1
DELLE mm VALDESI
Spett.
BIBLIOTECA VALDESE
TORRE PELLICE
(Torino)
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno XC — Num. 51
Una
copia
Lira 30
ABBONAMENTI
}
Eco: L. 1.300 per finterno | Eco e La Luce: L. 2.000 per l’interno
L. 1.800 per l’eatero I L- 2-^ per l’estero
Spediz. abb. postale
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• I Groppo
Lira 50
TORRE PELLICE - 23 Dicembre 1960
Ammin. Claudiana Torre Pollice • C.C.P. 2-17557
Abbiamo visto
la sua stella...
e siamo venuti
(Matteo 2i 2)
li magi non avevano ancora adorato Gesù, non lo avevano ancora
neppur visto quando, in presenza di Erode, dicevano queste parole.
Lo stavano ancora cercando quel misterioso fanciullino che costituiva
da tempo l'oggetto dei loro pensieri. Stavano domandando a destra e
manca se si sapeva qualcosa di lui ; proprio per cercarlo si erano messi
in V;aggio ma non sapevano ancora se quel loro pellegrinaggio sarebbe giunto a termine. I magi ancora domandavano, cercavano, interrogavano quando esprimevano al re Erode ed alla sua corte questa duplice convinzione: abbiamo visto la stella... siamo venuti. Certo hanno
veduto la sua stella ma che aiuto può dare nella ricerca una stella fra
le miriadi di stelle del cielo? Che soccorso può dare unà piccola luce
confusa fra le altre nell'immensità dello spazio? Aver visto la stella di
Gesù vuol semplicemente dire aver visto qualcosa di lui, un segno,
una traccia della sua presenza nel mondo, vuol semplicemente dire
aver il dubbio che egli esiste, saper qualcosa della sua venuta. Vedere
la stella non è vedere Gesù.
y ^ e cartoline ed i disegni natalizi che hanno corso fra noi ci presentano i magi come tre maestosi signori seduti sui cammelli ed
ac:.jiTipagnati da una turba di servitori, una vera carovana. Davanti a
loro una stella gigantesca splende in cielo, una cometa con una coda
luminosa, per Indicare loro la strada.
Questa è leggenda. La Bibbia ci dice che solo dopo essere stati a
i'iorjsalemme i magi hanno visto la stella e l'hanno riconosciuta. A
Betlemme hanno capito di essere giunti al termine del loro viaggio rironoscendo l'astro di Gesù. Alla partenza dunque ed alla fine del loro
jellegrinaggio hanno avuto la guida divina, ma durante tutto il loro
'animino chi li ha guidati? Hanno viaggiato cercando e chiedendo;
-ono perciò il simbolo di tutti quelli che cercano, chiedono, interrogano. Hanno domandato la via a molti ed ultimo fra tutti anche all'in:redulo Erode ed agli scribi istruiti nelle cose della fede.
magi eì,ricorderanno sempre che ci sono al mondo uomini che come
A loro cercano Gesù, domandano di Lui, interrogano attorno a sè per
sapere la via. Fintantoché si celebrerà Natale si dovrà ricordare che
uomini come noi stanno oggi ancora cercando la via che conduce a
Cristo, la via della pace e della gioia di Natale. I magi non sono quei
solenni vegliardi che si dondolano sui loro cammelli nel deserto, sono
quegli uomini nella pienezza delle forze, sono quei giovani che si domandano perchè viviamo, dove è la speranza del nostro mondo, la sua
salvezza. Gli uomini che si interrogano sul senso della vita, del lavoro,
della sofferenza, degli affetti, quelli sono oggi i magi. Forse hanno visto
una volta nella loro vita la stella di Gesù, ma la stella non è ancora
Gesù ; è solo un ricordo di lui, qualcosa che lo rappresenta, hanno sentito forse parlare dì Lui o hanno avuta l'impressione che era Lui a parlare ma poi si sono trovati soli nel deserto della storia umana, soli con
il loro ricordo ed i loro interrogativi.
oi siamo come gli scribi di Gerusalemme che sapevano dove deve
4 M nascere Gesù, come loro sappiamo pure noi che Egli deve nascere anzi è nato. Possa ciascuno di noi essere in questo tempo di Natale come quegli scribi che hanno Indicata la via ai magi, possa ciascuno di noi essere un fratello che aiuta altri fratelli a trovare il Cristo per
adorarlo,
Dn ragazzi, si aspettava Papà Natale e
i suoi regali. Era la festa. Non ricordo in
che misura pensassi ajiche realmente con
gioia alla nascita di Gesù; non molto, comunque. Essa si è solo chiarita lentamente. col chiarirsi — mai concluso — della
fede. Ma il nostro ¡mondo sembra rimasto
un mondo acerbo, non maturato dalVEvangelo di Cristo, un mondo che non ha smes
so i ^*pensieri da fanciullo** — anche se
svela i più riposti misteri della scienza
Un mondo a cui si può ancora dire, che il
regalo fa* la festa; un mondo di falsi
**grandi** che si stringono al cuore i co
stosi balocchi e non hanno ancora impa
rato dalla vita (ma quali lezioni ci voglio
no, dunque?) che la gioia sgorga soltanto
dal cuore che crede, spera, ama. Un mon
do che a fine d*anno è invasato dalla sma
nia dei regali, ma. non ha occhi per il re
gaio perfetto e durevole di Dio: Gesù Cri
sto.
**Nntale è diventato la la festa di tutti“
scrive nel suo messaggio natalizio il Past
ì isser *t Hooft, segretario del Consiglio
ecumenico delle Chiese. A scorrere le inserzioni pubblicitarie sui giornali, sembrerebbe quasi che sia diventato soprattutto la
grande fiera annua in cui con più o meno
buon gusto e sfarzo si trasformano città
e cittadine, e nel cui vortice multicolore
si € un po* tutti trascinati. Poi la fiera finisce, si spengono le luci, e restano i rifiuti, molti rifiuti; un senso di solitudine
e di tristezza. Chiuso, fino alVanno prossimo (ma ci sarà? per quanti?). Solo Vumile lume dietro la finestruccia appannata
della stalla di Bethlehem non si spegno,
veglia nella nostra oscurità, da Addis Abe
ba a Monaco, da New York al Congo, da
Algeri a PramoUo. ali*oscura vita di ognu
no fra noi: niente al momlo potrà spegner
la; e la gioia di quanti la contemplano nel
la fede e nella speranza non si smorza: gl
uomini e la vita la schiaffeggiano, Virrido
no, la calpestano, ma è eterna, come la
Parola viva su cui si fonda e da cui sgorga. G. C.
Festa
Una grave sciagura a Pramollo
AlTultima svolta della strada del
vallone di Pramollo, che scopre la
borgata dei Tournim, chi sale si trova davanti uno spettacolo di desolazione; spettacolo che la stampa e la
televisione ha reso tristemente _i^***'‘
liare a tutti. Una grossa frana di fango e terriccio è piombata all’improvviso, nella notte di domenica 18 c. m.
sulla borgata, e ne ha spazzato via
una metà. I superstiti, risvegliati dal
rombo improvviso passato accanto a
loro, sono fuggiti dalle case minacciate nella notte tempestosa, I primi
chiarori dell’alba hanno svelato la rovina: tre case erano state abbattute,
trascinate a valle, sommerse dalla_ gigantesca onda di fango; solo la pioggia insistente rompeva il cupo silenzio. E fin dal primo momento fu chiaro che non c’era speranza di ritrovare, in vita alcuno degli abitanti colti
nel sonno: ben nove; la famiglia
Long, con la figlia ventiduenne appena rientrata dal cotonificio e i nonni
Ribet; due anziani sig.ri Long ed i
coniugi Peyronel, stretti parenti del
Pastore Alfonso Peyronel. Si è salva
lo soltanto il giovane Enzo Long, eh:
lavorava a valle nel turno di notte.
Valligiani, militari e vigili del fuoco, autorità si sono prodigati; non
c’era purtroppo che da cercare di ricuperare le salme, e solo quattro sono
state finora rinvenute; dal caos di
fango, detriti e piante sradicate, affiorano lentamente poveri resti delle
semplici suppellettili, segni sconvolti
di un’umile vita operosa.
Anche i superstiti della borgata
hanno, naturalmente, abbandonato le
case pericolanti; forse per sempre. Ci
auguriamo che la Chiesa Valdese sappia esprimere la propria fraterna solidarietà con questi suoi membri cosi
colpiti. Sappiamo comunque che va
rie comunità delle Valli hanno deciso di dedicare la propria colletta del culto di Nata
le a questo scopo, e siamo certi che l’intercessione della Chiesa sosterrà coloro che sono
stati chiamati ad affrontare questa prova
così dura proprio nel
tempo di Nalale.
In questi fratelli, nei
loro lutti e nella loro
distretta Dio ci rinno
va proprio in questo
tempo di Natale, il
Suo appello : « Vegliate, perchè non
sapete il giorno nè l’ora in cui il vostro Signore verrà! »
Sembra una parola dura, una parola che stona nel «clima» di Natale.
Ma questo « clima » siamo noi che ce
Giovanni Ribet Enrichetta Ribet Evelina Ribet
Federico Long Emma Long Franca Long
Enrico Long Eugenio Peyronel Maria Peyronel
lo siamo abusivamente formato. L’Avvento di Cristo, la Sua incarnazione
fra noi è stato proprio un essere « con
noi » nella distretta di una esistenza
minacciata ad ogni passo.
Ma che Egli sia venuto, questa è la
gioia perfetta del credente. E cli2 Egli
verrà, questa ancora è la sua allegrezza, ora trionfante, ora disperatamente protesa al manifestarsi del Suo regno in cui non ci sarà più lamento
nè grido nè dolore.
Pare, questo, un tempo di Natale in
cui le tenebre si fanno particolarmente dense c paurose. «Ma ’e tenebie
non dureranno sempre per la terra
che ora è nell’angoscia... Il popolo che
camminava nel'e fenebire vede una
gran luce» (Is. 9). Sembra poca cosa
la luce di quella notte. Ma è più vera
di tutta la nostra festosa o triste realtà. E’ l’unica cosa vera, per sempre.
di tutti ?
Natale è diventato la festa di tutti.
Cristiani e non cristiani la celebrano
ovunque; nelle chiese e nei cinema,
negli ulHci e nei ristoranti.
Non è così che dev’essere? Dopo tutto, il prclogo di S. Giovanni parla della luce che rischiara ogni uomo. Certamente, l’evento di Natale ha un significato universale, si riferisce alla
salvezza deirumanità; è dunque cosa che riguarda tutti.
Fin qui, siamo d’accordo. Ma l’apostolo Giovanni parla della vera luce
che illumina ogni uomo. Natale non
dice nulla della luce in generale, nulla delTalternanza ininterrotta del
giorno e della notte, dell’estate e tìell’invemo. Si tratta della vera, della
autentica luce che Dio manda, e questa luce è Gesù Cristo. Dio venuto ad
incarnarsi fra noi. Se celebriamo Natale il 25 dicembre, è perchè nell’antichità era il giorno del Sol Invictus.
il Scie invincibile. I cristiani hanno
allora posto la loro festa a fronte di
questo culto della natura.
Natale è la festa universale. Ma non
lo è che se rimane Tallegrezza che segna l’intervento, unico del suo genere, di Dio nella Storia. La sua vera
universalità dipende dal suo essere
radicata nella grande oijera di Dio in
Gesù Cristo.
Perciò quello che i cristiani hanno
da dire al mondo non è; ci avete rubato la nostra festa, non vi riguarda;
ma di dire; si, questa festa è anche
per voi, ma non potete celebrarla rettamente se non riconoscete ciò che
essa significa: il mondo e voi, tutti
sono chiamati a vivere della luce che
è Gesù Cristo.
La grande promessa di Natale; pace sulla terra, pace nelle nostre famiglie, pace nei nostri cuori, è prer tutti
coloro che aprono la loro vita alla
vera luce. W. A. Visserit Hooft
Il nostro augurio
A tutti voi,, amici lettori, che condividete con noi la fede nell’incarnazione di Gesù Cristo, Dio con noi
dalia culla alla morte, e l’attésa del
Suo ritorno trionfante e portatore
di vita eterna, U nostro augurio di
un Natale in cui la Parola del nostro Dio fortifichi la nostra fede, confermi la noàtra speranza, ravvivi il
nostro amore.
2
pfte. 2
L’ECO DELLE VALLI VALDESI
23 dicembre 1960 — N. 51
Il primo albero di IVIatale
Questo lo scrivo ancora io, Hans
Hansfisch, scrivano della nobile famiglia dei duchi di Brieg. E lo
scrivo perchè serva di ammonimento
agli uomini che verranno. E’ una pagina che le generazioni future troveranno strana e semplice: e la vorranno spiegare e la renderanno difiìcile e
misteriosa. Scrivo oggi, 25 dicembre,
1611 del nostro Signore, nella mia
piccola stanza del castello che domina la riva sinistra dell’Oder. Dalla
mia finestra vedo la vasta landa e la
brughiera della bassa Slesia; odo i
rintocchi della campana della chiesa
di S. Nicola; nel cortile un « albero
di Natale » diffonde una strana luce :
la luce di una cometa e di una croce.
Confesso che, nonostante la predica
del nostro buon pastore, quest’ora,
mezzanotte, mi fa paura ancora. Egli
ci ha spiegato che mezzanotte è una
semplicissima parola, come tutte le
altre, che deriva dai latino e vuol dire semplicemente mezzanotte, cioè « a
metà della notte ». E’ cosa molto
semplice, per chi sa il latino, ma per
noi. Germani, la cosa è più difficile;
forse che nella nostra lingua non può
significare « Madre notte »? E la Notte non è forse la madre delle potenze
misteriose? Non è forse il Giorno con
la sua luce il regno dei sensi? E la
Notte con le sue tenebre il regno del
sogno? La Notte non è forse la madre del Giorno?
Ma ora divago; riprendo la mia
cronaca.
E’ cominciato ieri, 24 dicembre, con
l’abete di Wotan, il vecchio dio
germanico. Presto anche questo nome sarà dimenticato, come quello di
Odino; gli dei sono scomparsi, ma
Wotan è vissuto fino a ieri.
Ieri, dunque. Sua Altezza Serenissima il principe di Brieg e la sua nobile consorte ci hanno convocati, tutti,
vecchi e giovani, piccoli e grandi. Il
reverendo cappellano ha spiegato il
racconto della nascita di Gesù, ha
parlato della cometa che aveva guidato i Magi d’Oriente, della croce;
ha dimostrato che la luce della cometa era la luce della croce. Ha spiegato
che Gesù è la luce del mondo. Tutte
cose che prima, alcuni anni prima,
venivano dette in latino; ma ora, nella lingua del popolo, facevano uno
strano effetto; sembravano rivolte personalmente a ciascuno di noi. Sentivamo confusamente che questa predica era diversa dalle altre; che qualcosa doveva accadere.
E accadde!
Il Serenissimo duca si alzò dal suo
nobile seggio, ci guardò e disse : « I
tempi sono difficili; la guerra ci minaccia da vicino; Carlo, il re di Svezia, è morto; Gustavo Adolfo, suo
figlio, è atKora giovinetto; l’imperatore è sempre più deciso a strdncare la
fede Riformata; il vescovo di Breslavia, fino ad oggi tollerante ha avuto
un successore fedele a Roma. Siamo
soli, con la nostra fede, mentre tutto
intorno infuria l’incendio: soli, con
Gesù... ’’Una forte rocca” ma... » —
e qui il suo sguardo ci trafisse — « Ma
chi ha dunque ancora acceso quei
fuochi nella foresta? E chi striscia ancora nell’ombra della notte a portar
doni agli Elfi ed agli Gnomi nella
Santa Notte? »
Ed io li guardavo tutti, perchè sapevo che tutti, nonostante la predica,
sarebbero ancora andati a portare un
dolce o un pezzo di selvaggina sulla
pietra misteriosa, ai piedi dell’abete
di Wotan, nel folto della foresta; perchè sapevo che i potenti possono esser
sicuri a mezzanotte nel loro castello,
ma i poveri hanno paura degli spiriti
del male che vagano nella notte.
Sapevo che la giovane Helia sarebbe andata a mezzanotte col giovane Baldur a consultare la vecchia
Gudruna, la strega maledetta che tutti temono, per offrirle miele e latte e
farina per conoscere il mistero delle
stelle e la data propizia al loro matrimonio.
Sapevo che il forte Hein sarebbe
andato a mezzanotte a consultare il
vecchio Ernst, per ricevere da lui le
erbe misteriose ed ascoltare le formule antiche che cacciano gli spiriti maligni dal corpo dell’uomo e gli ridanno forza e vigore.
Anch’io, lo scrivano, sarei andato
a veder le danze delle giovani e dei
giovani intorno ai fuochi di mezzanotte; ad ascoltare i canti selvaggi invocanti la fine della lunga Notte, la
nascita del Sole.
« ...Nell’Europa settentrionale e centrale il presepe è sostituito dall’albero
di Natale, che, sorto in territorio germanico (forse per la prima volta nel
1611, preparato dalla duchessa di Brieg)
si è poi diffuso in Inghilterra e nel
mondo anglosassone, nella Russia, nella Francia e nell’Italia settentrionale e
centrale. Il sentimento cristiano lo ricollega alla leggenda della croce, formata con l’albero spuntato dalla bocca
del morto Adamo; in realtà esso perpetua una remota tradizione che si ricollega a riti agresti ».
(Enciclopedia Treccani).
a Vieni, o Sole, divino figlio della
divina Madre, la Notte dalle molte
stelle ».
Ma ora tutto questo non si ripeterà mai più.
Chi è andato — continuava il Serenissimo duca — ru>n lo so;
ma questo so: ora andremo tutti insieme all’albero maledetto. Accendete
le fiaccole; e avanti, nel nome di
Dio ».
E così camminammo, nel nome di
Dio; in alto le torce; uno strano corteo che avrebbe preferito non fare
quel cammino, quella notte!
Ed ecco giungemmo nel più folto
della foresta; l’abete di Wotan, il vecchio dio, era là che ci sfidava; ai suoi
piedi la tavola sacra di pietra; e sulla
tavola i dolci della giovane Hella, e
la lepre del giovane Baldur, e il corvo
di Gudruna la strega, e il cerbiatto
del forte Hein, e le erbe del vecchio
Ernst.
Allora l’Altezza Serenissima del nostro principe si avanzò, e con
lui la sua diletta e da tutti noi amatissima consorte. E ciascuno di essi
prese in mano una scure. Com’era leggera nelle mani del vigoroso nostro
principe; com’era pesante nelle fragili
mani della fanciulla dalle lunghe bionde trecce.
Ed i primi due colpi risuonarono,
cupi, nella notte e nei nostri cuori;
aspettavamo un segno; avevamo paura: per loro, i nostri Signori, e per
noi. Ma nulla accadeva e cominciavamo ad aver vergogna; il Pastore ci
guardava, ed avevamo paura. Allora
due più coraggiosi si avanzarono; la
giovane Hella e il giovane Baldur, figli di boscaiolo, che conoscevano l’ar’e del tagliabosco.
E l’abete cadde; e travolse la pietra
maledetta; osammo tutti avvicinarci
allora, e guardammo da vicino i segni
maledetti: il segno del vecchio Dio
rV\
e della sua potenza: le uncinate: i
vecchi segni trasmessi di generazione
in generazione.
E tremavamo ancora guardando
questa croce maledetta; e ne traccio
il segno, anch’io tremando, pur sapendo che questo segno infame è
scomparso per sempre, oggi. Natale
1611, perchè qui, a Brieg, abbiamo
vinto la sua malefica potenza.
L' abete maestoso è stato rizzato
nel cortile del castello; sulla sua
punta la cometa indica la strada agli
uomini ed alle donne che, sperduti
nella brughiera, fuggendo il nemico
che avanza e saccheggia, cercano un
rifugio. La tavola di Wotan, con i segni maledetti, è infranta in mille pezzi, gettata giù dal bastione. La croce
del nostro Signor Gesù Cristo è lì, accanto all’albero. Hella e Baldur, Hein
e Ernst, e tutti gli altri hanno portato
un dono per i fratelli che arriveranno,
guidati dalla luce della cometa, ai
piedi dell’albero, illuminati dalla Croce. Solo Gudruna è rimasta lontana
a consultare le suq stelle, a calcolare
i giorni di Wottn, l’Anticristo : i
giorni del ritorno del segno maledetto
che non verrà mai più.
Christus vicit. Cristo ha vinto.
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■ ' ' i —
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Questo volumetto dal titolo suggestivo
è una raccolta di studi, o, meglio, di schemi di studi ad uso delle U.C.J.G., divisa
in tre parti che trattano rispettivamente
della yita personale, della vita sociale e
delle possibilità di servizio e di collaborazione ohe si offrono al cristiano. Seguono cinque appendici su argomenti vari,
in rapporto a quelli trattali nel corso del
libro.
Gli studi, a scopo edificativo, non seguono il normale ritmo dei lavori di questo genere; passo biblico seguito da commento-sermone; prendono in esame un
problema e a considerazioni personali
dell’autore fanno seguire citazioni varie
fra le quali quelle bibliche. Siccome queste ultime sono spesso in fondo isi pongono come conclusione anziché come premessa.
11 metodo di studio consigliato è la discussione a gruppi e il libro contiene utili
suggerimenti ed idee per i nostri Gruppi
del Vangelo già formati e per quelli che,
eventualmente si possono formare. Ma è
un piccolo manuale di vita cristiana, ci
si permetta di chiamarlo cosi, che, pur nei
suoi limiti, può essere di grande interesse
anche per i singoli. E’, infatti, fondato
su una genuina e sentila esperienza, che,
per la sua semplicità, è comprensibile a
chiunque: non è un libro di dotta teologia: vuol semplicemente dare un contributo allo sforzo di chi, non soddisfatto
della vita passata sua e della Chiesa, desidera approfondire la sua posizione e ripensarla. L’autore non vede le possibili
riforme del nostro modo di vivere in processi complicati ed astrusi, per non dire
incomprensibili: basta un più profondo
impegno ed una comunione con Dio e coi
fratelli che non si riduca al Culto domenicale. E’ una cosa semplice e grande al
tempo stesso, forse grande perchè semplice. Non è necessario complicare le cose
per riuscire; è, anzi, necessario il contrario.
Non intendiamo fare un confronto di
valore, ma ci sembra che questo sia un
libro più adatto a spingere la nostra Chiesa — e non solo i pastori — ad un ripensamento del problema del laicato, che non
il Kraemer, appunto per la sua impostazione praticistica e semplice, ferma restando l’esigenza di una teologia del laicato.
In conclusione, un libro che consigliamo
a tutti quelli che sanno leggere in francese e che desiderano studiare ed impegnarsi
per un rinnovamento della loro e della
altrui vita cristiana. c, t.
GUARDIAMOCI
ATTORNO/
Se si volesse una dimostrazione apodittica del danno che involontariamente la
gioventù delle nostre filodrammatiche
unioniste reca in primo luogo a sè stessa,
e quindi — di riflesso — alle comunità,
quando offre loro dei lavori di valore spirituale scarso, per non dir nullo — ancorché legati ad una certa attualità e problematicità — ed unicamente fondati su una
esigenza di passeggera « ricreatività » che
francamente non ha ma: persuaso, e tanto
meno può persuadere in questo nostro
tempo in cui di ricreazioni insulse v’ha
assolutamente troppa varietà; se poi si
volesse quella dimostrazione, confermarla
per antitesi con l’assurdo pregiudizio, vigeute purtroppo in molti ambienti filodrammatici nostrani, in base al quale il
teatro religioso « è noioso quando é facile
ed è difiìcile quando è interessante »; basterebbe, allo scopo, dare una rapida scorsa alla produzione teatrale religiosa, la
quale, in questi ultimi tempi, per lo più
fuori dallo sciatto « mistero », dall’abusala « rappresentazione sacra » estratta con
ipocrita semplicità dalle pagine più note
della Bibbia, ha riproposti i temi mirabilmente congiunti dell’arte e della fede,
o come si usa dire oggi, della predicazione e dell’arte, non in una alternativa di
dubbio gusto e neppure in una mistura
grottesca; ma in una vivida, feconda complementarità.
E’ per invogliare il pubblico e particolarmente i giovani delle nostre filodrammatiche, che diamo qui un elenco — certo non chiuso nè definitivo! — di quanto
di migliore è oggi offerto in quel settore.
Naturalmente, si tratta di opere che
per lo più non esistono in versione italiana; ma, come si traducono dei lavori sul
piano educativo e formativo, dei migliori
pedagogisti e maestri e teologi, perchè
non si dovrebbe avere, in testi curati, in
edizioni decorose, delle versioni accessibili (anche con un tantino di buona volontà, il che non è mai male, nei giovani,
per abituarli a non trovar la pappa bell’e
fatta!), da presentarsi magari anche a
Perchè viva il nostro teatro religioso
convegni e festival» di arte e di fede? Chi
scrive queste righe è persuaso che le nostre filodrammatiche evangeliche, anche le
più modeste, le più limitate nei mezzi
umani e finanziari, sono tutt’altro che
prive deH’intelligenza e dei requisiti necessari ad affrontare, con lavori artisticamente e religiosamente validi, il pubblico
delle comunità evangelicbe. Tutto sta a
proporre loro la via (cioè la scelta) migliore; e a farle innamorare della loro vocazione. E’ mai possibile che, almeno alle
Valli, non si sia riusciti ancora, dopo anni
ed anni dacché in Francia, in Inghilterra,
in Olanda, in Germania, ciò è stato realizzato con innegabile successo, a creare
una o due filodrammatiche permanenti, a
carattere vocazionale, sul piano evangelistico? Nell’àmbito del canto corale ciò è
stato ripetutamente fatto; e con successo,
perfino portando il proprio messaggio oltre frontiera. Ma per quel che concerne
il teatro, niente! Eppure, dicevamo in
principio, questo disinteresse, questo assenteismo si risolve in un danno, e forse
anche in una colpa.
Se St
Per prendere le mosse un po’ da... lontano, diremo che il grande tragediografo
irlandese-americano O’Neill ha scritto un
« Sorriso di Lazzaro », in 5 atti, che ripropone, in modo straordinariamente vivo,
il problema della sopravvivenza terrena
di Lazzaro dopo che Gesù Cristo lo ha
richiamato in vita dalla tomba. Di O’Neill
è anche il lavoro, conosciuto in Italia, in
tre atti, « Giorni senza fine », che tutte le
nostre filodrammatiche dovrebbero aver
avuto una volta nel loro repertorio. La
fine misericordiosa di un peccatore vi è
tratteggiata nella lotta fra il bene e il male che si contendono il suo cuore.
Non è da ieri che Augusto Strindberg
ha scritto alcuni drammi ispirati alla fede
cristiana. Di uno di essi, «Pasqua», è stata recentemente data una fortunata ripresa
nei teatri parigini. Strindberg ha pure
scritto « L’Avvento » ( 3 atti) e « Delitto
e delitto ». Questa trilogia è una vera e
propria parafrasi biblica, di sapore swedenborgiano : il male vi è costretto a servire la causa del bene ; Gesù solo può
annullare il peccato dell’uomo, non noi
e neppure il nostro pentimento, la nostra
penitenza. Sembra che, in questi lavori,
scritti all’alba del XX secolo, echeggino
le prime note di un altro capolavoro del
teatro religioso protestante, che doveva nascere tra i bagliori premonitori dei conflitti politici moderni: « Ordet » (La Parola), del pastore danese Kaj Munk. Lo
Strindberg del resto era scandinavo.
Walter Gutkelch ha scritto dei lavori
che sono di un particolare interesse per
noi: una trilogia di tre alti unici, «Vasi
di grazia » (traduciamo a senso l’intraducibile « Begnadigten »), in cui appaiono
quali protagonisti, in Finlandia, nella Corea del Sud e in Italia: Mathilde Wrede,
l’amica dei prigionieri finnici, un predicatore coreano, e Maria Gorelli. E’ originale l’interpretazione che l’autore, il quale vive tuttora a Bethel, in Germania, ed
è uno dei redattori del periodico « Evangelische Welt », vi dà della pietà cattolica
nei suoi confronti con la pietà protestante.
Un altro lavoro del Gulkelch, è il dramma « Il coraggio di Hiskiah », in tre atti.
Lavoro di vasto respiro, seppure di pochi
personaggi. La compagnia giovanile tedesca dei « Vagameli » (nome significativo!)
l’ha avuto in repertorio nei due settori,
ovest ed est, di Berlino, con gran successo. Esso tratta di un episodio della storia dell’Antico Testamento.
Pure tratto inizialmente dall’Antico Testamento è il dramma « Il Regno è già
cominciato », di Walter Meckauer, di viva
attualità. E’ come lo intitola l’autore, un
« mistero moderno sulla vanità del potere » (von der Ohnmachl der Macht). Il
dramma, rappresentato a New York e a
Monaco, contiene un messaggio che non
deve andar sottovalutalo. Sulla falsariga
del libro di Esther, esso costrui.sce una
doppia vita dell’eroina ebraica. Infatti,
tra le « dramatis personae » vi è, oltre ad
Esther, sconosciuta e regina, una seconda
Esther, che impersona l’eterno dolore dei
perseguitati, dei rifugiati, degli sventurati per cagion di giustizia e di fede, ed
il cui messaggio, nel dramma, è dialetticamente impostato. Haman, naturalmente,
vi diventa l’ecclesiastico, il curiale, l’uomo della chiesa tradizionale, il predicatore della giustizia formale e farisaica.
Luògo e tempo dell’azione: « il regno
millenario dell’Anticristo ». E’ facile immaginare quali scintille scocchino da questa impostazione drammaturgica.
H. Flügel ha scritto in tre atti la storia
del cieco nato, intitolandola « Shalom ».
L’interessante opera venne lanciata in
Germania in occasione del quinto Kir.
chentag tedesco, che ebbe luogo ad Amburgo.
Lo svizzero Armand Payot ha scritto
« Gomme des Dieux », coronato da un
successo universale, dalla Svizzera alla
Francia ed alla Germania. E’ il dramma
di Adamo ed Èva genitori di Caino, visto
alla luce dei tempi moderni da una assorta coscienza cristiana. Il messaggio dell’amore divino vi appare in un salutare
capovolgimento di valori. 11 Payot ha pure scritto « Betsabea », « Erodiade » e
« L’homme à la corde », drammi diffusi
anche sulle onde di Radio-Losanna.
Da un agghiacciante episodio di guerra,
Piero Forzini, toscano, ha tratto « Le benedettine », in cui - in un’impalpabile atmosfera di originale spiritualità toscana quello ch’era il maledetto peccalo e frutto
della guerra si trasforma in un’insolita,
gentile cristiana testimonianza di pace e di
misericordia fraterna.
Di Edmond Pidoux, professore al Lycée
de Jeunes Filles di Losanna, ricordiamo il
capolavoro «Giona» (in 4 atti), artisticamente perfetto e di una religiosità inconsueta; « Nicodemo », dramma in 5 atti, aderente al lesto biblico con irreprensibile
fedeltà; « L’Arca di giunco », che si riferisce alla nascita di Mosè, alle vicende della
sua famiglia paterna, e al noto episodio
sulle sponde del Nilo: nessuna concessione
(continua in 4“ pag.)
3
23 dicembre 1960 — N. 51
LTECO DELLE VALU VALDESI
pag. 8
Vingt-quatre décembre
La foule échappe à Noël. Elle se
réfugie dans le bruit, dans le plaisir des vacances ou l’amertume de
n’en pouvoir jouir. Ce n’est pas
pour cela que Jésus est né.
Je ne veux pas me laisser gagner
par l’agitation de Noël, qui me voilerait le vérité de Noël.
Je ne veux pas céder à des joies
toutes mondaines la place que doit
remplir la vraie joie de Noël.
Je ne veux même pas que Noël
soit seulement la fête de famille,
centrée sur les petits, qui chantent
autour de l’arbre prestigieux, et jouent avec la crèche, le boeuf et l’âne
gris. Je ne veux pas noyer Noël dans
ces é notions faciles et fugaces, sans
portée.
Noël est la fête de l’Eglise. Je la
célébrerai dans l’Eglise, avec les
miens si Dieu les y conduit, dans la
communion des fidèles, et nous écouterons ensemble la parole céleste:
e Je vous annonce une bonne nouvelle... il vous est né un sauveur, qui
est le Christ, le Seigneur! ».
Je trouverai dans cette journée le
moment nécessaire pour me recueillir, seul devant ce sauveur qui m’est
donné. Je m’approche de l’enfant
divin que les bergers et les mages
ont salué, auquel il ont offert leur
adoration et leurs trésors. J’offre,
moi aussi — je veux offrir — les
présents qui lui font honneur: sacrifice, résolutions, renouveau de ma fidélité.
Je pense à cette vie, qui commence dans la crèche de Bethléem, parmi les poussières et des relents d’étable; qui continuera tout entourée
de la souillure humaine, en aimant
pourtant de cet amour qui dépasse
toute intelligence, les hommes sordides et tortueux. Je m’emplis aujourd’hui de cet amour, si puissant que
jamais rien n’a pu l’éteindre, et qui
m’accompagne pas à pas dans ma
course en ce monde.
Je sens pénétrer, comme dans ma
chair, la joie de cet amour, penché
sur moi et sur le miens, même quand
ils n’en voient rien; sur tous les
hommes qui traînent dans le brouillard de leur indifférence, ou se débattent dans leurs épreuves, leur péché. Il est venu chercher et sauver
ce qui était perdu. Dieu donne à ses
enfants, toujours fuyards, ce sauveur qui veut les retrouver, pardonner, libérer, sanctifier, et attirer
tous les ho.TJmes à lui.
Cette certitude que l’Eglise de Jésus-Christ annonce aujoiu-d’hui, au
son des cloches et des orgues, pour
mes frères et pour moi, qui m’affermit en cet instant où je m’approche
comme les bergers et les mages, cette certitude est mon joyeux Noël.
Pour ce Noël d’aujourd’hui, je
rends grâce à Dieu, le père de notre
Seigneur Jésus-Christ et notre père,
qui ne se lasse jamais, qui n’abandonne jamais, et renouvelle son alliance avec nous — avec moi — par
renfant de Bethléem.
O Dieu!
Veuille faire monter jusqu’à toi
l’hymne de gratitude que chante au
jourd’hui mon coeur. Tout ce qui
est en moi te bénit pour ce sauveur
que tu donnes, qui marche avec moi
partout et toujours, et ne veut pas
que je perde la route.
Je te bénis pour le pardon de Jésus-Christ, qui me relève et permet
de recommencer. Je te bénis pour la
lumière de Jésus-Christ, qui brille
même quand tout est sombre dans
mon âme; quand il n’y a pas d’autre étoile dans la nuit que l’étoile
df Noël.
Seigneur mon Dieu, fais de cette
reconnaissance le principe même de
ma vie, et que toutes mes démarches
en portent le signe.
Tu m’as donné un sauveur qui est
le Christ, le Seigneur; assiste-moi
par ton esprit, afin que mes heures
er mes jours m’amènent au salut
qu’il m’offre par ta grâce. Afin que
cette bonne nouvelle de Noël soit
pour moi et devienne par moi, le
sujet d’une grande joie. Amen!
Charles Cellérier
(La Gloire de Dieu, Genève 1955,
pp. 283 SS.)
Le petit revolver
La demoiselley mais oui, la demoiselle
qui m*offrait un petit revolver avait une
mine affablcy une voix douce et polie. Elle
aurait aussi pu m*offrir un gâteau au sucre
ou une belle cravate. Mais voilà elle m'offrait un petit revolver. La scène vient de
se passer dans un cadre charmanty dans
une atmosphère familiale: tous ceux qui
m'entouraient paraissaient animés des sentiments les plus élevés. Un père essayait
à mes côtés une mitraillette. Un autre paraissait préférer un tank. Une famille s'extasiait devant les quadrimoteur s y tandis
qu'un gosse considérait un torpilleur lâchant, comme il convienty una torpille
toute rouge. Les chasiseursy les jeeps, les
canons, et surtout les soldats en rangs serrés excitaient la convoitise des gosses, et
les parents bien intentionnés (!) sortaient
de leurs porte-monnaie des billets roses,
parfois des bleus avant d'emporter un petit revolver ou una mitraillette, ou un
bombardier... pour gâter leurs enfants sages.
Que leurs enfants sont heureux! Ils recevront de beaux cadeaux le jour de Noël,
et pourront chanter "Gloire à Dieu au plus
haut des deux, paix sur la terre, bienveillance parmi les hommes" en s'accompagnant de leurs mitraillettes et de leurs revolvers, avec de temps à autre un bon
coup de canon. Puisque la guerre a cessé
dans nos régions, ce seront les enfants qui
feront sursauter les vieux et les jeunes de
leurs pétarades guerrières, qui iront prendre position dans les escaliers obscurs et
descendront sans hésiter tout ennemi ap¡mraissant au bout de leur guidon de mire.
Quelles bonnes petites batailles en perspective! Quelles belles fêtes de Noël...
Emile Jequie«
GESÙ’ E’ NATO
EBREO
(La Vie protestante)
Voglio esporre, partendo dalla Scrittura, le ragioni che mi spingono a
CI edere che Gesù è un ebreo nato da
una vergine, con la speranza di condurre pure alcuni Ebrei alla fede cristiana. Poiché i nostri cialtroni (...)
si sono fin qui condotti in modo tale
con gli Ebrei che im buon cristiano
avrebbe davvero potuto desiderare di
diventare ebreo. E se fossi stato un
Ebreo e avessi visto simili bestie reggere e insegare la fede cristiana,
avrei preferito diventare una troia
che un cristiano.
Infatti, hanno trattato gli Ebrei come se fossero cani e non uomini ; non
hanno saputo fare altre che insultarli e depredarli dei loro beni, quando
li hanno battezzati. (...) Ma quando
essi hanno visto che il giudaesimo
era così saldamente fondato sulla
Scrittura, mentre il cristianesimo non
era che pura ciancia senza Scrittura,
come avrebbero potuto placare il loro
cuore e diventare dei buoni e veri
cristiani?
Ho buone sjieranze, quando si tratteranno amichevolmente gli Ebrei e
Anche in quest’anno
non sono purtroppo mancate le manifestazioni di
razzismo, e in particolare di antisemitismo. Sebbene le Chiese cristiane
siano state unanimi nel
condannarle, è forse giusto ricordare e sottolineare, in questo tempo di Natale, che Gesù è nato
Ebreo, che il Figliolo di
Dio si è incarnato nel pondo eletto, e che l’Evento, dopo la secolare Attesa, segna in modo incancellabile Israele: la fede,
la speranza, l’amore dei
cristiani non dovrebbe mai
dimenticarlo. Riportiamo
qui sotto alcune parole di
Lutero (il cui atteggiamento verso gli Ebrei, più
tardi, non fu però conseguente, dobbiamo riconoscerlo), rudi e appassionate, sempre attuali; e qui
accanto riproduciamo un
quadro della pittrice evangelica ebrea di Parigi,
Hate Miinzer Neumann :
Maria... con la «stella di
Giuda »?
si istruiranno dovutamente nella Santa Scrittura, che molti di loro diventeranno dei veri cristiani e ritorneranno alla fede dei loro padri, i profeti e i patriarchi, mentre ora non si
(a che allontanarli respingendo la loro religione, rifiutando di considerara minimamente, e trattandoli con orgoglio e disprezzo. Se gli apostoli, che
erano anch’essi degli Ebrei, avessero
agito con noi, pagani, come noi pagani agiamo con gli Ebrei, nessun pagano sarebbe mai diventato cristia10. Se dunque gli apostoli hanno trattato noi pagani in modo così fraterno, bisogna pure che a nostra volta
trattiamo gli Ebrei come fratelli, se
vogliamo convertirne qualcuno. Del
resto noi stessi non siamo ancora tutti sulla via e ancor meno giunti alla
mèta. E per quanto ci gloriamo, non
cessiamo per questo di essere pagani, mentre gli Ebrei, loro, sono della
razza del Cristo. Siamo dei cognati e
degli estranei, mentre essi sono parenti diretti, cugini e fratelli del nostro Signore. Martin Lutero
(da «Gesù è nato Ebreo», 1953)
In un piccolo villaggio di montagna — quattro casupole freddolose ben strette le une alle
altre per tenersi più caldo durante i lunghi mesi d’inverno — vi è
una casetta piccolina, con due metri
di balcone in legno e un tetto di
sghembo come un cappello mal messo; a pianterreno una cucina chiusa
da una pesante porta di castagno, ed
una stalla bassa con tre pecore.
Davanti alla casa una stradina, che
per il momento non si vede, perchè
la neve la ricopre e la livella al pari
del prato vicino; dentro la cucina vi
è un buon fuoco, per fortuna, con
una fiamma più allegra della luce fioca appesa al centro del soffitto; in un
angolo un vecchio lettone grande grande; una seggiola, uno sgabello, un tavolo e, unico lusso in tanta semplicità, un antico orologio a pendolo,
addossato alla parete di fondo, con
le lancette e il pendolo d’ottone lucente, ed un suono dolce e grave.
« Dan-dan-dan... sono le sette, vecchina mia, le sette del giorno di Natale -- dice l’orologio —. Dan-dan...
Su, cara la mia vecchina: buon Natale! ».
« Buon giorno, pendolo; chiamami
pure vecchina finché vuoi, ma sei un
bel vecchione anche tu, sai? — risponde una vocina proveniente dalla
parte del letto — anzi, tu sei ben più
vecchio di me: eri già lì quando la
mia nonna era giovinetta, figurati!
Ah, ah!... E poi, del resto, sono già
alzata, non vedi? non hai bisogno di
affannarti tanto a fare dan-dan; vèh,
come sei roco; sembra ti manchi il
fiato!... Dovresti sapere che nonna
Maddalena non si fa chiamare due
volte in questa bella giornata di Natale! ».
«Lo so, vecchina: buon Natale!
Dan-dan... ».
« Grazie, vecchio orologio. Però
hai ragione; tu sai che oggi non dobbiamo perdere tempo. Arrivano i
bambini. Vedi? sto preparando il letto con questa bella coperta calda ed
il lenzuolo di bucato: li metterò tutti
qui, uno di fila all’altro, quei pupattolini! Ah, ah, come sarà bello!... ».
La vecchina ride e si frega le mani
contenta, ed intanto si avvicina al
fuoco: al bagliore della fiamma sembra proprio una vecchina di quelle
IL NATALE DELLA VECCHINA
nlo di Edina Rib^tf
stain
del libro delle fate, quando le fate si
trasformano per non farsi riconoscere; piccina piccina, tutta piena di rughe, con un fazzoletto nero in testa,
due occhietti vispi, un viso ridente e
roseo come una mela.
Chissà poi se veramente d’un tratto non si metterà a battere le mani e
farà comparire nella cucina semibuia
mille cose meravigliose... L’ambiente
da fiaba qui c’è davvero; ora poi s’è
messo a parlare anche il brutto pentolone che bolle sul fuoco:
« Nonnina, non ci pensi più alle
pecore? io sono pronto : su’, porta
un po’ di cibo caldo a quelle bestiole, oggi è Natale! »
« Vado, pentolone-brontolone, vado... ».
La vecchina va e viene con le sue
gambette corte, il corpo ancora ritto,
ma minùscolo; le mani tutte contorte e sciupate dal grande lavorare.
Adesso non vi è più nessuno che
abita con nonna Maddalena nella casupola, ma un tempo com’erano numerosi, quasi non ci potevano stare!
Nonna Maddalena ha allevato una
grande famiglia, ha lavorato la terra,
ha fatto tante grosse minestre, tante
buone polente, ha lavato tanti grossi
bucati...
Poi, poco alla volta, tutti i suoi
cari l’hanno lasciata; prima il marito
per essere accolto in cielo presso il
Signore; poi i figli, le figlie per sposarsi e stabilirsi lontano, uno perfino
in America.
Nonna Maddalena ha ancora una
figlia sposata nel villaggio, non lungi
da lei, e tanti nipotini, che, ad ogni
momento, a frotte chiassose, le invadono la cucina, con domande e richieste d’ogni genere, frastornandola un
poco, ma rendendola tanto felice...
Però, nella casetta, essa vive sola
con le sue pecore.
Oggi, giorno di Natale, la figlia, i
nipotini e l’intero villaggio si recano
al tempio, dove c’è una bella festa
per tutti: un albero di Natale che è
una bellezza; recite, doni, merenda;
tutte cose che attirano tanto i bimbi
che gli adulti, di modo chè nessuno
vorrebbe mancare.
Vi sono tuttavia alcune mamme, e
per prima la figlia di Maddalena, che
hanno bimbi piccini, di pochi mesi,
e questi non si possono portare alla
festa; il tempio è un po’ fuori mano,
là sull’altura che domina il villaggio;
la festa sarà lunga; all’uscita farà
buio e freddo. I bimbi piccini piccini
non si possono portare davvero: devono stare al caldo nelle cucine.
Allora le mamme dovranno rinunciare a vedere recitare gli altri loro
figli più grandi?
« No, no — ha detto nonna Maddalena — ci sono qua io! I bimbi piccini siano portati in casa mia, me ne
occuperò io; li metterò tutti in fila
sul mio lettone, vedrete come staranno bene, e buoni poi! ».
Tutte le mamme vadano alla festa
tranquille: nonna Maddalena veglierà; tanto è troppo vecchia lei, ormai,
per le feste : è un po’ sorda, ha i reumatismi...
« Via, via, andate voi, e lasciatemi
con i piccini! ».
« Dan-dan-dan... — ammonisce il
pendolo — il tempo passa, nonna
Maddalena, sono già le dieci; non è
ancora abbastanza lustra la tua cucina? »
« No, non è lustra abbastanza ; ho
degli ospiti oggi, e quali ospiti, ah.
ah! ».
« Chi sa che frignare faranno quei
mocciosi — sbuffa il pentolone che è
stato rimesso sul fuoco con la minestra — non avremo un momento di
pace! »
« Vergogna pentolone-brontolone,
vergogna parlare così di quei cari piccini! »
« Oh, io sono ben lieto di offrire le
mie morbide piume per accogliere la
nidiata! — esclama U grande letto —
peccato che proprio qui nel mezzo
ho due molle rotte... ».
« E’ appunto quello che ci vuole,
letto mio, perchè così c’è una piccola
buca e i pupattolini non rotoleranno
sul pavimento!... due molle rotte...
ah! è quello che ci vuole! ».
an-dan-dan... le undici, vecchina
«
D
mia! »
«M
Silenzio, orologio a pendolo, non
disturbare ora : la vecchina legge la
Bibbia, fa il suo culto di Natale, solitario e fervente; prega per gli assenti,
per i lontani, per i nipotini, per la sua
chiesa... Silenzio e pace.
« Din-dan, din-dan, din... » — sottovoce il pendolo sussurra che sono
le undici e un quarto.
La vecchina legge sempre, arrampicata sullo sgabello, con gli occhiali
sulla punta del naso.
« Dan! » — piano piano, un colpo
solo : è la mezza; la vecchina prega
ancora..., piano piano...
i raccomando a voi, nonna
Maddalena... »
« Nonna Maddalena non vi allontanate, vero? »
« Grazie tante, nonna Maddalena! »
« Andate in pace, figlie mie, state
tranquille... ».
La porta di legno di castagno si è
chiusa con un tonfo alle spalle della
tribù delle mamme e dei bimbi, che,
dopo aver portato i più piccoli nella
palda cucina di Maddalena, si recano
in lunga e gaia fila al tempio.
E ora la vecchia è alle prese con i
quattro bimbi di pochi mesi allineati
sul letto. Dolce nidiata di bambolotti! Sono svegli tutti e quattro, ed i
loro occhi stupiti si posano sulla luce
del soffitto : uno agita le braccine,
un altro sorride e pigola piano, il terzo si succhia il pollice, il quarto afferra il lenzuolo con le manine e tira
tira per metterselo in bocca.
Il vecchio lettone sembra fiorito da
quel mazzo di bimbi, roseo e vivente; la vecchina in piedi li guarda e
ride e schiocca le dita e li chiama
« agnellini del Buon Dio ».
« Oggi è il vostro primo Natale,
agnellini, mentre per me è il settantanovesimo! ». « Dan-dan-dan... : è l’ora di fare la nanna, bambini » annunbia il savio pendolo. Il pentolone borbotta che l’acqua del tè quasi bolle,
e per quell’ora i bimbi dovranno dormire.
Allora la vecchia si mette a cantare, con una vocetta un po’ stridula,
ma ancora bene intonata, l’inno di
Natale ai piccolini, che Todono per
la prima volta in vita loro:
Notte benigna, notte tranquilla
oh, come brilla il tuo chiarori
La vecchia, cantando, pensa: il Salvatore del mondo « annichilì sè
stesso prendendo forma di servo e divenendo simile agli uomini », e fu un
fanciullino fragile, indifeso, proprio
come questi teneri agnellini. Lui,
« l’Agnello senza macchia nè difetto ».
Notte benigna, 'notte tranquilla,
tua voce canta fervida e santa...
L’inno di Natale si spande tremulo
neila cucina; la vecchia lo canta con
tutto il cuore; i bimbi si addormentano a poco a poco. Prima l’uno con
i pugnetti sul viso; poi l’altro con la
boccuccia semiaperta; indi il terzo con
il ditino in bocca; infine l’ultimo, sognando di poppare.
Allo stesso modo un giorno dormiva, con l’infinita fiducia dei neonati,
il Fanciullo divino nella mangiatoia
di Betlemme, mentre gli angeli del
cielo proclamavano la Sua gloria, e i
pastori ed i Magi lo adoravano; così
dormiva, affidando fin d’allora, la Sua
vita, sopra ogni altra preziosa, agli
uomini: ineffabile dono del Natale!
Alla vecchia, che ha trascorso già
settantanoye Natali, sembra di non
avere mai ancora compreso bene come oggi, davanti a questi piccoli dormienti, tutto l’amore infinito del Padre celeste verso gli uomini, la Sua
Grazia incommensurabile : « un Fanciullo ci è nato, un Salvatore ci è stato dato » (Isaia 9: 5).
Il Cristo è nolo e in ogni età
all'nom turbato pace darà.
Dan-dan...; il pendolo accompagna
con il suono dolce e grave il cantico
di lode della nonna, e sembra una
lieta campana natalizia.
La vecchina non ha mai passato un
più bel Natale.
4
pag. 4
L’ECO DELLE VALLI VALDESI
23 dicembre 1960 — N. 51
DALLE NOSTRE ^COMUNITÀ
BOBBIO PELLICE
Domenica 18 -corr. nel corso del nostro
culto nel Tempio è stato presentato al
Battesimo il bambino Pontet Roberto di
Stefano e Geymonat Susanna (Pidone). Il
Signore benedica sempre il bambino ed i
suoi cari.
Lunedì 19 corr. ha avuto luogo il servizio funebre della nostra sorella Negrin
Susanna vedova Davit deceduta alla età
di anni 86 alla sua abitazione in Via Sibaud. Da lungo tempo la nostra sorella
era costretta a vivere ritirata a causa della
sua cecità ed accoglieva sempre con gioia
chi le rendeva visita. Il Signore le ha dato
di addormentarsi senza sofferenze dopo
una vita molto lunga, tempo di grazia per
lei, malgrado le prove che l’hanno colpita.
Ai figli, ai familiari e parenti tutti ridiciamo la nostra fraterna simpatia cristiana
in quest’ora di lutto. e. u.
POMARETTO
— Domenica 18 dicembre ha avuto luogo il servizio funebre di Rihet Jenny nata
Borei dei Cerisieri. La .nostra sorella è
deceduta all’ospedale di Pomarelto dopo
lunga malattia. Una folla di gente ha preso parte alle esequie. Inviamo un pensiero
di viva .simpatia alla numerosa famiglia
in questa luttuosa circostanza.
— La colletta del culto di Natale andrà
a beneficio dei fratelli sinistrati di Pramollo.
Dipartenze. — Ha terminato la sua carriera terrena, sazio di anni e di esperienze, il nostro fratello Fomeronc Alessio,
dei Cardonatli, alla età di 92 anni. Da diversi mesi egli si trovava presso la figlia
Ernestina ai Barbe, dove anche è stato
infermo, ma amorevolmente assistilo. I
suoi funerali hanno avuto luogo il 7 dicembre.
Ringraziamo i Pastori Bert e Genre che
hanno presieduto le esequie.
Al Roc, dove si era stabilito con la
moglie da poco tempo, è deceduto il fratello Avondet Enrico di anni 81, inseguito a breve malattia. Era stato nel passato membro della nostra parrocchia, ma
poi si è trovato nel territorio della nuova
parrocchia di S. Secondo. I suoi funerali
sono stati tenuti dal Pastore Genre.
Rinnoviamo alle famiglie provate da
questi lutti la nostra viva simpatia cristiana.
Culto. — 11 culto di domenica scorsa 11
dicembre, in sostituzione del Pastore Girardet bloccato sulla via di Prali dalla nevicata della notte, che doveva venire per
sostituire il Pastore locale malato, è stato
tenuto dal Diacono Avondet Marco, dei
Franzoi. La Comunità e il Pastore lo ringraziano sentitamente.
Culti e manifestazioni di Natale e Capodanno. — Nella previsione che la Circolare « Sii Fedele » non possa uscire, per
la iiifermità del Pastore, diamo qui il programma dei culti del periodo di Natale e
Capodanno.
25 dicembre - ore 10: Culto di Natale,
con Santa Cena (calici individuali) e partecipazione della Corale.
26 dicembre - ore 15; Festa dell’albero
di Natale (tutti sono invitati a intervenire).
31 dicembre - ore 20,30: Recita e serata
di Fine d’Anno.
1® gennaio - ore 10: Culto di Capodanno, con Santa Cena (calice comune). Corale.
Che questi culti e queste manifestazioni
possano aiutarci a realizzare una volta ancora il grande dono di Dio per noi in
Gesù Cristo e che l’anno nuovo sia per
noi tutti un altro segno di quella benignità del Signore che non viene mai me
S. BEHMAi^O CHISQHE
La nostra parrocchia è rimasta vivamente addolorata per la spaventosa sciagura
abbattutasi sul villaggio dei Turnim (Pramollo) e che ha fatto nove vittime.
Molte famiglie della nostra comunità
sono state così tragicamente colpite dal
lutto. Esprimiamo loro la nostra profonda
simpatia cristiana.
Pensiamo in un modo particolare alle
famiglie Avondet, Long, Peyronel, Ribet
e Sappé.
Che il Signore dia loro la forza di superare la loro grande prova.
VILLASECCA
Le riunioni quartierali sono proseguite
regolarmente con la consueta buona partecipazione quasi dovunque. Dopo lo studio della Parola di Dio, in ogni quartiere,
si è cominciato lo studio dei nuovi inni
dell’Innario Cristiano con l’aiuto del magnetofono su cui alcuni membri della Corale avevano registrato i nuovi cantici.
L’interesse suscitato dai nuovi inni e la
facilità con cui sono stati imparati, sia
pure contando l’aiuto dei mezzi tecnici,
sano molto incoraggianti; si prevede di
continuare questo studio nei prossimi mesi.
AU’l/nio/ie Giovanile dei Chiotti la signorina Laura Micol, delegata delle Unioni al Congresso Ecumenico di Losanna,
ha riferito di questo incontro nel corso
della seduta del 7 u.s. La ringraziamo ancora per la sua esposizione che ha vivamente interessato. Sempre in tema di
Unione Giovanile è stato cominciato lo
studio del quaderno FUV sulla questione
meridionale.
Il 13 Dicembre le Sorelle del Quartiere
di Roccia sono state riunite dalla moglie
del Pastore nella scuoletta locale per un
incontro speciale, dato che da quel quartiere è difficile frequentare le attività della
LTnione delle Madri a causa della distanza.
Quasi tutte le sorelle hanno partecipato a
questo simpatico incontro.
Il Culto di Natale avrà luogo ai Chiotti
alle ore 10, mentre la festa dell’Albero a
Villasecca avverrà il giorno seguente, 26
Dicembre alle 14,30.
La sera del 31 vi sarà ai Chiotti il culto
di fine d’anno al quale seguirà un incontro organizzato dall’U.G.V. per tutti i
giovani che vorranno attendere il nuovo
anno in gioia fraterna.
Il culto di capod’anno avrà luogo alle
10 ai Chiotti e VUnione delle Madri di
questa zona si riunirà alle 14,30 dello stesso giorno per un pomeriggio con program:na vario.
m
— A causa del perdurare del cattivo
tempo nel corso di queste ultime settimane, una spessa coltre di neve superiore ad
un metro di altezza ha ricoperto il nostro vallone ; particolarmente abbondanti
sono «tate le nevicate delle sere del 10 e
del 14 corr. m. che danneggiarono i fih
di conduzione dell’energia elettrica e bloccarono con «lavine le strade di accesso a
Villa, per cui per ben due domeniche consecutive, l’il ed il 18 c. m., ci siamo trovati neU’impossiibilità di celebrare il culto
pubblico per mancanza di partecipanti.
— Martedì pomeriggio, 13 corr. m., è
stato celebrato il funerale di Vinay Adele
Ved. Tron di Villa che il Signore ha richiamato a sè alla veneranda età di 91
anni. La nostra sorella era la decana del
vallone di Rodoretto e della nostra comunità. A tutti i familiari membri della nostra Chiesa ed a quanti per ragione di lavoro sono emigrati a Marsiglia rinnoviamo la nostra viva simpatia, fidenti nelle
promesse del Signore che neUa^ Sua Parola ci consola di ogni nostra afflizione.
roba
viva il nostro
teatro religioso
dell’esame dei vari Jerreni, fatto in v sta
di un più razionale sifruttaimento dei medesimi. In tale occasione egli ha anche
consegnato al pastore il promesso dono del
Concistoro di Torre Felice per l’attività
maglieristiea. Siamo grati al doti. Bosio
per il suo continuo ed affettuoso interessamento per i problemi sociali delle Valli.
TORRE PELLICE
Domenica sera, alla seduta della "E. Arnaud”, dopo la nuova tappa di storia valdese illustrata dal Prof. A. Armand Hugon, che ha ricordato gli eventi dell’epoca
napoleonica, fino alla reazione (1815), i
presenti hanno goduto delle bellissime diapositive vivacemente presentate dal Dott.
E. Gardiol : a un angolo suggestivo della
Riviera di Ponente, Cervo, ha fatto riscontro un angolo piuttosto ignorato della nostra Valle, il vallone della Liussa, pittoresco e... spopolato; le vedute e l’interessante commento del presentatore sono stati
vivamente apprezzati.
Ringraziamo l’Anziano Sig. Adolfo Jouve che ha presieduto la riunione quartierale all’Inverso Bruni. Con dispiacere abbiamo invece visto diminuire la frequenza a
S. Margherita, e ci auguriamo che si tratti
di una cosa momentanea e fortuita.
Con molto piacere abbiamo visto avviarsi agli Chabriols una sezione della Scuola
domenicale, e siamo assai grati alla Sig.a
Dina Poet che se n’è volenterosamente incaricata.
Una nuova tragica scomparsa: quella di
Margherita Cougn in Agh (53 anni). Turbati, ma fiduciosi nella Parola di Dio,
esprimiamo ancora ai familiari la nostra
fraterna simpatia per l’improvvisa separazione.
Domenica, al culto di Natale, la colletta
sarà dedicata ai fratelli sinistrali della
Chiesa di Pramollo, a cui va ìl nostro pensiero fraternamente solidale.
* a a
Sabato sera, nell’Aula Magna, il "Coro
Val Pellice” ha dati* il suo primo concerto (al completo) davanti al pubblico locale, accorso numeroso, e calorosamente soddisfatto. La riuscita serata canora è stata
arricchita dalla proiezione di due filmine
molto belle. Agli organizzatori e protagonisti della serata un'grazie di cuore, nella
speranza di poterli riudire spesso.
— Domenica 18 dicembre ha avuto luogo una simpatica riunione in comune ^ delle due unioni delle madri. Ci auguriaino
che quest' contatti possano aver luogo più
spesso.
— Martedì 20 dicembre, dopo aver piu
volte ri.schiato di dover essere rinviata a
causa del maltempo, ha avuto luogo la
Festa di Natale dei Rumer. Alcuni volenterosi si erano un ti al pastore calcando
Tincerta traccia nevosa che portava alla
scuoletta. Bella serata serena e familiare,
l rumerini hanno voluto offrire una somma per aiutare tutta la comunità nell’acquislo delle stufe della sala.
— Xcn amo ad additare alla riconoscenza di tutti l’Unione delle Madri del Centro che ha voluto offrire una delle stufe
di cui sopra con gesto veramente simpatico !
— Da qualche giorno « Magna Caudina »
è ricoverata all’ospedale .n seguito ad un
leggero intervento chirurgico. L« auguriamo di poter tornare in mezzo a noi per
Natale perfettamente ristabilita e le inviamo un pensiero affettuoso a nome di
tutti.
— Il dott. Emanuele Bosio ha partecipato alla seduta della Mutua del Bestiame ed
ha informato i presenti circa i risultati
(segue dalla 2» pag.)
all’antroposofia e all’occultismo, ma una
interpretazione vocazionale, messianica, del
problema delle origini del grande condottiero; e ancora « Les naufragés du bon
coenr », commedia ottimistica in tre atti.
« Le frontiere della notte » è un lavoro
in un atto di Jacques Bron, il quale ^ reca
sulle iseene la famiglia di Simone di Cirene. Dello stesso autore, rappresentato
tempo fa a Crèt-Bérard (che è l’Agape
degli svizzeri romandi) è il lavoro « La
casa sulla roccia », di ispirazione biblica.
Ruggero Rombeau ha dato t< Les noces
de Chabris », interessante lavoro in tre alti, situato ai tempi di Giovanni Ircano, la
cui trama ha per scena la famosa strada
« che scende da Gerusalemme a Gerico ».
Di Kaj Munk, già nominato, ben noto
ai lettori di questo periodico, oltre allo
« Ordet » è da ricordare ' « Il Crogiuolo »
(da non confondersi con il dramma omonimo, e pur esso di ispirazione religiosa,
Direttore resp. : Gino Conte
Coppieri - Torre_Pell. - Tel. 9476
Sede e Amministrazione
Editrice Claudiana
Torre Pellice'). c.c.p. 2/17557
Reg.
al T.ibipiale di Pinerolo
n. 17?, 8-7-Í960___________
Tipografia Subalpina - s. p. a
Torre Pellice (Torino)
AVVISI ECONOmiOI
di Arthur Miller), breve lavoro in tre alti,
testimonianza antirazzislka di notevole impegno, sceneggialo con vivacità, secondo i
cànoni del teatro romantico.
Charles Morgan, inglese che amò vivamente l’Italia, eompose contemporaneamente il suo romanzo « The Heron » ed il
dramma « La linea Fiume », che ne è la
trasposiz'one fedele in termini ^teatrali. Il
lavoro, tradotto in italiano e già pubblicalo nella collana « La Scena e la Fede »
iN. 7), merita di esser conosciuto; non
essendo gran che difficile, può esser adottato dalle nostre filodrammatiche per le
loro programmazioni del prossimo XVII
febbraio.
E’ tempo di chiudere queste note, che
minacciano di diventar ...tediose. Se il direttore del giornale lo vorrà, potremo una
altra volta parlare di altri lavori: la materia certo non manca! Basta saperla trovare.
Berto da Omola.
DONNA TUTTOFARE, fissa od a ore,
cercasi da famiglia signorile residente
a Pinerolo. Ottimo trattamento. Richiedonsi referenze. Scrivere curia di identità N. 36.215.129 - fermo posta - Pinerolo.
Le famiglie Godine e Fornerone
ringraziano' tutti coloro che volleroprendere parte al loro dolore in occasione della dipartenza del loro padre
Fornerone Alessio
in modo particolare i Sigg. Pastori
Bert e Genre, vicini e parenti.
Prarostino 6-12-60
La famiglia Rostan profondamente commossa per le dimostrazioni di
conforto ed affetto ricevute per la dipartita del suo caro
Arturo Rostan
esprime la sua sincera gratitudine
a tutti coloro che con scritti, fiori, o
di presenza hanno partecipato al suo
grande dolore.
In particolare ringrazia il Pastore sig. Bouchard, il dottor Peyrot, il
dottor Maumiliano, l’ANPI di Porosa
Arg., l’ANPI di Inverso Pinasca, l’Associazione Combattenti e Reduci, la
AVIS di Perosa Argentina, l’Associazione Coltivatori Diretti e i vicini di
casa per la premura dimostrata nella
luttuosa circostanza
Maurini di Pinasca 7-12-1960
I parenti di
Giustina Travers
di anni 68
deceduta l’undici corrente presso il
Rifugio « Carlo Alberto » in Luserna
San Giovanni, ringra,ziano quaiiti
presero parte con cristiana solidarietà al loro cordoglio.
« Beati i puri di cuore, perchè essi vedranno Iddio ».
(Matteo 5: 8)
*f Í A ' 'S «tí’.'
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