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LA BUONA NOVELLA
«I0BN.4LE DEllA BYA!«GEII2Z1ZI01 ITALIANI
Seguendo la veriU itflUa carità.
Eres. IV. 15.
mezzo DI ASSOGUZlOHE
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«I linuon dalla Bnoaa Notelltt a« illrtanti.
All estero, ai seguenti indirizii: Pari*! , dalla libreria C. Meyrueis, rue Tronrhet,J; OtnBTra, dal sig. E. Beroud libraio; inihiiterra per mezzo di ftaaco b«llÉ
togleii spediti fnnn al Direttore della Buoni Nofella.
somnoAHio
SotlosCTÌzìonc. — Celio Secundo Curione, ecc. IV. — Come state Voi?
— Istituto di educazione femminile in Torre-Valdese. — Dolorosa appendice ai fatti di Pontedera. — Notizie italiane. — Notizie estere.
SOTTOSCRIZIOINE
A BENEFICIO DEI DANNEGGIATI DALLA GRANDINE
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Sig. NN............I,. lo 0
Signora Teresa Dominici.......» 5 0
Sig. Felice Mustonn 5 0
Totale L. 20 0
CELIO SECUNDO CURIONE
E LA SUA FAMIGLIA
IV.
Entrato il lutto nella casa di Curione per la morie di
Violante, vi regnò parecchi anni; ma a tergere le lagrime
degli afilitti genitori, a confortarli in tanta ambascia erano
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rivolte le amorevoli cure delle altre fanciulle, che per bontà
d’animo, per pregi di mente, per virtii domestiche formavano, come altra volta dicemmo, l’orgoglio di quella santa
coppia ; e grazie a loro, grazie sopratutto al buon Dio dispensatore della paco e della contentezza degli uomini, il riso
tornò a fiorire in quella desolata famiglia, ma, ohimè! per
breve tempo.
Sopragiunse infatti iH564, anno tristamente memorabile
poi flagelli della pesto e della fame, che imperversarono in
parecchie contrade d’Europa. Dopo la terribile epidemia del
1348, nota sotto il nome di peste di Firenze, di cui, secondo
il Froissard, morì la terza parte degli uomini, nessun altro
flagello aveva spiegato tanto furore e mietuto tante vittime.
I Paesi Bassi, l'Alemagna e la Francia furono crudelmente
desolate; talché dicevasi la terra non essere piìi la madro,
bensì la tomba delle popolazioni; le quali furono mietuto
sulle montagne pi'u alte non meno che sulle pianure, sullo
Splugen non meno che a Chiavenna. Il morbo micidiale perseguiva le sue vittime sin nelle più ascose .solitudini. A
Coira, nella Rezia, nell’Appenzel, ad Herisau, a Tockenburgo, a Lucerna gli uomini cadevano a centinaia; intere
famiglie eran in meno d’un giorno distrutte. Nel solo cantone di Berna si ebbero quaranta mila morti, tre mila in
quello di Friborgo; a Z^urigo la morte visito letteralmente
ogni casa ; uomini e donne d’ogni condizione, ma per lo piìi
nel fiore degli anni; ricchi e poveri, dotti e idiati, tutti cadevano indistintamente soilo la falce distruggitrice. Fu allora
che lasciò questa terra di dolori il gran naturalista Gosner.
Fra lo città dolla Svizzera anche Basilea pagò largamente
il suo tributo al flagello, per modo che oggi stesso una delle
sue vie porta il nome di Via dei morti. Le case di Valkerin,
di Rosenblatt, di Ecolampadio , di Capitone, di Bucero
furono visitate dal morbo ferale ; nò quella di Curione fu
risparmiata.
Le grandi catastrofi pubbliche e private si annunziano
talvolta per misteriosi presentimenti. Da qualche tempo Angela, triste e pensierosa, parea divenuta quasi estranea alle
faccende della casa di cui era il principale ornamento. Ella
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amava la solitudine ed il silenzio, dimentica persino de’ suoi
.studii e delle curo che formavano la delizia della sua vita.
La sua fantasia, nudrita della lettura de’ classici antichi, e
assediata da lugubri immaginazioni, non facea che evocare
di continuo le scene dolorose e truci legateci dalla poesia
greca e Ialina; le figlie di Niobe trapassate dalle frecce della
collera celeste , Ecuba cho piange la morte de’ suoi figli,
ritornavano alla sua mento come il presagio di prossime
doglie di sua madre. E nulla poteva dissipare questi suoi
cupi pensieri. Nè i suoi presentimenti tardarono ad avverarsi.
Infatti nella notte del 30 luglio, mentre che tutta la sua
famiglia era immorsa nel sonno, ella fu assalita a un tratto
da vivi dolori, che sopportò coraggiosamente in silenzio sino
al mattino, per non turbare il sonno de’ suoi parenti. Surto
il giorno (era domenica) ella tentò levarsi per accompagnare
le sorelle al servizio divino, ma la sua estrema debolezza
tradì i suoi dolori, e rilevò il pericolo da cui ell’era minacfiata. L’infausta notizia, annunziata da Celia, echeggiò come
uu colpo di folgore nel seno della costernata famiglia. Curione e la moglie accorrono al capezzale della figlia diletta ;
l’esaminano, l’interrogano, le prodigano le più tenere cure.
.Ma nò lo loro curo, nò le loro preghiere, nè i soccorsi dell’arte han virili d'arrestare i progressi del male. Al terzo
giorno i sintomi della morte si manifestarono, ed ogni speranza cadeva ; e l’inferma, tenendosi ormai certa della prossima fine, indirizzava teneri e commoventi addio a' membri
della famiglia , che sconsolati facevano corona intorno al
suo letto.
Calma in faccia alla morte che stava già per rapirla a 18
anni, in tulio lo splendore deU’ingegno e della giovinezza,
non altro la conturbava che l’idea di un secondo lutto che
avrebbe desolato la casa e addolorato il cuore de’ suoi
amati genitori. 11 giorno che fu l’ultimo di sua terrestre dimora, sentendo venir meno il solTio della vita, con accento
debile s\ ma commosso esclamò; «Signore Gesù, accoglimi
nel tuo seno»; e sua madre, abbracciandola dolcemente,
soggiunse; « 0 figlia mia. Egli ti ha già ricevuta; quest'oggi
sarai in cielo con Lui ». Allora levando gli occhi e la mano,
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come per mostrare la celeste patria, oggetto dei suoi desiderii, Angola continuò : t Signore, Signore, prendetemi con
voi »; espirò senza patire agonia. La morte, spegnendo i
colori della febbre sul suo volto, parea vi imprimesse il suggello d’una nuova bellezza. Un dolce sorriso errava ancora
sulle sue labbra. I suoi parenti, senza lagrime e senza voce e
come rapiti in una specie d’estasi, parevano trasportati con
essa al disopra della regione de' dolori. Curione chiuse gli
occhi alla estinta sua figlia, dolente di non poterla seguire,
nell’atto che l'addolorata madre, abbandonandosi sul corpo
esanime, e coprendo di baci e di lagrime quel viso diletto,
lasciavasi sfuggir-e queste parole, rotte a quando a quando
dai singhiozzi ; « 0 mia figlia adorata, o mia Angela, perchè
mi sei tolta? perchè mi lasci sola e senza consolazione sulla
terra?- Potessi almeno morire e raggiungerti bentosto nel
cielo, di cui ci hai tu additato il sentiero ».
Questa perdita era il preludio di altre che dovevano indi a
poco accumulare nuove ambascio su quella addolorata famiglia. Celia e Felicilla, per le quali Angela era in certo qual
modo oggetto di culto, ne sentirono inconsolabile dolore
Angela soccombette il 2 agosto, e nove giorni dopo, Celia fu
colta alla sua volta dai sintomi del morbo; e sì vivi furon i suoi
dolori, che per più giorni restò senza parola; e quando ricuperolla «ho pregato, diss’ella, e Dio è stato sempre con me».
Anche per essa i soccorsi dell’arte e lo cure della famiglia
furono inutili; il morbo era pur troppo penetralo nelle più
ascose fonti della vita, e non lodava più tregua. Se non che
!a vigilia della sua morte riposò tranquillamente, e appena
svegliatasi « dove siete, dove siete, sciamò, diletti miei parenti? » — « Siam qui, vicino a le, figlia cara, rispose Curione; che brami da noi? » — « Vedervi soltanto, sentire la
vostra voce !-... oh pregate Dio per me, giacché io non cesso
mai di pregarlo per voi ». Furon questi i suoi ultimi accenti,
ed il 21 agosto 1364 cessò di vivere.
Ecco dunque aperta la fossa per la terza figlia di Curione...
anzi è la quarta; giacché la dolce Felicilla, sorpresa dal
morbo mentre stava al capezzale delia sorella , era già
morta quattro giorni prima, il 1" agosto. Prima deH’ultima
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sua ora narrò d’aver veduto in sogno la sorella Angela, sul
cui volto brillava una celestiale bellezza, t Vieni, le disse
quella abitatrice delle sfere beate, prendendola per mano,
vieni nel soggiorno della luce, dov’iotibo preceduta. Lassìi
tutto ò gloria, pace, felicità; quaggiù non vi sono che lagrime e dolori.... Vieni dove Gesù Cristo ti chiama, dove
è preparato uno splendido scanno anche per te. Non ti incrcsca di lasciare quelli che ami ; giacché anch'eglino ti seguiranno alla loro volta, e anch’eglino avranno un seggio presso
a noi ». Dopo questa beata visione, Felicilla non parlò più
della possibilità di guarire, non lo desiderava; le mente su;i
era imbevuta di idee celesti, il suo cuore non avea piii palpiti per la terra; e appunto sotto questa impressione ella
cessò di vivere.
Dobbiamo or noi descrivere la desolazione della povera
madre per queste perdite dolorose? Quanto a Curione, c’ si
mostrò veramente degno di quella fede che nutriva. In una
lettera scritta poco dopo, il suo dolore, temperato da sanla
rassegnazione, trovava queste tenere e patetiche parole :
« Orbandoci delle figlie dilette, il Signore Iddio ha voluto
jionza dubbio staccarci dagli oggetti che passano per ispirarci celesti desiderii. Frattanto non posso fare a meno di
esclamare; 0 mie figlie, perchè mi avete abbandonato s'i
presto? Ah! non è la vostra sorte degna di pietà, ma quella
de’ vostri genitori che rimangono privi delle più dolci affezioni !.... »
I funerali delle tre fanciulle furono celebri; la loro memoria onorata di lagrime e di elogi moltilingui, in versi ed in
prosa, e d’un superbo monumento che tuttavia rimane in
Basilea.
I documenti di questo patetico episodio furono poco dopo
pubblicati dal giovane Agostino, il quale, lasciando l’università di Pavia, erasi recato, unitamente al fratello Leone, in
Basilea per dividere il dolore degli afilitti parenti.
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GOME STATE VOI?
Taleèil quesito amichevole col quale manifestiamo interessamento reciproco tutte le volte che noi c’incontriamo.
Nulla di piìi commovente di coteslo segno di premura, s’egU
fosso reale. Per disgrazia non lo è sempre; anzi non lo è
che di rado; ed è piti dirado ancora, che tanto chi domanda
quanto chi risponde intravedano tutta l’estensione che le
dette parole potrebbero e dovrebbero avere. —Riflettiamoci
sopra un istante.
Che cosa, in sostanza, vogliamo significare con quel voi.*
Non la casa del nostro amico, non il suo commercio, non
la sua possessione. Ciò ch’ei possede, i di lui mezzi di esi.ston^a, la di lui vocazione, non sono che accessorii da non
confondersi colla di lui persona. Non gli chiediamo neppure
nuove della influenza ch’egli esercita o della stima di cui
gode nel mondo. Quel voi è altra cosa. Non indica nè anco
le vestimenta che il nostro amico indossa ; imperciocché
potrebbero esser vecchie e lacere, ed egli stare tuttavia perfettamenle.
Si tratta forse del di lui corpo? È il suo corpo che risponderà alla domanda? Ahimè I Assai tosto deporrenio, voi o
noi, i nostri corpi nella terra, l’uno accanlo all’altro, erimarranno estranei gli uni agli altri al pari delle vestimenta di
cui oggidì li copriamo. Quel voi dimora in questo corpo, ma
non è il corpo. Esso potrebbe star bene, e voi essere malato ;
ovvero, quello essere morente, e voi godere buona salute.
È l’anima, in ultima analisi, che fa la domanda, ed è l’anima che deve rispondere. Quale incongruenza di applicare
le suddette parole al benessere del corpo 1 Qual cosa umiliante, esprimere in tal modo a coloro che ci son cari, maggiore interessamento pei loro corpi, che non per l’anima
loro !
Ma ripigliamo. Come siaie coi? Voi medesimo, il vostro
essere spirituale ed immortale? Sarà facile riconoscere s’egli è sano.
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Come vi trovate di fame? L’anima ha bisogno di cibo. 11
(li lei pane è ogni parola uscita dalla bocca di Dio; il di
lei nutrimento è fare la volontà del suo Dio. Ha ella fame
e sete di giustizia, fame e sete della santa parola di verità?
Quando il corpo sta bene, non siede mai a mensa per abitudine, nò per dovere. Non riceve già le vivande con trascuranza o dispiacere ; non mangia unicamente per non morir
di fame. Non ne prende il meno possibile, nè si rallegra di
aver finito. Ei mangia perchè ha fame, perchè prova bisogno
vivo di nutrirsi, e perchè si compiace di cotesto nutrimento
che lo fortifica. La mancanza d’appetito è il primo e più sicuro sintomo di malattia; ò su(]uosto punto che il medico
dirige la prima domanda al cliente. 11 malato che si sforza a
mangiare, sebbene non abbia appetito, e ad onta della nausea
che gli desta il cibo, vi s’induce onde evitare una più fort(*
debolezza, un deperimento irrimediabile e una certa morte.
— È egli così per voi? potete dire a Dio ; « Oh! quanto le
tue parole sono dolci al mio palato; olle sono per la mia
bocca più dolci del miele?» —Potete voi dire con Giobbe:
« Io stimai lo parole della tua bocca più del nutrimento
accessorio al mio corpo?» È assai facile rendersi conto del
proprio appetito spirituale, e di porre se stessi sia nella
classe degli amanti la verità, sia in quella di coloro che le
offrono una considerazione o un rispetto affatto apparenti.
Ma l’appetito non è solo l’indizio di una buona salute. Un
corpo vigoroso e sano spiega necessariamente un'attività
più 0 meno potente; e cotesta attività, cotesto esercizio diventano per lui nuova sorgente di vigore. —Qual è dunque
la vostra quella dell’anima vostra? Se questa gioisce
di una buona salute, non può rimanere oziosa; le fa d'uopo
agire, agire secondo la propria natura, come agiscono le
anime, vale a dire verso Dio e per Dio. 11 Maestro medesimo
esprimeva questa verità allorquando diceva: «Mentre ch’è
giorno bisogna ch’io compia le opere di Colui che mi ha
mandato». Fate voi dunque molto esercizio di questa specie?
Vi è egli necessario? provate voi piacere ? Oppure, lavorate
con pena e a malincuore, cornei corpi estenuati dalla debolezza 0 dalla malattia?
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Un ultimo segno della sanità corporea è il riposo reale e
rinfrancante. Osservate quel fanciullo dalle guancie di giglio
e di rosa, dalle membra vigorose e tornite ; egli dorme quietamente fra lo strepito, ad onta del fischiare del vento e
dello scroscio del tuono. Vedete ora quel vecchio pallido e
coasuato : ei veglia sempre ; appena il sonno chiude per
alcuni istanti le di lui palpebre. Si vo.lge e rivolge nel suo
letto, gemendo, e conta leorecon impazienza. Egli è malato.
Se potesse dormire forse guarirebbe. Ma la mancanza del
sonno accresce rapidamente la febbre che lo corrode. — La
vostr’anima ha ella trovato il suo riposo, riposo come anima
peccatrice , come anima chiamala dalle tenebre alla luce, o
destinata a possedere una beata immortalila? Sa ella riposarsi nel di lei Salvatore dopo le fatiche della lolla, confidarsi in Lui e goder della sua pace? Ama ella questo riposo,
e aspetta con isperanza i nuovi cieli e la nuova terra dove
si riposerà dai travagli?
Havvi ancora altri segni sicuri della salute spirituale che
noi potremmo additare. Ma gli esposti probabilmente basteranno. L’appetito, l’esercizio o l’attività e il vero riposo,
ecco i tre sintomi infallibili della sanità.
(laro lettore, come state voi?
fDalla Vie Chrétienne)
ISTITUTO DI GDUCAZIOBiE FEMMINILE
IN TORRE-VALDESE
11 giorno 29 giugno testé decorso ebbe luogo a Torre-Lus«rna la chiusura annuale degli studii neiristituto d’educazione
femminile, diretto dalla egregia damigella Luigia Appia.
Le sale venivano parate a festa con frondi e fiori, e nella
più ampia di quelle, verso le ore quattro del pomeriggio, si
radunavano tutte le fanciulle pensionanti ed esterne, di varia
età, e in numero di circa ottanta, formando così nel mezzo
«Iella sala, co’loro freschi visi, quasi un grande maz^o di gigli
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e di rose. Ma più che gigli e rose, sembravano angioletti, allorquando, attorniate da parenti e da amici, intuonaronu alcune sacre melodie con accompagnamento d’armonium, suonate con tanta maestria e sentimento dalla distinta direttrice.
Dopo questo preludio, il rev. sig. Bartolomeo Malan^pastore
di Torre , e moderatore della Ckiesa evangelica valdese ,
diresse alle giovanette affettuose parole e savii consigli; e
mostrando ad esse il ritratto appeso ad una delle pareti del
ben noto generale inglese Beckwith, il generoso benefattore,
ricordò com'egli fondasse pure, molti anni addietro, quest»
istituto di educazione femminile, e si dolse della di lui assenza, e che non potesse cogli occhi proprii vedere a quanta
prosperità sia giunta la suddetta opera. Q.uindi rivolse meritati elogi alle maestre e maestii che disimpegnarono con
tanto zelo il loro incarico, e specialmente alla giovane direttrice, nella quale si trovano riunite le doti le più eminenti
del cuore e della mente, accompagnate da una operosità che
può- soltanto da vivo sentimento religioso venire inspirata.
Si fece pur cenno di una persona cara e lontana, che sostenne per molto tempo una parte importante nell’istituto ed.
importantissima nelle valli, tendente a promuovere sempre più
l'affetto verso il Redentore del mondo, il Re dei re e delle
nazioni; non la si nominò, anzi fu rapido il cenno: delicato
pensiero per parte dell’oratore onde non attristare il lieto giorno
col far sentire di troppo cotanto vuoto, in particolare nel cuore
della madre e della sorella presenti; ma noi possiamo ora nominare la detta "persona, e ce ne facciamo un dovere; si tratl»
del rev. Giorgio Appia, fratello dell’onorevole direttrice^ chesperiamo di rivedere fra breve.
Finito questo discorso, si passò alla lettura dei gradi varik
di profitto che, nelle ripartite classi, ogn,una delle educando
ottenne negli esami annuali, giorni prima sostenuti nei differenti rami di studio, religione, lingue italiana e francese, recitazioni, sunti mentali di letture, composizioni, traduzioni,
fatte a voce e al momento, storia sacra e profana, geografia,
disegno lineare, aritmetica, principii d’astronomia e di botanica, o tenuta dei quaderni di scrittura.
Ciò compiuto, il rev. sig. Malan riprese la parola, congratulandosi oon le fanciulle che nella varietà delle note di merito
non fossero apparse forti disparità, ma semplici ed inevitabili
gradazioni, dalle quali anzi emergeva una certa unità ed eguaglianza di applicazione: le incoraggiò a proseguire nella me-.
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desima via percorsa ; sollecitò aU’emulazione quelle che avevano riportato attestali un po'inferiori ad altre; ma in pari
tempo raccomandò loro di guardarsi chi dalForgoglio, chi
dalla gelosia e daU’invidia; disse che dovevano applicarsi allo
studio per lo studio in se stesso, pei vantaggi personali e sociali che ne derivano da esso, non tanto per ottenere alla fine
dell'anno in pubblica adunanza certi plausi distinti, essendo
coteste cose vane, di cui un istante dopo nulla rimane; pensassero specialmente che ognuna di es«e può diventare eletto
istrumento per la conversione di molte anime a Gesù Cristo;
nutrissero intanto fra loro sentimenti d’amore e di fratellanza
cristiana; le une animassero le altre a far meglio, e queste si
rallegrassero del meglio fatto da quelle.
In seguito, un discorso fu pronunciato dal maestro di lingua
e letteratura italiana, nel detto istituto e nel collegio maschile,
sig. Giovanni Nicolini di Firenze, il quale fece riflettere alle
fanciulle ch’elle dovranno essere un giorno le prime istitutrici
di novella generazione italiana, e che quindi importava assai
che si dessero con fervore crescente allo studio, onde poterla
allevare nell’amore di Cristo in prima e in quello secondario
della patria.
Indi, anche i sigg. Bonjoar e Rollier, maestro quest'ultimo
di calcolo e di botanica, indirizzarono alle donzelle parole
l'ristiane ed amorose, addatte alla circostanza.
Finalmente echeggiarono nuovi canti cogli accordi dell'armonium; cessati i quali, il sig. prof. Stefano Malan profferì
breve discorso di chiusura, lesse il salmo 103, è fece preghiera
finale, accompagnata dall’assemblea, con raccoglimento di
cuore e di spirito, implorando sulle giovanette le benedizioni
del Padre celeste.
Compiuto l’atto religioso, e dopo la Janga seduta, le fanciulle e tutti gl’invitati si mossero chi qua chi là sparpagliandosi e formando parziali conversazioni, a quando a quando
interrotte da generoso trattamento di saporite frutta, di squisite torte e di thè, ogni cosa offerta con. modi gentili da alcune
delle giovani pensionaati, le quali presentavano pure a ciaiicheduna delle dame intervenute un mazzo di fiori assai grazioso per la sua semplicità.
Poscia, tutte le alunne uscite nel giardino contiguo alle
stanze, dando libero sfogo alla loro vivacità, fino allora alquanto repressa per la solennità della festa, cominciarono ad
jctr.ecciarfi capricciosi giuochi, a far corse e quasi voli< in
11
guisa da presentare all immaginazione l’idea di uno stuolo di
aeree e fantastiche silfidi; l’allegria era tanta e cotanto seducente, che persino qualche attempato professore volle scendere nell’arena e prender parte ai fanciulleschi giuochi e al
brio giovanile.
Intanto sopragiunse la sera, che pose termine ai sollazzevoli
esercizii del corpo, ma non ancora alla festa, che raccoltasi
di nuovo la società nella maggior sala, si volle eziandio ofrirle un saggio della valentia delle fanciulle su! pianoforte. Si
esposero adunque al giudizio pubblico le più avanzate in
quello; e per non prolungare di soverchio la nostra ni^rrazione,
diremo soltanto che l’esito superò l'aspettazione comune, che
la precisione e l’espressione con cui furono eseguiti i varii
pezzi di musica strapparono vivissimi applausi e battimani, e
notisi, contro l'usanza del luogo : con ciò gl’intervenuti diedero
formale testimonianza della soddisfazione loro pei rapidi progressi fatti dalle fanciulle, e per il modo d'insegnamento e le
assidue cure del maestro sig. Angelo Nicolini, fratello dell’altro Nicolini che abbiamo già nominato.
Il locale dell’istituto divenne ormai troppo ristretto pel numero delle alunne; del che ci rallegriamo, essendo cotesta una
prova non dubbia che la stima per esso lui va estendendosi di
giorno in giorno; e infatti, crediamo poter asserire in tutta
verità che, sotto l’aspetto della vita religiosa, confidenziale,
affettuosa e pratica di famiglia, l’istituto Appia è unico nella
nostra Italia: godiamo inoltre poter annunziare, dietro le parole espresse dall’onorevole sig. Moderatore Malan, che all'esistente verrà sostituito più ampio locale, con più ampio
giardino e in più ridente posizione.
Noi sollecitiamo pertanto gl’italiani nostri connazionali, cui
deve star a cuore di dare alle figlie loro un’educazione veramente cristiana e patriotica, a rivolgere lo sguardo verso colesto Istituto del quale favelliamo, e prenderne conoscenza
particolare, sicuri che troveranno le nostre parole inferiori di
molto ai pregi di lui. O.
DOLOROSA APPENDICE Al FATTI DI PO.MEDERA
( TOSCANA )
« In seguito alla già inclusa/"reiji B. N. N° 12^, è conosciuto
come, de' sei individui che erano cercati, due fuggirono e
quattro furono arrestati e trattati duramente, e dopo essere
12
stali ritenuti per Tentisett’ore in carcere, furono rilasciati, obbligandoli ad allentarsi per otto giorni dal proprio paese.
Posti che furono in carcere quei fratelli che potevano assistere il povero infermo, rimase alla sua cura un di lui fratello
carnale, che anch’esso è alquanto incomodato, e i di lui vecchi genitori. I gendarmi si portarono varie volte dal malato
imponendogli di confessarsi, e dietro la di lui insistenza a non
farlo, essi dissero a quel povero afflitto: « I vostri amici sono
in carcere, se voi vi confessate saranno tosto levati, ma altrimenti andranno a Volterra » (luogo ove vi è l’ergastolo). A
queste parole il moribondo si attristò, e versando calde lagri
me, disse : « Sarò io la cagione d’una lunga prigionia dei miei
fralelli !... » Rimase alquanto sospeso, e singhiozzando ripreso :
« Iddio li assisterà, io voglio essere fedele al mio Signore ».
Continuarono i preti e i gendarmi fino all’ultimo momento
ad insultare e conquidere il povero moribondo. Nella sera
del 28 giugno scorso il proposto parroco di Pontedera, unito
ad altri preti, si portarono dal malato, seguiti da una folla
di circa a cinquecento persone del basso popolo, il quale si
fece lecito di entrare anche nella casa del malato, aspettando
il risultato della tentata conversione. I preti fecero ogni sforzo.
secondo le loro solite maniere, ma tutto fu vano; il credente
rimase fermo fino alla fine ; allora i preti si partirono, e giunti
che furono alla presenza della folla adunata presso di quella
casa, disse un di loro ; « Popolo mio, noi abbiamo fatto tutto
quanto si poteva fare per salvare quesVanima perduta, ma tutto
fu inutile, non abbiamo ottenuto niente »; cosi parlando quegli
piangeva dirottamente per commuovere il popolo, o piuttosto
per indegnarlo; cosicché si udì quella massa ignorante che gri^
dava: « Bruciate gli eretici ». Nel giorno successivo, alla parocchia, fu esposta alla pubblica adorazione una madonna, appositamente per pregare per gli eretici. Un prete fece un analogo
discorso, non mancando, già si sa, di indurre il popolo, benché
in modi indiretti, a schiacciare e distruggere l’eresia, infamando i protestanti, e dicendo che noi evangelici siamo satelliti dell’Inghilterra, trattando questa di empia nazione e fautrice di ogni male. Così il popolo s’inasprisce, e il prelismo,
sostenuto dalla polizia e dal delegalo d‘ qnel paese, fa di tutto
per suscitare tumulti, onde attribuire ai credenti la cagione
delle conseguenze.
Intanto il malato andava sempre peggiorando in mezzo alla
polizia e ai preti, inquisitori novelli. Esso nel delirio chiedev»
13
«he qualche fratello andasse a pregare con lui, ma tornando
un momento in se stesso, diceva: » Che cosa ho chiesto? un
fratello! ah! m'hanno tolto questo conforto! poveri fratelli!
chi sa quanto soffrono di non poter venire a visitarmi! » e
quindi rimaneva spossato ed abbattuto fra le lagrime edi mortali sudori.
La polizia vigilava aH'uscio di casa onde nessuna persona vi
si introducesse. Un amico della casa mandò una tazza di caffè
al fratello del moribondo per mezzo d'un garzone ; questo
garzone fu chiamato dal delegato e fu severamente rimproverato, minacciandolo, se avesse osato tornare in quella casa ;
quindi poco dopo fu arrestato e tuttora è ritenuto in carcero.
Finalmente il moribondo spirò nelle braccia del proprio
fratello, che già lacerato avea il suo cuore in mezzo a lante
avversità; ma le sofferenze da esso patite erano giudicate
poche, e ancora mancavano altre ferite per macerare il cuore
ili questo giovane. Nessuna persona si poteva introdurre in
casa; quelli che pote"ano andarvi non vi andavano, temendo
la scomunica. Il delegato ordinò che il cadavere fosse messo
in una cassa; e il povero fratello del defunto, versando lagrime sulla fredda spoglia del proprio fr-itello, dovè vestirlo
e metterlo nella cassa da se stesso.
Il padre e la madre del defunto non aveano altro conforto
che rivolgersi al Signore e sfogare il duolo col pianto, ma il siughiozzare dei poveri vecchi era udito dalla strada, e il popolo
tornava a fare grida e tumulto, sicché essi dovettero soffocare
il pianto, astenersi dalle lagrime, nascondere il dolore !,...
Alle ore due di notte il delegato mandò a prendere la bara,
e la fece portare sopra ad un carretto ove si portano le immondizie e i cani o altre bestie morte che son trovate per le
pubbliche vie, e, scortato da quattro gendarmi, due facchini,
die la casa dovè pagare, portarono il cadavere in un campo
ove fu sepellito , e sopra alla cassa vi gettarono una gran
quantità di calcina onde presto distruggere anche le ossa
dell'eretico...
Ora dunque i fratelli che furono arrestati ebbero un precetto
tU non praticare punto la famiglia Coltelli, e ciò fu quando
furono esiliati per otto giorni, e di più al tribunale di Pisa
sono stati esaminati un gran numero di testimonii, e si vuole
assolutamente fare un processo , e specialmente contro Scipione Borzali, la famiglia del quale è nella massima desolazione in questa brutta asoettativa.
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Mi piace aggiungere che il proposto di Pontedera e il delegato, pirma che Giuseppe Coltelli fosse morto, ambidue fecero
in carta il rifiuto di dare sepoltura ad esso quando sarebbe
morto.
La posizione nostra si rende ognora peggiore; il mezzo che
i preti ora tentano per agire contro i credenti in Cristo che
sono in Toscana è terribile ; inducono il popolo a fare dimostrazioni popolari e insulti contro di essi, provocano con le
tentazioni più inique i poveri evangelici; se si arriva a qualche tumulto che porti seco delle conseguenze, i credenti
in Cristo saranno accusati come colpevoli di tutto il maie,
mentre che preti, polizia, delegati di governo, tutti facilitano
al popolo ignorante il mezzo di nuocere ai cristiani ..
[Nastra corrispondema).
Notizie Italiane
Genova. — Ospedale Evangelico. — Una recente circolare
del Comitato fa sapere al pubblico che l’apertura di detto stabilimento, da più tempo aspettata, ebbe finalmente luogo il di
19 del maggio p. p. L'ammontare dei doni ricevuti fino a quell’epoca sommava a fr. 23,13-1, 87, dei quali fr. 4,420 erano stati
assorbiti dalle spese di primo stabilimento. I letti sono per
ora in numero di dodici. Un’ottima Diaconessa dell’istituto di
S. Loitp è posta a capo deH’amministrazione interna dello stabilimento, retto da un Comitato composto dei pastori e di un
membro laico delle quattro chiese evangeliche esistenti in Genova, anglicana, scozzese, svizzera e valdese. L’ospedale è
aperto agli ammalati evangelici di qualunque denominazione,
mediante il biglietto di un pastore, ed ogni ammalato vi riceve
con piena libertà i soccorsi spirituali del pastore della propria
i hiesa, o di qualsiasi altro pastore evangelico del quale gU
sia più accetta l’assistenza. Le spese presumibili saranno di
ir. 6000 all’anno, per cui il Comitato caldamente si raccomanda
'e non invano, ne siamo certi) alla carità dei fratelli.
Tortona. — Intrighi e maneggi clericali. — La vigilia di
s. Pietro, in Tortona, poco mancò che diventasse una vera
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notte di s. Bartolomeo. Ecco i fatti in compendio, come vengono narrati dall'jÌD0Ma/0re Tortonese, giornale, per dirlo di
volo, tutt'altro che favorevole ai VaìdeH, come lo dimostra un
suo articolo del 27 p. p. in cui i nostri correligionarii vengono
trattati da esso lui più male assai che i preti stessi.
« È già da qualche mese che dai pulpiti i nostri pi-eti vanno
allarmando i divoti, dipingendo coi più neri colori i Protestanti, minacciando di scomunica, di pene d’inferno chiunque
non li avesse denunziati all’autorità ecclesiastica e non li
avesse respinti con indignazione. La parte colta ed illutÌNnata
del paese rideva di tante scempiaggini, ma gli idioti incorivinciarono a far complotti onde intimidire e con parole e con minaccie chiunque fosse creduto indifferente in punto di religione. La feccia del popolo andava aizzando or questo or
quello, onde procurare tumulto per rubacchiare ove se ne
fosse presentato il destro.
Venne casualmente un Protestante, certo S. Pugno, e ad
onor del vero, come abbiamo già premesso nel numero precedente, ebbe inaspettata accoglienza, tanto più pel modo dignitoso con cui si diportavano gli accorsi. Inferociti i preti da si
inaspettata cortesia verso il loro avversario, impresero a sobillare i contadini ila loro dipendenti.
Difatti appena la campana di S. Matteo suonò l’Ave Maria
della sera fatale, che il Dematteis N. N. imprese a distribuire
ciriege ad alcuni ragazzi onde volessero in compenso passare
lungo la strada maestra gridando abbasso i Protestanti, nel
mentre che il sacrista di S. Carlo si portava in casa del contadino Serafino Gianelli, e lo esortava a seguirlo dicendogli
che bisognava ammazzare i Protestanti.
I monelli che il Dematteis aveva regalati di frutta, s’incamminarono tosto lungo la contrada indicata, intanto che il Gianelli andava dal pizzicagnolo Pernigotti, ove prese un forchino,
poscia si portava al Caffè di S. Martino, luogo del convegno,
e dopo ingoiati tre bicchierini di rosolio, gridò; Andiamo ad
inforcare i Protestanti, fnvano alcuni astanti lo esortavano a
desistere, chè udendo ripetere da numeroso coro la sua minaccia, e credendosi chiamato capo di una rivolta, disprezzava
i consigli di tutti, e pieno d'audacia apri la marcia preceduto
da un monello che batteva sopra un asse sognando il passo
corac sopra un tamburo, seguito da strepitosi gridi. Allorché
l'assembramento s’incontrava in alcuno godente fama di liberale, gridava ammazzatelo ; fortunatamente nessuno ardì met-
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tel e in esecuzione quel grido ! Ma cotesti miserabili già stavano
per passare a vie di fatto; già alle grida verso i liberali cittadini subentrava la voce: Abbasso l’intendente, quando due ca*
rabinieri comandati dal brigadiere Ottino Giuseppe, visto chi
era il capo, intrepidi, in nome della legge, lo arrestarono. Allora i facinorosi vedendo il loro capo arrestato, in parte si
davano alla fuga, e gli altri a gridare fortemente e minacciare
di togliere il prigioniere dalle mani della forza; fecero però
i conti senza l’oste, imperocché giunti i carabinieri vicino ad
un vicolo, fecero un hanco a destra inaspettato, ed il bravo
Ottino, sguainata la sciabola, gridò: In nome della legge, indietro. A tal voce questi eroi cheti cheti se la svignarono, e l’arrestato venne senz’altro ostacolo tradotto nella caserma >. La
giustizia informa.
Notizie Estere
Lione. — Consacrazione di un nnOTo Umpio evangelico. —
Una circolare della Chiesa Evangelica, non unita allo Stato, di
Lione, chiesa quasi intieramente composta di cattolici convertiti, dava testé alle Chiese sorelle il lieto annunzio che, Dio
volendo, la domenica 5 luglio, un nuovo tempio, capace di più
di 1000 uditori, sarebbe stato per cura della stessa solennemente
consacrato al Signore in quella città, ed invitava tutti quelli
che potevano, qualunque sia la Chiesa esterna cui appartenevano, a unirsi ai cristiani di Lione per così fausta circostanza.
« Venite (così la circolare), venite, fratelli diletti delle varie
comunioni evangeliche, vanite a confondere colle nostre preghiere le vostre ; insieme consacriamo questo nuovo luogo di
culto alla gloria del Dio santissimo cui a tutti ci sta parimente
a cuore il servire. Presenti di corpo e assenti, voi sarete con
noi in ispirito, implorando anzi tutto la benedizione di Dio su
quelli edilìzi spirituali, alla di cui costruzione i vostri fratelli
di Lione si adoprano di continuo, nella misura delle deboli
loro forze ».
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G!ro88« Domenico gerente
Torino. — Stamperi» rtcU’Unione Tipografico-EdUrice,