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Anno 127 - n. 3
18 gennaio 1991
L. 1.200
Sped. abbonamento postale
Gruppo II A/70
In caso dì maDcato recapito rispedire
a : casella postale - 10066 Torre Pellico
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
LE CHIESE DI FRONTE AL PRECIPITARE DELLA CRISI NEL GOLFO
GUERRA
Le tappe di un cammino che ha portato le chiese al ripudio del conflitto armato e al rifiuto del concetto di
« guerra giusta » - Il legame tra giustizia e pace - Ora dobbiamo tradurre in pratica il principio della nonviolenza
Noi siamo contro questa
guerra. Lo siamo dal ’47, da
quando, come dice il dettato
costituzionale, « ... l’Italia ripudia la guerra... ». Lo siamo
insieme alla generazione di
quanti hanno pensato e scritto, sofferto e sacrificato la
vita perché l’Italia fosse libera, civile, democratica.
Noi siamo contro questa
guerra. Lo siamo dal ’48
quando ad Amsterdam, insieme a tutte le altre chiese che
hanno dato vita al Consiglio
ecumenico, abbiamo scritto
nel documento costitutivo
che non esiste una guerra
giusta. Lo siamo insieme a
quei fratelli e quelle sorelle
d’Europa e del mondo che, all’indomani del ’45, si sono
trovati di fronte le macerie
dei bombardamenti, le case
distrutte, gli affetti lacerati;
ammutoliti e inorriditi davanti a Hiroshima e Nagasaki; increduli e attoniti davanti ai Lager, alle bocche dei
forni crematori, alla penombra delle camere a gas, alla
vastità delle fosse comuni.
Allora, sul muro di Dachau
abbiamo scritto, con lucidità
e determinazione, a lettere
cubitali e in tutte le lingue:
« MAI PIU’ ».
Noi siamo contro questa
guerra. Lo siamo di recente,
dall’inizio degli anni ’80,
quando abbiamo trovato la
forza di percorrere le vie
d’Europa e ci siamo trovati
in tanti, in una fraternità senza confini di razza e di religione, di cultura e di età, di
nazionalità e militanza politica, in una gioia di colori e di
canti...; e siamo stati schedati.
Noi siamo contro questa
guerra. Lo siamo dopo l’incontro di Vancouver nell’83
quando le chiese, tutte insieme, hanno rifiutato l’arma
della deterrenza. Lo siamo
insieme a tutte le chiese cristiane europee che a Basilea,
nell’89 hanno abbattuto i
muri di'separazione e si sono
impegnate insieme per la
giustizia, la pace, la salvaguardia del creato.
Noi siamo contro questa
guerra. Lo siamo ancora di
più dopo essere stati a Seoul,
nel marzo del ’90, insieme,
cristiani di tutto il mondo,
con musulmani ed ebrei, rappresentanti di altre religioni,
ed abbiamo capito che il patto di Dio, che è giustizia e
pace, abbraccia tutto il creato.
Noi siamo contro questa
guerra perché lo sono le chiese degli Stati Uniti che hanno
scritto al loro presidente:
«...don’t go to war with Iraq»
( « non andare in guerra contro l’Iraq »).
Noi siamo contro questa
guerra perché in questi ultimi giorni ebrei e palestinesi
hanno marciato insieme ed
abbiamo capito che la riconciliazione è possibile e che
ogni momento è, se solo lo
vogliamo, il momento del
dialogo.
Noi siamo contro questa
guerra perché abbiamo visto
i volti dei soldati nel deserto
dell’Arabia, pieni di vita, e
non li vogliamo rivedere ridotti ad un ammasso di carne e di sangue, chiusi in una
bara, nell’immobilità della
morte. Che cosa diremo alle
loro madri, alle fidanzate e
alle spose o ai loro figli?
Non possiamo permettere
questo assassinio. Così come non possiamo permettere l’assassinio delle popolazioni irachene e kuwaitiane,
palestinesi ed israeliane e di
quante altre saranno travolte in questo conflitto.
Noi non abbiamo mai approvato la feroce politica di
Saddam: non abbiamo mai
approvato la sua invasione
del Kuwait, la presa degli
ostaggi; e non abbiamo neppure mai approvato il geno
cidio, compiuto in un vergognoso e turpe silenzio dell’Occidente, del popolo curdo; ci siamo vergognati del
fatto che l’Italia stessa abbia venduto armi all’Iraq, sostenendo così una dittatura
inqualificabile.
Ma ci rendiamo conto che
questa guerra è anche un giudizio su noi stessi; noi come
società occidentali e come
chiese cristiane. Non abbiamo capito l’urgenza dell’ora,
l’appello al ravvedimento che
suonava alla nostra porta. Ci
siamo mossi, ma non con sufficiente energia; abbiamo
parlato, ma pensavamo di
avere ancora del tempo davanti a noi per costruire rapporti di giustizia tra le nazioni, per uno sfruttamento
equo delle risorse, per il dialogo tra le culture. Ma ora il
tempo è consumato.
12 GENNAIO: MANIFESTAZIONE PACIFISTA A ROMA
Niente sangue per il petrolio
« No blood for oil »: così dice
il movimento pacifista americano
in questi giorni, così dicono quanti sfilano per le città degli USA,
compresi i veterani che hanno già
visto di persona gli orrori del
Vietnam e magari si portano dietro malattie croniche e mutilazioni.
Chissà se i commentatori dei
nostri giornali pensano ogni tanto che fra i pacifisti c’è gente che
ha pagato e paga di persona la
follia della guerra? Lo dubitiamo, giacché i commenti alla manifestazione di sabato 12 a Roma
sono del genere: « I pacifisti sono
dei velleitari che in nome della pace integrale lascerebbero fare a
Saddam qualunque cosa... non riconoscendo la necessità di rispettare il diritto internazionale »...
Già, ma quale diritto? Quello
che ha ammesso fin qui le stragi
dei curdi (certo, questi ultimi non
hanno petrolio, non richiamano
l’attenzione dei potenti...), il perdurante conflitto mediorientale,
le stragi in Libano, e via dicendo.
Si auspica un « nuovo ordine
internazionale », ma già i carri
sovietici in Lituania ci riportano
indietro di anni... Quando quest’ordine esistesse credo che nessun pacifista serio vorrebbe ne
gare la legittimità di un organismo sovranazionale che garantisca il rispetto delle regole della
pacifica convivenza, da parte di
tutti _e per il bene di tutti. Ma siarno ben lontani da questa situazione. Ne eravamo lontani anche
prima del 2 agosto, anche se eravamo in pochi a dirlo. Per questo motivo le chiese si sforzano
di dire che non c’è pace senza
giustizia, che la pace non è solo
^_®®6nza di conflitto, ma possibilità per ognuno di vivere dignitosamente in qualunque parte del
mondo. Altro che velleitarismo,
queste cose le abbiamo dette, a
suo tempo.
Secondo Aurelio Sbaffi, pastore
della chiesa metodista di via XX
settembre, dove gli evangelici si
sono ritrovati prima di cominciare a sfilare da piazza Esedra a S.
Giovanni, « la nostra presenza è
significativa perché non è occasionale, perché questi problemi sono sempre presenti nella vita delle nostre chiese ».
E per Bruno Gabrielli, della
commissione BMV « Giustizia, pace, salvaguardia del creato », è
importante che « si siano ricompattate le due anime del pacifismo: divise sull’opportunità di
mandare truppe italiane a vigi
lare sull’embargo nel Golfo, sono
unite nel dire che esse non devono essere coinvolte in azioni di
guerra ».
Certo, la dialettica tra la tendenza alla testimonianza, che è
tipica delle chiese, e la necessità
di un concreto agire politico è
sempre presente: « Ci siamo interrogati su questo — dice il pastore Daniele Bouchard, segretario della Federazione giovanile
evangelica italiana —; forse eravamo troppo radicali sette, otto
anni fa, ma adesso siamo stati
un po’ assenti, forse bisognava
scendere in piazza tre mesi fa... ».
E il professor Sergio Rostagno
aggiunge: « Una volta di più dobbiamo agire in maniera laica, appoggiando tutte le iniziative istituzionali (come quelle dell'ONU,
per quanto siano perfettibili) volte ad evitare la guerra; l’iniziativa del pontefice è un’altra cosa ».
Gli evangelici dunque erano lì,
ancora in piazza, ancora sono ricomparsi i fazzoletti viola, colore
del pentimento. Per i credenti
chiedere la pace è anche una confessione di peccato, è stato detto
a Basilea con l’autorità di una
grande assise. Quanti saranno disposti ad ascoltare questa voce?
Alberto Corsani
Ora tutto è più difficile
perché è suonata l’ora della
resistenza.
Ora le chiese devono affrontare il difficile, penoso
cammino della resistenza.
Dobbiamo adoperarci, per
quanto ci riguarda, perché
l’Italia non entri in guerra,
rifiutando fermamente i discorsi di quanti ci dicono che
è un nostro dovere derivante
dal fatto di essere una delle
nazioni più industrializzate
del mondo.
Quale sarà l’atteggiamento
delle nostre chiese? .Abbiamo
proclamato e scritto che accettavamo la prassi della nonviolenza. Ora dobbiamo tradurre in atto questa affermazione. Dobbiamo chiedere ai
nostri giovani di riflettere
sulla realtà di vita dell’agape
e sulla realtà di morte della
guerra, di lasciarsi interpellare dall'Evangelo.
Attorno a coloro che, per
obbedienza al messaggio evangelico o per altri motivi
di coscienza, decideranno di
bruciare la cartolina precetto dobbiamo stendere una
rete di solidarietà. Non
possiamo permettere che gli
interessi economici e l’ideologia della potenza distruggano e frantumino la loro umanità, trasformandoli in strumenti di morte ubbidienti ad
ordini superiori.
La situazione ci costringe
ad attuare la disubbidienza
civile: non vogliamo trasformarci in assassini, rifugstiamo dall’ideologia del nemico,
rifiutiamo di credere nella
ragione della forza e sappiamo che non la guerra ma la
giustizia crea le condizioni
della pace.
Davanti a noi sta la parola
del nostro Signore crocifisso
e risorto; quella parola carica di promessa di un mondo
nuovo e di indicazione per la
nostra azione nel presente:
« BEATI QUELLI CHE S’ADOPERANO ALLA PACE,
PERCHÉ SARANNO CHIAMATI FIGLI DI DIO » (Matteo 5: 9).
Luciano Deodato
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commenti e dibattiti
18 gennaio 1991
IDEE E PROPOSTE
Difesa popolare
nonviolenta
Una riflessione che investe numerosi
ambiti, conflitti e protezione civile
E’ dal 1979 che i nonviolenti italiani hanno lanciato l’idea della difesa popolare nonviolenta (dpn)
con un apposito convegno.
Poi, dal 1982, hanno iniziato una campagna nazionale
di disobbedienza civile (obiezione fiscale) che nel
1985, a Bologna, ha posto
con chiarezza l’obiettivo di
ottenere dallo stato il diritto alla libertà di difesa, e
cioè una prima istituzione
statale di dpn.
La campagna è forte, ha
5.000 aderenti, ha il sostegno di molte associazioni e
anche degU obiettori di coscienza ai servizio militare
(ode); inoltre ha ottenuto
il riconoscimento di principio della Corte costituzionale nel 1989 (la patria
può essere difesa anche
senza armi) e prime aperture legali (i progetti di
legge Caccia e Guerzoni
propongono una difesa
non armata); infine c’è un
fondo comune che, se non
accettato dal capo dello
stato, viene speso per avvicinare l’obiettivo.
Ma questo impulso va
avanti per chiarezza propria o per circostanze fortunose? Bisogna chiederselo, perché ali'interno della
campagna di disobbedienza civile alla mozione del
1985 è segmta quella di
Torino ’87 e Verona ’90 dove invece si sottolinea con
forza il gesto individuale
dell’obiezione fiscale, che
da solo costituirebbe una
« resistenza civile »; il futuro è legato alla vaga
« prospettiva di uscire dalla difesa armata ». Come
si vede esistono due strategie diverse, ima sui 3-5
anni, l’altra su 20 e passa anni.
Inoltre anche la rifiessione italiana sulla dpn fa
sempre riferimento ai casi
di invasione o di dittatura. Ma ormai da 10 anni
le Peace Brigades International in Guatemala e da
un anno « Time for Peace » a Gerusalemme, da
due mesi le missioni di
pace a Baghdad hanno
mostrato che la dpn dovrebbe agire soprattutto
prima degli scoppi dei conflitti. Inoltre la mafia e la
camorra hanno bisogno di
una risposta dalla dpn urgentemente, dentro la nostra azione. E a Bolzano
i nonviolenti stanno inventando una strategia di soluzione degli scontri etnici interni ai nostri confini. Allora ci sono diversi
scenari di conflitto che la
dpn deve affrontare. E di
conseguenza la dpn non
può essere un’unica istituzione sociale buona a tutto, così come pretende di
essere l’esercito armato,
che ha sempre la stessa
soluzione dei conflitti, reprimere brutalmente (o
minacciarlo). Occorre invece saper articolare sapientemente la solidarietà
popolare in forme e istituzioni di lotta specifiche
per ogni scenario di conflitto.
Tre anni fa fu lanciata
una proposta di legge popolare che raccolse decine
di migliaia di firme. Si
chiedeva un Istituto di ricerca sulla dpn e un Comune campione. Ma questi obiettivi si sono rivelati vaghi. Oggi, dopo i
grandi avvenimenti dell’89
(sia interni che all’estero).
si può ripensare daccapo
l’articolazione della dpn in
apposite istituzioni sociali.
Per una difesa popolare
l’istituzione statale più importante è quella del Comune. Ma il Comune campione non è possibile perché i comuni non possono occuparsi di politica estera (qual è la dpn nelle invasioni). Ma possono
benissimo organizzare dalla base una difesa sociale delle calamità naturali,
industriali, ecologiche, mafiose. Sarà eventualmente
responsabilità della gente
indirizzare questa rete alla difesa nonviolenta in caso di calamità bellica. Per
ora quello che occorre organizzare è la Protezione
civile, (p. c.).Per questo occorre che gli obiettori in
servizio civile entrino nella p. c. e anche dopo aver
compiuto il servizio civile siano iscritti d’ufficio
nelle liste comunali di p. c.
Inoltre occorre che una
legge stabilisca preventivamente quello che ben cinque leggi passate hanno
stabilito affrettatamente:
quando c’è una calamità,
i giovani della zona possono scegliere liberamente
tra il servizio militare e
un servizio civile di ricostruzione in zona. In questo modo la p. c. in caso
di calamità avrebbe a disposizione migliaia di giovani da impiegare in una
organizzazione efficiente,
popolare e istituzionalizzata.
Poi ci sono tutte le riconversioni istituzionali da
fare. Da due secoli il pensiero su come ci si difende collettivamente è stato
separato dalla società civile e monopolizzato dai
militari nelle Accademie.
Noi dobbiamo istituire il
nostro Istituto di ricerca
sulla dpn. Ma non per una
ricerca libresca; piuttosto
per una ricerca pedagogica di come preparare la
gente o almeno quella gente che sin da oggi vuole
una dpn, gli obiettori di
coscienza. Allora ci vuole
una Scuola nazionale per
formatori degli ode in servizio civile.
Inoltre la crisi del Golfo ci spinge a un governo
mondiale. L’ONU deve non
solo discutere ma anche
intervenire e, come già è
avvenuto (Cipro), può farlo senza armi. Allora occorre ottenere che gli ode
in s. c. possano partecipare a interventi dell’ONU
nelle tensioni internazionali. E così istituzionalizzare ì caschi blu disarmati.
Le chiese di tutto il mondo dovrebbero offrire l’appoggio principale. Il diritto internazionale dovrebbe
dare uno statuto speciale
a queste forze disarmate.
Infine, i corpi difensivi
professionali (vigili urbani, vigili del fuoco, finanzieri, stradale, ecc.) perché portano le armi? Il
discorso sarebbe lungo.
Ma intanto, perché una
persona di questi 230.000
professionisti non può avere una crisi di coscienza e rifiutare l’arma? Naturalmente dovrebbe esporsi come e più degli
altri. Dobbiamo ottenere
una legge che lasci, così
come già oggi è possibile
per i vigili del fuoco, la
libertà di scelta dell’arma.
Antonino Drago
LA LOTTA CONTRO LA LEBBRA
Un sol corpo
Poiché siccome il corpo è uno ed. ha molte
membra, e tutte le membra del corpo, benché
siano molte, formano un unico corpo, così ancora è di Cristo. Infatti noi tutti abbiam ricevuto il battesimo di un unico Spirito per formare un unico corpo, e Giudei e Greci, e schiavi e liberi; e tutti siamo stati abbeverati di un
unico Spirito. E infatti il corpo non si compone di un membro solo, ma di molte membra...
...le membra del corpo che paiono essere più
deboli, sono invece necessarie.
(I Corinzi 12: 12-14; 22)
Leggendo il Nuovo Testamento ci rendiamo
conto che nella chiesa primitiva i doni dello Spirito erano vari e tutti utili alla vita della chiesa
stessa. Ma dalla carnalità degli uomini essi venivano « classificati » in superiori e inferiori e ciò
causava delle divisioni nella chiesa. Paolo vuol
combatterle e usa l’immagine del corpo per dire
qual è la funzione della chiesa: la crescita armoniosa per glorificare il Padre e testimoniare del
suo amore per il mondo rivelatosi in Cristo Gesù.
L’immagine impiegata da Paolo era molto usata nella letteratura antica e certamente ricordiamo l’apologo di Menenio Agrippa il quale, per
convincere i plebei a interrompere lo « sciopero »
organizzato contro i patrizi, dice: « Sì, è vero che
essi sono come lo stomaco che riceve soltanto
quello che voi gli date ma se non lo riempite voi
(le braccia) non riceverete nessuna forza».
Qui Paolo fa un discorso ben diverso: il corpo
è formato da molte parti e, anche se alcune sono
più nobili ed altre meno, ognuna ha un compito
specifico da assolvere: il servizio comune. Nessuna parte può lasciarsi servire soltanto, nessuna
parte deve sentirsi inferiore (Calvino diceva:
« ... anche il minimo dei fedeli porta il suo frutto
secondo le sue capacità in modo che non ci siano
membri inutili nella chiesa »), né superiore, tutte
le parti unite formano un unico corpo ed esso
armoniosamente vive col contributo di ogni parte.
Con questa immagine Paolo esorta tutti affinché
si rendano conto che appartengono allo stesso corpo — il cui capo è Cristo — anche se ognuno ha
funzioni diverse. E probabilmente Paolo vuol far
capire che poveri e ricchi, sani e ammalati, tutti
— ognuno col proprio dono — fanno parte della
stessa comunità, dello stesso corpo e mentre la
società umana divide in classi, Dio unisce tutti in
Cristo.
E’ Dio che ha voluto (vv. 18 e 24) che nel corpo
ci fossero molte parti, con funzioni interdipendenti.
Oggi potremmo dire: in una macchina ci sono
tante parti ma anche la più piccola delle viti ha
la sua funzione, tanto importante quanto le parti
più visibili. Sì, certo nel corpo ci sono parti più
deboli e più forti, più nobili e meno nobili, ma
Dio ha provveduto a compensare questa diversità e ciò al fine di evitare delle divisioni.
Nella chiesa vi saranno dei membri « meno nobili »: i semplici, i bisognosi, gli ammalati che non
hanno nulla da dare se non la loro fedeltà a Dio
che non viene meno, anche se la loro vita è così
provata. Possiamo ignorarli, o dire: « Andate in
pace... non dando il necessario» (Ciac. 2); oppure:
« E’ un problema troppo grosso, sono i governi
che devono occuparsene! ». Come credenti non
possiamo fare così, questi fratelli fanno parte dello stesso corpo, esattamente come noi. Essi sono
parte di noi medesimi quindi, « se uno di essi soffre, noi .soffriamo con lui » (v. 26).
Provvedere ai loro bisogni non è fare l’elemosina, ma è un’azione naturale per assicurare il sano
funzionamento del corpo.
Siamo credenti in Cristo? Siamo convinti che
la morte di Cristo in croce e la sua risurrezione
qualificano l’importanza che abbiamo tutti agli occhi di Dio?
Il Signore Gesù si è interessato dei sofferenti,
dei « rigettati », e ne ha avuto compassione. E
Paolo rende chiaro che gli stessi legami che stringono il credente a Cristo lo uniscono agli altri in
un « sol corpo»; allora la sofferenza degli ammalati, il loro rigetto, la loro disperazione sono nostri. Cosa facciamo per loro?
Archimede Bertolino
Il Cenacolo
MEDITAZIONI PER OGNI GIORNO
L’abbonamento :
L. 10.000 per l’Italia e L. 12.000 per l’estero
sul ccp n. 26128009 intestato a :
LA SCOMPARSA DELLO SCRITTORE
« IL CENACOLO » - via Firenze, 38 - 00184 ROMA
Chi lo desidera può ottenerne una copia in saggio.
Friedrich Dürrenmath
Un lucido testimone della nostra società che affrontò temi "protestanti”
Il 14 dicembre 1990, poco prima di compiere 70
anni, è morto in Svizzera
il drammaturgo Friedrich
Dürrenmatt.
Figlio di pastore, iniziò la
sua carriera con due opere
ispirate a temi biblici: Es
steht geschrieben (« Sta
scritto ») nel 1947, che riprese 20 anni dopo e rielaborò completamente pubblicandolo con il titolo Die
Wiedertäufer (« Anabattisti ») e Der Blinde (« Il cieco ») nel 1948.
Queste opere non riscossero molto successo di pubblico, perché considerate
troppo polemiche, e non
sono state tradotte finora
in italiano perché in parte
riflettono situazioni storiche ed ambientali estranee
alla cultura italiana. Possono però meritare un po’ di
attenzione da parte dei lettori perché affrontano criticamente tematiche proprie della teologia protestante, cioè l’incapacità dell’uomo di conoscere Dio,
che risulta sempre «l’Altro»
in senso assoluto, e quindi
la salvezza per pura grazia,
ed infine l’incapacità umana di realizzare sulla terra
un ordine sociale basato
sulla giustizia e sull’uguaglianza a causa delle molteplici e contraddittorie sfaccettature dell’animo. In un
mondo dominato dalla legge della casualità che vanifica ogni sforzo di razionalizzazione e di controllo
delle azioni umane, possono sussistere solo degli spiriti anti-eroici, che si adattano come meglio possono
alle circostanze mutevoli
ed imprevedibili della vita.
Per illustrare l’assurdità e
crudeltà del mondo, in cui
anche le massime autorità
temporali e spirituali, impersonate nel dramma Es
steht geschrieben dal vescovo e dall’imperatore Carlo
V, rifiutano di assumere le
responsabilità di cui il potere li ha investiti, mentre
la massa degli individui,
priva di punti di riferimento sicuri, si muove ai limiti
della follia, l’autore si serve
dell’ironia e della satira.
Poiché Dürrenmatt si rifiuta di credere nell’esistenza di una logica concatenazione degli eventi, le
molteplici iniziative umane,
discordanti fra loro, generano un’impressione di incoerenza e di confusione.
Per coinvolgere il pubblico
nell’azione scenica gli attori del dramma si rivolgono
talvolta direttamente alla
platea, interrompendo il
loro monologo o dialogo
con commenti sarcastici.
Gli eccessi si susseguono a
ritmo incalzante sulla scena. Citazioni letterarie e,d
effetti scenici inattesi servono per dare ai drammi
un respiro più vasto e dialettico.
Nel migliore dei casi l’uomo può trovare un equilibrio in se stesso e l’atto
salvifico di Dio, basato unicamente sulla grazia, spetta solo a chi si abbandona
fiduciosamente a lui.
Il critico Waldmann, che
si è soffermato su un’analisi del teatro del paradosso di Dùrrenmatt, giustamente afferma che può essere definito una « commedia della fede cristiana ».
Lydia Schropp
Bibliografia
Friedrich Dürrenmatt era nato nel 1921 a Konolfingen (cantone di Berna).
La sua produzione comprende opere teatrali, radiodrammi, racconti, romanzi, saggi. Segnaliamo i
drammi: Romolo il Grande (1949); Il matrimonio
del signor Mississippi
(1952); La visita delia vecchia signora (1956); I fìsici (1962); La meteora
(1966), tutti disponibili
presso Einaudi.
Fra i romanzi: Il giudice e il suo boia (1952) e
Il sospetto, entrambi pubblicati da Feltrinelli. Più
recentemente sono usciti
Giustizia e L’incarico, per
i tipi di Garzanti. L’ultimo romanzo, di quest’anno, La valle del caos, è
uscito presso Einaudi come pure, nel 1982, la raccolta di saggi Lo scrittore ,nel tempo. Un’ampia
antologia di Racconti è stata pubblicata due anni fa
da Feltrinelli. Uno di essi.
La panne (1956), è stato
portato sullo schermo da
Ettore Scola nel film La
più bella serata della mia
vita, interpretato da Alberto Sordi. La RAI realizzò invece due sceneggiati.
Il giudice e il suo boia e II
sospetto, protagonista Paolo Stoppa.
Abbonamenti 1991
ITALIA
Ordinario annuale L. 46.000
Semestrale L. 25.000
Costo reale L. 70.000
Sostenitore annuale L. 85.000
ESTERO
Ordinario annuale L. 80.000
Ordinario (via aerea) L. 140.000
Sostenitore L. 150.000
Semestrale L. 45.000
Da versare sul c.c.p. n. 20936100 intestato a A.I.P. - via Pio
V, 15 - 10125 Torino.
■ Chiedete tre copie saggio gratis telefonando al n. 011/
655278 0 inviando un fax al n. 011/657542.
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r
18 gennaio 1991
chiese e stato
DECISIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE
DOCUMENTI
Chi non si awaie
può iasciare la scuola
La Corte ha ribadito quanto hanno sostenuto evangelici, ebrei e vari movimenti: la parola va al ministero della Pubblica Istruzione
Gli studenti che non si
avvalgono dell’ insegnamento
della religione cattolica (Ire)
e che non hanno esercitato alcuna opzione per le attività alternative non sono obbligati a
restare a scuola durante l’ora
di religione. Lo ha stabilito
— inequivocabilmente — la
Corte costituzionale con la sentenza n. 13 deiril gennaio ’91
depositata lunedì 14 gennaio.
Non ci sono più alibi. Questa
volta la Corte costituzionale è
chiarissima: « Per coloro che non
esercitino nessuna delle tre scelte
proposte sorge la questione se lo
’’stato di non obbligo” (stabilito
dalla sentenza n. 203 del 1989 della stessa Corte per quanti non si
avvalgono deirirc, n.d.r.) possa
avere tra i suoi contenuti anche
quello di non presentarsi o allontanarsi dalla scuola. (...) Alla stregua dell’attuale organizzazione
scolastica è innegabile che lo ’’stato di non obbligo” può comprendere, tra le altre possibili, anche la
scelta di allontanarsi o assentarsi
dall’edificio della scuola».
La sentenza precisa inoltre come
la Corte intende lo "stato di non
obbligo”: « Occorre richiamare il
valore finalistico dello ’’stato di
non obbligo” che è di non rendere
equivalenti e alternativi l’insegnamento della religione cattolica ed
altro impegno scolastico (le cosiddette attività alternative, lo studio
individuale, nessuna attività ma
all’interno dell’edificio scolastico,
n.d.r.) per non condizionare dall’esterno l’esercizio di una libertà
costituzionale, come quella religiosa, coinvolgente l’interiorità
della persona. (...) Va ribadito
che dinanzi alla proposta dello
Stato alla comunità dei cittadini di
fare impartire nelle proprie scuole
l’insegnamento della religione cattolica, l’alternativa è tra un sì e un
no, tra una scelta positiva e una
negativa: di avvalersene o di non
avvalersene. A questo punto la libertà di religione è garantita: il
suo esercizio si traduce sotto il
profilo considerato in quella proposta affermativa o negativa. E le
varie forme di mpegno scolastico
presentate alla libera scelta dei
non avvalentisi non hanno più alcun rapporto con la libertà di religione ».
Il ministero della Pubblica
Istruzione dovrà dunque adeguarsi. Le sue circolari, tenacemente
difese con l’aiuto della Conferenza episcopale italiana davanti al
Consiglio di stato dopo la bocciatura del TAR del Lazio, sono in contrasto con la Costituzione.
Parlando dei diritti costituzionali la Corte ha ribadito quanto tutti noi evangelici, ebrei e i movimenti per la laicità della scuola
abbiamo detto in questi ultimi anni: se l’Irc è facoltativo non ci
può essere alcun obbligo per chi
sceglie di non usufruirne. Di qui
la richiesta di collocare Pire alla
prima o all’ultima ora o in orario
aggiuntivo per permettere a chi
non si avvale di stare anche a
casa.
Ci sono ormai due pronunciamenti dell’Alta Corte in questo
senso. Il TAR del Lazio ha cassato l’imposizione delle circolari ministeriali 188 e 189/89 che proponevano l’opzione obbligatoria tra
Ire e attività alternative. Il Consiglio di stato a cui il ministro era
ricorso non potrà — dopo questa sentenza — che confermare il
giudizio di illegittimità reso dal
TAR.
Allora al ministro, se vorrà dare attuazione alla sentenza, non rimarrà altro da fare che emanare
una nuova circolare che indichi
chiaramente a presidi, direttori didattici, organismi di gestione della scuola l’esigenza di rispettare i
diritti costituzionali, collocando
Pire alla prima o all’ultima ora o
in orario aggiuntivo.
Certo — di fronte alle proteste
della Cei —■' si potranno trovare
alcuni altri escamotage, col risultato di aumentare ancora una volta il contenzioso nella scuola.
Speriamo di no. Le parole della
Corte sono inequivocabili. Le furbizie non avrebbero altro risultato
che di prolungare, una storia che
crediamo sia bene finire, una volta
per tutte. Per la serietà della scuola e la credibilità dello stato di diritto.
Giorgio Gardiol
PRIMI COMMENTI
Un diritto di libertà
Per il moderatore Giampiccoli un elemento di libertà, responsabilità e chiarezza si fa strada nei rapporti tra la chiesa e lo stato
La sentenza della Corte costituzionale è stata accolta molto
positivamente dagli evangelici.
Il pastore Franco Giampiccoli,
moderatore della Tavola valdese,
ha dichiarato:
« E’ stata vinta una battaglia di
retroguardia di non poco conto.
Di retroguardia perché mirava
semplicemente a non accettare
quel passo indietro che si voleva
compiere, costringendo comunque nella scuola chi liberamente
sceglieva di non avvalersi dell'insegnamento religioso cattolico.
Ma di non poco conto perché introduce un decisivo elemento di
libertà, responsabilità e chiarezza
nel campo dei rapporti tra chiesa
e stato: la Corte costituzionale in
sostanza chiama la Chiesa cattolica a reggersi liberamente sulle
sue gambe senza appoggiarsi alla
stampella di obblighi imposti a
chi fa scelte diverse. Per soluzioni
di avanguardia nella complessa e
intricata questione dell’insegnamento religioso cattolico ci sarà
ancora molto da lavorare e la nostra speranza è che con i cattolici sia possibile raggiungere traguardi più avanzati ». '
La Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, in un cpmunicato, riconosce « nella sentenza un concetto alto di libertà
del tutto degno dell’assetto costituzionale che il paese si è da
to, e di questo sicuramente si
rallegra. Come si rallegra del fatto che gli studenti ’’non avvalentisi” saranno d’ora in poi meglio
tutelati nei loro diritti fondamentali.
Esprime il vivo auspicio che
questi diritti vengano pienamente
rispettati anche in sede amministrativa, malgrado taluni malintesi a cui può aver dato luogo m
passato il complessivo impianto
concordatario ».
Corretta
interpretazione
La Commissione delle chiese
evangeliche per i rapporti con lo
stato sottolinea che il riconoscimento della liceità di assentarsi
dall’edificio scolastico in corrispondenza delPIrc « corrisponde
a una corretta interpretazione
della libertà costituzionale e garantisce pienamente gli allievi i
quali non si avvalgono dell’insegnamento religioso, senza per
questo ledere in alcun modo i diritti di coloro i quali invece si avvalgono di quell’insegnamento » e
fa appello « all’opinione pubblica, alle forze politiche, al P^i’l^'
mento e al governo affinché i criteri così chiaramente espressi trovino pieno riconoscimento ed im
mediata attuazione anche a livello politico e amministrativo ».
Contrarietà
Di parere opposto è invece il
cardinale Ugo Poletti, presidente
della Cei.
« Pur ^prezzando alcuni aspetti positivi — ha affermato nel1 aprire i lavori del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana — che emergono dalla sentenza, come l’affermazione
che l insegnamento della religione cattolica è compreso tra gli altri insegnamenti del piano didattico, con pari dignità culturale,
ed e collocato nell’ordinario orario delle lezioni, occorre dire apertamente che la sentenza stessa, oltre ad essere contrastante
con gli accordi e le intese sottoscritti, favorisce il disimpegno
scolastico, pregiudicando gravemente la funzione che la scuola
deve svolgere nella formazione
dei ragazzi e dei giovani, indebolisce le offerte di valori loro rivolte e rende più difficile l’essenziale opera educativa delle famiglie ».
Il testo della sentenza, ha concluso Poletti, sarà in questi giorni oggetto « di una, più approfondita valutazione » da, parte del
Consiglio permanente.
La sentenza
Pubblwhiamo qui. quale documentazione, parti della sentenza n. 13 della
Corte costituzionale. All’origine della sentenza vi è la richiesta del Pretore di
Firenze che, chiamato a giudicare il comportamento dell’amministrazione scolastica su ricorso di un genitore (Letizia Sommarli), aveva posto alla Corte la
legittimità costituzionale dell’art. 9 del nuovo Concordato. La Corte ha stabilito la piena costituzionalità dell’art. 9 del Concordato in quanto non contrasta con i diritti di libertà di religione, che possono essere anche quelli di
uscire da scuola.
1 — Il Pretore di Firenze, con ordinanza del 4 maggio 1990
(R. O. n. 477 del 1990), in riferimento agli artt. 2, 3, 19 e 97 della
Costituzione, solleva questione di legittimità costituzionale dell’art.
9, numero 2, della legge 25 marzo 1985, n. 121, e del punto 5, lettera b), numero 2, del relativo Protocollo addizionale, per duplice
discriminazione negativa derivante dalla collocazione déH’insegnamento di religione cattolica nell’ordinario orario delle lezioni ai
non avvalentisi, sia in quanto obbligati a rimanere inattivi nella
scuola durante l’insegnamento della religione cattolica, sia per la
riduzione di altra attività didattica per lo spazio temporale riservato al detto insegnamento. (...)
3 — Ferma restando la ratio di quella sentenza, nel senso che
« l’insegnamento di religione cattolica, compreso tra gli altri insegnamenti del piano didattico, con pari dignità culturale, come previsto nella normativa di fonte pattizia », non è causa di discriminazione e non contrasta — essendone anzi una manifestazione
— col principio supremo di laicità dello Stato, il thema decidendum in ordine alla questione ora sollevata si circoscrive attorno
alla portata dello « stato di non-obbligo » degli studenti che scelgono di non avvalersi dell’insegnamento di religione cattolica.
Come stabilito dalla sentenza n. 203 del 1989, « La previsione
come obbligatoria di altra materia per i non avvalentisi sarebbe
patente discriminazione a loro danno, perché proposta in luogo
dell’insegnamento di religione cattolica, quasi corresse tra Luna
e l’altro lo schema logico dell’obbligazione alternativa [...]. Per
quanti decidano di non avvalersene l’alternativa è uno stato di
non-obbligo ».
Per corrispondere al non-obbligo, l’Amministrazione ha predisposto, con circolari n. 188 del 25 maggio 1989 e n. 189 del 29 maggio 1989, moduli sia per la scelta di avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento di religione cattolica sia per la scelta ulteriore, da
parte dei non avvalentisi, di: a) attività didattiche e formative;
b) attività di studio e/o di ricerca individuali con assistenza di
personale docente; c) nessuna attività, che l’Amministrazione interpreta come libera attività di studio e/o ricerca senza assistenza di
personale docente.
E’ evidente che tale modulazione di scelta nell’intento delFAmministrazione aveva per fine la realizzazione di un contenuto
liberamente voluto così da non contraddire ma anzi fedelmente
tradurre lo « stato di non-obbligo ».
Per coloro tuttavia che non esercitino nessuna delle tre scelte
proposte sorge questione se lo « stato di non-obbligo » possa avere tra i suoi contenuti anche quello di non presentarsi o allontanarsi dalla scuola.
4 — Occorre qui richiamare il valore finalistico dello « stato
di non-obbligo », che è di non rendere equivalenti e alternativi
l’insegnamento di religione cattolica ed altro impegno scolastico,
per non condizionare dall’esterno della coscienza individuale l’esercizio di una libertà costituzionale, come quella religiosa, coinvolgente Tinteriorità della persona.
Non è pertanto da vedere nel minore impegno o addirittura
nel disimpegno scolastico dei non avvalentisi una causa di disincentivo per le future scelte degli avvalentisi, dato che le famiglie
e gli studenti che scelgono l’insegnamento di religione cattolica
hanno motivazioni di tale serietà da non essere scalfite dalrofferta
di opzioni diverse. Va anzi ribadito che dinanzi alla proposta dello
Stato alla comunità dei cittadini di fare impartire nelle proprie
scuole l’insegnamento di religione cattolica, l’alternativa è tra un
sì e un no, tra una scelta positiva ed una negativa: di avvalersene
o di non avvalersene. A questo punto la libertà di religione è garantita: il suo esercizio si traduce, sotto il profilo considerato, in
quella risposta affermativa o negativa. E le varie forme di impegno scolastico presentate alla libera scelta dei non avvalentisi non
hanno più alcun rapporto con la libertà di religione.
Lo « stato di non-obbligo » vale dunque a separare il momento
dell’interrogazione di coscienza sulla scelta di libertà di religione
o dalla religione, da quello delle libere richieste individuali alla
organizzazione scolastica.
5 — Alla stregua dell’attuale organizzazione scolastica è innegabile che lo « stato di non-obbligo >> può comprendere, tra le altre possibili, anche la scelta di allontanarsi o assentarsi dall’edificio della scuola.
Quanto alla collocazione dell’insegnamento nell’ordinario orario delle lezioni, nessuna violazione dell’art. 2 della Costituzione è
ravvisabile. Questa Corte ha già sottolineato nella sentenza n.
203 del 1989 che « l’insegnamento della religione cattolica sarà impartito, dice l’art. 9 (scil. della legge 25 marzo 1985, n. 121) "nel
quadro delle finalità della scuola”, vale a dire con modalità compatibili con le altre discipline scolastiche ».
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata nei sensi di cui in motivazione la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, numero 2, della legge
25 marzo 1985, n. 121 (Ratifica ed esecuzione dell’accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta
modificazioni al Concordato lateranense dell’ll febbraio 1929, tra
la Repubblica italiana e la Santa Sede), e del punto 5, lettera b),
numero 2, del relativo Protocollo addizionale, sollevata, in relazione agli artt. 2, 3, 19 e 97 della Costituzione, dal Pretore di Firenze
con l’ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale. Palazzo della Consulta, TU gen. 1991.
Giovanni Conso, Presidente
Francesco Paolo Casavola, Redattore
Doro Minelli, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 14 gen. 1991
Il Direttore della Cancelleria
(Dott. D. Minelli)
4
4 vita delle chiese
18 gennaio 1991
ORSARA DI PUGLIA
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Il futuro del nostro Sud Serata musicale
Le vicende appassionanti di una comunità vivace - Occorre che anche
nel Sud vengano approntati ampi piani di sviluppo - Nuove speranze
La storia delle nostre comunità continua a suscitare interesse.
Dopo Forano Sabino, oggetto delle ricerche di Francesco Pitocco
e di Cesare Milaneschi, ecco Orsara di Puglia, alla quale da un
po’ di tempo sta dedicando la
sua attenzione un suo figlio, Arturo Cerinola.
Nel 1987 usciva in questa città un volumetto di appena 44
pagine (più un inserto di fotografìe), La Chiesa valdese di Orsara di Puglia^ in cui in verità
la storia delle vicende di. questa
comunità occupa uno spazio piuttosto modesto (solo 5 pagine),
un capitolo riproducente un articolo apparso in questo giornale nel n. del 14.5.’76 col titolo
Origine e crisi della comunità
valdese di Orsara di Puglia.
Le altre parti del volumetto
contengono note e riflessioni su
un tema più generale, quello della situazione socio-economica del
sub-Appennino visto come « area depressa »; un argomento as
PIEMONTE
Per l'unità
dei cristiani
La « Settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani» (18-25
gennaio) prevede a Torino una
serie di appuntamenti e relazioni.
Ecco il calendario, i relatori e gli
argomenti che saranno trattati.
Venerdì 18, h. 20,30, Duomo, padre Costa: « Lodate Iddio, nazioni tutte... (Salmo 117) poiché ci
ha chiamati ». La preghiera cattolica.
Sabato 19, h. 20,30, Cappella ortodossa (v. Cottolengo 26), padre
Vasilescu: « Lodate il Signore, nazioni tutte... poiché ci ha creati e
ci mantiene in vita ». La preghiera ortodossa.
Domenica 20, h. 18,00, Duomo,
arcivescovo Saldarini: « Lodate il
Signore, nazioni tutte... perché ci
ha accolti in Gesù Cristo ».
Lunedi 21, h. 18,15, chiesa del
Cottolengo, past. Taccia: « Lodate il Signore, nazioni tutte... perché egli è verità e misericordia y>.
Martedì 22, h. 18,15, chiesa della
Consolata: « Lodate il Signore,
nazioni tutte... poiché ama la
giustizia ».
Mercoledì 23, h. 18,15, chiesa di
Maria Ausiliatrice, padre Vasilescu: « Lodate il Signore, nazioni
tutte... e che tutti i popoli lo acclamino ».
Giovedì 24, h. 18,15, chiesa di S.
Rita, past. Paschetto: « Lodate il
Signore, nazioni tutte... poiché
egli è la nostra speranza ».
Venerdì 25. h. 20,30, Tempio valdese (c.so Vittorio 23), past. Deodato: « Lodate il Signore, voi popoli tutti... poiché è cosa buona
lodarlo ». La preghiera evangelica.
Nel Pinerolese sono previsti
momenti di preghiera così articolati:
Mercoledì 23 gennaio, ore 20,45,
a Pinerolo presso la Chiesa valdese, via dei Mille 1 : «Il ministero della Chiesa e i ministeri nelle
chiese. Testimonianze a confronto ».
Giovedì 24 gennaio, ore 20,45, a
Torre Pellice presso la Foresteria valdese, via Amaud 26: « Diaconato e ministero di tutti i credenti: esperienze e problemi ».
Venerdì 25 gennaio, ore 20,30, a
Perosa Argentina, presso la chiesa dell’Oratorio (ex salesiani):
« Diversi doni, uno solo lo Spirito ».
sillante per il Cericola, che vedo
ripreso- e sviluppato nel volume
Aree marginali e sviluppo capitalistico: quale futuro? (Bari, Laicata, 1990, pp. 152), che viene presentato- nella collana « Mezzogiorno e cultura moderna » come un tentativo di cogliere le
ragioni del perdurante sottosviluppo di molte aree dell’Italia
meridionale. Sul retro della copertina si sottolinea, deli-autore, « la riproposizione-riscopertariappropriazione di alcuni valori
propri della Riforma protestante
(etica del lavoro vocazronalmente inteso, etica della responsabilità, ecc.) e della cultura di tipo
anglosassone (sapere tecnicoscientifico, analisi puntuale della
realtà, ecc.), come patrimonio comune e diffuso delle popolazioni meridionali, che le mettano
in condizione di venire a capo
dei molteplici e complessi problemi che le travagliano... ». Ecco un giudizio che ci farà sicuramente meditare, ed è in questa
prospettiva che l'autore inserisce
le sue ricerche sulla nostra Chiesa valdese di Orsara, oggetto di
un altro scritto del Cericola, tuttora inedito; Il vento va. poi ritorna (Breve storia della comunità valdese di Orsara, dalle origini al I960), 83 pagine dattiloscritte, più 2 appendici di documenti, tra i quali alcuni scritti
di Antonio Curcio, il noto falegname-evangelizzatore.
Gom’è noto, la comunità di Orsara nasce nei primi mesi del
1900 per opera del colportore Cornei, che s’incontra ad Orsara
stessa con 2 orsaresi appena tornati dagli USA (Donato Cericola e Donato Pagano) che si era-‘
no convertiti al Vangelo il primo a Youngstown nell’Ohio ed il
secondo a Pittsburgh in Pennsylvania, e crea con loro il primo
nucleo della futura chiesa. Nata
tra mille difficoltà, soprattutto
per l’opposizione del clero locale, vi progredisce, forse proprio
perché perseguitata. Ebbe il privilegio di essere guidata da uomini veramente consacrati alla
causa (tra gli altri i pastori ’Teofilo Gay, Carlo Lupo, Elio Eynard,
Gustavo Bertin, Giuseppe Castiglione, Alberto Ribet, Enrico Pascal, Gustavo Bouchard, Cipriano 'Tourn, ecc., senza dimenticare gli evangelisti Virgilio Clerico, Pasquale Lo Re, Attilio Del
Priore, ecc.). I membri della comunità erano presenti ovunque,
anche neH’amministrazione comunale (si ricorda ancora il sindaco avv. Pasquale Pietrantonio); vi fu un notevole incremento di aderenti (dai 43 nel 1900
agli 80 nel 1926) ma dal 1955 ebbe inizio il declino. Cericola lo
La chiesa di Orsara di Puglia
attribuisce ad almeno 3 cause:
l’emigrazione, un tipo di predicazione (anche di struttura ecclesiastica) inadeguata alle mutate condizioni sociali dell’ambiente, infine « la convinzione da
parte di molti giovani valdesi
che Cristo non ha più niente da
dire all’uomo contemporaneo e
che, pertanto, non vale la pena
perdere tempo in parrocchia, ma
è preferibile impegnarsi solo sul
piano politico... ».
Questi rilievi critici fanno il
paio con quanto rilevato poco
più in là (rispettivamente pp.
40 e 140) sulla « atemporalità »
di molte delle relazioni annuali
presentate al Sinodo e sul « disinteresse » di parte delle nostre « gerarchie » ecclesiastiche,
a tal punto che quella comunità così florida è « in via d’estinzione », anzi rischia addirittura
di morire e scomparire! E' un
vero grido d’allarme, già lanciato nel 1976, ripetuto nel 1987,
ora ripreso nel 1990. Di fatto,
nell’ultimo scritto inedito, presentando gli scritti di Antonio
Curcio, Cericola fa praticamente
sue le critiche lanciate a suo
tempo da questo falegname —
plasticamente presentato come
« rompiscatole » e « piantagrane » — circa la continua rotazione dei pastori e sulla miopia della Tavola, che non avrebbe saputo riconoscere la centralità e
l’importanza del campo di evangelizzazione nel Sud, non investendovi « più energie, più uomini, più iniziative, specie in
campo sociale » (scritto del 1990,
Appendice II). La situazione è
ora mutata in meglio? « Pare
di sì — annota Cericola — grazie soprattutto agli ultimi due
moderatori ».
Giovanni Gönnet
PRIMO CIRCUITO
Apporti alla predicazione
Le chiese della vai Pellice, al di
là dei pastori, non sono particolarmente ricche di persone disposte a collaborare nella vita spirituale, coprendo turni di predicazione; gli stessi predicatori locali
sono al momento soltanto due.
Ecco allora che il consiglio del
primo circuito, in collaborazione
con il Centro culturale valdese ed
in particolare il pastore Giorgio
Tourn. ha deciso di promuovere
un incontro finalizzato a dare una
prima, elementare formazione a
quei membri di chiesa che intendano dare appunto il proprio
contributo nella predicazione:
l’appuntamento è fissato per sabato 19 gennaio, alle ore 20,30,
presso i locali del Centro culturale a Torre Pellice.
« L’incontro — precisa il sovrintendente del circuito. Franco
Taglierò non dovrebbe avere
carattere episodico, ma, tenuto
conto delle disponibilità’dei partecipanti, dovrebbe portare col
tempo a un inserimento, di quando in quando, nei turni di predicazione nelle chiese della valle ».
Questi incontri sono aperti solo a quelle persone che già oggi
collaborano saltuariamente alla
predicazione?
« Assolutamente no -— aggiunge Taglierò —; l’invito è rivolto
anche a persone desiderose di
iniziare questo tipo di impegno
nella chiesa, pur senza che questo rappresenti un vero e proprio
inserimento nei quadri dei predicatori locali ».
POMARETTO — In dicembre
abbiamo trascorso una piacevole serata in compagnia del gruppo flauti della vai Pellice, che
ha eseguito un buon numero di
brani del ’500 e del ’600 alternandosi con Walter Gatti all’organo e alle tastiere, e a Elena Martin che ha interpretato
alcuni brani vocali. A tutti loro va il nostro caloroso grazie
per l’impegno profuso. La colletta della serata è stata devoluta a sostegno del campo di
lavoro in Madagascar dell’agosto ’91, organizzato dal gruppo
giovani delle comunità di Porriaretto e Perrero.
• Sempre all’inizio di dicembre una dozzina di giovani della vai Germanasca ha fatto visita alla comunità evangelica di
lingua francofona di Roma. La
pioggia caduta in quei giorni
non ha impedito al gruppo di
visitare qualche interessante angolo di Roma e di partecipare
al culto in francese con questi
nostri fratelli e sorelle provenienti dall'Africa.
Un grazie di cuore a tutta la
comunità per l’ospitalità e l’accoglienza riservataci.
• Domenica 13 gennaio un
gruppo di catecumeni di 4° anno ha trascorso un’intera giornata all’Uliveto di Luserna San
Giovanni. E’ questo un appuntamento che ogni anno coinvolge ed interessa molto i giovani,
che non sono abituati a confrontarsi ed a vivere con la realtà
dell’handicap grave. Il nostro
ringraziamento va agli operatori dell’Uliveto per la grande disponibilità ed agli ospiti per l’allegria che sanno comunicare.
Rallegramenti
PRAMOLLO — Il 27 dicembre
è nata Ramona, di Lucia Zampirolo e Adriano Menusan. Ci
rallegriamo molto per questo evento e chiediamo al Signore di
benedire questa bimba ed i suoi
genitori e di guidarli sempre con
il suo Spirito.
• Il 4 dicembre abbiamo accompagnato alla sua ultima dimora terrena la sorella Elvira
Sappé ved. Jahier (Ruata), deceduta dopo una lunga sofferenza. A tutti i familiari, e in
particolare alla figlia, esprimiamo la solidarietà cristiana della comunità nella certezza che
Dio è con loro, sempre.
Natale
SAN GERMANO — Le celebrazioni natalizie hanno coinvolto tutte le attività della nostra chiesa. Particolarmente importante è stato il culto di domenica 23 dicembre, quando i
ragazzi della Scuola domenicale
hanno proposto alla comunità
le loro riflessioni sul servizio
cristiano.
• Il culto del 30 dicembre
è stato presieduto dallo studente in teologia Eric Noffke, che
ringraziamo.
• Il giorno di Capodanno è
deceduta Adele Bounous ved.
Rostan. Il messaggio della speranza cristiana è stato annunciato dal past. G. Plescan di
Prali, dove la nostra sorella risiedeva prima di trasferirsi all’Asilo.
• Domenica 20 gennaio si terrà l’assemblea di chiesa per approvare il bilancio preventivo
’91 e per discutere il futuro delle scuole di quartiere.
Albertina Roccione
PINEROLO — « Dio è amore ». Ricordando questo versetto ci ha lasciato, dopo grandi
sofferenze sopportate con coraggio, la nostra sorella Albertina
Roccione. Essa ci lascia una viva testimonianza di visitatrice
all’ospedale Cottolengo dove ha
esercitato questo suo ministero
annunciando la speranza e la
consolazione cristiana a molti
ammalati. Albertina era membro attivo dell’Unione femmi
nile dove si è impegnata fin
quando le forze glielo hanno
consentito.
Alla famiglia e alla figlia Paola, già provata dalla perdita del
padre solo 4 mesi fa-, va la solidarietà cristiana e la simpatia
di tutta la chiesa.
® Proseguono regolarmente gli
incontri del gruppo di coppie
interconfessionali che, per parte valdese, provengono da Pinerolo e dalle valli, da Torino
e Milano.
Dopo che nell’ottobre scorso
erano stati i figli a raccontare
le esperienze vissute in queste
famiglie, nella riunione di domenica 13 gennaio il pastore
Bruno Rostagno ha fatto il punto sull’educazione alla fede nell’ambito delle famiglie stesse.
Il prossimo appuntamento (10
marzo) sarà dedicato a un primo esame delle « questioni di
fede » ritenute importanti e « se-’
paranti » tra le confessioni. Si
inizierà a cercare nuove forme
di comunicazione con i figli nella famiglia interconfessionale.
Solidarietà
RORA’ — E’ mancato improvvisamente alla tenera età di 2
mesi il piccolo Tomas di Sergio
e Susanna Tourn. Alla famiglia
la simpatia e la solidarietà di
tutta la chiesa.
Studi biblici
PRAROSTINO — Il secondo
ciclo di studi biblici sul libro
degli Atti degli apostoli avrà inizio lunedì 28 gennaio e non il
21, come già annunciato. Si tratterà di otto incontri, sempre
presso il presbiterio, alle ore
20.30 del lunedì.
• La comunità ha espresso la
sua solidarietà alle famiglie di
Paolo Cesare Fornerone e di
Ines Forneron in Gardiol, deceduti nelle scorse settimane.
Giovedì 17 gennaio
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
TORRE PELLICE — Alle ore 20.45,
presso la sala della vecchia biblioteca
(Casa valdese) si tiene un incontro
sul tema « Etica cristiana e questione della pace », con interventi a cura
dei gruppo « Beati i costruttori di pace ». Tutti sono invitati a partecipare.
______Sabato 19 gennaio_____
□ SERATA SULLA
ROMANIA
TORRE PELLICE — Alle ore 20.30,
presso la Casa unionista, organizzato
da Radio Beckwith e dall'Esercito della Salvezza, si svolge un incontro di
informazione sulla situazione nelle zone della Romania a cui sono destinati
gli aiuti raccolti nel pinerolese in questi mesi, con proiezione di diapositive e un video da parte di fratelli
delle chiese svizzere che coordinano
gli aiuti.
Sabato 19 e domenica 20 genn.
□ INCONTRO GIOVANI
1° DISTRETTO
LUSERNA SAN GIOVANNI — A partire dalle 16 di sabato, presso la sala
Albarin, la EGEI valli organizza un incontro sul tema: « L'immigrazione extracomunitaria in Italia ». L'introduzione
del tema è affidata a Franco Barbero
della C.d.B. di Pinerolo: Paolo Gay illustrerà scopi e applicazione della legge Martelli.
Domenica 20 gennaio
□ ASSEMBLEA
DEL PRIMO CIRCUITO
TORRE PELLICE — Alle ore 15, presso la Casa unionista, si terrà l'Assemblea del I Circuito. L'o.d.g. prevede una informazione sugli istituti per
minori; video sulla Comunità alloggio
di Torre Pellice.
5
r
18 gennaio 1991
fede e cultura 5
27 GENNAIO: GIORNATA MONDIALE DELLA LOTTA CONTRO LA LEBBRA
L’impegno evangelico contro la lebbra
L attività della Missione evangelica contro la lebbra vive momenti incoraggianti con il progredire di una nuova « coscienza » della malattia: le strategie di prevenzione e la sensibilizzazione (sempre necessaria) dei vari governi
Come è consuetudine da molti
anni, una domenica di gennaio è
dedicata alla riflessione sul lavoro della Missione evangelica contro la lebbra, organismo che opera ormai in molti paesi del mondo.
Le nostre chiese sono dunque
da tempo attente e sensibili nei
confronti della sofferenza fisica
ma anche sociale vissuta quotidianamente dalle persone che ne
vengono colpite.
11 Comitato italiano della Missione, il cui segretario è il pastore Bertolino (S. Secondo di Pinerolo), cura da parecchi anni anche una « lettera circolare » rivolta ad amici e sostenitori, dalle
cui pagine è possibile avere un
costante aggiornamento sulle iniziative che via via vengono prese
in varie parti del mondo per pro
gredire nella lotta contro la malattia.
Ed una notizia che recentemente è parsa non solo come una novità ’’operativa”, ma anche come un grande segnale di speranza è stata quella della firma di
una convenzione tra il ministero
della Sanità della Repubblica popolare cinese e la Missione evangelica, convenzione che ha come
scopo un progetto di cooperazione per le regioni del centro e del
sud-ovest dello stato cinese. Si
tratterà anche qui, come da molte altre parti, di una duplice azione, di prevenzione e di cura. E
anche qui, come dappertutto, l’intervento che si ritiene da privilegiare e da promuovere a tutti i
livelli è quello preventivo.
Sono previsti, oltre all’assistenza, anche corsi di aggiornamento
Un ambulatorio all’aperto per la cura degli ammalati.
e di formazione per lo staff cinese.
Forse sta cambiando qualcosa,
ed è qualcosa di molto importante, nell’atteggiamento dei malati
stessi di fronte alla malattia e
anche in quello dei governi: c'è
una maggiore attenzione, ima
maggiore disponibilità a farsi curare spontaneamente prima che
la lebbra provochi grossi danni.
In questo modo il lavoro dei medici si alleggerisce ed essi possono dedicarsi anche a un numero
maggiore di soggetti.
Notizie sconcertanti, nel corso
dell’anno, sono invece venute dalla ‘Romania. Il vecchio regime ha
infatti a lungo sostenuto di non
aver avuto ammalati sul proprio
territorio. E’ invece risultato che
in 45 anni gli ammalati ci sono
stati, ma « marginalizzati », anzi
decisamente ghettizzati in un villaggio isolato presso il delta del
Danubio.
Gli ammalati, « rinchiusi » a
Tichilesti, sono dei credenti, e con
loro viveva dal 1936 un pastore,
anch'egli ammalato. Ora il Quadro del loro stato è cambiato, e
anche la loro testimonianza può
avvenire alla luce del sole. __
Dal centro di Miraj, nella regione indiana del Maharashtra, è
partito il progetto di costruire un
vero e proprio villaggio, che dovrebbe comprendere ben 110 case
in muratura destinate ad ex ammalati di lebbra. Questo perché
un antico sospetto fa sì che essi
vengano tuttora — nonostante la
guarigione — respinti dalla società. Essi sono dunque senza casa, senza lavoro, e i loro figli, anche se sani, vengono spesso respinti dalla scuola pubblica.
Perciò, nel tentativo di rendere
il più possibile indipendenti e autonomi questi fratelli, si cerca di
dar loro un lavoro, che sarebbe
agricolo. A questo scopo si pensa
di poter offrire loro la casa e il
bestiame (bufali e galline, per le
quali sono ovviamente necessarie
anche le stie).
Attorno a questo progetto si è
creato un gruppo operativo di
servizio di una ventina di persone provenienti dalla California.
Il progetto tuttavia è oneroso,
il suo costo è stato calcolato e richiede 60.000 rupie per una piccola casa, 6.000 per un bufalo e
10.000 per le galline e le stie (al
cambio una rupia equivale a circa 70 lire).
Il dott. Samson, direttore del
centro di Mira], rivolge quindi
un appello a quanti sono sensibili al problema, perché si possa
raggiungere questo obiettivo.
A. C.
SCHEDA
Qualche cifra...
L’Organizzazione mondiale della sanità stima che gli ammalati di lebbra siano nel mondo
circa 11 milioni, dei quali solo
4.300.000 (pari al 39%) ricevono
cure.
860.000 malati sono curati da
organizzazioni non governative e
tra queste c’è anche la nostra
Missione (TLMI), che ne ha in
cura 400.000.
Gli ammalati di lebbra in Europa sono stimati in 30.000. In
Italia sono presenti alcune centinaia di casi, in cui la malattia è stata contratta all’estero.
Non sempre, tuttavia, le cifre
delle statistiche sono da ritenersi valide. Alcuni paesi non forniscono dati attendibili, oppure
« minimizzano » le cifre (come
capita in Cina e in Romania).
Inoltre molti ammalati, per
paura di venire respinti dalla
società, non si presentano nei
luoghi di cura; altri ritengono
la malattia come una « maledizione degli dei », che bisogna
sopportare, e per questo non si
sottopongono alla cura.
Oggi curare un ammalato costa 50.000 lire. Sr la malattia è
curata dall’inizio, il costo della
terapia può essere molto contenuto. Per chi ha bisogno invece di interventi e di lunghe degenze il costo può salire a vari
milioni di lire, con variazioni di
costi da un paese all’altro.
Per chi voglia fare delle offerte alla Missione le possibilità
sono tre: 1) conto presso la
Cassa di Risparmio di Torino,
agenzia di S. Secondo di Pinerolo (To), n. 1643487/16; 2) conto presso l’Istituto S. Paolo di
Torino, agenzia di Pinerolo (To),
n. 18725. (In questi casi un «bonifico» non comporta spese); 3)
conto corr. postale n. 28262103
(tassa di L. 700). Tutti i conti
sono intestati alla MECLL.
UNA PROPOSTA DAL SINODO
Per la meditazione quotidiana e la predicazione domenicale
Il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste, nel
corso della sua sessione dell’agosto ’90, aveva chiesto
alla Tavola valdese di predisporre del materiale liturgico, affinché le chiese proseguissero la riflessione iniziata a Seoul (marzo ’90).
La Commissione BMV « giustizia, pace e salvaguardia del creato » riunitasi a Mottola (Ta) il 3-4
dicembre ’90, ha ritenuto di ottemperare al mandato sinodale, proponendo alle chiese una serie di
testi collegati alle 10 Affermazioni del documento
finale di Seoul (pubblicato sul n. 19.’90 del nostro
giornale). Le 10 Affermazioni riprendono, sviluppandole, le tematiche del Messaggio alle chiese, che
l’Assemblea approvò con voto unanime, ed anticipano i quattro solenni impegni assunti in ordine
alla giustizia, la pace, la salvaguardia del creato, la
lotta contro il razzismo. Esse dunque rappresentano il cuore dell’intero documento.
I testi qui proposti sono tratti in parte direttamente dalle sìngole Affermazioni, e in parte indirettamente.
Seguendo il metodo del lezionario che la Commissione per la liturgia propose alcuni anni fa in
sperimentazione alle chiese (e che è in fase di revisione), per ogni domenica vengono proposte tre
letture cercando di seguire, ove possibile, lo schema: Antico 'Testamento, Evangelo, Epistola. Ovviamente non si tratta di uno schema rigido, ma di
un aiuto offerto al predicatore, in base al principio
che la Scrittura va interpretata con la Scrittura stessa: « Scriptura suis ipsius interpres! ». Si suggerisce, pertanto, di ricercare il punto di intersezione
dei tre testi, anche se poi, concretamente, può av
venire che la predica sviluppi in modo ampio solo
uno dei testi proposti.
Forse è superfluo dire che, sia nella preparazione e sia nella esposizione deUa predica (o in altro
momento del culto domenicale), andrebbe fatta una
menzione esplicita della « Affermazione » alla quale
i testi biblici si riferiscono.
Infine, poiché in alcune chiese singoli credenti
hanno l’abitudine di una lettura biblica quotidiana,
i testi domenicali sono preceduti da un percorso
biblico. Si intende così favorire la meditazione personale e collegarla a quella comunitaria, dove il
culto domenicale diventa un momento unitario forte
della diaspora settimanale.
La Commissione pace, giustizia,
•salvaguardia del creato
Dal 21 al 27 gennaio
AFFERMAZIONE I: Rendere
conto a Dio dell’esercizio del
potere
lunedì I Samuele 8
martedì I Samuele 9
mercoledì I Samuele 10
giovedì I Samuele 11
venerdì I Samuele 12
sabato I Samuele 13
domenica Salmo 33;
Marco 10: 32-45;
I Pietro 2: 11-17
Dal 28 gennaio al 3 febbraio
AFFERMAZIONE II: La scelta di Dio a favore dei poveri
lunedi
martedì
mercoledì
giovedì
venerdì
sabato
domenica
I Samuele 14
I Samuele 15
I Samuele 16
I Samuele 17
I Samuele 18
I Samuele 19
Giovanni 10; 10;
Luca 4: 16-21;
Matted 25: 31-46
Dal 4 al 10 febbraio
AFFERMAZIONE III: Pari
dignità di tutte le razze e di
tutti i popoli
lunedì Luca 4: 31-37
martedì Luca 4: 38-44
mercoledì Luca 5: 1-11
giovedì Luca 5: 12-16
venerdì Luca 5: 17-26
sabato Luca 5: 27-32
domenica Salmo 96;
Genesi 10;
Efesini 2: 14-16
Daini al 17 febbraio
AFFERMAZIONE IV: L’uomo
e la donna sono stati creati
a immagine di Dio
lunedì Genesi 3
martedì Genesi 4
mercoledì I Giovanni 1: 5-10
giovedì I Giovanni 2: 1-8
venerdì I Giovanni 2: 9-17
sabato I Giovanni 2: 18-29
domenica Genesi 1: 27;
Il Corinzi 5; 17;
Galati 3; 26-29
Dal 18 al 24 febbraio
AFFERMAZIONE V: La verità, fondamento di una comunità di liberi
lunedì Apocalisse 12: 1-18
martedì Apocalisse 13: 1-10
mercoledì Apocalisse 13: 11-18
giovedì Apocalisse 14: 1-5
venerdì Apocalisse 14: 6-13
sabato Apocalisse 14: 14-20
domenica Zaccaria 8: 16;
Giovanni 18: 37-38;
Efesini 4: 22-25
Dai 25 febbraio al 3 marzo
AFFERMAZIONE VI: La pace di Gesù Cristo
lunedì
martedì
mercoledì
giovedì
venerdì
sabato
domenica
Michea 4: 1-5
Michea 4: 6-10
Michea 5: 1-14
I Giovanni 3: 1-6
I Giovanni 3: 7-12
I Giovanni 3: 14-24
Isaia 2; 2-5;
Deuter. 24; 14-22;
Matteo 5: 9, 43-48
Dal 4 al 10 marzo
AFFERMAZIONE VII: Il
creato è amato da Dio
lunedì Salmo 8
martedì Salmo 19
mercoledì Salmo 23
giovedì Salmo 29
venerdì Salmo 72
sabato Osea 2: 16-23
domenica Salmo 104;
Genesi 1; 1-2; 3;
Romani 8; 19-23
DalTlI al 17 marzo
AFFERMAZIONE Vili: La
terra appartiene al Signore
lunedì
martedì
mercoledì
giovedì
venerdì
sabato
domenica
Deuter. 11: 1-9
Deuter. 11: 10-17
Deuter. 15: 1-8 ■
Deuter. 15: 9-15
Deuter. 24: 17-22
Deuter. 26: 1-15
Salmo 96; 11-12;
Matteo 5: 5;
Apocalisse 22; 1-5
Dal 18 al 24 marzo
AFFERMAZIONE IX: Dignità
ed impegno delle nuove generazioni
lunedì I Samuele 1: 1-28
martedì I Samuele 2: 1-11
mercoledì I Samuele 3: 1-21
giovedì Geremia 1: 1-10
venerdì Salmo 112; 1-10
sabato Salmo 119: 9-16
domenica Luca 18; 15-17;
I Timoteo 4: 6-16;
Gioele 3: 1-3
Dal 25 al 31 marzo
AFFERMAZIONE X: I diritti umani sono un dono di Dio
lunedì Amos 2: 6-15
martedì Amos 6: 1-7
mercoledì Amos 8: 1-10
giovedì Amos 8: 11-14
venerdì Amos 5: 6-15
sabato Amos 9: 11-15
domenica Esodo 3; 6-14;
I Giovanni 3: 2, 9-13;
Romani 6: 11-14.
6
6 prospettive bibliche
18 gennaio 1991
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
IL SEGNO DI GIONA
Altri, per metterlo alla prova, chiedevano da lui [Gestii un segno dal
cielo. (...)
La gente si affollava intorno a lui,
ed egli prese a dire: « Questa generazione è una generazione malvagia;
chiede un segno ma nessun segno le
sarà dato, salvo il segno di Giona.
Infatti, come Giona fu un segno per
i Niniviti, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione.
Nel giorno del giudizio la regina
del mezzogiorno si alzerà con gli uomini di questa generazione e li condannerà; perché ella venne dagli es tremi confini della terra per udire
la sapienza di Salomone; ed ecco qui
v’è più che Salomone.
Nel giorno del giudizio i Niniviti
si alzeranno con questa generazione
e la condanneranno; perché essi si
ravvidero alla predicazione di Giona;
ed ecco qui v’è più che Giona ».
(Luca 11: 16.29-32)
Se c’è un argomento falsato e distorto è proprio questo dei miracoli! E questo si verifica sia nella lettura dei credenti
sia in quella dei non credenti. Perché, quando gli uni e gli altri pensano alla Scrittura,
la loro mente è attratta anzitutto da quegli atti straordinari definiti «miracoli». E
se pensano a Gesù Cristo, quasi sempre,
per prima cosa, pensano al taumaturgo.
Sicché la fede degli uni e l’incredulità degli altri si giocano sul fatto molto secondario di sapere se Gesù ha veramente camminato sulle acque, mentre Pietro inghiottiva acqua rischiando di annegare. Oppure scommettono tutta la propria fede o
incredulità sul problema di sapere se il
pesce di Giona fosse un capidoglio o una
balena, se il suo ricino fosse sì o no una
zucca, e se il suo verme non fosse per caso un grillotalpa.
« Generazione malvagia! »
Bisogna essere molto chiari ed energici
e dire al credente aggrappato al suo miracolo e all’incredulo che vi si intoppa o vi
trova un pretesto o un alibi per non credere: « generazione malvagia! ». Malvagia
generazione quella che vuqle giustificare
la sua fede, che vuole una prova in aiuto
all’autenticità del miracolo e « malvagia
generazione » quella che vuole giustificare la propria incredulità adducendo l’impossibilità del miracolo. Malvagia generazione quella che vuole una prova della
divinità o della non divinità di Cristo,
quella che tenta ancora Gesù perché si
manifesti quale egli è, perché si imponga
e dispensi l’uomo dal credere o dall’impegnarsi. Generazione malvagia ed anzi
satanica perché, come il diavolo, vuole
che Gesù diventi un maestro e un dio come gli altri, rifiutando così la libertà che
Gesù le concede.
E mi si permetta di aggiungere: « generazione malvagia » dagli occhi malvagi
perché non sa, non vuole leggere quel
che sta scritto! Difatti, molti leggono la
Bibbia e, quattro volte su cinque, ne ricordano soltanto i miracoli. Nell’Antico Testamento <a confronto con altri testi letterari dell’epoca) questi sono relativamente pochi, e il Nuovo Testamento ci presenta un Gesù che non sembra aver tanto apprezzato i miracoli. E’ il diavolo che
ama i miracoli, quelli spettacolari, belli,
indiscutibili, quelli in presenza dei qua
Molte volte abbiamo avuto occasione di pubblicare sul giornale note bibliche di Alphonse Maillot, pastore della Chiesa riformata francese, collaboratore di « Le christianisme au XX® siede ».
In questi giorni la Claudiana, la nota casa editrice evangelica di Torino, ha fatto uscire, raccolti in un volume, 21 agili studi biblici di
Maillot su « I miracoli di Gesù ».
Il primo di questi studi esamina il problema generale del miracolo. Che
cos’è il miracolo secondo l’Antico Testamento, e cosa sono stati realmente
i miracoli di Gesù? Che cos’è il sovrannaturale che entra nel naturale,
nella storia, lasciandovi una traccia: la guarigione, o la conversione?
Partendo dall’oscuro passo sul « segno di Giona », una pericope di diffìcile interpretazione, Maillot trae una lezione affascinante e costruttiva.
Per chi volesse scoprire altre perle preziose, come questa, rimandiamo
all’opera citata sopra: Alphonse Maillot, I miracoli di Gesù, Claudiana,
1990, pp. 171, lire 19.000. La traduzione, eccellente, è di Delia Bert
Revel. (red.)
li non si può far altro che dire: « Si e
amen! ».
Ed è la malvagia generazione che assapora i miracoli, che prima ancora ne ha
l’acquolina in bocca, pronta a vendersi
corpo e anima per un bel vero miracolo
che la lasci a bocca aperta e testa vuota,
pronta a camminare in fila. Ma... attenzione: non ho scritto o detto che Gesù
non abbia compiuto o « commesso » miracoli! Voglio semplicemente dimostrare
che esiste un malinteso fondamentale tra
Gesù e noi, sui miracoli. Malinteso che riguarda la loro causa, il loro fine e la loro
’’localizzazione”. Malinteso che qui scatena la sua collera: « generazione malvagia...
Giona ». Gesù stesso ci permetterà di tornare all’Antico Testamento, di cui poc’anzi abbiamo detto che contiene pochi miracoli.
Non nego che l’Antico Testamento ne
racchiuda alcuni che possono anche sembrare un po’... strani. Quelli dei racconti
di Elia ed Eliseo, per esempio. I 42 bambini sbranati dagli orsi per aver preso in
giro la calvizie di Eliseo sono per me come... un boccone esegetico rimasto di tmverso nella nephech (termine ebraico che
significa « gola », usato anche per « anima »). Ma a proposito di Elia ed Eliseo è
molto interessante notare l’uso che Gesù
ha fatto di un miracolo del primo e del
secondo (Le. 4: 23-28). A proposito di Elia,
Gesù dice: « Cerano molte vedove in Israele; eppure a nessuna di esse fu mandato Elia,
ma fu mandato ad una vedova in Sarepta
di Sidone». In altri termini, quello che
colpì Gesù non fu il vaso con la sua farina rinnovata, né Torciuolo con il suo
olio inesauribile, ma che 1 uomo di Dio
sia stato ricevuto e nutrito da una straniera. Gesù non si sofferma meravigliato sulla
potenza creatrice di Dio, ma sulla misericordia di Dio che ha visitato i pagani.
L’azione di Gesù
’’spiazza” il miracolo stesso
Ecco il vero miracolo per Gesù: « L’evangelo è accolto, in primo luogo, da coloro ai quali non era destinato ». Gesù
sposta (spiazza) il miracolo; questo non
consiste in un atto favoloso o da prestigiatore, consiste nel fatto che una donna
fenicia viene integrata nel piano della salvezza.
La vedova di Sarepta diventa così un
segno (notiamo questo termine) o un segnale rivolto agli israeliti: « Attenti, Dio
non lo si possiede mai, e neppure la salvezza, neanche da parte del popolo eletto. Quando crediamo di possedere la Parola, ne siamo spodestati. Essa, allora, passa via e si sposta su Sarepta ».
E possiamo ricominciare la stessa spiegazione per la storia di Eliseo con Naaman. Il miracolo non consiste in primo
luogo nel fatto che un lebbroso sia guari
to, ma che un empio siriano sia il destinatario della grazia divina. Anche qui Gesù sposta, si potrebbe quasi dire che snatura, il miracolo. In primo luogo infatti
non c’è più il miracolo sulla natura, ma
quello che è compreso nel piano salvifico di Dio.
Un punto di riferimento
per la salvezza
Quello che, a prima vista, era un miracolo di potenza del Dio creatore diventa
per Cristo un segno, un punto di riferimento nella storia della salvezza. Il miracolo è allora una Parola di Dio rivelatrice
del piano divino e ci avverte che noi pure
potremmo essere privati di quel deposito
della rivelazione a vantaggio degli « inattesi ». Il prodigio stupefacente Gesù lo fa
slittare in messaggio di avvertimento. Questo, del resto, risponde all’intenzione ed
intuizione di tutto l’Antico Testamento.
Malgrado certe apparenze, il Dio dell’Antico Testamento non è soltanto il Dio potente e prodigioso, ma il Dio della misericordia e del Patto; è anzitutto il Dio indefettibilmente fedele e il Dio delle liberazioni; il Dio, appunto, che rinuncia ai
prodigi che potrebbero vanificare la nostra libertà e condizionare le nostre scelte.
E quando acconsente a fare un miracolo
non è mai per esentarci dal credere. Perfino con il miracolo dei miracoli: quello
di Pasqua.
Ma torniamo a quello (o meglio a quelli
del libro) di Giona che Gesù si è compiaciuto di prendere ad esempio. Nel libro di
Giona — penso che i lettori lo ricordino — i miracoli (uno più sconcertante dell’altro) sono in margine al racconto. Si potrebbe quasi dire che sono delle facezie
destinate a sottolineare l’essenziale. Neppure uno ha valore in sé.
E ripetiamo che chi difende a spada tratta la « balena » di Giona, costui non sa
leggere, come pure l’istrione che perde
tempo e saliva, o adopera le sue briciole
di scienza per persuaderci che quella balena è « mitica ». Voler dimostrare i miracoli di quel libro o volerli dichiarare decaduti per mettere la Scrittura nel dimenticatoio equivale a commettere la medesima sciocchezza simmetrica, equivale ad
essere in preda allo stesso infantilismo. Ed
essere ugualmente sordi.
Nell’ora del giudizio i niniviti si leveranno contro gli uni e contro gli altri.
Contro coloro che vogliono provare 1 autenticità del cetaceo e contro coloro che
ne ridono perché loro, i niniviti, hanno
ascoltato Giona, loro si sono pentiti, mentre l’esegeta, tutto preso dalle sue scienze
naturali, ha dimenticato di ascoltare Glene, ha dimenticato di pentirsi.
E’ molto interessante, del resto, vedere
non soltanto che, in Luca, Gesù non nega
il miracolo di Giona — grande, meravi
glioso miracolo — ma anche notare dove
situa quel miracolo; come del resto indicherà il suo stesso ministero come un
grande, meraviglioso miracolo. In Luca
Gesù dice: « Volete vedere un miracolo,
un miracolo evidente venuto dal cielo? Ebbene, lo avete, come al tempo di Giona.
Ed è duplice: a) la Parola di Dio è (oggi
ancora) annunziata; b) oggi ancora, sono
quelli di fuori che l’accettano ».
Ancora una volta Gesù sposta il miracolo. Non consiste nella balena (?), né in
quella tal pianta, o nel grillotalpa: consiste nel fatto che Dio ha mandato la sua
Parola a quei famosi niniviti e, soprattutto,
che quei niniviti l’hanno ricevuta.
In presenza di Gesù il miracolo è sempre lo stesso: la Parola di Dio risuona e
se gli assidui frequentatori la rifiutano, la
ricevono quelli cui non avremmo mai pensato.
Per il Vangelo di Luca questo è il grande miracolo; l’annuncio sconvolgente della
Parola di Dio e la « conversione » di coloro in cui nessuno sperava.
In Matteo, Gesù non dice esattamente
la stessa eosa. Parlando del pesce, egli ricorda che c’è stato e ci sarà sempre quaggiù un solo vero miracolo: quello di Pasqua.
Miracolo di Pasqua,
forza liberatrice
Non bisogna credere che le due ottiche
siano in contraddizione. In realtà si completano, invece, perché senza il miracolo
di Pasqua la Parola che vi attinge la sua
forza e la sua verità non avrebbe mai liberato o convertito alcuno; senza la Parola liberatrice che oggi trae gli uomini
fuori dalle loro schiavitù e dalle loro paure, il miracolo di Pasqua sarebbe stato un
miracolo... spento. Qgni miracolo deve essere accompagnato da una parola. Se non
avessi paura di cadere in una trappola direi che, al limite, esso è Parola. O, per lo
meno, portatore di una Parola. Nel testo
di Luca, Gesù ha chiaramente spostato il
miracolo: non è più un prodigio che ci
fa rimanere a bocca aperta ma un’interpellanza della Parola che ci mette alla prova,
ci esorta a rinunciare a questo nostro gusto dello « spettacolare » per cominciare ad
amare i nostri fratelli.
Ed ora, una piccola parentesi a proposito del miracolo nell’Antico Testamento.
Il termine più usuale è « segno » (’óth) e
dice bene quel che vuol fare intendere. E’
del resto identico nel Nuovo Testamento,
dove la parola usuale seméion ha lo stesso
significato. Mi sia concesso ora di... segnalare un uso curioso di questa parola « segno » che indica (de-signa) ad un tempo la
circoncisione, l’arcobaleno, il sabato e la
Pasqua. E’ infatti la stessa parola che in
Genesi 1 indica i luminari: sole e luna che
regoleranno il calendario, la giornata, la
vita profana degli uomini.
Sono dei « segni », soltanto dei segni. Segnali d’amicizia inviati da Dio agli uomini.
Per questo si può dire che sono dei veri...
« miracoli »! Per altri popoli erano delle
divinità o dei piedestalli della divinità. Religiosi, prodigiosi, stupefacenti, minacciosi
o favorevoli, malèfici o benèfici, erano sinonimo di potenza religiosa, erano « miracolosi ». In Israele sono soltanto delle
cose, dei luminari, oggetti neutri creati da
Dio per l’uomo.
Sono soltanto dei « segni », a dimostrare
che non v’è nulla di miracoloso nello spazio, nulla di divino, nulla di demoniaco.
Ecco perché sono interpretati come dei
« miracoli » ! Confessiamo che dobbiamo
nuovamente imparare il significato di
questa parola.
Alphonse Maillot
7
r
18 gennaio 1991
obiettivo aperto
BARI: CONVEGNO DI STUDIO SULLA CONDIZIONE DEI MINORI
I bambini e i ioro diritti spesso dimenticati
Anche il migliore degli istituti non può offrire al bambino quello che invece gli offre una famiglia: le modalità
per l’affidamento e il dovere sociale dell’accoglienza - Il minore deve soprattutto essere accolto come persona
Una famiglia
Una dichiarazione disattesa
per chi non ce l’ha
Nonostante la « Convenzione dei diritti del fanciullo » sono all’ordine del giorno violenze e sopraffazioni in molte parti del mondo
Vi siete mai chiesti se tutti
i genitori sono in grado di avere cura dei propri figli e se riescono a dare l’afletto necessario
per una loro crescita felice?
Molti bambini e ragazzi di tutte le età, da zero a 18 anni, crescono in difficoltà e soffrono per
una crisi temporanea della loro
famiglia o per il ripetersi di difficoltà iamiliari di salute fisica
o psichica, di droga, di carcerazione, di litigi, di solitudine, di
violenza.
Questi bambini vengono allontanati dalla loro famiglia e collocati in istituto, dove restano
molti anni. L'istituto, anche il
migliore, non offre quello che
può dare una famiglia e i minori ne restano danneggiati; ragazzi ribelli, aggressivi, irrequieti, oppure ragazzi « spenti » con
una fragile personalità.
Molti di voi si chiederanno perché questi minori non siano dichiarati adottabili, visto che ci
sono molte coppie che fanno richiesta di adozione e aspettano
molti anni per avere un bambino. Allora chiariamo:
Un bambino può essere adottato se ha perso i genitori o se
esistono gravi motivi che pregiudicano la sua crescita e la
sua tranquillità. Altrimenti non
sono ritenuti in « abbandono ».
Pochi sono da adottare, molti in condizioni di semi-abbandono. Che fare?
Esiste una legge che pochi conoscono e che regolamenta l’adozione e raffidamento familiare (legge n. 184 del 4.5.’83).
La storia deH’affidamento è storia antica.
Molti ricorderanno il vecchio
baliatico, che consisteva nell’affidare un bambino ad una fami
glia diversa da quella di origine.
Oppure il caso di coppie che dovevano emigrare e affidavano i
loro figli per un certo periodo
di tempo a parenti o amici fidati.
L’affidare per ore, giorni o anche settimane i propri figli a
nonni, amici, vicini e conoscenti non è un fatto nuovo.
La legge sull’affidamento ha
fatto tesoro di questa esperienza, ritenendo che l’accoglienza di
un minore in difficoltà presso famiglie diverse da quelle naturali possa essere una valida alternativa aH’istituzionalizzazione, di
cui abbiamo già parlato.
Accogliere è un dovere di solidarietà sociale.
Accogliere è bello. Ma a certe condizioni.
Anche se sembra assurdo porre delle condizioni ad un gesto
d’amore, di solidarietà, è tuttavia indispensabile avere le idee
chiare per non avere delusioni
nell’impatto con la realtà, con
conseguenze anche negative per
il bambino affidato.
Accogliere un bambino non è
un’esperienza comoda, non è
semplice regalare il superfluo a
chi ha meno di noi.
L’affido è: a) accettare il minore come persona, per quello
che è, e rispettare il suo passa
to; b) provvedere alla sua educazione, istruzione e mantenimento; c) favorire gli incontri
tra il minore e la sua famiglia
d'origine; d) accettare l’idea che
il minore non è di nostra « proprietà » e che ritornerà, come
stabilito nel progetto, nella sua
famiglia d’origine quando questa
avrà risolto la sua crisi temporanea.
Letizia Antonicelli
La necessità di estendere
particolari attenzioni al minore,
sul piano giuridico, si è avvertita sin dal lontano 1924, anno
in cui venne formulata la « Dichiarazione di Ginevra sui diritti del bambino ».
Dopo gli orrori causati dalla
seconda guerra mondiale, però,
specialmente nei confronti dei
fanciulli, si volle riffettere ulteriormente sul problema e ribadire quanto importante fosse
che i bambini fossero tutelati da
specifici diritti; si arrivò così alla « Dichiarazione dei diritti dei
bambini », adottata dall’assemblea generale dell’ONU il 20 novembre 1959.
Il più grande traguardo è stato invece tagliato il 20 novembre 1989, esattamente trent’anni dopo, con l’approvazione,
sempre da parte dell’assemblea
generale delle Nazioni Unite, della « Convenzione dei diritti del
fanciullo », alla cui stesura hanno partecipato, e lavorato per
undici anni, 43 paesi, organismi
internazionali, come l’Unicef, e
organizzazioni non governative
quali Amnesty International, la
Croce Rossa internazionale e la
Difesa internazionale dei bambi
m.
In essa sono compresi tutti
i diritti fondamentali; diritto alla vita (art. 6); ad esprimere
liberamente le loro opinioni (artt.
13, 14, 15); a non subire minacce e restrizioni da parte degli stati; a non subire torture e/o
trattamenti crudeli, inumani e
degradanti sempre da parte dei
governi, nonché pene capitali o
dure condanne (art. 37), e infine il diritto a non essere sottoposti a deportazioni forzate
(art. 11) e a farsi riconoscere
10 « status » di rifugiati nel paese ospitante (art. 22).
Nella Convenzioné, che consta
di un preambolo e 54 articoli,
rientrano altri diritti che riguardano numerosi campi e viene ribadito, nell’art. 1, che per
bambino si intende ogni persona al di sotto dei 18 anni, a
meno che per la legge del suo
stato non abbia raggixmto prima la maggiore età.
Si sottolinea il diritto ad avere un nome e una nazionalità
(artt. 7 e 8), a vivere in famiglia (artt. 9, 10, 18, 26 e 27)
e a godere di una propria privacy (art. 16).
Il problema deiraffldamento e
dell’adozione è contemplato negli artt. 20 e 21 mentre i restanti articoli ribadiscono il diritto
alla salute (23 e 27), all’istruzione (28 e 30), alla protezione
da ogni forma di maltrattamento psichico o fisico (19, 33 e 36);
infine si assicura che al di sotto dei 15 anni i minori non possono essere coinvolti direttamente nelle ostilità belliche (art.
38).
Nonostante resistenza di questo strumento giuridico, che comunque ora deve essere ratificato da almeno venti stati delrONU perché possa essere valido, la violazione dei diritti umani nei confronti dei minori è
all’ordine del giorno.
Un esempio emblematico è
dato dal Brasile, paese noto per
11 gran numero di minori che
vivono in condizioni degradanti, oltre sette milioni, e dove la
tortura da parte della polizia
e delle squadre della morte, formate da polizia e militari fuori
servizio, ha registrato un pauroso aumento.
Da un’indagine condotta sulle
morti violente dei bambini nel
1989 si evince che nell’arco dei
18 mesi antecedenti il luglio ’89
il 21% dei casi, riguardanti 130
bambini, sono stati omicidi attribuiti alle squadre della morte,
mentre in costante aumento sono le torture in detenzione o
nelle strade da parte di agenti
in servizio.
Vorrei riportare una testimonianza raccolta a Rio de Janeiro nel 1989: « Ho 14 anni e sono stata arrestata diverse volte
[...]; la polizia ci ha trattenuto
ed ha cominciato a torturarci
[...]. Stavamo in piedi con le
mani in alto e ci buttavano acqua bollente addosso. Ci picchiavano con dei bastoni sulla
testa e sulle mani, guardate: la
molto male ».
Molti sono gli esempi crudeli
che ricalcano la testimonianza
succitata ed è per evitare in futuro simili situazioni che Amnesty International rivolge al governo brasiliano specifiche richieste: 1) che si svolgano indagini eque ed imparziali, controllate dalle autorità federali;
2) che si istituisca un registro
generale di tutte le morti violente ad opera della polizia e
delle squadre della morte; 3)
che lo stato protegga i ragazzi
di strada, tutte le vittime e gli
eventuali testimoni, purché possano, questi ultimi, denunciare
senza paura i responsabili.
Il Brasile è solo uno dei tanti
paesi con una situazione altamente precaria; numerosi sono
i casi in tutto il mondo e l’impegno dei soci di Amnesty International al riguardo è notevole e oneroso; ma c’è ancora
tanta strada da fare.
Licia Ferrigni
Dalla Dichiarazione dei diritti del bambino alla Convenzione internazionale sui diritti del
fanciullo sono passati trent’anni. Non si può dire che in questo arco di tempo la comunità
teologica si sia distinta per la
sua riflessione al riguardo. Forse all’uomo giunto a maggiore
età interessano poco i fanciulli,
il loro mondo e i loro diritti.
Però tale oblio non si accorda
né con la testimonianza della
Scrittura né con un mondo dove
i diritti dei bambini vengono
sistematicamente calpestati. In
questo intervento mi limito a
considerare in modo sommario
alcuni dati biblici e suggerire
alcune indicazioni per una riflessione teologica ulteriore.
IL PARADOSSO EVANGELICO
Dobbiamo ridiventare
Ormai è risaputo che nei diversi codici legali dell’AT si trovano delle leggi che tutelano i
diritti dei più deboli, le persone rese vulnerabili dalla società patriarcale. Allora, come oggi, i « poveri » formavano settori della società ben individuabili: gli stranieri, le vedove e
gli orfani. Le antiche leggi di
Israele si occupano di coloro,
come la vedova o l’orfano, rimasti privi della protezione di
un uomo adulto. A loro vengono garantiti mezzi di sussistenza e una certa protezione contro i soprusi e le violenze
(Dt. 24: 19 ss.; Es. 22: 21 ss.).
Già in quell’epoca si rendevano conto che è molto più facile
calpestare i diritti dei deboli.
Per cui esistono clausole che
cercano di garantire che le stesse leggi saranno rispettate (Dt.
24: 17).
I
Il popolo è chiamato ad una
difesa attiva a favore degli orfani (Dt. 10: 18).
Ma di speciale importanza per
noi è la motivazione teologica
di queste leggi. Per Israele Dio
stesso fonda e garantisce la giustizia e, in una situazione condizionata dal peccato, questo significa mostrare una sensibilità
spiccata verso le persone « ad
alto rischio » come gli orfani.
Dio, « il grande, forte e terribile », rende giustizia a coloro che
gridano a lui. A differenza dei
giudici umani, egli « non fa preferenze e non si lascia corrompere con regali ». Anzi, è pronto a dichiarare la guerra ai nemici degli orfani (Dt. 10; 17; Es.
22: 21 ss.). L’AT ci offre l’immagine d’un re benevolo, di un
amministratore di giustizia perfetto che è pronto a difendere i
suoi sudditi più svantaggiati. La
protezione che egli accorda loro non riflette soltanto una convenzione umana ma è radicata
nell’ordine cosmico, fondato e
sostenuto dalla sua parola (Sai.
146). Da questa evidenza si comincia a capire che nella difesa dei diritti dei deboli e specificamente degli orfani si gioca qualcosa in più della mera
ubbidienza a delle leggi socia.li.
Dalla critica profetica scopri^
mo che ciò che sta in ballo è
il rapporto tra il popolo e Dio.
Infatti, la fedeltà del popolo a
Dio deve rispecchiarsi nella ricerca della giustizia e l’aiuto agli
oppressi, cioè la protezione degli orfani (is. 1: 17). Per cui
operare la giustizia, che vuole
(ffire soprattutto tutelare i diritti dei deboli, diventa il « canone », il rnetro di giudizio stabilito da Dio nei confronti del suo
popolo. In questo modo l’AT anticipa la frase lapidaria di Giacomo: « Questa è la religione che
Dio padre considera pura e genuina: prendersi cura degli orfani... » (1; 27).
gnore. Lo riconoscerete cosi: troverete un bambino avvolto in
fasce che giace in una mangiatoia ».
NellAT la causa degli orfani
diventa la causa di Dio. Quando non incontrano la giustizia
presso i tribunali degli uomini,
gli orfani si appellano a Dio. Dio
stesso è pronto a scendere in
battaglia per proteggere i loro
diritti e assicurare la loro difesa. Così si mostra fedele alla
sua parola creatrice.
Questa identificazione fra causa di Dio e causa dei bambini
i cui diritti sono violati, presente nell’Antico Testamento, ci prepara per la svolta operata dal
Nuovo. Qui l’identificazione a livello verbale fra Dio e la causa
dell’orfano diventa uno stato di
fatto. Per dirlo con Giovanni:
« La Parola è stata fatta carne
ed ha abitato fra noi », oppure
secondo Luca : « E’ nato il vostro Salvatore, il Cristo, il Si
Dio è diventato un bambino,
come scrive Paolo ; « Nacque da
una donna». Dio stesso, il grande, il forte, il terribile, diventò
fanciullo, il piccolo, il debole, il
vulnerabile. Così anche l’infanzia, come scrisse Ireneo, anche
la fanciullezza, fu assunta e redenta. Si potrebbe anche dire,
data la quasi assenza di Giuseppe ~ il padre terrestre — dai
vangeli, che Dio diventò orfano, costretto anche lui ad affidarsi al Padre celeste (Pii. 2:
6 ss.; Me. 14: 36; 15: 34). Che
Dio diventò bambino non è un
fatto puramente transitorio, dovuto alla necessità di poi diventare uomo. Gesù stesso caricò
il fanciullo di significato teologico: « Chi riceve uno di questi
fanciulli nel nome mio, riceve
me, e chiunque riceve me, non
riceve me ma colui che mi ha
mandato» (Me. 9: 37).
Ricevere il fanciullo equivale
ad accogliere Dio stesso. Dalla
storia della trasmissione delle
tradizioni vediamo che « il fanciullo » diventò sinonimo del
« minimo », del « piccolo », del
« debole ». Ma Gesù stesso ha
salvaguardato il significato letterale della frase perché «preso un bambino, lo mise in mez
zo a loro; poi lo prese in braccio » (Me. 9: 36). Nel bambino, come neH’affamato, l’ignudo
0 lo straniero, Dio si avvicina.
Dobbiamo poter dire, quindi, che
in qualche modo la sorte di Dio
è unita alla sorte del bambino.
Un bambino che, diventato uomo, sperimentò la violazione dei
suoi diritti, l’ingiustizia del tribunale umano, la pena di morte. Infatti, davanti al Dio diventato « orfano » la difesa dei diritti degli orfani diventa ancora più impellente.
La sorte dei bambini i cui
diritti vengono violati tocca
nientemento che U centro della fede cristiana. Dopo la nascita di
Gesù, nella sorte dei bambini si
gioca la sorte di Dio. Dopo la
risurrezione è Dio stesso a rendere, in ultima istanza, efficaci
1 loro diritti. Noi ci troviamo in
mezzo a questi due « momenti »
fondamentali: « Chi riceve uno
di questi fanciulli riceve me ».
Per cui uno dei giudizi più duri
del NT è riservato a chi scandalizza, viola e maltratta il fanciullo : « Meglio sarebbe per lui
che gli fosse messa al collo una
macina da mulino e fosse gettato in mare » (Me. 9: 42). A
causa di questa relazione intima
tra Dio creatore e l’orfano, tra
Gesù risorto e il bambino indifeso, qualsiasi violazione dei diritti dei bambini sconvolge l’ordine cosmico e la comunità degli esseri umani. Il paradosso
del messaggio evangelico è che,
per seguire il cammino di Cristo, per proteggere il fanciullo,
per entrare nel regno, dobbiamo diventare noi stessi dei bambini (Mt. 18: 3).
Elizabeth Green
8
8 fede e cultura
18 gennaio 1991
SCRIVERE LA STORIA DEGLI EVANGELICI
UNA COLLANA DI VOLUMI
E un mestieraccio,
ma ne vale la pena
Gli atti di un convegno che sono anche una ricca bibliografia, uno
strumento per orizzontarsi su un terreno difficile ma affascinante
Per Giorgio Spini studiare la
storia della presenza protestante
in Italia dal Risorgimento in poi
è un mestieraccio irto di difficoltà, ma ne vale la pena. Infatti, poiché tutte le denominazioni europee e americane e molte
organizzazioni ecumeniche e interdenominazionali hanno cercato in qualche modo di portare la
loro testimonianza in Italia, è necessario conoscere a fondo queste
chiese e movimenti, facendosi
una competenza storico-religiosa
di tutto rispetto. Ma poiché, d’altra parte, si tratta di storia italiana, per di più di un periodo
piuttosto complesso, è necessario
anche avere una competenza in
questa materia. Per cui gli studiosi si scontrano con due ordini di difficoltà. Ma, appunto,
l'impresa ha anche aspetti gratificanti ed è per questo che sul
tema « I movimenti evangelici
in Italia dall’Unità ad oggi. Situazione degli studi » si è svolto un importante convegno, organizzato dagli Amici della Biblioteca Piero Guicciardini in
collaborazione con le nostre Società storiche, presso la Facoltà
valdese di teologia, nel novembre 1988. Gli studi sono ora
raccolti in un volume a cura
di Franco Chiarini e Lorenza
Giorgi b
I contributi non hanno naturalmente la pretesa di esaurire l'argomento e, più che dare
informazioni, si limitano a segnalare gli studi e le pubblicazioni sui vari temi affrontati.
Il libro si può dunque considerare come un’ampia bibliografia ragionata e abbondantemente illustrata e recensita, sulle
singole denominazioni evangeliche, sui rapporti fra diffusione
del movimento evangelico e modernismo cattolico, sul pensiero
teologico degli evangelici, sull’evangelizzazione svolta dai
valdesi, sull’apporto delle scuole
e delle altre iniziative educative,
sulla diffusione deH’evangelismo
nel Meridione e in particolare
nel Napoletano. Uno studio più
localizzato presenta la storia
della comunità valdese di Forano Sabino. Alcuni rapidi appunti sugli studi relativi al movimento pentecostale — paradossalmente il più diffuso e
quello su cui la documentazione
Libri ricevuti
Abbiamo ricevuto;
— Alphonse MAILLOT, I miracoli di Gesù, Torino, Claudiana ed., 1990, pp. 172. Lire
19.000.
— Markus BARTH, Riscopriamo
la Cena del Signore, Torino,
Claudiana ed., 1990, pp. 144.
Lire 15.000.
— Piero BARBAINI, La Chiesa
e il sistema. La continuità di
un dissenso -1968-1988, Manduria, Piero Lacaita ed., 1990,
pp. 166. Lire 15.000.
storica è più scarsa — completano la raccolta.
Un po’ per tutta la materia
vale la classificazione degli studi proposta da Domenico Maselli nella sua rassegna sul tema
degli evangelici nel Mezzogiorno. Abbiamo infatti quattro tipi
di contributi: a) le storie denominazionali, in cui la parte del
leone è fatta dalla storiografia
valdese; b) le ricerche a carattere regionale e locale; c) quelle relative ai problemi della libertà religiosa; d) le biografie.
Difficoltà di
interpretazione
Va da sé che la qualità di
questi contributi è assai varia.
Le storie denominazionali, anche
quelle più serie, hanno sempre
suscitato dibattiti notevoli, sia
per le valutazioni degli storici
— in particolare di Valdo Vinay
nel terzo volume della Storia
dei Valdesi — sia perché una
parte dei fatti narrati appartiene ancora alla memoria delle
persone viventi. Pertanto non è
sempre facile dare una versione
decantata dei fatti.
Il discorso è ancora più calzante quando si tratta di ricerche a carattere locale: talvolta
si tratta di opuscoli celebrativi
o velatamente autobiografici, altre volte vi si respira il clima di
polemica violenta fra evangelici
e cattolici dei decenni passati.
Tale clima è riflesso anche nello
studio su Forano contenuto nel
volume che presentiamo.
' AA.VV., Movimenti evangelici in
Italia dall'Unità ad oggi. Studi e ricerche, a cura di Franco Chiarini e
Lorenza Giorgi, introduzione di Giorgio Spini, Torino, Ciaudiana, 1990, pp.
Viil-176, L. 26.000.
CONVEGNO A LUCCA
Giovanni Diodati,
traduttore della Bibbia
L’il dicembre scorso si è tenuto a Lucca (villa Bottini), sotto l’agile e simpatica presidenza
del biblista Mannucci, un convegno sulla figura e l’opera di Giovanni Diodati (1576-1649), il famoso traduttore della Bibbia. Il
prof. Maselli ne ha tratteggiato
in maniera brillante i punti salienti della vita, dalle origini lucchesi mai dimenticate all’amicizia con Paolo Sarpi, al tentativo di convertire al protestantesimo la Repubblica veneziana,
il re Enrico IV ed il patriarca
di Costantinopoli, agli interventi al Sinodo di Dordrecht. Una
vita volta all’azione e all’evangelizzazione di ampio respiro.
E’ da questo intento che nasce la traduzione della Bibbia.
Ad una prima edizione nel 1607
seguì una seconda definitiva nel
1641, corredata da introduzioni
e note interpretative. Ne fanno
parte anche i libri apocrifi, messi in appendice.
Il prof. Soggin, con la competenza che gli è propria, ha illustrato le caratteristiche della
traduzione con numerosi esempi tecnici che hanno interessato
il folto pubblico convenuto. Diodati, che era professore all’Accademia di Calvino a Ginevra,
si mostra profondo conoscitore
della lingua ebraica e di quella
italiana tanto da porsi tra i maggiori traduttori di tutti i tempi. E la sua traduzione, accompagnata da varie revisioni delle quali la più nota è la « Riveduta » del Luzzi, è giunta fino
ai nostri giorni ed è tuttora letta nelle chiese evangeliche italiane. Interessante anche il confronto tra la Diodati e la Riveduta nel quale, secondo l’esposizione di Soggin, sarebbe la prima ad uscire a testa alta.
Il terzo intervento, appassionante, tenuto dal vescovo Abiondi, verteva sulla diffusione e l’importanza odierna della Bibbia
nel mondo. Dopo avere constatato come troppo spesso il « nuovo » della Bibbia contrasti con
il « vecchio » della Chiesa e avere indicato la via della predicazione ai « poveri » come
quella primaria. Abiondi ha auspicato che la Chiesa sia sottomessa alla Scrittura ed anzi si
lasci giudicare da essa. Parole
che lasciano sperare in un futuro ecumenico sempre più determinato dall’evangelo.
Una bella giornata dunque, e
non solo sotto il profilo culturale: il clima simpatico e i momenti di vera fraternità passati
insieme rimarranno a lungo nel
ricordo dei convenuti. Ricordiamo che la Società biblica ha curato recentemente la ristampa
anastatica della Bibbia del Diodati del 1641, accolta con successo anche al di fuori del mondo evangelico tanto che il vescovo di Lucca, mons. Agresti
scomparso qualche mese fa, che
si era molto adoperato in vista
di questo convegno, ha chiesto
di essere sepolto accanto a questa Bibbia.
M. C.
Culture complesse
Sul tema della libertà religiosa, accanto a studi di livello accademico dovuti alla penna di
giuristi di fama, incontriamo,
anche qui, libelli di denuncia dell’intolleranza clericale nei confronti deH’opera evangelistica.
Spesso dal tono altrettanto intollerante quanto quello delle
violenze denunciate.
Le biografie, infine, e soprattutto le autobiografie, sono
soggette per loro natura a limiti di orizzonte che è superfluo
sottolineare.
Al termine della lettura del
libro, tuttavia, si ha la sensazione che forse l’opera di ricostruzione della storia delTevemgelismo italiano dall’Unità ad
oggi non sia così disperata come
lascia intendere l’introduzione
di Giorgio Spini. Noi abbiamo,
infatti. Un sacco di informazioni
utili grazie a tutti questi scritti
accuratamente recensiti dai relatori al convegno di Roma.
Scritti di manovali e di artigiani della storia, certamente non
in grado di competere con gli
storici accademici ma certamente in grado di darci un’immagine della chiesa e della sua vita
nella storia, proprio per la natura stessa della chiesa che recluta
i suoi membri senza chiedere
loro di aver fatto l’università.
Claudio Tron
L’editore Meynier ha iniziato
tempo fa una piccola collana di
volumi dal titolo « Il tempo delle riforme religiose ». Il primo
volume ‘ si collocava nel contesto della riflessione su Maria
di alcuni anni fa.
I due testi successivi, apparsi
nel 1988 ^ e 1989 ^ pur mantenendosi nei termini della collana (un centinaio di pagine, introduzioni di specialisti, illustrazioni essenziali) sono molto diversi. Il primo è un’opera del
riformatore di Zurigo Zwingli;
L’opera di Zwingli reca già nel
titolo, come era allora consuetudine, il sunto del volume: Breve Istruzione cristiana inviata
dall’onorevole Consiglio della città di Zurigo ai pastori e predicatori residenti... nei suoi territori
affinché... annunzino la verità evangelica... ai loro sudditi. E’
una sintetica esposizione (circa
40 pagine) del punto di vista « riformato » su due problemi che
erano allora al centro del dibattito: il culto delle immagini
e il valore della messa.
II trattatene appartiene al periodo dell’offensiva riformatrice
nella città di Zurigo, di cui Zwingli è uno degli esponenti e il
Consiglio della città uno degli
artefici. Il tema delle immagini
e della messa è però preceduto
da una sintetica presentazione
del pensiero di Zwingli sul tema della Legge e dell’Evangelo
e fornisce perciò un’eccellente
introduzione al suo pensiero.
Il volume è egregiamente introdotto da Bernard Roussel,
specialista della storia della Riforma.
Di natura completamente diversa l’altra opera, che reca come titolo: I nomi dell’avversario. Il « papa anticristo » nella
cultura russa. Superfluo presentare Cesare De Michelis, affermato studioso nel campo della slavistica; da anni però egli persegue un metodico lavoro di ricerca in un filone poco o affatto studiato: il rapporto fra la
cultura russa e le sue radici teologiche da un lato e con l’Europa protestante dall’altro. Anche
questo saggio si colloca in questo ambito. La qualifica del papa
come l’anticristo fa parte dell’armamentario ideologico di tutte le sette medievali, ma è stato accolto e sviluppato nel quadro riformato del XVI e XVII
secolo.
Come, quando e perché è entrato nella cultura russa? Alla
fine del 1500, sotto Ivan IV, i
gesuiti e in particolare il loro
maggior diplomatico, il Possevino, riconquistata la Polonia, sognano di ricondurre a Roma anche l’ortodossia; ir progetto fallirà. Nel corso dei colloqui lo
zar sosterrà che il papa è l’anticristo, attingendo i suoi argomenti ad un volume su quel tema che dei mercanti inglesi gli
avevano procurato. Il testo è
sconosciuto, ma De Michelis ritiene, con molta verosimiglianza, di averlo individuato in una
opera ginevrina di quegli anni.
Da polemico-interconfessionale il tema passerà in campo del
tutto diverso; quello della dissidenza interna al campo dell’ortodossia sotto il patriarcato di
Nikon ed il regno di Pietro il
Grande e resterà patrimonio di
tutte le correnti di dissenso, anti-progressiste, radicaleggianti,
sognatrici e custodi dei valori
della vera Russia.
Naturalmente in questa combinazione apocalittico-storica di
anticristo e papato il papa, come capo della chiesa d’Occidente, perderà i suoi connotati precisi mentre l’anticristo acquisterà rilievo sempre maggiore: con
grande maéstria De Michelis individua questa tematica anche
laddove non si penserebbe di
trovarla.
Al di là del tema specifico questa breve ma illuminante ricerca mostra come le culture della
nostra Europa (e bisogna pur
usare il plurale) siano molto più
complesse di quanto si creda e
soprattutto si muovano su tempi assai più lunghi di quanto
abitualmente si pensi nella frenetica successione delle immagini forniteci dai mass media e
dei mutamenti di carattere sociale; l’uomo cambia più lentamente dei suoi strumenti materiali, e forse qui sta uno dei
motivi del nostro disagio odierno.
Giorgio Tourn
‘ E. CAMPI, Via antiqua. Umanesimo e Riforma. Zwingli e la vergine
Maria, Torino, 1986.
^ H. ZWINGLI, Breve Istruzione cristiana, a cura di B. Roussel, Torino,
1988.
’ C. DE MICHELIS, I nomi dell’avversario. Il I. papa anticristo » nella
cultura russa, Torino, 1989.
NOVITÀ’
c/audiana editrice
Collana della Società di Studi Valdesi n. 12:
GIORGIO ROCHAT
Regime fascista
e chiese evangeliche
Direttive e articolazioni dei controllo e della repressione
pp. 352, Lire 38.(KX)
Ampia ricerca d’archivio che offre un quadro esauriente
delle linee generali della politica fascista verso le minoranze
protestanti e i Testimoni di Geova, mediante la precisa ricostruzione degli interventi polizieschi.
Nella collana « Storia del movimento evangelico in Italia
nel sec. XIX e XX » è uscito il n. 7 :
AA. VV.
Movimenti evangelici
in Italia dairUnità ad oggi
studi e ricerche
a cura di P. Chiarini e L. Giorgi
Introduzione di G. Spini
pp. 176, L. 26.000
Il punto sulla ricerca. Saggi di p. Chiarini, L. Giorgi,
S. Rostagno, B. Peyrot, A. Mannucci, D. Maselli, R. Oiappa,
C. Milaneschi, p. Toppi.
LO
FONDATA NEL 1855
Via P, Tommaso, 1 - 10125 Torino - Tel. 689804
C.C.I.A n, 274.482 - C.C.P. 20780102 - cod. fise. OOiC'i900012
9
18 gennaio 1991
valli valdesi
COMUNITÀ’ MONTANA VAL PELLICE
Eletta la nuova Giunta:
Cotta Morandini presidente
Dopo lunghe trattative si ritorna alla formula di sinistra - Fra i
« punti forti » del programma l’impegno per il mantenimento dell’USSL
Duecentocinquanta giorni dopo
le elezioni amministrative del
maggio ’90 anche la Comunità
montana vai Pellice ha la sua
giunta e un nuovo presidente;
frutto di un accordo tra il gruppo unitario della sinistra (PCI e
indipendenti) ed il PSI, il nuovo
esecutivo è guidato dall’avv. Giorgio Cotta Morandini e si avvale
anche di Marco Bellion (PCI) vicepresidente, Claudio Giraudo,
Livio Gobello, Dario Gelso assessori socialisti, Ezio Borgarello e
Remo Dalmas, assessori della sinistra indipendente.
Dunque, dopo lunghe trattative
e accordi che sembravano fatti e
che venivano smentiti nel giro di
pochi giorni, si torna alla formula di sinistra che governò la vai
Pellice fra gli anni ’70 e il 1985:
allora in giunta c’erano anche i
liberali, oggi in pratica spariti
dallo scenario politico della valle.
Non è stata comunque una seduta tranquilla quella di venerdì
scorso: la DC. che a lungo aveva
sottolineando come la proposta
di esecutivo escludesse di fatto il
suo comune, comunicava la decisione di costituire, insieme all’altro rappresentante della maggioranza di Bobbio, Cesare Gay, un
gruppo autonomo, svincolato dai
partiti e dunque libero di votare di volta in volta a seconda delle proposte in discussione.
A livello pratico questo atteggiamento si è risolto nell’astensione sulle proposte di presidente
e giunta, né più né meno di quanto espresso dal gruppo DC.
Conclusa la votazione della
giunta (rappresentativa delle
maggioranze consiliari non rette
dalla DC, esclusa Bobbio) il neopresidente Cotta Morandini ha
dato lettura del documento programmatico.
In esso si affrontano i temi forti ed i problemi che presumibilmente dovranno impegnare gli
amministratori locali e che in
molti casi sono da tempo al centro dell’attenzione: dall’impegno
prioritario per il mantenimento
deirUSSL coincidente territorialmente con la Comunità montana
al potenziamento dei collegamenti, sia ferroviari che stradali, dal
rilancio dell’agricoltura ai progetti transfrontalieri.
Ma sul programma la discussione verrà probabilmente ripresa molto presto (c’è una richiesta
DC in tal senso), forse già nel
prossimo consiglio che dovrà anche approvare il bilancio di previsione per l’anno in corso.
Piervaldo Rostan
UN CONFRONTO DA APPROFONDIRE
accarezzato l’ipotesi di costituire
■una giunta con il PSI, è stata, per
bocca del cons. Bonansea, più volte polemica verso la maggioranza che si andava costituendo, e
ciò malgrado le parole del socialista Gobello: « Nessuno vuole lo
scontro e la porta resta aperta
per chi voglia collaborare ». Anzi, proprio in apertura di seduta
lo stesso Bonansea ha chiesto che
venissero messe a verbale le sue
osservazioni circa un vizio di forma nella convocazione dell’assemblea che, a suo parere, doveva
essere convocata dalla vecchia
giunta e non dal consigliere anziano.
Messa a verbale questa riserva
DC, è stato il consigliere Mario
Garnero, a nome del gruppo unitario di sinistra, ad illustrare la
proposta di giunta, dopo aver ricordato i vari passaggi delle trattative e la proposta iniziale del
suo gruppo di riconfermare anche in questa tornata la formula
unitaria. Anche da parte socialista sono venute delle sorprese; il
sindaco di Bobbio, Charbonnier,
Quale provincia?
In base al dettato della legge
142 dello scorso maggio sono
molte le novità inerenti alla pubblica amministrazione, almeno
sulla carta; maggiore autonomia
agli enti locali, strumenti nuovi
quali, gli statuti di cui ogni comune dovrà dotarsi; la stessa
delimitazione territoriale delle
province è destinata a maturare e la provincia di Torino, così com’è oggi, dovrà scomparire.
Che cosa succederà?
Dal dibattito e dalle proposte
fin qui emerse sono tre le possibilità che paiono più accreditate.
Un’ipotesi vedrebbe la nascita
di una provincia « metropolitana » che comprenda tutti i comuni dell’attuale provincia di Torino, questo malgrado la stessa
legge preveda una significativa
omogeneità fra i comuni chiamati a costituire una nuova provin
TURISMO INVERNALE
Un buon avvio
eia. fina seconda ipotesi, nota
fin qui con Tappellativo di
« ciambella », immagina una provincia che escluda Torino e i
comuni dell’immediata cintura.
Esiste poi l’ipotesi della formazione di nuove province con
una totale ridefinizione dei confini, e il dibattito fin qui condotto evidenzia come particolarmente interessante per le nostre
valli l’idea di una « provincia
alpina » che potrebbe comprendere le valli del Piemonte sudoccidentale dalla vai Susa alla
vai Maira, dunque anche tutta
l’area occitana d’Italia.
Per approfondire il dibattito
su questo tema, diventandone in
qualche modo direttamente protagonisti e dunque senza aspettare iniziative esterne, il sindaco di Torre Pellice Marco Armand Hugon ha in questi giorni inviato a tutti i colleghi dell’area interessata una lettera in
cui si anticipa l’intenzione di organizzare, nel mese di febbraio,
un momento di incontro pubblico fra amministratori, forze sociali e produttive, popolazione.
« Sarebbe molto importante —
scrive Armand Hugon — avere
già delle idee e proposte concrete da confrontare e su cui
far nascere consensi o dissensi ».
O. N.
A circa un mese dalla
prima nevicala della stagione, che garantì un
buon avvio al turismo
invernale anche nei centri delle nostre vallate
una nuova, abbondante
precipitazione ha colpito
lutto l’arco alpino.
Nei giorni scorsi la
temperatura si era parecchio alzata rispetto al
mese di dicembre ed un
po’ ovunque si lamentava un preoccupante scioglimento della neve; ora,
con le nuove precipitazioni, gli operatori turistici dovrebbero essere
al sicuro per un po’ di
tempo.
Questa volta la neve
è caduta soltanto dai
7-800 metri in su, mentre più in basso si è tramutata in pioggia.
In molte borgate e nei
comuni più alti delle i
valli l’altezza del manto
nevoso ha quasi raggiunto il metro; la non eccessiva
stabilità ha però causato la caduta di varie slavine, una delle
Raggiunto
l'accordo
quali ha bloccato per ore la statale del Sestriere all’altezza dt
Fenestrelle.
LUSERNA SAN GIOVANNI
Tira aria di crisi?
I democristiani potrebbero uscire dalla giunta: si aprirebbe un’altra fase di incertezza
Il Municipio di Luserna. Dopo lunghe trattative si era formata una
maggioranza che ora rischia la crisi.
L’ipotesi è cominciata a circolare nei giorni stessi in cui si
faceva strada l’accordo per una
giunta di sinistra in Comunità
montana: la DC potrebbe ritirare la sua delegazione dall’esecutivo del comune di Luserna San
Giovanni.
Ricatto? Ritorsione?
Non è stato possibile reperire,
per diversi giorni, il capogruppo
DC in comune nonché assessore all’agricoltura, Claudio Badariotti; abbiamo sentito un altro assessore democristiano, Roberto Delladonna: « L’ipotesi è
stata effettivamente avanzata nell’ambito del nostro partito, ma
non a Luserna; dovremmo comunque confrontarci al nostro
interno su questa proposta e
prendere una decisione senza aspettare troppo ».
Di attesa la posizione del sindaco Longo che, in mancanza di
decisioni ufficiali, si limita ad
osservare come la giunta abbia
fin qui operato con serenità su
alcuni problemi importanti del
comune, e come il contributo degli assessori DC sia stato fin qui
importante.
D’altra parte, ricordando le notevoli difficoltà affrontate per dare nella scorsa estate un governo
a Luserna, diventa anche difficile pensare ad una crisi che finirebbe per portare dritti ad elezioni anticipate: qualcuno però
dovrebbe anche assumersene la
responsabilità.
P.V.R.
USSL 43
Disciplina degli scarichi
Nell’aprile scorso è entrata in
vigore la legge regionale sulla
« Disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli
scarichi civili ».
MANIFATTURA
LUSERNA SAN GIOVANNI —
Nuovo accordo alla « Manifattura abiti » di Pralafera; il documento discusso da rappresentanze sindacali ed azienda è stato
approvato praticamnte alTunanimita dall’assemblea dei lavoratori.
L azienda, che si è in parte
ristrutturata sul piano organizzativo proprio in questi mesi,
intende spingere sia sulla produttività che sulla qualità ed ecco quindi che sono stati mutati e rilanciati i premi legati alla presenza e all’efficienza. Sono oltre cento i lavoratori della « Manifattura abiti » e una
nota positiva in più sì è avuta
con la conferma degli ingressi
derivati dai contratti di formazione lavoro.
I titolari di scarichi che non
si immettono nella pubblica fognatura sono tenuti alla richiesta di autorizzazione allo scarico dell’unità immobiliare contestualmente alla domanda di concessione edilizia, richiesta dopo
il 19.4.1990.
L’USSL 43 comunica che sono tenuti alla richiesta di autorizzazione allo scarico anche se
preesistenti al 19.4.1990, gli scarichi provenienti da servizi igienici, cucine e mense di insediamenti con produzione di beni
e prestazione di servizi; gli allevamenti ittici caratterizzati da
una densità di affollamento inferiore ad un chilogrammo per
metro quadrato di specchio d’acqua o in cui venga utilizzata
una portata d’acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo; le imprese agricole che
esercitano anche attività di trasformazione e commercio del
la produzione agricola che siano inserite con carattere di normalità e funzionalità al ciclo
produttivo aziendale; gli allevamenti con oltre 50 capi di bovini, equini o suini, 200 capi di
ovicaprini, 2.000 capi avicoli,
1.000 capi cunicoli, sempre che
sussista la disponibilità di almeno 1 ettaro di terreno agricolo per ogni 40 quintali di peso vivo di bestiame.
Tutte le altre attività, non
menzionate nei punti sopraesposti, sono tenute alla sola notifica nei tempi stabiliti dal comune competente.
La presidenza dell’USSL 43,
aggiungendo che sono stati predisposti prestampati per la notifica e per la richiesta di autorizzazione in distribuzione
presso gli uffici tecnici comunali che dovranno essere compilati ed inoltrati al comune sede
deH’immobile entro il 31.3.1990,
ricorda altresì che sussiste l’obbligo di allacciarsi alla pubblica fognatura qualora lo scarico
disti meno di 100 metri dalla
rete fognaria.
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10
10 valli valdesi
18 gennaio 1991
INIZIATIVE DI PACE
TORRE PELLICE
L'Italia ripudia ia guerra
Ampia la partecipazione alla manifestazione per la pace organizzata
da forze diverse fra loro: l’Italia non sia coinvolta in una guerra
« Questa guerra non vale molto,
possono anche evitarla, magari
fare un trattato e lasciare tutto
il mondo in pace», questo il pensiero di Luca, un bambino di 11
anni, che ha partecipato venerdì
scorso insieme ad altre 2.000 persone alla manifestazione a Pinerolo contro la guerra nel Golfo,
indetta da varie associazioni cattoliche, laiche, dalla Chiesa valdese e da alcuni partiti politici.
« Spero — aggiunge un coetaneo, Davide — che con questa e
tante altre manifestazioni come
questa si riesca a fermare la
guerra ». Dunque una gran folla
ha partecipato alla manifestazione per le strade di Pinerolo venerdì sera, massicciamente hanno partecipato gli studenti il
mattino dopo ad una analoga iniziativa. In molti la speranza che
la diplomazia potesse ancora
svolgere un suo ruolo, in altri il
pessimismo; in tutti la convinzione che in tutti questi mesi non si
è comunque fatto abbastanza per
impedire lo scontro.
Fra gli organizzatori anche
Franco Barbero: « Sicuramente
in questi anni è cresciuta la consapevolezza che con la guerra veramente non vince più nessuno; è
una convinzione molto più diffusa, per esempio, che non nel 1940.
Credo anche che le lezioni delle
guerre passate insegnino qualcosa, anche agli Stati Uniti: io spero che la ragione, proprio basandosi sulle lezioni storiche, vinca.
Ho però una paura grandissima:
che si inneschino dei meccanismi
che poi non si controllano più e
questo è il rischio che maggiormente abbiamo davanti agli occhi.
D’altra parte si è fin qui fatto
troppo poco sul piano diplomatico: ogni sforzo è stato largamente
condizionato dagli interessi americani; non è assolutamente vero
che si sono esplorate tutte le possibilità, e mi dispiace molto che
anche l’ONU sia risultata bloccata dallo strapotere americano ».
Per quanto riguarda il ruolo
dell'Italia in questa situazione,
fra le molte persone che abbiamo
incontrato è praticamente unanime la volontà di tenersi fuori, sia
fra i più giovani sia fra quanti im
conflitto l’hanno già vissuto direttamente; del resto il ’’motto"
della manifestazione era, come a
Roma il giorno dopo, l’affermazione contenuta nella nostra Costituzione che proclama, all’art.
11: « L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo
di risoluzione delle controversie
internazionali ».
Durante la manifestazione è
stata letta una lettera indirizzata
a personaggi ed autorità politiche
in cui, preoccupati ma non rassegnati, si ricorda:
«Abbiamo manifestato come cittadini della Repubblica italiana,
ma anche come "cittadini del
mondo”, consapevoli che la pace
è un bene ed una conquista indivisibile e che in questo mondo c’è
connessione e interdipendenza
fra i vari fatti.
Vogliamo la pace non per un
semplice desiderio di tranquillità
personale o collettivo. La nostra
aspirazione è quella di vivere in
un mondo pacificato che poggi su
rapporti equi fra gli stati, senza
distinzione fra "potenze” più o
meno grandi in relazione al livello delle loro economie e a quello
della capacità distruttiva dei loro
arsenali.
Vogliamo un mondo che abbia
veramente un governo universale
e che sappia salvaguardare persone ed ambiente.
Per noi, questo non è un sogno: sappiamo che è la strada obbligata se non vogliamo il deterioramento dell’umanità ».
La lettera degli organizzatori
aggiunge:
« Chiediamo che l’Italia
non partecipi in alcun modo ad
azioni di guerra nel Golfo;
non conceda né basi, né mezzi,
né uomini ad eventuali belligeranti;
si rifiuti di inviare altri contingenti ed anzi ritiri quelli che sono presenti.
Questo deciso no alla guerra si
accompagna ad un altrettanto deciso no al sopruso di una invasione militare accompagnata da saccheggi, invasioni, ricatti, sequestri di persone quale quello attuato dal governo iracheno in Kuwait ».
Ma occorre anche andare al di
là della pur drammatica, contingente, situazione:
« Quando in discorsi ed immagini diventa priorità una retorica
che esalta le capacità militari e
quando si sottolinea l’efficienza
militare, lo vogliate o no, state
portando un tassello ad una cultura di guerra che poco si addice
allo spirito del ’’ripudiare la guerra”.
Quando si fa del commercio
delle armi una delle voci più consistenti del commercio estero e
con i paesi del Terzo Mondo in
particolare, non si può dire che si
opera nello spirito della Costituzione.
Quando si partecipa ad un sistema di rapporti commerciali di
fatto iniqui fino a fare degli "aiuti” una occasione per affari non
si può dire che si lavora per la
pace e la solidarietà internazionale.
Quando non si assume il problema del superamento del divario Nord-Sud del mondo e di una
corretta applicazione del diritto
intemazionale come prioritario
per ogni governo, non si può dire
che si opera per la soluzione dei
problemi del Golfo.
Al vecchio "Se vuoi la pace, prepara la guerra” contrapponiamo
”Se vuoi la pace, prepara la pace”; solo così si può veramente
dire: ’’Prima di tutto la pace” ».
D. V.
CRISI DEL GOLFO
La corsa
alle provviste
Malgrado tutti gli appelli, le
notizie circa gli approvigionamenti e la stabilità dei prezzi,
o magari proprio per tutte queste rassicurazioni, la caccia alle merci nei supermercati e l’accaparramento si sono scatenati
anche nel pinerolese.
Fin da sabato scorso e, dove
erano aperti, domenica, i supermercati sono stati presi d’assalto: pasta, zuqchero, latte, scatolame in particolare, nel mirino
degli acquirenti.
Risultato: nei primi giorni della settimana gli scaffali sono stati vuotati; martedì mattina abbiamo sentito un responsabile
di un supermercato della vai
Penice: « Non avrei mai immaginato accadesse una cosa del
genere; la gente caricava i carrelli di ogni cosa. Naturalmente noi ci siamo limitati ad osservare, ove si eccettui lo zucchero su cui è posto un certo
limite all’acquisto, i clienti che
parevano quasi cercare giustificazioni per quei carrelli così colmi. Resta il fatto che per alcuni giorni ci sarà un’oggettiva
difficoltà a ricostruire le scorte
nei negozi ».
E gli acquirenti cosa ne pensano? Ne abbiamo sentiti alcuni ma, anche a dispetto dei car
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Nascerà un
atelieridi pittura
quando prevede di poter avviare
questa attività?
« Certo, per i lavori esterni dovrò aspettare la primavera e dunque il tutto dovrebbe essere rimesso a nuovo per l’estate; diversi sono invece i tempi per lo
studio di pittura che conto di far
partire tra la fine di febbraio e i
primi di marzo. Lo spazio è piccolo e, se i ragazzi saranno tanti,
dovremo dividerci in più turni;
tengo comunque a precisare che
il vano inferiore verrà diviso in
due in modo da consentire il vroseguimento del servizio di pesatura ».
Re. Nard.
relli pieni di merce, pochissimi
hanno ammesso un collegamento fra l’acquisto abbondante e
gli avvenimenti del Golfo Persico.
Esemplare la spiegazione di
una signora a Torre Pellice:
« Non credo che vengano a mancare i generi alimentari ma temo invece un aumento dei prezzi; il mio acquisto di forte quantità è dunque un modo di risparmiare» oppure un’altra acquirente che arriva a dire di voler fare gli acquisti «per scaramanzia». Naturalmente abbiamo anche incontrato chi ha effettuato le normali spese familiari, ben attento « a non innescare quei meccanismi a catena che alla fine producono davvero un aumento dei prezzi ed
una carenza negli approvvigiona^
menti ».
Un misto di ragionamento e
di irrazionalità anche da noi
dunque, con forme di accaparramento che lasciano comunque
anche intravvedere forme di egoismo che se non trovano giustificazione con la realtà della
situazione, mal si conciliano anche con le grandi volontà - di
pace tanto sbandierate in questi giorni.
P. V. R.
Lo stabile destinato all’atelier.
Nel centro di Torre Pellice, proprio accanto al mercato coperto
di recente ristrutturazione, esiste il piccolo edificio del peso
pubblico, una casa il cui aspetto,
come anche la foto evidenzia, è
andato via via peggiorando.
Eppure da anni, malgrado la
volontà del Comtme di mantenere in funzione il servizio della pesatura, non si è riusciti a trovare
una soluzione più decorosa; da
qualche giorno però chi passa da
quelle parti ha forse notato segni
di nuova vitalità provenire dalTinterno.
Qualcuno si è interessato all’edificio del peso pubblico?
E’ esattamente così: il pittore
Guy Rivoir, noto per la sua attività non solo qui alle valli ma anche all’estero, ha presentato all’amministrazione comunale un
progetto di recupero della casa
e di un successivo riutilizzo.
In cosa consista questo progetto lo abbiamo chiesto al diretto interessato; salendo per antiche scale in pietra abbiamo raggiunto Guy Rivoir al primo piano deH’edificio, una stanzetta già
decisamente ripulita, con in mezSQ il classico cavalletto che regge
un dipinto che sta prendendo corpo: è il primo del 1991.
« Ho visto che questo edificio
stava andando allo sfacelo e ho
pensato che avrei potuto usufruirne per la creazione di un atelier
di pittura; l'amministrazione comunale ha accettato la mia proposta e mi sono messo subito al
lavoro ».
Lei intende organizzare dei veri e propri corsi di pittura?
« Non precisamente: vorrei utilizzare questi locali come studio
artistico per la mia attività e nello stesso tempo vorrei far nascere una scuola di artisti a Torre
Pellice invitando i ragazzi a partecipare. Non ci saranno comunque orari fissi né costi di iscrizione: i giovani che lo vorranno potranno venire qui liberamente,
senza limiti di età, e io insegnerò
loro secondo la mia esperienza ».
Tornando aH’edificio, saranno
necessari lavori non indifferenti...
« La mia intenzione — prosegue Rivoir — è quella di restituire alla casa l’aspetto che aveva
cento anni fa, rispettandone i colori e le caratteristiche, anche
esterne. Oggi sui muri ci sono affissioni e scritte di ogni genere; si
potrebbe prevedere di mantenere
alcuni di questi spazi costruendo
però dei tabelloni appositi ».
La stagione è quella che è;
Il PCI sul Golfo
PINEROLO — Durante il congresso della sezione del PCI è
stata assunta una presa di posizione in cui si ribadisce che
« nel Golfo, come in qualunque
parte del mondo, i diritti violati non possono essere ristabiliti con la guerra, che è la negazione di ogni diritto ».
Il PCI pinerolese si schiera
dunque per il ritiro delle forze
italiane dal Golfo e chiede la
convocazione di una conferenza
internazionale di pace.
Viene poi formulata una proposta nel caso di scoppio del
confiitto: la costituzione di un
« centro per la pace » con tutte le forze disponibili, in un luogo pubblico, che si strutturi come riferimento permanente per
tutti i cittadini. La finalità dovrebbe essere quella di rendere
permanente e visibile agli occhi
dei cittadini l’opposizione alla
guerra. Il centro dovrebbe svolgere un’attività di controinformazione, di iniziativa popolare
e di coordinamento.
Polemiche
TORRE PELLICE — Prosegue
la polemica fra gli autonomisti;
il giornale della Lega Nord, oltre
ad attaccare l’amministrazione
comunale, in particolare su problemi inerenti alla viabilità, si
scaglia contro il leader di Piemont. Grammo, che avrebbe
« contribuito con fi suo voto alla
caduta in Valle d’Aosta del governo guidato dairUnion Valdòtaine e che curiosamente sarebbe
stato, subito dopo, cooptato nel
consiglio di amministrazione dell’Ativa» (la società àutostradale
che gestisce tra l’altro la TorinoAosta).
Replica, naturalmente smentendo questa circostanza, lo stesso Gremmo pubblicando uno
« special Valpelis » della sua
Union piemontèisa; inoltre egU
accusa la Lega di non fare opposizione a Torre Pellice e « di arrendersi proprio di fronte alle
scadenze più importanti come il
bilancio o gli aumenti di tariffe ».
Altra cosa sarebbe la sezione
di « Piemont unión autonomia »
in valle, la « Barón Litron », senza sede ma con im numero telefonico, di Torino.
11
18 gennaio 1991
valu vald^ 11
ESPIAZIONE
INTEGRALE
Gentilissimo Direttore,
mi riferisco all'articolo «Tecnico o
Politico », apparso sul numero 49 del
nostro giornale e che affronta tra l'altro i problemi conseguenti alla richiesta di modifica della legge Gozzini,
alla applicazione troppo generosa della quale molti attribuiscono la recrudescenza della delinquenza.
Il problema, secondo me, è diverso
da quanto sostiene l'autore. Purtroppo si cerca, da parte di chi ci governa, di affrontare i problemi della
società senza aver fatto un esame
sereno e completo, enfatizzando i risultati, minimizzando gli inconvenienti e tralasciando sistematicamente l'adeguatezza dei mezzi necessari. In
questa situazione il tecnico, se onesto
e disinteressato, può solamente servire per mettere meglio a fuoco uno
solo dei tre problemi accennati prima, non può fare altro. Il vano tentativo di conciliazione tra « la botte
piena e la moglie ubriaca », condizione che la saggezza popolare giudica
inconciliabile da tempo immemorabile,
è caratteristica peculiare della mentalità politica, particolarmente di quella
italiana.
Ma ritornando ai problemi posti dalla legge Gozzini e dalla sua applicazione, è evidente che, come credenti,
non possiamo che condividere l'appassionata difesa che l'articolista fa della medesima e dei vantaggi che, secondo gli addetti ai lavori, essa ha
introdotto nella vita carceraria, ma,
secondo me ed altri, non si possono
nemmeno dimenticare i grossi inconvenienti che la sua applicazione, molto larga di manica, ha portato nella
vita fuori del carcere. Ci si è dimenticati completamente, con riferimento
allo speciale TG1 che ha trattato l'argomento e citato nell'articolo, del punto di vista del padre del ragazzo ucciso a sangue freddo da alcuni rapinatori, tra cui alcuni detenuti in permesso premio, perché si rifiutava di
cedere la propria macchina che costoro pretendevano per tentare la fuga!
Che Cristo Gesù ci abbia insegnato
la pietà ed il perdono verso gli infelici, tra cu! si trovano certamente co
loro che hanno trasgredito la legge,
significa anche che i rischi di tale nostro comportamento devono essere nostri, individualmente nostri. Troppo comoda è la prassi, oggi assai diffusa,
di coinvolgere altri nelle nostre personali responsabilità. In altre parole
non mi piace che qualcuno pretenda
gli elogi per aver sostenuto dei principi, certamente cristiani, ma le cui
ripercussioni pratiche vanno sulle spalle altrui.
Sempre a proposito della legge Gozzini parlavo l'altro giorno con uno psicologo (quindi un tecnico) addetto per un
certo periodo alle carceri italiane, il
quale mi raccontava come, con quali
minacce più o meno occulte vengono
troppo spesso ottenute le certificazioni di buona condotta in carcere, e
come, in pratica, sia molto più facile
ottenere permessi a chi, pur rinchiuso in carcere, continua a far parte,
della criminalità organizzata, in grado
di effettuare ricatti anche all'esterno
delle mura carcerarie. Purtroppo.. Siamo in Italia... e anche questo deve
essere messo sulla bilancia.
Una opinione quasi analoga è espressa dall'autore di una lettera ad un
quotidiano, lettera che allego in copia.
In definitiva, secondo me, possiamo
e dobbiamo, in accordo con gii insegnamenti deH'Evangelo, « rimettere i
debiti ai nostri debitori », ma non abbiamo alcun diritto di imporre, per
legge, che tutti facciano altrettanto.
La scelta che ognuno di noi fa deve
essere assolutamente libera. E fino a
quando ci sarà qualcuno non pienamente d'accordo, abbiamo il dovere,
per il principio di «giustizia», anch'esso ampiamente ricordato nell'Evangelo, di far sì che chi trasgredisce
alle leggi sopporti la giusta, umana,
punizione anche se, personalmente,
possiamo cercare di alleviare le sofferenze di tale soggiorno coatto con
visite, colloqui, doni, ecc. Ma la espiazione integrale della pena mi sembra, in generale, indispensabile anche
per sancire chiaramente la • responsabilità » individuale di ciascuno di
noi nei propri comportamenti, un concetto che, se non erro, è sempre stato basilare nella nostra concezione di
vita.
Molto cordialmente.
Reto Bonifazi, Terni
PRECISAZIONI
delle valli valdesi
settimanale deUe cblese valdesi e metodiste
Direttore; Giorgio Gardiol
Vicedirettore: Luciano Deodato
Redattori: Alberto Corsani, Adriano Longo, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan.
Segreteria: Angelo Actis
Amministrazione: Mitzi Menusan
Revisione editoriale; Stello Armand-Hugon, Mariella Taglierò
Spedizione: Loris Bertot
Comitato editoriale: Paolo T, Angeleri, Mirella Argentieri Bein, Claudio
Bo, Franco Carri, Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nitti, Gino Conte,
Piera Egidi, Emmanuele Paschetto, Roberto Peyrot, Sergio Ribet,
Mirella Scorsonelll
Stampa; Coop. Tipografica Subalpina - via Arnaud, 23 - 10066 Torre
Pellice - telefono 0121/91334
Registrazione n. 175 Tribunale di Pinerolo. Resp. F. Giampiccoll.
REDAZIONE e AMMINISTRAZIONE: via Pio V, 15 - 10125 Torino - telefono
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INSERZIONI
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EDITORE: A.I.P. - via Pio V, 15 - 10125 Torino - c.c.p. 20936100
Consiglio di amministrazione: Coetante Costantino (presidente), Paolo
Gay, Roberto Peyrot, Silvio ReveI, Franco Rivoira (membri)
Registro nazionale della stampa: n. 00961 voi. 10 foglio 481
Il n. 2/'91 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino il 9 gennaio
e a quelli delle valli valdesi il 10 gennaio 1991. ____
Hanno collaborato a questo numero; Valter Cesan, Mario Cignoni, Ivana
Costabel, Paola Montalbano, Dario Tron, Daniele Varese.
Caro Direttore,
sul numero 1 del 4.1.'91 de « L’Eco
delle Valli valdesi » a p. 6 è comparso l'articolo di P. V. R., intitolato
« Lottare per i diritti umani », sul lavoro svolto da Amnesty International
nella Val Pellice. Desidero fare alcune precisazioni. Prima di tutto il Gruppo di A. I. di Pinerolo non è più
« Gruppo in formazione » ma da tempo è stato promosso « Gruppo Amnesty Italia 114». Inoltre è bene ricordare che dopo l'affidamento in adozione da parte del Segretariato internazionale di A. I. al Gruppo Italia 90
della Val Pellice del prigioniero turco,
a questo Gruppo è stato conferito
l'incarico di occuparsi del caso di un
cittadino sovietico e, dal mese di settembre 1990, di un monaco cattolico
vietnamita. Presentemente sta investigando su questo caso.
La ringrazio per la sua cortese attenzione e la saluto cordialmente.
Anna Marnilo, Torre Pellice
PROPRIETÀ’ PRIVATA
Egregio Direttore,
nel nostro giornale del 7 die., n.
48, sotto il titolo « Chiesa e comunismo », è apparso uno scritto del
lettore Guido Zauli, contenente una
lunga citazione tratta da un libro di
Heinrich Boll; in essa le Chiese cristiane sono duramente condannate perché consentono ai loro fedeli l'esercizio della proprietà privata, della quale nei quattro Evangeli « si parla solo con disprezzo, anzi, in qualche caso, con orrore e con moniti minacciosi ».
L’autore conclude affermando che
« queste provocazioni di Gesù sono
una inevitabile pietra d'inciampo nella cultura occidentale, che non può
esaurirsi nelle esemplificazioni di Renato Paschetto ».
E’ chiaro che io sono stato chiamato in causa per la mia lettera del
5 ott., n. 39, dal titolo « Contro la
politica comunista in Chiesa », ma ne
sono meravigliato perché l'argomento
da me trattato era ben diverso, lo
avevo semplicemente citato come indebite delle affermazioni politiche di
partito che non avrebbero dovuto trovar posto su « La Luce »: mi ero poi
permesso di manifestare il mio sdegno per gli eccidi compiuti nella Russia Sovietica al fine di abolire la
proprietà privata.
Le accuse di Boll, « nonostante le
montagne di scritti e di discorsi sul
tema », costituiscono ancora un problema? Per il lettore Zauli certamente sì e forse per molti altri. Sarebbe
forse il caso che chi ha competenza
in merito, nella nostra Chiesa, colga
l’occasione per chiarire perché quel
« miserrimo resto » che è la proprietà
privata è sempre in auge in tutta la
cristianità.
Renato Paschetto, Milano
Partecipazioni
personali
Redattori, collaboratori e tipografi si
associano al dolore di Piera Egidi per
la perdita del papà, e le annunziano
che in Cristo « la morte è stata sommersa nella vittoria » (1 Corinzi 15: 54).
Cinema
Riceviamo da Firenze la bella notizia che Elena Ricca, figlia del prof.
Marco, si è laureata nel corrente mese in odontoiatria presso l'Università
di Firenze con il massimo dei voti
e lode.
Ci rallegriamo vivamente con Elena
e la sua famiglia e le auguriamo una
vita ricca di gioie e soddisfazioni.
NUOVI INDIRIZZI
• Il nuovo indirizzo di Dorothea
Müller è: via Valdarno, 7 - 50127
Firenze (tei. 055/417068).
• Il nuovo indirizzo della M. R.
Cartolibreria editrice è: via Monginevro, 13 - 10040 Rivalla Torinese (tei.
011/9091856).
TORINO — Mercoledì 23 alle 20.45
al Centro incontri della Cassa di Risparmio (c.so Stati Uniti, 23) Dorothee
Solle parlerà sul tema « Pensare Dio ».
TORRE PELLICE — Prende il via,
venerdì 18 gennaio, la settima rassegna « Cinema d'arte e cultura »
presso il cinema Trento; secondo uno
schema ormai collaudato per oltre due
mesi, ogni venerdì, alle ore 21.15,
verranno proposti film di particolare
interesse artistico e culturale. L’ingresso costerà 5.000 lire, ma sono in vendita gli abbonamenti per la serie di
10 film al prezzo di 25.000 presso la
videoteca Metropolis di Luserna, o direttamente alla cassa del cinema Trento.
Il primo appuntamento è con « Daddy nostalgie » di B. Tavernier, film
che ha riscosso grande successo all’ultimo festival di Cannes.
Sempre al Trento, sabato 19 (ore
20 e 22) e domenica 20 (ore 16, 18,
20 e 22) verrà posto in visione il
film « Fantozzi alla riscossa ».
POMARETTO — Prosegue il ciclo
del cineforum presso il cinema Edelweiss; venerdì 18 gennaio, ore 21,
viene proposto « Un affare di donne »
di C. Chabrol.
Amnesty International
TORRE PELLICE — Giovedì 17 gennaio, ore 16.45, avrà luogo nella sede
di via della Repubblica 3 una riunione con il seguente o.d.g.; a) appello
« per investigazione » al ministro della Difesa del Vietnam in favore di
John E Mai Huu Nghi; b) organizzazione della « manifestazione delle candele » che avrà luogo sabato 26 gennaio alle ore 18.30. La popolazione è
invitata a esporre candele alle finestre, contemporaneamente all’ora indicata, in segno di solidarietà con coloro che soffrono per motivi di coscienza in carcere e sotto tortura; c)
trentennale di Amnesty International.
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Tel. 0121/932558.
RINGRAZIAMENTO
(( Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho
serbata la fede »
(II Timoteo 4 : 7)
I familiari della compianta
Maria Artus ved. Davit
di anni 94
profondamente commossi per la grande
manifestazione di simpatia e solidarietà,
ringraziano tutti coloro che con presenza, scritti, fiori e parole di conforto hanno valuto essere vicini nella triste circostanza.
vaiar Pellice, 15 dicembre 1990.
RINGRAZIAMENTO
« Io so in chi ho creduto »
(II Timoteo 1: 12)
E’ mancato
Luigi Micheli
Lo annunciano nel dolore ma anche
nella certezza della resurrezione i figli
Bianca, Andrea e Aldo con le famiglie.
Un ringraziamento riconoscente a
Nella Righetti e al personale di Villa
Grazialma per l’affetto e la sollecitudine che gli hanno dimostrato durante
11 suo soggiorno nella casa di riposo.
Avigliana, 8 gennaio 1991._____
RINGRAZIAMENTO
« E fattosi sera Gesù disse;
passiamo alValtra riva »
(Marco 4: 35)
E’ mancata all’affetto dei suoi cari,
all’età di 87 anni
Livia Stallé
I familiari, riconoscenti, nell’impossibilità di farlo personalmente, ringraziano quanti hanno dimostrato la loro
simpatia cristiana e in particolare,
Adriana e Bruno Bellion.
Luserna S. Giovanni, 9 gennaio 1991.
« Quand’anche camminassi nella
valle dell’ombra e della morte,
io non temerò male alcuno perché tu sei meco »
(Salmo 23: 4)
La comunità metodista di Padova
partecipa al lutto che ha colpito la famiglia Moreschi per la scomparsa del
caro fratello
Vito Moreschi
Viviamo il tempo deU’attesa nella
speranza della resurrezione e della certezza della fedeltà divina aUe antiche
promesse.
Padova, 12 gennaio 1991.
« Il Signore è il mio pastore,
nulla mi mancherà »
(Salmo 23: 1)
Redattori, collaboratori e tipografi sono vicini alla famiglia Jouve e in particolare ad Enzo per ila perdita, dopo
lunghe sofferenze, di
Guido Jouve
Torre Pellice^ 14 gennaio 1991.
RINGRAZIAMENTO
« Il Signore mi conduce in pascoli verdeggianti »
(Salmo 23 ; 2)
I familiari di
Giovanni Giacomo Pontet
nell’impossibilità di farlo personalmente, ringraziano tutti coloro che hanno
manifestato la loro simpatia nella malattia e in occasione della dipartenza
del loro congiunto.
Un ringraziamento particolare al personale dell’Ospedale valdese di Torre
Pellice e dell’Asilo valdese di Luserna
San Giovanni.
Luserna S. Giovanni, 15 gennaio 1991.
RINGRAZIAMENTO
« Io alzo gli occhi ai monti,,,
donde mi verrà Vaiato? Il mio
aiuto vien dalVEterno, che ha
fatto il cielo e la terra »
(Salmo 121: 1-2)
I familiari della cara
Adele Bounous ved. Rostan
ringraziano di cuore tutti coloro ohe
con presenza, scritti, parole di conforto
e fiori hanno preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare alla
Direzione e personale dell’Asilo dei
vecchi di San Germano Chisone.
Villa di Proli, 18 gennaio 1991.
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USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 2331 (Ospedale Civile],
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 20 GENNAIO
Bibiana: FARMACIA GABELLA - Via
Pinerolo, 21 - Telef. 55733.
Bobbio Pellice: FARMACIA - Via
Maestra 44 - Tel. 92744.
Ambulanza :
CRI Torre Pellice: Telefono 91.996.
Croce Verde Bricheraslo: tei. 598790
SERVIZIO ATTIVO INFERMIERISTICO: ore 8-17, presso I distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA, elictrttero: tei. 116.
12
12 villaggio globale
18 gennaio 1991
LA PIU’ GRANDE TRAGEDIA UMANA CONTEMPORANEA
Sempre più dimenticata:
i’Africa di oggi
Si riduce, da parte dei paesi sviluppati, l’attenzione per il Continente Nero, sconvolto ripetutamente da carestie e guerre civili
AGAPE
Colonizzazione
o conquista?
Il prossimo anniversario della scoperta dell’America deve mettere in crisi noi europei
Profughi mozambicani rifugiati nel Malawi.
Da vari mesi molte decine di
migliaia di bambini, scarni e
mezzi nudi, vanno errando per
le strade di Monrovia in cerca
di cibo. Non chiedono Telemosina, non abbordano nessuno.
Non che questi orfani siano
più fieri o meno smaliziati dei
loro « cugini » di Nairobi o di
Dakar. Ma in quell’immenso spazio occupato da persone costrette a spostamenti forzati che è
diventata la capitale della Liberia, in questo « isolotto » accerchiato dalla guerra in cui circa
350.000 civili si sforzano di sopravvivere, semplicemente non
c’è più niente: né da chiedere in
elemosina, né da rubare.
All’inizio di dicembre, nei « centri di nutrizione » di Monrovia
dove lavorano i gruppi belgi dei
« Medici senza frontiere » (MSF),
si contavano 50 decessi di bambini al giorno. Malgrado qualche miglioramento logistico, la
situazione resta critica. « Delle
5.000 tonnellate di aiuti alimentari che servirebbero ogni mese
per nutrire gli abitanti di Monrovia, solo 1.200 sono arrivate
negli ultimi tre mesi », dice ü
dottor Georges Dallemagne, uno
dei responsabili dei MSF. Quanto al resto del paese, largamente controllato dai ribelli di Charles Taylor, nessuna missione umanitaria vi si avventura.
Ora, a credere al dott. Daliemagne, su circa un milione di
persone « la metà di esse necessita di un aiuto alimentare urgente ». La guerra civile, che
scuote il paese da un anno, è
l'unico ostacolo all’invio dei soccorsi? Sembra proprio di no:
l'indifferenza dei paesi ricchi è
il perno della questione.
Lo testimonia la recente reazione di collera dei membri delrONU, che hanno denunciato il
« silenzio imbarazzato » della comunità intemazionale di fronte
a quella che considerano « la più
grande tragedia umana del momento» («Le Monde», 21 novembre). Gli USA, primi accusati, hanno ricordato i 70 milioni di dollari che si sono impegnati a versare per la causa della Liberia, dimenticando di precisare che la maggior parte della somma è destinata, tramite
il programma alimentare mondiale (PAM), ai civili rifugiati
nei paesi vicini (Sierra Leone,
Costa d’Avorio e Guinea) e non
alla Liberia stessa.
Occorre riconoscere che, mentre lo sguardo dell’Occidente è
rivolto al Golfo e gli sforzi umanitari volgono all’Èst europeo, la
vicenda della Liberia, i cui episodi sanguinosi hanno riempito
le colonne di stampa nell’estate
scorsa, non è più all’ordine del
giorno. L’Africa, nel suo insieme, rischia di pagare questo di
sinteresse crescente.
Il Sudan, il Mozambico, l’Angola e l’Etiopia stanno anch’essi per subire una delle più grandi carestie della loro storia. « La
siccità ha ridotto i raccolti di
tutti i paesi vicini alla fascia del
Sahel, dalla Mauritania a ovest,
al Sudan e all'Etiopia ad est »
ha ricordato, a fine dicembre,
l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura. Secondo la
FAO i bisogni più importanti
saranno evidenti nel Sudan e
nell’Etiopia dove « tra 7,5 milioni e 15 milioni di persone potrebbero morire di fame per i
raccolti insufficienti, dovuti a
due anni consecutivi di siccità
e alla guerra civile ». « C’è tuttavia del denaro per l'Africa, ma
è utilizzato senza buon senso »,
deplora un commentatore. Marginale sul piano economico, il
Continente Nero sta per diventarlo anche sul piano politico.
E’ là il vero pericolo, senza dubbio, e questo spiegherebbe in
parte la mancanza d’attenzione
sempre più rilevante da parte
dei paesi sviluppati di fronte ai
nuovi drammi dell’Africa.
Nel 1989 il totale delle esportazioni di un continente « forte » di 500 milioni di abitanti
rappresentava solo il 2,5% delle
esportazioni mondiali (l’equivalente di quanto esporta Hong
Kong con i suoi 5,7 milioni di
abitanti). L’aggravamento del debito non lascia presagire cambiamenti positivi. Secondo la
Banca mondiale il debito, per
l’Africa subsahariana, è passato
dai 6,3 miliardi di dollari (1980)
agli 11,2 miliardi (1990).
Una « miscela
esplosiva »
La « perestrojka » e gli sconvolgimenti europei hanno dato
il segnale di un isolamento _di
cui si comincia appena a cogliere le prime conseguenze. Lasciata a se stessa l’Africa diventCTà
una « zona d’instabilità fondamentale », come dice Jacques I^lors, presidente della Commissione europea? Il rifiuto del monopartitismo, l’acuirsi delle tensioni tribali, il disastro economico
e i rischi di carestia forinano
in ogni caso una miscela di alto potenziale. . .
« Nei prossimi mesi migliata
di persone moriranno nell’indifferenza generale » s’indignava a
fine novembre a Luanda il responsabile del Programma cmll’ONU per lo sviluppo (PNUD),
Otto Essien, incaricato di organiz.zare l’avvio dei soccorsi alimentari per circa due milioni di
angolani minacciati dalla fanne
(« Le Monde », 14 dicembre). Indi
gnazione premonitrice: il 21 dicembre il governo angolano decideva di sospendere il program
ma di aiuti dell’ONU, col pretesto dell’assenza di garanzie di
sicurezza da parte dei ribelli delrUNITA per la distribuzione
dei viveri. La sola speranza di
salvare le popolazioni affamate
sta nell’eventuale cessate il fuoco.
Stesse fragili speranze in Mozambico, scosso dalla guerra civile: un milione di abitanti fugge verso il vicino Malawi e gli
altri, a centinaia di migliaia, si
sono rifugiati nei campi, dove
l’aiuto intemazionale arriva con
grandi difficoltà.
Ancora il Sudan, la Somalia e
l’Etiopia, scossi da un nuovo ciclo di siccità, non sembrano vedere la pace da vicino. Il regime islamico di Khartoum, che si
ostina a minimizzare la gravità
della carestia nel sud del paese,
è stato privato dell’aiuto della
CEE (« Le Monde», 16 dicembre)
a causa delle violazioni dei di;
ritti umani di cui il governo si
è reso colpevole.
L’ultima ondata
di siccità
« Nella sola regione del Nord
Khordofan da 5.000 a 10.000 persone vanno errando in permanenza, in cerca di cibo. La situazione per questi sradicati è
ancora più terribile considerando che le autorità impediscono
loro di avvicinarsi a Kharthoum»,
afferma il responsabile di un’organizzazione non governativa.
Mentre si stima che siano circa
4 milioni i sudanesi minacciati
dalla fame e mentre i depositi
sono vuoti.
« In questi ultimi tre anni la
gente era riuscita a costituire
delle piccole scorte. Ma oggi non
c’è più nulla. E’ il risultato dell’incuria del governo: le autorità non hanno nemmeno un chilo di grano per gli affamati ».
Dopo lo stop dato al programma di aiuto urgente dell’ONU
(l’operazione «Life Line Sudan»
cercava di portare un minimo
di aiuto alimentare nelle province del sud) l’isolamento del regime si è accentuato. Oltre alla CEE anche i britannici, a causa dell’allineamento del Sudan
dopo l’invasione irachena del
Kuwait, stanno « riconsiderando » il loro aiuto umanitario.
Vittima anche del nuovo ciclo
di siccità, l’Etiopia del nord sembra disporre tuttavia di risorse
migliori rispetto al Sudan. Le province ribelli del Tigrai e dell’Eritrea, sotto controllo della
guerriglia, non hanno aspettato
Addis Abeba per assicurare i socsorsi alle regioni minacciate.
In più, contrariamente al sud
del Sudan, il Nord Etiopia rimane accessibile ai convogli stranieri. La riapertura annunciata
del porto di Massaua, in mano
al Fronte popolare di liberazione dell’Eritrea dal febbraio scorso, rappresenta una speranza in
più per le popolazioni.
Situata al limite del Mar Rosso l’Eritrea beneficia, da quando è scoppiata la crisi del Golfo, dell’attenzione interessata degli uni e degli altri, paesi arabi
e USA. Stessa sorte tocca alla
Somalia, a cui l’Arabia Saudita
ha accordato un finanziamento
di 70 milioni di dollari. Tuttavia
niente assicura che questa improvvisa « manna » vada a beneficio delle centinaia di migliaia
di persone che si affollano alle
porte di Mogadiscio,
Catherine Simon
Chissà quali saranno stati i
pensieri degli abitanti dell’isola,
poi battezzata San Salvador,
quando videro sbarcare da tre
imbarcazioni dei curiosi individui tutti vestiti di cuoio e di
ferro, quali saranno state le loro
aspettative...
Pino ad ora gran parte della
storia e della storiografia ci ha
permesso di vivere quel periodo
storico solo dal punto di vista
europeo, analizzando l’epoca solo sotto una particolare luce.
Ma esistono pure una realtà,
una storiografia ed una serie di
testimonianze che ci presentano
l’avvenimento sotto una prospettiva differente, quella delle
popolazioni indigene che vissero
la conquista come una vera e
propria invasione, con tutti i risvolti orribili che questa ha implicato.
E’ di questo che si è cercato
di parlare ad Agape durante i
sette giorni del campo invernale
(dal 26 dicembre al 1” gennaio).
Il 1992 è alle porte e per le
celebrazioni del 500° anniversario della scoperta dell’America
ovunque stanno fervendo i preparativi.
Agape ha così voluto dare il
suo piccolo contributo, sviluppando tuttavia una analisi critica della conquista mettendosi
dalla parte dei conquistati.
Si è cercato di percorrere im
cammino volto a toccare i vari
problemi, sfiorando (per vastità
dell’argomento e mancanza di
tempo) gli aspetti culturali, economici, storici e politici.
Ad aprire i lavori, dopo un piccolo prologo di mini-informazione
sidla conquista, è stato José Ramos Regidor, un teologo spagnolo e responsabile del coordinamento della campagna « NordSud » su debito e biosfera.
La parzialità delle
fonti storiche
Nella sua relazione Regidor ha
esposto alcuni punti che harmo
permesso l’inquadramento globale del problema: innanzitutto è
importante ricordare che le fonti
storiche che ci hanno da sempre
presentato la conquista sono state soprattutto di stampo europeo; ciò ha significato che, chi
più chi meno, si sono orientate a
descrivere il fatto come un momento di incivilimento di quelle
popolazioni. Esistono tuttavia altre fonti, dalle quali non si è quasi mai attinto e che sono rappresentate da testimonianze (scritte e non) di quelle popolazioni.
Partendo quindi dal presupposto
che non possono esistere delle
descrizioni oggettive di un evento, è necessario potere confronta^
re più testimonianze, cercando di
sviluppare una analisi critica di
queste.
Un secondo punto affrontato
da Regidor è stato quello relativo al significato di colonialismo,
che si identifica essenzialmente
con la negazione, sotto diversi aspetti, « dell’altro », a partire dall’aspetto sociale (totale negazione
del tipo di società preesistente),
a quella ecologico (rottura
di un ecosistema preesistente,
con lo sviluppo di monoculture
e piantagioni), ad imo antropologico-cultural-religioso. E’ su
quest’ultimo piano che ha avuto
il suo spazio un gruppo musicale
afro-cubano, che ci ha presentato
un aspetto dell’altra cultura, esponendo il significato di quei ritmi ed i loro risvolti culturali e
religiosi, descrivendoci le manifestazioni tradizionali ad essi associati (Santeria). L’esposizione
ha poi avuto la sua concretizza
zione con il concerto che si è
avuto la sera del 28 nella chiesa
valdese di Ghigo, durante il quale si sono potuti ascoltare i
suddetti ritmi accompagnati da
danze in costume.
Una esposizione storico-socialeconomica è stata quella presentata da José Luis Del Rojo, un ricercatore dell’istituto di storia
del movimento operaio brasiliano e che attualmente coopera ad
un programma di contromanifestazioni per il 500° anniversario.
Un’esposizione della situazione
europea è stata il prologo alla
descrizione dei motivi che hanno
portato i paesi europei a spingersi verso le Indie, alla ricerca di
oro, spezie e materie prime necessarie al mantenimento della
situazione sociale ed economica
esistente. Gli eventi storici verificatisi (l’intromissione dei turchi ottomani sul cammino per
l’oriente) hanno reso necessaria
la ricerca di una via alternativa,
aprendo l’epoca dei viaggi oceanici (circumnavigazione dell’Africa) e conseguentemente la ricerca di una via ad occidente per
raggiungere le Indie. Spinti dal
vento delle necessità economiche
e portatori del vessillo della «cristianità», la Spagna prima ed il
Portogallo poi misero piede su un
nuovo mondo, sul quale doveva
venire portata la conoscenza della « vera religione » e della « vera cultura ».
Un complesso
di superiorità
Questa coscienza di superiorità da parte della cultura europea si è perpetuata nel corso di
tutti questi cinque secoli, provocando in quella regione grossi problemi economici e politici. Questo
è quanto ci ha raccontato José
Roberto Zelaya presentandoci la
realtà attuale dell’Honduras (in
particolare) e dei paesi dell’America centrale in generale. José
Roberto, esule che attualmente
vive a Parigi, ha insistito sulla
necessità di ristabilire in quelle
regioni i diritti umani che da
troppo tempo sono calpestati,
per sostenere una sorta di colonizzazione latente e per permettere un più facile sfruttamento
di quelle regioni da parte di quei
paesi che si dicono «evoluti».
Qui in Italia c’è qualcosa che
si sta muovendo per cercare di
fare conoscere le realtà di quelle
zone; esistono associazioni quali la C.T.M. (Cooperativa Terzo
Mondo) che si occupa di promuovere un commercio alternativo, sganciato da multinazionali
e da logiche di sfruttamento, che
hanno lo scopo di sviluppare una
economia di quei paesi dove lo
sfruttamento da parte delle multinazionali ne provoca l’impoverimento.
Altri interventi che si sono
succeduti ci hanno presentato altri settori di attività, portati
avanti da associazioni quali la
Lega per i diritti dei popoli
(campagna per l’affidamento dei
figli di desaparecidos), i Beati i
costruttori di pace (iniziative di
aggregazione e formazione tematiche) e Mondo nuovo.
E’ fuori d’ogni dubbio che questi sono problemi che richiamano
la necessità di una nostra attenzione e di un nostro impegno.
Così il campo di Agape non è una
parentesi di vacanza ma un punto di partenza per approfondire
ed apportare un nostro contributo per un cambiamento delle
strutture ingiuste.
Marco Ippolito