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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Prof. ARWAND HUGON Augusto
Via Beckwith 10
10066 TORRE PELLICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
At.no 98 - N. 46 I ABBONAMENTI Í Eco: L. 2.500 per l’interno Spedizione in abbonamento postale - I Gruppo bis TORRE PELLICE - 22 Novembre 1968
Una copia lire 50 , L. 3.500 per l’estero Cambio di indirizzo Lire 50 Ammin. Claudiana Torre Pellice - C.CJ*. 2-17557
I detentori del Prestigio
Per la prima volta un teologo cattolico
incaricato di corsi in una Facoltà
di teologia protestante
È stato osservato che, da molti
anni, i movimenti politici rivoluzionari tendono sempre più a contestare i « detentori del Potere »,
piuttostochè i « detentori della
Ricchezza ». La rivoluzione che un
tempo si pronunciava contro il capitalismo, oggi si pronuncia (almeno nei paesi di alto sviluppo
industriale) contro /’ autoritarismo: in questo senso èssa non potrebbe più chiamarsi marxista, o
almeno non più genuinamente
marxista.
Il fatto che la contestazione studentesca, il cui obbiettivo nell’Occidente è appunto Tabbattimento
d'ogni autoritarismo tanto accademico che politico, sia sorta spontaneamente, sebbene con minore
violenza, anche in talune società
marxiste (per es. nella Cecoslovacchia deH’autunno 1967 e nella Jugoslavia della primavera 1968), e
la terminologia in uso, di « contestazione della "società dei consumi" o della "società del benessere" », confermerebbero quest’interpretazione.
In una bella meditazione sulle
tentazioni di Gesù (secondo Luca 4), tenuta nel tempio del Ciabàs il 24-8 u. s., l’avv. Giorgio Peyrot esaminava con acutezza tale
questione alla luce dell’Evangelo.
Egli osservava che nella seconda
delle tentazioni («Ti darò tutta
quanta questa potenza e la gloria
di questi regni » ) il dio-denaro
non compare, e questo starebbe a
significare che non è propriamente il denaro l’ultimo e fondamentale movente di coloro che comandano ed opprimono il mondo.
In effetti una vita interamente
ed esclusivamente dedicata al denaro, sembra qualcosa di cosi basso e vile, da non meritare nemmeno il nome di « umano ». Non crediamo che sia una vita così frequente nè così rilevante come comunemente si tende a credere! È
una vita sprecata nel sottobosco
dominato da ben altre piante d’alto fusto; quelle che appunto si ha
l'abitudine di designare col termine « detentori del Potere ». Ma qui
si pone anzitutto il problema dell'esatta interpretazione del testo.
Noi intendiamo il v. 6 come lo
specchio nel quale la realtà del
mojido dello spirito appare esattamente capovolta. Infatti l’invocazione che chiude il « Padre Nostro »: « A Te appartiene il regno,
la potenza e la gloria » si traduce
capovolta nel patto offerto dal
Tentatore: « Ti darò... la potenza
e la gloria di questi regni ». E come l’Eterno « dà la terra a chi gli
par bene » (Ger. 27: 6), cosi il
Tentatore insiste: « Essa mi è stata data, e la dò a chi voglio ». E
una promessa perversa, perchè vera e falsa nello stesso tempo,
quanto quella primigenia: « Sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male ».
Anche l’ordine dei beni enumerati dal Tentatore è lo stesso di
quello dei beni supremi che appartengono al Padre: va dai re
ANCHE A LUCERNA
GIOVANI EVANGELICI
maturi a 18 ANNI
Luzem (epd) - La commissione per la Co
stituzione della futura Chiesa evangelica riformata del Cantone di Lucerna ,alla seconda
lettura deH’abbozzo di Costituzione, ha deciso con 45 voti contro 16 di assicurare il
diritto di voto ecclesiastico a partire dal diciottesimo anno d’età. Si attende per la fine
di novembre l’esame definitivo deU’abbozzo
di Costituzione.
gni, già « mostrati in un attimo »
prima, alla gloria che li corona e
sintetizza tutti, com’è vero che la
condizione richiesta dal Tentatore
per il baratto è l’adorazione, e che
Gesù risponde rifiutando appunto tale adorazione. E la sintesi è
espressa nel singolare collettivo
con cui termina il v. 6, così come
i’ « Padre Nostro » termina (Matteo 6: 13) col singolare « appartiene » (non col plurale « appartengono », come usa dire nei nostri
culti).
Da tutto ciò ci sembra di poter
dedurre che la parte negativa del
significato della parola « Potere »,
debba dal crederrte cogliersi nella
sintesi dei tre beiti offerti dal Tentatore, ma con particolare accento sulla gloria. S;e quindi si sostituisce alla locuèione « detentori
del Potere », l’àltra: « detentori
del Prestigio », sijguadagna in precisione e chiarez^ perchè si libera dalla parola «‘‘potere » la parte
positiva di significato che pure
essa ha, e come. grande! È il significato che em#ge da tutto l’insegnamento di (lesù e che l’apostolo Paolo potmtemente ribadi
Hans Kiìng invitato pro tempore
ali’Università di Basiiea
sce e sviluppa
paralleli).
Romani 13 e
Tullio Viola
Basilea (epd) — Il Consiglio di stato del
Cantone di Basilea ha affidato al prof. Hans
Kiing un incarico d’insegnamento (per sei
ore settimanali) nel corso del semestre estivo 1969, per la seconda cattedra di teologia
sistematica occupata sinora dal prof. H. van
Oyen.
Ta,le incarico esprime con chiarezza il mu.
tare dei rapporti interconfessionali, affermatosi negli ultimi anni, che ha portato a una
attenuazione di vasta portata di antiche posizioni e a una larghezza ecumenica di visioni. Il prof. Hans Kiing è sacerdote secolare cattolico. Nato nel 1928 a Sursee, ha studiato alla Gregoriana di Roma e all’Institut
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MEDITAZIONI il AVVENTO - 1
Testimoni di Gesf) Cristo : ABRAMO
“Abramo ha veduto il mio giorno e se n’è rallegrato,,
Secondo l'Evangelo di Giovanni, la venuta di Gesù
non è preannunciata solo da Giovanni Battista e da pochi testi profetici come Isaia 7, Isaia 9, Michea 5, ma da
tutto l'Antico Testamento, che nel suo insieme altro non
è che una testimonianza resa a Cristo. Testimoni di Crh j
sto sono Abramo, Mosè e Isaia, tre personaggi dell'An;
tico Testamento che riassLimono in sè-inteve epoch» dell»
storia di Israele : Abramo, che riassume e personifica il
periodo dei patriarchi, ha veduto il giorno di Cristo (Giovanni 8: 56); Mosè, che riassume il periodo del patto,
ha scritto di Cristo (Giovanni 5: 46); Isaia, che riassume il periodo dei profeti, ha visto la gloria di Lui (Giovanni 12 : 41 ).
* * *
Abramo, « il cavaliere della fede » — come lo ha
chiamato Kierkegaard — è dunque il primo testimone di
Cristo nell'Antico Testamento: egli, dice Gesù, « ha giubilato nella speranza di vedere il mio giorno; e l'ha veduto e se n'è rallegrato» (Giovanni 8; 56).
Quando mai Abramo ha giubilato nella speranza di
vedere il giorno di Cristo? Non ha piuttosto giubilato
nella speranza di vedere il giorno di Isacco? In che senso
il giorno di Isacco e il giorno di Cristo si somigliano tanto che Abramo, vedendo il giorno di Isacco, ha veduto il
giorno di Cristo? Nel senso che tanto Isacco quanto Cristo sono figli della promessa, figli del miracolo, che non
potevano nascere dalla volontà dell'uomo, ma dovevano
essere attesi. Isacco fu atteso a lungo: Abramo aveva 75
anni quando Dio gli promise un figlio, ma solo a cent'anni gli nacque Isacco. Venticinque anni di speranza. Quanto è lungo il tempo dell'attesa, il tempo della promessa
che non si compie ! « Abramo non ci ha lasciato lamentazioni — scrive Kierkegaard nel suo indimenticabile
"Elogio di Abramo" —. Non ha contato tristemente i
giorni man mano che trascorrevano; non ha guardato
Sara con occhio inquieto per vedere se gli anni incidevano rughe sul suo volto; non ha fermato la corsa del sole
impedire a Sara di invecchiare, e di far invecchiare
per
ha
con essa la sua attesa ; per calmare la sua pena, non
cantato a Sara un triste cantico. Divenne vecchio, e Sara
fu schernita nel paese. Eppure era l'eletto di Dio e l'erede della promessa... Che cosa significa dunque esser
l'eletto di Dio? Significa vedersi rifiutare nella primavera
della vita quello che è il desiderio della giovinezza, per
essere esauditi in vecchiaia dopo grandi difficoltà ». Per
venticinque anni Abramo ha sperato contro speranza :
tanti e tanti giorni di attesa paziente, tenace, fiduciosa,
persino gioiosa, per vedere quel giorno, il giorno dell'adempimento, il giorno di Isacco.
Gesù è stato atteso non per anni, ma per secoli. Tanti secoli di attesa : ogni figlio che nasceva in Israele poteva essere il fanciullo promesso. Infine, quando i tempi
furono compiuti, nacque Gesù. Figlio della promessa e
Isacco, figlio della promessa è Gesù, « poiché quante sono
le promesse di Dio, tutte hanno in lui il loro 'sì' » (2 Corinzi 1 : 20). Così, la promessa di Isacco introduce la
promessa di Cristo, che è anch'egli, come Isacco, « progenie di Abramo» (Galati 3: Ì6). Il giorno di Isacco
sfocia nel giorno di Cristo e si invera in esso. Lo stesso
giubilo caratterizza entrambi : il giubilo di vedere adempiersi, dopo tanto tempo, dopo tanta attesa, la promessa
di Dio.
* * *
Ma Abramo non ha sempre giubilato. Quando, un
giorno. Iddio gli disse: « Prendi ora il tuo figliuolo, il tuo
unico, colui che ami, Isacco e vattene nel paese di Mo
-riah, e offrilo quivi in olocausto sopra uno dei monti che
ti dirò» (Genesi 22: 2), Abramo non può aver giubilato. Piuttosto deve aver tremato. Tutto sembrava perduto: non solo il figlio diletto, ma l'intera promessa di Dio.
« O tu che mi ascolti ! Molti padri han creduto di perdere
nel loro fìglio il più prezioso tesoro del mondo e di essere così spogliati d'ogni speranza avvenire. Eppure nessun
fìglio è stato il figlio della promessa nel senso in cui
Isacco lo fu per Abramo. Molti padri hanno perduto il
loro figliuolo, ma esso fu loro tolto dalla mano di Dio,
dall'insondabile e immutabile volontà deH'Onnipotente.
Affatto diverso, il caso di Abramo. Una più grave prova
gli era serbata; la sorte di Isacco fu posta nel pugno suo
insieme al coltello. Tale la sorte del vegliardo di fronte
alla sua speranza unica! Ma egli non dubitò, non guardò
angosciato a destra e a sinistra, non stancò il Cielo con le
sue preghiere. Dunque l'Onnipotente lo metteva alla prova, egli lo sapeva, e sapeva anche che quel sacrifìcio era
il più grave che gli si potesse chiedere; ma sapeva anche
che nessun sacrifìcio è troppo grave, quando Iddio lo richiede. Ed egli levò il coltello» (Kierkegaard).
Anche sulla montagna di Moriah, Abramo ha veduto
il giorno di Cristo: ma lì non ha visto il Natale, giorno
dell'adempimento; ha visto il Venerdì Santo, giorno dell'olocausto. Àbramo offerse Isacco: anche se non lo ha
materialmente offerto, in cuor suo l'aveva già offerto.
Dietro la figura di questo padre pronto a sacrificare il suo
diletto, si staglia la figura del Padre che « non ha risparmiato il suo proprio Figliuolo, ma l'ha dato per tutti noi »
(Romani 8: 32): l'ombra del Venerdì Santo si stende
sulla montagna di Moriah.
Abramo offerse Isacco. Chi gli diede la forza di impugnare il coltello e di alzare il braccio sull'unigenito figliuolo? La fede nel Dio che gli aveva parlato, l'Iddio di
Abramo, di Isacco e di Giacobbe, che « non è l'Iddio dei
morti ma dei viventi» (Matteo 22: 32), l'Iddio capace
non solo di dare Isacco ma anche di risuscitarlo. « Ond'è
— scrive la Lettera agli Ebrei — che lo riebbe per una
specie di risurrezione» (Ebrei ìì: 19): la luce di Pasqua inonda la montagna di Moriah. Anche in questo
senso Abramo ha veduto il giorno di Cristo.
« Abramo ha veduto il mio giorno, e se n'è rallegrato » dice Gesù. Lo dice ai Giudei che lo stanno contestando : «Chi pretendi di essere?» gli chiedono (Giovanni 8: 53). Son piuttosto loro che pretendono di essere figliuoli di Abramo, ma non vedono quello che
Abramo ha visto, non vedono da vicino quello che Àbramo ha visto da lontano. Non vedono perchè non credono : di Abramo hanno solo il sangue, non la fede.
I Giudei hanno vissuto il giorno di Cristo, ma non
l'hanno visto, perchè per loro era un giorno come tutti
gli altri, non un giorno speciale, tanto che Gesù pianse
poi su Gerusalemme dicendo : « Oh se tu pure avessi conosciuto in questo giorno quel che è per la tua pacel Ma
ora è nascosto agli occhi tuoi» (Luca 19: 42). Tragico
destino quello di chi guarda ma non vede, ode ma non
intende. Tragico destino quello di chi non sa riconoscere
il tempo della grazia, non sa distinguere il giorno di Cristo dagli altri giorni. E' la fede che discerne e vede, anche da lontano, come fu per Abramo che visse 12 secoli
prima di Cristo e come è per l'uomo del nostro tempo
che vive 20 secoli dopo.
Catholique e alla Sorbona di Parigi. Ordinato sacerdote nel 1954, ha esercitato il suo
ministero dal 1957 al 1959 a Lucerna. Chiamato quindi a Münster per un incarico di
assistente alla cattedra di dogmatica nella
facoltà teologica cattolica di quell’università,
nel 1960 è divenuto ordinario della cattedra
di teologia fondamentale presso la facoltà
cattolica dell’Università di Tubinga, dove gli
è stata pure affidata la direzione dell’Istituto
ecumenico.
Già nel suo saggio di libera docenza Hans
Kuug si è occupato del problema centrale
della teologia protestante: la dottrina della
giustificazione in Karl Barth. Pure nel suo
libro « Concilio e riunificazione » il prof.
Küug rivela la sua apertura ecumenica. Il
più importante, senz’altro, dei suoi libri pub.
blicati, « La Chiesa », rivela che Küng mi.
sura la Chiesa cattolica con la medesima misura che applica alle Chiese protestanti: interroga Luna e le altre circa la loro fedeltà
senza riserve al messaggio di Gesù Cristo.
Secondo ulteriori informazioni, viene chiarito che si tratta di un incarico a termine,
in quanto il teologo protestante che succederà l’autunno prossimo al prof, van Oyen
non è immediatamente libero di assumere
l’incarico. Anche così, tuttavia, il fatto —mai verificatosi sinora — riveste una grande importanza. E vi sono vari modi di valutarlo. Accanto alla valutazione deità sopra,
si può lamentare che vi sia carenza di teologi protestanti, tale da spingere a invitare
un teologo cattolico, sia pure della levatura
scientifica e spirituale del Kiing. Se non si
tratta di una questione, in qualche modo, di
forza maggiore, ma di una scelta di fondo,
la nostra perplessità cresce ancora, tanto piùche il docente della prima cattedra di teologia sistematica presso l’università di Basilea,
quella tenuta per tanti anni da Karl Barth,
è ora occupata da un teologo come H. Ott —
che abbiamo potuto udire anche in Italia in
’dialogo’ con il teologo cattolico K. Rahner
— sulla cui incertezza, per non dire indifferenza confessionale si possono avanzare non
poche riserve. Ci si intenda rettamente: non
contestiamo l’opportunità che, anche presso
facoltà teologiche protestanti, si tengano da
teologi cattolici, anche in modo regolare e
costante, corsi di teologia cattolica. Ma la
cosa sia chiara e si evitino gli ibridi come
quello che sarà il ’’secondo” corso di teologia
sistematica presso la facoltà teologica della
università di Basilea, nel semestre estivo
1969. Avremmo qui un assaggio di tappe ulteriori nella collaborazione cattolico-protestante (finora a senso unico, comunque) che
fa battere tanti
g. c.
Paolo Ricca
Ai lefiori
Accluso a questo numero del settimanale
i lettori trovano un modulo di conto corrente postale per il rinnovo del loro abbonamento ( o per iniziare un nuovo abbonomento!
e facciamo presente che a coloro che si abbonano ora, o abbonano qualche amico per U
1969, il settimanale sarà già inviato in queste idtime settimane dell’anno). Forse molti
avranno piacere di fare subito il loro versamento, evitando cosi le code agli uffici postali,
a fine d’anno; in tal modo renderanno comunque un grande favore alla nostra amministrazione, permettendole di non vedere concentrato in alcune settimane un lavoro che è
notevole, se si aggiunge a quello normale.
Il canone d’abbonamento rimane invariato.
Esso è modesto e, nel corso dell’anno che si
conclude, i nostri lettori hanno avuto, in termini economici, più di quello che ci hanno
versato. Tuttavia abbiamo deciso di non fare
variazioni, pensando che, anehe in questo, coloro che più possono suppliranno a coloro che
possono meno. Vi diciamo molto sinceramente che contiamo sulle offerte di molti: piccole
o considerevoli esse costituiscono un aiuto insostituibile al nostro lavoro; lo scorso anno
hanno raggiunto quasi le 600.00 lire; mentre
ringraziamo di cuore quanti ci hanno sostenuto e incoraggiato (anche criticamente! e
allora l’offerta è stata tanto più apprezzata),
facciamo ancora appello al vostro interessamento e alla vostra generosità solidale. Abbiamo molti programmi -— anche se forze
molto modeste — e spesso dobbiamo lasciarli
accantonati, per non esorbitare troppo dal bilancio : ci rendiamo sempre più conto che le
quattro pagine settimanali non bastano a reggere il ritmo del nostro lavoro e d’altra parte
ogni pagina supplementare rappresenta un so- .
vracosto di ventieinque mila lire (di puri costi tipografici). Ringraziamo di cuore coloro
che s’impegnano nella diffusione e nella raccolta di nuovi abbonamenti.
E per finire, il solito avvertimento : scrivete eon ehiarezza le vostre comunicazioni, compilando il modulo, e segnalateci tempestivamente ogni cambiamento d’indirizzo e ogni
disguido postale. Grazie!
2
pag. 2
N. 46 — 22 novembre 1968
FRA I PICCOLI BIAFRAM RIFUGIATI NEL GABON
" Siàmo
responsabili,
Europei cosi
solidalmente,
ricchi../
Abbiamo già pubblicato, alcune settimane
or sono, una breve corrispondenza da Libreville nella quale la missionaria Laura Nisbet
ci diceva, appena rientrata nel Gabon, il suo
sconvolgente incontro con i piccoli Biajrani
profughi accolti dal governo gabonese. Nel servizio stampa del Dipartimento missionario
delle Chiese protestanti dalla Svizzera romando abbiamo ora letto questa testimonianza di
due missionari svizzeri che lavorano nello
stesso campo della sig.na Nisbet, anche se
questa si dedica all’insegnamento, mentre i
primi lavorano abitualmente alla Società Biblica e al Centro di letteratura evangelica di
Oyem. Pure i coniugi Piguet ritornavano, dopo
un soggiorno in Europa, alcuni giorni dopo
la sig.na Nisbet. Ecco i loro appunti.
Venerdì sera
E’ quasi mezzanotte. Altitudine
10.000 metri, velocità 950 km/h. Le 143
tonnellate che il nostro D.C. 8 pesava
alla partenza devono essersi ridotte a
100, il quadrireattore è vorace. Attraversiamo una zona di perturbazioni,
intorno a noi, sotto di noi, senza quasi interruzione, la notte è squarciata
da lampi ogni due secondi. E’ bello,
quasi allucinante. Assai più in basso
dev’essere ancora più allucinante :
sorvoliamo il Biafra.
L’una del mattino, Libreville. Atterraggio dolce, formalità doganali, polizia, sanità. Tre membri della direzione della Chiesa e Laura Nisbet sono
venuti ad accoglierci. Attorno a noi
si agitano uomini col bracciale della
Croce Rossa, bianchi e neri: si attendono aerei della Croce Rossa e di Terre
des Hommes, che trasportano i rifugiati biafrani accolti dal governo gabonese. Siamo troppo occupati con i
nostri bimbi stanchi, con le nostre valige, per prestare attenzione a ciò che
avviene all’altro capo del campo d’atterraggio.
Ma stamane...
ho incontrato J. P. Martin, un ragazzo di Copainville, venuto in Africa
semplicemente per servire, in qualunque posto, in qualunque modo, con
chinque, pur di servire, aiutare, rendersi utile. Naturalmente era lì all’arrivo dei ragazzi biafrani e stamane
abbiamo fatto insieme la distribuzione di pesce fresco nei quattro campi.
Bisogna fare presto, il pesce non si
conserva al caldo di Libreville. Non
c’è tempo da perdere.
Primo Campo
Numerosi bimbi barino una medicazione sulla fronte. Guarda bene, dice
Jean Pierre. Prendo in braccio uno
dei piccoli, mi sorride, fiducioso. Sotto
la medicazione, un nome scritto con
la stilografica, semicancellato: la sua
unica carta d’identità. Una Ibo che
aveva accompagnato il trasporto mi
dice in inglese che si è dovuto fare
cosli affrettatamente, i genitori non
volevano lasciarli partire; poi era cominciato il bombardamento; allora i
genitori sono venuti di corsa : « Prendeteli, partite con loro, e che vivano,
bisogna che vivano ! » E allora in fretta la garza, il nome, il numero, presto
nell’aereo che dovrà decollare fra ì
più gravi rischi, a luci spente.
Ma all’arrivo, quante garze strappate, quanti bimbi divenuti anonimi. Alcuni hanno macchie d’inchiostro indelebile sul viso o sui piedi, gliele
hanno fatte i genitori, nella folle speranza di ritrovarli un giorno. La giovane Ibo aggiunge : « La maggioranza
dei genitori non verranno mai a recla^
marli, la regione era come una trappola da sorci... Non so se vi saranno
dei sopravvissuti ».
Secondo campo
Una chiesa adibita a nuovo uso. Centinaia di bambini sono coricati, in
molti in uno stesso letto di fortuna.
Alcuni piangono, altri giocano. Una
decina d’infermiere improvvisate si
danno da fare fra le file di letti. Africane e bianche; alcune di queste Europee non hanno alcuno scopo nella
loro vita coloniale e passano il loro
tempo su romanzi polizieschi. Le guardo lavorare. Hanno trovato uno scopo. Non perdono un attimo. Provo
un’intensa emozione nel veder nascere
questa gioia di servire.
Terzo campo
Un centro giovanile. Trecento bimbi
in pessime condizioni. Vi incontro le
mogli di due ministri, una delle quali
è madre di dieci figli e ha lasciato la
casa alla figlia maggiore per venire a
servire in camice azzurro, in mezzo ai
diseredati.
Ultimo campo
Piccole mani si tendono verso il pesce e vocine gridano « biscuit » in francese : è diventato il sinonimo di « cibo». Molti sanno già dire grazie. In
un angolo, seduta per terra, una bimbetta piange la sua mamma. Mentre
faccio il giro della sala, il furgone
mortuario viene a cercare un piccolino, il terzo di oggi — mi dicono —
era in uno stato tale che non ha potuto sopravvivere.
Stasera alle 22,30 sono attesi qui altri 200 bambini, portando cosi, a mille
il numero dei piccoli Biafrani alloggiati qui. Con Laura Nisbet, Isabelle
Buhler e il past. Ovon andremo a da
re una mano, al loro arrivo. Tanti
bambini da nutrire, da vestire dopo
questo viaggio aereo, tanti occhi da
asciugare, tanto amore da dare, tanta
misera da condividere.
Ma siamo torturati dal punto interrogativo sull’avvenire di tutti questi
piccoli. Se la guerra va fino in fondo,
chi assicurerà la sopravvivenza, l’educazione, l’istruzione, la formazione
professionale, una volta passato il
momento della pietà, di mille, forse di
2-3.000 piccoli Biafrani nella sola città
di Libreville?
Sabato sera, 22,30 h.
Comincia la lunga attesa di ipotetici aerei. Trenta minuti prima dell’atterraggio la pista si illuminerà. Siamo
circa sessanta volontari, una decina
sono Africani. Quasi tutti giovani. Le
conversazioni sono animate, l’atmosfera distesa. Eppure per quasi tutti si
tratta della decima lunga veglia.
Mezzanotte, la pista è sempre buia,
gli occhi si chiudono, le conversazioni
languono.
01.30, la pista s’illumiiia. Quelli che
dormivano seduti si svegliano, la torre
di controllo darà presto comunicazioni.
01.45, atterrano due D.C.3. Sono
vuoti, si fermano in un settore oscuro
e ci viene vietato l’accesso. Che cosa
vengono a cercare? Fuoco di fila di
supposizioni.
03.00, sono in vista le luci intermittenti di due grossi aerei. Il primo va
a fermarsi in oscurità, il secondo in
piena luce, è quello che porta i bambini. Saliamo a bordo con il cuore
stretto. L’aereo pare vuoto. Tutti i sedili sono stati asportati, ma dai due
lati, come pettini giganteschi, sono
allineati i bimbi, stretti l’uno contro
l’altro. Ce ne sono 160. Odore acre,
ossessivo, che prende alla gola. Silenzio, i piccoli dormono. Sembrano dei
cadaveri. Selezione in base al loro
stato di salute, un medico si dà da
fare. Trasporto con autobus e automobili. Scroscia improvviso il primo
rovescio della stagione delle piogge,
sinistro.
Il bimbo che porto in auto nelle mie
braccia è leggero, la sua pelle è simile a cartone, ha i capelli divenuti rossastri, radi. Conserva la posizione che
aveva dormendo. I suoi occhi atterriti
mi trafiggono, la sua mano si àlfeTia
al mio braccio. Dice: Mama-o, lamentosamente. Ne prendiamo 40 sul nostro
veicolo, coricati sul fondo. Laura tiene in braccio quello che ha febbre più
alta, deve avere gli orecchioni. Li portiamo in una scuola professionale. Occorre anzitutto togliere loro gli stracci, lavarli da cima a fondo, dar loro
una tunica pulita. Alcuni sono talmente magri o coperti di piaghe che la
lavetta fa loro male. Sono sconvolto
constatando la assenza totale di glutei, in alcuni: dalla cintola al ginocchio, due linee quasi parallele. Molta
dissenteria. Ciascuno riceve un bicchiere di latte. Molti non hanno la
forza di bere da soli, altri rifiutano.
Quasi tutti, una volta bevuto, rimangono prostrati, gli occhi fissi. Soltanto
il passaggio di un aereo riesce ad animarli e si sente lo spettro della paura
planare su tutto il gruppo.
Poi bisogna andarli a mettere a letto, il dormitorio è a duecento metri:
un grande laboratorio in cui sono pigiati letti provvisori. Due per letto,
buone lenzuola, buone coperte.
Bisogna portarli uno dopo l’altro
nella notte. Impossibile scambiare una
parola, non oso nepplure stringermeli
per far loro sentire l’affetto nelle braccia per paura di vedere le ossa trapassare la pelle. Un singhiozzo mi serra
la gola, mentre cammino. Cupidità degli uomini che schiacciano tutto per
il denaro, stupidità della guerra. E
siamo responsabili, solidalmente, noi
Europei cosi ricchi che dimentichiamo com’è intessuto il nostro confort,
noi che non sappiamo dare che il nostro superfluo. Giungo a vergognarmi delle mie valige, io che ancora
ieri ero preoccupato dal problema di
un eccesso di peso dei miei bagagli
per via aerea.
Un ragazzetto di 7 anni è ossessionato da un’idea fissa, mostra qualcosa
con il dito ripetendo sempre la medesima parola che non capisco. Un’infermiera mi spiega che il piccolo è
stato traumatizzato quando il padre
ha avuto la gola tagliata davanti ai
suoi occhi.
Ora tutti i bambini sono coricati.
Religiose e volontarie passano da un
letto all’altro pulendo quelli che si
sono sporcati. Il loro duro lavoro continuerà, 24 ore su 24. Un gigantesco
ballo di vasi da notte, di fasce, di medicazioni, di abiti da cambiare, di latte da portare, di iniezioni da fare.
Le 5 del mattir\o.,Tl giorno sta per
levarsi sulla bella ritta di Libreville,
tranquilla e pulita.^’ la prima notte
del nostro quinto s^giorno. E’ domenica, presto il culto|aunira i credenti,
qui come a Losania e ovunque. Dio
voglia che il nostrol!ristianesimo non
sia un’ora di preseil^a in una chiesa,
ma faccia di noi uòmini diversi, profondamente sensi Olii al dolore e alla
misera di coloro ch^ sono stati chiamati nostri frate’ i, per quanto lontani possano essere. ^
André ^Simone Piguet
N.d.r. - Ricordiania^appello della Federazione delle (.hie^i Evangeliche in Italia
dÌC.E.C., alle popolaii^tnenti vanno inviati
[libato al past. Mario
Roma, specificando
per un aiuto, trami
zioni del Biafra. I
sul c.c.p. 1/31882
Sbaffi, Via Firenze
la causale. Grazie.
E voi chi dite ch'io sia?
Matteo 16: 13 " 17
Al tempo di Pietro, come nel nostro, molte sono le opinioni
intorno alla persona e all’opera di Gesù di Nazareth. Ma « voi
- dice il Signore - chi dite ch’io sia? ».
La confessione di Pietro acquista per noi un valore, in quanto ci afferma che la risposta vera, quella della fede, non è fondata suH’uomo ma solo in Dio. L’aver affermato che Gesù è il
Cristo non è il frutto della sapienza di Pietro, non è frutto della
sua educazione, del suo ambiente, non è nè la sua intelligenza
nè la sua perspicacia, ma è la rivelazione diretta, personale e
sovrana dello Spirito Santo. « Non la carne o il sangue ti hanno
rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli »! La fede è un
dono di Dio che per la sua libera iniziativa crea ogni cosa dal
nulla. E da questo nulla che noi siamo, poveri uomini immersi
nella confusione, può nascere la vera fede, la vera opinione su
Gesù che sola può cambiare radicalmente la nostra vita, mettendo nel nostro cuore « come un fuoco ardente » (Ger. 20/9), il
fuoco consolatore d’una speranza che nessuno potrà mai più
toglierci. Da questo nulla può nascere qualcosa se solo siamo
disposti a chiedere... « Il Padre vostro celeste donerà lo Spirito
Santo a coloro che glielo domandano » (Le. 11/11-13).
Se le attività della chiesa rischiano di divenire delle cerimonie rituali, se l’evangelizzazione è pressocché nulla, non avviene
forse ciò perchè di Cristo abbiamo sempre più una visione umana, mondana, secolarizzata, per cui, per poterlo confessare, abbiamo necessità di strumenti umani fatti di « carne e sangue »?
Crediamo dunque che per confessare validamente la nostra fede non dobbiamo che domandare il difensore, il paracleto, il
consolatore che, solo, può permetterci di parlare e di agire secondo verità, cioè secondo Cristo Gesù.
« E voi — dice il Signore — chi dite ch'io sia »? Ecco anche
a noi la domanda è rivolta e ci concerne. Come risponderemo?
Cosa diremo? Diremo che Gesù è il più grande uomo dell’antichità? Diremo che è colui che sa mettere a nudo quel gran male
che è il nostro egoismo? Diremo che è il nostro Dio, ma un pò al
modo dei pagani i quali andavano nel tempio non per convinzione, ma per placare la loro superstizione e compiere liberamente
le loro iniquità? Diremo che è il simbolo della contestazione
nella società?
Che diremo noi di Te, Signore, se non parole impure, se non
parole umane? Che diremo noi di Te, Signore, se non parole
vane, riflessi di peccato? Noi non possiamo parlare, siamo gente
comune, siamo come Pietro, siamo povera gente. Eppure Tu ci
parli, eppure Tu ci chiami e ci domandi: « voi chi dite ch’io sia »?
La risposta l’abbiamo qui. E’ dentro ognuno di noi, quasi sale
alle labbra... ma solo se Tu lo vuoi, noi la diremo con Te, con lo
Spirito Tuo.
Tu, Signore, sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente.
Odoardo Lupi
iimiiiiiiHimmiiiiiiiiiiniiiinmimiMiMiiimiiiiiimti
Kmimiimiinmiiiii
iiiiiiiniiiimiiinii
Contro la fame degli altri
Come abbiamo già riferito, è stato
recentemente versalo all’EPER un
terzo contributo «li fr. sv. 2050 (pari a circa L. 300.000) a nome dei lettori di « Eco-Luce », a favore delle
popolazioni del Biafra. Il pastore
Gscbwend, segretario della precitata organizzazione, nel darcene ricezione, ci dice :
’’Abbiamo ricévuto con riconoscenza il vostro dono per l’aiuto al
Biafra. Vi esprimiamo la nostra viva e sincera gratitudine per la vostra generosità che ci è di prezioso
incoraggiamento per proseguire nella nostra azione sempre così necessaria in favore dei fratelli in difficoltà”.
iMHHtmmHiiiKiii
tiiiiiimmiiliiiiiH
dal
Ponte
Biafra a
aereo
/ quotidiani hanno dato notizia della decisione dei governi delle Repubbliche del Gabon e della Costa d’Avorio di intensificare,
malgrado i rischi della contraerea nigeriana,
i voli che permettano l’evacuazione almeno di
centinaia di migliaia di bambini: per la maggior parte di loro, si tratta del solo modo per
sfuggire alla morte certa. In qualche misura
già erano stati accolti gruppi meno numerosi
nel Gabon, come risulta anche dalla corrispondenza pubblicata qui sopra; ma il dramma si fa sempre più stringente e terribile.
Sul bollettino dell’ufficio stampa protestante
della Svizzera alemannica ( epd) abbiamo
letto l’informazione che segue;
Il ponte aereo verso il Biafra, sul quale
notte dopo notte vengono portati aiuti alimentari e sanitari nella regione teatro della
lotta, è divenuto nella direzione inversa una
via aerea per bambini nigeriani ammalati o
orfani ; oltre 1 ..500 sono già stati ospitati
negli aerei sulla via del ritorno alla base e
accolti nell’O.spedale « Albert Schweitzer » a
Lambaréné.
La signora Rhena Eckert Schweitzer, figlia
del « medico delia giungla » morto nel 1965,
ha riferito a New York, dove era di passaggio. che a Lambaréné si intende dare la pre
di fronte all’isola portoghese di Sào Tomé,
dalla quale decollano i cargo delle organizzazioni assistenziali internazionali, carichi di
alimenti e di medicinali per il Biafra e per i
territori occupati dalle truppe del governo
centrale nigeriano.
Fiori io Biemoria del
Cav. Giulio Jon Scotta per
l’Ospedale Valdese di Pomaretto
La famiglia Jon Scotta, Torino
La sorella Mariuccia Jon Scotta, id.
La figlioccia sig.ra Lidia Zorio Jon
Scotta, id.
La figlioccia sig.ra Nicoletta Cattaneo e famiglia
FIAT, Torino
Sigg. Giulia e Carlo Alberto Baimas, id.
Sigg. Eugenia ed Elio Borione, id.
Dott. Carlo e Zelia Pons. id.
___________________ Sig.ra Irma Jon Scotta, id
cedenza ai bimbi vittime della guerra civile, Sig.ra Antonietta Janutolo, id.
senza discriminazioni fra, nigeriani e biafra- Sig.ra Martiner Margherita, id.
ni. Poiché l’ospedale dispone soltanto di 400
posti letto, i bimbi profughi devono essere
ospitati nelle vicinanze; i letti comunque necessari sono forniti da offerte americane.
Lambaréné si trova nella Repubblica del
Gabon, nell’Africa occidentale, situata proprio
Sig.ra Lina Chioso, id.
Sig.na Bona Ferrerò, id.
Sigg. Laura e Gustavo Bertin, Pastore, Luserna San Giovanni.
500.000
50.000
10.000
10.000
100.000
10.000
10.000
5.000
3.000
3.000
1.000
1.000
3.000
5.000
Totale L. 711.000
Seguono poi le assicurazioni «li
un pronto utilizzo.
Il pastore Gscbwend ci assicura
inoltre che quanto prima ci segnalerà — anche in relazione al loro
bilancio per il 1969 — un progetto
di aiuto sociale in Sud America, cui
poter dare il nostro vali«lo e costante contributo.
Mentre qui sotto pubblicbiamo
un ulteriore elenco dei sottoscrittori, invitiamo ancora una volta caldamente tutti i lettori a voler contribuire con generosità, con un senso di profonda e doverosa soliflarietà fraterna, onde consentire un impegno veramente concreto e di una
certa entità. Grazie!
Ed ecco il nuovo elenco dei sottoscrittori :
Da Napoli: A. Borriero L. 1.500; G. Gagliano 3.000; M. P. Hoffmann 1.000; I. Onorato 500; S. E. Ricciardi 2.000; Elisa Tomasetti 10.000.
Da Venezia: Birce Ispodamia 2.500; Giuseppe Ispodamia, 2.500; Fam. Zecchin 3.000:
Fam. Viti 1.500; Cesira Bocus 500.
Da Cosenza: N. N. 5.000; Vitt. Scornaienchi 1.000.
Da Torino: Famiglia Caruso 500: N. E.
10.000.
Da Ivrea: Elsa e Ermanno Rostan 5.000.
Da Ferrerò: Donatella e Guido Pascal,
Corrado Liotta 3.000.
Da Angrogna: R. e M. F. Coisson 2.000
(di cui L. 1.000 già contabilizzate in precedenza).
' Totale L. 57.500; tot. prec. L. 1.257.265;
tot. generale L. 1.314.765.
Feder. Chiese Evangeliche in Italia
Solidarietà con gli
alinvionati del Piemonte
La Giunta del Consiglio della Federazione, riunitasi a Roma il 14 novembre 1968, ha esaminato il risultato
delle varie informazioni, subito sollecitate, pervenutele dai luoghi delle recenti alluvioni ed ha espresso la propria commossa solidarietà con le popolazioni dalle zone cosi duramente
colpite. Ha anche manifestato la propria gratitudine per l’azione intrapresa dal Comitato evangelico costituito
si a Torino e per il tempestivo intervento, nelle zone alluvionate del biellese e del vercellese, da parte degli
evangelici di Firenze.
Poiché risulta che alcune famiglie
evangeliche, sia del biellese e del vercellese, come dell’astigiano e dell’alessandrino, hanno subito notevoli danni dalle alluvioni, la Federazione vorrebbe poter inviare, a nome degli evangelici italiani, una offerta al Comitato costituitosi a Cossato del quale
fanno parte i sindaci delle zone maggiormente colpite. Offerte, a tale scopo saranno quindi ricevute con viva
gratitudine. Esse dovranno essere inviate al presidente della Federazione,
pastore Mario Sbafli, Via Firenze 38,
00184 Roma, servendosi possibilmente
del c.c.p. a lui intestato, n. 1/31882.
Offerte per la pupolazioBe
del Biafra
/ Primo elenco )
Comunità metodista, Salerno, L. 10.000;
Titta Gabriella, Roma 20.000; Gönnet Giovanni e Teresa, Torino, 3.000; Riccobene
Luigi, Roma, 15.000; Bavio Agnese, Roma
5.000; Unione Italiana Chiese Avventiste
120.000; Berla Dalila, Firenze 10.000: Comunità metodista di Gorizia e Udine, 23.000;
Pascal Umberto, Villar Pellice 10.000; Allegra Melina Santomauro, Furci Siculo 1.000;
Selma Longo, Torre Pellice 2.000; Comunità metodista, Trieste 10.000; Comunità valdese, Trieste 10.000; Scuola Domenicale valdese, Trieste 3.500; N. N., Angrogna 5.000;
Comunità valdese, S. Germano Chisone 5.000;
Bogo G. e H., Luserna S. Giovanni 5.000;
Peyronel Melanie, Luserna S. Giovanni 1.000;
N. N., Villar Pellice 5.000; Pasquali Giorgio,
Bologna 5.000.
Totale L. 267.500
Mentre ringraziamo vivamente quanti hanno inviato la loro offerta di solidarietà ricordiamo che ogni versamento per le popolazioni del Biafra, a mezzo della Federazione,
deve essere effettuato direttamente al pastore
Mario Sbaffi, possibilmente servendosi del
c. c. p. a lui intestato, n. 1/31882, Via Firenze, 38 - Roma.
Scuola Latìoa di Poniacetto
« In Memoria di Aldo Vincon »
La moglie L. 10.000
Il fratello Guido, le sorelle Amandine, Lisette. Irma e la figlioccia
Giovanna L. 50.000
Schellenbaum Werner e Irma
Milano h. 10.000
3
2^ novembre 1968 — N. 46
pag. 3
DIBATTITO SU DI UN TEMPIO A VILLAR PEROS A
L'Evangelo, la comunità, il mondo
Pubblichiamo in questa pagina — e con ciò consideriamo
chiuso questo dibattito — ancora una serie di lettere che si
rUBilscono al progetto di costruzione di un tempio a Villar PeTt>ss Purtroppo, malgrado la nostra richiesta espressa in ap•oendice all’articolo di Srmanno Genre che ha dato l’avvìo a
questo dibattito ^ e comunque gli va dato atto di avere sollevato,
lui solo pubblicamente, un problema che si è rivelato molto vivo e tutt’altro che semplice, e di fronte a cui la chiesa appare
assai divisa), una parte degli interventi si sono posti su di un
piano personalistico che non era quello su cui volevano tenerci,
€ ce ne dispiace molto. ....... ,, .
Nella discussione, si sono delineati due ordini di problemi,
che si intersecano, ma sono però distinti: quello dello struttura
di una nuova comunità (parrocchia e non parrocchia, testimonianza nel mondo) e quello della «povertà» della chiesa. Su
quest’ultimo tema, delineato da Giorgio Tourn con la foga appassionata dei suoi momenti « arrabbiati », e riecheggiato m
alcune lettere, dovremo forse ritornare; ed egli concorderà senz’altro con la « casalinga » di L. S. Giovanni la quale nel numero scorso ha pacatamente ricordato che, se di peccato si
tratta, non è certo un peccato di cui la comunità di Villar Porosa si rende colpevole da sola nè per prima.
Quanto al primo problema, ci pare che la lettera di Alfredo
Sonelli, pubblicata qui accanto, puntualizzi con molta pacatezza e umiltà fraterna i veri termini della questione, così, come li
voleva porre l’intervento iniziale.
C’è pero ancora un altro aspetto della questione, che non è
stato tenuto presente e che pure ci pare molto importante: il
problema del « tempio ».
Il termine stesso, in bocca cristiana, è per lo meno improprio : con esso si indica infatti il luogo per eccellenza in
cui il dio è presente, la casa della divinità. E certamente, nell’economia dell’antico Patto il Dio vivente ha voluto concedere
il dono della sua presenza in un luogo particolare, la tenda del
Patto prima, il Tempio di Gerusalemme poi, nel quale fece abitare la sua «gloria» (chabòd, dòxa) in un modo assolutamente
unico — l’unicità del Tempio, fra la molteplicità delle sinagoghe — anche se non certo garantito nè esclusivo : di fronte alle false sicurezze del popolo, religioso ma incredulo, che diceva
« Qui c’è il Tempio di Jahveh... ! », il Dio vivente mandò i profeti
ad avvertire che il ’Tempio non li avrebbe garantiti, come infatti
avvenne quando il Tempio fu distrutto (cosi; come in passato
l’arca del Patto, condotta in battaglia come un "carroccio’’-talismano, era caduta nelle mani dei Filistei). Questa tensione dialettica, che soggiace a tutto l’Antico Testamento, e che esplode
nell’ebraismo durante il periodo dell’esilio babilonese, si cercherà di attenuarla con la ricostruzione di Zorobabele, Esdra e
Neemia, poi con quella di Erode il Grande, ormai ben lontana
■dallo spirito con cui Salomone aveva pregato fra il popolo, nel
giorno della dedicazione del primo Tempio.
Ma questa tensione riaffiorerà in un modo del tutto nuovo
e ben altrimenti radicale nella predicazione di Gesù Cristo. Egli
non è uno spiritualista sdegnoso degli aspetti visibili del culto,
non troviamo mai sulle sue labbra alcuna parola negativa nei
confronti del Tempio, che egli anzi chiama esplicitamente « la
casa del Padre mio ». Vi è tuttavia un salto qualitativo, ò se
vogliamo temporale : si passa dall’economia dell’antico a quella
del nuovo Patto, e alla Samaritana che ancora discute con lui
della preminenza di questo o quel tempio Gesù dice, al pozzo di
Giacobbe : « Donna, credimi, l’ora viene, anzi è già venuta... ».
Il nuovo, vero culto « in Spirito e in verità » non è tale perchè
prescinde da luoghi, edifici, liturgie particolari, ma perchè è
animato dalla presenza dello Spirito che il Figlio glorificato manda « da presso il Padre », Il vecchio tempio sarà distrutto e Gesù
piange sullo strazio e sull’incredulità in cui avverrà questo passaggio dall’antico al nuovo Patto; ma quando sarà distrutto
dalle legioni di Tito, sarà ormai da tempo una crisalide vuota:
il nuovo tempio è Gesù, in lui Dio si è compiaciuto di fare abitare la pienezza della sua divinità, della sua « gloria » ; egli è il
perfetto sacrificio, l’Agnello senza difetto nè macchia che toglie,
una volta per tutte, il peccato del mondo. È caratteristico che
Gesù non abbia mai annunciato la distruzione della sinagoga, come ’’struttura”, perchè egli non era la sinagoga, era il tempio, il
“luogo ” ormai unico dell’incontro con la gloria onnipotente e
misericordiosa di Dio : « Chi ha visto me ha visto il Padre ».
L’economia del tempio (e del sacrificio e del sacerdozio, quindi)
si conclude con lui, trova in lui la sua pienezza e il suo superamento radicale. La sinagoga invece rimase e fu senz’altro sulla
sua “struttura” che si plasmò, certo con molta libertà e con
nuovi contenuti, la vita della comunità primitiva.
Non si pensi però che la tensione a cui abbiamo accennato
sia ormai risolta, dopo Gesù Cristo. Nei primi capitoli del libro
degli Atti troviamo i membri della comunità primitiva di Gerusalemme « assidui al tempio », almeno finché non ne furono cacciati o trascinati fuori ammanettati, quasi ad esprimere — come
ai tempi della Riforma — che la rottura non veniva dal nuovo
ma dal vecchio Israele. E d’altra parte il discorso di Stefano
al Sinedrio riecheggia la più vigorosa critica profetica contro il
tempio, illuminata però dalla visione del Figlici dell’uomo in
piedi alla destra di Dio.
Nella visione finale dell’Apocalisse, quando l’Apostolo Giovanni contempla la nuova Gerusalemme, è annunciato che nel
regno di Dio non vi è «alcun tempio: il Signore Jahveh, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio ». Vuol forse dire, questo, che finché non viene il regno di Dio un qualche tempio si
giustifica? Ecco riaffiorare la tensione che Oscar Cullmann ha
indicato con l’espressione « già venuto, non ancora manifestato». L’economia del tempio è definitivamente e radicalmente
conclusa, ma non è ancora venuta l’ora della visione faccia a
faccia; in altri termini, non è ancora venuta l’ora in cui la fede
non avrà più bisogno di alcuna forma religiosa per esprimersi,
perchè la terra sarà ripiena della conoscenza di Jahveh e Dio
sarà tutto in tutti.
Dai rapidi, troppo rapidi cenni qui sopra, sembra di poter
dedurre che il luogo di culto ha perso ogni valore sacrale (non
è più «tempio»!), non è il luogo esclusivo e nemmeno privilegiato della presenza di Dio, poiché questa presenza è Cristo, in
concreto l’Evangelo predicato che lo annuncia chiamando gli
uomini a ravvedersi e a credere in lui ; e ovviamente questa predicazione non è e non deve essere legata nè limitata a un luogo
di culto, altrimenti la chiesa non è più — come dev’essere —
comunità missionaria, ma conventicola. Sebbene noi protestanti
siamo più portati allo spiritualismo che alla sacralizzazione,
dobbiamo purtuttavia vegliare noi pure contro ogni tentazione
pagana o, nella migliore ipotesi, giudaizzante, legando in qualche modo la presenza di Dio a luoghi ed edifici e tempi e riti an;dchè alla sua pura Parola incarnata, all’Evangelo che, solo, dà
srnso ai luoghi e agli edifìci, come agli uomini.
Tuttavia al luogo di culto va riconosciuto, ci pare, un valore strumentale, molto modesto ma reale. È il luogo in cui
la comunità si raccoglie per ascoltare l’Evangelo e per renderne
lode a Dio. C’è da chiedersi se una privatizzazione dei locali di
culto — al limite, ridurre il culto comunitario a culti in case
private, in piccoli gruppi privati — sarebbe sana, conforme all’Evangelo. Ha invece grande importanza il carattere pubblico, dì tutti, del luogo nel quale ci si raccoglie intorno all’Evangelo e nel suo ascolto : non soltanto nel senso banale che in
una casa o sala privata o di gruppo non tutti possono sentirsi
attirati ad entrare, a loro agio, liberi da condizionamenti di
fronte al nudo annuncio dell’Evangelo, ma anche nel senso che
il carattere privato del culto di gruppo stinge inevitabilmente
sull’Evangelo che vi è predicato e lo riduce gravemente, come
potrebbe essere provato, un esempio fra tanti, dalle riunioni dei
cenacoli” evangelici in tanti centri italiani del XVI secolo.
In conclusione, l’interrogativo che si pone di fronte al problema particolare da cui è scaturita la discussione (e, speriamo.
la riflessione di tutti) è: veramente l’attuale luogo di culto è
insufficiente? non erano auspicabili altre soluzioni che non fossero il gran tempio? È ben chiaro che questo riguarda pure il
matroneo di Agape e tante e tante altre cose su e giù per l’Italia.
Non si può chiedere a tutti (e non solo a Villar Perosa) di sforzarsi di conservare il senso delle proporzioni, della sobrietà, tenendo conto del tempo in cui viviamo e delle sue esigenze, come
pure della riflessione in corso su una nuova articolazione della
vita comunitaria? Sono interrogativi che da Villar Perosa rimbalzano ovunque. Gino Conte
ve essere conseguenza della nostra Fe.
de in Dio.
Solamente creando una « Chiesa »
veramente « vivente » tutti i problemi
materiali si risolveranno.
Roberto Bleynat
A noi i sogni,
a voi il tendone
Idillio
Vìi lettore, da S. Germano Chisone:
Un uomo mite venne mandato a i
reggere una Parrocchia, in un paesino industriale, anzi, e meglio, venne !
mandato a fondare una parrocchia.
No. Da capo. La parola Parrocchia
qui in Italia ha un suono tutto suo:
bisogna dire « ecclesia », quello è il
signifìcato giusto. Diremo in italiano
« chiesa ». Va scritto con la lettera
minuscola. Se poi dentro c’è qualcosa
di maiuscolo vien fuori da solo.
Un uomo mite venne a fondare una
chiesa. Gli dissero di farlo. Lui aveva solo la sua buona fede, il suo animo candido, il suo incontenibile zelo.
Tirò fuori questi suoi attrezzi e si
diede da fare a cielo aperto, con la
ingenuità e la, diremo, minuscola
astuzia di un bambino. A poco a poco entrò nella gente; magari non in
tutti i cuori perchè questi, è notorio
sono senza porte e con poche finestre,
ma comunque ’entrò'.
Aveva un'altra ingenuità. Gli piace van le trombe. Che idea bizzarra.
Comunque a lui piacevano.
E' abbastanza difficile resistere ai
bambini, ed i Villaresi finirono per
arrendersi a questi occhi chiari chc^
sognavano questo e quello con un en
tusiasmo che nessuno aveva il cuore
di spezzare. Così ci furono i « trom! bettieri ».
AH’estero si vede che c’è altra gen
te di quella forza. Figurarsi dunqueOggi la faccenda dei « trombettieri
Valdesi » è una specie di internazio
naie a fiato.
Così spuntò anche una chiesa prefabbricata, col relativo terreno. I soiI di occorrenti sono concreti e reali s;
j intende. Li paragonerei al Padrino i'«
I occasione del Battesimo. Ma il padre
I e la madre sono sicuramente il Cielo
j e due chiari occhi di un uomo mite.
Poi Tuomo mite sognò ancora, e
con lui tutta una coorte di gente normalmente usa a mandare avanti una
--famiglia tra i mille problemi concreii
ed urgenti, e saltò fuori che (roba da
non credersi) si poteva tradurre il sogno in terreno e mattoni e fregi e
cento altre cose consistenti. Tanto da
apparire a tutti come una bella Chiesa, con annessi e connessi. E garantita Vìllarese al Catasto di Pinerolo. E
successe il finimondo.
Tra i nipotini vi fu quasi una rissa. Chi voleva che il sogno fos.se man.
dato ai bambini Biafrani. Chi non sapeva dove voleva fossero mandali, ma
comunque esìgeva che fossero « mandati ». Chi voleva che fossero destinati. Chi voleva farli impiegare. Chi
era d’accordo con gli uni e con gli
altri e chi era d'accordo neppure con
se stesso.
Da ultimo, e dalle alte quote, squillò in prima pagina, con la forza dì
un richiamo profetico, una voce che
indicava la 'Via del Deserto'.
Non so che cosa pensa Tuomo mite
che ha provocato il putiferio. Starà
guardandosi il suo sogno che tutti vogliono prendere a pedate e. se è l’uomo che penso, si chiederà con smarrimento: Perchè? Stia tranquillo e
vada avanti. Luì crede a quello che
fa, e tanto basta. Anzi, è la sola cosa
importante. Che lui creda a quello
che fa. La voce profetica ha la nostra
incondizionata adesione. Si fanno per
Io più parole. In concistoro, in distretto, in sinodo, alla tavola, in casa,
in preghiera.
L'uomo mite ha ragione? ha sbagliato? c'era qualcosa di più concreto
e più urgente? Sarà o non sarà.
Luì ha visto quello e quello fa. Il
suo carisma è quello. Chi è tanto in
regola col proprio da giudicarlo?
Mario Borgarello
che provavo allorquando vedevo uno
dei miei figlioli di nove anni partire
per la scuola domenicale, (avevo altri
bimbi piccoli e non potevo accompagnarlo) che, se perdeva il tram, si faceva la strada a piedi tutto solo col
freddo, neve e gelo? ed io stessa per
partecipare al culto quante volte ho
fatto altrettanto? Pure a questo cibo
spirituale non potevamo rinunciare.
Ora abbiamo una comunità, dissimile
dalle altre nel solo fatto di essere formata da fratelli oriundi da quasi tutte le parrocchie delle Valli; il Pastore
sì è adoperato in vari modi per farci
conoscere gli uni gli altri come in una
grande famiglia e questo non è poco
e facile. Abbiamo un pullman che ci |
prende i nostri figliuoli per la scuola i
domenicale e ce li riporta a casa rifa- I
cendo lo stesso servizio per l’ora del i
cuko. Vi sono lezioni di religione nel.
le scuole Medie, Professionali ed Elerafttttari. I nostri figli giovanetti, molte volte partono col Pastore per portare con le loro trombe ed i loro canti
un po’ di conforto a persone anziane e
paralìtiche; e, oltre a far del bene a
questi cari fratelli, se ne tornano loro
stessi a casa, spiritualmente arricchiti
(la queste sane esperienze.
Molto è stato fatto. Certo molto rimane ancora da, fare e appunto per
questo oltre allo stabile per attività j
■sociali progettato nelTex campo spor- j
Ùv% penso che un tempio dotato di |
una parete mobile, come è stato idea- !
to, permettendo di ospitare la comuni,
tà intera nei culti più solenni, in occasione di incontri con membri di
Chiese consorelle o dell’estero, (che
nella nostra comunità sono molto frequenti). feste di canto, di trombe,
congressi ecc. ed essere ridimensionato per le attività normali, non sìa
uu’offesa allo Spirito Santo, ma al
contrario la testimonianza di una comunità vivente, che desidera anzitutto
ascoltare la Parola del suo Signore per
tradurla in realtà nella sua vita quotidiana.
aEcco perchè, una comunità che ha
róminciato con i culti nella casa del
Pastore mettendo a soqquadro le sue
camere, e dopo aver avuto una Cappella in legno, che più di prima ci
servirà per scopi sociali ed incontri
fraterni, desideri ora un locale dì culto in muratura, che non ha la benché
minima pretesa di essere nè un duomo nè una cattedrale, ma semplicemente uno strumento di servizio.
Tutto questo ho desiderato scrivere,
non per polemica ma solo per amor
di verità.
Una mamma riconoscente
Caro direttore,
Credevamo che la polemica contro
i Villaresi fosse ormai esaurita, la dia.
triba sopita, le animosità placate. Ahimè, l'acredine persiste e riesplode con
ripetute o nuove forme di cavillose
argomentazioni.
Orbene, per farla finita, a tutti coloro che ci contendono il diritto dì
costruirci un tempio con la speciosa
e gratuita affermazione che siamo destituiti di realistico senso cristiano e
sfasati di fronte alle esigenze dei tempi presenti, diremo che, per favore, ci
lascino ai nostri beati sogni di ostentata grandiosità, mentre ben volentieri
lasciamo che diano loro il buon esem*
pio e vadano in giro col tendone a
predicare, senza altari e vani artifizi o
apparati esteriori, il puro evangelo e
brandendo il piccone, diano mano alla
demolizione dei templi fastc^i e delle
superbe cattedrali. Noi queste cose non
vogliamo farle e dichiariamo che in
conseguenza del relativo grado di he
nessere che "Todiata” dinastia degl
Agnelli ci procura, costruiremo il tem
pio e non per questo saremo sordi al
la voce implorante dei bisognosi e de
gli afflìtti dalla sventura.
Uno per tutti,
E. Griset
È sorta
una comunità
Una lettrice, da Villar Perosa:
Signor direttore,
ho letto a suo tempo l'articolo cc Villar Perosa anno zero » e ne sono rimasta intimamente perplessa.
Che si faccia o meno un nuovo tempio qui a Villar Perosa è una questio.
ne, ma che non si sia fatto nulla
nulla è tutto un’altra cosa. Penso di
poterlo ben dire io, che vi giunsi
quattordici anni fa. da un ambiente
prettamente evangelico valdese. Quando si ha la possibilità di aver tutto a
portata di mano non cì si rende conto
del bene che sì possiede : bisogna essere isolati per capire Timportanza di
appartenere ad una comunità dove ci
sì può ritrovare Ira fratelli in fede e
dividere nella preghiera gioia e dolori.
Si, è vero, avevamo il tempio di San
Germano e ricordo con grande riconoscenza il Pastore di allora e la sua
famiglia ma... le mie conoscenze finivano lì: e che dire delTapprensione
Il recipiente
e il contenuto
Un lettore, da Villar Perosa:
Caro direttore,
permettimi di inserirmi nella discussione sul futuro (?) tempio di Villar Perosa.
10 \orrei dire che dissento sia da
coloro che sono prò che da coloro che
sono contrari, in quanto non è questo
il problema principale da risolvere. Il
problema principale è la comunità:
ovunque esiste un gruppo di credenti numeroso, sorge la necessità di un
luogo di riunione in cui lodare il Signore e preparare attività comunitarie
secondo l’insegnamento di Gesù Cristo, cioè volto verso coloro che soffrono.
Che t>oi a questo edificio si dìa il
nome dì tempio o sala comunitaria
non ha importanza.
Questo luogo lo si deve costruire
non perchè un'umUe stalla o una vec.
chia scuola di montagna sarebbe indecorosa; e, se necessario, lo si costruisce anche se nel Biafra esiste una triste situazione.
Tulio questo per dire che non è
certo battibeccando sulla costruzione
di un edifìcio che si risolve il problema. della Fede, che oggi travaglia
il mondo intero.
11 problema da risolvere è una predicazione che contenga nuovamente
lo Spirito delTEvangelo come lo predicava Pietro Valdo e prima di lui
Gesù Cristo e gli apostoli. Ma questo
richiede Uno spirito di umiltà, di ricerca. di carità verso gli errori dei
nostri fratelli, di riconoscimento dei
nostri errori e, se vogliamo rinvangare il nostro « glorioso passato » e le
nostre « nobili tradizioni ». ammettere che siamo indegni dei nostri avi
e che i loro sacrifici sono stali inutili.
Il problema è quello di evangelizzare le Valli innanzitutto, non con
belle parole, ma cercando di capire i
problemi che travagliano le comunità
e le sofferenze dei nostri fratelli: portare il nostro modesto contributo per
aiutare a risolverli. Quindi non si tratta di tempio o non tempio, ma di un
problema umano come tutti quelli che
Gesù ci pone nell’Evangelo e ehe de
Sulla Statale
del Sestriere
Una lettrice, da Pinerolo:
A proposito del tempio costruendo
di Villar Perosa vorrei far osservare
che i nostri Padri pieni di fede, appena poterono costruirono templi e
questo perchè avevano bisogno del
tempio per ritrovarsi e fortificarsi nel.
la fede. Per riconoscenza al Signore,
per un bisogno prepotente della loro
fede.
Io ammiro il pastore Geymet che
con sacrifici evidenti e per amore del
Cristo per il quale ha dedicato la sua
vita vuole esternare la sua fede e
quella di altri valdesi, costruendo un
tempio sulla statale del Sestrières dove migliaia di macchine, anche estere,
passano continuamente. Potrà essere
una testimonianza, potrà dire : « qui
siamo nelle Valli Valdesi ».
Hilda Genre Bertin
ficate, gli studenti aiutati, delle difficili situazioni familiari da Lui e Signora spiritualmente e finanziariamente risolte in silenzio e senza clangore
dì trombe. Non credo sia II caso a
certi bas bleus del nostro Evo moderno di dare consigli in merito. Loro
stessi dovrebbero seguirne le orme ed
imparare.
Perchè poi al Sig. (ìenre può dare
ombra la costruenda Chiesa o meno
di Villar Perosa?
Se i fondi occorrenti non incidono
d’una lira sul bilancio generale, ma
sono dati da privati e da simpatizzanti
per quello scopo, tanto dj cappello! E
la Chiesa sia!
Forse che siamo già ridotti ad avere dei Censori o dei Dirigenti autonominati per dirigere e comandare quanto, dove e come il credente deve dare
o meno?
Un po’ meno di prosopopea, meno
violento arrivismo ed esibizionismo,
ancor meno meschina invidia nei
confronti altrui, se non si vuol incappare nella schiera di coloro che Dante
nel suo Inferno bolla coi famosi versi
...ed un Marcel diventa
ogni villan che parteggiando viene.
Cordialmente
Maria Grill
Tacere
e imparare
Una lettrice, da Torre Pellice:
In merito ai due art'coli di biasimo del Sig. E. Genre e della Signorina E. Pons faccio presente quanto segue:
Per ben 14 anni abbiamo seguito
quali amici della Parrocchia di Rorà
il lavoro dell’allora Pastore Sig. Gey
met e benché talvolta dissenzienti i
coniugi Grill hanno sempre apprezzato in sommo grado lo spirito entusiasta, vero pioniere per fede, del pastore Geymet, la sua umiltà, rettitudine e senso d'abnegazione e di sacrificio verso il suo prossimo.
Quante sono state le famiglie bene
Le idee
e 10.000 lire
Una lettrice, da Napoli;
Caro direttore,
ho seguito con molto interesse, fra
gli altri, il problema della costruzione
del tempio di Villar Perosa, posto all’attenzione dei lettori da Ermanno
Genre su <t Eco-Luce » n. 40, e il dibattito che ne è finora seguito. Speravo che si arrivasse ad una conclusione dettata dal buon senso, sìa per
quel che riguarda il progetto in sè,
sia per il dibattito : la lettrice Maria
Grill ha inferto un grosso colpo alle
mie illusioni.
Intervenire in un dibattito del genere, anziché con un’idea, con 10.000
lire, mi sembra veramente inopportuno. Lungi da me di giudicare il gesto
di questa sorella. È il Signore che li
giudica, i gesti suoi, i miei e quelli di
noi tutti. Mi auguro solo che questo
gesto non sia preso come un esempio
da seguire. Non solo perchè, nella situazione in cui oggi si trova la Chiesa
tutta, abbiamo — credo — ben altri
deficit e ben altri problemi da affrontare, che quello di una costruzione
probabilmente superflua, ma anche
perchè non mi pare che sia ancora
stato aggiunto al capitolo 25 dell’Ev.
di Matteo un versetto 36 bis, che permetta di leggere il testo così: « Venite. voi, i benedetti del Padre mio, ere.
date il Regno... perchè ebbi fame, e
mi deste da mangiare; ebbi sete, e mi
deste da bere;... ebbi un tempio, e me
ne costruiste uno più bello ».
Coi più cordiali saluti,
Elda Ricciardi
L’edificio e il fondamento
Un lettore, da Torre Pellice;
Caro direttore,
ho seguito con una certa sofferenza la polemica intorno al progetto del
nuovo tempio di Villar Perosa. Ne
ho ricavato una duplice impressione
negativa: da una parte il discorso è
diventato estremamente generico fino
ad essere estraneo al problema in
questione; d'altra parte si è dato alla
discussione un tono di polemica personale che divide gli spiriti e confonde le idee. Mi sembra che sarebbe
necessario fare un discorso più pacato e scevro da polemiche personali.
Anzitutto sarebbe necessario ritornare ai termini della questione. Non
si tratta di decidere se la comunità
di Villar Perosa debba o no costruire
dei locali adatti alla sua vita ecclesiastica e utili all’opera della testimonianza. Esiste presso la Tavola Valdese un progetto di un « Centro Comunitario » per Villar Perosa, studiato nei minimi particolari, in modo
tale che la comunità sia dotata di
tutti i locali necessari alle sue attività. culto compreso. Certamente in
quel progetto non figura nè un campanile, nè Un « duomo » con le caratteristiche di tutti o quasi i nostri
« templi ». La comunità di Villar Perosa non deve accettare una deformazione dei fatti: nessuno dei responsabili contesta ad essa il diritto di costruirsi i locali adatti per la propria
vita comunitaria. Sarebbe opportuno
sapere se la comunità di Villar Perosa è stata messa al corrente in modo
chiaro di questo progetto e delle ra
gioni teologiche che l'hanno ispirato
La situazione di crisi è dovuta prò
priamente al fatto che un certo nu
mero — non è chiaro se la maggio
ranza e quale maggioranza — di membri di chiesa non vuole quel progetto,
di Alfpedo Sonelli
perchè vuole un « tempio » nel senso
tradizionale, cioè un edificio di vaste
dimensioni e di speciale architettura
destinato esclusivamente a quella forma di riunione che viene chiamata
« Culto », ma che non ha nessun corrispettivo nel Nuovo Testamento, anche se è comune a tutte le nostre
chiese.
Sarebbe bene dire chiaramente alla
comunità di Villar Perosa che essa
ha tutti i diritti umani di costruirsi
il « suo tempio », come le altre già
hanno o si stanno costruendo (vedi
Ivrea). Qualora Villar Perosa si costruisca il suo « tempio » non sarà
per questo fatto nè più nè meno « cristiana » delle altre comunità sorelle.
Nessuno di noi ha il buon diritto di
giudicarla e di condannarla.
Sia detto chiaramente alla comunità di Villar Perosa che noi — fratelli
nella fede — chiediamo ad essa (non
« pretendiamo ») di non battere la
strada antica, ma di essere, per tutte
le chiese, di avanguardia in una testimonianza più fedele all’Evangelo. di
(continua in 4“)
4
pag. 4
N. 46 — 22 novembre 1968
ISotiziario
ecumen ico
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
a cura di Roberto Peyrot
MISSIONARI INGLESI
UCCISI DAI NIGERIANI
Lagos. Nigeria (soepi). . I coniugi Savory,
della « ChoTch Missionary Society » sono stati uccisi ad Okigwi, località a sud dì Enugu,
durante i combattimenti svoltisi per la conquista di detta cittadina da parte delle truppe nigeriane.
I coniugi Savory, che erano inglesi, si trovavano in Nigeria da vent’anni. Dopo una
breve assenza, erano tornati nel maggio scorso per partecipare alla distribuzione dei soccorsi inviati dal CEC.
Essi si trovavano presso l’ospedale locale, e
recavano l’insegna della Croce Rossa. I soldati
federab U hanno fatti uscire dall’ospedale,
unitamente all’équipe medica del comitato internazionale della Croce Rossa. Prima che un
ufficiale avesse il tempo di intervenire, un soldato ha fatto fuoco, freddandoR.
II Governo federale nigeriano ha ordinato
un’inchiesta.
IL PRESIDENTE CECOSLOVACCO
HA RICEVUTO I RAPPRESENTANTI
DELLE CONFESSIONI ACATTOLICHE
Praga (soepi) - Il presidente deRa repubblica cecoslovacca, L. Svoboda, ha ricevuto nei
giorni scorsi, al castello di Praga, i rappresentanti delle confessioni cecoslovacche ortodossa, protestante ed israelita.
Il presidente Svoboda li ha ringraziati per
aver sostenuto i dirigenti deUo Stato e del
partito durante gU ultimi mesi ed ha assicurato loro che i rapporti fra lo Stato e le
Chiese verranno realizzati conformemente alle leggi costituzionali sulla libertà di confessione e conformemente alla dichiarazione governativa.
Erano presenti all’udienza il presidente del
fronte nazionale cecoslovacco, il vice ministro
della cultura ed il direttore della segreteria
del presidente della Repubblica.
E’ noto che Svoboda, proprio alla vigilia
dell’invasione del paese da parte deU’Urss
e dei suoi alleati, e precisamente Ü 19 agosto
scorso, aveva ricevuto i rappresentanti deUa
chiesa cattolica, capeggiati da mons. Tornasele,
amministratore apostoUco di Praga.
Tonns PELLICE
La sera del 6 ottobre, abbiamo avuto una
prima assemblea di Chiesa, nel caldo e accogliente salone della Foresteria, assemblea assai numerosa in cui il nostro delegato al Sinodo, prof. Ferruccio Corsani, ha esposto una
interessante relazione sui lavori dell’assemblea sinodale. Hanno in seguito parlato gli
altri delegati a titoli vari : la prof. Mirella
Bein, ring. Pontet, il prof. Augusto Armaud
Hugon, il sig. Italo Hugon. I temi discussi
erano: il Collegio Valdese, la predicazione,
la contestazione giovanile e si è giunti aUa
decisione di organizzare altre riunioni, durante l’anno, per discutere più ampiamente
su questi argomenti di capitale importanza
per la vita delle nostre Chiese.
Il 9 ottobre tutti gli insegnanti e gli alunni delle nostre Scuole si riunivano nel tempio per implorare la benedizione del Signore
sul nuovo anno scolastico. Nel pomeriggio la
Società di Cucito ha ripreso la sua benefica
attività.
La domenica 13 ottobre, membri di chiesa, alunni e monitori delle nostre Scuole Domenicali erano riuniti nel tempio per il culto di inaugurazione, culto diviso in due parti.
Nella prima il pastore SoneUi si rivolse particolarmente agli alunni meditando la prima
lezione del loro programma: I Sam. 1: 10.
Nel pomeriggio: inaugurazione delle attività delle Società Missionarie sotto la presidenza della Sig.ra Lisa Coisson con un pubblico numeroso ed attento. Dopo il culto del
pastore Sonelli, la missionaria Lucette Rochat che da parecchi anni svolge una vaUda
attività nello Stato di Zambia ha parlato del.
le sue esperienze e particolarmente dei nuovi
metodi di insegnamento nella scuola secondaria di Sefula e la signorina Graziella Jalla
ha rievocato la figura e l’opera di una missionaria recentemente scomparsa, la signorina Lily Coisson che ha dedicato tutta la sua
vita aUa causa delle Missioni con zelo ed entusiasmo costante e con una fede viva e profonda.
Anche la Corale ha ripreso la sua attività
dopo due mesi di meritato riposo. Nella seduta inaugurale è stato rieletto a scrutinio
segreto il seggio dello scorso anno.
Il 26 ottobre, seconda assemblea di Chiesa
con discussione sulla relazione annua, sull’esperimento in eorso nel quartiere degli Ap.
piotti del culto domenicale del mattino e
deUa collaborazione della nostra Chiesa eon
quelle di Angrogna e di Lusema S. Giovanni. Sono emerse due proposte a conclusione
I- rMiiiiiiiiimiiiiiiimimimic i
Echi della settimana
LA POSSIBILE REVISIONE
DEL CONCORDATO
Si parla, e si torna ogni tanto a parlare,
della revisione del Concordato col Vaticano. È
stata nominata, a tale fine, anche una commissione di studio. Su « L’Astrolabio » del
17 corr., Giuseppe Loteta eosi commenta:
« Ma cosa potrà fare, poi, questa commissione, nata da un compromesso tattico (elaborato da Moro, da Nenni e da La Malfa)
che, più che a porre il problema della revisione del Concordato, mirava ad allentare la
stretta dell’opposizione laica, divenuta pericolosa l’anno scorso sul tema scottante del divorzio? Al massimo suggerire qualche ritocco
formale, la soppressione o la modifica di taluni articoli adesso giudicati anacronistici persino dagli esperti vaticani. Ma non afrontará
di sicuro (come non lo afrontara mai un governo cattolico) il problema politico fondamentale dell’esistenza stessa, o di una profonda riforma, dei patti stipulati nel ’29 da
Pio XI e da Mussolini. Di quei patti che,
lungi dal "restituire l’Italia a Dio e agli italiani”, come afermava in quel tempo il
Papa, ruppero l’equilibrio faticosamente raggiunto dallo Stato pre-fascista nei rapporti con
la Chiesa cattolica e aprirono la via all’ingerenza e alla prepotenza della Santa Sede nei
fatti interni del nostro paese, sotrattutto per
quanto riguarda il diritto di famiglia, la
scuola e l’assistenza. Non solo, ma un accordo tra governo D.C. e Vaticano che confermasse sostanzialmente il contenuto del
Concordato, pur adeguandone alcune norme
ai principi costituzionali, chiuderebbe per
lungo tempo l’argomento, relegherebbe l’Italia
democratica al ruolo di corresponsabile dell’operato del regime fascista, conferirebbe un
comodo e definitivo alibi agli atteggiamenti
neo-temporalistici della Chiesa ».
Abbiamo ritenuto opportuno riportare questo commento, non perchè ci sentiamo in alcun modo di condividerne la visione esclusivamente politica e laica del problema, ma per
altre ragioni : anzitutto perchè ci dichiariamo,
in proposito, non meno pessimisti dell’autore,
secondariamente perchè è pur sempre interessante rapprendere come le cose possano
essere prospettate da un diverso, e pur sempre
intelligente punto di vista. Lasciamo l’analisi
dei dettagli ai nostri lettori e osserviamo soltanto che questo commento non penetra in
profondità, limitandosi ed una constatazione
obbiettiva di certi fatti storici. E infine, anche su questa constatazione si potrebbero
esprimere delle riserve: per es. è proprio sicuro che lo Stato pre-fascista, nei rapporti con
la Chiesa cattolica, avesse (prima del 1929)
« raggiunto faticosamente un equilibrio »?
CHE COSA FARA' NIXON?
Può forse sembrare poco serio occuparsi
d’un simile problema. Eppure crediamo che
qualche intelligente congettura in merito,
come la seguente di Tiziano Terzaghi sullo
stesso n. de « L’Astrolabio » (v. sopra), valga
la pena d’esser riportata.
« Il nuovo Presidente si dedicherà agli affari intemazionali per i quali mostra una particolare predilezione. Non è che in questo
a cura di Tullio Viola
della vivace discussione sulla predicazione :
avere un incontro mensile, oppure un’agape
fraterna alla Foresteria due o tre volte all'anno per discutere sul messaggio dei culti.
E’ stata anche sottolineata l’esigenza avvertita da molte persone di stabilire un contatto
diretto coi fratelli che vivono al margine della Chiesa, a questo agganciamento tutti potranno collaborare e sarà un arricchimento
spirituale per ognuno dj noi.
I giovani del Centro hanno parlato delle
loro attività ed è rilevante il numero impegnato con serietà e con entusiasmo nelle Scuole Domenicali e per i Cadetti. Essi si propongono anche di riunire i giovani che vivono un po’ al di fuori della Comunità.
L’argomento « finanze » non è stato discusso per mancanza di tempo. Sarà per la
prossima assemblea.
L'Unione dei Coppieri ha ripreso la sua
attività: i giovani stanno preparando tutto
un programma di aiuto con pacchi-dono per
le prossime feste natalizie e lavorano alacremente alla costruzione dei servizi igienici,
costruzione in fase assai avanzata, veramente
indispensabile per il tempio e per la sala
delle attività.
Nel tempio di Pinerolo si sono sposati il
dottor Enrico Gardiol e la sig.ra Ade Ìheiler. Nel tempio di Pra del Torno il signor
Carlo Paschetto e la sig.na Velia Bosco. Parole di augurio e di riconoscenza per l’opera
veramente preziosa che compiono nella nostra
Chiesa sono state rivolte agli sposi dal pasto*
re Sonelli a nome della comunità.
Segnaliamo la dipartenza della signora Celina Bert ved. Longo (ospedale valdese di
Torino), del signor Pietro Enrico Cairus (Ap.
piotti), del pastore SeHFredo Colucci (Villa
Olanda) e del signor Amilcare Pasquet (Villa II). Esprimiamo là simpatia e la solidarietà della Chiesa a tutte le famiglie afflitte.
. Lilla Varese
egli goda di una grande reputazione alVestero^
specie nei paesi comunisti. I russi hanno sempre diffidato di lui; Kruscev si vantò con
Kennedy di aver contribuito a farlo vincere
per non avere a che fare con Nixon; Vanno
scorso quando Nixon era in visita privata in
Russia, nonostante avesse parlato di un incontro con alcuni dirigenti del Cremlino, la
sua presenza fu completamente ignorata. Comparve poi soltanto un articolo sulla “Komsomolskaia Pravdd” in cui si diceva che durante tutto il soggiorno in Russia egli si era
comportato come un clown. Durante lo stesso
viaggio chiese il visto per recarsi a Varsavia,
ma non Vottenne.
Ma la questione che più d’ogni altra avrà
conseguenze sul piano internazionale e, di
riflesso, anche sulla situazione interna, in
quanto aumenterà il disagio fra la popolazione negra che si vedrà privata di nuovi fondi
per il ^^welfare”, è in quella relativa agli armamenti. Nixon in un discorso del 24 ottobre
ha accusato VAmministrazione democratica di
aver creato un ‘‘gap di sicurezza'' nei confronti dei russi, e che è sua intenzione ristabilire una netta superiorità militare degli Stati Uniti. La realizzazione d’un programma di
questo genere non solo stornerà 20 o 30 miliardi di dollari dai programmi di risanamento dell’America urbana, ma creerà nuove
tensioni con l’Unione Sovietica, e comunque
frustra in partenza definitivamente ogni speranza di portare avanti qualsiasi tipo d’accordo che conduca anche ad un disarmo relativo.
Per quanto riguarda il Vietnam, è concepibile che Nixon sia capace di accettare soluzioni che sarebbero state meno possibili per
il democratico Humphrey. Tutto la storia personale e politica di Nixon, con la sua lotta al
comunismo, lo immunizza da eventuali attacchi nei confronti dei quali l’attuale vicepresidente sarebbe stato più vulnerabile. Nixon ha
detto più volte che un governo di coalizione
nel Sud sarebbe una “resa mascherata"; ma
se il governo di coalizione è l’unica soluzione
possibile per la fine del conflitto, è probabile
che Nixon sia anche capace di trovare una
mascheratura per questa mascheratura (
Sul piano interno una promessa fatta frequentemente e che non si potrà non mantenere è quella riguardante la lotta al crimine
ed al disordine in tutte quelle forme che oggi vengono elencate: dai delitti comuni alle
manifestazioni di dissenso, alle ribellioni nei
vari campus delle università. Nel settore economico Nixon ha promesso di combattere l’inflazione. I criteri saranno quelli della cosiddetta “nuova economia" (nuova almeno per
il partito Repubblicano) secondo cui il governo deve usare il suo potere di tassazione
e di spesa per mantenere un’economia sana.
Con Nixon c’è da aspettarsi una certa dose
di protezionismo, specie nel settore dell’acciaio e dei tessili. C’è da aspettarsi inoltre un
aumento nella disoccupazione, indispensabile
per mantenere il presente livello dei prezzi,
come ha dichiarato uno dei suoi principali
consiglieri economici creandogli un grosso imbarazzo proprio pochi giorni prima dell’elezione... ».
Qui i icadetti
In seguito al Convegno Giovanile al Castagneto del 25 aprile 1967, si decise di avere delle riunioni mensili con il Past. Giorgio Tourn e con tutti i giovani impegnati
delle Valli del Pellice e della Germanasca.
Durante queste riunioni si celebrò il Culto
in un modo nuovo; eon la partecipazione attiva di tutti i presenti, e si discusse la possibilità di un impegno concreto in seno alle
varie comunità.
Tra le varie proposte ci fu quella di costituire l’Unione Cadetti. Il pastore Tourn
si mise in contatto con alcuni capi degli
« Scouts » svizzeri e li convocò a Torre Pellice alla fine dell’ottobre 1967. Dopo questo
incontro si iniziò questa nuova attività. Si
costituirono dei gruppi Cadetti a Torre Pellice, Pinerolo, Torino e Pomaretto.
La prima convocazione dell’Unione Cadetti
a Torre Pellice ebbe iuogo una domenica pomeriggio e vi parteciparono trenta bambini
che si ridussero a quindici durante l’anno.
Le riunioni con i1 past. Tourn continuarono ed insieme agli altri responsabili si trac
Due cadetti preparano il culto,
al campeggio di Villar Pellice.
ciò un programma generale secondo le richieste dei ragazzi. Prima di Natale si fecero
dei biglietti-auguri il cui provento andò a
favore di attività varie. In primavera si fecero delle gite nei luoghi storici Valdesi e si
cercò di interessare i ragazzi facendo rivivere loro degli eP'^odi realmente accaduti. Il
giorno dell'Ascensione, essendo in gita al
Prà, si ebbe un culto in comune con la partecipazione attiva dei ragazzi.
Dopo una riunione con i genitori, si decise
di organizzare un campeggio di qualche gior.
no, che ebbe luogo nell’inverso di Villar Pellice durante il mese di agosto.
Dopo un anno di lavoro ci troviamo di
fronte alla difficoltà di avere un contatto
formativo con i ragazzi. Il nostro compito
non è soltanto di riunirli insieme per giocare 0 fare delle gite, ma di stabilire con
loro un dialogo e sensibilizzarli ai problemi
che un Cristiano, anche se giovane, non può
ignorare. Per questa ragione quest’anno cercheremo di orientarci verso un lavoro pratico che ci consenta di avvicinare queste realtà.
IN VAL GERMANASCA
FRALI
Dopo due anni di lotte, di incertezze e di
licenziamenti, vissuti nel timore di una possibile chiusura delle miniere, con orari di
lavoro ridotti, il lavoro alla Talco e Grafite è
ripreso a pieno tempo, con ritmi abbastanza
intensi e produzione aumentata, a causa di
un miglioramento nelle vendite. In questo
modo, a Frali e in tutta ìa valle, è tornata
una certa stabilità nelle famiglie dei minatori ; ci auguriamo che questo dato di fatto
duri a lungo e permetta di ritrovare la serenità, non soltanto economica e finanziaria,
m » anche umana nei lavoratori e nelle loro
famiglie. A Frali, e specialmente fra le persone impegnate nel turismo, si aspetta con
molta ansia Tarrivo della neve, essendo stati
migliorati gli impianti e le piste, e disponendo di un potente battipista meccanico.
Il servizio farmaceutico, che funziona fin
dall’inizio del secolo, è stato ora riconosciuto
come dispensario farmaceutico, inserito nel
quadro delle nuove leggi. A Frali, come in
alcune altre comunità di alta montagna, era
stato costituito un deposito di medicinali, che
doveva servire soprattutto nei mesi invernali
quando, a causa delle valanghe che cadono
sulla strada, per molto tempo le comunicazioni con i paesi del fondovalle erano lente
e difficili.
Negli ultimi anni questo servizio si era
molto sviluppato, a causa del turismo, ed era
diventata poco chiara la sua posizione rispetto alle autorità sanitarie.
Con questo riconoscimento il problema è
stato risolto ed è possibile offrire a tutti un
servizio efficiente, anche a livello di mutua,
nelle ore in cui, a Frali, è aperto l’ambulatorio.
In questi ultimi tempi, nella comunità di
Fiati sono stati battezzati: Giuliano
Saracco, di Luciano e di Marisa Rostan,
(Torino); Ivana Feyrot, di Nino e di Leontina Garrou (Orgere); Moreno Feyrot, di Dino
e Franca Richard (Ferosa); Vera Rostan, di
Ettore e Nella Peyrot (Malzat), Stefano Cinquetti, di Ferruccio e Paola Castagnoli (Torino).
E’ stato benedetto il matrimonio di Franco Gallo e Dolly Blanc. Gli sposi, appartenenti alla chiesa di Susa, erano accompagnati
dal loro pastore e da un gruppo di membri
della comunità.
Il 3 novembre, dopo il culto, il pastore
Giorgio Tourn ha benedetto il matrimonio di
Beniamino Lami (Milano) e Graziella Tron
(Massello).
Il 15 ottobre, numerosi pralini hanno atteso in doloroso silenzio l’arrivo della salma
del dottore Quattrini, che aveva voluto essere
seppellito nella semplicità e tranquillità del
cimitero di Ghigo. Siamo certi che il dolore
semplice di tutti quelli che erano convenuti
hr> saputo testimoniare alla famiglia la riconoscenza e l’affetto per il dottore.
Ringraziamo le signore Auguste e Iolanda
Fuhrman per i libri inviati per la biblioteca
di Frali.
Con rincrescimento abbiamo visto partire
Therese Wenger, della comunità di Agape, che
durante tutto il suo soggiorno a Frali è stata
organista e membro della corale. Le inviamo
il nostro saluto riconoscente.
Domenica 10 ha avuto luogo Fassemblea
di Chiesa : è stato presentato e approvato il
piano di lavoro per l’inverno e i bilanci delle attività collaterali.
A Silvio e Wanda Rostan, delle Orgere,
è nata la piccola Nadia, il 3 novembre.
Il 12 novembre si sono svolti i funerali di
Adelaide Richard, di Villa, deceduta l’il;
il giorno 14 è stato seppellito Bartolomeo
Ferro, del Cugno, deceduto il 12 novembre.
MASSELL
Il Concistoro è convocato domenica 1 Dicembre dopo il culto nella sala del Reynaud.
Domenica 10 è stato proiettato nella sala
del Reynaud a cura della neo costituita FroLoco un film a colori: «Saul e David». Al
termine della serata è stata distribuita ai presenti una bozza di statuto per la futura attività della Fro-Loco, statuto che sarà discusso
ed approvato nel corso di una prossima assemblea di cui daremo notizia.
È stato anche distribuito il primo numero
di un bollettino locale che si propone di esaminare i problemi della comunità in campo
sociale.Vi hanno scritto il pastore Giovanni
Tron, in soggiorno fra noi, Claudio Tron e
Ettore Micol.
POMARETTO
Mercoledì 20 novembre ha avuto luogo alla Marutera la riunione quartierale sul tema
(c Fede e Politica » che verrà ripetuto a Perosa nella serata di venerdì 22 novembre.
Questo argomento è già stato discusso alla
Paiola la scorsa settimana soprattutto dal
Gruppo Giovanile. Domenica 10 novembre
ha avuto inizio l’attività dei cadetti e si è
svolta la seconda seduta dell’Unione delle
Madri di Pomaretto e domenica 17 all'lnver.
so Pinasca.
In assenza del pastore, ¡1 culto, domenica
17, è stato tenuto da un gruppo di giovani.
Sabato 30 novembre e domenica 1 dicembre,
alle 20,30 precise, avrà luogo la recita « Tre
maschi ed una femmina ». preparata dalla
filodrammatica di Pomaretto e l’incasso andrà a favore della Scuola Materna.
OFFERTA SPECIALE a famiglie evangeliche del VERO OLIO D’OLIVA di ONEGLIA - Sconto di L. 50 a It. con scatola di
prova da 12 lattine di It. 0,900 caduna:
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Si possono ordinare lattine miste delle due
qualità. Trasporto e recipienti compresi nel
prezzo. Per informazioni e listino completo
di altre confezioni scrivere a: SCEVOLA
PAOLO . Casella Postale 426 - 18100 IMPERIA ONEGLIA.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (To)
L’edificio
e il fondamento
(segue dalla 3^)
essere segno e modello alle altre comunità. Chiediamo qualche cosa di
nuovo, cioè di attuare qualcosa che da
tempo è compresa nella nostra chiesa,
ma ancora non è stata attuata. Se la
comunità dì Villar Ferosa. farà il tempio nel senso purtroppo tradizionale,
si allineerà alle altre comunità, ma
calcherà una via vecchia, con tutti i
difetti che essa ha nei confronti della
testimonianza verso il mondo. I noncredenti e i cattolici stessi penseranno al protestantesimo come ad un cat.
tolicesimo più sobrio, ma non a qualcosa di radicalmente diverso; niente
di più nè di meno che quando entrano nel tempio di Torre Pellice, con
l’aggravante che il tempio di Torre
Pellice è stato costruito in un momento di influenza anglicana, mentre
quello di Villar Ferosa sarebbe costruito anacronisticamente dopo decenni di riscoperta della Riforma.
E comprensibile che la comunità
di Villar Ferosa esiti dinanzi a questa richiesta di essere — a favore di
tutte le chiese — diversa dalle altre
chiese, ma mi sia permesso di dire
a loro — fraternamente, con estrema
umiltà e con grande affetto — : « Coraggio, fratelli, compite l’opera del
Signore per voi e anche per noi! La
rinuncia al tempio tradizionale a fa
vore di un Centro Comunitario non
è fondata sull’estro di modernità, ma
su motivi di fede. Se voi agirete così,
potrete ben predicare che — dopo
Cristo — non ci sono « luoghi sacri
al culto e alla presenza di Dio », poiché « nè su questo monte, nè a Gerusalemme adorerete il Padre» (Giov.
4: 21); potrete dire che il «tempio»
di Dio non è un edificio, ma, suno i
credenti (I Cor. 6: 19). Potrete realmente proclamare che la « chiesa »
non è il luogo dove ci si incontra, ma
la « comunità » comunque riunita nel
nome del Signore; potrete ben annuii,
nunciare che il Culto del Signore non
è la sola cerimonia schematica che si
compie la domenica, ma ogni incontro della comunità, poiché in tutte le
sue attività essa spera di ricevere dalla Parola di Dio la consolazione e la
esortazione. Potrete ben dire che la
vita del credente non si può dividere
in due parti : un'ora settimanale in
un luogo considerato « sacro ». nel
quale non si dice nulla, ma sj lascia
dire tutto al pastore, e tutto il resto
della vita, dove si dicono tante cose,
ma senza cercare prima nella Parola
di Dio l’indirizzo della nostra esistenza. Riflettete su tutto questo e vi accorgerete che non si tratta dello stile
di un edificio, ma del significato di
tutta la vostra e nostra testimonianza
al Signore.
Noi non possiamo esigere nulla da
voi — cari fratelli di Villar Ferosa -—.
ma chiedetevi se non è il Signore
che esige qualcosa da voi, per vo:
stessi e per noi. Se voi accetterete
questo richiamo, tutte le chiuse riceveranno un’efficace predicazione e
gioiranno per il dono di Dio. Se farete il vostro « tempio », realizzerete
forse un vostro « sogno » ed eserciterete un vostro diritto nei confronti di
noi uomini, ma perderete una preziosa occasione; gioirete nel giorno della
inaugurazione (non c’è posto per
« consacrazione » dì luoghi dopo Gesù
Cristo!), ma noi non potremo gioire
con voi; anzi saremo nella, tristezza
per voi e per noi, perchè ancora una
volta, la nostra chiesa avrebbe seguito
le sue tradizioni e non l’annuncio di
Cristo. Siate comunque certi che non
vi giudichiamo, ma che preghiamo di
vero cuore ¡1 Signore per voi.
Alfredo Sonelli
Il 12 novembre, improvvisamente, il
Signore ha richiamato a sè
Bartolomeo Porro
di anni 79
I familiari, nel darne l’annunzio, ringraziano tutti coloro che hanno preso
parte al loro dolore.
« Non temere, perchè io sono teco; non ti smarrire, perchè io
sono il tuo Dio ». (Isaia 41 ; 10>
Frali, 13 novembre 1968
RINGRAZIAMENTO
I cugini di
Emma Alice Gay
ringraziano il Personale del Rifugio
Re Carlo Alberto ed in particolare la
Direttrice Suor Susanna e la Signorina Maria Coisson per le affettuose
cure prestate alla loro congiunta.
Luserna S. Giovanni, 19 novembre 1968
RINGRAZIAMENTO
I familiari della compianta
Lydie Meynier
ringraziano sentitamente tutti coloro
che hanno partecipato con affettuosa
simpatia al loro lutto.
Torre Pellice, 20 novembre 1968