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LA BUONA NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
PU»XXO M’.kKKOCI.tXlO:\'E
(À domiiilio]
Torino, per un anno L. C,00 L.7,00
— per sei mesi » 4,00 >> 4,50
Per le provincie e l’estero franco sino
ai confini, un anno . . L. 7,20
per sei mesi, « 5,20
AiriSìùovTj; Si i'J
Spjjuendo lu verità nella carità
Efes. IV. 45.
La Direzione della BUO.NA NOVELLA è
in Torino, casa Bellora, a capo del Viale
del Re, N" J2, piano 3“.
Leassuciazioni si ricevono dalla Direzione
del Giornale, e dal Libraio G. SERRA,
contrada Nuova in Torino.
Gli Associati delle Provincie potranno provvedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alla Direzione.
mmmAmn)
1 Confessori di G. C. in Italia nel secolo XVI. GaleazzO Caracciolo III. —Critica
degli Evangeli di A. Bianchi Giovini. III. — Un^altra menzogna del Cattolico —
Conversione al Cattolicismo. — Notizie Religiose. — Cronachetta poUiica«
l CONFESSORI DI fi. C. IX ITALIA NEI SECOLO XVI
--—^=íVSSrí5í?i?ií==—-
Galeaz/j» Caracciolo.
III.
L’inattesa risposta di Galeazzo arrecò nuovo lutto alla famiglia ; al
che si aggiunse l’infausta notizia che
il regio fisco di Napoli e la congregazione di Roma cominciavano a fabbricare processi contro di Galeazzo,
ai quale minacciavasi altresì la confisca de’ beni materni, siccome reo di
lesa maestà, e per colmo di sventura
si interdiceva a’ suoi figli di succe
dere ne’ beni e ne’ titoli del vecchio
marchese, loro avo. Costui per istornare l'ira del governo dal capo dei
suoi nepoti, risolvette di impetrare
dall’ imperatore grazia a favore di
essi, perchè non risponsabili delle
azioni del loro genitore, e perciò immeritevoli di subirne la pena.
Nell’atto stesso ehe il canuto marchese preparavasi pel viaggio, volle
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tentare nuovamente di ridurre il figlio, onde prevenire i rigori del governo e di Roma. A tale oggetto ,
usando di tutta la sua paterna autorità , scrisse a Galeazzo di trasferirsi
a Verona , città veneta , facendogli
avere all’uopo un salvocondotto della
repubblica, e di atlendere il suo passaggio, dovendo seco lui conferir su
cose di assai grave importanza. Non
parve a Galeazzo di poter disubbidire
alla volontà del padre ; e benché immaginasse la cagione del richiesto
colloquio , e prevedesse da questo
esacerbare di più l’animo paterno;
ciò non ostante, fermo nella risoluzione di non concedergli nulla in
pregiudizio della sua coscienza, nel
29 aprile del 1563 partì da Ginevra, e pochi giorni appresso giunse
a Verona.
11 marchese lo accolse con amorevolezza mista a patente mestizia.
I ragionamenti furono lunghi, e replicate le esortazioni di ritornare allo
stato primiero; non tralasciò di dipingergli co’ piii neri colori i gravi
pericoli da cui i suoi figli erano minacciati, e di scongiurarlo a volerneli
sottrarre se nel suo petto fosse ancóra un avanzo di paterno amore.
Galeazzo con ogni umiltà e riverenza rispose: non potere, in coscienza , recedere dalla sua risoluiione; essergli duopo ubbidire alla
voce di Dio, anche resistendo a quella
del suo venerato genitore, e preporre
agli interessi mondani e al rispetto
degli uomini, gli interessi dell’anima
e la gloria del Signore ; pregollo caldamente a non insistere più oltre su
tale argomento, e non dargli la pena
di dovergli apertamente disubbidire.
11 marchese, perduta la speranza
di fargli cangiare pensiero, gli comunicò il disegno di voler presentarsi
all’imperatore onde supplicarlo a segregare la causa di Galeazzo da quella
de’ figli, e far sì che la condanna dei
padre non fosse di pregiudizio nè di
onta a questi ultimi. Però impose a
Galeazzo, e questa volta a ragione, di
rimanersi in Italia sino a che la grazia non si ottenesse, affinchè la sua
dimora in Ginevra non fosse di ostacolo per ottenerla. La qual cosa Galeazzo promise di fare e scrupolosamente mantenne.
Mentre Caracciolo dimorava ìi Verona , Girolamo Fracastoro , celebre
medico, filosofo e poeta di quei tempi,
ad istanza del marchese volle provare
se, per mezzo della sua fama e dottrina gli riusciss'e di ridurlo, lusingandosi di potere, co’ suoi argomenti,
convincerlo. Ma quest’altro tentativo
fu inutile; Galeazzo con ammirevole
semplicità e modestia lo confuse ; e
benché ciascuno rimanesse fermo nelle sue convinzioni e credenze, pure
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il loro animo restò compreso di reciproco amore e rispe'.to.
Nel mese di agosto, avuta notizia
della grazia imperlale , Caracciolo ,
lieto di non avere più a deplorare,
per sua cagione, la miseria de’ figli,
e di essere cessato nell'animo del
marchese il timore della confisca e
deirioTamia, e per conseguenza ogni
amarezza e disdegno, fece ritorno a
Ginevra. Ivi, operoso com’era e pieno
di zelo per la chiesa di Crislo, riannodò le famiglie italiane che s’erano
ridotte in quella città per lo stesso
motivo di religione, e stabili per esse
una polizia ecclesiaslica onde in quella riunione evangelica si conservasse
tutta la purità de’ costumi e risplendesse più sempre la luce del Vangelo
in edificazione del mondo.
Indi seguì Calvino a Basilea, e qui
ridusse e confermò nella fede il famoso Massimiliano de’ conti Martinenghi, chiarissima famiglia di Brescia, e lo persuase a smettere il
pensiero di anlare in Inghilterra e
ritirarsi con esso lui a Ginevra, dove
esser potea utilissimo alla causa del
Vangelo.
Pervenuti a Ginevra, Galeazzo, col
consiglio di Calvino, e coll'approvazione del magistrato locale, stabili
formalmente il corpo della chiesa
evangelica italiana co’ suoi regolamenti ; alla quale il conte Massimi
liano fu eletto ministro, onde predicarvi in lingua italiana, celebrarvi i
sacramenti e vegliare, come pastore,
su quella piccola greggia del Signore.
Furono eletti, secondo prescrivono i
libri sacri, alcuni seniori, onde aver
cura che nella chiesa si conservasse
la purità della dottrina e la sincera
pietà evangelica. Galeazzo era il principale membro di colesto venerabile
concilio. E finalmente furono nominati
i diaconi, per dispensare a’ poveri
quei sussidii cbe la comune carità
somministrava. Galeazzo Caracciolo,
come attesta Nicolao Balsani, suo
apologista e contemporaneo, « colla
sna autorità, col suo esemplo, colla
pietà singolare, colla sua vigilanza e
diligenza, fu una colonna ferma per
sostenere in piede questo edifizio spirituale. »
Però nel 1535, assunto al trono
pontificio Giovan Pietro Caraffa, col
nome di Paolo IV, il marchese concepì nuovi pensieri e disegni di tentare il figlio, per cui, avendo occasione di recarsi in Lombardia, gli
impose, per lettera, un convegno a
Mantova, e gli mandò gli opportuni
salvocondotti. E infatti, dopo alcuni
giorni, padre e figlio convennero nella
città designata. La benevolenza del
marchese questa volta si manifestò
in un modo straordinario, e senza
tanti preamboli, mostrando di non
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capire in sè per la gioia, gli palesò
di avergli ottenuta dal nuovo pontefice, suo parente, una grazia che reputava singolare , mercè la quale ,
Galeazzo goder potea dell'ampio privilegio di abitare in qualsivoglia
città della repubblica veneta con piena libertà e senza veruna molestia
in materia di religione e di coscienza.
Nè mancò il buon vecchio di indurlo
con ragionamenti, esortazioni e preghiere, ad accettare la grazia e contentare la famiglia, i congiunti, gli
amici. E per meglio lusingarlo, gli
offeriva le proprie sostanze, consideravoli entrate, per vivere onorevolmente secondo il suo grado ; gli promise che la moglie e i figliuoli sarebbero pronti a raggiungerlo e conviver
insieme con lui; infine affermava di
non proporgli cosa che contraria
fosse alla sua fede. A dir vero, a prima
vista, l’accettazione della grazia parea
cosa lecita ed innocente, e la domanda del padre onesta e ragionevole.
Galeazzo rimase alquanto perplesso e incerto a qual partito appigliarsi; ma poco dopo come rischiarato da una luce divina, il suo intelletto si aprì al retto giudicio, e potè
discernere il pericolo e la colpa di
accettare grazia da colui che nemico
era e persecutore della religione evangelica, comprese come quell’atto implicherebbe un tacito riconoscimento
del supremo potere che i papi si arrogano sulla religione di Cristo, previde di quale grave scandalo sarebbe
cagione appo a’suoi fratelli evangelici
e quale danno ne sarebbe venuto al
Vangelo. Penetrò eziandio nel segreto
divisamento del padre, cioè di corrompere il di lui cuore e a poco a
poco farlo ritornare alle primitive
credenze. Così, atterrito dai pericoli
ond’era cinto, con sommesso linguaggio, ma con fermezza d’animo, mostrò al padre quanto irremovibile
fosse il suo proponimento, e come
altra volta, pregollo a uon insistere
più oltre. Il padre fortemente sdegnato lo abbandonò.
Galeazzo ne ebbe dolore, ma nel
tempo stesso fu lieto di essere sfuggito a coteste insidie, e lasciando
Mantova, recossi a Ferrara, dove da
Francesco Parto (uomo eruditissimo
e poscia professore di lingua greca a
Ginevra) fu presentato a Renata figlia
di Ludovico XII re di Francia e duchessa di Ferrara; la quale lo accolse
con trasporto di ammirazione e di
gioia: gli domandò notizie di Calvino,
della chiesa italiana di Ginevra; lo
consultò su varii articoli di fede
evangelica e sui punti principali delle
controversie religiose, e finalmente
accomiatollo con affettuose parole e
ordinò che col suo proprio cocchio
lo conducessero a Grancalino, Di la
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Caracciolo si recò a Venezia, indi
nella Valtellina, poscia a Chiavenna
e infine correndo il dì 4 otlobre giunse a Ginevra, contento d’essersi liberato da tanti travagli, e riempiendo
colla sua presenza, e colla relazione
del suo felice successo, i suoi amici
e tutta la chiesa di gioia ineffabile.
Sin qui, soggiunge il Giannone,
Galeazzo, colla sua fermezza , avea
destato in tutti maraviglia, ma poi
suscitò stupore. Il marchese non ancora persuaso della impossibilità di
piegare l’animo del figlio, volle tentarlo con l’affetto della moglie che
assai gli era affezionata. Costei spinta
dai consigli del suocero e dalla speranza di rivedere il benamato consorle
cominciò a scrivergli più spesso e a
mandargli continue ambasciate; finché palesandogli l’ardente desiderio
che avea di vederlo, lo pregò a concederle un colloquio in qualche terra
della veneta repubblica. Nè Galeazzo
era meno desideroso di rivedere la
sposa, ma diversi erano e contrari
i fini che l’una e l’altro si propone■vano. Ella, mercè la sua ten rezza
anelava indurlo a ritornare alla casa
paterna, egli d’altro lato si proponea
di persuaderla a non vivere più divisa
da lui e seguirlo sino a Ginevra. —
Fu di consenso scelta per luogo di
appuntamento Lesina, isola della
Dalmazia, ovvero Schiavonia del mare
Adriatico, appartenente a’ Veneziani
e posta rimpetto a Vico, baronia del
marchese suo padre.
Galeazzo fu il primo a recarsi nel
luogo del convegno; ma, con sua
sorpresa, non vide arrivare che i due
figliuoli maggiori, Colantonio e Carlo
e comecché egli fosse assai lieto di
vederli, nondimeno accortosi di avere
intrapreso quel viaggio inutilmente,
si dispiacque; per cui, perduta la speranza di vedere la moglie e tornato
vano il concepito disegno, abbracciò
teneramente i suoi figli, e fece ritorno
a Ginevra.
Non passò molto tempo che donna
Vittoria, con nuove lettere, dopo di
avergli accennate le ragioni e chiesto
scuse di non averlo raggiunto a Lesina, lo sollecitò a recarvisi nuovamente, promettendogli di venire questa volta infallibilmente. Dispiacevano
a Galeazzo l’abbandono delia sua
quiete, la fatica di un secondo viaggio
e i pericoli a’ quali si esponea; ma
turbato in certo qual modo dal pensiero di non avere, pria di partire
da Napoli, tentato di dissipare dalla
di lei mente le tenebre della superstizione e indurla a venire seco lui,
volle fare ammenda di tale dimenticanza, senza risparmio di fatiche e
di perigli. Per la qual cosa a dì 7
marzo 1558 fu di bel nuovo a Lesina,
Ivi seppe che tutta la sua famiglia
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era giunta a Vico, e ne provò grandissima gioia. Ma poco dopo ebbe
lettere della moglie, la quale dolendosi di esserle mancato di parola un
nobile veneziano ciie dovea menarla
a Lesina co’ figli, in una galea della
repubblica, pregavalo di venire egli
stesso a Vico. Galeazzo, dopo lunga
perplessità, risolvette di compiacerla,
quantunque non ignorasse i pericoli
ai quali andava incontro. E di vero fu
quello un grande ardire. — Pria di
giungere alla riva di Vico, fece pervenirne l’avviso alla famiglia. Corsero
ad incontrarlo i figliuoli ed i servi ;
l'allegrezza inondò il cuore di tutti e
specialmente della consorte, die di
sincero e caldo amore lo amava, e
luslngavasi di averlo, dopo tante lagrime, riacquistato per sempre. Ma
Galeazzo era attristalo da un importuno sospetto, cioè che il padre, nou
trovando modo di farlo rimanere, di
accordo colla famiglia, lo facesse
rinchiudere in qualclie torre, onde
impedirgli di partire, privarlo d’ogni
conversazione e d'ogni lettura evangelica e a poco a poco sedurlo, costringerlo, farlo ricadere nell’abisso
de’primordiali errori.
I primi giorni passarono in festeggiamenti, carezze ed altre dimostrazioni di affetto, ma da indi a non
molto le gioie e le feste si convertirono
ia lagrime e eor^gUo.
Galeazzo pregò caldamente la moglie a volerlo seguire, promettendole
piena libertà di coscienza, e protestandogli ch’egli non si staccherebbe
a verun patto da quella fede che
aveva abbracciato, e per cui aveva
abbandonatala patria, gli onori, la
famiglia. Donna Vittoria, alla sua
volta scongiuravalo a ritornare nel
natio paese, ed alla religione de’ suoi
padri, e mostravasi risoluta a non
volerlo seguire in terre dove il culto
romano non professavasi, risoluta a
non vivere e conversare con esso lui
finché persistesse in queste sue credenze condannate siccome empie ed
ereticlie; e, soggiungeva, di averne
comandamento speciale e irrevocabile
dal confessore, solto pena di scomunica. Il povero Caracciolo, ferito
nel più vivo del cuore, non cessò dal
pregarla che quando \ ide essere ogni
preghiera inutile e l’animo della moglie inflessibile. Allora, perduta ogni
speranza, e dando termine alla sua
longanime pazienza, le fece manifesto
che egli, quantunque a malincuore
avrebbe ricorso alla necessità del divorzio. Ma ella, quantunque ne fosse
orribilmente traffilta, prestò poca
fede a siffalLe pi oteste, reputandole
vaneefatte per ¡spaventarla. Galeazzo
stanco di consumai’e inutilmente il
tempo, e di sostenere più a lungo lo
strazio dfil cuore, deeise di paitire, e
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ne diede contezza alla famiglia. 11
padre, nell’ora del commiato; divenuto furioso per lo sdegno, come
narra Giannone, proruppe alle onte
ed alle maledizioni; l’amorosa consorte abbracciandolo con tutta forza
e piangendo amaramente volea ritenerlo; i figli prostrati a’ suoi piedi e
prorompendo in lagrime, anch’essi,
10 pregavano di rimanersi con loro, il
cugino, e il reslo della famiglia facendogli mesta corona gli domandavano
pietà, la sua fanciulla ancor tenera,
gli si avviticchiava fortemente alle
ginocchia e con alte e strasclate grida
impedivagli di fare un passo ....
Oh ! mai l’animo di Caracciolo era
stato cosi lacerato dal dolore, non
avea giammai sentito in sè una lotta
così orribile fra la tenerezza paterna,
e la voce della coscienza, nè la sua
costanza era stata mai esposta ad uguale cimento ; l’angoscia, egli stesso
11 diceva, l’angoscia gli serrò il cuore
e fu in punto di morire. Quando si
vide sul mare, non sapendo neppure
egli come s’era sottratto al tragico
spettacolo, come desialo da un lungo
sonno, e non credendo quasi a se
stesso, piegando le ginocchia, rese
grazie al Signore che tanta forza gli
avea ispirato; e volgendo lo sguardo
alla spiaggia di Vico, dove erano ancora i suoi figli, e la sposa, cogli
occhi fissi su di lui, il misero pa
dre, il deserto marito commosso
dal profondo del cuore pianse amare
lagrime, e mandò alla sconsolata famiglia il suo ultimo addio.
(contùiuaj
cKiTicA mwÀ faai\(;eli
ÜI A. BIANCHI GIOVIISI
( Continuazione)
III.
Mio caro fratello. I quattro Evangeli non
formano, quanto al volume, che un lihriccino, poco più (li 100 pagine npH’edizione
del nostro DIodali ; ed ecco contro di luro
scagliarsi due altri grossi volumi di obbiezinni ! Se l’Evimgelo non fosse grande
per sè, bisognerebbe averlo penule, pensando solo agl’innumerevoli attacclii di
cui gl’increduli lo hanno faUo oggetto.
Che è mai questa parola apojlolica, che
apparendo rovescia gl’idoli e cangia ia socielà, che fermata In un paese vivea fronte
di sforzi continui per abl>alterla, e che
senza perder di forza è predicata nel Vecchio e nel Nuovo Mindo? Ma non v’ha
cosa che meglio dimostri il pregio del
Vangelo che la couiraddizione nelle varie
opposizioni che gli si fanno. Or lo si dichiara impraticabile e fatto per angeli,
mentre altri lo dicono al di sollo d’un
progresso indcfinllo; or cosi chiaro da
rlescir volgare, or così oscuro da essere
Inintelligibile; ora non atto a migliorare
l’umanità, or capare di produrre l'ascetismo; e chi taccia d’ignoranza i suoi
scriitori, e chi gli accusa d’aver preso da’
filosiifi idee e massime. Tali opposizioni
¡■i svariale e sì ccinirarle accennano evidentemente che l’Evangelo ha tanta importanza nella vila e combatte tali pas-
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sioni, e dà tali promesse che non resta se
non (li accettarlo o di combatterlo. Qual
sistema di filosofia ha resistito a tanti attacchi ? Qual religione è stata mai sì combattuta? E che è mai mancato agl’increduli per iscbiacciarla? Noa Ingegoo, non
dottrina. In alcune conirade hanno avulo
l’agio di combattere un cristianesimo alterato dalla malvagità farisaica ; e nel
secolo passato le loro doltrine percorsero
tutte le classi sociali e produssero leggi
ed imperarono. Che ue han cavato ? E
sarà sempre quistione a cominciarsi, uè
l’esperienza gioverà a nulla, nemmeno
agli uomini pratici e di buon senso? Da
Celso in oggi v’è un bel tratto, nè può
dirsi cbe il tempo sia loro mancato. Ci
chiamaDO ignoranli : lo sia; ma la storia
non dà ragione in quanto al Vangelo che
a quest’ignoranti, chè il racconto degli
sforzi degl’increduli è non men che quello
delle glorie del nostro santo libro.
Entro intanto nell’esame dell’opera di
Bianchi-Giovini col fargli una strana concessione, una di quelle concessioni che il
cristianesimo solo può fare. Supponiamo
che Don vi fossero libri, testimonianze e
ragioni per rispondere alla sua Critica,
che le sue obbiezioni fossero di nuovo
conio, originali affatto, non mai tocche
dagli apologisti, e che il suo libro passasse di paese in paese acclamato e favorito. Eccolo posto in tale posizione, che
nemmen per un decimo la godè Voltaire,
a cui il re di Prussia scriveva : Voi siete
il primogenito degli esseri pensanti, e il
d’Alembert : Voi siete il prete della ragione. Or ciò supposto, dimando io non cattolico, non protestante, ma evangelico
valdese; Al dissopra della critica ehe esamina e sindaca i testi, le dizioni, i fatti
degli Evangeli, esistono motivi più potenti
ed inoppugnabili per abbracciare il cristianesimo? Mancherebbero argomenti a
chi legga attentamente il Nuovo Testamento per assicurarsi che è libro di Dio,
e (ali da toglier qualunque forza alle
obbiezioni cui non si potesse rispondere
partitamente? Non dimentichi il lettore
che per ora non facciamo che una supposizione necessaria a portare la quistione in una regione che la Critica non
tocca e che è la più alta dell’apologetica
cristiana: appresso risponderemo agli attacchi del sig. Bianchi-Giovini. Ho bisogno intanto di dividere questa leltera in
paragrafi, onde presentar divisamente la
materia che io debbo ristringer molto per
adattarmi al giornale, mentre da per sè è
così ricca.
1.
Non v’ha sforzo che possa togliere dalla
coscienza queste terribili domande ; Cbe
cosa è l’uomo? Che l’universo? Che Dio ?
Eleva, 0 uomo, le Piramidi o il Partenone, scovri con Newton le leggi fisiche,
percorri da trionfatore il mondo come
Napoleone, non risponderai, nè attuterai
quelle domande, se non a costo d’un’indifferenza meschina di molto e poco calcolabile in una seria discussione : esse son
più grandi del tempo e dello spazio. La
filosofia da Tálete ad Hegel ha cercato di
rispondervi: ampio ed esteso movimento
del pensiero umano, vario ne’ particolari,
ardito nelle concezioni, flessibile ad ammetter tutto, audace sino a tulto negare!
Son ventiquattro secoli e più di studii che
includono paesi diversi e diversissime generazioni: che se ne è cavato? Il verme
che dapprima sordamente e poscia alla
svelata rode la filosofia, è lo scetticismo.
9
Oh come a tale spellacelo non esclamare
con Plinio {Lib. II, cap. vii): Nec misei-ius quidquàm homine, aut superbius !
Che sari mai questa ragione, grande nelle
aspirazioni e sì piccola nel futlo, a cui
nome si combatte l’Evangelo che non si
dà per figlio della umana ragione?
« C’est un principe, risponde il Bayle, de
destruction et non pas d’édification (art.
Manichéens) ». « C’est une véritable Pénélope qui, pendant la nuit, défait la toile
qu’elle avait faite pendant le jour (art.
Briinel) ». E il Rousseau ; <> Chacun (des
philosophes) sait bien que son système
n’est pas mieux fondé que les autres;
mais il le soutient parce qu’il est à lui...
(Emil. III) ». Corne far combaciare, se
vien voglia di darsi all’eclettismo, matel'ialismo e razionalismo, sensazione ed
idealismo, panteismo e fenomenalità?
(( Ciò che viene dalla scienza, dice un autore non sospetto, ciò che riposa sulla
scienza, poirebbe esser altro che la scienza ?.... La scienza, precisamente perchè
è scienza non è la realtà... Assolutamente
vuota, assolutamente negativa, questa
dottrina che distrugge l’errore non dà la
verità (Fichte, Destinazione dell'uomo) ».
Si osservi però che noi non pretendiamo
di dire quel che piire alcuni filosofi han
detto, che la ragione, cioè, sia nata per
lo scetticismo : la natura confonde i pirronisti. Ouel che vogliamo far notare è
che ia filosofìa, il più alto monumento
dello spirito umano, non può menare che
al dubbio; ma la ragione ha bene in sè
la capacità di riconoscere il vero che le è
presentato, comunque a trovarlo da sè
nou abbia nè modo, nè potenza. L’altezza
dei problemi indica che l’uomo è si mirabilrtiehte gt-ande che ha mente per con
cepirli e posarli: lo scellicismo moslra la
sua miseria, onde, forviandosi, dee cadere
nel vuoto per forza di logica, che è la più
inesorabile delle scienze.
Mi spiace non poiermi dilungare; ma
suppongo d’altronde di parlare a chi conosca la storia e lo stato delia filosofia, a
chi ha provalo l’indefinibii crucio che
produce il dubbio e può dire come Rousseau : « Je consultai les philosophes, je
feuilletai leurs diverses opinions, je les
trouvai tous fiers, allirmatifs, dogmatiques, même dans leur scepticisme prétendu, n’ignorant rien, ne prouvant rien,
se moquant les uns des autres; et ce
point, commun à tous, me parut le seul
sur lequel ils ont tous raison. Triomphans
quand ils attaquent, il sont sans vigueur
en se défendant. Si vous pesez les raisohs,
ils n’en ont que pour détruire ; si vous
comptez les voix, chacun est réduit à la
sienne; ils ne s’accordent que pour disputer ». 0 corne Vollaire che ingenuamente scriveva al d’Alembert (1770) :
« Tout ce qui nous environne est l’empire
du doute ». 0 come lo stesso d'Alembert
che scriveva aH’altro : « Qu’eo savons
nous? est, selon moi, la réponse à presque toutes les questions philosophiques d .
E l’anima intanto; l’anima non rinchiusa
da spazio nè impicciolita da tempo, sospira melanconicamente e spesso disperatamente dietro a verità che si provi sol
col possederla, pe’frutli che produce, per
quella sua vila piena che è Una reallà incorporantesi a noi, e che, Capace d’esser
dimostrata scientificamente ad altri, non
abbia bisogno di dimostrazione per esser
sentita. —Imaginiamo cbe un uomo*
tormentato da questo bisogno, apra la
Bibbia e la legga posatamente^ senza idee
10
precoDcetle, e anche senz' amore purché
senza odio. Oh vi cerchi la soluzione de’
grandi problemi, chè gran dovere è cercarla : Quwrite quod quceritis, sed non
quoerite ubi qumritis! Benché la fede, come dice il Fichte fi. c ), è la, ^arnione
della scienza, e noi crediamo anzi ne sia
la base, pure non diciamo all’incredulo:
credi sin da principio, nja ragiona !
Quante diiTicoilà metafisiche non toglie il
principio della creazione! e dovremmo
dimostrarlo nella patria di Vincenzo Gioberti? Chi non trova pella Bibbia la spiegazione e l’origine del male, problema
che travaglia la filosofia da Platone ad
Hegel, onde ad alcuni è anche piaciuto di
negarlo? Sollevate pure i più grandi, i
più dlUlcili problemi, e non solo troverete
Della B bbia la soluzione più facile e più
naturale, la meno oppugnabile dagli avversarii, la più inoppugnabile per eli spassionati, la più consolante per i credenti,
ma essa stessa ve ne presenti» risoluti degli altri più difficili ancora, a cui non avevate mai pensato. Mentre la filosofia si
divaga in lavori spesso estranei, I’ Evangelo si fissa sull’uomp, ne rivela la natura,
ne mostra lo scopo e dà i mezzi per giugnervi. Ei comincia colla fede per ristaurare una ragione sdrucita o consunta dal
dubbio, s’innoUra coll’affetto per sollevare
l’umanità infiacchita e poi la spinge con
ineffabii forza nella regione pura ed alta
del dovere. Nè il cielo, nè la terra, nè la
filosona, nè la storia avevano mai attestato
(chè noi potevario) un Dtio carità, parola
che vale sola quanto tutli i libri di filosofia : l’Evangelo lo definisce per lale, e, temendo l’idea non abbia a sfuggire per la
sua astrattezza, la include e la personalizza nell’altra slupenda parola Padre che
sta ne’cieli. L’Evangelo non si périla di
scoprire la indicibile miseria deU’uomo,
poiché ha presto fra mani il rimedio per
elevarlo : non lascia di suscitare il bisogno d’un’alta destinazione, pcrchè sa di
poterla dare. Ei vince il panteismo (l’incubo attuale d’ogni filosofia che non voglia essere scettica o volgare), perchè
crea, sviluppa ed innalza una personalità
viva e sentila in ogni credente. Si dirige
all’individuo, lo toglie dai viluppi sensuali, ne anima la coscienza è ne ravviva
la responsabilità. E d’altro verso, sopra
questo io cosi svolto e ravvivato, pone uu
Essere supremo personale e libero, potente come un Creatole, volente come un
Padre. Vince lo scetticismo (prodotto da
una ragione che cerca il reale nel subbiettivo), C(lo vince naluralmente. Lo scettico può dubitar di tutto, meno del sentimento intimo : può resistere a tutlo,
meno ai bisogni pressanti ed indomabili
della natura. Rendete vivaci l’uno e gli
altri, rendeteli continui, più imperiosi obt
cora e poi piacevoli e soddisfatti ; ccme
si sarà scettico allora ? Lo scetticismo è li^
mancanza d’ogni aiTelto: chi aiu.a non può,
dubitare, chè nell’amore sta la potenza
della vita e la sussistenza del ci^'eato. 1,1
cristianesimo è Dio-carità che si rivela e
crea la carità Dell’uomo : è un seotimeoto
vivacissimo che sveglia e riempie l’animai
è bisogno d'amare e d’esser amato ! La
filosofia pensa poter meglio, sti^diare l’uo,rao rendendolo cadavere per poi poterlo,
Dotomizzare colla logica che noD. senza un
grave significato per chi ben intende fu
confusa colla metafìsica dall’Hegel: l'Evangelo prima di darci la conoscenza della
sua parte più intima, ci dà la vera vita,
piena e sovrabbondante. Ei non disirug-
11
ge, ma rislaura la ragione, fornendole ciò
ch’ella non trova in sè, un sostegno divino, onde poi prende più libera le mosse e
percorre sicura suvra larghissimo campo.
Studiale le antinomie che presentano
l’uomo, l’universo, la società, Dio stesso,
e le vedrete rappaciale nel cristianesimo,
Ei solo ha compreso che tutlo il nodo de’
problemi stava nel posare l’elemento divino nell’umaoilà, e solo col presentare
l'uomo-Dio (astraendo per poco dalla sua
adorata reallà) avrebbe offerto l’unica sot
luzione accettevole e desiderabile. Oh se
l’uomo-Dio fosse un mito, oh se I’ Evangelo fosse un libro umano, che cosa resterebbe all’uomo, se non di disperarsi se
avesse il senso del sulijime, o di materializzarsi ed imbestiarsi se avesse cuor
basso e volgare! lo non ho fatto che sIìot
rar la materia, chc posar una domanda.
L’Evangelo è im libro che vi si presenta
come fatto 19 secoli fa; ma sia pur d’Ieri,
risolve i problemi metafisici in modo che
pon può esser umano ? Esamina, o lettore, questo punto ; sia qualunque la tua
decisione, sappi però che la domanda
presentatavi è al di sopra della quistione
puramente critica, la deve precedere e
dominare. La critica di natura sua è gretr
ta, minuziosa, particolareggiata, trascura
l’insieme. Il Giovini tratta degli Evangeli
e trascura per necessità e in gran parte le
epistole e il Vecchio Testamento : i legami
gli sfuggono : le quistioni metafisiche non
eatrano nel campo ov’egli s'è posto. Ma
il cristianesimo è soluzione multilatere,
che solo può essere inteso nell’insieme e
Itoaeodosi nel punto più alto, e quando
uno sia persuaso che la scienza che sta
nel cristianesimo non può esser umana,
che dovrà pensare del libro cbe la con
tiene? Tutto si può criticar dairuonio, ma
si è potuto inventare il cristianesimo?
Ecco, secondo noi, la vera quislioijR, n
almeno ii suo punto più culminante.
Passiamo ora ad esaminar il Vangelo in
riguardo al problema sociale.
■“?
Lo stalo in cui giace la società è allliji;genle, cb) noi sa? Vi ha sistema cbc potesse sosianzialmeote cangiarlo? Regolate
gli utili, appellatevi all’interesse ben inteso, concordale gl’interessi, fate riforme più 0 meno ampie, e oh quante piaghe resteranno scoperte, quanli bisogni
inesauditi e miserie non curate ! E questo
malessere è cosi aperto che fa sembrare
a parecchi meno strane le stranissime
utopie che da un quarto di secolo soii
venule su, e meno sfacciati alcuni sistemi
che attaccano sino alla base i priucipii
sociali. Il male è profondo, chi lo studii
da senno, nè per opera di leggi, nè per
virlù di sistemi può scomparire. La legge
non sa che regolare l’esleriorilà degl'individui e le sfugge quell’io, che si vorrebbe cangiato afTatto ; alla fìlosoria non
incontra alla men peggio che apparecchiar motivi d’azione, ma la volontà nella
sua natura profondameple egoistica rimane la stessa. Togliete il nome di Cristo (1 ), e le coscienze non avranno che
fragili principii per appoggiarvi ciù che
concerne le quistioni sostanziali dell’uT
manilà; la morale perderà la sua base, il
sistema de’Gorgia e de’ Protagora a grado
grado diventerà sociale, e ciò che s’appellerà virlù sarà nominale, esterno, interessalo. — Immaginiamo cbe si senta
l’importanza e la complicazione del pro
( I ) B......la Luce vera cbe illumiua ogui
uomo che viene uel mondo. ... t Giov. 1. 9.
12
Itlema sociale ; che si sappia come ogni
soluzione venuta dall’uomo noi tocca che
a traverso o a’lati, mai neiriulimo; e
che si pianga quindi Sopra mali insanabili, ponendosi a gran cuore nel posto
de’soffrenti (2). Si esamini allora per
questo verso il cristianesimo (3). Slargate
pure da un lato il problema sino a rappresenlare la serie di tulli i dottori, e
dall’allro siale puf severo col Vangelo,
(thè mollo si dee domandare ad una dottrina che si dà come venula da Dio (i).
Lo si studii a parie a parte, e noó dubitiamo che s'abbiano a trovare considerazioni importantissime che noi dobbiamo
qui tralasciare. Il Vangelo crea una vila
intima del tulio ignota al mondo, preziosissima quindi per chi la possiede e facilmente negatile da chi non la provi ;
sparge ne’ cuori una carilà che sola può
rimediare a tutti i mali dèlia società, Gssa
il principio del dovere colla legge dell’amofe, e, a dispetto d’ogni opposizione,
rirésle il bene di consolazioni profonde
e miglioratrici. Oh il male deH’umanità è
che ne’ rapporti tra uomo e uomo non
può parlar che di giustizia, parola che i
pagani stessi tfon igfiòravano : or la giustizia è circoscrilla, gretta, imperiosa si,
ma a misura e a tempo ! Oh l’avvenire
del mondo non è nelle mani del Dirilto,
(2) « RictirJalcvi......di quelli che sono afflitti,
^ome esaencio ancora voi Ael corpo (loro) b . Ebr.
XIIi, 3.
(3) U crìslianesimo e non il cattolicismo, cbè a
gran pena oserebbe questo sol dì affrontare rar>
dito problema. II bisogno d’avere ne’proprìi Stalli
e Francesi ed Austrìaci non mostra che sieno
in mano al Papa delle soIuzìoqì molto iovidiabìli.
(4) «....io (Gesù) bo vinto il monilon. Ciiòv.
XVI, 5r>.
pensiamovi bene, e cercheremo ben allro!
1,'Evangelo sol colla parola il prossimo
v’apporla un cangiamento inaudito nella
storia dell’umanità; nè dice si* gtusio, ma
ama. L’amoresoprabbonda (i}tre la giustizia, vive d'una vila sua piena di slancio
e d’azione, e non domanda se gli altri han
diritti da esigere, ma se vi son bisogni da
soddisfare, dolori da consolarej o aiuti da
porgere. E come te stesso soggiunse, onde
lo stesso amor proprio che è in noi, divenuto regola infallibile deH’affetlo cbe ci
deve legare altrui, finisca con disiruggeré
se stesso. Quanto è salutare di pensare
che in quel libro mai non si trovi cenno
de’ diritti, che l’umaniià si rigenera per
forza di doveri, né quelli possono esser
legittimi e grandi se non essendo mezzi
per la esecuzion di quesli. Qual profondo
cangiamento non ha arrecato il cristiane^
simo alla morale e al progresso! Nell’unii
la legge del sacrificio è divenuta sanla,
amabile e base d’ogni dignità; e si è
giunto all’altro, ponendo la coscienza
sotlo ad un Padre che riguarda in segreto, e sprigionandola dalla schiavitù degli uomini. Il cristianesimo solo potè rivelarci che i problemi sociali non si sciolgono per leggi o per vittorie, ma per vittime oscure, che consciamente votale al
dovere e morendo rendono impotente l’irà
balorda degli uomini. — Nè si pensi che
la carilà vangelica escluda la patriottica.
1 legami di patria sono Un insieme di
rapporti e di facilità cbe rendono più
caro e meglio attuabile il dovere. E se'
ne’ poveri caltolici battaglia talvolta if
cuore tra il grave ossequio a’ voleri d’un
papa e l’amor di patria, oh cbe ue’ vangelici tal lolla non esiste, se non in quanto
dovessero opporsi all’ingiusto, opposi-
13
zione che onora la patria più di quel che
gli utilitari potessero concepire.
Pooiamo ora che qualcuno giugnesse a
convincersi, che il Vangelo ha forza,
quando liberamente fosse accettato dagli
uomini, a sciogliere la gran quistione sociale, potrebbe egli aver dubbio che sia
stato dalo da Dio? No, da senno; nè obbiezioni critiche potrebbero lòr dall’anima
la persuasione che a difRcoltà di sessanta
secoli, vedute ogni dì, molto discusse e
sempre insolute, non v’ha che Dio che
possa metter fine.
3.
Oltre il problema filosofico e il sociale,
ve n’ha un allro che persegue ognuno in
quanto Individuo, e di cui si domanda la
soluzione per conto proprio, anche a dispetto dell’ umanità e del creato. Esso
spaventerebbe ogni scienza od arte, tanto più che pare richiegga tante soluzioni
per quanti sono gli uomini. K quella che
con parola greca, passata già nel vocabolario filosofico, potrebbe addimandarsi
eudemonoloyico. V’ha per fermo neH’uomo un bisogno reale e indeslruttibile, cbe
ora si appalesa nel sentimento d’un moto
indefinibile, ora in un tormento talvolta
senza motivo, ora in un’aspirazione sempreppiù grandeggiante verso regioni ineffabili, ed ora infine nel peso gravissimo
di non sentirsi abbastanza puro e nobile
agli occhi proprii. Questo bisogno non
cessa in mezzo a splendide condizioni di
vila, nè sminuisce, se non quando la malvagità s’impadronisce del cuore (S). Sventurato quell’uomo che noi senta ! Ma se
qualcuno lo provi davvero, e lo provi con
(5) <1.... e gli uomini hanno amate le tenebre
più cbe la lace, poiché le loro opere erano mal«gge». Giov IH, 19.
quel crucio che ispirava il nobile ma inutile sdegno di Leopardi e di Byron, oh
s’appressi all’Evangelo e saggi se mai vi
si trovi modo a soddisfarlo. L’Evangelo
non lo estingue, anzi lo ravviva dippiù,
rende viemaggiormente acuto il senso del
sublime e deH’mfinito, e quindi porge ciò
che si chiede. Ecco la differenza essenziale tra esso e la filosofia ; questa può
ragionar di Dio, il meglio che si pensi,
ma quello lo dà. Nè si rida. .\h questo
riso incredulo non indica dello spirito,
chè facile è ridersi di che s’ignora ; ma
sventuratamente dimostra che si ha cosi
bassa idea dell’umana natura, della nostra anima immortale e de’ suoi alti destini, da non pensare che Dio po.«sa diventare Emmanuello (fi). E a che darcene
il bisogno, se non mai riescisse attuabile?—
L’Evangelo ha la più splendida storia cbe
si conosca, ma sia pur nato oggi, oggi vi
rigenera. Sappiate o non sappiate chi ne
è l’autore, ei vi penetra in un istante,
quando l'anima è affamata ed assetata
di giustizia (Mail. V. C).
Abbandonale per poro, senza timor nè
d’infamia nè di menzogna, abbandonate
la cattedra della critica, e scendete nel
posto d’infelice, di peccatore e di umile,
ove tulti ci troviamo, e l’Evangelo vi si
mostrerà allora qual è, e comprenderete
che pria di portarne giudizio, bisogna assaporarlo. 1 pensieri si giudicano leggendoli, ma i sentimenti sol col provarli, e
v’ha di sentimenti che equivalgono a’ più
alti pensieri, e multi che da pensieri non
possono esser preconcepiti. Egli è quistione d’esperienza, lo so : raa forse l’esperienza dev’essere fuori di discussione?
Sappiate che la è stata provata da Dio
(6) 14 Dio eoa noi». Matta. I, 23.
14
nigi l’Areopagita come dalla povera Lidia,
e Jo è tuttavia (per citare italiani e vivi)
da Manzooi come da’ coDiugi Madiai. Chi
potrà opporla senza essersi posto uelle
condizioni d’averlu? Nè le condizioni sono
alte, scieutificbe, trasceodeniali, ma sun
racchiuse nelle parole del Precursore :
Bavvedelevi, perché il regno de' cieli è
vicino.
Or poslo che si giunga, quali ne sarannii le conseguenze ? Se l’Evangelo ci
dà Dio, che farne della vostra Critica,
sia pure il più ponderalo lavoro del mondo? E se noi desse, sareiilie dit ino, qiiHD
d’anche mai criticato, nè mai fosse criticabile?— La quistione se l’Evangelo sia
da Dio, è fuori il dominio della sana logica : essa si decide nelle alle regioni
dello spirito e del cuore, ove bolle l’wffetto per l’infinito e lo slancio per cose
non perilure. Decisa li, si ridiscenda pure
alla critica, ma questa sarà comprensiva
e larga, nè si giiidicheià l’Evangelo sol
come UH libro che ha avulo una eiBcacia storica, ma come improntato d’una
altualità che il cuore sente, e da cui la
ragione è aiutata a trovare il vero.
Allo stesso modo potrebbero trattarsi
a fronte del Vangelo tutli gli altri problemi della natura morale e spirituale;
ed ogni soluzione persuaderebbe che è
divino, perchè fuori d'esso non ve ne ha
altra [lossibile. E il mirabile sta in uu futlo
singolare, d’un valore immenso, e nulo
solamente alla coscienza cristiana (7), che
(7) «... La vie chrélienne est ime pnissance spirituolle qui oglt manit^esli^mcat dans l’hislaiie, et
saos cet élément Douveau, la vìe humoinc si’rait
iaesplicable. Tel est le sens de l’ejpressiim, consciiDce chrélienne, et voilà pourquoi ce mot doit
rejler et testerà ave« l««bo«c qu’il^xpriio«. 11M8
ognl soluzione, cioè, non prende capo
da una formola astraila, gran ritrovato
delia povera scienza umana, ma da un
Essere che la chiude in sè e da cui pacificamente si svolge (8). Da Cristo, essere
vivo e reale, lo stesso oggi, ieri ed in
e/erno, discendono i principii enepigliao
vita ed efficacia reale, l/unificazione del divino e dell’umano (grande ed antica aspirazione deH’anima nostra) che cosliiuisce
la sua ineffabile natura, piove lume per
tulio i ed è in siffatta guisa che s’iucontra in lui la conciliazione di quelle
contraddizioni che tutti i filosofi non volgari ban riconosciuto da Xenofane in poi,
e che testé ispiravano molle di quelle
strane e talor profonde pagine che il
Ferrari indirizzava agl’lliiliani.
Speriamo che le poche cose fin qui
discorse servano a dimostrare non solo
tcra malgré le forniRlisme de la pensée^ qui met
partout de vides 8l>strBctii>DS a la place des fnrees
vivos qui animent rbumaoilé * il restera maigri
le matérialisme plat et effrnnlé, qui oe connaît
pas uno puissance supérieure à celle quieiécute les
chemins de fer ou met en mouvement les niachioes
à vapeur. De même que la conscience de Dieu
témoigne de Pexislence, de la loute-piéscnce et
de la révélation de Dit u personnel, de tn^mc la
conscience chrélienne iémoigne que Jéstis-Chrisl
a existé et qu’il conlinue d\)gir dans Pbureanité
par son esprit. El comme celui qui q’b pas Diea
en lui même ne le trouvera point dans la création,
de même il n'y a que la conscience cbr'ticune
qui puisse comprendre T histoire de Christ et do
son Eglise. S<ins la conscience chrétienne on n’ar*
rive à rien.... » Néander, Vie de Jésus, trad. par
P. Goy, Introduci, p. 49. note.
{8} V. rioterossante opera di L’llmann, deU'ES’
senza del Cristianesimo^ tradoUa in francete da
A. Sardiuous:, e che meriterebbe moìà riguardi una iraduzioao ia italiauo.
15
che l’Evangelo reslerfhhe inappelluMlmente divini) anche a dispellodi critiche
cui qualcuno per caso nnn sapesse rispondere, ma eziiindlD che la quistione
tra quel lihro e l’incredulità è la piti
alla che potesse sorgere in mezzo all’urnanità e che richiede da amliele parli uu
serio apparecchio. Ormai il periodo incredulo è aperlo in Italia e sta i>ene che lo
sia, chè tra ipocriti, farisei e increduli di
buona fede la nostra scelta non sarebbe
dubbia, se Dio non ci avesse già scelti
per suo conio Svenluralanicnle però la
quislione tende ad impicciolirsi, perchè
gii oppo.sitori paiono mettersi cuntro il
papato nelTavversare l’Ev ingelo ! No,
che lo tpirito di Dio non scende cosi
basso, perchè i suoi avversarli l’abliiiino
a scatiibiare col re di Roma. In Italia
non esistono solo i preti e i frali, ma vi
sono anime legate all’Eviingelo tale qual
è. Lascino i primi altaccaliili solo a nome
del Vangelo, se non bramino far rifluire
su di essi la forza cbe è lui la di questo.
Se vogliono combatterlo veramente si rivolgano contro di noi; non domand amo
nulla d’ingiusto e li ringraziererno auzi
d’aver purificata coì^ì la quislione da elementi bassi ed eterogenei. Quando i cristiani eran segno delle furibonde ire papali, i padri nostri sostennero l'Evangelo
in varie parli dell'Italia, e le silenziose
valli natali son tinte ancor del sangue dei
martiri nostri : tocca a noi, ora che gli
altaccbi coniro l’Evangelo son di diverso
genere, tocca a noi difenderlo. Sien grazie
a Dio che ha scelto i Valdesi al doppio
cimeulo ! Si iTrimmo tormenti un tempo:
sian nostri pur ora gli obbrobrii, ci taccino di balordi e di credui'; noi a fronte
alta e quel cbe è più a cuor lieto cl pro
clamiamo in faccia alla numerosa e pingue falange de'preli a frali, come in faccia
alla crescente generazione degl’increduli,
credenti in Ge>ù Cristo, nell’umile figlio
di Maria, innrlo sul legno d’infamia or
sono diciannovè secoli, e di Lui solo
servi, di Lui re delle nostre coscienze e
lume delle nostre menti; e siam pronti a
soffrir lutto in nome dell'Evangelo Siamo
deboli e pochi, spregevoli pure, che
giova il negarlo? .Ma « Iddio ha scelto le
cose deboli del mondo per invenjogvare
le forti» {! Cor. I, 28). Abbiam ere luto,
diremo con s. Paolo, e perciò eziandio
parliamo; e guai per noi se tacessimo!
L'Ualia è la patria nostra, e qui |ier l'onor di Dio cbe ce 1 ha daia e pel bene dei
nostri com’itiadini, dobbiamo alzare la
nostra voce, debole sì, ma eco della
grande parola di Dio.
^è si pensi che tutli noi siam giunti a
Cristo per via di quella fede placida e
serena che, cominciala dalla puerizia, a
grado a grado riempie l’anima ; fede pur
invidiabile e degna di stima ed’alTelto!
Molli di noi vi siam giuuii passando a
traverso delle lotte che le passioni, i he le
scienze, che i movimenli sociali creano
in ogni cuore. Abbiarn dovuto ancor noi
ragionare, svolgere obbiezioni, far disamine critiche, or fermarci ed or procedere, sino a che la luce del vero non ci
ha ri.schiiirati. Noi dunque non ci presentiamo come difensori della fede dei
padri nostri solamenle, ma come difensori
di quel Cristo che noi conosciamo e che
abbiamo abbraccialo per conto noslro.
Non si tema dunipie che vogliamo render
merce vablese il Vangelo : esso è il libro
di tulle le anime che si sentono di Dio.
E coni si persuada aocor ognuno che noi
16
siamo Dello stato di compatire e stimare
gl’lDcrcduli : ne sappiamo valutare i dubbii e i palpiti, e comprendiamo la posizione dell’anima loro. Quel Dio che ha
illuminati noi, non può illuminar quelli?
Un passo, un piccolo pabo talvolta, separa l’incredulo dalla fede che consola.
Addio dunque, mio caro amico. Ti
manderò presto la lettera seguente.
UN’ ALTRA
.ME^ZOG^A DEL CATTOLICO.
I giornali clericali hanno tanta rabbia
contro il Vangelo, che non potendolo attaccare ia nessuna maniera si servono
delle menzogne e delle calunnie, come
appunto facevano i farisei col Cristo e cogli Apostoli. Il Cattolico nel suo N” 1129
in un articolo che intitola : La propaganda proteslanle in Italia, a forza di menzogne cerca d’insinuare che il Goveruo
inglese e l’Inghilterra tutta intera, si occupa di protestantizzare il Piemonte. Noi
non vogliamo rispondere neppure una
parola a cosi grossolane invenzioni che
nou possono essere credute se non da
coloro che han perduto interamente il
senso comune: ma non possiamo lasciare
senza risposta una porzione di quell’articolo che ci riguarda particolarmente. « I
Valdesi di Torino, dice il Cattolico, sono
in relazione continua col comitato generale dell’Alleanza evangelica Europea, che
ha la sua sede a Londra, e si divide nei
comitati italiano, francese, spagnuolo,
tedesco, belgico ecc. La propaganda italiana viene sostenuta e diretta da questo
comitato. Dal Piemonte, principal teatro
dell’agitazione, la sua azione si distende
a Firenze, Napoli, Sicilia e fino a Milano.
I Valdesi sono gli agenti i più aitivi di
quest’opera, e il comitato di Londra lor
somministra assai danaro per sostenere
gli sforzi inauditi che fanno per sedurre
il popolo di Genova ».
Chi non direbbe a sentir tali cose, che
in queste asserzioni del Cattolico non vi
sia qualche cosa di vero? Eppure noi diciamo francamente che in tulte queste
cose non vi è ombra di verilà, che il Cattolico mentisce, e noi lo sfidiamo per la
millesima volta a provare una delle sue
asserzioni.
COiWERSIOiM AL CATTOLICISMO.
Leggiamo neH’^wniV di Ginevra: «Il 16
ottobre 18S2 un tedesco dell’età di anni
21 per nome Giulio Lubbers , dicendosi
nativo di Ilamhurgo è stato ricevuto colla
più grande pompa nel seno della chiesa
romana a Valenza (Spagna). L’arcivescovo
in persona volle amministrargli il battesimo, cd indirizzò allanumerosaassemblea
un commovente discorso intorno alle vittorie del cattolicismo sulla eresia. I giornali spagnuoli menarono tanto rumore per
questa conversione come se si fosse trattato della salvezza della intera Spagna.
Essi narravano che Lubbers era figlio di
uno dei primi impiegati di uno dei governi
alemanni; che era conoscitore di molte
lingue, ia guisa che ne parlava e scriveva correttamente sette, il Lubbers poi
narrava che trovandosi il 2 dicembre a
Parigi, ove i suoi parenti lo avevano mandato per compire la sua educazione, egli
aveva prese le armi contro Luigi Napoleone, e dopo la disfatta dei suoi, si era
17
()otulo salvare a Barcellona : ma là riconosciuto da uu agente di polizia francese,
era stato costretto a lasciar tutto e fuggire a Valenza ; ove essendo giunto in uno
stalo di miseria deplorabile si era manifestato ad un prete, e gli aveva domandato
di essere ricevuto nel seno della chiesa
romana.
IC 11 giorno assegnato il clero processionalmente ed io grande solennità, accompagnato dalle confraternite in cappa, e
uon le insegne sventolanti andò alla casa
del prete per condurre trionfalmente alla
cattedrale il neofito, ove l’arcivescovo lo
battezzò. La maggior parte delle autorità
civili e militari assistevano alla cerimonia.
La colletta a favore del nuovo convertito
è stata abbondantissima : il prete suo
ospite gii rimise nelle mani 1S65 piastre
(8,200 fr.).
« 11 Lubbers non è però il primo birbante che abbia cosi profittato della disposizione dei preti a pagare le conversioni ; di già altri tedeschi si erano fatti
ricevere caltolici a cagione della colletta.
Nel 1832 UD tedesco originario di una
delle provincie del Reno, che era cattolico
romano, si finse protestante, e si convertì
successivamente sei volte al cattolicismo
in diverse città della Spagna, e si fece
ribattezzare sei volte, e con questa industria guadagnò 10,000 piastre (.52,000 fr.).
Finalmente fu scoperto e condannato per
tale diilitto a 20 anni di galera da scontarsi a Cuba ».
Ecco perchè Monsignor Fransoni nella
sua pastorale, ed ¡reverendi del Cattolico
e (ieìVArmonia sostengono (senza però
poter portare un solo fatto, sebbene noi
li abbiamo più volte sfidali a farlo) che
quei che si eonverlono all’Evangelo sono
pagati ; essi pagano, e non possono persuadersi che gli evangelici non facciano
allrettanlo.
IVOXIZIE HElilGIOSE
Isola di S.\rdeoa. — 11 seguente fatto
che non sappiamo come si abbia da qualificare, leggesi nella Gazzetta del Popolo
di ieri :
V Guglielmo Ileyermann, sassone, già
ufliciale in Prussia, distinto ingegnere di
miniere, dopo penose vicende emigrò
per soggiornare in Roma; colà fu destinato a direttore della strada ferrala. Ma
sopraggiunta la guerra, coraggiosamente
ha combattuto per il trionfo della bandiera italiana. Caduta Roma, fu costretto
a fuggire. Ricoveratosi in Genova, la Società dell'Unione l’ocnupò in qualità di
ingegnere nelle miniere di Sarrabus iu
Sardegna.
Là diede i>rove di sapere, di zelo e di
attività. Di modi dolci e franchi, non
tardò a cattivarsi la stima di molti : cosicché, ritornato in Genova, organizzò
una nuova Società per miniere di piombo
argentifero, site in Flumini Maggiori
(Sardegna).
Superati mille ostacoli era riescilo a
procurarsi una onorata posizione cd a dirigere i primi e più scabrosi lavori di una
miniera, allorquando colto da morbo micidiale spirò in Iglesias. Aveva sempre
amato il suo prossimo ed adorato il Dio
dei Cristiani, ma perchè era di religione
protestante gli venne negata la sepoltura,
ed il suo cadavere venne gettato in un
pozzo destinato a raccogliere i cani
morti e le allre bestie. Queste cose
18
fanno ralibrividire. Sarebbe lempo che
il Governo pensasse a far cessare questo scandalo, (¡li slessi selvaggi onorano
i loro morii. Ei un governo civile e libero soffrirà egli ancora che ai prnlestanii sia negalo perfino un po’di lerra
dopo morie? Tra la crealura di Dio e la
bestia v’ha una differenza. 1 clericali accecali dalla felibre delPiniolleranza religiosa che fece salire al cielo per tanti
anni commisti al fumo dei roghi i gemili
delle v tlime, non la ricnnosrono; per
essi l’umaniià è una parola che ha un
signiilcalo relalivo.
Ma la progredita civiltà dei tempi
esige che un Governo civile rispelli
questa differenza. I cani morti siano pure
geitati nelle pozzanghere, ma i cadaveri
umani s’abbiano onorala sepoltura. Proveggario adunque i minii-tri, e presto ».
Sì, presto aggiungfremo ancora noi,
chè tali infamie non devono tollerarsi
nemmeno un giorno.
Roma. Scrivono da Roma il 26 maggio
al Débats.
La istituzione in Prussia di un Ordine
protestante di S. Giovanni di Gerusalemme
hu urlalo più che maravigliata la cancelleria romana.
L’anlico Ordine di Milita è stalo ricostitullo negli Siati poutincii da luoghi
anni (da Gregorio XVI) ! Tutli i lieni che
vi possedeva prima del 1789 gli sono stali
restituiti : essi ascendono ad un valore
territoriale di circa 100 milioni di franchi.
Sono posseduti in commende o in beneficio dagli alti dignitari e cavalieri ammessi
giornalmente neH’Ordine. Qiie.sii .•¡i tengono come legittimi successori dei Villiers
de risle-Adam, e dei LiivulUtte. Come
gli antichi membri delia rtligiùm di Mal
ta, fanno voto di relibato e di combattere
gl’ infedeli. Cardinali, principi romani,
nobili di provincia appartengono a quest’
Ordine restaurato. Crediamo sapere che è
stalo pure ricostituito in certe provincie
dell’impero d’Austria.
11 nuovo lenialivo del redi Prussia per
proiestantizzare una istituzione radicalmente callo'ica ha dunque, come dicemmo, commosso la cancelleria romana.
(Caltolico]
Noi non sappiamo se la istituzione di
quesl’Ordine protestante in Prussia sia
un fatto compiuto, e se sia come lo dice
il Caltolico sulla fede del corrispondente
del Débats : se così fosse, noi non potremmo approvare una simile misura,
sircome non approviamo la ristiiurazione
di queirOi'dine fatta da Gregorio XVI. Noi
créiii.imo cbe il papa avrebbe potuto fare
miglior uso di quei cento milioni che ha
tolti ai suoi dilettissimi figli, per darli a
cardinali, principi romani, nobili di provincia, e forestieri.
America S.Domingo. Il generaljSantana
elevatoli 15 febbraio al grado di presidente della repubblica, non ha tardato ad
avvedersi che gli era impossibile di governare il paese senza prendere delle eifi^'aci misure onde reprimere l’audacia
del clero che creava al governo nuovi ostacoli ogni giorno II clero faceva guerra
sopratlulto al maìrimonio civile, e sotto
pretesto di religione seminava la discordia
e predicava la ribellione. Il presidente
della repubblii'a credè necessaria una misura straordinaria- e più energica di
quella dei tribunali ordinarli; ci'ò quindi
l’arcivescovo a comparire avanti il gran
Congresso Domenicano. Il popolo che non
sapeva il perchè di tale chiamata accorse
19
ìd folla per vedere il suo arcivescovo
avanti la rappresentanza nazienale. Il presidente della repuliblica parlò all’ arcivescovo in questi termini: «Venerabile signore; l’inleresse del paese mi ha costretto
a chiamare vostra signoria alla barra del
Congresso nazionale 1 Domenicani, voi il
sapete, hanno scosso il giogo d’Haiii nel
d831 onde poter godere una indipendenza
tranquilla. La divina Provvidenza ha benedetti i loro sforzi, e la nazione si è da
se stessa daie le leggi che le convenivano.
Nell’anno 18ij sono stali adottati i codici
francesi per essere di guida ai nostri tribunali. Ora io nel prendere possesso della
presidenza ho giurato di fare eseguire
queste leggi, ed ho qui chiamato vostra
signoria acciò giuri la costituzione. .Lo
Stalo è turbato dai disordine che nasce
dalla confusione dei due poteri (ecclesiastico e civile), ed il popolo nou sopporterà
cbe sianvi Dello Stato due poteri distinti,
lo domando ul rappresentanti della nazione se i codici huuuo forza di legge o
no? » Voci da tulli i lali rispondono ceriamenle, mtamenU. Allora l’arcivescovo alzandosi, dichiarò di non poter rispellare
le leggi che egli riguarda come eretiche
( sono le leggi della cristianissima Francia!). Accusa il presidente di essere solto
r influenza di eretici, e protesta di
non giurare una r.o»tiiuzione eretica
e maledetla. Sontana porse immediatamente un passaporto al prelato, e pronunciò le parole seguenti: « Abitanti di San
Domingo, il clero non ha alcun dirilto
d’intervenire negli affari dello Stato: I
preti abusano di loro missione allorché si
mescolano negli afT.iri civili o politici-, voi
siete testimoni della divisione seminata
dai preti nelle nostre provinole. L’attitu
dine presa dal clero mi ha posto [nella
im[)ossiblliià di governare; perciò ho provocate le spi' gtizioni che hanno avuto
luogo con sua signoria, e porlo fiducia
che questo Congresso prenderà in considerazione la mia maniera di agire ». Il
presidente del Congresso si alzò; espresse
in nome della r«ppresenlanza nazionale e
del popolo i pili vivi ringraziamenti al
presidente della repubblica, per le giudiziose misure da lui prese per la tranquillilà dello Sialo. In seguilo di ciò il generai Sultana ha esiliato ed esilia I preti e
frali intriganti.
SiiiiA. Una desolante siccità si era da
più mesi manifestata in Beyrut : le piogge
invernali e della primavera erano mancate : un caldo soffocante spossava le forze
della terra, degli uomini e degli animali,
ed una terribile carestia minacciava da vicino il paese. In tali luttuose circostanze
Il Pascià ordinò un giorno di digiuno e di
preghiera, ed Invitò tulto il popolo, seuza
riguardo ai differenti culli, a portarsi su
di una vasta pianura alle porte della citlà
per passare la giornata nel digiuno e nella
preghiera. Nel giorno destinato era bello
il vedere i Miiomeltani con i loro imani,
gl’israeliti eoi loro rabiiini, i Greci coi loro
pspas, gli Armeni, i Màroniti, i Cattolici
coi loro preti e monaci, i Cristiani evangeli coi loro missionari tutti raunati nella
aperta campagna, ed ora tutli insieme,
ora in gruppi restarsene l’intero giorno
nella umiliazione e nella preghiera, levando di comune accordo i cuori e le
voci a quel Dio che fa nascere di un sol
sangue tutto il genere umano, e che senza
aver riguardo alla qualità delle persone,
tiene per accettevole chiunque io tema
ed opera giustamenle, qualunque sia la
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nazione cui appartiene. La preghiera ascese innanzi a Dio creatore comune degli
uomÌBÌ ; cd il giorno dopo incominciarono
piogge così abbondanti che non vi è piii
a temere di carestia, ma tutto annunzia
una abbondantissima raccolta.
Il Pascià, veduto il buon effetto della
preghiera comune, ordinò per un allro
giorno che lutti si riunisseso nella stessa
pianura per ringraziare Dio padre comune
di tutli, perchè aveva esaudita la loro
preghiera; e quella giornata ha lasciato
uei cuori di tulli le più lielle emozioni di
pace, di carilà, di tolleranza.
CRONACHETTA POLITICA
Piemonte. Alla Camera dei deputati
venne approvato fra altri progetti di legge, il Codice di procedura civile; la presentazione del medesimo è già stata fatta
al Senato che ha immantinente nominato
la commissione iucaricata di esaminarlo.
— Giorni fa è partito alla volta di Genova il sig. Kinuey iucaricato d’alfari della
conrederazione degli Stati-Uniti presso
S. M. il Re di Sardegna. Essendo spirato
il tempo che dovea durare il suo ufBcio
diplomatico, il sig. Kinney, prima di tornare in patria, va a fare un viaggio nell’Italia centrale.
— Domenica scorsa venne aperta la
linea telegrafica da Ciamberi a Aix-lesBains, della lunghezza di 15 chilometri.
L’esperimento riuscì perfettamente.
— Ieri niatlina, nella metropolitana di
S. Giovanni, ebbero luogo I funerali solenni, coi quali la Camera dei deputati
volle rendere estremo tributo di affetto
aU'illusire Cesare Balbo. Intervennero alla
sacra e mesta funzione i membri delle due
Camere, i ministri, molti dignitarii dell’ordine civile 8 militare dello Stato, ed
alcuni eletti rappresentanti dell’emigrazione italiana. Vi assisteva altresì ne!
più grande lutto la famiglia dell’estinto.
Inghilterra. Il duca di Genova è partito da Londra il dì 15 diretto per Calais
e Bruxelles.
Alemagna. La G. Renana dice che parecchi ecclesiastici cattolici del ducato di
Nassau, furono assoggettati ad un processo criminale accusati di colpevole eccitamento contro l’autorità superiore, per
effetto delle loro provocazioni nella vertenza sorta fra i vescovi della provincia
ecclesiastica dell’Alto Reno ed i governi
rispettivi.
Turchia. Si conferma pienamente la
notizia che i Russi si contenteranno provvisoriamente dell’occupazione dei principali Danubiani. 11 governo francese ne ha
ricevuto la comunicazione officiale; la
stessa nolificazinne venne fatta a Vienna
dal sig. de Meyendorf, e senza dubbio
anche nelle altre capitali dai rappresentanti dello czar. —1 preparativi militari
continuano in Turchia colla più grande
attività. — Secondo venne iteratamente
dichiarato dai ministri inglesi nel parlamento, l’Inghilterra e la Francia agiscono
in questa vertenza col più cordiale accordo, ciò ehe lascia qualche speranza di una
soluzione pacifica.
ERRATA-CORRIGE.
Nel N° 32, pag. 303, colonna a destra,
alla (ine del secondo alìnea, invecedi—che
ci diparte dall'idea, leggasi : che si diparte.
Direttore G. P. MEILLE.
Rinaldo Bacchetta gerente,
TIP. SOC. DI A. PONS E COMP.