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Anno Vi
numero 40
(jel 16 ottobre 1998
l. 2000
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TESTIMONI
«Ora, come invocheranno colui nel
quale non hanno creduto? E come crederanno in colui del quale non hanno
sentito parlare? E come potranno sentire parlare se non c’è chi lo annunzi?
E come annunzieranno se non sono
mandati?»
Romani 10,14-15
V'OLENDO rappresentare con una
figura geometrica questo testo
dell’apostolo Paolo, viene da pensare a
un triangolo al cui vertice superiore c’è
«il Signore di tutti, ricco verso tutti
quelli che lo invocano» e ai cui vertici
della base ci sono rispettivamente «chi
annuncia» e chi «ascolta». La fede e la
salvezza vengono quando la «parola
della fede» parte da Dio, passa attraverso chi la riceve e trasmette, raggiunge chi l’ascolta per ritornare a Dio. Come credenti e come chiese abbiamo a
volte la sensazione di girare a vuoto.
Sappiamo di essere circondati da persone desiderose di conoscere il Signore,
facciamo di tutto perché questo accada,
eppure ci sembra che ogni cosa rimanga come prima. Molte domande pesano
su di noi come macigni: come mai ci è
difficile raccontare «la buona notizia»?
Perché molti cercano il senso della vita
fuori dalla fede cristiana? Per quale ragione la fede in Cristo è così rara? Allora cerchiamo consolazione nell’affermazione di Paolo: «Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma
da Dio che fa misericordia» (Romani
9,16). E tuttavia sappiamo bene che la
gratuita e misteriosa misericordia di
Dio non ci esonera dalla responsabilità di predicatori-testimoni.
T\TEL nostro brano. Paolo traccia
una strategia per una fruttuosa
seminagione della Parola del Signore.
La fede, afferma l’apostolo, nasce dalla
combinazione di tre eventi: il mandato, l’annuncio, l’ascolto. Il mandato:
non è un caso che la prima «campagna d’evangelizzazione» l’abbia aperta
proprio Dio stesso per bocca dei suoi
angeli la notte di Natale: «Oggi, nella
città di Davide, è nato per voi un salvatore, che è Cristo, il Signore» (Luca
2,11). La prima parola è sua, anzi lui
è la prima Parola, è lui che ha cose vi
tali da dirci. Il seme della salvezza è
gettato, attecchisce, germoglia e si
diffonde attraverso la voce e la vita dei
credenti. Dio mobilita uomini e donne, li manda. Dietro ogni annunzio
evangelico, dietro ogni testimonianza
di Cristo, c’è il mandato di Dio.
Lf ANNUNCIO non è a buon merca
to, «Io vi mando come pecore in
mezzo ai lupi» (Matteo IO, 16), ma non
è nemmeno un andare allo sbaraglio:
«Non temete, io sarò con voi... non siete
voi a parlare ma lo Spirito Santo»
(Marco 13, 11). La predicazione del
Vangelo è caratterizzata da grosse difficoltà: non è una parola logica e convincente, è la predicazione di Cristo
crocifisso trasmessa attraverso criteri e
strumenti umani. Eppure è parola di
^io che si impone con la forza misteriosa e indipendente dello Spirito Santo. L’ascolto: come vi è responsabilità
in colui che annuncia, così vi è responsabilità in colui che ascolta. Sovente
l’ascolto è superficiale, distratto. Vivia-^
nto in una società disabituata all
ascolto: troppi suoni, troppi rumori,
troppe bugie. Si percepisce, si ode, ma
non si ascolta. Ascoltare è più che udì
te: l’ascolto implica attenzione e reazione attiva, decisione di volontà, ricerca, perseveranza, disponibilità a lasciarsi mettere in questione. Chi ascolto deve farlo con la massima attenzione, con la massima speranza, con la
massima pretesa, desideroso di incontrare, nella parola umana che annun
eia, la Parola di Dio che suscita la fede.
'Così, la fede viene da ciò che si ascolta,
® ciò che si ascolta viene dalla parola di
Cristo» (v. 17).
Francesco Casanova
SF/niMANALE DELLE CHIESE E
Il 10 ottobre Napoli ha reagito con una manifestazione alla violenza della criminalità
Salvatore, un disertore della camorra
La città, come tutto il Sud, necessita di risposte sull'occupazione, lo sviluppo, il riassetto
del territorio, la cultura della legalità, ma necessita anche di recuperare un'umanità perduta
MASSIMO APRILE
Mentre seguo U corteo che
lentamente si muove dalla
zona Vergini alla piazzetta di Rione
Sanità, sono in compagnia di un
gruppo della Chiesa battista di Napoli. Abbiamo deciso di partecipare alla manifestazione di protesta
contro l’attentato della camorra avvenuto proprio da queste parti, davanti ad un circolo ricreativo, il 2
ottobre scorso con l’esplosione di
-un’autobomba. Nei giorni successivi altri episodi, il più recente dei
quali è stato il ritrovamento sotto il
palazzo di giustizia di una motoretta con 400 grammi di tritolo, sono
stati segnali inquietanti di un’escalation terroristica della criminalità
organizzata a Napoli. L’obbiettivo
dell’attentato di Rione Sanità era
un esponente malavitoso del clan
Misso-Pirozzi. Sembra che i committenti fossero della nuova alleanza di bande di Secondigliano. Lo
scopo sempre lo stesso: il controllo
delle attività malavitose della città.
Prima di unirci agli altri dimostranti, noi evangelici ci raccogliamo nel nostro locale di culto, non
molto distante, per un momento di
preghiera. Lungo la strada mi accompagna Salvatore. Ha 34 anni,
da qualche tempo frequenta la nostra comunità e di recente ha chiesto di essere battezzato. La storia
di Salvatore, che vorrei brevemente raccontare, è la maniera migliore per spiegare le ragioni e lo spirito con cui abbiamo partecipato a
questo corteo.
Salvatore non ha mai conosciuto
i suoi genitori; ha vissuto gran parte della sua infanzia in uno degli
istituti per bambini di Napoli e ne è
uscito verso i 16 anni; senza famiglia e senza solidarietà ha cominciato una vita di vagabondaggio
che lo ha portato a soli 17 anni ad
entrare nel giro della criminalità
organizzata dei Quartieri Spagnoli.
Date le sue ripetute prove di «coraggio» divenne molto presto guardaspalle del boss della zona; il fatto
che fosse ancora minorenne era,
all’epoca, una tutela in più per evi
Napoli: nelle vie del centro
tare il carcere. In più di un’occasione resta coinvolto in sparatorie sia
contro le forze dell’ordine che contro altre bande in guerra per il dominio del territorio. Tutto questo
per uno stipendio di cinquecentomila lire la settimana e la promessa
di aiuto se fosse finito in carcere.
«Anche se per lavori particolari, come gambizzare una persona, c’erano premi speciali che ammontavano fra i tre e i cinque milioni», racconta Salvatore.
A quell’epoca, primi Anni 80, la
«famiglia» dei Quartieri (opi però
non si chiamano più famiglie ma
«sistemi», mi corregge) era potentissima: contava su più di 1.500 affiliati e un coinvolgimento in attività illecite che andavano dal con-’’
trabbando delle «bionde», al traffico di droga, alle estorsioni. «L’appartenenza ad una banda così ben
organizzata mi faceva sentire qualcuno - dice Salvatore ero una
persona rispettata». Questa vita
durò a lungo, quasi sei anni. «E devi considerarti fortunato - dice - se
in tanto tempo sfuggi sia alla galera che alle vendette dei rivali». Nel
1986 qualcuno gli parla dell’Evangelo. E un pentecostale. Salvatore
non sembra dare importanza alla
cosa, però gli accade un fatto strano: gli prende un’inspiegabile resistenza interiore e senso di nausea
quando va a picchiare un commerciante che non era stato puntuale nei pagamenti. Sicché quando gli fu data la possibilità di cambiare «mestiere» Salvatore ne fu
contento. Dal 1986 al 1990 divenne
infatti guardia del corpo del direttore di una grande casa farmaceutica. Il lavoro era più pulito e
«tranquillo» ma durò solo fino a
quando, insieme a molti altri, il direttore finì in galera per lo scandalo delle fustelle false. Salvatore riprese la vita di prima. Questa volta
faceva da scorta ai carichi di sigarette provenienti dalla Puglia.
Nel 1996 resta colpito a una
gamba da un colpo di arma da fuoco che era diretto a un altro. Salvatore cova per un po’ di tempo il desiderio di vendicarsi, poi giunge la
conversione. Quel seme che era
stato piantato dentro di lui era una
delle poche cose buone, sane, gratuite, non violente, che gli erano
state offerte fin dalla sua nascita.
Pian piano quel seme diventò
pianta. La ricerca di Dio nella lettura della Bibbia e di una via di
uscita dalla disperazione e dalla
violenza, lo condussero a unirsi a
una chiesa pentecostale dei Quartieri Spagnoli, piccolo presidio di
vita in una terra abbandonata ai
predoni. Da allora Salvatore è divenuto strumento nella mani di Dio
per tanti giovani, uomini che come
lui sono nati «sotto una cattiva
stella». Oggi è un evangelista infaticabile e, in quell’ambiente, insostituibile. È un nostro entusiasta collaboratore per spingerci a portare
la parola di Dio a coloro che hanno
fatto scelte sbagliate, di morte.
Ecco perché oggi siamo qui, per
gridare nel deserto di umanità di
questi quartieri di Napoli che Dio è
alla ricerca delle vite perdute, sprecate, violente. Sappiamo che la
città necessita di risposte che riguardano l’occupazione, lo sviluppo, il riassetto urbanistico, la cultura della legalità e tante altre cose
e quindi non abbiamo la pretesa di
sentirci portatori della soluzione.
Ma altresì sentiamo con chiarezza
che abbiamo un nostro compito
specifico; annunciare l’Evangelo di
Gesù Cristo. Si esce da questo deserto umano solo con la bussola
dell’Evangelo che, nel pentimento
e nel perdono, indica una via preparata dal nostro Dio, che cerca
tutti i suoi figli perduti. Stamattina,
per dare pienamente senso alla nostra marcia, ci basterebbe anche
solo trovare un altro Salvatore.
Convenzione sui migranti
Sollecitata la ratifica
del Parlamento italiano
Il 1“ ottobre è stata presentata alla Camera dei deputati una mozione per
giungere alla ratifica della
Convenzione internazionale per la protezione dei diritti dei lavoratori migranti
e delle loro famiglie, votata
dall’Assemblea generale
delTOnu nel dicembre del
1990. Tale Convenzione mira a rivestire un ruolo importante nella prevenzione
e nella lotta allo sfruttamento dei lavoratori migranti. La mozione presentata alla Camera dei deputati «impegna il governo a
compiere i passi che occorrono per dare un significativo impulso alle procedure
necessarie per addivenire
in tempi brevi alla firma
della Convenzione da parte
italiana». Primo firmatario
della mozione è l’onorevole
Domenico Maselli, pastore
evangelico; fra i firmatari
anche alcuni deputati evangelici (Lino De Benetti,
Giorgio Gardiol, Rosario
Olivo). Il 2 ottobre i ministri
Giorgio Napolitano (Interni) e Livia Turco (Affari sociali) hanno incontrato alcuni rappresentanti delle
associazioni cattoliche,
evangeliche ed ebraiche
che operano con e per i migranti. Si è discusso del regolamento di compagnamente della legge sull’immigrazione e del decreto
sui flussi migratori. (nev)
Una riflessione dopo la sfiducia al governo Prodi
Senza stabilità politica l'Italia non può
affrontare i gravi problemi strutturali
EUGENIO BERNARDINI
Lf Italia è un paese politiI camente diviso, non in
due ma in più schieramenti
che, di volta in volta, si uniscono in aggregazioni più o
meno precarie secondo una
tradizione che preferisce il
compromesso alle scelte
nette. In questa situazione
governare è difficile, durare
è ancora più difficile (il governo Prodi è il secondo per
durata dopo il primo governo Craxi dell’83). E un governo che non ha vita sufficiente per svolgere coerentemente almeno una parte
significativa del suo programma è, di fatto, «irresponsabile» per il mancato
raggiungimento dei suoi
obiettivi. Chi ci guadagna in
tutto questo è quella classe
politica parolaia o massimalista che non ama la verifica dei fatti, chi ci perde è
quella parte del paese che
ritiene irresponsabile trasferire debiti e distorsioni
sociali e ambientali sulle
generazioni future. A prescindere da come finirà l’attuale crisi rimane il fatto
che, dall’inizio della cosiddetta «seconda Repubblica», delle grandi questioni
sul tappeto si sono affrontati con successo solo quelle
macroeconomiche (entrata
nell’euro, riduzione dell’inflazione e dei tassi di interesse), si sono timidamente
impostate, ma con provvedimenti discussi e discutibili, le riforme dell’istruzione,
dei trasporti, della pubblica
amministrazione e del sistema delle imposte e tasse,
mentre si sono mancati tutti gli altri obiettivi, dalla lotta alla disoccupazione al
riassetto idrogeologico del
territorio alle riforme istituzionali (e costituzionali).
Per mancanza di stabilità
politica? Anche. Dunque,
perché non porsi prima di
tutto l’obiettivo di rendere
stabili i governi che risultano eletti dalla «volontà popolare», qualunque essi siano? in questo, l’esperienza
di governo dei sindaci delle
città è esemplare.
2
PAG. 2 RIFORMA
All’A:
VENERDÌ 16 ottobre
«Quanto agli
undici discepoli,
essi andarono in
Galilea sul monte
che Gesù aveva
loro designato.
E, vedutolo,
Vadorarono;
alcuni però
dubitarono.
E Gesù,
avvicinatosi,
parlò loro,
dicendo: “Ogni
potere mi è stato
dato in cielo
e sulla terra.
Andate dunque
e fate miei
discepoli tutti
i popoli
battezzandoli nel
nome del Padre,
del Figlio e dello
Spirito Santo,
insegnando loro
a osservare tutte
quante le cose che
vi ho comandate.
Ed ecco, io sono
con voi tutti
i giorni, sino alla
fine dell'età
presente”»
(Matteo 28,16-20)
«E Pietro prese
a dire a Gesù:
“Signore, è bene
che stiamo qui;
se vuoi, farò qui
tre tende; una per
te, una per Mosè
e una per Elia”.
Mentre egli
parlava ancora,
una nuvola
luminosa li coprì
con la sua ombra,
ed ecco una voce
dalla nuvola che
diceva: “Questo
è il mio Figlio
diletto, nel quale
mi sono
compiaciuto;
ascoltatelo”,
¡discepoli, udito
ciò, caddero con
la faccia a terra e
furono presi da
gran timore.
Ma Gesù,
avvicinatosi,
li toccò e disse:
“Alzatevi, non
temete”. Ed essi,
alzati gli occhi,
non videro
nessuno, se non
Gesù tutto solo»
(Matteo 17, 4-8)
«ED ECCO, IO SONO CON VOI...»
Come possiamo sentire la presenza di Gesù nella nostra vitaì Non adorando né
dubitando ma semplicemente ascoltando. Questo rende evangelica la nostra vita
WINFRID PFANNKUCHE
ON queste parole finisce
l’Evangelo secondo Matteo.
Sono le ultime parole di Gesù, è
l’ultima volta che i discepoli lo
vedono, poi se ne va. Tutto finisce lì, tutto da rifare. Gesù se ne
va, nulla di straordinario. Un
giorno ognuno di noi se ne deve
andare, un giorno tutto finisce.
Gesù se ne va
Quello che rimane di un’
esistenza umana è un ricordo, un esempio, un testamento,
una testimonianza, una parola.
Sapendo questo, alcuni dei più
dotati, più ambiziosi, più forti si
sforzano di dire e di fare qualcosa di straordinario durante la loro vita terrena. Di queste persone «straordinarie» rispettate,
cioè né santiticate né criticate,
leggiamo commemorazioni, necrologi 0 quelle lettere belle e
commoventi che ogni tanto
compaiono su questo giornale.
Con riconoscenza, ma anche
con qualche senso di colpa per
essere così normali, così mediocri, conserviamo il ricordo,
l’esempio di colui o colei che,
durante la sua vita, ha osato,
toccato lo straordinario, l’indimenticabile, che ha avuto a che
fare col Dio vivente, sapendo
benissimo cbe ogni esistenza
umana, fatta di luci e ombre, ha
a che fare con Dio. e che ognuno di noi ha qualcosa di straordinario e di indimenticabile.
Lo sforzo umano di conservare il ricordo dello straordinario
rimane però sempre minacciato
e, alla fine, vinto dalla dimenticanza. La luce che splende nelle
tenebre per illuminare ogni essere umano viene sopraffatta
dalle ombre eterne della nostra
normalità e mediocrità. Gesù se
ne va. Quel che rimane della sua
esistenza umana è un ricordo,
un esempio, un testamento, una
testimonianza, una parola. Nulla di straordinario. Straordinario
resta il fatto che Gesù dice, proprio nel momento in cui se ne
va: «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età
presente». Straordinaria è questa sua parola rimasta, ricordata fino al giorno d’oggi. Gesù se
ne è andato, ma ora è con noi.
Cioè: l’Evangelo finisce qui, ma
in realtà inizia qui oggi! Oggi ricominci la tua vita con lui, oggi
ricominci la tua vita evangelica,
oggi inizia l’Evangelo!
dell’essenzialità, che ti sanno
raccontare la loro vita alla luce
di alcuni versetti biblici che si
sono avverati nella loro vita, versetti che essi hanno cominciato
a capire, ad amare vivendo, soffrendo. Sono racconti che assomigliano a una confessione di
peccato, in parte imbarazzanti,
racconti nei quali non siamo né
vittime né eroi eppure raccontati francamente tra fratelli, forse
perché c’è fiducia, speranza forse, perché il Signore, colui che
perdona, è con noi.
ta in famiglia, al lavoro e in certi
luoghi, ma più importanti diventano quei malati, deboli,
bambini, stranieri che alla presenza, nella vita di Gesù sono diventati così importanti, straordinari indimenticabili.
Egli è con noi
CERTO, non vediamo Gesù.
:
La parola più importante
. .'D D ecco, io sono con voi
«Hi
Raccontare la vita con lui
Quanto ai discepoli, che co
S
Preghiamo
Sei sempre più grande, o Dio,
delle nostre timide aspettative.
Tu compì cose nuove inimmaginabili.
Quando intorno a noi un mondo crolla.
Tu fai risorgere la Tua nuova creazione.
Rendici attenti
alla Tua opera nel nostro tempo;
fa’ che non rimaniamo attaccati
al passato,
che non Ti cerchiamo
là dove Tu non sei.
Cammina davanti a noi. Tu che sei il nostro futuro.
Facci ricercare delle vie nuove
ed aiutaci a rimanere saldi
nell’insicurezza.
Ma soprattutto dacci la certezza
che oggi ancora la Tua forza è all’opera
e che rinnovi continuamente il mondo
per mezzo di Cristo, il nostro Signore.
F. Cromphout
.sa fanno ora che Gesù se ne
è andato? Sì, sono andati in tutto il mondo, hanno battezzato
parecchi popoli insegnando loro
ad osservare alcune delle cose
che Gesù ha comandato. Ed ecco, anche noi siamo quasi tutti
battezzati e abbiamo ricevuto
l’insegnamento cristiano. Ma allora tutto finisce lì? No, l’Evangelo inizia qui. È tutto da rifare.
Guardiamo quei discepoli, che
cosa fanno? Scrivono un Evangelo, cioè raccontano la vita di
Gesù. Raccontando la vita di Gesù raccontano la loro propria vita ma appunto con lui. Raccontano la loro propria vita alla luce
della sua parola.
Dovessi tu raccontare la tua
vita, sarebbe un Evangelo quel
che racconti? Capita Gesù in
quel che racconti? Mi capita che
incontro persone che mi raccontano la loro vita. Veramente
questi racconti non sembrano
avere a che fare con l’Evangelo.
Non sono racconti di grazia, ma
storie scritte da disgrazie. Oppure leggende, un passato leggendario, storie che, alla fine, si
possono riassumere in questa
frase: «Guardi, ho sempre fatto
del bene». Ma poi ci sono altri,
persone anziane che come tali
possono avere il dono della concisione, dell’approfondimento e
tutti i giorni, sino alla fine
dell’età presente». Questo versetto è la parola più importante,
la parola di vita per colui che ci
racconta l’Evangelo secondo
Matteo. Alla luce di questa parola racconta la vita dei discepoli
e, allo stesso tempo, quella delle
comunità cristiane e di noi tutti,
la vita con Gesù: l’abbiamo
frainteso, l’abbiamo rinnegato,
l’abbiamo tradito, l’abbiamo abbandonato. In sé non sono né
santi né persone straordinarie
quei discepoli. Eppure la loro vita è evangelica, diventa un
Evangelo, semplicemente perché vissuta con lui. Era piena di
disgrazie, eppure ciò che conta
alla fine, su cui puoi contare
davvero è la grazia, la sua fedele
presenza.
In questo senso la nostra vita
è evangelica, diventa un Evangelo, non perché siamo brava
gente o persone capaci dello
straordinario, ma perché c’è Gesù vivente e presente là dove
due 0 tre si riuniscono nel suo
nome, dove si ascolta la sua parola. Noi non possiamo fare cose straordinarie, ma possiamo
raccontare le cose straordinarie
che egli ha fatto per noi. Viviamo semplicemente secondo la
sua parola, ma più che altro della sua parola attraverso la quale
si rende presente nella nostra vita. Vivendo alla luce della sua
parola, la nostra vita si trasforma in una viva testimonianza,
un Evangelo che alla fine parla
più di lui che di noi.
Capitiamo nel suo Evangelo, e
come nei Vangeli che conosciamo capita poi che altre cose, altre persone diventano più importanti: non racconterai più la
tua vita in primo luogo come vi
Pochissimi provano una vera e calda sensazione della sua
presenza. Queste sensazioni o
emozioni sono spesso molto ambigue, dovute a suggestioni religiose. I fratelli che ci raccontano
l’Evangelo secondo Matteo non
ci parlano molto delle loro sensazioni o emozioni. Salvo una
volta, forse, sul monte della trasfigurazione, quando Pietro dice
di tutto cuore: «Signore, è bene
che stiamo quii». Forse anche alcuni di noi hanno ogni tanto una
tale sensazione, cantando per
esempio un inno profondamente sentito. Ma se ti manca una
tale esperienza, non ti preoccupare, non è l’essenziale.
Ma come allora possiamo provare, sentire la sua presenza nella nostra vita? Quanto ai discepoli sul monte in Galilea che addirittura lo vedono, leggiamo:
«l’adorarono; alcuni però dubitarono». Ma Gesù si avvicina parlando. Dunque; né adorare né
dubitare, ma semplicemente
ascoltare. Perché una persona
che adoriamo non la ascoltiamo
veramente, meno ancora di una
persona di fronte alla quale abbiamo dei dubbi. Semplicemente
ascoltarlo, questo è l’iniziare,
l’osare e il toccare lo straordinario, l’indimenticabile, l’aver a
che fare col Dio vivente. Questo
rende la nostra vita normale, mediocre, una vita evangelica, un
Evangelo che oggi ci dice: «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni...». «Tutti i giorni»: che non ci
sia mai un giorno nella mia vita
in cui non ci sia un po’ di tempo
e un po’ di spazio per l’ascolto
della sua parola, che ci chiama
ad essere presenti e viventi!
«Ed ecco, io sono con voi tutti
i giorni, sino alla fine dell'età
presente»: se questo è vero,
quante cose saranno possibili,
quante cose di cui non avremmo mai pensato che esistessero!
In Cristo Gesù.
(Prima di una serie
di tre meditazioni)
Note
omiletichi
Matteo 28, le.j«
le ultime parole diigelo secondo Matte«,
sta pericope è senza'»!
lei! sinottici, la suac^S
sizione è opera delS ^ÌSO^
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gelista. Anche se" **
■toii
tezza che I versetti i»
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come tali «nel» sig„(,,, ^pallio
contesto del passo, L^) ett
composizione -
Sii
Sto stesso ci rimani
Galilea, sul monteÌ
manda ai luoghi delle, *
lazioni contenute! fe^ellapr
stesso Vangelo (v.i6). isacha di
I Vangeli sono stati, ^etoteni
ti nello Spirito dei Sb Qtitimiti
risorto, non prima, mj
po gli avvenimenti lesto teri
squali. Il genere lette, jaformai
«vangelo» è una novitj iaacolo
soluta sui mercato, in, ,iaando 1
\JA p^nroicinno "... .
va espressione delia, li’intuizi
vità di vita» in cui caj “^„1 sap
sileni
1 vita hi
nano i battezzati In niJ
e vita del Signore (cfr, ^
mani 6, 4). Il «leitmoi
del Vangelo secondoll d™
teo è l'essere con noi, sasieto d
presenza del Cristo fise riempie
in mezzo a noi: «l'Ei a, perch
nuele» («Dio con noii| liando e i
Matteo 1, 22-24; lasi6,SÌpuò
presenza là «dove due ae età Stri
tre sono riuniti nel mioi ¡violento
me» in Matteo 18,20 e« ¡¡re si pu
Il Vangelo secondoM ;anquillo
teo sottolinea fortema wjersen
l'identità dell'uomo Gl nni
con quella del Dio d'Is K i
le, le sue azioni sonoa / Ì!*.,**
ni esclusivamente risen . '
a Jahvè. Quel Dio creai !®'^®dire
e salvatore di tutta l'a ®ropera
nità è vicino, viventeè| tacchina,
sente nella nostra vita iwcriire
traverso l'umanità dlG pità. D
che resta ambigua, ogi ^.futuro
to di critica, interpreta #®a, as
ni, esaltazioni e diffa idiamori
zioni come la vita di liv|^one,
essere umano; eppurffieiSoco.
Il Corinzi 6, 8-10) egli èl
noi: questa parola, la ^
parola con la quale c\
chiamati in vita, èlifof
sili
mento delle nostre esist
ze minacciate.
testo invita a riflett
sul nostro battesimo e
la missione cristiana, a
scoltare il nostro comf un i
principale conducenti Dammi
inevitabilmente a unat iolori,
fessione di peccato;! tostato
tale impostazione poti lodicib
be rischiare che aliai icoscie
parliamo troppo dii rcostan
stessi e troppo poco di! q
sù Cristo. La tentazioni, j „
trasformare la cristolo ng „¡(j
in una cristianologil. . ,
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pietistica purtroppo uni ’
forte. Questa meditaziO ^P
cerca di far ascoltare pK “
di ogni altra cosa l'uM de
versetto del testo, l'Evi tempo i
gelo, sua fiduciosa pi® ®tlepar
za, principio, fondainif ui i pare
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Bruno Corsani,per s.
dazione a! Nuovo TeH lalmorei
mento, voi. 1: VangiJ È il me
Atti, 2 ed. aggiornj'leril
Claudiana, Torino, ìoichéet
- Joachim Gnilka. )er farla*
gelo di Matteo, voi. iperatam
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Paideia, Brescia.
- Eduard Schvveit ‘"Prot
Matteoe/asuacomoniJ^Pre^
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Nella foto: R®!!’*’'j3diera, i’,
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OTTOBRE 1998
Fede e Spiritualità
PAG. 3 RIFORMA
Come accompagnare i morenti fino all'ultimo istante
L'amore è più forte della morte
bisogna essere umili, discreti, non invadenti, rispettosi dei
degli addii, del perdono reciproco, delle lacrime
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Sauté e vy
I «pallio» {dal latino palpasso j HiX) era un grande manne e teoi, «„ che gli antichi romani
« »cavano sopra la tunica.
" Lmaeine del mantello ri
Sa l'idea della copertuoghi delle, “gjg protezione, di qualeÌo Jv S' che difende dal freddo,
sono stai illeintetnperie, che da caloho del Si® i intimiti, sicurezza. Non
prima, [chi abbia voluto adottare
en¡menti jesto termine per definire
nere le% m forma di assistenza riseruna novitj ita a coloro che stanno terercato,ins ànando la loro esistenza
'ne dellai ^¡’intuizione è stata felice,
in cui cat ^tti sappiamo che la nozzati inrw „vita ha un termine, che
I® siamo eterni, che non
ecoS amo immortali. Eppure il
re con 0 del nostro trapasso
Cristo rS ii®P‘® ®
noi: «l'Em, a, perché non sappiamo
> con noiij uando e non sappiamo co
?2-24; lai le. Si può morire a qualun
«dove dui se età stroncati da un eveniti nel mloi [violento o improvviso, op:o 18, 20hi me si può morire in modo
secondo lì ;anquillo, quasi senza ac
' jtgersene: non possiamo
ere, non possiamo prevefe. Ma intanto possiamo
i di tutto per combattere e
eli uomo
del Dio d'I
:ioni sono
rDi^íSvenirel^e^mortiviolenm
di tutta l'ui «ropera dell uomo o della
), vivente e¡ «hiña, per combattere e
nostra vita evenire le malattie e le inmanità di G smità. Dobbiamo dare alla
■nbigua, ogi ì^fiituro, serenità, pace, si, interpreta iezza, assicurando rapporoni e diffa iihamore, solidarietà, conia vita di liv^one, aiuto e sostegno
no; eppur&ectaoco. Queste sono pre8-10) egli èi ^ ^
parola, la A
la quale c\f
vita, è il foli
I nostre esisti
te.
vita a riflel
lattesimo e
cristiana, a
,ostro comi ce un momento nella vita
conduceni lU’ammalato in cui cessano
inte a unac lolori, la mente scivola in
peccato;! lo stato senza sogni, il bisoazione poti iodi cibo diventa minimo e
a che aliai ’coscienza deU'ambiente
:roppo dii rcostante svanisce nell’opo poco dii Questo è il momento
ì tentazioni I camminano
T giù per i corridoi del
dcipo il SVI “?P®ùale, nella tortura delirtroppo iw senza sapere se an:a meditazi! previa per occuparsi dei vivi
ascoltarepri *i^re lì ad aspettare il moa cosa l'uM della morte. Questo è
I testo, l'E»i tempo in cui è troppo tardi
iuciosa pr® «rieparole, ma è il tempo in
3, fondarne! ui i parenti invocano magie di tutto. jonnente aiuto, con o senza
« parole. È troppo tardi per
rrteryenti medici (troppo
Il '^deli quando avvengono,
OTOnClll guanto correttamente in««'). ma è anche troppo preCorsani, lai 'to per separarsi totalmente
Nuovo te» ’«inórente.
• i ^ Í* ’uomento più difficile
■ ii Parente più prossimo
'rluika Ih* ®gii desidera andar via
reo voi. finita o si attacca di
scia. f.®t3tamente a qualcosa che
I Schwei«*^‘® procinto di perdere per
Una testimonianza diretta
Essere volontari oggi
messe indispensabili per accettare la conclusione della
nostra vita nello stesso spirito di serenità, pace e sicurezza con cui abbiamo vissuto,
quando per noi non ci sarà
più futuro. Rimane insuperabile, profondo, il dolore della
séparazione dalle persone
care e dalle cose care. La certezza dei credenti è che questa separazione dalle persone care non è per sempre,
perché l’amore è più forte
della morte.
Nel momento della morte
siamo soli: esperienza unica
e irripetibile davanti al mistero insondabile dell’esistenza che si spegne, mettendo in gioco la nostra fede,
la nostra speranza, il senso
stesso della nostra vita! Ma
fino a quella soglia non dobbiamo essere lasciati soli.
Abbiamo bisogno di un mantello che ci copra, ci protegga, ci rassicuri, ci riscaldi. Un
mantello che riduca al massimo la sofferenza fisica e gli
effetti devastanti provocati
dalla malattia. Un mantello
che accolga la nostra ansia e
la nostra paura, che ci dia pace per morire in pace. Un
mantello che protegga i nostri cari dal disorientamento,
dalla disperazione, dall’angoscia del non voluto, da quella
realtà fino ad allora respinta
e rifiutata, affinché i vivi non
muoiano con i morti.
Essere accompagnati nel
cammino più o meno lungo
che si conclude con la nostra
morte vuol dire essere aiutati
a camminare nella verità,
nell’autenticità liberi da illusioni 0 infingimenti, essere
aiutati a guardare la realtà in
faccia senza «far finta», essere aiutati a morire nella consapevolezza, e nella pace.
Grande è la sfida per coloro
che assumono con chiara coscienza il compito di accompagnare il morente e la sua
famiglia. Occorre mettere in
atto un accompagnamento
umile, discreto, non invadente che rispetti i momenti del
silenzio, degli addii, del perdono reciproco e della riconciliazione, dello scambio di
amore nel libero e non contenibile fluire delle lacrime. Un
accompagnamento che non
si imponga mai, ma che sappia cogliere con grande sensibilità il momento del sostegno, dalla parola rassicurante, del gesto di aiuto, di solidarietà, di comprensione.
Operatori e familiari in relazione con il morente
silenzio che supera tutte le parole
sua I
Brescia.
aver evitato quel momento.
Coloro che hanno la forza e
l’amore di sedersi con un malato in fin di vita nel silenzio
che va oltre le parole sapranno che questo momento non
è né spaventoso né penoso,
ma è la tranquilla cessazione
del funzionamento del corpo.
Osservare la morte tranquilla di un essere umano ricorda una stella cadente, una
dei milioni di luci di un vasto
cielo, che splende improvvisamente per un breve momento, solo per sparire per
iraiià
il momento della
,'tepia del silenzio con il ma. ° e della disponibilità verso
parenti, il medico, l’infer
can'^’i sociale o il
PPellano possono essere di
^de aiuto, cercando di caI ’ conflitti della famiglia
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28.
i momento e aiutanjd® ^oegliere la persona
hai che si senta di stare
lora*^ '^^ato in fin di vita. Aitp-i^oesta persona diviene
il terapista del madj '/^oaaiamo aiutare quelli
non si sentono di stare
®^atO’ sollevandoli dal
doli rK ' e rassicuranqualcuno starà con il
Rerà finché sopraggiunla morte. Allora potranchen a casa sapendo
lo, e uon è morto so
di’ Col ufii senza sentimenti
Pa 0 di vergogna per
Preghiera di una madre
«Perché questo fremito, pensando al tuo corpo imprigionato nella terra gelida dell’inverno? Perché? So bene che
non sei lì, eppure, mio Dio, che cosa so veramente?
Dove sei figlio mio amato? Il tuo corpo è laggiù sotto un
cumulo di terra, ma la tua vita continua. La tua vita vera è
qui, vicino a me, mio amato, nel silenzio della notte.
Signore, io credo, aiutami a credere!
Oggi il mio cuore e il mio spirito sono vuoti. Tutto è piatto, tutto è grigio, ma deve andare avanti. Da qualche parte
qiialcuno mi attende, lontano, molto lontano, ma che importa, egli sarà là e io cammino verso di lui.
La morte ha rimesso tutto in discussione e ha tutto cancellato. I ricordi sono gocce di sangue che sgorgano dal
mio cuore e mi lasciano esangue, senza forza, oppure...
Fino a quando Signore lascerai la tua povera servente
camminare nelle tenebre? Fino a quando il mio cuore rimarrà silenzioso?
Ma la morte non è punizione. E lo sbocco naturale della
nostra storia di amore con Dio. Quello che mi riesce più
difficile è che mio figlio ha spezzato volontariamente il filo
della sua vita, e questo mi terrà in ginocchio davanti al Signore fino al nostro ritrovarci, fidando totalmente nella sua
misericordia.
Alleluia, Gesù è vivente! La parola del Credo: “E morto, è
stato sepolto, è sceso agli inferi" per cercare tutti quelli che
lo aspettano. Questa parola mi aveva sconvolto, ma ora la
comprendo, e più che mai!
Cristo il giorno di Pasqua è risorto, e con lui tutti quelli
che è venuto a cercare! In questa Pasqua io so che mio figlio, partito senza aver colto il senso della vita, senza averne capito la meraviglia, senza speranza, oggi è risorto con
Cristo, nella sua trionfante resurrezione nella luce di Pasqua. Posso ora gridare la mia gioia: Cristo è risorto ed è vivente, Alleluia!».
(da: Diario di Maddalena Maurin, madre del giovane attore
francese Patrick Demaere, suicidatosi alcuni anni fa)
GABRIELLA MARTINA*
Essere volontari oggi-, che
cosa significa? Innanzitutto essere volontari vuol
dire trovare, nelle nostre
giornate piene di impegni di
lavoro e di corse frenetiche
per riuscire a fare tutto, del
tempo da dedicare agli altri.
Sicuramente non è sempre
facile. (...)
Ma se si riesce, per un attimo, a- dimenticare se stessi,
ecco che diventa più semplice fermarsi accanto al letto di
chi non può più, per forza di
cose, correre. E questa pausa,
dettata dalla volontà di fare
qualcosa per un altro essere
umano, è molto importante:
non solo per l’ammalato che
trova un po’ di compagnia,
ma anche per noi perché ci
dà la possibilità di fermarci a
riflettere. In fondo, come dice il ritornello di una nota
canzone, «gli altri siamo noi»:
mentre io volontario dedico a
te, persona che soffri, un’ora
del mio tempo, anche tu mi
regali un poco di te e in
questo reciproco scambio di
parole, di affetto o anche di
silenzio si realizza un progetto ben più elevato, che è il
donarsi agli altri senza attendere ricompense materiali
immediate, ma con la piena
consapevolezza che nulla
può ripagare un gesto, una
parola, dedicati con semplicità a chi ci sta accanto. Insomma essere volontario in
un’associazione che si prefigge di accompagnare chi è
ammalato anche nel cammino verso la morte, non significa assolutamente morire
con lui 0 essere tristi, significa tendere la mano a chi soffre più di me e trascinarlo
sulla via della consapevolezza, ma significa anche farmi
tendere la mano da chi è più
avanti di me sulla stessa strada. E questa è una catena invisibile che ci unisce e che
deve dilagare sempre più
perché quello che siamo oggi
resti vivo per sempre.
* Volontaria nell’associazione
«Rafael» di Pinerolo, per l'assistenza domiciliare a malati gravi
.. Contatti umani
Esperienze
di un'infermiera
«Mi trovavo a svolgere il
mio tirocinio di area materno-infantile. Dall’esame del
sangue di un bimbo di soli
cinque anni, risultavano molto alti i globuli bianchi e tutto
ciò faceva pensare a una forma di leucemia; i medici
hanno richiesto il passato
midollare, che è stato eseguito dagli oncologi, dicendo ai
genitori che si trattava di un
esame per vedere di che tipo
di infezione si trattava. Ho
chiesto ai medici perché non
avevano spiegato in modo
più chiaro come mai eseguivano quegli esami, ma mi è
stato risposto che era “per
non creare inutili allarmismi”. Erano le 10 del mattino.
Due ore dopo giunse la risposta: il bambino è affetto
da leucemia. Il medico concorda con il trasferimento del
paziente in oncologia alle 4.
Sinceramente mi aspetto che
la dottoressa si occupi di lui,
chiami i genitori, ma passa la
pausa del pranzo e non accade nulla; ai genitori viene detto soltanto che il bambino
dovrà cambiare reparto. Alle
15,45 i genitori non sanno ancora nulla del fatto che il reparto in cui il piccolo sarà ricoverato sarà oncologico.
Nessuno si è preoccupato di
dire loro la verità. Se la troveranno davanti crudelmente
leggendo sulla porta del reparto “Oncologia”, termine di
ovvio significato».
(testimonianza di un’allieva
infermiera del Centro traumatologico ortopedico di Torino, 199596 tratta da: S. Messina,
Vivere il morire giorno per giorno, Comunità accoglienza)
sempre nella notte infinita.
Essere terapisti di un malato
in fin di vita ci dà coscienza
dell’unicità di ogni individuo
in questo vasto mare dell’umanità. Ci dà coscienza
della nostra finitezza, della
breve durata della nostra vita. Pochi di noi vivono più di
settant’anni, eppure in quel
breve tempo la maggior parte
di noi crea e vive una biografia unica e tesse il suo pezzo
di storia umana.
(da La morte e il morire
di E. Kiibler-Ross)
La chiesa non è più sola a gestire questo momento
Il carattere ambivalente della morte
Nel passato non c’erano
dubbi: la morte e i riti connessi erano gestiti dalla chiesa. In una chiara separazione
di compiti, usciva il medico
ed entravano il prete o il pastore. Tra loro non c’era generalmente comunicazione:
uno si occupava del corpo e
l’altro dell’anima. Le concezioni dell’aldilà erano complici, ma chiare: paradiso e
inferno, i cattolici ci aggiungono anche il purgatorio. I rituali mortuari erano rassicuranti per gli uni e per gli altri.
Ora questo quadro è spezzato e sopravvive qua e là in
frammenti, mescolati spesso
a concezioni ideali di varie
provenienze (religioni orientali) e in fin dei conti ognuno
crede (o non crede) ciò che
vuole. Le chiese stesse non
sono più tanto sicure della
loro teologia sull’aldilà.
Tutto questo però ha contribuito a diffondere una
quasi totale impreparazione
davanti all’evento morte. La
morte viene innanzi tutto
esorcizzata: è un tabù di cui
non bisogna parlare, e se se
ne parla la tradizione popolare è largamente provvista di
oggetti, gesti, parole «portafortuna», per allontanare e
rimuovere il pensiero. Questo fa sì che la nostra generazione, che non è mai stata
così difesa da un punto di vista fisico contro la morte, è
del tutto indifesa da un punto di vista psicologico e culturale. Mentre le generazioni
passate accettavano la morte
(con cui spesso convivevano:
mortalità dei bambini, incidenti, malattie acute, anziani, ecc.) e questa avveniva di
solito in casa, oggi si tende a
morire in ospedale e in casa
di riposo. Sentiamo dunque il
bisogno di un grosso recupero culturale e spirituale per
un’accettazione della morte
come parte della vita.
Un riferimento all’Evangelo ci mostra il carattere ambivalente della morte: da una
parte neihica che deve essere
combattuta e temuta («l’ultimo nemico», come la definisce l’apostolo Paolo), ma
dall’altra nemico sconfitto
nella resurrezione di Cristo.
Quindi la morte appare depotenziata, vinta nei suoi
aspetti drammatici di distribuzione e negazione della vita, perché neO’annuncio della resurrezione di Cristo, la
vita trionfa, ha preso il so
pravvento, divenendo certezza di fede e di speranza per la
nostra resurrezione.
Da qui consegue la legittimità di un atteggiamento di
lotta contro la morte, contro
ogni cultura della morte, di
impegno per rimuovere qualunque causa di morte, ovunque si manifesti, ma dall’altra
parte la capacità di affrontare
la propria morte e quella dei
nostri cari con coraggio e serenità, sapendo che essa non
ha più l’ultima parola nella
nostra esistenza.
La Società di studi valdesi
«ij, Jo/ organizza un viaggio in Germania in
occasione del trecentenario deU’emi'
grazione dei valdesi in terra tedesca, dal 18 al 25
maggio 1999.
Per prenotazione e inforamzioni, tei. 012I'932765,
dalle 16 alle 18, dal lunedì al giovedì
Si comunica cha la Tavola valdese di Torre Pellice
ha cambiato Tindirizzo di posta elettronica in:
tavolavaldese@chiesavaldese.org
La casella con il, precedente indirizzo, tvaldese@tpellice.it, è stata
disattivata.
Si informa inoltre che la Tavola valdese ha adesso ropporuinità di
creare delle caselle di posta elettronica .sul dominio www.chiesavalfiese.org.
Pertanto chi fosse interessato ad avere una o piu caselle con indirizzo ©chiesavaldese.org, può rivolgersi a Pina Garufi, Tavola valdese,
via Beckwith 2, 10066 Torre Pellice,'tei. 0121-91296; 0121950035; fax 0121-91604.
Regala
un abbonamento a
4
PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ 16 OTTori
Nel tempio luterano, alla presenza della regina Beatrice
Festeggiati a Amsterdam i 50 anni del Cec
Sono numerose le iniziative
messe in atto per festeggiare
il 50“ anniversario del Consiglio ecumenico delle chiese
(Cec), fondato ad Amsterdam
il 23 agosto del 1948. Proprio
ad Amsterdam, sabato 19 settembre, si è tenuta la prima di
una serie di celebrazioni ufficiali che culmineranno il 13
dicembre ad Harare, nello
Zimbabwe, sede della Vili assemblea del Cec.
Nell’antico tempio luterano
di Amsterdam, alla presenza
di numerose autorità, ha predicato il catholicos ortodosso
Aram, sottolineando quanto
sia ancora attuale il compito
del Cec: «Una fratellanza di
chiese che si sforzano di crescere insieme neH’evangelizzazione, nella testimonianza
comune e nell’unità visibile».
Rilevante la conferenza
stampa del segretario generale del Cec, Konrad Kaiser, che
ha anticipato che ad Harare
verrà proposta e discussa
l’eventuale costituzione di un
«forum» che riunisca entro il
2001 tutte le principali deno
i Kiev: Consiglio della Federazione battista europea)
Il nuovo segretario sarà un pastore bulgai
L’Assemblea di fondazione del Cec il 23 agosto 1948 a Amsterdam
minazioni cristiane. «Non una
struttura o una nuova istituzione ecumenica - ha detto
ma uno spazio aperto per arricchirci vicendevolmente
scoprendo nuove strade per
collaborare insieme». Rispondendo ai giornalisti, Kaiser ha
poi specificato che al progetto
hanno dato la propria disponibilità sia la Chiesa cattolica
che le Assemblee di Dio (pentecostali) dichiarandosi pron
te a far parte del comitato che
metterà a punto il progetto.
Cattolici e pentecostali non
fanno ufficialmente parte del
Cec: la Chiesa cattolica partecipa ai lavori della Commissione Fede e Costituzione e
con il mondo pentecostale e,
ha specificato Kaiser, «subito
dopo l’Assemblea verrà istituita una commissione internazionale per una serie di colloqui bilaterali». (nev)
Si è svolto a Kiev, capitale
dell’Ucraina, dal 23 al 27 settembre 1998, l’incontro annuale del Consiglio generale
della Federazione battista europea (Ebf), l’organismo di
collegamento dei circa 800
mila battisti europei e mediorientali. Sede dell’incontro il
tempio della Prima chiesa
battista di Kiev, moderno edificio costruito all’inizio degli
Anni 90 con il lavoro volontario dei membri di chiesa, che
ospita attualmente anche una
scuola di musica sacra. I battisti ucraini, con circa 130.000
membri battezzati attivi, costituiscono la seconda Unione battista europea per grandezza, dopo quella britannica. Al Consiglio Ebf hanno
partecipato circa 150 persone, fra delegati delle varie
Unioni barriste nazionali e
osservatori dell’Alleanza battista mondiale e di alcune
missioni battiste.
Per l’Italia erano presenti il
presidente dell’Unione battista (Ucebi), Renato Maiocchi,
e il pastore Luca Negro, che
ha anche partecipato come
relatore al secondo seminario
dei «comunicatori» battisti
europei, svoltosi nella stessa
sede dal 21 al 23 settembre.
Presente anche il pastore Saverio Guarna, già presidente
deirUcebi e attualmente pastore della Chiesa battista
«Via della speranza» di Tirana
(Albania), che ha annunciato
l’imminente costituzione di
una Unione battista albanese.
Fra le principali decisioni
prese dal Consiglio generale
c’è la nomina di un nuovo segretario generale, che dall’anno prossimo sostituirà il pastore Karl Heinz Walter: per la
prima volta nei 50 anni di vita
dell’Ebf la scelta è caduta su
un rappresentante dei paesi
dell’Est, il pastore Theo Anghelov, 59 anni, presidente
dell’Unione battista bulgara,
figlio di un pastore duramente perseguitato durante il regime comunista ed egli stesso
più volte imprigionato.
Preso atto delle insormontabili difficoltà burocratiche
poste dal governo della Re
pubblica slovacca
nizzazione del Cn^l^
Ebf, grande raduno
sti europei che si tie!
due anni e per il qua|.^
\rf^r\r%-nrt fir-»'
vedono fino a nnattJ . , „
partecipanti, in prò!
per l’anno prossimo
slava, il Consiglio
di tenere ugualmente
gresso nelle date fissJ^”!!!!
25 ]aglio,1999), Ig»
Starlo nella città pok i
Wroclaw (Breslavia),
Fra le altre deci^oni '
quella di sostenere coi
la campagna «Jubileefc
per la cancellazione del ideile
to estero dei paesi infX, nell
Un nuovo locale di culto a Firenze
La sfida di «Christian Science»
PASQUALE lACOBINO
CON un convegno interreligioso tenutosi il 27 settembre si è chiuso il programma di iniziative promosso dalla comunità fiorentina di Christian Science in
occasione dell’inaugurazione
del suo nuovo locale di culto
nel capoluogo toscano. La
chiesa fiorentina, «filiale» italiana della chiesa madre di
Boston (Usa), The First Church of Christ, Scientist (attenzione, non è Scientology!),
esiste da 90 anni. Altre comunità di Christian Science sono
presenti in città come Aosta,
Milano, Roma e Perugia. Ma
che cos’è Christian Science?
Nasce negli Usa nella seconda metà del XIX secolo sotto
l’impulso di Mary Baker
Eddy, con l’intento di recuperare e praticare l’«elemento di guarigione» del cristianesimo primitivo. Accanto
alla Bibbia, l’opera di riferimento per Christian Science è
il libro Scienza e Salute con
chiave delle Scritture, scritto
nel 1875 dalla stessa Mary
Baker Eddy in seguito alle
esperienze di guarigione di
cui sarebbe stata sia beneficiaria che dispensatrice a favore di altri ammalati.
Qual è il rapporto tra la Bibbia e il libro della Baker Eddy?
Il culto domenicale è centrato
sulla loro lettura parallela: «La
Bibbia è la porta. Scienza e salute la chiave per aprirla», ha
detto Cristina Sloan, responsabile del «Comitato di pubblicazione per la Christian
Science in Italia». Quanti
membri raccoglie in Italia?
«Numericamente non siamo
una grossa chiesa - ha continuato Sloan - ma nella Bibbia
c’è scritto che anche un solo
giusto può salvare la città!».
Quale impressione hanno
avuto gli oratori cristiani intervenuti al convegno interreligioso? «La mia prima impressione è buona. Christian
Science è una chiesa che ha
superato il secolo di vita. Qui
a Firenze ha lavorato per decenni, silenziosamente, con
la preghiera e lo studio», ha
dichiarato don Angelo Pellegrini, docente di Teologia trinitaria e di Ecumenismo alla
Facoltà teologica dell’Italia
Centrale. A Mario Affuso, pastore della Chiesa apostolica,
abbiamo chiesto che cosa
possa significare per le chiese evangeliche fiorentine una
presenza più visibile sul territorio di una esperienza co- I
me quella rappresentata da
Christian Science: «Viviamo
in un’epoca in cui tutti siamo
ammalati di solitudine - ha
risposto Affuso -. Questa è
una condizione di fragilità, e
se esiste la malattia psicosomatica allora esiste una malattia, passi il neologismo!,
“spiritualsomatica". A questo
i pastori, curatori di anime,
forse dovrebbero pensare un
po’ di più».
Christian Science ha chiesto
formalmente di entrare a far
parte del Consiglio dei pastori
delle chiese evangeliche fiorentine. Sembra chiara la cifra simbolica dell’offerta: la
dimensione «perduta» di una
spiritualità terapeuticamente
orientata, in cambio di quella
riconoscibilità culturale e storica di cui sono portatori
protestantesimo riformato .
¡’evangelismo risvegliato. Il
Consiglio dei pastori di Firenze ha deciso di prendere tempo per studiare attentamente
la comprensione di fede, la
teologia e l’ecclesiologia di
Christian Science. Una decisione prudente, ma anche di
grande rispetto per l’identità
stessa di Christian Science.
Promosso dalle chiese evangeliche unite in Germania
Progetto «Gephira»: costruire ponti in Europa
il
e
L’attuale situazione in Europa, nonostante il processo
di unificazione, è ancora segnata da molte barriere e
molti muri che possono qualche volta sembrare addirittura insuperabili. L’Assemblea
ecumenica di Graz ha evidenziato abbastanza bene questa
situazione e ha indicato una
delle possibili strade da percorrere, quella dell’incontro
personale e delle esperienze
vissute insieme. A questa indicazione ha risposto molto
concretamente un gruppo di
undici persone, promosso
dalle chiese evangeliche unite
della Germania rappresentanti delle varie realtà ecclesiali protestanti e ortodosse
operanti in Europa, che si è
riunito a Bossey (Svizzera) tra
l’il e il 13 settembre scorsi. È
nato così un progetto denominato Gephira, che in greco
vuol dire «ponte». Il progetto
prevede un itinerario attraverso l’Europa di otto mesi di
16 giovani di ambo i sessi di
età compresa tra i 18 e i 25
anni, già impegnati nel lavoro
delle loro rispettive chiese di
appartenenza, al fine di accrescere la loro sensibilità
ecumenica e la loro capacità
di leadership.
I paesi coinvolti sono Germania, Repubblica ceca, Inghilterra, Francia, Grecia, Romania e, in via di definizione,
Finlandia e Italia. Anche il
Consiglio ecumenico delle
chiese è interessato al progetto e disponibile a dare un
supporto tecnico e finanziario. L’iniziativa dovrebbe aiutare a costruire ponti non solo tra le diverse tradizioni religiose ma anche introdurre i
partecipanti nelle dinamiche
che sorgono tra varie maggioranze e minoranze etniche e
culturali. Dovrebbe anche
rappresentare un’occasione
per comprendere le differenze socio-economiche esistenti tra i paesi europei. La partenza è prevista per fine ottobre 1999 dopo un breve periodo di formazione e il termine dovrebbe essere la prima decade di luglio 2000.
116 giovani (per ogni paese
un ragazzo e una ragazza) dovranno possibilmente appartenere a diverse confessioni
cristiane o denominazioni.
Visiteranno tutti e otto i paesi
coinvolti nel progetto. In ogni
paese parteciperanno alla vita delle comunità locali nella
molteplicità di espressioni e
forme, condivideranno anche
essi stessi le proprie esperienze e progetti. Tutto questo
dovrebbe assicurare anche
un effetto moltiplicatore della
sensibilità ecumenica nelle
singole realtà nazionali.
Il progetto si concluderà
con delle relazioni finali contenenti la valutazione del
progetto, sia a livello nazionale che globale, e delle indicazioni, in base all’esperienza
acquisita, per lo sviluppo di
progetti locali nell’ambito e
con il sostegno della comunità di invio. L’iniziativa, secondo gli autori del progetto,
non dovrebbe essere un mero
happening, ma una possibilità di crescita per i partecipanti e le loro chiese. All’incontro l’Italia è stata rappresentata da Pina Grosso, della
Federazione delle chiese
evangeliche in Italia. Tutte le
informazioni riguardanti il
progetto Gephira possono essere richieste alla Fcei, via Firenze 38, 00184 Roma, tei. e
fax: 06-48905101, e-mail:
fed.evangelica@agora.stm.it.
sviluppo. «Il consiglio Intìiìch
tale dell’Ebf affermai, ^
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principio biblico del gii %nesti
un tempo nel quale il, ¿dii
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paesi più industrializza
mondo (G8). Per il 2001) tjna u
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riferimento ai problen* zinale
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Jones e il croato Davori che si è
terlin. Il nuovo progett dership
Seminario prevede, oli tare ur
già funzionante Centro dente,
sul battismo, anabattiS identità
sui diritti umani, e ad cui sira
attività didattiche consd sti «tra
te nel tempo, l’organitó 40.000
ne di corsi di specializz alla Sol
ne post laurea in teoi
(master e dottorato).
Da quattro anni ha stretto un gemellaggio con il distretto delle chiese delle valli valdesi
Visita alle sorelle e ai fratelli del Presbiterio di Kiskiminetas, in Pennsylvan
TOM NOFFKE
Approfittando di una
G ‘
visita alla mia famiglia
negli Stati Uniti, mia moglie
Lidia ed io abbiamo pensato
di passare in Pennsylvania
per trovare le sorelle e i fratelli del Presbiterio di Kiskiminetas e partecipare alla loro assemblea distrettuale. È
da quattro anni che il nostro I
distretto ha stretto un gemellaggio con questo presbiterio
e volevamo cogliere questa
occasione per approfondire
vecchie conoscenze e stabilire anche nuovi rapporti.
La sera del nostro arrivo
siamo stati accolti dai coniugi Sharp che ci avevano fatto
visita nelle Valli l’ottobre
scorso. Abbiamo partecipato
a una cena comunitaria presso la Chiesa di Apollo con la
quale la Chiesa di Villar Perosa è gemellata. Abbiamo portato una bambola valdesina
preparata dal gruppo di bricolage di Villar Perosa. Con
nostra sorpresa ci hanno mo
strato una croce ugonotta in
legno che una coppia di quella comunità sta preparando
per far conoscere meglio le
nostre tradizioni.
Abbiamo partecipato alla
«conferenza» del Presbiterio
che secondo l’ordinamento
della Chiesa presbiteriana
Usa si incontra sei volte l’anno, per una giornata, durante
la quale i delegati delle comunità esaminano le attività
comuni e fanno le necessarie
delibere esecutive. Le varie
chiese del Presbiterio ospitano la conferenza a turno alla
quale partecipano circa 150
delegati. Durante questo incontro, oltre alle relazioni dei
vari comitati e le relazioni dei
partecipanti all’Assemblea
generale della Chiesa presbiteriana Usa, il nuovo pastore
della comunità di Clarion,
dove si svolgeva l’assemblea,
ha presentato la sua dichiarazione di fede in vista del suo
insediamento.
Molto spesso, commentando la validità delle Unioni
femminili in Italia viene posta
la domanda «perché non abbiamo anche un’Unione maschile?». Ebbene con nostra
sorpresa all’appello è stata
chiamata anche la Men’s Society (l’Unione maschile, appunto) che però non ha presentato una relazione e non
sappiamo quindi quale sia il
suo ruolo nelle comunità.
Nel portare il saluto del 1
distretto valdese ho sottolineato il valore di questo
scambio reso possibile attraverso il programma di gemellaggio, pur nella consapevolezza che'questa attività non
ha trovato un grande interesse da parte delle nostre comunità. Forse il problema è la
difficoltà nella comunicazione e il fatto che molte chiese
hanno stretto dei gemellaggi
con altre chiese. Sono altrettanto sicuro però che attraverso questo scambio possiamo dare molto e nello stesso
tempo ricevere molto. Certo è
impressionante la partecipazione alle varie attività, in
particqlar modo dei giovani.
Ci è stato riferito che ultimamente hanno delle difficoltà
in questo senso perché soltanto l’80% degli iscritti partecipa regolarmente alle attività. Forse quello che più ci
colpisce ogni volta che frequentiamo una comunità negli Usa è la loro gioia nella fede: i loro culti sono vivaci e
partecipati, anche nel rigorismo calvinista. Dal nostro
punto di vista potrebbe sembrare strano che, in particolare in occasione delle feste nazionali, molta attenzione viene dedicato alla patria.
Quella stessa sera abbiamo
incontrato un «vescovo» Amish e sua moglie in c^sa loro. Chi ha sentito parlare di
queste comunità sa che non
amano parlare molto della
loro vita di fede agli «yankees», ma il fatto che eravamo valdesi dall’Europa ha
aperto la loro porta. Erano
molto interessati nel sentire
le notizie della nostra chiesa e
ho promesso di mandare loro
una storia valdese in tedi
Il giorno seguente abbii
passato la serata con itato impegnato neH’otg^
zazione e
zaziuiie e il prosegU.del gemellaggio. C’è qu»
preoccupazione per i
terà avanti il collegamen®
le due chiese, ma c'è aw
una volontà di continua»
scambiare visite e info^
zione per Farricchimepl .
ciproco. Un gruppo di
minetas ha fatto visitai
dese, North Carolina, doj^
nostra partenza e sarà .
ressante sentire le lof®,"
zioni, come americani»®
ziativa della chiesa di
se, che ha creato un «seu
della fede» che consistè
rie repliche di luoghi s
delle nostre Valli (Ghiè
tana, Chanforan, Colisi
barba, Ciabas, ecc.).
I fratelli e le sorelle di
minetas mandano i ^
fraterni saluti e sp'
poter offrire la loro osp
a singoli e gruppi che
no far loro visita.
5
1^ OTTOBRE 1998
PAG. 5 RIFORMA
'Vacca al
del Coajj
aduno -'^
he
sitiem
•rd quale’
? quatte
in proge
ossinioa
dglio ha
almente
^ilgsono nuove forme di religiosità.
lLs indipendenti delle «religioni storimovimenti di rinnovamento spiri'Zie culti sincretici che pescano sugge-mZrii dall’Oriente e dall’antico Egitto,
Sito e NextAge, predicatori che mol*9). ma di ^¡¡^0 i loro adepti e guru che allevauttà poia, ^^munità di iniziati alla magia. Se la
slavia).
Si è svolto a Torino un convegno internazionale del Centro studi sulle nuove religioni di Massimo Introvigne
Le minoranze religiose e spirituali alle soglie del 2000
io sviluppo di nuove forme di religiosità e la proliferazione di «chiese», gruppi e associazioni sono ormai un fenomeno
(jj dimensioni planetarie. «È importante non considerare le nuove forme di sensibilità religiosa come un problema sociale>
Sette e problemi
non è proprio una novità, quello
decisioni 'T^lpisce è invece la dimensione piagnere eoa otaria che il fenomeno va assumendo
«Jubilee: L// ultimi anni e soprattutto il prolifeazionedel predelle «sigle»: solo per fare un esemPuesi ini ' ¡g nell’Africa subsahariana ci sono
consiglio ÌQ(jO chiese diverse che coniugano il crifferma-si mnesimo delle missioni e le religioni
ione intit Ldigene, mentre in Italia si calcola che ci
pilee 200( ^no ormai più di 500 nuovi movimenti.
ico del già ^Queste nuove «sette» convincono miquale il ( ¿i persone nel mondo, e quello che è
iato, gli5( 0jnovimento in crescita in un paese, in
e la redeit altro è già una realtà affermata. Pròtal propoi 00 l’Europa è sovente la casa di questo
le Unioni ^ralismo religioso, «ponte» fra l'Asia e
are aliaci fAmerica del Nord, come nel caso della
m suo ma pewAge, passata prima da noi e poi ap3i maggio^
da (Germ
e nel luoj
ontro de{
ustrializza
prodata oltreoceano. Una realtà urgente,
quindi, che il Cesnur (Centro studi sulle
nuove religioni) ha deciso di affrontare
con un convegno internazionale su «Le
minoranze religiose e spirituali alle soglie del Duemila», che si è tenuto a Torino dal 10 al 12 settembre e che ha accolto
svariate testimonianze, accostando in
modo forse non sempre ortodosso analisi
delle trasformazioni in atto nelle religioni di tradizione millenaria e studi a volte
non confortati da fonti certe su gruppi di
ambigua identificazione dottrinaria come i kremmerziani.
«È importante non considerare le nuove forme di sensibilità religiosa come un
problema sociale - ha puntualizzato
Massimo Introvigne, direttore del Cesnur
questi “culti” non devono diventare il
capro espiatorio di panici morali più o
meno gonfiati da interventi mediatici o
politici». Dove si può cercare l’origine di
questa esplosione di spiritualità à la carte, come l’ha definita Antoine Faivre? «È
la mentalità postmoderna a rifiutare i sistemi di carattere dottrinario e a spingere
l’individuo a scegliere liberamente il proprio menu spirituale, spesso senza staccarsi dalla tradizione religiosa d’origine»
ha spiegato lo stesso Faivre, che aU’Ecole
pratique des hautes études en Sciences religieuses di Parigi è professore di Storia
delle correnti esoteriche e mistiche
nell’Europa contemporanea, cattedra
unica nel suo genere. Conferma Introvigne: «La crisi del razionalismo moderno,
con l’espandersi dell’ambito del privato,
ha aperto la strada a un nuovo atteggiamento nei confronti del sacro, che non rivitalizza necessariamente la religione
maggioritaria».
Non si tornerà più a una società omogenea: «I pilastri delle nuove religioni
mutano continuamente prospettive e sistemi teologici - ha detto Gordon Melton,
deU’Institute for thè Study of American
Religión di Santa Barbara lo stato dovrà imparare a barcamenarsi e a distinguere tra gruppi di cui non sa niente,
senza cadere nella facile e sbagliata tentazione di farne dei capri espiatori dei
malesseri sociali».
di libertà religiosa
Dalle religioni maggioritarie ai nuovi movimenti
'er il 2000 pna linea comune a molti
0 incorai movimenti e gruppi spirituali
ione le Ut ^quella che passa attraverso
doperarsl ¡¡loro rapporto di origine, di
insieme a distacco o di diversità dalle
iltra tradir ^religioni maggioritarie» tra
zione pri dj^ionali, e questo non per
'raggio la qualche forma di servitù
e la solai culturale, per cui tutto ciò
ipi**- che si differenzia dal consue
ha anchi tova riletto nella sua luce,
nportant ma perché molti degli adepti
ulla dife pàrtono da una situazione
con part entúrale e spirituale tradiproblem® zinnale ricercando un cama ancora liÉmento che forse non rieesi «a batt nono a trovare, o a vedere
minoritar felle loro realtà di riferimenlla «negat >. Questo forse potrebbe es"ofughi e ;re uno spunto per una rimti partii essione più ampia sul fenodi conflitt treno che andrebbe fatta anculto sol :he nelle nostre chiese,
line dei li Tra le nuove correnti nate
diati nelle dalle «religioni maggioritaioni dire rie» esaminate durante il
;1 nuovoS convegno, citiamo il caso
1 internazi della Soka Gakkai, movimenl’inglesel to buddista internazionale
:o Davorii che si è distaccato dalla lea3 progetti dership giapponese per tenivede, olt tare un cammino indipene Centro! dente, legato alle diverse
inabattisi identità nazionali dei paesi in
ini, e ad cui si radica. In Italia i buddi;he conso sti «tradizionali» sono circa
'organizzi 40.000 e 17.000 gli aderenti
ipecializzi alla Soka Gakkai; a differenza
a in teoli dei correligionari giapponesi,
rato). js Soka Gakkai italiana è ri
™ante a un impegno politi
co specifico e preferisce conI centrare la sua energia nella
Mpei I vifesa dei diritti umani e
U 1 uelTespressione artistica.
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uoghi sti
i (Ghiesa
, CollegjP
;c.).
Irelie di
la diffusione dell’induismo
nel nostro paese, è stata descritta l’esperienza del Gitananda Ashram, una comunità monastica costruita sulle
colline di Savona e abitata
stabilmente da 13 induisti di
origine italiana. Anche lo yoghi, il maestro spirituale che
per i suoi discepoli è padre,
madre, strumento della divinità e Dio stesso, è ligure: a
lui gli adepti riconoscono la
via per arrivare alla verità.
Nell’iis/zram (in sanscrito;
luogo sacro) gli induisti ritengono che ci siano le condizioni per il progresso spirituale e
la purificazione personale; il
concetto di proprietà privata è abolito ed è sostituito
dalla comunione dei beni per
alleggerire l’adepto da ogni
cura materiale. Gli swami
e le swamini (i monaci e le
monache) quando entrano
a far parte dell’ashram fanno quindi voto di povertà e
umiltà, ma continuando comunque a mantenere i rapporti con il mondo esterno.
Venendo ora a realtà che in
qualche modo sono vicine al
cristianesimo va notata l’influenza di un pensatore, santone norvegese, Emmanuel
Swedenborg, non solo sulla
«nuova chiesa» che si rifà al
suo insegnamento ma su un
po’ tutto il movimento new
age. Swedemborg che è vissuto a cavallo tra il 1600 e il
1700, come ha spiegato JeanFrançois Mayer dell’università di Friburgo, in realtà non
lanciò mai una vera è propria
religione ma furono successivamente i suoi seguaci a raccogliere le idee di «progresso»
come metodo per andare oltre i confini della nuova chiesa. «Oggi - ha concluso Mayer
- per molti Swedemborg è il
precursore della new age anche se spesso non è facile individuare la sua influenza diretta sulle teorizzazioni di
molti di questi movimenti se
non in una generica tendenza
alla tecnica e al “nuovo mattino” della chiesa».
Discorso a parte meritano
i movimenti ufologici che
compiono una rivisitazione
della Bibbia e della creazione
attraverso una visione tecnologica dell’uomo. «Non c’è
più - ha spiegato nel suo intervento Susan Palmer, del
Dawson College di Montreal
- un essere superiore creatore (come affermavano gli ufologi prima del ’68, che riconoscevano questo essere in
un extraterrestre) ma un
principio basato sull’evolu
zione genetica. Con una conseguente visione positiva della scienza e della clonazione,
considerata primo passaggio
per essere tutt’uno con Dio».
Nel convegno organizzato
dal Cesnur si è parlato anche
del «Cristo ariano del new
age». Reender Kranenhorg
dell’università di Amsterdam
ha incentrato la sua relazione
su quei movimenti new age
che, mantenendo una visione
agnostica, insegnano dottrine sulla razza che in alcuni
casi possono portare al razzismo. «Per molti di questi
gruppi - ha sostenuto Kranenborg - Gesù ha un ruolo
importante, in alcuni è addirittura centrale. Ma Gesù è
visto come un sapiente con
conoscenze di esoterismo e
nelle teorizzazioni new age è
presente il pensiero che Gesù
fosse uri non ebreo; in alcuni
casi si sostiene addirittura
che fosse ariano, e il più delle
volte comunque la sua ebraicità scompare dal contesto».
no 1 lo
3 sperare
oro ospi€!
3i chew
^aipìo dell’Uomo di Damanhur
Scheda
Al Tempio dell'Uomo
La comunità esoterica di Damanhur è a circa 40 chilometri da Torino, tra le colline del Canavese; oggi tutti possono visitarla (a patto di impegnarsi a non fumare nell intero territorio dell’insediamento), conoscerne le regole
organizzative, iscriversi ai corsi della sua «Libera università» e anche visitare (a pagamento) il sotterraneo «Tempio dell’uomo», vero fulcro della vita dei damanhuriani,
rimasto segreto fino al 1992, quando fu scoperto grazie
all’indiscrezione di un ex adepto.
Fondata nel 1977 da Oherto Airaudi, attuale capo carismatico della comunità, in seguito alla costituzione del
Centro di ricerca esoterica Horus incentrato sullo studio e
la sperimentazione del paranormale, Damanhur si configura come una società iniziatica che comprende 450 residenti e un migliaio di simpatizzanti. Alla sua base troviamo
la dottrina horusiana (accostata all’antica gnosi), un amalgama di varie tradizioni religiose e culturali che vanno
dall’antico Egitto e dalle religioni orientali alla psicanalisi
junghiana: chiave di volta di questo sistema è la magia, che
qui è conoscenza ma anche tecnica, capacità di produrre
effetti senza cause apparenti: è sempre tramite la magia,
sostengono i damanhuriani, che si contribuisce a far rinascere il dio che abita l’uomo.
11 tempio, sempre in via di completamento, è un’imponente costruzione scavata nella collina: si attraversa una
serie di sale tematiche («abitate» da statue che ogni damanhuriano costruisce a propria immagine), unite da corridoi e scale e sorrette da larghe colonne in cemento rivestito da terracotta smaltata. 11 tempio dell’uomo, come ha
detto Mario Cardano, del Dipartimento di scienze sociali
dell’Università di Torino, «è una sorta di libro tridimensionale dove sono raccolte tutte le conoscenze esoteriche di
Damanhur, ed è anche un luogo pansofico dove chi ha la
chiave interpretativa, ovvero gli iniziati, può raccogliere
tutta la conoscenza». Damanhur, grande macchina simbo
fica in cui, come ha notato il prof. Faivre, la forma è più im
portante del contenuto, è il suo tempio, nel senso che la
comunità si crea e si rafforza proprio nel costruire fattiva
mente ogni giorno edificio e regole di vita: sono infatti pro
prio i damanhuriani a sostenere che tutto è in divenire, a
cominciare dalla «costituzione» che regge la loro comunità.
Quando si parla di sette e
di esoterismo nella nostra società facilmente vengono in
mente culti al limite o al di là
della legalità, violenze, atti
macabri. Si associa cioè al
termine sette un significato
negativo. Molti stati europei
oggi si interrogano sulla necessità di intervenire con
normative e già alcuni hanno
preso posizione, a volte in
maniera anche discutibile.
Ed è crescente in negativo
poi in molti paesi europei
(sia a Est che a Ovest) la tendenza a rafforzare le religioni
tradizionali a spese delle minoranze di qualunque tipo
esse siano, come riporta un
recente rapporto della Federazione internazionale di
Helsinky per i diritti umani.
11 Parlamento europeo fin
dal ’96 ha incaricato una
commissione di redigere una
relazione sul tema della libertà religiosa ma la scarsa
conoscenza dei vari stati
membri sulla reale situazione
religiosa al loro interno, le
difficoltà derivanti dal trovare un accordo sul modo in
cui lo stato deve intervenire
in materia di libertà religiosa
hanno fatto si che a tutt’oggi
la relazione non sia ancora
stata approvata. Per l’eurodeputato Ernesto Caccavaie, intervenuto nella sessione sulla
libertà religiosa al convegno
del Cesnur, la parola setta
usata nella sua accezione negativa può essere usata per limitare la libertà. «11 pericolo
non sta tanto nel produrre
delle liste di sette come è capitato in Belgio, ma nel fatto
che così si creano delle vere e
proprie liste di proscrizione
che rischiano di mettere fuorilegge gruppi semplicemente minoritari. Occorre fare
un’analisi caso per caso, conoscere per capire dove intervenire legalmente».
Sovente, come ha ricordato
sempre nel corso del convegno al Cesnur il sociologo
Franco Garelli, molti dei nuovi gruppi o movimenti religiosi tendono a sfuggire all’osservazione anche soltanto
statistica rendendo difficoltosa la ricerca e l’approfondimento. Dai dati che Garelli
ha presentato al convegno riguardanti i giovani e la frequentazione dei nuovi movimenti religiosi in Italia (tratti
da una recente ricerca realizzata dal Gris, Gruppo di ricerca e di informazione sulle
sette, su un campione di
1.000 giovani dell’Emilia Romagna) emerge che non più
del 3% dei giovani interpellati
ha frequentato in passato
gruppi o movimenti religiosi
e spirituali alternativi e solo
l’l% li frequenta attualmente.
Sono pochi i giovani che
praticano le attività connesse
alle credenze parallele, ma
sono più numerosi quelli che
ritengono queste pratiche
plausibili 0 di una qualche
utilità (il 30% ritiene per
esempio che dagli astrologi si
possono avere delle utili indicazioni per il futuro). La maggioranza dei giovani che conosce la New Age giudica il
fenomeno positivamente, solo però una piccola quantità
di questi le attribuisce una
connotazione specificamente
spirituale che la porterebbe
in antagonismo con le proposte religiose prevalenti o
consolidate. Nell’universo interpretativo di una parte della popolazione sembra quindi che si venga a creare la
possibilità di una convivenza
fra religioni tradizionali e
nuove religioni.
Convivenza ebe, allargando lo sguardo all’Europa, se
non dovrebbe creare problemi agli stati ne pone in molti
casi alle chiese consolidate,
che già oggi spesso sviluppano delle vere e proprie strategie di difesa generalizzate
mirate a colpire qualsiasi forma di spiritualità «diversa»
ma che raramente prevedono
una riflessione sulla propria
condizione e sui motivi che
spingono molte persone a ricercare una spiritualità «altra» rispetto a quella proposta dalla tradizione. Dal cosmo delle religioni europee
emerge anche un altro aspetto problematico legato principalmente, ma non solo,
all’immigrazione extracomunitaria: l’Europa comunitaria
si deve confrontare sempre
Domenico Maselli
di più con realtà religiose come l’Islam o il buddismo,
consolidate nei loro paesi di
origine, ma che spesso da noi
non si presentano in maniera
unitaria. L’Italia non fa eccezione e ne è una prova la difficoltà nel trovare un accordo
per un intesa fra stato e associazioni islamiche.
Tuttavia qualcosa sta cambiando, come ha sottolineato
nel suo intervento al Cesnur
l’on. Domenico Maselli, relatore del progetto di legge governativo sulle minoranze religiose e segretario della commissione affari costituzionali,
il quale dopo aver fatto una
disamina della situazione italiana che passa attraverso
Concordato e Intese tra le diverse chiese e lo stato ha annunciato che le differenti organizzazioni musulmane presenti in Italia hanno raggiunto un accordo per federarsi e
presentarsi al governo come
interlocutore unico. «Questo
- ha detto Maselli - renderà
possibile aprire presto, forse
già quest’anno, un tavolo per
l’Intesa, finora impossibile
per la difficoltà di stabilire chi
tra le diverse organizzazioni
avesse titolo a rappresentare i
musulmani». E qualcosa sta
cambiando anche all’interno
della realtà evangelica del nostro paese: «Si stanno verificando dei cambiamenti - ha
detto Mario Affuso nella sua
relazione su “La Chiesa apostolica italiana e il dialogo
ecumenico tra le minoranze
evangeliche” - il protestantesimo non è più polverizzato
come nel passato; emerge
una volontà di comunione al
nostro interno, dei contatti di
arricchimento reciproco fra le
chiese storiche e il movimento pentecostale, con la coscienza di puntare all’unità
del popolo di Dio».
Pagina a cura di Davide
Rosso e Federica Tourn
6
PAG. 6 RIFORMA
Un volume della Claudiana per il 150° anniversario delle Lettere Patenti
Credenti responsabili nella società
/ saggi di quattro autori affrontano da prospettive diverse il contributo dato
dai protestanti italiani al loro paese, dal Risorgimento fino all'attualità
__________VENERDÌ 16 OTTQBRp , j
ALBERTO CORSAMI
Nel nostro paese, tuttora
alla ricerca della Grande
Riforma e della realizzazione
della «Seconda Repubblica»,
non solo lo spirito della Controriforma, ma anche uno
strano rapporto con il «sacro»
contraddistinguono l’agire
politico e la pratica della cultura, ponendo grosse difficoltà alla crescita della democrazia e, cosa che va di
pari passo, alla creazione di
una società più giusta. Dice
Biagio De Giovanni citato da
Sergio Aquilante: «Il mondo
moderno ha allontanato il sacro dalla storia». Eppure assistiamo ogni giorno a tentativi
di permeare le azioni politiche e l’etica di sacralità, nella
forma tradizionalista della
chiesa di Roma o nelle nuove
pratiche religiose (si veda, su
questo numero, pag. 5). Ciò
che è stato scalzato ai margini della storia sembra rientrare nell’attualità la quale,
bruciando ogni accadimento
nel giro di qualche giorno, fa
fatica a riconsiderare criticamente queste pratiche. A tutto ciò contribuisce nondimeno l’indifferenza osservata
per molti anni dalla sinistra
nei confronti del fatto religioso, così come il pregiudizio
basato su superate letture di
Weber nei confronti del contributo protestante alla società moderna. Per questo
motivo si è detto più volte,
anche con valutazioni critiche e autocritiche sulle celebrazioni del 150“ anniversario (Giorgio Tourn su questo
stesso giornale), che la ricorrenza delle Lettere Patenti
era occasione per parlare al 1
paese del rapporto dei protestanti con la libertà, in particolare riferimento all’Italia.
In questo clima ben si colloca
il libro' seguito a quello che
la Claudiana già aveva edito
nella collana della Società di
studi valdesE.
Quattro saggi di diversa impostazione affrontano la «Fine dell’età costantiniana»
(Giorgio Tourn); «Gli evangelici nella costruzione dell’Italia moderna» (Sergio Aquilante), «11 contributo protestante
alla separazione della chiesa
dallo Stato» (Franco Becchino); «1 protestanti nella prima
Repubblica» (Giorgio Bouchard), mentre in appendice
si riporta la prolusione del
presidente della Camera Luciano Violante all’apertura
dell’anno scolastico 1997-98
del Collegio valdese di Torre
Pellice. 1 vari contributi, nella
loro diversità di approccio,
mostrano un disegno unitario
che si può riassumere così:
ponendosi da un punto di vista laico (sia nei confronti
della fede sia nei confronti
della politica) per i protestanti non sono poi tanto diversi i
discorsi fatti al paese e quelli
fatti all’interno delle nostre
chiese; ciò che è illustrazione
di vicende storiche dai più
misconosciute è al tempo
stesso riflessione e rimeditazione critica, quasi autocoscienza; l’impostazione teorica di un rapporto laico con lo
stato ma anche la realizzazione delle opere sociali sono,
ciascuna a modo proprio, una
forma di predicazione (così si
può leggere per esempio la
costruzione del nuovo Sud
Africa); così è anche per l’elaborazione storiografica o teorica, e allo stesso modo è valido il concetto reciproco: la
predicazione di Paolo Ricca
nell’anno del 300“ anniversario del Glorioso Rimpatrio
(sul testo di 1 Giovanni 3, 1-3:
«Non è ancora manifesto quel
che saremo») fu anche una
riflessione storica di valore.
La vastità del contributo
protestante alla costruzione
del mondo moderno è già
stata oggetto di un libro collettivo assai significativo’, ma
i riferimenti a questa vicenda
di fede e di libertà ritornano
a più riprese, ed è inevitabile,
negli scritti dei quattro autori. Per esempio nelle parole
di Becchino: «La moderna
concezione dello stato di diritto nasce su terreni protestante, al tempo della “gloriosa rivoluzione", quando Guglielmo III d’Orange (...) si
sottomette al “Bill ofRights”
(...) del 1689, cioè al documento costituzionale che (...)
vieta al re di sospendere la
validità delle leggi» (p. 112),
o nelle linee programmatiche, ma anche realizzate e
realizzande, che Aquilante
rinviene nella costruzione
delle opere sociali come «assaggi» del Regno, indicazioni
progettuali per società più
«vivibili» (p. 77), oppure nella proposta di essere, in questa nostra società, una componente che venga percepita
«non solo per i discorsi che rivolge al paese, ma anche e soprattutto per gli esperimenti
che conduce» (Bouchard, pp.
161-162). In tutti questi esempi (ma quanti altri se ne
scorgono nel libro, dalle
esperienze dell’evangelismo
risorgimentale, alla militanza
evangelica nella Resistenza...) la sostanza non cambia,
poiché è la manifestazione
visibile di una società fatta di
individui resi responsabili
del proprio agire, di fronte
alle istituzioni, di fronte ai
concittadini, ma prima ancora di fronte alla coscienza e
di fronte a Dio.
Sarà sufficiente questa consapevolezza per superare il
vuoto di senso che le grandi
ideologie avrebbero lasciato
nel mondo contemporaneo.
in cui «le legittimazioni laiche
della democrazia sono tutte
consumate» (Bouchard, p.
167)? La risposta si sta costruendo giorno per giorno,
ma un’indicazione ci viene
forse dall’atteggiamento (ancora una volta laico) con cui
sfioriamo territori anche rischiosi: quando l’assemblea
sinodale è stata invitata a pregare per il giudice maggior
storica di un ideale trascendente (...), ma come realtà
provvisoria, contingente» (p.
15). Senso del limite, dunque,
e senso, laico, di un rapporto
con lo stato; un sentire purtroppo raro in Italia, che ci è
chiesto di riproporre senza
stancarci, anche nei momenti
e nelle occasioni di maggiore
visibilità; un progetto di vita
per noi e per chi verrà dopo.
Il presidente Scalfaro a Torre Pellice per l’anniversario delle Lettere
Patenti
mente esposto alle mire della
grande delinquenza organizzata, il credente cattolico Caselli, i credenti riuniti nel
tempio di Torre Pellice sapevano bene che la loro preghiera non era un’adesione
ideologica né tantomeno una
mitizzazione, ma la consapevolezza di una prossimità doverosa nei confronti di chi è
esposto per gli altri. Sappiamo bene, come spiega Tourn
sulla scorta di Paolo, che i
primi cristiani «vedevano lo
stato non come la traduzione
che fortunatamente non è
nostra proprietà, ma appartiene a chi ci chiama.
(1) S. Aquilante, F. Becchino,
G. Bouchard, G. Tourn: Chiese
e Stato. Il ruolo del protestantesimo nell’Italia che cambia.
Torino, Claudiana, 1998, pp. 192,
£22.000.
(2) B. Bbllion, M. Cignoni, G. P.
Romagnani, D. Tron: Dalle Vali
airitalia 1848-1998:1 valdesi nel
Risorgimento, 1998.
(3) P. Adamo, M. Miegge, E.
Bein Ricco, M. Bubboli, G. Giorello, G. Tourn: Modernità, politica e protestantesimo. 1995.
iSf Un testo destinato agli operatori scolastici
Gli arabi al di là dei soliti stereotipi
CLAUDIO TRON
MAGHREB: Occidente per
gli arabi dell’Arabia;
profondissimo Sud per noi,
altra costa del Mediterraneo,
Sud del Sud, Sud della Sicilia
e delle sue isole. Sud da cui,
con memoria latineggiante,
nel subconscio collettivo
pensiamo abbiano origine i
leoni. Sud minaccioso, perché luogo da cui giungono
immigrati come una fiumana, Sud spesso identificato
con il Marocco, dimenticando Algeria e Tunisia, perché
lo scomodo interlocutore che
incontriamo per le strade è
marocchino più spesso che
originario degli altri due paesi del Maghreb.
Arabi. Arabi di cui, per esempio alle valli valdesi, è
proverbiale la testa dura (come se questo fenomeno fosse
del tutto sconosciuto alle valli stesse): tèto d’arabic, nel
patuà della vai Germanasca,
significa «testa dura e matta».
Arabi: li incontriamo davanti
ai supermercati, nei parcheggi, agli incroci come lavavetri, passano a suonarci il
campanello per offrirci sempre lo stesso tipo di tovaglie,
asciugamani, tappeti, fazzoletti, accendini e raramente
accettano un’offerta di solidarietà con cui vorremmo sostituire un acquisto ugualmente di solidarietà dato che
la roba offerta non ci serve,
ne abbiamo piena la casa
grazie ad acquisti precedenti,
sempre di solidarietà.
Arabi. Ce ne parla la tv: extracomunitari, clandestini,
umanità che ha solo problemi e che non può fare altro
che rovesciarne qualcuno su
altri paesi come l’Italia, che
sta appena un po’ meglio, ma
che non dà loro molto altro
che delle illusioni, a cui tuttavia si aggrappano disperatamente a costo di lasciarci la
pelle, perché un’illusione è
sempre meglio che disperazione totale. E poi, arabi, come musulmani, di cui alcuni
integralisti, altri più elastici
mentalmente ma sempre duramente marchiati da una religione che, pur essendo monoteista come il cristianesimo, riesce difficilmente a
convivere con quest’ultimo.
Come capire questi arabi?
Laura Operti, per vari anni
responsabile presso l’Istituto
regionale della ricerca, sperimentazione e aggiornamento
educativi (Irrsae) di Piemonte e Valle d'Aosta di educazione ambientale e di proget
ti interculturali, ha curato,
come ultimo volume di una
trilogia’* di cui gli altri due sono già stati segnalati su Riforma una raccolta di studi sul
mondo arabo che vede la luce in un momento particolarmente opportuno. Non potendo riassumere l’opera nei
limiti di una recensione per
un giornale non specializzato, possiamo solo indicare
per sommi capi i temi affrontati, mentre i lettori ne percepiranno senza difficoltà l’interesse.
Dopo un approccio ai rapporti fra mondo il arabo e 1’
Islam, sono affrontati i nodi
della cultura materiale della
zona maghreblna, i modi di
coltivazione nelle terre di origine, come avviene la narrazione, come esprimono la
propria cultura gli arabi presenti a Torino, la posizione
delle loro donne e le possibilità di aiuto nei loro confronti, le possibilità di ricerca sul
mondo arabo già utilizzate in
esperienze scolastiche concrete, la produzione filmica
del mondo arabo, i modi espressivi della musica araba.
La curatrice, dopo un’ampia
introduzione di presentazione degli studi, ha dedicato
anche uno studio, incluso nel
volume, sulla produzione filmica, argomento su cui ha
già lavorato all’trrsae per la
didattica dell’educazione
airimmagine. Gli studi pubblicati nel libro sono stati
presentati a un convegno nel
1993. La loro attualità resta
immutata, accresciuta.
(*) L. Operti-L. CoMErri (a cura
di): Verso un’educazione interculturale. Torino, Irrsae Piemonte, Bollati Boringhieri, 1992,
L. Operti (a cura di): Sguardi
sulle Americhe-Per un’educazione interculturale. Ivi, 1995.
L. Operti (a cura di): Cultura
araha e società multietnica. Ivi,
1998.
Un incontro con il Premio Nobel
josé Saramago scrittore
impegnato per il suo paese
PAOLO T. ANGELERI
MI chiese un incontro per
telefono e venne puntuale nel mio ufficio, all’Istituto italiano di cultura di Lisbona, in rua do Salitre. Non
lo conoscevo di persona, anche se avevo già letto i suoi libri, Eravamo agli inizi degli
Anni 80 e José Saramago, già
noto come scrittore, era però
contestato dall establishment
del suo paese. Antifascista dichiarato, nemico del salazarismo (il regime che prende il
nome dal dittatore Salazar,
dopo quarant’anni spazzato
via dali’incruenta «rivoluzione dei garofani» del 1974,
ndr), comunista militante,
non credente, anzi ateo-laico
intransigente senza mezzi
termini, mi apparve subito
persona simpatica, spiritosa,
dalla battuta pronta, e soprattutto amante dell’Italia.
Fu così che aderii con entusiasmo alla sua proposta di
effettuare un viaggio nel nostro paese. Sovvenzionai perciò l’iniziativa e gli organizzai
una serie di incontri a Genova, Firenze, Perugia, Roma.
Contattai Antonio Tabucchi
(scrittore e docente di Letteratura portoghese, ndr), perché lo aiutasse nei vari spostamenti. Saramago fece una
conferenza sul suo viaggio
per conto dell’Istituto di Lisbona in una delle più prestigiose e belle sale della città e
raccontò di avere ricevuto
un’accoglienza e un trattamento altrettanto splendidi.
Fu in quel periodo che, nel
corso di un pranzo organizzato dall’Associazione degli
scrittori portoghesi, ebbe occasione di incontrare Mario
Rigoni Stern, in Portogallo
per una serie di conferenze
(lo scrittore parla del viaggio
e del direttore dell’Istituto
italiano di Lisbona P. Angeleri in un articolo su «La Stampa» datato 7 luglio 1981, raccolto nel volume II magico
«kolobok», Torino, 1989, ndr).
E rimasero amici. Era il momento in cui il Portogallo doveva decidere il suo ingresso
nell’allora Comunità europea
ed ebbi modo di sottolineare
in un breve discorso la mia
personale adesione a quell’impegno internazionale. Ma
Saramago non era d’accordo
e con forza sostenne che per
il Portogallo l’ingresso in Europa non significava altro che
perdita d’identità: fine dell’agricoltura, sovvenzioni agli
agricoltori per costringerli a
smettere di coltivare, sostituendo ai campi di pomodoro, agli ulivi, alle querce di
SCHEDA
I libri di Saramago
Molte sono le opere di José Saramago disponibili in
italiano. Memoriale del convento e La zattera di pietra
sono editi da Feltrinelli; Una
terra chiamata Alentejo, Il
Vangelo secondo Gesù, Manuale di pittura e calligrafia
sono invece pubblicati da
Bompiani. Gli ultimi romanzi
Cecità (1996) e Tutti i nomi,
da poche settimane in libreria, unitamente al Teatro, ai
racconti Oggetto quasi, e al
romanzo epico L'anno della
morte di Ricardo Reis, sono
invece usciti presso Einaudi.
I motivi narrativi dello scrittore sono molto simbolici (un
misterioso morbo che rende
ciechi, che ha fatto paragonare Cecità alia celebre Peste di
Albert Camus; l'impiegato
dell'anagrafe alle prese con i
nomi di un'intera popolazione nell'ultima opera), ma è
sui temi dell'amore e dell'epica lotta quotidiana del popolo portoghese che la sua scrittura si dipana con il giusto ritmo e le corde più ispirate.
sughero e alle viti le piam
gioni di eucalipto.
Era la sua un’impostatlu
decisamente anticapitalin
La Comunità europea ea
suo avviso, il risultato
impegno internazionale v(j
a difendere gli interessili
monopoli e delle grandi bj
che, con il conseguente co
tenimento delle esigenze j
lavoratori. Seguace dell’i
transigente Alvaro Cunhi
capo del minuscolo Patti
comunista portoghese, Sat
mago non ha rinunciato u
ai suoi principi, e larga pai
dei suoi concittadini non|
ha perdonato questa coera
za. Buona parte della cult»
ufficiale del Portogallol
mostrato in più di un’oca
sione la propria ostilità, sìdi
egli a un certo punto ha pii
ferito l’esilio, trasferendosi
Lanzarote, un’isoletta dei
lontane Canarie. Del resto
sua scrittura difficile, fui
dagli schemi tradizionali,j
collocava in uno spazio lont
no non solo dagli intellettm
e dai conservatori, ma aii:
dai diseredati, dai poveri,');
coloro che egli da semp®
aveva inteso difendere,
Il suo messaggio pero, n
nostante questa difficoltà,
riuscito a raggiungere and
il largo pubblico. 11 suo A
morial do convento, chef
l’altro racconta anche i ci
deli metodi dell’Inquisizioi
è stato accusato di anticlei
calismo; analoghe accuse a
che al suo libro II Vangeloi
condo Gesù. Gesù non è Di
ma solo uomo: si tratta, eoa
è ovvio, di una lettura!
chiave atea, da parte dii
non credente. Ma i «credent
non appena di fronte ali
verso, a chi non condivide
loro posizioni, spno da seco
abituati ad arroccarsie
condannare senza il bene!
minimo tentativo di coB
prendere le motivazioni a
trui o di compiere un serap»
ce sforzo di autocritica. ^
pure fior di teologi hanJj
detto che l’ateo è solo uncitj
dente esigente, desideroso
un Dio pieno, coerente con
sue premesse e promes**;
Troppo sovente si fa ricorso*
una religiosità di compii^
messo, a metà strada tran
nuncia e possesso, se^F
pronta a battersi per la duo*
di pochi privilegiati coritro)
molti diseredati. Meglio
certo un non creden»
preoccupato di coloro ches
condo l’Evangelo sarannoP
eredi del regno di Dio
and*
José Saramago è un gn
scrittore, uno dei più gt®!’
del nostro secolo. Il Pf®
poteva venire assegnato
persona più degna,
ne pensi qualche intelletW
;hd
Nobel, ne siamo
bd
le, preoccupato che Stocco
guiw
ma per due anni di seg
abbia dato il premio a
Saramago seg«,
comunisti. ...ji
terà a battersi per gli
per le vittime cdell’iugt^
per gli oppressi: da a
quale egli è e continua „
nersi ma pur sempre. i
senza volerlo, P
Dio autentico, quello^" m.
al di là e al di sopra
giuste teologie di com
degni interessi mondani
le varie chiese. i
art. 2 COI
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5 comma 20/B legge 662/96 - Filiale dlTorino
3" di mancato recapito si prega restituire
" Sdente presso l’Ufficio PT Torino CMP Nord.
L'Editore si impegna a corrispondere il diritto di resa.
Fondato nel 1848
venerdì 16 OTTOBRE 1998
ANNO 134 - N. 40
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DA SABATO TORNA IN VAL PELLICE IL «TACABANDA» — A partire da sabato 17 ottobre toma «Tacabanda», la rassegna di musica popolare in vai Pellice che
per otto sere porterà nei principali Comuni della valle concerti e balli all’insegna della «world music». Si inizia da
Torre Pellice dove alle 21,15 di sabato, nel tempio valdese,
si esibiranno i «Barbapedana» con il loro repertorio di musiche dell’Est europeo: ritmi e umori balcanici, ebraici, mediorientali, zingari emergono a volte più netti e altre più
sfumati. L’ingresso ai concerti è di lire 10.000.
Ricorre ogni tanto la critica alle amministrazioni
comunali in materia di pulizia delle strade; ricorre nelle
grandi città, un po’ meno nelle periferie urbane, dimenticate da tutti, e ricorre anche
nei centri della provincia. A
volte queste critiche sono più
che giustificate, a volte è giusto fare notare che mancano
adeguati contenitori; altre
volte si attuano iniziative lodevoli, come quella di invitare le scolaresche a esporre ai
sindaci delle richieste praticabili per migliorare la qualità della vita; altre volte ancora qualcuno escogita delle
trovate geniali per migliorare
la condizione: penso per
esempio ai distributori di sacchetti per gli escrementi dei
I DOVERI DEI COMUNI E DEI CITTADINI
STRADE PULITE
ALBERTO CORSAMI
cani, soluzione adottata in alcune località di villeggiatura,
che di fatto costringe i possessori di cani a utilizzare,
gratuitamente, un semplicissimo accessorio che si sfila
comodamente come un asciugamano di carta, da un contenitore appeso a una palina o a
un lampione.
Ma al di là delle strategie
delle singola giunte, ciò che
ritengo inammissibile e triste
è il menefreghismo di molta
cittadinanza che, pur di fronte ai necessari contenitori,
probabilmente perché presa
dalla fretta (ma chi non ne
ha?) trova più comodo abbandonare i rifiuti per terra,
anche se nel sacco o sacchetto. Capita così di passare per
le strade, per esempio a Torre
Pellice, e di vedere i sacchetti
a terra, letteralmente addossati al cassonetto, finché il
primo gatto di passaggio non
vi riconosce il merluzzo della
sera prima, se ne impossessa,
lo lacera e ne spande graziosamente il contenuto per la
via; ma se si apre il cassonetto stesso, sorpresa: si vede
che è semivuoto, non certo
straboccante, basterebbe un
piccolo sforzo per gettarvi
dentro i rifiuti di casa.
Ha senso allora che le amministrazioni, non importa di
quale colore e tendenza, si
scervellino e si logorino in
lunghe discussioni sul problema rifiuti, quando spesso i loro cittadini (e a volte anche i
turisti, a cui non tutto è dovuto per principio) preferiscono
passare velocemente in strada
e gettare maleducatamente i
rifiuti a terra?
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Piemonte
Protezione
civile: intesa
con la Regione
Sviluppare in Piemonte una
sempre più efficiente struttura
di protezione civile, consolidando i rapporti tra il settore
Protezione civile della Regione Piemonte e l’Ispettorato
interregionale dei vigili del
fuoco è quanto si propongono
i due enti a livello regionale
che hanno stilato recentemente un protocollo che li impegna ad attivarsi in questo senso nell’ambito delle rispettive
competenze. 1 rappresentanti
dei due enti (erano presenti il
sottosegretario alla Protezione civile. Franco Barberi, che
era in visita in Piemonte, e
l’assessore regionale all’Ambiente e alla Protezione civile, Ugo Cavallera) si sono incontrati il 3 ottobre e hanno
sottoscritto un accordo a Serralunga d’Alba, che va nella
direzione di una maggiore
collaborazione tra vigili del
, fuoco e Protezione civile per
migliorare sempre più questo
settore fondamentale per la
sicurezza dei cittadini ma anche per consolidare una collaborazione che nei fatti già si è
verificata. «L’iniziativa, che
concretizza una forma di collaborazione consolidata e si
colloca nell’indirizzo di riassetto delle competenze in materia, costituisce la prima
esperienza del genere - ha
sottolineato l’assessore Ugo
Cavallera - ed è volta a recepire lo spirito che ha consentito alla Regione e ai vigili
del fuoco di fronteggiare congiuntamente eventi difficili
con risultati soddisfacenti».
Tra le altre cose il protocollo
firmato il 3 ottobre prevede
1 l’integrazione dei sistenii
informativi e di telecomunicazione tra i due enti coinvol' |i> oltre alla realizzazione di
! iniziative culturali ed editoriali miranti alla prevenzione,
■nentre il ruolo di formazione
rii volontari da impiegarsi in
situazioni di emergenza verrà
affidata ai vigili del fuoco.
Uno studio condotto per conto della Provincia ha interpellato un migliaio di turisti in Italia e in Francia
Il turismo nelle Alpi cerca una nuova dimensione
PIERVALDO ROSTAN
SU incarico della Provincia
di Torino, la Cirm ha condotto uno studio sul turismo e
trasporti a cavallo dell’area
alpina; sono stati intervistati
1.000 turisti, metà in Italia e
metà in Francia, principalmente sulla mobilità pubblica
e privata, ma dall’indagine emergono anche i gusti dei turisti che scelgono le Alpi, le
loro attese e le strutture di accoglienza preferite.
Le Alpi sono meta soprattutto di un turismo familiare
che utilizza nella gran maggioranza i mezzi di trasporto
privati; i francesi escono più
raramente degli italiani dai
propri confini e fanno vacanze più brevi nello stesso posto; più lunghi i soggiorni vacanzieri dei nostri compatrioti, nell’ordine di 7-8 giorni.
Gli italiani scelgono dunque
la vacanza disintossicante dai
«fumi» dello stress quotidiano e vissuta all’insegna del
relax; e meno della metà degli intervistati effettua poi,
durante la vacanza, almeno
un ulteriore spostamento a
carattere turistico. Fra quanti
scelgono le Alpi italofrancesi,
circa il 40% utilizza l’albergo
nel senso classico del termine, altri preferiscono il residence, Tagriturismo e soprattutto il campeggio.
Si spiega forse così anche
la crisi del settore alberghiero
che le nostre valli stanno da
tempo evidenziando e che
pare così in controtendenza
rispetto alla più volte proclamata esigenza di posti letto.
«È probabile - dice il titolare
dell’albergo Gilly di Torre
Pellice, Mario Malan -; nel
nostro caso sono molto meno
del 40% i clienti che potremmo definire di turismo familiare. La nostra struttura offre determinati servizi ma a
costi non compatibili con le
esigenze di un turismo famigliare. Noi, a parte i due mesi estivi in cui siamo impegnati col turismo della terza
età, lavoriamo soprattutto
con i gruppi verso i quali si
possono fare prezzi più abbordabili». 11 Gilly ha una
sua storia legata ai gruppi
aziendali, ai corsi di formazione e «sono questi - conferma Mario Malan - ad avere consentito un buon anda
L’Hòtel Gilly a Torre Pellice
mento al 1998, un anno decisamente migliore del precedente, vuoi per la puntuale
attività di promozione del
Gilly, vuoi per una ripresa
generalizzata nel settore produttivo». Ma tornando al settore ricettività, la vai Pellice
nel giro di pochi mesi ha perso un campeggio a Torre Pellice, un albergo a Luserna
San Giovanni (il Centrale) e
uno a Torre Pellice (l’Hôtel
du Parc); l’indagine della
Provincia è talmente vera da
essere dimostrata anche con
la chiusura degli alberghi?
Secondo Malan «quello che
per il Gilly è un lato negativo
nel .senso che ne alza i prezzi,
è anche un lato positivo perché con determinati servizi
possiamo rispondere alle esigenze di una certa clientela;
altri alberghi, privi di sale
riunione o servizi di qualità,
si trovano in difficoltà una
volta finito il turismo tradizionale». Cultura, ambiente,
prodotti tipici: sono questi gli
La nascita della Claudiana a Torino nel
gennaio 1858 si era collocata di fatto
all’apertura verso l’Italia da parte dei vaidesi venutisi a trovare, dopo l'Emancipazione, di fronte all’alternativa di continuare a professare liberamente il loro culto nelle Valli o di allargare ad altre aree
della Penisola il proprio raggio di azione.
Bisogna ricordare che sin dal primo
Ottocento, grazie alla predicazione «risvegliata» di Felix Neff, giunto nelle valli valdesi nel 1825, una nuova classe di
pastori, alla guida della comunità valdese, aveva cercato di dare impulso a una
rinnovata coscienza religiosa congiunta
al desiderio di varcare i confini del ghetto alpino e trasformare così tutta l’opera
evangelica in una vera missione militante
(...). Da qui l’impegno profuso da tutte le
forze evangeliche nell’opera di rinnovamento della realtà italiana prima e dopo
l’Unità. Un’opera che aveva come corollario anche, lo abbiamo visto, la nascita
di un centro di propulsione e diffusione
IL FILO DEI GIORNI
LA CLAUDIANA
cabriella solari
della stampa, finalmente svincolato dagli
angusti circuiti della clandestinità e
dell’illegalità, dell’edizione alla macchia
o dell’importazione dall’estero.
In Italia la presenza della Società biblica britannica e forestiera e la Società biblica scozzese, entrambe dipendenti
dall’industria editoriale straniera e dedite
prevalentemente alla distribuzione di Sacre Scritture, poteva supplire solo in parte al bisogno di letteratura religiosa che
si intendeva promuovere nel paese, mentre la valdese tipografia Claudiana di Torino risultava impresa troppo piccola per
far fronte agli intenti di conquista di
un’Italia evangelica per mezzo della
stampa. La realizzazione di un’opera di
propaganda e indottrinamento su vasta
scala dipendeva pertanto dalla capacità
delle forze protestanti di creare, sulla base del nucleo tipografico esistente, un
polo editoriale nazionale, collegato alla
Società dei trattati di Londra ma sorretto
da tutte le chiese, le società e le organizzazioni presenti in Italia. Tale polo doveva essere dotato di un proprio e più funzionale apparato distributivo, in grado di
rifornire gli evangelisti, i pastori, le chiese, le comunità, i comitati, le stesse Società bibliche, e parallelamente di raggiungere, per mezzo della vendita stabile
(librerie), ma soprattutto della vendita
itinerante (colportori), nuovi lettori da
convertire alla parola cristiana, soprattutto ora che con l’unità si aprivano nuovi
orizzonti alla fede evangelica,
(da Produzione e circolazione del libro
evangelico nell’Italia del secondo Ottocento,
ed. Vecchiarelli, 1997)
elementi del sistema complessivo del turismo nelle
valli alpine. «Queste valli aggiunge Malan - hanno in
più un elemento caratteristico: il mondo valdese».
«La montagna è una grandissima risorsa - afferma
l’assessore alle Risorse culturali della Provincia di Torino,
Valter Giuliano, ambientalista -; c’è stata la fase della
cementificazione, dei condomini nelle valli sottraendo
territorio prezioso e ci sono
state le battaglie per la conservazione. Ci sono state persone che hanno pensato, quasi sempre con risorse esterne
e mai locali, di poter arrivare in montagna, poter prendere a poco prezzo i terreni,
costruirvi e poi andare via; e
devo dire che nemmeno gli
amministratori locali aiutavano a cercare uno .sviluppo
diverso, anzi spesso erano
d’accordo con i grandi costruttori: in questo modo si
sono depauperate fette importanti di vallate alpine.
Oggi mi sembra che quel periodo sia superato; si può far
capire come lo sviluppo locale prodotto con risorse locali
può avere davvero un futuro». In Francia, patria dei villaggi «ski-total», spesso inventati e costruiti in funzione
di una stagione brevissima
ma estranei alla cultura locale, oggi si chiudono tali esperienze. Nel vicino Queyras il
parco ha avuto l’anno scorso
la conferma della propria
«Carta» e vive dunque una
bella stagione: «Puntiamo a
far nascere un unico grande
parco tran.sfrontaliero - dice
il presidente dell’ente francese, Pierre Eyméud -; se potessimo far nascere il treno a
cremagliera di cui si parla
da qualche anno potremmo
far sviluppare un turismo di
soggiorni di qualità e non
soltanto di un giorno che ci
permetterà di sostenere la
popolazione locale con uno
sviluppo compatibile e duraturo per l’ambiente e la cultura locale».
8
PAG. Il
— E Eco Delle Valli Va ¡.orsi
VENERDÌ 16 Ottobre ■
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VIAGGIO FRA I VINI PINEROLESI — La Provincia di
Torino e il Consorzio per la tutela dei vini del Pinerolese
hanno organizzato per le prossime settimane un vero e proprio viaggio fra i vini della zona. Si è voluto proporre anche
un connubio fra vino, specialità culinarie e cultura; perciò
cinque fra i principali musei della zona ospiteranno le degustazioni e la promozione dei vini. La manifestazione si
svolgerà il 17 ottobre a Pinerolo, il 18 a Prarostino, il 24 a
Torre Pellice, il 25 a Barge e il 7 novembre a Pomaretto.
SCUOLA, IMPRESE, LAVORO — Si svolgerà a Sai uzzo,
dal 22 al 26 ottobre, alla Sala d’arte di piazza Montebello 1,
il Salone della formazione del lavoro. L’inaugurazione avvem giovedì 22 alle 16; alle 17 avrà luogo il convegno «Lo
sviluppo socio-economico del Saluzzese: quale futuro?».
Venerdì 23, dalle 8,30 alle 12,30, appuntamento con i ragazzi delle scuole medie e delle quinte classi delle superiori; al
pomeriggio incontro sul lavoro al femminile con un dibattito, e alle 20,45 un altro dibattito sul tema «Le nuove forme
del lavoro». Sabato 24, alle 9,45, dibattito su «Inventarsi un
lavoro», riservato alle quinte delle scuole saluzzesi; la sera,
al cinema Politeama, proiezione gratuita del film «Full
Monty». Domenica 25, alle 16, incontro con la scienziata e
scrittrice Rita Levi Montalcini sul tema «Giovani e futuro».
Per finire, lunedì 26 ottobre, altri incontri con i giovani delle
superiori e delle medie. Durante il Salone saranno presenti
stand con percorsi informativi, videoclips. Internet.
ALLA CORCOS A PORTE APERTE — Sabato 17 la Cor
cos incontra collaboratori, familiari, amici, autorità; scopo
della giornata far conoscere la realtà produttiva dell’azienda, il suo ambiente di lavoro e le iniziative per il futuro.
QUALE ACCESSO ALL’AGRITURISMO? — Ha destato
non poche polemiche la costante presenza nella conca del
Pra di autoveicoli che, utilizzando la pista agro-silvo-pastorale raggiungono Tagriturismo presente in alta valle. Fonte
di preoccupazione fin dal suo sorgere, la pista sta mostrando i suoi elementi di rischio e il controllo pare sempre più
difficoltoso. In relazione ai problemi di percorribilità con
veicoli a motore della pista Villanova-Pra, il consigliere regionale Marco Bellion ha recentemente presentato un’interrogazione per conoscere l’esatta interpretazione della legge
e quali iniziative si intendano adottare nel caso specifico.
BIENNALE FRANCOITALIANA DI APICOLTURA — In
occasione della fiera di San Luca, che si svolge normalmente il terzo lunedì di ottobre a Guillestre, paese del Queyras
gemellato con Torre Pellice, si svolgerà dal 17 al 19 ottobre
la «Biennale francoitaliana dell’apicoltura di montagna».
LA FORESTERIA VALDESE HA 40 ANNI — Da 40 anni
la Foresteria valde.se di Torre Pellice accoglie ospiti italiani
ed esteri alla scoperta del mondo e della storia valdese; negli ultimi anni le presenze hanno superato abbondantemente
le 10.000 l’anno. Per ricordare i 40 anni di attività è organizzata domenica 18 ottobre una giornata di festa; al mattino ci sarà il culto con la comunità di Torre Pellice e la sera,
alle 21, concerto dei cori «Les harmonies» e «La draia».
CITTA D’ARTE A PINEROLO — Sarà Pinerolo a ospitare
domenica prossima la manifestazione promossa dalla Provincia di Torino «Città d’arte a porte aperte». In piazza San
Donato ci sarà una mostra mercato di prodotti tipici e, alle
17,30 nella chiesa di Santa Croce, un concerto di Claudio
Morbo e Francesca Lanza. Musei, chiese e collezioni saranno visitabili dai turi.sti.
NO AL LAVORO MINORILE — L’Associazione pace vai
Pellice organizza per mercoledì 21, ore 21, presso la Bottega del Possibile di Torre Pellice, un dibattito sul tema «No
al lavoro minorile, no alla dimensione mondiale dello sfruttamento»; saranno presenti il vescovo di Saluzzo, mons.
Diego Bona, presidente di Pax Christi, e Antonella Visintin,
della Commissione chiesa e società della Chiesa valdese.
Durante la serata verranno raccolte firme per la richiesta di
una legge contro lo sfruttamento lavorativo dei bambini e le
condizioni disumane degli adulti e specie delle donne.
LAVORARE IL LATTE — L’istituto lattiero caseario di Moretta, nell’ambito di programmi europei, ha organizzato due
progetti inerenti il settore; in particolare verranno organizzati dei corsi su tecnologie casearie e piani di autocontrollo
per caseifici agricoli e artigianali. Per informazioni: Comunità montana vai Pellice. 0121-953547 oppure 953548.
TURISMO A CAVALLO DELLE ALPI — È iniziato questa
settimana un corso di formazione sul turismo transfrontaliero che, nell’ambito dei progetti dell’Unione europea, punta
a promuovere e sviluppare il turismo nelle zone rurali di
frontiera. Il corso appena avviato riguarda l’area francoitaliana ed è iniziato con un soggiorno di cinque giorni nella
valle deirUbaye, a cui faranno seguito a settimane alterne
incontri a Torre Pellice e in altre località francesi.
Ristrutturazioni e incarichi nelle strutture valdesi delle Valli
Assistenza: gli ospedali rilanciano
Mentre stanno volgendo al
termine i lavori all’ospedale
valdese di Pomaretto, che tra
pochi mesi sarà compietamente ristrutturato e razionalmente utilizzato per tutti i
suoi servizi, a Torre Pellice
sono iniziati, finalmente, i lavori di un grosso e complesso
intervento che vedrà realizzarsi prima i magazzini della
cucina con sopra gli archivi
(800 milioni frutto di doni e
lasciti), poi la costruzione
delle nuove centrali tecnologiche (1 miliardo 700 milioni
di lire, di cui 1,5 miliardi con
un mutuo in conto interessi a
carico della Regione Piemonte), e infine il nuovo grande
seminterrato che dovrà contenere tutto il servizio di radiologia, spogliatoi, archivi, zona mortuaria. Ci sarà spazio,
con la ristrutturazione del terzo piano, anche per il laboratorio di analisi ora costretto in
angusti locali al primo piano
dell’edificio storico; la spesa
prevista per tutta questa operazione è di 4.280 milioni, di
cui 3 miliardi di contributo
concesso dalla Regione e 1
miliardo 280 milioni di contributo deH’8%o dalla Tavola
valdese. I lavori dovrebbero
terminare nel 2000.
C’è in vista anche un’importante novità nei servizi offerti: a Torre Pellice si sta sistemando la Tac trasferita
dall’ospedale evangelico di
Torino che si è dotato di
un’attrezzatura più sofisticata
grazie al contributo di circa
500 milioni della Regione
Piemonte. Da un anno e mezzo a Torre e a Pomaretto si
era utilizzata la Tac mobile,
quale primo esperimento in
questo campo, ma con qualche problema di disponibilità
e di trasporto.
Non ci sono solo novità per
quanto riguarda i muri e le
strutture di servizio. Anche
Paolo Paschetto
Incisioni
a tiratura
limitata
Il cantiere dell’Ospedale valdese di Torre Pellice
fra gli operatori ci sono stati,
e ci saranno, vari cambiamenti. «La Ciov - spiega la presidente, Franca Coi'sson - ha
deciso di incaricare con contratto quinquennale tre nuovi
dirigenti sanitari; il dott. Maurizio Garrone, il dott. Silvio
Falco e il dott. Aldo Cottino.
Il dott. Garrone era già dipendente Ciov quale responsabile
del servizio di riabilitazione
all’ospedale di Torre Pellice e
presso il distretto vai Pellice
dell’Asl 10. Da parecchi mesi
avevamo costituito l’unità autonoma di riabilitazione comprensiva del servizio negli
ospedali di Torre Pellice e Pomaretto e del reparto di 10 letti di riabilitazione intensiva a
Torre Pellice. Ora il servizio
ha il suo primario con responsabilità di entrambi gli ospedali dove da un anno e mezzo,
specie e Pomaretto, opera anche il dott. Daniele Varese».
Con le prossime intese di
programma con la Regione la
Ciov spera di poter ampliare,
viste le richieste del territorio,
il reparto da 10 a 16 posti letto. I due ospedali avranno,
con la nomina del dott Falco,
anche un unico coordinatore
Se ne parla in un dibattito a Angrogna
Verso nuove strategie
per la sanità?
Si toma a parlare di sanità,
in vai d’Angrogna; l’occasione è fornita da un dibattito organizzato nell’ambito dell’
Autunno in vai d’Angrogna
giovedì 15 ottobre nel tempio
del Serre: dovrebbero intervenire l’assessore regionale alla
Sanità D’Ambrosio ed il direttore dell’Asl 10 Ferruccio
Massa. Il dibattito avviene in
collaborazione con il gruppo
dei medici di famiglia che
opera in valle.
Nel corso della la serata si
parlerà dell’ipotesi di un distretto montano potenziato per
la vai Pellice. Nel mese di luglio l’Asl 10 ha approvato la
sperimentazione di un modello organizzativo che dovrebbe
potenziare i servizi nella zona
montana, nello stesso tempo
riaffermando l’importanza di
integrare tutte le risorse ed in
particolare i servizi sanitari e
quelli sociali.
A monte c’è uno studio dei
bisogni del territorio, l'analisi
delle condizioni di disagio
specie nelle zone più marginali; il progetto deH’Asl riguarda i due distretti montani,
vai Pellice e valli Chisone e
Germanasca, in totale 875
chilometri quadrati e circa
43.000 residenti.
Analisi epidemiologiche
condotte rispetto ad alcune
malattie, consentono di evi
denziare condizioni non
omogenee dello stato di salute all’interno del territorio
dell’azienda 10, con maggiori criticità nell’ambito montano: «Col distretto montano dice l’Asl 10 - si potrebbero
individuare alcune strategie
di intervento: capillarizzazione dei servizi sulla base della
dispersione della popolazione, sviluppo di attività inerenti il quadro epidemiologico emergente, integrazione
socio - assistenziale». Concretamente l’Asl prevede di
diffondere al massimo le
informazioni sui servizi disponibili, creare un gruppo
pluridisciplinare per l’osservazione epidemiologica, migliore organizzazione dell’assistenza sul territorio in modo da ridurre l’ospedalizzazione, attenzione ai flussi turistici spesso di persone anziane, migliorare la conoscenza e l’uso dei farmaci,
aumentare la tutela materno
infantile, valorizzare e potenziare le risorse offerte dall’ospedale valdese di Torre
Pellice, dalla struttura ospedaliera di Bibiana e dalle residenze assistenziali. Un progetto quantificato, per la vai
Pellice, in 3,4 miliardi in più
delle normali disponibilità di
bilancio; alla Regione tocca
l’ultima parola.
per la loro attività. «Dal 1°
novembre - aggiunge la presidente Coi'sson - arriverà
dalle Molinette il nuovo primario per l’ospedale di Torre
Pellice, il dott. Aldo Cottino,
che è specializzato in medicina interna e cardiologia. Da
quando in marzo il dott. Capra se ne era andato, aveva
svolto le funzioni di primario
il dott. Delleani, e a lui va il
nostro ringraziamento per il
gravoso compito che si è sobbarcato in questi mesi». Con
questi cambiamenti si viene
dunque a creare un nuovo ed
affiatato gruppo: «È un fatto
che lascia ben sperare per i
nostri pazienti che potranno
avere un rapporto di fiducia
coi medici ospedalieri che si
affiancano ai medici di famiglia operanti sul territorio»,
conclude Franca Coi'sson.
Due sono state le mostre .j
Paolo Paschetto allestite c
sfanno in occasione delle
lebrazioni per il 150° annivej.
sario della concessione dei 4
ritti civili e politici ai valdeà
e del 50° della Repubblicaj^
liana, la prima a Torre Pel¿j{
dal 17 febbraio al 29 marzo t
la seconda a Pinerolo dal 2 ai
28 giugno. L’interesse susci,
tato dalle opere in bianco e
nero ha sollecitato la realizza,
zione di un’ultima definitivi
ristampa, a tiratura limitata,
alcune incisioni dell’artista.'
Le incisioni, xilografie elinoleumgrafie sono state rag.
groppate in tre serie: cinqut
xilografie (1919-1925), scene
valdesi (1918-1919), ritratti
di personaggi storici valdesi
(1925). Ogni cartella contiene
una nota di Francesco Franco
su Paschetto xilografo e uni
breve biografia dell’artista
Le cartelle, presentate in un
piccolo catalogo completo di
commenti e biografia, sono
poste in vendita: le scene vaidesi a 450.000 lire, le cinque
xilografie a 400.000, i ritratti
di personaggi storici valdesi a
500.000.
Le opere possono essere richieste a Mirella Paschetto,
via Ghìcciard 9, 10066 Torre
Pellice (tei. 0121-932450) 0
Franco Masoero Edizioni
d’Arte, via Giulia di Barolo
13, 10124 Torino (tei. 011
885933, fax 8174200).
Paolo Diena ricordato a Inverso Rinasca
Il medico partigiano
MILENA MARTINAT
Il vecchio municipio di Inverso Pinasca è .stato venduto qualche anno fa dopo
averne costruito uno più
confortevole e con un grande
prato davanti. Ma su di un
muro esterno di quella casa
era rimasta la lapide che ricordava Paolo Diena, un giovane medico partigiano ucciso rii ottobre 1944 a Cotorauto sulle montagne di Inverso Pinasca.
Ora la lapide è stata spostata dalla casa e non è più in
marmo ma in bronzo e su di
un masso di pietra locale posato nel prato del municipio
dove sorgerà anche un parco
giochi per bambini. Domenica 11 ottobre c’era tanta gente per l’inaugurazione della
nuova lapide. C’erano i partigiani che combatterono durante la Resistenza, c’erano i
giovani, la banda musicale,
c’erano i bambini della scuola elementare di Inverso Pinasca con i loro canti, c’erano le
autorità e la gente comune.
C era la famiglia Diena al
completo, il fratello con la
moglie, i figli, i nipotini.
54 anni fa, il medico ebreo
dai capelli rossi, partigiano
che curava partigiani con
nell’animo il timore di trasgredire una norma trasmessa
da innumerevoli antenati alienati dalla violenza che chiede
vano giu.stizia ma sapevano
non essere capaci a fare a pu
gni, né di «rendere il colpo»
come è scritto nel libro di Ca
vaglion sulla famiglia Diena
Per via invisibile (pag. 67)
Tante persone riunite insie
me per ricordare e far sì che
anche i più giovani non abbiano a dimenticare come
l’Italia tornò libera dal regi
me totalitario. E come scrisse
il padre di Paolo al figlio
Bolzano dov’era stato depor
tato il 25 novembre 1944
(non sapeva che il figlio era
già morto); «Malgrado tutto,
se io ora dovessi ricominciare
la mia vita per nulla cambio
rei dei proponimenti che mi
sono fissati, e che ebbero questo buon risultato che voi due
da me ereditiate un nome d:
cui non avete mai da arrossire» (Per via invisibile, pag
30). E questo è stato l’invito
rivolto dal presidente dell’An
pi provinciale a non vergo
gnarsi mai della lotta di Resi
stenza, a tenere sempre la luce
accesa su questa pagina di
storia stando vigili e attenti.
A Inverso tutti oggi conoscono la storia del giovane
partigiano studente medico
dai capelli rossi che correva
per le valli durante la Resistenza dai suoi malati e feriti
partigiani, e l’augurio è che
anche alle future generazioni
verrà raccontato e spiegato
chi è stato Paolo Diena.
TRASPORTI
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VAL PELLICE
di Giacotto & c.
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„Ftv^PÌ 16 OTTOBRE 1998
Una delle più recenti chiese valdesi costituite nelle Valli
San Secondo 40 anni dopo
VrTO GABDIOt
La Chiesa valdese di San
Secondo, tra le più recenti alle Valli, si è costituita
dopo un lungo periodo di incubazione. Sin dal 1882 sono
diverse le occasioni in cui si
parla dell’opportunità di dare
vita a una chiesa in San Secondo: r argomento viene affrontato più volte nei verbali
delle due chiese di Prarostino
e Pinerolo e nella Conferenza
del 1956 alla fine ottiene l’attenzione dovuta. È grazie
all’impegno dei futuri membri di chiesa e del pastore Ermanno Rostan che l’anno seguente vedrà sorgere la nuova
chiesa, costituita grazie al distaccamento di zone appartenenti alla chiesa di Prarostino
e di Pinerolo, oltre al nucleo
significativo già presente in
San Secondo.
La nascita della chiesa, accanto a una lunga e sofferta
riflessione sulla necessità della sua costituzione, vedrà la
costruzione del suo tempio
l’anno successivo. Domenica
11 ottobre la comunità di San
Secondo si è riunita per ricordare il 40“ anno dalla sua costituzione: la giornata è iniziata con il culto con santa
^LLI "\ÀLDESI -------- ----
I Torre Pellice: Società di studi valdesi
La difesa delhdentità
della minoranza
PAG. Ili
Il tempio valdese di San Secondo
cena presieduto dal pastore
Franco Davite, per anni pastore della chiesa. Il pastore
Davite, predicando sul testo
di I Cronache 16, 8-22, il
cantico di riconoscenza di
Davide dopo il trasporto dell’arca a Gerusalemme, ha sottolineato come nel celebrare
il passato si corre il rischio di
celebrare se stessi e di lasciare spazio soltanto ai piagnistei, perché le cose non sono
andate come si pensava.
Unione femminile di Prarostino
Fratelli e sorelle che
festeggiano i 90 anni
Un’iniziativa dell’Unione
femminile di Prarostino è ormai un avvenimento atteso
da quelle sorelle che superata
l’età di 90 anni vengono puntualmente festeggiate in occasione dei loro compleanni.
Così Lidia Avondetto, 95 anni compiuti, con la sorella IIda di 91, Giulia Godinodi 95,
Attalia Long di 90 e Fiorina
Bonnet di 91, appaiono sorridenti in fotografia attorniate
da parenti e amiche.
La loro età suscita certa
mente ammirazione, oltre allo spirito e alla vivacità che
mantengono assieme a una
memoria che è storia preziosa per tutti. La loro assidua
partecipazione alla vita della
chiesa è stata ed è ancora testimonianza di fede; non tutte
hanno ormai la possibilità di
frequentare i culti, una di loro è ospite della Casa delle
diaconesse, ma questa iniziativa consente loro di continuare a sentirsi parte importante della comunità.
ESpOSiziONE É lAbORATORiO:
vìa S. SECOiNidOy 58 ^ « Oì 21 /201712
ABBADIA alpina " pinerolo (To)
(di Fronte aUa caserma aIpìnì «BERARdi»)
Vetrina novìt^ - vicdo Gtfô«id/po«ïricï vìa ChÌAppERO
Tra questi due estremi occorre trovare una via di mezzo: permettere che il ricordo
del passato diventi occasione
di riconoscenza e gioia perché su tutto ciò che è stato,
sulla storia di una chiesa che
ha avuto momenti alti ma anche momenti bassi di testimonianza al Signore, si impone
la grazie di Dio. Come Davide, anche noi oggi sappiamo
che la fedeltà e la grazia di
Dio non sono da lui dimenticate come invece noi ci dimentichiamo di lui: l’invito
che ci giunge è perciò non solo a riconoscere la fedeltà di/
Dio nel corso della storia passata, ma a mettere mano all’aratro e continuare questo
solco iniziato 40 anni fa.
Dopo l’agape comunitaria,
nel pomeriggio si sono susseguiti gli interventi dei pastori
che hanno servito la chiesa di
San Secondo: il pastore Arnaldo Genre ha ricostruito i
primi anni di attività, ricordando la passione che ha accompagnato la costruzione
della nuova sala e della casa
pastorale; il pastore Franco
Davite ha sottolineato la duplice generosità, spirituale e
materiale, che la chiesa ha saputo esprimere, in particolare
nel dibattito sull’ora di religione e nell’impegnativo lavoro della ricostruzione del
tetto del tempio; infine il pastore Archimede Bertolino ha
ricordato come il suo ministero sia stato accompagnato da
momenti di alta collaborazione ma anche di conflittualità,
che però non ha impedito la
testimonianza alla Parola e il
servizio nella chiesa nella ferma fiducia della presenza costante del Signore.
Una giornata spesa a ricordare il passato ma con un’attenzione vigile al presente e
al domani nell’auspicio che il
cammino iniziato 40 anni fa
prosegua con rinnovato entusiasmo, aperto alle sfide della
chiesa odierna ma soprattutto
attento a non discostarsi mai
dall’ascolto della Parola che
ci guida e ci permette di essere chiesa di Gesù Cristo.
maria ROSA FABBRINI
Mercoledì 7 ottobre, a
Torre Pellice, l’Aula sinodale ha ospitato una cinquantina di insegnanti per la
giornata di studio su «La difesa dell’identità della minoranza valdese», nell’ambito delle
proposte di studio e aggiornamento sul tema «Dall’emancipazione delle minoranze religiose alle libertà costituzionali. Percorsi in cento anni di
storia degli ebrei e dei valdesi
(1848-1948)».
Dopo il benvenuto agli
ospiti dato per la Regione dal
consigliere Marco Bellion,
per la Società di studi valdesi
da Giorgio Tourn, e per l’Istituto piemontese per la storia
della Resistenza da Ersilia
Alessandrone Perona, la relazione di Gino Lusso, già docente di Geografia politica ed
economica all’Università di
Torino, ha proposto una lettura della specificità storica
delle valli valdesi coniugata
con quella territoriale, illustrandone la situazione topografica, geologica ed economica tipica di una montagna
antica, ma inserita in un contesto ben più ampio di relazioni con l’estero. Una delle
qualità della relazione è stata
infatti la trasmissione di un’
idea nuova che si è posata efficacemente sull’immagine
stereotipata dei valdesi chiusi
nelle loro valli.
Lusso ha parlato di questo
mondo rurale valdese, in cui i
grandi eventi avvengono sui
prati; di queste terre che per
costituzione geologica sono
prive di estese pianure, per
cui i fondovalle sono tutti
corti, precipiti, incassati, poveri; ha parlato di repressione
e di accerchiamento, degli
eventi terribili e di quelli gloriosi, di colture e di allevamento, di industrializzazione.
Gino Lusso ha poi collocato
le valli nell’asse fondamentale Sud della Francia-Torino,
affermando che la linearità
della vai Pellice, la sua ubicazione particolare lungo il corridoio principale di quest’asse
rendono insostenibile (sotto
l’aspetto topografico) la tesi
dell’isolamento. È quindi diverso e più coerente dire che i
valdesi sono un tassello di
una situazione di fusione partita dal ’200 che vede il movimento diffuso lungo tutto il
corso della Durance. E la Durance arriva fino al Monginevro, vera spaccatura delle Alpi occidentali, perché a sud ci
sono le Alpi del sole, con i
passi facili e i rapporti intensi
tra i versanti, mentre a nord ci
sono le vere Alpi, quelle dure, che separano.
Gianni Genre ha avuto il
non facile compito di trasmettere il messaggio della
specificità ecclesiale protestante attraverso l’organizzazione della parrocchia valdese ed è riuscito a rendere agile la sintesi, a partire dalle 15
parrocchie storiche delle valli
valdesi, illustrandone l’evoluzione e la trasformazione, segnate anche dagli eventi internazionali, e ha poi messo
in luce i legami con l’Inghilterra, l’Olanda, la Svizzera e
le influenze che questi rapporti hanno prodotto, segnalandone l’eredità attuale.
Iniziativa scolastica a Pinerolo
Una biblioteca
per molte culture
Da giovedì 15 ottobre, dalle
ore 17 alle 19, nei locali della
scuola elementare «F. Farri»
di via Rocchietta 1 a Pinerolo
è aperta la Biblioteca interculturale, che si offre come
uno spazio all’interno del
quale bambini e adulti possono conoscere, raccontare e
raccontarsi in un clima di reciproco ascolto e curiosità,
per rispondere ai bisogni degli alunni portatori di culture
diverse, inseriti in un contesto
scolastico che deve tenere
conto non solo delle differenze ma deve riconoscere le
specificità di ognuno, valorizzarle e trasformarle in un pa
Facoltà valdese di teologia
Inaugurazione del 144- anno accademico
Culto d'apertura
Tempio valdese di Torre Pellice, ore 10
predicazione del prof. Bruno Corsani
Prolusione
Aula sinodale, ore 17
Prof. Giorgio Tourn
«I valdesi tra Illuminismo
e Romanticismo», 1798-1848
trimonio comune a tutti. Una
biblioteca in cui si possono
trovare libri in diverse lingue,
materiale di divulgazione, video e audio con un filo conduttore: l’educazione interculturale. La Biblioteca interculturale si rivolge a tutti gli
alunni e le alunne delle scuole materne, elementari e medie presenti sul territorio pinerolese; inoltre vuole diventare un punto di incontro per
l’aggiornamento e la formazione di insegnanti e educatori che operano sul territorio
per ciò che riguarda l’educazione alla diversità.
Infine è importante l’apertura a un pubblico esterno alla
scuola per dare la possibilità a
tutti di leggere nella propria
lingua madre per non essere
costretti a rinunciare alla propria cultura di appartenenza in
nome di un’integrazione sociale che spesso significa annullamento di una parte della
propria personalità. Permettere agli adulti immigrati presenti sul territorio di trasmettere le proprie tradizioni culturali ai figli inseriti nella
scuola, facilitare l’apprendimento della lingua del paese
di accoglienza e trovare uno
spazio di incontro con altre
culture: questo il progetto che
nasce dalla collaborazione del
Sistema bibliotecario pinerolese con la Biblioteca Globelivres di Losanna e il Centro interculturale di Torino.
Nelle
Chiese
Valdesi
ATTIVITÀ SCOUTISTICHE — Sabato 24 e domenica 25 ottobre, alla Gianavella, primo incontro di ripresa delle attività del
gruppo scoutistico. Per
informazioni rivolgersi a
Massimo Long, telefono
0121-953107.
COLLOQUIO PASTORALE I DISTRETTO — A Bobbio Pellice, martedì 20 ottobre, alle ore 9,15 nel
tempio, colloquio pastorale del distretto con la presenza di professori e studenti della Facoltà valdese
di teologia; meditazione
biblica a cura di Miguel Cabrerà, introduzione di Luciano Deodato sul tema
«Impostazione dell'anno
ecclesiastico».
ANGROGNA — Riunione quartierale a Buonanotte martedì 20 ottobre alle
ore 20,30.
BOBBIO PELLICE —
Mercoledì 21 alle 19 primo
incontro del gruppo giovani con una cena nella sala
delle attività.
CHIOTTI — La raccolta
stracci autunnale si effettua improrogabilmente fino al 25 ottobre presso il
garage piccolo della casa
pastorale.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Riunioni quartierali alle 20,30: martedì
20 ottobre ai Gonin, giovedì 22 ottobre a Fondo S.
Giovanni.
PERRERO-MANIGLIA —
La corale terrà il suo primo
incontro lunedì 19 ottobre
alle 20,30.
PINEROLO — Gita a Pa
rigi dal 30 ottobre al 2 no
vembre: costo presumibile
di lire 300.000, chi fosse interessato può rivolgersi en
tro il 15 ottobre ad Anto
nella (tei. 930179) o ad Anne (tei. 76603). Giovedì 22
alle 15 incontro dell'Unione femminile. Venerdì 23
ottobre, alle 20,45, nei locali della chiesa, conferenza del prof. Daniele Garrone su «Israele e i popoli pagani, i profeti Giona e
Nahum», primo incontro di
studio biblico.
POMARETTO — L'incontro dell'Unione femminile
dell'Inverso avrà luogo venerdì 16 alle 14,30.
PRAROSTINO — Domenica 18 ottobre nel tempio
di San Bartolomeo, alle ore
10, assemblea di chiesa su
vendita del presbiterio di
Roccapiatta e relazione sul
Sinodo. Alle 10 inizio delle
attività della scuola domenicale e del precatechismo.
SAN SECONDO — Festa
del raccolto domenica 18
ottobre: alle 10 culto, alle
4,30 apertura del bazar
nella sala delle attività.
TORRE PELLICE — Mercoledì 21 ottobre riunione
quartierale ai Bouissa. Studio biblico: lunedì 19 ottobre alle 20,45 presso il presbiterio del centro su «Il
tempo nell'esperienza personale della fede».
VILLAR PELLICE — L'attività dell'Unione femminile riprende domenica 18
ottobre alle 14,30 nella saletta del presbiterio.
VILLASECCA — Riunioni
quartierali: martedì 20 ottobre alle 14,30 ai Trossieri,
alle 20 a Serre Marco, mercoledì 21 alle 14,30 a Bovile. Assemblea di inizio anno ecclesiastico domenica
25 ottobre su: relazione sui
lavori sinodali, programma
dell'anno ecclesiastico, elezione di un nuovo membro
del Concistoro.
1® CIRCUITO
Venerdì 16 ottobre, ore
21, ai Coppieri di Torre
Pellice, assemblea di
CORTO CIRCUITO
Giornalino di valle
10
PAG. IV
E Eco Delle mLi mLOESi
VENERDÌ 16 OTTOBRE 1998
PER LA VALPE INIZIO IN SALITA — È iniziato male il
campionato di A2 per l’Hockey Club Valpellice impegnato
nell’anticipo della prima giornata sabato sera a Feltre nei pressi
di Belluno; i valligiani hanno giocato un bel primo tempo chiudendo addirittura in vantaggio per 2-1 con le reti di Melotto e
Berti. In apertura di secondo tempo un doppio vantaggio dei
veneti, l’anno scorso in serie Al, ha messo in difficoltà i piemontesi; alcuni errori del portiere Rossi sono stati ben sfruttati
dagli attaccanti di casa ed il Valpellice ha chiuso il secondo periodo sotto per 2-6. Accademico il terzo tempo, con un goal
per parte (ancora Berti per i biancorossi) ed il punteggio finale
è così risultato di 7-3 per il Feltre. Qualche penalità di troppo
(Cicilano e Pellegrini) hanno costretto più volte la Valpe a giocare in inferiorità numerica; Petr Vasicko, ma non solo lui, è
parso in difficoltà quando ha dovuto sostenere cambi troppo
ravvicinati o con gli avversari più grintosi.
Ma non c’è tempo per rilassarsi; dopo la trasferta di martedì
13 ad Auronzo, domenica di nuovo in viaggio, questa volta a
Laces, in vai Venosta. Solo martedì 20, in base al bizzarro calendario, la Valpe sarà in casa, di fronte agli Amatori Asiago.
PALLAVOLO — I campionati provinciali di pallavolo femminile e maschile hanno preso il via la scorsa settimana; ai nastri di partenza del campionato di eccellenza juniores maschile
esordio negativo perla formazione del 3S Nova Siria Pinerolo
sconfitto a Torino dal Perrella mentre è giunto un ottimo 3-0
per la squadra ragazzi contro il Lasalliano Torino. Le uniche
due società pinerolesi maschili hanno concordato un contratto
di stretta collaborazione che ha visto due atleti promettenti del
3S, Actis Danna e Violino passare nella formazione diserie B2
del Body Sistem. Nella squadra ragazzi del 3S Pinerolo sono
invece confluiti i giocatori del Body Sistem, creando così un
organico di buon livello. Nel settore femminile esordio con
sconfitta sia per le juniores guidate da Picotto (1-3 dall’Aurora
Venaria) che per le ragazze di Balbo (0-3 dal Con voi volley).
ATLETICA LEGGERA — Soddisfazione in vai Pellice
per la convocazione nella rappresentativa regionale di Sara Salvi che nel fine settimana parteciperà a Palermo al Criterium nazionale nella gara a staffetta; durante la scorsa settimana la giovane atleta ha vinto una gara provinciale sui 300 m; 5° posto
per Renato Agli sul classico percorso della Biella-Oropa. A
Chivasso invece kermesse su strada: ottimo secondo posto per
Roñal Mirabile fra i ragazzi.
TENNIS TAVOLO — Fermi i campionati per gli impegni
della nazionale italiana sconfitta a Torino dall’Austria, va segnalato però il buon esordio della Valpellice; in serie CI i valligiani sono al comando dopo due turni con 4 punti; per ora non
ci sono ambizioni di promozione ma non si sa mai...; in C2 una
vittoria è stata ottenuta con l’Ivrea ridimensionata proprio
dall’incontro con la squadra di Torre Pellice. Unica nota negativa invece la DI dove sono giunte due sconfitte, peraltro con
le due compagini più forti del girone.
15 ottobre, giovedì — PINEROLO; Alle 17, presso Legambiente, corso Torino 224,
presentazione del corso di aggiornamento per insegnanti
«Vita in città con gli animali», a
cura dell’Associazione culturale
veterinaria di salute pubblica.
15 ottobre, giovedì — ANGROGNA; Nel tempio del Serre, alle 21, dibattito sul tema
«La sanità in vai Pellice, dalla
Usi di valle all’Azienda unica
del Pinerolese, all’ipotesi del
distretto montano potenziato»,
in collaborazione con il Gruppo
di medici di famiglia della vai
Pellice; moderatore Marco Bellion, consigliere regionale.
15 ottobre, giovedì — PINEROLO: Alle 20,30, al Salone dei Cavalieri, conferenza su
«Musica e handicap», a cura del
professor Alain Carré, organizzata da Anfass e Cirmac.
15 ottobre, giovedì — PINEROLO: Alla scuola elementare «F. Patri» apertura della biblioteca interculturale per le
scuole materne, elementari e
medie, tutti i giovedì dalle 17
alle 19.
16 ottobre, venerdì —
TORRE PELLICE: Alla biblioteca della Casa valdese, alle
20,45, incontro dibattito sul tema «Famiglia, ambiente e salute mentale» a 20 anni dalla legge 180, con Bianca Genre della
Diapsi, Enrico Pascal, psichiatra, Emanuele Fontana, primario del servizio psichiatrico vai
Pellice e vai Chisone, Alberto
Taccia, coordinatore gruppo volontari vai Pellice, conduce
Franca Coìsson.
16 ottobre, venerdì — PINEROLO: Alle ore 21, alla biblioteca del Museo della Cavalleria, conferenza con presentazione del libro «Giocare sulla
pietra» di Carlo e Luca Gavazzi.
16 ottobre, venerdì — ANGROGNA: Alle 21, nella sala
unionista, incontro dibattito su
«Il ritorno del lupo».
16 ottobre, venerdì —
TORRE PELLICE: Alle 20,45
nella sala consiliare della' Comunità montana, conferenza a
cura del gruppo «Val Lucerna»
su «L’assedio di Torino nel
1706», relatrice Francesca Bocci, docente di storia moderna
all’Università di Torino.
16 ottobre, venerdì — VILLAR PEROSA: Alle 20,45,
nella biblioteca, film di Renzo
Ribetto «Amiche rondini, un
anno da gufi».
16 ottobre, venerdì — PINEROLO: Alle 20,45, nel tempio valdese, prima pinerolese
dello spettacolo «Il nido dell’orso», di Guido Castiglia, con la
compagnia Nonsoloteatro. Ingresso lire 10.000 (ridotti lire
5.000), incasso a favore della ristrutturazione del tempio.
16 ottobre, venerdì — TORINO: Alle 21, in via Saluzzo
25, presentazione dei libri «Futuro sostenibile« e «Fattore 4»,
ed. Emi, promosso dal Centro
nuovo modello di sviluppo e da
Mani tese.
17 ottobre, sabato — PINEROLO: Alle 21,15, nel salone
del Circolo sociale in via Duomo, presentazione del libro «La
maschera di ferro» di Mauro
Maira Perrot.
17 ottobre, sabato — INVERSO PINASCA; Alle 21
spettacolo del Gruppo teatro
Angrogna «Fort village».
17 ottobre, sabato — PINEROLO; Alle 17,45, nelle sale
di Palazzo Vittone, inaugurazione della mostra «Elsa Oberholzer (1900-1987); disegni e mostra retrospettiva»; aperta fino
al 1° novembre con il seguente
orario: feriali (lunedì escluso)
15.30- 18, domenica 10,30-12 e
15.30- 18.
17 ottobre, sabato — PEROSA ARGENTINA: Nel padiglione Pian de la Tour, alle
21, concerto della banda di Pomaretto del coro Eiminal.
17 ottobre, sabato — PINEROLO: Alle 21 la Compagnia
spazio scenico di Vercelli presenta la commedia brillante «Na
ca ad gent par ben».
17-18 ottobre — ANGROGNA: Alle 14,30 in frazione
San Lorenzo apertura della mostra-mercato dei prodotti agricoli e artigianali e delle mostre
«I sentieri partigiani» a cura
dell’Istituto tecnico Alberti di
Luserna San Giovanni e Amnesty International, a cura della
locale sezione di valle. Alle 21,
nella sala unionista, spettacolo
«La magia di una notte» a cura
del Gruppo teatro di Prarostino.
Domenica 18 dalle 9 alle 12 e
dalle 14 alle 18 riapertura mostre; alle 9 partenza della XVII
edizione del triathlon della vai
d’Angrogna; alle 12,30 polenta
e spezzatino, alle 14,30 premiazione, alle 15,30 castagnata a
cura del coro «La draia» e balli
popolari sotto l’ala.
18 ottobre, domenica — INVERSO PINASCA: In frazione Fleccia, dalle 14, castagnata.
20 ottobre, martedì —
TORRE PELLICE; Alle ore
20,30, al Centro culturale valdese, primo incontro del corso di
perfezionamento accompagnatori musei e luoghi storici.
22 ottobre, giovedì — ANGROGNA: Alle 21, nella sala
unionista, incontro pubblico su
«Parliamo di turismo», in collaborazione con la sezione UgetCai vai Pellice. Partecipano il
consigliere regionale Marco
Bellion, l’assessore alla cultura
della Comunità montana. Bruna
Peyrot, il presidente della Pro
Loco, la Cooperativa Naturaliter che presenterà esperienze di
ospitalità in Aspromonte.
23 ottobre, venerdì — PINEROLO: Al teatro Incontro,
alle 21,15, la Compagnia dell’
angolo presenta «Suo umilissimo servitore Carlo Goldoni»,
ingresso lire 15.000, ridotti lire
10.000, abbon. lire 60.000.
- VALLI
CHISONE - 6ERMANASCÀI
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale di Pomaretto, tei. 81154
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 18 OTTOBRE
Perosa Argentina: Farmacia
Termini - Via Umberto I, tele!.
81205
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 18 OTTOBRE
Viliar Pellice: Farmacia GayPiazza Jervis, tei. 930705
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha in programma, giovedì 15 e venerdì 16,
ore 21,15, L’albero delle pere
di F. Archibugi; sabato 17, ore
20,10 e 22,10, Sex crimes; domenica 18, ore 16, 18,30 21,15,
lunedì 19 e martedì 20, ore
21,15, Godzilla.
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via dei Milie, 1 - 10064 Pinerolo
tei. 0121-323422; fax 323831
recapito Torre Pellice
tei. 0121-933290; fax 932409
Sped. in abb. post./50
Pubblicazione unitaria con Riforma
non può essere venduto separatamente
Reg. Tribunale di Pinerolo n. 175/60
Resp. ai sensi dì legge Piera Egidi
Stampa: La Ghisleriana Mondovì
Una copia L. 2.000
Informazione pubblicitaria —
Confederazione Nazionale deH'Artigianato
della Piccola e Media Impresa
INFORMA
Associazione Provinciale di Torino - Via Avellino 6 • Tel. 011/4617.666 • Fax 4617.694
Valli Chisone e Germanasca
Spazi agli artigiani
Le valli Chisone e Germanasca per molti anni hanno
dovuto impostare la propria
economia, oltre che suH’agricoltura, sulle offerte che la
grande impresa presente sul
loro territorio dava. In queste
valli erano attive aziende importanti come la Riv e la Manifattura di Perosa che garantivano tutto sommato dalla
necessità di trovare alternative iavorative e che hanno anche inciso molto sulla struttura sociale del territorio. Oggi
la situazione è cambiata, la
grande industria in crisi da
anni non garantisce più quella
sicurezza e quei posti di lavoro che dava un tempo, e alle
valli occorre ricreare quello
spirito imprenditoriale che in
questi anni è andato perso.
«Oggi - dice Renato Ribet,
assessore all’Artigianato della
Comunità montana valli Chisone e Germanasca - serve
stimolare l’imprenditorialità, ridare slancio ad attività artigiane a cui per troppi anni non è
stata data la giusta importanza». E che l’artigianato sia im
portante lo dimostrano le circa
500 imprese artigiane presenti
sul territorio della Comunità
montana, che costituiscono
una ricchezza per il territorio
sia dal punto di vista culturale
che economico. La maggior
parte delle imprese valligiane
è attiva nel settore edile ma in
vai Chisone e Germanasca si
producono anche oggetti in
ferro battuto, mobili, liquori e
in una bottega di Pragelato
anche ghironde (l’antico strumento musicale occitano).
Un settore artigiano quindi
tutto sommato abbastanza variegato e di qualità che però
ha bisogno di un aiuto per crescere; in questo senso sembra
muoversi la Comunità montana, che in questi anni in collaborazione con la Cna (la Con
federazione nazionale dell’artigianato e della piccola impresa), ha attivato nella sede
dell'ente a Perosa uno «sportello di assistenza alle imprese
artigiane» gestito dalla Cna i
cui tecnici su appuntamento
incontrano gli artigiani che
hanno bisogno di consulenze
finanziarie, consigli, informazioni sui servizi offerti dalla
Cna eoe. Oltre a questo servizio per le imprese già in attività la Comunità montana intende affiancare prossimamente (come è già stato fatto
in passato) anche incontri di
presentazione e aggiornamento sulle nuove normative sul
settore artigiano e inoltre lanciare un progetto, sempre in
collaborazione con la Cna e la
Provincia, per sostenere la
nuova imprenditoria in valle;
inoltre ha aderito al progetto finanziato con fondi Cee denominato «Impresa da impresa»
che mira a garantire da una
parte le imprese che non hanno eredi ad avere una continuità e dall'altro l’inserimento
di giovani nel mondo lavorativo. Il progetto prevede che il
giovane sia affiancato per un
certo periodo dall’ex titolare
che avrebbe funzione di
«maestro d’arte»; questo per
salvaguardare certe professionalità tradizionali che rischierebbero di perdersi, seguendo
i giovani in modo tale che utilizzino parametri di gestione di
impresa confacenti alla situazione attuale del mercato.
«Oltre al nostro impegno
istituzionale ad avvenimenti
come la “Mostra dell’artigianato” di Pinerolo o “La sgorbia” di Rivoli - dice ancora
Renato Ribet - il nostro impegno per l’artigianato va in diverse direzioni. Se da un lato
infatti ci irfipegniamo per fornire dei momenti formativi agli
artigiani utilizzando strumenti
come incontri o “lo sportello di
assistenza”, dall’altro investiamo anche sulla creazione di
spazi per l’artigianato, come è
capitato ad esempio per
l’area artigianale di Viliar Perosa, dove il nostro intervento
è stato di 135 milioni e per gli
interventi strutturali nel comune di Massello». Un intervento quindi quello della Comunità montana valli Chisone e
Germanasca che mira a formare ma anche a creare delle
strutture dove gli artigiani
possano operare e agire.
Davide Rosso
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\ 16 OTTOBRE 1998
PAG. 7 RIFORMA
Le comunità di lingua italiana erano formate essenzialmente da operai e da esuli per motivi politici e religiosi
Nascita della Chiesa cristiana libera di Locamo nel Ticino
Ideila seconda metà dell'Ottocento in diversi centri del Cantone l'opera di testimonianza evangelica dovette confrontarsi
vn atteggiamenti persecutori e intolleranti: i rapporti con l'Italia mantennero viva una presenza che ebbe una sua rilevanza
PAOLO TOGNINA
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Nella seconda metà dell’Ottocento si costituiroin varie località del Canni Ticino piccoli nuclei di
Trotestanti, alcuni di lingua
jaliana e altri di lingua tedeca II priino nucleo evangeco di lingua italiana in TiciQ si costituì intorno al 1860
Lugano, in seguito alla preicazione del pastore grigio
TeseLeonhardi.
A partire dal 1875, su incaico del Comitato di evangefeazione della Chiesa valdee, il pastore valdese di Como
n’iziò a predicare regolarjente a Lugano. Nel corso
figli Anni 70 sorsero altri nulei evangelici di lingua itaiana a Mendrisio, Stadio,
iovaggio. Locamo, Brissago,
lellinzona, Biasca e Airolo.
Juesti gruppi erano costituiti
lerlopiù da esuli italiani ripaad in Ticino per motivi pollici 0 religiosi, da operai itaani giunti in Ticino per lavoare nei cantieri del tunnel
el Gottardo e da ticinesi
onvertiti al protestantesimo,
causa dell’intolleranza deimaggioranza cattolica, i
onvertiti ticinesi erano spescostretti a rientrare nella
hiesa d’origine o a emigrare.
Negli Anni 70 nacque a Guano il primo nucleo di evanelici di lingua tedesca. Esso
univa prevalentemente viliggianti svizzeri e tedeschi.
Iperai e impiegati evangelici
vizzero-tedeschi, arrivati in
'icino per la costruzione e la
'estione del tunnel ferroviad del Gottardo, costituirono,
laiche anno più tardi, dei
uppi a Bellinzona e a Bia:a^ Albergatori e piccoli im:enditori svizzero-tedeschi
ndarono una comunità di
igua tedesca a Locamo, sul
lire degli Anni 80. Il numero
nitato di membri (il censilento federale del 1888 conL poco più di mille proteanti in Ticino) e la scarsità
si mezzi a disposizione non
ermettevano a questi gruppi
i assumere un pastore o di
istruire edifici di culto e di
unione. Intervennero allora
ue associazioni evangeliche
asilesi: il «Comitato italiano»
i Basilea (il cui scopo era di
istenere gli evangelici di linua italiana in Ticino) e il
i^orverein» di Basilea (che
asteneva gli evangelici di linua tedesca).
1 L’opera del Comitato di
L’espulsione della comunità riformata di Locamo, nel
marzo 1555, pose fine, per alcuni secoli, alla presenza protestante nei baliaggi meridionali della Confederazione elvetica. In Ticino, fino all’epoca napoleonica, le autorità confederate non ammisero che la confessione cattolica romana.
La Controriforma e lo spirito controriformistico da essa suscitato e dìfiuso impedirono a lungo, e con successo, qualsiasi forma di presenza protestante. Nel 1803, quando fu costituito il Canton Ticino, la Chiesa cattolica fu riconosciuta
quale chiesa di stato, e la legge civile ecclesiastica promulgata dal governo conservatore nel 1866 riconobbe alla sola
Chiesa cattolica lo statuto di ente di diritto pubblico. I protestanti ticinesi dovettero attendere fino al 1975 perché l’articolo 1 della Costituzione cantonale («La religione cattolica
apostolica romana è la religione del Cantone») fosse modificato nel senso di garantire il libero esercizio dei culti e i
membri della Chiesa evangelica riformata nel Ticino potessero vedere riconosciuta anche la loro chiesa come ente di
diritto pubblico. Il ritorno dei protestanti in Ticino coincise
con alcune significative battaglie, condotte tra il 1884 e il
1895, per l’applicazione del diritto alla libertà di culto.
Basilea si inserì nel solco
aperto in Ticino dal lavoro
del «Comitato di colportaggio
della Società biblica di Basilea» e dalla «Società evangelica di Ginevra», che aveva
portato alla nascita di nuclei
evangelici a Stabio, Locamo,
Airolo e Biasca. Per sostenere
questi nuclei il Comitato di
Basilea assunse, nel 1880,
due predicatori evangelici
italiani: Gaetano Barbieri, inviato a Locamo, e Angelo Pemzzi, incaricato di occuparsi
di Airolo e Biasca. L’il ottobre 1881 Pemzzi e 22 evangelici di Biasca costituirono la
«Chiesa Cristiana LiberaCantone Ticino (Biasca)»: dopo oltre tre secoli rinasceva
una chiesa protestante sul
suolo ticinese. Alla fine di luglio 1882 a Locamo Gaetano
Barbieri costituì la «Chiesa
Cristiana Libera (Locamo)».
Il predicatore scrisse a Basilea, il 1° agosto: «Il numero
dei fratelli per ora sottoscritti
è solamente di 15, ma speriamo che altri presto vi porranno la loro adesione». Barbieri
non si fa illusioni circa il lavoro nella regione. «A Locarno temo che l’opera sarà lenta e difficile», scrive nel febbraio 1882. E il 1° agosto aggiunge; «Locamo è una cittadella delTultramontanismo
[conservatorismo, nda] e del
bigottismo romano».
Dopo qualche difficoltà
iniziale (occorre affittare un
locale, «ma appena si sapeva
dell’uso che si voleva farne,
subito ci erano negati»). Barbieri affitta una sala vicino
all’imbarcadero di Locamo,
presso il Caffè del Giardino. Il
l
10
OTTOBRE 1998
Duemila
Giubileo, 0 caro Giubileo!
Eutanasia
La vita, un dono senza vincoli
Cattolicesimo
Napoli, una chiesa senza giovani?
Teologia femminista
Dio, dove eri mentre soffrivo?
Libertà religiosa
La separazione tra stato e chiesa
^P^fronti-, una copia lire 8.000; abbonamento annuo lire 65.000;
. *ore lire 120.000 con libro in omaggio). Versamento sul ccp 61288007
intestato a coop. Com Nuovi Tempi, via Firenze 38, 00184 Roma,
ledete una copia omaggio telefonando allo 06-4820503, fax 4827901,
'indirizzo Internet; Http;//hella.stm.it/market/sct/home.htm)
primo culto si svolge il 12
febbraio 1882. L’affluenza è
ridottissima: due donne, le
signore Franzoni e Busca. Nel
pomeriggio quattro operai
assistono alla prima riunione
di evangelizzazione. Presto
l’affluenza aumenta, nei mesi
successivi si stabilizza intorno alle 15 persone, prima
dell’estate raggiunge costantemente le trenta. A fine giugno, i locarnesi che frequentano i culti di Barbieri scrivono al «Comitato italiano».
Nella lista delle firme, incompleta, figurano A. FranzoniDe Velay, Aurelia Canevascini, Adolfo Bavena e sua madre Catterina Bavena, Andrea
Cozzalli, R. Busca-Welter,
Cosimo Beda, Catterina Schira. Martino Mondada, Pietro
Peretto, Vittorio Tricona,
«per gli illetterati coniugi
Agostino e Margherita Mutri
e Gaetano Nadi e Ambrogio
Pietro, si firma con loro pieno consentimento. Bai Pietro, le firme seguirebbero, ma
siccome una buona parte sono forensi non si è potuto acquistare tutti».
Barbieri si reca spesso a
Contea dove visita, tra gli altri, «tre fratelli che sono stati
uno in Italia e due in Austra
lia [...] uomini ben disposti,
posseggono la Bibbia, ma
hanno molto timore», sale in
vai Onsernone, è spesso a
Ascona, predica a Darò. A
Brissago conosce un avvocato Pancaldi e una signora
Motta e col loro aiuto cerca
un locale da affittare. A Brissago, con il maggiore Induni,
«già comandante ne fatti di
Stabio, oggi ricevitore in Brissago», Barbieri allaccia un legame di profonda amicizia.
Nel maggio 1882 la comunità di Locamo affitta, al
prezzo di 500 lire annue, a
Muralto, la Casa Schmidt.
Dandone notizia a Basilea, il
4 maggio. Barbieri aggiunge
che durante le riunioni si
terrà un uomo alla porta per
«evitare inconvenienti». Il lavoro è difficile. «Ci si fa una
guerra sorda, violenta - scrive
l’il aprile 1882 - si osserva
chi frequenta la riunione, poi
si va in loro casa a spaventarli
e minacciare. Un povero contadino di Muralto, padre di
otto figli, perché intervenne
al nostro culto, il padrone
suo lo voleva obbligare alla
messa e alla confessione pasquale, non avendo aderito,
fu gittato sul lastrico». Un
operaio veneziano che frequenta le riunioni di Barbieri,
mentre distribuisce Bibbie a
Brione sopra Minusio, «fu assalito da uomini e donne, lo
picchiarono». Giuseppe Caprara è vittima di un’aggressione a Cavigliano. A Darò è
lo stesso Barbieri a subire
una fitta sassaiola. A Minusio, Luigi Filipelli è picchiato
da compaesani perché frequenta le riunioni dei protestanti e perde il posto di lavoro. Stessa sorte tocca anche a
Andrea Cozzali e a una giovane sarta di Minusio, additata
poi, sulle pagine del «Credente cattolico», al pubblico biasimo. Nel settembre del 1882,
dopo essere stato «sul punto
di essere massacrato da una
turba fanatica». Barbieri propone al presidente del Comitato di Basilea di «vedere se
da parte della Confederazione non si possa indurre a miti
consigli i fanatici ultramontani e le autorità».
Le intimidazioni si ripercuotono sulla piccola comunità. Dopo aver sfiorato i cinquanta membri, essa subisce
una forte flessione. Barbieri
commenta, il 15 maggio 1883:
«Fra quelli che furono convertiti [...] 29 furono costretti
a lasciare questi paesi per trovare lavoro e pace in altre
parti del Cantone e particolarmente in America, Zurigo,
Feraltorf, Monaco e nella vicina Italia e Francia». Malgrado
ciò un nucleo di circa quindici persone, intorno al quale
gravita un numero imprecisato di simpatizzanti, continua
a riunirsi a Locamo.
1803S Locamo ne) JìOrto
Il Caffè del Giardino a Locamo dove si svolse il primo culto evangelico nel 1882
(cartolina gentilmente concessa da P. Treichler, Locamo)
Le intimidazioni popolari e le difficoltà da parte di autorità e burocrazia
Una lunga lotta per il riconoscimento della libertà religiosa
A partire dal marzo del
1883, Barbieri presiede riunioni evangelistiche a Nevedone, nei pressi di Brissago.
Il successo ottenuto nella zona spinge Barbieri ad affittare, a Brissago, una casa appartenente a un certo Angelo
Carabelli. L’il maggio 1884
si celebra a Brissago il primo
culto protestante, al quale
partecipano quindici persone. L’avvenimento è occasione per accuse e polemiche.
«Essendosi sviluppato grandemente la difterite prima a
Nevedone e ora in Brissago scrive il predicatore evangelico - lo spirito maligno intimò che ciò è avvenuto a
causa che vi sono i protestanti». Mentre si svolge il
culto, una quarantina di
donne, riunitesi all’esterno e
accompagnate da pochi uomini, intona a gran voce le litanie, «talché noi dovettimo
abbreviare il servizio divino,
poiché non si intendeva più
nulla nella sala».
La domenica successiva la
scena si ripete. E il giorno
dell’Ascensione, all’uscita dal
culto, Barbieri e i suoi uditori
sono assaliti da una folla in
tumulto. «Corsero in nostro
aiuto diverse persone: ci pregarono volgere verso il confine d’Italia», riferisce poi, e aggiunge di essersi immediatamente recato dal commissa
rio, a Locamo, per denunciare il fatto. «Domandai nulla
per me, né per i fratelli, se
non libertà di culto e provvedimenti per quello che potrebbe avvenire tra i nostri
avversari e coloro che prendono nostre ragioni», riferisce
a Basilea, il 23 maggio 1884. Il
commissario vieta a Barbieri
di recarsi a Brissago e gli comunica che informerà di questi avvenimenti il governo
cantonale. Nel corso del breve interrogatorio, il commissario chiede a Barbieri di fornirgli «i nomi di chi interveniva al culto di colà e di Locarno». Ma Barbieri non fa nomi
e, ignorando il divieto, si reca
a Brissago. Durante il culto la
casa viene circondata da alcune centinaia di persone.
All’uscita, invece della temuta
aggressione, piove solo qualche insulto. Il sindaco ha fatto arrestare le teste più calde
e ha schierato alcune file di
guardie municipali per proteggere i protestanti. Convocato poi in gendarmeria. Barbieri viene informato che il
governo ticinese «è pronto a
farlo rispettare nell’esercizio
del ministero», a condizione
che il Comitato di Basilea
scriva al «direttore del culto,
signor Pedrazzini», una lettera di raccomandazione.
Invece di avviarsi a una soluzione, però, il caso si com
plica. Il Comitato di Basilea
non invia la documentazione
richiesta e Pedrazzini, dopo
un colloquio con Barbieri, ordina un’inchiesta giustificandola con la necessità di verificare se Barbieri sia o meno
un agitatore radicale. La crisi
si protrae per tutta Testate del
1884. Su di essa pesa certamente il fatto che, come ebbe
a osservare il pastore di Biasca Paolo Calvino, «i conservatori di Basilea membri del
(...) Comitato sono uniti in
politica coi conservatori (clericali) di qui» e si sostengono
«a vicenda nelle lotte dei conservatori contro i radicali». E
mentre i basilesi rilasciano
lettere di raccomandazione
per il pastore Calvino e per il
pastore di lingua tedesca di
Bellinzona, Haarbock, non
intervengono in aiuto di Barbieri. Il Comitato non si oppone dunque alle pressioni
dell’autorità cantonale e ripiega, d’accordo con questa,
su una soluzione alternativa
inviando a Brissago il pastore
di Biasca. Ma i membri della
comunità di Brissago non vogliono altri predicatori. Occorre far «valere presso il governo del Canton Ticino i sacrosanti diritti garantiti dalla
Costituzione Federale del
1874», scrive da Brissago ai
membri del Comitato Angelo
Storelli, il 15 settembre 1884.
E Antonio Ghiggi scrive che
Barbieri «in paese è ben voluto da molti e per questo governo e parroco lo criticano».
Il Comitato di Basilea trasferisce infine Barbieri a Biasca,
concedendogli di recarsi a
Brissago ogni quindici giorni.
I rapporti tra il Comitato e
Barbieri, a questo punto, sono gravemente incrinati; i
rimproveri sono reciproci.
Poco tempo dopo, nell’agosto
del 1888, il Comitato licenzia
il predicatore.
Le comunità di Locamo e
Brissago, costituite da Barbieri, uscirono senza dubbio
ulteriormente indebolite da
questi avvenimenti. Ma negli
anni successivi e fino alla prima guerra mondiale e malgrado il sopraggiungere di altre difficoltà, seppero mostrare, sotto la guida dei pastori Alberto Zamperini e
Luigi Bossi, notevole vitalità.
Dalla crisi di Brissago anche
il Comitato di Basilea trasse
un’importante lezione. Allorquando, nella prima metà
degli Anni 90, si ripeterono
aggressioni antiprotestanti
nel Sopraceneri (a Lumino e
a Castione-Arbedo) e il governo cantonale decise di
non intervenire, il Comitato
di Basilea non tergiversò ma
assunse un atteggiamento
fermo e deciso in difesa del
diritto alla libertà di culto.
12
PAG. 8 RIFORMA
VENERDÌ 16 OTTOBRP
ip*
iiS*l
Si è svolto a Steyr, in Austria, un convegno di studi dedicato ai valdesi
«Gli Umili e il loro Dio» nel museo industriale
Nella cittadina della Stiria, celebre per la propria attività metallifera, si sono
ripercorsi gli anni della predicazione e quelli della repressione inquisitoriale
KLAUS LANGENECK
SEICENTO anni fa, nel
1398, ebbero luogo i processi dell’inquisizione contro
i valdesi di Steyr (Stiria)
neirOberosterreich. Circa
mille persone furono processate, tra ottanta e cento furono condannate al rogo. Con
questo grande processo, opera del famoso inquisitore Petrus Zvvicker, finì la storia dei
valdesi della Stiria. Ma sicuramente non è un caso, che
la città di Steyr sia stata nel
'500 uno dei centri della
Riforma protestante in Austria. In occasione del 600°
anniversario della sanguinosa fine del valdismo di Steyr,
l’Accademia evangelica di
Vienna ha organizzato un
convegno sui valdesi, medioevali e contemporanei
(24-26 settembre 1998) con il
titolo; «Gli Umili e il loro
Dio». Il prof. Paolo Ricca, il
pastore Giuseppe Platone,
Albert De Cange e il sottoscritto sono stati invitati per
rappresentare nei lavori del
convegno la Chiesa valdese.
Il luogo del convegno era
proprio Steyr, una piccola
città pittoresca, sorta nel
punto dove il fiume omonimo sfocia nel fiume Enns, che
pochi chilometri più a nord
sfocia a sua volta nel Danubio. Steyr era e è ancora un
centro importante. Sin dal
medioevo a Steyr viene lavorato il ferro, estratto dal vicino «monte di metallo» (Erzberg) e portato su chiatte lungo il fiume fino alla città.
Nell’800 è nata l’industria in
grande; nella seconda guerra
mondiale, le industrie di
Steyr erano importanti fornitrici di armi per il regime nazista. Il convegno ha avuto
luogo nel museo «Arbeitswelt» (Mondo del lavoro)
che, ambientato in un vecchio edificio industriale, racconta la storia del ferro di
Steyr e per il ’500 illustra bene
l’intreccio tra questo particolare mondo del lavoro e la
Riforma protestante: la maggior parte degli artigiani, dei
fabbri e dei produttori di coltelli erano protestanti. Dopo
la cacciata dei protestanti
aU’inizio del ’600 nel contesto
della Controriforma, l’economia di Steyr crollò e su riprese soltanto più tardi.
Questo contesto storico,
ancora visibile nella città, circondava e stimolava 1 lavori
del convegno. Guardando il
cosiddetto «Bummerlhaus», o
guardando le lapidi protestanti della fine del ’500 con
le loro rappresentazioni bibliche e la ìoro interpretazione
teologica o la fonte battesimale luterana, ancora oggi in
uso nella chiesa principale e
naturalmente cattolica della
città, i contributi dei vari relatori sono stati molto più vivi.
Il convegno si è aperto con
una relazione introduttiva
del prof. Paolo Ricca che illustrava l’ampiezza del tema
dalle sue radici medioevali,
passando per la chiesa valdese in Italia e America Latina
fino alle sue implicazioni
ecumeniche. Una grande
parte delle relazioni è stata
centrata sui valdesi medioevali nella zona. Il prof. KurtVictor Selge (Berlino) ha illustrato il movimento valdese
del Medioevo in genere, il
prof. Peter Segl (Bayreuth)
invece le particolarità del valdismo in Austria; il prof.
Markus Wenninger (Klagenfurt) ha illustrato il contesto
politico, economico e sociale
del movimento valdese; il
prof. Arno Buschmann (Salzburg), come storico del diritto, ha spiegato la storia e i
La Bummerlhaus, antica scuola dei valdesi
meccanismi del processo inquisitorio. Come succede
spesso quando si lavora sulla
storia valdese, è rimasto un
punto aperto con la domanda: come mai questo movimento medioevale, presente
in molte parti dell’Europa,
continua soltanto nella chiesa valdese, nata nel 1532 in
alcune vallate del Piemonte?
Chi sono gli eredi dei valdesi
del Medioevo, la Chiesa valdese o in fondo l’intero protestantesimo europeo? Molto
interessante in questo contesto è stato il contributo di Albert De Lange sull’autocomprensione dei valdesi, con
specifico riferimento a quel
gruppo di valdesi costretto
nel 1698/99 a emigrare nel
Wùrttemberg.
La Chiesa valdese è, come
tutti sappiamo, una chiesa
riformata. Nel Wùrttemberg
del ’600 esisteva una legge,
per cui nel territorio non ci
potevano abitare dei riformati. I valdesi però furono accolti, perché non erano considerati riformati, ma qualcosa di diverso: il piccolo resto
della chiesa primitiva che,
nascosto in quell’angolo delle Alpi, era riuscito a conservare la verità e la santità degli
inizi del cristianesimo. Questa visione della Chiesa valdese, basata sulla continuità
dall’era degli apostoli, passando per il movimento medioevale fino alla Riforma,
spiega molto bene perché la
Chiesa valdese, a differenza
di tutte le altre chiese protestanti di minoranza, è riuscita a avere una così forte
lobby nell’Europa protestante. La domanda però rimane:
la particolarità della Chiesa
valdese è una cosa costruita,
una questione di pensiero o
ha un suo fondamento nella
storia reale?
L’esempio dei valdesi medioevali e della loro storia invita naturalmente all’attualizzazione: come trattiamo
noi, nelle nostre società, dissidenti e minoranze? Come
viviamo noi come minoranza? Spunti per una riflessione
nella direzione della prima
domanda volevano dare i
contributi di Barbara Wiengele (Klagenfurt) sulle dinamiche all’interno del movimento anabattista di Mùnster e del prof. Klaus Ottomeyer sul valore dell’«eresia». La seconda domanda è
stata toccata dalla relazione
del pastore Platone sul rapporto tra Chiesa valdese e Repubblica italiana e con il contributo del sottoscritto sul
progetto del Servizio cristiano a Riesi, come esempio di
diaconia in una situazione
minoritaria. Di fronte ai movimenti migratori e alle tensioni causate da essi, a cui assistiamo quotidianamente, il
tema è più attuale.che mai.
Sarà però possibile imparare
qualcosa dalla storia per il
nostro presente?
Il convegno su questo tema
ha raccolto un pubblico veramente ecumenico: oltre ai saluti da parte delle autorità civili, il convegno è stato salutato da parte del vescovo di
Linz, da parte dei sovrintendenti della Chiesa luterana in
Austria e della Chiesa metodista in Austria. Al convegno
hanno partecipato cattolici,
membri delle varie correnti
dell’evangelismo e membri
della locale comunità mennonita. Questa ricchezza ecumenica è stata valutata dagli
organizzatori del convegno
come particolare successo e
si è espressa in una particolare vivacità del dibattito dopo
le varie relazioni e nei colloqui personali.
Valdesi austriaci e Inquisizione
«Non mentono^ non giurano
e non ingannano»
l
GIUSEPPE PLATONE
A metà della lunga piazza
■ ....................
. di Steyr, il mio interlocutore si ferma e mi indica la
facciata antica della «Bummerlhaus». «Qui c’era nel XIV
secolo una “scuola” dei vaidesi. L’Austria ha dedicato
persino un francobollo a
questo edificio così ricco di
storia». Mi racconta che a
Steyr, sempre nel XIV secolo,
c’erano almeno mille valdesi
su una popolazione di 4.000
abitanti. Dai documenti risulta che in oltre 40 località
austriache, città e villaggi, ci
fossero presenze valdesi. Qui
l’Inquisizione ha lavorato a
fondo: processi, stragi, esecuzioni esemplari. Ci si aspetta, come minimo, che sia
un pastore protestante a raccontare queste vicende con
quella passione di chi si
identifica spiritualmente con
gli eretici. O almeno uno storico. E magari anche uno storico in gamba. Invece no,
questo giovanotto che mi
guida con accanto la sua stupenda bambina Clara Cecilia, è un teologo cattolico.
Ma non ha le sembianze di
un prete: «Sono un teologo
laico - mi spiega - ho studiato teologia a Friburgo, in
Svizzera, e a Salisburgo. Sono fortemente interessato alla teologia della liberazione
Il monumento alle vìttime dell’Inquisizione
Il movimento sorto in Francia si era diffuso in molte regioni dell'Europa
L'Austria «patria» valdese di cui resta testimonianza
PAOLO RICCA
1 valdesi hanno sempre avuto molte patrie. Oggi ne
hanno tre, diciamo così, ufficiali, quelle in cui vive e opera la chiesa valdese (Italia,
Uruguay, Argentina), mentre
consistenti presenze valdesi
si trovano in Francia, Germania e negli Stati Uniti, e una
vasta diaspora di persone e
famiglie valdesi isolate sono
dislocate in diversi altri paesi.
Nel Medioevo le «patrie» del
valdismo erano anche più
numerose. Il movimento infatti, nato francese, si insediò
ben presto in molte altre regioni europee, costituendo
già nel corso del XIII secolo
una vera e propria «internazionale» (come l’ha chiamata
felicemente Amedeo Molnàr),
che si estendeva dalla Calabria al mar Baltico, dal Sud
della Francia alla Polonia.
Tra le patrie medievali del
valdismo una in particolare
merita di essere segnalata per
l’importanza che ha avuto e
continua ad avere per la ricostruzione della vicenda valdese medievale: l’Austria e, in
particolare, la regione della
Stiria nella parte centro-occidentale del paese, che nel XIV
secolo fu teatro di una violenta repressione e conseguente
estinzione della fiorente comunità valdese che vi viveva.
Nell’incantevole cittadina di
Steyr, grazie all’interessamento appassionato di un
cattolico, Markus Himmelbauer, e di un evangelico, Albert Brandstàtter, si è svolto il
primo convegno sui valdesi
austriaci (e sulla Chiesa valdese di oggi) organizzato in
Austria. Ne riferiscono ampiamente su queste pagine
Klaus Langeneck e Giuseppe
Platone.
Nel quadro del convegno si
è svolta anche una visita alla
«Steyr evangelica», nel corso
della quale ci sono state presentate due belle testimonianze, una scolpita nella
pietra, l’altra resa con il bronzo. La prima si trova nel cimitero di Steyr, su una pietra
tombale del 1596 sulla quale
e raffigurata la fuga in Egitto
della famiglia di Gesù. In alto
si legge una scritta in latino
(Exulerat Christus, comités
nos exulis huius / Esse decet,
cuius nos quoque membra
sumus), che tradotta vuol dire «Cristo è stato esiliato: è
giusto che noi siamo compagni di viaggio di questo esule,
del quale siamo anche membra». È evidentemente la testimonianza di un protestante esiliato nel tempo della
Controriforma (implacabile
dappertutto), che identifica il
suo destino di profugo con
quello di Gesù esule in Egitto,
e allo stesso tempo afferma la
sua appartenenza a lui («sia
mo sue membra»), nel senso
di un’intima e duratura comunione verso la gloria attraverso la sofferenza, come dichiara l’apostolo Paolo: «Siamo coeredi di Cristo, se veramente soffriamo con lui, per
essere anche glorificati con
lui» (Romani 8, 17). Questa
bellissima testimonianza vale
per gli innumerevoli esuli per
motivi di fede che un tempo
percorsero in lungo e in largo
l’Europa (mentre molti cercarono in America la libertà che
l’Europa negava loro); per
questi profughi l’esilio, più
che come sventura, era vissuto come aspetto, doloroso ma
fecondo, della propria partecipazione al destino di Cristo,
quindi come un’esperienza
che ci mette in comunicazione e comunione con lui.
La seconda testimonianza
è un monumento molto suggestivo dell’artista Gerald
Brandstotter, totalmente finanziato da una coppia evangelica di Steyr, Hans e Irmgard Braunsberger, membri
della locale Chiesa luterana. È
stato inaugurato il 12 dicembre 1997 in occasione del
600° anniversario dell’annientamento della comunità
valdese, avvenuta nel 1397.
L’attività inquisitoriale a
Steyr e dintorni, iniziata nel
1397, era durata due anni,
agli ordini del famigerato frate celestino Pietro Zwicker, di
infausta memoria, la cui carriera di inquisitore «fu caratterizzata dall’infaticabile caccia ai valdesi» (A. Molnàr).
Mille valdesi furono inquisiti
uno ad uno. La grande maggioranza fu indotta ad abiurare, mentre un centinaio di
«ostinati» o «irrecuperabili»
furono condannati al rogo e
arsi vivi. Il monumento ricorda il loro martirio con drammatica efficacia: una sequenza impressionante di volti e
fiamme sale verso l’alto, ma è
come se il fuoco, dopo aver
consumato i corpi, non riuscisse a cancellare le facce.
Così il rogo diventa un pulpito; da quei volti che non sono
solo maschere di dolore giunge un muto, forte messaggio
nel quale si fondono l’orrore
per la violenza perpetrata e
subita, lo strazio indicibile di
un corpo trasformato in torcia, il coraggio e la fermezza
di una fede che, proprio con il
martirio, «vince il mondo» (I
Giovanni 5, 4). Accanto al rogo, una figura di donna con le
braccia alzate in un gesto implorante di deprecazione incarna un’esigenza e una volontà di tolleranza.
C’è davvero da essere grati
all’artista per questo monumento che, per quanto sappiamo, è finora unico nel suo
genere e merita sicuramente
di essere conosciuto e fatto
conoscere.
che ritengo un punto
cante di tutta la riflel¡¡
teologica contemporanea#
Markus Himmelbauer
l’amico evangelico (anch,
teologo) Albert Brandstii
Quai
di ii
ha organizzato un convelí
internazionale sul movim^
valdese nel Medioevo inAm
stria. Perché, chiedo, qu2|
suo interesse per i va J
«Studiando teologia e storia!
mi dice Himmelbauer-Ù
scoperto il movimento val4
se. Le liste degli inquisito!
specie nel XIV secolo, segna
lano spesso la presenza!
eretici e segnatamente di vai,
desi in molti luoghi in Austria
Ovviamente anche molta
donne vennero condannatei
di alcune abbiamo anche de
scrizioni dettagliate». Suivai
desi medioevali in Austria
non c’è più nulla da scoprili!
«Dopo le ricerche di storiti
del calibro di Peter Segli
Amedeo Molnàr, o KurtVict«
Selge o Alexander Patschoy.
skij, per fare solo alcuni nomi
- prosegue - credo che le foni
principali siano state analizzate. Rimane ancora molto da
fare itel ricostruire il mondi
nel quale i valdesi hanno vissuto, come erano recepiti,
sa ancora relativamente poco
sulla vita quotidiana e quid
ancora tanta documentazioie
da riportare in luce».
Diciamo dunque, riprendo,
che lei guarda ai valdesi soprattutto come un fatto storico, a una realtà che, vuoij
causa dell’Inquisizione
dell’adesione alla Riformami
XVI secolo è tramontata!
«Niente affatto - è la risposti
Non credo che il valdismo!
sia esaurito con l’adesione
la Riforma. Sono felice ci
quello spirito riviva in qu^
che modo nell’attuale Chii
valdese. È ovvio che fare ¡»l
ragoni tra secoli diversiiì
azzardato. Tuttavia il mioii
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tenesse oggi non è pius*
per i valdesi di ieri ma oralmente anche per quelli diof
gi. Tempo fra ho guidato«
gruppo di austriaci da Sé
sburgo a Roma per conosce»
la vostra realtà. Sono stata
anche a Torre Pellice e lacoS
che più mi ha impressionato è di vedere nel museo vai
dese una gigantografia della
“Bummerlhaus” di Steyr.-»Guardo questo teologo cattolico che ha scritto saggia
articoli sui valdesi medioeva;
li. Mi precisa che le regio®
superiori dell’Austria, co®
la Stiria, furono pressoché®
teramente conquistate dèi
Riforma di Lutero e poi
Controriforma fece pia®!
pulita. L’Austria senza qf
pogrom contro gli eretici*
contro gli ebrei oggi
diversa. Penso, ascoltando»
passione di Himmelbau®
(letteralmente: «costruttot
del cielo») per questo. ,
popolo annientato dalla vw
lenza dell’Inquisizione, c
un po’ di teologi cattolici
striaci di questa tempra»
drebbero esportati anenc
Italia. Dei valdesi,
protocolli processuali,
quisitore in Austria scrh» 1
«E gente che non mente, ^
non giura e non ingan^ ,
vivono del lavoro deli® mani. Tutti, donne e uorn '
piccoli e grandi, non j
di imparare e di insega ^
Dicono; se ogni giorno
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per continuare a vivere.
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notizie evangeliche
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16 OTTOBRE 1998
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? La sorella Lilia Malacrida sta per compiere 100 anni
Una fede che abbatte i monti
Quando è sorretta dallo Spirito del Signore, la vita semplice
di una credente può essere illuminante anche per gli altri
- storia,
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otropP";
re
^___GRAZIELLA LUPO_________
Alcune persone recentemente alle valli valdesi
hanno compiuto 100 anni, il
thè non è un merito ma un
dono del Signore. Questo fatto è più raro nelle città fra
gente che non ha avuto la fortuna di respirare la buona
aria (quella di una volta) delle
campagne e dei monti. Ancor
più raro se questa persona
che ha compiuto il secolo è
qualcuno che lascia una forte
traccia dietro di sé. La signora
Lilia Malacrida, mamma per i
figli, nonna per i molti nipotini e pronipotini, «zia Lilia»
per tutti i nipoti veri e acquisiti credo che a buon diritto la
si possa chiamare una persona speciale. La zia Lilia è
«speciale» per noi tutti, perché rappresenta un «faro»
sempre acceso, perché sostenuta da una fede incrollabile
che l’ha accompagnata per
tutta la vita quale umile e fedele serva del Signore.
Nata il 28 ottobre 1898 a
Buenos Aires dal dottor Stanislao Rocchi (medico ostetrico, là trasferitosi per lavoro, di provenienza cattolica)
e da Milca Prochet, di antica
famiglia valdese, ha dimostrato sin dall’infanzia una
spiccata tendenza musicale,
dando, quale enfant prodige,
vari applauditi concerti. Nel
1910 fa ritorno con la famiglia a Roma, dove prosegue
glistudi, e nel 1915 si trasferisce a Como con padre, maÉe e fratello. Il padre è stato
(-per vari anni membro della
' Tavola valdese, nonché co
«Zia» Lilia Malacrida
lonna della Chiesa valdese di
quella città.
A Como Lilia Rocchi incontra e sposa il giovane Ettore
Malacrida, uno dei primi
banchieri dell’allora fiorentissima Banca Amadeo di Como. Ha tre figli. Giuliana,
Giorgio, Telma. Per 40 anni è
organista della Chiesa valdese e sostenitrice, poi presidente, della Lega femminile
di beneficenza. Tutto qui.
Non premi Nobel, né medaglie né onorificenze (Dio non
ha bisogno di onorificenze
umane per riconoscere chi è
suo) ma la vita di una madre
di famiglia. Ma la luce che ha
emanato e che emana nessuno la può dimenticare, con il
meraviglioso e forte carattere, sempre allegro, sostenitore di tutti. L’interesse per le
cose dello Spirito è per lei
fondamentale. Una persona
che ha sempre praticato, ol
La Facoltà valdese di teologia e la rivista
«Protestantesirtio» indicono un convegno di studio
per i 50 anni del Consiglio ecumenico delle chiese
con la partecipazione del Segretario generale del
Consiglio, prof. dr. Konrad Raiser
Convegno per i 50 anni
del Consiglio ecumenico delle chiese
Venerdì 13 novembre 1998
Via Pietro Coesa 40 - ROMA
Programma
Ore 9-12,45
Ermanno Genre, decano della Facoltà valdese di teologia: Apertura del convegno. Konrad Raiser: Allargare il tavolo ecumenico.
Una riflessione alla vigilia deIJAssemblea di Harare. Dibattito
Tarek Mitri: Ecumenismo e multiculturalismo nel Mediterraneo.
Dibattito
Ore 15,30 -16,45
Sergio Rostagno, direttore di «Protestantesimo»: Reggere conflitti. Vittorio Sainati: Il cristianesimo verso il 2000. Problemi e
prospettive. Dibattito
Ore 17-19,30
Tavola rotonda su
Quale statuto della religione nella società?
Modera Paolo Ricca, docente di Storia del cristianesimo e di
Ecumenica alla Fvt (Roma)
con la partecipazione di;
Giovanni Filoramo, docente di Storia delle religioni (Torino)
Giuseppe Ruggieri, docente di Teologia fondamentale (Catania)
Maria Sbaffi Girardet, presidente della Cofnmissione ecumenica
delle Chiese valdesi e metodiste (Roma)
Debora Spini, docente di Filosofia, già presidente WSCF (Firenze)
Chiesa valdese di Piazza Cavour - ore 21
Coro: Florilegìum musicae
Direttore: Remo Guerrini
Programma
Adoramus te, Claudio Merulo (1533-1604) - a sei voci
Oeata es Virgo Maria, Giovanni Gabrielli (I557-1613) - a sei voci
le die tribulationis, Giuseppe Guami (ca. 1535-1611 ) - a cinque voci
àudi domine hymnum, Giovanni Gabrielli (1557-1613) - a sette voci
Cantate domino, Fleinrich Schütz (1585-1672)
Salmo 149,1-3 a quattro voci
Eleo midi, Domine, Heinrich Schütz (1585-1672) - a quattro voci
0 Domine Jesu Christe, Giovanni Gabrielli (1557-1613)
mottetto di Passione a otto voci
Hodié completi sunt, Giovanni Gabrielli (1557-1613)
Pentecoste, a doppio coro
^^jfrtnazioni e segreteria: via Pietro Cessa 42 - 00193 Roma; tei.
ub-321 9729; fax 06-320 1040; e-mail s.rostagno@agora.stm.it
®l«opoiitana: Linea A (fermata Lepanto);
''btobus: 492,913, 70, 280, 87
tre al culto domenicale (dove
non è mai mancata), anche il
suo, proprio, intimo culto
quotidiano, quello che Paolo
chiama «culto spirituale», e
che implica il dono completo
di se stessi al Signore, questa
è la zia Lilia.
Affetta poco a poco da quasi completa cecità, il suo carattere forte e coraggioso non
è mai cambiato. Le sue telefonate iniziano con un:
«Come va bambina? (per lei
tutti sono bambini), mi raccomando, bisogna farla andare, sempre, anche se è dura». Questo il tono delle sue
telefonate con tutti. Mai una
parola di autocommiserazione o di lamento, tranne la
scherzosa domanda: «non
hai mica per caso un paio di
occhi di ricambio?».
Ognuno di noi riceve ancora oggi forza dalle sue parole, da lei che non chiede
mai nulla per sé e si accontenta di tutto. Sul suo tavolo
ha segnati, giorno dopo giorno, i compleanni di tutti i
suoi amici, parenti, conoscenti, che sono infiniti e a
ognuno telefona gli auguri al
giorno designato. Questa è
soprattutto la realtà di quanto la fede possa fare in una
persona; questo è il dono
che Dio le ha dato, come zia
Lilia stessa usa ripetere. Anche noi abbiamo scritto sul
nostro cartellone: «28 ottobre, zia Lilia, 100 anni», e le
auguriamo di tutto cuore che
Dio le conservi questa fede
che abbatte i monti, e la benedica sino al termine del
suo lungo cammino.
Chiese
Napoli
Cura pastorale
un seminario
a Villa Betania
Nei giorni 27-28-29 e 31 ottobre si tiene a Napoli, presso
l’Ospedale evangelico «Villa
Betania» (Ponticelli) un seminario di «Clinical Pastoral
Education», articolato in diversi incontri per cura del
servizio di cappellania dell’
ospedale stesso. Il prof. Maurice Briggs, docente alla scuola di Clinical Pastoral Education dell’ospedale battista
Winston Salem del North Carolina, affronta il tema: «La
cura pastorale al paziente oncologico. Problematiche teologiche ed essenziali» il giorno 27, dalle 8,30 alle 12,30.
Il seminario prosegue nei
giorni successivi. Argomento
della seconda lezione del
prof. Briggs (28 ottobre, stesso orario) è: «Relazione d’aiuto in caso di morte precoce e
improvvisa», mentre la terza
giornata è dedicata al tema:
«La terapia intensiva: relazione d’aiuto a medici, infermieri, morenti e loro congiunti».
L’ultima giornata del seminario, il 31 ottobre, inizierà
invece con il culto di ringraziamento per il 30“ anniversario di vita dell’ospedale. II
culto presieduto dal cappellano, pastore Massimo Aprile, inizierà con una introduzione storica a cura del pastore Domenico Maselli,
mentre la predicazione sarà
tenuta dal pastore Giorgio
Bouchard. Intervengono il
presidente della Camera, Luciano Violante, e il sindaco di
Napoli, Antonio Bassolino.
L’Ospedale evangelico «Villa
Betania» costituisce un punto
di riferimento in una delle
zone più difficili dell’intera
area napoletana.
PAG. 9 RIFORMA
RONACH]
PRAROSTINO — La corale di Gap della Chiesa riformata di
Francia è stata nostra ospite nei giorni 26 e 27 settembre,
ricambiando la visita fatta in primavera dai nostri coralisti.
Due giornate per approfondire amicizie, conoscere ancora
di più la vita di una chiesa sorella e naturalmente cantare
con entusiasmo, imparando magari nuovi pezzi. Ringraziamo le due corali che hanno offerto una bella serata di canti
il sabato sera, e eseguito alcuni inni durante il culto.
• Il 1“ ottobre ci siamo congedati da Alberto Bertino; alla
famiglia esprimiamo affetto fraterno e solidarietà cristiana.
SAN SECONDO — Il 3 ottobre si sono svolti i funerali della sorella Ilmes Rostan ved. Griglio. Ai familiari rinnoviamo la
solidarietà cristiana della comunità tutta.
Il Villaggio della gioventù
di Santa Severa
vi invita a partecipare al
Campo formazione staff
Arrivi: per il pranzo del 6 novembre, ore 13
Partenze: dopo il pranzo dell’8 novembre
Prezzo: L. 80.000
Disponibilità, servizio, amicizia, responsabilità
lavoro, testimonianza, gioco, vacanza-studio:
un percorso di gruppo da poter costruire insieme.
Per le iscrizioni rivolgersi alia direzione, tei. 0766-570055;
fax 0766-571527; E-mail: villaggi@tin.it. Lungomare Pyrgi,
13 - 00050 - Santa Severa - Roma
TARIFFE ABBONAMENTI
ITALIA
ESTERO
-ordinario £ 105.000
■ ridotto £ 85.000
- sostenitore £ 200.000
- semestraie £ 55.000
- ordinario
- via aerea
- sostenitore
- semestraie
£ 160.000
£ 195.000
£ 250.000
£ 80.000
Agenda
16 ottobre
SONDRIO — Alle ore 17, presso il palazzo Malacrida di
Morbegno, il past. Giorgio Tourn parla sul tema: «18481998. Il cammino della libertà religiosa in Italia».
17 ottobre
BERGAMO — Alle 16, nella sala dell’Archivio di Stato (via
Tasso 84), si tiene la prolusione dell’anno sociale del Centro
culturale protestante. Thomas Soggin presenta il programma per il 1998-99; Emidio Campi parla sul tema: «L’Editto di
Nantes del 1598 e il suo significato per la storia europea».
MILANO — Alle ore 17, nella sala attigua alla libreria Claudiana (via Sforza 12/a), Susanna Peyronel parla sul tema:
«Figlie, mogli, madri: donne nella Riforma del Cinquecento
italiano», per conto del Centro culturale protestante.
SUSA —Alle ore 16, nell’Aula magna del liceo «N. Rosa»,
per l’organizzazione del Centro culturale «Piero Jahier» e
del Centro di ricerche di cultura alpina, don Ettore De Favero, direttore de «La Valsusa», il past. Luciano Deodato e
Gigi Richetto, professore di filosofia, presentano il libro di
Piera Egidi Bouchard «Incontri. Identità allo specchio tra
fede e ragione». Sarà presente l’autrice.
MILANO —Alle ore 9, presso la parrocchia Cristo Re (via
Galeno 32), si tiene un convegno dal titolo: «Quale politica
estera di pace?» promosso dalla Commissione dehoniana
Giustizia e pace. Intervengono fra gli altri Angelo Cavagna,
Antonio Papisca, Gianfranco Bottoni, Francesco Pasetto,
Flavio Lotti, Alberto L’Abate.
18 ottobre
MARCHERA — Alle 15, in via Canetti 25, il pastore Pasquale Castelluccio guida un laboratorio di omiletica organizzato dalla Federazione delle chiese evangeliche del Nord-Est.
19 ottobre
MANTOVA —Alle ore 20,45, presso la sala Isabella D’Este
(via Romano 13), il prof. Carlo Prandi parla sul tema: «Bibbia e sociologia» per il ciclo di incontri su Bibbia e scienze
moderne organizzato dal Sae.
TRIESTE — Alle ore 20,30, presso la basilica di San Silvestro, l’organista Ruggero Livieri tiene un concerto con musiche di Bruhns, Buxtehude, Walther, Bach.
20 ottobre
MILANO — Alle ore 18, nella sala della libreria Claudiana
(via Sforza 12/a), il past. Antonio Adamo tiene un incontro
sul tema: «I segni di una vita convertita a Dio», per cura del
Centro culturale protestante.
21 ottobre
■ cumulativO'Riforma + Confronti £ 145.000 (so\o Italia)
Per abbonarsi: versare l’importo sul ccp n. 14548101
intestato a Edizioni Protestanti s.r.l., via S. Pio V15 bis, 10125 Torino.
PALERMO — Alle ore 17,30, nel tempio di via Spezio, il past. Giorgio Bouchard e padre Salvatore Previtera parleranno sul tema: «Tra integralismi e laicismo: l’iniziativa etica
dei credenti». Fino a sabato 24 ottobre è aperta la mostra
«Il lungo cammino della libertà religiosa in Italia».
22 ottobre
GENOVA — Alle ore 17,30, nella sala della Società di letture
del palazzo Ducale, mons. Marino Poggi tiene il primo degli incontri organizzati dal Sae sul tema «Pace e guerra»,
con una relazione su: «La Bibbia e il cuore dell’uomo».
TORINO — Alle 15,30, a palazzo Lascaris, la prof. B. Peyrot
parla sul tema: «Identità e memorra delle donne valdesi».
MESTRE — Presso il liceo scientifico «G. Bruno» (via Baglioni 49) inizia il corso di aggiornamento per insegnanti
sul cristianesimo, l’Italia e l’Europa. Il prof. Grado G. Merlo
parla sul tema: «Le dimensioni europee della presenza valdese nel Medioevo». Per informazioni tei. 041/5341989.
FIRENZE — Alle ore 17, al Circolo culturale protestante «P.
M. Vermigli» (via Manzoni 21), l’etologo Irenàus Eibl-Eibesfeldt parla sul tema: «La trappola del pensiero a breve scadenza». La conferenza sarà tenuta in tedesco con traduzione simultanea e con un approccio più teologico, e sarà tenuta anche la stessa mattina, con taglio più scientifico, alle
ore 10,30, presso il Museo zoologico dell’Università (via Romana 17) in inlgese. Partecipa la dott. Dagmar Lorenz.
24 ottobre
GRAVINA — Alle ore 17,30, nella chiesa battista (via De Gasperi 20), la pastora Elizabeth Green parla sul tema: «Donne e violenza», a conclusione del «Decennio ecumenico
delle chiese in solidarietà con le donne».
TORINO — Alle ore 16, presso il Salone valdese di corso
Vittorio Emanuele II, 23, il teologo Fulvio Ferrario parla sul
tema: «Filippo Melantone, grande riformatore».
MILANO — Alle ore 17, nella sala attigua alla libreria Claudiana, Bruna Peyrot parla sul tema: «Prigioniere della torre:
donne ugonotte nella resistenza aU’assolutismo francese
del ’700», a cura del Centro culturale protetstante.
Radio e teleoisione
CÙLTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appunta
menti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il lunedì della
settimana seguente alle ore 9,15 circa. Domenica 18 ottobre andrà in onda: «Croce e martello: la contestazione nelle
chiese 30 anni dopo». Replica lunedì 26 ottobre.
AVVERTENZA: i programmi relativi a questa rubrica vanno
inoltrati 15 giorni prima del venerdì di uscita del settimanale.
14
PAG. 1 O
RIFORMA
Riforma
Vent’anni di papato
Fulvio Ferrarlo
11 ventennale del papato wojtyliano sembra essere, almeno nel nostro paese, una specie di prova miniaturizzata
della grande fiera del Duemila e le valutazioni del pontificato tendono in modo vistoso alla celebrazione agiografica. Come da copione. A dire il vero, anche la voce critica, e
secondo alcuni un poco petulante, dei protestanti italiani
fa parte del copione. Per una volta, dunque, rinunciamo a
comporre l’ennesima variazione sul tema «Wojtyla? No
grazie!», anche perché il no evangelico non riguarda la
persona ma il papato in quanto tale. Rinunciamo anche,
per incompetenza, a esprimerci sul significato storico e
politico di questo pontificato, e ci iimitiamo a proporre alcune considerazioni su due punti specifici, esaminando il
rapporto di Giovanni Paolo 11 con il cattolicesimo postconciliare e con la cultura occidentale moderna.
Giovanni Paolo II e il cattolicesimo post-conciliare.
Wojtyla e i suoi collaboratori hanno proposto o imposto
un’interpretazione, diciamo così, molto prudente del Vaticano II; possiamo anzi affermare che le potenzialità innovatrici del Concilio sono state largamente riassorbite, e
i documenti conciliari tendono a diventare pezze giustificative del progetto di restaurazione esplicitamente teorizzato dal principale collaboratore del papa, il cardinale
Ratzinger. Queila che alcuni, compreso Karl Barth, ritenevano una grande primavera è finita in un lungo inverno. L’opposizione dei teologi è stata ignorata o repressa:
queUa, ancor più significativa, di moite chiese locali è stata liquidata mediante nomine di vescovi di sicura obbedienza romana. La vicenda la dice lunga non solo su questo pontificato, ma anche e soprattutto sull’effettiva portata del Vaticano II.
Vent’anni di papa Wojtyla invitano a abbandonare una
lettura celebrativa del Concilio (sport abbastanza praticato anche in ambito evangelico) per procedere a una più
sobria valutazione storica e teologica. I sopravvissuti tra
gli oppositori cattolici di Wojtyla amano ripetere che egli
abusa dei suoi poteri: non è vero. Giovanni Paolo II è,
semplicemente, un papa che fa il papa, cioè il monarca
assoluto. E chi riteneva che la «collegialità», cioè il coinvolgimento dei vescovi nelle grandi decisioni, fosse l’inizio della via romana alla democrazia nella chiesa, ha dei
buoni motivi per ricredersi. Anche quella del Vaticano II,
come le altre «riforme» della chiesa guidate da Roma,
sembra risolversi in una contro-riforma.
Giovanni Paolo II e la cultura occidentale. L’attuale
pontefice è stato anticomunista ed è antiliberale: in tal
modo egli ripropone la classica opposizione cattolico romana alle g^randi forze politico-culturali prodotte dalla
modernità. E vero che, da un lato, Giovanni Paolo II vorrebbe appropriarsi di alcuni valori liberali, spacciandoli
per bandiere tradizionali del cattolicesimo: l’operazione a
volte sfiora il grottesco, come quando a Parigi egli avrebbe voluto «cresimare» anche la Rivoluzione ìfrancese, ma
ottiene sorprendenti consensi. Dall’altra parte, Wojtyla
rifiuta con veemenza lo sforzo operato dal protestantesimo e da molti settori del cattolicesimo di lasciarsi mettere
in questione dai valori dell’Illuminismo (laicità dello Stato, tolleranza, cultura critica). Egli vorrebbe integrarne
alcuni aspetti nella sintesi romana, non prima però di
averli debitamente addomesticati.
Il dialogo spregiudicato con la cultura odierna e l’accoglimento di istanze importanti nate fuori dal cristianesimo
e a volte contro di esso costituiscono per Giovanni Paolo II
una svendita dell’identità di fede. Per questo egli ama l’ortodossia orientale, che gli pare immutabile nei secoli. Sarebbe auspicabile, naturalmente, che l’ecumene cristiana
respingesse un simile atteggiamento. In esso, tuttavia, c’è
una particella di verità che andrebbe valorizzata: per porre
le chiese in condizioni di non fare danni, la modernità laica ha voluto mettere la museruola anche a Dio, confinandolo nello spazio del privato, oppure facendone un’entità
spersonaiizzata e astratta. Le chiese cristiane farebbero
bene a ricordare e a annunciare che il Dio di Gesù Cristo è
scandalo e stoltezza anche per la modernità che si crede
toilerante, pluralista, emancipata: grazie anche a Giovanni
Paoio II se, a modo suo, ce lo rammenta da vent’anni.
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Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrarlo, Giuseppe Ficara, Giorgio GardioI, Maurizio
Girolami, Pasquale lacobino, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca Negro,
Luisa Nitti, Nicola Pantaleo, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE: Piera Egidi
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176 del 1' gennaio 1951. Le modifiche
sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 39 del 9 ottobre 1998 è stato spedito dall'Ufficio CMP
Nord di Torino mercoledì 7 ottobre 1998.
venerdì 16 OTTOBRf
■■■■
L'esperienza delle chiese valdesi e metodiste
Il modello di una chiesa aperta
L'unità delle diversità arricchisce la nostra identità di fede
purché non si lasci la teologia della Riforma per il Pietismo
SERGIO ROSTAGNO
Il momento più bello del
culto inaugurale del Sinodo 1998 è stato per me la lettura della Bibbia nelle varie
lingue. Questa è la chiesa. La
chiesa non solo celebra la cena del Signore, ma parla anche diverse lingue e una cosa
non sarebbe vera senza l’altra. Leggere in proposito
qualche capitolo degli Atti
degli Apostoli. L’unità e la diversità, entrambe "vissute e riconosciute. La chiesa è avvenimento più che istituzione.
In un culto nella chiesa valdese di piazza Cavour a Roma una persona fa ad alta voce una preghiera nella sua
lingua di origine (una lingua
africana) e tutti partecipiamo
commossi pur non conoscendo quella lingua. Sarà
questo il dono delle lingue?
Noi riformati riteniamo questo bello e riteniamo nello
stesso tempo che non sia da
istituzionalizzare. La chiesa
aperta è evento dello Spirito
Santo. Alleluia. Ma non c’è bisogno che io rubi spazio a
Riforma per dire quello che
tutti sanno meglio di me. Scrivo, invece, per esprimere una
riflessione su queste diversità
integrate che noi siamo' e di
cui al Sinodo abbiamo avuto
vari esempi. È bello pensare
che si viene da noi a trovare la
libertà. Ma perché ce l’abbiamo? Qual è il segreto?
Valdesi e metodisti hanno
preparato il campo con la loro «integrazione» (1975) dove
si era, e si è, tutti insieme pur
conservando ciascuno in parte la propria identità. Una cosa originale anche se un po’
paradossale. Chi ha creato
quel modello sapeva bene
quel che faceva. E noi che
l’abbiamo approvato in buona fede, ne siamo ancora contenti e riconoscenti. È, a pensarci bene, il modello di una
chiesa aperta. Varie chiese,
varie lingue, varie persone.
Entrare nella Chiesa valdese
(Unione delle chiese valdesi e
metodiste) vuol dire portare
tutta la ricchezza della propria identità. Questa è la strada giusta. Da riformato, non
posso che esserne convinto
(lo scrissi al tempo dell’integrazione e ne ho ora conferma). Allora che cosa non va?
Mi fa piacere che da noi si
trovino bene il cattolico, il
riformato, il pentecostale, che
non vuole stare più nella sua
chiesa di origine per ragioni
che non mi riguardano. Sul
piano delle persone mi sembra tutto giusto. Meno invece
sul piano delle idee. E mi
spiego. Sul piano delle idee
non è tutto così pacifico come sul piano della diversità
delle lingue. Può essere molto
più agevole fare il cattolico
fuori della Chiesa cattolica o
UN giorno abbiamo raccontato la storia di una
madre che, avendo perso dopo il marito anche il figlio, ci
diceva della sua disperazione. Molti ci hanno scritto, o
telefonato; alcuni chiedevano
l’indirizzo (ma noi non diamo mai l’indirizzo delle persone che ci scrivono, a meno
che lo autorizzi la persona
che si è messa in contatto
con noi); altri ci hanno mandato delle lettere da farle pervenire; altri ci hanno telefonato. Qualcuno, invece, ha
pensato di dare consigli, consigli a noi prima di tutto, consigli alla madre che ci ha
scritto in un secondo tempo.
Questa reazione così forte,
da parte di molti, ci fa riflettere pensando a due cose
'Ssì
Il culto inaugurale del Sinodo 1998
il pentecostale fuori della
Chiesa pentecostale, il Fratello fuori della Chiesa dei Fratelli e così via. Tutto questo,
tuttavia, mi diventa sospetto,
se viene usato per confermare il dogma: «L’unità dei protestanti italiani si fa uscendo
dalla Riforma ed entrando nel
Pietismo». Perciò è bene rallegrarsi per le diversità, a patto che non servano confermare questo dogma.
Il dogma che ho ricordato
ha una storia perché sembrava costruire una strategia di
unità e di movimento. Questa strategia ha portato soltanto difficoltà ed è da abbandonare. Un pugno di banali esempi che appartengono a un’atmosfera. Noi siamo
una chiesa riformata con un
laicato cosciente e un ministero preparato e riconosciuto. Se le due cose si mescolano, i laici ricevono soltanto
il «messaggio» che puoi fare
il cristiano solo sotto le spoglie dell’ecclesiastico, che le
«opere» sono beni ecclesiastici e via di questo passo. Alcune persone (talvolta di indiscutibile preparazione teologica; non di questo si tratta), invece di fare i laici con
convinzione davanti a tutti,
sembra quasi che amino nascondersi sotto una veste ecclesiastica. E si capisce che se
nella chiesa noi rice'viamo solo questo tipo di esempi, pochi sono incoraggiati a fare
altro. Perciò preferisco considerare quelle persone nella
loro veste professionale. Rappresentano una sfida molto
più interessante per tutti.
La fede di cui parla l’Innario cristiano è spesso misera
e insicura: quante volte all’incerta coscienza? (32) nel mio
deboi cuore (36) ravviva per
tua grazia la nostra fede tiepida (38) in questo mondo vano
e ingannator (99) la sera
quando tutto tace, talora quel
silenzio è ingannator? sempre
e ovunque puoi cader quaggiù (102) e il dubbio notte e dì
in me penetra così (103) Allor
che la tempesta più ci minaccia orrenda (104) ognora rifugio trova l’alma e il cuore
gioisce in dolce calma (105).
Se ricevono solo questo tipo
di impulso, i fedeli diverranno insicuri e questo spiega
perché parlino poco. Le tesi
pietiste mettono in fuga le tesi riformate. Ho scelto male?
Anche quando si esprime
speranza, passa il messaggio
opposto. Chi si confida nel
Signore non potrà mai confuso andar: vedrà dell’ansia e
del timore l’ombre avvilenti
dileguar (100). Passa il messaggio dell’ansia e del timore.
Occorre dunque che si abbia una strategia diversa.
L’identità, arricchita dalla diversità è per tutti noi un «percorso», come giustamente ci
è stato osservato. Però, dove'
va questo percorso? L’idea
che l’unità si possa fare solo
col «dopo la Riforma» sembra
del tutto inadeguata a quanto
sta avvenendo in questo paese. Si tratta proprio di ricuperare i transfughi del pietismo
e farli rientrare nell’ovile della Riforma e poi uscire di
nuovo tutti insieme, se mi si
permette questa impertinenza. È la Riforma, oggi, che
può offrire un’identità, o
contribuire a rinnovarla. So
bene che nessuno di noi è un
riformato del Cinquecento.
Ma questo non significa che
non sia riformato.
L’itinerario da offrire sarà
quello che ricupera gli stimoli più importanti degli ultimi
secoli, a condizione però che
si mantenga sul percorso della teologia di Giuseppe Gangale, Giovanni Miegge, Bruno
Revel e pochi altri. E se si
vuole dare spazio a varie tendenze, che queste non ci neghino la nostra identità.
EUGENIO RIVOIR
molto diverse una dall’altra.
La prima riflessione è molto
positiva: rincontro con qualcuno, che forse non conosciamo neppure, ci provoca,
ci fa muovere, ci costringe a
uscire da noi stessi e ci aiuta
a costruire un legame con
l’altro. Se veramente incontriamo qualcuno non pensiamo soltanto a noi stessi ma
siamo interessati all’altro (e
scopriamo la nostra vera situazione; viviamo in un contesto comunitario).
La seconda riflessione tuttavia è meno positiva; molti
pensano, quando incontrano
il dolore o la sofferenza altrui, di sapere che cosa fare,
che cosa dire, hanno soluzioni pronte per gli altri; pensa
attwxK «•-,
t8jeiW,a
¡I
CORRIERE DELLA SBU^
L'etica non basta
Nell’anno del cinquantem,
rio della morte di Geotto
Bernanos, il quotidiano b
condotto un dibattito sull!
cultura letteraria cattolica i»
Italia. Luca Doninelli, scritto,
re, interviene (19 settembre)
sostenendo che non si debbj
di-videre la cultura in cattobij
e laica. Poiché alcuni intet
venti precedenti hanno posto
in rilievo l’elemento etico
scrive: «I cattolici si sono de-'
finiti, culturalmente, coite
un’entità etica. Il padre catto
fico è colui che educa il figUj
ai valori cattolici. Il poli%
cattolico non ruba, Il marito
cattolico non tradisce la moglie. L’insegnante cattolicol
obbiettivo, non fazioso, ecc,
Se questo è il cattolicesimo,
quali romanzi possono nascere? Quali film? Un cristianesimo fatto di brave persone, ossia ridotto a etica è, al
di là di ogni altra considerazione, una noia mortale»,
più avanti: «Il cristianesimo i
un fattore della realtà che
rende interessante la realtà. È
un’esperienza, un fatto ontologico, non etico. O permette
di dire cose interessanti ^ei
tutti) sulla giustizia, sul lavoro, sul bello, insomma sulla
vita, o è inutile. (...) La cultira
cattolica italiana, viceversa
sembra solo una versione mii
nore di quella non cattolici
fa il rock, ma a volume pi
basso; fa il cinema, ma coi
più garbo; dice quello che
cono tutti, ma un po’ dopi
con qualche anno di ritardo
«TORRE!
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conia, pa:
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opera il C®
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Protestanti e ortodossi
L’unità fra le chieseeil
ruolo del papato sono al centro di un’intervista che Francesco Antonioli rivolge (311.
settembre) al teologo ortodosso (già collaboratore dello stesso giornale) Oliviei
Clément. Quest'ultimo struttura la sua visione della chiesa in «vigorose comunità eucaristiche, ciascuna attorno
al suo vescovo, aggregate secondo un vasto complesso oi
centri di concordia (-) metropolie, patriarcati - in molti luoghi raccolti per unita
nazionali, ma sempre piùp®
comunanza di cultura e tu
destino - e infine il primaM
universale, tornato al vescovo di Roma, come presenza
“vicariale” di Pietro, ma
che ispirazione carismatic
di Paolo». Clément rispono®
poi positivamente °
manda se un’«evoluzion
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chiese evangelicheandam
da domenica 11 ottoor )■
15
¡ 16 OTTOBRE 1998
Commenti
PAG. 1 1 RIFORMA
Continua la nostra riflessione su predicazione e diaconia della chiesa
Elogio della diaconia «leggera»
Come quelle di grandi dimensioni, anche le piccole opere diaconali esprimono
[motivazioni evangeliche molto valide ed efficaci e sono più facili da «convertire»
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ricadU’
gelici»
VORREI continuare a riflettere sul tema chiesa e diafonia, partendo dalla mia
Moerienza a Palermo, dove
„La U Centro migranti (CeT una volta Centro emigrale siciliana in Europa (CeIl Cerni rappresenta l’opera che vive dentro la chiesa,
nel culto domenicale, in stretto rapporto con la comunità.
Proprio per le sue dimensioni
contenute e per essere espressione forte della componente
metodista (diversi membri di
chiesa vi lavorano come volontari), non ha mai fatto segnalare disagi nel rapporto
conia chiesa locale. Ma quello che è più importante è che
il Cerni ha colto i cambiamenti della società e ha saputo dare le risposte ai suoi nuovi
problemi senza smarrirsi. È
passato dall’assistenza agli
emigrati italiani a fronteggiare! flussi dall’Africa (mettendo su un Centro di accoglienza) e nel fare ciò ha coinvolto
la comunità, che si è dovuta
misurare nel culto domenicale con la cultura africana.
Diaconia flessibile
Il Cerni è un esempio significativo di diaconia flessibile
(o«leggera»), per la quale
confesso di provare molta
simpatia, perché agile e dai
costi molto contenuti. Una
diaconia non «legata a strutture istituzionali spesso molto
pesanti per entità e per impegno amministrativo gestionáis alla portata di tutti e che si
“lanifesta in atti personali ed
ccasionali ricchi di autentiità e di amore, che solo il Signore conosce»'. Un tipo di
diaconia che, intervenendo su
uno dei tanti processi di e
marginazione della società
moderna, esprime un tipo di
assistenza caritativa a forte
carattere pubblico e laico che,
al tempo stesso, lascia ampio
spazio alle motivazioni evangeliche dato che essa mantiene, grazie al solido ancoraggio
alla comunità locale, il rapporto tra prassi e annuncio su
un piano poco frizionale.
Le difficoltà delle
opere «pesanti»
Le opere diaconali di grandi dimensioni, definite «pesanti», sono anche esse capaci di esprimere le loro motivazioni evangeliche, ma certamente vivono maggiori difficoltà, perché hanno un rapporto precario con la comunità e corrono più rischi di
diventare "istituzioni” con
bassa capacità a riconvertirsi.
Lungi da me l’idea di ridimensionare la nostra diaconia «pesante». Essa «ha incarnato la nostra presenza nel
sociale, ha rappresentato un
felice inserimento nella società italiana nel momento
della sua peggiore crisi proprio perché non è stato programmato a tavolino, ma è
nato da un incrocio di vocazioni dietro le quali è non lecito ma doveroso riconoscere
il soffio dello Spirito»L
Vedo, però, alcuni problemi. Per esempio nei nostri
ospedali c’è sicuramente rispetto dei malati, partecipazione al dolore, umanità ma
l’ospedale è principalmente
assistenza medica di alta
qualità il che significa, nella
maggior parte dei casi, utilizzare tecnologia. Tutto ciò
non comporta un aggiornamento continuo delle metodiche di indagine con costi
altissimi? Certo la solidarietà
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Chiesa evangelica valdese
(Unione delle chiese valdesi e metodiste)
Commissione di studio
per la diaconia
CORSO PER OPERATORI NEI SERVIZI E NELLA DIACONIA
Casa Cares, dal 6 all'11 novembre 1998
Con un solo tema in programma il corso si propone quest'anno
di sensibilizzare i partecipanti sull'importanza della formazione,
riflettere sui suoi contenuti, teologici e professionali. Partendo
da un quadro aggiornato dell'opera diaconale in Italia e da un
confronto con altre esperienze europee, il corso intende offrire
alcuni strumenti idonei a valutare le proprie capacità ed i propri
bisogni e dare indicazioni utili per lo sviluppo delle proprie poffinzialità. Come sempre il corso si rivolge, in modo particolare, ai
diaconi ed alle diacene in ruolo, ai membri dei Comitati ed al
personale delle opere diaconali ma è anche APERTO A TUTTI coloro che hanno interesse ad approfondire le tematiche proposte.
Formazione, formazione:
tutti ne partano, tutti ia fanno, ma a che serve?
ven. 6
sab. 7
dom. 8
Ion. 10
lun, 9
ng
me
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I.
Programma
Sera: arrivo dei partecipanti, cena e sistemazione.
Prof. Ermanno Gente «La formazione teologica di
un/a diacono/a»: A- chi è oggi un/a diacorio/a? Alla
ricerca di un profilo B- diaconi/e e diaconia: alla ricerca di una comunità diaconale C- Diaconia e pcrlitica: competenza sulla realtà D- Diacortia e liturgia,
ricostruire un nesso spezzato E- Esercizio pratico. «Il
mandato diaconale: "date loro voi da mangiare »
(Matteo 14,13-21), ovvero dalla mancanza all abbondanza». ,■ I A
A Firenze: apertura dell'anno di studio al Centre) di
formazione diaconale «Giuseppe Comandi»; culto,
agape e tavola rotonda.
Past. Paolo Ribet «La diaconia ha bisogno di formarsi?».
® A- L'esperienza delle opere diaconali in Italia: la gestione «famigliare» di un tempo; la gestione «professionale» di oggi; la ricerca del «giusto» equilibrio. Bil confronto con l'Europa: la Francia; la Germania; la
Repubblica ceca. ,, , , .
ore 17 Assemblea dei/lle diaconi/e iscritti/e nel ruolo della
Tavola valdese. , x
Prof. Nedo Baracani e Gianluca Barbanotti: «La formazione in un mondo che cambia». A. Cosa si intende oggi per -formazione: necessità; esigenze; perche
è importante formarsi (per i/le direttori/e, i Comitati,
gli/le operatori/rici, ecc). B. Esercitazione pratica: rilevazione delle cose che si sanno (competenze), rilevazione delle cose che non si sanno (bisogni); 1 autotor
mazione. „ ,, ...
Proseguimento del programma di martedì. Alle ore
12,30: pranzo e partenze nel pomeriggio.
iscrizioni rivolgersi a Casa Cares: tei. e fax: 055-8652001
War. 10
della comunità ecclesiale e
T8 per mille possono dare un
grande aiuto, ma fino a
quando? Inoltre non c’è il rischio che queste «fonti» vengano alla fine dirottate verso
obiettivi diversi dall’azione
sociale propria della chiesa?
Mi spiego. Se viene acquistata, con le suddette fonti, un
attrezzatura costosa (risonanza magnetica o altro),
non solo si impiegano risorse, ma si ha anche un incremento dei costi di manutenzione. Siamo sicuri che questo è ciò che noi vogliamo e
identifichiamo con l’azione
sociale?
Domande analoghe mi
pongo per quanto riguarda la
scuola. Le nostre scuole, che
sono state un meraviglioso
intervento nel sociale negli
anni passati, sono oggi capaci di fornire un prodotto culturalmente adeguato alle
nuove sfide del nostro tempo? Sono capaci di impartire
una didattica che aiuti i giovani a risolvere i problemi
della vita quotidiana, senza
riempirli di «pillole» di nozioni? Sono in grado di intervenire sui fenomeni di marginalità che sempre più si manifestano nella nostra società
(bambini disabili, abbandono scolastico, devianza minorile) e per i quali lo stato
mostra poca sensibilità? Alcune scuole, il Centro diaconale di Palermo, già agli inizi
degli Anni 80 hanno cercato
di affrontare queste nuove
marginalità e ciò ha imposto
loro cambiamenti rilevanti e
nuovi investimenti. Siamo
culturalmente attrezzati per
questo nuovo cammino? Abbiamo le risorse? Nella riconversione quante perdite economiche registreremo?
Riconversione
A proposito di riconversione. Essa si sta realizzando in
alcune grandi opere trasformandole in parte in foresterie. Siamo d’accordo che
queste possono essere buoni
investimenti, ma sono tutt’
altro che diaconia. Non dobbiamo sottovalutare il fatto
che per creare foresterie dobbiamo impiegare uomini, che
devono essere tolti da altri
fronti, e sviluppare professionalità in tal senso.
Queste note spero possano
offrire un contributo al dibattito sul futuro della diaconia.
Abbiamo la necessità di misurarci con le grandi tematiche
di marginalità del 2000 (usura, prostituzione, fame, disoccupazione, tossicodipendenza, emigrazione, ecc.) delineando un progetto culturale
e teologico complessivo. Va
fatta un’analisi delle realtà sociali sulle quali si vuole inter
venire e, quindi, una valutazione delle risorse e delle forze in campo, determinando
programmi e strutture più
idonei a rendere il nostro intervento efficace. «La diaconia non può essere il risultato
di una decisione che la chiesa
assume sic et simpliciter, in
un dato momento e in una
data situazione, unicamente
sulla base del “mandato a servire”. La diaconia, certamente
nel quadro di una vocazione,
nasce e cresce in stretta connessione con il vissuto concreto della gente e le sue esigenze. Di questo essa deve tenere conto sia nella elaborazione delle risposte da dare,
sia nella costruzione delle
strutture che queste risposte
devono poi supportare»’.
Diaconia e cultura
Giorgio Bouchard ci ha ricordato’ che, negli anni passati, la supposta sproporzione dell’impegno diaconale
non è andato a scapito di un
serio impegno culturale della
chiesa; oggi però credo sia
venuto il momento di riflettere seriamente sul nostro impegno culturale. A questo
proposito, un intellettuale
non appartenente alla nostra
chiesa ma vicino al nostro
mondo ultimamente ha scritto di avere «avvertito come
una caduta di tensione su temi di impegno generale, un
minore interesse per l’organizzazione della cultura e per
le sue ricadute; si avvertono
più silenzi, c’è anche una
specificità che permette una
identificazione generale, che
permette di dire: eccoli, sono
loro, con la loro presenza inconfondibile, con il timbro di
cose che non tutti possono
dire con la stessa autorità.
Ma lascio il discorso a metà:
potrebbe darsi che mi sbaglio, e certamente nel frastuono del mondo d’oggi è
assai difficile per una minoranza farsi sentire»».
Io credo che nella nostra
chiesa si debba aprire un
grande dibattito che sia capace di ripensare il presente e
delineare nuovi percorsi.
Dobbiamo andare avanti con
fiducia, non siamo soli oggi,
come non siamo stati soli nel
passato, ma dobbiamo combattere il buon combattimento della fede (I Tim. 6,12).
1) A. Taccia: La «diaconia
leggera» nella società che
cambia. Riforma 24-1-1997.
2) G. Bouchard: Chiese e stato nell’Italia che cambia. Il
ruolo del protestantesimo, pp
143-176, Claudiana, 1998.
3) S. Aquilante: Quaderni di
Diakonia, voi. 4, pp. 5-41,
Claudiana.
4) B. De Giovanni: Protestantesimo, n. 2-1998, pp 179-182.
IL CENTRO DIACONALE «LA NOCE»
ricerca un/a tecnico
in grado di assumere ia gestione dei settore amministrativo
Si richiede: diploma di ragioneria o laurea in economia;
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Evangelista Di Siasi, 12 - 90135 Palermo. Tel. 091-6817941 (orario: 8-18 dal lunedì al venerdì, sabato 8-12); fax 091-6820118; email: c.d.lanoce@mclink.it
Posta
I delegati
all'Assemblea
battista
La relazione che i nostri
delegati all’Assemblea dell’
Ucebi hanno fatto al loro ritorno ha acuito i timori circa
il futuro delle chiese battiste.
Potrà essere un futuro serio,
di servizio, scevro dai giochetti di potere e dai protagonismi che sembrano caratterizzare sempre di più l’Unione battista?
Questi timori sono confermati dal risultato deludente
di quattro giorni di assemblea, costati una somma non
indifferente alle nostre chiese. Non si è presa nessuna
delle decisioni importanti
previste: non sulT8 per mille
(si farà un altro convegno?),
né sulla riorganizzazione dei
dipartimenti, rimandata a
prossima occasione, e neppure sulla questione del segretario, che da sei anni ci
-viene presentata come prioritaria per la vita dell’Ucebi.
Dietro a queste non decisioni si è percepita la pressione di coloro che gestiscono o
aspirano a gestire l’Unione.
Siccome come italiani siamo
cresciuti alla buona scuola
dei nostri politici, abbiamo la
netta sensazione che i nostri
«capi» li vogliano imitare
nell’arte della manovra e del
rinvio.
Il fatto, di per sé positivo,
dell’accoglimento di nuove
chiese non basta a cancellare
queste ombre. Anzi, anche in
questo accoglimento, almeno
per il caso della chiesa del
Naztireno di Sarzana, di limpidezza ce n’è stata ben poca. In questa -vicenda la chiesa limitrofa di La Spezia ha
visto con stupore il suo ex
presidente del Consiglio di
chiesa prima diventare nazareno, come nazareno rimanere a rappresentare i battisti
nella Federazione e, dopo
pochi mesi, pilotata la chiesa
di Sarzana nell’Ucebi, ritornare battista candidandosi
contemporaneamente al Comitato esecutivo. Chi ha
sponsorizzato quest’operazione che ha tanto l’aspetto
di una manovra che doveva
giovare a qualcuno per accrescerne il prestigio?
Rossella Saccomani
La Spezia
Il pastore
Pierluigi Jalla
Dopo la scomparsa di mio
fratello, pastore Pierluigi Jalla, avendo attentamente
ascoltato quello che si è detto
e scritto su di lui, sono stata
spinta a pormi tre domande:
1) Perché, in una comunità
che trae giustamente fierezza
dalle proprie origini, nessuno
ha pensato, in tre parole, di
ricordare gli antecedenti del
pastore Pierluigi Jalla? Penso,
fra gli altri (e perché a me più
prossimi) quello del nonno,
pastore Eduardo Jalla, che mi
è sempre stato citato come
esempio della bontà pastorale, o quello degli zii Attilio e
Aimée, quest’ultima battutasi
per tutta la -vita per una causa
che, a suo tempo, non era ancora alla moda, la protezione
della donna. Già dimenticati?
2) Nell’articolo su Riforma
del 28 agosto «La vocazione
cristiana» si insiste sui vari rifiuti da parte della Chiesa
valdese alla domanda di pastorato del pastore Jalla. È
una domanda che mi sono
spesso posta: perché la chiesa evangelica era cosi diffidente? A causa della grande
conoscenza che il pastore falla aveva dei suoi simili, imparata a duro prezzo durante il
suo passaggio nell’esercito e
in tempo di guerra? 0 a causa
della chiarezza e logica dei
suoi atti, affinata dalle sue
lauree, dell’Accademia mili
tare e in Ingegneria, o per a
sua grande conoscenza teologica, sottolineata da due tesi (per la seconda delle quali
mi ricordo che fu necessario
creare una giuria speciale)?
Mio fratello poteva permettersi di collezionare i rifiuti,
l’ordine di diventare pastore
veniva da più in alto.
3) In nessuno dei discorsi o
degli articoli ho trovato la sola parola capace di spiegare il
suo operato, parola che pure,
non dispiaccia a qualche oratore, si trova a più riprese nel
cimitero di Torre Pellice:
l’amore di Cristo. Eppure è
questo amore di Cristo e, per
tramite suo, dell’umanità,
che ci è stato insegnato, come primo dovere, dai nostri
genitori; è questo amore
dell’umanità che ha attirato a
mio fratello l’affetto degli
amici e quello dei suoi soldati, come in seguito quello degli abitanti di San Germano,
di Forano o di Montana. È
questo amore che lo ha spinto a logorare la sua salute
nella difesa degli «altri»: i giovani, gli emigrati, malgrado
ravviso di un primo infarto. È
questo amore, infine, che,
una volta che il suo povero
corpo logorato non era più
un ostacolo, o un esempio
ingombrante, gli ha permesso di perdonare a quelli che,
con qualche eccezione ancora più degna di nota, hanno
prontamente dimenticato il
cammino della sua casa e
quello delTospedede.
Clotilde Jalla Loschetta
Livange (Lussemburgo)
«Heureux ceux qui sont
intègres dans leur voie,
qui marcherit selon
la loi de l’Éternel»
Psaume 119,1
È mancata all’affetto dei suoi
cari
Clémence Albarin
ved. Rostan
Ne danno l’annuncio i figli Wanda con Ernesto, Giorgio, Franco
con Jean-Daniel, Guido e Gabry,
la sorella Yvonne e parenti tutti.
Eventuali offerte all’Ospedale
evangelico valdese di Torino.
Torre Pellice, 5 ottobre 1998
RINGRAZIAMENTO
«Il Signore è la mia luce
e la mia salvezza»
Salmo 27,1
Il 6 ottobre ha terminato la sua
esistenza terrena
Gina Colonna Romano
nata Motta
Lo annunciano la figlia Roberta, la sorella, la cognata, le nipoti
e i nipoti. La famiglia ringrazia la
pastora, Ada, e gli altri amici che
le sono stati vicino nel periodo
della malattia.
Venezia-Mestre, 6 ottobre 1998
RINGRAZIAMENTO
«Dio asciugherà ogni lacrima
dai loro occhi e non ci sarà più
la morte, né cordoglio, né grido
né dolore perché le cose
di prima sono passate»
Apocalisse 21,4
La moglie del caro
Ermanno Pastre
nell’impossibilità di farlo singolarmente, ringrazia tutti coloro che
hanno partecipato ai suo dolore.
Un ringraziamento particolare
al pastore Cabrerà, al medico curante dottor Riccardo Rol, ai medici e a tutto ii personale dell'Ospedale valdese di Pomaretto e
del reparto Urologia dell’ospedale
civile Edoardo Agnelli di Pinerolo.
Pomaretto, 5 ottobre 1998
Hai fatto
l'abbonameni
16
PAG. 12 RIFORMA
Villaggio Globale
VENERDÌ 16 OTTQBRF
Riflettendo sulla situazione palestinese, di ritorno da un campo di lavoro
Salaam e Shalom, il saluto della pace in una terra senza pace
ROBERTO FOCO
SALAAM e Shalom significano «pace», in palestinese e in israeliano. Quando
due persone, di qualsiasi ceto sociale e in qualsiasi situazione, si salutano si scambiano una vigorosa stretta di
mano augurandosi pace: Salaam e Shalom. Ma questa
splendida abitudine di augurarsi pace rimane solo nella
stretta di mano: in Palestina
e in Israele di pace c’è ne ben
poca. Disagio e persecuzione
si ripercuotono tutti i giorni,
per tutto l’anno, a volte per
un’intera esistenza. Tutto ciò
che entra e esce, persone e
merci, nei territori palestinesi, viene controllato dai militari israeliani che decidono
sul flusso in entrata e in uscita, allora può capitare che
per «motivi di sicurezza»
vengano chiusi i territori: a
questo punto nulla può entrare né tanto meno uscire,
rifornimenti alimentari, materie prime e persone, tutto è
bloccato dagli israeliani, a
partire dall’acqua.
In alcuni campi profughi
palestinesi l’acqua viene fornita solo ogni quindici giorni,
ogni casa è fornita di una piccola cisterna che viene riempita e deve bastare per i successivi quindici giorni, l’uso
della parsimonia e della ponderazione per l’utilizzo non è
un vezzo ecologico di pochi
ma una pura necessità, un
dovere, una costrizione. Non
solo, ma quest’acqua ha un
prezzo, israeliano, piuttosto
alto. Si calcola che costi quasi
Bambini palestinesi al confine della striscia di Gaza
quanto la paghiamo noi italiani: il problema è che lo stipendio medio di un operaio,
quando c’è, è un quinto di un
nostro stipendio. L’acqua è
solo un esempio della difficoltà quotidiana che ogni palestinese deve affrontare.
In Medio Oriente, già così
politicamente instabile, la
questione palestinese rimane
un punto cruciale per decidere sull’intera stabilità di questa fetta di mondo. È un conflitto che affonda le proprie
radici nella storia secolare di
questa terra e troppo presto ci
siamo dimenticati cosa sta
succedendo nei territori occu
pati e in Palestina. Sappiamo
solo di bombe e di stragi che
sembrano venire dal nulla,
che si esauriscono in poche
ore, con la conta delle vittime
e sulle quali vengono messe
facili etichette come quella di
«integralismo islamico». Si
legge di una guerra religiosa,
integralismi e ortodossie; ma
la guerra che si sta consumando in Palestina è una
guerra di territorio, accresciuta dal fanatismo religioso.
Gli accordi di pace firmati
in mondovisione da Arafat e
Rabin, i cosiddetti accordi di
Oslo del settembre 1993, sono ormai un lontano ricordo;
Impressioni contrastanti di un viaggio in Medio Oriente -1
Diaframmi occupati
ADRIANO BOANO
Lucenti capelli corvini si stagliano sulla
schiena della giovane araba in cammino
verso il suq di Gerusalemme. La loro fulgida
bellezza spiega in parte il velo cbe protegge
da sguardi indiscreti le chiome dell’altra
donna, di cui incrociano la via verso la Porta
di Damasco: poco più avanti un’altra giovane a una bancarella non indossa il velo. Volitive e sicure, le figure muliebri che hanno la
forza di emanciparsi in questa terra dimostrano anche nell’incedere una determinazione in evidente contrasto con la condiscendenza delle loro simili, imbarazzate dai
lunghi vestiti, le quali si calano nei ruoli, non
meno importanti, assegnati loro dal rassicurante abbraccio della famiglia (significativa a
questo proposito la prosa della libanese Manan al-Scheikh, in italiano presso Jouvence).
I lunghi capelli di questa ragazza sfidano la
tradizione e si lasciano ammirare nella loro
serica vitalità: le servono per ritagliarsi uno
spazio di libertà, restituendole l’indipendenza e l’armonica avvenenza, che si riconoscono alle sue coetanee israeliane, inserite
nell’esercito in quantità pari agli uomini e
con le stesse prospettive.
A poche centinaia di metri, sull’altro lato
delle mura di Al Qods vecchia, un esempio opposto di autoaffermazione proviene
dai due maschi intenti a riparare il prezioso
carretto. L’assoluta calma, i ritmi atavici e la
posizione statica, solidamente puntellati
all’albero a contemplare l’operazione svolta,
sovrintendono alla lenta operazione.
Sono atteggiamenti antichi, familiari persino alle nostre periferie fino agli Anni Sessanta, costellate da presenze di artigiani
preindustriali, orgogliosi del loro lavoro;
movimenti che rivelano la ricerca di una legittimazione nella tradizione. La capacità artigianale consente di ritagliarsi un ambito
nel quale far emergere la propria personalità
nel consesso in cui si vive e attraverso il controllo di tutto l’elementare processo lavorativo si guadagna prestigio, volutamente dimentichi dell’incalzante «progresso».
Sono entrambe risposte legittime e condivisibili alla difficoltà di adeguare la propria
condizione alla cultura da cui si è permeati,
spesso non più adatta ad un contesto che
non sempre trova riscontri adeguati nella
tradizione.
purtroppo il presagio è quello di una nuova Intifada. Il 4
maggio prossimo scade il
termine per la progressiva
consegna dei territori all’Autorità nazionale palestinese:
gli accordi prevedevano la
restituzione progressiva di
una parte dei territori occupati, e sino ad ora è stato restituito solo il 3% della quota
concordata. Uno dei'firmatari è stato ucciso, è cambiato
il premier, è cambiato il governo e la coalizione che lo
sostiene, è cambiata anche la
politica israeliana. An salaam aleicum, che la pace sia
conte (e con loro)!
Tavola rotonda per i 50 anni del Cec
Desmond Tutu: «Senza
perdono non c'è futuro»
Secondo l’arcivescovo Desmond Tutu, presidente della
Commissione «verità e riconciliazione» del Sud Africa,
l’esperienza del suo paese di
fronte al problema del-l’apartheid potrebbe agevolare
la soluzione di altre situazioni
di conflitti civili. Lo ha affermato nel corso di una tavola
rotonda su «Il XXI secolo Sfide per il Consiglio ecumenico - Giustizia e diritti della
persona umana», svoltasi a
Ginevra in occasione del 50°
anniversario della fondazione
del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec).
«Noi concediamo l’amnistia in cambio della rivelazione di tutta la verità», ha spiegato Tutu, precisando che per
ottenere l’amnistia, coloro
che hanno commesso delitti
devono confessarli non a porte chiuse, ma davanti a tutti.
«Una delle caratteristiche del
nostro tempo - ha detto - è
che la maggior parte dei conflitti si svolge all’interno degli
stessi stati. Per questo dovete
pensare a ciò che succederà
dopo il conflitto, perché gli
autori di questi crimini e le
vittime dovranno vivere insieme nello stesso paese. Se
applichiamo solo una giustizia distributiva (...) il paese
non ha futuro. Il perdono non
è una nozione spirituale nebulosa. È vera politica. Senza
perdono, non c’è futuro». Tutu ha ringraziato il Cec per
avere aiutato i sudafricani ad
ottenere «una vittoria spetta
La denuncia delle chiese sudafricane
Fuori le truppe dal Lesotho
Diverse chiese del Sud Africa hanno condannato l’intervento militare lanciato dal
Sud Africa stesso per ristabilire l’ordine nel Lesotho. In
una dichiarazione resa nota a
Johannesburg il 22 settembre
scorso, il Consiglio delle chiese del Sud Africa (Sacc) esprime il suo «profondo sconcerto» e denuncia l’intervento
militare. «Una tale azione
non può contribuire alla soluzione pacifica delle profonde
divisioni che stanno dilaniando questo paese - deplora il
comunicato -. Questo atto
rinnega il fondamento sul
quale poggia la nostra democrazia, il principio di una soluzione negoziata e pacifica
delle divergenze da parte dei
gruppi coinvolti senza l’interferenza di forze straniere. Esso viola l’indipendenza del
Lesotho e costituisce un’inva
sione di questo paese da parte del Sud Africa». Il Sacc denuncia «una situazione intollerabile che esige il ritiro immediato delle nostre forze e
delle scuse al popolo del regno del Lesotho».
In un'altra dichiarazione, il
Sinodo dei vescovi della Chiesa della provincia anglicana
dell’Africa australe si dice
sconcertato dall’escalation
della violenza che è seguita
aH’arrivo delle truppe del Sud
Africa e del Botswana: «La
Chiesa della provincia dell’Africa australe non ha smesso di chiedere al Sud Africa di
respingere situazioni di conflitto e di agire nel senso della
mediazione, del negoziato e
della riconciliazione. Non
possiamo appoggiare un intervento armato e esigiamo il
ritiro immediato delle truppe
straniere dal Lesotho». (eni)
colare» contro l’i
‘"giustizi^
«Oggi siamo liberi», ha
sottolineando il ruolo ~ ^
giocato
dal Programma di lotta con
tro il razzismo.
Al dibattito ha partecipai
anche Estela de Carlotto, pt»
sidentessa delle «Nonnarfi
Plaza de Mayo», in Argentina
Anch’ella ha ringraziato il Cer
per l’appoggio dato alla sua
associazione, fondata nel
1977 durante la dittatturami.
filare. L’associazione è nata
per cercare di ritrovare i ba®.
bini sequestrati dai militari
dopo la nascita in carcere, le
cui madri erano detenute
Estela de Carlotto ha condannato «l’impunità» di cui godono gli autori dei delitti
po la fine della dittatura e il
fatto che essi non siano stati
processati. Un certo numero
di coloro che appoggiavano la
dittatura militare, tra cui giu.
dici e giornalisti, continuano
a giocare un ruolo importante
nella vita del paese. All’arcivescovo Tutu che parlava di
verità e di riconciliazione, la
de Carlotto ha ricordato che
«ciò che chiediamo è la verità
e la giustizia. Invece, coabitiamo con dei criminali che
non si pentono».
La signora Sadako Ogata,
alto commissario dell’Onu
per i rifugiati, ha lanciato un
campanello d’allarme dicendo che, dalla fine della guerra
fredda, il problema dei rifugiati si era aggravato. In questi ultimi anni, il compito di
proteggere i rifugiati è diventato più complicato, e la natura della guerra stessaè
cambiata per via del numero
crescente di conflitti interni e
civili. È pertanto necessariala
solidarietà: «Se perderemo
questo sentimento di solidarietà, non so dove andràla
democrazia. L’esclusione dei
deboli non può essere il fondamento della società», ha
affermato Sadako Ogata.
Il metropolita Georges
Khodr, di Tripoli (Libano), si
è pronunciato a favore del riconoscimento di uno stato
palestinese, paragonandola
situazione dei palestinesi del
Medio Oriente a un’«altra
forma di apartheid»; ha inoltre criticato «l’embargo omicida imposto all'lraq»
Konrad Raiser, segretario
generale del Cec, ha concluso
rincontro citando estratti del
messaggio adottato
semblea di fondazione del
Cec nel 1948 ad Amsterdam)
che afferma tra l’altro: «Bisognerà che la chiesa, ovunquC)
sia la voce di coloro che non
possono far sentire la propri
voce nel mondo, la casain
cui ogni uomo trova con
gioia il suo posto».
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«Il reg
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pace e gl
La proposta di un ex missionario riformato olandese
Bisogna riconoscere Maometto come profeta
Per un ex responsabile delle chiese riformate dei Paesi
Bassi, specialista dell’Islam, i
teologi cristiani dovrebbero
riconoscere Maometto come
profeta. Infatti, secondo Jan
Slomp, che prima di andare
in emeritazione era stato
missionario in Pakistan, e in
seguito incaricato delle relazioni tra cristiani e musulmani nell’ambito della sua
chiesa, il riconoscimento di
Maometto darebbe un nuovo slancio al dialogo e alla
cooperazione con il mondo
musulmano.
Molti teologi e collaboratori ecclesiastici che hanno studiato l’Islam pensano, come
lui, che Maometto possa essere paragonato, sotto vari
aspetti, ai profeti dell’Antico
Testamento. Slomp ritiene
che certe chiese e società
missionarie non hanno tratto
alcun insegnamento dalla
decolonizzazione e hanno
tuttora un’opinione negativa
dell’Islam e di Maometto. Il
suo appello a riconoscere
Maometto è in parte dovuto
al fatto che l’Islam sta avendo
una forte crescita in Olanda e
che molti genitori musulmani mandano i propri figli in
scuole cristiane. «Se i bambini chiedono al loro insegnante il suo parere su Maometto
ed egli risponde che è un falso profeta, perderà la stima
dei genitori musulmani. Se
dice che è un vero profeta,
avrà problemi col suo pastore». Oltre mezzo milione di
musulmani, per lo più turchi
e marocchini, vive in Olanda.
«Dovremmo dire che Mao
metto è un profeta 6 °
corre trattarlo con ■'isP®' '
Per secoli, Maometto è s
considerato come un
profeta da parte della ^
zione cristiana, ma l u>
non ha avuto un simile a
giumento nei confronti
Gesù», ha sottolineato
Slomp. Ciò che ha sp»
Slomp a formulare -g
proposta è l'accento P
daH’insegnamento di
metto sulla necessità di
re contro la povertà ®
blemi sociali. Per Maomet
blemi sociali, eei
la povertà è unfingia ,;.
Maometto ha inoltre s
neato l’unità di Dio, i ,
trasto con il njói
l’importanza di onorar ^
parole e in atti. Per °
scorretto dire che «i
contiene menzogne».
atte
di