1
Spedizione in abb. postale/50
Torino
In caso di mancato recapito
' si prega restituire al mittente presso
l'Ufficio PT Torino CMP Nord.
L’Editore si impegna a
corrispondere ii diritto di resa.
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
venerdì le SETTEMBRE 1995
ANNO 3 - NUMERO 32
BATTISTI, METODISTI E VALDESI
COMUNIONE
PIÙ INTENSA
GIORGIO GARDIOL
Cinque anni dopo la prima assemblea comune
battisti, metodisti e valdesi si
incontrano nuovamente (a
Torre Pellice dal 1° al 3 settembre) per discutere, tra
l’altro, delle loro concezioni
della chiesa, delle loro rispettive identità e per ricercare
una più profonda comunione
nella fede, nella vita e nella
testimonianza cristiana. È un
avvenimento di indubbia importanza, che va al di là del
piccolo mondo evangelico
italiano. A Roma, nel novembre del 1990, le nostre chiese
avevano compiuto un passo
importante nell’affermazione
del «riconoscimento reciproco» di chiese che credono lo
stesso Cristo e per una loro
maggiore unità d’azione.
L’Obiettivo dell’incontro di
Torre Pellice è quello di verificare quali sono i passi possibili verso una comunione
più visibile. 11 termine comunione (koinonia) è un buon
strumento per affrontare costruttivamente il problema
dell’«unità» in Cristo delle
chiese. Lo ha anche sottolineato l’ultima assemblea generale del Consiglio ecumenico a Canberra nel 1991.
Per noi, cristiani protestanti, infatti l’unità da ricercare
non è una giustapposizione
delle differenze, che accetta
le divisioni anche quando esse non sono giustificate, ma
non è neanche una unità «per
incorporazione» che tiene
conto delle diversità e le ricompone in una unità di tipo
gerarchico istituzionale. Sarà
interessante vedere come 1’
assemblea comune di Torre
Pellice affronterà i temi
dell’unità e diversità che si
articolano tra loro in uno
stesso progetto di comunione.
Fin dove le diversità possono
coesistere? Le divergenze su
argomenti oggetto di discussione possono comunque
creare legami ed essere oggetto di nuove dinamiche tra
le chiese? Ci sono argomenti
sui quali le diversità non sono
accettabili e quali? La diversità è una frontiera che divide
ma che anche unisce.
In questi cinque anni le
chiese locali battiste, metodiste e valdesi hanno fatto molti passi insieme nella conoscenza reciproca e soprattutto
nell’azione comune di servizio e testimonianza. Nel loro
piccolo sono state un segno
profetico di unità e di speranza per un mondo che sembra
dividersi sempre più. La cooperazione tra le chiese locali
per il servizio al mondo, i
progetti comuni, sono molto
di più che una relazione fraterna. Sono un segno che le
chiese, nella loro diversità,
hanno sperimentato la grazia
di poter procedere insieme
nella testimonianza del Regno di Dio, nell’accettazione
reciproca delle diversità che
permangono. Diversità che
però non sono cristallizzate,
ma che sono messe in discussione dalla stesso processo di ricerca della comunione in Cristo.
Ciò ha significato che le
nostre chiese hanno potuto
sperimentare una maniera
nuova e dinamica di vivere le,
loro concezioni ecclesiologiche di tipo sinodale e corigregazionalista. In molti casi la
vita delle chiese locali si è
fortificata e si sono sperimentate nuove forme di solidarietà, si è rinnovata cioè la
comunione. Dopo Torre Pellice la nostra capacità inventiva di comunicazione e di collaborazione dovrà trovare
nuovo impulso. Battisti, metodisti e valdesi dovranno costruire reti di lavoro attorno a
obiettivi e progetti comuni.
Così facendo offiremo un ulteriore segno di speranza a
quanti soffrono per la crescente frammentazione della
società in cui viviamo.
E infatti possibile vivere
insieme senza sopprimere le
differenze. Questo se non
pretendiamo di essere un organismo (una chiesa) perfetto. Come ha affermato il pastore Bruno Rostagrio al culto di apertura del Sinodo valdese la comunione «si realizza soltanto nell’apertura reciproca, nell’ascolto di ciò che
il Signore vuole dirci attraverso la voce del fratello e
della sorella».
mm
La preparazione alle campagne di testimonianza non può durare troppo
Il combattimento cristiano è evangelizzare
PIERO bensì
«Rivestitevi della completa armatura
di Dio... prendete la verità per cintura...
la corazza della giustizia... lo scudo della fede... l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la Parola di Dio»
(Efesini 6, 11-17)
Ho ascoltato e letto decine di sermoni
su questo testo, alcuni anche molto
pregevoli, tutti però centrati sul commento più o meno fantasioso delle varie
armi che il cristiano deve indossare
individualmente. Mi pare di vederlo questo cristiano, seduto compunto nella sua
panca ad ascoltare il sermone, mentre fra
sé rimugina: «In fondo non vado tanto
male: tutte queste armi io le indosso; forse dovrei dare maggior peso alle armi
d’offesa ma insomma, complessivamente sono in linea...». E se ne ritorna a
casa pregustando il pranzo domenicale e
pensando agli affari del lunedì. Al fatto
che le armi dovrebbero servire per il
combattimento, proprio non ci pensa
più... fino alla domenica successiva.
Credo viceversa che l’armatura sia
semplicemente una bella metafora per illustrare il pensiero fondamentale di Pao
lo, che è quello espresso nel versetto 12:
«Il nostro combattimento non è contro
sangue e carne, ma contro i principati,
contro le potenze, contro i dominatori di
questo mondo di tenebre...». L’apostolo
vede la chiesa come un esercito costantemente sul piede di guerra, in ogni momento pronto a dare battaglia all’incredulità, alla voracità, all’ingiustizia,
all’arroganza, alla violenza e agli altri
mille «dominatori di questo mondo di tenebre». Il credente singolo deve rivestirsi deH’armatura per essere, insieme con
gli altri, un’armata che combatte ogni
giorno la sua battaglia. Questa è l’immagine della chiesa che Paolo ci propone in
questo capitolo.
In realtà, le nostre chiese non sono così. Certo: ogni membro di chiesa qualche pezzetto di armatura ce l’ha addosso
ma nel complesso le comunità assomigliano molto più a degli ospedali
che a dei reggimenti in marcia. Basta
dare un’occhiata ai verbali dei nostri
Consigli di chiesa. Di che cosa si parla?
Bilanci, finanze, come soddisfare le richieste delle amministrazioni centrali,
quali sono i fratelli che non vengono più
in chiesa, chi si incarica di visitarli, chi è
ricoverato in ospedale, il culto di Natale
o di Pasqua, come recuperare i giovani
eccetera. Ben poco spazio viene dato al
combattimento, cioè all’evangelizzazione nel senso più vasto di questo termine. Pensiamo a quanto tempo i pastori
dedicano ai fratelli che fanno i capricci,
ai problemi delle coppie in disarmo, alle
beghe fra le famiglie... e quanto poco a
preparare i piani di combattimento per
tutta la comunità!
È ovvio che in qualunque reggimento
vi sono i soldati che si ammalano e vengono curati nell’infermeria: ma se tutti
(o quasi) i soldati marcassero visita ogni
giorno, quando mai il reggimento andrebbe in combattimento? Così nella
chiesa: è evidente che vi sono fratelli e
sorelle ammalati (fisicamente e spiritualmente) che hanno bisogno di cure particolari, ma dovrebbero essere sempre
un’eccezione, una piccola minoranza.
Altrimenti chi mai combatterà le potenze
spirituali del male che, oggi come non
mai, irretiscono questo mondo? Noi continuiamo ad addestrarci, a fare studi e
conferenze, a moltiplicare le riunioni ecclesiastiche: ma quando comprenderemo
che armarsi ha un senso soltanto se andiamo in guerra, se affrontiamo il nemico in un combattimento mortale?
Argentina
Concluso
il Congresso
battista
Si è concluso il 6 agosto a
Buenos Aires, in Argentina, il
XVII Congresso mondiale
battista sul tema «Celebriamo
Cristo, la speranza del mondo!». Oltre 10.000 i delegati,
provenienti da cento paesi del
mondo, in rappresentanza
dqlle 170 Unioni e Convenzioni battiste che aderiscono
all’Alleanza battista mondiale
(Abm). Le chiese aderenti
all’Abm contano attualmente
42 milioni di membri adulti
attivi; complessivamente la
popolazione battista mondiale
si aggira sugli 80 milioni.
Durante il Congresso è stata approvata una risoluzione
che impegna i battisti alla lotta nonviolenta contro la guerra e i conflitti etnici e razziali; particolare enfasi è stata
data all’impegno missionario,
con l’invito alle 150.000
chiese battiste sparse nel
mondo a impegnarsi ciascuna
per la creazione di una nuova
comunità.
Numerosi gli intervenuti,
fra i quali la pastora Berenice
King, figlia di Martin Luther
King, e l’avvocato Luis Moreno Ocampo, pubblico ministero al processo contro i
membri della giunta militare
argentina. Il pastore brasiliano Nilson de Amarai Fanini
è stato eletto nuovo presidente dell’Abm in sostituzione
del danese Knud Wumpelmann. Fanini, noto predicatore radiotelevisivo, è pastore di una comunità fortemente impegnata nel sociale, che
l’anno scorso ha «adottato»
ben 3.000 bambini di strada
brasiliani.
Il neopresidente ha rivolto
Un appello ai battisti di tutto
il mondo affinché si impegnino nell’annunzio dell’Evangelo e lavorino «per la giustizia sociale, i diritti umani e la
libertà religiosa». (nev)
Il movimento
delle donne
pagina 2
All’Ascolto
Della Parola
Riconoscenza
e speranza
pagina 6
Il genocidio
nel Ruanda
pagina 12
2
PAG. 2 RIFORMA
Ecumene
venerdì V SETTEMBRE 1995
Mentre è in corso l'Assemblea europea dell'Alleanza riformata mondiale a Edimburgo
Il Movimento delle donne è una realtà
portatrice di speranza in tutto il mondo
MARIE-FBANCE MAUBIN COÌSSON
Si Sta svolgendo a Edimburgo, dal 26 agosto al 3
settembre, l’Assemblea della
zona europea dell’Alleanza
riformata mondiale (Arm) e,
fra poco (settembre), inizierà
a Pechino la Conferenza dell’
Onu sulle donne. L’Assemblea europea dell’Arm è un
incontro delle nostre chiese
sul tema «Speranza e rinnovamento in un’epoca di trasformazione» dove, il primo
giorno, parallelamente, «per
la prima volta nel corso di
una conferenza dell’Arm, le
donne e gli uomini si sono
riuniti separatamente, per
considerare la fede e la realtà
della Chièsa, come le sentono
e le vivono le une e gli altri».
La «casa europea»
E possibile individuare i
veri problemi per costruire
insieme la «casa europea»?
Le donne scrivono: «Il
cammino delle donne non è
stato definito o esaminato
molto fino ad ora. Questa
giornata ci permetterà di dare
uno sguardo lucido al posto
delle donne nell’Arm. Non si
tratta unicamente di parlare
delle nostre preoccupazioni di
donne, ma di chiarire anche il
nostro contributo alla comunità delle donne e degli uomini nella chiesa. Poiché l’Arm
tenta sempre di non perdere di
vista il contesto sociale, è importante poter dire come noi
donne desideriamo costruire,
insieme agli uomini, la “casa
europea’’. Quattro gruppi esamineranno: l’educazione (“il
modo in cui i bambini percepiscono le immagini di Dio
segna la loro personalità e la
loro fede per tutta la vita’’), la
teologia femminista vista
dall’Europa dell’Est, la condivisione del denaro e dei ministeri (malgrado miglioramenti, “nelle chiese, la realtà è
cambiata poco: agli uomini il
ministero, l’onore e il denaro,
alle donne il volontariato’’),
“la religione: fattore di oppressione o di liberazione per
le donne’’?».
Parallelamente, la giornata
degli uomini prevede, dopo
esperienze di psicologi e operatori sociali, il tema «uomini
e violenza». Gli uomini scrivono: «Speriamo di stabilire
un clima di fiducia sufficiente
tra di noi per condividere il
nostro modo di gestire la violenza che ci abita». I risultati
di questa giornata verranno
ripresi nel prosieguo dell’assemblea. Fra i gruppi di lavo^
ro ce n’è uno su «la comunità
delle donne e degli uomini
nella chiesa». Gli altri sono:
identità e ermeneutica riformata; ecclesiologia; fede ed
economia; chiesa, nazione e
stato; formazione degli adulti.
In Italia, nelle nostre assemblee nazionali (Sinodo,
Fcei, ecc.), regionali e locali,
potremmo analizzare prima
separatamente, uomini e donne, i nostri «stili di vita», per
porre in seguito i veri problemi assieme? Per ora, ringraziamo la Tavola valdese per il
suo recente volantino contro
la violenza sulle donne.
In un articolo su Echoes,
notiziario del Consiglio ecumenico delle chiese sul tema
«Giustizia, pace e integrità
del creato» Aruna Gnanadason, segretaria esecutiva,
spiega, partendo dal fatto che
Rio, Vienna, il Cairo, Copenaghen sono state conferenze
deludenti (che tuttavia hanno
dato impulso ad iniziative
che hanno trovato spazio e
Donne tuareg rifugiate in Mauritania. Ovunque le donne rifugiate sono vittime di violenza sessuale
voce negli incontri paralleli
delle organizzazioni non governative): «I giovani sono
autenticamente interessati ai
diritti delle donne per una vita dignitosa, e al loro diritto a
partecipare pienamente? Che
cosa significa dare forza alle
donne, all’interno di uno sviluppo che ha sistematicamente svalutato i contributi e i
valori delle donne? Come si
può dare forza ai milioni di
donne che non sembrano
avere il diritto di sopravvivere... se i governi non hanno la
volontà politica di trasformare le strutture di ingiustizia
sulle quali sono costruite le
loro politiche?».
Movimento delle donne
un segno di speranza
Il movimento delle donne
che cresce in tutto il mondo è
portatore di speranza e di coraggio. Aruna Gnanadason
cita, fra le tante donne che
sentono la voce di questo movimento attraverso il mondo,
la contadina che lotta in un
villaggio remoto in Zambia, e
la scienziata di Bonn... Il movimento «ha preso sul serio
tanto le battaglie delle donne
Chiapas nel Messico quanto
le esperienze di violenza quotidiane delle donne delle isole
Figi... Si è ispirato alle visioni di teologia femminista delle donne della Corea del Sud,
degli Usa o del Ghana, così
come ha abbracciato le visioni ecologiche delle messicane
o quelle di un mondo senza
armi delle svizzere. Ha discusso dell’impatto delle nuove politiche economiche delle
istituzioni monetarie intemazionali e delle industrie multinazionali..., delle leggi ingiuste che esistono in molti
paesi e del modo in cui controllano la vita delle donne...
Malgrado gli sforzi fatti, la
violenza sulle donne continua
e prende forme nuove; difatti
le donne haimo registrato un
aumento della violenza a causa della loro nuova forza emergente e del loro coraggio
nel resistere. Nell’ordine
mondiale patriarcale, molte
violenze contro le donne non
sono conosciute. Più tragico è
il fatto che ad ogni livello (famiglia, polizia, corte di giustizia) la definizione di violenza ignora molte forme,
l’abuso emotivo, psicologico
e anche fisico che le donne
sperimentano.
Se non fosse stato grazie al
movimento delle donne, le
statistiche tragiche e scandalose della violenza non sarebbero state rese note... Il movimento ha aiutato le donne a
riconoscere le radici strutturali della violenza che sperimentano nell’apparente sicurezza delle loro case: quello
che subiscono a livello personale deve essere capito nel
contesto della società costrui
ta su relazioni di potere ingiuste tanto nel campo politico
quanto economico, sociale o
culturale, dove sono le prime
vittime. Grazie alle voci organizzate delle donne, il problema dèlia violenza contro le
donne è stato identificato ora
come una questione dei diritti
umani, perché la violenza ha
bisogno di qualche cosa di
più di poche risposte isolate.
Il movimento delle donne
ha così iniziato un processo
di riflessioni su un nuovo modo di capire la realtà politica,
economica e di sviluppo affermando che le interpretazioni tradizionali non hanno
preso in considerazione il benessere delle donne, né dei
bambini, né delle popolazioni
indigene e di altri settori marginali della società, come di
tutto il creato. Guardare lo
sviluppo a partire da prospettive di crescita economica è
deleterio per larghi settori di
popoli».
Dov'è la chiesa?
Aruna Gnanadason termina
il suo articolo chiedendo dove sono le chiese per rispondere alle voci delle donne e
affermando che le sfide teologiche che le donne pongono
alle chiese stanno diventando
visibili perché le donne stanno rifiutando di essere maggioranza marginale e silen-,
ziosa nelle chiese. Tutto questo pone nuove domande.
Presentato a Francoforte, si chiama «Thuma Mina» (Manda me!)
Un nuovo innario ecumenico
LUDWIO SCHNEIDER
Un nuovo innario ecumenico internazionale con
il titolo Thuma Mina (Manda
me, Isaia 6, 8) è stato presentato a Francoforte sul Meno.
Secondo l’augurio degli editori, la Missione evangelica
di Basilea (Svizzera) e l’Opera di missione evangelica di
Amburgo (Germania), il nuovo canzoniere dovrebbe diventare il «secondo innario»
dopo l’innario evangelico
nuovo, uscito di recente.
Soprattutto in occasione di
convegni e culti comuni Thuma Mina può servire come
«gesto ()i ospitalità e di scambio liturgico». L’ex sovrintendente evangelico di Francoforte, pastore Dieter Trautwein, è l’iniziatore del nuovo
innario: egli spera che con il
canto dei nuovi inni ci sia
«più movimento sulle panche
delle chiese», perché quasi
tutte le canzoni dell’ecumene
«si rivolgono a tutto il corpo e
lo mettono in moto».
L’innario è intitolato Thuma Mina secondo una canzone sudafricana. Oltre a 45
cantici della Riforma, contiene circa 250 inni da più di 60
paesi del mondo. Secondo il
sottotitolo, «Singing with our
Partner Churches», vuole stimolare a cantare con le chiese
gemellate. Tutti gli inni sono
stampati in più lingue, nel testo originale, in inglese, tedesco, francese, spagnolo, italiano, twi (Ghana), finlandese,
greco, cinese, ebreo, mungaka
(Camerún), coreano, olandese, urdu (Pakistan), pidgin
(Papua Nuova Guinea), filippino, russo e svedese. L’inno
Dal M
«Lode all’Altissimo» si trova
in 12 lingue, in italiano in una
nuova traduzione di Eugenio
Costa junior. Dall’Italia si trova l’inno «Veglia sul mondo,
proteggilo. Signore». Il famoso «Komm, Herr, segne uns»,
di Dieter Trautwein, si trova
con parole italiane di S. Baldegger: «Benedici noi. Signore, ti preghiamo». Anche alcuni inni di Taizé vengono riportati in versione italiana,
per esempio «Il Signore è la
mia forza...» o «Questa notte
non è più notte..,».
Il libro è uscito con una prima tiratura di 20.000 copie.
Costa 15 marchi o 20 franchi
svizzeri. Nel movimento ecumenico viene considerato un
prodotto unico fino ad oggi.
Deve anche essere introdotto
ufficialmente dal Consiglio
ecumenico delle chiese (Cec).
Francia: Assemblée du Désert
MIALET — Domenica 3 settembre avrà luogo a Mialet il
tradizionale raduno dei protestanti francesi, la «Assemblée du
Désert», in ricordo del tempo delle persecuzioni in cui i protestanti delle Cévennes erano costretti a tenere le loro assemblee
clandestinamente. I prof. Olivier Patio, della Facoltà di teologia
di Ginevra, e Pierre-Yves Gautier, dell’Università di Paris II,
ricorderanno la nascita di Antoine Court (1695), ricostruttore
delle chiese del Deserto.
Francia: parte la seconda fase
di «Accogliere lo straniero»
PARIGI — Il pastore Jacques Stewart, presidente della Federazione protestante di Francia, ha lanciato la seconda fase
della campagna ecumenica «Accogliere lo straniero». La prospettiva è ora quella di mobilitare le comunità cristiane con lo
slogan «Vivere insieme». «Dopo le recenti elezioni amministrative - ha dichiarato Stewart - è ancora più importante vigilare sul rispetto dei diritti civili, e dimostrare con azioni concrete che è indispensabile ma anche possibile vivere insieme
nella stessa società e nello stesso territorio». (nev)
Costa d'Avorio: assemblea del
movimento cristiano studenti
YAMOUSSOUKRO — Sarà dal 26 agosto al 10 settembre
in Costa d’Avorio la prossima assemblea generale della Federazione universale delle associazioni degli studenti cristiani
(Fuace/ Wscf). Un’assemblea particolarmente significativa perché segnerà anche il centesimo anniversario della fondazione
della Federazione, e avrà come tema conduttore «Una comunità di ricordi e di speranza che celebra la sua fedeltà a Dio»:
un momento di riflessione sul ruolo passato, presente e futuro
delle organizzazioni che si occupano della presenza cristiana
nel mondo dell’educazione e dell’insegnamento. (nev)
Francia: il presidente Chirac
riceve il Consiglio delle chiese
PARIGI — I tre copresidenti del Consiglio delle chiese cristiane della Francia (Cecef), il vescovo Duval, il metropolita
Geremia e il pastore Stewart, hanno incontrato il presidente
Chirac per esporgli alcuni dei problemi più pressanti che le
chiese cristiane francesi sono chiamate ad affrontare. Particolarmente difficile da risolvere, nonostante le assicurazioni del
presidente, è apparsa la situazione dei bambini nati in Francia
da genitori immigrati clandestinamente e quindi passibili di
espulsione. Pur ascoltando le ragioni delle chiese, fortemente
contrarie alla ripresa degli esperimenti nucleari, Chirac ha inoltre ribadito la sua intenzione di andare avanti con i test, (nev)
Giordania: una «città della
Bibbia» per attirare i turisti
CASABLANCA — Un singolare progetto è stato presentato
da un gruppo finanziario asiatico alla Conferenza sullo sviluppo economico del Medio Oriente, tenuta a Casablanca, in Marocco. Si tratta della «città della Bibbia»: una sorta di Disneyland nei pressi dell’antica città di Petra, con ricostruzione di
scene dall’Antico e dal Nuovo Testamento e quadri della vita
di Maometto. Completa il progetto anche la ricostruzione di alcuni quartieri dell’antica Gerusalemme. Secondo i presentatori
del progetto, la «città della Bibbia» dovrebbe portare in Giordania oltre due milioni di turisti l’anno. (nev)
Le credenze degli americani
NEW YORK — Curiosi i risultati di un sondaggio svolto
negli Usa dall’agenzia Bama su un campione di oltre L00()
adulti. Il 38% crede che la Bibbia sia stata scritta molti decenni
dopo la morte di Gesù; il 10% crede che il nome della moglie
di Noè sia Giovanna d’Arco; il 22% crede che Gesù non si sia
mai sposato perché sacerdote votato al celibato. (nev)
Libertà religiosa: i paesi
più intolleranti
PARIGI — L’ associazione francofona di matrice protestante
«Portes ouvertes» ha diffuso la sua nota ricerca annuale sui
paesi in cui i cristiani vengono perseguitati per la loro fede. Tra
i paesi più chiusi ad ogni forma di libertà religiosa figurano
l’Arabia Saudita, l’Iran e il Sudan; la Cina è al 5° posto, seguita
dal Buthan e dal Perù, dove i cristiani vengono osteggiati sia
dal governo che dai movimenti di guerriglia. (nev)
Nuovo segretario
deirUnione battista croata
ZAGABRIA — Zeljko Mra2? è stato eletto successore di Jo'
sip Mikolic, all’incarico di segretario generale dell’Unione batista della Croazia. Nella situazione tragica che sconvolge 1 ex
Jugoslavia, un difficile compito attende il nuovo segretario, c
ha la responsabilità di una Unione formata da 28 chiese e 4.5
membri. (BwaNews)
3
venerdì r- SETTEMBRE 1995
Vita Delle Chiese
I
Aperto a Torre Pel lice il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste
A colloquio con la Commissione d'esame
PAG. 3 RIFORMA
LUCIANO DEODATO
Daniele Bouchard, Maja
König, Karola-Stobäus,
Claudio Tron; forse è un caso
che i nomi dei quattro commissari della Commissione
d’esame (Cde) sull’operato
della Tavola e della Facoltà
di teologia abbiano un suono
occitano e inconfondibilmente teutonico; o forse è una indicazione di quello che è il
mondo valdese e metodista.
Un mondo con radici culturali antiche, una vasta diaspora
europea (uno storico lo definì
una volta una vasta internazionale), aperto alla realtà
moderna: siamo in Europa e
ci stiamo da un pezzo.
La Cde ha nel Sinodo una
funzione fondamentale: controlla la Tavola, la quale a sua
volta controlla le chiese; insomma controlla i controllori
per conto dell’assemblea sinodale. Indica perciò al Sinodo quali temi debbono essere
discussi, li istruisce e avvia la
discussione assembleare. Un
compito delicato e complesso; passa al vaglio l’operato
della Tavola, della Facoltà di
teologia e dell’Opcemi, per
vedere se e come hanno dato
seguito alle delibere sinodali.
Accanto a questa Commissione ve n’è un’altra che ha il
suo battesimo in questo Sinodo, e che esamina l’operato
della Commissione per la diaconia, ereditando così in parte
le funzioni che aveva una
volta la Commissione dell’
operato della Ciov (Commissione per gli istituti ospitalieri
valdesi). Il rapporto della Cde
viene letto all’apertura dei lavori sinodali; una lettura seguita con grande attenzione
Come ogni anno il culto di apertura del Sinodo è trasmesso all’esterno del tempio
dai deputati e dal pubblico.
Di lì si traggono in un certo
senso gli auspici per Capire se
il Sinodo sarà buono o cattivo, se i problemi sono stati
dipanati in modo positivo e
con equilibrio.
Abbiamo incontrato la
Commissione in una saletta
piena di carte e di dossier,
mentre stava concludendo i
suoi lavori e stilando il suo
rapporto, per avere un’anteprima da porgere ai lettori.
Come altre commissioni anche questa non ha gradito
molto l’intrusione della stampa; e si capisce, perché quando il prodotto non è ancora
giunto al suo definitivo stadio
di maturazione, ogni fuga di
notizie può risultare nociva.
Dei quattro commissari tre
sono alla loro prima esperien
SESSIONE STRAORDINARIA
DEL SINODO DELLE CHIESE
VALDESI
E METODISTE
E DELL'ASSEMBLEA GENERALE
DELL'UNIONE CRISTIANA
EVANGELICA BATTISTA
Il moderatore della Tavola valdese, Gianni Rostan, e il
presidente dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia,
Renato Maiocchi, hanno convocato rispettivamente il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste, in sessione straordinaria, e l’Assemblea generale delI’Ucebi, in sessione straordinaria, per il giorno
. ■ ■! ,
Venerdì 1" settembre 1995
a Torre Pellice
Il Sinodo e TAssemblea generale si riuniranno, nel tempio valdese di Torre Pellice, in seduta congiunta fino a domenica 3 settembre col seguente ordine del giorno:
1) culto di apertura, liturgico, alle ore 17 nel tempio valdese
di Torre Pellice;
2) costituzione delPAssemblea, verifica dei mandati ed élezione del Seggio definitivo;
3) approvazione del regolamento per i lavori della sessione
congiunta e dell’ordine dei lavori;
4) esame dei documenti preparatori della sessione congiunta;
5) discussione per gruppi, I temi della discussione nei gruppi saranno:
- riconoscimento reciproco
- evaiigelizzazione
-Claudiana
-«Riforma»
- facoltà valdese di teologia e formazione pastorale:
discussione plenaria;
7.) mozioni e deliberazioni finali;
8) culto finale con Santa Cena, presieduto da Maddalena
Giovenale Costabel e con predicazione del pastore Paolo
Spanu. .
I membri del Sinodo sono invitati a trovarsi nell’aula sinodale della Casa valdese di Torre Pellice alle ore 15,30.
I membri dell’Assemblea dell’Ucebl sono invitati a ritrovaci nel tempio valdese di Torre Pellice alle ore 11 per
TinMo deir Assemblea deirUcebi.
za in questo campo; il quarto,
Claudio Tron, è ormai un veterano, ma unanime è la valutazione positiva del lavoro
svolto dalla Tavola e dalle altre Commissioni sinodali. Si
sa che gli esecutivi hanno
sempre torto (!), ma quando
si comincia a guardare a fondo e con cognizione di causa
i problemi, ci si accorge della
serietà e del profondo senso
di responsabilità che anima le
persone alle quali il Sinodo
affida r amministrazione delle cose delle chiesa. Già da
qui si può dire che la Cde ha
interpretato il suo come un
compito di critica costrattiva.
E questo non può che giovare
al Sinodo.
La Cde concorda con la Tavola che una delle priorità è
oggi rappresentata dal problema dei giovani, con una precisazione però e cioè che i
giovani sono presenti nelle
chiese sia in varie attività settoriali e sia come stimolo al
dialogo talvolta conflittuale
tra generazioni diverse. Né va
ignorato pòi il lavoro svolto
dalla Egei, dalla Cominissione catechismo o da gruppi di
chiese come quelle del IV distretto. La Cde si presenta
dunque al Sinodo con argomenti che certamente arricchiranno il dibattito in aula.
Altro tema che la Cde condivide con la Tavola è quello
della formazione, essenziale
per la chiesa a tutti i livelli. In
questo ambito molto può essere fatto per valorizzare la
figura pastorale. Su altri temi,
come l’annosa questione delle finanze, la Cde si dimostra
più ottimista della Tavola nel
senso che, pur essendoci un
contenuto disavanzo negativo, la situazione è meno
drammatica di quanto sembri.
Per il campo di lavoro, sul
quale la Tavola suona un
campanello d’allarme, la Cde
ritiene che si debba valorizzare il circuito (uno dei contributi più validi dell’integrazione con i metodisti), come luogo di programmazione delle
attività ecclesiastiche.
Su altri problemi aperti, sui
quali il Sinodo sarà chiamato
a dire una parola, come l’ecumenismo, la bioetica, gli enti
ecclesiastici, sarebbe più prudente, secondo la Cde, approfondire il dibattito. È probabile dunque che le chiese
saranno chiamate nei prossimi mesi a studiare i documenti finqra prodotti, in vista
di una discussione da riprendere più avanti. Su una cosa
invece questo Sinodo dovrebbe pronunciarsi: i criteri di ripartizione dell’8 per mille e
sulla sua forma di gestione.
Una commissione apposita
presenta in Sinodo un meditato rapporto in proposito.
La Cde esaurisce la sua
funzione al momento in cui
vengono approvati gli operati
della Tavola, dell’Opcemi,
della Facoltà. Ciò significa
che quando l’Assemblea battista e il Sinodo confluiranno
insieme essa è ridotta... allo
stato laicale! Pare di sì. Si
può leggere la cosa in due
modi: negativo e positivo.
L’Assemblea-Sinodo non ha
una struttura chiara e quindi
rischia di essere in un certo
senso caotica; oppure, invece
che caotica può essere definita come qualcosa in uno stadio ancora magmatico. Caos
0 magma forse non fa molta
differenza perché, stando alla
Genesi, è importante che lo
Spirito «aleggi» al di sopra
per «covare» la creazione. In
altri termini, secondo la Cde,
l’Assemblea-Sinodo è un’occasione-momento da non perdere. Che cosa sarà, è difficile a dirsi in anticipo; però è
certo il risultato dipenderà
dalle aspettative delle chiese.
Negli ospedali evangelici italiani
Assistenza agli stranieri
Nel maggio scorso il ministro della Sanità, Elio Guzzanti, si era espresso sulla necessità di dare assistenza a
tutti g(^i immigrati, anche se
irregolari. In seguito a questa
dichiarazione, responsabili
degli ospedali evangelici italiani hanno scritto al ministro
dando la loro disponibilità ad
assistere queste persone in
collaborazione col ministero
della Sanità. Per discutere di
questi problemi il 20 luglio il
ministro ha incontrato il pastore Domenico Tomasetto,
presidente della Federazione
delle chiese evangeliche in
Italia (Fcei), Gianni Rostan,
moderatore della Tavola valdese, Bruno Lombardi Boccia, presidente del Coordinamento evangelico ospedaliero e Luciano Giuliani, direttore amministrativo dell’Ospedale evangelico internazionale di Genova. Gli ospedali evangelici italiani sono
cinque: tre ospedali valdesi
(Torino, Pomaretto e Torre
Pellice) e due interdenominazionali (quello di Genova e
l’Ospedale Villa Betania di
Napoli Ponticelli).
Scuole domenicali di Biella e Ivrea
La Cena e ì bambini
quali prospettive?
Dal 18 al 20 giugno le due
scuole domenicali di Biella e
Ivrea hanno organizzato un
campo a Viering presso la Casa valdese; vi hanno partecipato 12 bambini dai 6 agli 11
anni e 4 monitrici. L’uscita
del n. 3 della rivista La scuola
domenicale*, sul tema «Cena
del Signore e bambini», ha
portato le monitrici a riflettere
sull’argomento: la Cena non è
solo un’adesione intellettuale,
come spesso viene inteso, ma
ci sono anche altri aspetti, come l’importanza del gesto,
dell’azione e l’emozione.
Questi sono gli elementi alla
portata del bambino. Si è così
deciso di proporre ài ragazzi
di partecipare alla Cena in alcune occasioni, ed è parso un
buon inizio proprio rincontro
di Viering.
Per spiegare questi concetti
ai ragazzi le monitrici hanno
scelto di parlare della memoria: della nostra memoria, della Pasqua ebraica come ricordo della liberazione dalla
schiavitù d’Egitto e infine
della cena del Signore, ricordo dell’ultimo pasto di Gesù e
della resurrezione. Su questa
linea sono stati impostati i lavori, i giochi, i canti, le letture bibliche e le discussioni dei
tre giorni trascorsi al campo.
I ragazzi h^nno anche apprezzato la gita proposta, sia
come divertimento sia come
ulteriore «filo della memoria»
attraverso un’interessante visita al museo di Champ de
Praz. Infine, la domenica prima di iniziare a mangiare, abbiamo spezzato il pane tutti
insieme come segno di appartenenza alla comunità di Gesù. Dall’esperienza dell’anno
scorso a Piedicavallo e da
questa a Viering possiamo
trarre un bilancio molto positivo, perché in tre giorni si
riescono a trattare argomenti
più complessi e più impegnativi che durante un’ora sola la
domenica. I campi, inoltre,
permettono ai ragazzi di fare
esperienze nuove, di provare
piacere nel ritrovarsi insieme
e di formare un gruppo affiatato: per questo è già prevista
un’uscita a settembre a Pradeltomo (Angrogna).
(*) Il numero 3, marzo 1995,
della rivista «La. scuola domenicale» affronta in maniera approfondita il tema della «Cena
del Signore e i bambini» con
contributi di Rita Gay, Roberta
Colonna Romano (pedagogia);
Salvatore Rapisarda, Bruno Rostagno, Ermanno Genre e Giovanni Carrari (teologia e ecclesiologia); Ermanno Genre, Hans
Gerch Philippi, Salvatore Rapisarda, Mario Conetti, Giovanni
Carrari (tradizione e prassi delle
confessioni cristiane); Graziella
Gandolfo, Paolo Sbaffi, Paolo
Spano, Ermanno Genre (esperienze).
Il volume può essere richiesto
alla redazióne de «La scuola domenicale», via Porro Lambertenghi 28, 20159 Milano. Tel. 0269000883, Fax 02-6682645.
L’abbonamento alla rivista costa per il 1995-1996 lire 28.000 e
può essere versato sul ccp.
18345223 intestato a Comitato
Scuole domenicali, via Porro
Lambertenghi 28, 20159 Milano.
Facoltà valdese di teologia
Iscrizioni al corso di laurea
Per l’immatricolazione al corso di laurea va presentata domanda alla segreteria entro il 15 settembre su
modulo fornito dalla segreteria stessa. Si richiede la
maturità classica o altro titolo di secondaria superiore
giudicato equipollente con l’obbligo di esami integrativi. Un anno di studio integrativo viene richiesto a coloro che non hanno fatto 5 anni di scuola secondaria
superiore. La frequenza è obbligatoria.
Il segretario è disponibile per un colloquio (vivamente
raccomandato) durante il Sinodo o in altro momento.
Anno accademico 1995-96
L’anno accademico inizierà sabato 14 otto
bre ’95. La sessione d’esami di ottobre si terrà nei
giorni 13 e 14.
. '.f
Borse di Studio
Per permettere la frequenza sono previste borse di
studio. La domanda per la borsa deve essere debitamente motivata. Informazioni più dettagliate sono reperibili presso la segreteria della Facoltà.
’ ^ ^ ^ ^ ^ ‘ Tasse accademiche r *
Le tasse accademiche sono fissate, a partire dall’anno accademico 1994-95, nella seguente misura;
Corso di laurea:
- immatricolazione, £ 200.0Ò0
- frequenza per i quattro anni regolari, £ 150.000 a
semestre
iscrizioni fuori corso, £ 150.000 l’anno.
Gli importi vanno versati sul ccp n. 40252009 intestato alla Facoltà.
I programmi dei corsi sono disponibili in segreteria.
Facoltà valdese di teologia, via Pietro Cossa 42 00193 Roma, tei. 06-3210789 (segreteria telefonica),
fax 06-3201040. La segreteria resterà chiusa durante
i mesi di luglio e agosto; riaprirà a settembre.
li segretario: proL Ermannp Genre.
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese
venerdì is SETTEMBRE 1995
Un campo teologico di Agape studia la complessa questione di Dio e della Trinità
Le molteplici immagini di Dio
nella teologia e nella psicanalisi moderna
MANFREDO PAVONI
E possibile una comprensione di Dio al di là del
concetto e del dogma trinitario elaborati nel Concilio di
Nicea? È possibile credere e
restare nella comunità cristiana superando il concetto trinitario di Dio nella possibilità di incontrare un’immagine
molteplice di Dio, che «non
finisce mai di conoscersi fino a che ci sono nuovi uomini e nuove donne», come dice
Paolo De Benedetti riella relazione introduttiva? È possibile interrogarsi tra semplici
credenti sulle grandi e intricate questioni teologiche come
la Trinità, il silenzio, la fedeltà di Dio al mondo?
Se la teologia è il linguaggio della fede, allora possiamo scrivere che ad Agape
nella settimana tra il 13 e il
20 agosto, nel corso del campo teologico sulla «Molteplicità di Dio», abbiamo fatto
teologia tra protestanti, cattolici, atei o giudeo-cristiani
che con passione e desiderio
di ricerca hanno provato a restare di fronte alle grandi domande della fede.
Oltre ai lavori in gruppo e
al tentativo di raccontare il
proprio rapporto con Dio, le
relazioni dei proff. De Benedetti, Rostagno, Di Grazia e
della dott. Marzoli ci hanno
messo di fronte a diversi
punti di vista rispetto alla
questione delle immagini con
cui tentiamo di esprimere la
nostra fede. Sergio Rostagno
ha tentato, con immagini e
un linguaggio chiaro e preciso, di spiegarci il dogma trinitario, come metafora di un
Dio unico tra le relazioni delle tre persone.
Paolo De Benedetti e Ottavio Di Grazia ci hanno raccontato della ricchezza e delle
diversità con cui le Scritture
hanno espresso il loro rapporto con Dio, immagini spesso
in opposizione tra loro, proprio perché profondamente
collocate nella storia del popolo di Israele: dal Dio onnipotente e onnisciente, Dio degli eserciti e della liberazione,
fino al Dio contraddittorio,
debole e assente. Le Scritture
ebraiche ci raccontano di un
rapporto tra Dio e gli esseri
umani conflittuale ma molto
intenso. «L’ebreo - ha detto
De Benedetti - quando parla
con Dio non è ossequioso, per
questo forse Dio lo ascolta».
Con l’aiuto di Ottavio Di
Grazia abbiamo percorso l’itinerario con cui la filosofia occidentale ha costituito il concetto spesso totalizzante e
violento di «logos», di verità,
che non ammette altre opzioni
e che non è in grado di accettare e riconoscere le differenze. Il dramma di un pensiero
cristiano che tende ad assolutizzare la verità è emerso anche nel lavoro dei gruppi, laddove qualcuno si è chiesto
con angoscia perché gli ebrei
non abbiano creduto a Gesù
come figlio di Dio. Per questo
è fondamentale, proprio a 50
anni dallo sterminio e a 500
dalla conquista dell’America,
relativizzare la verità e imparare a non prendersi troppo
sul serio come esseri umani,
per prendere sul serio Dio.
Paola Marzoli, psicoioga
junghiana, ci ha illustrato co
me Jung abbia tentato di capire la Trinità scrivendo proprio un saggio sulla comprensione psicologica del concetto
trinitario: un saggio ricco di
dati autobiografici relativi ai
rapporti con il padre, pastore
protestante, normativo e razionale, incapace di vivere le
proprie emozioni, e con la
madre, che per Jung rappresentava la forza emotiva, vitale, del mistero e dell’irrazionalità.
Il campo è stato dunque
utile per quanti vogliono
mantenere un rapporto di fede in cui sia possibile vivere
i propri dubbi? Nel culto finale, animato da tutti i campisti e le campiste, è emerso
nettamente il fastidio verso le
immagini di Dio finora ricevute, immagini di potere e di
ipocrisia, spesso violente.
Certo, anche attraverso (e
forse nonostante) queste immagini lo Spirito ha soffiato
in modo aperto e imprevedibile; ma per non far morire la
fede e non far scappare la
gente dalle chiese sarà importante cercare di liberare il
Dio in cui crediamo dalle immagini storiche in cui l’abbiamo soffocato, e imparare
a riconoscerlo e ascoltarlo
nel nostro silenzio e nella
traccia che rappresenta l’unico luogo dove è possibile incontrarlo. Forse solo riscoprendo la parzialità della fede e il linguaggio silenzioso
di Dio possiamo essere radicalmente aperti alla trascendenza e fedeli al mondo delle
relazioni tra esseri umani.
mm.
Gli adolescenti al Villaggio di Santa Severa studiano la politica
Impariamo a conoscere i giovani
METRO ROMEO
Dal 17 al 26 luglio si è
svolto al Villaggio della
gioventù di Santa Severa
(Roma) il consueto campo
cadetti, riservato a giovani di
età compresa tra 14 e 17 anni.
Un tema ostico, quello di
quest’anno: la politica. Per
noi monitori non è stato facile
prepararlo in modo da renderlo semplice e interessante a
giovani che, anche per l’età,
ancora non pensano o pensano poco alla politica e la durata ridotta del campo (10
giorni invece che i soliti 15)
non ha semplificato le cose
dato che il lavoro è stato necessariamente concentrato.
Il problema che abbiamo
cercato di risolvere, preparando il campo, è stato quello di
avvicinare il discorso della
politica sia ai giovanissimi
che ai diciassettenni, ormai
quasi dei cittadini votanti. I
risultati non sono stati entusiasmanti dato che il tema,
come è risultato dalla riunione finale, non era gradito ai
più. Abbiamo incontrato molte difficoltà a coinvolgere i
ragazzi e le ragazze nelle attività, che si proponevano sia
di dare dei contenuti sui quali
riflettere sia, soprattutto, di
far parlare i giovani stessi sui
problemi affrontati. È per
questo che i momenti puramente informativi (noiosi forse per loro) sono stati ridotti
al minimo ed è stato dato largo spazio al lavoro nei gruppi. Lo stesso è stato fatto dal
pastore di campo, Antonio Di
Passa, che con la sua preparazione teologica ma soprattut
Un momento di lavoro nei gruppi
Ponticelli
Il tempo
lìbero
SALVATORE CORTINI
to con la sua sensibilità ha
cercato di far riflettere i cadetti e le cadette sulla figura
«politica» del profeta Geremia tramite delle schede di
lavoro preparate su misura,
con passi scelti.
Perché allora questo atteggiamento poco entusiasta dei
partecipanti? Io non sono, per
niente convinto che ciò sia da
addebitare al tema, pure ostico, della politica. Forse la risposta è da cercare a monte, e
cioè alle motivazioni che
spingono i ragazzi e le ragazze di ogni estrazione sociale e
religiosa a partecipare a campi evangelici (spesso non lo
sanno neppure e qualcuno si è
scandalizzato appena ha sentito che era tra protestanti!) e
al tipo di vita e stimoli che vivono durante l’anno. A questa età sono, forse, una «cartina di tornasole» della nostra
società, con tutti i suoi problemi e le sue contraddizioni
che inevitabilmente emergo
no nel momento in cui vengono a contatto con molti altri
della loro età. Non è un caso,
penso, che quest’anno, molto
più di quello passato, abbiamo fatto fatica a tenerli a bada, sempre in bilico tra il tenere porte aperte al dialogo
con loro e far rispettare le più
elementari regole di convivenza comune e di sicurezza
personale.
Dobbiamo fare molta più
attenzione anche a momenti
come questi, forse gli unici rimasti per tastare il polso ai
giovani di questa età: ci stupiremmo molto meno delle notizie che riempiono i giornali
e che vedono sempre più protagonisti gli adolescenti. Dobbiamo soprattutto, come comunità e chiesa ma in prima
luogo in famiglia, riuscire a
trovare nuovi e maggiori momenti di dialogo con loro dove, finalmente, possano essere
dei protagonisti e non delle
comparse, spesso fastidiose.
I tempi della nostra vita
stanno cambiando: come li
organizziamo, come li investiamo? «Il tempo libero» è
stato il tema che il Centro
culturale «Emilio Nitti» di
Ponticelli ha proposto ai circa
20 ragazzi che hanno partecipato al programma estivo di
luglio. I ragazzi sono stati impegnati in un lavoro di riflessione sul tempo in modo da
giungere a capire quali siano i
nostri atteggiamenti nei rapporti con la natura e con il
gioco. Abbiamo inoltre affrontato il problema del tempo di lavoro, che prevarica
sugli altri tempi della vita e in
particular modo su quello dedicato alla famiglia.
Il tempo per la cura dei figli
è poco e in qualche caso non
esiste, hanno osservato i ragazzi nel corso della riflessione. Essi si sentono trascurati e
senza un tempo «famigliare»:
certo, si tratta di ragazzi che
spesso hanno alle .spalle famiglie «scassate», in cui la presenza dei genitori è del tutto
inesistente. La maggior parte
di loro pas.sa il suo tempo libero quasi sempre davanti alla
televisione, che resta purtroppo l’unico interesse, e ciò è
motivo di preoccupazione. E
infatti la televisione a scandire i tempi della vita quotidiana di questi ragazzi.
È stato utile e formativo
aver discusso e pensato come
utilizzare il tempo, un dono
di Dio per noi credenti. «C’è
un tèmpo per ogni cosa», dice
r Ecclesiaste (1,3).
Gli studenti della Facoltà valdese a Berlino
Scoprire le tracce
di D. Bonhoeffer
ALESSANDRO SPANU
C9 è una grande quercia a
Sachsenhauser, al centro di quello che fu un lager
nazista prima e sovietico poi.
È una giornata calda. L’aria è
ferma e l’ombra immobile
della quercia lambisce i forni
crematori dove metà dei
200.000 detenuti hanno trovato la morte. Del campo resta pochissimo e la quercia è
simbolo vistoso di una memoria silenziosa e caparbia.
A poche centinaia di chilometri, nella Biblioteca di Wittenberg, ci sono ancora i testi
di Agostino annotati da Lutero con scrittura ampia e incerta per l’età. Due luoghi di
memoria. A Sachsenhauser il
Vallecrosia
L'ombra
del Galileo
ELENA NISBET
Anche quest’anno, come
da consuetudine, si è
svolto per due settimane nel
mese di luglio il campo giovanile per 13-14enni. Una
ventina tra ragazze e ragazzi
provenienti in massima parte
dalle Valli, ma con rappresentanze bergamasche, felonichesi, luganesi e addirittura
tedesche, hanno contribuito
validamente al successo del
loro soggiorno comunitario.
Il campo non si è limitato a
promuovere svaghi di vario
genere, bensì ha accolto la sfida lanciata da Gerd Theissen
di cimentarsi nella drammatizzazione del suo romanzo
storico L’ombra del Galileo.
Grazie al coordinamento di
Milena Beux Jäger e con la
collaborazione di Mauro Toscano, Paola Paschetto, Daniela Grill e di chi scrive, è
stato possibile mettere in scena l’indagine sul personaggio
Gesù, visto attraverso gli occhi e le parole di alcuni protagonisti del suo tempo, quali
Pilato, il pretore Metilio, Barabba, lo storico del tempo
Giuseppe Flavio e lo stesso
Theissen.
L’impegno di quanti hanno
partecipato al campo è stato
gratificato dal successo di
pubblico: tra ospiti della Casa
valdese, membri della comunità di Bordighera e Sanremo,
un centinaio di persone ha potuto gioire di un’ora e mezza
di buon teatro, al termine del
quale si è potuto fraternizzare,
in giardino, intorno a un’ottima e rinfrescante anguria.
ricordo dello scandalo della
Shoà, a Wittenberg la nascita
della Riforma che ha rivoluzionato il volto dell’Europa.
Queste le due tappe fondamentali che hanno caratterizzato il viaggio che 11 studenti
della Facoltà valdese di teologia hanno fatto tra il 2 e il 9
luglio a Berlino, grazie alle
sovvenzioni di vari istituti e
persone e all’organizzazione
del dott. M. Schreiberg. Un
viaggio sulle tracce e l’identità del teologo e partigiano
Bonhoeffer; un viaggio all’insegna della memoria ma anche dell’incontro con la realtà
ecclesiastica e delle facoltà
tedesche di teologia dopo il
crollo del muro.
Calda l’accoglienza alla Facoltà di Halle, dove professori e studenti hanno organizzato per noi un rinfresco attorno
al quale abbiamo avuto modo
di conoscere la situazione
delle facoltà della Germania
Orientale, che stanno passando un momento di transizione
faticoso ma emozionante.
Professori e studenti sono
egualmente impegnati a gestire l’entrata nel mondo occidentale senza cancellare il patrimonio di esperienze fatte a
stretto contatto con il mondo
orientale da cui è nato, per
esempio, un dialogo intenso
con l’ortodossia.
Di Berlino colpisce l’umanità eterogenea e vivace; la
città è un grande cantiere in
cui si sperimenta l’unificazione di una città che era
simbolo di un mondo spaccato a metà. Si sperimentano
diversi modi di vivere e guardare la città. Durante la nostra visita l’artista Christo
aveva impacchettato con la
stoffa il Reichstag (il palazzo
del Parlamento). Sembrava
che la gente vivesse in un
universo mentale in cui tutto
è possibile: le differenze possono convivere proprio pet*
ché non si è ancora cristalliZ'
zata una normalità.
La fluidità della situazione
si ripercuote anche sulle chiese riformate e luterane, come
ci hanno spiegato alla Chiesa
riformata di Berlino-Brandeburgo. Le chiese della Berlino orientale sono fortemente
impegnate in ambito sociale e
sono espressione delle classi
più povere, la chiesa occidentale è più «ricca». L’unificazione dunque è problematica
ma viene condotta con coraggio e senza amnesie nei confronti di un passato troppo
pesante per essere cancellato
con un colpo di spugna. L occasione è stata importante pef
conoscere una realtà certamente problematica, ma che
offre spunti di riflessióne
molto interessanti.
5
. V
VENERDÌ 1^ SETTEMBRE 1995
Maar^ft w “r.j
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
Il battesimo di quattro sorelle nella Chiesa battista di Conversano
Il ravvedimento e la vita nuova
per dedicarsi alla testimonianza
ELISEO BAGHERI
Un’immagine deiia tradizionaie «Giornata dei Rifugio»
RÌfug
VJ
■.jr*»;.
io Re Carlo Alberto di Luserna San Giovanni
Una festa di giovani e anziani
VERA LONG
ì‘ culto presieduto dal
pastore Claudio Pasquet
e. seguito con molta attenzione da buona parte degli ospiti
deUa Casa e da molti fratelli e
sorelle di diverse comunità,
í.üt ha avuto inizio l’annuale
«Giornata del Rifugio Re
Caflo Alberto». È ormai consuetìidine che l’ultima domenica di luglio (quest’anno era
perciò il 30) si diano appuntamento tante persone per trascorre'insieme una giornata
jifltorno a quest’opera e ai
suoi Ospiti. Attualmente al
Rifugio vi sono 70 ospiti,,
«uno solo dei quali - dice il
dilettare. Adelio Cuccureddu
- completamente autdsufficiénte; per gli altri, molti e at’ tenti, non sarebbe però più
possibile una vita normale in
una loro abitazione non protetta». Oggi nella struttura lavorano 42 persone, delle quali due con contratto part time;
"Vforse anche per la sua situazione logistica, lontana da
ogni centro abitato, la lista di
attesa è ridottissima: solo set
■ te persone, tutte donne.
La giornata anche quest’anno è trascorsa molto serenamente; vi ha contribuito anche il tempo mite e ventilato
in un’estate che ha regalato
poche occasioni di autentico
bel tempo. Oltre agli amici
più vicini, quest’anno erano
stati invitati una trentina di
svizzeri con Charles Buffat e
Jacques Picot, rappresentanti
dell’organizzazione ginevrina
che da tanti anni offre un valido aiuto al Rifugio insieme '
alla consorella di Berna, che
hanno espresso la loro gioia
di partecipare all’incontro. II.
pranzo, molto gradito, è stato
servito a più di 160 persone e
subito dopo sono iniziate le
vendite di beneficenza con
ogni genere di prodotto, e le
gare alle bocce capaci- di attrarre anche gli ospiti, prima
timorosi e poi più coinvolti. È
stato poi il momento dei canti; le melodie del passato hanno risvegliato in molti il ricordo per la gioventù passata;
fra tanti ringraziamenti per
chi ha lavorato per la giornata, il grazie ai cantori è stato
forse quello più sentito da
parte degli stessi ospiti.
ACampo cadetti di Tramonti
Ascolta Israele
.à
«Come capire la spiritualità
di Israele attraverso la sua interpretazione delle Scritture.
Esame del sistema ermeneutifco ebraico». Questa breve
presentazione del campo studi su «Ascoltando Israele»
(5-12 agosto), contenuta nel
programma generale dei campi del centro Menegon, è stata approfondita con competenza da Sergio Cozzi.
Nella prima parte del campo sono state evidenziate le
tappe della formazione della
Bibbia, le caratteristiche del
giudaismo primitivo, la nascita del rabbinismo e la diaspora, i maestri d’Israele e la loro
classificazione. Nella seconda
si è trattato dell’interpretazione giudaica delle scritture delineandone le regole e i sistemi. Gli esempi di ermeneutica
hanno stimolato i partecipanti
a cogliere gli elementi di fondo dell’interpretazione ebrai
ca rivolti prevalentemente alla
prassi del credente.
I canti della tradizione
ebraica (Spagna, Germania,
Polonia ecc.) hanno completato le riflessioni esaltando la
semplicità e la profondità della spiritualità ebraica ancorata
anche nei momenti più tragici
alla confessione di fede:
«Ascolta Israele, il Signore è
il nostro Dio, il Signore è
l’unico Dio» {Shemà Israel).
Ai partecipanti è stato consegnato un utile fascicolo
contenente le tracce degli argomenti trattati correlati da
una puntuale bibliografia.
L’incontro ha avuto alti momenti di riflessione e di preghiera e ha rinsaldato ancor
più l’amicizia fraterna tra
membri di comunità diverse.
Non sono mancati canti e
giochi animati dalla valente
chitarrista pastora Francesca
Cozzi.
Per I vostri acquisti, per gli abbonamenti al periodici evangelici
Librerie CLAUDIANA
MILANO:
via Francesco Sforza, 12/A
tei. 02/76021518
torre PELLICE:
' piazza della Libertà, 7;
lel.0121/91422
TORINO:
via Principe Tommaso, 1;
tei. 011/6692458
ROMA:
Libreria di cultura religiosa'
piazza Cavour, 32;
tei. 06/3225493
Ancora una volta la «Giornata» ha avvicinato anziani e
giovani, ha portato nella casa
il mondo di chi vive nelle comunità italiane ed estere, dei
doni, un sostegno anche economico: «Ne abbiamo bisogno - conclude il direttore -;
sono infatti in previsione ulteriori lotti di lavori per la ristrutturazione del padiglione
Arnaud e per gli adeguamenti richiesti dalle normative
alla struttura della vecchia
cascina: siamo nella fase
progettuale dopo di che dovremo decidere le linee dell’
intervento».
Domenica 23 luglio nella
chiesa battista di Con
versano (Ba) sono stati celebrati i battesimi di quattro
giovanissime sorelle. Giovanna, Fontina, Marilena e Angela hanno reso testimonianza pubblica della loro fede,
riconoscendo Gesù Cristo come proprio Signore e salvatore. Tre di loro sono nate e
cresciute nella comunità,
mentre la quarta si è avvicinata all’Evangelo qualche anno fa. Per l’occasione il locale di culto era gremito di sorelle e fratelli, di amici e simpatizzanti. Tutti hanno seguito con attenzione le letture
della parola di Dio negli Atti
degli Apostoli (2, 37-41) e in
Romani (6, 1-10). La meditazione del pastore è stata centrata sul senso e il significato
del battesimo oggi.
Alla fine deve seguire, per
chi ha creduto, il battesimo;
tutto ciò comporta un serio
ravvedimento, onde ottenere
il perdono dei peccati e la potenza dello Spirito Santo. Lo
stesso apostolo Paolo ci rammenta che i credenti sono stati sepolti con Cristo, mediante
il battesimo, nella sua morte,
affinché come Cristo è risuscitato dai morti, mediante la
Campo cadetti di Ecumene
Chi sono Í Rom?
Il saggio finale del lavoro dei cadetti di Ecumene
Dal 1° al 23 luglio si è tenuto a Ecumene il campo cadetti sul tema «Rom, pianeta
ignoto e così vicino». Durante il campo si sono alternati
momenti di studio e momenti
di gioco e il tema ha permesso sia ai bambini sia agli
adulti di conoscfere, grazie alla presenza di due famiglie
rom evangeliche e residenti a
Trieste, un popolo per noi
sconosciuto e da noi spesso
respinto.
A conclusione del campo le
ragazze e i ragazzi hanno tradotto in un esuberante spettacolo l’esperienza vissuta in
queste tre settimane. Riportiamo di seguito il brano che i
cadetti stessi hanno preparato
per la realizzazione della rappresentazione finale.
«...noi li chiamiamo zingari
ma loro stessi si chiamano
rom, che vuol dire uomini. Si
dividono in due grandi gruppi
di cui uno nomade e l’altro
sedentario. Sono arrivati in
Europa partendo dall’India,
loro paese d’origine, per motivi che rimangono misteriosi,
perché i rom non hanno mai
avuto scrittura, né hanno usato altri mezzi come graffiti,
disegni ecc. per narrare la loro storia. Tutto quello che
sappiamo, lo ricaviamo dalle
testimonianze dei popoli che
li hanno ospitati. Non tutti
sanno che i rom sono stati
sempre vittime di persecuzioni già a partire dalla fine del
1400 e fino alla seconda
guerra mondiale ma, ancora
oggi, anche se in modo molto
minore, continuano ad essere
perseguitati e rifiutati dalla
società.
In questi 23 giorni ognuno
di noi ha avuto la possibilità
di vivere a stretto contano
con due famiglie rom ospitate
presso il centro, e oggi a conclusione del campo ci sentiamo arricchiti per aver avuto
la possibilità di condividere
questa bellissima esperienza,
ringraziando Bairo, Beara, lusuf e Almassa con le rispettive famiglie per averci insegnato che la libertà e l’essere
se stessi senza comproméssi
sono cosa più preziosa di tutto l’oro del mondo. Soprattutto siamo riusciti a capire che,
anche se loro sono diversi da
noi, per quanto riguarda mentalità e tradizioni, devono essere rispettati perché queste
diversità ci rendono uguali e
ci permettono di amarci.
Ci hanno insegnato tra l’altro la lavorazione del rame, i
balli tipici e la realizzazione
dei costumi tradizionali.
Ecumene, 1995 - I ragazzi
del campo cadetti».
Un momento del battesimo
gloria del Padre, anche i credenti, nel riemergere dalle acque battesimali, sono risuscitati e chiamati in Cristo a intraprendere un cammino per
una vita nuova.
Durante il culto vi sono stati momenti di commozione e
di gioia. Sono seguite alcune
preghiere di ringraziamento
al Signore, che chiama alla
fede e all’impegno cristiano
nella quotidianità. Questo
evento ha dato alla comunità
nuova carica per proseguire
con slancio e vitalità la testi
monianza già da anni intrapresa nella cittadina in cui
opera. Terminata la cérimonia battesimale, le neobattezzate hanno ricevuto, con gli
auguri fraterni di tutti i convenuti, il dono di una copia
del Nuovo Testamento e il
certificato di battesimo. La
comunità, al termine del culto, ha invitato tutti i presenti a
un’agape fraterna in una località di campagna nelle vicinanze del paese. La giornata
si è conclusa con canti, testimonianze e giochi.
ANGROGNA — Domenica 16 luglio, nel tempio di Pradeltorno gremito di parenti e amici, Massimo Giordan e Beatrice
D’Arienzo, di Torino, hanno pronunciato il loro sì davanti a
Dio e alla chiesa. Il pastore Alberto Taccia ha presieduto la
cerimonia. A questa giovane coppia i nostri più cari auguri.
TORINO — Il 4 agosto il Signore ha chiamato a sé la sorella in
Cristo Catarina Molino ved. Ferro, di 80 anni, della Chiesa
battista di via Passalacqua. Ai funerali, celebrati nel cimitero
di Cantarana (At) è stato annunziato l’Evangelo della resurrezione in Cristo alla presenza di molti tra amici, conoscenti
e membri della nostra chiesa. Al figlio Domenico, alla nuora
Marina, ai nipoti Sara ed Enrico è rivolto un pensiero affettuòso e tanta solidarietà da parte della comunità.
CENTRO DI FORMAZIONE
DIACONALE
«Giuseppe Comandi»
FIRENZE
ISCRIZIONI AL CORSO DI FORMAZIONE
Sono aperte le iscrizioni al corso di formazione diaconale.
La durata del corso è quadriennale. La domanda va presentata
entro settembre su modulo fornito dalla segreteria. Si richiede
la maturità o il diploma di scuola secondaria superiore. I/le
candidati/e dovranno, contemporaneamente, iscriversi ad un
corso universitario o ad una scuola di formazione professionale, nell’ambito educativo, sociale, sanitario o dell’accoglienza
(per esempio: educatori/trici, assistenti sociali, infermieri/e,
economia e gestione dei servizi di accoglienza). La segreteria
può fornire informazioni ed orientamenti in tal senso.
Quota di iscrizione, convitto, borse di studio e prestito
La quota di iscrizióne per un anno è di lire 100.000. Gli/ le
studenti/esse possono chiedere di alloggiare presso il convitto del Centro. In questo caso possono usufruire di una borsa
di studio che sarà mantenuta se gli studi proseguiranno regolarmente. Inoltre, a loro scelta, possono chiedere un prestito,
senza interesse, rimborsabile all’inizio della loro attività lavorativa. La segrèteria è a disposizione per informazioni più
dettagliate.
Inizio dei corsi, programmi, frequenza
Il corso di formazione diaconale inizierà il prossimo 27 ottobre. Il programma è disponibile in segreteria. Per l’inizio
dei corsi o delle scuole di formazione professionale ciascuno/a dovrà seguire il calendario della scuola prescelta. Per la
formazione diaconale e quasi sempre anche per la formazione professionale le iscrizioni sono a numero chiuso. Le ammissioni sono precedute da un colloquio. La frequenza è obbligatoria.
La segreteria è aperta sia in agosto che in settembre ed è a
disposizione per fornire tutte le informazioni necessarie e per
risolvere dubbi anche di carattere personale. Rivolgersi a:
Segreteria del CFD - c/o Istituto Gould - via dei Serragli,
49 - 50124 Firenze - tei 055-212576, fax 055-280274.
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 1" SETTEMBRE 1995
SERMONE TENUTO AL CULTO DEL XV AGOSTO
RICONOSCENZA
E SPERANZA
BRUN0 CORSAMI
Cinquant’anni fa terminavano le ostilità nell’Italia
settentrionale. Anche in Piemonte le ostilità finivano verso la fine di aprile del 1945.
La prima domenica dopo la
partenza degli ultimi reparti di
tedeschi e di truppe della Repubblica di Salò, qui a Pomaretto il pastore Mathieu predicava sul testo di Isaia 21, 11:
«Sentinella, a che punto è la
notte?». Era il 29 aprile. Il pastore Mathieu aveva dei buoni
motivi per paragonare gli anni
trascorsi a una notte lunga e
profonda, cominciata nel giugno del 1940.
Mi piacerebbe sapere quanti di voi nel 1945 erano adulti
o avevano almeno 14-15 anni, tanto da poter ricordare
qualcosa di quegli anni dolorosi' padri, mariti, fratelli, figli al fronte in Africa, in Grecia, in Russia, nel Sud d’Italia
(e quanti di loro non sarebbero ritornati!); penuria di tutto:
cibo, trasporti, vestiario; l’angoscia dell’oscuramento, il
rombo sinistro degli aerei che
di notte sorvolavano le Valli
per andare a bombardare a
Torino o per cercare gli stabilimenti Riv di Villar Perosa;
l’occupazione militare delle
Valli, la cattura di ostaggi, le
case incendiate, i partigiani
fucilati o portati in campo di
concentramento... Sì, il paragone con la «notte» era ancora un paragone generoso per
una tragedia così lunga, dolorosa e incomprensibile.
«A che punto è la notte?»
Mathieu aveva anche ragione di chiedersi, con
le parole del profeta: «A che
punto» è la notte? Perché tante volte era già sembrato che
l’incubo stesse per finire e
apparisse l’alba di un giorno
più sereno. La caduta del governo di Mussolini il 25 lu
glio del ’43, l’armistizio con
gli anglo-americani l’8 settembre dello stesso anno potevano essere apparsi come la
fine della notte, e invece tutto
era continuato come prima e
peggio di prima. E anche
quella fine di aprile non era
la fine di tutto: la guerra sarebbe durata ancora diversi
giorni in Europa centrale e
qualche mese in Estremo
Oriente, abbastanza per produrre la distruzione di Hiroshima e Nagasaki con le prime bombe atomiche della
storia... Pur piangendo i
morti che non sarebbero tornati, e stringendosi attorno al
dolore delle loro famiglie,
per i valdesi delle Valli la risposta alla domanda del profeta Isaia era positiva: finiva
la notte e cominciava un nuovo giorno. Si poteva ben ripetere la parola biblica: «È
una grazia dell’Eterno che
non siamo stati interamente
distrutti: le sue compassioni
si rinnovano ogni mattina»
(Lamentazioni 3, 22s.).
Misericordia
Oggi ne parliamo con riconoscenza dopo cinquant’anni. Un periodo lunghissimo, se pensiamo che
dalla fine della prima guerra
mondiale, solo 21 o 22 anni
dopo eravamo già di nuovo in
guerra, una guerra non meno
«grande» e «mondiale» di
quella del ’15-18. Pur con
sentimenti di tristezza e di solidarietà con i popoli che hanno vissuto e vivono in stato di
guerra, dobbiamo prendere
questi 50 anni come segno
della misericordia di Dio.
Cinquant’anni nei quali le nostre chiese hanno vissuto, si
sono fortificate, pur attraverso contrasti che hanno spinto
molti ad approfondire il senso
della loro fede, del loro impe
«\ì esorto dunque^ fratelli, per la misericordia
di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio
vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro
culto spirituale... Per la grazia che mi è stata
concessa, dico quindi a ciascuno di voi che non
abbia di sé un concetto più alto di quello che
deve avere, ma abbia di sé un concetto sobrio,
secondo Ut misura di fede che Dio ha assegnata
a'ciascuno...
Quanto alVamore fraterno, siate pieni di affetto gli uni per gli altri. Quanto alVonore, fate
a gara nel rendervelo reciprocamente. Quanto
allo zelo, non siate pigri; siate allegri nella
speranza, pazienti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera... Non rendete a nessuno
male per male. Impegnatevi a fare il bene davanti a tutti gli uomini... Non abbiate altro debito con nessuno, se non di amarvi gli uni gli
altri; perché chi ama il prossimo ha adempiuto
la legge...
E questo dobbiamo fare, consci del momento
cruciale: è ora ormai che vi svegliate dal sonno;
perché adesso la salvezza ci è più vicina di
quanto credemmo. La notte è avanzata, il giorno è vicino; gettiamo dunque via le opere delle
tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno,
senza gozzoviglie e ubriachezze; senza immoralità e dissolutezza, senza contese e gelosie; ma
rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non abbiate
cura della carne per soddisfarne i desideri»
(Romani, dai capp. 12-13)
gno, della solidarietà fraterna.
Qui alle Valli si sono costruite Agape e le chiese di San
Secondo e di Prali; si sono
rifatti gli asili di San Germano e di San Giovanni, ristrutturati e ampliati i due ospedali e il Rifugio Carlo Alberto. E sarebbe giusto citare
anche le cose sorte nel resto
del paese, da Riesi e Palermo
a Ponticelli e Cinisello Balsamó, dagli Abruzzi alla Toscana e altrove. L’economia
dei nostri comuni e delle nostre famiglie si è modificata
ma, tutto sommato, nonostante i sacrifici, non credo si
possa parlare di un regresso
rispetto al 1945.
L'impegno di fede
Perché ricordiamo queste
cose? Perché il ricordo
delle benedizioni del Signore
è una delle due molle che
fanno scattare l’impegno di
fede. Il brano che abbiamo
letto nella lettera di Paolo ai
Romani (anche se non tutto
di seguito, perché abbiamo
scelto i versetti più significativi), è uno dei passi biblici
più importanti per la vita cristiana. Questo brano menziona i due fondamenti, le due
molle che producono la vita
cristiana:
1) Il ricordo delle benedizioni di Dio, dunque la riconoscenza. 2) La speranza nel
compimento delle sue promesse. Tutti e due questi argomenti sono presenti in Romani ai capitoli 12 e 13.
All’inizio c’è il richiamo alla
misericordia di Dio, al suo
amore per noi: «Dio ha manifestato la sua misericordia
verso di noi. Vi esorto dunque, fratelli, a offrire voi
stessi a Dio in sacrifìcio vivente» (12, 1 Tile). Tutto
quello di cui Paolo ha scritto
nei primi 11 capitoli della
lettera: la giustificazione per
fede, il perdono dei peccati,
la vita nuova in Cristo, la pace con Dio, la riconciliazione, è il punto di partenza per
esortare i lettori a consacrarsi
al Signore in una gioiosa ubbidienza.
Il motivo della speranza
Questa ubbidienza può anche concretarsi in forme
diverse secondo i luoghi e i
tempi in cui la comunità cristiana rende la sua testimonianza. Ma essa è il modo migliore per esprimere la sua riconoscenza, onorare Dio e
rendergli un culto che non sia
fatto soltanto di parole vane.
E alla fine del brano descrittivo della vita cristiana, che abbiamo letto nei suoi punti essenziali, c’è l’altro motivo,
quello della speranza: «E
questo tanto più dovete fare,
conoscendo il tempo nel quale viviamo. È tempo di svegliarsi, perché la nostra salvezza è ora più vicina di
quando abbiamo cominciato
a credere. La notte è avanzata, il giorno è vicino: buttiamo via le opere delle tenebre
e indossiamo le armi della luce» (Romani 13,11-12).
Un proverbio dice che il cavallo cammina più svelto
quando sente l’odore della
stalla, cioè si accorge che il
traguardo è vicino. Paolo era
convinto che il regno di Dio
fosse vicino, perché vedeva
persone di tutti i popoli e nazioni accettare Gesù come Signore e Salvatore e credere
all’Evangelo. Da quando
Paolo scriveva cosi sono passati più di 1.900 anni. Ma anche noi faremmo bene a riconoscere nel nostro tempo i segni che confermano la nostra
speranza nel regno di Dio,
perché la speranza del Regno
continua ad essere, insieme
alla riconoscenza per Je benedizioni ricevute, un sicuro
fondamento per l’impegno
nella vita cristiana. Il carattere calvinista della nostra fede
ci suggerisce che l’impegno
cristiano dev’essere disinteressato. Un grande principe
riformato, Guglielmo il Taciturno, diceva che «non c’è bisogno di sperare per intraprendere, né di riuscire per
perseverare».
Tuttavia la Bibbia parla della speranza come di una delle
grandi molle della vita di fede. L’epistola agli Ebrei ricorda il cammino di Abramo che
si mise in marcia, abitando in
tende come poi anche Isacco
e Giacobbe, perché erano tutti
«eredi della promessa» e
aspettavano la città che ha le
vere fondamenta e il cui architetto e costruttore è Dio
(Ebrei 11, 8-10). Anche il popolo dell’Esodo, sotto la guida di Mosè, è una comunità
pellegrina, spinta dalla speranza della Terra promessa. E
di nuovo lo è la comunità degli esuli in Babilonia, che
spera ardentemente, rincuorata dai suoi profeti, di poter
tornare alla sua terra e ricostruire le mura e il tempio di
Gerusalemme.
«Venga il tuo Regno»
Nel Nuovo Testamento la
speranza diventa attesa
del Regno: basti ricordare che
il «Padre Nostro» contiene la
domanda: Venga il tuo Regno! (Matteo 6,10a). E a questa attesa si associa quella del
ritorno del Signore, come dice il penultimo versetto della
Bibbia: Amen, vieni Signor
Gesù! (Apocalisse 22,20). È
dunque del tutto legittimo lo
spazio dato alla speranza nella nostra vita di fede, ma a
due precise condizioni.
1) Che lo sguardo proiettato sulle realtà future non ci
faccia chiudere gli occhi alle
benedizioni del presente.
Qualche volta possiamo essere tentati di dare importanza
solo al futuro di Dio e di considerare la vita presente come
un cammino in una «valle di
lacrime». Ma fare questo significa dimenticare che Dio è
presente già ora, in questa vita, e che le sue benedizioni si
rinnovano ogni mattina! Significa escludere dalla nostra
fede tutto il tema della riconoscenza per i doni di Dio. E
abbiamo visto un momento fa
che la riconoscenza per i doni
di Dio dev’essere una delle
molle della vita cristiana. Noi
soffriamo troppo spesso del
vizio di piangerci addosso,
come il profeta Giona che si
lamentava perché era seccata
la pianta di ricino che gli dava
un po’ d’ombra, e si dimenticava di rallegrarsi perché la
città di Ninive, con i suoi
120.000 abitanti, aveva dato
retta alla sua predicazione e si
era pentita delle sue colpe.
Dimenticare la realtà delle benedizioni di Dio in questa vita
significa praticamente negare
che Dio esista e operi con potenza anche attraverso la nostra debolezza e nelle contraddizioni della storia.
2) La seconda condizione è
che la speranza, cioè l’attesa
del Regno, non paralizzi ogni
nostro impegno di fede e
d’amore per i nostri fratelli e
per tutti gli uomini nostri
compagni di strada in questa
vita. È una tentazione antichissima: l’apostolo Paolo
esortava già i Tessalonicesi a
non diventare sterili nell’attesa del giorno del Signore, ma
a lavorare e a impegnarsi. E
anche il nostro brano di Romani 12 e 13, con le sue bel
lissime esortazioni alla vita
cristiana, precisa che la speranza non annulla affatto
l’impegno. Anzi: alla fine della serie di appelli all’amor
fraterno, al perdono, alla testimonianza dell’esempio. Paolo
conclude: «E questo dovete
fare tanto più che vi rendete
conto del tempo in cui viviamo: la notte è avanzata, il
giorno è vicino...». La speranza cristiana non dev’essere
un freno all’obbedienza e
all’impegno, anzi: queste cose
sono tanto più necessarie, in
quanto il giorno della promessa di Dio si avvicina.
Le armi della luce
Anche noi siamo un popolo in marcia, e anche
noi, come i lettori della Lettera ai Romani, siamo chiamati a rinnovare il nostro impegno e la nostra vita cristiana: a «indossare le armi della
luce», che sono la spada della
Parola, la potenza dello Spirito, la forza dell’amore di Cristo che supera tutte le barnere e vince tutte le resistenze.
Possiamo avere l’impressione che sia difficile: ma allora
ricordiamoci delle due molle
della vita cristiana, la riconoscenza e la speranza. Apna'
mo gli occhi alla benedizioni
che Dio ha riversato sulla nostra vita, e camminiamo con
fiduciosa speranza nella promessa di una benedizione ancora più grande: quella del
regno di Dio.
Trasformati dalla riconoscenza e allietati dalla speranza potremo superare le
difficoltà di questo mondo e
dare a Dio e a tutti gli uomini
quella testimonianza di fede,
di amore e di servizio che
Dio si aspetta da noi. Gonne
dice l’inno n. 8 dell’Innario
cristiano alla fine della seconda strofa: «Dal popolo
tuo che spera in Te/ con obbediente e lieta fè/ si compii
il tuo volere».
7
Spedizione in abb. postale/50 - Torino
In caso di mancato recapito si prega restituire
ai mittente presso i’Ufficio PT Torino CMP Nord.
L'Editore si impegna a corrispondere
ii diritto di resa.
Fondato nel 1848
^ Ayy ■ ■
-■ .U:.
8 SEHEMBRE AL BAGNÔOU
Domenica 3 settembre al Bagnòou di Angrogna verrà
coinmernorata la ricorrenza dell’S settembre 1943 presso la
lapide di Jacopo Lombardini. All’orazione ufficiale seguiranno canti e pranzo al sacco.
_Delle
VENERDÌ 1® SETTEMBRE 1995 ANNO 131-N. 32 LIRE 2000
■.iìl.'
mam
Fra pochi giorni, in Piemonte rii settembre, le
aule scolastiche vuote da tre
mesi si riempiranno di nuovo;
per la prima volta, dopo
l’abolizione dell’esame di
riparazione, gli studenti affronteranno il primo periodo
con i corsi di recupero. Sarà
l’anno dell’innalzamento
dell’obbligo scolastico a 16
anni? Quello del contratto per
il personale della scuola atteso dal ’90? Sarà certamente
un anno caratterizzato dal
graduale ma continuo processo di chiusura delle scuole
sottodimensionate e fra di esse a soffrirne di più saranno
quelle di montagna.
Sarà, forse, l’anno della trasparenza; finalmente. Un recente decreto del presidente
TRA SCUOLE, GENITORI E ALLIEVI
UN CONTRATO
MARCO ARMAND HUGON
del Consiglio ha varato la cosiddetta «Carta dei servizi
scolastici» che ogni istituto
avrà l’obbligo di adottare entro la metà di ottobre. Ogni
scuola dovrà elaborare un
progetto educativo e criteri di
utilizzazione delle risorse,
procedere alle modifiche dei
regolamenti con precisi impegni riguardanti gli usi degli
■spazi scolastici, la vigilanza
degli alunni, le modalità di
comunicazione con studenti e
famiglie..., stilare una puntuale programmazione educativa e didattica, stipulare una
sorta di «contratto formativo»
con l’allievo e i genitori che
dovranno conoscere gli obiettivi didattici, il percorso per
raggiungerli, le varie fasi del
passaggio. I genitori potranno
al riguardo esprimere pareri e
proposte. Norme precise dovranno essere stabilite anche
Occupazione
In Piemonte
segnali
di ripresa
Secondo le più recenti rilevazioni Istat sulle forze lavoro nel primo quadrimestre del
1995 il Piemonte vede un
complessivo miglioramento.
I settori che restano critici sono l’agricoltura e l’industria
delle costruzioni, con un saldo pesantemente negativo
(17.000 unità perse sia in
agricoltura che in edilizia).
Appaiono invece incoraggianti i dati relativi aH’industria
manifatturiera e al terziario
per cui nella nostra regione
i’allargamento della base occupazionale ha raggiunto, secondo le rilevazioni semestrali, le 7.000 unità nei servizi e
le 14.000 nelle attività produttive interamente nel primo semestre di quest’anno. Emerge
poi che l’industria piemontese
sta tirando la ripresa; infatti il
Piemonte appare la regione
più dinamica, seguita dalla
Liguria e dal Veneto.
Sul fronte dell’offerta di lavoro si va verso una situazione più rasserenante, con una
forte impennata della disoccupazione rilevata secondo i
dati Eurostat a gennaio, ma in
aprile si è assistito a una flessione significativa concentrata tra gli uomini, mentre la.
pressione dell’offerta femminile si è mantenuta elevata. Il
tasso di disoccupazione, arrivato a gennaio al 9,2%, è
sceso ad aprile al 7,8%, contro un dato medio del 6,6%
nel Nord Italia e del 12% a livello nazionale. Nel quadrimestre gli avviamenti aumentano del 45% circa nei confronti del medesimo periodo
dell’anno precedente, raggiungendo il 67% in provincia di Torino.
La crescita degli avviamenti è più accentuata fra gli uomini, ma il divario con le
donne è limitato. È significativo poi il fatto che la maggior parte degli avviamenti al
lavoro è a tempo indeterminato (16.000 su 23.000 circa).
Operatori dei servizi pubblici e volontari in piazza con un tavolino a Torre Pellice
Aids: prima di tutto serve l^nformazione
PIERVALPO ROSTAN
Grazie alla collaborazione
e alla solidarietà tra più
gruppi e persone nell’assolata
domenica di inaugurazione
del Sinodo Torre Pellice, gremita come ogni anno in quest’epoca, ha visto la sua prima
giornata dedicata alla prevenzione e all’informazione
sull’Aids. Si tratta di un’iniziativa, a detta di operatori sanitari ed esponenti delle varie
associazioni che l’hanno realizzata, quanto mai necessaria
sia perché il territorio valligiano è pesantemente colpito
dal problema Aids sia perché
sino ad oggi poco o nulla era
stato fatto in questo senso.
«L’idea è nata dalla consapevolezza della disinformazione - spiega Erio Legger,
uno dei principali promotori sia tra i giovani che tra i meno giovani e sono bastati alcuni contatti con gli operatori
locali del Sert per realizzare
questa che vuole essere solo
la prima di una serie di iniziative. Grazie anche alla
partecipazione di alcuni musicisti abbiamo cercato di colorare con musica e fiori un
Verifiche su campioni di sangue per accertare la presenza del virus
problema molto drammatico,
che ancora oggi si conosce
poco e male, di cui molti qui
come altrove non hanno il coraggio di parlare, mettendo a
disposizione volantini, depliant, libri e la presenza di
operatori sanitari».
Al di là delle cifre sull’entità della diffusione dell’Aids
in vai Pellice sembra dunque,
anche dalle reazioni quanto
mai incoraggianti di quanti si
sono avvicinati ai banchi presenti in più punti del paese,
che il problema è sentito e che
una giornata come questa sia
stata un’occasione molto importante per il territorio. «Sino ad oggi - dice Maurizio
Martucci, del Sert di Torre
Pellice - abbiamo lavorato e
investito poco sulla prevenzione, dedicando le nostre
forze all’assistenza di quanti
sono già ammalati. Da tempo,
per esempio, esiste il cosiddetto “pulmino della salute”,
ovvero una Panda rossa
dell’Usl 10 che fa la spola
con l’Amedeo di Savoia di
Torino, dove si recano a diverse scadenze mensili sia
quanti sono già colpiti dal vi
rus Hiv, sia quanti presentano
i primi sintomi, sia chi è sieropositivo ma asintomatico. A
questo si aggiunge l’assistenza domiciliare integrata per
quanti ormai in fase terminale
hanno scelto di avvalersi di
questo servizio. Questa giornata è il primo momento di
una nuova fase di intervento,
ovvero di apertura alla popolazione del territorio, spesso
gravemente disinformata».
La giornata è stata anche
l’occasione per far incontrare
in vai Pellice gli operatori sanitari locali con alcuni esponenti della Lega italiana per la
lotta all’Aids, la Lila; Piercarlo, della Lila di Torino, che ha
trascorso la giornata parlando
con la gente assicura: «Abbiamo avuto un’accoglienza più
che benevola e questo significa per noi, per il Sert e per le
altre associazioni impegnate
in valle per la prevenzione
del disagio, uno stimolo importante per proseguire su
questa strada; c’è davvero un
gran bisogno di parlare di
questa malattia: troppi pensano che non li possa riguardare, confinandola in particolari classi sociali».
Vorrei, per una volta, utilizzare questo spazio di solito riservato ai ricordi non per parlare del passato ma per
protestare pubblicamente contro il modo
in cui la storia viene, a volte, indegnamente deformata: il che in Italia si traduce spesso nel farci diventare tutti cattolici e qualcuno anche santo.
• Il fatto è avvenuto di recente alla
Stampa di Torino, giornale solitamente
ben fatto ma che gli operai di Agnelli
non avevano tutti i torti nel chiamare
scherzosamente «La busiarda». Nel riferire di una visita del vescovo di Ivrea,
Luigi Bettazzi, al parco del Gran Paradiso e parlando del rifugio Jervis a Pian del
Nel, viene affermato in un articolo che
esso «è dedicato al giovane partigiano
cattolico di Ivrea per il quale è iniziato
un processo di beatificazione». Notizia
assurda, che certamente non deve essere
venuta da Bettazzi: i direttori dei giornali
non dovrebbero essere «responsabili»
dell’esattezza di ciò che pubblicano?
IL FILO DEI GIORNI
WILLY JERVIS
MARCO ROSTAN
«Ricordiamo che Willy Jervis era nato
a Napoli, era ingegnere dell’Olivetti, fu
partigiano prima in Val d’Aosta e poi
nelle valli valdesi, commissario delle
formazioni Giustizia e Libertà, arrestato
dalle Ss, torturato nelle carceri “Nuove”
di Torino, poi ucciso a 42 anni sulla
piazza di Villar Pellice nella notte fra il
4 e il 5 agosto 1944: era un credente
valdese, di famiglia valdese, profondamente radicato nella sua fede evangelica. Altro che processo di beatificazione»
scrive il moderatore della Tavola valdese, Gianni Rostan, in una lettera che La
Stampa non ha pubblicato integralmente
pur accettando di rettificare la notizia in
un trafiletto di cronaca.
«Prima di inventare delle notizie prosegue Rostan - sarebbe bene controllare i fatti, facilmente controllabili del
resto, dato che a Ivrea tutte le persone
sopra i 50 anni ricordano sicuramente
Willy Jervis (la strada di fronte agli stabilimenti è dedicata a lui!) e hanno letto
la sua ultima lettera alla moglie Lucilla
Rochat, incisa con uno spillo sulla copertina della sua Bibbia prima di essere
ucciso (e pubblicata in “Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana” di Einaudi)».
Sembra che per molti dei nostri giornalisti il processo di cattolicizzazione non
sia finito né nel ’600 né con le Intese; essi sono poi particolarmente zelanti nel
servire il Vaticano e nell’interpretare le
encicliche: ma anziché «Ut unum sint»
sembra che leggano: «Ut unicum catholicum sint». Ma non sarà poi questo, in
fondo, il vero desiderio?
per le procedure amministrative (celerità delle procedure,
flessibilità degli orari degli
uffici ecc.).
La «Carta dei servizi», che
dovrà essere elaborata con la
partecipazione attiva di tutte
le componenti scolastiche
verrà deliberata dal Consiglio
di circolo/istituto, sarà vincolante per tutti e dovrà essere portata a conoscenza degli
utenti del servizio. Con questo nuovo anno potremmo
quindi trovarci di fronte a un
interessante passo avanti verso l’autonomia della scuola:
ma tutto questo avverrà solo
se tale «carta» non sarà concepita come l’ennesimo adempimento burocratico ma
come possibilità di dialogo
tra soggetti diversi.
In Questo
Numero
Pianeta anziani
Nelle valli vìaldesi sono
molti gli istituti per anzia
ni, al completo e con lunghe liste d’attesa. I prò
blemi maggiori vengono
dai costi, dall’aumento delle rette e da un’attenzione
da parte delle famiglie che
non sempre raggiunge la
sufficienza. Occorrerebbero quindi più sensibilità e
una maggiore applicabilità
di alcune disposizioni.
Pagina II
Consiglio regionale
Un aumento dell’indennità giornaliera e dei rimborsi ai consiglieri regionali ha fatto molto discutere nel corso di una seduta
di fine luglio. Il provvedimento rientra nel quadro di
alcune disposizioni in vigore da questa legislatura
spilo status dei consiglieri
e dei gruppi consiliari.
Pagina II
Cioccolata
Decisamente la vai Pellice è zona favorevole alla
produzione dolciaria. Oltre alle «storiche» e ormai
molto conosciute Caffarel
e Morè, è da poco attivo a
Luserna San Giovanni un
nuovo laboratorio artigianale. Abbiamo incontrato i
titolari di questa coraggiosa attività che attende un
lancio definitivo.
Pagina IH
Torre Pellice
Basta dare un’occhiata
ai registri anagrafici e si
scopre che Ìotre Pellice,
cittadina che d’estate, per
tradizione e vocazione culturale, ospita visitatori provenienti da molti paesi, già
tutt#l’anno è abitata da
cittadini e cittadine di molte nazionalità. In maggioranza sono nordafricani
ma anche latinoamericani.
Pagina III
8
PAG. Il
t Eco Delle vai.o ^ldesi
VENERDÌ 1® SETTEMBRE 1995
La fontana del Serre a Angrogna
GRANDINE: RISARCIBILI SOLO SE ASSICURATI — I
danni agricoli causati dalla grandine possono ottenere un risarcimento soltanto se l’agricoltore ha stipulato, tramite i
consorzi di difesa, una specifica polizza di assicurazione, come previsto dalla legge 185 del 14.2.1992, norma statale che
regola il Fondo di solidarietà nazionale. L’assessorato
all’Agricoltura della Regione Piemonte, a seguito delle grandinate verificatesi nei giorni scorsi, ricorda che per tali polizze assicurative la legge 185/92 prevede agevolazioni, tra cui
un contributo del 50% sul premio versato dall’agricoltore.
«Non vi è nessun obbligò a stipulare contratti assicurativi dice l’assessorato - ma la decisione di non sottoscrivere polizze presso le compagnie autorizzate ad esercitare nel “ramo
grandine” è da considerarsi come rischio d’impresa».
MATERIALI ILLUSTRATIVI SUGLI STAMBECCHI —
Il progetto Interreg tra la Comunità montana vai .Pellice e il
confinante Parco naturale del Queyras ha permesso il consolidamento della piccola colonia di stambecchi immessi a
partire dagli armi ’70 nell’oasi faunistica del Barant (Bobbio
Pellice) con la reintroduzione sul vicino versante francese
dell’alta valle del Guil e con un programma di controllo degli animali attuato con radiocollari. Per divulgare la storia
della reintroduzione dello stambecco nel Massiccio del
Monviso è stato realizzato un pacchetto didattico-informativo costituito da una mostra fotografica, un opuscolo e un
poster; la mostra, attualmente itinerante nei Comuni della
vai Pellice, sarà a disposizione di enti e associazioni interessati ad esporla e utilizzarla, mentre opuscolo e poster sono
in distribuzione gratuita presso l’Ufficio tecnico della Comunità montana vai Pellice (via Caduti per la libertà 6, Torre Pellice, tei. 0121-953131 e 932262).
PENSIONATO MUORE NEI BOSCHI DI ANGROGNA —
Venerdì pomeriggio 25 agosto è stato recuperato nei boschi
di località Laugiard in vai d’Angrogna (1.200 m.) il co^o
senza vita di Eli Amberti, 73 anni, residente a Torre Pellice.
Il cadavere, trovato in mattinata da un cercatore funghi, Corrado Gamba, è stato recuperato dall’elisoccorso di Savigliano chiamato dal Soccorso alpino di Torre Pellice intervenuto
sul luogo insieme ai carabinieri di Lusema San Giovanni. La
morte deU’uomo, molto probabilmente colto da malore mentre cercava funghi, risaliva a parecchi giorni prima, ma nessuno ne aveva segnalato la scomparsa.
ANCORA UN FURTO — Nella giornata di sabato 26 agosto,
presso la Casa unionista della chiesa valdese di Torre Pellice, è stato compiuto un furto ai danni delle signore che stavano preparando il bazar per l’apertura del Sinodo. Mentre
il gruppo era impegnato negli ultimi lavori, i soliti ignoti si
sono introdotti nelle stanze della casa e hanno sottratto dalle
borse alcune somme in denaro.
COMUNITÀ MONTANA VAL PELLICE: VERSO LA
NUOVA GIUNTA? — Dovrebbe essere convocato per i
primissimi giorni di settembre (si parla di lunedì 4) il nuovo
Consiglio della Comunità montana vai Pellice per nominare
la giunta. Il programma è ormai definito, così come gli accordi fra le forze politiche; a meno di sorprese la giunta sarà
composta Giorgio Cotta Morandini, presidente, laburista.
Mauro Pons, vicepresidente, indip. di sinistra, e da Giorgine Cesano, Elda Bricco e Marco Grand (Ppi), Bruna Peyrot
e Marco Tumminello (indip. di sinisfia) assessori.
ARTE RUPESTRE: NASCE LA CHARTA DI PINEROLO
— Nell’ambito del congresso intemazionale di Arte rupestre che vedrà riuniti al Politecnico di Torino trecento fra i
più importanti esponenti del mondo della ricerca sull’arte
mpestre, il 5 settembre tutti i delegati si trasferiranno a Pinerolo per compiere un importante atto: la firma di un documento che codificherà le linee guida, il comportamento
etico e la deontologia professionale per la salvaguardia
deir arte rupestre del mondo; questo atto si chiamerà «La
Charta di Pinerolo» e impegnerà particolarmente alla divulgazione dei principi etici nel campo dell’arte rupestre.
DON CIOTTI CONTRO LE MAFIE A TORRE PELLICE
— L’Associazione pace e La bottega del possibile hanno
organizzato per la sera di martedì 5 settembre un incontro al
cinema Trento a sostegno della campagna per la confisca
dei beni ai mafiosi e ai corrotti e perché i medesimi siano
devoluti a gruppi e associazioni con finalità sociali. Interverranno don Luigi Ciotti e il magistrato Elvio Passone.
UN TRAFFICO DI AUTO RUBATE PARTIVA DA SAN
SECONDO — È stato arrestato giovedì scorso nella sua
abitazione di San Secondo Alfonso Fiorentini, 34 anni, con
l’accusa di avere messo in piedi, con numerose altre persone, un’organizzazione per il traffico di auto rubate nel Nord
Italia. L’indagine è partita da un’autovettura regalata alla fidanzata e successivamente risultata rubata e col numero di
telaio modificato. Nell’abitazione della donna sono stati poi
trovati vari libretti di circolazione e di proprietà che hanno
permesso di collegare Fiorentini ad altri personaggi operanti in Lombardia. L’uomo, già qualche anno fa, allora residente in vai Pellice, era stato coinvolto in analoghi episodi
di criminalità organizzata.
1 nostri istituti di fronte agli aumenti delle rette e lo scarso interesse delle famiglie
L^anzìano non può essere abbandonato
PIERVALDO ROSTAN
Una delle osservazioni più
comuni che vengono fatte alle case di riposo per an-.
ziani è quella relativa ai prezzi troppo alti. «Io non potrò
mai andarci, la mia pensione
non me lo consente». Quante
volte si sono sentite frasi simili! «Pur essendo vero per
molti - dice il pastore Paolo
Ribet, presidente della Commissione sinodale per la diaconia - un’osservazione di
questo tipo diventa semplicistica se non è seguita immediatamente da tutta una serie
di osservazioni, la prima delle
quali riguarda il servizio. Se
una persona è autosujficiente'
nelle case di riposo della
Chiesa valdese spende mediamente sul milione e mezzo al
mese tutto compreso. E questo significa non solo avere
un pasto caldo, ma soprattutto avere del personale che si
prende cura di te di giorno e
di notte e per tutti i mesi dell’
anno. Questa è la spesa più
alta ed è anche la garanzia
che tutto sommato l’ospite di
una casa richiede. Perché
molti sono i motivi per cui
una persona anziana decide
di trasferirsi in una casa di riposo, ma la principale è proprio data dal fatto che lì si
sente sicura, protetta».
La situazione cambia però
se non si è più autosufficienti
(e sempre più negli istituti è
così). «Se non si è autosufficienti e non ci si può gestire
da soli - prosegue il past. Ribet - si devono aumentare le
cure e di conseguenza aumentano le spese. Si parla allora di circa due milioni e
settecentomila al mese, inav
L’Asilo di San Germano
vicinabili per chiunque, ma
non bisogna dimenticare che
un non autosufficiente ha diritto di vedere pagata dall’
Usi una parte della retta. Ma
qui sorgono i problemi, perché lo stato impone dei livelli
molto alti di assistenza (ed è
giusto che sia così) ma poi
cerca di non pagare quelle
spese che derivano dalle sue
scelte. E corretto infatti che
10 stato non permetta che gli
anziani diventino un oggetto
di speculazione e che vengano maltrattati, ma bisognerebbe ricordare a chi fa le
leggi che, se si impongono
delle regole, bisogna mettere
11 cittadino nella condizione
di poterle rispettare».
Nel concreto di una casa
appena ristrutturata compietamente copie l’Asilo dei vecchi di San Germano tutto
questo che cosa può significare? «Le rette sono destinate
ad aumentare - afferma il direttore, Giorgio Baret - in
conseguenza degli standard
di servizi sempre più elevati;
ma se non interviene l’Usl chi
pagherà? Già attualmente la
retta per non autosufficienti è
di 2.794.000 lire, è ferma al
’94 ed è al di sotto dei còsti
reali. Così ci troviamo nelle
condizioni di fare economie
in ogni dove è possibile; nel
contempo abbiamo cercato di
seguire le situazioni di molti
ospiti in fatto di pensioni, seguendo tutto l’iter delle pensioni di invalidità, di assegno
di accompagnamento, in modo da ridurre di molto le situazioni in cui gli ospiti non
riuscivano a pagare la retta
intera (e infatti oggi vi sono
solo più quattro casi)».
Questo in una casa completamente rinnovata, con 95 posti e una lista d’attesa di 138
persone autosufficienti e 200
non autosufficienti a cui vanno aggiunti quelli in lista
presso l’Usl. E queste liste
sono probabilmente anche il
risultato di un lavorp condotto quotidianamente. Gli ospiti
non vengono abbandonati su
una sedia o in un letto ma
vengono accuditi, seguiti e
tutto questo ha un costo; ma
torniamo alla domanda iniziale: chi potrà pagare? «Una risposta - conclude Paolo Ribet - è già stata data: lo stato
deve garantire il suo sostegno per tutte quelle persone
che ne hanno diritto secondo
la legge, e poi ci sono i parenti. Io sono convinto che i
figli abbiano l’obbligo di sostenere i genitori, spesso invece avviene il contrario, che
i figli godono delle proprietà
dei genitori (case, terreni,
pensioni) e lasciano che altri
si occupino di loro.
Infine c’è la chiesa, che
può intervenire in vari modi:
in primo luogo gestendo le
case, poi favorendo il volontariato, sia attraverso visitatori che vadano a trovare la
gente a casa permettendo, a
chi può; di restare a casa
propria sia facendo mille piccole cose utili nelle Case e
aiutando così a tenere i prezzi un po’ più bassi. Infine istituendo delle specie di “borse” per integrare le rette di
chi proprio non ci arriva.
Perché non si potrebbe istituire nelle nostre chiese una
somma annua per aiutare un
fratello o una sorella che deve entrare in una casa di riposo, ma non ne ha la possibilità finanziaria? Infondo la
“borsa dei poveri ” è una delle istituzioni diaconali più
antiche della chiesa valdese».
Un provvedimento del Consiglio regionale
Ora ì consiglieri
costano di più
Nella seduta del 25 luglio,
il Consiglio regionale ha approvato due proposte di legge, presentate dalTUfficio di
presidenza del Consiglio regionale, per la modifica allo
status dei consiglieri e dei
gruppi consiliari. Si tratta di
provvedimenti che aumentano tra l’altro l’entità dell’indennità giornaliera e i rimborsi spese dei consiglieri,
dei presidenti di commissioni
e di gruppi consiliari; per i
gruppi, aumenta anche iì numero di personale.
Ne ha illustrato i dettagli il
vicepresidente del Consiglio
regionale, Sergio Deorsola,
ribadendo il costo della politica per i singoli uomini impegnati «soprattutto oggi che
i partiti hanno perso parte del
loro ruolo e della loro organizzazione». Critico Pasquale
Cavaliere (Verdi) per il quale
«il provvedimento genera
qualunquismo tra i cittadini»;
Piergiorgio Peano (Popolari)
ha spiegato che, pur facendo
parte dell’Ufficio di presidenza, non si è sentito di firmare
il testo di legge che raddoppia
l’indennità giornaliera dei
consiglieri regionali, perché è
«una prova di forza che poteva essere evitata».
Gipo Farassino, della Lega
Nord, si è detto favorevole
«solo alla parte che riguarda
l’aumento di personale ai
gruppi consiliari». La prima
proposta di legge è stata approvata con 49 sì, l’astensione di Saitta (Popolari) e il voto contrariò di Cavaliere,
Peano e dei quattro consiglieri regionali di Rifondazione
comunista. La seconda proposta di legge, che aumenta
l’indennità ai presidenti dei
gruppi consiliari, è stata approvata con 45 sì, il voto
contrario di Cavaliere e
l’astensione di Lega Nord e
Rifondazione comunista.
Collegio valdese di Torre Pellice
Organizzato un corso
per guide turistiche
Aula del Consiglio regionale
Sono aperte le iscrizioni al
corso di preparazione all’esame provinciale per ottenere il
patentino di guida turistica. 11
corso è stato autorizzato dalla
Regione Piemonte che ne riconosce la validità a tutti gli
effetti, è stato realizzato con il
contributo degli enti locali interessati al Pinerolese ed è riservato a 25 partecipanti, con
priorità ai residenti nel territorio delle Comunità montane
vai Pellice, valli Chisone e
Geimanasca e del Comune di
Pinerolo.
Il programma è quello
regionale e prevede lezioni
teoriche e pratiche, sia in sede
(Torre Pellice, Pinerolo, Porosa Argentina), sia presso musei e siti turistici. L’ammissione ai corsi è subordinata al
superamento di una prova di
selezione attitudinale finalizzata all’accertamento del possesso da parte del candidato
dei seguenti requisiti: buona
conoscenza di una delle lingue straniere previste nel corso, in particolare per quanto
riguarda l’esposizione e la
conversazione; capacità organizzative; facilità di espres
sione e comunicativa; precedenti esperienze nel settore
anche a livello volontaristico.
Inoltre sono richiesti: cittadinanza italiana o di altro stato membro della Cee; diploma di scuola media superiore
(o titolo estero equipollente);
buona conoscenza di una lingua straniera, a scelta tra
francese, inglese e tedesco;
idoneità psicofisica attestata
da certificato medico rilasciato in data non anteriore ai tre
mesi; compimento del 18“
anno di età; versamento di
una quota di partecipazione
di £ 100.000, unica spesa da
sostenere.
Il corso si tiene tutti i pomeriggi dal lunedì al venerdì
(ore 15-19) dal 6 ottobre al
22 novembre; non c’è obbligo di frequenza. La quota di
iscrizione è da versare in c/c
al momento dell’invio della
domanda, da inoltrare entro il
21 settembre 1995. In caso di
mancato accoglimento la
quota sarà restituita.
Richiedere il modulo di
iscrizione, anche telefonicamente o via fax, al Collegio
valdese, n. 0121-91260.
9
venerdì 1^ SETTEMBRE 1995
E Eco Delle Yallì moESi
PAG III
Ha da poco iniziato l'attività un laboratorio artigianale a Luserna
La tradizione del cioccolato
Da circa due mesi in vai
Pedice opera un laboratorio
artigianale per la produzione
di cioccolata; quella che una
semplice insegna collocata
lungo la strada provinciale
della vai Pellice, nel centro
abitato di Luserna San Giovanni. definisce «Cioccolateria» è una nuova esperienza
di lavoro per tre giovani della
valle, con storie e attività diverse fra loro: uno ha già
svolto l’attività di pasticcere
ma un altro, tanto per fare un
esempio, fino a qualche anno
fa stampava il nostro settimanale alla vecchia «Subalpina»
di Torre Pellice.
La vai Pellice si conferma
terra della cioccolata; dopo
marchi fapiosi come «Caffarel» 0 «Morè» è la volta di
questo piccolo laboratorio. Il
confronto può sembrare irriverente (le dimensioni sconsigliano in effetti ogni tipo di
paragone) e tuttavia a noi
piace pensare ad una ulteriore qualificazione della valle
in.questo settore. E in effetti
grazie ad alcuni buoni contatti sono già in pista le prime
commesse; «Con l’autunno spiega Sandro Travers, uno
dei tre «cioccolatai» - inizieremo la produzione a pieno
regime e alcuni negozi e ristoranti anche fuori del Pine-rolese si sono già dichiarati
iiiteressati ai nostri prodotti.
Chiaramente il nostro è un lavoro molto legato alle stagioni e ad alcune festività, come
Natale o la Pasqua. Non va
poi dimenticato che lavorare
il cioccolato d’estate, per ragioni di temperatura, è molto
difficile».
C’è molta manualità in
Il laboratorio con due dei titoiari
questa fase nell’attività; un
investimento di alcune decine di milioni è stato necessario per avviare la produzione,'
tuttavia il confezionamento è
totalmente manuale. «Vogliamo puntare - spiega Paolo Griglio - su un buon rapporto qualità-prezzo in un
settore come il nostro dove
spesso, grazie a confezioni
molto appariscenti, ci si può
trovare a pagare cifre di parecchie decine di migliaia di
lire al kg. I primi passi ci dicono che la clientela apprezza i nostri prodotti».
In effetti, pur se una parte
importante della produzione
dovrà essere avviata ai negozi
della zona, Sandro Travers,
Daniele Macello e Paolo Griglio, con una buona dose di
«fai da te» e buon gusto, sono
riusciti ad arredare il punto di
vendita diretta che è attiguo
al laboratorio e dove si possono trovare circa 25 tipi diversi di cioccolatini, in una stradina laterale di via 1° Maggio
a Luserna, proprio nella zona
in cui, guarda caso, alcuni decenni fa sorgeva Un’altra fabbrica di cioccolata.
Jorre Pellice: una personale del pittore evangelico
Bolley^ fantasìa e razionalità
ALBERTO CORSAMI
Una tensione continua tra
il sogno, il fantastico e la
razionalizzazione, il discorso
logico e formalizzato: stanno
aH’intemo di questi poli i dipinti di Eugenio Bolley, pittore evangelico che vive a Bardonecchia (e a Tokyo), nato a
Gap, e da quei monti trasferitosi per l’estate con la sua
nuova mostra al Centro culturale valdese.
Tutta l’opera di Bolley è
una ricerca sui modi per dare
una forma ai pensieri: il tratto
che sembra puramente astratto, le linee che sembrano rimandare a se stesse, in realtà
di quadro in quadro si trasformano in lettere e alfabeti. I
segni che ci circondano vivono di vita propria, e testimoniano di come la ricerca formale, nei veri artisti, vada di
pari passo con l’espressione
di una visione del mondo: affermare, come sembra fare
Bolley, che i segni hanno una
loro autonomia può significare infatti che essi possono
sfuggirci. Che gli strumenti
INFORMAGIOVANI
"" VALPELIICE
Via Roma 45
, Luserna S. Giovanni
0121/900245:
informazioni su
^ sport, scuòla, lavoro,
musica, viaggi,
tempo libero
Lunedi e venerdì ?
ore 14' 17 s«?.®
Vocalizzi all’asilo (1995)
del comunicare prendono le
leve del comando. O forse
che siamo noi a non saper più
come utilizzarli...
Questa almeno era l’impressione fino alla mostra
dell’anno scorso alla galleria
«La Bussola» di Torino, che
infatti si intitolava Alfabeto
per una nuova Babele. Questa
del Centro culturale affianca a
pezzi «storici» altre creazioni
e sposta il tiro, è un’ulteriore
tappa di una riflessione che è
anche spirituale: forse non
tutto è perduto, in questo
mondo dove la comunicazione è troppa fra le macchine e
troppo poca fra gli individui;
forse dobbiamo riscoprire le
potenzialità del linguaggio
(Dal silenzio originario ai se
gni è il titolo della mostra).
Così il filosofo stinta di fronte alle stelle forse ha còminciato a reimparare a conoscere l’universo; comunque manifesta lo stupore, che è quello davanti alla meraviglia della creazione e che si ritrova in
molti Salmi. E così i «Vocalizzi all’asilo» (1995) uniscono la ricerca del segno grafico alla spontaneità del fanciullo, segno di speranza e di
fiducia nella vita. La mostra
presso il Centro culturale valdese a Torre Pellice è aperta
fino al 5 settembre con il seguente orario: lunedì, martedì, mercoledì, venerdì ore
14-17; giovedì, sabato e domenica ore 15-18 presso la
Saia Paschetto.
Midollo osseo
Centomila
possibili
donatori
Il 18 luglio, l’Associazione
per il dono del midollo osseo
del Piemonte, di cui è presidente il sig. Mario Bella di
Villar Perosa, padre del giovane Rossano morto di leucemia alcuni anni or sono, ha
raggiunto l’obiettivo posto
cinque anni fa di 100.000 potenziali donatori di midollo
osseo. «In questo modo spiega Mario Bella - ogni
ammalato candidato al trapianto ha il 51% di possibilità
di trovare un donatore compatibile per poter continuare a
vivere. Naturalmente questo
risultato è soltanto un punto
di partenza: la lotta alla leucemia è una costante “battaglia per la vita”».
Pinerolo
Centralina
contro
l'inquinamento
L’amministrazione provinciale di Torino ha deciso,
congiuntamente con l’Enea,
di procedere all’attivazione,
nella piazza III Alpini, di una
centralina per il rilevamento
dell’inquinamento atmosferico. La centralina è dotata di
un anemometro e fornirà i dati necessari allo studio dell’
aria cittadina.
Poesia
Una stella
sempre viva
Se nella' nostra società molte cose non ci piacciono, se i
ritmi della vita ci travolgono,
se i rapporti con gli altri sono
difficili e spesso deludenti, se
l’orizzonte di molte persone
confina con quello fornito
dalla televisione, se insomiha
la vita che ci circonda e che
conduciamo è triste, vuota o
priva di significato, la poetessa Giustina Viarengo, sensibile autrice valligiana, ci suggerisce di non dimenticare che
una cura efficace è la poesia.
Ma, attenzione: la poesia,
che secondo Viarengo è dentro di noi «accesa e bella come una stella sin da quando
veniamo al mondo» bisogna
volerla, ovvero non bisogna
negarla, ascoltando piuttosto
stupidi pettegolezzi, senza essere in grado di dare ascolto
alla «vocina che ci parla dentro con amore». Dunq^ue la
poesia come una via alternativa, secondo la poetessa già
autrice di «La vetta più alta»
che propone uno scorcio di
poesia, per suggerire ai lettore e alla lettrice un modo
buono di affrontare la vita, un
aiuto che tutti noi possiamo
facilmente trovare, prestando
nel silenzio dell’animo ascolto alla voce della poesia con
la «P» maiuscola, ribellandoci in questa maniera allè piccole e grandi violenze che ci
impongono, che subiamo.
Il fascino e la sensibilità dei
versi si possono ritrovare
nell’ultima raccolta di Giustina Viarengo «Sole in piena
sul fiume Alfèo» in vendita
alla libreria «Claudiana» di
Torre Pellice, «Elia» e «Il cavallo a dondolo» di Pinerolo.
Cittadini di molte nazionalità
La Torre
delle cento città
PIERVALDO ROSTAN
La Torre Pellice in questi
giorni invasa dai «sinodali», ricca di mostre e appuntamenti culturali è tale limitatamente al mese d’agosto. Con la fine delle giornate
storiche della Società di studi
valdesi il paese si svuota e
toma al solito andamento.
Tuttavia c’è una dimensione che superficialmente può
sfuggire e che dimostra come
Torre Pellice sia davvero un
paese senza frontiere; per una
cittadina di 4.800 abitanti è
infatti assai elevato il numero
di nazionalità presenti. Fra i
residenti troviamo cittadini
provenienti da Marocco, Albania, Germania, Gran Bretagna, Svizzera, Repubblica dominicana, Tunisia, Uruguay,
Francia, Romania, Stati Uniti,
Thailandia, Olanda, Sudan,
ex Jugoslavia, Madagascar,
Spagna: 17 nazionalità a cui
va ovviamente aggiunta quella italiana, fanno un bel panorama dove ogni parte del
mondo è rappresentata.
Alcune caratteristiche di
questa immigrazione sono
comuni alle tendenze assolute di altre zone d’Italia o del
Piemonte. La componente
extra Cee in termini assoluti
è rappresentata soprattutto da
quella marocchina con 28 residenti (in Piemonte 12.000
presenze su 45.000 permessi
di soggiorno a fine ’94) e subito dietro troviamo il nucleo
degli albanesi composto da
sette residenti. Per entrambe
queste nazionalità la stragrande maggioranza sono uomini, a conferma che da situazioni di povertà escono alla ricerca di lavoro soprattutto gli uomini che solo dopo.
eventualmente, chiamano le
donne. Questo tipo di immigrazione, anche se già presente in zòna in precedenza,
si è concretizzato soprattutto
negli ultimi 7-8 anni. È in assoluto una presenza di bassa
qualificazione professionale,
disposta (o spesso costretta)
ad accettare condizioni di vita assai precarie; gradualmente sta procedendo l’inserimento nel mondo della
scuola dei bambini.
Dietro altre immigrazioni ci
sono storie drammatiche, profughi di varie guerre e violenze, dall’ex Jugoslavia, ma anche dal Sudan: per qualcuno
c’è stato un buon inserimento
nella società e nel mondo del
lavoro, per altri un orecchio
sempre teso alle notizie
drammatiche che arrivano
dalla Bosnia.
Per fortuna non mancano
nemmeno le storie più liete e
coinvolgenti; dai paesi Cee
sono arrivati donne e uomini,
ma soprattutto le prime hanno
contratto matrimonio con valligiani: in molti casi il radicamento è stato totale, con l’acquisizione della cittadinanza
italiana: all’anagrafe non risultano nemmeno più essere
straniere. Non va dimenticato
infine un controesodo: in
questi anni dai paesi del Sud
America (segnatamente in
Uruguay) in cui a successive
ondate sono emigrate moltissime famiglie delle Valli, sono arrivati giovani, single o
famiglie, alla ricerca di un
miglior standard di vita che,
nonostante tutto, iTtalia sembra offrire: in questo caso
però, grazie a una rete di amicizie o addirittura di parentele, si è assistito a un inserimento quasi naturale.
Area metropolitana torinese
Biglietto integrato
per ì trasporti
Si è svolta il 24 agosto una
riunione tra Regione Piemonte, Provincia di Torino, comune di Torino e Atm-Trasporti
torinesi in relazione all’aumento delle tariffe di trasporto extraurbane in vigore
sull’intera rete Atm dal 1°
agosto e al progetto di tariffa
integrata dell’intera area metropolitana torinese. Ne è
emerso che gli aumenti relativi alla tratta extraurbana
avrebbero dovuto essere approvati in via preventiva dalla
Regione. Tocca alla Regione
infatti, secondo la vigente
normativa, stabilire le tariffe
minime per ogni tipo di servizio, distinte per zone ambientali e socio-economiche omogenee, nonché le tariffe effettive delle linee extraurbane.
Tutti si sono ritrovati d’accora
do sull’ipotesi di un biglietto
integrato tra Atm-Trasporti
torinesi e Ferrovie dello stato,
al fine di razionalizzare la rete
di mezzi pubblici e limitare
l’uso di quelli privati. Il progetto potrebbe essere avviato
già dal 1° gennaio 1996.
croci ugonotte in oro e argento
C v'A-ì tesi
&delmastro
(già homo)
I
via trieste 24, tei. 0121/397550 pinerolo (to)
10
PAG. IV
Alimentazione e mangiare sano
La ciotola
d^argilla
VALERIA FUSETTI
HO già parlato diffusamente della menta,
delle leggende che sono
fiorite attorno a questa
pianta e delle sue proprietà.
Se non ne avete fatto una
buona raccolta in luglio,
mese ottimale per il «tempo
balsamico», fatela pure ora:
le sue proprietà si saranno
attenuate ma non sono di
certo sparite.
Bagno rinfrescante
Per combattere il fastidioso prurito che spesso il clima caldo e umido dà alla
pelle non c’è niente di meglio che aggiungere all’acqua del bagno mezzo litro
di acqua in cui sia stata fatta bollire per pochi minuti
una buona manciata di foglie di menta. È un bagno
rinfrescante ed estremamente salutare per grandi e
piccini.
La menta può anche essere usata, mescolata con lavanda, per fare profumati
sacchettini antitarme da distribuire nei vostri cassetti e
armadi. Un mezzo cucchiaio di menta tritata è un
perfetto aromatizzante per
patate, zucchini e tegolini
cotti al vapore, con un filo
d’olio d’oliva extravergine
e un cucchiaio di gomasio.
Nelle giornate calde e umide è bene infatti mangiare il
più possibile verdure crude
o cotte al vapore e, naturalmente, frutta, come consigliano gli specialisti in
scienza dell’alimentazione:
infatti sudando si perde acqua e quindi sali minerali.
Riso di stagione
Un altro utile consiglio è
di diminuire la pasta e aumentare il riso, soprattutto
semintegrale o integrale.
Conditelo con abbondanti
verdure stufate: melanzane,
zucchine, cipolle, pomodori, peperoni, un filo d’olio
d’oliva e una cucchiaiata di
basilico sminuzzato. È un
piatto unico leggero e appetitoso. Una possibile variante, molto semplice, è quella
di aggiungere una manciata
di olive nere e due cucchiai
di formaggio a cubetti.
Qualche foglia di menta
sminuzzata aumenterà la
ricchezza del sapore e faciliterà la digeribilità dei piatti estivi.
Insalata greca
E un piatto unico particolarmente appetitoso. Ingredienti per 4 persone: 2 pomodori maturi grandi; 1/2
peperone verde (o del colore che preferite... digerire);
1 cipolla; 1 cetriolo; 1/2 lattuga; 12-16 olive nere snocciolate; 250 gr. di formaggio «feta» sbriciolato (oppure di toma tagliata a cubetti); 1 cucchiaio di aceto
di vino; 3-4 cucchiai di olio
d’oliva extravergine; sale e
pepe fresco.
Pulite e tagliate a pezzi
grossi le verdure e mescolatele bene in un’insalatiera.
Per il condimento mescolate bene olio, aceto, sale e
pepe da servirsi in una coppetta a parte. Cospargete
l’insalata con il formaggio e
le olive, senza mescolare.
Questo tipo di insalata, soprattutto se usate il feta, è
piuttosto ricco di sodio, per
cui chi ha problemi di questo tipo può mettere solo un
pizzico di sale per dare sapore, avendo l’accortezza di
eliminarlo dagli ingredienti
del condimento. In estate
comunque, salvo consiglio
medico, non è bene eliminare completamente il sale, '
poiché si corre il rischio di
abbassamenti improvvisi e
perniciosi della pressione.
A Frossasco il 3 settembre
Ritorna la
«Festa in musica»
A Frossasco ritorna la «Festa in musica» con concerti e
grigliata, il tutto per 10.000 lire. Quest’anno la parte musicale sarà decisamente interessante con il trio americano
«Neal Big Daddy» alle 20 e
gli «Africa Unite» alle 22. Per
la serata, che si svolgerà pres-'
so l’area polivalente Grà in
via Gorgassi 1, i biglietti sono
in prevendita presso Rogirò e
Magic Bus a Pinerolo e Les
folies merceria a Frossasco.
Neal Big Daddy, armonica
e voce, insieme ai chitarristi
Dave Peabody e Steve Williams propone una serata
all’insegna del blues della
RADIO
BECKWITH
EVANGELICA
FM 91.200
FM 96.500
tei. 0121/91.507
E Eco Delle Yaui moESi
VENERDÌ P SETTEMBRE 1995
Sport
CALCIO: AL VIA IL
CAMPIONATO DILETTANTI — Partirà doménica
3 settembre il nuovo campionato di calcio dilettanti; molte novità rispetto all’anno
scorso: anzitutto si torna, dopo resperimento del sabato
dell’ultimo anno, a giocare la
domenica. In più ogni società
dovrà schierare almeno sette
giocatori nati dopo il 1° gennaio 1976 e le vittorie varranno, come nelle serie superiori, tre punti. Sei formazioni piemontesi e due valdostane si confronteranno con 10
squadre liguri e toscane; favorito d’obbligo il Pisa,
grande decaduto e ora in cerca di risalita. Per il Pinerolo
proseguirà la politica dei giovani che ha prodotto buoni
risultati in termini di gioco,
punti e correttezza nelle ultime due stagioni.
Ci sarà un derby in più, con
la vicina Saluzzo, neopromossa dalla serie inferiore; il
primo confronto, in coppa
Italia, ha visto i biancoblù
prevalere. Grazie al successo
anche sul Nizza Millefonti, la
squadra di Bortolas e Gallo
supera così la prima fase della coppa e si prepara per il
campionato: domenica, ore
16, al Barbieri arriverà l’Asti.
Posta
La morte
dei torrenti
Scriviamo per segnalare un
fatto che ogni anno ci addolora e preoccupa profondamente, soprattutto come cittadini
che sono convinti che lo «stato di salute» di un territorio si
giudica prima di tutto dalle
condizioni dei suoi corsi
d’acqua. Ci riferiamo alla
morte biologica del Chisone e
del Pellice: il primo asfissiato
dai lavori di puUtura dei baci
ni idroelettrici, il secondo
completamente in asciutta per
gli eccessivi prelievi d’acqua.
Quello che noi chiediamo è
che questi fatti così gravi non
siano nascosti o dimenticati.
Soprattutto dopo tutto quello
che è stato detto di questi due
«pericoli pubblici», vorremmo che il Pellice e il Chisone
fossero ricordati non solo
quando fanno paura, ma anche quando dovrebbero suscitare pietà e, per qualcuno,
vergogna.
Marco Baltieri
per l’Associazione pescatori
riuniti della vai Pellice
Torre Pellice: concerto ai Coppieri
Canzone d'autore
Georgia. Dopo aver svolto
nella sua vita i più disparati
lavori (assistente in sala da
gioco, bracciante, addetto alle
cucine dell’Università) senza
tuttavia mai smettere di suonare, solo con la fine degli
anni ’70 Neal mette in piedi
una sua blues band e si dedica a tempo pieno alla musica.
La sua musica, i suoni della
sua armonica (malgrado all’
età di nove anni abbia perso
un braccio in un incidente)
sono ricchi di tonalità intense,
a volte sorprendenti, sempre
tonificanti. Il trio che si esibisce a Frossasco ha partecipato ai più importanti festival
folk di tutto il mondo.
Gli Africa Unite fanno il 3
settembre l’unica tappa pinerolese del loro «Un sole che
brucia tour ’95» che prende il
nome dal loro ultimo album.
Nato nel 1981 (l’anno della
prematura morte di Bob Marley) il gruppo ha saputo diventare in anni di attività
uno dei migliori nel settore
specifico del reggae italiano
con centinaia di concerti e
cinque album.
con Tullio Rapone
Tullio Rapone ha alle sue
spalle una storia particolare e
nello stesso tempo comune a
molti altri musicisti: romano,
ha l’occasione di partecipare
a quel mitico laboratorio musicale che fu il «Folk studio»
da cui uscirono personaggi
come Antonello Venditti e
Francesco De Gregori; non
ha, ovviamente, lo stesso successo, ma vale la pena di
ascoltarlo.
Arrivato a Torino, dove insegna nelle scuole superiori,
conosce la Chiesa valdese al
punto da abbracciarne la fede
e di episodi, storie e racconti
sono piene le sue canzoni, a
cominciare da quelle contenute nel suo primo album «La
porta». Senza grossi capitali e
senza l’appoggio delle grandi
case discografiche, Rapone si
esibisce con successo nei locali dell’area torinese; di lui i
giornali parlano come del
«valdese in birreria». Ora è
finalmente giunto il momento
del secondo album; venerdì
1° settembre, alle 21, Radjo
Beckwith propone un concerto del cantautore al tempio
dei Coppieri a Torre Pellice;
per molti si tratta forse della
prima occasione per conoscere il sound e le originali ballate di questo artista.
Rassegna pinerolese dell'artigianato
Mostra e teatro
all'Expo Fenullì
Gli ultimi appuntamenti
della 19* rassegna dell’artigianato vedranno, all’Expo Fenulli, giovedì 31, alle ore 21,
serata danzante con musiche
eccitane proposte dal gruppo
«Lou magnaut». A Palazzo
Vittone, alle 21,15, il gruppo
«I rasatà» di Ceresole d’Alba
presenta «La purga del bebé».
Venerdì 1” settembre, ore 21
all’Expo, festa europea con la
consegna della bandiera
d’onore della Cee alla città di
Pinerolo ed esibizioni del coro «Bric Boucle», dei «Danzatori di Bram» di Cavour e
del Trio musicale «Traunsteiner Musikanten». A palazzo
Vittone, alle 21,15, il gruppo
«Mutuo soccorso» di Orbassano propone la commedia
brillante «Serenata al vento».
Sabato 2 settembre, ore
16,30 all’Expo, pomeriggio
musicale dedicato agli anziani
con gli «Alpen Bayern» di
Gap e il trio musicale «Traunsteiner Musikanten» di Traunstein. Alle 21 concerto dei
gruppi «Alpen Bayern» e
«Coro folk Rio» di Roccavivi
(Abruzzo). A palazzo Vittone,
alle 21,15, il gruppo «’L ciabot» di Piossasco recita la
commedia brillante «Col’antriganta mare madona». Domenica 3 settembre, ore 21
all’Expo, concerto di «Bandamania». A palazzo Vittone,
alle 21,15, la compagnia «Siparietto di S. Matteo» di
Moncalieri presenta la commedia «Brav si! Ma pa fol».
31 agosto-2 settembre —
TORRE PELLICE: Escur
sioni di circa sei ore attraverso cinque secoli della storia
valdese con partenza da Torre Pellice, a cura dell’associazione «Mountagno vivo».
Informazioni presso la Pro
Loco di Torre Pellice.
1® settembre, venerdì —
TORRE PELLICE: Organizzata da Radio Beckwith,
presso il tempio dei Coppieri,
si svolgerà una serata con il
cantautore valdese Tullio Rapone; inizio ore 21. Durante
la manifestazione verranno
estratti i biglietti vincenti
della sottoscrizione a premi
di Radio Beckwith.
1® settembre, venerdì —
VILLAR PEROSA: Fino al
3 settembre XV raduno dei
campeggiatori in vai Chisone
presso il Parco turistico, organizzato dall’Acti. Per
informazioni rivolgersi a
Franco Viano, 0121-568611.
2 settembre, sabato —
ROURE: Fiera autunnale in
frazione Villaretto, organizzata dal Comune.
2 settembre, sabato —
TORRE PELLICE: Il Cir
colo Mûris organizza la
«Mostra degli hobbies e collezioni» presso il circolo Mûris, tei. 0121-932664.
2-3 settembre — TORRE
PELLICE: A partire dalle
16, Festa dei volontari del
soccorso, a cura della Croce
Rossa. Alle 10 di domenica 3
bicilettata non competitiva,
giochi a premi nel pomeriggio, dalle 14, e serata danzante in piazza Muston.
3 settembre, domenica —
TORRE PELLICE: Si conclude presso la Galleria d’arte contemporanea, in via
d’Azeglio, la mostra fotografica di Robi Janavel «Le meraviglie dello stambecco».
3 settembre, domenica —
PEROSA ARGENTINA:
Seconda edizione della rassegna cinofila a partire dalle 8
con le iscrizioni e nel pomeriggio esibizione dei cani a
cura dell’associazione Giochinpiazza.
3 settembre, domenica —
LUSERNA SAN GIOVANNI: Giornata alle cave di
gneiss, con ritrovo alle 8,45
in piazza Cañavero; alle 12
inizio della dimostrazione di
lavorazione dei blocchi di
pietra alla cava a cura di Vincenzo Maccagno. Per informazioni tei. 0121-909949.
3 settembre, domenica —
PRAROSTINO: L’amministrazione comunale, la Pro
Loco e la Cooperativa produttori agricoli prarostinesi
organizzano il pranzo degli
anziani e degli agricoltori,
con pomeriggio di svago organizzato dagli agricoltori.
3 settembre, domenica —
ANGROGNA: L’Associazione nazionale partigiani
commemora l’8 settembre
1943 al Bagnòou dove, a
partire dalle 10,30 presso la
lapide di Jacopo Lombardia!,
ci sarà l’orazione ufficiale
del sindaco di Torre Pellice,
Marco Armand Hugon, seguita da canti del gruppo
Cantovivo di Torino. Pranzo
al sacco presso la vicina Cà
d’ia pais.
3 settembre, domenica —
TORRE PELLICE: Si conclude presso il Centro culturale valdese la mostra su
«Edoardo Rostan, medico,
botanico, uomo di cultura».
4 settembre, lunedì —
TORRE PELLICE: Fino al
6 settembre, presso la biblioteca valdese, convegno di studi organizzato dalla Società di
studi valdesi sul tema «Storia
ereticale e antieretica nel Medio Evo. Nuove ricerche».
VALLI
CHISONÉ - QERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
'Ospedale di Pomaretto, tei. 81154
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 3 SETTEMBRE
San Germano Chisone: Farmacia Tron , tei. 58787
Ferrerò: Farmacia Vaiietti Via Monte Nero 27, tei.
848827
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 3 SETTEMBRE
Luserna San Giovanni: Farmacia Vasario - Via Roma 19
(Airaii), tei. 909031
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, tei. 2331
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA
telefono 118
Cinema
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma,
giovedì 31 agosto. Amarsi;
venerdì 1, Farinelli; sabato 2,
A proposito di donne; domenica 3, Genio per amore;
martedì 5,.ore 20 e 21,30,
Pollicina; mercoledì 6, Nightmare, nuovo incubo.
TORRE PELLICE — 11
cinema Trento ha in programma, venerdì 1° settembre
La morte e la fanciulla; sabato Viaggio in Inghilterra;
domenica e lunedì Piccole
canaglie; giovedì 7 Piccole
donne; orari feriali 21,15, sabato e domenica 20 e 22,10.
RSONALI
Fiocco
azzurro
Domenica 27 agosto è nato
Giacomo, figlio di Davide
Rosso, collaboratore di EcoRiforma, e di Anna Corsani.
Ai novelli genitori e alle loro famiglie vada l’augurio più
sincero da parte della redazione tutta.
PRIVATO acquista mobili vecchi-antichi e oggetti
vari: tei 0121-40181.
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15-10125 Torino
Tel. 011/655278
Via Repubblica, 6 - 10066
Torre Pellice (TO)
tel/fax 0121/932166
Sped. in abb. post./50
Pubblicazione unitaria con Riforma
non può essere venduto separatamente
Reg. Tribunale di Pinerolo n. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa: La Ghisleriana Mondovì
Una copia L. 2.000
11
AÆNERDÎ 1^ SETTEMBRE 1995
PAG. 7 RIFORMA
i'esperienza ecumenica di accoglienza dei lavoratori immigrati a San Cipriano
Per 20 giorni la diversità si è riconciliata
ANNA MAFFEI
Sono molti giorni che penso a lei. Forse perché prima di lunedì scorso avevo sì,
^te volte, visto ai bordi delle strade giovani prostitute
africane, ma mai prima di allora avevo potuto o saputo
. avvicinarmi a qualcuna di loip. Così quando sono arrivata
a San Cipriano d’Aversa (Caserta), dove per una ventina
di giorni è stato operante un
campo di accoglienza per lavoratori stagionali del pomodoro, e ho saputo della sua
presenza, ho subito sentito di
volerle parlare, anzi meglio,
di volerla ascoltare.
Non dirò il suo nome, voglio rispettare quel brandello
di sé che le è rimasto custodito nel nome. Dirò solo che,
come tante ragazze che fanno
«il mestiere» da queste parti, è nigeriana. Il campo era
operante da qualche giorno
quando è arrivata; era piena
di ecchimosi sulle braccia e
siqlle gambe; più tardi al medico del campo che le ha disinfettato le ferite ha raccon>,^tato che era stato un cliente
.che voleva pagarla con sole
5.000 lire e alle sue proteste
Faveva selvaggiamente picchiata sottraendole anche i
■ soldi con cui intendeva saldare il conto. E ora nei suoi occhi non c’era nulla, come
nelle sue parole: solo il ricordo del figlio dodicenne affidato a sua madre in Nigeria
ha fatto per un po’ velare il
suo sguardo altrimenti ine
Un lavoratore immigrato raccogiie pomodori
spressivo. Dopo sei anni aveva girato i marciapiedi di
mezza Italia e non aveva neppure più la fantasia di pensare che ci potesse essere per
lei un futuro diverso.
Il campo di San Cipriano,
in cui sono stati ospitati dal
25 luglio al 15 agosto ogni
giorno poco meno di 200 giovani extracomunitari, era stato fortemente voluto da varie
organizzazioni attive sul territorio fra cui Nonsolonero, la
Cgil, la Charitas e la Federazione delle chiese evangeliche in Italia per rispondere a
un’emergenza che si verifica
ogni anno in questa stagione,
quando migliaia di giovani
soprattutto africani vengono
reclutati nell’Aversano per la
raccolta dei pomodori. Proprio in fase si allestimento
delle strutture di accoglienza
interventi di persone poi individuati come militanti di de
stra avevano tentato di bloccare i lavori, alcuni volontari
erano stati minacciati e per
qualche ora era stato anche
occupato il comune.
Nel frattempo erano state
messe in giro notizie false e
fuorvianti sulla consistenza
numerica degli ospiti e sulla
durata del campo, notizie che
in un primo tempo avevano
allarmato la popolazione. La
fermezza dell’amministrazione comunalè e degli organizzatori dell’iniziativa ha consentito, nel corso di una pubblica assemblea cittadina tenutasi domenica 23 luglio, di
isolare i fomentatori e di
chiarire i termini dell’intervento che è poi stato immediatamente avviato con l’avvicendarsi per il suò allestimento, la preparazione dei
pasti e gli altri servizi, di volontari di varie estrazioni, cattolica, laica, evangelica.
Un momento alto dell’esperienza lo abbiamo vissuto
mercoledì 9 agosto, quando
verso sera si è tenuto al campo un incontro interreligioso.
Abbiamo voluto chiamarlo
semplicemente così, incontro,
per intendere che quella sera
non avevamo altra pretesa
che di incontrarci e di ascoltarci vicendevolmente, persone provenienti dal cristianesimo, cattolici e protestanti,
dall’Islam, e anche non credenti. Al centro la lettura e la
riflessione a partire dalla Bibbia e dal Corano per mettere
in luce come anche, anzi soprattutto, lo scambio fra diversi possa diventare luogo
privilegiato di fraternità e di
benedizione.
Oltre a un rappresentante
dei piccoli fratelli della comunità di Charles de Foucaud,
alcuni novizi comboniani, il
rappresentante Charitas e alcuni parroci dei paesi limitrofi, c’era anche il vescovo
Chiarinelli della Chiesa cattolica di Aversa, un giovane
imam_che non ha detto altro
che di chiamarsi Mohammad
e alcune decine di evangelici
con i pastori Maffei e Aprile.
La mia sorella nigeriana non
c’era quella sera, era di nuovo
uscita, ma su uno dei cartoncini colorati che sono stati
raccolti alla fine in un cesto e
posti al centro del grande cerchio della «diversità riconciliata» c’era una preghiera che
la riguardava; «Tu, Signore,
sai il suo nome. Non ti dimenticare di lei».
2 evangeliche italiane al Forum di Pechino
Le donne e il mondo
Vari organismi e associazioni evangeliche, tra cui la
Federazione delle chiese
evangeliche in Italia (Fcei),
hanno partecipato alla consultazione avviata a fine aprile
dal Consiglio nazionale dell’
economia e del lavoro (Cnel)
in vista della Conferenza
mondiale indetta dalle Nazioni Unite sui problemi della
donna (Pechino, 4-14 settembre). Le proposte evangeliche
erano state elaborate in particolare nel corso della consultazione delle donne evangeliche, svoltasi a Santa Severa
per iniziativa della Fcei il 2122 aprile. La consultazione
avviata dal Cnel ha coinvolto
forze sociali, associazioni e
organizzazioni non governative, ed è sfociata in un documento presentato martedì 25
luglio in una conferenza
stampa a Roma, con la partecipazione di Doriana Giudici,
consigliera del Cnel e coordinatrice dell’iniziativa, e di
Anna Maffei
Giuseppe De Rita, presidente
del Cnel.
Il documento, che sintetizza le numerose risposte pervenute dalle 115 associazioni
e organizzazioni interpellate,
lamenta la scarsa informazione sull’appuntamento di Pechino, sottovalutato sia dai
mass media che dalle istituzioni competenti; mette in rilievo le principali questioni
che toccano le donne (violenza, accesso all’educazione,
problemi economici, lavorativi e di salute); propone «una
riduzione degli stanziamenti
per le spese niilitari», la presenza di donne nelle trattative
di pace, una serie di «sanzioni economiche e politiche per
quei governi che mantengono
le donne in condizioni di subalternità e marginalità» e,
nello stesso tempo, «forme di
incentivazione e di sostegno
come, ad esempio, il risanamento di quote del debito
estero per quei paesi che si
impegnano attivamente in
programmi di promozione socio-economica e di tutela della salute della donna».
Due donne evangeliche italiane saranno presenti a Pechino: la nostra redattrice e
pastora battista Anna Maffei,
come membro della delegazione del Consiglio ecumenico delle chiese al parallelo
Forum delle organizzazioni
non governative, e la stessa
Doriana Giudici come rappresentante Cnel nella delegazione ufficiale italiana aUa
Conferenza.
Dibattito sul ruolo del movimento pacifista e la sua azione di costruzione della pace in epoca di guerra
Le ragioni del pacifismo dopo il «fallimento della pace»
NANNI SALIO*
D
a qualche tempo si assii,' ste a una curiosa inver■ sione delle parti: alcuni «pa" cifisti» che chiedono l’intervento militare in Bosnia, e i
i militari che frenano il facile e
generico coro degli interventisti. L’articolo di Ludovico
Grassi e Emanuele Rebuffini
, pubblicato su Riforma n. 29
' del 21 luglio 1995 è un tipico
esempio di questo stato di
«confusione mentale».
Non ha nessun senso e non
ha nessuna utilità continuare
a parlare genericamente di
«pacifisti» e di «pacifismo»
' senza indicare con nome e
cognome a chi ci si riferisce
; e chi sono coloro che sosten' ! gono le singole tesi riportate
. nel testo. Ma entriamo nel
merito delle singole e molteplici affermazioni. Che cosa
significa sostenere che le
guerre jugoslave «non si pre■ stano ad essere analizzate secondo gli schemi in uso prima del 1989»? Quali siano
questi schemi non viene detto, e qualora si provasse a
^ farlo si vedrebbe che, come
minimo, ce n’è più d’uno e
forse qualcuno avrebbe la
pretesa di sostenere che c’è
tnolta più continuità che discontinuità tra le guerre com- - battute prima dell’89 e quelle
successive. Basterebbe ricor\ dare tra l’altro la guerra del
Libano e, per quanto riguarda
la Jugoslavia, rileggere un
. po’ attentamente l’opera di
. Ivo Andric, che ha molte più
cose da dire in proposito di
gran parte dei trattati di politologia.
Non si capisce inoltre il
senso della critica rivolta sin
dall’inizio, in base a un elenco peraltro assai incompleto,
su ciò che il movimento per
pace ha fatto o meno. Perché
non suggerite esplicitamente
che cos’altro avrebbe dovuto
fare e come avrebbe potuto
farlo, con quali mezzi e con
quali risorse? Forse che la
campagna di obiezione di coscienza alle spese militari e la
ricerca e sperimentazione
sulla Dpn (difesa popolare
nonviolenta), che vi siete dimenticati di citare nell’elenco, sono poca cosa?
Il metodo della
difesa nonviolenta
Sostenete che le esperienze
dei «500 a Sarajevo» e di
«Mir Sada» sono state un fallimento perché non avrebbero fermato la guerra. Non si
sa se di fronte a una simile
affermazione siete più ingenui voi nell’assumere questo
metro di valutazione oppure
qualcuno di coloro che, sull’
onda di un frettoloso entusiasmo, pensava effettivamente
di riuscire in questo fine così
ambizioso. Dovreste invece
constatare, ma non lo fate,
che guerra del Golfo, Somalia e Bosnia, per citare solo
tre dei casi più noti, sono
l’evidente fallimento della difesa militare in tutte le sue
forme, offensiva e difensiva.
E che solo là dove le popolazioni e i leader politici hanno
scelto il modello della difesa
nonviolenta, basata sulla resistenza civile, hanno saputo
mantenersi fuori dalla trappola della guerra, come è avvenuto nei paesi baltici tra l’87
e il ’91 e come avviene tuttora nel Kossovo. Ma questa è
la tesi che andiamo sostenendo da tempo e che voi non
prendete minimamente in
considerazione.
Da tempo andiamo ripetendo che una delle cause princi
pali (anche se non l’unica)
delle guerre è il modello, di
difesa militare. Quando le
crisi e i conflitti, come le malattie, esplodono e si trasformano in guerre è troppo tardi. Le ricette e le proposte
della nonviolenza non sono
buone per tutti gli usi e non
nascono da persone affette
dal «delirio di onnipotenza»,
che credono di poter risolvere qualsiasi problema in qualsiasi condizione. Sono proposte più che sensate, che hanno dimostrato arnpiamente la
loro efficacia. È di questo
che dovremmo parlare, ma
purtroppo voi non lo fate.
Indicate in due punti la posizione dei «pacifisti» rispetto
alla questione della Bosnia,
ma mi sembra che trascuriate
un punto essenziale, sminuendo e falsando in tal modo l’intera proposta, ed è la
richiesta avanzata da più parti
(basti tra gli altri il riferimento a Antonio Rapisca, Avvenire, 19 luglio ’95) di potenziare considerevolmente il contingente dei caschi blu.
L'intervento militare
D’altro canto, voi stessi
parlate di intervento militare
senza sapere bene di cosa
parlate, tant’è che non indicate né obiettivi da perseguire
né modalità con cui tale intervento dovrebbe essere effettuato. Vi nascondete dietro
il tipico dibattito di «principio», tanto caro agli intellettuali, che è del tutto astratto e
inconcludente. Perché non
prendete seriamente in considerazione il parere degli
esperti militari? È troppo facile chiedere agli altri di andare a morire per Sarajevo,
per salvare la nostra coscienza. Come è possibile che chi
si dichiara obiettore di co
scienza, che lotta per l’affermazione di queste possibilità
di scelta non si interroghi su
questi problemi? E più sensibile e onesto Ernesto Galli
della Loggia quando riconosce candidamente che non se
la sente «proprio di andare a
sparare e a rischiare di morire
a Sarajevo», perché anche lui
si considera figlio di questa
società del benessere e del
consumismo che avrebbe minato dall’interno la capacità
dell’Occidente di fare la
guerra (Corriere della Sera,
22 luglio ’95). E suggerisce
allora, raccogliendo la proposta di Luttwak, di mandare
dei mercenari ben pagati (come se i caschi blu già non lo
fossero!).
Aggressori e aggrediti
Più avanti sostenete che
r «errore più grande dei pacifisti» sarebbe quello di non
distinguere tra l’aggredito e
aggressore, e chiamate in
causa Simone Weil a proposito del «criminale errore del
pacifismo». Valgono a questo
proposito le cose già dette:
ma chi sono i pacifisti che
non riconoscono e distinguono l’aggressore dall’aggredito? Perché non li citate con
nome e cognome? Ma in
realtà il problema è un altro, e
non ve ne rendete conto. Primo, quand’anche questa identificazione fosse fatta e dichiarata ai quattro venti non
servirebbe a nulla. Secondo,
per chi voglia agire come mediatore, occorre rispettare la
regola dell’imparzialità, che
in questo caso non consente
di tracciare frettolosamente i
confini tra i buoni e i cattivi,
separando quanto avviene oggi a Srebrenica e Zepa, da
quanto avvenuto poco prima
a Mostar e nella foajna, o in
altri luoghi ancora. Infine,
una regola fondamentale della mediazione e della risoluzione nonviolenta del conflitto è quella di non criminalizzare l’avversario.
Certo, avete capito bene:
neppure Karadzic, Mladic e
prima di loro Saddam Hussein, tutti quanti paragonati,
questo è il nostro unico metro
di giudizio storico, a Hitler.
Perché se così si facesse bisognerebbe ampliare di molto il
club dei criminali di guerra e
includervi Milosevic, Tudjman, Izetbegovic e, andando
più indietro nel tempo, niente
meno che un presidente degli
Stati Uniti, Truman, per aver
ordinato il bombardamento
atomico di Hiroshima e Nagasaki.
L'insegnamento di Gandhi
Invece di aggrapparvi alle
spalle del pur bravo e compianto padre Balducci vi suggerisco, per non rimanere voi
stessi quei «nani» che vi
sembra di intravedefe nei
«pacifisti», di salire sulle
spalle di un ben altro gigante
della storia della nonviolenza, il Mahathma Gandhi. E
andatevi a rileggere quanto
diceva a proposito di Hitler,
per verificare se per caso non
avesse ragione e non fosse
stato ben più preveggente di
quanto non siano stati tanti
studiosi realisti della politica.
Gandhi sosteneva infatti, e
non certo per ingenuità, «che
l’hitlerismo non può essere
combattuto dal “controhitlerismo”, in quanto conduce a
un hitlerismo ancora peggiore» (Teoria e pratica della
nonviolenza, a cura di G.
Pontara, Einaudi, Torino
1972, pp 245) e sosteneva
inoltre la superiorità della resistenza nonviolenta su quel
la violenta, come è stato ampiamente dimostrato sia dagli
episodi di resistenza civile
non armata al nazismo, sia
dagli eventi dell’89, che debbono essere interpretati come
uno dei più clamorosi esempi
dell’efficacia e del «potere
della nonviolenza». Anche
Gandhi ha commesso il «criminale errore del pacifismo»,
oppure ha previsto quello che
poi si è verificato? Ovvero,
che per sconfiggere Hitler sono stati compiuti dei crimini
di guerra in totale dispregio
delle leggi del diritto internazionale già allora vigenti,
bombardando a tappeto Dresda, Amburgo, Tokyo, sino
alla distruzione atomica di
Hiroshima e Nagasaki. E le
conseguenze successive sono
state ancora più allucinanti:
una corsa agli armamenti che
per cinquant’anni ha divorato
risorse, minacciato l’intera
umanità, diffuso una cultura
e una pratica di morte. Un’
eredità della quale facciamo
fatica a liberarci e alla quale
appartengono anche le tristi
vicende del «terzo dopoguerra», dalla Bosnia alla Cecenia, dal Caucaso al Ruanda,
allo Sri Lanka, a tanti altri
luoghi.
Che con gli avversari prima o poi si debba trattare è
una fatto ampiamente riconosciuto dalla diplomazia internazionale ufficiale e utilizzato diffusamente anche in forme tutt’altro che nobili, e con
effetti sovente perversi, come
si può tra l’altro desumere
dall’intervista rilasciata da
Milosevic a Time e dall’articolo di commento che l’accompagna (Intemazionale, n.
88, 21 luglio ’95).
* Mir-movimento
nonviolento
12
PAG. 8 RIFORMA
VENERDÌ 1^ SETTEMBRE 1995
A Firenze sono ora visibili i dipinti di Vasari e Zuccari
Gli affreschi del cupolone
ELIO RINALDI
In tempi di ripetitiva «miracolistica» profana, a Firenze e nel mondo culturale intemazionale si è parlato di un
altro «miracolo»: il grande
restauro pittorico nell’intradosso della cupola del Brunelleschi di Santa Maria del
Fiore. È stata infatti compiuta
un’eccezionale vera rinascita
degli affreschi, negletti, dell’
aretino Giorgio Vasari (157274) e del marchigiano Federico Zuccari (1576). L’intera
pittura, che si estende per oltre 3.500 metri quadrati, a
un’altezza di 60 metri, presenta due diverse tecniche:
quella «a fresco» del Vasari e
quella a tempera dello Zuccari. Dopo sei anni di restauro,
e ancor prima di intensi lavori
e ricerche, con notevoli difficoltà, l’intero scenario è ritornato all’antico splendore.
Nel visionare l’insieme riscontriamo che i pareri degli
esperti e del pubblico sono
stati non sempre benevoli: già
nel 1579, cinque anni dopo la
morte del Vasari, ci fu una
unanime disapprovazione del
pubblico, tanto che nel ’600
si pensò a imbiancare tutto
l’interno della Cupola; a distanza di secoli (1981) fu proposto di stuccare tutti gli affreschi per ridare la purezza
all’architettura; la proposta
coincideva con il drastico negativo progetto formulato da
Carlo Ludovico Ragghiami,
che si fece promotore per riportare l’interno della Cupola
allo stato grezzo, consideran
La cupola e gli affreschi di Federico Zuccari
do gli affreschi del Vasari e
dello Zuccari «una volgare
deturpazione dell’opera brunelleschiana». Certo, in questo «Giudizio» fiorentino
manca la «terribilità» michelangiolesca: infatti il Cristo
giudice perde ogni atteggiamento di ira assumendo invece quello della clemenza e in
tercedendo presso il Padre
mostrando le piaghe che hanno redento l’umanità.
Firenze, capitale dell’arte
internazionale, può comunque senz’altro vantare di aver
aggiunto un’altra tessera al
già meraviglioso mosaico,
così prezioso, dei suoi musei
e in tutta la sua città.
Un volume importante sullo «stato della Costituzione italiana»
Quarantasette anni portati bene
CIORGIO GARDIOL
La Costituzione è da cambiare o rimane ancora in
gran parte inàttuata? È una
domanda che ricorre periodicamente nel dibattito istituzionale del nostro paese. Una
domanda che oggi è tornata
di attualità soprattutto per la
discussione attorno all’art.
138 che riguarda le modalità
di revisione della Costituzione. Infatti, dopo il passaggio
da un sistema elettorale essenzialmente proporzionale a
uno fortemente caratterizzato
in senso maggioritario, la
previsione di modifiche costituzionali adottate a maggioranza assoluta delle Camere sembra non tutelare
sufficientemente le minoranze e potrebbe mettere in discussione lo stesso «patto costituzionale».
Un libro* presentato all’ultimo Salone del libro di Torino e messo in vendita all’inizio dell’estate consente a
quanti si vogliono documentare sullo «stato della Costituzione italiana» di avere un
valido strumento per comprendere il dibattito attuale
non solo in relazione alla
questione della revisione costituzionale ma anche su
aspetti non meno importanti
quali quelli dell’autonomia
della magistratura, della libertà individuale, della libertà
di pensiero e di informazione,
del federalismo possibile, dei
rapporti politici ed economici, delle autonomie locali,
delle garanzie per i cittadini.
Il volume è curato dal prof.
Guido Neppi Modona, docente di diritto penale all’Università di Torino, e ne sono autori costituzionalisti dell’Università di Roma e Torino
(Leopoldo Elia, Alfonso Di
Giovine, Mario Dogliani,
Massimo Luciani, Francesco
Pizzetti Stefano Sicardi e Gustavo Zagrebelsky).
L’impostazione culturale e
politica di fondo che caratterizza il volume è quella del
perdurante valore politico
della Costituzione e quindi
della necessità di respingere
gli attacchi che vengono da
più fronti politici alla Costituzione stessa e che tendono
alla sua delegittimazione. Gli
autori ammettono che alcune
parti della Costituzione possono essere modificate a patto però di rimanere nel quadro dei valori e degli obiettivi della Costituzione del
1948. «In questo quadro osserva Stefano Sicardi, uno
dei coautori del testo - ben
può essere affrontato il problema della revisione (anche
di non semplice dettaglio)
dell’attuale testo costituzionale. Ad esempio si possono
rendere più chiari i processi
di decisione, tutelare meglio
le minoranze, rafforzare gli
organi di garanzia, ridisegnare le autonomie territoriali,
aggiornare il catalogo dei diritti individuali e collettivi
ma non si può richiedere
troppo alla leggera la convocazione di una nuova Assemblea costituente».
Il volume presenta una at
l>i C/ioviiu‘ Mari»» Dogiìaiii
Ktia I.IICÌUMÌ
Giiitln F'runeeM-u Pizze
Suolano SieuHli (instavo Zagn-Jn*lsk;t
STATO DELL/
Prin<!Ì|*i, regole, equilibri.
Le rugioiiì delia storia,
i eoinpili di oggi.
U fUnt «li
Cilùiio IVIodoiiii
tenta ricostruzione storica dei
principali problemi costituzionali e non si lascia andare
a nessuna considerazione
apologetica, preferendo l’approccio critico e dialettico
(ed è in questo senso molto
«protestante») dei vari temi.
Non manca perciò una trattazione del problema del rapporto tra stato e chiese in cui
trova adeguato spazio anche
il problema delle Intese tra lo
stato e le confessioni religiose di minoranza. Ogni capitolo è corredato da una bibliografia essenziale che fa di
questo volume un «libro di
riferimento» per molti: politici, giornalisti, insegnanti. Insomma un volume che non
dovrebbe mancare nelle biblioteche delle nostre chiese.
(*) Stato della Costituzione:
principi, regole, equilibri. Le
ragioni della storia, i compiti
di oggi a cura di Guido Neppi
Modona, Il Saggiatore, Milano,
1995, pp 492, £32.000.
■6-. •
Sono rare le discussioni su che cosa intendiamo dicendo «valdesi» in riferimento alle persone
Un popolo animato dalla fede che è anche una chiesa multitudinista
GIORGIO PEYROT
Che cosa si debba intendere per «valdese» con riferimento alle persone umane
costituisce un problema che
non è stato ancora affrontato
in modo convincente. Infatti
vi è chi presume che i «valdesi» siano scomparsi con l’avvento della Riforma. Altri ritengono invece di poterli
identificare nei resti di quello
che fu uno dei movimenti di
rinnovamento cristiano sorti
sul finire del XII secolo e
giunto sino a noi. Altri ancora
pensano che costoro possano
essere rinchiusi nel concetto
di «eresia»; termine questo
però che denuncia solo il peccato che avvolge coloro che
«si sentono nel sicuro posses
so della verità e della giustizia»'. Concetto questo che
grava su vari esponenti della
confessione religiosa cattolico-romana.
C’è poi chi stima trattarsi
dei riformati sudditi del duca
di Savoia, altri ancora suppongono trattarsi di una etnia
alpina particolare, e infine c’è
chi reputa trattarsi soltanto di
una questione «spirituale»; al
contrario c’è chi stima trattarsi meramente «temporale»,
quasi che il termine «valdesi»
sia proprio soltanto di certi
cognomi di famiglia.
Personalmente ritengo sia
giunto il momento di cercare
di chiarire un tale problema, e
me ne dà l’occasione uno
scritto di Giovanni Gönnet’ il
quale con esattezza ripone a
punto i termini della questione se Henri Arnaud, il noto
pastore e condottiero dei vaidesi durante il loro ritorno,
fosse o meno valdese. Questione questa che provocò
due anni or sono un dibattito
tra Albert De Lange e Theo
KiefneU. Giustamente Gönnet conclude che tale dibattito
debba essere considerato
«una semplice disputa di indole insieme filologica, genealogica ed ecclesiastica»'*,
ma non si sofferma, neppure
lui, sul tema di fondo; ovvero
se sia possibile definire il termine «valdese» in riferimento
al soggetto umano.
In proposito ritengo innanzitutto che «valdese» non possa in alcun caso essere un aggettivo genealogico, rapporta
Colonia Vaidense (Uruguay): posa della prima pietra del tempio valdese
to a una ipotetica particolare
etnia determinata dalla discendenza in linea patema, né
dalla nascita in un determinato territorio geograficamente
individuabile (non si è infatti
«valdesi» perché si è nati alle
Valli), né da una qualificazione insorgente dalla soggezione politica a un determinato
sovrano o stato (valdesi non
sono i «riformati del Piemonte», o quelli «italiani»).
Infatti troviamo «valdesi»
in epoche differenti, in territori i più diversi (Lionese,
Provenza, Guascogna, Fiandre, Boemia, valli del versante orientale delle Alpi Cozie e
cioè Varaita, Po, Chisone,
Germanasca, Pellice, Dora
Riparia, Escarton delfinenghi,
Luberon, Cosentino, Puglie,
Germania, Svizzera, Usa, Argentina, Uruguay, ecc.) e la
loro presenza traspare anche
dalle strutture ecclesiastiche
che essi si sono dati nei vari
luoghi.
D’altra parte non è possibile neppure assumere che
«valdesi» siano soltanto quelle persone che sono inserite
nelle chiese che i «valdesi»
esprimono nei territori dove è
o fu loro consentito di manifestare pubblicamente la loro
fede. Come ebbi occasione di
indicare circa 60 anni or sono
nei termini in uso a quel tempo cercando di porre in risalto
alcuni criteri per una storia
valdese\ i «valdesi» sono un
«popolo-chiesa», e cioè oggi
come sempre può dirsi che: il
popolo sono i valdesi e i vaidesi sono nel contempo la
chiesa. Non si può far parte
dell’uno senza venire a costituire anche l’altra. Dall’adesione a questa insorgono gli
indispensabili e soli adeguati
requisiti per far parte di quel
II pastore Henri Arnaud
lo. Il popolo è quindi la chiesa e chi entra nella chiesa
viene a far parte del popolo'’.
«Il valore del popolo nel tempo passato e presente è nell’
aspetto profetico e vivente
della sua chiesa»^. Il cemento che lega il binomio valdese «popolo-chiesa» sta nella
sua base culturale, nell’educazione alla vita, fondata su
di una coscienza responsabile, libera e avvertita sull’Evangelo e nella fede.
Sulla base di quanto sopra
indicato stimo che si possa
tentare una definizione di
«valdese» nei termini seguenti: valdesi sono coloro che,pur di origine diversa, provenienti da luoghi e stati i più
differenti, nel susseguirsi dei
secoli dal XII al XX si sono
sentiti uniti insieme in virtù
della loro fede in Gesù di Nazaret il risorto Cristo di Dio e
nella sua rivelazione pervenuta loro dallé testimonianze
raccolte nei libri e nelle lettere del Nuovo Testamento. Essi vengono così a formare un
insieme che nei luoghi dove
fu o è loro consentito di vive
re pubblicamente costituisce
un popolo che, nelle più diverse circostanze e con i mez-i
zi di cui ha potuto disporre,
ha difeso nei secoli il suo essere chiesa dando una testimonianza di cultura umana,
di educazione alla vita civile
e di fede in Cristo che altre
persone, ieri come oggi, hanno l’opportunità di valutare,
di apprezzare e a volte di
condividere, dando così luogo a un incremento della sua
esistenza, non affidata soltanto all’eccedenza eventuale
delle nascite sui decessi. Un
popolo di fede e, a un tempo,
una chiesa multitudinista. ,
In sintesi i «valdesi» sono
un popolo animato dalla fede
dei suoi componenti e a un
tempo una chiesa multitudinista portatrice di un ordinamento originale autonomo e
indipendente da qualsiasi stato nel territorio del quale è
chiamata dal Signore a svolgere la sua missione evange- i
fica.
(1) C. Ottaviani: Doveri dello
stato cattolico verso la religioneRoma, Libreria del Pontificio
ateneo lateranense, 1953. p. 19
(2) G. Gönnet: «Era valdese il
pastore Enrico Arnaud?» in Novel Temp n. 46, luglio ’95, p- 47.
(3) A. De Lance: «War Henri
Arnaud ein Waldenser?» in Det
Deutsche Waldenser, rivista
dell’associazione dei valdesi del
Württemberg, n. 188/1993; e T
Kiefner nel n. 189 della medesima rivista.
(4) G. Gönnet, ivi p. 49.
(5) G. Peyrot, «Criteri per
una storia valdese», in Gioventù
cristiana, n. 1-1936, p. 4s.s,; e G.
Peyrot, «Storia valdese», in Gi^
ventò cristiana n. 3-1938, p- 100.
(6) G. Peyrot, «Criteri.. »'
pag. 6.
(7) G. Peyrot, «Storia...»»
pag. 101.
13
-venerdì 1^ SETTEMBRE 1995
PAG. 9 RIFORMA
Il volume di Aldo Natale Terrin affronta il tema della salvezza e del corpo
Fenomeno religioso e integrità della salute
_______EUGENIO STRETTI_______
V
E possibile comprendere
l’esperienza religiosa
nella sua specificità? Il protestantesimo liberale, a partire
dal teologo e fenomenOlogo
della religione Rudolf Otto
(1869^1937), ha creato a tale
proposito una fiorente scuola
Werpretativa. La sua opera II
sacro. L’irrazionale nella
idea del divino e la sua relazione al razionale (1917) tentava di cogliere proprio l’esperienza interiore, l’essenza
della religione nel suo processo autonomo.
In questa linea si colloca
l’opera del veneziano Aldo
Natale Terrin, studioso cattolico del fenomeno religioso,
docente all’università Catto^
lica di Milano e in quella di
Urbino. Nel primo capitolo
del suo libro* l’autore, riprendendo Otto, il suo prosecutore pastore e teologo
riformato Gerardus van der
Leeuw, per finire con il noto
professore di Storia delle religioni a Chicago Mircea Eliade (1907-1986), riafferma con
vigore la tesi fenomenologica
della pura autonomia del religioso, in chiara polemica con
la Sociologia della religione
di matrice anglosassone.
Dispiace che, nell’economia teorica del lavoro, il prof.
Terrin non abbia preso in
considerazione il pensiero del
sociologo metodista Gordon
Lartmer, direttore della più
prestigiosa scuola nordamericana di Sociologia religiosa
(l’Institut for American Religion di Santa Barbara), e attento alla multidisciplinarità
del discorso religioso. Para
Agopuntura
dossalmente sono stati proprio i teologi del protestantesimo liberale, e con loro i vari
discepoli, ad aver «precompreso» il fenomeno religioso.
Tuttavia il volume è molto
bello, se non altro perché affronta anche il rapporto corpo-salute-salvezza in correlazione, rendendo il discorso
interdisciplinare e attuale.
Nella storia comparata delle
religioni, osserva l’autore,
all’origine non vi è né la coppia né divinità duali ma l’uno,
a un tempo maschio e femmina (pp 66-71). L’unità del divino si è progressivamente
perduta nelle società che sono
passate da un carattere matriarcale (cfr. Johann J. Bachofen. Il matriarcato, 1861,
traduz. italiana 1990) a patriarcale, con lo svilimento
del corpo correlato con lo status di inferiorità della donna;
a questo proposito sono fondamentali gli studi di antropologia concernenti usi indigeni
connessi all’interpretazione
simbolica del ciclo mestruale.
Se il corpo ha una sua unità,
pur nella specificazione sessuale, non può non ricercare
la salute, che è al tempo stesso benessere e salvezza. Il cristianesimo dovrà per esempio
riscoprire il «Christus medicus» e non lasciarlo alle sole
esperienze di tipo carismatico-pentecostale. In particolare
è l’evangelista Luca (9, 1-6) a
collegare la trasformazione di
vita rappresentata dalla conversione con la guarigione
dalla malattia, autentico incubo nel mondo antico (p. 143).
Tuttavia è nelle religioni
orientali che troviamo interessanti stimoli di confronto
tra guarigione-salvezza e terapia medica. Nel taoismo
esistono due aspetti, Yin,
principio passivo femminile
freddo (a cui si fanno risalire
in genere le malattie psichiche), e Yang, principio maschile caldo (a cui si dovrebbero le alte temperature e i
forti dolori). Tale filosofia si
traduce nell’agopuntura, che
mira al controllo delle funzioni delle parti del corpo a
discapito dell’anatomia (pp
164-167).
La polemica della medicina
«scientifica occidentale» con
quella cinese e in generale
orientale potrebbe ricomporsi
alla luce di recenti studi di
neurobiologia. L’agopuntura
è efficace quando stimola la
produzione di endorfina, simile alla morfina ma prodotto
naturalmente dal sistema neuronaie, con effetti analoghi alla «trance» e capacità di guarire per esempio artriti, diabete e mali di testa. Già dagli
anni ’60 si comprese l’importanza dell’agopuntura nelle
anestesie, e la scoperta delle
endorfine ha confermato tale
intuizione. La medicina, che
nasce «scienza dello spirito»
con il filosofo Ippocrate, superata l’ubriacatura positivista, deve tornare ad essere tale, non solo per ragioni umanitarie, ma soprattutto in virtù
del rapporto unitario materiaspirito. Il libro di Terrin, originale nello stabilire questi
nessi, ci permette dunque anche di cogliere l’importanza
del fenomeno religioso nella
vita quotidiana.
(*) Aldo Natale Terrin: Il
sacro off limits. L’esperienza
religiosa e il suo travaglio. Bologna, Dehoniane, 1995, pp 271,
£ 32.000.
L'editrice Giuntina ha avviato la sua pubblicazione con il primo di 4 volumi
La Bibbia ebraica^ libro che invita alla fede
MAURIZIO ABBA
LJ editrice Giuntina di Firenze è rimasta l’unica
casa editrice ebraica nel panorama editoriale italiano e il
suo catalogo attesta una qualità di assoluto rilievo, che
merita attenzione e rispetto
per la produzione di testi significativi e di eccezionale interesse per il pubblico
competente. Quest’ultima
grande opera è fra questi: una
traduzione italiana della Bibbia ebraica*, che i cristiani
chiamano con termine poco
appropriato Antico Testamento (o peggio Vecchio Testamento).
L’opera in questione è la ristampa della traduzione che il
rabbino Dario Disegni (Firenze 1878, Torino 1967) curò
con competenza, coraggio e
passione avvalendosi dell’apporto di altri studiosi (Alfredo Sabato Toaff, Menachem
Emanuele Artom, Ermanno
Friedenthal, Elio Toaff, Elia
Samuele Artom, Alfredo Ravenna). Come riporta la prefazione a proposito del curatore, «La diffusione della
Torà costituì uno degli scopi
della sua vita, insieme all’altro, anch’esso felicemente
realizzato: la creazione a Torino, città dove svolse più a
lungo il suo magistero rabbinico, della scuola rabbinica,
dalle cui file uscirono numerosi rabbini che ancor oggi ricoprono cattedre rabbiniche
in Italia, e che egli volle intitolare al suo maestro, Rav
Shemuel Zevì Margulies. Poi,
alla morte di Rav Disegni, fu
aggiunto anche il suo nome».
Il piano complessivo si ar
ticola in quattro volumi: al
primo, comprendente Pentateuco e Haftaroth, seguiranno
il secondo entro l’anno e gli
ultiini due nel 1996. Si tratta
dunque della Torà che viene
chiamata, in ambito cristiano,
a volte sbrigativamente e
unilateralmente, «legge»: il
termine originale indica piuttosto il concetto di «guida,
orientamento», bussola per
camminare secondo la volontà di Dio. La Torà si può
chiamare anche Chumash (da
chamesh, cinque, il cui, senso
è evidente), ed è suddivisa in
54 sezioni per la lettura liturgica settimanale; queste ultime vengono definite parashot, e le corrispettive sezioni
profetiche haftaroth.
La presente edizione propone il testo ebraico, la traduzione italiana, le note di commento, l’indice dei nomi di
persona e di località. Ai libri
profetici saranno dedicati gli
ultimi due volumi mentre in
questo volume sono riportate
proprio le haftaroth secondo
gli accostamenti previsti e destinati alla lettura del sabato
mattina, nei giorni di festa solenne e in altre occasioni particolarmente importanti. Per
esempio il racconto della Genesi riguardo alla creazione
ha come corrispondente testo
profetico Isaia 42, in cui Dio
si rivela come creatore dei
cieli e della terra; la Bibbia
presenta così rimandi a se
stessa, rinviando ad altri testi
ancora: una ricerca che continua sempre ma che si arricchisce cammin facendo.
Tra i criteri ispiratori delle
note di commento non vengono dichiaratamente utilizzati i metodi storico-critici, in
quanto «dottrine» ormai superate e fuorviami: «Ciò a
causa degli attacchi decisivi
che a tali dottrine furono inferti dai risultati delle ricerche archeologiche che corrispondono a quanto narrato
nei libri biblici confermandone così la storicità e l’autenti
Scuola biblica a Gerusalemme
cità e anche per il fatto che
faccettare le ipotesi della critica suddetta susciterebbe una
serie di contraddizioni assai
maggiori di quelle risultanti
dall’accettazione della tradizione» (p. 4).
L’opera dunque afferma vigorosamente l’integrità della
Torà, ma il rifiuto di ogni
ipotesi critica sulle fonti letterarie evidenzia che del tempo
è trascorso dalla prima edizione; in questo periodo è stato ribadito il carattere integro
e unitario del testo biblico,
benché sia prassi comune sottoporlo senza preclusioni a
metodi d’indagine che ne
possono far scaturire una ricchezza maggiore.
L’opera inoltre «è dedicata
alla memoria del Rabbino
Dario Disegni, di sua moglie
Elvira Momigliano, e al ricordo della figlia primogenita
Annetta Disegni Vogelmann,
deportate, senza ritorno, nei
campi di sterminio nazisti, la
cui morte Rav Disegni sopportò, come ogni prova della
sua lunga vita, con grande fede nell’opera divina» (p. 1).
La Bibbia ebraica è anche testo che esprime la fede e invita alla fede, che manifesta libertà e vuole liberare, è anche
libro di memoria che invita a
ricordare. Non ricordare la
memoria dei deportati sarebbe per noi una tragica lacuna,
e non ci sarebbe nessun metodo di lettura biblica che potrebbe porvi rimedio.
(*) Bibbia ebraica. Pentateuco e Haftaroth. A cura di Rav
Dario Disegni. Traduzione italiana con testo ebraico a fronte e
note. Voi. I. Firenze, Giuntina,
1995, pp 490, £ 95.000.
«Tuffo» (1932), di Aleksandr Rodcehko
iTI
Attualità e stili fotografici
Fotografia della libertà e delle dittature è il titolo di un’importante mostra in corso di svolgimento a Milano presso la
fondazione Mazzetta (Foro Buonaparte 50), che chiuderà i
battenti il 1° ottobre. L’esposizione presenta affiancati i capolavori di alcuni maestri dell’attualità giornalistica fotografica,
che hanno immortalato momenti e personaggi della storia dal
1922 al 1946. È così presente la celebre fóto del miliziano
colpito da un proiettile che rese famoso Robert Capa (uno dei
fondatori della mitica agenzia «Magnum») e che è da alcuni
anni al centro di alcune polemiche: fimmagine potrebbe essere in realtà una ricostruzione, come avviene ed è avvenuto
molte volte nel passato (si veda l’interessante Commissariato
degli archivi. Le fotografie che falsificano la storia di Alain
Jaubert, ed. Corbaccio, Ì993, tutto dedicato a classici imbrogli
del genere). Polemiche che nulla tolgono al valore della mostra, che affianca opere che seguono almeno tre direzioni
espressive: quella «secca», più giornalistica di scuola inglese
e americana; quella, sempre cronachistica e tuttavia più
espressiva dei fotografi di guerra sovietici nella seconda guerra mondiale; il caso atipico di un Aleksandr Rodcenko, seguace di Majakovskij e fotografo dell’ufficialità in epoca stalinista: il rigore e lo sperimentalismo delle sue fotografie testimoniano una dialettica tra la necessità di obbedire agli imperativi
della propaganda (si tratta di foto celebrative di avvenimenti
sportivi) e la ricerca formale, che permette alle stesse foto di
sopravvivere al crollo del «realismo socialista» che tante banalità produsse nel campo artistico. La mostra è aperta dalle
10 alle 19,30 (giovedì 10-22,30, lunedì chiuso).
Libri
Misticismo suicida?
Il 9 giugno 1889 la figlia di una famosa famiglia torinese,
Emma Frassati, precipita dal balcone di casa, vicino alla stazione Porta Nuova; lo spasimante e promesso sposo Luigi Rizzetti, viveur e un po’avventuriero, in passato legato a una prostituta, viene accusato del delitto e portato in tribunale, ma non tutti
sono concordi nella valutazione dei fatti. Sicché, nell’epoca
contrassegnata dagli studi di Cesare Lombroso sulla fisiognomica e sull’ereditarietà dei caratteri criminali, un perito, il criminologo Carlo Alberto Ponderano, inizia a sviluppare una diversa teoria, quella del suicidio della giovane. Per suffragare la
propria ipotesi Ponderano indaga sulla personalità della vittima
e scopre le tendenze della Frassati all'estasi mistica e all’identificazione con altri personaggi. Parte centrale della ricostruzione
dei fatti è l’adesione della giovane (ma anche del fidanzato) alle pratiche di devozione presso il grande santuario di Oropa,
nel Biellese, il cui interno e il cui funzionamento vengono descritti con dovizia di particolari (e a supporto di tale descrizione vengono riportate considerazioni sul libro che Zola dedicò a
Lourdes e alla sua folla di disperati). Il libro* di Oddone Carnerana non è dunque propriamente un romanzo, è la ricostruzione
di un caso, argomentata ma non imparziale: la simpatia dell’autore va infatti alla tesi di Ponderano, ma soprattutto il libro è un
omaggio a una Torino di un secolo fa. Il criminologo, che abitava nella cintura (Nichelino), si recava infatti a piedi all’Università e questo dà modo allo scrittore di descrivere paesaggi,
spazi urbani e campagne cancellati quasi interamente... Qualcosa infatti sopravvive di quell’epoca al tempo stesso positivista e
misteriosa, scientista e mistica.
(*) Oddone Camerana: Contro la mia volontà. Torino, Einaudi,
1993, pp 195, £ 18.000.
14
PAG. 10 RIFORMA
Vita Quotidiana
VENERDÌ 1^ SETTEMBRE 1995
Agenda
GATTINARA (Ve) — Nel quadro delle
«feste dolciniane» il past. Giorgio Bouchard
parla sul tema «Religione e sessualità». Nella sala «arcipelago» (ex Arci) in via Garetti
alle ore 21. Informazioni tei. 015-22744.
TRIVERO (Biella) — Nel quadro delle
«feste dolciniane» alla Bocchetta di Margosio, panoramica Zegna, alle ore 10 culto
all’aperto tenuto dal pastore Gianni Genre;
alle ore 11 Assemblea della «Ca de studi
dossinan», al cippo di Fra Dolcino sul monte Massaro; alle ore 13 agape fraterna all’alpeggio del Margosio; alle ore 15 canti e musiche della tradizione operaia
all’alpeggio. Per informazioni tei. 015-22744.
PIEDICAVALLO (Biella) — Nel quadro
delle manifestazioni per il centenario del
tempio dei «picapere» si terrà il culto alle
ore 10,30 a cui seguiranno «ricordi storici».
Per informazioni tei. 015-22744.
STORIA ERETICALE E ANTIERETICA DEL MEDIOEVO: È il tema del XXXV convegno di studi della
Ssv che si terrà presso la Casa valdese di Torre Pellice dal
4 al 6 settembre. Per informazioni tei. 0121-932179.
CULTO EVANGELICO: ogni domenica
mattina alle 7,30 sul primo programma radiofonico della Rai, predicazione e notizie
dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva
realizzata dalla Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne da Raidue alle 23,30 circa e, in
replica, il lunedì della settimana seguente
alle ore 8. Domenica 10 settembre e (replica) lunedì 18 settembre: L’assise battista, metodista e valdese di Torre Pellice; Schweitzer: una vita per gli altri;
evangelici e democrazia.
La ricerca sulla mutazione genetica dei vegetali
Pomodori e mais tutti nuovi
I pomodori ottenuti tutto
l’anno grazie alla manipolazione genetica fanno ormai
parte dell’alimentazione dell’
americano medio.
L’Agenzia americana per la
protezione dell’ambiente
(Epa) nei giorni scorsi ha dato il suo beneplacito anche
per la produzione di ibridi di
mais manipolati geneticamente. L’industria svizzera Cibasemences, che ha effettuato le
ricerche di uno nuovo tipo di
sementi, potrà immettere sul
mercato americano la nuova
produzione di mais già dal
1996. Il mercato potenziale di
questa nuova varietà è enorme. I ricercatori svizzeri hanno infatti realizzato una nuova varietà di mais capace di
produrre una tossina battericida che annienta gli attacchi
della pirale, un predatore che
causa agli agricoltori degli
Stati Uniti un danno annuale
attorno al miliardo di dollari
(1.600 miliardi di lire).
La manipolazione biogenetica dei prodotti agricoli sta
procedendo a passi da gigan^
te. Nel 1992 il governo Usa
aveva ufficialmente annunciato che la materia, non sollevando specifici problemi di
sicure^a nazionale, era libera e perciò non erano necessarie autorizzazioni speciali
per la ricerca. Così, nel 1994,
è entrato nel mercato il po
modoro «Flavr Savr», una
verità che marcisce molto
lentamente. Nel 1995 ha fatto
la sua comparsa una nuova
patata molto resistente ai parassiti, una varietà transgenica nella quale è stato inserito
un gene nuovo, creato per
produrre un insetticida, e oggi anche il nuovo mais.
La Ciba sottolinea che la
Food and drag administration
(Fda), l’ente americano di
controllo sugli alimenti e i
farmaci, non si è opposta alla
sua commercializzazione co
me alimento. Le organizzazioni écologiste hanno invece
sottolineato come la ricerca
biotecnologica, che punta a
ottenere piante «autopesticide», avrà come effetto quello
di ottenere insetti sempre più
resistenti. In Europa esistono
ormai centinaia di piante
transgeniche (mais, tabacco,
barbabietola) ma nessuna di
queste ha finora ottenuto
l’autorizzazione ad andare sul
mercato per la difficoltà di armonizzazione della legislazione nei vari paesi europei.
PROPOST
Aiutiamo gli zingari
Ignoti vandali e provocatori
hanno incendiato a Biella il
campo nomadi distruggendo
due roulotte, un camper, due
baracche in legno costruite
dagli stessi nomadi per fame
un centro d’incontro e per
consentire l’assistenza postscolastica ai loro bambini,
nonché attrezzature per le
giostre, vestiario, ecc. Per
fortuna gli ospiti tradizionali,
tutti sinti piemontesi, erano
assenti dal campo perché al
lavoro nelle piazze dei paesi
vicini come giostrai.
Il nucleo familiare più colpito è lo stesso che ebbe a
patire, tre anni or sono, l’assassinio del capofamiglia
scambiato da un cacciatore
per un ladro, mentre invece
prendeva le misure, in piazza
alle 13, per piazzare la sua
giostra. L’assassino è poi stato condannato a soli due anni
di arresti domiciliari e ai familiari fu rifiutata la costituzione di parte civile e quindi
ogni indennizzo. Ora l’incendio costituisce una nuova criminale disgrazia, che rafforza nei sinti lavoratori l’opinione che contro di loro da
parte dei «gagè» (i non zingari, noi) continui una guerra
senza pietà.
L’Opera nomadi di Biella
e la Chiesa valdese di Biella
aprono una sottoscrizione a
favore delle famiglie colpite
(inviare contributi alla Chiesa valdese, via Feda di Cessato 9, Biella).
Dibattito sul documento approvato dal convegno di Firenze sul tema «Scuola statale e privata, scuola di tutti»
Le ragioni di fondo della crisi del sistema educativo in Italia
Riceviamo questo ulteriore
contributo al dibattito sul tema della scuola in corso su
Riforma che per ragioni di
spazio abbiamo ridotto e diviso in due parti.
VALDO COZZI
GIANFRANCO HOFER
_________RAOUL MATTA________
(...) Innanzitutto ci sembra
che nei riguardi della scuola
pubblica nel nostro paese, in
generale, si sottolinei volentieri il perdurare, talvolta
raggravarsi, di una situazione per molti aspetti non soddisfacente e aleggi nell’opinione pubblica una sensazione diffusa di sfascio, per cui
si dà per spacciata la scuola
pubblica, impressione non
sempre giustificata in quanto
non mancano nella scuola anche iniziative e situazioni largamente positive. Per contro
l’avanzare del privato viene
visto da molti come risposta
toccasana per ogni situazione,
anche nella scuola, dimenticando che il privato, nella
scuola, è stata la situazione
sulla quale è maturata storicamente l’esigenza di un intervento dello stato e che in Italia la scuola privata e specificamente quella preponderante
cattolica, meno qualche caso
in cui l’impegno finanziario e
d’immagine è notevole, ancora non sono a livello di quella
pubblica sotto molti aspetti,
ma vengono semplicemente
giudicate scuole più facili o
più comode.
Sullo sfondo di questa situazione e di ogni propósta
sta un problema generale più
ampio e ineludibile che va
affrontato nuovamente con
chiarezza, quello del rapporto della società e dello stato
nei riguardi dell’istruzione e
della cultura oggi, e in modo
specifico il valore della Costituzione repubblicana, significativamente talora chiamata in causa, forse non solo
per le necessarie adempienze
e adattamenti a cinquant’anni
dalla sua promulgazione, ma
anche come validità delle linee di fondo. (...)
Ci si chiede quali siano le
motivazioni per cui la scuola
debba o non debba continuare
ad essere pubblica, e quale
sia la funzione e lo status della scuola privata; se la scuola
debba essere ancora quella
centralistica, erede dell’Italia
risorgimentale, o debba accogliere un certo decentramento
anche in seguito alla nuova
realtà regionale; se debba essere laica, libera ideologicamente, pluralistica, o si debba
tornare a favorire quella confessionale o, ancora, se si
possa considerarla un’impresa come le altre, soggette alle
regole del mercato: sono tutte
prospettive che vanno pensate
avendo presente la Costituzione e verificandone l’applicazione o un inevitabile cambiamento. (...)
Le mancate riforme
È naturale che vi siano diversità nelle situazioni reali e
quindi anche nelle risposte, in
una società che non è quella
postrisorgimentale nella quale si è strutturata la scuola
statale laica e centralistica, né
quella seguita alla prima
guerra mondiale, che ha prodotto la riforma gentiliana, e
neppure quella che è uscita
dalla seconda guerra mondiale, con la graduale e lenta
apertura alla scuola e università di massa in un continuum
politico e sociale che oggi si
sta dissolvendo e comunque
modificando.
Balza agli occhi innanzitutto un problema simbolo, la
mancata riforma della scuola
media superiore, che sembra
non senza ragione l’argomento più sentito e che indubbiamente va affrontato urgentemente; ci si chiede comunque
come non venga discussa e
prevista in Italia la possibilità
di interventi continui di riforma, perché l’organizzazione
dell’apparato scolastico non
possa essere più agile e affrontare, talvolta anche precedere i mutamenti, piuttosto
che rimanere ingessata, come
è successo, per altri settanta
anni qualora anche si procede.sse a una riforma. (...)
11 blocco paralizzante della
scuola italiana è dovuto alla
mancanza di un disegno coerente, finora impossibile da
concordare in una società
frantumata come l’attuale,
che ha frapposto a lungo veti
incrociati ad ogni cambiamento per via politica; se
qualche riforma c’è stata, è
avvenuta per via amministra
tiva attraverso le sperimentazioni o per interventi e contraccolpi necessari, dovuti al
cambio di alcuni elementi del
gioco provenienti dal di fuori
del mondo della scuola.
I mutamenti del paese
Ricordiamo alcuni elementi
nuovi, che hanno mutato parte del quadro in cui si trova
inserita anche la scuola, che
comunque hanno attinenza
con l’assetto costituzionale
, del paese. Innanzitutto va tenuto presente l’ingresso, finora non realizzato felicemente,
delle Regioni nel campo della
scuola. Previste, com’è noto,
dalla Costituzione e realizzate
con grande ritardo, si sono in
serite senza che nulla venisse
eliminato del precedente ordinamento (...). Alle Regioni è
stata affidata la gestione, diretta e indiretta, di buona parte dell’istruzione professionale; uno dei risultati: costo 6
milioni annuali per alunno,
contro i 3.200.000 della scuola secondaria statale e i 5 milioni 500.000 dell’Università.
Non sono una calunnia i corsi
fantasma finanziati dalle Regioni, ma purtroppo materia
giudiziaria. Inoltre si è cominciata a verificare, in più di
qualche situazione, una generosa sovvenzione alle scuole
private: ad esempio dalla Regione Friuli-Venezia Giulia,
in forza dell’autonomia regionale e aggirando la Costituzione, sono stati stanziati 3
miliardi e mezzo per il prossimo anno scolastico 1995/96.
Ancora: la gestione dei corsi postqualifica con i fondi
dell’Unione europea con non
si sa quale utilità nella confusione attuale dei percorsi didattici e professionali, per cui
lauree brevi, diplomi postsecondari, corsi professionali
non hanno trovato ancora precise collocazioni in un disegno generale dell’istruzione
(da notare che il costo di un
corso di 1.200 ore per 20 persone è di due miliardi duecentomila lire, un’ora di docenza
tra le 80.000 e le 100.000 lire:
riserva di caccia ideale per
enti di formazione, sindacati,
società intermediarie da cui
proviene il dato qui riferito).
Un altro elemento che contribuisce a cambiare il quadro
sempre più disorganico del
sistema dell’istruzione in Italia è il venir a meno del raccordo con l’Università, che- è
sempre più altro mondo, distante dalla scuola (...). Da
questa arrivavano, fino a una
ventina di anni fa, non pochi
docenti garantendo un contatto che da una parte poteva costituire una prospettiva di crescita e impegno culturale per
i docenti della scuola, che oggi hanno la carriera bloccata,
dall’altro un indubbio apporto
non solo didattico per l’Università oltre che una ricaduta
per la formazione dei docenti.
Inoltre abissalmente diversa è la gestione delle risorse e
dei mezzi all’Università, nella quale le logiche liberistiche
sono presenti e convivono in
modo notevole con il pubblico (università private sovvenzionate, rapporto privato-università...), rispetto alla scuola
che ha riceve sempre minori
finanziamenti e che non si vede facilmente come possa autofinanziarsi, se non con i
contributi degli utenti, per cui
le .scuole pubbliche in questa
logica privatistica saranno
sempre più scuole dei poveri
e quindi povere.
La scuola e l'Europa
Infine vi sono aspetti dell’
organizzazione della scuola,
che la situazione odierna pub
richiedere di affrontare in
modo nuovo. Innanzitutto la
presenza sempre maggiore
dell’Italia nel contesto europeo, nella quale al riguardo vi
sono storie, ordinamenti ed
esperienze diverse, a cui
spesso ci si appella solo per
portare acqua al proprio mulino ma che vanno invece valutate spassionatamente.
Tra i problemi più urgenti e
irrisolti, per la scuola italiana,
rimangono ad esempio quelli
della formazione docenti, della necessaria revisione in senso didattico di un Irsae progettato con marcata presenza
del sociale e del politico, a
cui potrebbe essere affidato
effettivamente un ruolo di
contatto e collegamento tra
scuola e università, con coinpiti di supporto alla formazione dei docenti e della loro
esperienza didattica prima e
durante il loro inserimento
nella scuola.
/ _ continua
il prossimo numero
15
\/ENERDÌ 1^ SETTEMBRE 1995
PAG. 1 1 RIFORMA
La chiesa
deve
di
essere
i tutti
Nella presentazione del difficile studio pubblicato da
Riforma in Testi e documenti
su «Proposte di liturgia rinnovata» (luglio 1995), rilevo
con piacere che la chiesa non
è un pu6blico di passivi uditori e che sarebbe opportuna
una liturgia distinta in sezioni, gestita da un gruppo che
consenta il ricambio e la varietà. Non leggo ancora nello
schema liturgico in esame la
liturgia relativa alle funzioni
degli altri ministeri, carismi e
servizi della cornunità di cui
al capitolo 12 della I lettera ai
Corinzi e alla figura del «predicatore», impropriamente
detto «pastore». La chiesa è
una creazione di Gesù Cristo.
Essa non ha templi, istituzioni ma adoratori e predicatori
del Vangelo e deÌLavvento
del regno di Dio. Occorre
evitare che 'essa diventi sinonimo di tempio. La chiesa
non è depositaria di nulla. Solo le persone sono le destinatarie del mandato di Gesù:
nella dinamica della predicazione del Vangelo e nella sua
accettazione o rigetto da parte
di coloro che ascoltano, si
sviluppano le dinamiche della
salvezza o della condanna
(Giovanni 5, 24). Ciò premesso, tenendo presente le
direttive della «chiesa di Cristo», occorrerebbe che le istituzioni e liturgie sviluppassero gli altri servizi e carismi,
che si evitasse l’emergere di
una «chiesa del pastore» impedendo che il pastorato si
trasformi in sacerdozio. A solo titolo di esempio riferisco
che talvolta ho rilevato che
qualche pastore nel corso della santa cena heve in un calice solo a lui riservato. Detto
calice dovrebbe invece essere
esposto sul tavolo, spiritualmente e materialmente riservato al ritorno dell’unico nostro capo e Signore, Gesù
Cristo.
Attilio Palmieri - Roma
Lettera dalla redazione di «Tempi di restaurazione»
L'ecumenismo tra evangelici e cattolici
CIUSEPPETRAETTINO
Dalla redazione di «Tempi di restaurazione» riceviamo e volentieri pubblichiamo
Dopo la pubblicazione del numero
2/1994 di Tempi di Restaurazione, su
«Il movimento dello Spirito fra i cattolici»,
sono sorti in alcuni ambienti evangelici
fraintendimenti, incomprensioni, polemiche
e, ce ne duole, anche turbamento riguardo
alla reale natura della nostra posizione, dei
nostri atteggiamenti e delle nostre affermazioni nei confronti del cattolicesimo. Lì dove
le parole o le apparenze hanno causato offesa o disorientamento, chiediamo esplicitamente perdono.
Desidero però offrire le precisazioni che
seguono, nella speranza che possano servire
e chiarire le nostre convinzioni.
1) Noi abbiama una chiara e convinta
identità cristiana evangelica. Crediamo nella
Bibbia come autorità finale in ogni questione
di dottrina e di pratica. Crédiamo che l’uomo
è salvato unicamente per la grazia di Dio (sola grafia) mediante la fede (sola fide) in Gesù Cristo. Crediamo tuttavia di avere molti
fratelli in Cristo, salvati per grazia, non solo
nelle chiese protestanti ma anche nelle chiese
ortodosse e nella Chiesa cattolica romana.
Non siamo d’accordo con tutte le loro dottrine, ma riconosciamo in quei fratelli i segni di
un’autentica nascita dallo Spirito Santo.
2) Crediamo anche che un autentico dialogo esiga una identità sicura e chiare convin• zioni dottrinali. Non è certo un esercizio del
compromesso. E tuttavia, per essere sereno,
un dialogo necessita di rapporti di reciproca
stima e rispetto in cui ognuno cerchi di comprendere in tutta carità ciò che l’altro realmente crede e professa. Perché il dialogo sia
costnittivo occorre poi avere una grande disponibilità all’ascolto, pronti sempre a ricevere e ad imparare anche dall’altro. Un dialogò condotto con spirito polemico inevitabilmente finisce col diventare un dialogo tra
sordi.
3) In questo dialogo, come espressione del
nostro sincero rispetto per la posizióne di altri ma anche come conseguenza dell’ecclesiologia evangelica, che non riconosce nella
chiesa un’unica autorità centrale, non pen
siamo di rappresentare né pretendiamo di
parlare ufficialmente a nome di tutti gli
evangelici. Ma certamente intendiamo parlare, responsabilmente, dall'interno delle chiese,evangeliche, come portatori di una sensibilità che ha pieno diritto di cittadinanza teologica e spirituale nella nostra tradizione.
4) Questo atteggiamento è, infatti, largamente condiviso anche da Un crescente numero di chiese e di leader pentecostali (vedi
Kansas City 77, la bella «riabilitazione» di
David Du Plessis da parte delle Assemblee
di Dio americane, Orlaiido 95, e lo stesso
dialogo internazionale pentecostale-cattolico
romano che ha come scopo l’approfondimento della comprensione ed il rispetto reciproco. Non ha certo, come anche nel nostro
caso, non l’unità organica e strutturale. Piuttosto si tratta di scoprire quali sono le aree di
accordo, convergenza, disaccordo, e quali
quelle in cui c’è bisogno di studio ulteriore).
Per gii evangelici in generale sì vedano le
aperture del Movimento di Losanna, le posizioni dell’Alleanza evangelica europea e di
quella inglese (di cui possono essere membri
a titolo personale anche cattolici), e il recente documento «Evangelicals and catholics
together» sottoscritto da autorevolissimi
esponenti del mondo evangelico statunitense
(tra gli altri Charles Colson, «Prison Fellowship», lesse Miranda, «Assemblies of God»,
John White, «Geneva College and national
assembly of evangelicals», Bill Brighi,
«Campus crusade», James J. I. Packer, «Regent college», Pat Robertson, «Regént University»), -i
In particolare la «Dichiarazione di Manila», documento sottoscritto nel luglio 1989
al II Congresso intemazionale per l’revangelizzazione da oltre 3.000 tra i più autorevoli
rappresentanti del movimento evangelico
mondiale, recita:
- Il nostro parlare della «intera chiesa»
non è l’affermazione presuntuosa che «Chiesa universale» e «comunità evangelica» siano sinonimi. Riconosciamo infatti che ci sono molte chiese che non fanno parte del movimento evangelico. Gli atteggiamenti degli
evangelici nei confronti della Chiesa cattolica e delle chiese ortodosse sono molto diversi, Alcuni pregano, dialogano, studiano le
Scritture e lavorano assieme a queste chiese.
Altri si oppongono fermamente a qualsiasi
forma di dialogo o di copabofazione con loro. Tutti gli evangelici sono consapevoli che
fra di noi rimangono profonde differenze
teologiche. Là dove è appropriato, e finché
la verità biblica non viene compromessa, la
collaborazione può essere possibile in aree
come la traduzione della Bibbia, lo studio
degli attuali problemi teologici ed etici, l’impegno sociale e l’azione politica. Vogliamo
tuttavia chiarire che un’evangelizzazione comune esige un impegno comune verso il
Vangelo biblico.
5) Come è accaduto a Manila, noi riconosciamo che anche in Italia si tratta di una
questione spinosa sulla quale come evangelici possianto avere con integrità convinzioni
diverse. Tuttavia è vitale per le stesse sorti
deH'evahgelismo italiano che vigiliamo sulla
capacità di ascolto reciproco e che faccianto
crescere le occasioni di conoscenza, di interscambio e di collaborazione sul campo. Ma
non possiamo assolutamente penriettere che
una diversità di sensibilità, di spiritualitàp di
opinione, non necessaiiamente di dottrina,
diventi occasione di ferite nei rapporti, motivo di indebolMento nella collaborazione, o
perfino di interruzione della comunione.
Dobbiamo lavorare per l’unità. Abbiamo bisogno di rinnovare l’amore e il rispetto reciproco.
6) Anche nell’area del rapporto con la
Chiesa cattolica, così delicata e dolorosa per
la storia dell’evangelismo italiano, dobbiamo trovare la capacità di fare nostro lo Spirito di Gesù, perdonando coloro che ci hanno
offeso nel diritto e perfino perseguitato nella
persona, riconoscendo che la bontà di Dio,
che deve essere anche la nostfa, ha lo scopo
di trarre a ravvedimento.
D’altra parte non ci possiamo permettere,
di fronte alle esigenze delTEvangelo, di
ospitare nel nostro cuore come persone e
nella nostra memoria storica come chiese e
movimenti, ferite, offese, risentimenti e
amarezze, quando non addirittura odi. Oltre
a costituire peccato, non avrebbero altro risultato che quello di tenerci prigionieri del
passato, indisponibili all’azione sovrana e
creatrice dello Spirito Santo nella storia.
La guerra
e il papa
Caro papa Wojtyla,
ti assicuro, faccio molta fatica a seguirti nel tuo altalenante giudizio circa il concetto di guerra, giusta o ingiusta,
di difesa o di aggressione.
1991, guerra del Golfo: fo
Riforma
Via Pio V, 15 - 10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
Via Foria, 93 - 80137 Napoii - tei. 081/291185 - fax 081/291175
I Via Repubbiica, 6 -10066 Torre Peiiice - tei. e fax 0121/932166
DIRETTORE: Giorgio GardioI
VICEDIRETTORI: Luciano Deodato, Emmanueie Paschetto
REDATTORI: Stello Armand-Hugon, Claudio Bo, Alberto Bragaglia, Luciano
Cirica, Alberto Corsani, Avernino Di Croce, Piera Egidi, Fulvio Ferrarlo,
Maurizio Girolami, Anna Maffei, Milena Martinat, Carmeiina Maurizio, Luca
Negro, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronel, Gian Paolo Ricco, Giancarlo
Rinaldi, Fulvio Rocco, Pietro Romeo, Marco Rostan, Piervaldo Rostan,
Marco Schellenbaum, Federica Tourn, Florence Vinti, Raffaele Volpe
GARANTI: Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco, Bruno Rostagno
AMMINISTRAZIONE: Ester Castangia
ABBONAMENTI: Daniela Actis
FOTOCOMPOSIZIONE: Aec s.r.l. Mondovì - tei. 0174/551919
STAMPA: La Ghisleriana s.n.c. Mondovì - tei. 0174/42590
EDITORE: Edizioni Protestanti s.r.l. - via Pio V, 15 bis -10125 Torino
ITALIA
ABBONAMENT11995
ESTERO
- ordinario
- ridotto
- sostenitore
- semestrale
95.000
80.000
150.000
48.000
• ordinario
- via aerea
- sostenitore
■ semestrale
£ 140.000
£ 170.000
£ 200.000
£ 75.000
• cumulativo Riforma + Confronti £ 135.000 (solo Italia)
-una copia £2.000
Per abbonarsi: versare l’importo sul ccp n. 14548101 intestato a Edizioni Protestanti s.r.l., via Pio V15 bis, 10125 Torino.
FPulAllcailone setUmanal» uritark am L’Eco doìk vati vaUMi
r non può akummulttìa arrotamento tt
Tariffe inserzioni pubblicitarie: a modulo (42,5x40 mm) £ 30.000
Partecipazioni: millimetro/colonna £ 1.800
Economici: a parola £ 1.000
Riforma è II nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176
del 1« gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le modifiche sono state registrate
con ordinanza in data 5 marzo 1993.
Il numero 31 del 25 agosto 1995 è stato consegnato per l'inoltro postale all’Llfficio CMP
Nord, via Reiss RomoH 44/11 di Torino mercoledi 23 agosto 1995.
sti molto deciso nel condannare ogni intervento armato.
1992, Nuovo Catechismo della Chiesa cattolica: vi si afferma la liceità della cosiddetta «guerra giusta» (n. 2309)
oltre che della pena di morte
(n. 2308). Fine del 1994, Catechismo degli adulti della
Gei: si condanna (cap. 26) la
pena di morte e si nega il diritto degli stati di farsi giustizia da soli, il che equivale a
rifiutare resistenza di eserciti
nazionali. Infine, luglio 1995,
guerra nella ex Jugoslavia: tu
affermi (e tutti i giornali lo riportano) che la guerra di difesa, se giusta, è lecita e doverosa (per inciso, alcuni giorni
dopo i croati entrano in guerra
contro i serbi scatenando un
vero massacro: ma questa è
«guerra giusta»?).
Non capisco qual è il tuo
pensiero in questo altalenare
di giudizi. Non capisco qual è
il pensiero e l’insegnamento
del Magistero della Chiesa
cattolica. Magistero a cui (vedi Codex luris Canonici, can.
752) io cattolico sarei tenuto
a prestare «un religioso ossequio dell’intelletto».
Cerca di spiegarmi: è posizione «cattolicamente ortodossa» affermare il concetto
della nonviolenza (che non
significa passività, ma solo
difesa con modalità di non
uccisione)?. Sono o non sono
«cattolicamente ortodosso»
se sostengo che la sacralità
della vita è da difendere strenuamente non solo in relazione all’aborto e all’eutanasia,
ma anche in ogni altro contesto, con radicalità evangelica,
per cui il «non uccidere»,
l’«ama il tuo nemico», il
«beati i miti, beati i costruttori di pace», ecc. siano sempre
validi concetti da perseguire
comunque? *
Hai parlato di «guerra giusta» pensando alle atrocità
che i serbi stavano compiendo contro i musulmani di Bosnia: ma questa tua sollecitazione a intervenire militar
mente nella ex Jugoslavia vale anche per tutte le centinaia
di prevaricazioni guerresche
che avvengono nel mondo?
Anche per la Cecenia, per i
curdi?
Papa Giovanni XXIII scrisse, nella Pacem in terris,
«alienum est a ratione, bellum iam aptum esse ad violata iura sarcienda». Spiegami:
sempre «alienum est a ratione» oppure quando qualcuno
mi dice che la guerra è giusta,
allora tale guerra non è più
«fuori dalla ragione al fine di
risolvere i diritti violati», e
anzi diventa lecita é doverosa?*A chi debbo credere?
Domenico Manaresi
Bologna
Antinucleare
a senso unico
Caro direttore,
vorrei fare alcune considerazioni in tema di nucleare visti i commenti apparsi su
Riforma dopo la decisione
francese di riprendere i test
atomici. Francamente ci sono
a mio avviso tanti e tanti altri
aspetti molto più preoccupanti in materia di nucleare che
non i test supercontrollati decisi da Chirac. Può darsi che
queste prove siano non indispensabili, come molti sostengono, certamente non saranno fatte da sprovveduti e
sotto il profilo strategico-militare non è detto purtroppo
che siano inutili visto come è
messo oggi il mondo.
Secondo un recente rapporto del dipartimento dell’energia americano, fatto pervenire a un’organizzazione privata che si batte per prevenire i
disastri di origine nucleare,
esistono in Europa, nei paesi
dell’ex impero sovietico, una
decina di reattori nucleari in
condizioni non molto miglio
ri di quello di Cemobil prima
della catastrofe del 1986;
quattro di essi distano non
più di 700 km in linea d’aria
dal territorio italiano. Questi
reattori, è detto nel rapporto,
hanno la maggior parte degli
impianti fatiscente, il disegno
delle apparecchiature è difettoso e la vigilanza delle autorità locali insufficiente. Su
questa triste realtà i nostri pacifisti-ambientalisti che ci dicono?
Secondo me siamo fuori da
qualsiasi logica a non preoccuparci di questi reali pericoli
corne è altrettanto grave ignorare il fatto che la Cina faccia
esperimenti atomici, controllati non si sa come, la Corea
del Nord continui a riempire i
suoi arsenali atomici lanciando ogni tanto qualche oscura
ma reale minaccia, che l’India, il Pakistan, l’Iran e l’Iraq
si diano un gran da fare per
produrre in proprio bombe
atomiche con quali conseguenze possiamo immaginare
tenuto conto dell’affidabilità
dei soggetti in questione. E
anche in merito a tutte queste
situazioni non mi risulta che
ci sia mai stata la minirna
protesta o manifestazione o
sit-in davanti alle rispettive
ambasciate.
C’è poi un altro caso che
vorrei qui ricordare per sottolineare che reazioni emotive
anziché razionali e meditate
diano il più delle volte dei
pessimi risultati e mi riferisco
alla sciagurata messa al bando in Italia del nucleare per
usi non militari. Il risultato è
stato quello di vederci affibbiata nella bolletta della luce
quel «sovrapprezzo termico»
con il quale si finanziano gli
indennizzi all’Enel e all’industria per i costi di abbandono
e riconversione degli impianti
allora esistenti o in corso di
riconversione. Messa al bando che ha significato inoltre
stasi nella ricerca scientifica e
nello sviluppo tecnologico
dell’industria italiana e la di
pendenza per il fabbisogno
energetico da paesi politicaTnente instabili come ad
esempio l’Algeria che ci fornisce con il metano il 50%
del fabbisogno nazionale
nonché (e i nostri verdi sono
serviti) un maggior inquinamento di tutto Lambiente e
tutto questo senza spostare di
un millimetro il pericolo di
altre Cemobil.
Ernesto Incerti - Opera
Non mi sembra che Riforma abbia dimenticato i problemi delle centrali nucleari
dell’ex Unione Sovietica. Nel
corso dell’ultimo anno abbiamo infatti pubblicato alcuni
articoli sulla questione e su
quella della sicurezza delle
centrali nucleari, (g.g.)
Maggioranza
silenziosa
La risentita reazione del lettore Beltrami (Riforma del 30
giugno) alla mia critica della
Resistenza in Italia, dove si
evidenziava il connubio esistente fra essa e il comuniSmo,^ esprime bene l’autostima che la Resistenza ha di se
stessa e ciò che essa pensa di
sé. La mia critica, invece,
esprime (forse meno bene)
ciò che di essa pensarono gli
altri, cioè la gente comune di
quel tempo, che ne vide i fatti, come pure i misfatti, rimanendone estranea. La generazione, cioè, di mio padre, di
cui ho cercato di tradurre il
collettivo pensiero che fu premessa del suo successivo voto elettorale.
Il connubio esistente fra
Resistenza e comunismo fu
assai bene percepito dai comuni cittadini d’allora (che lo
vedevano sotto gli occhi): da
quella silent majority che prima della guerra aveva ironizzato con crescente fastidio
sulle manie di conquista del
fascismo, che durante la guerra aveva sofferto con crescente irritazione i lutti e le rovine
del conflitto, e che (a guerra
finita e con le ossa rotte) non
volle lasciarsi sedurre nemmeno dagli ideali di giustizia
sociale che (in mano ai comunisti) avrebbero portato a
un’altra dittatura, come avvenne in altri sfortunati paesi.
Quella silent majority che nel
1948 votò in massa De Gasperi a preferenza di Togliatti
(e fu la fortuna dell’Italia) e
volle così chiudere il capitolo
del dopoguerra. Resistenza
compresa.
Questa critica non proviene
affatto da un nostalgico del
fascismo di cui ho solo lontanissimi ricordi di prima infanzia e di cui sentii parlare
(e con molto distacco) solo da
mio padre e dai coetanei suoi.
Se proprio mi si vuol classificare, mi si consideri piuttosto
un «reaganiano» che negli
Usa sarebbe un probabile
simpatizzante della «Christian coali tion».
Mi congedo «sine ira et studio» esprimendo il mio rispetto (che non è il mio consenso) ai diversi sentimenti
altrui, come si conviene a un
civile confronto, quello imparato alla scuola di Jefferson,
non di Lenin.
Sergio Bilato - Verona
Il presidente, la Commissione
direttiva, i direttori amministrativo
e sanitario e il personale tutto dell'Ospedale evangelico valdese di
Torino prendono viva parte al cordoglio del dott. Gianfranco Baldi,
vicepresidente, per la scomparsa
del padre
Giuseppe Baldi
Torino, 25 agosto 1995
16
¿AG. 12 RIFORMA
venerdì is SETTEMBRE 199.R
F^rigi: una conferenza stampa della rivista francese «Golias» ha denunciato le gravi responsabilità della Chiesa cattolica
Ruanda: un genocìdio che pesa sulla coscienza dì tutti ì cristiani
TAVO BURAT
Il 7 luglio la rivista francese
Golias ha tenuto una conferenza stampa al Senato, a
P^gi, con la quale ha denunciato le gravissime responsabilità della Chiesa cattolica
relativamente al genocidio
che ha causato in Ruanda un
milione di vittime. Mons. J.
M. Di Falco, portavoce dei
vescovi francesi, ha cercato in
o^ni modo di impedire l’iniziativa, invitando il presidente
d^l Senato a rifiutare di ospitare i relatori che sono riusciti! invece, nel loro intento grazi^ alla «copertura» del senatore radicale J. F. Hory che si
è pfferto come garante.
Il caso del sacerdote
Wenceslas Munyeshyaka
La conferenza stampa ha
denunciato in particolare il
caso di don Wenceslas Milnyeshyaka, giovane sacerdote
nominato vicario nella chiesa
della Sainte-Famille a Kigali.
Nel periodo in cui si scatenò
il [genocidio, da aprile a luglio 1994, don Wenceslas affiancava i miliziani delle forze armate ruandesi (Far), girala armato, consegnava loro
i Tutsi che si erano rifugiati
nejlla sua parrocchia e, secondq le testimonianze raccolte
sup posto dagli inviati di Golias, violentò almeno una
gióvane donna e ne fece violentare altre dai miliziani.
Don Wenceslas, che figura
nplla lista dei criminali di
guerra in attesa di essere giudi|:ati dal Tribunale internazionale, si è rifugiato in Francia, dove continua ad esercitare il suo ministero sacerdotale come coadiutore nella
parrocchia di Bourg-SaintAÓdéol (Ardèche), protetto
dal vescovo di Viviers, da cui
dijiende Bourg-Saint-Andéol,
e dalla Congregazione dei
Peres Blancs, responsabili
delle Missioni in Ruanda e
Burundi sin dall’inizio dell’
evangelizzazione (fine del secolo scorso).
Le responsabilità
delia Chiesa cattolica
Il caso di questo sacerdote
così gravemente compromesso con il massacro dei Tutsi è
eniblematico delle pesantissimi responsabilità della Chiesa cattolica su quanto è accaduto. In effetti, prima della
colonizzazione, le tre etnie,
Hiltu (80% della popolazione), Tutsi (20%) e Twa (pigmòidi, 1%) convivevano pacitìcamente, ciascuna con la
sui propria specificità (rispettivamente agricoltori, allevatori, cacciatori nomadi),
condividendo un fondo culturale comune rappresentato
dall’unità linguistica (il kinyanvanda).
Mai ci fu nella storia locale
uno scontro tra Hutu e Tutsi;
un clan di questi ultimi prese
il potere a poco a poco, senza
spWgimento di sangue, attraverso alleanze matrimoniali
con i clan Hutu, con doni di
bestiame ai quali gli Hutu
erano particolarmente sensibili, affascinati dalla ricchezza rappresentata dal capitale
bestiame. Affiancando e sostenendo il potere coloniale,
prima tedesco poi belga, i Pères Blancs, che consideravano il Ruanda-Burundi una loro «riserva di caccia», aH’inizic scelsero di appoggiarsi
sulla «razza» Tutsi ritenuta
«superiore».
l.’insegnamento, all’epoca
interamente nelle mani della
Chiesa cattolica, vittoriosa
sui tentativi di inserimento
protestante, era riservato
Il 28 aprile 1994 oltre 200.000 ruandesi si sono rifugiati in Tanzania per sfuggire ai massacri
all’élite Tutsi. Nel 1913, i tedeschi avevano già messo
fuori causa i re tribali Hutu;
tra il 1929 ed il 1931, i belgi
eliminarono le superstiti strutture gerarchiche tradizionali
Hutu e le sostituiscono ovunque con elementi tratti dall’
aristocrazia dei clan Tutsi. I
capi Hutu così spodestati coltivarono un forte rancore. Il
sistema di amministrazione
coloniale compì pertanto la
più completa distruzione delle strutture sociali del paese,
con il risultato che i capi Tutsi divennero, agli occhi degli
Hutu, i diretti responsabili
dello sfruttamento coloniale.
Il sogno dei «Pères Blancs»
Il Ruanda-Burundi appariva come un campo privilegiato per l’espansione cattolica; i Pères Blancs sognavano
una sorta di «nuova Gerusalemme», un «regno cristiano» che realizzasse quanto
era fallito in Europa, e costituisse un modello per il passaggio dell’Africa dall’animismo al cristianesimo. Ogni
resistenza fu travolta, ed è
così che nel 1931 il re Tutsi
Musiwa, difensore delle tradizioni della sua gente, venne
destituito e sostituito dal cattolico Mutara III. Confortando il potere Tutsi, scolarizzando esclusivamente i figli
dei capi Tutsi, la Chiesa cattolica favorì il diffondersi di
un’ideologia razzista e un
odio etnico, inconcepibili nel
Ruanda tradizionale.
Tuttavia, negli anni ’50, i
colonizzatori si resero conto
che il potere Tutsi aveva velleità anticolonialiste: i giovani
Tutsi, formati nelle Università
europee, misero in questione
l’alleanza della Chiesa con il
potere coloniale, le strutture
confessionali della scuola e in
generale dello stato nel Ruanda. Il re Mutara III, persona
equilibrata che imbarazzava il
potere per il suo ascendente
su tutto il popolo, nel 1959
morì improvvisamente, sembra assassinato.
Dai Tutsi agli Hutu
La Chiesa cattolica cambiò
radicalmente le sue alleanze:
ormai diffidente nei confronti
dei Tutsi, troppo emancipati,
puntò tutto sugli Hutu per
mantenere la sua egemonia.
Formò così una generazione
di catechisti Hutu e lanciò
all’assalto del potere questa
contro-élite Hutu incondizionatamente fedele alla Chiesa
e al Belgio. I Pères Blancs
patrocinarono la fondazione
del partito etnico Parmehutu,
invertendo completamente i
valori: i Tutsi vennero d’ora
in poi denunciati quali classi
di privilegiati di origine straniera, sfruttatori e spoliatori
del povero popolo Hutu.
Mons. André Pérraudin, Pére Blanc svizzero ma «anima
nera» del potere coloniale, vicario apostolico di Kagbay, è
il teorico di questo integralismo etnico, fondato sulla legge della maggioranza e sulla
pretesa autoctonia degli Hutu.
Propagandisti del Parmehutu
vengono inviati in tutto il paese per istigare gli Hutu alla rivolta contro il «potere feudale
Tutsi» e al massacro degli
«sfruttatori». Così, dal novembre 1959 al gennaio 1964,
intere comunità Tutsi, anche
di poveri contadini, vengono
decimate; gli organizzatori di
questi spaventosi macelli
escono dai seminari.
Quadri e intellettuali Tutsi
saranno uccisi o banditi. Innanzi a questi massacri, le autorità belghe e i Pères Blancs
chiudóno gli occhi, quando
non incoraggiano o prestano
man forte. Anche i religiosi
vengono accusati a Bmxelles
di essere dei pericolosi filocomunisti. Il Parmehutu vince trionfalmente le elezioni;
l’odio nei confronti dei Tutsi,
ormai demonizzati, sarà determinante per rafforzare il
potere del presidente della
Repubblica, Grégoire Kayibanda, già giovane catechista
Hutu, creatura di mons. Pérraudin che del regime diventerà l’eminenza grigia.
>
L'egemonia '
della maggioranza Hutu
Questa ideologia etnica
ignora deliberatamente un dato fondamentale, e cioè che la
maggioranza dei Tutsi è formata da poveri contadini apolitici, diffidenti nei confronti
del potere, proprio come la
maggioranza degli Hutu, e
pertanto emarginati e disprezzati come loro. In altri termini, si dimenticherà deliberatamente resistenza dei Tutsi
poveri (che sono la maggioranza della minoranza), non
ascoltando altri che la minoranza della maggioranza (gli
Hutu ricchi). La comunità intemazionale si associò a questa tragica valutazione e si
schierò con i «corti» (gli Hutu) contro i «lunghi» (i Tutsi).
Con la rivoluzione Hutu del
1959, si è identificata la democrazia con il regno assoluto della maggioranza, dimenticando che principio fondamentale per un’autentica democrazia è la tutela e il rispetto per le minoranze. La
Chiesa cattolica è la prima responsabile di questa identificazione tra democrazia e dittatura di un partito etnico che
pretende di rappresentare la
maggioranza.
L’impunità accordata agli
autori dei massacri ne incoraggiò la continuazione e,
sradicando ogni sentimento
umano, preparò i cattolici
Hutu a massacrare i fratelli
cattolici Tutsi. L’internazionale democristiana ha avallato l’ideologia razzista della
repubblica Hutu e giungerà a
raccomandare agli oppositori
di unirsi al «Hutu Power».
Per reazione, nel vicino Burundi, istigati dai profughi
della stessa etnia provenienti
dal Ruanda, i Tutsi al potere
eliminarono i quadri dirigenti
e gli studenti Hutu, «pareggiando» i massacri subiti dai
Tutsi nel Ruanda e incrementando pertanto l’odio tra le
due etnie. Nel 1973, per un
colpo di stato militare, cadde
il regime di Kayibanda, e iniziò una nuova serie di pogrom, sfruttati politicamente
. dal nuovo dittatore, il generale Juvénal Habyarimana,'
esponente di un clan Hutu
nordista avversato anche dagli Hutu meridionali. Nel
1988, rifugiati Hutu del Burundi rientrarono in questo
paese e incitarono, una volta
ancora, gli Hutu a ribellarsi e
a vendicarsi massacrando i
Tutsi detentori del potere.
La tragedia assunse aspetti
terrificanti nel 1990, quando
venne totalmente eliminata
(gli scampati si contarono
sulle dita di una mano!) la comunità formata da alcune migliaia di Bagowses: Tutsi miserabili, poveri tra i poveri,
tutti analfabeti e apolitici, ul
timi pastori nomadi del Ruanda. Questo massacro fu la
prova generale per il genocidio del 1994: si trattava di vedere se la «soluzione finale»
fosse possibile e quale sarebbe potuta essere la reazione
intemazionale: che, infatti, fu
pressoché inesistente ad eccezione di una denuncia della
Lega per i diritti dell’uomo.
Il Vaticano ha continuato a
sostenere nel Ruanda apertamente gli Hutu al potere; e ha
nominato vescovi allineati su
questa politica. L’arcivescovo di Kigali, mons. Vincent
Nsengiyumva, del clan del
dittatore Habyarimana, era
membro del comitato centrale del Mrnd (il nuovo partito
estremista radicale Hutu, organizzatore anche delle milizie armate), da cui si dimise
soltanto nel 1990, alla vigilia
della visita del papa. Mons.
Nsengiyumva sarà assassinato nel 1994. Il vescovo di
Ruhengeri ha ufficialmente
richiamato i cristiani (Hutu,
evidentemente) a sostenere il
regime genocida in azione;
mons. Augustin Misago, vescovo di Gikongoro, ha rifiutato di prestare aiuti ai profughi Tutsi e ha permesso ai
miliziani di accedere al suo
presbiterio per catturare quei
pochi che erano riusciti a rifugiarvisi.
Anche i vescovi di Cyaneugu e di Kigali sono molto
compromessi con il genocidio. Nel suo numero di luglio-agosto 1995, Golias pubblica l’elenco di sacerdoti e di
religiose gravemente compromessi nello spaventoso genocidio di aprile-luglio 1994:
Thaddée Rusingizandekwe,
cappellano militare e professore del grande serninario di
Butare; Anaclet Sebahinde,
cappellano militare; Joseph
Sagahutu, prete a Gikonkoro;
Athanase Nyandwi, sacerdote di Kaduha; Hormisdas
Neengimana, prete al collegio di Cristo Re a Butare, implicato nell’assassinio di tre
sacerdoti, ora forse rifugiato
in Italia; Martin Kabalira,
cappellano militare a Butare,
denunciatore di diversi sacerdoti Tutsi poi eliminati; François Nunyaburanga, parroco
di Nyumba, responsabile tra
l’altro di aver consegnato ai
miliziani una dozzina di bam
bini Tutsi rifugiati in chiesa;
Jean Damascène Rurangwai
direttore del seminario di Butare, che rifiutò ospitalità ai
perseguitati; Denis Sekamana,
denunciatore di sacerdoti Tutsi; padre Scrumba di Rutsiro,
rifugiato nello Zaire; padre
Thaddée Ngirinhuti, della parrocchia di Nkanka; padre
Laurent Ntimugura, prete della parrocchia di Mibilizi, implicato nell’assassinio del parroco; padre André Nzigira,
denunciato da alcuni sopravvissuti per aver aiutato i miliziani nel massacro nella parrocchia di Rukara; padre Marcel, parroco di Mubuga, collaboratore dei miliziani; padre
Déogratias Gakuba, della parrocchia di Ndera, attivo
nell’organizzazione delle
«spedizioni punitive».
Le colpe dei protestanti
Nell’elenco figurano anche
alcuni evangelici, come Michel Twagirayesu, attuale
presidente della Chiesa presbiteriana del Ruanda, accusato di aver incitato all’assassinio nella sua regione natale
di Kibuye, attualmente rifugiato in Kenya; il pastore Tite
Ruvugabigwi della parrocchia protestante di Gahini,
che negò soccorso a rifugiati;
Elsaphane Ntakirutimana,
presidente della comunità avventista di Kibuye, implicato
nel massacro avvenuto nella
chiesa avventista di Ngoma
(Kibuye), rifugiato negli Usa.
Attualmente, la gerarchia
cattolica in Francia e in Belgio è schierata con l’ex governo Hutu in esilio, accusato
di genocidio, contro il nuovo
governo di Kigali, formato
dal Fronte patriottico (Fpr),
composto da Tutsi ma anche
da Hutu (specie del Sud). Vi
è poi elencata un mezza dozzina di suore, accusate di non
aver prestato alcun soccorso
o di aver denunciato rifugiati
ai miliziani.
In un paese che ancora nel
1950 aveva in pace la maggioranza di animisti e ora ha
il 90% di cristiani, un massacro tra «fratelli» di oltre un
milione di persone coinvolge
gravemente la responsabilità
di tutti i cristiani, pesa sulle
nostre coscienze e ci fa chiedere se sia sufficiente la confessione di peccato.
Creato da un'ex prostituta colpita dal messaggio dell'Evangelo
Colombia: un Centro cristiano
per venire in aiuto alle prostitute
Nella capitale della Colombia si trova un Centro per
l’accoglienza alle prostitute
che porta il nome di «Renacer en Cristo». In esso lavorano molte volontarie che
provengono da diverse chiese
di Bogotá. Sono donne decise, che si avventurano nei
quartieri più pericolosi e malfamati della città (che conta
oltre 4 milioni di abitanti),
avvicinano le prostitute, fanno amicizia con loro, testimoniano dell’Evangelo e lasciano loro parti della Scrittura.
A Bogotá le bambine cominciano a lavorare come prostitute verso i sette anni: per alcune si tratta semplicemente
di entrare nell’«azienda familiare», altre sono costrette dai
genitori, anche con la violenza, a lavorare sulla strada.
«Non c’è nessuno scampo per
queste ragazze - ci è stato
detto - subiscono abusi sem
pre più pesanti e sono in continuo pericolo di ammalarsi e
di morire. Hanno estremo bisogno della speranza che offre loro la parola di Dio».
Le prostitute sono invitate
a visitare il Centro, dove possono trovare amicizia, solidarietà e approfondire il messaggio evangelico. Chi si trova in necessità può anche fermarsi: la casa può ospitare fino a trenta persone. Grazie
all’amore e alla testimonianza che hanno ricevuto, alcune
di queste ragazze si sono convertite. Casi come quello di
Maria sono la normalità per
le donne che gestiscono il
Centro: recentemente essa è
arrivata con tre bambini, l’ultimo di tre mesi. Due anni fa
il marito è finito in carcere e
per sopravvivere con i suoi
figli. Maria è scesa sul marciapiede. Con gli ultimi mesi
di gravidanza e la nascita del
rultimo figlio ha dovuto sospendere il lavoro e il padrone di casa l’ha cacciata perché non aveva più soldi per
pagare l’affitto. Allora è venuta al Centro «Renacer en
Cristo», sapendo che qui non
l’avrebbero respinta.
Il rifugio è stato aperto da
una donna, Giuditta, ex prostituta alcolizzata. Un giorno,
sulla strada, ricevette la testimonianza di un credente che
si era fermato a parlare con
lei: colpita dal messaggio
dell’Evangelo, la sua esistenza ebbe una svolta radicale.
Giuditta si propose di aiutare
le donne intrappolate in quel
tipo di vita e riuscì ad aprire
il Centro di accoglienza, che
volle chiamare «Renacer en
Cristo», sia per testimoniare
la propria esperienza, sia per
offrire una speranza alle sue
ex compagne di lavoro.
(Ubs World Report)