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Romia, 9 Gennaio 1909
Si pubblica ogni Sabato
ANNO II - N. 2
LA LUCE
Propugna gl’interessi BoclaIi|¡ morali e religiosi in Italia
ABBONAMKNTI
Italia : Anno L. 2,50 — Semestre L. 1,50
Estero: » » 5,00 — . . 3,00
Un numero separato Cent. 5
I manoscritti non si restituiscono
INSERZIONI
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a.
Per linea e spazio «orrispondente L. 0,35
« « da 2 a 5 volte 0,10
* « da 6 a 15 volte 0,05
Per colonna intera, mezza colonna, qnarto di colonna e
per avvisi ripetuti prezzi da convenirsi.
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Direttore e Amministratore : B. Celli, Via Magenta 18, Roma
La nostra immane seiagura
Una lettera del Vresidente
!
del Comitato
Eicevianio dal Presidente del Comitato d’Evangelizzazione la seguente lettera da Palermo in data
gennaio 1909 :
Caro Fratello ed Amico,
Scrivendo a Lei, rispondo ai molti colleghi e amici
simpatizzanti, i quali dopo l’immanè Sciagura che ha
colpito la Chiesa di Messina, bramerebbero avere
notizie e ragguagli del conduttore e dei membri di
essa. Accludo notizie dovute alla penna del fratello
pastore Fasulo di Catania, il quale si recò sul luogo
della catastjrofe.
Come Ella sa, arrivai a Napoli il giorno di Capo
La città sembrava morta. Chi ha visto la
spensierata popolazione napoletana in
mi, non può immaginare un cotanto silenzio, un lutto cosi generale nella gaia regina del
Tirreno
ìserte; solo nel Corso due lunghe file di
s’accalcano lungo i marciapiedi; il mezzo
della via è tenuto sgombro, per lasciar passare il
lugubre coiteo delle automobili, che mandano il
loro grido fanco e lamentevole. Ogni antomobile
una barella con feriti e agonizzanti sostenuti
da pietosi cittadini che si fanno infermieri dei loro
fratelli.
strazio delle gambe e dei piedi, è facile immaginare.
Erano seminudi, e a stento poterono trovare qualche
indumento per ricoprirsi alla meglio. Del figlinoletto di 9 anni, della suocera, dei cognati nessuna
traccia; e lo stesso si dica della signorina Pillò, torinese, che da poco era impiegata nel loro negozio
di sartoria. Il fratello Passalacqua, senza poter reagire, dovette assistere al saccheggio del ben fornito
magazzino dal quale i predoni portavan via pezze
di seta e di panni fini; e, sprovvisto di danaro e
di viveri, aspettare per due lunghi giorni, il soccorso.
danno
chiassosa e
altre occasii)
Le vie d(ì
popolo mute
lo
Arrivo a
nei nostri
Domenicale,
cevere feriti
Mi si dice
tisti facciano
Mentre so
delle vittime
nostri, giungi
ziano della
naro Passalat(
gentilissimo
Corriamo
Il Passalaci
scossa fatale
piano. I pav
letto, si ritr|
invece, travi
caviglie e pi
quella posiziij:
muri che l’a
segarle i pii
fortuna un
San Tommaso, ove si sta disponendo
cali, e cioè neH’ampia sala della Scuola
una infermeria con dieci letti per ri
che i nostri fratelli wesleyani e bataltrettanto.
i^o dal pastore e con lui scorro i nomi
sbarcate, per scoprire se vi sono dei
e nn signore con una lettera dell’an(fhiesa di Messina, signor Gaetano Geniqua, che colla moglie è ricoverato dal
prof. Malerba e famiglia,
vederlo.
qua ci narra che al momento della
dormiva nel suo appartamento al 4imenti sprofondarono, ed egli, nel suo
-vò incolume al mezzanino. La signora
nelle macerie, rimase impigliata alle
a^ecchie ore ci vollero per strapparla da
ne. Siccome minacciavano rovina altri
avrebbero schiacciata, taluno proponeva di
per salvarla ad ogni costo; ma per
ùltimo sforzo riuscì a liberarla, con quale
olta
I coniugi Passalacqua non possono dire abbastanza
della generosità premurosa della famiglia Malerba
che li ha ricoverati in Napoli. In tanta sventura
commuove lo slancio di vera carità tanto pratica
addimostrata da tutta la popolazione tanto a Napoli
quanto a Palermo.
Mentre mi appresto a partire, si presenta al collega fratello G. Tron, nn membro della sna Chiesa,
persona attempata, che gli dice : «Pastore, mi tenga
arrolato come il primo infermiere e disponga di me;
inoltre, se scoprirà un qualche bambino che abbia
perduto i genitori nella catastrofe, sono pronto ad
adottarlo! ».
Nobile cuore ! Ecco il vero cristianesimo di Cristo !
Sullo stesso piroscafo che mi ha portato qui a
Palermo ha fatto viaggio la signora D. Goss-Rostaing
di Torino ; la quale accorre al letto del fratello,
signor Giuseppe Rostaing che giace ferito all’ospedale di S. Saverio. Egli aveva appena da nn mese
finito rimpianto della luce elettrica a Messina e
fungeva da direttore. Ha le gambe contuse, ma non
troppo seriamente, ed una frattura al braccio sinistro.
Mi reco col collega Eostagno a vedere il signor
Giuseppe Trombetta ricoverato qui con la moglie :
si sono salvati colla figlia signora Mazzitelli ; ma
hanno tatto perduto 1 II fratello Domenico, la moglie
di lui, il figlio Francesco, la figlia Marietta sposata
Lazzarini, e due figlie del signor Teodoro sono periti. Scampati miracolosamente il signor Teodoro
Trombetta, la moglie ed un figlio. Hanno pure trovato rifugio qui a Palermo i signori Saraw, i signori
Vogt colla sig.na Forneron. Veniamo a sapere che
Tobler e Jacob sono salvi e che uno dei fratelli e
una delle signore Mostacci si trovano tuttora in
vita. A più tardi una lista più completa ed altri
particolari.
Non v’ha dubbio, le cause per cui il numero delle
vittime fu cosi straordinariamente grande sono tre:
!• L’ora mattutina delle 5,21, in cui avvenne il
cataclisma, il quale sorprese i più a letto e nelle
più fitte tenebre (cosa degna di nota, moltissimi fra
i superstiti sono persone, di servizio, e quindi erano
alzati e vestiti a quelTora).
2- Il tempo orribile, pioggia dirotta e prolungata,
vento di tempesta che rese difficile il muoversi in
mezzo alle macerie.
3* Il tardo, troppo tardo arrivo dei soccorsi del
tutto inadeguati aH’immensità della sventura.
Innanzi a tanta ecatombe di vite umane, a tanta
moltitudine di feriti, a tanta somma di miseria, di
angosce e di lutti, noi ci sentiamo impotenti e inetti
con le nostre deboli forz’ff a provvedere efficacemente a così grandi bisogni ; e perciò tendiamo le
mani in alto verso il nostro Dio d’amore, e poi le
tendiamo verso i nostri fratelli in fede, e gridiamo:
« Soccorreteci ! » Rptxivo Oluston
Una lettera del Pastore
di Catania
Catania, 31 dicembre 1908.
Torno adesso da Messina, dove sono accorso appena
ho potuto, dopo il terremoto. Non essendo punto pratico della città, e non potendo avere da nessuno guida
e indicazioni in mezzo a quel caos immenso, poco
ho potuto fare per i nostri fratelli : ho fatto invece
qualche cosa per altri !
Dove abitava il caro signor Chauvje non è che un
mucchio di rovine impraticabile.
Sono stato due giorni ed una notte sul luogo del
disastro, senza dormire e mangiando scarsamente. Attorno sempre con barelle e, di notte, con torce a vento
in cerca di feriti fra le macerie per trasportarli sul
treno di Catania.
Combinazione volle che il primo ferito che ci capitasse di trarre da sotto le macerie e di portare alla
stazione fosse una giovinetta, di forse 18 anni, figlia
di un evangelico, per nome Ali. Ed e^ come si è saputo questo: mentre mettevamo la ratizza su di una
barella, un catecumeno che da Catania era venuto con
me, mi chiamò : « Signor Pastore * per suggerirmi di
dare alla poveretta un sorso del caffè che io avevo portato in una bottiglia. Appena la ragazza senti chiamare : « Signor Pastore », sì riscosse ed esclamò con
gioia: « C’è un pastore evangelico qui ? ». M’accostai,
la confortai come meglio potei. Vicino a quella sventurata, sotto le macerie erano periti il padre, la madre
ed una sorella ! Ella soggiunse : ,« Oh, io accetto con
tutto il cuore la verità evangelica!» So che fu trasportata in qualche ospedale di Catania, ed io farò ricerche
per vedere di ritrovarla. Se ho salva la vita e se sono
potuto tornare a Catania, lo devo certaruente ad un
miracolo di Dio ! Durante il tempo ch’io passai a Messina, ci furono altre quattro scosse di terremoto sussiiltorio d’una grande violenza, ed una di queste scosse
poteva riuscir fatale per me. Insieme col catecumeno
di cui ho parlato di sopra, signor Salvatore Patanè, ed
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LA LUCE
insieme con sei o sette ardimentosi soldati russi mi
sforzavo di estrarre da sotto le macerie una donna ancor
viva, seppellita fino ai fianchi. Sovrastante a quel luogo
si trovava in bilico un pezzo di muro alto circa due
piani ; l’operazione era difficilissima e quasi disperata;
ammirevole rabnegazione dei russi !
Mentre si faticava, ecco una fortissima scossa di terremoto, che ci fa traballare tutti quanti : scappiamo via
per quanto si può fra monti di rottami e il lezzo dei cadaveri. Avviandomi verso la stazione, non mi accorgo
che pochi soldati di artiglieria stanno arrestando un
gruppo di venti o trenta persone che avevano tentato
di saccheggiare una casa, e senza badare passo ^ loro
d’accanto frettoloso e proseguo; ma un soldato di artiglieria di corsa con la daga sguainata viene a piantarmisi dinanzi, e me la punta al petto, gridandomi ;
« Dove va lei! ». Ero stato scambiato per uno dei
predoni! Mi vidi amai partito: ma per grazia e volontà
di Di«, il soldato riconobbe l’abbaglio che pigliava, e
mi lasciò andare.
Il signor Patané, non era meco in quel critico momento; poiché nella fuga, ciascuno aveva preso direzioni diverse. C’incontrammo poi alla stazione.
Non è ancora certo che Catania non debba cadere
anch’essa. La scossa qui fu fortissima. Il mio posto è
sempre qui, finché mi resta vita.
Preghiamo Iddio ! Scrivo con le lagrime negli occhi, ed a Messina ho singhiozzato come un bambino !
Giuseppe pasulo.
quale lugubre e straziante spettacolo ! contusioni,
occhiaie, visi lividi, contusi, sformati I
Penetro nel gran fabbricato degli « emigranti »
a Porta Felice, che pare un vero lazzaretto ; e anche
11 feriti in gran numero 1 M’imbatto nell ottima suora
Marianna Rizzo che si occupa di tutto un riparto
al pianterreno, e fa apprezzare le sue rare doti di
valente infermiera, recando cosi onore alla Casa delle
diaconesse di Torino, da cui è uscita.
Noto in tutti una santa gara per darsi, per consacrarsi a prò dei derelitti, la cui vista suscita profonda pietà e fa salire un velo agli occhi e un nodo
alla gola. Come potrò io mai scordare quei volti
impietriti dal dolore, quegli occhi tristi d una tristezza indicibile ? che ne ho dinanzi, di e notte, 1 angosciosa visione !
Il nostro giovane colportore La Scala, con tre
altri fratelli della nostra chiesa di Catania, ha prestato un valido aiuto nei primi giorni terribili della
catastrofe. fiftufo maston
Daggiamo Azione di Catania :
« Il Barone La Corte era rimasto con mezzo corpo
sotto le macerie. I saccheggiatori giungono sino a lui.
Vedono la cassa forte, e invece di recare aiuto al barone, pensano a romperla per involarne il contenuto.
Rubano, e abbandonano il barone che emette grida
strazianti. Questo viene salvato dopo due giorni dalla
squadra condotta dal Pastore Evangelico Fasulo e dai fratelli Vito e Giovannino Failla figli al Notaro Ignazio.
La squadra composta dal Fasulo e dai fratelli Failla
e altri studenti Universitari,verso la mezzanotte del
29 viene avvisata che fuori Messina c’é una signorina
sepolta sotto le macerie. Accorrono con delle torce.
Trovano il luogo: Salvano la signorina. Un signore
che segue la squadra crede riconoscere in essa la sorella e avviene una scena straziante. Però si ha un
po’ di luce sul gruppo. I due* si guardano, non si conoscono e.. il nostro cuore non regge a descrivere
tanta sciagura, tanto dolore ».
Leggiamo nel Corriere di Catania ;
c Defelice ed altri fra cui il pastore evangelico Fa
salo, con torce a vento si recarono in luogo lontano
dalla stazione, liberando la signorina Ali, la quale gridava disperatamente al soccorso, abbandonata fra le
macerie e trasportandola dopo fatiche inaudite alla sta
zione, sopra una barella ».
Una seconda lettera del .
Presidente
Palermo 4-1-09
Nella tremenda sventura che ha colpito il nostro
paese se v’è nna nota bella, ispirata, nobilissima è
quella della generale simpatia per le povere vittime.
Nei lunghi anni da me trascorsi in Palermo, l’anima di qnesto popolo non mi si era mai rive
lata cosi ricca di pietoso amor fraterno. Senza distinzione di classe sociale, tutti si sono prestati e
si prestano per lenire le sofferenze dei fratelli messinesi e calabresi, trasportati qui in gran numero.
Teatri, chiese, scuole, università, uffici varii sono
stati trasformati in ospedali, infermerie, asili e ri
coveri. M’affetto ad aggiungere che gli evangelici
nou sono seOTndi a nessuno nell’assistenza di tanti
poveri feriti. Entro nel grandioso edificio scolastico
c Francesco Crispi » dove la Croce Rossa si è stabilita, e trovo la benemerita signora Berta Hirzel
e la sua gentilissima figlia sig.na Anna, vestite da
infermiere, che sopraintendono ciascuna ad nna camerata. Che stretta al cuore si prova passando da un
letto all’altro e sentendosi dire dalle pietose infermiere : « Qnesto qui ha le costole rotte ; questo ha
sopportato l’amputazione d una gamba ; que.st’altro
ha la cancrena che gl’invade il corpo ; questa giovane
ha riportata un’orribile ferita al ventre e solo dopo
sei giorni della disgrazia, è stata operata ; qnest’altra ancora ha la base del cranio fratturata.. Oh
Un brano d*un'altra lettera
del Pastore di Catania
Catania, 2 geuuaio 1909.
Qui negli ospedali ho trovato feriti (per ora) 1 Avv.
Alemagna con un braccio rotto, ridotto completamente
alla miseria; sua sorella Giuseppina con la testa e il
labbro feriti ; à avuto otto punti. La signora dell Avvocato, anch’es.sa ferita.
Ma le ricerche mi riescono difficilissime, non essendo
affatto pràtico della Chiesa di Messina. Anche delle
mie cugine Hamilton nou ho trovato traccia.
Il tempo qui é orribile, e la terra ogni tanto traballa
per quanto leggerissimamente.
La mia signora é all’ospedale come infermiera a curare i feriti ; io giro per gli ospedali e ricoveri a cercare possibilmente i nostri.
Ieri venne un catecumeno della Chiesa di Messina,
leggermente ferito ; la signora e i bambini sono più
gravi all’ospedale ; due bambini morti ; egli era negoziante-proprietario. Sig. G. Panté.
O. pasulo
Un fascio di Notizie
adunava d’urgenza alcuni rappresentanti delle varie
chiese evangeliche della città, per intendersi con loro
su ciò che meglio convenisse fare a sollievo della tremenda sciagura che ha colpito la Calabria e la Sicilia.
Tenuto conto del fatto che i capimissione avevano tutti
già iniziato collette, si risolvette a grande maggioranza di non intralciare in alcun modo la nobile opera
incominciata nelle chiese e di lasciar poi all Associazione stessa il dolce incarico di trovare altri benefattori disposti a concorrere efficacemente a lenire le pene
morali e materiali dei poveri superstiti.
— Nel nostro tempio di Via Nazionale, domenica scorsa,
al culto della mattina, il pastore ,sig. Ernesto Comba
parlò della catastrofe, confortando i cuori affranti degli
ascoltatori con un magistrale discorso d’occasione. La
colletta, all’uscita, fruttò una cospicua somma.
— Un giovinetto, rimasto incognito, ha deposto sui
vassoi della colletta all’uscita dal culto di domenica
scorsa, in Via Nazionale, tre medaglie d argento al
merito, guadagnate con lo studio nelle pubbliche scuole.
L’atto ha vivamente commosso i membri del Consiglio
e della Chiesa.
— Una bambinetta di 7 anni scriveva alla Befana,
cioè... alla mamma che é professoressa in una delle scuole
Complementari di Roma ; « Cara Befana, quest anno
non mi portare proprio nulla. E quello che vorresti
portare a me, portalo invece ai bambini di Messina e
di Reggio. ■
La tua...»
Firenze
Ci si informa che il nostro correligionario, dottor
Luigi Rochat figlio del Pastore sig. Giovanni, é partito medico chirurgo volontario con la squadra dei
medici mandata dall’autorità sotto la guida del Direttore d’uno degli ospedali fiorentini.
La loro destinazione é Melitoportosalvo, all’estremità
della Calabria.
— Domenica prossima il professore G. Rostagno, che
fu evangelista a Messina, commemorerà i nostri cari
Fratelli rimasti vittime neU’orribile catastrofe.
Livorno
Dal giornale II Telegrafo apprendiamo che il 6 gennaio alle 11 ebbe luogo « una funzione religiosa per
la Sicilia e la Calabria » nella Chiesa Valdese (Piazza
Manin); e chela colletta fruttò L. 127,06.
Milano.
Barcellona
Uno dei Messinesi superstiti, grazie a Dio, scrive
in data del 1 gennaio da Barcellona (provincia di Messina) ov egli ritrovavasi finalmente al sicuro queste
laconiche commoventi parole :
« Mi posso chiamare veramente fortunato di aver
scampato la vita insieme con la mia famiglia dal disastro di Messina avvenuto il 28 dicembre a ore. 5,20.
Una mia bambina ed io siamo pieni di piaghe e per
giunta nudi e quasi morti di fame. Messina non esiste più.
Giuseppe Greco »
Beggio.
All’ultim’ora apprendiamo con somma gioia che il
pastore di questa Chiesa sorella, sig. Sante Stagnitta,
è scampato con la famigli® alla catastrofe. Lode al
Signore !
Roma
■ Il Dottor R. Prochet ci favorisce le seguenti notizie ;
€ La Signora Perey Trewhella di Catania, cugina
dei nostri amici di Roma, è rimasta sepolta sotto le
macerie della casa dei suoi genitori.
La madre e la sorella della signora Trewhella riuscirono a salvarsi e lavorando febbrilmente, con la
morte neU’anima, rimuovendo gli ammassi di calcinaccio
di tegoli e di mattoni, da sole trassero in salvo l’amata congiunta. La salvata chiese subito notizie del
figlio, ma il corpo del bimbo e della bambinaia furono
rinvenuti orribilmente sfracellati.
La famiglia del Dr. Brnschettini è salva e si è rifugiata a Napoli. La signora B. è figlia del pastore
Roland.
La signora vedova Righetti e la famiglia Ruffo Calcagno si sono salvate. Il giovine Ennio Ruffo è allievo
della scuola domenicale di Roma, e si era recato a
Messina per passar le feste natalizie con i suoi.
Sappiamo pure che la signora Pnlej > De Fernex e
la figlia sono state salvate. Il sig. Pnlejo era a Torino,
lungi dai suoi, quando ebbe la terribile notizia. »
— La sera del 30 dicembre il pref. cav. Fiori, presidente della locale Associazione Cristiana dei Giovani,
Per iniziativa dell’Associazione Cristiana della Gioventù in Milano, la sera di sabato, 2 gennaio, alle
ore 20,30, nel Tempio Valdese in S. Giovanni in Conca,
si raccolse buon numero dei membri di varie Chiese
Evangeliche, e sotto la presidenza del signor G. Gandini — presidente dell’Associazione stessa — si svolse
una interessante discussione d’ordine spiegativo per
avere tutti i presenti una chiara visione del nobile
scopo, cioè la formazione di un Comitato ad « hoc »
per raccogliere quanto danaro sarà possibile, ed anche
oggetti d’ogni natura a prò delle vittime dello straziante disastro Siciliano-Calabrese.
Dopo lunga ed animata discussione, si passò alla
elezione del Comitato, composto di pastori e laici, con
piena facoltà di aggregarsi altri signori fra i grandi
amici e benefattori dei miseri.
Il giorno dopo, domenica, alle ore 16, il Comitato si
riuni in seduta preparatoria per mettersi subito all’opera;
e, occupandosi imprima dei principali argomenti posti
in discussione neU’assemblea della sera precedente,
cioè: per chi e a favore di chi il danaro verrà raccolto distribuito ? A mezzo di qual tramite si faranno
giungere i soccorsi ? Questi due punti han dato luogo
ad un’altra discussione interessante e fraterna, il cui
risultato condusse aH’unamime seguente conclusione:
1" la sottoscrizione è a favore dei colpiti dalla comune
sventura, senza distinzione religiosa; 2-la distribuzione
dei soccorsi sarà fatta con massima cura e a base del
concetto espresso da S. Paolo ; « Facciam bene a tutti, ma
principalmente ai domestici della fede » (Gal. VI, 201;
perciò si avrà cura di vigilare, se mai qualche fratello
della fede, in tanta turba di, vittime, fosse dimenticato,
per sovvenirlo, e gli orfani siano raccolti, quanti sarà
possibile, nei vari istituti evangelici, estendendo quest’atto di carità a favore degli orfani, chiunque essi
siano; 3' considerando che le collette meschine o le
sottoscrizioni fatte nelle nostre povere Chiese non darebbero grande aiuto, in presenza degl immensi bisogni;
oltre le sotto minzioni che si faranno dai membri delle
singole Chiese, si aprirà la grande sottoscrizione fra
gli amici forniti di censo o fortuna perchè si possa
raccogliere quanti soccorsi saranno possibili pel grande
3
LA LUCE
ed urgente bisogno ; e il Comitato a tal uopo, si gioverà della cooperazione eziandio delle signore animate
da buona volontà per opera cosi santa, umanitaria e
civile ; 4. infine, quanto danaro sarà possibile di raccogliere verrà dato ai capi missione, acciocché sia distribuito con carità e coscienza e con perfetta conoscenza dei vali bisogni, tenendo conto dei desiderati
espressi di questo Comitato e dei generosi oblatori.
Intanto è stato deciso che in occasione della settimana di preghiera, ogni sera si faccia una colletta allo
scopo qui sopra indicato ; e che nella settimana prossima si tenga un servizio speciale con invito ai fratelli, e al pubblico ; e al termine del servizio si farà
un’altra colletta, mentre gli incaricati del Comitato
andranno di casa in casa con liste da riempire, e speriamo che quest’opera sia accompagnata dalle benedizioni dì Dio per un buon risultato — alla sua gloria
ed a beneficio di tanti sventurati.
d. b.
Soccorriamo i nostri fratelli
in fede !
Seconda lista di Oblazioni
Somma precedente......................
Roma.
Chiesa (secondo versamento)..............»
M. R. 5, L. M. S. B. IO, Avv. Edgardo e
Signora Beatrice Betts 60, Cav. Bonetti 2,50
Franco Muston 5, Alcuni bambini 1,60, Fratelli Doglio 5,Angelo dell’Oglio 10, Cav. James Aguet 50, Signora Giulia Valleris 50
Signora Anna La Torre 5, M. e C. Carelli 10,
Comm. E. Piovanelli 5, Signora Alice Schiavoni 20, Scuola Domenicale 26, Maria Albariu 2, Emilia Albarin 2, Ern. Comba e
Signora 50, Signora Maria Tellini 2, Fratelli Albino e Fiorentino Revel 50, Signora
Giovannina Revel 10, Bianca, Rose, Paolina, Lucia Revel 10, Vincenzo Salvini 5,
Signora Sofia Bompiani 20, Comm. E. Pedrini 10, Colletta al culto 3 gennaio 227,
L. B. 2, Ferdinando Calvani 10, Due So
L. 543,—
769,10
relle della Chiesa Valdese 5, Signora E.
Nebel 20, Tito Celli 1, Rosina Celli 1, In
memoria 0.50, Guglielmo Fonzo 5, Salvai
Antonio 5, Baronessa d’Ablaing 50, Signora
M. Girardet 5, Signorine Luisa ed Eugenia
Socci 10, Signorina Clotilde Girardet 10, Assunta Santiccioli 1,50.
Chiesa Scozzese, Roma, per mezzo del Dott.
Gray (parte della colletta del 3 gennaio) L. 250,—
Miss F. A. Morgan............................. 50,____
Firenze.
Prof. Giovanni Lnzzi......................L. 50,—
Alcune Amiche...............,....»
Stndenti in Teologia della Facoltà Valdese »
Giulio Tron 2, Enrico Pascal 2, Davide
Pons 2, Guglielmo Del Pesco 2, Ernesto
Tron 2, Luigi Micol 2, Salvatore Morello 1,
Raffaele Gatti 2, Alfredo Guye 2, A. M. 2.
170,—
19,
Prof. Giov. Rostagno (Evangelista Valdese a
Messina nel 1896-97) » 100,—
Genova.
Adriano Muston 100,Boraso Angelo » 2,50
Chiesa » 500,—
Milano.
Signora Margherita Costabel-Cramer . . L. 100,—
Società delle Signore di S. Giovanni in Conca » 50,—
Signor e Signora Revel ....... » 50,—
Signor e Signora Leali , . » 25,Signor De Marchi » 15,Venezia.
Colletta alla festa dell’albero . . . . . L. 52,Torino.
Parrocchia (primo versamento) L. 3240.20
Signor e Signora Giampiccoli L. 50, Signora
P. Rostagno 10, Signor e Signora Blanc 200,
Signor e Signora Sehringer 10, Guglielmo,
Maria, Lisa e Renato Giampiccoli 4, Signor
e Signora Malan 10, Signor e Signora Allemandi 15, Signor e Signora L. Bounous 10,
Signor e Signora M. Prochet 10, Signor
Enrico Goss 5, Signora Jenny Goss 2, Si
gnora Emma Olivet 2, Signora Schobloch 3,
Signor e Signora Ronssette 100, Siarnora
Malan-Berrer 2, Signor Alfredo Delon .50, Signor Augusto Malan 50, Signora P>idero 5,
Signor J. Fnbrniann 15, Signora e Signorina
Bonnet 10, Signor Luigi Rivoire 5, Gen.
Cucito 15, Signor Alberto de Fernex 50, Signor e Signora A. Long 30, Signor Achille
Hagendorfer 5, Signor e Signora Servettaz
100. N. N. 100, Signor Thézée 5, Signor Gustavo Monod 3, J. R. 10, Fratelli Prochet
(Casa M. Prochet e figli) 50, Signor Vincenzo Morglia 5, Signorina Emilia Morglia 5,
Signor e Signora Peyrot 100, Signorina Augusta Peyrot 10, Signora Roeseler 20, Signora Wenner 200, Signora Monney 5, Famiglia Gay Boldrini 40, Sig. Th. Jonvenal4,
Signora Nbremberg 10, Signora Wehner 10,
Anonimo 10, Signora Mazzebach 10, M. G. 25,
Signor Giov. Janavel 5, Signora Heller 10,
Famiglia Zuppinger-Ganzoni 20, Signorina Emilia Miegge 5, Signorina Lidia Frache 5, Signor Ferdinando Roser 10, Signor e Signora
Fea 5, Signor e Signora Decker - Boringhieri 50, Colletta all’uscita del culto 672,20
Signora Martelli-Chamd 25, Signor e Signora
Pons 5, Prof. G. D. Prochet 10, Signor P.
-A. Mondon 5, Ed. Casanova 5, Enrico Talmone 50, Daniele Frache 5, Signora Novarese 10, Signor P. Conrtial 10, Signor A.
Prochet 30, Signor S. Bertinat 2, Signori
Maclaren 5, Signor e Signora Sandri 100,
Sig.raClem. Jouvenal 2, Sig. Pietro Rivoira 5,
Signorina Maria Jouvenal 2, Signor A. Diletta
10, Signor e Signora Zuppinger 100, Signor
Carlo Decker 100, Signora Eugenia Decker
50, Signorina Maria Pilon 2, Sig. e Signora
Goss 50, Signor e Signora de Pianta 200, Signor e Signora Bosio-Favale 100, Signor
e Signora Strohecker 25, Signor e Signora
L. G. 10. Signor Rodolfo de Pianta 150.
Giuseppe D’Agostino....................L.
Angelo Deodato.....................»
Brescia.
Chiesa (primo ver,samento) ...... L.
Chiesa (secondo versamento) . , . . »
Savoua.
Rachele e Mario Miegge...................L.
Nino, Guido e Rita Miegge.................»
Parma.
G. Sgobba..................................
Caorgnè.
Giulio Bonnet............................l, jq___
Bettolle.
Chiesa (primo versamento)................L. 2,35
Rio nell’Elba.
Angiolina Canovaro........................L
Ravenna.
U. S......................................
Forano.
Cav. Luigi Angelini......................L,
Chiesa................................... »
Bari.
..........................» . L. 35,50
Chiesa di Palermo.
Luigi Rostagno. pastore L. 50, C. Mallone 1,
E. Ammirata 5, F. Mendola 2, Goss-Rostaing
G. 15, G. Nasca 0,50, P. Pavone 0,50, F.
Hoefer 5, P. Santifilippo 5, V. Mortillaro2,
Signorine Snter 5,G. Ginestra 2, Maimone2,50
C. Roccalino 2, G. La Scola 2, Gius. La
Scola 1, C. Jalla 5, G. Scuderi 1,50, A. Colonder 5, E, Caflisch 5, B. Genovese 1, G.
Sammarco 5, N. N. 2, N, N. 0,25, N. N. 0,30
L.
S. Pier d’Arena.
F. Balmas . . ..........................l.
La Striscia.
Signora M. J. Ford......................l.
Orbetello.
Signora Argia Ferreri...................L.
Torre Pellice.
Signora C. Beckwith......................L.
5,
5
222,—
129,30
100,—
3,
5,
5,
5
50,—
25,
125,55
50.—
500,—
5r
Signora e Signorina Arcangeli, Milano
Signor Signora Rigoni, Venezia . . .
The Misses Wasrd, Svizz.ra ....
Prof. Enrico Bosio, Firenze ....
Scaramueei Costantino. Trevi ....
M. R..................................
Miss Roberts .........................
Arch. Carlo Charbonuet................
Miss R. Browne, Londra................
Morrow Carmichael.....................
Miss Porteons.........................
Mrs. Sargent....................... .
Al momento d’andare in macchina, riceviamo
il 2‘ versamento della Parrocchia di Toidno
(i nomi degli oblatori compariranno nel prossimo numero)...........................L.
10,
10,
50,2t)
25,
2,
100,—
30,—
10,
100,50
6.25
6.25
12,30
(Continmj
2627,15
L. 10518,15
PER LE VITTIME
Il pastore A. B. Tron ci telegrafa da Vallecrosia
(Bordighera) :
Asilo Vallecrosia pronto ricevere bambini nostri provati fratelli Sicilia.— Pubblichi.— Tron.
La fuegina suora di carità
30,
Da vari luoghi all’ultim’ora.
Coniugi Alinari, Firenze ..;...
Amedeo Rege-Gianas e famiglia, Firenze .
Signor e Signora Hensemberger, Milano .
Signorine Lidia Costabel, Milano. . . .
60,—
5
50,—
15,
Un ufficiale della corazzata Slava, che potei accostare
a bordo mentre si procedeva allo sbarco dei feriti, mi
narrò con accento di grande e rispettosa ammirazione,
l’opera della nostra Regina. Vi riassumo il colloquio.
« Da due giorni — mi disse l’ufficiale russo — la
Regina Elena fa da suora di carità. Tutta la giornata
di mercoledì essa rimase a bordo della Regina Margherita, trasformata in ospedale. Bisogna ricorrere con
la fantasia e col ricordo alle più commoventi celebrazioni della tenerezza, dell’abnegazione, della infaticabilità delle donne, cantate da poeti e consacrate alTammirazione dalla leggenda, per immaginare l’opera di
pietà che compie in questo momento Elena dì Montenegro a Messina. La chiamano l’angelo della carità e
mai questo nome designò una creatura umana più meritevole. Nulla più è in lei che ricordi la Regina. Ella
veste un abito poverissimo come quello di una popolana. Ella non si cura, per curare gli altri. Nessun
riguardo ha per la sua persona e il suo cuore ribocca
di tenerezze per i poveri feriti. La sua presenza a Messina è più che altro un esempio. Chi è mai stanco, se
ella non è mai stanca ?
« Io l’ho vista dovunque — proseguì T ufficiale —
nei punti in cui maggiore era il pericolo, nelle località in cui nessuno mai prima di lei aveva osato di
avventurarsi. Essa cura coi marinai e coi soldati i feriti. Si china su di essi, li accarezza, li incoraggia, li
aiuta. Non dà ordini, ma prega, perchè vengano trasportati su qualche nave in partenza per Napoli, perchè un medico appresti ad essi Je cure della scienza.
« Questa santa opera di pietà ella compie colla tenerezza di una madre ; ma colla forza di una eroina. Il
pianto è sempre nella sua gola. I suoi occhi sono sempre bagnati di lagrime e tuttavia ella sa dominarsi
e gli infelici ch’ella soccorre non odono il suo pianto
e spesso vedono il suo sorriso.
« Due volte ella nOn ha potuto frenare il suo pianto.
Un marinaio rns&tj appartenente alla Slava prestava
soccorso ad uri Mitö allorché su di lui si abbattè un
muro pericolante. Quando lo trassero dalle macerie,
egli era morto. Alla Regina fu dato il triste annunzio
e il suo cuore non potè più contenere il profondo dolore. Essa pianse, ma non si perdette di animo e ritornò
con maggiore fervore alla sua pietosa missione.
« I feriti intanto si accumulavano sulla Slava, trasformata in nave ospedale. Ma la nave non lasciava
Messina. Cinquecento infelici avevano bisogno di cure
ancora maggiori di quelle loro apprestate dai medici
di bordo e dai marinai. La Regina ne fu informata.
Ella ne rimase profondamente colpita e non lasciò passare un momento. Subito si recò a bordo della Slava
e piangendo implorò daH’ammiraglio russo l’immediata
partenza della nave.
« È Elena di Montenegro che scongiura per cinquecento miseri » — disse singhiozzando l’angelo della carità — e il comandante della nave fece subito accendere i fuochi. La Slava alle quattro salpava per Napoli.
(Dal Corriere, della Sera)
Adulate l’anima vostra, ed ella diverrà orgogliosa,
di sè e soverchiamente sensitiva.
O. Fulliquet
iß-«
4
Un episodio
Vidi un marinaio rosso, un colosso vigoroso, dal
volto rude e severo e con un’espressione di infinita
bontà negli occhi, che trasportava fra le braccia una
vecchia ferita. Ma poiché la stanchezza lo aveva vinto
la adagiò ad un certo punto su di un cumulo di macerie che fiancheggiava la via, sedendole accanto per
riconfortarla. La vecchia parlava balbettando, sgomenta,
e ad un tratto, non potendo esprimere a parole al
salvatore generoso tutta la.riconoscenza dell’animo suo
strinse fra le mani scarne le mani di lui, accarezzandole
dolcemente ; vidi quel colosso barbuto e rude scoppiare
in un pianto dirotto, e vinto dalla commozione chinare
la testa fra le ginocchia di lei che sorrideva piamente.
{dal Giornale d’Italia)
Abbiamo a lungo sperato che i giornali quotidiani,
come in occasione del terremoto di S. Francisco in
California, avessero alquanto caricate le lugubri tinte ;
e qual non fu la nostra commozione e il nostro dolore, allorquando ci dovemmo finalmente accorgere
che le orrende notizie recate dai primi telegrammi
venivano via via confermate tutte e rese anzi più
tristi e più desolanti.
Di Messina, come di Reggio, come di tanti borghi
della Calabria e della Sicilia, può dirsi che non è più 1
Nella regione maggiormente percossa dai due tremendi flagelli del terremoto e del maremoto, avevamo una sola, ma importante chiesa : a Messina.
Anche della Chiesa di Messina dobbiam dire con lo
strazio nel cuore : Non è più ! Pochi superstiti, rifugiati in altre città dell’isola a Napoli, ancora rimangono di quella fiorente chiesa, ch’era considerata come
una delle gemme più fulgide della nostra opera d e
vangelizzazione in Sicilia. _ _
Non intendiamo di tratteggiare il profilo spirituale di quella chiesa perita tra il rovinare della
città; non la conoscevamo abbastanza, per poterne
parlare con perfetta cognizione di causa : qualcuno
che fu là pastore per qualche tempo ne scriverà
(cosi almeno speriamo) in questo o nel prossimo
numero.
Quant’a noi, ci restringiamo qui a dare alcuni
cenni desumendoli M Biassunto Storico dell'Evangelissasione Valdese venuto in luce nel 1889 e
dalle Bglasioni del Comitato d’Evangelizzazione
pubblicate negli anni a quello successivi.
La Chiesa di Messina fu fondata nel 1869, con
36 membri, ammessi il 28 di marzo ; ma 1 Evangelo
vi era stato predicato anche prima d’allora dal pastore Augusto Malan che vi andava da Catania. Il
signor Malan, trasferito a Messina, edificò quella
congregazione fino all’anno 1882.
Ed ecco qui, un poco forse alla rinfusa, la lista dei
pastori e degli evangelisti che lavorarono successivamente in quel campo : A. Malan, B. Lissolo, F.
Rostan, D. Buffa, A. Costabel, D.Revel, A. Chauvie ;
inoltre, come collaboratori ; G. G. Tron, E. Pascal,
G. Tron. A. S. Malan, G. Quattrini, C. Gay, E.
Rivoire, G. Rodio, G. Rostagno, G. Maugeri.
Il tempio fu inaugurato il 22 febbraio 1874. Se
i nostri computi non sono errati, i Comunicanti che
figuravano inscritti fino al giugno 1908 erano 503.
Da Messina gli evangelisti visitavano Gallico, Reggio, Barcellona, Spadafora, Venetico, Rocca Valdina
e Meri.
L’ultima Belasione Annua, cioè quella dello scorso
anno (1908) dice tra l’altro intorno a Messina :
. Vi è nella Chiesa un moto ascensionale...
L’opera più importante è la evangelissasione, alla
quale convergono pensieri e sforai. Nessun mezzo
è stato trascurato per farla prosperare : conferenze
pubblicamente annunziate, distribuzione di opuscoli,
riunioni in case particolari, discussioni in istrada,
conversazioni al circolo o in farmacia, conferenze in
contradditorio Associasione studentesca, ecc. Vi
sono delle anime sinceramente animate dallo spirito
di attività cristiana, le quali sono di valido aiuto
al pastore ed al Consiglio di Chiesa. Un giovanetto
della 4^ ginnasiale prende a cuore di evangelizzare
i suoi compagni di scuola, parla loro dell Evangelo,
discute con quei piccoli uomini che incominciano ad
atteggiarsi ad increduli, li conduce ai culti, raccoglie le loro obiezioni e corre dal pastore in cerca
di munizioni per la sua guerra santa e, giovane
stratega, invita i più intelligenti a casa sua, giusto
per l’ora in cui ci si deve trovare in visita il ministro, onde abbiano l'opportunità di sentire altre
argomentazioni ed esortazioni.
Due signorine, sorelle, dotate di straordinario bisogno di sapere, sono fornite di ugual bisogno di
far sapere. Ricevono lezioni private in_ casa da un
dotto professore di lettere. Vogliono convertirlo ;
parlano con lui di religione, lo inducono a leggere
« Crocifisso » di Slieldon, e gli fanno fare conoscenza
col pastore. Ed ora il professore, un socialista che
non credeva di poter essere tale, se non essendo
ateo, ha conosciuto Gesù di Nazareth, lo ama e adora Iddio.
Il sig. Chanvie nota ancora che tanta è la simpatia che gli evangelici di Messina hanno saputo
acquistare fra i concittadini, che il 90 0|0 delle entrate MV Unione Cristiana dei Giovani, la quale
si occupa specialmente di beneficenza, proviene da
* contribuzioni di borse non evangeliche. Messina non
smentisce Tantica fama di città liberale, amante di
verità. Ivi aleggia lo spirito di G. Borrello, martire
valdese in Messina ».
Messina possedeva infatti anche nviUnione Cristiana dei Giovani tra le più numerose d’Italia; e,
inoltre un Istituto Scolastico con quattro Insegnanti.
nella notte, e ho raggiunto la certessa accettando
la mia ignoranza.
Quanto vorrei darvi la stessa certezza, la stessa
pace ! Ma non ci rinunzio, nè voglio rinunziare a
sperase, che Ella pure la troverà. »
Una parola agii affliiii
E’ questa una delle più belle pagine scritte da
Guizot, tolta alla sua corrispondenza, con la principessa de Liéven, pubblicata da Ernesto Daudet,
nella Bemie des deux Mondes del 15 settembre 1901.
La principessa aveva avuto il dolore di perdere
i suoi figliuoli. « Non erano fatti per questa orribile
» patria. Ne hanno trovata un’altra. E, caro signore,
« io non vi sono con loro ! ditemi che di certo vi
» sarò un giorno ».
Il Guizot cosi le rispose ;
« ... Quando crudeli pensieri vi assalgono, quando
non siete circondati che da morti, fate uno sforzo,
uno slancio ed uscite da queste tombe. Eglino ne
sono usciti, altrove stanno e noi saremo ove essi sono.
Da lungo tempo mi sono affaticato per sapere
ove sono. Non raccoglierò dal mio lavoro che tenebre e ansietà.
E ciò perchè non ci è permesso di vedere chiaro
d’una sponda all’altra. Se vedessimo chiaro, se eglino
fossero si davanti agli occhi nostri, chiamandoci,
aspettandoci, sopporteremmo noi di rimanere ove
siamo tanto quanto Dio lo comanda ?
Potremmo noi adempiere tutto il nostro compito ?
Respingeremmo ogni cosa, ogni cosa abbandoneremmo,
butteremmo via il nostro peso, il nostro dovere per
precipitarci verso quella sponda ove noi chiaramente
li vedremmo. — Oh Dio non lo vuole, amica mia
Dio vuole che rimaniamo là ove Egli ci ha posto,
fintanto che Egli vi ci lasci.
Ed ecco perchè Egli ci rifiuta quella luce chiara,
viva che ci attrarrebbe invincibilmente altrove ; ecco
perchè Egli nasconde con oscuro velo quel luogo a
noi ignoto ove coloro che ci sono tanto cari trasporterebbero tutta l’anima nostra.
Ma l’oscurità non distrugge ciò che nasconde
l’esistenza di quell’altra sponda ove ci sono andati
innanzi, non è meno certa perchè una nube si estende
sul fiume che ce ne separa.
Bisogna rinunciare a volere comprendere. Bisogna
credere in Dio.
Dacché mi sono rinchiuso nella fede in Dio, dacché buttai ai suoi piedi te pretese della mia^ intelligenza, ed anche le premature ambizioni deU’anima
mia, proseguo in pace il cammino della vita, benché
La principessa di Liéven trovò questa pace. E
come lei la troverà chiunque presta ascolto al divino
Consolatore ;
Io sono quello che vi consolo. — Io vi consolerò come la madre consola il suo fanciullo. (Is.
41 - LXVI) Venite a me, voi tutti che siete travagliati ed aggravati ed Io vi alleggerirò... e
Ivi troverete riposo all anima vostra.
Giovanni i^oenat
L’arco t\^Wà nuvolsi
L’anno è tramontato e risorto in un crepuscolo
pauroso. Una densa nube nera, solcata da lampi e
da rombi minacciosi, si è stesa nel nostro cielo, è
calata come cappa di piombo sul nostro paese. Distruzione e morte, agonie e lutti infiniti ci avvolgono come un sudario, ci opprimono come un incubo
durante una notte travagliata che pare debba durare
eterna. Le notizie sempre più terrificanti si succedono implacabili ; ci perseguitano ci dilaniano il cuore
senza requie. Vorremmo non leggere più, e siamo
spinti a scorrere febbrilmente i giornali, agitati
dalla speranza e dal timore di trovarvi nomi, notizie
di amici, di fratelli, di conoscenti.
Le grida strazianti e i gemiti dei feriti arrivano
fino a noi sulle ali del telegrafo, e colla descrizione
dei mille casi pietosi, centuplicano il nostro dolore
fino allo spasimo. Vorremmo correre a portar sollievo, ad aiutare a consolare, a diminuire la sciagura;
e ci struggiamo di pietà senza poter far culla e ci
avvilisce il sentimento della nostra debolezza, della
nostra nullità di fronte airimmensità dei bisogni,
dei dolori, del cataclisma.
Oh potesimo almeno esser sicuri che a tutti è
stato provveduto ! che nissuno è più abbandonato,
sperduto nel buio del dolore e nella miseria !... Povero il nostro paese, bello quanto disgraziato ! Cara
e nobile Messina, e riviere ridenti come un lembo
di paradiso, ora ridotte in rovine e carnaio ! Poveri
amici nostri forse sepolti nel cimitero immane 1...
Oh la visione maledetta che vi perseguita senza
tregua !...
E se alziamo lo sguardo al cielo, esso pare è
tetro e minaccioso. Nessun raggio di luce solca le
tenebre. La matrigna natura è stata squisitamente
crudele e nell’opera di distruzione ha congiunto terra
e mare e cielo.
Nello smarrimento angoscioso c’è però un conforto;
sulla nube nera del dolore infinito è steso un arco
dai soavissimi colori, che apre il cuore alla speranza e moke lo spasimo. QueU’arco, quello sprazzo
di luce consolatrice è formato dalla grandiosa manifestazione di fratellanza e di solidarietà umana
prodotta dalla catastrofe.
Mai si era veduto in Italia e nel mondo intiero
uno slancio così formidabile di carità e di amore,
da quei meravigliosi marinai russi agl’italiani di S.
Paolo e di New-York, dalle classi più infime della
società fino ai nostri Sovrani, alla nostra impareggiabile regina che giustamente è stata chiamata
dagli stranieri ammirati: « l’angelo della carità ».
Se la catastrofe è senza precedenti, senza precedenti altresì è la manifestazione pratica di quanto
l’uomo ha in sè di migliore, dcdle più eccelse virtù
cristiane, anche da parte di chi non crede. Se grande
è stata la forza bruta e cieca della distruzione,
grande altresì ed oculata si manifesta l energia
ricostruttrice dell’edifizio umano, della città futura
della solidarietà e dell’ amore.
Ed ecco che l’orizzonte si rischiara. I fatti più
dolorosi e incomprensibili acquistano un significato,
dal momento che provocano tali manifestazioni. Essi
sono come le mobilizzazioni generali degli uomini
di buona volontà, del grande esercito deH’umana
fratellanza. Se in quelli non si può dire che in-
5
tervenga Iddio, Egli opera manifestamente nell’estrinsecazione di celesti sentimenti, poiché Egli è
l’architetto e il grande artefice del futuro edificio
sociale.
L’uomo, dopo tutto, non è cosi malvagio come
talora lo si dipinge ; ma per produrre la manifestazione di quel che v’è in lui di migliore, occorrono
forti scosse, grandi dolori, immani sciagure. Ci sono,
pur troppo, le iene e gli sciacalli, e come tali si
devono trattare ; ma l’esercito dei buoni, in cui
lentamente e dolorosamente si compie l’opera divina
ed umana che innalza ad una forma superiore di
vita, è di gran lunga più numeroso. Questo, nella
sventura, è il nostro grande conforto, il nostro
orgoglio, la nostra speranza di cose migliori. Per
un ruggito di belva, dice egregiamente il Corriere
della Sera, che cori di voci gentili, che superbi
cori di fraternità per tutta questa Italia, (aggiungiamo pure per tutto il mondo civile) fiammante
d’amore ; e che oscuri continui, innumerevoli prodigi di sacrificio fra quelle immensurabili macerie ! »
Come sulle rovine di quelle città a noi si care
si proiettano durante la notte fasci di luce a diradarne le tenebre insidiose ; come sulle acque del
diluvio biblico si distese l’arco della promessa divina,
cosi sopra il disastro immane e sul cordoglio nazionale
passa luminosa l’opera riparatrice della fraternità
e dell’amore.
Enrico f^ivoire
soyvo WMñSTO SOLO
I Re XIX, 10.
Una sera il poeta interroga le stelle che più fitte
paiono stringersi le unb addosso alle altre e che
costituiscono la « Via lattea ».
« Non sembrate felici », diss’egli.
E il poeta crede sentire la risposta delle stelle,
cosi :
Esse mi dissero : » Noi siamo sole... Ognuna di
noi è assai lontano dalle sorelle a cui la credi vicina ».
Ecco adunque la causa della tristezza loro : l’isolamento reale nonostante la grande prossimità apparente.
Non è lo stesso dalle anime ? Oh ! so bene che
nel campo delle anime, come in quello delle stelle
v’ha un’apparente intimità ; la famiglia, l’amicizia,
la chiesa, la patria non sono desse quasi altrettante
« Vie lattee? ».
Oggi specialmente, con le distanze quasi soppresse
sembra talvolta che le anime si tocchino e si possano più facilmente compenetrare. Ahimè ! così non
è. Il ravvicinamento è solo apparente. In realtà,
l’anima resta solitaria, e tanto più quanto è più alta.
Essa sen va incompresa, spesso sola, benché circondata. Quanto malagevolmente si uniscono le anime
quaggiù ! Esiste un unico mezzo per uscire da codesta fredda, triste solitudine ed è il gettarsi, in
Cristo, nel seno di Dio.
Allora, ma allora soltanto, al pari del Salvatore
si può dire in verità: « Io non sono mai solo ».
Facciamone fin da oggi l’esperienza.
Son parole queste — dice Paolo Doumergue nella
Rivista Foi et Vie in una breve recensione del volume Vers la paix del pastore Henry Sonlié — le
quali hanno una vibrazione nell’anima; partito il visitatore che le disse, il suono si prolunga, si levano
pensieri e tutti sen vanno nella direzione medesima : Verso la pace.
e. r.
Il Cristianesimo di Cristo Centesimi 10 la copia.
Sconto del 20 per cento oltre le 100 copie. Spese postali in più. Per ordinazioni rivolgersi a Antonio Rostan, Via Nazionale 107, Roma. Affrettare le richieste.
Autorevole giudizio del prof. B. Labanea: ♦ Ho
letto nella Rivista Cristiana il vostro programma evangelico, cioè II Cristianesimo di Cristo. Me ne congratulo sinceramente. In esso song pagine di mirabile
verità storica, di straordinaria efficacia morale e spirituale, di grandezza e bellezza religiosa indicibili ».
Con la persona abbandonata nella poltrona a dondolo, coi dolci occhi pensosi rapiti nella visione fulgida dei golfo di Napoli baciato dagli ultimi raggi
d’oro del tramonto, la figura delicata della giovane
patrizia spicca sulla terrazza fiorita della villa. Sulla
pallida fronte della fanciulla è il riflesso di un dolore profondo, di un tormento infinito che solo lo
spettacolo meraviglioso del golfo è riuscito per pochi
istanti a lenire. Ma ella china la bella testa tra le
mani, poi la rialza con moto stanco di sconforto, e
il fine volto appare più bianco, più addolorato nella
tenerezza ineffabile del tramonto luminoso.
« Perchè ? » ella chiede, * oh, perchè la mia mamma mi fu cosi crudelmente rapita dalla morte » ?
Oh lo schianto della domanda angosciosa, il ricordo
di quella sera d’aprile, quando il cielo si tingeva di
viole, e sul letto di dolore il caro volto materno si
componeva nella rigidezza della morte !...
Gli occhi della fanciulla si oscurano, e il povero
cuore ferito batte più rapido all’evocazione penosa.
Ma lentamente ritorna un po’ di pace nella povera
anima tribolata ed ella pensa : « Oh il dolore ! il
dolore, è il più vero, il più grande legame tra le
genti. Esso pareggia i ricchi coi poveri, gli umili
coi potenti, i deboli coi forti.
Benedetto, o Dio giusto, il dolore che abbassa ogni alterigia, distrugge ogni rancore, purifica ogni
cuore, innalza ogni virtù.
Accanto alia gioia. Tu ci desti il lutto, e noi chiniamo umilmente il capo...
0 Dio di bontà, io ti ringrazio anche nel lutto,
poiché Tu sei grande, possente e giusto.
Tu mi togliesti la mia cara mamma, e l’anima mia
si smarrisce in una desolazione senza nome ; ma Tu
mi soccorrerai. Tu mi darai la rassegnazione e il
conforto. I tuoi voleri sono imperscrutabili: io ti
adoro, o Signore.
Sostienimi, o Dio di bontà e di misericordia, sostieni l’anima mia nel suo affanno mortale, sostieni
la mia fede.
Tu che plachi le procelle. Tu che arresti il fulmine sterminatore. Tu che tutto puoi, concedimi la
pace... »
Gli occhi luminosi della fanciulla si volgono fidenti al cielo, e le bianche mani si levano imploranti,
come petali di fiori delicati che sospirino la rugiada
benefica. '
E sul volto addolorato, sulla pura fronte mestissima scende un raggio di speranza e di pace, di
quella pace che ci viene dalla certezza assoluta nella
bontà di Dio e nelle sublimi promesse del Salvatore.
E’ notte : la curva del golfo scintilla ora di mille
luci e di lontano risuona il canto mesto dei barcaioli napoletani... La pallida patrizia si ritira dalla
veranda fiorita mormorando umilmente, piamente la
frase cristiana che le detta il cuore commosso : « Sia
fatta la tua volontà, o Signore 1 ».
Ida TaPini-danni
BallBPìa sHuntitico-rElìgiGsa
^ujusfo de La Rive (1801-1873).
Fisico illustre di Ginevra, notissimo per i suoi
lavori sull’elettricità, cristiano convinto e sempre
pronto a testimoniare della sua fede, si nell’ ampia
sfera delle sue relazioni sociali e scientifiche, si nell’ambito più ristretto della famiglia.
Nel 1860, chiudeva uno dei suoi corsi pubblici
con queste affermazioni : « Se ho imparato qualche
cosa nei lunghi anni di uno studio che è stato una
delle attrattive della mia vita, questo è : Dio opera
continuamente, e la sua mano che tutto ha creato
veglia su tutto nell’universo. E questa stessa Provvidenza che tiene in equilil)rio le forze della natura, che dirige gli astri nella loro orbita, ha altresì l’occhio su ciascuno di noi. Nulla ci accade
senza la volontà speciale di colui che ci guarda ».
Chiudendo la prefazione dell’opera sua principale
che gli acquistò subito grandissima fama [Traité
d'electric ite théoriqae et appliquée), così si esprimeva : « Qualcuno si meraviglierà forse di non trovare nella mia divisione un posto per la discussione delle questioni vitali attinenti alla costituzione
della materia ed alla natura delle forze fisiche..._
Se non toccai quelle considerazioni metafisiche in
maniera esplicita, non ebbi però timore di trattarne
indirettamente ogni volta che se ne porgeva a me
l’occasione, poiché sono convinto che indipendentemente dall’interesse che offrono per sé medesime,
hanno l’immenso vantaggio di elevare l’anima, mentre
ravvicinano al supremo autore della natura, la cui
azione diretta è in sostanza sempre l’ultima parola
della creazione ».
E in una sua lettera diretta l’anno stesso della
sua morte, al signor Thassonnière di Ginevra, cosi
si espresse :
« Non credo che lo studio della natura sia quello
che ho condotto uomini quali il Faraday ed il Brewster ad abbracciare le opinioni religiose da essi professate. Avevano essi attinte quelle opinioni ad una
fonte superiore, ed è questo il caso di altri molti.
Ma lo studio della natura, lungi dallo infievolire il
loro senso religioso, se non lo creò, lo rafforzò almeno. Credo che in fondo sia questa l’esatta verità ». E. M.
r SIS
Non voglio parlare dell’Isis egizia bensì di una
rivista omonima che pubblica mensilmente il signor
Casimir Zawadsky, candidato in filosofia a Lipsia,
nell’interesse della (cosi dettta) Teosofia e della
vita dell’anima e dello spirito.
Un amico mi fece passare il numero 12 dell’anno
ora trascorso e poiché ho avuto la pazienza di
leggerlo, credo far opera grata ai lettori della Asce,
non nell’invitarli ad associarsi, chè sarebbe proprio
danaro sprecato, ma nel dar loro un’idea delle corbellerie che si possono stampare sul serio e far
digerire a certi stomachi di struzzo.
Un lungo articolo dovuto alla penna di unC. W.
Leadbeater è intitolato : Unsichtbare Helfer. « Aiuti
invisibili ». Partendo dalla credenza spiritualista
dell’Antico e del Nuovo Testamento che ammette
r esistenza di Angeli il nostro teosofo pretende
dimostrarne scientificamente la realtà, e a quello
scopo ei cita le analoghe credenze delle religioni
delle Indie, della Grecia e del cristianesimo medievale che ammetteva l’angelo custode. Oggi se cosi
pochi ci credono ciò è anzitutto dovuto al fatto che
la chiesa a motivo dei suoi peccati è stata punita
da una brinata intempestiva che quasi per ischerzo
viene chiamata Riforma, e così è stata annientata
la poesia dell’antichità e del medio evo. Ma ora è
venuto il rimedio tanto ai mali della chiesa quanto a
quelli cagionati dal protestantesimo. La Teosofia ripopola il cielo di esseri altrettanto superiori agli
uomini quanto questi sono superiori alle bestie ;
esiste una lunghissima scala di esseri dei quali i
Teosofi conoscono a puntino tutta la gerarchia : Angeli, Arcangeli, Cherubini e Serafini, Devas, Dyan
Cohans, poi gli spirili della natura : Fate, Ninfe
Gnomi, Undine, Peri, Coboldi ecc. ecc. quante cose
sa ia Teosofia ! Or tutti quegli spiriti possono in
date circostanze intervenire a favore dei vivi e dei
morti e portar loro aiuto, consiglio, consolazione.
Di quegli esseri alcuni posseggono un corpo
astrale, altri ne sono privi. Cosa sia un corpo
astrale voi ed io, poveri mortali, non lo sappiamo,
ma ben lo sa la teosofia ch’è la più sublime delle
scienze. Il nostro autore raccomanda inoltre la preghiera per i morti perchè siccom’essi possono essere
utili a noi cosi noi possiamo essere utili ad essi.
Oltre al corpo astrale c’è anche un corpo mentale.
Ma per non maggiormente tediare il lettore sarà
meglio por fine a questa esposizione di corbellerie
ché vengono sdoganate come merce scientifica.
Un altro articolo della famosa Annie Besaut la
Presidentessa della società teosofica parla del vege_
6
6
LA LUGE
tarianismo e dice nn mondo di cose belle e baon^
tolte di peso ad imprestito dal Cristianesimo ma
dove le casca l’asino è quando essa esalta il vegetarismo qual modo di vivere solo degno dell’animaleche chiamasi nomo. C’è un fanatismo antialcoolico
e c’è un fanatismo vegetariano, tutti i fanatismi
sono nocivi alte cause che vogliono far trionfare la
Teosofia è un fanatismo spiritualista che pur partendo da una base reale : l’esistenza di Dio spirito
e di spiriti, ne deduce conseguenze arbitrarie, esa,
gerate e ridicole.
La parentela tra occultismo e Teosofia è evidente
quantunque i non iniziati, tra i quali sono io, si
guardino bene dal portare un giudizio che potrebbe
esser falso. Anche fra i cultori della Teosofia ci
sono delle aniine assetate di verità e di pace, se
invece di andar dietro alle fantasticherie di menti
esaltate si ponessero semplicemente ,la quistione.
come potrò io ottenere il perdono dei miei peccati
e la forza di operare il bene ? E se volessero cercare
nel nuovo Testamento la risposta troverebbero qual,
cosa di positivo anziché lina faraggine di dogmi
l’uno più oscuro dell’altro.
Fra gli. Occultisti e i Teosofi trovasi anche una
certa qual fede in Cristo che da essi vien considerato qual essere superiore agli nomini e che per
tre anni abitò nel corpo di Gesù di Nazaret. Essi
sostengoono che anche tra gli occultisti orientali
Cristo è venerato qual supremo maestro sebbene
sotto altri nomi. Paolo Calvino.
Una predica in affo
Il pastore della chiesa di Leonardo, (Basilea), il
defunto sig. Respinger, visitava una donna attempata, derelitta, malandata di salute.
,« Potrei alcun poco rifarmi, sig. pastore, ove
non fossi obbligata, anche d’inverno, ad uscir di camera la mattina alle 7 per trovarmi nella via all'arrivo del lattaiuolo ».
—■ « Le sarebbe facile — osservò il pastore, risparmiarsi codesto disturbo: ci sarà certo qualqhe
inquilino pronto a sollevarla e a portarle il suo
latte ».
* No, purtroppo, non c’è nessuno in casa che
mi voglia fare questo servizio! ».
Il pastore se n’andò sentendo il capo. Egli per
altro non dimenticò la povera donna. E la dimane,
alle 7, chi mai si vide, col fiaschettino del latte
in mano, nonostante un freddo da lupi, dinanzi alla
casa della vecchietta ?.
Il pastore di S. Leonardo in petto e persona che
aspettava il lattivendolo. Costui arrivò facendo schioccare la frusta. Al ben noto rumore eccoti sull’uscio di
strada tutte le massaie le quali rimasero nel vedere
il loro pastore in atto di farsi mescere il latte per
la malata.
Allora fu una gara fra le donne per portare il
fiaschettino — Niente affatto disse il pastore, lo
porterò io fin lassù. Voi d’altronde non Io avete
fatto mai. — E sali presto la scala e disparve agli
sguardi stupiti delle proprie parrocchiano.
Ma bastò la lezione e più non occorse che si disturbasse il pastore Respinger. La povera donna
non ebbe più altro lamento da muovere sull’egoismo delle sfle vicine di casa. La predica — senza
parole aveva conseguito il suo effetto.
e. r.
PRIMAVERA DELLA VITA
Ftoma. — Il 27 del mese scorso, nel salone
che ospitò il Congresso delle Unioni Cristiane femminili, in via Balbo N. 4, veniva data una graziosa
festicciola.
Parecchi bambini poveri ebbero dei doni — preparati dalle signore e signorine dell’Unione di Roma
— ed udirono parlare di doni assai maggiori, del
cielo...
Era bello vedere tutti quei fanciulli allegri e
felici!
Anche per loro, questi giorni, che sono tra i più
soavi dell’anno, hanno avuto, come per noi nn raggio
di gioia.
CINEMATOGRAFIA UMANA
Perchè mi chiami buono ?
Viaggiavo in ferrovia. Alla mia destra avevo due
signorine fra i venti e i trent’anni : di fronte, un
grasso borghese, la cui pinguedine non capiva più
nella pelle ; vicino poi, al finestrino della vettura,
nn signore alto, smilzo, dalla faccia intelligente e
dallo sguardo soave.
Si parlava di religione, o meglio delle difficoltà
che i moderni agnostici ed increduli muovono contro il cristianesimo.
Una delle due signorine s’avventurò, benché timidamente, a dirmi, che dai quattro Vangeli non
risultava in modo alcuno la divinità di Gesù Cristo.
A quelle parole io scattai.
— Come ? Non vi è nel Vangelo la divinità di
Gesù Cristo? Ha mai Ietto, signorina, il Vangelo?
Eccolo — Cosi dicendo trassi dalla mia valigia il
Sacro Volume ed apertolo, lessi alle mie ascoltatrici
intorno alle divinità di Cristo quei primi passi che
mi capitavano sotto gli occhi.
Il grasso borghese mi guardava ed ascoltava colla
bocca aperta, tutto intento all’operazione, per lui
penosa, di tirare il fiato.
L’altro signore prendeva parte con evidente interesse alla lettura ed alla mia spiegazione.
Ad un certo punto, tuttavia, egli intervenne.
— Mi dia, prego — disse — nn momento, il
Vangelo. Io le troverò un passo nel quale Gesù
Cristo stesso nega di esser Dio, almeno in quella
foggia nella quale se lo imaginano i cristiani.
Io gli porsi il Vangelo.
Lo sconosciuto aperse il Vangelo di S. Marco e
cosi lesse al capo decimo, versetto 17. « Or, come
Gesù usciva fuori per mettersi in cammino, nn tale
corse a lui: e inginocchiatosi davanti a lui, lo domandò : Maestro buono, che farò io per ereditare la
vita eterna ? E Gesù gli disse : perchè mi chiami
buono? Ninno è buono se non un solo, cioè, Dio ».
Qui il mio interlocutore posò il libro e disse : —
Come lei vede, Gesù Cristo stesso nega in questo
passo di esser Dio. Egli viene a dire : « Tu non
mi devi chiamar buono, perchè Dio solo è buono,
non l’uomo; ed io sono semplicemente un uomo ».
In altre parole, egli fa questo ragionamento : « Io
non sono buono : dunque non sono Dio ».
Alle parole del razionalista tenne dietro un minuto di silenzio. I miei compagni di viaggio si volsero quasi per istinto a me a fine di sentire come
mi sarei tratto dalle male panie.
— Caro signore — incominciai io — se in tutti
i Vangeli non avessimo che il testo da lei citato.
Ella forse avrebbe ragione. Dico forse, perchè in
realtà, il senso superficiale delle parole di Gesù
sembra quello che Lei gli attribuisce. Ma la scrittura
si deve interpretare colla scrittura, e i passi oscuri
coi chiari. Ella dice che Gesù fa questo ragionamento : « Io non sonò buono ; dunque, non sono
Dio ». Ma è vero che Gesù non è buono ? Legga
un’altra pagina del Vangelo di S. Marco e troverà
che Dio stesso ha reso testimonianza alla bontà del
Figlio, quando disse : « Questi è il mio Figliuolo
diletto, nel quale mi sono compiaciuto » Marco I. 2.
Sarebbe Gesù il diletto figliuolo del Padre e si compiacerebbe Dio in Lui, se non fosse buono? Dio
odia l’iniquità, e non può dir buona nessuna persona nella quale vi sia anche l’ombra del peccato.
Di più, il Vangelo di S. Marco era certamente nolo
a S. Pietro, il quale nella sua prima lettera dice
di Gesù : « che non fece alcun peccato, nè fu trovato frode nella sua bocca ». (I. Pietro IL 22). E,
in generale tutto il Nuovo Testamento insegna questa verità. Cosi, Paolo ai Corinti dice che c Egli
è stato tentato come noi in ogni cosa, ma senza
peccato » (Ebrei IV. 15) : che « Egli è Santo, innocente, immacolato, separato dai peccatori, e in
nalzato disopra ai cieli » (Ebrei VII. 26). S. Giovanni afferma di Gesù che « in Lui non vi è peccato » (I. Giov. III. 5), e Cristo stesso sfida i suoi
oppositori a trovar in Lui macchia di peccato (Giov.,
Vili. 46.) e alla fine della sua mortale carriera
protesta che * il Principe di questo mondo, cioè.
Satana viene e non ha nulla in me (Giov. XIV. 30).
10 continuai. Da tutti questi testi appare chiaro
che il significato delle parole da lei citate, caro Signore, non può esser quello che suona a prima vista e si offre ad una lettura superficiale. La Scrittura non può mentire a se medesima e Gesù Cristo non può affermare di se medesimo, ad uno stesso
fiato, di esser buono e cattivo. Il testo, dunque, da
lei recato non ha il senso che presenta di primo
tratto, ma un altro più recondito, se vuoisi, ma
più logico e più naturale. Quale ? Secondo la interpretazione da lei data, Cristo dice : « Io non sono
buono; dunque non sono Dio ». Che direbbe lei se
per contrario, il vero e genuino significato di quelle
parole fosse il seguente ; « Io sono buono : dunque,
sono Dio ?» — Non veggo la conseguenza — osservò il mio interlocutore.
— La vedrà subito. Mi presti un’istante di attenzione. Quel giovane che si accostò a Gesù era
di carattere leggero, impulsivo, entusiasta e amava dire e non fare. Gesù lo guarda, scorge in
lui tutta la vanità de’ suoi desideri e butta fin da
principio un secchio d’acqua sulle sue proteste e sul
suo entusiasmo. « Tu mi chiami buono : Gesù dice :
Benissimo. Ma pensa bene ciò che significa questa
parola. Se essa ha qualche significato, vuol dire che
io sono una persona più alta di un mero nomo, perchè nessun uomo è perfettamente buono. Quel che
tu dici, ben inteso, significa che io sono Dio, perchè
solo Dio è interamente é perfettamente buono. Sei
tu prqnto a ricoposcermi per Dio ? Sei tu pronto
ad ubbidirmi qual Dio, a rinunziare per mio amore
a tutto quello che possiedi e a diventare mio discepolo ? Se no, io non gradisco il vuoto omaggio
delle tue frasi : non amo esser chiamato buono da
uno, che non è dei pari disposto a riconoscermi per
Dio ».
Tale è, secondo me, il significato genuino del passo
in questione. Cade con ciò l’apparente contradizione:
si accorda questo passo con altro di S. Marco stesso,
e coi molti della Scrittura, e la divinità di Cristo,
non che perderci, ci guadagna di assai. Il nostro
testo è in realtà un’altra testimonianza in favore
della divinità di Cristo. Con ciò anche si risponde
a quei molti, i quali oggidì sono pronti a riconoscere in Gesù un grand’uomo, un gran sapiente,
nn gran santo, ma non Dio. Gesù non sa che fare
dei loro omaggi. Egli si nasconde ai loro occhi,
per rivelarsi ai pargoli che genuflessi davanti a
Lui gli gridano come Pietro dal profondo del cuore:
« Tu sei il Cristo, Figli uol di Dio vivo ! »
OHles ChPisti
ERGINE VaLDESl
Nuova Serie
VII
Els feu r
martire Valdese in Austria; 1396
Come in Boemia e in Pomerania, cosi anche in Austria il martirologio Valdese ci presenta qualche insigne eroina il cui nome restato finora ignoto merita
d’essej messo in luce in questo secolo il quale sembra
voler dare nrùcmque snum.
11 feroce inquisitore Zwicker, non pago dell’ecatombe
fatta al Nord, attraversa la Germania scendendo verso
mezzogiorno ed attacca ora una provincia dell’Austria,
la Marca di Stiria. Quivi i Valdesi pullulano, e più:
7
particolarmente nella città di Garsten, per cui a Garsten s’insedia il distruggitore e ben presto vi compie
stragi orrende. Gli annali del monastero locale (nel
quale Zvricker fini poi per ritirarsi e mori nel 1410)
attestano che un migliaio di persone della Stiria furon
processate in quella persecuzione, una buona parte delle
quali vennero arse sul rogo (cento nel solo paesello di
Frtixenthal) e le altre furon condannate a varie penitenze.
Fra quest’ultime, la nostra attenzione si fissa particolarmente sopra una donna Valdese di nascita, una
vedova sessantenne natia del villaggio di Dambach nei
pressi di Garsten, il cui nome è Els Fear.
Il primo senso che essa desta in noi è un senso di
raccapriccio misto a profonda commiserazione, giacché
essa è di quelli che spaventati dalle torture « si sono
accordati coll’inquisitore * cioè hanno abiurato per aver
la vita salva, e sono condannati a portare vita naturai
durante il marchio dell’abiura, il « segno dei penitenti »,
cioè una croce azzura, sul petto e sulla schiena. Ma
questo sarebbe relativamente poco. La sventurata è
condannata ancora a fare ogni anno per sette feste
consecutive il giro della chiesa di Garsten seguita dal
curato il quale la va fustigando ; per colmo di baroarie, finito il giro, essa deve coricarsi sulla soglia del
portone ed esservi calpestata dai fedeli che entrano ed
escono finché piacerà al curato di permetterle di rialzarsi ; 6 siccome spesso il curato vuol ritirarsi presto
dalla chiesa, ei lascia allora al bidello la facoltà di
rialzar la penitente quando gli parrà conveniente.
La misera Els Feur subisce l’orribil pena, cui vano
sarebbe tentar sottrarsi, ma la mostruosità della condanna, toglie che mai possa la martoriata aderire alla
religione la quale prima ha dettata ai suoi carnefici
la truce sentenza ed ora spinge il curato ad eseguirla
spietatamente ; questa crudeltà stessa le dà la forza di
protestare che sempre essa riman fedele nel cuore alla
fede Valdese.
L’arrestano allora e di bel nuovo la traggono all’inquisitorial tribunale ; e qui assistiamo a uno spettacolo
sublime. Els, che non è più che l’ombra di se stessa,
schiacciata e calpestata per tanto tempo, si drizza davanti all’ iniquo giudice sorretta da sovrumana energia
e disdice la sua abiura.
— Come ! la rampogna il giudice, avevi abiurato, ed
eccoti da capo colla tua eresia,! E egli vero che tu
non credi che ci sia un purgatorio?
— No, non credo ce ne sia uno nella vita futura ;
credo che esso esista nella vita presente e sia costituito
dalle tentazioni e trioolazioni di quest’esistenza.
— Avevi prestato giuramento, ed ora dici che giurare è peccalo ?
— Sì lo dico, e lo sostengo.
— Via ! giurami ora che vuoi morir nella fede cattolica !
— Tutto quello che io vi posso dire, è che io mi
pento di aver giurato ed abiurato.
— E egli vero che la vigilia di Ognissanti hai digiunato dicendo di farlo in onore di Dio solo ?
— Ma non è forse Iddio più potente dei suoi servitori ?
Il giudice preferì troncare il dibattito. La Valdese
relapsa avea parlato con bastante chiarezza ; ed ei sentenziò che venisse data al braccio secolare, cioè al rogo.
Giova aggiungere che il brutale curato di Garsten ne
fece tante che fini per venir bruciato lui stesso colla
sua casa.
Come ci appare grande e nobile la sua vittima, la
Valde.se Els Feur, quando si rialza dalla sua caduta ed
impavida affronta la morte 1 Ci vuole eroismo per non
vacillar mai ; ma ce ne vuole anche per risorgere dall’abiura alla vetta del martirio ! (V. Comba H. Vaud.
1901 pag. 161 a 165).
Teofilo Gag.
LA LUCE
Affrettatevi a pagare T abbonamento. Fino al 31 gennaio, l’abbonamento alla Luce costa L. 2,50 : dopo,
costerà L. 3; alla Rivista Cristiana
costa L. 4; dopo, costerà L. 5.
LA RIVISTA CRISTIANA
La Kivista Cristiana, questo mese, uscirà
un poco in ritardo, perchè il nuovo Direttore di essa, sig. Ernesto Giampiccoli, si è
recato in Sicilia.
Sogno da medio evo
‘ In occasione del sao giubileo sacerdotale l’unione
delle società di studenti cattolici della Germania ha
rivolto al Papa un indirizzo. La qual cosa naturalmente è conforme al loro diritto di cattolici. Ma
l’indirizzo in quistione per studenti animati da sentimento nazionale germanico ha più qua più là un
tenore cosi poco conveniente che ci vediamo costretti
di esporlo alla critica del pubblico.
Essa comincia coll’invocazione : Beatissime Pater,
Pater principum et regum, rector orbis terrarum.
(Beatissimo Padre, Padre dei Principi e dei re, ret.
tore dell’universo). Con tali espressioni gli studenti
abbandonano il terreno puramente religioso dov’essi
hanno il diritto di liberamente muoversi e passano
sul terreno politico pel tatto che proclamano il papa
rettor dell’universo. Se per parte dei non ultramontani si insiste sul fatto che l’ultramontanismo
si sforza di erigere un dominio papale universale
e ch’egli considera il mondo intero come sottoposto
al papa, allora Pultramontanismo sostiene che lo si
calunnia, (^ui abbiamo il documento che prova quanto sia vera la suespressa affermazione ».
(Taeqliche Randschau di Berlino) P. C.
UNA LETTERA
DEL
0apo distretto della Sicilia
La tremenda notizia si diffuse in Palermo Martedì
mattina 29, e mi giunse verso le 8 dagli strilloni dei
giornali.
Inmediatamente mi recai aH’ufacio del sig. Eynard,
suocero del pastore Chauvie di Messina. Egli riuscì a
partire verso Tuna sullo « Stura » noleggiato dal governo per il trasporto dei militari. Il sig. Eynard avendomi affermato che a me sarebbe stato assolutamente
vietato di andare a bordo e non essendovi più possibilità
di prendere utilmente un treno per quel giorno, decisi di
partire per Messina l’indomani. Alla stazione due avvisi dicevano che sulla linea di Pai ermo - Messina i
treni non procedevano oltre Eometta e su quella di
Catania Messina non oltre la stazione di Nizza, allora non
esitai a prendere la prima via tanto più che mi si era
assicurato che da Eometta a Messina era stato organizzato un servizio (privato) di locomozione con carrozze automobili ecc. Mi trovai in compagnia del prof.
G. A. Cesareo di questa università e di altri miei conoscenti che si recavano a Messina per indagini sulla
sorte toccata ai loro parenti. A Eometta ci aspettava
una brutta sorpresa : non trovammo alcun mezzo di
trasporto neanche un barroccio, Sopraggiungeva la
notte, e intorno a noi nessuna locanda, nessuna abitazione ove ricoverarci. Vi erano due o tre squadre di
contadini e muratori con gli arnesi in ispalla venuti
con lo stesso treno per portare il loro aiuto sul campo
del disastro. Decidemmo di avviarci tutti insieme, e
fare a piedi la strada. La pioggia cadeva a secchi.
Avevo una valigia che in quel momento mi pentii di
aver portato con me; seppimo che dovevamo fare molti
chilometri per raggiungere Messina. Dopo parecchie miglia di strada noi di Palermo cominciavamo a sentire
la stanchezza (io specialmente con quella valigia óra
appesa al braccio ed ora in ispalla) e la prospettiva
di quella notte ci si affacciava molto tetra. Ma Iddio
ebbe pietà dì noi. Ecco che passano due carrozze vuote,
supplichiamo i cocchieri di fermarsi. Si recavano a
Messina a prender/i due famiglie superstiti; che avevano proprietà e case vicino a Fumari. Concedendo
di dare tutta la somma che chiedevano, potemmo metterci in carrozza, il prof. Cesareo ed altri ed io, 8 perfjone in tutto. Arrivati al paese di Gesso — a mezza
strada tra Eometta e Messina — i cavalli erano troppo
stanchi per proseguire. D’altra parte neppure conveniva di giungere a Me.ssina di notte. I cavalli furono
staccati per farli riposare e ristorare, enei ci accomodammo intorno alla tavola di una misera taverna. Mettemmo in comune quelle pòche provviste che avevamo
pel viaggio (quelli della taverna poterono offrirci vino
solamente ci rifocillamo alla meglio e alle 5 antimeridiane) ci rimettemmo in viaggio. Alle 7 1[2 arrivammo
a mezz’ora di distanza dalla morta città. Le carrozze
non poterono proseguire più oltre. Diluviava sempre.
La pioggia sospinta dal vento ci sferzava il viso e
rendeva quasi inutile l’uso delFombrello. Einunzio a
descrivere lo spettacolo orrendo che mi ai presentava
man mano che m’inoltravo nella città.
Dopo molte difficoltà riuscii a liberarmi dalla mia
valigia affidandola al Comm. Orisi un gentilissimo
funzionario venuto da Eoma per impiantare una larva
di officio postale alla marina vicino al palazzo municipale. Trovandomi vicino cercai di inoltrarmi attraverso le macerie per vedere che cosa era rimasto della
nostra chiesa. Giunto all’altezza del teatro Vittorio
Emanuele e della salita S. Camillo del pompieri palermitani mi fermarono e mi dissero che era inutile che
andassi più innanzi, che in quella zona tutto era crollato e che non avrei materialmente potuto arrivare al
punto da me cercato. Salii sopra un alto cumulo di
macerie e potei coll’occhio accertarmi che infatti cosi
era. Diressi allora i miei passi per via Garibaldi alla
volta del quartiere di S. Leo ove abitava il nostro collega. Ma anche li fui fermato, da un ufficiale che mi
disse che da quel lato non avrei potuto a causa delle
montagne di macerie raggiungere la mia meta e mi
consigliò di prendere piuttosto la via della marina.
Cosi feci. Giunto a piazza Vittoria un messinese impiegato che esterrefatto scendeva reduce da ricerche
della sua casa e della sua famiglia mi seppe indicare la via che già chiamavasi Fata Morgana, e mi
accinsi a compiere l’orrenda salito, eoll’aiuto del mio
ombrello a guisa di bastone e aiutandomi colle mani
come potevo. Ad un certo pnnto per evitare un crepaccio il mio piede destro calpestò un... cadavere, e da
ogni dove la vista dei cadaveri era terrificante. Finalmente mi trovo dinanzi al N“ 92 che potei leggere
sul portone rimasto intatto, ma il resto della casa era
— purtroppo — quasi tutto crollato. Scorgo la camera
da pranzo dei Chauvie con l’avanzo di una parte del
pavimento e di tre pareti, del tavolo da pranzo con
sopra un tappeto ricamato, di una credenza di noce
intagliato e di alcune sedie, appeso ad una parete il
« Consolatore silenzioso » ; oggetti a me ben noti poiché
6 settimane fa vi avevo pranzato in compagnia del
caro collega e della sua famiglia. Ma la camera da
letto ove nell’ora del disastro, tutti si trovavano,
e le altre camere, le vedo tutte sprofondate ; mi
avvicino ad un ufficiale che vedo dare ordini ad alcuni
soldati intenti a scavare fra le macerie e gli dico dello
scopo della mia presenza in quel luogo ; egli mi fa avanzare tenendomi per un braccio fino a un pnnto ove due
soldati cercano di estrarre di sotto alle macerie una
persona. Mi curvo e mi trovo davanti al nostro povero
fratello agonizzante. Lo chiamo, gli parlo, ma m’accorgo che ha perduta conoscenza. Incito il tenente e
quei soldati a fare quanto possono per liberarlo. Sono
rimasto quattro ore ad assistere a quello spettacolo
che mi straziava l’anima 1 Invano !.
Ai Parenti del caro collega Adolfo Chauvie
e ai Parenti delle altre vittime le nostre
profonde condoglianze. Il Signore sostenga
e conforti i cuori allranti !
Al prossimo numero un cenno biografico
del caro signor Chauvie, accompagnato da
le fotografie di lui e della sua famiglia.
Uà direzione.
11 signor QIUSEPPE f^lSULO, pastore di
Catania, occupatissimo nell’andare da un ospedale all’altro, chiede scusa agli Amici
che gli chiedono notizie, per rispondere ai
quali non trova un momento di tempo.
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Tipografia dell’Istituto Gould Via Marghera 2, Roma
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Guarigione secondo TEvangelo .
Lezioni (Cento) sulla vita di Gesù
Cristo, di A. Revel
Lezioni su alcuni capitoli della Ge
nesi, di Gaussen. . . •
Note sull’epistola ai Filippesl, di
Meille........................
Note sull’epistola agli Ebrei
Orazione Domenicale .
Palestina (La), di S. Bonnet.
Patrimonio (Vero) di S. Pietro (prim
epistola), di Leighton
Promesse della Scrittura
Raggi di luce, per 52 Domeniche
Risurrezione di Lazaro, di O. P. Reve
Sermoni, di (?. P. Meille
Spiegazione dei suggelli dell’Apoca
lisse . • • • •
Studi sui libri di Mosè, di Burnier
Tavole sinottiche dei Vangeli .
Teologia del Vangelo, di Geymonat
Vasellamenti dell’Arca .
Vita e scritti di S. Pietro .
Scienza della religione, di P. Gey
wioMaf, W'B pStti.
Alcuni martiri siciliani.
Andrea Dunn, parroco irlandese.
Apologetica cristiana, di Paterson
Apostasia 0 conversione, di Missort
Atto di accusa contro i papi
Apostolo e martire. .
Appello agli evangelisti.
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