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Anno II f.
Venerdì 3 febbraio 1854.
sr»
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
PREZZO n’AjiiSOClAXIOìKE
(i domieilio)
Torino, per un anno L. G,00 1 L.7,00
— per sei mesi » 4,00 | » 4,SO
Per ie provincia e l’estero franco sino
ai conlìni, un anno . . L. 7,20
per sei mesi, » 5,20
A>>;0i jovTH Ss iv
Sf(jacinlo la verità nella carità
Epes. IV. ^5.
L’UfRcio della BUONA NOVELLA è in
Torino, presso la libreria Evangelica
di GIACOMO BIAVA, viaCarlo Alberto,
dirimpello al CalTè Dilei.
Le associazioni si ricevono in Torino allo
stesso Ufficio.
Gli Associali delle Provincie potranno provvedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alla libreria fìiava.
I Confessori di G. G. in Italia nel secolo XVI. Fonino di Fdpnza, '— Lettere intorno
allo spirito religioso in Italia XVl Gioi)ertÌ — Moralità clericale. — L’Armonia
e i pastori valdesi. — Dialoghetto III. — Notizie religiose. —~Cronachetta politica
I CONFESSOIU DI G- G. 1\ ITALIA KEl SECOLO XVI.
Fanìno di Faenza.
Ecco un altro generoso che fa tra’
primi, in Italia, nel 16 secolo a sostenere col proprio sangue le doitrine
dell’Evangelo: Fanino di Faenza, suddito pontificio e nato da parenti che
eran cattolici alla foggia della Chiesa
Romana.
Nella sua infanzia egli non ebbe
idea di quella fede che ha per capo
il solo Gesù Cristo, e per guida unicamente il Vangelo ; ma col volgere
degli anni, la lettura della Bibbia e
di alcune opere religiose dissiparono
dalla sua mente gli errori in cui era
nalo ; e allorché la fede ebbe messo
nel di lui cuore profonde radici,
mosso da quella carità propria di chi
è tocco dalla divina parola, Fanino
sentì il bisogno di partecipare agli
altri i preziosi tesori di cui Dio lo
aveva colmato ; divenne apostolo del
Vangelo e caldo propugnatore della
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Riforma, le cui dottrine cominciò
dapprima a divulgare celatamente,
onde sfuggire, per quanto gli era
possibile, agli sguardi di sospettosi e
terribili ministri dell’inquisizione che
percorrevano allora da un capo all’altro la Penisola, per soffocarvi coi
patiboli e co’ roghi, le prime voci
della nascente Riforma.
Ma le sue precauzioni non valsero
ad eludere la vigilanza de’ satelliti
pontificii, i quali cogliendolo improvvisamente, lo tradussero in carcere
siccome reo di opinici scandalose
ed eretiche.
Durante la sua prigionia furono
tali e tante le sollecitazioni e le preghiere della moglie, de’ figli e di alcuni affettuosi amici, di cui egli era
tenerissimo, che per toglierli dall’angoscia nella quale, per sua cagione,
vivevano— più che per tema del
minacciato supplicio — Fanino ebbe
la colpevole debolezza di rinnegare,
novello Pietro, le dottrine che aveva
con tanto fervore abbracciato, e
sparso poi con ammirabile zelo.
A tal prezzo gli furono schiuse le
porle del carcere, ed accordato ampio perdono, in forza del quale potè
ritornare fra’ suoi.
Ma non appena ebbe riacquistata
la libertà, che si accorse di avere dimenticato il suo Dio per una malintesa carità di padre, di marito e di
amico ; conobbe come nella lotta de
suoi opposti doveri posposto avea
quello che fra tulli gli umani doveri
è il principale ; si rammentò di lauti
generosi che, trovatisi in simili circostanze, avevano sagrificato la loro
vita, le loro sostanze ed ogni affezione
domestica per conservarsi illibati e
fedeli al Signore; allora si affacciò
alla sua mente l’enormità del suo
fallo, ne provò ineffabile dolore , ed
a simiglianza del caduto apostolo,
lacerato da’ rimorsi, ne pianse amaramente; e sarebbesi perduto forse
nella disperazione se la misericordia
del Signore, tocca del di lui pentimento, non lo avesse con pietosa
mano rilevato.
Fanino divenne triste e melanconico, e, ripreso animo, si propose di
fare degna ammenda della sua colpa,
servendo con più di zelo ed abnegazione alla causa del Vangelo, cui
avea così vilmente rinnegato.
Fu allora che imprese a percorrere
la Romagna, a predicare pubblicamente e con siffatta energia le dottrine evangeliche, che tutti ne maravigliarono.
Dapprima ei mirava a conoscere
le persone che parean disposte ad
abbracciare la Riforma; e poi tutte le
sue cure dedicava ad istruirli, a dimostrar loro col Vangelo alla mano
gli errori in cui vivevano, nè si ri-
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stava finché non credeaU appieno
convertiti. Allorché abbandonava uua
città, ed un villaggio, reputavasi felice di aver guadagnato due o tre
persone alla fede; ritenendo che per
mezzo di queste, molte altre ne sarebbero venute al Vangelo.
Codesto energico ed aperto apostolato non tardò lungo tempo ad irritare i satelliti della sede pontifìcia;
Fanino fu di bel nuovo arrestato, e
ciò avvenne mentre egli dimorava a
Dagna-Cavallo ; ivi Panino fu condannato ad essere bruciato vivo,
ma egli rise di tal giudizio, affermando che l’ora sua non era per anco venuta, e che il tempo della sua
prigionia sarebbe stalo proficuo a
molte anime. Nè ciò dicendo ingannavasi, imperciocché da lì a poco
venne tradotto a Ferrara, ove non
pochi fedeli furono consolati da’ suoi
consigli e vieppiìi istruiti intorno alla
eterna salute. Ma il papa di ciò consapevole comandò che lo si rinchiudesse in una prigione più appartata
ed angusta; perciò Fanino fu rinserrato nel castello, ov’egli rimase per
otto mesi; nel qual tempo venne indegnamente e in vario modo tormentalo. Ma quantunque per opprimerlo
sempre più, lo facessero passare continuatamente di prigione in prigione,
pure egli, animato e sorretto dalla
fede che in mezzo alla servitù del
corpo riliene libera l’anima, non
perde mai né il suo coraggio, nè
quella mirabile presenza di spirito di
cui i suoi carnefici tanto si maravigliavano. Talvolta egli era contento
di star solo ; talvolta in compagnia
di altri prigionieri ; ma in ogni modo
Fanino impiegava ognora utilmente
il suo tempo, poiché essendo in compagnia, istruiva col suo esempio e
colle sue parole i compagni d'infortunio intorno alla via che conduce a
Dio; rimanendo poi solo, scriveva
e metteva in luce ciò che non gli era
dato di esprimere verbalmente. Quando poi furono seco lui imprigionali
alcuni capi di diverse fazioni che in
quel tempo partivansi colla loro influenza l’Italia, avendolo questi ultimi
rimproveralo aspramente del suo zelo
cui attribuivano a strano umore, a
turbamento di cervello, e consigliato
a smettere le sue opinioni religiose,
vivere in libertà cogli uomini e co’suoi
parenti, non immischiarsi in cose cui
avrebbe pensato il Concilio ecumenico che da lì a poco doveva radunarsi; Fanino, che uomo affabile era
e modesto, rispose loro che ringraziavali di cuore per le sollecitudini
ch’essi gli dimostravano, ma che egli
siccome cristiano, non poteva rinunziare alle sue opinioni, le quali non
eran poi di suo conio, ma eterne,
rivelate agli uomiui da Dio nella sua
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divina parola, importanti piii della
propria vita, de’ propri beni, sino dei
proprii parenti, perchè da quella dipende l’eterna salute ; soggiunse che
come cristiano egli non potea abbandonare la verità per aderire alla
menzogna; che non curava la servitù
in cui gli uomiui lo tenevano, essendo
il suo spirito liberissimo, perchè sicuro di essere con Dio, con quel Dio
per cui soffriva. In quanto al Concilio poi che dovea radunarsi, Fanino
limitavasi a dire di non volere altri
decreti ed allre regole all’infuori di
quelle che leggonsi nel Vangelo ;
imperciocché i membri del nuovo
Conciliò dovevan restringersi a considerare ciò che era stabilito nel Vangelo, e quella sarebbe stata un’opera
inutile, perchè il Vangelo non ha
bisogno di veruna sanzione o conferma ; ovvero avrebbero decretalo
delle cose che non sono nel Vangelo,
0 a questo contrarie, e allora i loro
canoni sarebbero stati empii ed eretici. Cosi parlando Fanino, guadagnò siffattamente i cuori de’ suoi
sciagurati compagni, che giunse a
migliorare la loro condotta. D'allora
in poi per lui ebbero non solo simpatia ed amicizia, ma una certa ammirazione, per cui diedergli il titolo
di santo. Quand’egli udì attribuirglisi
questo nome, non potè ritenersi dal
dir loro : « In quanto a me, fratelli
miei, io ben riconosco d’essere un
povero peccatore; ma per la fede che
ho nel mio Salvatore, io sento che le
mie colpe mi saran perdonale, e a
voi pure, semprechè crediate fermamente all’ Evangelo della grazia di
Dio ». Ad altri prigionieri poi che,
abituali ad una vita signorile e voluttuosa, non sapevano adattarsi allo
squallore di ristretta e misera prigione, Fanino seppe inspirar coraggio
di soffrire con pace i disagi del carcere, e perfino di gloriarsene.
LETTERE
mORSO ALLO SPIRITO RELIGIOSO
IN ITALIA.
LETTERA XVL
Gioberti,
L’organismo della Chiesa romana ha
reso indivisibile ¡1 problema sociale dal
problema religioso.
Questa verilà fondamentale mi sembra
chiarita da quanto nelle precedenti lettere fu discorso. Una tale dimostrazione
riuscirel>be però ÌDCoropleta, se non indagassi le varie evoluzioni di quel principio nel movimento delle intelligenze,
ossia non rivolgessi la ricerca su quelle
verilà prime che vennero formulate da
coloro che più fedelmente rappresentano
questa grande contraddizione.
Vincenzo Gioberti intelletto vasto, fecondo, alrabiliare e paradossale si pose
l’assunto ohe segue, il quale è una riprova cospicua del mio asserto primitivo.
« La redenzione d’Italia è impossibile
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ad otteoere senza il concorso delle idee
religiose ; li penisola non può essere
una, libera e forie, se Roma, suo centro
e capo morale, non risorge civilmente;
finora i (entalivi politici non riuscirono,
perchè non si fece alcun caso, nel porvi
mano, della classe clericale e delle^omunì credenze; la religione è la base
del genio nazionale; Roma è la nostra
inorale e civile metropoli; il solo riordinamento possibile al dì d'oggi risiede
in una confederazione de’ suoi principi
capitanata dal Pontefice ».
La redenzione politica è qui evidentemente posta in una necessaria dipendenza
dalla religione. In essa è formulata la
perpetua dottrina del papato; il Pontefice
stesso nel suo Interesse non avrebbe potuto riassumerla con maggior precisione
e schiettezza.
Un tale assunto non doveva però tro-^
vare un così fucile accoglimento da parte
delle menti meno inclinate a favorire il
Iiapato; l’idea di vedere un nuovo Giulio
Secondo alla testa di una lega nazionale
di principi non poteva ispirare molta fiducia negli Italiaoi istrutti dagli eventi
più a temere che a confidare in Roma;
i fatti stavano contro un tale principio
(|uasi presagio ed argomento di danni.
In nome di che proponeva egli d’altronde di rialzare e vivificare la caduta
Italia? In nome d'una dottrina morta,
0 che volge in pieno decadimento. « La
religione cattolica, confessa il Gioberti,
declina e perde ogni giorno del suo impero sugli animi e sugli intelletti. Le credenze sono affievolite nei più ».
Lo scrittore non si lascia però prendere
dallo sgomento in presenza della condiii«Qe paradosfulc che gli è preparata dal
processo evolutivo dei fatti e dall’espe-^
rienza. « Se il Cattolicismo partecipa
della magagna della monarchia, che importa egli alla possibilità dei fini? lo tal
caso è necessario compiere un’opera, la
quale consiste nel rendere cittadina la
Chiesa, svecchiare il regno ed il triregno dagli ingombri e nettarli d’ogni macchia ».
Questo deve compiere l’Italia, poiché
dove essa risalga la storia, s’avvedrà che
principio d'ogni sto danno è la cessazitne dell’arbitrato dei Pontefici; si renda
ad essi l’integrità del potere; il miracolo
apparirà nella sua luce, e la patria sarà
per la religione redenta. Infatti vi è egli
monumento di grandezza, fonte dì autotorità e di potenza tranne il papato? Comunque decaduto, esso è sempre « l'ultima' grandezza vivente d’Italia ».
D’altronde dei passati danni e della
presente sfiducia degli animi è ^rse cagione il papato? Ah! no: si esca d’inganno. Se noi « abbiamo smarrito le
parti più intime della coltura come sono
le credenze e le lettere » ciò addiviene
Il perchè disprezziamo il Cattolicismo
che è la religione dei nostri padri, dimenticando che essa è pure il solo residuo del nostro antico primato ». Le secolari sventure d’Italia ed i danni soiferti
sono quindi da attribuirsi a colpa nostra ed a prepotenza di evenli. La cagione
feconda di tanti lutti risiede nella cessazione di queir « arbitralo pontificale, col
quale venne meno l’unità religiosa e civile; sottentrando l’anarchia d’Europa,
mancò pure l’unione d’Italia, e cominciarono i suoi dolenti casi e le inteslinCHiscordie, quando, tolto al Capo naturale
della penisola il suo le^iuiino imperio,
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'ella divenoe acefala, come il resto del
Continente ».
Con tali argomenti egli si credeva mandare assolto il papato dalle accusc degli
uomini 6 del tempo, e di avere provata
la necessità di porre mano a ristaurarlo;
se non che sotto questi palliativi dialettici rimaneva intatto il fondo della questione, poiché si taceva delle cause che
aveano cospirato a ruíname la possanza.
Ma queste non er^no le sole obbiezioni cui dovea risolvere II filosofo, nè
la serie dei paradossi che derivavano"da
tale assunto poteva essere cosi di leggieri esaurita. La schiera dei miscredenti
era numerosa ; come persuadere ad essi
che il dominio temporale non involgesse
di necessità un perpetuo conflitto coll’autorilà spirituale? come far credere che
fosse medicina alla piaga quello che essi
si ostinavano a riguardare quale il ferro
che la mantiene sanguinante ed aperta?
Lo scrittore non si lascia scoraggiare
dall’opposizione. Che cosa conchiudono
le invettive di Dante e le chiose del Segretario fiorentino? Essi s’ingannarono, e
gli spiriti volgari, che sogliono accettare
le sentenze dei grandi intelletti senza discussione e discernimento, le ripèterono
per vezzo o per saccenteria. «Il conflitto
fra le due più eccelse dignità della terra,
il regno ed il sommo sacerdozio, è solo
apparente. Dov’è infatti la ripugnanza?
Non nel temporale per se stesso, il quale
giova a tutelare l’indipendenza della Santa
Sede nel giro della religione, e meno nel
suo accoppiamento collo spirituale, a cui
ripugna bensì un dominio imperioso e
sWnato, e non mica una potestà mitigata
dalle leggi ».
Era quindi bastante lo additare l’er
rore perché gli intelletti respingessero
una cosi fallace preconcezione. Qualora
tali verità si fossero intese, e il genio
nazionale e l’indole del papato non fossero più un’enigma per gli Italiani, essi
sarebbersi trovati in possesso del segreto
per cui risollevarsi a grandezza. A tal
fine non altro occorreva che schierarsi
sotto il vessillo del Pontefice, ricostituirne l’universale arbitrato, conferirgli
« la civile sovraintendenza « da esternarsi mediante « un’azione moderatoria ».
La teoria del filosofo potè essere brillante; le menti poteron essere offese da
breve allucinazione; mala fede che venne
posta in tale dottrina fu passeggera a
guisa di meteora e prontamente dissipata dagli avvenimenti.
Egli chiedeva l’arbitrato del Papa come
principio che doveva produrre un rinno,vellamento della fede e la salute dello
Stato. Ma qual cosa significhi esso, conviene cercarlo non nell’arbitrio delle deduzioni d’una teoria, ma nella verità
esperimentale delia storia.
I Papi questo arbitrato lo tennero; in
quel grande periodo s’incontrano le figure gigantesche di Gregorio VII e di
Innocenzo III ; furono necessarii più che
due secoli di lotte e di tempestose vicende, perchè fosse dagli stessi suoi sforz
logorato e menato a ruina.
Nel presente secolo bastarono due anni
per disperdere fino le lusinghe di mai
ristabilire sui popoli questa potestà abbattuta dall’ opera degli uomini e del
tempo.
Se non fu bastante la fede della Cristianità a salvare quella supremazia pontificia, forse si credeva abbastanza valida
a sostenerla la moderna indifferenza che
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mirava a farla stromento di politica rigenerazione? Gli eventi precessero il tentalivo e dissiparono in germe le concepite speranze.
Ciò era giusto e provvidenziale, poiché
l’arbitrato del Papa signiüca la divisione
politica, la guerra e lo scisma. La sua
storia è nota; i suoi fasti sono l’esorbitanza superba di Gregorio che umilia la
potestà della terra nella persona di Enrico IV, ina che ne è alla sua volta soperchiato ed è astretto a morire nell’esilio. Quella storia ci mostra Gelasio II
preso a calci il giorno stesso della sua
elezione; Lucio II assassinato; iVdriano
IV che cede davanti al Barbarossa per
combattere i sollevati romani ed appiccare la fiamma al rogo di Arnaldo da
Brescia; la distruzione della casaSveva
accompagnata daU’impotenza dei Pontefici K dal ludibrio dell’Ottavo Bonifacio.
Cdsì questo arbitrato lo si vede terminare nel vitupero d’Avignone, nello scandalo di tre Papi simultanei e nell’eresia
degli Ussiti.
Ideare oggidì l'arbitrato dei Papi è non
.solo un errore religioso, ma un vero controsenso; poiché il fatto ce li mostra servi
della forza, e più che in propria caduti
già in potestà altrui. Questo secolo li vide
strappali o fuggiaschi dal loro seggio
senza che la cattolicità credente se ne
commovesse, ed occorsero a restituirveli
i trattati politici e le armate alleanze. Il
papato quale è esso oggidì, perduta ogni
reale inQuenza religiosa, si riduce ad un
simbolo d’autorità tenuto a servizio dal
despotismo,
MOMllTÀ CLERICALE
La Belgique judiciaiTe riporta una discussione giuridica avvenuta non è molto
avanti la Corte di assise della Dordogne,
nella quale si vede quale sia la moralità
di preti tenuti per rispettabili, e quali
sieno gli inseguamenli che escono dai
loro confessionali.
La notte del 22 ottobre 1851, accadeva
un furto con effrazione nella casa dell’avvocato S. Marco a Bazas nella Francia. Il
furto fu seguito dall’assassinio della domestica che avrebbe potuto parlare, e
dal veneficio, però senza effetto, di un
certo sig. Dubernet.
Il parroco di Cazals, non sappiamo per
quale ragione, proteggeva l’autore principale del delitto, e voleva salvarlo. L’opera gli sembrava buona, quindi non andava troppo alla sottile intorno alla scelta
dei mezzi, rammentando la massima dei
suoi cari amici, che tulti i mezzi sono
buoni, purché conducano al fine. Ma citiamo secondo la Belgique judiciare alcune deposizioni giuridiche.
Obtenzu Gautuier. —- 11 parroco di
Cazats mi obbligò a presentarmi, invece
di mia sorella che si era trovata presente
alla consegna dell’oro, e di dire che era
essa innanzi al commissario di polizia.
Il parroco mi diceva che io mi sarei spiegata meglio di lei. E siccome io gli presentava la difficoltà di essere riconosciuta,
egli mi rispondeva: Bah! bah! credete
voi che il commissario abbia rimarcato
così bene la vostra sorella per non prendervi per essa? Egli mi parlò di Coutelas j
e gli dissi che io sapeva essere un testimonio assai compiacente. Vedendo allora cbe io era nel secreto mi raccomandò
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il silenzio : poscia insisteva per farmi consentire a fare la parte che mi destinava,
e vedendo la mia ripugnanza mi disse ;
per salvare un innocente non si pecca.
Egli voleva farmi dire che io aveva veduto il commissario di polizia prendere
l’oro senza la carta.
Il Presidente. — Ma il parroco di
Cazats che vi consigliava in tal modo,
non era forse il DIRETTORE DELLA. VOSTRA COSCIENZA ? — R. SI.
D.Non avevate voi ricevuto pochi giorni
prima la Comunione dalle stesse sue mani?
— R. Si signore.
D. Noo è forse vero che voi nella
istruzione avete mentito alla giustizia
per non dispiacere a colui che vi aveva
consigliata?—R. Io temeva di compromettere il suo carallere.
D. Sapete voi, altra cosa? — R. Io
ho avuto sotto gli occhi varie lettere
dell’accusato Despin, che la sua moglie
mi ha fatte vedere. In una di esse Despin
domandava se la lacuna era stata vuotata per sapere se fossero stati trovati
gli avanzi di quella infelice giovane. La
lacuna è stata vuotata, ma non si vide
nulla. Mad. Despin mi confessò che Coutelas era un testimonio falso.
Coutelas. — Poco tempo dopo il furto,
il 26 ottobre, Despin mi disse : « Tu potresti rendermi un servigio ; tu dovresti
dire che la notte del furto hai dormito
con me ». lo glielo promisi. Due giorni
dopo lo riscontrai col suo suocero: mi
domandò se io era ancora l’uomo per lui
(son homme). Mi promise di darmi mille
franchi; mad. Despin e la sua cognata
mi condussero nella camera, ove doveva
diradi aver dormito, 11 parroco di Cazats
mi fece andare da lui e mi disse ; « Biso
gna che tu prenda una ricevuta di Remigio Despin , come se in quella notte
avessi ricevuti da lui 40 franchi ». Mad.
Despin mi diede la quietanza, cbe fu
presentata al parroco di Cazals, il quale
la trovò regolare; essa aveva la data
del 22 ottobre.
D. E voi avete sostenuto avanti la giustizia che avevate dormito in casa di Despin la notte del 22 ottobre, e che avevate da lui ricevuto la somma di 40 franchi ! voi mentivate? — R. Si signore.
D. Cosa vi era stato promesso ? Quale
somma? — R. Mi erano stati promessi
1000 franchi. Il parroco di Cazats mi
aveva detto anche che la famiglia mi
avrebbe dati almeno cinque o seicento
franchi. Despin anche mi disse che se io
non avessi fatta deposizione in quel modo
egli avrebbe lasciato a Dubourg delle
istruzioni per farmi danno.
Anna Mothe, moglie di Coutelas, depone che il parroco di Cazats riunì lutti
quelli che dovevano servire di falsi testimoni ; e dopo avere loro fatta bene la lezione, disse in loro presenza bna messa
secondo l’intenzione di Despin (!!!)
D. Non avete voi ricevuto la commissione da un membro della famiglia Despin
di andare a cercare in una casa di prostituzione una donna che avesse consentito
di dire che essa dormiva nella casa dei
coniugi S. Marco nel momento dell’assassinio?—fì. è verissimo; un giorno madama Despin leggeva una lettera di suo
marito avanti la sua figlia, il parroco
Crassei, e me. Despin le scriveva d'incaricare qualcuno che cercasse una donna
che dicesse di aver dormito fino al 2o
nella casa dei coniugi S. Marco. .M. Despio
ed il parroco Grasset vollero incaricarmi
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di questa commissione, e m’indicarono
uua casa di prostituzione nel vicino villaggio, ma io non ci volli andare. Il parroco Grasset mi diceva che non v'era nulla
di male.
M. Guurgues condotta all' udienza dai
gendarmi s’avvicina. Il suo volto è abbattuto, e versa lacrime abbondanti.
Il preside.nte. Donna Gourgues, io
sperava ieri, ordinando il voslro arresto,
che la notte porterebbe su di voi dei buoni
consigli. Sono lieto di avere avuto una
tale speranza. Voi avete commesso un
gravissimo errore; voi potete riscattarlo
dichiarando ora la verilà. Ieri ho dovuto
assicurarmi della vostra persona ; oggi
voi ritornate in liberlà. Parlate con confidenza. Vediamo, sostenete voi ancora
che le monete d’oro vi sono state date dal
vostro marito? — R. No, signore.
D. E chi ve le aveva date ? — R. M.
Despin.
D. Dove? — iJ. la mia casa.
D. Perchè vi aveva date quelle monete
d’oro? — R. acciò io venissi a dire alla
giustizia che mio marito le aveva rubate
solo, e che egli solo era il colpevole.
D. La donna Despin era sola quando vi
impegnava a fare una tale deposizione 't
— R. vi era anche madama Negrier, la
nepote del parroco di Cazals.
D. E cosa vi hanno promesso queste
due donne per determinarvi a fare una
tale deposizione? — R. mi promettevano
che non sarebbe mai mancato il pane ai
miei figli.
Una lunga agitazione succede a questa
deposizione!!!
Ecco uno dei benefici effetti dell’influenza di alcuni parroci sulla pubblica
morale I Ecco uu parroco^ un confessore,
che insegna a mentire, a spergiurare, a
calunniare; che dice la messa acciò un
assassino vada impunito; acciò i leslimoni abbiano il coraggio di giurare il
falso ! Ma lasciamo che i leltori traggano
da un tal fallo consìalato da un pubblico
processo, tutte le conseguenze.
L’.\I010MA
E I l'ASTOUl VALDESI.
Mentre aspettavamo con impazienza che
VArmonia rispondesse, sircóme ne aveva
l'obltligo, ai noslri articoli del 20 e 27
gennaio alla sua direzione nei quali mettevamo alla più chiara luce del giorno
alcune delle sue più impudenti falsilicazioni e sfacciate menzogne, troviamo nel
numero di martedì un appello che l’Armonia fa ai ministri e a tulli i valdesi
delle t alli, acciò ci condannino per avere
osalo ditnoslrare che i reverendi dell’ylrrhonia sono menzogneri e calunniatori
per professione. Smascherati dalla Buona
Novella e non potendosi più difendere,
prendono l’espediente dei fanciulli di ricorrere al maestro; e come certe persone,
che è meglio non nominare, invece di ragioni e di buone risposte non usano che
ingiurie grossolane. Noi non solamente
attendiamo pacatamente il giudizio dei
ministri e dei Valdesi invocato dall’armonia, ma attendiamo il giudizio degli
stessi preti che non hanno ancora rinunciato interamente ad ogni idea di onestà
e di galantomismo.
Noi non vogliamo tornare a discutere
io qual modo debb’essere interpretato lo
scrutarnini scrìpluras. Se volessimo entrare io tale controversia, non oi saribhe
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difficile dimostrare che pressoché tutti i
Padri della Chiesa hanno interpretato lo
scrutarnini scripturas in modo imperativo, e quindi secondo i principii teologici
della Chiesa romana, ci sarebbe facilissimo dimostrare che i rev. della Civiltà
Cattolica e quelli àeW’Armonia, peccano
contro il decreto del concilio di Trento e
contro il famoso Credo di Pio IV, ehe ordinano espressamente interpretare la Bibbia secondo la comune interpretazione
dei Padri. Ma seguire la comune interpretazione dei Padri non era nell’interesse dei reverendi, ed allora ogni ¡legge
è uulla.
L’ Armonia ci tratta da menzogneri,
felloni, vigliacchi, perchè abbiamo detto
che noi non leggiamo mai la Civiltà Caltolica. L'Armonia sa bene che noi non
siamo menzogneri, che noi non insegniamo le menzogne ai giovani che ci si
danno per educare, che noi non insegniamo a fare false testimonianze, nè
corrompiamo i testimoni, nè diciamo la
messa per loro (Vedi l’articolo Moralità
clericale in questo slesso numero). L'armonia , cui è facilissimo avere l'elenco
degli associati alla Civiltà Cattolica, potrebbe facilmente sapere se noi siamo nel
novero. Se qualche volta nei passati
tempi abbiamo citato la Civiltà Cattolica, ciò è accaduto perchè uno dei nostri collaboratori la leggeva: ma questo
collaboratore ritiratosi, noi non abbiamo
saputo più della Civiltà Cattolica che
per quello ne vedevamo citato neH’.4rmonia. Che se qualche rarissima volta
da un anno a questa parte abbiamo citato quel periodico, lo abbiamo citato
sulla fede delì'Armonia o di altri giornali, non MÀI aveudolo letto noi mede
simi, ciò che, ancora una volta^ non facciamo.
Ma perchè VArmonia anziché scolparsi
dell’accusa di menzogna che noi gli facciamo e dimostriamo Gno all’ evidenza ,
viene a metter fuori contro di noi altre
accuse insussistenti ? Questo suo procedere è una nuova dimostrazione del torto
che essa ha. Dica, se ba il coraggio, che
noi abbiamo mentito allorché l’abbiamo
mostrata calunniatrice, quando ci accusava di avere inventate due lettere da
Roma. Dica che abbiamo mentilo allorché l’abbiamo mostrata calunniatrice nel
falsificare una nostra notizia sulle Indie
Occidentali e d’averla trasportata in Piemonte. E quando ha falsificato una citazione della biografia dì John Williams.
Noi qui attendiamo Ì'Armonia.
Intanto con un giornale che mostra di
essere sceso al livello e forse anco al disotto della slessa Campana, i nostri conti
saranno presto saldati ; ed air.lmonia,
diremo quello che dicevamo sono oradue
settimane al suo degno confratello il Cattolico: « Cessi dunque dallo sfidarci a
nuove discussioni. Segua pure ad impugnarci come meglio le aggrada ; e sappia
ancora una volta, cbe quando ingiuria,
noi la dispregiamo ; quando calunnia sapremo smentirla se ne avremo volontà ;
quando attacca.le dottrine evangeliche
sapremo confutarla, ma senza incaricarci
nè punto nè poco di lei, e solo esponendo
e difendendo la dottrina evangelica ».
Scenda VArmonia su di un altro terreno:
se uon sa usare la carità che si conviene
ai Cristiani, usi la urbanità che si cod-r
viene ai galantuomini. Venga al combattimento con lealtà e la Buona Novella
non sarà mai la prima a ritirarsi ; ma
11
essa non scenderà mai a modi da trivio,
che se non si convengono ad alcun onesto giornale, molto meno si convengono ai
giornali religiosi.
DIALOGUETTO
fra un Catlolico ed un Eraugciito.
111.
— Voi altri protestanti siete veramente
curiosi ; vorreste che tutti pensassero
come voi. Io per me slimo tutti, venero
tutti, e lascio che ognuno pensi come
vuole, e mi piace che gli altri lascino
pensare a me come mi pare e piace. ♦
— Mio caro amico, voi siete stato il
primo ad entrare in discorso di religione,
ed io vi ho risposto. Del resto se non volete che se ne parli più, non ne parlerò
più: amici più di prima.
— Sentite mio caro, io sono nato in
Piemonte, sono nato nella religione cattolica apostolica romana, ed in quella voglio morire.
— Ma ditemi, mio buon amico, se invece di essere nato in Piemonte foste nato
in Turchia, o nella Cina, voi direste ancora voglio morire turco o idolatra?
— Oh I qui siamo in un altro caso : allora sarei in una religione Talsa, adesso
sono nella vera.
— Ma siete ben certo di essere nella
vera? avete mai esaminata la vostra religione per convincervi che siete nella verità ?
—lo non sono un teologo per esaminare
queste cose: vi sono tanti uomini dotti
che l'hanno esaminala e questo mi basta.
— E quando sarete innanzi al tribunale
di Dio, credete voi che questa ragione vi
sia valevole nel caso che foste nell’erro
re? Dio non vi domanderà conto della
ragione che vi ha dato per servirvene ondo
distinguere il vero dal falso?
— Oh I non mi state a mettere dubbi
in capo : io so che la mia religione è la
vera, e tanto mi basta.
— Perdonatemi, ma il vostro parlare
non è da uomo ragionevole. Voi siete
persuaso di avere un’anima immortale ;
siete persuaso che per salvare quest’ anima vi abbisogna una religione : sapete
che siccome Dio è uno, così una sola può
essere la religione vera : sapete che nel
mondo vi sono tante religioni, ed intanto
non vi dale alcuna pena per accertarvi so
siete 0 no nella verilà.
— Io ho inteso da un gran predicatore
che un buon cattolico non deve mai dubitare della verità della sua religione;
cbe il dubitarne soltanto è un’eresia; e
perciò non voglio far luogo a dubbi.
— lo non vi dico di dubitare, vi dico
di esaminare : e se volete anche togliere
questo termine esaminare, vi dico d’istruirvi dei fondamenti sui quali basa la
vostra religione.
In quanto a questo ho procurato di
istruirmi quanto basta: quand’era fanciullo apprendeva il catechismo, c adesso
vado spessissimo alle prediche, e leggo
dei buoni libri.
— Eppure io scommetterei che il libro
dei libri, il libro di Dio, quel libro che
contiene tutta intera la pura religione di
Gesù Cristo, voi non lo avete mai letto.
— Di qual libro intendete parlare?
— Della Bibbia.
— Oh! della Bibbia ne so quanto ne
sento nelle prediche, e credo che basti.
— Ma nelle prediche ne sentite qualche
pezzetto staccato, ed in latino.
12
— Non importa : quando voglio saperne di più vado dal Parroco o da qualche allro prete, e ra’istruisco.
— Ecco vedete, questo vostro metodo
non mi sembra il migliore: perchè quando
>1 tratta di sapere la volontà di Dio ne
andate a domandare agli uomini, e non
la cercate piuttosto nel libro di Dio?
— Perchè i sacerdoti sono quelli che
sanno la Bibbia, ed io ne domando a loro.
— Ma ditemi, io so che quando mori
vostro padre fece il suo testamento ; ebbene vi contentaste allora di sentire dal
parroco, o da qualche altro prete cosa vi
aveva lasciato vostro padre?
— Cosa c’entra questo ! sarei stato veramente uu bravo uomo se mi fossi fatto
dire la volontà di mio padre dal prete:
volli leggere io stesso il testamento, e ne
feci fare una copia che la conservo sempre.
— Difatti trattandosi delle vostre sostanze faceste benissimo a prendere tutte
le precauzioni; ma in fatto di religione si
tratta di anima, si tratta di salvezza o di
dannazione eterna ; e mentre per la eredilà di voslro padre non vi fidaste dei preti
ma voleste leggere ed avere il testamento,
per l’eredità eterna ve ne fidate, e non vi
curate avere il testamento del vostro Dio.
— Non è che io non mi curi di avere
il testamento di Dio; ma io discorro cosi ;
per conoscere quelle cose bisogna avere
studiato molto, ed io ho studialo poco :
ci sono tanti uomini veramente dotti che
hanno fatto tutto il loro studio sulla religione, ed io mi fido di loro. Anzi ho
letto neH’ultimo libretto delle letture cattoliche di D. Bosco, che Gesù Cristo ha
detto qui vos audit me audit ; cioè chi
ascolta i preti ascolta me.
■“ Gesù Cristo ha detto ancora, guai
ai ciechi che si lascieranno condurre dai
ciechi. In materia religiosa non dobbiamo sentire che coloro che parlano secondo la parola di Dio e per assicurarsene dobbiamo leggere noi stessi la parola di Dio e confrontare quello che essi
dicono per vedere se insegnano secondo
quella Parola , altrimenti S. Paolo mi
dice che se un apostolo od anche un Angelo dal cielo mi annunziasse oltre a
quello che è scrilto, non debbo crederlo.
— Ma come spiegate voi il qui vos
audit di D. Bosco?
— Io non voglio spiegarvi niente: voi
sapete leggere, voi non siete uno stupido, leggete dunque il capo X dell’Evangelo di s. Luca fino al versetto 16,
ove sono quelle parole, e vedete da voi,
se Gesù Cristo voleva dire che dovete credere come verilà infallibile venuta da
Lui ogni cosa cbe vi diranno i preti.
— È Vero, avete ragione: qui è chiaro
che Gesù Cristo, dice ai Discepoli: quelli
che ascolteranno dalla bocca vostra le
cose che io vi ordino di dirgli, sarà come
se le ascoltassero dalla bocca mia stessa.
— E poi mio caro amico, credete voi
che D. Bosco o chiunque altro intenda
questo passo meglio di quello che l'abbia
inteso lo stesso s. Luca che lo hascitto?
— Oh questo no certo.
— Ebbene, sentite un fatto registrato
nel capo XVII degli Alti apostolici, scritti
dallo stesso evangelista s. Luca. S. Paolo
predicava il Vangelo in Berrea, faceva
miracoli per provare la verità della sua
predicazione, e parlava miracolosamente
le lingue. Però quei Berreesi ascoltarono
la predicazione dell’Apostolo, ma ad onta
dei miracoli che vedevano, non vollero
crederla senisa prima avere esaminato le
13
Scrilíure, e conosciuto che la predicarione di s. Paolo era conforme alla Bibbia. Credete voi che s. Luca che narra
f]U€sto fatto biasimi i Berreesi e citi il
qui vos audit? Al coDtrario, li loda; perchè non crederono alla cieca e sulla parola del predicatore, ma andarono a verificare la predica nella Bibbia, per accertarsi che era parola di Dio.
— Sta bene tutto quello che mi dite ;
ma il caso mio è diverso: la si trattava
di cambiare religione, ed io vi ho detto,
e torno a ripetervi che non penso affatto
di cambiare la mia.
— Ora vedete, voi enlrate in un altro
tema assai interessante : e se lo credete
ne parleremo di proposito.
— Si, ma per oggi basta: un’altra volta.
NOTIZIE RELIGIOSE
S. Colombano (provincia di Chiavari],
Un movimento religioso verso il Vangelo
si è manifestato nel villaggio. Alcuni pacifici cittadini si Tannavano la domenica
senza veruna pubblicità per leggere la
Bibbia, edificarsi insieme e pregare. Un
cristiano (laico) andava regolarmente ogni
domenica a S. Colombano per assistere
a queste riunioni religiose e dirigerle.
Una capanna era il luogo destinato a
tali semplici riunioni. Ora ecco cosa ci
scrive persona degna di tutta fede, e testimone dei fatti.
Il parroco, che si dice non l’uomo il più
edificante nella sua condotta, mise il
paese a romore contro i pacifici lettori
della Bibbia. 1 consiglieri municipali,
secondavano il parroco, ed eccitavano i
fanatici ad una sommossa, assicurandoli
della loro protezione in qualunque caso.
Tali indegne mene produssero il loro
effetto.
Domenica 22, mentre gli evangelici
erano nella capanna a leggere la parola
di Dio, una turba di fanatici incoraggiati
da due donne, non estranee al parroco,
si posero a fare tumulto intorno alla capanna, e con voci ingiuriose e con minaccie provocavano gli evangelici,! quali
tranquilli nella loro coscienza continuarono a leggere e pregare; fino a che ia
turba dei fanatici stanca li lasciò in pace.
Ma non cosi accade domenica 29. 1
solili pacifici evangelici si raunarono nella
capanna con quel da Chiavari; ma non
appena avevano incominciato a pregare,
che una turba di fanatici di ogni età,
di ogni sesso irrompe nella capanna, e
con urli spaventevoli e bestemmie si fa
sopra agli evaugelici e li costringe ad
uscire e dividersi. Ma il cristiano venuto
da Chiavarl era principalmente preso di
mira. Fu messo in mezzo ad uomini armati di bastone che lo ritenevano come
prigioniero: una turba di monelli precedeva gridando e saltando ; una folla compatta accompagnava e seguiva il prigioniero, e qua.'i si volessero rinnovare su
di lui gl’insulti che si facevano dalle
turbe al Divino Maestro , alcuni s’inginocchiavano al suo passaggio beffandolo:
altri gli strappavano il berretto dal capo;
altri avvicinandosi alle sue orecchie lo
assordavano con urli e con fischi. In tal
guisa lo accompagnarono fino al confine
territoriale di S. Colombano. Giunti colà
si trovò una croce che era già preparata
a tal fine; la piantarono sulla strada,
ed additandola al prigioniero « Se tu, gli
dicevano, ardirai passare questa croce,
14
ed entrare nel nostro territorio ti costerà
la vita : » e cosi dicendo lo lasciarono
andare non senza però lanciare dietro di
lui una qualche pietra.
Noi ci asteniamo da ogni commento:
i fatti parlano abbastanza.
Torino. Continuano ia varie chiese di
Torino a predicarsi le così dette conferenze
contro i valdesi. Domenica scorsa uno dei
nostri collaboratori era a sentire una di
queste conferenze: ii rev. predicatore
parlava della messa, e per esaltare quella
ceremonia religiosa disse che nella messa
l’uomo rende a Dio quello che da Dio
ha ricevuto di più prezioso, cioè il suo
divin Figlio : ma poi come correggendosi
disse: « No; l’uomo nel sacrificio della
messa è assai più generoso verso Dio di
quello che Dio lo sia stato verso l’uomo.»
E pretese provare questa orribile bestemmia con le due seguenti ragioni: 1“ Dio
ha dato all'Qomo il suo Figlio una sola
volta, e l’uomo nella messa lo dà a Dio
milioni di volte; 2“ Dio ha dato all’uomo
il suo Figlio in forma di peccatore; e
l’uomo nella messa dà a Dio il suo Figlio
glorificato ». Noi dobbiamo supporre che
questi uomini destinati a combatterci pubblicamente nelle principali chiese della
capitale sieno i più dotti del clero :
ma se i più dotti sono tali, di chi dovremo
noi temere? Sentire tali bestemmie spacciate dai pulpiti ci afligge; ma da un
altro lato ci fa sempre più conoscere che
i clericali se ci attaccano dal pulpito ricorrono alle bestemmie ed alle ingiurie;
se ci attaccano nei giornali ricorrono »Ile
più impudenti falsificazioni. Tali nemici
non ci fanno timore.
Ginevra. Nuovi disordini sono accaduti domenica scorsa per opera di catto
lici fanatizzati. Circa 300 individui si sono
riuniti a Versenaz (villaggio cattolico), e
dopo di avere piantalo due forche, hanno
appiccati ad esse due fantocci rappresentanti l’uno il pastore di Cologny, o
l’altro il pastore di Vandoeuvres. Due
iscrizioni che contenevano gli oltraggi i
più cinici compievano l’opera. Ma non
contenti di ciò i fanatici, fecero degli affissi i più insultanti ed i più incendiarli,
e li attaccarono in vari villaggi. Tali eccessi hauno prodotto nella sana popolazione del cantone la più legittima indegnazione, e non vi è a dubitare che la
eccellente popolazione della libera Ginevra non faccia rispettare dai fanatici il
santo principio della llberlà religiosa.
Non è che dal 1814 che i cattolici hanno
avuti i diritti civili in Ginevra, e da quel
momento non han cercato che a dominare senza badare per quali mezzi: quando
sono stali repressi, si sono detti perseguitati. I fanatici di Versenaz, allorché
saranno puniti, saranno chiamati martiri
dai preti.
fiROKACHETTA POLITICA
Torino. — Nella tornata dei 31 p. p.
la Camera dei Deputati si è meritata la
riconoscenza del paese adottando un
progetto di legge presentatole dal Ministero contro le lotterie private ed estere,
e di cui ecco la sostanza: « Qualsiasi lotteria privala è proibita; è proibito altresì
lo smercio di biglietti di lotterie estere.
1 contravventori saranno puniti con multa
estensibile a L. SOOO, ed anche col carcere. I distributori di biglietti saranno
puniti con multa non minore di L. ÌSO,
15
estensibile a L. 5000, traltandosi di lotterie private interne, e del doppio trattandosi di lotterie esterne. Saranno altresì
puniti con multa di L. 200 i gerenti e
stampatori di giornali che si prestassero
a farne pubblicazioni II. —Speriamo che
sia questa misura un nuovo passo verso
l’intiera abolizione di qualunque lotteria
nel nostro Stato.
— Nella Camera dei Senatori ha cominciato la discussione del progetto di
legge sulla leva.
— 1 giornali di ieri annunziano la morte
di Silvio Pellico conosciutissimo in tutta
Europa e fuori come scrittore drammatico , ma sovrattutto come autore delle
Mie Prigioni.
Genova, 29 gennaio. — Le feste decretate da questo Municipio per l’inaugurazione della ferrovia ligure-subalpina,
state differite a cagione della grave malattia del duca d'Aosta, avranno luogo il
giorno 20 del prossimo febbraio.
Francia. — Si parla del trasporto di
un corpo di truppe francesi in Oriente
sotto gli ordini del generale Canrobert.
L’Inghilterra per parte sua dee trasportare 12 mila uomini, e si aggiunge che
l’imperatore intende far passare per Parigi questo corpo inglese.
— Il Siécle assicura cbe gli ambasciatori del sultano in Francia ed in Inghilterra hanno ottenuta l’assicurazione che
Be i Russi passassero il Danubio, un corpo
anglo-francese sarà spedito in Turchia.
— Il Journal des Débats, dice che la
partenza dei due ambasciatori della Russia ( da Londra e da Parigi ) è riguardata
conje prossima.
iNcniLTERHA. Il Times dà un riassunfo
del discorso della Corona. La Regina
dice che le speranze di ristabilire la pace
furono deluse fino a'questo giorno ; che
essa continua a fare degli sforzi nello
stesso senso, e che per dare maggior
peso alle sue rimostranze, essa chiede
un aumento delle sue truppe di terra e
di mare. — Essa limitasi in questa dichiarazione a chiedere al Parlamento le
spese necessarie.
Quanto al resto, essa si rimette senza
aggiungere parola al giudicio dell’ Europa, e all’intelligenza illuminata dei
suoi popoli.
Senza millanterie, senza avidità di potere, l’Inghilterra procede contro il comune nemico coll’alleanza della GRANDE
NAZIONE vicina; ed amendue le nazioni
interamente confidano che operando in
tal guisa, esse non fanno che anticipare
una lotta che, se venisée attualmente differita, sarebbe in appresso impegnala
con lo stesso nemico in condizioni assai
meno vantaggiose.
Il discorso non esprime le passioni ardenti del momento, ma giustifica il contegno preso dalla nazione con una dignità traquilla e con una manifesta convinzione.
Principatì Danubiani. Tutti i giornali
e tutte le corrispondenze più recenti,
non meno che i dispacci telegrafici giunti
a Vienna, confermano avere i Turchi
passalo il Danubio in più luoghi, occupando tulli i punti più importanti di
passaggio, e fra gli altri, due principalmente, uno sopra e l’altro sotto aGiurgevo; così cbe tutta la parte del Danubio,
I da Gladova fino oltre a Silislria, trove-
16
rebbesi compiatamente nelle mani dei
Turchi.
— L’impartante fazione combattutasi i!
20 corrente tra i Russi ed i Turchi presso
Calafat sarebbesi decisamente terminata
con un favorevole risultato per le truppe
ottomane. Uu dispaccio telegrafico del
Times confermerebbe questa fausta notizia.
Pbussia. Il Monitore Prussiano pubblica quest’oggi l’accessione dei ducati di
Parma e di Modena al trattato di commercio fra l’Austria e lo Zollverein.
Mar Nero. La Corrispondenza Parigina, dopo d’avere annuncialo che i gabinetti di Francia e d'ingbillerra hanno
deciso di non lasciarsi più piegare ad alcuna concessione verso la Russia, soggiunge questa importante notizia;
« Le stesse informazioni confermano
la nuova di una disfatta delle forze navali
russe nel Mar Nero. Parlasi positivamente
di vari legni mandati a tondo. Sinope
sarebbe vendicata «.
In proposito una lettera di Costantinopoli pervenuta al Wanderer di Vienna
del 27, riferisce che la divisione navale
diretta a Battuni, composta di 12 legoj
tra inglesi e francesi, s’incontrò colla
flotta russa di 30 vele. Invitata quest’ultima a ritirarsi, rispóse colle cannonate,
che diedero principio ad un combatlimento colla peggio dei Russi, i quali
perdettero 6 legni. Dei legni alleati, 1’^gamennone e la Ville de Paris furono assai danneggiati.
Direttore G. P. MEILLE.
Giuseppe Mirapel gerente.
Presso la Libr. Evangelica di G. BIAVA,
via Carlo Alberto, in faccia al caffè Dilei.
Nuovo Testamento in 48, edizione
diamante . ;.. . . . . L. 0 70
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Regula Fidei (Regola della fede) » 0 80
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La successione apostolica , , » 0 20
La confessione (L. Desanctis) . i) 0 2S
Trivier, esposto dei motivi per cui
l’autore ha abbandonato la Chiesa romana......» 0 SO
Addio al Papa.....« i »
Paleario, il benefìzio della morte
di Cristo......» 0 40
Tesoretto bibblico . . . . » 0 20
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