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Anno 126 - n. 5
2 febbraio 1990
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
CRISI REGIONALI IN URSS
UNA VOCE DALLA DDR
Gorbaciov e altri La funzione Critica
Le drammatiche notizie che
giungono dal « fronte » del Caucaso non possono che preoccupare grandemente chiunque abbia a cuore un pacifico prosieguo di tutti quei rivolgimenti
che stanno traumatizzando il
mondo dell’Est europeo, e non
solo quello.
Questa non è certo la sede
per seguire o riferire sui fatti
in questione nella loro incalzante (e imprevedibile) successione; ci sono i mass media che
lo fanno in « tempo reale » o
quasi. Questi stessi avvenimenti possono però indurre a qualche riflessione, a qualche interrogativo.
Innanzitutto la questione della repressione violenta, che non
è condivisibile, come non lo era l’intervento a Panama di
Bush che nei giorni scorsi, ritornando sull’argomento in un
discorso al Congresso, ha definito quel massacro di civili una « superba operazione ». Certo,
la situazione di Gorbaciov è delicatissima, se non addirittura
precaria: in questo frangente
egli dà l’impressione di essere
prigioniero del suo stesso potere, preso com’è — da un lato —
a proseguire nella sua politica
riformistica e — dall’altro — a
« bilanciare » le varie tendenze,
da quelle più conservatrici a
quelle più aperte.
In un paio di recenti interviste Boris Eltsin (il maggiore
oppositore di Gorbaciov e fondatore del Fronte Democratico, inteso come alternativa politica al
Partito comunista sovietico) ha
parlato senza mezze misure del
« fallimento di Gorbaciov », sia
in campo economico, sia in campo politico, deprecando gli interventi armati in Azerbaigian,
che a suo dire costituiscono una
vittoria del gruppo conservatore di Ligaciov per riprendere in
mano la politica del pugno di
ferro. Egli ha addirittura concluso ipotizzando per l’Urss una « ripetizione della Romania ».
Che dire di queste dichiarazioni? Quanto in esse c’è di verità
e quanto di strumentalizzazione
politica?
Una seconda questione, collegata strettamente alla prima, è
quella dei nazionalismi risorgenti e delle etnìe, non solo in Unione Sovietica, ma in varie regioni dell’Est europeo (Romania,
Albania, Jugoslavia, Bulgaria,
con le relative appendici in Grecia e in Turchia): un enorme e
confuso coacervo di popoli, razze e religioni che nel corso degli anni ed a seguito di guerre
estese o di eventi bellici più limitati si è trovato a convivere
forzosamente in confini artificiali ed ha fatto risorgere gli attuali conflitti che si credevano se
polti. Altrettanto si può dire per
rUrss. Un paio di esempi: l’annessione di Lettonia, Lituania ed
Estonia a seguito degli infami
accordi nazi-comunisti; la componente musulmana, forte di
60 milioni di fedeli di Allah,
che di « casa comune europea »
non solo non ha molta voglia di
sentire parlare, ma rischia di
dare una connotazione internazionale ai conflitti armati in
corso.
Una terza considerazione, di
carattere più generale, è che le
guerre e le repressioni servono
solo a creare le premesse per
nuove guerre e per nuove repressioni. Il detto « in guerra
non sempre vince chi ha ragione, ma ha ragione chi vince »
è quanto mai attuale ed ammonitore. Altrettanto si può dire per
i nazionalismi esasperati o fanatizzati dalla religione: il voler far prevalere interessi locali a scapito di una politica
di convivenza e di cooperazione reciproca è una spada di
Damocle perennemente pendente sull’umanità.
Occorrerebbe veramente un
cambiamento generale di mentalità, e mi pare che in questo i cristiani abbiano delle
grosse responsabilità. Non si
può perciò essere molto d’accordo con le recenti parole del pontefice romano che, pur considerando la violenza del Caucaso
una cosa negativa, ha soggiunto
che « la Chiesa sa distinguere le
guerre giuste », rispolverando
concetti che si ritenevano ormai superati.
Quando mai l’uomo comincerà innanzitutto a considerarsi
un « terrestre » e non un americano, un russo, un curdo, ecc.
ecc.? Personalmente, a me la
Roberto Peyrot
(continua a pag. 2)
delle chiese
Le chiese evangeliche della DDR continueranno ad essere vigilanti e
anche critiche nel processo di costruzione della nuova democrazia
Finalmente si è potuta svolgere il 26 gennaio a Roma, presso
la Facoltà valdese di teologia, la
conferenza del pastore Rainer
Eppelmann, che non si era potuta realizzare nel dicembre scorso a causa degli avvenimenti in
corso nella DDR. Su invito del
mensile « Confronti », del Centro
evangelico di cultura di Roma,
della Facoltà di teologia e della
Comunità di base di S. Paolo,
un'aula magna stracolma ha avuto la possibilità di apprendere da uno dei più importanti esponenti dell’opposizione politica, pastore evangelico della Samariterkirche a Berlino Est e
membro promotore del nuovo
partito «Risveglio democratico»,
che cosa è accaduto nella DDR
nell’ultimo decennio e negli scor
si mesi, sia dal punto di vista
politico-socio-culturale, sia da
quello che riguarda l’impegno
svolto dalle stesse chiese evangeliche. Così l’uditorio era invitato a confrontarsi con vari aspetti della testimonianza politico-sociale delle chiese sorelle
nella DDR e della nuova epoca
ancora aperta e sconosciuta, prima di avere ampio spazio per
domande, interventi e chiarimenti.
Tre i punti affrontati dal pastore Eppelmann nella sua relazione, dal titolo; « Il dopo-muro
delle chiese evangeliche della
DDR ». Nel primo punto ha analizzato un gruppo di cause alla radice della rivoluzione scoppiata in autunno nella DDR, una
società piena di lacune, non so
GIUDIZIO E GRAZIA
In conclusione, cosa resta?
Nei primi capitoli della I Corinzi Paolo parla
delle varie fazioni della chiesa di Corinto per cui
gli uni giudicano gli altri e lo stesso apostolo è
sottoposto alle loro critiche. Egli reagisce:
«A me pochissimo importa di esser giudicato
da voi o da un tribunale umano; anzi, non mi
giudico neppure da me stesso. Poiché non ho coscienza di colpa alcuna; non per questo però
sono giustificato; ma colui che mi giudica è il
Signore. Cosicché non giudicate di mdla prima
del tempo, finché sia venuto il Signore, il quale
metterà in luce le cose occulte delle tenebre, e
manifesterà i consigli dei cuori; allora ciascuno
avrà la sua lode da Dio».
Queste parole ci spingono a riflettere sulle nostre divisioni e le reciproche critiche che ne derivano.
Paolo non si sente differente dagli altri, ma
contesta ai fratelli il diritto di giudicarlo, ciò che
spetta soltanto a colui che lo ha mandato, «anzi — dice — non mi giudico neppure da me stesso ». Anche se nella sua coscienza non pensa di
avere particolari colpe, il giudizio della sua coscienza, però, non è sufficiente, può essere fallace. Il
giudizio spetta solo al Signore e lui solo può giustificarlo, cioè ritenerlo giusto non certo per le
sue opere, ma per la propria misericordia. E qui dovremmo dire che quasi sempre i nostri giudizi e le
nostre critiche nei riguardi degli uomini e di noi
stessi si basano sul confronto con gli altri. In questo confronto possono esserci delle diversità fra
questo c quello, anche se per una valutazione ci
mancano dati necessari (e raramente ne teniamo conto), ma il vero confronto è solo quello con
la persona del'Cristo. E se noi ci confrontiamo
con lui, possiamo essere certi che ci passa
la voglia di giudicare! Ciò vale per tutta la nastra vita quotidiana e per tutti i rapporti umani.
Cosa siamo noi di fronte a Cristo? E cosa è il
fratello? Se siamo onesti si può soltanto concludere che noi e gli altri, tutti, abbiamo bisogno di
perdono.
Guardando retrospettivamente la vita, la nostra condotta passata e quella attuale, tutte le
nostre opere di ieri e di oggi, tutto lo scorrere
della nostra esistenz.a, la sola vera preghiera, e
la più sentita, è quella che Iddio annulli quello
che abbiamo fatto, cancelli tutto il nostro passato, per essere liberati da esso dinanzi a lui e
lasciati confidare soltanto nella .sua grazia. Tutte
Il pastore Rainer Eppelmann
della Samariterkirche di Berlino
Est.
le nostre azioni, sì, anche tutta la nostra fatica,
sono nulla. Il solo che rimane è l'amore, ma attenzione: non il nostro amore, ma quello di Dio,
la sua agàpe, ché « Tagàpe non verrà mai meno ».
Noi non possiamo assolvere noi stessi, come
non possiamo salvarci da noi stessi, ciò avverrà
solo nel giudizio finale dove tutto verrà alla luce.
Perché? Perché, per la prima volta, ci confronteremo veramente con Gesù Cristo, e sapremo tutta la realtà della nostra vita, quella che gli altri
e noi stessi non conosciamo. Allora avremo orrore, paura e vergogna di noi stessi, ma al contempo avremo una gioia immensa, piena di stupore
e di meraviglia, perché anche scopriremo chi è
il Signore, la sua giustizia, che ci coprirà con il
suo perdono e ci darà quel che non abbiamo, per
accoglierci, malgrado quello che siamo, in quella
casa del Padre « dove ci sono molte stanze », cioè
molto molto posto nell’agàpe eterna del Signore.
Nei nostri rapporti umani è blasfemo voler anticipare quel giudizio che spetta solo a Dio, immischiandoci, noi che siamo peccatori ed iniqui
come gli altri, con l’opera del solo giudice. Cristo! Ai fratelli cattolici diciamo, con amore, di
lasciar perdere tutti quei processi di beatificazione!
L'apostolo termina, poi, con una parola che
ci lascia perplessi: « Allora ciascuno avrà la sua
lode da Dio ». Quale lode? Quale? E’ difficile rispondere. Dinanzi alla perfetta santità di Dio,
quale nostra azione può resistere? Una spiegazione parziale la si può tentare con il versetto 14 del
3“ capitolo: « Se l’opera che uno ha edificata sul
fondamento (cioè Cristo) sussiste, egli ne riceverà ricompensa », cioè non viene portato via dal
giudizio quel che è fatto coerentemente al fondamento che è Cristo, ma anche così la spiegazione non è completa, è anzi insufficiente perché
le stesse opere fatte per l'amore di Cristo portano con sé la contaminazione del nostro essere pec
caminoso. Del resto, poco prima Paolo scrive:
« Né colui che pianta, né colui che annaffia sono
alcunché, ma Iddio che fa crescere è tutto ». Potremmo forse dire che sussiste quel che, attraverso
noi, Dio ha fatto, ma in tal caso non siamo noi
ma lui ad operare.
Ed allora?
Allora, sia ben chiaro che possiamo soltanto
sperare nella grazia, nella sola grazia di Dio, per
mezzo di Gesù Cristo, nostro salvatore.
Tullio Vinay
lo di ordine materiale ma anche per quanto riguarda i diritti umani, quali la mancanza di
libertà di movimento, di sviluppo artistico e culturale. Per decenni i cittadini della DDR si
sono sentiti persone di seconda
categoria, rispetto ai tedeschi occidentali. Con alcuni esempi Eppelmann ha anche illustrato Tonnijx>tenza e la forza di controllo
della SED e dei suoi partiti satellite in tutti gli ambiti della
vita del paese, ad esclusione però delle chiese. In stretto collegamento con questo tipo di società sta l’appartenenza al Patto
di Varsavia, definito un « patto
tra fratelli ». In realtà è un patto
tra partiti e non tra popoli amici. L’eurocomunismo, il processo
di distensione legato agli accordi di Helsinki, l’ascesa di Gorbaciov e le ripercussioni delle
sue rifoiTne in diversi stati dell’Est, l’influenza della televisione
della RFT, sono tutti elementi
che hanno alimentato nei cittadini la speranza di un cambiamento.
Ma tutto ciò, secondo Eppelmann, è solo la metà delle cause che hanno portato al crollo
del muro: un ruolo determinante hanno avuto l’esistenza ed il
modo di vivere delle chiese evangeliche negli ultimi 15 anni.
La teologia di K. Barth e D.
Bonhoeffer ha stimolato le
chiese ad assumere coscienza e
responsabilità aH’intemo del socialismo reale. Molte chiese, come per esempio la Samariterkirche, nella quale Eppelmann è
pastore, hanno dato spazio e libertà a coloro a cui il sistema negava il diritto di espressione ed
opinione. Negli anni ’80 le chiese si sono fatte portavoce dei
movimenti per la pace, per l’ecologia, per il Terzo Mondo, per
l’obiezione di coscienza ed hanno anche lanciato appelli (considerati gravi reati) per una soluzione della « questione tede
sca ».
Negli anni successivi queste attività si sono allargate dando uno Spazio sempre più vasto a
tutti i cittadini, cioè non solo a
quelli cristiani. I culli di inter
Ulrich Eckert
e Eliana Briante
(continua a pag. 12)
2
commenti e dibattiti
I
2 febbraio 1990
IL CULTO DI
NATALE IN TV
Sono una evangelica che da molti
anni vive lontano dalla propria città
e dalla propria comunità. Sono una
« sorella isolata ». Proprio per questo
seguo con tanta gioia e tanto entusiasmo ogni trasmissione radiofonica
e televisiva; si può quindi immaginare
come sono stata felice la notte di
Natale: è stato un regalo meraviglioso poter assistere ad un nostro culto.
Ho capito che era stato preparato
ad hoc, ma l'ho goduto egualmente,
mi sono commossa dei bei cori, ho
ritrovato l'atmosfera natalizia che purtroppo oggi va scomparendo nelle
nostre città e il messaggio del pastore
(che importa se era il moderatore?) mi
ha scaldato il cuore. Insomma, questo
culto tanto biasimato e criticato, mi ha
fatto un gran bene, ne sono rimasta
edificata e consolata.
Gualche giorno dopo un'amica cattolica mi ha telefonato e mi ha detto
che lo aveva seguito e ne aveva ricevuto un gran bene, si era sentita in
pace con se stessa e con gli altri,
aveva provato un senso di calore e
si dispiaceva di non averlo seguito fin
dall'Inizio per via dell'orario annunciato.
Noi protestanti facciamo troppa polemica. E' mai possibile che tutto
sia da rifare, da denigrare? Le nostre
chiese sono sempre più vuote perché
invece di dialogare facciamo sterili
diatribe. Cerchiamo invece di essere
più umani e disponibili. E' facile la
critica e scagliare frecce, più difficile
è operare nell'amore. L'agape è un
sogno, un'utopia.
Grazie a quanti hanno lavorato perché il 24 dicembre in TV ci fosse un
momento di preghiera e riflessione.
Sora Pasqui, Pistoia
Gorbaciov
(segue da pag. 1)
guerra e la pace... e la fede. Questa
è la televisione. L'unica è utilizzarla
meglio che si può, senza aspettarsi
da essa la soluzione dei nostri problemi di comunicazione e di evangelizzazione.
Eugenio Bernardini, Torino
Caro Direttore,
I'« operazione » (compreso il reclutamento di partecipanti tramite pullman)
ha permesso a membri di piccole comunità di diaspora, come quelle in
cui sono pastore, di partecipare una
volta nella vita a un culto con mille persone, di sentire come suona
un inno dei nostri in una simile assemblea, di fare, insomma, un'esperienza
per molti aspetti unica. Più d'uno si è
commosso sino alle lacrime: si può
sorridere di tutto ciò, ma io non lo
farei.
L'iniziativa ha permesso a persone
anziane o ammalate impossibilitate a
muoversi di vivere anche con gli occhi un culto evangelico, magari dopo
molti anni; certo, nei nostri culti non
c'è molto da vedere: a quanto pare,
tuttavia, quanto c'è basta a toccare
la sensibilità di queste sorelle e di
questi fratelli.
Non fosse che per costoro, sono
contento che il culto sia stato celebrato e trasmesso; che la fede, propriamente parlando, non viva di queste esperienze, lo sappiamo tutti: nella vita di un credente o di una credente, tuttavia, esse possono non essere irrilevanti.
Fulvio Ferrario, Alessandria
Caro Direttore.
io al culto c'ero. Non solo, ho partecipato alla fase, un po' concitata, della decisione ultima della chiesa di Torino di accettare di ospitare la trasmissione. Effettivamente alcune cose
potevano essere fatte meglio, la comunicazione col servizio della FCEI,
« Protestantesimo », poteva essere più
lineare, ma posso testimoniare che
ogni scelta è stata fatta in modo meditato e rispettoso delle molte (troppe?) sensibilità e in un clima di sostanziale adesione a un'iniziativa non
semplice.
Anche il culto in sé è stato vissuto
così. Con la compostezza solita dei
nostri culti e, devo dire, con meno
disagio e distrazione dovuta ai tecnici RAi di quanto avessi potuto immaginare prima dell'evento. Qualcuno
ha sentito di fare qualcosa di inautentico? Non lo so; né io, né coloro
che mi hanno parlato di questa esperienza hanno espresso un senso di
inautenticità. Certo, le corali erano
stanche perché, loro, avevano provato tutto il pomeriggio. Ma ricordo che
in quella stessa mattina, a Torino in
c.so Oddone, c'era stato il culto dei
bambini deila scuola domenicale, E
Il sabato precedente i bambini e le
monitrici avevano « provato » il culto
per intero per circa due ore!
Per quanto riguarda il mezzo televisivo: non credo che ci si possa
aspettare più di quello che può dare.
La televisione è un potente mezzo di
informazione, di orientamento, di opinione... ma non può certo suscitare
quelle scelte radicali che cambiano
una vita. La televisione tende a passlvizzare, ad anestetizzare, a spettacolarizzare tutto: la vita, la morte, la
cittadinanza italiana dice ben
poco, e non perché ambisca una
altra nazionalità. Semmai, potrei indignarmi (pur nel mio
benessere e nella mia relativa
tranquillità) per quanto sono
spremuto in mille modi da tasse ed imposte, avendo in cambio servizi per lo più scadenti
ed una classe politica al potere che bada più al suoi interessi
che a quelli della comunità nazionale: ma questo è un altro
discorso...
Solo nella responsabile prò
spettiva della sua « mondiaUtà »
l’essere umano può sperare di
andare verso un futuro migliore
e più degno del suo Creatore.
Roberto Peyrot
LA TOGA
DEI PASTORI
attenzione si è particolarmente fermata su I Cronache, cap. 16, v. 28/30
in cui è scritto: . ...Date aH'Eterno la
gloria dovuta al suo nome, portate
offerte e venite in sua presenza. Prostratevi dinanzi all'Eterno vestiti di
sacri ornamenti; tremate dinanzi a
lui, 0 abitanti di tutta la terra ».
Segnalo questo passo non per ammettere i molteplici e... complicati paramenti cattolici, ma per richiamare
la legittimità dell'uso della semplice
toga per i nostri pastori, quale segno
di particolare rispetto e di solennità
di chi parla e chi ascolta nel nome
di Dio, senza colpevoli cedimenti all'andazzo costituito da una falsa e ridicola, quanto spicciola, » democrazia ».
Le eterne Leggi di Dio non sono
fatte per seguire le « mode » o i tempi, appunto perché sono eterne e quindi immutabili.
Ferruccio Giovannini, Pisa
ATTENZIONE
Al DEBITI
Gentile Direttore,
alcune obiezioni di Giorgio Peyrot,
come anche quelle di Claudio Tron e
di Giovanni Gönnet, francamente mi
sembrano esagerate, anche se sono
pur sempre un segno della vivacità
della discussione e dell'interesse per
la vita della chiesa e per l'annunzio
dell'Evangelo. Per quanto mi riguarda,
invece, la trasmissione del culto è
stata molto edificante: è giusto che
il culto venga tenuto dal pastore con
la toga, e non si parli di ritorno al
passato, perché non mi consta, tranne alcuni deplorevoli casi, che i pastori valdesi abbiano rinunziato aprioristicamente a questa • tradizione »
ricca di significati sostanziali.
Gli atti sinodali del '72 hanno una
data che li qualifica, e nella chiesa
valdese di Messina la toga è stata
sempre indossata dai pastori: essa
simboleggia sia la funzione del predicatore, sia il contenuto della cerimonia. Il culto trasmesso è stato uno
specchio abbastanza fedele di ciò che
avviene nelle nostre comunità.
Riguardo all'obiezione statistica, avanzata da Claudio Tron, almeno a Natale le nostre chiese di solito sono
quasi piene; poiché il culto doveva
essere trasmesso la vigilia di Natale,
è giusto che i membri di chiesa siano stati sensibilizzati. Mi sembra
strano il comportamento di quei pastori che si sono mostrati tiepidi nei
confronti della manifestazione: non è
un culto forse un'occasione per l'annunzio dell'Evangelo? L'Evangelo è
stato predicato in un certo modo, con
un certo stile, che è quello diffuso e
dominante ma, ciò che conta, è stato
predicato. Non credo si possa dire
lo stesso per il pontificale del papa.
L'importante è predicare ('Evangelo.
Su un rilievo concordo: il vescovo
cattolico non doveva essere invitato. La sua presenza sarebbe stata
fuorviente e disorientante per i telespettatori. Un culto evangelico non ha
bisogno dell'imprimatur o della presenza benedicente di un vescovo che
continua quella tradizione apostolica
della quale non sappiamo che farcene.
L'immagine complessiva che è risultata dal culto è stata quella di una
compostezza austera, solenne, semplice, quale dovrebbe essere sempre.
La compostezza, l'uso della toga, la
solennità sono il frutto di « lungo
studio e grande amore » per il Vangelo di Cristo. Gli atti sinodali tristemente datati cedano il passo all'Evangefo.
Cordialmente,
Daniele Macris, Messina
Seguo da tempo il dibattito su Villa Olanda. Vorrei intervenire sulla lettera della sig.ra Ade Gardiol Theller.
A mio giudizio Villa Olanda è in deficit se non riesce ad affrontare le
spese di manutenzione e migliorie di
cui necessita (200-300 milioni). Qual
è l'inquilino che non deve concorrere
alle spese di manutenzione? Può darsi
che non tutti gli ospiti possano sborsare la retta mensile, che oggi si aggira sul milione, ma in questo caso
si può integrare con l'aiuto dei parenti, o con il lascito di un rustico
0 di un terreno.
La chiesa è gravata di debiti e probabilmente dovrà ricorrere alle banche e pagare i relativi interessi. Con
quale sentimento si può chiedere che
gli amministratori e i responsabili si
accollino questi oneri? Essi sono gli
attuali difensori della nostra confessione e lei sa che le opposizioni sono oggi infide e persistenti.
Sono stata in passato per circostanze familiari oberata dai debiti e non
vorrei imporre a nessuno il mantenimento dei debiti, quando c'è una soluzione di vendita. Nella mia esperienza i debiti mi hanno fatto perdere
il sonno.
Agli ospiti non mancherà un altro
tetto e l'affetto. Sono d'accordo con la
sig.ra Elsa Bertolè Rostan quando dice: « Mi auguro sia presa la decisione
migliore, ma non sarebbe giusto lasciare tale decisione alla Tavola? ».
Aurora Biginelli, Leumann (To)
IL SACRIFICIO
Caro Direttore,
ho letto il graditissimo articolo di
Giorgio Tourn « Povertà, gratuità, libertà », e non so se il mio essere fuori dalla Chiesa valdese mi dia ancora
diritto a porre una domanda circa una
affermazione: » L'impoverirsi che nasce
dal sacrificio non è povertà evangelica, divina, è suicidio, autodistruzione, e non va dimenticato che l'istinto
di morte è altrettanto forte quanto
l'istinto di vita. Dal sacrificio nasce
la miseria, non la vera povertà che è
frutto invece della libertà dello Spirito ».
conoscente verso Dio e non da penoso e penalizzante senso del dovere, mi segui per tutta la strada di
ritorno strillandomi che noi protestanti eravamo i cultori di una morale
del disimpegno e del piacere.
durla a tentare almeno di salvarsi,
restando nell'ospedale dove ora co^nsuma i suoi giorni nella solitudine e
nella disperazione? Ho il diritto di
imporle il sacrificio di non vedermi,
di non avere questo conforto da lei
Invocato, per risparmiarmi il sacrificio di scomodarmi e rischiare? Si può
obiettare che non c'è paragone tra i
due sacrifici e che la risposta è chiara: andare.
Confesso che non ho idee chiare.
Un elemento che mi aveva allontanato dal cattolicesimo e che tuttora
costituisce la più valida e ferrea riserva a ritornarvi era proprio il culto
sadico del dolore fine a se stesso,
che invoca voluttuosamente dal cielo sofferenze espiatorie e meritorie,
in un delirio di martirio volontario e
deliziosamente assaporato nelTorgia
masochista; anche perché vedevo che
troppo spesso questa legge di dolore per se stessi diventava legge di
dolore per gli altri, altrettanto obbligati in coscienza ad orge analoghe.
Ma come dare, spesso, senza strapparsi la camicia, con un po' di carne
viva insieme? Tra la signora protestante e il signore cattolico, da chi
devo difendermi?
Tra non molti giorni dovrò fare una
cosa che non può non costarmi sacrificio: con una salute pessima, e
ancora peggiore salute della mia economia, dovrò recarmi in una fredda e
lontana città, con un viaggio disagiato
e un altrettanto disagiato soggiorno da
suore 0 presso pensioni di quarta
categoria perché la mia borsa non
permette di meglio; e per rischiare
d'infettarmi di Aids in un ospedale
dove una ragazza si sta spegnendo
di questo male, in uno stato ormai
di semi-demenza, alla fine di un suo
incarceramento, al termine del quale
lei ha già dichiarato di volersi ributtade nella droga perché non trova un
aiuto valido per uscirne.
Devo o non devo andare a vederla,
tentando così l'ultima carta per in
Sì, però il sacrificio c'è. C'è in
entrambe le possibili soluzioni. Come
evitare allora il pericolo di assecondare, in ogni caso, l'istinto di morte? I princìpi sono belli, semplici, non
altrettanto risultano tali in pratica.
Di più: si è proprio sicuri che Giaffredo Varaglia e Gian Luigi Pascale,
con le decine di altri martiri della fede, provassero un brivido di piacere
in quelle carni che dovevano a minuti essere scavate e divorate dalle
fiamme, nel momento in cui le scorsero sulla piazza pronte per loro? E
Gesù, Gesù stesso, non tremò nel
Getsemani con sudore di sangue? E
proprio una frase di Gesù tradisce il
contrasto: « Ora la mia anima è turbata; e che dirò? Padre, salvami da
quest'ora? Ma è per questo che sono venuto incontro a quest'ora » (Giov.
12; 27). Amore, dolore; una antinomia forse mai veramente risolta su
un piano pratico. Potrebbe essere oggetto di riflessione, ogni volta che ci
si appresta a parlarne.
Cordialmente.
Vera Buggeri, Cusano Milanino
Nuovi indirizzi
• Il mio nuovo indirizzo è Mario
F. Berutti, via Consolare 220, 03013
FERENTINO (FR), telef. 0775/244218.
• L'indirizzo della candidata al pastorato Maria Adelaide Rinaldi è: via
A. Vaccaro 20, 80127 NAPOLI VOMERQ,
telef. 081/364263.
Scorrendo la Sacra Scrittura, nel
corso di un culto personale, la mia
E' sempre vero che il sacrificio è
realizzazione dell'istinto di morte, e
che quando si dona non c'è sacrificio
mai, nel senso comune di sofferenza,
pena? Ricordo una vivacissima discussione che ebbi l'estate scorsa con
una signora protestante, che mi attribuiva l'amore per il dolore per il
fatto che le avevo detto che quando
aiuto, può venirmene un coinvolgimento così grave da provocarmi risentimenti nella salute e nella serenità,
ma che ritenevo che tale risentimento era per me meno importante del
sollievo che potevo dare a un fratello
sofferente, sia pure a prezzo della
mia diminuita serenità: mi parve che
la signora non avesse capito questa
logica.
Ricordo anche che nello stesso periodo fui sul punto di essere picchiata
da un signore che, dopo avere letto
una mia cosa appiccicata alle pareti
della chiesa, dove appunto prospettavo
l'aiuto fraterno dettato da amore ri
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio Gardiol
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Redattori; Alberto Corsani, Luciano Deodato. Adriano Longo, Plervaldo
Rostan
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Semestrale L. 22.000 Ordinario (via aerea) L. 110.000
Costo reale L. 65.000 Sostenitore (via ae-
Sostenitore annuale L. 80.000 rea) L. 130.000
Da versare sul c.c.p. 10125 Torino n. 20936100 intestato a A.i.P. - via Pio V, 15 Il n. 4/'90 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino e a quelli
delle valli valdesi il 25 gennaio 1990.
Hanno collaborato a questo numero: Giuseppe Baldi, Archimede Bertolino,
Arrigo Bonnes, Dino Gardiol, Giorgina Giacone, Lucilla Peyrot, Gregorio
Plescan, Teofilo Pons, Roberto Romussi, Aldo Rutigliano, Jean-Louis Sappé.
3
2 febbraio 1990
commenti e dibattiti
CRISI DEL COMUNISMO E COSCIENZA CRISTIANA
Vento di libertà
L’Evangelo rende liberi, facendo i credenti « eredi della promessa » L esperienza di Bonhoeffer e di Cromwell - Libertà e responsabilità
La parola « vento di libertà »
è stata abbondantemente usata
in questo periodo: libertà per
l’Europa orientale, per la Germania orientale, per la Transilvania romena, per terre popolate da maggioranze greco-ortodosse e da qualche maggioranza protestante (luterani e riformati).
Un pastore, denominato dalla
stampa nostrana con termini impropri, I-azslo Toekes, «protesta»
in Timisoara; numerosi luterani,
pastori e non, a Lipsia, a Dresda
pregano, discutono, cercano in
chiese, divenute luogo di dibattito e ricerca politica, una definizione della famosa « libertà »!
Una « libertà » che dovrà echeggiare dentro e fuori delle chiese,
e senza aggettivi: libertà!
Ora tutti sanno che ii Nuovo
Testamento è portatore di libertà. Come l'Antico Testamento aveva portato nei messaggi profetici la promessa di un popolo
liberato, così le lettere dell’apostolo avevano tessuto la « stoffa » delle comunità dei Calati
e dei Romani con il filo della
libertà di Cristo. Non è strano
che la lettera ai Calati sia diventata una lettura frequente
nelle nostre comunità. Una « libertà » romantica rischia di essere un motivo romantico, soffuso di illusioni; ma una libertà
intesa come « legge, norme, tradizioni » rischia di diventare
strumento di schiavitù, strumento di vari « ismi », metodi autoritari per le masse e per i singoli.
La storia della chiesa può essere raccontata in termini agiografici: storia di santi e di madonne; o in termini drammatici: diavoli e serpenti. Quando
l’apostolo Paolo era andato in
Galazia, vi era andato per riposo o convalescenza, ma non aveva potuto non « predicare », e
la sua parola aveva generato un
popolo di credenti: un popolo
di liberi, di figli, di eredi.
Ma la storia degli « angeli »
diventa storia di « schiavi » ecclesiali, più che civili: norme,
tradizioni, un altro evangelo, che
poi evangelo non è, costituiscono le maglie che avvolgono,
strangolano i Calati.
Come trovare la via della liberazione? Come ritrovare le
tracce di un mondo nuovo? Problema dell’Europa orientale ed
occidentale, e di tutti gli altri
continenti, ognuno e tutti con
diversi vestiti, stemmi, bandiere,
osanna di tanti « ismi », tra i
quali vi possono anche essere
dei termini ai quali il nome di
Cristo può essere pericolosamente associato.
L’apostolo richiama i Calati:
« O Calati insensati, chi vi ha
ammaliati, voi, dinanzi agli occhi dei quali Cristo è stato ritratto al vivo?» (Calati 3: 1).
Solo l’Evangelo è capace di rifare « liberi », perché i credenti
sono figli di Dio. Solo l’Evange
10 è promessa di libertà perché
11 fa e li rifà « credi » della promessa: uomini che devono diventare maturi e non restare
Finiscono i tempi dei reticolati in Europa. La nostra riflessione sulla
libertà non può prescindere dal riferimento biblico.
minorenni, esseri respcnsabili,
capaci di rispondere come « discepoli ».
Nella storia della chiesa echeggiano i venti della libertà, che
rifiutano le catene ecclesiastiche
o politiche, laiche o religiose, umanistiche o utopistiche.
« Dicendo ’’fate penitenza”, il
Signore volle che tutta la nostra
vita fosse una penitenza ». Così
la prima delle 95 Tesi luterane
dava alla parola di libertà un
contenuto di ravvedimento. Non
esiste una chiesa che non abbia
bisogno di ravvedimento; né vi
è ecumenismo che non debba
essere nutrito di pentimento.
« Libertà » è libertà collegata
con la chiamata di Dio. Il credente e la chiesa sono collegati
con la parola « elezione ».
Alla fine dei suoi giorni Oliviero Cromwell era stanco delle sue battaglie per la Riforma.
Domandava a Dio di avere pietà dei miseri strumenti dei quali egli si era servito. Alla fine
chiamò un pastore e gli domandò: « Può un eletto diventare
reprobo? ». Il pastore, puritano,
sostenitore della dottrina della
predestinazione, gli rispose che
« i doni di Dio sono senza pentimento ». Cromwell concluse:
« Allora anch’io sono chiamato,
perché una volta sono stato nella grazia di Dio ».
« Elezione », termine caro alla
Riforma, esprime l’opera misteriosa e feconda di Dio come promessa di un mondo nuovo che
non conosce tramonto. L’elezione è fonte di libertà, perché genera i figli di Dio e li accompagna con la potenza dello Spirito
Santo.
« Vento di libertà » non può
essere tradotto se non « vento di
responsabilità ».
Fra i migliori traduttori ricordiamo Dietrich Bonhoeffer, pastore luterano, ucciso nel campo di concentramento di Flossenburg l’8 aprile 1945. Bonhoeffer
ci ammonisce che la grazia non
può essere accolta senza sacrificio. Il testimone della libertà
diventa discepolo, altrimenti diventa e resta uno « squillante
cembalo» (I Cor. 13: 1).
La libertà degli eredi di Dio
esige la formazione di uomini
maturi, resi costanti dal maglio
dell’obbedienza.
* * *
Non siamo in grado di giudicare quale sarà il futuro dell’Europa e del mondo. Né la violenza, né il razzismo verranno facilmente sconfitti. Ma la indistruttibile misericordia di Dio
chiamerà sempre e di nuovo gli
uomini al perdono, al ravvedimento e alla libertà.
In questa speranza ci sia concesso di vivere.
Carlo Gay
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 4 FEBBRAIO
ore 23.30 - RAIDUE
Replica:
LUNEDI’ 12 FEBBRAIO
ore 10.00 - RAIDUE
DROGA
L’attuale legge sulla droga
e il problema della tossicodipendenza interrogano i cristiani.
aSV e MASTRO GEPPETTO preaenUna
TERZ0r\
monDopoli
Il primo gioco in Italia
sul terzo morxio
Una proposta otiginaie
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PROTESTANTESIMO IN TV
E’ opinione corrente che in
televisione sia ancora valido
il principio secondo il quale
« un’immagine conta più di
mille parole ».
In realtà la TV sta diventando uno strumento comunicativo sempre più « parlato »:
tenuto acceso per ore come
si faceva (e si fa ancora) con
la radio, magari in cucina,
pronti a buttare un occhio
quando si sente che la trasmis
zionale. E poi, nel giro di duetre secondi, siamo di fronte
all’Arco di trionfo, in una delle tante manifestazioni celebrative del 1789: e a sfilare,
con la scritta « libertà » sui
cartelli, sono gli studenti cinesi residenti in Francia.
La descrizione scritta non
rende l’idea, è l’effetto che
conta; l’accostamento fra suono e immagine produce un
elevato coinvolgimento dello
Protestanti
e rivoluzione
sione si fa interessante. E già
all’orizzonte si approssima la
nuova stagione del « Televideo », informazioni scritte
continuamente a disposizione
del teleutente munito di apparecchio appropriato; uno
schermo da leggere.
E tuttavia qua e là, fra dibattiti in studio, tabelle scritte elettronicamente (dai risultati elettorali alla classifica
della serie A) e telefonate del
pubblico, scorgiamo ancora
quei principi, che furono del
cinema per poi passare anche
al piccolo schermo, che costituiscono il fascino dell'immagine e (in questo caso sì,
a pieno titolo) delVutilizzo di
quest’ultima in rapporto alla
parola da ascoltare.
Nella trasmissione del 21
gennaio, sull’affascinante intreccio tra protestanti e politica in Francia, la prima sezione si è per l'appunto chiusa con un interessante accostamento: parlava il primo
ministro Rocard alla rievocazione del culto protestante
del 7 giugno 1789 (un atto di
testimonianza quando la legge non lo consentiva e la Rivoluzione stava per scoppiare); il suo messaggio si concludeva con l’evocazione di
quanti oggi come allora lottano per la libertà di coscienza (alla base di tutte le altre
libertà), e faceva — fra gli altri — l’esempio degli studenti
cinesi. La musica era quella
del concerto pubblico tenuto
alla Sorbona in quell’occasione ed era impiegata in questo caso « sfasata » rispetto alla sua precisa collocazione
temporale (ovviamente non si
fa parlare il primo ministro
mentre i musicisti suonano).
Ma il materiale così montato
acquista in potenza comunicativa, in informazione emo
spettatore. Se poi, come nel
caso di tutta la trasmissione,
la tesi sostenuta è che la partecipazione dei protestanti
francesi (alle vicende rivoluzionarie prima, e alla politica in seguito fino ai giorni
nostri) è stata determinata da
alcuni convincimenti di fondo
quali la tolleranza, la laicità,
la necessità di essere a fianco di chiunque lotti per la
libertà, allora il quadro di
questi intrecci e legami è completo, e il prodotto audiovisivo raggiunge il suo scopo: utilizzando il linguaggio che gli
è proprio trasmette in pochi
attimi l’evidenza (e quasi Tinevitabilità) di una scelta di solidarietà.
In precedenza Georgina Dufoix, commissario governativo
per la lotta alla droga, il sindaco di Strasburgo, Trautmann, e altri ancora avevano
parlato della loro esperienza.
Louis Schweitz&r, segretario
della Federazione protestante,
aveva richiamato le tappe di
« Christianisme social » e della riflessione di Karl Barth,
e Jean Baubérot aveva aperto
uno sguardo sul futuro del
protestantesimo, futuro di intermediazione culturale. « I
protestanti sono una minoranza: oggi ben integrata nella
società, ma pur sempre minoranza », e questa sensibilità
può facilitare il dialogo tra i
nuovi soggetti dell'Europa
multiculturale. Le strade dell’annuncio del messaggio evangelico di liberazione sono
tante, e ci avvicinano a tutti
i popoli. Anche, in poche inquadrature, agli studenti cinesi. All’Arco di Trionfo e a
quella Tien an-Men che a
lungo il video ci ha portato
in casa.
Alberto Corsanì
Venerdì 2-sabato 3 febbraio, Torinb
Presso il Centro di perfezionamento
professionale e tecnico (c.so Unità
d'Italia, 125) ha luogo un seminario
di studi internazionale organizzato dalla « Berliner Konferenz europäischer
katholiken », dal titolo: » Verso l'Europa del '92 - nuove proposte d,i pace,
sviluppo, cooperazione tra i popoli ».
Relazioni di A. Andruetto, E. Balducci, G. PohI, F. Leonori, H. Schui, E.
Segatti, con inizio alle ore 9 e ripresa pomeridiana alle 15. Sabato seguono altre comunicazioni e le conclusioni sono previste tra le 15 e
le 17,30.
Sabato 3 febbraio. Venezia - Alle
ore 17, presso il tempio valdese (pai.
Cavagnis), Il teologo cattolico Rinaldo Fabris e il pastore valdese Alfredo Berlendis commentano il libro
di Jean-Marie Tillard: « Chiesa di chiese. L'ecclesiologia di comunione ».
Giovedì 8 febbraio, Torinb — Presso
Il Museo del Risorgimento (pai. Carignano), alle ore 17.00, il prof. Giulia
no Gasca Queirazza parla su: « Appelli di rivoluzione in parlata piemontese », per il ciclo: « La rivoluzione
francese e il Risorgimento italiano ».
Giovedì 8 febbraio, Napoli - Alle
ore 16,30, presso il Centro « Emilio
Nitti » di Ponticelli, per il ciclo « Incontri di medicina preventiva », la
dott.ssa Velia Cocca parla sul tema:
« Alimentazione e salute »,
Giovedì 8 febbraio, Roma - Alle
16,30, presso l'Aula magna della Facoltà valdese di teologia, presentazione delle schede dal titolo « Diverso come me », predisposte dal Servizio migranti della FCEI ad uso delle
scuole materne ed elementari.
Domenica 11 febbraio, Roma — Presso il SAE (v. Giusti, 12) alle ore
16.15, per il ciclo « La riscoperta ecumenica della festa », Luis Alonzo
Schòkel, docente al Pontificio istituto
biblico, parla sul tema: » La teologia
della festa nell'Antico Testamento ».
4
4
ecumenismo
2 febbraio 1990
STUDENTI CRISTIANI
SOCIETÀ’ BIBLICHE
Quale missione
in Europa?
Dal 18 al 24 novembre si è '
svolto a Casa Cares (Reggello,
FI) il Convegno teologico del
WSCF (Movimento cristiano studenti). Di seguito si è tenuta
l’Assemblea generale. La FGEI
è membro del WSCF ed era così presente una nutrita delegazione italiana.
L'incontro è stato innanzitutto
positivo per il clima umano che
si era instaurato tra i delegati,
ma al di là di questo anche i
lavori sono stati interessanti. C’è
da dire che si notava uno squilibrio tra il lavoro preparatorio
della commissione teologica e le
discussioni che poi si facevano
nei workshop e nelle assemblee
plenarie. Il primo era interessante ed approfondito, le seconde erano di valore diseguale.
• II problema della missione era
al centro della riflessione di quei
giorni. Oggi l'Europa si trova in
una sostanzialmente nuova situazione multirazziale e multiculturale e ciò comporta molti problemi di integrazione e dialogo
ai quali le singole nazioni sono in maniera diversa impreparate. Anche le chiese risentono
del problema e sono cosi affiorate due tendenze: quella delle sicurezze, di quelli che dicono:
« Vinciamo le anime a Cristo »,
dove però il cristianesimo è anche confuso con la cultura bianca nord-occidentale e l’evangelizzatore funge da integratore culturale, con il conseguente appiattimento culturale e la perdita
della ricchezza delle esperienze
diverse che potrebbero entrare
nel cristianesimo (a parte l’equivoco teologico di fondo). D’altro
canto certe chiese storiche, più
consapevoli, restano immobilizzate davanti al fenomeno multiculturale.
Una via d’uscita potrebbe essere l’intendere la missione come ospitalità. Come si sa il concetto biblico di ospitalità è molto pregnante. La Bibbia insegna
che il destino stesso della chiesa
dipende dal fatto che essa sappia
essere una comunità accogliente
che si prende cura del prossimo
e del mondo. Cristo è l’ospite
del Regno di Dio ed è anche il
buon ospite che muore a difesa di chi si rifugia in lui. La
storia della salvezza stessa può
essere interpretata come un processo di ospitalità.
La chiesa missionaria può quindi abbandonare il suo « complesso del maestro » e divenire una
chiesa ospitale che accoglie e difende i suoi ospiti ed è in cammino verso la stessa speranza
di ospitalità nel Regno di Dio.
Il convegno era denso di spunti interessanti per la riflessione
teologica, anche per le chiese e
i gruppi giovanili che oggi si
trovano a pensare e a testimoniare la loro fede in un momento storico preoccupante, ma anche vitale e denso di aspettative
e possibilità per la presenza delle chiese protestanti in Italia.
Italo Benedetti
Gabriella Lettini
Teoctist dimissionato
Crisi aperta nella Chiesa ortodossa romena. Nel corso di un
Sinodo straordinario, giovedì 18
gennaio, il patriarca Teoctist,
leader dei 16 milioni di ortodossi romeni, ha dovuto annunciare le sue dimissioni. Ora una
commissione di vescovi governerà la Chiesa ortodossa fino alla
elezione, del successore di
Teoctist. Le ragioni di queste dimissioni sono da ricercarsi nell’atteggiamento di aperto sostegno al regime di Ceausescu che
Teoctist aveva sempre tenuto.
Fino all’ultimo infatti Teoctist
aveva sostenuto il regime ed il
24 dicembre scorso aveva redatto un messaggio di Natale in cui
tracciava le lodi del presidente
Ceausescu.
Il messaggio era stato poi pubblicato nei giorni della rivolta
popolare contro il regime. « Questi messaggi in favore del dit
CONSIGLIO ECUMENICO
Solidarietà con gli armeni
« Il Consiglio ecumenico delle
chiese esprime tutta la sua profonda preoccupazione di fronte
alla violenza continua esercitata
nei confronti della popolazione
armena, e che ha causato la
morte di numerose persone sia
a Baku che in altre località »:
così inizia un messaggio della
sig.ra Ruth Sovik, segretario generale ad interim del Consiglio
ecumenico, inviato a Michail
Gorbaciov, presidente dell’URSS,
non appena conosciuta la tragedia consumata dagli azeri nei
confronti delle popolazioni armene.
Nel messaggio la sig.ra Sovik
chiede a Gorbaciov di « prendere
immediate misure volte a garantire la sicurezza e la protezione degli armeni e di rispondere positivamente alle loro legittime richieste ».
Un altro messaggio è stato inviato a Vasken I, capo della
Chiesa apostolica armena; in esso si esprime la solidarietà del
Consiglio ecumenico per il popolo armeno: « ...siamo profondamente colpiti dalla violenza
che continua contro gli armeni
e dalla morte di tante persone.
Pensiamo in modo particolare
alle famiglie delle vittime. Preghiamo per la pace in tutta la
regione... ».
Imparare a leggere
con la Bibbia
Un legame più facilmente riscontrabile nei paesi poco sviluppatiOgni anno sono programmati circa settecento progetti ó\ traduzione
ROMANIA
Il 23 gennaio si è tenuta a Roma presso la sede della Società
biblica in Italia, membro dell’Alleanza biblica universale, la conferenza stampa del dr. Margot e
del prof. Bozzetti sul tema: il lavoro di alfabetizzazione delle Società bibliche nel mondo. Entrambi i relatori sono responsabili
scientifici per le traduzioni dell’A.B.U. nell’Europa e tra i pochissimi specialisti a livello mondiale nella traduzione della Bibbia.
Don Carlo Buzzetti insegna Sacra Scrittura al Pontificio ateneo
salesiano ed è incaricato del « Settore per l’apostolato biblico » istituito dall’Ufficio catechistico nazionale.
« Non si avverte molto il legame alfabetizzazione-Bibbia in Paesi europei come l’Italia — ha esordito il prof. Buzzetti —, ma in diversi Paesi di minore sviluppo
globale, come quelli del Terzo
Mondo e dell’Est europeo, la Bib
bia è per molti il primo libro ad
essere letto. Per l’Europa le traduzioni delle Società bibliche sono
spesso di ampio accesso, per lo
sforzo di rendere il testo biblico
comprensibile anche ai meno alfabetizzati o a quelli che usano poco la Bibbia ».
Le traduzioni delle Società bibliche rappresentano un impegno
veramente notevole se si tiene presente che riguardano le lingue parlate almeno da un milione di persone. Ogni anno vengono portati
avanti 700 progetti di traduzione
con il lavoro di 2.000 traduttori e
60 specialisti. Vengono diffuse annualmente 12 milioni di Bibbie e
12 milioni di Nuovi Testamenti.
Il dr. Jean-Claude Margot, consulente francofono dell’A.B.U., ricollegandosi al lancio della campagna di alfabetizzazione per il 1990
da parte dell’UNESCO e alle statistiche sul numero degli analfabeti nel mondo — 900 milioni di
persone con più di 15 anni — si
è chiesto come le Società bibliche
rispondono allo sforzo di alfabetizzare. « Collaborando — ha risposto — con le Organizzazioni
non governative, con i Governi,
con l’UNESCO sin dal 1972, con i
destinatari locali tenendo conto
delle loro esigenze e rispondendone alle Chiese che sono le sostenitrici delle Società bibliche nazionali ».
Mostrando testi e attraverso
esemplificazioni tratte dalla sua
lunga esperienza nell’Africa e nel
Canada francofoni, il dr. Margot
ha descritto i programmi per i
nuovi lettori e quelli progressivi,
adatti a persone che hanno solo
tre anni di istruzione elementare.
In particolare ha esemplificato la
collaborazione con il Governo del
Ruanda, iniziata Tanno scorso con
una campagna finalizzata a raggiungere 400 mila persone. « Si
pensi — ha concluso il relatore —
che dovrebbero essere prodotti 10
mila fascicoli all’anno e che in
Ruanda su 6 milioni di abitanti
il 40% non sa leggere ».
L’alfabetizzazione
tatare — ha dichiarato Teoctist
— non si potevano evitare.
Tutte le istituzioni erano obbligate a scriverli ». Ma questa
constatazione non è bastata per
calmare gli oppositori, che hanno formato un « gruppo di riflessione per il rinnovamento della chiesa ». Alla testa di questo
gruppo vi sono intellettuali e
teologi ortodossi duramente perseguitati dal regime, tra cui padre Anania, archimandrita in
Moldavia, die ha passato 6 anni
in prigione, e padre Ciobotes, consigliere patriarcale per l’ecumenismo. II padre Anania è considerato come il probabile nuovo
patriarca degli ortodossi romeni.
Nei giorni scorsi anche i vescovi delle chiese riformate erano stati costretti alle dimissioni.
G. G.
L’UNESCO stima che il numero degli analfabeti oggi sia di
900 milioni di persone. Malgrado
i progressi della scolarizzazione,
ci sono 116 milioni di bambini
che rimangono analfabeti in
quanto è arrestata la loro formazione. A questo ritmo è prevedibile che il XX secolo sia
contrassegnato da un aumento
massiccio dell'analfabetismo. Si
prevede che nel Duemila gli analfabeti saranno un miliardo. Tutte le regioni del globo ne sono
interessate.
Se i 3/4 degli analfabeti sono
asiatici, in percentuale è l’Africa che è la più toccata, ma anche l’Europa ed i Paesi cosiddetti avanzati lo sono egualmente.
In Svizzera, ad es., ci sono 30.000
persone marginalizzate perché
analfabete.
Il 1990 — proclamato dalTONU
Anno internazionale dell’alfabetizzttzione — dovrebbe registrare ravvio di una azione più intensiva per uscire da questo ghetto di dipendenza dentro il quale l’analfabetismo getta e mantiene quelli che non sanno né
leggere né scrivere.
L’Anno dell’alfabetizzazione
non è, non deve essere un’operazione orchestrata centralmente. Cosa sarà e quali iniziative
svolgerà dipende largamente da
quello che la gente vorrà fare.
L’azione delle
Società bibliche
Le Società bibliche, secondo
una collaborazione interconfessionale, stanno facendo qualcosa
e possono continuare a dare il
loro contributo nei riguardi della lotta all’analfabetismo.
Dal 1972 le Società bibliche
hanno messo a punto un programma sia per i bambini che
per gli adulti, al fine di offrire
loro testi biblici che permettano di apprendere o di riapprendere a leggere, in modo nonviolento e secondo le necessità locali, nella loro lingua materna.
Questo programma nello stesso
tempo fa scoprire la Parola di
Dio secondo tre gradi: i testi
dei Vangeli e degli Atti, un secondo grado comprendente i Salmi
ed i testi profetici per arrivare
al grado finale degli altri testi
del Nuovo Testamento e della
Bibbia completa.
Questi tre gradi sono associati a cinque tappe, caratterizzate
dalla grandezza delle lettere, dalla lunghezza delle frasi, dalla densità dei testi, dai disegni e dalle immagini che accompagnano
lo sviluppo del programma di
alfabetizzazione.
In venti anni (1968-88) c’è stato un rilevante aumento nella
distribuzione dei testi biblici in
tutto il Terzo Mondo, e specialmente nella regione Asia-Pacifico. Nel 1968 sono state distribuite 21 milioni di Scritture. Nel 1988 più di 300 milioni!
E l’aumento è stato significativo
in tutte le aree della produzione di testi biblici: Bibbie, Nuovi
Testamenti, « porzioni » e « selezioni ». Nel 1989 sono state finanziate porzioni per nuovi lettori
nei Paesi africani del Ghana, Malawi, Ruanda, Uganda, Zaire e
Zimbabwe. In America latina sono programmati altri interventi
in Brasile, Colombia, Perù e Suriname. Nella regione Asia-Pacifico vengono sostenuti programmi per nuovi lettori in Bangladesh, Birmania, Filippine, India,
Indie occidentali, Nepal, Pakistan, Papua-Nuova Guinea, Repubblica cinese, Sri Lanka e Thailandia.
Le porzioni c le selezioni per
nuovi lettori sono destinate appunto a queste popolazioni di...
nuovi lettori.
Le Società bibliche lavorano in
stretto contatto con i Governi
disponibili e con le altre Organizzazioni addette ai programmi
di alfabetizzazione. In molti Paesi il programma per nuovi lettori è stato adottato nelle scuole come metodo di insegnamento e TUNESCO io ha riconosciuto come contributo prezioso nella
lotta contro l’analfabetismo. E
quale strada migliore di quella
di far imparare a leggere una
persona attraverso la conoscenza della Parola di Dio?
Tre azioni
da sostenere
Tra i diversi progetti proponiamo tre azioni precise che richiedono di essere sostenute.
In Camerún i gruppi ecclesiali di alfabetizzazione si sono
dichiarati pronti ad introdurre
nell’insegnamento i testi seguenti per i nuovi lettori: 10.()00 esemplari in Fulfuldè, 8.5(X) in Giziga, 12.0(X) in Undang, 6.000 in
Chamba.
In Brasile, a partire dal 1970
una campagna ufficiale, soprannominata « Mobral », è riuscita
ad abbassare la percentuale degli analfabeti dal 34 al 15%. Le
Chiese e le Società bibliche si
associano a questi sforzi e i testi biblici sono distribuiti nelle
scuole. Per questo anno si prevede di diffonderne 200.000 copie.
In Pakistan, benché il Paese
sia musulmano, una attività delle Società bibliche è possibile,
ma è limitata. L’alfabetizzazione, con il sostegno dello Stato,
offre un’eccellente possibilità di
far conoscere la Parola di Dio.
Le selezioni devono essere però
preparate con una attenzione
tutta particolare per essere accettate. E’ previsto un primo
temno di diffusione: 43.000 porzioni in Urdù e 10.000 in Pundjabi. In seguito, forse sarà possibile la diffusione nelle altre
lingue, come il Marwari, il Siraiki il Dhakti e altre.
Marco Gannito
per la stampa di
libri, giornali, riviste,
locandine e manifesti,
lavori commerciali
in genere
Coop.TIPOGRAFICA
SUBALPINA
Via Arnaud, 23 - S 91334
10066 TORRE PELLICE (To)
5
2 febbraio 1990
ecumenismo
PARIGI: COLLOQUIO INTERNAZIONALE ORGANIZZATO DALLA CIMADE
Europa '93. Donne... quale avvenire?
La società europea, sempre più coinvolta nel confronto con altre culture e altre tradizioni, è attraversata da una
serie di contraddizioni sull’identità e sul ruolo delle donne: alcuni esempi e alcune indicazioni per superarle
Era questo il titolo del colloquio organizzato dalla CIMADE
— servizio ecumenico di cooperazione — nel quadro delle celebrazioni per il suo cinquantesimo anniversario, svoltesi a Parigi dal 6 all’S ottobre 1989.
Quali diritti, quale « status » per le immigrate e le rifugiate in Europa? L’obiettivo era quello di elaborare progetti,
creare come dei « fronti di resistenza », abbozzare delle risposte
ai numerosi interrogativi di identità che si pongono, partendo
da una visione globale del posto fatto alle donne in Europa, un
posto che risulta a volte stretto.
Si è anche riflettuto sul ruolo del fattore religioso all’interno della società civile nei diversi paesi europei, e sulla sua
funzione che a volte è di apertura, a volte di chiusura nei confronti delle donne.
minile in alcune situazioni. Fino
al 1938 la donna francese non
aveva diritto di avere la sua posta personale, il marito la poteva aprire. Lui determinava il
domicilio, poteva proibire alla
moglie di avere una professione. A livello europeo sembra che
non ci sia niente di nuovo.
Con la qualificazione professionale delle donne, ci sono più donne sole. C’è un progresso nelle
responsabilità, ma una perdita
nell’evoluzione delle strutture
sociali e familiari.
Attualmente le donne sono portatrici di liberazioni e di speranze.
Alcuni flash: una martinicana
diceva; « Nel nostro paese siamo un’importante forza di lavoro inutilizzata. A livello economico le donne contano poco. .A
livello sociale gli uomini sono
coscienti della forza delle donne, ma le convincono che sono
incapaci ».
In una zona di confine come le
Alpi marittime, dove ci sono molti italiani, si constata che nelle
scuole elementari le bambine sono numerose, ma poi diminuiscono nella scuola secondaria; si
orientano verso il cucito o la pettinatura... anche se poi i clienti
diranno che non vogliono « essere toccati da un’araba »; si nota contemporaneamente che quelle che riescono all’università sono più brillanti dei loro colleghi maschi. E un grosso problema che rimarrà da affrontare è
quello dell’equipollenza dei diplomi.
Psicologhe, sociologhe, donne
avvocato... ci hanno spiegato che
chi è obbligato a lasciare il proprio paese si sente colpevole, e
mette in questione la propria
scelta. Come sposare un’altra
cultura senza perdere la propria
identità?
I problemi di lin^a portano
ad una dequalificazione professionale. Una donna medico che
diventa casalinga ha tendenza a
ripiegarsi su se stessa, a condurre una vita « tra parentesi ». La
maggioranza delle donne assume più responsabilità degli uomini, è felice di sentirsi solidale con la lotta delle donne
europee.
Un’esule politica cilena ha spiegato che le donne non erano coscienti di essere sottomesse, si
credevano liberate. Quando sentivano parlare di femminismo
pensavano che non fosse problema loro; militando per cambiare
la società « credevano che automaticamente sarebbe migliorata
la loro situazione; nella sinistra
si negava l’esistenza di questa
differenza ». L’esilio viene vissuto in diverse tappe: prima c’è
un sentimento di lutto (« il lutto
di essere qui ed essere viva»);
si idealizza il proprio paese, si
rifiuta la nuova società. Poi si
contrappongono due tipi di norme. C’è crisi, ci si sente dispensate da certe cose: « Ti senti ammalata, un po’ matta ». Nasce
la solitudine, perché ti senti di
essere in una situazione di rottura, di tradire, di dimenticare.
Parallelamente, per le militanti,
c’è il crollo dei modelli teorici,
delle certezze. Accettare di essere tutti trasformati: potrebbe
essere il nostro impegno.
Quando le immigrate vengono
da culture in cui era sancita la
loro disuguaglianza, quest’ultima tende qui ad accentuarsi. Infatti mariti, fratelli e padri pesano di più neH’affermare che
essi non sono inferiori agli europei (per esempio sul lavoro).
Non mancano le contraddizioni; una nera che lotta con la sua
associazione contro la poligamia
chiede: cosa fare, quando lo stato francese permette che la seconda moglie di un africano lo
possa raggiungere in Francia?
Nei conflitti di legge tra un paese e l'altro c’è spesso il gioco
neocolonialista di alcuni magistrati reazionari.
Una giovane araba contesta la
cultura occidentale: « Non farei
mai la pazzia di mettere mia nonna in un asilo dei vecchi ».
Una ricercatrice europea spiega che nei paesi europei le donne hanno uno status derivato,
non personale, assoggettato. Nei
testi giuridici è raro trovare la
parola « donna »; si trova il
diritto del lavoratore uomo, la
donna è sottintesa.
La donna migrante divorziata,
o abbandonata — spesso a causa della politica migratoria euroipea — non ha diritti. Molte
ragazze straniere spariscono, sono riportate nel loro paese d’origine per un matrimonio forzato;
se avessero uno status personale potrebbero tornare.
Il diritto francese è sempre
astratto. Il soggetto del diritto
è unisex, impersonale. Ne è stata cancellata la specificità fem
Donne, femministe,
prospettive in Europa
Maria Lourdes de Pintasilgo,
ex primo ministro portoghese,
deputata europea, delinea per le
donne due spazi che s’intrecciano: uno geografico ed uno sociologico.
In Un certo momento della
storia l’Europa ha avuto una tendenza espansionistica (compresa
la Svezia, paladina della non-ingerenza e del pacifismo). Attualmente c’è inquietudine nell'ordine stabilito dalla seconda guerra mondiale. Il pericolo è che la
sola economia sia motore della
comunità europea. Tutti i giorni
ci sono fusioni di imprese, che
non vengono più chiamate multinazionali. Ma l’aumento della
produzione serve ai bisogni di
chi? Il contributo proprio delle
donne è quello di spingere affinché l’economia sia al servizio
della persona.
I paesi della comunità guardano alle donne come facenti parte
di una zona « seconda ». Nelle
legislazioni le donne esistono solo se legate a un lavoratore (per
esempio per gli assegni di vedovanza), cioè le donne non sono
cittadine a pieno titolo. Qccorre
rivedere questa legislazione, che
risale all'industrializzazione del
XIX secolo. Quanto costerebbe
dare alle donne diritti propri e
non diritti « derivati »?
Tutto questo sarebbe importante per l’integrazione di donne
di altri continenti. Finché le donne non saranno riconosciute come soggetti con diritti propri,
sarà sempre così. L’opportunità
per un salto in avanti è che le
donne si riuniscano e si proiettino in altre realtà. Non basta
parlare di « accesso delle donne
a... », ma occorre affrontare tutte le tematiche, e ciò è possibile solo se le donne faranno emergere la loro cultura, finora invisibile...
« Sono entrata nel bastione
maschile per sopravvivere ». Una
cultura ancora soffocata inco
Tevoluzione dell uomo
Nonostante
l’impegno di tutti
in molte battaglie
di liberazione
sociale,
la condizione
della donna
è lontana
dal trovare
mincia qua e là ad emergere, e
crea uno spazio sociale in cui
la persona umana, e la vita, hanno la precedenza: e questo non
riguarda solo i problemi delle
donne, ma ogni aspetto sociale
ed umano.
Non si sono inventate nuove
forme di democrazia che completino quelle che già esistono.
Bisogna rivedere tutto: è il nostro combattimento. E’ necessario un allargamento del concetto di partner sociale, e le asso
ciazioni femminili devono avere
un posto.
Parallelamente all’Atto unico
firmato dai capi di stato dovranno essere presenti intenti sociali e culturali. L'ingiustizia generalizzata che regna sul pianeta,
di cui i dodici della CEE sono
complici, è da affrontare insieme alla contraddizione ideologica maggiore che divide gli europei.
a cura di
Marie-France Maurin Coisson
una piena
realizzazione.
LINEE DI LAVORO
Alcune raccomandazioni
Visto che
— nella società sempre più
pluriculturale c'è una reazione
xenofoba dovuta a un passato colonialista e nazionalista (per ora,
nel modo europeo di concepire
l'integrazione non si lascia l’altro
nella sua integrità)
— sul piano economico c’è
discriminazione, disuguaglianza fra
uomo e donna nell’impiego, nella
rimunerazione, nella formazione (e
non si tratta di chiedere l’uguaglianza con quello che esiste, ma
di criticare tutta l’Europa, altrimenti le donne saranno escluse)
— poche donne sono inserite
nelle istituzioni, per cui le loro rivendicazioni non sono abbastanza
difese, e inoltre troppe donne ancora non aderiscono alle lotte delle donne
— le donne non hanno uno status individuale, ma derivato da
un uomo, e da un uomo lavoratore
— le giovani Immigrate sono più
disponibili a integrare nuovi valori, sono attrici e innovatrici (ma
bisogna stare attenti al pericolo
del culturalismo da parte di gruppi non solidali che vogliono utilizzare le donne contro l’insieme del
gruppo)
sono state avanzate alcune proposte:
— Riconoscere lo status di rifugiata alle donne che sono vittime nel loro paese solo perché
donne.
— Riscrivere la storia, che è
stata deformata da un potere dominante; infatti non si trova trac
cia del ruolo delle lotte delle donne nei libri scolastici.
— Fare insieme una lettura liberatoria dei testi sacri delle grandi
religioni. Per i cristiani, una rilettura della Bibbia inscritta nella dinamica liberatoria ispirata aH’evangelo.
— Fare attività promozionale
delle donne e delle straniere, con
l’appoggio di diverse associazioni,
per fare pressione sulla CEE affinché le nuove legislazioni si allineino con quelle che sono più favorevoli alle donne.
— Rivendicare uno status in
Europa anche per le donne non
europee.
— Ottenere finanziamenti per azloni locali e regionali.
— Formazione di leader donne
straniere, per dare forza alle associazioni. Mettere in evidenza il
nostro modo di lavorare insieme
su un piano orizzontale.
— Progetto di una « Carta delle donne residenti in Europa »,
europee e non europee.
— Approfondire le riflessioni
sulla condivisione del lavoro, la
condivisione del tempo di lavoro,
che sarà uno dei grandi temi degli anni 2000. Riduzione del tempo
di lavoro per tutti.
— Rivendicare un reddito decente a livello europeo, indipendentemente da un lavoro salariato.
— Vivere un riconoscimento sociale che non sia dipenden,te dalla produttività salariata.
— Facilitare i processi che vanno nel senso della liberazione,
impegnandoci con altre donne e
uomini in cammino.
Itili:
6
fede e cultura
2 febbraio 1990
IN LIBRERIA
DIBATTITO A TORINO
In corteo ad una manifestazione operaia.
voro umano. Entrarono così in
scena il sistema computerizzato
e la robotizzazione, che sottrae
potere al lavoro umano. Vennero creati i « polmoni », magazzini intermedi, i quali riuscirono
a far « respirare » il ciclo produttivo, anche quando qualche sua
componente si inceppava.
Secondo l’autore la sconfìtta
operaia trova la sua origine nella « mancanza assoluta di una
organica visione del mondo, autonoma e contrapposta a quella Fiat ». Tutto questo diede luogo non ad un semplice riaggiustamento dei rapporti di forza a
favore di Agnelli e Romiti, quanto ad una sconfitta operaia e sindacale che portò alla dissoluzio
ne del soggetto collettivo che per
un decennio fu alla guida delle
lotte.
Le riflessioni e le ipotesi esposte nel libro sono militanti, sicuramente di parte — come lo
stesso autore afferma — ma non
per questo inficiano l’acuta intelligenza della ricerca, che aiuta
il lettore a comprendere alcune
trasformazioni significative avvenute in uno dei più importanti
poli del capitalismo italiano e
nello stesso movimento sindacale e operaio.
Renzo Tibaldo
L’emisfero Fiat
Torino come laboratorio politico e sociale - La sconfitta operaia
dell’autunno ’80 - Processo produttivo e lavoro umano; nuovi rapporti
-Analizzare il ruolo svolto dalla Fiat nel contesto economico,
politico e culturale italiano è
certamente un’impresa defatigante, anche perché la penetrazione del potere Fiat non è mai
parziale e settoriale, ma sempre
ricomposta in un’organica visione di controllo egemonico sulla
società. Non a caso Torino, ogniqualvolta è deflagrato il conflitto con il colosso dell’automobile, si è trasformata in un laboratorio politico e sociale.
Questo lavoro di analisi e di
ricostruzione storica ci viene offerto da un recente libro di Marco Revelli (Lavorare in Fiat) il
quale tenta — in buona parte
riuscendoci — di ricomporre il
mosaico del pianeta Fiat.
La ricerca sonda in profondità
i diversi aspetti delle trasformazioni avvenute nel grande polo
industriale dell’auto dagli anni
’60 ad oggi. Nella Fiat vallettiana la rigidità del sistema di produzione, scandito dalla fissità
delle procedure della catena di
montaggio, e della sua stessa
conduzione politica, guidata secondo un « modello burocraticomilitare sabaudo », nascondeva
in se stessa il germe della sua
debolezza. Infatti al termine degli anni ’60 il rapporto uomomacchina era sospinto fino ai
limiti della tolleranza fisiologica
e questo, insieme alla immigrazione di massa e all’espansione
occupazionale, mise in mano ai
lavoratori un potere eccezionale.
I ritmi scanditi dall’apparato
meccanizzato di produzione furono totalmente scardinati quando si inceppò il sistema di controllo individuale ed emersero i
movimenti collettivi e socializzanti sul piano politico e sindacale. Movimento che incentrò la
sua critica all’organizzazione del
lavoro, al potere e al salario. Lo
stesso sindacato viene messo in
crisi da questa emergente cultura della comunità e della spontaneità operaia, la quale privilegiava l’agire conflittuale a quello negoziale.
La fase che si instaura dal 1969
al 1974 è contraddistinta dalla
crescita della consapevolezza operaia, mentre la fase che segue,
quella che intercorre dal 1975 al
1979, è la tregua prima della tempesta. L’annuncio, nell’autunno
del 1980, di quasi 15.000 licenziamenti è la cartina di tornasole di profondi mutamenti, in
gran parte già avvenuti, non solo nel tessuto produttivo, ma anche in quello politico e nella
mentalità collettiva. All’interno
della fabbrica la maggior vivibilità distende la carica combattiva, mentre — potremmo aggiungere noi — l’assenza nella società delle grandi trasformazioni
politiche attese fa calare la
tensione partecipativa. La comunità operaia si ritira negli anfratti del privato e della difesa
dell’acquisito, mentre la dimensione politico-istituzionale del negoziato riconquista il monopolio
per anni assunto dalla spontaneità operaia. Intanto l’iniziativa
terroristica semina sconcerto,
paura, diffidenza e inizia a dividere i lavoratori.
in questo favorevole contesto
la logica della politica Fiat di
operare la destrutturazione di
ogni antagonismo operaio e sindacale può snodarsi secondo le
sue due direttive essenziali.
I_a prima, concretizzatasi grazie alla cassa integrazione, di
smantellamento dei settori più
combattivi del movimento sindacale utilizzando vere e proprio
liste di proscrizione. La seconda, che si era già consolidata nel
tempo, di modifica strutturale
del sistema produttivo, riducendo drasticamente la dipendenza
del processo produttivo dal la
Ebrei e cristiani:
rapporto difficile
Wl. REVELLI, Lavarare in Fiat, Milano, Garzanti, 1989, pp. 140, L. 13.500.
« Non ho mai nutrito odio nei
riguardi del popolo tedesco (...)
ma non posso dire di capire i
tedeschi: ora, qualcosa che non
si può capire costituisce un vuoto doloroso, una puntura, uno
stimolo permanente che chiede
di essere soddisfatto ». Così scriveva Primo Levi nella lettera di
congedo al traduttore della versione in tedesco di « Se questo
è un uomo », esprimendo l’angoscia e la difficoltà di ricostruire
un rapporto corretto e accettabile con questo popolo dopo i tragici eventi di Dachau e Auschwitz. E proprio da Auschwitz
o meglio, dal Carmelo ivi costruito, hanno preso l'avvio gli interventi di Stefano Levi Della Torre e Daniele Garrone, invitati dal
Centro evangelico di cultura a
portare il loro contributo sulla
complessa e secolare difficoltà di
rapporti tra ebrei e cristiani.
Levi Della Torre, saggista eclettico e brillante, ha condotto
un’analisi spietata quanto puntuale delle paure ataviche e dei
complessi inconsci che affliggono il cristianesimo nel travagliato rapporto che lo lega al popolo
d’Israele. Strumento vano e tuttavia ricorrente per superare queste insicurezze e inquietudini è
stata per secoli la cosiddetta
« teologia della sostituzione », che
mira a destituire l’ebraismo dalla sua condizione di popolo eletto per sostituirgli il cristianesimo, come vero e unico popolo
illuminato al servizio di Dio. Gli
ebrei hanno tradito il patto di
Abramo con il Signore e per questo sono rimproverati e chiamati indegni dai loro stessi profeti, essi hanno adorato il vitello
d’oro perdendo così l’eredità che
li legava, attraverso i loro padri, a Dio.
Segno inequivocabile, nella sto
LA NUOVA RIVISTA « IMMEDIATI DINTORNI »
Jung e la paura del buio
A primavera del ’90 uscirà il
secondo numero di una interessante rivista. Immediati dintorni,
che, come recita il sottotitolo,
vuole raccogliere « un anno di
psicologia e di scienze umane », e
che viene a colmare un vuoto
della cultura italiana; l’intreccio
tra la psicologia e i suoi « immediati dintorni » — secondo un titolo del poeta Vittorio Sereni —,
e cioè la filosofia, la linguistica,
la storia delle religioni, la mitologia, l’arte, la drammaturgia, la
teologia. Il veicolo è il pensiero
di Jung, recuperato negli ultimi
anni in Italia nel ventaglio di una
nuova ricerca culturale pluralistica, dopo essere stato sbrigativamente liquidato a lungo come
« mistico e irrazionale ». Immediati dintorni, dunque, intorno a
un fulcro, quello della psicologia
analitica, il cui settore specifico è
curato da nomi quali Augusto
Romano, Marco Gay, G. Moretti.
Ed è proprio Marco Gay, il
direttore responsabile, a tracciare nella sua premessa le linee
direttive della nuova rivista, che
« anno per anno pretende di segnalare ai lettori transiti, passaggi, nessi non sempre evidenti
ma pur presenti. Vuole ritagliare
un orizzonte junghiano nel vero
senso del termine, aperto e fluido,
all’interno del quale le altre discipline conservino appieno la
loro autonomia. Sono spesso
queste che suggeriscono alla psicologia ipotesi interpretative, e
non viceversa ».
Una prima densa sezione è dedicata ad esempio a « Bachelard
in Italia»; la riscoperta di un
filosofo alquanto ignorato nel
nostro paese, la cui ricezione è
avvenuta in varie ondate, sempre
parziali rispetto alla complessità
del suo pensiero, e soprattutto
sul versante epistemologico. Solo
adesso inizia la pubblicazione,
per di più molto discussa, della
sua tetralogia degli anni ’40 dedicata all’elaborazione della teoria dell’immaginazione materiaie: un contributo fondamentale
alla teoria deH’immaginazione e
alla critica letteraria. Letteratura, arte, poesia, alchimia; ecco
terreni ed approcci comuni al
pensiero junghiano.
Altrettanto significativa è l’ultima sezione, dedicata alla personalità e all’opera di Furio Jesi, lo studioso scomparso pochi
anni fa immaturamente a Torino, « mitologo, germanista, storico, antropologo, archeologo,
etnologo, studioso di mistica
ebraica, egittologo, poeta, narratore » (De Pas); gli autori che
qui lo presentano hanno fatto o
fanno parte quasi tutti del gruppo Bavel-Levav « il cui scopo è
quello di diffondere la cultura
ebraica... promuovendo una cultura essenzialmente laica, che assuma la pluralità e la differenza
a fondamento della propria riflessione e del proprio statuto conoscitivo » rivisitando « nel quadro
della riflessione contemporanea
sulla crisi della ragione », gli
stessi grandi autori della tradizione ebraica, da Scholem a W.
Benjamin, da Adorno a Wittgenstein, a Freud fino allo stesso
Jesi, all’interno del panorama
italiano.
Se poi tutta una serie di contributi critici si appunta, nella
corposa parte centrale, su aspetti più squisitamente psicologici, i
« nuovi spazi di psicologìa analitica », una serie di scritti su
Jung e il nostro paese (in particolare la cultura e l’editoria) fa
egregiamente il punto di quella situazione di trasformazione
che rende molto mutato, secondo
quanto notava nella sua premessa Marco Gay, il panorama culturale italiano negli ultimi quindici armi ; « Da un monopolio cattolico-marxista, che di fatto mortificava spesso la diversità, ci siamo aperti a un ventaglio così
variegato di esperienze culturali
da sembrare quasi frammentario ».
E’ questo il caso dell’intenso
saggio di Luisa Passerini « Jung
e la cultura italiana », che potrebbe significativamente essere
letto come l’orizzonte storico-critico in cui situare il progetto della rivista. E’ un’analisi molto efficace e pertinente di quel « timore del buio » che ha percorso
la cultura di sinistra italiana fino agli anni ’70 e che si compendia in quell’osservazione di Ernesto De Martino per cui « la politica e la storia, soprattutto del
movimento operaio, avevano
troppo a lungo ignorato gli aspetti oscuri dell’individuo e della
specie ». Si è animata così una vera e propria esorcizzazione dell’opera di Jung, a causa anche di
un perdurante « pensiero dicotomico » della cultura italiana di
quegli anni. Dopo un necessario
lavoro di « sgombero delle macerie », nota l’autrice, è forse possibile rileggere e discutere oggi
di lui « con qualche ingenuità »,
riaffermando il diritto all’« eclettismo critico e consapevole ».
Piera Egidi
Immediati dintorni. 1989. Pierluigi
Luhriua Editore, pp. 332, L. 40.000.
riografia tendenziosa della Chiesa cristiana, delle colpe degli
ebrei è stata la caduta di Gerusalemme ad opera di Tito nel
70 d. C., con il conseguente inizio
della diaspora. Benché disperso,
spesso perseguitato, quasi sempre mal tollerato, il popolo di
Israele non ha però cessato mai
di esistere e per secoli « ha soffiato sul collo » del cristianesimo, costringendolo a coesistere
con la pesante eredità di un fratello che da un lato si vorrebbe
morto ma che si sa essere ben
vivo e presente. Nel corso dei
secoli, frutto di questa insofferenza e di questo mal posto travaglio, sono nate decine di maliziose leggende e di incredibili
aneddoti sulle usanze, persino
sull’aspetto fisico di questo popolo.
Ancora nel 1946 in Polonia fu
condotto l’ultimo pogrom (persecuzione) contro gli ebrei sotto
l’accusa infamante quanto antica che essi impastavano l’azzima con il sangue dei bambini
cristiani, mentre le SS facevano
confezionare mutande, che venivano poi distribuite agli ebrei
prigionieri nei lager, con i manti
di preghiera sequestrati nelle sinagoghe, perpetuando un vilipendio antico quanto l’antisemitismo.
La religione cristiana continua
inesorabilmente a dover fare i
conti con questa « eredità », per
certi versi imposta dalla storia,
che rappresenta una variabile incontrollabile il cui frutto forse
più evidente è il disagio che si
accompagna aH’accostamento tra
Antico e Nuovo Testamento. Due
testi che contengono messaggi
profondamente diversi, dettati da
circostanze storiche susseguenti
eppure così lontane tra loro.
L’Antico Testamento, ha sottolineato Daniele Garrone che insegna questa materia alla Facoltà valdese di teologia, ha sostanzialmente lo scopo di fondare
l’identità del popolo ebraico, di
definirne i caratteri, di tracciarne la storia, le speranze e persino le colpe nel quadro principalmente del suo esclusivo e
complesso rapporto con Dio. E
allora si comprende come e quanto sia difficile per i cristiani conciliare un testo così profondamente ebraico con la loro cultura e soprattutto con il rifiuto
di volere riconoscere l’eredità e
il « debito » storico che li legano agli ebrei. Così non potendo
eliminare, come pure qualcuno
radicalmente tentò di fare in
passato, l’Antico Testamento dal
bagaglio di fede e cultura del
cristianesimo, si è vanamente
cercato nella coscienza collettiva
di sottrarlo agli ebrei e di appropriarsene in maniera esclusiva. Del resto il cristianesimo, che
si proponeva come il compimento del messaggio e dell’annuncio del Vecchio Testamento, è ricaduto ben presto in una condizione di attesa dalla quale avrebbe voluto a tutti i costi distinguersi e che raccomuna invece per molti versi a quella degli ebrei.
Si tratta dunque di due religioni nate da uno stesso ceppo
che hanno percorso cammini destinati a intersecarsi ripetutamente, talvolta a sovrapporsi, e
che continueranno a farlo hon
gré mal grò in un perenne raffronto, che non è destinato certo ad esaurirsi. Il messaggio conclusivo di Daniele Garrone, che
è poi stato il motivo conduttore
di tutta la serata, ha indicato la
necessità comune di rendere quel
raffronto un dialogo corretto all’insegna della disponibilità e
scevro da ogni pregiudizio nella
speranza, magari, che quella
« puntura » e quello « stimolo
permanente » di cui parla Primo
Levi vengano, se non soddisfatti,
almeno alleviati.
Michele Vellano
7
t
2 febbraio 1990
fede e cultura
COMITATO CENTRALE DEL CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE
La concezione cristiana delia salute,
della guarigione e dell’Integrità
Le cause sociali, economiche e spirituali delle malattie non sono meno importanti di quelle bio-mediche - La vita
è un dono di Dio: I annuncio della salvezza e quello della guarigione si situano al centro stesso della buona novella
L’idea base che esce dai colloqui è il fatto che la salute non è
per prima cosa un fenomeno medico. Mentre una tecnologia sempre più sofisticata e costosa viene
creata ed utilizzata per quella che
si chiama « l’industria della salute », la realtà quotidiana dimostra che la maggior parte dei problemi della salute non rientrano in
quella sfera. Le Chiese sono chiamate a riconoscere che la malattia ha cause socio-economiche e
spirituali altrettanto fondamentali
di quelle bio-mediche.
Giustizia e pace
Nel mondo d’oggi la prima causa della malattia è la povertà, sia
che essa derivi dall’oppressione o
dallo sfruttamento delÌ’uomo sul1 uomo o dalle guerre. Ecco perché
i vaccini, le medicine ed anche la
stessa educazione sanitaria non
possono migliorare in modo significativo la malattia dovuta alla povertà. Le Chiese devono dunque
capire che occorre porre in primo piano la questione della giustizia, questione che deve essere
sollevata in tutti i centri di potere
ed a tutti i livelli, locale, nazionale, regionale e mondiale.
1 profeti hanno denunciato a
suo tempo l’oppressione e lo sfruttamento dei poveri. Gesù ha iniziato il suo ministero citando la
profezia di Isaia che proclama la
liberazione dei prigionieri, la vista
restituita ai ciechi e la buona novella annunciata ai poveri. Numerose persone che hanno partecipato a questi studi hanno affermato che occorre accompagnare i poveri e gli esclusi nelle loro lotte
perché, secondo loro, lavorare per
la liberazione dei poveri è un contribuire alla loro guarigione.
Quando ci mettiamo al servizio
dei poveri, scopriamo che essi hanno molto da darci. 1 cristiani che
combattono per la giustizia e i diritti dell’uomo comprendono meglio che cos’è la potenza di guarigione di Dio ed imparano — confidando in lui — a vincere la di
Come preannunclato in occasione della pubblicazione del documento del Comitato centrale
del Consiglio ecumenico delle chiese (Mosca
1989) riguardante i problemi relativi ai temi
della biotecnologia e delle manipolazioni genetiche (numero del 22.9.’89), pubblichiamo ora
un altro testo concernente i problemi della salute, della guarigione e dell’integrità della
persona.
La Commissione medica cristiana del CEC,
anziché affidare questi temi alla riflessione accademica di un determinato gruppo centrale,
ha preferito farli discutere alla base ed ha così
organizzato negli scorsi anni una dozzina di colloqui in tutto il mondo, distribuiti nei singoli
continenti. Successivamente, venne creato un
comitato consultivo con l’incarico di riportare
tutte le conclusioni a cui i vari gruppi erano
giunti, conclusioni di cui diamo qui appresso
una sintesi.
sperazione ed il timore della
morte.
Qualsiasi visione realistica della
salute passa anche attraverso la
presa in considerazione di tutte le
morti dovute ai conflitti armati e
ad altre forme di violenza politica
che continuano a venir esercitate
durante gli anni ’80. Per migliaia
di persone, vittime del terrorismo
e dei conflitti che esso comporta,
con le sue torture, con le sue car
ceri e con tutte le altre forme di
violazione dei diritti della persona, l’integrità fìsica è radicalmente impossibile.
Le stesse Chiese hanno spesso
dato prova di un condiscendente
paternalismo quando, nel fornire
dei servizi sanitari, hanno allo stesso tempo impedito alle comunità
di ricorrere alle proprie risorse e
di diventare autonome. Dipendere
da risorse esterne sul piano sanitario è assai più profittevole ai ricchi ed ai potenti che non ai poveri. 1 colloqui organizzati dalla
Commissione medica cristiana
hanno permesso di riscontrare
peraltro un gran numero di esempi di programmi che hanno potuto
aiutare le comunità ad imparare la
condivisione delle responsabilità e
metterle in condizione di sradicare al loro interno le cause principali di malattia e di morte.
Salvaguardia
della creazione
La malattia inoltre deriva in
buona parte anche dal male che
facciamo a noi stessi, sia individualmente, sia collettivamente.
Per ignoranza, per avidità o semplicemente per mancanza di padronanza su noi stessi, possiamo
riportare danni fisici, mentali, spirituali ed ecologici che le tecniche
mediche non sono le più qualificate a trattare.
Si stima che nei paesi industrializzati più dell’SO per cento delle
malattie e delle morti sono collegate alle condizioni di vita: la
« modernizzazione » che cresce or
mai a livello planetario accresce
rapidamente la gravità del problema. L’aumento delle malattie cardiache, dell’ipertensione e del
diabete ha seguito, in molti paesi,
lo sviluppo industriale, man mano
che esso portava i lavoratori a
modificare il loro regime alimentare ed il loro modo di vivere e,
parallelamente, all’accresciuto uso
di sostanze tossiche come l’alcol
ed il tabacco.
Quanto alla proliferazione delle
scorie nucleari, conseguenza della
corsa sia per la supremazia tecnologica che militare, perseguita da
tante nazioni, grandi e piccole, essa mette in pericolo l’intero pianeta. Qggi, il valore massimo è dato
dal materialismo e non dalla comunità: il conseguente — e crescente ■— inquinamento minaccia
la vita delle persone come quella
degli animali e di tutto ciò che
vive.
Le Chiese sono chiamate a difendere l’integrità del creato e a
contribuire alla sua salvaguardia
— a cominciare da quella del
corpo umano — perché questo
compito fa parte integrante dell’Evangelo.
La dimensione
spirituale
La dimensione spirituale è un
elemento capitale per la salute.
Certe persone, pur viventi in estrema povertà, vivono in buona salute, mentre tante altre che vivono
nell’abbondanza sono malate croniche. Per qual motivo? La stessa
medicina comincia a scoprire questa verità biblica, che le nostre
convinzioni e i nostri sentimenti
sono i migliori e i più potenti strumenti di guarigione che esistano,
mentre le colpe non chiarite, la
collera, il rancore, il senso della
vacuità di ogni cosa si rivelano come sentimenti capaci di annullare
totalmente il potente sistema immunitario che controlla la nostra
salute; per contro, i rapporti di
amore che uniscono l’individuo ad
una comunità contribuiscono grandemente a rinforzare questo sistema immunitario. Coloro che vivono in armonia di cuore con Dio
e con il loro prossimo sono in grado di superare meglio le tragedie
o le sofferenze della vita e la loro
lotta li fortifica.
La vita è un dono di Dio: quando scegliamo di dare una dimensione spirituale alla nostra vita,
noi scegliamo una vita di abbondanza e di compiutezza. Coloro
che confidano neil’amore incondizionato di Dio diventano liberi di
amarsi gli uni gli altri e di realizzare con essi, nella condivisione
e nel perdono, una comunità di
guarigione. Troppo spesso le Chiese hanno fatto della confessione
un esercizio obbligatorio e comportante una condanna e si sono
servite di quello strumento per
escludere certe persone dalla comunità cristiana. Tanto a livello
locale quanto a livello mondiale,
l’unità dei cristiani non può realizzarsi e svilupparsi se tutti quanti
non si accorderanno per assumersi
il rischio della spoliazione, della
fraterna confessione, dell’ascolto e
della cura dell’altro.
L’Evangelo si indirizza direttamente a questa realtà spirituale
che è la salute. Meglio ancora: la
certezza che l’intervento di Dio
nella storia, in Cristo, porta al
mondo la salvezza e la guarigione
è al centro stesso della buona novella. E’ in questo senso che il
pastore Emilio Castro (ndr: segretario gen. del CEC) ha potuto dire,
in occasione del primo colloquio
della serie, che « il ministero della
guarigione procede dall’essenza
stessa della Chiesa ».
(Traduzione di
Roberto Peyrot)
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8
8 vita delle chiese
2 febbraio 1990
UNA RESPONSABILITÀ’ PER TUTTI
CORRISPONDENZE
Perché catechismo
e scuola domenicale?
La fede non si può « insegnare »; il compito a cui la comunità non si
può sottrarre è quello di annunciare l’Evangelo a bambini e ragazzi
Perché scuola domenicale e catechismo? Sembra una domanda
inutile o provocatoria. Invece,
con questa domanda noi sentiamo che viene messa in questione la nostra fede.
Noi facciamo scuola domenicale e catechismo perché non possiamo fare a meno di annunciare con allegrezza, con riconoscenza e con passione che Cristo è
il centro del mondo e in lui soltanto sono riposti il senso della
nostra vita e ogni speranza.
A monte di tutto, quindi, è
l’amore che ci spinge, quell'amore gratuito di cui tutti gli uomini sono oggetto da parte di
Dio, anche se non lo sanno, e
a cui chi ha avuto il dono della
fede vuol tentare di dare una
risposta.
Non saremo noi, monitori e
catechisti,. che porteremo i ragazzi alla fede. La fede non si
insegna, ma l’Evangelo deve essere annunciato. La fede non si
trasmette, ma può essere preparato il terreno per una successiva accettazione della chiamata
da parte di Dio.
Fare scuola domenicale e catechismo significa dunque, innanzitutto, predicare l’Evangelo
a bambini e ragazzi e fornire loro (nelle forme adeguate alle diverse età) gli strumenti culturali
e umani in vista della fede e del
l’impegno in una comunità di
credenti, gli strumenti necessari
perché, da adulti, possano scegliere consapevolmente la propria responsabile linea di vita;
— conoscenza della Bibbia,
mediante un metodo corretto di
lettura e attraverso il riconoscimento del percorso di fede degli
uomini che l’hanno scritta, al fine di rapportarsi ad essa in modo concreto nella realtà attuale;
— conoscenze storiche adeguate a una comprensione chiara dei principali fondamenti teologici protestanti;
— discussione e confronto reciproco, alla luce della Parola,
su temi e problemi personali e
sociali, perché i ragazzi imparino a discernere, ad assumersi le
proprie responsabilità, a comprendere che l’Evangelo non è
una dottrina né un’esperienza interiore, ma una nuova relazione
tra uomini e tra comunità e Dio,
al cui amore gratuito ciascuno
di noi è chiamato a dare una
risposta.
La responsabilità di noi tutti
è grande: dobbiamo far sì che
i nostri bambini e ragazzi, i quali sono persone incredule o in
ricerca, sentano che alle loro spalle c’è una forza, la forza della
fede, la forza di una comunità
di credenti che sappia vivere
questa fede in modo coerente.
Donatella Gay Rochat
CORSO PER DIACONI E OPERATORI
Comunità e diaconia
Le chiese evangeliche e le strutture (di servizio (di fronte ai cambiamenti (della società
Comunità e diaconia è il tema proposto per il convegno di
primavera degli operatori nei
servizi e nella diaconia.
L’incontro, giunto alla sua nona edizione, propone quest’anno
una riflessione, ed una verifica,
sulla vita di alcune comunità
evangeliche, attorniate da alcune fra le più significative opere
diaconali del nostro contesto
evangelico, il loro confronto con
la quotidianità di un impegno
in una società che è profondamente mutata intorno a loro
imponendo revisione di schemi e
sforzi di aggiornamento, con notevole impiego di energie.
Il programma prevede l’alternarsi continuo, nell’ambito dei
tre giorni del convegno, di momenti di studio, incontri comunitari e visita a tre centri diaconali: il centro ecumenico di
Agape, rOspedale di Pomaretto
e l’Asilo di San Germano, riperconendo cosi, idealmente, il
cammino percorso da quelle comunità, ben coscienti della loro
storia e della loro vocazione di
testimonianza e di servizio nel
presente.
La sede dell’incontro è stata
fissata presso la Foresteria valdese di Villar Porosa, il cui indirizzo è: via Assietta, 4. La struttura non è dotata di telefono,
ma per casi particolari è possibile far riferimento al pastore
di Villar Perosa, Thomas Noflke
(tei. 0121/51372).
La possibilità di incontrare
persone impegnate nella chiesa,
nella scuola, nel sindacato, di
dialogare con gli operatori e gli
ospiti dei centri e di partecipare
ad alcuni momenti comunitari
rappresenterà ima nuova e ricca
esperienza per chi la vivrà per
la prima volta ed il piacere di
Collegio Valdese
Fondato nel 1831
LICEO PAREGGIATO
indirizzo classico
con studio quinquennale di una lingua straniera
indirizzo linguistico
con studio di tre lingue straniere
Preiscrizioni per l'anno scolastico 1990/91 entro
il 15 febbraio 1990.
Tel. (0121) 91.260 - orario: 8,30-12,30
VIA BECKWITH, 1 - TORRE PELLICE
Attività culturale
ripercorrere un itinerario caro e
familiare per chi già conosce
questa particolare realtà.
Il sabato pomeriggio la partecipazione alla tavola rotonda
organizzata dal Servizio di azione sociale della Federazione delle chiese evangeliche sarà l’occasione di una partecipazione
più ampia ad una manifestazione che ripropone un tema condiviso e sofferto, al di là delle
apparenze.
Durante una pausa del convegno avrà luogo l’assemblea dei
diaconi iscritti nei ruoli della
Tavola per la nomina dei loro
delegati al Sinodo ’90 e per
l’adempimento di eventuali altre formalità.
PROGRAMMA
GIOVEDÌ' 22 MARZO
Arrivo dei partecipanti per cena.
VENERDÌ' 23 MARZO
ore 9.00: partenza per il Centro ecumenico di Agape; visita guidata e presentazione dell'opera;
ore 15.00: partenza per Massello, visita alla Balziglia; Giorgio
Tourn: « La cultura nelle
valli valdesi »; cena con
la comunità di Ferrerò;
Claudio Tron: « La scuola
nelle valli Chisone e Germanasca ».
SABATO 24 MARZO
ore 9.00: Piero Barai; « Situazione
economica delle valli Cbisone e Germanasca »; partenza per Pomaretto: visita e presentazione dell'Ospedale; pranzo con la comunità;
ore 14.30: Alberto Taccia: • Cos'è la
CIOV e cosa significa, oggi, fare "beneficenza” »;
ore 16.30: partenza per Pinerolo e partecipazione alia tavoia rotonda: « L'Italia, l'Europa
ed il Mezzogiorno » a cura
dei SAS della EGEI, con la
partecipazione di Sergio
Aquilante e Paolo Naso; cena con la comunità di Villar Perosa.
DOMENICA 25 MARZO
ore 9.30: partenza per San Germano,
culto con la comunità; visita e presentazione dell'Asilo; pranzo con la comunità;
ore 15.00: Andrea Ribet: « Impatto delle opere valdesi nella realtà socio-politica delle valli Chisone e GermanaSca »;
ore 16.30: chiusura dei lavori e partenza.
Iscrizioni o eventuali richieste di
informazioni vanno indirizzate a:
Anita Tron Garrone, c/o CIOV - via
Beckwith 3 10066 Torre Pellice (To) ■
Telefono: 0121 - 91671/932825 (casa
932422).
UDINE — In questo ultimo
periodo (novembre-gennaio) tre
sono state le iniziative che hanno caratterizzato il nostro impegno nella città come Associazione culturale evangelica.
Con una conferenza del presidente dell’OPCEMI, pastore C.
H. Martelli, abbiamo inaugurato,
nel mese di novembre, la mostra
sulle origini del metodismo che,
nei dodici giorni di apertura al
pubblico, è stata visitata da una
dozzina di scolaresche accompagnate dagli insegnanti di religione e, in alcuni casi, anche da
quello di lettere. E’ stata questa un’occasione molto importante per far conoscere non soltanto la nostra storia, ma anche
per parlare deH’evangelo. I ragazzi, molto attenti, hanno spesso posto delle domande che non
si limitavano a registrare le differenze tra cattolicesimo e metodismo, ma spaziavano sulla tra- '
scendenza, sulla libertà dell’uomo, sul libero arbitrio, ecc.
Questo incontro con le scolaresche è stato anche reso possibile per la disponibilità dell’Ufficio catechistico diocesano a segnalare la mostra agli insegnanti di religione.
Essa è stata inoltre visitata da
Un discreto pubblico sufficientemente curioso.
0 A metà dicembre il pastore
Giuliana Gandolfo, nella sua veste di traduttrice, ha presentato
ad un pubblico particolarmente
attento, anche se in questo caso
meno numeroso, del solito, il bellissimo libro di J. Zink « Come
pregare », che ha riscosso anche
un notevole successo di vendita.
Nel corso della serata la presidente dell’Associazione ha presentato i risultati di una prima
indagine sulle abitudini alla preghiera raccolti particolarmente
nella città di Udine. Ben 180 sono risultati gli intervistati (59
uomini, 121 donne): 140 hanno
dichiarato di essere cattolici, 38
evangelici e 2 incerti. Tolte due
persone che hanno dichiarato di
non pregare mai, tutte le altre
sentono questo bisogno e dedicano ad esso uno spazio all’interno del loro vivere quotidiano.
0 A metà gennaio è stata la
volta del pastore Piero Bensi,
con la sua proverbiale vivacità
di parola e di pensiero, di affascinare le persone intervenute
per conoscere le origini e lo sviluppo del movimento battista e
il pensiero teologico che anima
le chiese battiste.
A giorni ci ritroveremo per
(are una verifica del lavoro svolto. Considerando l’esiguità delle
nostre forze, possiamo tranquillamente dire che è stato notevole, grazie alla fraterna disponibilità degli oratori che si sobbarcano la fatica del viaggio e
del prepararsi per rendere qup
sto servizio prezioso, all’energia
profusa dalla nostra* presidente
e dai membri del consiglio e,
dulcis in fundo, alla meravigliosa disponibilità di questa piccola comunità a stare insieme per
apprendere, per discutere, per
annunciare e per fraternizzare.
sa di S. Filippo, e a Vallemosso
il 31 gennaio.
NelTambito del dialogo ecumenico nella nostra zona, oltre agli
incontri di preghiera, è previsto
un confronto di opinioni su un
tema controverso. Infatti il 2
febbraio prossimo si terrà, nei
locali della chiesa valdese in via
Torino ad Ivrea, alle ore 21, un
dibattito sul tema « Il papato
nell’ambito del dialogo ecumenico » Interverranno il teologo
cattolico Gianni Cereti, di Roma, e il pastore Gino Conte, di
Genova.
Ad Ivrea, inoltre, sempre nei
locali della chiesa, dal prossimo
7 febbraio ricominceranno le serate di studio-discussione su temi biblici ed etici. Questo ciclo
di incontri, che vedrà gli interventi di vari relatori di diversa
provenienza, tratterà l’argomento della morte dal punto di vista cristiano. Gli incontri si svolgono tutti i mercoledì sera, alle
21.
Settimana
per l’unità
IVREA — Il 23 gennaio si è
tenuto, nella sala comunale di
Santa Marta, un incontro di preghiera nell’ambito delle manifestazioni per la settimana di unità dei cristiani. Hanno partecipato le comunità valdese, cattolica e della Chiesa dei Fratelli
di Ivrea. L’incontro è stato presieduto dal vescovo di Ivrea Luigi Bettazzi e dal pastore valdese Gianni Genre.
Sempre nell’ambito delle manifestazioni per la settimana di
unità dei cristiani, si sono svolti incontri di preghiera analoghi
a Biella, il 16 gennaio, nella chie
Giovanna Pascal
SUSA — Martedì 16 gennaio,
con un servizio funebre in chiesa e successivamente al cimitero di Mompantero, abbiamo dato Testremo saluto alla sorella
G^'ovanna Pascal ved. Peyronel,
di anni 91. Di lei serbiamo il
grato ricordo di una fede vissuta con gioia e semplicità, anche
nei momenti della prova. Alla
famiglia, attorno alla quale si è
stretto un gran numero di fratelli ed amici, sia di conforto e
certezza la Parola di resurrezio
ne e vita eterna in Cristo.
Vita della comunità
AOSTA — Oltre ad una intensa attività di studi biblici, una
serie di fatti ha interessato
la nostra comunità in questa
prima parte dell’anno ecclesiastico:
— la televisione locale ha ancora trasmesso un servizio, con
intervista e brani di documentario, sulla Chiesa valdese e sul
«Glorioso Rimpatrio». Siamo poi
stati interpellati dallo stesso ente per i messaggi di Natale, che
i responsabili civili e religiosi rivolgono agli abitanti della valle;
— abbiamo ricordato il dono
della grazia di Dio e la responsabilità dei credenti, i genitori
in primo luogo, nel battesimo di
due giovani vite; Mattia Giusti
e Serena Lanzini;
— abbiamo gioito nel confermare alla nostra sorella in fede,
Vanda Monaya, il riconoscimento del dono della predicazione
al termine del suo ciclo di studi
secondo i programmi delTUPL;
— è stato costituito il gruppo
SAE-Aosta e sono in programma
incontri ecumenici sul tema del
dopo Basilea ed in vista di Seoul.
Vogliamo ancora ricordare la
giornata comunitaria: il culto
con i giovani, l'agape fraterna,
le recite ed i canti hanno
rinvigorito la fraternità e la nostra gratitudine a Dio.
Esame dei
documenti BMV
CAMPOBASSO -- Nel novembre scorso un’assemblea di chiesa aveva avviato l’esame di alcuni argomenti riguardanti l’assemblea congiunta tra chiese battiste, metodiste e valdesi che si
terrà a Roma (nov. di quest’anno). Ora la comunità è impegnata, dopo un’agape fraterna, a esaminare i documenti preparatori in vista dell’assemblea, in
una serie di riunioni.
Da ambo le parti è stato riconosciuto che i rapporti fra le
due chiese sono ormai consolidati da anni con numerose attività comuni.
9
r
2 febbraio 1990
vita delle chiese
UNA RIFLESSIONE CHE APPASSIONA LE CHIESE
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Verso TaSSemblea BMV Comunità e dono
Gli itinerari delle nostre chiese sono sempre più convergenti - Le
tappe di un avvicinamento - Dai « modi » federativi a quelli unitari
Sono previste assemblee loca
li di comunità metodiste, battista e valdesi, in vista di una assemblea più matura sul piano
nazionale: l’assemblea del 1990!
Quattro documenti sono oggetto di meditazione: battesimo,
territorio, evangelizzazione, giornale unico. Un pastore sottolinea che la responsabilità è demandata alle singole comunità,
« elemento primario nella nostra
ecclesiologia », e chiede: « E' proprio necessario un reciproco riconoscimento? ».
E' una domanda piena di saggezza, in quanto è un richiamo
ad un ripensamento comimitario dei temi essenziali a tutte le
congregazioni evangeliche nel
mondo ed anche in Italia.
La domanda è saggia ma, se
non è animata da una forte spiritualità, rischia di restare soltanto una domanda anacronistica. Gli itinerari delle nostre co^
munità sono sempre più convergenti e sempre meno paralleli.
Le esperienze sono talmente ricche di partecipazione che la nostra vita comune si avverte come attuazione di una comunione soltanto difficilmente e faticosamente sezionata denominazionalmente. E’ sempre più difficile distinguere, di fronte a
terzi (religiosi o laici) le nostre
interne specificazioni.
Le divisioni, nel protestantesirno, diventano sempre più divisioni storiche, appartenenti al
passato e non efficaci nel presente. Il baitismo ha segnato
una via che è diventata sempre
maggiormente una via di tutti:
il segno del battesimo dei credenti da Un lato e la tendenza
verso il congregazionalismo dall'altro. La loro importanza è sentita validamente e sempre di più
da valdesi e metodisti. Così co
Ciovedì 1“ febbraio
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
TORRE PELL1CE — Alle ore 21, presso il Centro di incontro di via Repubblica, si svolge la riunione del collettivo biblico ecumenico.
Sabato 3 febbraio
□ MONITORI DEL
1°CIRCUIT0
TORRE PELLICE — Presso la Casa
unionista, alle ore 16.30, si incontrano
i monitori della vai Pellice per esaminare la seconda sequenza del programma e per organizzare le attività
comuni.
Giovedì 8 febbraio ~
□ GIUSTIZIA, PACE E
INTEGRITÀ’
DEL CREATO
PINEROLO — Proseguono gli incontri del gruppo che da alcuni mesi si
riunisce per riflettere sul possibile
cammino da fare rispetto al tema
• Giustizia, pace e integrità del creato »; l’appuntamento è previsto per
le ore 20.30, presso la Comunità dei
Cappuccini in via De Amicis 2.
Domenica 11 febbraio
□ CONVEGNO GIOVANILE
VILLAR PEROSA — Presso II convitto, il gruppo FGEI di San Germano organizza un convegno sul tema: • Amore, agape, amicizia »; prenotarsi
telefonando ad Andrea Garrone (587661.
me la nota missionaria del metodismo è man mano avvertita
come il midollo di ogni chiesa:
la mia chiesa è il mondo.
Quali sono state le tappe del
nostro comune itinerario?
1 ) Le esperienze comuni di
Agape, Ecumene e Santa Severa. I movimenti giovanili si mossero insieme nella ricerca delle
località dove poi sorsero i centri.
I campi giovanili e le riviste
come « Gioventù evangelica » ne
hanno costituito il campo di ricerca comunitaria.
2) La partecipazione graduale e poi totale al movimento ecumenico. Per noi italiani la corrente ecumenica della Conferenza delle chiese europee è stata
importante. Le assemblee di Nyborg ci hanno segnati in modo
preciso. L’ecumenismo esige un
ecumenismo di base. Non si può
parlare di chiesa sempre invisibile. Non si può vivere la
comunione senza il fratello che
ti sta accanto. La nuova espressione è « chiesa locale ». Uomini
come Visser 't Hooft, Emanuele Sbaffi, i vari moderatori vaidesi, Manfredi Ronchi e Glenn
Garfield Williams hanno gettato
dei semi di comunione che non
potevano non germogliare.
3) Questa partecipazione si è
accentuata durante e dopo la seconda guerra mondiale e si manifesta oggi nel fenomeno delPaccoglienza degli immigrati.
Qgni comunità ha assunto una
connotazione pluralista. I profughi da Fiume e dall’Istria, dalla
Germania Qrientale, non hanno
formato nuove comunità, ma sono entrati nelle comunità già esistenti. La diversità di lingua e
di cultura non ci diversifica, come è vero nella realtà delle comunità di lingua inglese di Roma, Napoli, Vicenza, Torino o di
lingua francese di Roma ed altrove. La denominazione di origine s’inserisce in altre denomi
nazioni convergenti e non parallele.
La dimensione intemazionale
invade e pervade le nostre comunità. I fattori non teologici,
operanti in ogni chiesa, assumono quella importanza che si esprime a Basilea, a Seoul. L’ecumenismo si tinge dei problemi
della pace in un universalismo
che non è più di maniera.
In questo clima ci avviciniamo all’assemblea di novembre
in Italia. La meditazione sul riconoscimento comune non può
diventare una rabbinica dissertazione su astratti filosofemi.
Non si può tornare indietro. Non
si può dire: è troppo presto. Se
mai si può confessare: troppo
tardi. Meglio dire: è meglio tardi che mai! L’assemblea ricercherà i modi e i tempi dell’operare insieme: modi ancora federativi o più unitari, ma efficaci per l’oggi e per il domani.
Terminando mi sia concesso
un ricordo di molti anni or sono. Eravamo a Pordenone, dove da molti anni la testimonianza evangelica si concentra nella
Chiesa evangelica battista. Iddo
Corai, protestante da quattro generazioni, consapevole di una
continuità evangelica, mi diceva:
« Non siamo battisti perché evangelici, ma siamo evangelici
perché battisti ». Potrà la confluenza di torrenti diversi portare alla dissoluzione delle diverse correnti? Q il lavoro comune porterà alla lotta per un
Evangelo più serio e più comprensivo, per una testimonianza
più solida in mezzo ad ima umanità capace di vivere in una
speranza più efficace?
Il Signore conceda alle nostre
chiese il dono della vigilanza affinché vivano in una pace efficace, e nell’oggi delle nazioni,
non nel sogno dei miti del passato.
Carlo Gay
TORRE PELLICE
Il significato
della Santa Cena
Al di là dei diversi significati
che essa ha ricoperto nella storia
della chiesa, sembra evidente che
i cristiani di ogni confessione
possano individuare nella Santa
Cena un elemento centrale del
loro essere comunità.
Le riflessioni che si sono svolte nella serata dedicata a questo
tema nell’ambito della settimana di preghiera per l’unità dei
cristiani sono state molteplici ;
sono partite dall’esame di tappe
fondamentali per le chiese riformate (con diversi accenti tra
« ramo » zwingliano e calvinista)
e per la chiesa cattolica. Si sono
d’altra parte affrontate quelle
questioni che dividono protestanti e cattolici, e che tuttavia sembrano legate anche ad altri « pilastri » della fede, ad altri concetti tuttora inconciliabili.
E’ così, per esempio, per l’aspetto dell’intercessione che conclude la preghiera eucaristica; è
così per la celebrazione della Cena : ma il problema reale sembra
essere quello del sacerdozio. E
tuttavia era importante ragionare insieme, come in anni precedenti era stato fatto su altre tematiche (nel 1989 era stato affrontato il problema del battesimo).
Don Mario Polastro, della comunità di S. Lazzaro a Pinerolo,
e il past. Bruno Rostagno hanno
introdotto la discussione con ampie relazioni. Quest’ultimo, chiarito che i testi biblici situano la
Cena nell’attesa della morte e
della resurrezione di Cristo, ma
anche sullo sfondo della Pasqua
ebraica (il ricordo di Dio che libera il suo popolo), ha sottolineato la centralità del ricordo
che abbiamo col Signore. Nell’accettare pane e vino accettiamo Lui che si è dato per noi.
Questo fonda la comunità, nell’attesa che Egli venga. Questo
atto si presenta come riconciliazione (da cui noi possiamo intravvedere il concetto della pace)
e come solidarietà (giustizia).
Don Polastro ha esposto im
panorama che aH’interno del cattolicesimo si presenta assai variegato: è di particolare rilevanza una recente tendenza che della Cena privilegerebbe l’aspetto
dell’anamnesi, che sottolinea il
ricordo (« Fate questo in memoria di me» - I Cor. 11: 24), rispetto alla mimesi, che assegna
all’atto della celebrazione un valore sacramentale.
La serata ha compreso anche
una lettura biblica e un momento
di preghiera, « incorniciato » dal
canto comunitario cui ha collaborato il « Coretto » di Torre
Pellice. A. C.
SAN GERMANO — Le feste
del periodo natalizio si sono concluse per noi solo domenica 14
gennaio, con un trattenimento
organizzato dai monitori per i ragazzi della scuola domenicale i
quali purtroppo non sono accorsi
in gran numero, ma che in compenso, dando sfogo alla loro esuberanza, hanno fatto sì che le numerose assenze non venissero
troppo messe in evidenza. Un
grazie agli organizzatori ed un
augurio ai nostri fanciulli per
una proficua prosecuzione dello
studio della Parola, studio il cui
parziale risultato è stato reso noto durante il culto prenatalizio
preparato con la collaborazione
di tutte le attività, culto sempre
gradito a tutti il quale vuole sottolineare che l’apporto di ciascun gruppo operante nell’ambito della Chiesa deve essere la
dimostrazione che il termine
« comunità » non è parola vuota
di significato, ma l’espressione
della realtà che mette in luce 11
grande valore del dono di sé agli
altri, dono che vuol essere un
modesto riflesso dell’ineffabile
dono fatto da Dio all’intera umanità. Da tale angolatura vanno
dunque visti e ricordati i momenti di comunione fraterna vissuti
durante i culti di Natale e dell’ultimo giorno dell’anno sia nel
tempio sia all’Asilo, dove le sorelle dell’Unione femminile hanno portato un segno di fraterna
solidarietà a tutti gli ormai numerosissimi ospiti.
• Nella sua abitazione dei
Mondoni si è spenta all’età di 92
anni Lidia Costantin v. Revel. Ai
familiari giunga l’espressione
della fraterna simpatia cristiana
della comunità.
• Un vivo ringraziamento vada
ancora al pastore Vinti di Pramollo per il messaggio da lui rivoltoci in occasione del culto del
24 dicembre.
Contro la lebbra
VILLAR PELLICE — Domenica 28 gennaio, in occasione della
giornata mondiale contro la lebbra, il pastore A. Bertolino ha
presieduto il culto e, nel pomeriggio, ci ha dato interessanti informazioni sul lavoro della Missione, con l’aiuto di diapositive
sui centri dell’India e del Nepal
che egli ha visitato. Ringraziamo
vivamente il pastore Bertolino
per il messaggio rivoltoci.
• Il fratello Giovanni Planchon
ci ha lasciati, all’età di 93 anni,
presso il rifugio Re Carlo Alberto; ai familiari rinnoviamo la
fraterna solidarietà della chiesa.
Lutto
VILLASECCA — L’evangelo
della resurrezione in Cristo è stato annunciato in occasione dei
funerali di Aldo Léger; ai familiari rinnoviamo l’espressione
della simpatia umana e della comunione di fede di tutta la comunità.
• Venerdì, 2 febbraio avrà luogo la riunione quartierale ai
Trossieri.
• Domenica 4 febbraio, durante il culto, verrà celebrata la Cena del Signore.
Studio sui battisti
PRALI — L’Assemblea di chiesa è convocata per domenica 4
febbraio, per cui il culto inizierà
alle ore 10 e non alle ore 10.30.
Il tema all’ordine del giorno sarà la chiusura dei conti dell’anno 1989, il preventivo per l’anno 1990 e la presentazione della
relazione finanziaria.
• Il tema delle riunioni quartierali del mese di febbraio sarà: « I battisti ».
Il calendario delle riunioni sa
rà — a Dio piacendo — il seguente:
martedì 6, Malzat, ore 19,30;
giovedì 8, Orgere, ore 19.30;
martedì 13, Villa, ore 19.30;
mercoledì 14, Cugno, ore 19.30;
giovedì 15, Indiritti, ore 16;
martedì 20, Ghigo, ore 19.30;
mercoledì 21, Giordano, ore 19.30.
Nozze d’oro.
POMARETTO — La comunità presente al culto di domenica
28 gennaio si è rallegrata con Levi ed Albina Peyronel per le loro nozze d’oro.
Assemblea di chiesa
ANGROGNA — L’assemblea
di chiesa è convocata per domenica 4 febbraio, alle ore dieci, nel
tempio.
Dopo un breve culto, verrà affrontato l’ordine del giorno dei
lavori, che prevede l’esame della situazione finanziaria 1989,
le relazioni dei comitati della foresteria « La Rocciaglia » e « Cà
d’ia Pàis », la nomina dei revisori
dei conti e una discussione sulle
prospettive della riorganizzazione finanziaria proposta dal Si:aodo.
Lutti
MASSELLO — La chiesa di
Massello ha accompagnato in
queste ultime settimane con la
sua solidarietà le famiglie di
Leoni Tron ved. Gaydou, di 86
anni, e di Nino Tron, di 55 anni,
deceduti rispettivamente all’Asilo
dei vecchi di San Germano e
all’Ospedale valdese di Pomaretto.
« Dan Leoni » è stata per diversi anni maestra di « religione »
a Massello, quando parallelamente alle lezioni di religione cattolica si svolgevano quelle di insegnamento biblico per gli alunni
valdesi. Di fatto, quando le maestre di Massello erano una valdese e l’altra cattolica, « dan
Leoni » seguiva nell’insegnamento biblico gli alunni di quest’ultima.
Nino è ricordato dai suoi coetanei come membro attivo delrUnione giovanile, di cui è anche stato presidente. Lo ha minato una lunga e lenta malattia,
sopportata con forza e serenità,
pur nella consapevolezza della
sua natura inesorabile.
Il significato
del culto
LUSERNA S. GIOVANNI —
Durante il culto di domenica
prossima 4 febbraio la comunità
avrà un momento di riflessione
sul significato del culto.
Il gruppo di giovani che l’anno
scorso ha fatto un’inchiesta in
proposito tra i membri di chiesa
darà il resoconto sul risultato
delle risposte avute ai vari quesiti.
Grazie!
SAN SECONDO — Domenica
28 gennaio il culto è stato presieduto dalle sorelle Peggy Bertolino, Delia Coucourde, Mirella
Rivoiro; ha partecipato anche il
« coretto », nuova istituzione della nostra comunità, con il canto
di tre inni.
Ringraziamo ancora quanti
hanno collaborato sia col messaggio della Parola che col canto.
• In vista dell’agape comunitaria del XVII febbraio (ore 12,30
nella sala) è importante prenotarsi entro domenica 11 febbraio: il costo del biglietto è di
18.000 lire, con riduzione a 15.000
lire per i ragazzi.
10
10 valli valdesi
2 febbraio 1990
TOSSICODIPENDENZE IN VAL CHISONE
ANGROGNA
Nasce la consulta
Un’iniziativa per aiutare giovani e famiglie, in
tutte le forze sociali, a combattere una piaga
collaborazione con
sempre più diffusa
Sul finire del 1988 il prete di
Villar Perosa pronunciò, nel corso
di una funzione religiosa, dure
parole rispetto alla diffusione della droga in valle; pochi giorni dopo fu al centro di minacciose attenzioni.
A seguito di quei fatti seguì
una serie di iniziative sul problema, una presa di coscienza che il
dramma era reale (e non solo dagli ultimi mesi) anche nei comuni della vai Chisone.
Ora sta nascendo una vera e
propria « consulta » sul problema; sono coinvolti singoli cittadini, chiese, enti pubblici. Questa
attività sarà ufficializzata attraverso la costituzione di ima associazione davanti ad un notaio,
con approvazione di un regolare
statuto.
Probabile futuro presidente
della « consulta », Andrea Garrone, di San Germano; come si arriva a questa iniziativa?
« La ’’consulta” parte direi dalla volontà, quasi dalla rabbia della gente; alcune persone si sono
prese l’impegno personale di rappresentarla e di organizzare, in
oltre un anno di attività sul territorio dell’USSL 42, un buon numero di serate, anzitutto soffermandoci sull’informazione; il tutto è culminato in uno spettacolo
svoltosi al campo sportivo di Villar Perosa da parte di giovani che
vivono in comunità di recupero
di tossicodipendenti. Un’altra importante opportunità è stata quella offerta a genitori di ragazzi
tossicodipendenti di incontrarsi,
di non sentirsi soli, ricevendo anche un sostegno concreto: è infatti importantissimo che le famiglie che vivono questo dramrna
non si chiudano, ma possano partecipare alle speranze e magari
anche alla delusione per le cose
che si potrebbero fare e non si
fanno ».
Si possono fare delle valutazioni sulle dimensioni del problema?
K Ho l’impressione che dati ufficiali non ve ne siano; gli ultimi
elementi fornitici dall’USSL parlavano di un centinaio di giovani che negli ultimi anni si
sono avvicinati ai servizi; quello che maggiormente allarma
è che la diffusione è sempre maggiore fra i giovanissimi. A sentire
i genitori che partecipano alla
"consulta”, l’entità del fenomeno
è comunque ben maggiore ».
E’ stato cercato un rapporto
con le chiese della zona?
« Per parte valdese abbiamo interpellato le chiese del circuito;
hanno finora aderito le chiese di
San Germano e Villar Perosa e
membri di concistoro hanno fin
qui partecipato attivamente alle
riunioni. Per parte cattolica c’è
stato fin dall’inizio l’impegno della chiesa di Villar ».
Cittadini, chiese; c’è stato anche un buon rapporto con gli enti
pubblici?
« Diciamo che fino a che questa "consulta” non ha assunto
una veste statutaria ben precisa,
le amministrazioni comunali ci
hanno presentato le loro difficoltà ad aderire al progetto; alcuni
comuni hanno comunque dato la
disponibilità di locali per le riunioni, in alcuni casi anche un sostegno economico e la partecipazione diretta di amministratori ».
Di fronte al problema droga la
"consulta” organizza dibattiti.
promuove informazione; non correte il rischio di essere accusati
di fare molta teoria senza offrire
concrete risposte?
« Penso che esista chi la pensa a questo modo e capisco anche questo atteggiamento; tuttavia credo che l’abitudine di parlare dei problemi non vada mai
persa, cosa che invece c'è chi
cerca di farci perdere. In più, come risposta vorrei citare una iniziativa proposta lo scorso anno:
abbiamo distribuito alla popolazione un questionario con domande molto concrete sul problema
droga; abbiamo ricevuto un discreto ritorno, verificando la volontà della gente di testimoniare
delle sue aspettative, delle sue
paure, delle sue opinioni. Naturalmente dovremmo anche chiedere
a chi è deputato a seguire il problema (l’USSL) di farlo in modo
sempre più completo ».
Piervaldo Rostan
PINEROLO
Per la Palestina
Il segretario
se ne va
PINEROLO — Dopo quasi
quindici anni di servizio il dr. Piterà, segretario comunale, lascia
la città. Il dr. Piterà si è deciso
alla lettera di richiesta di trasferimento dopo un ennesimo contrasto con alcuni componenti la
giunta comunale. Il dr. Piterà
è considerato nell’ambiente dei
segretari comunali un’autorità in
materia di interpretazione delle
complesse leggi amministrative.
A Pinerolo i suoi pareri erano
sempre stati presi in considerazione, sia dalle varie giunte che
dai consiglieri di maggioranza.
Con la giunta Trombotto, caratterizzata da un clima elevatissimo di litigiosità interna, invece,
il segretario si è trovato spesso
spiazzato e inascoltato e ciò ha
causato anche ritardi .amministrativi. Con la prossima partenza del segretario generale aumenteranno le difficoltà amministrative del comune che oggi è privo
anche del ragioniere capo.
Il 22 gennaio si è riunito a
Pinerolo, nella sede dell’Arci, il
« gruppo di lavoro 1990, un tempo per la pace ». Lo scopo era di
tracciare un bilancio conclusivo
del lavoro fin qui svolto per la
Palestina.
La « spedizione per la pace »
di fine anno in Palestina, di cui
ampiamente hanno parlato i
grandi media nazionali e la nostra stampa locale, ha visto
coinvolte anche Pinerolo e le
valli vicine. E’ avvenuto attraverso, appunto, l’iniziativa del
« gruppo di lavoro » che ha mobilitato varie realtà politiche,
religiose e sociali. Lo scopo era
quello di finanziare la partecipazione di un pinerolese alla « spedizione ».
Il lavoro è durato due mesi,
incentrato sulla vendita di due
« dossier » informativi sulla Palestina, per un totale di 650 copie. Si sono raccolte 1.300.000 lire, che hanno contribuito al viaggio di Claudio Canal. Dell’iniziativa in Palestina Claudio Canal
ha già parlato in diverse occasioni, tra cui una affollata ed
attenta riunione a Pinerolo il
12 gennaio.
Il gruppo ha così concluso formalmente l’iniziativa per cui si
era costituito. Il dato più interessante, ci pare, è che mentre
in genere la partecipazione a
« 1990, un tempo per la pace »
è avvenuta a livello individuale
o con delegazioni di partiti, sindacati ed associazioni (ricordiamo le Adi, l’Arci, l’Associazione pace), nel pinerolese ci si è
mossi a livello di base.
Due osservazioni vanno fatte. La prima è che la cosa non
è partita dal nulla. All’inizio del
1989 ci sono state varie piccole
riunioni in vai Pellice e vai
Chisone, con serate pubbliche o
presso l’Associazione pace. A
questo lavoro di studio ha fatto
seguito: 1) la raccolta di firme
in calce alla «lettera a Basilea» —
l’assemblea ecumenica dell’anno
scorso nella città svizzera — con
300 firme, prevalentemente nell’ambito delle locali chiese cattoliche e valdesi; 2) in luglio
c’è stato a Pinerolo un incontro
col prof. Guido Valabrega che
ha commentato l’Intifada, risalendo ai giorni cruciali del 19471948; 3) in agosto Andrea Priotto, reduce dalla Palestina, ha
parlato al tradizionale raduno
valdese del 15 agosto (Balziglia),
dove si è cominciata a diffonda
re la pubblicazione « La Palesti
Tutti i venerdì alle 18.45 - con
replica il sabato alle 9.30 - Radio
Beckwith - 91.200 FM - trasmette
uno « speciale » di informazione e
commenti sulla Palestina.
Nuovi orientamenti
na e le Chiese »; 4) al Sinodo
valdese (settembre) si è proseguita la vendita di questa documentazione, appoggiata da una
mostra nel giardino della Casa
valdese. Durante il Sinodo presso l’aula consiliare del comune
di Torre Pellice hanno parlato
Wassim Damash (dell’Olp) ed
il pastore Aldo Comba (che lavora presso il Consiglio ecumenico delie chiese): l’invito era
stato fatto dalla Commissione
« Pace e giustizia » delle Chiese battiste, metodiste e valdesi.
Il Sinodo votò un ordine del giorno a favore della pace e sicurezza per tutti e per l’autodeterminazione dei palestinesi; 5)
ad Agape il 16/17 dicembre si è
svolto un week-end di informazioni e riflessioni nell’ambito
dell’iniziativa di fine anno in
Palestina.
La seconda osservazione è che
le iniziative qui descritte non
esauriscono certo ciò che da
tempo si fa in zona per la Palestina. L’esempio più significativo è l’operazione « ragazzi dell’ulivo », promossa in tutta Italia dall’Arci e dalTAgesci per la
adozione a distanza di bambini
palestinesi: a Pinerolo vi partecipano con buon successo la comunità di San Lazzaro e molti
singoli.
Per quanto riguarda il « gruppo di lavoro 1990, un tempo per
la pace », si conta di mantenere
un contatto vivo e di restare
aperti a nuove iniziative.
Ed il nuovo non manca. A Torino, giovedì 25 gennaio, si è
incontrato un gruppo di partecipanti piemontesi alle manifestazioni in Palestina (gli italiani
erano il gruppo più folto: quasi
1.000 persone). Si è sottolineato il sempre più rapido deteriorarsi della situazione e l’urgenza
di interventi incisivi. Per seguire le non poche iniziative in
programma in Piemonte si è
decisa la costituzione di un
gruppo di documentazione, promozione e notizie.
per il « gruppo di lavoro
1990, un tempo per la pace »
Sandro Sarti
Giorgio Canal
Piero Barai
La prolungata assenza di precipitazioni nevose sta creando situazioni preoccupanti sia dal
punto di vista delle riserve idriche, che si vanno drasticamente
assottigliando, sia per gli operatori turistici, che rimangono
senza incassi a fronte di spese
comunque sostenute.
In questa situazione che si sta
radicalizzando, « è necessario orientare l’attività investendo sulla ricettività ed accoglienza come base per uno sviluppo dell’escursionismo nella nostra zona »: così affermava Valdo Benech nella relazione ai soci della Cooperativa turistica « Mount
Servin » durante l’assemblea tenutasi sabato 27 gennaio ad Angrogna.
In tal senso, la cooperativa ha
già mosso dei passi durante lo
scorso anno, acquisendo e sistemando al Colle della Vaccera un
nuovo chalet rifusio della capienza di 12 posti letto che si affianca così allo chalet bar-ristoro.
Sempre nell’arco del 1989 un
buon numero di soci della cooperativa si è impegnato nel rifacimento del tetto del caseggiato aU’intemo del giardino botanico « La Rostania » e in interventi di manutenzione all’acquedotto e alle strade di accesso; infine sono state apportate migliorie a mezzo battipista.
« E’ comunque urgente inventare nuove iniziative e ritengo
che gli spazi vi siano », afferma Vincenzo Piccione, nuovo gestore del bar ristoro e del rifugio. « Ad esempio, predisponendo un parco di biciclette da
montagna da affittare, oppure costruendo un ricovero per la sosta, anche notturna, dei cavalli;
forse in futuro si potrà pensare
ad un certo numero di cavalli
da noleggiare ai turisti alla Vaccera; infatti incominciano ad essere sempre più numerosi coloro che attraversano il colle, sia
in bicicletta che a cavallo, per
cui il proporsi come punto tappa per questo tipo di riscoperta
dell’ambiente non è fuori luogo ». In quest'ottica Gino Barai
ha segnalato che la Comunità
Montana Val Chisone e Germanasca ha in progetto uno studio
per individuare una serie di percorsi e itinerari a diverse altitur
dini per escursionisti a piedi, con
gli sci, in bicicletta e a cavallo,
coinvolgendo il vicino Queyras
(Francia) e le altre valli pinerolesi nell’ambito delle iniziative
« I paesi del Monviso ». Si pensa quindi di realizzare un dé
pliant che in 30.000 copie verrà
immesso nei circuiti turistici nazionali ed internazionali. Questo
tipo di iniziativa ci si augura
possa avere una ricaduta positiva anche al Colle della Vaccera, inserito in questi itinerari.
Su queste prospettive di lavoro sarà impegnato il nuovo direttivo eletto nella serata, mentre quello uscente aveva deliberato di non provvedere per il
1989 a procedere agli ammortamenti, stante la situazione di
scarsi introiti.
Infine, in chiusura di serata, il
presidente uscente ha invitato i
soci a sottoscrivere nuove azioni che permettano alla cooperativa un nuovo impulso. Il nuovo
consiglio eletto risulta così composto: Gino Barai, Giorgio Canonico, Sergio Balmas, Rino Agli,
Rolando Bertin, Valdo Chauvie,
Eros Ricca, Valdo Benech e Andrea Ribet.
Ed il collegio sindacale: Enrico Vellano, Mario Cucchiarati
e Franco Gamba; supplenti: Mario Dal Pian e Sergio Detachetis.
Per quanto riguarda le cariche
sociali esse verranno assegnate
durante la prima riunione del
consiglio.
Adriano Longo
Per prenotazioni ed informazioni per il bar ristoro e rifugio
tei. 0121/91563.
Precisazione
Mi corre l’obbligo di precisare, in
merito all'articoletto a firma M. B. dal
titolo “ Auguri, asiio nido », ohe
l’amministrazione comunaie di Torre
Peilice, organizzatrice con ii comitato
deii'asilo nido e le operatrici deil'incontro di venerdì 19.1 e della « festa »
di sabato 20.1, è stata presente con la
partecipazione dello scrivente e di assessori e consiglieri comunali. Valuto molto positivamente l'iniziativa che
ha offerto, grazie anche all'impegno
notevole di tutto il personale dell'asilo nido, spunti di rifléssione e prospettive su un servizio nel quale questa
amministrazione ha creduto e crede.
Cordiali saluti.
Il Sindaco
Marco Armand Hugon
VAL GERMANASCA
Il futuro del talco
Il talco della vai Germanasca,
per la sua qualità, ma certamente per ragioni di mercato, ritorna ad essere interessante per aziende francesi ed inglesi.
Già nel passato, prima del 1907,
anno di costituzione della « Società Talco e Grafite Val Chisone », hanno avuto un ruolo importante nell’estrazione del
talco in valle la « Tale and Plumbago Mine Company », a capitale
italo-inglese, e la « Société Internationale du Tale » di Luzenac.
Si è giunti a conoscenza da
« La Stampa » che l’ex presidente della Società Talco e Grafite,
E. Calieri, ha ceduto le sue azioni alla Tale de Luzenac, un pacchetto pari al 20% del capitale.
La stessa Tale de Luzenac è controllata per il 90% dalla Rio Tinco, una multinazionale con sede
in Inghilterra, un colosso con
un fatturato di 120 mila miliardi.
Sindacati e consiglio di fabbrica hanno appreso la notizia
dell’operazione dalla stampa.
La prossima entrata nel consiglio di amministrazione della rappresentanza della multinazionale, la nomina di un nuovo diret
tore generale dell’azienda dopo
le dimissioni dell’attuale, dott.
Persico, pongono degli interrogativi sugli indirizzi futuri dell’azienda.
Nel nuovo assetto quali saranno le scelte nell’ambito della gestione delle risorse del sottosuolo? E’ evidente che per quanto
riguarda il talco, che non è una
risorsa rinnovabile, esiste uno
stretto rapporto tra metodi di
estrazione ed occupazione; di
questo già in passato sindacato e maestranze se ne erano occupati.
L’esperienza storica ha dimostrato come variazioni gestionali simili all’attuale abbiano portato a ristrutturazioni evidenti
nell’ambito dell’azienda.
Quali saranno i futuri sviluppi? Una cosa è certa; la ristrutturazione del capitale, in vista
del 1993, marcia spedita e sul
fronte sindacale i ritardi sono
enormi indebolendo l’efficacia
di ogni azione. Quali sono le
prospettive per il loro superamento? Staremo a vedere.
Mauro Meytre
11
2 febbraio 1990
valli valdesi 11
FRALI
VAL PELLICE
Quando manca la neve,
un mondo in crisi
La precarietà deH’industria turistico-sportiva - Neve artificiaie: sì o
no? - Possìbili anche ripercussioni suirapprovvigionamento idrico
Oiiest’anno, ed è il secondo anno consecutivo, la neve si è fatta desiderare; questa penuria
comporta sicuramente dei problemi per Frali. Qual è la situazione del turismo? Ne parliamo con
il sindaco Franco Grill.
« La situazione economica è abbastanza disastrosa, soprattutto
perché Frali vive in gran parte
sul turismo. Abbiamo una decina di operai stipendiati dalla Seggiovia 13 Laghi, tutto un indotto
a livello di commercio e di seconde case, ed un laboratorio
di falegnameria e vendita mobili con una decina di operai che
Vive grosso modo sul turismo.
R.ICO} diuw-Oci che nell'uitimo cettsimento sono state registrate a
Frali qualcosa come 1.600 seconde case, tra case singole ed alloggi condominiali, a fronte di
circa 360 abitanti. Durante le vacanze di Natale la maggior parte
di queste abitazioni è rimasta
vuota; qualche affezionato è venuto comunque, ma non ha potuto portare il suo contributo
alla seggiovia. Non potendo sciare la gente si limitava a fare
delle passeggiate, belle anche in
inverno, ma_ purtroppo Frali non
vive solo di passeggiate ».
L’anno scorso si era valutata
la possibilità di installare dei
cannoni per produrre neve artificiale. Come stanno le cose?
« L’anno scorso si era effettivamente valutata la situazione,
vi era stata una riunione a cui
ha partecipato la maggioranza
della popolazione, si era interessata la seggiovia ma vuoi per
problemi inerenti alla seggiovia
stessa, vuoi per scarsa convinzioKe, non si era poi fatto niente.
Quest’anno la seggiovia non si è
più interessata ma siamo partiti; gran parte della popolazione
e dei commercianti ha fatto
una sottoscrizione e si è acquistato un cannone con generatore di corrente e tutto il necessario per produrre neve, soprattutto per la pista da fondo. Si
e fatto questo per dimostrare
che, volendo, in situazioni di emergenza, è possibile far neve
per sopperire in parte alla mancanza di neve naturale. Ovviamente in situazioni di emergenza, perché se continuasse a non
nevicare, U cannone non può salvare tutto. Quando si è finito di
far neve per la pista da fondo
e stata interessata la seggiovia
per vedere se era disponibile a
provare un esperimento sui due
campetti. L’esperimento è perfettamente riuscito; il primo
giorno che^ la seggiovia ha aperto uno dei due campetti vicino
al ristorante Miramonti ha fatto
un incasso di 600.000 lire, in uno
degli ultimi giorni delle vacanze
natalizie. La neve andrebbe invece fatta all’inizio di dicembre,
m modo da poter sfruttare il
ponte deirs dicembre e tutte le
vacanze di Natale; oltretutto la
stagione sarebbe anche più adatta come temperatura.
L’esperimento è riuscito, ere
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do comunque che se continuerà
a non nevicare purtroppo le piccole stazioni pian piano spariranno, e non solo le piccole. Se
non nevica non ci sarà poi neanche l’acqua per fare la neve, anche questo è un problema ».
Qual è stato il ruolo del comune in questa vicenda?
« Il comune non ha potuto intervenire con finanziamenti vari,
quote di cannone o altro. Il comune ha cercato di "spingere”
l’iniziativa, aiutando, per quello
che poteva, anche praticamente,
ma finanziariamente il comune
non ha queste possibilità. Questo comune ha dei grossi problemi finanziari in quanto lo stato ci finanzia in base ai residenti e non in base alla popolazione fluttuante, ed è per questo
che quando avevano messo la
famosa tassa sulla seconda casa facevamo salti di gioia perché sarebbero finiti nelle finanze comunali come minimo un
centinaio di milioni, che potrebbero servire per fare alcune iniziative. Fino a che non ci sarà
una tassa sulle seconde case noi
riceviamo i soldi in base ai residenti e quindi abbiamo seri
problemi ».
Avete a\oito un appoggio della
comunità montana in questo senso? Frali, insieme a Fragelato,
è comunque un centro importante nelle valli Chisone e Germanasca.
« L’anno scorso la comunità
montana aveva dato la disponibilità a dare un contributo sui
5 milioni, quest’anno si parla di
qualcosa di più. Visto che l’iniziativa è nata molto di corsa,
si è comprato il cannone e adesso si faranno le domande per
avere un contributo ».
Quindi attualmente si può
sciare sulla pista di fondo e sui
due campetti, se la neve tiene.
« La neve tiene. Si scia sui due
campetti e su un anello ridotto
della pista di fondo. Fare che
si scii benissimo, a scanso di
equivoci la neve è neve, non è
neve chimica, per fare neve basta l’acqua, la temperatura ed
provenzale
Nel quadro degli scambi culturali tra Italia e Francia avviati lo scorso anno anche in
prospettiva della prossima integrazione europea, il Gruppo Teatro Angrogna e l’Associazione
Pro Loco di Bobbio Pellice organizzano, con il patrocinio delle rispettive amministrazioni
comunali e della Comunità Montana Val Pellice, due serate teatrali con la partecipazione del
« Centre artistique » di Cucuron
(Provenza).
Verrà rappresentata la « Pastorale Maurel », una drammatizzazione popolare della Natività,
recitata in provenzale (ma il
pubblico potrà seguire eventualmente con l’aiuto del testo italiano) da oltre 40 attori.
La troupe francese arriverà a
Bobbio nel primo pomeriggio di
venerdì 9 febbraio, ospite della
Pro Loco, e reciterà la « Pastorale » nel tempio valdese, alle
ore 21. Sabato 10 febbraio, sempre alle ore 21, la rappresentazione verrà riproposta nel tempio
di Angrogna.
Tutta la popolazione è invitata. L’ingresso è libero.
Un altro inverno senza neve?
il cannone, senza mettere nessun additivo ».
Questa carenza di precipitazioni può causare problemi anche
per l'approvvigionamento idrico,
per l’acqua potabile. Avete dei
problemi in questo senso?
« Abbiamo un problema in una
zona che riguarda Agape, dove
vi è una sorgente che è molto
carente. Questo problema verrà
risolto l’anno prossimo immettendo una sorgente dalla mianda Nido dell’Orso. A parte ciò sul
resto di Frali non abbiamo avuto altri problemi, tant’è che abbiamo usato l’acqua dell’acquedotto per far neve.
La mancanza di neve può provocare dei problemi di turismo,
dei problemi d’acqua e dei problemi agricoli perché se non nevica la cotica erbosa gela. La
neve, oltre a fare acqua, protegge
anche la cotica erbosa. In anni
passati, dopo inverni senza neve
in cui il terreno era gelato in
profondità, in molti punti vi era
stata pochissima erba e quindi
pochissimo fieno ».
a cura di Daniele Rìvoir
e Piervaldo Rostan
Corsi
PINEROiO — NeM’ambito del corso
di etica sociale in corso di svolgimento presso il salone del Seminario di
piazza Marconi 12, martedì 6 febbraio
alle ore 20.45, Predo Olivero parlerà
sul tema: « Lavoratori del Terzo Mondo: situazione e problemi ».
Cinema
POMARETTO Venerdì 2 febbraio,
alle ore 21, Il programma del cinefórum presso il cinema Edelweiss prevede la visione del film: « I favoriti
della luna ».
Rassegne
TORINO — Dal 4 al 18 febbraio si
terrà la seconda edizione di TorìnoCentrotavola, rassegna enogastronomica organizzata dall’EPAT, che porterà
in più di venti ristoranti cittadini il
meglio della gastronomia piemontese
• interpretata » da affermati chef di
tutta la regione.
Sono presenti anche alcuni ristoranti pinerolesi: « La grangia » di Cavour,
USSL 43: VERSO UN SEMINARIO
Attività produttive e ambiente
Dovrebbe svolgersi nel prossimo mese di maggio un seminario sul « Rapporto fra attività
produttive ed ambiente ».
L’iniziativa, in cantiere da tempo, è nata dalla collaborazione
fra Comunità montana vai Pellice, forze ambientaliste, guardie ecologiche e cittadinanza, a
seguito delle note vicende che
hanno riguardato, circa un anno or sono, l’industria Cartochimica di Luserna San Giovanni.
Naturalmente il seminario non
avrà le caratteristiche di un
« j’accuse » nei confronti di una
sola fabbrica, ma vuole invece
inserirsi in un discorso più ampio di verifica sulle produzioni,
sull’impatto che esse possono
avere sul territorio, ma anche
sulla salute dei lavoratori stessi.
Ovviamente, sul piano territoriale, l’impatto di tipo ambientale riguarda in particolare i
comuni di Luserna e Bricherasio.
Di ciò si terrà conto anche
nella dislocazione dei dibattiti; si
prevede infatti di distribuire il
seminario su tre incontri serali, il venerdì sera, a partire dal
18 maggio, presso le sedi che i
comuni di Torre Pellice, Luserna San Giovanni e Bricherasio
vorranno mettere a disposizione.
Secondo la bozza di programma che si sta delineando il primo tema affrontato sarà la « Pianificazione del territorio » con
una analisi storica ed una valutazione delle prospettive curate
dall’arch. Longo ed una riflessione degli elementi di tipo ambientale che devono essere tenuti presenti nella predisposizione degli strumenti urbanistici. Un secondo incontro avrà
come oggetto in particolare « I
rischi ambientali e lavorativi »
con la partecipazione, accanto
al servizio di igiene pubblica
dell’USSL 43, dei sindacati di
zona e dei rappresentanti delle
associazioni degli industriali.
Infine il terzo incontro avrà
come oggetto l’attenzione che
viene, o che deve essere, prestata all’educazione ambientale,
sia nelle scuole che nei confronti della cittadinanza tutta, rispetto alla quale va sottolineato
il cosiddetto « diritto all’informazione ».
Altri incontri seguiranno per
definire l’insieme deH’iniziativa,
proprio mentre da un lato gli
abitanti della zona di Luserna
segnalano nuovamente problemi rispetto alle emissioni dalla
Cartochimica e, a livello istituzionale, si lamentano i tempi assai lunghi delle inchieste e dei
procedimenti aperti negli scorsi anni.
O. N.
I •
i TORRE PELLICE '
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« Maison Maurice » dì Luserna San
Giovanni, « Abbadia » di Abbadia Alpina, « Castello di Buriasco » di Buriasco.
A far cornice alla manifestazione si
svolgerà un convegno nazionale sui
temi della ristorazione patrocinato dalla F.I.P.E.
Programmi di Radio Beckwith
91.200 FM
Fra i programmi settimanaii segnaliamo l'appuntamento con Amnesty International (lun. 5 ore 18.45 e giov.
8 ore 11.30); «Rendez-vous» (mere.
7, ore 11,30) con interviste realizzate
a Berlino all’indomani del crollo del
« muro »; « A confronto » di lunedì 5,
ore 17, con un'intervista al past. battista E. Pasohetto.
RINGRAZIAMENTO
(c L’anima mia s’acqueta in
Dio solo »
(Salmo 62: 1)
Dopo una lunga esistenza interamente dedicata al servizio del Signore
è mancata
Lydia Bianca Gay
di anni 96
Con grande dolore ma con riconoscenza e fiducia nelle promesse dell’Evangelo, ricordano la carissima marraine il nipote Lionello, le cognate Lisetta ed Elvira ed i cugini.
Un commosso ringraziamento alla
fedele amica sig.ra Lina Bertoque per
la lunga e devota assistenza e a tutta
la comunità dell’Asilo valdese per le
cure di cui Lydia è stata circondata.
Luserna S. Giovanni, 13 gennaio 1990
RINGRAZIAMENTO
« lo ho detto: Tu sei il Dio mio.
I miei giorni sono nelle tue
mani ».
(Salmo 31: 15-16)
I familiari di
Aldo Léger
ringraziano sentitamente tutti coloro
che hanno dimostrato stima ed affetto
verso il loro caro. In particolar modo
ringraziano i vicini di casa, il pastore
Aldo Rutigliano, il dott. Meli.
Villasecca, 23 gennaio 1990
RINGRAZIAMENTO
a Vous sortirez avec joie, et vous
serez ramenés en paix »
(Isaia 55: 12-13)
E’ mancata
Marcella Jalla ved. Bertolé
Lo annunciano le figlie Anna, Renata,
Paola, con Giuliano, Sergio, Pino, i nipoti Giovanna, Antonio, Giacomo, Valentina, Daniele, il fratello Ferruccio
con moglie e figli, la cognata Elsa Rostan con figli, parenti tutti.
Si ringrazia per l’eilettuosa assistenza la direzione dell’Asilo valdese di Luserna S. Giovanni, tutto il personale
e le care Marietta e Giusy.
Luserna S. Giovanni, 27 gennaio 1990
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Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
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TRON - Telef. 58766.
Fenestrelle: FARMACIA GRIPPO Via Umberto I, 1 - Tel. 83904.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa; Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 2331 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 4 FEBBRAIO 1990
Luserna San Giovanni: FARMACIA
SAVELLONI - Via F. Blando 4 - Luserna Alta - Telef. 900223.
Ambulanza ;
CRI Torre Pellice: Telefono 91.996.
Croce Verde Bricherasio: tei. 598790
12
12 fatti e problemi
2 febbraio 1990
GLI IMPEGNI FUTURI DELLE CHIESE EUROPEE fUllZiOnB CrÌtÌC3
La dimensione umana delie chiese
delia cooperazione
e della sicurezza
Le nuove responsabilità che si impongono dopo gli avvenimenti che
hanno modificato (e stanno modificando) l’assetto dei paesi dell’Est
nella CSCE; Ekkerard Eickhoff,
ambasciatore della Germania federale, ha parlato della « dimensione umana » come concetto
chiave della CSCE; Elizabeth
Bettenhausen, teologa degli Stati Uniti, ha offerto una riffessione teologica sul tema; Boris Nazarov, dell’Unione Sovietica, ha
parlato del diritto nazionale in
uno spazio giuridico comune.
Il riconoscimento
delle minoranze
I partecipanti si sono divisi in
quattro gruppi e hanno formulato delle raccomandazioni che
sono state approvate in seduta
plenaria; tra le più importanti,
il riconoscimento dei diritti delle minoranze nazionali, etniche e
religiose (compreso il tema della libertà religiosa, sollevato in
particolare da Italia, Portogallo
e Polonia); i diritti degli immigrati, dei rifugiati e dei richiedenti asilo in un’ Europa comunitaria che tende sempre più
a proteggere le sue frontiere dai
ffussi migratori del Terzo Mondo; l’abolizione della pena di
morte là dove è ancora praticata; il diritto a un servizio alternativo a quello militare per gli
obiettori di coscienza; l’elaborazione di meccanismi attraverso
i quali le tasse per le spese militari possano essere legalmente devolute a scopi alternativi
(questo punto è stato molto discusso e non tutti erano consenzienti, specie gli orientali); facilitazioni per i visti d’ingresso
e di uscita per i viaggi internazionali; maggiore consapevolezza degli stati firmatari della loro responsabilità per promuovere la pace, la. giustizia, i diritti
umani e uno sviluppo economico ecologicamente sostenibile.
Specialmente nei riguardi del
Terzo Mondo è assolutamente
necessario che i mutamenti politici ed economici negli stati firmatari non avvengano a detrimento di questi popoli: il nord
non deve diventare una fortezza contro il sud. Si raccomanda inoltre alle chiese di affermare nuovamente con forza la
necessità di alternative non violente nella soluzione dei confiitti, di far pressione per accordi rapidi e sostanziali nel
contesto CSCE sulle armi convenzionali, chimiche e nucleari,
intensificando i loro sforzi in vista del superamento dell’istituto della guerra. Si invitano poi
le chiese a promuovere un ordine economico che dia la priorità
ai poveri e ai deboli. Tutte queste raccomandazioni dovranno
essere sottoposte dalle chiese ai
governi dei loro rispettivi paesi.
La conferenza di Gwatt è stata
anche occasione di scambi informali e amichevoli; particolarmente interessanti quelli con
i rappresentanti delle chiese dell’est. Dai loro discorsi appariva
chiaramente la gioia e il sollievo per la fine della dittatura
comunista nei propri paesi, ma
anche una viva preoccupazione
per i problemi politici ed economici che si trovano a dover
affrontare e per i quali non sono ancora preparati. Gwatt è
stata una occasione di fraterna
solidarietà tra le chiese dell’est
e dell’ovest: ci auguriamo che
questa solidarietà possa proseguire e rafforzarsi, traducendosi in atti concreti.
Maria Sbaffl Girardet
La Lrivellazione di un pozzo. Lo sviluppo è anche una lotta quotidiana per la sopravvivenza.
Che cos’è la « dimensione umana » della Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE), di quel processo,
cioè, che è iniziato a Helsinki
nel 1975, con la firma dell’Atto
finale da parte di tutti i 35 stati europei (ad eccezione dell’Albania), più gli Stati Uniti e il
Canada? L’espressione è apparsa per la prima volta alla terza
Conferenza della CSCE a Vienna, nel gennaio dello scorso anno
(le altre due si erano svolte a
Belgrado e a Madrid); le chiese
avevano in questi anni seguito
con attenzione particolare questo processo, collegandolo alle
questioni relative ai diritti umani contenute nell’Atto finale
di Helsinki.
Su questo tema si sono confrontati i cinquanta rappresentanti delle chiese europee e
nordamericane che hanno partecipato alla conferenza sulla
« dimensione umana » della CSCE che si è svolta a Gwatt
(Berna, Svizzera) dal 15 al 18
gennaio; provenivano da una
ventina di paesi dell’Europa
dell’est e dell’ovest, dagli Stati
Uniti e dal Canada. La conferenza era stata organizzata dalla
Federazione protestante svizzera e dal « Programma delle chie
Abbonamento
1990
Italia
Annuo L. 42.000
Costo reale L. 65.000
Sostenitore L. 80.000
c.c.p. 20936100 intestato AIP
- via Pio V, 15 - 10125 Torino
se per i diritti umani » (una
iniziativa comune della Conferenza delle chiese europee, del
Consiglio nazionale delle chiese degli Stati Uniti e di quello
del Canada). Per l’Italia ha partecipato la scrivente, inviata
dalla Federazione delle chiese
evangeliche in Italia.
Già quattro armi fa le stesse
chiese si erano incontrate a
Gwatt per affrontare, nel quadro
della CSCE, il problema dei
contatti tra le persone (riunificazioni familiari, matrimoni tra
cittadini di stati diversi, visite
a parenti in altri stati, viaggi e
contatti tra i giovani). Nel nuovo clima che si è creato dopo i
recenti avvenimenti nell’Europa
centrale e orientale e il cammino verso l’unificazione dell’Europa comunitaria, molti di questi
problemi sembrano oggi superati, tanto che qualcuno si era
chiesto se aveva ancora senso
incontrarsi. Appare invece tanto più necessario l’impegno delle chiese, di fronte alle nuove
speranze e responsabilità che
esse sono chiamate ad affrontare, nel campo dei diritti umani e della cooperazione umanitaria. A Gwatt si è sottolineato
come la « dimensione umana »
riguardi in realtà tutti gli aspetti della CSCE, e cioè i problemi della sicurezza e della cooperazione in Europa e in Nord
America, nel campo dell’economia, della scienza, della tecnologia, dell’ambiente, della libertà d’informazione e degli scambi
educativi e culturali.
La conferenza di Gwatt è stata presieduta dal past. Heinrich
Rusterholz, presidente della Federazione protestante svizzera.
Quattro oratori hanno affrontato il tema sotto varie angolature: René Falber, consigliere federale della Svizzera, ha analizzato il ruolo di questo paese
(segue da pag. 1)
cessione, come quelli tenutisi
nella Nikolaikirche di Lipsia, a
partire dai primi mesi dell’89,
vedono una partecipazione sempre più massiccia. Il crollo del
muro (9.11.89) ha trasformato irreversibilmente la situazione delle due Germanie e dell’intera Europa. Bisogna però stare attenti
a non trattare la DDR e gli altri
paesi dell'Est come « spazzatura
ingombrante (Sperrmüll) » dell’Occidente.
Sul terzo punto, « compiti e
prospettive delle chiese della
DDR », si è incentrata una lunghissima discussione, prima in
aula magna e poi, dopo cena,
nel convitto della Facoltà. I compiti delle stesse chiese sarebbero: comunicare esperienze democratiche, favorire una cultura
del dialogo e del dibattito, schierarsi per la giustizia, ma contro
ogni tipo di vendetta (« giustizia e riconciliazione »), impegnarsi per un processo veramente europeo, promuovere anche una
glasnost ed una perestrojka nelle chiese, accettare e vivere coscientemente la sfida di una chiesa di minoranza finora « privilegiata », ma ormai inserita in un
contesto sociale pluralista.
Terminata la lunga esposizione, il pastore Eppelmann si è visto confrontato con tante domande postegli dai partecipanti; le
riassumiamo in cinque gruppi:
a) l’importanza di valori socioculturali quali « socialismo » e
« consumismo » e di tematiche
quali la riunificazione tedesca;
b) l’impegno politico-sociale dei
cristiani; c) il ruolo delle chiese
non evangeliche nella DDR e
quello delle chiese in Polonia, Cecoslovacchia e Romania; d) verso ima Germania unita, anche
sotto l’aspetto delle strutture e
posizioni delle rispettive chiese
evangeliche; e) programmi, col
legamenti (anche con l’Occidente) e problemi dei nuovi partiti
e movimenti nella DDR.
Vorremmo brevemente accennare alle prime due:
a) Per Eppelmann esiste una
possibilità nuova e forse unica
di fare politica e di organizzare
la convivenza in Germania ed in
Europa trasformando le eredità
socio-culturali positive dei due
sistemi politico-economici. Per
questo le parole « socialismo » e
« riunificazione » sono parole che
oggi andrebbero ridiscusse, soprattutto per scoprirne i contenuti. Andrebbe costruita una società solidale che non si faccia
includere nei vecchi schemi politico-partitici o di classe. tJn
futuro dell'odierna DDR è immaginabile solo se si realizza in
un’economia di mercato in cui
prevalgano le componenti del sociale e dell’ecologico. Perciò la
società ha bisogno del contributo di tutti (sono ancora 2.300 al
giorno le partenze di chi se ne
va per motivi economici).
b) Le chiese ed i singoli cristiani sono chiamati ad esprimere una testimonianza responsabile in tutti gli ambiti della vita. Ciò comporta un maggior impegno nel proprio paese che non
ad esempio per l’assemblea di
Seoul, che lo stesso non va dimenticata. In vari partiti si vede l’impegno costruttivo dei cristiani; molte tavole rotonde vengono presiedute da pastori, ma
ciò non vuol dire che la chiesa
voglia assumersi un ruolo dirigente, bensì che è presente come voce ammonitrice per tutte
le componenti socio-culturali, anche per una possibile Germania
unita con una organizzazione sociale ancora da elaborare, anche
per quanto riguarda la convivenza con le chiese occidentali e le
loro posizioni e diritti.
Ulrich Eckert
e Eliana Briante
daudiana editrice
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