
cori grandiosi. Come da tempo l'URSS,
ormai neppure la Cina può più essere
guardata da nessuno come faro di luce,
indiscussa indicazione d’avvenire. Risulta sempre più documentato che occorre fare una drastica tara del mito;
anche la Cina, pesata, vien trovata mancante: persino sulle nostre umane, discutibili e penultime bilance.
Finché erano i profughi — talvolta
addirittura “venduti”dai comunisti, attraverso la preziosa valvola economica
di Hong-Kong — si poteva legittimamente considerare sosjretta la loro testimonianza polemica. Ma è poi affiorata la crisi interna rivelata dalla “rivoluzione culturale”, fenomeno non concluso, tuttora almeno in parte latente;
è risultata la lotta per il potere che ha
avuto una punta drammatica nella fine
oscura di Lin Piao; si è avuta la “apertura” economica all’Occidente capitalistico (incluso il vicino Giappone), nella
quale è prevedibile che la Cina non vorrà essere troppo a lungo seconda alrURSS (ed è abbastanza grottesco che,
incamminate ormai su binari paralleli,
anche se nazionalisticamente antagoniste, Pekino e Mosca si accusino a vicenda di revisionismo): la rivoluzione dura e pura, se mai c’è stata, è acqua pas.
sata
Sul piano politico-militare, l’imperialismo di Pekino non è da dimostrare.
Da un lato vi è l’offensiva diplomaticopolitica nei confronti dei Paesi del Terzo Mondo di cui la Cina si è presentata
paladina: sagace e lungimirante la presenza nelLAfrica, soprattutto orientale
(si pensi in primo luogo all’aiuto finanziario e tecnico per la costruzione della
ferrovia che presto porterà all’Oceano
Indiano il rame dello Zambia senza
passare dai paesi razzisti, Rhodesia e
Mozambico), palesemente meno altruista e meno riuscito l’appoggio al colonialismo pakistano nel Bangla Desh,
appoggio dato in funzione anti-indiana
e antisovietica (l’URSS appoggia l’India). Dall’altro lato ci si trova di fronte
a un espansionismo considerevole: dall’occupazione del Tibet alla pressione
sulle frontiere himalaiane dell’India,
dalle rivendicazioni su Taiwan (Formosa) al tentativo di serrare la penisola
indocinese sotto la propria influenza
(contrastato dallo spirito d’indipendenza dei nordvietnamiti, soprattutto, che
abilmente si son fatti aiutare più dai
lontani sovietici che dai vicini cinesi),
tentativo sfociato nell’occupazione recentissima, a mano armata, dell’arcipelago Paracel, nel Mar Cinese Meridionale, uno dei molti arcipelaghi su cui Pekino rivendica la sovranità nei confronti del Vietnam del Sud, dell’Indonesia,
delle Filippine e di Taiwan. L’arcipelago, quasi del tutto spopolato ma d’importanza strategica ed energetica —
poiché pare che il mare, in tutta quella
zona, celi riserve petrolifere — era incorporato nella Repubblica sudvietnamita e rivendicato, oltre che dalla Cina,
dalle Filippine. Con un rapido e riuscito colpo di mano, la Cina si è impadronita delle Paracel, affondando qualche
nave e ammazzando un po’ di sudvietnamiti. Saigon ha presto rinunciato anche solo a tentare di portare il caso davanti al Consiglio di sicurezza dell’ONU: la Cina, che vi ha il diritto di
veto, lo avrebbe sicuramente esercitato e senza dubbio né gli USA né l’URSS,
che tante volte si sono comportati in
modo analogo, avrebbero avuto alcunché da obiettare. Del resto, la pax cinoamericana, all’insegna economica (e
aiutando i guai interni della Casa Bianca), ha reso nulla qualsiasi velleità di
intervento americano. Pekino si è scelto
e inghiottito con perfetto tempismo il
boccone adatto. Se non è imperialismo,
questo...
Dal punto di vista culturale, si sono
avute negli ultimi tempi alcune manifestazioni clamorose, le quali rivelano la
pesante esistenza di una bigotta “cultura di regime” che non sembra aver proprio nulla da imparare da quella ufficiale sovietica. Sorvoliamo sul fatto a
suo tempo madornale e significativo
che per non so quanti mesi i cinesi
(Pekino era allora ancora in gelo con
gli USA) erano stati tenuti all’oscuro
del primo sbarco statunitense sulla luna, apprendendo poi la notizia con me
si di ritardo. Sorvoliamo sull’ossessivo
indottrinamento col catechismo rosso
di Mao. Veniamo a qualche fatto più recente. Ultimamente, molte opere sono
state messe all'indice: Beethoven è stato bandito come corrotta espressione
borghese, Confucio (senza del quale è
probabilmente impossibile comprendere le particolarità del comunismo cinese) è diventato anche lui sospetto, da
quando è risultato che Lin Piao ne sarebbe stato convinto seguace attingendone deviazioni aristocratiche. Si è accesa a fine gennaio una violenta polemica, da parte de « Il Quotidiano del
Popolo », contro il regista Antonioni, accusato di aver creato « una provocazione contro il popolo cinese » con il documentario televisivo sulla Cina passato quasi un anno fa sui nostri teleschermi, e certamente non anti-cinese; ora, a
tanti mesi di distanza, a freddo, i cinesi lanciano questo attacco clamoroso
quanto incomprensibile: in funzione
interna, nel quadro di un riaccendersi
della “rivoluzione culturale”?
Ancora sul piano culturale, mi pare
utile riportare qualche giudizio di Vittorio Saltini in una sua recensione (su
« L’Espresso » del 3.2.’74) di un’opera di
Gino Nebiolo, La Cina dei Cinesi, che
presenta la prima raccolta organica, in
Occidente, della grafica cinese “rivoluzionaria”: « Poco al mondo si potrebbe
trovare di più ripetitivo di questi manifesti, dove gl’immancabili personaggi
(capipopolo, soldati e lavoratori), da
Mao all’ultima ragazza' nell’angolo
del quadro, hanno stampato sui denti
candidi un sorriso non si saprebbe dire
A Tokio
rUniversità dell'ONU
Il progetto lanciato nel 1969 da U’ Thant,
di costituire una Università delle Nazioni Unite, e già accettato eon 118 voti e 10 astensioni dall’Assemblea generale, entrerà prossimamente in fase di attuazione. Essa avrà sede a
Tokyo e sarà « una comunità internazionale
di studiosi dediti alla ricerca, alla formazione
post- universitaria e alla diffusione dei principi sanciti nella Carta dell’ONU ». Sotto il
doppio patrocinio dell’ONU e dell’UNÉSCO
e con un corpo docente internazionale, contribuirà ai programmi mondiali di sviluppo.
Articolata in una rete mondiale di 15 centri
(costo unitario 1-7 milioni di dollari, bilancio
annuo unitario 1-5 milioni di dollari, sostenuto per metà da ogni poese ospite e per il
resto da un fondo di 400 milioni di dollari al
quale parteciperanno i Paesi membri delrONU), avrà appunto la sede centrale a Tokyo.
Il Giappone ha già accettato e si è impegnato
per il costo della costruzione principale (3 milioni di dollari), per una sovvenzione annuale
di 1 milione di dollari e per una partecipazione di 100 milioni di dollari al Fondo citato.
sa più falso o più sciocco. Secondo Gino Nebiolo son cose brutte ma pedagogiche: una grafica meno grossolana o
più allusiva (come quella con cui l'industria in Occidente invita le massaie
al consumismo) le masse cinesi non la
capirebbero. Tesi poco convincente.
Forse che le “masse cinesi" son formate da bambini o da idioti? Se uno spaccapietre cinese vede un manifesto dove un muscoloso fantoccio con un gran
sorriso fa danzare senza fatica un piccone su una pietra, si sente non meno
offeso, credo, di quanto si sentirebbe
un lavoratore occidentale per simili
oltraggi mandarineschi al lavoro umano. Pur avendo nozione degli "artisti"
asserviti e ben pagati del nostro potere
economico, ci è difficile immaginare
che razza di leccapiedi siano gli “artisti rivoluzionari" che fabbricano questo
genere d’offese alla fatica dei lavoratori. Personalmente ha cominciato a farmene un’immagine solo da quando,
tempo fa, m’è capitato di sentire un
cosidetto “storico" e accademico .sovietico (certo Lebedev, credo) parlare
e rispondere al pubblico d’una nostra
città di provincia. In Italia forse la
maggioranza dei professori universitari forma una specie di mafia, ma la
cinica tracotanza di questo Lebedev
ben selezionato per dar scarpate in faccia a intellettuali e a studenti russi
non può trovar riscontro in regime liberale ». Ricordando poi una mostra
d’arte cinese tenuta a Firenze l'anno
scorso, il Saltini così commenta la sezione contemporanea: « Quest'arte “socialista" manifesta un cattivo gusto
così iperbolico da apparire morbosità
decadente, voce d’un totale smarrimento culturale e psichico, oltre che d’un
penoso spreco di lavoro ».
Infine — e non so cosa sia più grave — ecco, ancora riferita da « L’Espresso » (R. Giachetti, La passione secondo Mao, sul n. del 27.1), la notizia
che anche in Cina vi sono lager, nei
quali verosimilmente venti milioni di
persone vegetano, lavorano e muoiono;
molti sono detenuti politici. Torneremo su questa notizia.
Decisamente, il mito cinese è infranto. Resta la realtà, quella luminosa e
quella oscura, quella positiva e quella
negativa. Non pretendo certo di conoscere né runa né l’altra, gli stessi sinologhi si devono spesso limitare ad
avanzare ipotesi, quando si tratta del
piaseta Cina, ancora largamente segreto. Ma resistenza di questa duplice
realtà va riconosciuta. Dei cristiani, del
resto, dovrebbero essere impermeabili
ai miti. Qualche volta, invece, sembrano concentrare la demitizzazione sulla
Bibbia, senza accorgersi magari che la
leggono attraverso gli occhiali di nuovi
miti.
Gino Conte
Questi, gli uomini
Da un volantino, curato dal « Comitato nazionale d’emergenza per l’aiuto a
Israele », costituito da rappresentanti
delle Comunità israelitiche italiane e
delle Associazioni politiche e culturali
di amicizia per Israele, riprendiamo
questo florilegio di citazioni (della prima il volantino riproduce pure la fotocopia del testo arabo): un uomo non
è tutto in questa o quella delle sue
parole; tuttavia scripta manent, ciò
che è scritto resta, documentato. Non
per ostacolare la pace, che tutti auspicano, ma perché sia pace vera.
Mio caro Hitler,
mi congratulo con te dal profondo
del cuore. Anche se risulta che sei stato scofitto, in realtà il vincitore sei tu.
Sei riiìscito a creare una frattura tra
il vecchio Churchill e i suoi alleati,
i figli di Satana. La Germania vincerà
perché la sua esistenza è necessaria
per saivaguardare l’equilibrio mondiale. Non vi sarà pace se la Germania
non diverrà di nuovo ciò che è stata.
Quanto ai passato, io penso che tu ab
bia commesso alcuni sbagli; ad esem
pio troppi fronti di guerra e la mio
pia di Ribbentrop rispetto alla esper
ta diplomazia britannica. Ma la fìdu
eia nel tuo Paese e nel tuo popolo ti
redimerà da questi errori. Puoi aver
l’orgoglio di essere diventato l’immortale capo della Germania. Non saremo
sorpresi di vederti apparire di nuovo
in Germania o di veder risorgere dalle
t”'“ orme un nuovo Hitler.
Tuo Anwar el-Sadat.
(«lettera aperta» pubblicata il 18
settembre 1953 dal periodico egiziano « Al Musawwar »; erano gli
anni in cui l’Egitto si preparava a
scrollarsi di dosso la ’tutela’ britannica, ma erano anche gli anni
in cui si continuava a parlare della presenza, in vari paesi arabi e
in particolare in Egitto, di ex (?)
nazisti, fra i quali valenti studiosi
e scienziati; di loro, poi, non si è
più sentito parlare).
« Dobbiamo essere pronti a sacrificare un milione di martiri, a non dimostrare debolezza, a non cedere, a
non fare concessioni ».
(Sadat alle truppe egiziane sul canale di Suez, /’8 giugno 1971).
« Non parlerò molto, ma dirò questo : nella nostra prossima battaglia
non mi accontenterò di liberare le terre occupate. All’arroganza e alla superbia israeliane, che durano da 23 anni, deve essere posta una fine. Come ho
detto loro, sono pronto a pagare un
milione di uomini come prezzo di questa battaglia. Ma anche essi, da parte
loro, debbono essere pronti a pagare
un milione e più ».
(da un discorso di Sadat ad Alessandria, il 1 maggio 1972).
« La battaglia con Israele dev’essere tale che, dopo di essa, Israele cesserà di esistere ».
(Gheddafi, in un’intervista al giornale libanese « Al Bayrak », il 9
febbraio 1973).
« Per quanto concerne l’Egitto, ciò
non contraddice le richieste dei Palestinesi di liquidare lo Stato d’Israele ».
(L’ex ministro degli esteri egiziano Zayat all’agenzia di stampa tedesca DPA, il 9 maggio 1973).
« Non ci sarà una soluzione parziale; non ci sarà una soluzione separata con il solo Egitto. Non^ci saranno
mai negoziati ».
(da una dichiarazione del presidente egiziano Sadat a Radio Cairo, il 1 maggio 1973).
H La commissione lavori pubblici della Camera italiana ha approvato il disegno .li
legge che autorizza contributi per il completamento dei bacini di carenaggio nei porti di
Trieste (9 miliardi e 600 milioni), di Livorno
(12 miliardi e 800 milioni) e di Genova (15
miliardi e 600 milioni).
B In Italia, la denuncia (in duplice esemplare, al Comune) delle superfici seminate a grano duro nell’annata agraria 1973-74
dev’essere presentata dai conduttori di aziende
agricole entro e non oltre il 28 febbraio, ai fini della corresponsione della sovvenzione prevista dalle norme della CEE.
PERSINO
I SUOI NEMICI
DOVREBBERO
AMMIRARLO!
Echi della settimana
■A- Mentre siamo
presi da profondo
dolore per Tarre- '
sto dello scrittore russo Alessandro
Solgenizin ed attendiamo con ansia
notizie sulle sue nuove tormentose vicende, vogliamo riportare la parte iniziale d’un lungo articolo che Heinrich
Boll ' ha scritto su di lui nel settimanale «Die Zeit » (n. 3 delTll.1.1974).
« Certamente alcune persone sagge
(in ogni situazione politica) arriveranno ora, dopo la pubblicazione dell’“Arcipelago del Gulag", a concludere che
Alessandro Solgenizin ha spinto veramente le cose troppo avanti e che,
qualunque cosa accada, egli deve considerarsene il solo responsabile. Altri,
ancora più saggi, si fregheranno le mani fiutando vantaggi politici e finanziari » (Il Boll accenna qui evidentemente
agl’innumerevoli agenti del capitalismo
occidentale d’ogni ordine e grado, alla
canea degli anticomunisti viscerali di
ogni specie e mestiere, che le vicende
di Solgenizin rallegrano nell’intimo,
quasi fosse una manna scesa dal cielo).
« La puzza sotto il naso dei saggi, e
il fregamento di mani dei più saggi,
sono in questo caso privi d'importanza. Solgenizin sa bene quale il suo rischio. Egli si è caricato di questo
rischio, ed è probabilmente anche abituato alle calunnie, nonché alle sgarberie più antipatiche (Per es., se in
piena notte “casualmente" un ubriaco
bussa alla sua porta di casa, che si può
ben presumere essere costantemente
vigilata, questa io la chiamo una
“sgarberia antipatica"). (...)
Con V'Arcipelago del Gulag", Solgenizin vuole attirare Vattenzione (e, con
Vattenzione, possibilmente anche la difesa) su coloro che nel libro vengono
citati, i quali erano suoi testimoni e
che sono ancora in vita; ed oltre a ciò
questo libro è “il nostro comune monumento a coloro, che furono torturati ed uccisi”. L’“Arcipelago del Gulag"
è la dimostrazione documentata degli
avvenimenti, già resi noti in numerose pubblicazioni internazionalL Sono
decenni di “Terrore", che Solgenizin
così descrive nel suo libro:
“Tu vieni arrestato dal PIO PELLEGRINO, che tu hai accolto in casa tua,
NEL NOME DI CRISTO, affinché vi
possa passar la notte. Tu vieni arrestato dall’impiegato dell’azienda elet
a cura di Tullio Viola
trica, ch’è venuto a leggere il tuo contatore. Tu vieni arrestato da un ciclista, che casualmente ti ha urtato per
la strada; arrestato dal bigliettaio del
tram, dall’autista di taxi, dal cassiere
o dal direttore d’un cinematografo".
Persino i più induriti nemici o antagonisti di Solgenizin dovrebbero ammirare almeno il suo coraggio, o almeno dimostrare rispetto per l’intemerata sicurezza con cui lavora e pubblica.
Ma non c’è d’aspettarsi né una cosa,
né l’altra: non c’é il minimo segno che
qualcosa del genere accadrà ». (La traduzione dal tedesco è sotto la nostra
personale responsabilità. L’articolo del
Boll porta il titolo: « Mann muss Unnter welter gehen = Si deve sempre
andare avanti»)'^.
VERSO UNA NUOVA
RIVOLUZIONE CULTURALE?
yk Claude Monnier, sul « Journal de
Genève » (del 7.2.’74), ha pubblicato un
interessante articolo dal titolo: « Mao
si prepara ad un nuovo combattimento ».
« Tutto il continente cinese è come
attraversato da un sordo brontolio di
tuono. I giornali, le trasmissioni radio
e della TV, consacrano l’essenziale dei
loro commenti alla critica di Confucio, il filosofo del VI secolo a.C., che
aveva ricevuto, a quell’epoca, il titolo
di "maestro per 10.000 generazioni", e
alla critica del suo discepolo moderno,
il maresciallo Lin Piao, morto in un
incidente aereo or sono più di due
anni.
Gli osservatori sul posto sembrano
d’accordo su due punti:
1) una nuova rivoluzione culturale
sta diffondendosi nel paese, su istigazione personale (sembra) del presidente Mao-Tse-tung;
2) ma, a differenza della rivoluzione che sconvolse la Cina dal 1966 al
1969, questa sarebbe meno inquietante
per quegli uomini al potere, che (nell’interno del sistema) si possono qualificare come moderati, o addirittura
come conservatori. Così si spiegherebbe il fatto che, al principio del gennaio
U.S., siano stati trasferiti di sede ben
sette comandanti regionali (diventati
una specie di superautorità locali, che
a suo tempo avevano largamente contribuito a raffreddare gli ardori rivoluzionari delle
guardie rosse più
arrabbiate): l’esercito non temerebbe
dunque alcun rinnovo di disordini generalizzati.
Ma quando s’è detto questo, non s’è
detto ancora niente. Perché qual’è il
significato profondo di tutto questo rimescolio? E perché il cosiddetto “ritorno alla normalità", dopo il 1969, non
è stato, di fatto, che un fenomeno effimero? ».
Le risposte a tali domande sembrano difficili a trovarsi. Il Monnier scava
nel sottosuolo della storia cinese e ritiene che l’origine della nuova crisi, in
atto, sia da ricercarsi nell’antropologia
di Mao-Tse-tung, cioè in una “filosofia
dell’uomo’’ diametralmente opposta a
quella di Confucio. Mao-Tse-tung avrebbe invece subito la profonda influenza della filosofia taoista^ che sostiene la natura dialettica dell’animo
umano.
' Illustre scrittore tedesco, nato a Colonia
nel 1917. Dopo la seconda guerra mondiale,
egli « era largamente considerato ’’la coscienza della Germania moderna” e l’erede letterario di Thomas Mann. Notevole umanista, interprete della seconda guerra mondiale di
fronte all’esperienza della propria nazione ».
Ha preso parte alle lotte politiche anche recenti, in particolare appoggiando la rielezione del Cancelliere W. Brandt nel 1927. Gli è
stalo assegnato nel 1972 il premio Nobel della
letteratura. Nella corrispondente relazione
dell’Accademia Svedese, si legge : « Non è il
più piccolo dei miracoli tedeschi il fatto che,
dopo tali anni di decadenza, una nuova generazione di scrittori, pensatori e ricercatori,
fosse così presto preparata ad affrontare il
proprio paese e il proprio compito essenziale
nella vita spirituale del nostro tempo ». (Notizie tratte dall’« Encielopedia Britannica »,
voi. integrativo del 1972, p. 506 II).
^ Il Solgenizin viene da noi citato anche
in un altro articolo, pubblicato in questo
stesso n. col titolo: « A proposito di un articolo di M.S. Agurski ».
^ Dal nome del filosofo Lao-Tse, contemporaneo di Confucio. Figura quasi mitica, si racconta che fosse di origine povera e che, nei
suoi studi, avesse subito influenze indiane.
L’opera a lui generalmente attribuita, il
« Tao-tb king », sarebbe in realtà una raccolta di testi di vari autori, scaglionati fra il
V e il II sec. a. C.
H Secondo i servizi d’informazione americani l’URSS ha chiesto al presidente della
Guinea, Sekou Touré, l’autorizzazione a stabilire una base navale su un’isola guineana al
largo della capitale, Conakry. Analoga richiesta fu respinta da S. Touré nel 1971.
■ Nel mese di dicembre tribunali sovietici
hanno pronunciato dodici condanne a
morte. In poco più di tre anni, sale così a 85
il numero di sentenze capitali nell’URSS, delle quali si sia avuto notizia; circa la metà riguardavano persone accusate di crimini di
guerra, le altre, responsabili di omicidio o di
crimini economici, specie ai danni dello Stato.
B La Francia, che nel 1966 aveva riconosciuto la giurisdizione vincolante della
Corte internazionale di giustizia. dell’Aia, con
riserve relative ai problemi interessanti la difesa nazionale, ha ora dichiarato di non riconoscere più tale giurisdizione, poiché a suo
avviso la Corte, in seguito alle proteste di varie nazioni per gli esperimenti nucleari condotti la scorsa estate nel Pacifico (Mururoa).
non ha rispettato quelle riserve.
H La Francia è il paese europeo che conta
il più alto numero di musulmani : 1 milione 300.000, dei quali 160.000 algerini,
195.000 marocchini, 107.0Ó0 tunisini, 20.000
turchi, questi ultimi in aumento costante. Circa 150.000 musulmani hanno ottenuto la cittadinanza francese.
B II governo delle isole Faeroer sconsiglia
l’adesione del paese al MEC. L’arcipelago nordatlantico delle Faeroer gode dal 1948
dello stato giuridico di « comunità autonoma »
nell’ambito del regno di Danimarca.
I II ministro dell’economia argentino, José
Gelbard, si recherà prossimamente a Pekino per la firma di un accordo per la vendita
di 2-3 milioni di tonnellate di grano e granoturco alla Cina.
B Un chimico brasiliano, A. Sali, ha fatto
brevettare un procedimento per l’estrazione di un combustibile dall’eucalyptus. Il metodo è ancora in fase sperimentale; potrebbe
fornire una buona quantità di « kerosene vegetale ».
■ In una zona della regione andina di Cerro de Pasco, dove ha operato la statunitense « Cerro de Pasco Corporation », recentemente nazionalizzata, sono state trovate tracce
di un importante filone di uranio, frammisto
a filoni di piombo. È la prima volta che viene
estratto da suolo peruviano, e forse la scoperta spiega in parte la decisione governativa 'li
esproprio.
B È stata inaugurata la ’’transamazzoniea"
brasiliana, iniziata nel 1970: 5.400 km.,
dal porto atlantico di Joao Pessoa a Cruzeiro
do Sul, presso la frontiera peruviana; la larga
arteria, per ora in terra battuta, sarà in seguito asfaltata.
B Dall’ll al 15 febbraio sono riuniti a Rio
de Janeiro i delegati di venti Nazioni,
per una conferenza sull’ecologia organizzata,
su iniziativa brasiliana, dall’ÙNESCO, dalla
FAO, dall’OMS, dall’Organizzazione meteorologica mondiale e da altri enti internazionali.
B II gen. Sangoulé Lamizana, capo di Stato
deH’Alta Volta, ha annunciato che la Costituzione del 29 giugno 1970 è stata sospesa
e l’Assemblea nazionale è stata sciolta.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpina • Terre Pellice (Torino)