1
LA BUO^A NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
PREZZO l>MiSS0CIAg»0.\’E
Torino, per un anno ... L. 6 »
» per sei inesi ... » 4 «
Per le provincie e l’estero franco sino
ai confini, un anno . . L. 7 20
per sei mesi , « S 20
La direzione della BUONA NOVELLA è
in Torino, casa Bellora, via del Valentino, n" 12, piano S”.
Le assuciazioni si ricevono da Carlotti
Bazzarini e Comp. Editori Librai in
Torino, via Nuova, casa Melano.
Gli Associali delle Provincie potranno provvedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alla dilla sopradetta.
Origini e dottrine della Chiesa Valdese (Articolo seslo). — Espotizione Evangelica. — Bestemmie gesuitiche. — Incendio di Pralafera e soccorso agli Operai.—
Notiiie religiose : Inghilterra — Assia - Berlino — Baviera — Golfo d’Hudson. —
Cronachetta politica
ORIGIM E DOTTRINE DELIA CHIESA VALDESE
Articolo sesto.
Sezione III.
Esiratto notevoW dcU’opcra di Clandio sul libro
del Levitico, tolto dal Mabillon.
91. Il padre Mabillon ha pubblicato un estratto preso sul flne deiopera scritta da Claudio per illustrare
il Levitico, e dedicata all’abate Teodomiro. Lo riportiamo, perchè veggano i nostri lellori quanto egli si
adoperasse a spegnere ne’ suoi diocesani l’inclinazione che manifestavano, di rendere omaggio di culto e
di venerazione alle creature. Potranno
anche dal medesimo conoscere le
tribolazioni e le croci che per ciò ebbe
a soffrire dai fanatici, che ad ogni
costo difendevano le superstizioni da
lui combattute.
« Quella bellezza di verità e sa« pienza (così mi conceda Iddio vo« lontà perseverante di goderne il
« possesso, avendo per solo amore
« di lei compiuto quest’opera), ben<1 chè corteggiata da una moltitudine
2
« di ascoltanti, non caccia 1 nuovi
« arrivati, non Invecchia per correr
« di tempo, non si spatria da luoghi,
« non si oscura da notte, non si
« smarrisce fra l’ombre, nè soggiace
« ai sensi del corpo. Da qualsia parte
« del mondo le vengano amatori, ella
« sempre li accoglie, e sta vicina di
« tutti; non dimora in alcun sito, e
« la vede dovunque : ammonisce di
« fuori, ammaestra di dentro; tutti,
« che badano a lei, sono mutati in
« meglio, ella non peggiora giammai :
« niuno la giudica, niuno senza di
« lei direttamente giudica.
« Con questa fede io separo le
« cose mutabili tutte dalle eterne, e
« nella stessa eternità non veggo
« confini di tempo; perciocché dai
« moti passati e futuri delle cose naif sce il tempo, e nulla è transitorio
" nella eternità, e nulla futuro ; dac
0 chè il transitorio finisce di essere,
« ed il futuro non ha ancora comin« ciato ad essere; ma l’eternità sola
Il sempre sta, e non fu, quasi più
Il non sia; e non sarà, quasi ancor
Il non sia. Sola essa potè dire con
« verità allo spirito dell’ uomo : Io
« son chi sono ; e di lei sola potè
Il essere detto con verità: Colui, che
» è, mi ha mandata — E poiché la
Il cosa è così, non dobbiamo per es<1 ser beati, ricorrere alla creatura,
« ma allo stesso Creatore : e pensando
« noi diversamente da ciò che con
0 viene, e veramente è, prendiamo
« funestissimo abbaglio. Perciocché
« correndo in traccia di ciò che non
« è, 0 che essendo, non può renderci
<1 felici, niuno di noi potrà mai giunII gere a vita beata. Tutti divengono
Il sapienti e beati stringendosi alla
Il verità e sapienza, che è comune a
« tutti. Niuno però diventa beato della
Il beatitudine d'altrui; perchè anche
Il allorquando prende ad imitarlo per
« divenir simile a lui, egli brama riu« scirvi per quei medesimi mezzi, che
Il vede essere divenuto beato colui,
Il vale a dire, per la incommutabile e
Il comune verità. Non diviene mai
« prudente alcuno, nè forte, nè tem<1 perante, nè giusto, per la prudenza
« 0 la fortezza o la temperanza o la
Il giustizia di altri qual sia; ma solo
« conformando l’animo a que’ lumi
Il e regolamenti invariabili di virtù, 1
« quali vivono incorrotti nella stessa
Il verità e sapienza universale, ed a
« cui ha conformato e costumato l’aII nimo queU’uomo virtuoso, che si ha
(( proposto ad esemplo. Aderendo per
ii tanto la volontà a un bene univer« sale e invariabile, procura all’uomo
Il i più grandi beni, divenendo ella
Il stessa istrumento di bene. Ma se la
« volontà da quel bene universale ed
Il invariabile si dilunga per convertí tirsi a beni particolari, posti al di
3
« fuori 0 al dissotto di lei, allora ella
" pecca. Laonde (1) non dobbiamo
■. culto religioso di sorta agli uomini
« morti; perciocché, se vissero piali mente, non è a pensare, che bra« mino di questi onori, ma voglion
<1 di fermo, che adoriamo Lui solo,
« che li fa lieti, illuminandoli a vedere
« come ci abbia sortiti a parte dei meli riti suoi. Dobbiam dunque onorarli
« imilandoU, non mai adorarli con
u alcun atto di religione. Se poi visa sero malamente, in qual parte si
« trovino, noi non dobbiamo ono« rarli.
« Queir Esser medesimo pertanto
« che viene adorato dall’Angelo che
« risiede alla sommità del creato, va
« pur adorato dall’uomo che è collon cato nella parte più bassa ; dacché
« appunto la natura dell’uomo preti cipitò così basso per non avere
■I adorato come dovea quell’ Essere
<1 infinito. Del resto non altronde è
« sapiente l’Angelo, altronde l’uomo;
u nè altronde è verace quegli, altron« de questi; ma sono entrambi dalla
« sola immutabile sapienza e verità.
<1 Imperocché è stato nella distribu« zione de’ tempi ordinato a nostra
H salute, che la stessa virtù e sali pienza incommutabile, consuutan
(I) Qui senza dirlo, cita un lungo sipiarcio
ii 5, AgostÌDo aeU'opera de vera religione c. 55.
ziale e coeterna di Dio Padre degnasse assumere la natura umana,
per insegnare a noi doversi dall’uomo adorare quel solo Essere,
che tutte adorano le creature intelligenti e razionali. Sì, teniam ben
per fermo, che le stesse ottime
creature angeliche, le (juali sono
anche i piii eccellenti ministri di
Dio, ciò stesso desiano che noi adoriamo con essi quel solo Iddio nella
cui contemplazione sono beati; dacché noi, contemplando gli angeli,
non siamo nè saremo giammai
beati; ma sì saremo, contemplando
quella verità, per cui amiamo gli
angeli stessi e con seco loro ci
rallegriamo.
« Nè invidiamo loro, che più presto di noi, e senza più soffrir molestia ne godano; anzi li araiiuno
di più, avendoci lo stesso Iddio
ordinato di sperare una simile sorte,
epperciò li onoriamo in carità e
non in servitù; nè templi ad essi
edifichiamo ; ed essi medesimi non
permettono d’essere in tal modo
onorati da noi, perchè in noi, quando siam buoni, ravvisano altrettanti
templi del sommo Iddio (2).
« Queste cose formano il più saldo
ed eccelso mistero {sacramentum)
della nostra fede, queste imprimo
(2) Qui finisce la citazione di s. Agoslino.
4
« no più profondo carattere ne’nostri
« cuori. Per aver io voluto persistere
« a edificare e difendere tal verità, fui
« fatto zimbello a’ miei vicini, e sgo« mento agli amici miei, per forma
« che non sol mi deridevano, ma gli
« uni e gli altri mi mostravano a dito.
« Iddio però. Padre delle misericordie
« e autore d’ogni consolazione, ci ha
« confortati in ogni nostra tribola« zione, acciocché e noi stessi pos« siamo confortare le persone che
« sono in qualunque modo afflitte,
« confidati in Lui e per Lui, che non
« permettendo, che veniamo mai
« meno sotto qualunque tentazione,
« colle armi della giustizia e sotto
« l’elmo della salute ci agguerrisce e
« protegge ».
Sezione IV.
Trattato di Claudio contro le immagini, cagione
delle tribolazioni a coi allnde. — Quel trattato
distrutto per opera dei suoi nemici. — Ncressifà per indagarne gli argomenti di licorrere
agli avrersari. —L'abate Teodemiro, il monaco
Dungallo e Giona vescovo d’Orleans. — Principali argomenti di Claudio. — Estratti dalla sua
riiposta apologetica a Teodemiro, conservati
da Dungallo.
92. Con queste ultime parole pare
che Claudio alluda ai ricorsi fatti contro di lui presso la corte di Ludovico
Pio, perchè avesse abbattuto le imagini in tutte le chiese da lui dipenenti, (} avesse scritto up trattato
contro l’uso di simulacri negli esercizii di religione, contro il culto dei
santi, contro la venerazione delle
reliquie, contro i pellegrinaggi, e simili altre superstizioni.
95. E poiché la barbara invigilanza
degli inquisitori sopravvenuti dopo
quattro secoli incirca, è riuscita a distruggere quel documento, non potutosi fin qni rinvenire in alcuna biblioteca d’ Europa, per quanta cura
vi adoperassero gli eruditi, è giuocoforza ricorrere agli scrittori che gli
sono avversi non solo per discoprire
il tempo in cui lo dettò, ma eziandio
per indagare gli argomenti, onde egli
soleva combattere le superstizioni.
94. L’abbate Teodemiro già suo
fido corrispondente ed amico fini per
voltargli le spalle, e gli divenne ostile
per modo che scrisse contro di lui.
Il monaco di s. Dionigi di Parigi,
per nome Dungallo, già da noi ricordato più sopra, e Giona vescovo di
Orleans, sono i due altri avversarii
che brandirono la penna contro di
Claudio. Scorriamo dunque, coll’usata
brevità, quanto intorno a questi particolari di Claudio ci resta nelle memorie lasciate da costoro.
95. Dungallo scrisse nell’anno 826,
ed è egli appunto che ci conservò gli
estratti della risposta apologetica di
Claudio all’abbate Teodemiro, la quale
incomincia cosi; « Ho ricevulo per
5
I mano <li im messo particolare la lúa
I lettera cogli articoli pieni zeppi di
< ciancie e di fandonie. In questi voi
I asserite di esservi rammaricato per
I la voce che corre, non solo in Italia,
r ma altresì nelle Spagne e altrove, che
I io abbia predicato e predichi ancora
I una setta nuova, contraria alle masI sime dell’antica fede cattolica. Ciò
' è assolutamente falso, nè mi amI nuro affatto che i membri di Sa1 tanasso parlino in siffatta guisa di
I me, quando penso che si ardirono
I di chiamar impostore e indemoniato
1 il nostro Divino Capo. Io non in
I segno setta nuova, sì mi attengo
1 alla fede pura, nè predico o divulgo
I altro che questa. Per quanto anzi
I da me dipende, io ho represso, rin
I tuzzato, disperso e distrutto, come
I tuttavia rintuzzo, distruggo e re
I primo a tutt’uomo ogni setta, ogni
I scisma, ogni superstizione ed eresia;
I nè mai mi cesserò dal farlo, sempre
I che Iddio mi assista, e secondo mia
I capacità; conciossiachè stando es« pressamente scritto ; non farti
I imagine alcuna di cosa che sia in
I cielo dissopra, nè di cosa che sia
I in terra di sotto ecc. (Es. e. 20),
I non bisogna iuterpretare la legge
I riguardo alle sole imagini degli Dei
' stranieri, ma anche riguardo a
I quelle delle creature celesti.
«La genìa, contro cui abbiamo
I preso a difendere la Chiesa di Dio,
I va dicendo: se tu scrivi sul muro
I il nome, o dipingi le imagini di
' Pietro 0 di Paolo, di Giove, di Sa
I turno, 0 di Mercurio, certamente
I non sono Iddii, alcuni di questi, nè
I sono Apostoli gli altri, e neanco
' sono più uomini, nè questi, nè quelli,
' epperciò la significanza del nome
1 è affatto cambiata.
« Ma ciò che importa? Sempre è
I vero che agli uni e agli altri con
I tinua lo stesso, stessissimo nome.
( Se fosse question di adorarli, noi
< senza dubbio dovremmo anzi ado( rarli viventi, che non effigiati in
( marmo e legno, dove non hanno
' nè vita, nè ragione, nè senso. Ma
< non essendoci mai permesso dalla
< divina legge di adorare o servire
< opere create da Dio, quanto meno
I sarà lecito a noi d’adorare le mani
I fatture dell’uomo, e rendere ad esse
I un culto in onor di coloro che vi
< sono raffigurati ? Se l’imagine che
< adorate non è Iddio, voi siete come
I colorodi cui parlai’Apostolo (Rom.
I c. 1. 25), i quali adorarono e ser
I virono la creatura più che il crea( tore. Imperciocché, non solamente
< chi serve e adora simulacri di numi,
I ma altresì chiunque rende omaggio
I di culto alle creature del cielo o
I della terra, spirituali o corporee,
I si fa rep di servir Ja creatura jnvece
6
« di Dio, e attende la salvezza del« l’anima da altri, che da Dio solo.
« Perchè dunque ti vorrai tu proti strare dinnanzi a false imagini?
(I Perchè a guisa di schiavo incur«vare il corpo a miseri avanzi di
<1 ossame, e ad urne che sono opera
«delle mani dell’uomo?»
« Se non che ( dicono i seguaci
« della superstizione) noi veneriamo
« e adoriamo la croce in memoria
<1 ed onore del Nostro Divin Salva« tore, a cui solo serviamo. Dunque
«piace ad essi nel Salvatore ciò
« stesso che piacque all’empio, vale
« a dire, l’obbrobrio dèlia sua pas« sione, e il segno della sua morte.
<1 Mostrano così di avere di lui quel
<1 concetto moderno, che n’ebbero i
« malvagi, sì Ebrei che Pagani, i
« quali senza darsi intesi della sua
<1 risurrezione, lo tengono per affatto
« inghiottito dalla morte, nè badano
« a ciò che dice l’Apostolo : (ii cor.
<1 v, 16) JVoi non conosciamo più
Il Gesti Cristo secondo la carne.
€ Iddio comanda a un modo, ed
« essi adoperano tutto contrario. Id<1 dio comanda che portiamo la croce,
« non che l’adoriamo, ed essi sono
Il tutti in facende per adorarla, nè
« di portarla si curano in modo al« cuno, nè corporalmente nè spiri« tualmente. Cotesto servizio di Dio
« non è che una vera idolatria. Av
« vegnacchè, se deve adorarsi la
» croce perchè vi fu appeso Cristo,
« quante altre cose saranno adorali bili, perchè toccate o fatte da lui.
Il secondo la carne? Non abitò egli
Il per ben nove mesi nel sen della
Il Vergine? Or dovremo noi mò ado
II rare tutte le vergini, poiché una
Il di loro ha messo al mondo Gesù?
(I 0 perchè non adorano essi le man
II giatoie, e i brandelli de’logori pan« nilini sapendo ehe dentro una
«mangiatoia ei fu posto, e fasciato
Il di panni? Perchè non adorar le
<1 barche de’ pescatori, da ché è noto
<1 come in una egli riposasse, e in
Il altraavesse predicato alle turbe,eda
(I una terza facesse gittar la rete che
Il pescò la tanto miracolosa quantità
Il di pesci? Adorino fm ani'-hegli asini.
Il perchè sull’ asinelio entrò egli in
0 Gerusalemme, e adorino gli agnelli
Il perché di lui sta scritto : Ecco
Il l'agnello di Dio che toglie ipeccati
Il del mondo. 0 perché non vorranno
« adorare i leoni, essendo egli chia« mato il leone della tribù di Giuda ?
Il Perchè nò le roccie leggendosi :
<1 e la roccia era Cristo? Perchè nò
Il le spine, essendone stato incoronali to? 0 perchè nò le lancie, essen
< done stato trafitto nel fianco ?
« Ridevole a vero dire sono coleste
0 cose, e fanno proprio pietà, nè val« gon la pena di qui riferirle In
7
« iscritto (1); ma noi vi siamo co« stretti per infrenare i fuorsennati,
« e scuotere quei cuori di pietra, cui
« non rompe lo strale, nè l’impeto
« della Parola di Dio, e conviene
« batterli a colpi di potenti percosse.
« Deh rientrate in voi stessi, o miseri
« traviati, voi vi siete smarriti, cor« rendo perdutamente all’amore della
<1 vanità.
« Qual follia vi mena a crocifig« gere di bel nuovo il Figliuolo di
« Dio, esponendolo al vitupero del
« pubblico? Perchè trascinare anime
« in frotta a rendersi compagne dei
« diavoli ed inimiche a Dio creatore,
Il facendole adoratrici sacrileghe delle
Il vostre imagini e figure, e inabissan« dole nella dannazione eterna?
« Quanto al rampognarmi che io
« trattenga la gente dall’andar in pelli legrinaggio a Roma, dimmi tu, se
Il in fede tua tu pensi che l’andare
* a Roma sia pentirsi, o far penitenza?
B Se veramente la è cosi, perchè
« riunire nel tuo monastero tante
« genti a fai" penitenza, ed obbligarle
« ad ubbidirli, in luogo di mandarle
« tutte quante a Roma, se atto di veli race penitenza è l’andare colà ? E
« impedendole voi, come fate, dal
(1) La storia dei tempi posteriori ci prova
che, fin dal IX secolo, la soda pietà del vescovo
Claudio previde fin dove era per gi«gncre 1« saftrsliiioD« del cvho delk imaglai I
Il adempiere un atto cosi salutare,
<i di qual guisa potreste voi gcher« mirvi da quella divina sentenza :
« Chiunque porrà una pietra d’iu
II ciampo a qualcuno di questi fan
II ciulli, meglio sarebbe per lui gli
« fosse appesa una macina di mulino
« al collo, e venisse così gittate in
Il fondo al mare ?
Il Anche quel passo dell’Evangelo
« tu sei Pietro, e su questa pietra
K edificherò la mia Chiesa, e ti darò
Il le chiavi del regno celeste, sappiali mo benissimo che viene interpre
* tato assai male; il volgo ignorante
li e stupido, destituito d’ogni spiritual
« conoscenza, ne trae pretesto a darsi
« anima e corpo a Roma con ciò speli rando acquistare la vita eterna.
Il In quella vece il ministero apo« stolico appartiene a quanti sono
« veri soprantendenti e pastori della
11 Chiesa, che lo esercitano a vita, e
Il morti', loro succedon altri, che oc« capando i medesimi posti, godono
« eziandio la stessa autorità e i me« desimi poteri.
« Tornate dunque, o voi ciechi,
« deh tornate alla luce e a colui che
u illumina ognuno che viene al mon
II do (Gio. I 9). Quanti non seguite
li questa luce, camminate nelle tene« bre, ignorando ove riuscirete, per
ii ciochè le tenebre vi abbiano ac« ciecati.
8
« Se dobbiamo prestar fede a Dio
« che parla, molto più dobbiamo a
■I Dio che giura. Or egli dice: quan« do Noè, Daniele e Giobbe fossero
« in mezzo di quello, come io vivo,
« non libererebbero nè figlio maschio
« nè femmina (Ezec. xiv 16); vale a
« dire, quand’anche i santi che in« vocale, fossero di egual santità, e
<1 giustizia e merito di quelli, io vi
« dichiaro sulla mia parola che niuno
Il deve riporre fiducia ne’ meriti o
<1 nella intercessione dei medesimi.
« Intendetela, o voi gente priva d’in« telletto. E quando vi farete savi, o
« voi che mancate di senno, e correte
« a Roma per rinvenirvi l’interces<1 sione d’un Apostolo.? che avrebbe
« detto s. Agostino già tante volte
<1 citato ecc. ecc.......
« 11 quinto rimprovero che mi fai è
« di non essere io assai conoscente al
« padrone apostolico (così ti piace
« appellare il defunto papa Pasquale)
« da cui ebbi l'onore della mia pre« sente carica. Siccome la parola
« apostolicus indica per avventura il
« custode dell’apostolo {dicitur quasi
« apostoli custos), sappi essere solo e
« vero uomo apostolico chi custodisce
Il e guarda la dottrina degU Apostoli,
« e non chi si millanta di occupare
« la sedia di un apostolo qualunque,
« e frattanto non compie i doveri
« dell’ apostolo. Dicendo il Signore
« Iddio ; sulla cattedra di Mosè si
« sono posti a sedere gli Scribi e i
Farisei».
Sezione V.
Coraggio e costanza di Claadio nel difendere le
sue dottrine. — Quelle dottrìn« giastificate dal
coocilto di Parigi nell’ 825, da Agobardo arciTCSC070 di Lione, e sempre professale da un
partito assai Dumeroso di fedeli nella sua diocesi.— Due cose degne di attenzione. — Le
massime della Chiesa valdese<protestante antiche
in Italia. — Testimonianza in proposito di due
scrittori cattolici papali; Fr'a Lorenzo Berti e
Dungallo.
Questo coraggio d’attaccare e combattere tante superstizioni e fallacie
de’ tempi suoi lo mostrò Claudio fin
daU’823, e lo ebbe costante sino alla
morte (che accadde l’anno 839), senza
mutare mai stile nè infiacchire di zelo, talmente che, per ben sedici anni,
egli non ebbe contraddittori, salvo che
un frate arrabbiato e pochi altri individui.
Dungallo e Giona presero entrambi , per ordine de’ re , a confutare le
opinioni del vescovo torinese, ma niun
de’ due potè intaccarne l’onoratezza e
la stima, in cui egli era meritamente
salito presso i suoi diocesani e gli stranieri.
I Padri del concilio adunato a Parigi r anno 825 , giustificarono gran
parte delle dottrine insegnate da Claudio. Che se egli nel sostenerle usò
modi più duri ed espressioni più forti,
9
è da considerare che vi fu indotto dal
solo motivo che, trovandosi in maggior vicinanza della diocesi di Roma,
vedeva anche più dappresso il pericolo
in cui era il suo dilettissimo gregge
di cadere nell’eresia.
Per la stessa cagione anche il celebre arcivescovo di Lione, Agobardo ,
pugna con ardore eguale a quello di
Claudio, come appare dal suo trattato
contro le immagini.
Le opere stesse di Dungallo e di
Giona, che fanno menzione di non so
qual condanna di Claudio pronunziala
nel palazzo dei re, c’informano anche
esse di un partito assai numeroso di
fedeli, che a que’ tempi viveano del
tutto separali dalla comunione di Roma, abborrendo ogni culto d’imagini
secondo le decisioni del concilio di
Francoforte nel 794, e di Parigi nell’826 , diametralmente opposti agli
usi ed insegnamenti della Chiesa di
Roma.
Abbiamo con parole alquanto lunghe voluto far cenno delle opinioni di
Claudio e del suo sapiente zelo per la
purità della fede , acciò conoscessero
i nostri lettori come egli lavorò sul sodo, e fu una vera provvidenza del cielo
che egli salvasse dalla corruzione generale, in fatto di dogma e di pratiche
religiose, queste subalpine regioni. Sì
ardirono alcuni di chiamarlo eretico,
dopo sua morte, ma bastano a pur
garlo da simil taccia gli estraiti, che
abbiamo addotti, e sono tolti dagli
stessi suoi scritti, e persuadono chiunque nou sia di mala fede, o prevenuto
da fallaci giudizi, o divoto a un partito preso , che 1’ eresia , nei punti da
lui discussi, era dal canto de’suoi avversarii , che si erano dilungati dalla
verità primitiva. A questa sola egli
aderì sempre tenacemente, nè lo smossero punto i rumori e le minacce dei
suoi potenti nemici.
Prima di conchiudere le nostre indagini sul nono secolo, vogliamo notare due cose che degne ci paiono di
tutta attenzione. La prima è che Angilberto, vescovo di Milano , viene
sempre rappresentato dal Ripamonti,
dairughelli, e da altri storici di quella
diocesi, come uno de’primi che si furono separati dal papa, e cagionarono
quella specie di scisma che durò olire
due secoli. E veramente 'quel prelato
conservò sempre intera la sua libertà
contro gli assalti iterali del papa. Come luì tennero fermo parecchi de’
suoi successori, che mai non s’indussero ad accettare le Decretali de’ papi
antichi, parte inventate, e parte falsificate dagli adulatori della romana
Sede, per giungere 'più facilmente a
sottometterle i diritti, i privilegi e le
liberlà delle altre chiese.
La seconda è che, quantunque fra
i vescovi di Milano e di Aquileia na-
10
scessero bene spesso in que’tempi cagioni di ostinate contese, la diocesi di
Aquileia non fece mai causa comune
con quella del papa , come si fa manifesto dalla controversia insorta a
que’dì, per la processione ex utroqm^
tra il vescovo di Roma , Niccolò I, e
quel di Costantinopoli, Fozio.
Imperciocché ci rimane una lettera
di quest’ultimo, in risposta ad un vescovo legato deirarcivescovo di Aquileia , spedito a Costantinopoli, nella
quale quel greco patriarca gli parla
come ad amico che divide le stesse
opinioni con lui. Il padre Cambeflsio
ha reso di pubblica ragione quella lettera.
Si conchiuda adunque che anche
nel IX secolo, sopra diversi punti importantissimi di religione, si conservarono in più Chiese della diocesi d’Italia gli antichi principii e le stesse massime invariabili della primitiva Chiesa
evangelica, fondata da Cristo. Quei
principii e quelle massime sono tuttavia il fondamento precipuo del culto
anche oggidì in uso presso i Valdesi
e i Protestanti, che vivono separati e
indipendenti da Roma. Laonde i principii e le massime della Chiesa Valdese e Protestante , lungi dall’ essere
cose nuove ed ignote all’Italia, vi allignano anzi da secoli, e vi rifulsero di
chiarissima luce nel nono secolo mercè
singolarmente gli studi e le fatiche apo
stoliche di quel raro e sapientissimo
uomo che fu Claudio, vescovo di Torino. Lo stesso fra Giovanni Lorenzo
Berti, dell’ ordine eremitano di Santo
Agostino, nel suo Breviarìum della
storia ecclesiastica, tessendo il catalogo
de’sacri scrittori che illustraron questo secolo, lo incomincia col nome di
Claudio. Vero è che, giudicandolo secondo le teorie scolastiche di convento,
deplora che abbia sempre escluso dalla
sua Chiesa il culto della croce e d’ogni
altra sacra immagine; ma nel tempo
stesso esprime con assai chiare parole
l’ammirazione, che nell'animo suo risvegliano i dotti e profondi scritti che
di lui ci restano sopra diversi libri dell’antico Testamento e del nuovo.
Anche Dungallo, benché fosse tanto
acerrimo contro di Claudio, è dalla
forza de’ fatti costretto di confessare
che le dottrine evangeliche da lui insegnate in Piemonte avevano gran seguito.- A noi basti di riportare quel
passo dove è descritta la lotta, che
quivi ardea vivissima tra due opposti
partiti : il romano che pugnava per le
opinioni di Roma e del papa, e il piemontese , che stava per le pure credenze evangeliche del Piemonte e di
Claudio, che tuttavia son quelle della
Chiesa Valdese:
« la questa regione (cioè il Piemon« te) il popolo, egli dice, è ancora di« viso in due circa le osservarne ec-
11
s m —
clesiastiche ; e rimangono or vinti
or vincitori a vicenda i nemici e i
fautori delle sacre immagini ... I
cattolici chiamano buoni ed utili i
dipinti di chiesa, e non meno istruttivi delle S. Scritture; Xeretico (1),
al contrario, colla fazione sedotta
da lui, sostiene assolutamente che
no, ma essere seduzione dell’errore
e vera idolatria.
« Similmente si disputa sull’ uso
della Croce, asserendo i Cattolici
che è buona e santa cosa, quasi vessillo di trionfo e segno d’eterna salute ; rispondendo, all’incontro, gli
avversarii col loro maestro che no,
dacché la croce contiene, mostra e
rammemora lo scherno della morte
e passione di Crislo.
« Argomentano a pari sulla memoria de’ Santi, sulla loro invocazione nelle preci, sulla venerazione
delle Jteliquie. Gli uni affermano
buona essere e pia la consuetudine
di frequentare le basiliche dei martiri , dove sono custodite le sacre
ceneri e i santi corpi, quai vasi venerandi accetti a Dio, avendo in essi
patito per la fede di Cristo ogni genere di tormenti fino alla morte ;
averli pertanto la Chiesa onorevolmente riposti per glorificare i loro
) È questa il solito vezzo con cui il carittietote frale appcHa il Clatidio.
Il meriti, e la mano di Dio operare in
Il ogni luogo, mercè l’intervento loro,
« continue ed istantanee guarigioni
<1 di corporali e spirituali infermità ;
<1 altri oppongono non esser di alcun
« giovamento i Santi dopo morte -,
« nulla sapere essi di ciò che accade
« quaggiù; non dimostrare nelle reli» quie virili nessuna, che meriti rive
li renza, come non ne dimora nelle
Il ossa di altro vivente qualsiasi, né
« dentro la polve che è portata dal
Il vento. i> = [Dung. lìespons. conira
Cland. Taur. Bibl. Patr.).
ESPOSIZIONE EVANGELICA.
nConciossiacosnchc Iddio non abbia
mnnilato il suo Figlinolo nel
mondo, acciocchb condanni il
mondo: anzi, acciocché il mondo
sia salvato per lui» s. Oio. Hi
V. n.
Sovra uua terra di ribellione, in mezzo
a creature che hanno trasgredito la santa
sua legge, Iddio manda il suo Figliuolo.
Se per giustizia ei lo fa, certamente il suo
inviato scaglierà anatemi, brandirà nella
potente sua mano i fulmini della sua giusta ira, eserciterà giudizio sovra gli empii:
i più grandi peccatori saranno trattati con
severità maggiore, più acerbamente colpiti.
Or accade tutt’in contrario : Gesù Cristo, sebbene santo ed irreprensibile, è reputato amico dei peccatori e della gente
di cattiva vila ; egli dice a coloro che gemono sotto il peso dei loro peccati : « ve« nite a me voi tutti che siete travagliati e
12
«gravati, ed io vi solleverò. Togliete sopra
« di voi il mio giogo, ed imparate da me
<1 ch’io sono mansueto ed umile di cuore»
(Mal. Xl.28,29J.
La sua missione è dunque una missione
di grazia e di salvazione; ed ecco appunto
ciò che Ei c’insegna, in un modo, non si
può più chiaro e più semplice, quando
dice : n Conciossiacosaché Iddio non abbia
<t mandato il suoFigliuolo al mondo accioc«chè condanni il mondo, anzi acciocché il
«mondo sia salvato per lui ».
Infatti se nel creare enli ragionevoli e
liberi, Iddio ha mostrato quanto Egli puole,
nel mandarci il suo Figliuolo per la nostra salvazione, egli ci ha rivelato quale
Egli è. Un perdono qualunque avrebbe
bastalo a manifestare la sua clemenza ; il
dono del suo Figliuolo ci mostra che la
misericordia, che l’amore è l’essenziale
suo carattere. In Gesù Cristo Iddio dà a
conoscere tutto se stesso ; e nou sono, la
carità che splende nell’opere e nelle massime di quel divin Salvatore, la carità sopratutto che lo spinse a darsi per noi, se
non se il puro riflesso del divin amore.
Eppure come è stata in ogni tempo, o
mal intesa, o sconosciuta quell’opera di
Gesù Crislo ! I proprii discepoli non così
presto l’intHsero, testimoni Pietro e Giovanni i quali, avendo loro rifiutato alloggio i Samaritani, subito esclamarono:
(' Signore, vuoi che diciamo che scenda
« fuoco dal cielo e li consumi ? » (Luca
IX. S4).
Non l’hanno intesa meglio coloro, che
in nome di Crislo, condannarono, perseguitarono, martoriarono gl’increduli, gli
eretici, e, come pur troppo spesso accadde, gli Stessi credenti nel puro Vangelo.
Ne l’intendono punto quelle anime sincere e di buona fede, le quali, invece di
valersi di un tanto perdono, di rivolgersi
direttamente aColui che venne nel mondo,
appositamente per salvare il mondo, ed il
di cui « sangue purifica da ogni peccalo«
(I. Giov. 1,7), ricorrono, ingannate e deluse, a mediatori, quanto numerosi, altrettanto impotenti a liberare.
0 Sole di giustizia, « nelle ale di cui
sta la guarigione » risplenda un vostro
raggio in seno a tenebre cosi dense, acciocché coloro che vi giaciono (e son
tanti !) vengano illuminati ; non sia più a
lungo disconosciuta la vostra Grazia; non
sia più a lungo reso inutile il sangue dell’aspersione ; ma scendan nell’anime, insieme col perdono, la pace, la gioia e
quella carità vincolo dei perfetti, cosi
sulla terra, come nei cieli. Amen.
BESTEMMIE GESUITICHE
Noi non aggiungeremo parola all’articolo che segue, tolto dal giornale
gesuitico TAe Tablet. Uomini, i quali
si dicono Cristiani, anzi ministri di
Cristianesimo , e che non rifuggono
da sì orrende bestemmie contro la
Parola di Dio, si giudicano da se
stessi. Diremo soltanto per l’intelligenza dell’articolo, che il fatto cui
allude, è quello, da noi pure riferito
(vedi Num. 19), di quel frate francescano che, condannalo dal giurì irlandese come pubblico abbrucciatore
della Sacra Scrittura, venne con tanla
13
umanità liberato dal consiglio della
Regina da ogni pena, nella speranza
che basterebbe il giudizio del giurì a
prevenire simili atti di fanatismo.
« Uno fra i raggiri dei seduttori è un
«libro ch’essi chiamano la Bibbia; libro
« eretico, dato in luce da autorità ereti« cbe, condanoato dalla S. Chiesa, e che
« non è la Parola di Dio più del Rorano;
« noi accenniamo, s’intende, il libraccio
« sopra cui e le parti e i testimoni catto« Ilei devono giurare nelle Corti di giu« stizia. Pretendono che quel libro sia la
« Parola di Dio, e quando ai poveri cat«tolici vien presentato esso libro che si
« vuol dare da intendere che sia tale, il
n rispetto cui per esso si procura di ecci« tare, diviene o può divenire un avvia« mento a ben altri sbagli. Egli è adunque
K una necessità imposta al Clero Romano
« di sradicare siffatto pregiudizio e di conn vincere le greggia, che il libro cui i let« tori della Bibbia vanno distribuendo
« colla loro minestra, non è un libro santo,
« bensì un libro eretico, ed essi ecclesia« Stic! prevaricherebbero dai loro doveri
o ove non mirassero con ogni mezzo a rag« giungere siffatto scopo. Il miglior mezzo
« di cui si credette dover far uso- a Bai« linrobe, fu di abbrucciare il libro ere« tico, e perciò il frate il quale presie« dette a quell’j4u/o da {é venne citalo
« dai lettori della Bibbia a comparire in« nanzi 1 Magistrati, onde rispondere alle
«imputazioni; 1“ di avere bruciato una
« copia del N. T. — 2" di avere sfacciata« mente vilipeso le Sacre Scritture.
«Ed ora non ci torna in acconcio di
« discutere nel Tablel il fatto In discorso,
K ove i lettori della Bibbia non ci costrin
gano ad uscire dal nobtro silenzioj it)a
Il ci tocca il dover confessare altamente,
A che se padre Giovanni venne incolpato,
« non è men reo l’autore del presente arn ticolo. Egli ba bruciato una Bibbia pro« testante, ed è disposto a bruciarne
« mille altre ancora , ove senza troppo
« spendere ei possa soddisfare a quel suo
« bisogno, ed egli brama, a tutt’uomo,
X che tutta la semenza e la generazione
« di cotal libro venga estirpata, salvo
« forse una copia da conservarsi fram« mezzo alle rarità, come p. e. si c.on« serva una copia della narrazione di Gia« cobo Boehmen, intorno alla illumina« zione spirituale che gli cadde dissopra,
« dalla riilessione del sole sopra un
« piatto di stagno. — Ove ciò si facesse,
n noi non ce ne dorremmo; ma nello stato
«presente del mercato de’libri, noi ab« biamo da portarci contro la Bibbia come
«contro un’opera da respingere. — E
« avendo del tutto concorso con frate Gio« vanni intorno all’abbruciameiito in dis« corso, noi pure concorriamo con esso
« lui nel seguito. E in fatti, se i lettori
« della Bibbia od altri di siffatta conditi zione demoralizzata ( sic ! ) rispettano ia
«coscienza de’poveri, egli non è scopo
« nostro neppure di dispreggiare ciò che
«essi rispettano; ma quando un prezzore lato lettore della Bibbia cita fra Giovanni
«a comparire innanzi le Assise perchè ei
« protegge la fede de’poveri, noi in ciò ci
« uniamo a lui, per conculcare il libro
« cui egli ha conculcato, e per dichiararlo,
« ciò che esso libro sia, non già libro di
«Dio, non le S. Scritture, bensì un libro
« composto e messo in circolazione, dai
« più attivi e zelanti amici e servitori
« « del Re del fuoco, » cioè, u.n libro del
« DIAVOLO !!l
14
INCENDIO DI PRALAFERA
^ e «occorso agli operai
I
A gran parte dei nostri associati sarà
di già noto il terribile incendio, che iu
poche ore, ridusse in un mucchio di rovine quella fabbrica, una delle più vaste
e più operose della provincia di Pinerolo
uon solo, ma del Piemonte.
Cinquecento persone all’ incirca sono
da tal disastro lasciate senza mezzi di
sussistenza a quest’ epoca forse la più
scarsa deU’anno.
Quante miserie adunque che fanno appello alla cittadina e cristiana carità!
Questasi è vivamente commossa, e varie
sottoscrizioni ci si dice sieno state avviate da parecchie benemerite persone, allo
scopo di sovvenire almeno ai bisogni piii
urgenti.
Promotrice d’una di quelle si è fatta, con
lodevole zelo, la Direzione della Stella di
Pinerolo, inviando tabelle ai Sindani ed
alla Direzione dei varii giornali stretti in
vincoli di fratellanza e di principii con
essa, e pregandoli a voler annunziare e
raccomandare tale sottoscrizione, raccogliendo il danaro, e procurandone il recapito al suo uffizio.
Noi di buon grado accettiamo l’incarico che ci vien affidato dalla nostra consorella di Pinerolo, e invitiamo con ogni
premura i nostri associati a lasciarsi commuovere a pielà da tante strettezze, facendo riflessione, che «quando un membro patisce, tutte le membra compatiscono » (i Corint. XII 26), ed imitando la
carità di Colui che «essendo ricco, si è
fatto povero per noi, acciochè noi arricchissimo per ia sua povertà » (2 CorintVIH 9).
Non è fatta prefissione di somma ; ognuno dovendo contribuire secondo li
suoi mezzi e l’animo pietoso.
È bensì fatta una prellssione di tempo,
perchè creduta necessaria, e le liste saranno chiuse con flitio il 13 maggio
prossimo entrante.
I soccorsi verranno dispensati dalle amministrazioni dei Comuni, ove dimorano
gli aventi diritti a sovvenzione.
Noi mentre ringraziamo la Stella del
generoso proponimento, la ringraziamo
altresì per le gentili espressioni usale nel
suo appello alla famiglia Valdese, la
quale, noi ne siamo persuasi, farà ogni
suo sforzo per vieppiù mostrarsene degna.
aiOTlKlli BElilCilOSE
IifGHiLTEBRA. — Il glomo di domcnica
26 marzo p. p:, in s. lames Church,
Latckford, vicino aWarington, nove persone, otto fra le quali erano membri della
stessa famiglia, rinunciarono pubblicamente alle dottrine della Chiesa romana
per abbracciare quelle della Cliiesa evangelica.
« È fama (cosi il Christian-Times)
che mylord Beaumont e la sua sorella
l’onorevole signora Stapleton hanno abbandonato la Chiesa di Roma per diventare membri della Chiesa anglicana.
—n fatto della conversione di Lord Beaumont da molto tempo si credeva probabile.
La contessa sua moglie è sempre stata
membro della Chiesa anglicana, e di già
l’onorevole sig. Stapleton, fratello del
nobile Lord, si era fatto protestante un
anno addietro ».
Assia. — Il celebre professore Hundeshangeu di Heidelberg, si vale delle
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sue vacanze per fare a Darmstadt primieramente, poi in altre capitali del sud
delia Germania, una serie di predicazioni intorno alle dottrine della Chiesa evangelica. Lo stesso dioesi, sia per fare
il suo collega, sig. Schenkel il quale gode fama di valente polemista.
Berlino. — La libreria del fu dottore
Aug. Neander, tanto rinomata per le Bue
ricchezze teologiche, verrà trasportata in
America, avendola acquistata la nascente
Università di Rochester, nello Stato di
New-York.
Baviera. — (Ammerndorf 2 Aprile
1852J « Oggi nella nostra chiesa il sig.
Eugenio di Boech, già Benedittino, prete
dell’ordine e professore nel ginnasio di
s. Stefano a Augsburgo, ha abbracciato la
religione evangelica. Ua altro membro del
medesimo ordine, professore lluttler,
pare dalle sue pubbliche dichiarazioni,
sia vicino a far altrettanto. «
(N. G. d’A.)
Golfo di Udson. Àposlolato delle medaglie metalliche. Il fatto seguente che,
trovandosi in qualche giornale non godente fama di ortodosso, avremmo creduto scritto a bella posta da un nemico
delle missioni papali, aireffetto di screditarle, si legge nel Cattolico dei 10 Aprile.
« Una vecchia donna selvaggia e caparbia, non avea voluto mai ascoltare parole
di religione. Da molti anni, ogni nostra
preghiera, ogni nostro ammonimento era
stato inutile,talmente che non avevamo pur
ottenuto che si facesse il segno della croce. Tal conversione era dovuta a Maria.
C’era venuto fatto, non sema somma fatica, di metterle al collo una medaglia
dell’immacolata concezione ; e indi a poco
seppi, da una protestante, che il suo cuore
era tutto mutato, e che bramava di rivedermi. Corsi immantinente da lei; e la
mia presenza le fu di tanto giubilo, quanto
testé era il fastidio che ne dimostrava. La
vidi baciare pili volto con tenero affetto
la sua medaglia ; e diceva che, da che
portavaia al collo, sentivasi forte desiderio d’esser battezzata, e temeva di morirsi prima di sentire una tanla grazia.
L’addottrinai il meglio che seppi; e le
buone disposizioni, che in essa scorgevo,
e gli ottani’anni di che era carica, e l’idropisia ond'era affetta, non mi permisero il ritardarle più a lungo il battesimo.
Avvenne dunque, che al pnnto stesso in
cui il figliuolo (1) spirò, l’acqua santa
grondava sulla fronte alla madre. Ed alquante ore dopo essa pure volò in cielo,
a ringraziarne la sua liberatrice, »
— Un’altro fatto più straordinario ancora ci viene dal medesimo giornale riferito, nel N”. dei 19, quello cioè di un’assassino, uomo impenitente all’ultimo
grado e che solo sul patibolo e per così
dire sotto la mannaia fu convertito... da
che? — Da uno sguardo pieno di fede in
Gesù-Cristo crocifisso? (allora si che anche noi ci rallegreremmo!) —Ma nò, dal
bacio di un’immagine della Madonna,
dopo che il confessore gli ebbe gettato
« senza che se n’accorgesse, dentro il borsellino dei calzoni una medaglia della Madonna miracolosa di Francia» I ! ! Oh !
religione!
(I) II figlio di quella Tccchia eescado gravemente ammalato, si era fatto portare alla missiona
affin d’avere diceva egli « la bella sorte di morire
sotto la veth nera. >
16
CROKACHETTA POLITICA.
Piemonte. — Sono stati volati nella
Camera dci.deputali, alcuni progetti di
legge di secondaria importanza. —
— Le linee e tronchi di strade ferrate
già state concesse, od in via di concessione ali’ industria privata , ascendano a
nou meno di 15, della lunghezza complessiva di 530 chilom. circa. Ess&sonu:
1. da Savigliano a Torino ; 2. da Cuneo a
Savigliano per Possano ; 3. da Saluzzo a
Savigliano, 4. da Savona a Ceva; S. da
Bra a Cavallermaggiore , 6. da Torino a
Novara; 7. da Novara ad Arona; 8. da
Casale a Vercelli per Valenza ; 9. da Alessandria ad Acqui ; 10 da Alessandria a
Piacenza; 11. da Voltri aGenoya; 12da
s. Pier d’Arena al porto di Genova; 13.
da Torino a Pinerolo ; 14. da Torino a
Susa; 15. da Vigevano a Mortara.
Toscana. —. La crisi ministeriale non
ebbe per anco scioglimento,, ma si assicura
che non avrasstad aspeltar gran tempo,
e che gii attuali ministri si .co?sideraiM)
da essi stessi come demissionarl di fatto.
D’altronde havvi .nella caduta del ministero più che una quistione politica, avvi
un affare religioso, intorno al quale si è
fatto appello a Roma'. Si tratta di sapere se
la disposizione contenuta in un nuovo
progetto di legge sulla pubblica istruzione,
la quale consisterebbe a vietare agl| Ebrei
le professioni giudiziaria e medica, debbasi 0 no accettare,
Francia. — Gli egregi professori Michelet, Quinet, e Mischiewtz, sono siati
revocati dalle funzioni di professori alcolleggio di Francia.
■— Si conferma la sommessiopc dflja
potente- tribii dei Zounouas, la quale
rende inutilc^la spedizione progetiala
contfo la gran Kabj'lia. —
— Numero^ schemi di legge, fra i quali
si citano quelli relativi alle due strade
ferrate da Bordeaux a Toulouse e daCaen
a Cherbourg, aU’insegnamentp, alle dogane, stanno per esser sottoposti al Corpo
legislativo, dopo essere stati preparati
dal Consiglio di Stato.
— Il maresciallo Gerard è morto il 17,
in età di 79 anni.
Portogallo. — La crisi inihisteriale a
Lisbona è terminata. 11 ministero resta al
suo posto, e le Camere sono per regio
. decreto del 30 marzo, sospese fino al 20
lugHo prossimo,
AustriA. — Un dispaccio telegrafico di
Vienna annunzia che il signor de Bach
hiinistro deH’interno è stalo chiamato alla
presidenza del Consiglio. La stretta comunanza d’idee di cotesto col principe
di Schwarlzembergj pern^ette di affermare
con piena certezza,'ctt^la''^orte (le) principe non cagionerà mularaeritó ili sorta
nella politica dell’Austria. — il conte di
Buoi Schauenstein è stato nominato, secondo si attendeva, ministro degli affari
esteri.
Inghilterra. — Le notìzie d’Inghilterra seguitano ad essere prèsso a pòco
senza interesse. Un fatto pure notevolissimo, e che prova a qual punto il ritorno
al sistema protettore sia diventato impossibile in Inghilterra, si è la necessità in
cui sono gli uomini noli come avversarii
della libertà commerciale, di comprovare
in tjitte le loro pubbliche dichiarazioni,
cb^èssi non domandano il ristabilimento
deirantico regime protettore sulle derrate alimentari, e che vogliono venire in
aiuto dell’agricoltura con altri mezzi.
Direttore G. P. MEILLE.
Rinaldo Bacchetta gerente.
TotÌuo.—Tip. Pqc. di A, Poh» e