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ANNO LXXVIl
Torre PelHce, 24 Ottobre 1941-XIX
K. 43
l m .CELLE VALLI VALDESI
Riguarda.^ __manali i
(Isaia Li, 1)
mal« «l«lla Chi«
li Valdi
Nulla sia più forte della vostra fede 1
^ Gianaveilo)
ABBONAMENTI
Italia e Impero . . , . , Anno L. 15 - Semestre L. 8
Parrocchie del Primo Distretto . » » 12 — » » 7
Estero . . . > » 25 — » » 15
Direllere: Prof. OINO COSTABEL
AMMINISTRAZIONE: Via Carlo Alberto, 1 bis - Torbe Pellice
REDAZIONE: Via Arnaud, 27 - Torhk Peli.ice
Ogni cambiamento d’indirizzo costa una lira
Cent. 30 la copia
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non seminano, non mietono,
non raccolgono in granai, e
il Padre vostro celeste li nutrisce. Non siete voi assai più
di loro ? Matt. 6: 26.
I pagani dell’antichità davano molta
importanza al volo degli uccelli e attraverso a interpretazioni fantastiche e superstiziose, cercavano di vedere in esso
una rivelazione delle cose future oppure
un segno propzio o meno.
I pagani dell’oggi non vi prestano invece più alcuna attenzione, perchè non
credono più che nel creato ogni cosa sia
una parola di t)io.
Fra i due errori, la parola di Gesù ci
mostra la via giusta: gli uccelli, queste
fragili e soavi creature di Dio, son messaggeri di un annunzio divino importante ed attuale. Nell’ora che volge, mentre
molti spiriti sono turbati e i cuori ripieni dì sollecitudini ansiose, la loro vita ed
il loro canto melodioso, costituiscono una tale dimostrazione della Provvidenza divina da restituire la serenità ai nostri cuori ed al nostro spirito.
Guardate come son debóli e frali gli
uccelli del cielo: son veramente le creature meno dotate di fronte alla vita !
Non hanno neppure un sostegno solido al quale appoggiarsi, perchè non vivonq come gli altri animali sulla faccia
della terra: abitano l’azzurro, l’aria, il
vento. Si posano di tanto in tanto sopra
un ramoscello che si piega sotto il loro
peso... La loro m,ano, il loro braccio per
lavorare, l’arma per difen^iersi, è rappresentata dall’esile becco che serve
anche per costruire il nido e per ogni
altra bisogna... Gli altri animali, generalmente, hanno una tana od un rifugio
per la notte, ma gli uccelli, nel fragile
nido di mota, sono in balia del benché
minimo soffio d’aria! Io li penso nella
notte fqnda della foresta, quando bestie
da preda vanno attorno cercando carne
e sangue per sfamarsi. Li penso nell’ora della tempesta, quando sibila il vento, scroscia la pioggia e cade la folgore: dove sono, allora ì poveri uccellini ?
E questo è poco! La loro infinita debolezza è dimostrata, sopratutto, del fatto
ch’essi non seminano, non niietono, non
raccolgono in granai e sono completamente disarmati e sprovveduti di fronte aU’awienire.
Ciò malgrado y Padre celeste li nutrisce.
4*
Li nutrisce! Anche quando la stagione delle messi è passata, quando sul
prato o sulla via polverosa, ove sfrottano cinguettando, sembra non ci sia proprio nulla da mangiare; persino sulle
pianure nevose dei paesi nordici, o
sulla infinita distesa dei mari... Perciò
sembrano l’immagine della serenità e
della gaiezza e portano dovunque con
sè, sulle loro ali, come un brivido di
speranza e di felicità.
L’hanno sempre detto ì poeti e l’ha
ripetuto il popolo nell© sue canzoni più
belle. Tornano alla mente tanti motivi e
ritornelli: il malato ed il prigioniero
che dalla loro finestra salutano nella
rondinella la vita e la libertà: il ferito
d’Aspromonte che leva 11 suo canto nostalgico alla rondinella che va e torna
li accanto: i nostri soldati che oggi, nei
loro canti, non possono fare a meno di
cantare gli uccelli del cielo..,
Perchè Dio li nutre, il mondo li am,mira, li esalta e li invìdia.
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E considerate, allora, com’è privilegiata la vostra conditìone:
Più favoriti degli uccelli voi potete
anche, generalmente, seminare. E
quando la semenza è affidata alla terra, e posta la prima pietra, possiamo
trarre un sospiro di sollievo e aspettare
fiduciosi l’ora delle messi...
E queU’ora, generalmente, viene; e
allora, mentre formate festanti i covoni, canti di gioia salgono sulle vostre
labbra...
E quando i covoni son riposti nei granai, pur senza ripetere le parole del
ricco epulone, vi sentite più tranquilli e
fiduciósi neU’avViénire.
Ma tutto questo è poco. L’importante
si è che valete agli occhi di Dio assai
più degli uccelli e di ogni altra creatura
vivente e questo fatto vi assicura più
che a loro l’aiuto della sua Provvidenza. Può avvenire che la massaia dia, per
una volta,, una manciata d’erba di meno alle sue pecore, ma non può essere
che dimentichi di dare un pasto ai suoi
figliuoli !
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Tu dunque, fratello, non essere con
ansietà sollecito !
La sollecitudine ansiosa è una sofferenza morale cosi crudele che si ripercuote spesso anche sul fisico. E’
grazie a lei che passiamo tante notti insonni e che i nostri capelli imbiancano
prima del tenipo.
Esso è fonte di errori e di sbagli fatali. Lo si vede specialmente nei tempi di
crisi, quando gli uomini si spaventano,
si affannano e van cercando aiuto alla
cieca, a destra ed a manca.
Così quel re Acazia al quale il profeta diceva: « Poiché hai mandato dei
m,essi a consultar . Baalzebub dio d’Ecron, quasi che non ci fosse in Israele
nessun Dio da poter consultare, perciò
tu non scenderai dal letto sul quale sei
salito, ma per certo morrai... »
Come pei discepoli nella tempesta, la
sollecitudine ansiosa offende il nostro
Signore e rischia di privarci del suo
aiuto.
Ma perchè angustiarci quando possiamo far pieno assegnamento sulla Provvidenza del nostro Dio ? Perchè non essere sereni e fiduciosi sempre, come
quei credenti del Titanic che non si lasciavan prendere dalla sollecitudine
neppure dinanzi alla morte e cantavano un inno mentre la nave affondava ?
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Guardate e ascoltate gli uccelli del
cielo !
i I nostri amici e conoscenti, appena c'è
i in aria qualche motivo di preoccupazio' ne, non sanno parlarci d’altro che delle
loro previsioni, delle loro ansietà e dei
loro allarmi, oppure delle loro più o
meno fondate speranze e ci lasciano
preoccupati o illusi e ci fan perdere la
serénità e sbagliare la via!
Ma gli uccelli del cielo ci riconducono nella via giusta e ci mostrano nel
* Padre Celeste il solo artefice del nostro destino, il vero Signore del pane e
della vita. E noi, in mezzo a tutte le
incertezze di quaggiù, possiamo allora
camminare con regale serenità, vèrso
una mèta sicura. Enrico Geymet.
Agli Amici del Cacto Sacro
(Circolare della Commissione del C. S.)
' Tutte le attività ecclesiastiche hanno
ripreso o stanno riprendendo il consueto ritmo e, non ultima tra esse, anche
quella che si propone l’incremento del
Canto Sacro. Forse parlar di incremento
è dir molto, perchè nella maggior parte delle parrocchie non si tratta tanto
di perfezionare e di completare, quanto di esercitare, al canto degli inni sacri dei nuclei di persone che, per natu..rqle rotazione, cambiano in parte ogni
Oa anni in qua sono stati proposti allo étudio delle Corali e delle Scuole domenicali óirca 50 inni. In quale
delle nostre paftocchie si può dire che
quei cinquanta ikni sono cantati correntemente dalla massa dei frequentatori
del culto ? Dirà taluno che l’uso dell’Innario in lingua italiana per il culto pubblico è stato introdotto solo da pochissimi anni. E’ vero. Ma per ciò è tanto più
necessario di intensificare lo) studio del
nostro così ricco e prezioso Innario, e di
ripetere instancabilmente quel poco che
già se ne conosce.
La Commissione non intende tuttavia
proporvi di raddoppiare e triplicare il
numero degli inni da imparare nell’anno corrente, ma vi invita nel mqdo più
affettuoso, cordiale ed urgente ad intensificare gli esercizi di canto, a cantar
molto e - possibilmente a cantar bene -. Val meglio cantare, anche facendo
qualche sbaglio, che non cantare affatto per timore di non cantare abbastanza bene. Se anche vogliamo far buona figura quando cantiamo, non cantiamo però per-far figura, come non cantiamo per far passare la malinconia,
secondo il detto « Canta che ti passa ».
La ragione del nostro cantare sta nella piena degli affetti che riempiono il
cuore, negli slanci appassionati della fede, nelle invocazioni piene di fiducia,
nei ringraziamenti pieni di riconoscenza e di allegrezza, nel consolante pensiero della comunione con tutti i « nostri » - i nostri correligionari, come i
nostri cari lontani, i nostri sulla terra,
come i nostri nelle celesti dimore. I nostri giovani soldati, sebbene membri necessariamente assenti dalle Corali, la
sentono in modo particolare questa comunione e noi vogliamo dir loro da questa pagina, che nel canto come nella
preghiera essi sono sempre presenti nel
nostro cuore.
Proponiamo dunque allo studio delle Corali i numeri seguenti:
33 - come inno d’apertura del culto,
157 - come inno di confessione, ,
216 - come inno d{ chiusura,
155 - come « coro » riservato alle Corali,
ed infine il canto patriottico valdese
« Le mani alzate al del » (testo italiano
in Ps. et Cant. N° 297, v. 1, 2, 4) per
poterlo cantare spontaneamente in tutte le nostre feste e solennità valdesi.
Proponiamo allo studio delle Scuole domenicali gli inni: 168 . 290 - 326 ed il canto patriottico valdese « Salve,
o monti» (testo italiano in Ps. et Cant.
N° 300). Di quest’ultimo canto gli scolari canteranno soltanto la voce del soprano: la prima parte verrà cantata dai
soli ragazzi, la seconda solo dalle ragazze, la terza da tutti insieme.
A suo tempo la Commissione vi indicherà le località e le date in cui verranno tenute le «Feste di Canto». I membri
della Commissione si propongono di accordarsi coi pastori e coi direttori delle
Corali per visitare, nella misura del
possibile, le Corali stesse o le Chiese
durante gli esercizi di canto, sia per
rendersi conto delle difficoltà, sia per
incoraggiare nel loro nobile sforzo tutti
gli amici del Canto Sacro.
La Commissione del Canto Sacro:
Adolfo Tron ,
Arnaldo Gòmba
Paolo Maraudi'
' Enrico Jahiéii
Gustavo AÌbariii
Ai militaivi
LA SUPERSTIZÍONE E LA GUERRA.
La Superstizione, che nei tempi della
prosperità vive allo stato latente nel
cuore degli uomini, vi mette profonde
radici, e si diffonde eñormemente nel
tempi in cui la vita e il benessere so-^
no in pericolo.
Di fronte ad avvenimenti quali la caduta di una bomba o la traiettoria di
una pallottola nemica che non siamo in
grado di far deviare e che perciò non
dipendono dalla nostra volontà, noi sentiamo di aver bisogno di una forza superiore a quella degli uomini che ci sia
propizia e ci protegga.
Anche chi fa professione di materialismo e d’incredulità nel pericolo pone
la sua fiducia in oggetti porta-fortuna,
saranno essi ferri di cavallo, numeri
magici o altre cose, pensando ch’essi
lo preservino da disgrazie. E’ la mentalità pagana che, cacciata via dal trionfo del Cristianesimo si prende la rivincita. Non vai la pena ch’io mi soffermi
a dimostrare la vanità di simili pratiche
superstiziose.
Ma la superstizione pagana sa anche
travestirsi da cristiana. Ed ecco ü moltiplicarsi di medagliette, immagini sacre ed altre simili cose le quali portate
addosso dovrebbero servire da scudo di
protezione. E può accadere che anche
dei giovani valdesi, seguendo l’esempio
dei loro compagni, siano indotti a confidare in figure, sian pure quelle di
Gesù, o in altro oggetto come la Bibbia
o il Vangelo, che, per il solo fatto d’essere a contatto della persona devono
premunirli dai pericoli dei combattimenti.
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Vorrei convircervi, cari ¡soldati valdesi, se ve n’è fra-voi qualcuno che
debba esserlo, a mettere tutta la vostra
■fiducia nel Padre Cel'^e e nel suo Uni-'
genito _ Figliuolo Gesù Cristo, nostro
Salvatore. Il nostro Signore ha detto:
« Iddio è Spirito, e quelli che i’adorano,
bisogna che l’adorino in ispirito e verità »* perciò l’anima nostra non-si deve fissare ad immagini materiali ma
elevarsi a Dio che è spirito e richiede
da noi un culto spirituale. Egli è presente ovunque, vede tutto, sa tutto.
Egli non è responsabile del lancio di
una bomba o di una raffica di mitragliatrice nemica, ma s’Egli vuole, s’Egli
crede cioè che sia bene per l’anima nostra .e per il fine ultimo ch’Egli si propone: la ^ maturazione dell’umanità per
il giorno del Giudizio e per il trionfo
della sua volontà buona e santa, Egli
può proteggerci, Egli può essere il nostro scudo e la nostra fortezza; come
anche Egli può permettere che gli avvenimenti seguano per un certo tempo il loro corso determinato dalle azioni degli uomini, per intervenire poi a
dire la Sua parola definitiva e per « far
cooperare tutte le cose al bene di quelli
che amano Dio » come si esprime S.
Paolo. Di modo che una ferita, ima mutilazione, la morte stessa possono volgere ai vero bene dello spirito desti
nato ¡alla vita eterna, se v’è in noi ve
. ro'amore e vera fede. . ^
E’* chiaro che questa azione sovrana
"'^e misericordiosa dell’Iddio Onnipotente
e Padre nostro Celeste non può essere
modificata da un oggetto, da una immagine o da un libro anche se trattasi di
cose, sacre portate sulla nostra persona.
Soltanto colla preghiera fatta di fiducia illimitata in Dio, coll’abbandono
del nostro avvenire nelle Sue mani, colla rinuncia a pretendere che Dio sia al
nostro servizio e coU’umüe sottomissione alla volontà Sua, per la vita e per
la morte, il soldato in guerra può liberarsi dalla superstizione e dallo spavento di ciò che gli può accadere ed
essere tranquillo e sereno nel proprio
animo, qualunque cosa avvenga.
Salmo 31: 14,
Io mi confido in Te, o Eterno !
Io ho detto: Tu sei l’Iddio mio !
I miei giorni sono in tua mano.
Efesini 4: 6 - Non siate con ansietà
solleciti di cosa alcuna; ma in ogni cosa
siano le vostre richieste rese note a Dio
in preghiera e supplicazione con azioni
di grazie. E la pace di Dio che sopravvanza ogni intelligenza guarderà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo
Gesù. Gustavo Bertin, pastore.
•'V*'■' 4 Ai>'■ A-
derivato, e con l’appoggio del Consi
gliere G. Bñgnone, S. De Fermx, L.
Long, Giuliano^ ed altri creava una So
cietà anonima per la Ferrovia di Pine' rolo di cui fu il segretario, ed a cui si
■ij; do'vette, in un secondo tempo la costruzione del tronco Pinerolo-Torre Pellice.
_ ^ Se nella sua stessa attività più specificamente commerciale egli non dimen-Jica le Valli natie, la sua opera di de■".iputato è più nettamente ancora di ispi
razione
Valdese. Situazione difficile
nella lotta tenace dei partiti, tra un
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ITIala
Cento armi'or sono, in Torino, si tentava di aprire una scuòla protestante.
Impresa non facile poiché la competente magistratura comunicava ufficialmente, per iscritto, sottolineando le parole, che essa non avrebbe autorizzato
in nessun modo detta istituzione, ni avec perrnission, ni par ignorance d’un
tei éiablissement, ni par tolérance. La
forma era forse alquanto barbara, ma
il contenuto per contro chiarissimo.
Non abbiamo qui, l’intenzione di soffermarci su questo incìdente dell’opera nostra, ma ci sia permesso di prenderne
occasione per ricordare ai nostri letto- .
ri una figura deUe più caratteristiche
della nostra Chiesa, in quel periodo: intendiamo parlare "di Giuseppe Malan di
cui ci proponiamo di discorrere breveniente, giacché circostanze varie ne
hanno, l’anno scorso, impedito di farlo,
-i*
Nacque Giuseppe Malan il 5 gennaio
1810, e il 22 agósto del medesimo anno
fu battezzato nel Tempio di San Giovanni dal pastore Giosuè Meille. La sua
giovinezza non fu facile, e nei suoi studi egli dovette imparare a sue spese che
se il digiuno è una preziosa istituzione
religiosa, essa è per lo meno’spiacevole
come sistema pedagogico. Comunque, à
15 anni egli terminava presso il pastore
di Angrogna i suoi studi preparatori e
« scendeva » a Torino, in Via degli Ambasciatori, per affrontare la vita nei
multiformi aspetti sotto cui essa si poteva presentare agli occhi dì un giovane dallo spirito aperto come il suo,
e come lui impiegato nella Ditta Chdrbonnier, Malan, et Compagni. Era una
Ditta rispettata òhe si occupava del
commercio di tessuti e di lana. Giuseppe vi debuttò con un colpo da maestro:
andato in Spagna per un'giro d’affari,
vi riuscì così bene da poter porre la sua
candidatura per un ufficio superiore.
. Infatti, verso il 1832 la ditta Malan si
proponeva di creare, nelle Valli nostre,
uno stabilimento industriale, una « filatura di cotone », trasformando all’uopo
un podere in regione Pralafera. Non era
cosa facile, perchè un’antica legge vigeva ancora per cui non era lecito ai
Valdesi di possedere terreno « en avai
du Pélis et près des confins de Lucerne ». Comimque, dopo lunghe discussioni in cui dovette intervenire il Ministero stésso, venne concessa l’autorizzazione e lo stabilimento di Pralafera
potè sorgere. Nel 1837 vi troviamo Giu
seppe Malan, preoccupato di riuscire a
creare qualcosa di tecnicamente capace
di competere con i pochi stabilimenti del
genere, e di mantenersi scrupolosamente fedele a quei principi di cristiana carità che erano in lui qualcosa di profondamente radicato. Quivi, nel 1838 egli
sposava la fedele compagna della sua
vita: la più giovane delle figlie di G.
G, Peyrot: Carolina. Poi è il ritorno a
Torino e l’inizio di una più vasta e cortiplessa attività. ‘
Non ci è possibile ora di seguire pasii
so passo Giuseppe Malan; ci limiteremci\
a ricordare alcuni fatti salienti per met-^
tere poi in rilievo quello che egli fiUì
come Valdese, come Cristiano.
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Anzitutto la sua elezione a deputatadel Collegio di Bricherasio. Fu, dato f,
tempi e^le circostanze, un piccolo avvenimento; si era negli anni eroici del^'
Risorgimento: 1848-1849; era la prima
volta che un Valdese poteva scendere '
apertamente in lizza quando ancora il
primo articolo dello Statuto parlava di
tollerati e la prassi interpretava ancora’ ’
in senso stretto la tolleranza. Nulla di
strano* che la competizione fosse viva
e che qualche nòta eroicomica non dò- v
vesse mancare. Comunque Giuseppe
Malan ompò il seggio che prima di
lui era statò del prof. Bùniva e dell’esule Amedeo Melegari; seggio che poi egli
tenne per varie legislature fino a quando il Parlamento Subalpino nel 1860
lasciava il passo al Parlamento del Regno d’Itaha. . r;.,
Se Giuseppe Malan non era un oratore, era per contro un lavoratore instancabilè; accanto alla sua personale
attività di industriai© e di banchiere.
Che si svolgeva con alterne vicende che
egli affrontava con coraggio sereno, e
con inflessibile onestà, la sua attività
a prò dell’utilità pubblica non eya indifferente. '
Si stavano gettando le prime basì, in
Piemonte, di una rete ferroviaria. Il
progetto era grandioso per le forze del
Piemonte, che dovette pertanto limitarsi aUe grandi linee; l’idea di una ferrovia Torino-Pinerolo sembrava pertanto scartarsi, come non essenziale ài fini
strategici, e pertanto cadde nel dominio dell’iniziativa privata. Giuseppe
Malan non dimenticava le' su© Valli;
capiva il vantaggio che loro sarebbe
“'■“radicalismo talora non meno fanatico
, dei conservatori che esso voleva combattere. Giuseppe Malan dal suo posto
di centro sinistro prende parte alla
campagna in favore delle leggi Siccardi, e comincia una assidua opera nei
vari ministeri per chiarire la portata
reale del 1° artìcolo dello Statuto, in un
’¿.senso più largo, secondo lo spirito, non
y.^secondo la lettera. Così interviene a favore di un ragazzo dì Rorà che era sta^;^to condannato per oltraggio alla reli^gione dello Stato per aver lavorato du^■•rante una giornata considerata come
^ festiva dalla Chiesa romana. Così interviene nel caso di Favaie dove alcuni
fratelli erano stati arrestati perchè in
possesso della Bibbia di Diodati. Così
, affronta violentemente il ministro Rattazzi quando questi presenta la sua ri- forma del Codice Penale che contiene
ancora per opportunismo parlamentaristico molteplici disposizioni vessatorie nei riguardi dell’esercizio del culto
'■■protestante.
Ammiratore fedele di Camillo Cavour egli ne segue la politica, anche se
_ non sempre egli ne capisce, come per
...la guerra di Crimea, il geniale intuito
di sommo statista. Accusato di sover'• 'chio amore per n ministero, egli ritira
la sua candidatura, pur continuando ad
;..,sàntercssarsi direttamente alla vita politica. Prima però di abbandonare, l’arringo parlamentane quale membro della
Commissione incaricata dello studio
della legge per la soppressione delle
Corporazioni religiose e vendita dei beni ecclesiastici, presentata dal Ministro
Rattazzi, Giuseppe Malan aveva l’occasione di rendere un prezioso servizio
alla- Chiesa Valdese, salvaguardandone
provvidenzialmente l’indiipendenza fi-”^
nanziaria. Al Conte di San Martino che,
quale presidente della Commissione’
voleva che si provvedesse in modo stabile alle finanze dei culti tollerati, e
proponeva che i fedeli di questi culti
venissero sottoposti ad una imposta ecclesiastica, senza alcuna distinzione tra
membri di chiesa praticanti e non, Giuseppe Malan a nome del. Culto Valdese
e per- esso, rifiuta in modo reciso: ger
fede doveva mantenersi la Chiesa, poveri, ma liberi: fu la sua risposta.
E che la Chiesa Valdese fosse povera, il nostro deputato del Collegio di
Bricherasio ne sapeva qualcosa, lui che
già nel 1848 era membro della Tavola
Valdese, con I. Micol, e G. P. Revel,. P.
Lantaret, E. Rollier. Egli assume anzi
la delicata carica di'tesoriere della Tavola stessa. Molto modestamente egli
dichiara di voler prender© su di sè soltanto l’attività materiale per lasciare
agli altri quella spirituale; in realtà la
sua attività materiale è la manifestazione di una fede vivente: egH tiene i
registri dei conti, si occupa dì pratiche
legali, copia delle circolari per le parrocchie; si accorge che vi è un notevole
deficit nel bilancio della Tavola, e, senza rumore, questo deficit passa nel conto privato del signor Giuseppe Malan;
tutt’al più si saprà che un generoso anonimo è intervenuto... in extremis; e
di questo generoso anonimo parleranno
spesso i Sinodi Valdesi, perchè la carità
cristiana non si stanca mai.
Il che non significa naturalmente che
egli non sapesse manifestare energicamente Ü suo modo di vedere, disappro
■•<4. i
vando quanto riteneva, secondo giustizia dover essere disapprovato. Così egli affeiéna”’ e riafferma'' il suo attaccamento al nome Valdese quando, per un
tentativo di soluzione delle lotte denominazionali,. questo aggettiiiO sembra
offuscare alcuni di quegli spiriti così
larghi 4dì vedute d a fare anzitutto
questióne di nomi ! Così egli si
amar^gia al pensiero che la Tavola
Valdese e il Comitato di Evangelizzazione si dividano un compito che
giustàm,ente Giuseppe Malan considera
una missione delle Chiese delle Valli,
per le quali egli rivendica il diritto e il
dovere di un indirizzo unitario. Così
egli ribadisce crudamente il principio:
L’uomo è fatto per l’opera e non l’opera
per l’uomo, da cui deduce conclusioni
salutari, che potrebbero essere non inutilmente meditate oggi ancora, anche
se ci pare troppo rìgida la sua concezione di industriale che vorrebbe applicare là legge dello scarso rendimento
anche al dominio spirituale.
L’amore dell’opera lo spinge; anche
nelle piccole cose bisogna esser fedeli.
Eccolo dare una graziosa lezione a un
pastore smiemorato: « Non vi imiterò,
tardando 12 giorni a rispondere a una
lettera che esigeva una risposta immediata! »
Ad un altro scrivere:
« Comincio col pregarvLdi comprarvi
deH’inchiostro nero, e, se non ne avete,
eccovi l’indirizzo di due fabbriche! »
E così fu tutta la sua vita: lavorare
fincliè fu giorno, come quegli che sapeva per esperienza la fonte ove ritemprare 1© scosse energie. E ci piace ricordarlo, con il suo biografo, regolarmente
seduto al suo banco, Idomenica dopo
domenica; e più, ancora ci piace il vederlo seduto, venerando vegliardo, seduto tra i bimbi della scuola domenicale per unire la sua voce tremula a
quella degli alunni: « Gloria a Dio.... ».
Il Comune di Luserna San Giovanni
ha dato il suo nome ad una delle Vi©
che conducono al Tempio di San Giovanni; forse è solo una coincidenza, ma
ci piace dì pensare che è una felice coincidenza. 0. l.
CRONflCiq V/ILDESE
ANGROGNA (Capoluogo). Domenica
12 corrente abbiamo avuto il piacere di
aver tra nof il Sovrintendente, pàstore
R. Nisbet che ci ha rivòlto una buona e
forte predicazione e che ci ha fatto del
bene. Gliene siamo vivamente grati.
— Doménica 19 l’Unione Giovanile
ha iniziato le sue attività con una riunione al Capoluogo. Il pàstore ha rivolto
una'"’fervida esortazione alla gioventù
ad ispirarsi alle memorie dèi passato
per agire con fervore nel presente. In-'
vitato dal pastore ha quindi preso la
parola il prof. Attiliò Jalla| che ha brillantemente rievocato quattro episodi
della storià della parrocchia ricollegandosi ad altrettanti monumenti o località
storiche. Egli è riuscito noti solo a fissare l’attenzione, ma a commuovere il
cuore dei suoi uditori e noi vivamente
lo ringraziamo.
BOBBIO PELLICE. Domenica scorsa, presente una folla di parenti e di conoscenti, abbiamo consegnato alla terra
la salma di Stefano Geymonat, di anni
80, deceduto al Rifugio Carlo Alberto
di Luserna S. Giovanni.
Fidenti nelle promesse dell’Evangelo
rinnoviamo agli afflitti l’espressione
della nostra simpatia cristiana.
— Agli sposi Angelo Ronchi e Mercedes Pons, uniti in matrimonio il 18
corrente, auguri di felicità nei Signore.
R.
(
PRAMOLLO. Sabato scorso abbiamo
invocato le benedizioni di Dio sul matrimoniò di Bounous Ercole con Rey-
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i^aud Dionigia del quartiere di Pomea|i^o. Rinnoviamo qui agli sposi i più fer'^idi auguri di felicità; Iddio li benedica '
■T~e li accompagni nel loro focolare dome
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^Stico.
5^ ' RORA’. Lunedì 6 corrente dinanzi ad
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un folto gruppo di parenti ed amici, ab¿biamo celebrato nel nostro Tèmpio il
jiiatrimonio del carabiniere Attilio Ri■^lOÌra con la nostra giovane sorella
‘^ourn Paimira, di Peyret. La cura pre4jnnrosa che essi avevano posta nel pre'■fparare ogni dettaglio della cerimonia
'-'religiosa, contribuì al suo ottimo suc''<*ces&o e parve agli amici come il felice
^presagio d’una casa realmente edificata
sotto la benedizione deH’Eterno. Gli audella Chiesa accompagnano gli
Risposi nella lontana Roma ov’essi hanno
,^-iissato la loro residenza.
— Lo stesso' giorno, un’ora più tardi,
^il nostro Tempio si parava a lutto per
[il accogliervi la spoglia mortale di Sal\\vageot Teofilo, d’anni 77, e tutta una
f ^numerosa schiera di parenti e fratelli in
fede, accorsa per renderle le ultime oI ‘ • -noranze. Era stato trovato il giorno pre- ^^;;cedente nella sua umile stanzetta, composto ancora nell’atteggiamento del
, *'àonno, ove la chiamata suprema lo ave;;^va sorpreso quindici giorni prima. SicP«pome viveva solo e abitualmente passa^^ra tutta la settimana alle carriere di
r^pietra, ove lavorava, nessuno sì era ac'-'■i«orto dell’accaduto. La Chiesa circondò
■'"<5con sincera simpatia il lutto del fratello
c^iGiulio, residente a Torre Pellice.
^'Ì’SAN GERMANO CHISONE. Asilo
l^ per Vecchi. Con vivissima gratitudine
i>lurono ricevuti, dal primo luglio al 30
ytsfettembre corrente anno, i doni seguenCav. uff. rag. Arturo Petrogalli e fa^’'’miiglia, in memoria dei Nonni Maestro
f.;'JLong e Signora, L. 50 - N. N., S. G., 32
^ - Baret Celina, Id., 10 - Prof. Emanuele
p;Griset e Signora, 120 - In memoria di
'¿'.Maddalena Reynaud, i figli, 100 - Signora Piccotti-Voglino, 100 - Unione
'emminile di Villasecca, 40 - Signorine
.^Mglicimo, Villasecca, 20 4 Signorina
»Cardon Elisabetta, 10 - Long GiuseppiÿSna; ved. Costantino, Inverso Pinàsea,
‘^5 - N. N., S. G., 16 - Id., Id., 81 -Tioul^iiiious Margherita ved. Richard, Bex
||.^Vaud), 50 - Anonima, offerta di set^ptembre, 150 - Anonimo, 108 - N. N.,
G., 41,10 - N. N., Id., 21,75 - Famiglia
a^ouchard E. Bartolomeo, macellaio, S.
l'G., 50 - Famiglia Boucchard, Bernardi
¡¿¿S. G., 15 - Maria e Federico Jahier, in
'.memoria dell’Ing. Vincon, nel primo
^anniversario della, sua morte, . 50 Fratelli Baud, Frali, in memoria dei loro
^^ari, 30 - Elena e Luigi Breuza, Rodo%etto, in ricordo della zia Maddalena
I^Tron, 25 - Anoninib, S. G., 216 - N. N.,
JS. G., 21,75 - Long Levi fu Luigi, S. G.,
t ili memoria di .sua sorella Luigia, 25 ^ Long Olga,, dì Levi, in memoria della
Luigia, 25 -" Genre Elvira, Pomaretto, 10 - Lantaret Elisa e Emilia, Id.,
. 20 - B ertalo! Enrichetta e Maria, Id.,
|20 - Signor Virgilio Sommani, Moderatore, 30 - Famigli^ Vinçon, in memoria
.'del primo anniversario della morte delì. l’Ingegnere: Signora Cavalli ved. Vin-■con, 500 - Signora Zagrebelsky, 500 |,Signor Zagrebelsky, 100 - Signora Rigl>et Paola, 500 - Dott. Carlo Cardon, in
-^^^emoria del fratello Emanuele e in me%)ria dell’Ingegnere Vinçon, 250, - Cav.
B. Monnet, S. G., 20 - Signora Pastre,
s.Pomaretto, 10.
fe TORRE PELLICE. Il culto di domeI nica prossima sarà presieduto dal pastofere sìg. Nisbet.
ê VILLASECCA. Il signor Vinay Cei 4tóre Emmanuele e signora Maria Alice
i Hata Domiol, recentemente rimpatriati
; dalla Francia hanno presentato i loro
Tìambini al culto di domenica 5 ottobre
p"^erchè fossero battezzati secondo Tl,^'Jitituzione cristiana; essi sono:, Vinay
■ ^iax Alessandro; Vinay Giorgio Herizpiann; Vinay Daniele Leonardo GiacoVinay William Yves Cesare; Vinay
È’T.Ì'ieiro Enrico. Faceiamn i nr>s.t.ri tYiiolin
ri auguri perchè questi bambini crescano forti e prosperosi nel'timore del Signore. i
Fedirazione delle Uoioni Valdesi
Tutta la Gioventù Valdese e in particolare quella della Val Pellice è caldamente invitata al primo Convegno Generale del nuovo anno di attività unionistica
DOMENICA 26 corr., alle ORE 15
nel Tempio del Ciabas.
L’argomento « La Parola di Dio » sarà svolto dai seguenti oratori:
Roberto Comba: L’autorità della Parola di Dio - Roberto Jahier: Come dobbiamo ascoltare la Parola di Dio - Enrico Geymet: La Parola di Dio nétta nostra storia e netta nostra vita.
Avvertenze: Il Convegno avrà luogo
anche in caso di cattivo tempo’. - Si canterà sull’Innario Cristiano-, che ciascuno è pregato di portar seco - Le biciclette possono essere depositate presso
l’Orfanotrofio Femminile.
Il Capo Gruppo.
Segnalazioni
Un interessante contributo alla storia deU’Evangelismo in Italia è dato
da questa (1) Storia dei Movimenti protestanti e detta Comunità Evangelica
Tedesca in Venezia, del dott. T. Elze,
che, apparsa per la prima volta nel 1883
in occasione del quarto centenario della
nascita di Martino Lutero, vede ora una
nuova edizione, compiutamente riveduta e aggiornata dal dott. E. Lessing.
La prima parte, di carattere più generale, è la storia dei movimenti - protestanti! in Venezia durante il XVI secolo, con particolare, riguardo alla diffusione degli scritti e dell’insegnamento
di Lutero, è il periodo eroico, ' in cui
Padova e Venezia sono due centri di
luce evangelica; ìn cui Carnesecchi, Ochino, Lupetino, Bru,cicli ed altri danno
da fare all’Inquisizione. Seguono due
liste di predicatori stranieri in Venezia.
La seconda parte, di carattere più ristretto, ci narra la storia della Comunità Evangelica tedesca in Venezia; le
sue origini e le sue vicende. E’ interessante notare come questa comunità, originariaihente una sorta di corporazione di mercanti, nell’anno 1555 desse
già il suo appoggio alla causa della Riforma appoggiando l’opera di B. Lupetino, ancorché la colonia tedesca del
«Fondaco dei Tedeschi» non fosse ancora costituita in comunità di Confessione Augustana, neppure nel 1609. Di
questo « Fondaco dei Tedeschi » l’autore narra con amore appassionato e scrupolo di storico le vicende, e ci fa assistere alle origini ed allo sviluppo della
comunità Augustana che pur col suo carattere esclusivamente nazionale mantenne sempre contatti con le altre Confessioni. Di un particolare interesse è
poi 1 aggiornata e -completa lista di
tutti i pastori che dal 1650 si sono succeduti nella comunità suddetta: lista
ricca dpdati biografici e che potrà essere utilmente consultata da chi voglia
seguire gli scambi spirituali Italo-germanici; ed altrettanto dicasi del capitolo che il dott. Lessing ha consacrato
alla medievale, « compagnia tedesca » in
'Trevisb.
V
(Meditazioni
il
sui testi der
di fF<aiBni^lÌA
Calendario Biblico della Chiesa Morava)
> 1
Lunedi Lettura: Salmo 10. i
27 Ottobre « La mia grazia ti basta,
perchè la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza ». (2 Corinzi 12: 9).
Uno dei difetti umani che lascia sempre profonda orma di sè nel campo religioso è l’orgoglio. E’ orgoglioso non
solo chi considera i propri simili con
disprèzzo, ma anche, e principalmente,
colui che, nelle sue relazioni con Dio,
assume un atteggiamento di sufficienza
di sè, e di sicurezza nelle proprie capacità; - in una parola, mancanza assoluta
di umiltà. Vi è chi crede di poter fare
qualunque cosa con le proprie forze, e
s’illude che, dopo tutto, Dio dovrebbe
quasi sentirsi onorato nel dover concedere alla creatura ciò che essa si è debitamente acquistato con dei meriti! Vi
è ehi non sente il bisogno di perdono
perchè pensa che la grazia di Dio sia un
semplige aiuto per i deboli; ma coloro
che son forti ne possono fare a meno!
Secondo l’Evangelo, però, la verità è
un’altra. L’uomo è nel peccato, e non
v’è stata nei secoli che una persona sola
che- abbis fatto eccezione a questa triste.r^è^pla: il Cristo. Le opere peccaminose .aell’uomo non possono certamente
cancellare il peccato, e dare diritto alla
vita eterna; a causa del peccato l’uomo
è come un condannato a morte: non vi
è che la'^azia sovrana di Dio che possa
recare la; liberazione. E la potenza di
Dio si dimostra efficace nella debolezza:
non iti' colui che,, nel suo orgoglio, s’illude ^i poterne fare a meno, bensì in
colui che con umiltà, con fede, con fiducia, riconosce il proprio peccato ed
implora, l’aiuto onnipossente di Dio.
« L’Eterno innalza gli umili! »
(1) Geschichte der protestantischen
Bewegungen und der deutschen evangelischen Gemeinde A. C. in Venedig von Th. Elze, neubearbeitet von T. Lessing. - Edizione B. Coppini, Firenze,
Via dei Serragli, 49.
Sosittnilori
Autiere Bernard Arturo, 25 - Soldato
Malan Pietro, 5 - S. Ten. Gardiol Dante,
50 - S. Ten. Pasque! Enrico, 15 - Serg.
Maggiore Bertin Mario, 50 - Bleynat
Claudio, 5 - soldato Boimous Guido, 20.
Martedì Lettura: 2 Corinzi 11: 21-33.
28 Ottobre « JVon vi conformate a questo secolo ». (Romani 12:.2)i
Il credente deve avere urta vita in armonia con la sua professione di fede,
la sua vita dev’essere una testimonianza: « Risplenda la vostra luce nel cospetto degli uomini.... ». Egli si deve
condurre in modo degno della sua vocazione (Efesini 4). S. Paolo dopo aver
parlato, della misericordia dì Dio che ci
dona la salvezza, e dopo aver ^illustrato
la potenza dell Evangelo che opera nel
■ cuore e nella vita di coloro che sono
chiamati da Dio, aggiunge che il credente non può e non deve conformare
la sua vita alla frivolità, alla mondanità,
alla corruzione del presente secolo. Lo
spirito dell Evangelo non consente certe
distinzioni farisaiche fra peccati grandi
e piccoli, ma tutti quanti devono essere
osteggiati dal cristiano. Conformarsi al
presente secolo non significa soltanto
praticare i peccati più grossolani, ma
significa anche seguire certi peccati che
^ certi cristiani si permettono di coramet. tere con animo lieto, e spesso giustifieando con qualche sofisma più o meno
involuto. Non sono forse numerosi coloro che manifestano nella loro vita la
insana preoccupazione' di imitare ciò
^ che vi è di più frivolo e dì più sensuale
in certe foggie del vestire o del parlare?
Colui che non considera il Cristiane,„,^simo come un semplice fascio di teorie,
.i, S propria fede come una semplice
I^^Ìbredenza intellettuale, ma che ha compreso, anzi, i valori dello spirito e la
,..,.potenza dell’Evangelo, comprende al’^^tresì il contrasto Stridente che sorge
^^|Ì^®'’itabilmente se si vuol conciliare là
Sl-i^.-.vita cristiana con la mondanità delle
>'tnasse per le quali la spiritualità è e'
V'irrhnarrà mistero o follia . i
*^®'^*^'**®‘** Lettura; 2 Corinzi 12: 1-10.1
« Come tutti intwiono ’ in
Adamo, così anche in Cristo'saran tutP ti vivifitMti ». -V". (1 Corinzi 15: 22).
Adamo, fu il, primo a trasgredire il
comandamento di Dio; per questo suo
peccato fu punito con la cacciata dall’Eden, con la sofferènza e la morte che
' vennero a colpire non solo lui ma tutta
la sua discendenza, cioè Fumanità.
Non solo abbiamo ereditato da Adamo la tendenza al peccato, ma anche la
colpa, e tutti perciò siamo destinati a
« morire in Adamo ». La conseguenza
,;,del peccato non è la sola morte fisica,
bensì anche la morte spirituale, l’allontanamento eterno da Dio (La Parola di
Dio la definisce « la morte seconda »).
Ma Dio ha avuto pietà dell’umanità
completamente immersa nel peccato, e
quindi destinata a perire per ì suoi falli;
e nello stesso modo in cui Adamo fu
l’iniziatore di un’èra di peccato, così
Dio dando al mondo il Suo Figliuolo
Gesù Cristo, lo ha fatto iniziatore di
una radiosa èra di santità e di grazia
per il peccatore.
Cristo è « là primizia », e come Egli
è risuscitato dalla morte, così « in-Lui »
vìnceranno la morte, risuscitando, coloro che sono stati ■redenti dalla grazia di Dio. ,
Giovedì Lettura: 2 Corinzi 12: 11-21?
30 Ottobre « Per la grazia di Dio io sona
quel che sono; e la grazia sua verso di
me non è stata vana.
S. Paolo, prima di parlare della risurrezione dai morti, dice che il Signor
Gesù risorto apparve ai suoi discepoli,
ed apparve infine anche a lui come all’aborto. Ed aggiunge, per giustificare
quest’asserzione,, che egli, Paolo, non
era neppur degno di diventare apostolo
perchè egli aveva perseguitato la Chiesa e fatto del male ai credenti. E con
umiltà riconosce che, non per virtù sua,
ma unicamente per la grazia di Dìo,
egli ha potuto diventar tale, e - secondo
i piani divini - servire come strumento
efficace per la diffusione dell’Evahgelo
della salvezza.
Tesoreggiamo questa lezione di umiltà che qui ci dà l’apostolo: non è raro
l’orgoglio spirituale che spinge alla vanagloria chi si crede migliori di altri.
Anche se è vero che, per la grazia di
Dio, la nostra vita spirituale è più elevata dì altre, ricordiamo che è Dio che,
nella Sua bontà, ci ha chiamato alla
salvezza: diamoGli la nostra riconoscenza sincera, e questa si traduca in
uno sforzo sempre maggiore di dedizione a Lui. Quella salvezza non è merito nostro: siamo perciò umili, non di
quella falsa umiltà che è, anzi, la fórma
più disgustosa di orgoglio, nìa di quella
vera umiltà che animava S. Paolo.
Venerdì Lettura: 2 Corinzi 13.
31 Ottobre « Riteniamo chè l'uomo è
giustificato mediante la fede, senza le
opere detta legge ».
Può l’uomo salvarsi mediante le opere? L’Evangelo così risponde: Le opere
umane sono necessarie quale dimostrazione della fede; una fede che non si
manifesta è una fede morta.'Le sole opere non possono però farci pervenire
alla salvezza: esse non hanno valóre
meritorio. Se per mezzo delle opere io
poteri guadagnare la vita eterna, ciò
si^ificherebbe che rimmortalità è simile ad un articolò di commercio che si
può comprare e mercanteggiare con
Dio: l’uomo agisce e sì acquista dei meriti, e Dio deve concedere ciò che l’uomo s’è guadagnato: No! Le cose dello
spirito non si acquistano in quel modo
profano, materiale! Dio non ha bisogno
di noi, nè delle nostre opere: se Egli
ci dà la salvezza è un puro atto di amore. Le opere dell’uomo sono deboli, limitate, peccaminose: una ben povera
giustificaziope égli potrebbe pretendere
sulla base di simili opere! Ma quand’anche le opere umane potessero essere
perfette, non esiste un’equivalenza fra
le opere di un uomo limitato dalla materia, soggetto a tentazioni e prove, e
rimmortalità, l’eternità.
Dio giustifica, cioè ha pietà di noi e
perdona, nop in virtù d’opere nostre
che agli occhi Suoi sono e rimangono
peccati, ma in virtù di quella fede che lungi dall’essere ciò che dicono i superficiali: una mera credenza intellettuale
- e fiducia, abbandono ìn Dìo, sforzo
continuo di ubbidienza quotidiana alle
leggi di Dio.
^bafo Lettura: S. Giacomo 1: 1-8.
1 Novem. « Sappiamo che il Figliol
di Dio è venuto e ci ha dato intendimento per conoscere Colui che è veroe noi siamo in Colui che è il vero Dio
e la vita eterna ».
Giovanni 5: 20). -,,
ban Giovanni termina la sua prima
epistola esprimendo la certezza che - di
fronte .all’ignoranza delle cose religiose
da parte del mondo che adora insensatemente gli idoli - il credente' conosce
invece il vero Dio, Colui che ha chiamato l’umanità alla salvezza. E il credente ha ricevuto intendimento riguardo
alle cose di Dio per mezzo di Cristo,
il Rivelatore, e per mezzo dello Spìrito
Santo che rende testimonianza alla verità. Cristo è il Sommo Sacerdote: il
credente che è in comunione spirituale
con Lui, ha accesso aUa grazia di Dio
Padre e Lo conosce sempre meglio, non
solo coll’intelletto, ma con la sua fede
che ne viene alimentata, col cuore che
impara ad apprezzare Fìnfinita misericordia divina e ne divien sempre più
riconoscente.
Questa comunione spirituale che il
Credente ha con Dio per mezzo drCri-*
sto è il pegno della vita eterna a cui
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L’ECO DELLE VALLI VALDESI
egli è stato chiamato. Colui che, lungi
dal fidare nelle proprie forze di peccato, si abbandona alla grazia di Dio che
lo ha afferrato, che fa di Dìo l’oggetto
della sua preghiera perseverante, che
cerca di penetrare sempre più addentro al mistero dell’amore di Dio ooll’applicare questo amore alla propria vita,
diviene una nuova creatura, ed eredita
sin dà quaggiù quella vita eterna che
meglio ancora potrà gustare nel Regno
di Dio, quando lassù la sua salvezza
sarà resa compiuta. P. Marauda.
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rante la navigazione verso ***, che era
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dei venti contrari, incontrammo, sulla^
nostra rotta una nave da carico, forse un po’ più piccola della nostra, che sembrava già molto provata dalla violenza,
della burrasca. Coi segnali d’uso chiesi
al mio collega se mai avesse bisogno di,
aiuto; la risposta fu quale era prevedi- bile: situazione grave, pericolo non im-^
mínente, seppure minaccioso. S’iniziò
così un breve, conciso dialogo.
« Non credete opportuno - domandai
- di procedere al trasbordo dei vostri
uomini, trattenendo solo l’indispensabi-*..
le ? ». ^
« Veramente preferirei - fu la risposta - che voi procediate di conserva
fino a domani ».
« Sta bene; mi proverò, ma ho l’impressìone che il trasbordo sarebbe ora
più facile ». ^
« Comunque vedremo domani; la cosa
potrebbe essere inutile ».
La notte scese, la tempesta aumentò;
il procedere, di conserva fu impossibile,
e impossibile fu il trasbordo. Persi di |
vista la piccola nave, e seppi più tardi
che era naufragata ».
Così raccontava il vecchio marinaio ;
e poneva un principio: bisogna sapersi
decidere subito, ed a tempo, sul mare;
aggi è del marinaio, domani è del mare, i
Ma... forse anche su terraferma
qualcosa di analogo può essere posto: ei
oggi è possibile una decisione, una risposta; domani, sarà troppo tardi; quel-""' ^
lo che appare inutile oggi, può essere’^
tragicamente necessario domani, cioètroppo tardi. - J
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