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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
Spedizione in a. p. 45% • art 2 comma 2Q/B legge 662/96 ■ Filiale di Torino.
In caso di mancato recapito restituire al mittente presso l'Uffido PT Torino CMP Nord
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Anno IX - numero 34 - 7 settembre 2001
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Il Centro di Agape é a Pnii?
diWtNFRIDPFANNKUCHE
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I risvolti del neoliberkmo selvaggio
di lUANFREDO PAVONI
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■ BIBBIA E ATTUALITÀ ■
LA LUCE
DEL MONDO
; «Voi siete la luce del mondo»
I- Matteo 5,14-16
C HE cos’è la luce? Se ci viene rivolta questa domanda oggi, con
a nostra mentalità razionale-scientifica diamo una risposta che rispecchia la nostra conoscenza e la nostra
cultura. Per esempio: la luce è una
radiazione elettromagnetica che
viaggia a quasi 300 km/secondo; che
in un anno attraversa 9.464 miliardi
di km (quello che si definisce un anno luce). Sappiamo fin da piccoli che
quando i raggi del sole passano attraverso una lente e vengono così concentrati su un punto, esso brucia. Se
questi raggi passano attraverso un
prisma, vediamo i diversi colori
dell’arcobaleno. Oggi l’illuminazione
è diventata un’arte per dare la giusta
luce ai diversi settori delle nostre case, degli uffici, dei negozi, delle strade e delle piazze. Ci sono lampade
regolabili, luce creata con diversi sistemi, di tanti colori. Pensate alle luca utilizzate nelle discoteche sia per
accentuare i ritmi della musica sia
per creare un particolare ambiente.
UANDO Gesù afferma «"Voi siete la luce del mondo», la gente [
che ascoltava non aveva concetti di
luce complicati. La luce era un dono
di Dio, creata da Dio per l’umanità,
creata prima del sole, della luna o
delle stelle. Anche la luce proveniente
da una lampada a olio, o un fuoco,
offrivano il dono della luce che ci
permette di vedere. È probabile che
venissero in mente le parole del profeta: «Il servo dell’Eterno è luce delle
nazioni, strumento della salvezza di
Dio» (Isaia 49, 6), o le parole del salmista: «Per la tua luce noi vediamo la
luce» (36,9). Questi pensieri dell’Antico Testamento ci aiutano a capire
perché Gesù poteva dire: «Voi siete la
luce del mondo». Gesù non ci chiede
di diventare la luce, ma dice che siamo la luce. Abbiamo ricevuto il dono
della luce che viene da Dio e questa
luce deve risplendere nel mondo intero. Come il sale diventato insipido
non serve più a niente, così anche la
luce: non serve se viene nascosta.
Sappiamo che nella storia del
cristianesimo, così come nella
storia valdese, ci sono stati diverse
tentativi di mettere la luce deU’Evangelo sotto un recipiente, o di soffocarla definitivamente. Contro questi
tentativi, i credenti e le credenti hanno saputo reagire con forza e determinazione, anche al costo della propria vita. Il pericolo maggiore, però,
è che siamo proprio noi a nascondete questa luce, questo grande dono
di Dio dell’annuncio e della testimonianza del regno di Dio. La timidezla mancanza di coraggio, i dubbi,.
1 indifferenza... possiamo vedere
i®nti motivi che rendono questa luce
molto debole se non totalmente nascosta. Non copriamo questa luce,
cioè la nostra testimonianza, con
ri-oppi discorsi che parlano dei nos|ti malesseri nel campo dei ministeti o nella diaconia, ma cerchiamo di
c^re propositivi, troviamo soluziot>i affinché quello che si manifesta
siano progetti, proposte, soluzioni,
"la luce dell’invito di Gesù: «Affìnené gli uomini vedano le vostre buottc opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli».
Tom Noffke
PAOLO RIBET
Globalizzazione, otto per mille, ospeidali e (diaconia sono stati i temi principali al Sinoido di Torre Pellice
L'economia è una questione di fede
L'assemblea è stata compatta nell'attenzione a uno sviluppo giusto e sostenibile del pianeta e nella salvaguardia
del servizio degli ospedali valdesi del Piemonte. Sì anche alla gestione dell'otto per mille delle scelte non espresse
estrema sui progetti e sulle spese.
Contrariamente a quanto può apparire a prima vista, 1 tre temi non
sono affatto separati e incoerenti tra
loro e ciò che li tiene uniti non è solo
il tema dei soldi. Se vedo bene, essi si
legano nel modo che noi abbiamo di
comprenderci e di lavorare: la globalizzazione e l’attenzione a uno sviluppo giusto e sostenibile dell’economia fanno da sfondo tdla decisione di impegnarsi (forse anche al di là
delle nostre forze) nella diaconia e di
usare metà dei soldi statali per progetti nei paesi poveri.. Lo stesso dicasi per gli ospedali: il Sinodo non ha
soltanto voluto evitare di vendere «i
gioieUi di famiglia», ma ha voluto affermare una volontà di servizio. Per
dirla con altre parole, non mi pare
che per i sinodali fosse particolarmente importante che gli ospedali
avessero i macchinari dell’ultima generazione, ma che potessero diventare strumenti di cura e sollievo per
coloro che hanno bisoco. Per questo la chiesa è disponibile a rischiare
e si mostra compatta nel prendere le
sue decisioni.
Essere diaconi
Il problema che crea disagi e spaccature, a mio avviso, sta piuttosto nel
fatto che di fronte all’assemblea
giungono soltanto le emergenze, i
casi disperati. E di fronte td caso concreto ci si divide. È giunto il momento, invece, di fare una seria analisi
non solo della nostra diaconia istituzionale, ma anche di che cosa significa per noi essere diaconi e di compiere le scelte di politica diaconale,
come le ha definite un deputato di
Milano, su cui si possono costruire
con coerenza tutti i passi successivi.
Noi viviamo un’epoca di disorientamento, mi pare chiaro, di fronte a un
mondo che procede a strappi violenti. Ma è anche vero che da troppi anni il Sinodo non si prende il suo tempo per riflettere su temi di ampio respiro, quali il rapporto fra chiesa e
stato, o la laicità dello stato, o la molte volte citata diaconia, o il ruolo del
pastore, tanto per segnalare solo alcuni esempi che sono stati evocati
nelle giornate di Torre Pellice.
Tra massimi sistemi e minugie
Per poter far questo, occorre però
che il Sinodo cambi profondamente
il suo modo di lavorare: non è pensabile che 250 persone stipate per
una settimana nella pur gloriosa aula sinodale possano discutere dei
massimi sistemi e, contemporaneamente, delle minuzie amministrative. Questa assenza di un confronto
veramente ampio e profondo ha
portato a un frastagliamento delle
posizioni che a qualcuno potrà anche piacere ma che produce, a lungo
andare, un pericolosissimo dissolvimento del senso della chiesa e della
sua missione. Si pensi al fatto che ci
sono voluti tre incontri del corpo pastorale per designare il nuovo professore di storia alla Facoltà valdese
di teologia di Roma.
Ma voglio terminare con una nota
di ottimismo: benché schiacciato da
questi tre macigni, il Sinodo ha comunque portato a termine il suo
compito, con una onorevole produzione, concentrata nei tempi di recupero, di ordini del giorno, mozioni e
raccomandazioni. Se questo basta...
Nel tradizionale discorso all’atto
della nomina il moderatore, pastore Gianni Genre, ha affermato che
quello appena terminato «è un Sinodo difficile da riassumere». Niente di
più vero. E, aggiungo io, difficile da
interpretare. Tre erano i temi che
prima dell’inizio dei lavori si respiravano nell’aria come i più urgenti e
sentiti: la globalizzazione, l’otto per
mille e gli ospedali. All’inizio, però,
l'assemblea ha avuto un momento
di panico: la lettura della relazione
della Commissione d'esame, infatti,
poneva di fronte af poveri sinodali
una raffica tale di problemi da far
immaginare che una sessione sola
non sarebbe stata sufficiente. Invece, il Sinodo stesso ha di fatto deciso
■ Elezioni al Sinodo
Genre rieletto
moderatore
Il Sinodo delle chiese valdesi e
metodiste, dopo una settimana di
intenso lavoro, si è chiuso a Torre
Pellice il 31 agosto con le elezioni
delle sue commissioni sinodali amministrative, i massimi organismi
esecutivi nazionali. La Tavola valdese ha visto la conferma del moderatore, pastore Gianni Genre, e del vicemoderatore, pastora Maria Bonafede; il Comitato permanente per le
chiese metodiste e la Commissione
sinodale per la diaconia hanno visto
la rielezione dei loro presidenti, rispettivamente il pastore Valdo Benecchi e il diacono Marco Jourdan;
anche per il Consiglio della Facoltà
valdese di teologia di Roma è stato
confermato il suo decano, il professore e pastore Ermanno Genre.
le sue priorità, che erano quelle sopra elencate, e se ne è riappropriato.
Si è cominciato con la globalizzazione, dapprima con la tavola rotonda del lunedì sera in cui, davanti a un
folto pubblico, il dott. Luca Jahier,
della direzione nazionale delle Adi, è
il past. Franco Giampiccoli hanno introdotto in termini problematici il tema, e si è proseguito il giorno successivo con un bella discussione in uno
dei quattro gruppi di lavoro. Da questa elaborazione sono nate una intensa lettera alle comunità, in cui
vengono invitate a studiare il problema per agire di conseguenza, e una
presa di posizione rispetto ai fatti di
Genova di condanna della violenza.
Ha fatto seguito l’argomento, già dibattuto durante Tanno nelle chiese,
se si dovesse richiedere una trattativa
I Valli val(Jesi
Buoni i dati
sul turismo
Anche in mancanza di una vera e
propria strategia comune fra esercenti, ristoratori, operatori dei servizi e amministratori, c’è un po’ da
parte di tutti il tentativo, nel Pinerolese, di coniugare un’offerta qualificata sia sul versante «gastronomico»
e dello svago, sia su quello più impegnativo della cultura e della proposta «alternativa». Si fanno i bilanci,
quindi, a estate finita, della stagione,
che ha fatto registrare dei picchi di
presenze (30% in più di visitatori al
Forte di Fenestrelle, 3.000 persone
in vai Chlsone per lo show di Luciana Littizzetto). Bene il turismo «minerario» e bene anche per le strutture valdesi, a partire dai musei.
Apag.7
con lo stato per accedere alla gestione della quota di otto per mille di coloro che sulla «cartella delle tasse»
non esprimono alcuna preferenza.
Otto per mille e ospedali
La tensione era palpabile, perché
già negli anni passati l’otto per mille
aveva diviso gli animi e ancora oggi
chi propende per il no nòn vede nella
questione solo un fatto di opportunità o di immagine, ma una vera e
propria perdita (o quanto meno uno
scadimento) della nostra identità teologica e di fede. Nonostante le chiese
si fossero espresse in grande maggioranza per il sì, nel corso del dibattito
nulla è stata dato per scontato e il numero degli interventi è stato molto alto, con un’elevata percentuale di prese di posizione contrarie. Posta ai voti, la proposta è stata accolta con ampia maggioranza. Restava, a questo
punto, una seconda decisione da
prendere: quale percentuale della
somma così ottenuta dovrà essere
impegnata per aiuti all’estero? Nuovo
dibattito, anch’esso lungo e difficile,
che sfocia nella decisione quasi unanime di utilizzare metà dei fondi per
opere diaconali e culturali in Italia e
metà per iniziative all’estero.
E infine il tema degli ospedali vaidesi del Piemonte che in questi anni
si stanno ristrutturando al fine di
rendere alla popolazione un servizio
più elevato e coerente con le trasformazioni in atto nella sanità del nostro paese. Tali opere di ristrutturazione sono però estremamente onerose tanto da destare forti preoccupazioni e ansie, soprattutto viste le
modeste dimensioni della nostra
chiesa. Anche qui si è avuto un confrontò serrato e infine è stato approvato, a grandissima maggioranza,
un ordine del giorno di sostegno
all’operato della Ciov (la commissione che gestisce gli ospedali), unito a un invito alla Csd (la Commissione sinodale per la diaconia) e alla
Tavola a mantenere una vigilanza
2
PAG. 2 RIFORMA
VENERDÌ 7
settembre
«NELL'AMORE NON C'È PAURA»
Se riusciamo a sentire l'amore di Dio dentro di noi come una realtà concreta, questo amore può diventare
una pratica di vita che esce da noi per circolare nel mondo. Se lo facciamo circolare tra noi, esso scaccia la po^
DANIELA DI CARLD
PAURA. Siamo donne e
uomini pieni di paura.
Paura per il mondo perché,
in questo nostro mondo, esistono città come Cavite.
La vita a Cavite
CAVITE è una città dentro
la città di Rosario nelle
Filippine. Cavite è una città
dove si lavora soltanto. È circondata da reti e muri ed è
abitata dalle contadine e dai
contadini durante il giorno e
a volte anche la notte, a causa dei lunghi turni di lavoro.
È abitata da povera gente che
cerca di sfuggire alla fame.
Cavite è una zona particolare: vengono costruiti oggetti che non potranno mai servire a chi materialmente li
produce. Vestiti a cui verranno apposti marchi famosi per
essere venduti nella parte ricca del mondo, marchi che
molti di noi hanno addosso:
Nike, Reebook, Puma...; oppure elementi di alta tecnologia, i nostri computer, cellulari...; oggetti, per intenderci,
che non potranno mai permettersi di comprare.
Si chiama «denazionalizzazione» quel processo per cui
una nazione costruisce cose
che non migliorano il proprio
livello di vita e migliorano,
invece, il livello di vita di
altri popoli. Realtà denazionalizzate, perché producono
beni che non avrarmo mai un
ritorno effettivo, concreto,
materiale sulla loro nazione.
Cavite è una zona denazionalizzata!
In posti come Cavite le
operaie tessili lavorano minimo 14 ore al giorno. Durante
l’orario lavorativo possono
andare al bagno due volte. È
per questo che tengono dei
sacchetti di plastica sotto le
macchine. Viene anche accertato mensilmente che usino gli assorbenti igienici a
prova che non siano incinte.
Non riescono a riunirsi in
sindacato perché sono sfibrate dal lavoro e poste, di continuo, sotto la minaccia del licenziamento o la paura di fare una tragica fine come è già
successo ad alcune di loro.
Cavite è solo una delle 52
zone franche delle Filippine.
Uno di quei «...territori sovrani in cui le merci non si limitano a transitare, ma vengono effettivamente prodotte senza dazi import-export,
e spesso senza alcuna imposta sul reddito e la produzione». Cavite per mantenere le
commesse delle multinazionali, rispetto ad altre zone
franche filippine e non, abbassa i prezzi e così vengono
abbassati i salari delle contadine e contadini che mangiano oggi giorno solo pesce
secco per mandare qualche
soldo alla famiglia.
Tutto questo fa paura! Pau
Agape durante le riunioni di gruppo di un campo
ra per noi stessi quando veniamo picchiati a Genova
mentre dimostriamo pacificamente le nostre opinioni sugli
incontri dei potenti del mondo, quelli dei G8. È lì che vediamo chiaramente messa in
discussione la possibilità di
rendere visibile il dissenso su
come vanno le cose a Cavite,
in gran parte del mondo o anche qui da noi. Donne e uomini, giovani e vecchi aggrediti senza pietà e senza ragione. E alcuni sono tra noi.
Tutto questo fa paura! Paura per le nostre figlie e i nostri
figli a cui lasciamo in eredità
un pianeta irreparabilmente
ferito il cui inquinamento è
fuori dal nostro controllo e lo
rimarrà ancora, visto quanto
non è accaduto a Kyoto. A cui
lasciamo incroci transgenici
che implicano una seria sfida
alla sacralità della vita. Incroci dovuti a quegli scienziati
che si atteggiano a creatori
divini, che agiscono non tanto sotto l’impulso di una ricerca basata sul raggiungimento di un benessere comune all’umanità quanto
sulla possibilità di mettere
all’asta al miglior offerente il
proprio brevetto.
Oppure scienziati che attraverso la mappatura del patrimonio genetico riducono il
corpo a un mero oggetto tutto spiegabile, manipolabile,
controllabile e soprattutto
commerciabile. Tutto questo
fa paura!
Foto tratte dal libro «L’amore
è più grande. La storia di Agape e la nostra», di Tullio Vinay,
Claudiana, Torino, 1995
Le nostre paure
E poi ci sono le 1000 paure
personali, quelle di tutti i
giorni; la paura del giudizio
altrui su di noi; la paura di
non essere amati; la paura di
invecchiare; la paura della
morte; la paura della malattia; la paura della solitudine... e poi ancora paure e
paure che non riusciamo
neanche a nominare. La paura però non si coniuga con
l’amore. Né con l’amore che
circola fra di noi, né con
quello che esiste tra noi e
** Dio. «Nell’amore non c’è paura; anzi l’amore perfetto
caccia via la paura» ci dice la
prima lettera di Giovanni.
L’amore perfetto, quello di
Dio, ci custodisce come un
tesoro prezioso, ed è questo
che dovrebbe liberarci da
quel vincolo che ci tiene allacciati strettamente alle
paure del nostro tempo. Il
suo amore per noi si presenta
alTorizzonte come possibilità
perché «è con noi, da noi, in
noi che Dio nel mondo diviene, cambia, parla, agisce...».
Attraverso l’amore che può
circolare fra di noi Dio appare concreto, come concreto è
il nostro corpo, la nostra parola, il nostro desiderio.
L’amore di Dio per noi è
ciò che ci permette oggi, il 12
agosto del 2001, di non scappare di fronte al nostro tempo, di non chiuderci nella tristezza che viene da come
vanno le cose sotto questo
cielo, né di rimanere paralizzati e paralizzate di fronte alla vastità di eventi rispetto ai
quali ci sentiamo ininfluenti.
L'amore di Dio
Lf AMORE di Dio è lo sfonI do sul quale si sviluppa
la nostra vita, e «l’atto di
amare, di manifestare amicizia, di far regnare la giustizia
è il nostro modo di incarnare
Dio nel mondo», quel Dio vivente che è qui fra noi che ha
voglia di commuoverci, di tenerci tra le sue braccia, di riconoscerci come suoi figli e
sue figlie per poi restituirci al
mondo pieni delia sua forza.
* La pratica deil'amore
L>AM0RE di Dio per noi è
anche il suggerimento di
una pratica d’amore che deve
e può prendere corpo e storia
tra di noi. Ma la pratica dell’amore è una pratica difficile. Scrive la poeta Elizabeth
Barret Browning: «Se devi
amarmi, per nulT^tro sia/ se
non che per l’amore. Mai non
dire:/ L’amo per il sorriso,
per lo sguardo,/ la gentilezza
del parlare, il modo/ di pensare così conforme al mio,/
che mi rese sereno un giorno./ Queste sono tutte cose
che possono mutare,/ amato
in sé o per te, un amore/ così
sorto potrebbe morire. / E
non amarmi per pietà di lacrime/ che bagnino il mio
volto. Può scordare/ il pianto
che ebbe a lungo il tuo conforto,/ e perderti./ Soltanto
per amore amami...».
Amare per amore, questo è
l’amore perfetto di Dio. È
questo l’amore che Dio ci regala. Se lo vediamo, se lo tocchiamo, facendolo circolare
tra noi, esso scaccia la paura.
La scaccia perché non possono trovare spazio né i piccoli
ricatti, le povere pretese, le
grandi delusioni, nasce invece la capacità di avere uno
sguardo d’insieme su noi e sul
mondo colmo di speranza,
gioia, fiducia... Pur rimanendo consapevoli dei limiti e
delle piccolezze che ci appartengono, il supporto che Dio
ci offre amandoci per amore,
è così forte, così radicante che
ci permette di abbandonarci.
almeno a tratti, melodiosamente tra le sue mani.
Insieme a Dio possiamo
vedere la vita senza paura.
Possiamo alzare la voce,
quando fanno finta di non
sentirci o quando ci mettono
a taceje, mentre protestiamo
contro il male di quel potere
che vuole plasmare questa
terra a suo esclusivo beneficio; possiamo segnare la nostra civiltà attraverso una pratica di attenzione e di amore
reciproco, una civiltà da consegnare alle nostre figlie e ai
nostri figli, certo piena di
contraddizioni ma anche ricca di resistenza e passione.
Ogni cosa può accadere se la
facciamo avvenire, in primo
luogo alTinterno di noi.
Meister Eckhart, in uno dei
suoi scritti, afferma: «Ho detto una volta: ciò che può essere espresso secondo verità
di parola, deve provenire
dalì’interno verso l’esterno e
derivare da una forma interna, non venire daH’esterno
verso Tintemo ma dall’interno verso l’esterno». Se riusciamo a sentire l’amore di
Dio dentro di noi, come una
realtà concreta, questo amore può diventare una pratica
di vita che esce da noi per
circolare nel mondo.
Una pratica che può essere
a sua volta citata, fatta propria da altri, rimbalzando da
persona a persona. L’autore
di questo testo biblico era un
fine conoscitore della vita. Ne
conosceva le contraddizij ■
le seduzioni, le debole;
dentro di sé sapeva
che ogni situazione crife
poteva essere superata atfe
verso la pratica d’— ^
gli esseri umani che detite
però, da quella di Dio neii^
stri confronti. Ad
sta pratica è spesso ìdsibife '
L'esperienza di Agap«
Lo è quando la comunit!
che si forma in manien
temporanea, una settimanali
durata del campo, vive rii,
contro, Temo^^ne di senta
accolti e ascoltati; lo è
resiste attraverso paroleei|
emozioni alle pressioni di
mondo che non lascia respii
alle diversità, siano esse poi.
tiche, di orientamento sesiiale, religiose, legate al genen
lo è quando i, campolavoti
sti, i residenti per un periodi
breve o lungo della loro vita
scommettono di essere mondo in maniera non conforme
a quella dettata dal senso comune; lo è quando il respim
di Dio si incarna, nonostante
tutti i problemi, tra la gente,
che ad Agape passa per incontrarsi e poi ripartire.
Giorgio Tourn, neirultìmo
libro sull’architettura di Agape, sostiene che l’influenza
che Agape stessa «ha esercitato sulla vita, il percorso, l’identità della Chiesa valdese...
è stata determinante al punto che la Chiesa valdese odierna, nei suoi diversi aspetti, sia positivi che problematici, può leggersi come
risultato delle iniziative, dei
dibattiti, del discorso teologico elaborati via via in quel
suo centro; non esiste (...)
una chiesa la cui identità sia
stata segnata in modo cosi
profondo e duratura da una
opera singola».
Per Tourn l’influenza di
Agape è «sproporzionata rispetto alle fragili strutture
della Chiesa valdese». Per me
no. Agape è un luogo pieno
di vita, di pensiero, di movimento e ciò contrasta con i
mondo circostante. Mario Hivoiro, un campolavorista,
l’altro giorno mi diceva che
ogni cosa ad Agape viene vissuta all’ennesima potenzae se questo vale per le difficoltà o per le gioie vale anche
per come può essere vissuta
la fede in Cristo. Una fede in
cui vi è un amore senza paura. Che quell’amore abbracci ciascuna e ciascuno di n®
rendendoci sorelle e fratelli
le une degli altri e che p®
tutte e tutti sia possibile, es;
sendo eredi di Cristo, capaci
di amare per amore.
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2001 in occasione dei 50 an®
di Agape
Tullio Vinay predica a un gruppo di primi lavoratori di Agape
é^NelVamore non &è paura; anzi, Vamoré
perfetto caccia via la paura, perché chi ha
paura teme un castigo^ Quiruli chi ha paura
non è perfetto nelVamore.
^^Noi amiamo perché egli ci ha amati per
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PAG. 3 RIFORMA
Appello alle chiese del segretario generale dell'Alleanza riformata mondiale
È tempo di lottare contro le ingiustizie
Hoppello à stato lanciato durante la riunione del comitato esecutivo dell'Arm, riunito a Holland
(Uso) dal 26 luglio al 4 agosto per avviare la preparazione dell'Assemblea generale del 2004
Mei sottolineare la crescen» Oteoccupazione del mo^Into ecumenico riguardo
Si-ordine economico monK, U segretario generale
Meanza riformata monSaleiArm), pastore Setri NyZ ha ricordato alle chiese
U^essità urgente di eliminare la povertà e di restaurare la dignità umana per tutti i
oopoli di questo mondo.
«Nel XXI secolo, non possiamo permetterci di perdere
tempo mentre stanno morendo degli esseri umani - ha
dichiarato Setri Nyomi ai
membri del Comitato esecutivo dell’Arrri, riuniti a Holland (Usa), dal 26 luglio al 4
agosto scorsi -. Siamo chiamati a fare una differenza... E
giunto il momento di agire».
L’Intervento del pastore Setti Nyomi era centrato sulle
priorità dell’Arm nel nuovo
secolo. L’Arm rappresenta oltre 200 chiese congregazionaliste, presbiteriane, riformate
eunite. Setri Nyomi ha inoltre
criticato il «letargo» di alcune
chiese e ha rimproverato la
loro mancanza di impegno a
fianco dei poveri. Facendo riferimento alla campagna intemazionale Jubilee 2000 a favore deirannullamento del
debito dei paesi poveri, si è
méravigliato: «Mentre l’anno
2000 volgeva al termine, c’era
gente che tirava un sospiro di
sollievo pensando che si poteva porre fine alla campagna».
Il pastore Setri Nyomi, segretario generale dell’Arm
Il segretario generale ha
lanciato questo messaggio
nel contesto delle numerose
crisi che scuotono il mondo:
aggravamento deH’intolleranza religiosa in Indonesia,
deterioramento della situazione in Terra Santa, diffusione dell’Aids, indebolimento
della democrazia nel mondo,
lotta per raggiungere un consenso sull’ambiente e debito
estero schiacciante dei paesi
in via di sviluppo. Setri Nyomi ha chiesto ai partecipanti
di individuare «le forze della
morte» in ognuna di queste
situazioni e di adoperarsi per
sconfiggerle, in collaborazione con le chiese membro. Ha
fatto un parallelo tra queste
crisi e l’emergere di un ordine economico mondiale basato sulla crescita a spese
dell’ambiente sociale e naturale. Ha incaricato le chiese
membro di prendere posizione contro l’ingiustizia di un
simile sistema: «I nostri figli e
i nostri nipotini non ci perdoneranno se non faremo
nulla di fronte alle ingiustizie
che imperversano attorno a
noi», ha affermato.
Questo messaggio del segretario generale è pervenuto
mentre il Comitato esecutivo
stava avviando i preparativi
in vista dell’Assemblea generale dell’Arm che avrà luogo
nel 2004 ad Accra, in Ghana,
sul tema «Che tutti abbiano
vita in abbondanza». Questo
tema è legato al programma
dell’Arm che chiama le chiese riformate ad agire per aiutare i poveri e proteggere
l’ambiente. Associandosi a
questo appèllo, il pastore
Nyomi ha ricordato ai partecipanti che «non siamo soli».
Faceva riferimento in particolare alla Federazione luterana mondiale (Firn) che,
, all’inizio dell’anno, ha deciso
di convocare la sua prossima
Assemblea generale, prevista
nel 2003, sul tema «Per guarire il mondo», uno dei temi
scelti anche dall’Arm per
l’Assemblea del 2004.
D’altra parte il segretario
generale dell’Arm ha posto
l’accento sulla spiritualità, base sulla quale le chiese possono appoggiarsi per rispondere
alle sfide di questo mondo, e
ha chiesto ai partecipanti di
rimanere uniti nella missione.
«Dobbiamo impegnare le nostre chiese ad essere delle comunità in cui giovani e anziani, laici ed ecclesiastici, si sentono al loro agio e liberi di
usare i propri talenti». (eni)
WKBÈ George H. Freeman, nuovo segretario generale (del Consiglio metoidista mondiale
Conoscere i membri della grande famiglia metodista
In quanto sovrintendente
di un distretto della Chiesa
metodista unita negli Stati
Uniti, George H. Freeman
era solito viaggiare ma d’ora
in poi, dopo la sua nomina a
s^etario generale del Consiglio'metodista mondiale
(Cmm), viaggerà in tutto il
mondo. Intervistato dai giornalisti a Brighton, nel Sud
dell’Inghilterra, dove si è
svolta la Conferenza metodista mondiale conclusasi il 31
m^o scorso, George H. Freeman ha detto che il suo predecessore, Joe Hale, aveva attirato la sua attenzione sui
numerosi viaggi che avrebbe
richiesto il suo nuovo compilo. Intende pertanto trascorrere 8-10 giorni al mese lon«rio dalla sede del Cmm, in
t-arolina del Nord (Usa).
«L’orizzonte non potrebbe
ossere più vasto», ha fatto
riotare Freeman, 54 anni,
consacrato nel 1972, diplomato in teologia, sposato e
padre di due figli. Prima di
Untare segretario generale
^Cmm, Freeman era sottendente del distretto di
^Wlottesville della Chiesa
^todista unita, una delle
v*^rindi chiese degli Usa.
andare incontro ai
?tbri della famiglia metotutto il mondo, nei li«3 di tempo e di bilancio
S^nibili», ha proseguito. Il
rj conta 77 chiese indicanti e 36 milioni di
•uri in 130 paesi. Eppure
fi , “ un milione di dolla^.’®aeficitarlo da tre an«¿„u®®uian però si mostra
e jj ™ otttaista» al riguardo
poter risolvere i
81bH« ’ finanziari del Con«*«iio grazie
le del Cmm intende «potenziare le possibilità di comunicare» non solo tramite viaggi
ma anche ricorrendo ai mezzi elettronici. Attualmente il
Cmm non ha un sito web, ma
questo dovrebbe cambiare,
precisa Freeman. Comunicando con centinaia di partecipanti prima della conferenza di Brighton, Freeman ha
realizzato a che punto i mez
zi elettronici possono avvicinare i metodisti di tutto il
mondo. Infatti ha scoperto
che «tutti hanno risposto tramite posta elettronica, eccetto quattordici».
Un’altra delle sue priorità
sarà di potenziare gli scambi
pastorali. Attualmente, questi
avvengono soprattutto tra le
chiese Usa e quelle di Gran
Bretagna. Freeman vuole in
cludervi maggiormente il Terzo Mondo. Spera inoltre che i
pastori e i laici americani miglioreranno le loro conoscenze linguistiche. Questo, ritiene, li aiuterà ad adattarsi allo
sviluppo della lingua spagnola negli Usa e ad avere una
veduta più vasta del mondo.
«L’immersione in un’altra
cultura rafforza il ministero»,
ha fatto notare. (eni)
A
a un fondo di
milioni di
u che consentirebbe di
^ nt^e le fonti di reddito
fonrtn***' brincio di questo
adotta* ufficialmente
a Brighton.
nuovo segretario genera
È Stato eletto il 13 agosto nonostante l'opposizione ó\ Israele
Un nuovo patriarca amico dei palestinesi
La Chiesa greco-ortodossa
ha eletto il vescovo Ireneo, 62
anni, quale nuovo patriarca di
Gerusalemme, nonostante i
tentativi fatti dagli israeliani
per bloccare la sua candidatura. È diventato cosi uno dei
leader cristiani più potenti in
Israele, capo di una chiesa custode della maggior parte dei
luoghi santi. La Chiesa grecoortodossa è anche il maggiore
proprietario fondiario in Terra Santa, dato che possiede
terreni che vanno da Gerusalemme alla Cisgiordania e alla
striscia di Gaza. L’elezione del
13 agosto è giunta otto mesi
dopo la morte del patriarca
precedente, Diodoros.
L’elezione di Ireneo, nato
nell’isola greca di Samo, è avvenuta in due tappe. In una
prima fase, 50 alti responsabili hanno designato tre candidati da un elenco di 15 nomi.
Poi 17 vescovi hanno eletto il
patriarca fra questi tre candidati. Per quattro mesi, Israele
ha tentato di bloccare reiezione del vescovo Ireneo e di
altri quattro candidati. Per i
circa 100.000 membri della
comunità araba greco-ortodossa in Terra Santa, i tentativi israeliani non erano altro
che un intervento maldestro
teso a impedire l’elezione di
un patriarca prò palestinese.
Nel discorso che ha pronunciato dopo la sua elezione, il patriarca Ireneo ha rivolto i suoi auguri al re Abdallah di Giordania e al leader palestinese Yasser Arafat.
«Servirò la Chiesa e sosterrò il
popolo palestinese e la sua
giusta causa» ha detto. I risultati dell’elezione hanno provocato la delusione del governo israeliano, come ha dichiarato il rabbino David Rosen, di Gerusalemme, che
milita a favore del dialogo tra
le religioni: «Ireneo è considerato come meno morbido
e meno disposto [di altri candidati] a cedere alle esigenze
israeliane - ha detto -. Questo risultato mostra l’inutilità
degli sforzi di Israele per ottenere il soddisfacimento dei
suoi interessi». In una dichiarazione ufficiale, la Chiesa
greco-ortodossa ha precisato
che avrebbe sottoposto i risultati dell’elezione alla Giordania e all’Autorità palestinese per approvazione, ma senza menzionare Israele.
Durante il patriarcato di
Diodoros, Israele aveva comprato e affittato grandi appezzamenti di terreni alla.
Chiesa greco-ortodossa, in
particolare nelle ricche periferie della città e dove si trovano le residenze ufficiali del
H Visita ó\ Konrad Raiser in Zimbabwe
«La violenza non porta mai
alla pace e alla giustizia»
presidente e del primo ministro israeliani. È uno dei motivi per cui Israele teme che
l’arrivo di un patriarca prò
palestinese a capo della Chiesa provochi conflitti fondiari
alla scadenza dei contratti.
Ma il presidente del comitato
laico della Chiesa greco-ortodossa a Gerusalemme, Yosef
Dik, ha cercato di allontanare
tali timori. Ha precisato che
l’elezione del nuovo patriarca
faceva nascere invece la speranza di aprire «un nuovo capitolo nei rapporti con la comunità in Israele».
Il vescovo Ireneo ha preso
possesso delle sue funzioni
durante una cerimonia nella
chiesa del Santo Sepolcro.
Questo luogo è considerato
come il punto in cui Gesù è
stato crocifisso, sepolto e dal
quale è risuscitato dai morti.
È sotto la supervisione di sei
chiese, ed è la Chiesa grecoortodossa che è incaricata
della custodia della tomba
del Cristo. Il patriarca Ireneo
è profondamente legato alla
Terra Santa. Giunto a Gerusalemme nel 1953, ha ottenuto il diploma del seminario di teologia della chiesa
nel 1963. Prima della sua elezione, era da molti anni ad
Atene dove rappresentava la
Chiesa di Gerusalemme, (eni)
Il pastore Konrad Raiser,
segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese
(Cec), che era in visita nello
Zimbabwe a fine agosto, ha
ammonito che la violenza in
quel paese non porterà mai
alla pace e alla giustizia. Raiser, che era a capo di una delegazione di sei membri in visita in Afi'ica australe dal 14 al
27 agosto, è giunto nello Zimbabwe domenica 26 agosto.
Numerose domande inoltrate dal Consiglio delle chiese
dello Zimbabwe (Zcc) in vista
di organizzare un incontro
tra il presidente Mugabe e il
pastore Raiser sono state
ignorate dalle autorità. La visita del segretario generale
del Cec coincideva con la
pubblicazione da parte dello
Zcc di una lettera pastorale
che condanna la violenza che
sta dilaniando il paese.
Durante la predicazione
pronunciata nella chiesa metodista della Trinità, nel centro di Harare, lunedì 27 agosto, il pastore Jtaiser ha appoggiato la lettera pastorale,
sottolineando che essa rappresenta «la voce della verità». In questa lettera lo Zcc,
la più grande organizzazione
cristiana dello Zimbabwe,
critica il governo al quale
rimprovera di essere all’origine delle violenze perpetrate
contro coloro che esso considera come suoi oppositori, di
impedire alle organizzazioni
di difesa dei cittadini di portare avanti campagne di sensibilizzazione degli elettori, e
di permettere agli ex combattenti della guerra di liberazione di imporre la loro legge.
«In quanto responsabili di
chiesa, siamo convinti che il
presidente dello Zimbabwe
ha il potere di fare cessare
questa violenza - si legge nel
documento -. Abbiamo sentito i leader politici chiamare
ad azioni violenti contro i loro oppositori. Minacce di
morte sono state lanciate
pubblicamente. Questo è
inaccettabile. La violenza intralcia lo sviluppo e reca danno alla dignità e all’immagine
del paese».
Almeno 30 persone sono
state uccise nellé violenze politiche e nelle aggressioni perpetrate per motivi razziali dal
febbraio dello scorso anno.
Nella sua predicazione, Raiser ha sottolineato che «la
violenza non potrà mai essere
il mezzo per giungere alla
giustizia. Credo che questo
sia chiaro nelle lettera pastorale. È la voce della verità che,
credo, può aiutare a contenere la violenza. Questa lettera
pastorale trova la sua fonte
nel dialogo tra i dirigenti politici, un dialogo che è stato
difficile stabilire. Le chiese
sono disposte a portare avanti questo dialogo con coloro
che assumono le responsabilità in questo paese».
Konrad Raiser, la cui ultima visita nello Zimbabwe risale alla Vili Assemblea del
Cec, nel dicembre 1998, ha
fatto notare che «da allora la
situazione nel paese è diventata sempre più critica. Abbiamo camminato al vostro
fianco in questi tempi di disordini e sembra che il cielo
si oscuri ancora di più». Le
chiese sono pronte a facilitare il dialogo durante i conflitti, ha precisato Raiser che ha
sottolineato l’offerta fatta
dalle chiese in Angola, in vista di promuovere il dialogo
tra le parti in conflitto: «È
proprio la proposta che è stata fatta dalle chiese dello
Zimbabwe ai rappresentanti
del govèrno e dell’opposizione», ha aggiunto.
Dopo U culto, Raiser ha dichiarato ai giornalisti di non
aver incontrato il presidente
Mugabe, ma che il Cec aveva
espresso la propria preoccupazione sulla situazione del
paese tramite il rappresentante dello Zimbabwe presso
rOnu a Ginevra. Ha aggiunto
che finché il governo sj. rifiuterà di dialogare con le chiese, il Cec non potrà dare la
sua assistenza allo Zimbabwe. D’altra parte, Raiser ha
precisato che U governo aveva direttamente e indirettamente chiesto al Cec di intervenire nel conflitto tra lo
Zimbabwe e la Gran Bretagna. Lo Zimbabwe accusa la
Gran Bretagna di non mantenere la sua promessa di finanziare la riforma agraria,
conformemente all’accordo
di Lancaster House del 1979
che ha segnato l’accesso all’indipendenza del paese.
L’impasse ha portato a un irrigidimento dei rapporti tra
lo Zimbabwe e la Gran Bretagna ed è uno dei motivi invocati dal governo per giustificare la sua politica di esproprio delle fattorie appartenenti a bianchi.
«Il governo dello Zimbabwe vorrebbe che la Gran
Bretagna venisse contattata e
invitata a cambiare la sua
posizione circa la questione
della riforma agraria e quella
dell’accordo di Lancaster
House, per quanto riguarda
gli aiuti finanziari - ha dichiarato -. Abbiamo detto
che in via di principio siamo
pronti a considerare questa
proposta ma non prima che
si stabilisca un vero dialogo».
A chi gli chiedeva se il governo aveva rifiutato di avviare
un dialogo, Raiser ha risposto che non c’era stata alcuna risposta a tutte le domande di vero dialogo. (eni)
Una contadina dello Zimbabwe al lavoro
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita
Una serata di riflessione nel tempio valdese di Ghigo tra agapini e pralini
Il Centro ecumenico di Agape è a Frali?
Il rapporto tra il Centro fondato da Tullio Vinay cinquant'anni fa e la comunità di Frali non è
mai stato senza conflitti e divergenze. In questi anni sono cambiate molte cose, se non tutto
WINFRID PFANNKUCHE
Agape è a Prali? Questa è
la domanda che ha posto
il pastore Daniele Bouchard
dopo cinque anni di direzione
del Centro ecumenico, alla fine di una serata d’incontro
tra una trentina di agapini e
pralini nel tempio di Ghigo. In
ballo c’è il rapporto tra le due
«comunità». Tutto sommato
si registra una buona partecipazione, se si considera che
molti, di giorno, erano impegnati nei diversi «campi» di
lavoro sia pralino sia agapino;
al di là di questo, il tema della
serata «A Prali, 50 anni Agape»
richiedeva allo stesso tempo
anche un confronto della comunità di Prali con la sua storia degli ultimi 50 anni, passati non senza conflitti. Tra i
partecipanti ci sono anche
rappresentanti della Società
seggiovie 13 laghi.
La serata si apre con una citazione molto cara a Tullio Vinay: «Pregate, altrimenti domani dovremo chiudere». Il
pastore Tourn domanda che
cosa abbia significato Agape
per la Chiesa valdese: i valdesi
di oggi non sarebbero gli stessi se non ci fosse stata Agape.
Parimenti ci si potrebbe chiedere che cosa abbia significato Agape per Prali e cosa sarebbe Praii senza Agape. Si sarebbe ugualmente sviluppata
come Pragelato? Non lo sappiamo. Sappiamo invece che
una buona parte della storia
del protestantesimo europeo
è passata sotto gli occhi dei
pralini. Ma la Prali di allora, si
chiede Tourn, quando si costruì Agape, chi la ricorda? La
distanza fisica tra la Prali di
allora e il resto del mondo
non è più immaginabile. Prali
era un luogo estremamente
tradizionale. Comunque sia,
aH’inizio, Agape ha avuto un
fortissimo impatto positivo
sul paese in quanto ha attirato sul paese stesso l’attenzione del mondo. Ma Agape, da
circa 20 anni, non ha più incidenza sulla vita pralina. Oggi
c’è 0 non c’è? Se chiudesse,
che cosa direbbero i pralini?
Franco Grill, attuale sindaco, ricorda che attraverso la
chiesa c’era un legame forte
con Agape perché fino alla
costruzione della sala delle
attività a Ghigo si andava ad
Agape per la scuola domenicale, il catechismo e la filodrammatica. Durante la fase
d’avvio dell’opera. Agape e la
chiesa erano ancora molto
legate Luna all’altra: Agape
era vista come una attività
della chiesa. Oggi Agape è un
nucleo quasi invisibile dietro
le piante ormai cresciute che
nascondono un tipo di cultura intellettuale rispetto al
quale alcuni pralini si sentono forse impreparati. E, soprattutto, «Agape non porta
più denaro a Prali».
Umberto Poèt è di Ferrerò
dove ha visto da sempre passare i pullman pieni di giovani
in direzione Agape. È la sua
chiesa a indirizzare il giovane
monitore della scuola domenicale ad Agape, dove riceve
in seguito la formazione da
animatore e staffista. Così
Umberto ha sempre vissuto il
suo essere in parte valligiano
in parte agapino come due
realtà molto differenti. Secon
preventìvi a richiesta
trasporti per
qualsiasi destinazione
attrezzatura con autoscala
operante all’esterno fino
a 43 metri
SALA TRASLOCHI
Via Belfiore 83 - Nichelino
Telefono 011-6270463
Telefono e fax 011-6809298
Ghigo di Praii: foto di gruppo davanti ai tempio dopo ii coito dei cinquantenario
do lui esiste tuttora una forte da un certo momento in poi che più famiglie. Viaggi al
non se ne parlava più; mvece ”
diffidenza da parte delle chie
se della valle rispetto ad Aga
pe. Da parte degli agapini, è
forte la volontà di avere un
rapporto con la gente della
valle e bisognerebbe scrivere
un libro sul rapporto tra Agape e Prali. In sostanza i rapporti tra Prali e Agape non sono molto diversi da quelli tra
Ferrerò e Agape. Una cosa è
evidente: a Prali, dove c’è
Agape, si costruisce la seggiovia e la gente può viverci,
mentre quelli di Fontane sono
quasi tutti scesi a valle.
Nell’intervento di uno dei
protagonisti della costruzione
di Agape, si sente ancora l’entusiasmo della prima generazione di agapini, il suo entusiasmo dell’inizio e il suo disincanto di oggi: «Oggi sono
più innamorato di Prali che di
Agape». Ma, all’epoca, ad
Agape, si ritrovava l’amicizia
che nelle città dopo la guerra
sommerse in un clima di sospetto, non c’era più. Qui si
sperimentava la gioia dell’amicizia ascoltando le parole di Vinay. Quelle parole
evangeliche sono, secondo
lui, venute meno con gli anni;
si cominciò a parlare di altro
(importante, ma altro) di politica e del sociale, ma non
dell’Evangelo. Un pralino
quarantenne cerca allora di
definire il momento storico di
questo cambiamento: mentre
sua madre gli raccontava ancora di un interscambio molto intenso tra Agape e Prali, la
forte politicizzazione del Centro ha causato il distacco da
parte dei pralini.
Nell’intervento della neodirettrice, Daniela Di Carlo, si
sente l’entusiasmo per l’Agape di oggi, un luogo della «libertà di pensiero», un luogo
in cui si concentra il genere
umano, un condensato di
umanità arricchente e, addirittura, una realtà «così vera»
che vi possono convergere
tutti, atei, cristiani, comunisti
omosessuali, buddisti e altri
ancora. Tutto questo si può
scontrare con un paese che
cerca di restare se stesso, di
conservare le sue strutture
tradizionali. Un negoziante ricorda che una volta c’era una
più forte presenza della comunità di Agape in paese; an
Testero gli hanno fatto capire
che non si conosce Prali, ma
si conosce Agape, e si rammarica che tutti quelle persone
non abbiano conosciuto Frali
attraverso Agape.
Il direttore uscente Daniele
Bouchard ritiene che la vera
questione sia questa: Agape è
a Frali o no? Concorda che
oggi Agape è qualcosa di molto diverso da queU’Agape dei
tempi della sua costruzione.
Quando è cambiato? Secondo
il pastore Bouchard: alla fine
della costruzione, alla chiusura del cantiere. In questa prospettiva il 50° anniversario di
quest’anno, in realtà, è l’anniversario del primo cambiamento di Agape. Frali e Agape
sono di per sé due realtà che
si incontrano solo difficilmente: Prali è un posto dove si vive (continuità). Agape invece
è un posto dove si passa (discontinuità). Nei colloqui dopo la parte ufficiale, un pralino mi dice: se Agape si apre al
paese saranno possibili le settimane bianche. Ma Agape è a
Prali? Sembra una domanda
semplice. Ma le cose semplici
con quelle complicate.
I Campo famiglie al Centro «Menegon» óì Tramonti di Sopra
La pastorale all'iiiterno del carcere
CLARA COZZI
IL campo famiglie tenutosi
al Centro «Menegon» (6-18
agosto) verteva sul tema «Appunti di pastorale carceraria»
proposto dall’operatore diaconale Enzo Polverino di Napoli. Fratelli e sorelle presenti
hanno preso coscienza dei
gravi problemi esistenti in
una sitùazione di reclusione
dal relatore, che opera all’ospedale evangelico Villa Betania e alle carceri di Poggioreale e Secondigliano visitando detenuti sia su loro richiesta scritta sia per chiamata
nominale dell’operatore.
A Poggioreale in una cella
vivono anche dalle 16 alle 22
persone, il carcere costruito
per 1.200 ne contiene oggi
3.000. Migliore la situazione
di Secondigliano, due detenuti per cella. I carcerati ricevono il cibo, ma tutti gli extra
devono essere acquistati allo
spaccio interno: sigarette, saponi, rasoi, biancheria, generi
di conforto: ci si può cucinare
dei cibi; tutte queste spese devono essere sostenute dalle
famiglie che a volte si indebitano, chi non ha nessuno si
trova in grosse difficoltà. VI
sono detenuti per appartenenza alla camorra, spaccio di
stupefacenti, rapina, omici
dio: sezioni diversi raccolgono gli indagati per violenza
sessuale, pedofilia e omosessuali e transessuali che abbiano commesso dei crimini; le
donne sono invece a Pozzuoli.
In questo universo carcerario parecchi, passandosi la
voce l’un l’altro, chiedono la
visita del cappellano evangelico, pastore o diacono, che
visitandoli porta loro una parola di speranza, ascolta i loro problemi, fa una lettura
biblica e una preghiera. È un
impegno difficile, da condurre con fiducia nel Signore;
non si può sapere quanto
possa incidere nell’animo dei
detenuti né quanto liberi essi
saranno di cambiare vita una
volta usciti, se non ricadranno nel vecchio «giro» di amicizie e crimini. I rapporti
umani in carcere sono falsati
dalla mancanza di libertà,
dallo stato di soggezione, e
anche il genuino desiderio di
cambiamento di vita si scontrerà con la dura realtà esterna, dove all’ex dfetenuto sarà
quasi impossibile trovare chi
lo vorrà assumere per un lavoro, che sarà molto meno
redditizio del crimine. Ancora più difficile è annunciare
TEvangelo di Gesù cristo ai
pedofili e ai violentatori, che
non parlano tra loro di ciò
per cui sono in prigione e che
quando chiedono una visita
vogliono esservi chiamati
singolarmente.
I detenuti desiderano la relazione d’aiuto anche nei
confronti dei familiari, ma allora l’operatore deve agire
con oculatezza ed eventualmente chiedere l’aiuto di un
collega per non essere strumentalizzato, facendo da tramite fra detenuto e mondo
esterno. La testimonianza
cristiana va comunque condotta ed è auspicabile, malgrado i nostri esigui numeri,
che aumenti la presenza dei
cappellani evangelici nelle
carceri italiane, ricordando
le parole di Gesù: «Fui in prigione e veniste a trovarmi»
(Matteo 25, 36), tanto più che
nelle nostre carceri ci sono
anche degli evangelici, soprattutto tra gli extracomunitari di origine africana.
I partecipanti al campo, essendo gli incontri di studio limitati àia sera, avevano tempo durante la giornata, che
iniziava con una brava meditazione, di passeggiare, di
esplorare le interessanti località vicine, di andare al fiume
per un bagno. Tutto questo in
un ambiente sereno e fraterno, ristorati daH’ottima cucina del direttore Silvano Fani.
i È morto a Napoli lo scorso 11 agosto!
Ci ha lasciati Nicola Leila
ANNA MAFFEI
Quando a 16 anni il giovane Nicola Leila trovò
alla stazione di Santeramo in
Colle, suo paese di origine in
provincia di Bari, un opuscoletto evangelico, messo lì dal
capostazione evangelico, non
avrebbe mai potuto immaginare quanto profondamente
quella prima lettura avrebbe
inciso su tutta la sua vita. Dopo 56 anni di militanza per
TEvangelo di Gesù Cristo, l’il
agosto scorso il pastore Leila
se n’è andato dopo una malattia lunga e penosa che ha
attaccato il suo fegato e che lo
ha costretto nell’ultimo anno
a sempre più frequenti e lunghi ricoveri. Il giorno dopo,
nell’afa di agosto molti, giunti
anche da lontano, gli hanno
dato l’ultimo commosso saluto nei locali della Chiesa valdese di via dei Cimbri a Napoli, della quale il pastore Leila
era negli ultimi anni diventato
membro e ultimamente anche presidente del Concistoro. Il messaggio di consolazione e speranza è stato condiviso con i presenti dalla pastora
Teodora Tosatti. Molte sono
state in quell’occasione le testimonianze di solidarietà e
sincero apprezzamento per il
ministero del pastore Leila.
Nato U 2 giugno 1919, il padre
capitano dei carabinieri, era
destinato dalla famiglia alla
carriera militare. In effetti
due anni dopo la sua conversione, partì per la scuola militare di Moncalieri, ma proprio fi lo raggiunse a vent’anni la vocazione al pastorato
che lo spinse, da un giorno
all’altro, a lasciare la carriera
militare e a iscriversi alla
scuola teologica battista di
Rivoli. Ricordava spesso Tamaro disappunto del padre
che, alla notizia del suo abbandono «pianse per due
giorni interi perché - raccontava - suo figlio avrebbe dovuto affrontare una vita grama». Ma la decisione era ormai presa. Fu diseredato, ma
questo non lo spaventò. Carattere combattivo, partecipò
a Rivoli alle battaglie contro
l’impostazione didattica nordamericana degli studi teologici. Sposò durante gli studi,
nel 1954, Ada Ciambellotti,
nipote di Oreste Ciambellotti,
pastore e figura di spicco del
battismo pionieristico di inizio secolo. Dopo un periodo
di affiancamento pastorale ad
Altamura, come aiuto a Liutprando Saccomani, fu assegnato alla sua vera prima sede, Boscoreale, comune vesuviano in provincia di Napoli
dove però rimase solo circa
un anno e mezzo. Fu poi trasferito con la famiglia alla comunità di Miglionico, in provincia di Matera. Lì rimasero
dal 1957 al ’59, e poi ancora a
Barletta dal 1959 al 1972. In
questi anni nacquero i loro tre
figli: Liliana, Carlo e Iolanda.
A Miglionico, a Barletta ma
anche nelle successive sedi, si
spese per il rispetto dei diritti
della minoranza evangelica
ma fu anche attivo nelle grandi battaglie politiche e sociali
della sinistra. Fu artefice a
Barletta nel 1966 della prima
grande marcia degli evangelici che vide una grande partecipazione cittadina oltre che
di folte delegazioni evangeliche da tutta Italia. La organizzò per ricordare l’eccidio
degli evangelici avvenuto a
Barletta cento anni prima.
Riuscì in quell’occasione a
nisteropa
neü’annu
more vici
Per Catei
vera distil
come crei
le, ma si t
ne che ho
cola, la ve
dente. Gli
ze vissute
avanti la
adenti».
aBibeth
leparte d
no tutti i
particeli
«mettersi
care una
donne, c
etnie e o
versi, me
coinvolgere il sindaco e,
rara a quell’epoca, anchij
prete della cittadina.
Per la sua mentalità strutta,
raímente aperta e
alle innovazioni e al____
ministero del pastore uf
precorreva i tempi. Questo i
costò in alcuni momenti, aj.
che cruciali, incomprensiom
e anche opposizione. Pure¡.
sendo un pastore-evani
(sin dai tempi di Rivoli
amato le campagne di e
gelizzazione col Biblitec,
mino attrezzato allo scopo)
non scivolò mai nella sterile
polemica. Il suo essere con.
vinto assertore dei principi
battisti fu coniugato conia
scelta del dialogo ecumenim,
in tempi in cui tale scelta eia
quasi dappertutto impopolare
nelle nostre chiese. A Barletta,
ma anche a Chiavari dovefii
pastore dal ’73 al ’79, e a Napoli dove curò la chiesa di via
Foria dal 1979 al 1985, e dove
rimase residente anche sue- ¡tori
cessivamente quando si prese
cura prima della piccola comunità di Torre Annunziatae
poi di quella di Pozzuoli, li
copromotore e attivissimo
militante di varie associazioni
per la pace e gruppi interconfessionali.
Contribuì col cardinale Utsi e Bruno Forte a formarei
Giaen (Gruppo interconfessionale attività ecumeniche
di Napoli). Insieme a cattolici di base e altri gruppi fondò
e lavorò attivamente nel
Coordinamento ecumenico
per la pace e il disarmo e nella scuola di pace. Fu dalla sua
origine membro del direttiw
dell’Amicizia ebraico-cristiana di Napoli. Convinto pacifista e nonviolento, fu a livello
nazionale fra i membri della
sezione italiana del Movimento internazionale per la
riconciliazione. Fino a che ha
potuto ha partecipato sem;
pre a tutte le manifestazioni
cittadine per la pace, per idiritti umani, insieme ai giovani. Già debilitato dalla m^nttia manifestò per Tultima
volta davanti Tambasciata
americana di Napoli per i d>;
ritti del popolo curdo dove si
recò con la sua bandiera ai;
cobaleno che in particolaf
occasioni, con la semplici“
l’entusiasmo che gli eran®
propri e che non perse ronj’
esponeva anche fuori il balcone di casa sua. , .
Ha collaborato a vario tito}
attivamente al lavoro dell uspedale evangelico di Nap^
dove ha servito negli ultinn
anni come cappellano. La su
mitezza, la sua passione pouj
tica vagamente anarchicUi
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una eredità preziosa.
CRONACHE DELLE CHIESE
TORRE PELLICE — Domenica 2 settembre c’è stato il culto ^
saluto del pastore Bruno Rostagno, in partenza per
e della pastora Caterina Dupré, che ha servito questa
munità nei mesi precedenti la propria consacrazione.
• Auguri a Barbara Casellato e Walter Maurino che si so
recentemente sposati. Auguri anche a Nicole Perna, di
tonio e di Susanna Pugliaro, che è stata battezzata. ^
• Si sono svolti i funerali di Davide lahier. Renato Pd®
Dario Rostan: siamo vicini alle famiglie in lutto.
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Vita
Torre Pellice, l’esame di fede dei quattro candidati valdesi al ministero pastorale
ita vocazione è la scelta di servire
PAG. 5 RIFORMA
, qq Angelis, Caterina Dupré, Jean-Felix Kannba Nzolo e Elisabetta Ribet hanno parlato
00 loro vocazione e risposto alle domande del corpo pastorale. Il paradigma di Arlecchino
La giornata «Giovanni Miegge»
Fedi e culture: quali sono
gli incontri possibili?
AlBERTOCORSANI
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Tutti i quattro i candidaH aipinistero pastorale
L'áüperato gli esami di
l'^ÌSnti al corpo pastoiSaKo 25 agosto. SebbeÌSniannualmente,ladoSasuUa propria vocazioche suscita maggese dei candidati. «Se
g? è per grazia di Dio
Sa fette nascere 1 amore,
¿rediDioPadreeereatoL die si palesa quando credi
^^ere stato vinto e distrutÈ così che ho incontrato
So e me ne sono innamorala Assunta De Angelis spieffliosì la sua vocazione al ministero pastorale che va intesa
nell'annunciare un Dio d’amore vicino e amico di tutti.
Per Caterina Dupré non c e
vera distinzione tra vocazione
come credente e come pastore ma si tratta della «vocazione che ho ricevuto fin da piccola, la vocazione di ogni credente. Gli studi e le esperien® vissute sono strumenti per
aiutare le comunità a portare
avanti la loro vocazione di
¿denti». Anche per Elisabetta Ribet la vocazione pastoraleparte da quella che ricevono tatti i credenti, in modo
particolare essa significa
«mettersi in gioco» per edificare una chiesa di uomini e
donne, culture e sensibilità,
etnie e colore della pelle diversi, mentre «credenti e pastorisono chiamati a testimoniare, non a convertire». Così
perJean-Félix Kamba Nzolo
la Avocazione è la scelta di
servire. Il pastore è servitore
delSi^ore e del prossimo».
Lo Spirito Santo in relazione ai sacramenti è una domanda a cui ha risposto De
Angelis dichiarando che lo
Spirito Santo non risiede essenzialmente nei sacramenti,
ma li trasforma per renderli
vivi: in questo senso il sacramento è l’unità tra gli elementi e la predicazione della
parola di Dio. Sulla «risurrezione dei credenti nella testimonianza delle scritture e il
nesso tra la risurrezione di
Cristo e i credenti» Dupré ha
risposto che l’annuncio della
risurrezione è il fondamento
della predicazione cristiana
ed essa va annunciata come
*|®inpletamento della nostra
rita che si conclude non con
la morte, ma con la vita eterna». La candidata ha proseSnito, parlando del «rapporto
ha fede e ricchezza», sostenendo che il denaro e l’eco
nomia stessa non hanno nulla di impuro in sé, ma capire i
meccanismi delle strutture di
mercato ci permette di non
essere governati dal denaro
che invece diventa veramente utile quando è condiviso.
Kamba Nzolo, riferendosi
alla domanda relativa al «rapporto tra l’unicità della rivelazione e la persona di Gesù
Cristo», ha dichiarato che «la
rivelazione di Gesù Cristo è la
piena manifestazione di Dio
che diventa carne, nostro firatello e Signore»; allo stesso
tempo, sì afferma l’universalità della salvezza di Dio in
Cristo. A Kamba è stato an
che domandato di parlare del
«riflesso ecclesiologico della
giustificazione per grazia mediante la fede» in relazione ai
rapporti con la Chiesa cattolica; egli ha sottolineato che
«Dio interviene gratuitamente, per grazia, per cancellare
il peccato e la condanna dell’essere umano mediante il
sacrificio di Gesù Cristo: al
credente non resta che riconoscere l’amore di Dio e accogliere la sua Parola». Il candidato ha aggiunto che la
giustificazione si contrappone al sacrificio della messa,
infatti, come dice Calvino,
noi non abbiamo nulla da
dare a Dio, ma tutto da lui riceviamo, mentre la messa,
appunto, è una offerta a Dio.
Sulla «dottrina della creazione alla luce delle cosmologie correnti» ha disquisito la
candidata Ribet partendo
dalla Genesi in cui Dio è detto «Creatore». Ma oggi le
spiegazioni scientifiche pongono delle sfide non facili da
trattare. Tuttavia, oggi va più
che mai affermato il «Dio
creatore non come plasmatore, ma come causa di tutte le
cose, causa profonda che oggi
ci fa sentire vivi». La Ribet, alla domanda relativa alle diverse spiritualità e pietà con
cui oggi le nostre chiese sono
chiamate a confrontarsi data
la presenza di stranieri e immigrati, ha spiegato che «Arlecchino, una delle più belle
maschere della nostra cultura
popolare, non esisterebbe se
le altre maschere non avessero dato ognuno un pezzetto
di stoffa». Per la candidata
l’Arlecchino è l’essere chiesa
insieme, e si tratta di un nuovo paradigma che siamo
chiamati a costruire. Non si
tratta di cambiare nel senso
di diventare come gli altri, ma
di imparare a relazionarci
con gli altri e soprattutto con
altri modi di dire Dio.
Nell’anno in cui si parla, forse troppo, di globalizzazione, è stato giusto dedicare la giornata di studi «Giovanni Miegge» - «incontro tra
i Centri culturali evangelici
italiani e il corpo pastorale»,
in una collocazione di calendario per tradizione riservata
alle sedute di quest’ultimo, il
24 agosto a Torre Pellice all’incontro tra «Fedi e culture». Ed è stato giusto farlo
partendo dalla disamina proposta da Nedo Baracani, docente di Sociologia del lavoro
a Firenze, che ha inteso ridimensionare alcuni luoghi comuni: quello, in primo luogo,
della fine della modernità e di
tutti i «post» che ne conseguono. La modernità, al contrario, è un’epoca di cui viviamo a tutt’oggi le dinamiche e
alla quale concorriamo da secoli; e poi la presunta impossibilità di discernere, all’interno di questo processo, delle
linee portanti chiare e coerenti; al contrario, è dato vedere
che la cultura almeno europea si è ben dotata di strumenti per leggere e governare
le profonde trasformazioni
che attraversa (per esempio
gli stati nazionali). Non sono
da considerarsi esaurite poi le
tendenze «critiche» rispetto
alla società e alla cultura.
temi della riunione di Torre Pellice del corpo pastorale valdese e metodista
Confessione di peccato, ri-battesimo, cattedra di storia
PAWEL CAIEWSKI
Ty REDIGA la parola, insisti in hgni occasione
favorevole e sfavorevole, convinci, rimprovera, esorta con
ogni tipo di insegnamento e
con pazienza» (II Tim. 4, 2).
Quest’anno l’esortazione rivolta a Timoteo è diventata
particolarmente attuale durante le riunioni del corpo pastorale, che sono iniziate giovedì 23 agosto e si sono concluse con la seduta straordinaria di mercoledì 29, in tarda
serata. Eccezionalmente fitta
è stata l’agenda degli impegni. Tre argomenti hanno dominato i lavori del corpo pastorale: il significato e il posto
della confessione di peccato
nella liturgia, la questione del
cosiddetto «ri-battesimo», la
discussione delle candidature
presentate in seguito alle dimissioni del prof. Paolo Ricca,
per la docenza di storia alla
Facoltà valdese di teologia.
Commissione sinodale per la diaconia
Viaggio di studio in Provenza
1 partecipanti potranno visitare alcuni centri della diaconia della
Chiesa riformata di Francia (Erf) della regione della Costa Azzurra, non
^lo di diaconia istituzionalizzata ma anche «leggera», promossi anche
l'Entraide protestante. Al momento sono disponibili 45 posti.
Programma pronborlo:
12 Ottobre; arrivo a Marsiglia, visita di un servizio diaconale per
^iribini e adulti, eventuale visita alla Regione Provence-Alpes, inconIfo con il presidente del Consiglio economico-sociale (Paca); pernottaii®rito nella regione di Marsiglia.
13 ottobre: visita di 2-3 strutture aperte (non tradizionali) a Marsiglia
edi un Centro per i senzatetto a Vence; pernottamento a Villa-St.-Ca'"ille a Théoule -sur-mer.
14 ottobre: programma turistico nella regione di Cannes-St.i^Phael; pernottamento a Théoule.
15 ottobre; a scelta visita di una struttura a Nizza oppure program
culturale; partenza.
Per maggiori informazioni, rivolgersi a:
Csd, via Angrogna,18 -10055 Torre Pellice
tei. 0121-953122 fax 0121-953125
e-mail; csd.diaconia@tpellice.it ________
Le relazioni introduttive al
dibattito sulla confessione di
peccato, tenute da Sergio Rostagno. Marco Rolando, Silvana Nitri e Bruno Rostagno,
hanno fornito numerosi
spunti di riflessione. Le formule e le parole usate nelle
liturgie guariscono o aumentano i sensi di colpa di chi
partecipa al culto? Quale legame esiste tra il sermone e
la confessione di peccato con
il rispettivo annuncio della
grazia? I numerosi interventi
nel corso del dibattito hanno
messo in risalto l’importanza
delTannuncio del perdono e
della dimensione di lode a
Dio, che dovrebbe caratterizzare anche il momento liturgico della confessione.
Molta attenzione è stata
dedicata alle persone che,
chiedendo di essere ammesse come membri di una chiesa valdese o metodista, non
riconoscono alcun valore al
battesimo ricevuto da bambini. «Non vogliamo abrogare
l’articolo 18 del nostro Regolamento sulle persone nel
quale si riconosce la piena
validità al battesimo altrui ha affermato Franco Becchino, parlando sul mandato
della Conferenza del II distretto che ha prodotto un
ampio documento suU’argo
mento -, si tratta piuttosto
della questione se dobbiamo
ribadire rigorosamente la lettera del regolamento oppure,
in alcuni casi, andare oltre la
lettera». Nel corso del dibattito è prevalsa l’opinione che il
battesimo, in quanto azione
di Dio, non può essere né
strumentalizzato né ripetuto.
La questione, però, resterà
ancora oggetto di studio.
Per la prima volta nella storia della Facoltà valdese di
teologia il corpo pastorale è
stato chiamato, secondo il regolamento della Facoltà, a
esaminare ben sei diverse
candidature presentate per la
cattedra di storia del cristianesimo; Frédéric Amsler (Ginevra), Angelo Cassano (Roma), Albert de Lange, (Karlsruhe), Emanuele Fiume (Felónica Po), Martin Hirzel (Zurigo), Bruna Peyrot (Luserna
San Giovanni). La mattinata
del 24 agosto è stata dedicata
alla presentazione dei dossier
dei candidati, e il pomeriggio
successivo all’audizione dei
candidati presenti a Torre
Pellice (il prof. Amsler ha comunicato in precedenza Timpossibilità di partecipare in
persona all’esame della sua
candidatura). Sia il confronto
con i concorrenti sia la discussione conclusiva, tenuta
■ ‘ DEI.
LA CASA VALDESE DI VALLECROSIA
cerca un impiegato/a
per funzioni di segreteria e reception
Si richiede:
• diploma di scuola media superiore
• buona conoscenza di inglese, discreta di tedesco
e/o francese
• uso PC
• capacità di relazionarsi con il pubblico
• disponibilità a lavorare in un piccolo gruppo e a collaborare con gli altri settori
Preferenza a chi abbia maturato esperienze nel settore
turistico-ricettivo e condivida le finalità di un'opera
diaconale. Inquadramento previsto dal Contratto Cnl
enti, opere e istituti valdesi.
Inviare curriculum a: direzione Casa valdese per la gioventù, casella postale 45, 18019 Vallecrosia (Im)
si in tarda serata del 29 agosto, sono stati caratterizzati
da una profonda riflessione
sulla metodologia dell’insegnamento della storia nonché sull’importanza della
preparazione storica nella
formazione al ministero pastorale. Dopo un’attenta valutazione di tutte le domande
pervenute, il corpo pastorale
ha designato come proprio
candidato Martin Hirzel.
La definizione del corpo pastorale come «sede naturale
del dibattito teologico», proposta all’inizio dei lavori dal
past. Bruno Rostagno ha trovato dunque la piena conferma durante queste giornate
particolarmente dense e impegnative. Resta da sperare
che tale sede si allarghi ancora e che il dibattito teologico
possa trovare spazio anche
nella vita delle chiese locali.
La novità degli ultimi e ultimissimi tempi, in uno spazio
culturale fatto di competenze
e ruoli indipendenti e spesso
autoreferenziali, è che ognuno di questi settori tende a
operare e a produrre etiche
normative in modo corporativo. Così su una questione
come la bioetica i medici ragionano in una direzione, i
giuristi in altre. Se la Chiesa
cattolica propone una visione
del mondo che tende alla
normativa rigida, ai comuni
cittadini non resta che il relativismo, la ricerca di soluzioni
caso per caso. Il protestantesimo, in questo ambiente, rischia di vedere ridotto il proprio ruolo a un «esercizio di
procedure»: ascolto, analisi
critica, comparazione. Tutto
utile, ma c’è una parola di
contenuto che ci sentiamo di
contrapporre ad altre, siano
quella costrittiva dei vescovi
o quella scientista della ricerca fine a se stessa?
Altro problema (o nucleo di
problemi) su cui ha insistito
Baracani è quello dell’uso di
linguaggi diversi non tanto
fra diverse culture (e fedi)
quanto fra generazioni, magari generazioni di lavoratori.
A parità di mansioni in fabbrica, tra un operaio che abbia iniziato a lavorare negli
Anni 50 e il figlio che svolga
lo stesso lavoro con contratto
di lavoro interinale esiste un
oggettivo problema di comunicabilità delle esperienze.
La pastora Erika Tomassone si è chiesa invece quali siano stati i momenti in cui il
dialogo tra protestantesimo
e cultura italiana abbia fatto
registrare le reazioni più interessanti. Fra i casi presi in
esame spiccavano quelli del
«colloquio» con il modernismo, di quelli di Gangale con
Gobetti, e di quello con Tazionismo a partire dall’esperienza esistenziale della Resistenza. In queste situazioni, come
ribadito anche da alcuni interventi, viene alla luce come
a interloquire con componenti eccentrici della cultura
italiana fossero personaggi
piuttosto eccentrici anche rispetto al piccolo mondo protestante; una specie di avanguardia della minoranza o,
come si è detto, «minoranza
all’interno della minoranza».
Fatto sta che l’influenza di
questi dialoghi, più che delle
conclusioni a cui giunsero,
permangono ancora oggi,
forse anche in questo caso,
sotto forma di metodologia
più che di contenuti. Non si
trattava allora e non si tratta
oggi, a giudizio di chi scrive,
di cercare legittimazioni nella
cultura italiana: chi conduceva una personale ricerca sapeva dove guardare, sapeva
proporsi come interlocutore
della cultura tout-court (e
neanche solo italiana), senza
preoccuparsi della considerazione da parte di quest’ultima: sotto questo aspetto è significativa proprio l’opera di
Giovanni Miegge, la cui presentazione della Lettera ai
Romani di Barth per gli italiani fu pubblicata da un grande
editore in tempi non sospetti.
AGENDA
CINISELLO BALSAMO — Domenica 16 settembre il Centro
culturale «Lombardini» apre il nuovo anno di attività con
una festa al Parco Mozart (via Paisiello ang. via Mozart).
L’incontro inizia alle 11,30; dalle 12 buffet (prenotazioni
02-66010435); a seguire intrattenimento musicale e danze.
Alle 16 si tiene un culto di evangelizzazione.
ECUMENE — Al Centro di Velletri, nei giorni 13-15 settembre,
si tiene il XXIV Congresso dei «Pionieri evangelisti volontari» (ex colportori) facenti parte della Missione evangelica
per l’Europa che ha sede in Roma. Per informazioni tei. 067028112; e-mail: missevaneuropa@tiscalinet.it.
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Ij claiKuana
via Principe Tomaso, 1 - Torino
tei. 011-6689804 - fax 6504394
http://www.claudiana.lt
6
PAG. 6 RIFORMA
SIONISMO UGUALE
RAZZISMO?
JEAN-JACQUES PEYRONEI.
Commenti
Il convegno sull'identità battista si terrà a Santa Severa dal 14 al 16 settembre
Verso un'identità muiticultural«
Come si svilupperà ¡impatto fra evangelici non occidentali e la nostra realtà itolionQ)
Mentre la «Conferenza mondiale dell’Onu contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l’intolleranza
che vi è connessa», questo il titolo ufficiale, è in pieno svolgimento a Durban, nel paese che
sette anni fa ha sconfitto un regime politico esplìcitamente basato sul razzismo e sull’esclusione sociale, economica e politica
dei neri, le notizie che giungono
dal Sud Africa appaiono contraddittorie e alquanto deludenti. Com’è noto, la questione mediorientale ha preso il sopravvento su tutte le altre questioni
legate al razzismo e alla discriminazione razziale nel mondo e,
da parte della
maggioranza
“.2 Alla Conferenza Onu
di Durban, moite
non governative
(Ong) presenti a
Durban si è verificato un cortocircuito pericoloso che assimila
la drammatica
vicenda mediorientale a quella
dell’apartheid sudafricano. Ma
[ è corretto ridurre il cinquantennale conflitto israelo-palestinese a una questione di razzismo?
Molte autorevoli voci israeliane,
da Shimon Peres a David Grossman, e della comunità israelitica in Italia (Tullia Zevi, Amos
Luzzatto) hanno rifiutato questo
paragone, pur riconoscendo i
torti dell’ala fondamentalista
del sionismo odierno, quella dei
coloni all’interno dei Territori
occupati che, con le loro pretese
di «Grande Israele» pregiudicano irrimediabilmente ogni futura possibilità dì uno stato palestinese autonomo e sovrano.
Ma anche Ong mondialmente
conosciute, come la Federazione internazionale per i diritti
dell’uomo, Amnesty International, Human Rights Watch
(Hrw), sì sono dissociate dalla
dichiarazione finale del Forum
delle Ong, che si è svolto a Durban dal 28 al 31 agosto, e che ha
I riumto oltre 7.000 rappresentan[ ti. Come ha detto Reed Brody,
capo delegazione di Hrw (La Repubblica del 3 settembre), «pur
condannando i crunini di guerra
e le atrocità compiute ai danni
del popolo palestinese, semplicemente riteniamo che non sia
esatto parlare dì genocidio». Cosicché anche il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, e l’Alto Commissario dell’Onu per i
diritti umani, Mary Robinson,
che prima dell’apertura della
Conferenza avevano manifestato
una grande apertura nei con
Ong assimilano
Israele al Sud Africa
dell'apartheid
fronti del Forum defie Ong, hanno respìnto lo spirito e la lettera
della mozione.
Del Forum faceva parte una
delegazionedi 35 membri del
Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), guidata dalla brasiliana Marilia Schüller. Da anni impegnata nella lotta contro il razzismo, la delegazione ha partecipato attivamente ai dibattiti del
Forum su vari temi, fra cui quello dei Dalit in India. In un intervento preparato per la Conferenza, la delegazione ha dichiarato: «L’impunità di cui usufruiscono coloro che sono stati in
passato responsabili dì crìmini
come lo schiavismo, la colonizzazione, l’apartheid, il genocidio
e il lavoro forzato... dovrebbe essere proscritta
dal diritto internazionale e nazionale» (comunicato stampa del Cec
del 31 agosto).
Circa la questione
israelo-palestinese, la delegazione,
che ha reso nota una presa di
posizione che sottolinea la necessità di continuare a sostenere
gli sforzi in vista di una pace negoziata, cita una dichiarazione
del Comitato centrale del Cec del
febbraio scorso che parla di una
«forma di discriminazione, di
umiliazioni di routine, di segregazione e di esclusione che restringono la libertà di movimento dei palestinesi» e «istituisce
una “frammentazione” del paese che ha per effetto che i territori palestinesi sono divisi gli
uni dagli altri». Non è come dire
«sionismo uguale razzismo».
Eppure Marilia Schüller, come
Rigoberta Menchü e altri rappresentanti dei popoli autoctoni, si
è detta delusa dalla «poca eco
che ha avuto la voce delle chiese». A suo parere, questo è dovuto al fatto che «le nostre chiese
avrebbero potuto e dovuto fare
molto di più». Ma è anche dovuto, credo, allo scarto esìstente tra
le istanze espresse dalle miriadi
di organizzazioni della società
civile e la loro traduzione a livello politico e giuridico. Come
hanno dimostrato i fatti di Genova, basta una qualsiasi strumentalizzazione politica o teppistica per ridurre a nulla le migliori intenzioni. A Durban non
c’è stata violenza fisica ma una
forzatura verbale su una questione specifica che di fatto ha
oscurato i mille fenomeni di razzismo e discrimazione razziale
esistenti nel mondo di oggi. E
che, purtroppo, continueranno.
Riceviamo dall’evangelista
nigeriano del Dipartimento
dell’evangelizzazione dell’Ucebi, T. T. Martins, e pubblichiamo, un intervento sul delicato
rapporto fra fede e cultura.
Tale riflessione ci è sembrata
particolarmente rilevante, alla
vigilia del convegno nazionale
sull’identità battista, perché
l impatto culturale fra evangelici non occidentali e la nostra
realtà è uno dei problemi cruciali da affrontare nel processo
«Essere chiesa insieme».
TAYOTAiWO MARTINS
ON i deboli mi sono
** fatto debole, per guadagnare i deboli. Mi faccio
ogni cosa a tutti per salvarne
ad ogni modo alcuni» (1 Corinzi 9, 22). La fede cristiana
nella storia ha attraversato
j confini culturali, sociali e spirituali, passando dalla cultura aramaica della Palestina a
quella ellenistica e romaina, e
così via da un mondo culturale a un altro. Non c’è cristianesimo sganciato dalla
cultura. La consapevolezza
che noi stessi siamo legati a
una cultura, con i suoi prò e
contro, è indispensabUe.
L’Italia si sta sviluppando
sempre più come una società
multiculturale. Nell’ultimo
decennio in molte città è aumentato il numero di chiese
cristiane formate da persone
provenienti da altri paesi. Nel
contempo la cristianità in
questa nazione sta diventando sempre più una diaspora.
In genere la reazione a qualsiasi cosa venga da stranieri è
difensiva o riflette una mancanza di interesse. Ma gli italiani devono imparare che
non rappresentano più da soli la chiesa cristiana in Italia, e
non sono i soli ad esprimere
standard culturali validi per
tutte le occasioni. È un fatto
che questi cristiani provenienti daH’Africa, dalle Filippine, dalla Corea, dalla Cina o
dai paesi latinoamericani, sono già divenuti parte della comunità cristiana in Italia.
La popolazione italiana è
inoltre a crescita zero, mentre
le popolazioni africana, asiatica e dell’Est europeo vivono
una costante espansione. L’
incontro con altri modelli culturali di vita è a volte percepito come arricchente, altre volte come fonte di tensione, a
seconda dei diversi punti di
vista. Ma rincontro con gli altri ci aiuta a divenire più chiaramente consapevoli della
nostra identità come cristiani,
e a formulare in modo nuovo
ciò in cui crediamo e ciò che
ci rende diversi dagli altri.
Il clima morale del mondo
registra oggi cambiamenti radicali. Chi avrebbe creduto
possibile, 50 anni fa, l’aborto
legalizzato, la regolarizzazione delle unioni tra omosessuali, il suicidio medicalmente assistito, la presenza di nudo in tv? Chi avrebbe previsto
che performances come quelle di Madonna sarebbero state non solo tollerate, ma anche ammirate? Anche se come cristiani noi siamo a disagio, e dovremmo essere a disagio, rispetto a molti cambiamenti, dobbiamo anche
capire che questo è il nostro
mondo, e Dio ci ha posti proprio qui in questo tempo.
Oggi, il mondo ha perso la
strada. Non è chiaro che cos’è
bene e che cos’è male. .L’uomo è lasciato alla propria
comprensione per formulare
la sua scala di valori, credenze, la sua etica. La «chiesa» è
piena di persone che si chiamano cristiani e tuttavia hanno uno stile di vita in aperta
violazione delle sacre Scritture. Molte persone sono state
sviate dal messaggio dell’Evangelo; altri sono stati delusi
dall’ipocrisia e dall’avidità,
ma rimane il fatto che molti
non hanno mai veramente
respinto Cristo: essi semplicemente non hanno mai sentito la buona notizia in termini a loro comprensibili.
La sfida delle chiese è dare
a queste persone il messaggio
di Cristo presentandolo in un
modo che si relazioni alla cultura che cambia. Molti nostri
anziani legati alla forma di
c^to, stile, musica e metodi
di insegnamento che a loro
tempo li portarono a Cristo,
respingono il cambiamento.
Gesù disse che non si può
mettere vino nuovo in otri
vecchi. Gli otri non ra«
sentano la sostanza dS
stra fede ma il conte
re. Gesù non solo ven™
adempiere la legge^
inaugurare una nuova® '
maggior parte dell’oppa
ne venne quando Ge
confrontò con le tradizio
vino nuovo viene posto j
accusa dai vecchi otri e
che volta genera violenta»
posizione. "
Dobbiamo prendere i
lutamente sul serio lanL
cultura come fece Paolo T
si tratta di comprometti»
verità biblica ma di ess
flessibili nel nostro àpproJ
al ministero. 1 modi dif®
culto, i metodi per evansel
zare, gli stili di insegnaffim
e altro ancora devono moi
carsi per poter raggiunge,
chi ancora non è ancorasi
raggiunto, e far crescere ckij
già un discepolo di Cristi
Gesù predicò da una baro
nel Mar di Galilea creandoti
anfiteatro naturale, l’apos
Paolo scrisse su papiro, io.,
Microsoft. La prima chièà
studiò sui rotoli di pergami,
na, noi invece abbiamo ai
sposizione dozzine di traè
zioni e tipi di Bibbia e ina
secondo selezioniamosi
computer i passi che vogl
mo. La nostra culturas„
cambiando radicalmente da
vanti ai nostri occhi. Prega,
riamoci a portare l’Evangeli
di Gesù Cristo a persone di
questa generazione.
Il rapporto tra i battisti italiani e gli immigrati evangelici
ERMINIO PODESTÀ
REDAZIONE CENTRALE TORINO:
Via S. Pio V, 15-10125 Torino, lei. 011/655278 - fax
011/657542 e-mail: redazione.torinoeriforma.itREDAZIONE NAPOU:
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VICEDIRETTORE PER IL CENTRO-SUD Anna
REDAaONE: Alberto Corsani, Marta D’Auria, Massimo Gnone, Jean-Jac
ques Peyronel, Davide Rosso, Piervaido Roslan (coordinatore de L’eco delle valli)
Alt’ei’o Bragaglia, Avernino Di
° '^®"’ano, Giuseppe Ficara, Pawel Gajewski, Giorgio Gar
S Pasquaie lacobino. Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa
Nitti, Nicola Panta^, Emmanuele Paschetto, Giuseppe Platone, Giovanna Pons
Bostan, Mirella Scorsonelli, Raffaele Volpe
DLEGGE: Piera Egidi. ^
Armand-Hugon; GRAFICA: Pietro Romeo
Castangia; ABBONAMENTI: Daniela Actis.
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Estero tN “'’‘•¡'’*^0: L- 175.000; V. aerea: L. 200.000; semestrale: L. 90.000
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Ta^ inserzlMi wbUlcItarle; a modulo (42,5x38 mm. Riforma - 37x45 mm L'Eco delle
valli valdesi) E 30.000, Partecipazioni: mnVcolonna £ 1.800. Economici: a parola £ 1 OM
La restata Riforma è registrata dal Tribunale di Pinerolo con il numero 176/5t.
Rrtorma-L'Eco delle valli valdesi è II nuovo titolo della testata
L Eco delle valili valdesi registrata dal Tribunale di Pinerolo con il
n. t75/51 (modifiche registrate il 6dicembre1999).
Il m^ero 33 del 31 agosto 200t è stato spedito dall’Ufficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 29 agosto 2001.
2001
Associato ella
IMona stampa
pactoJtea Italiana
CI Stiamo avvicinando al grande appuntamento di settembre in cui, a
Santa Severa, si ritroveranno rappresentati di tutte le chiese battiste d’Italia per
discutere un tema di notevole rilevanza:
I «I battisti allo specchio: l’identità battista». Mi sono riletto i vari interventi pubblicati da Riforma e anche una nota inviata per posta elettronica inerenti a questo tema. Prima di trarre le mie conclusioni cito alcuni brani.
Massimo Aprile sul numero del 4 maggio, ha scritto: «Naturalmente non credo
che il Signore desideri soltanto demolire
la nostra necessaria identità. Certo
quando l’identità si configura come un
definitivo tradimento dell’Evangelo, che
svuotato della croce resta solo una mera
ideologia fra le tante, il giudizio di Dio
seree a scuoterci. In tanti altri casi Dio
agisce verso la nostra identità come il
vasaio. Egli vuole rimodellare le nostre
forme storte perché il nostro vaso risponda all’utilità del servizio per cui lo
ha destinato. Risagomare l’identità è talora operazione difficile non meno che
fare un vaso nuovo. Ma ne abbiamo bisogno. Perché ciò che siamo non è dato
una volta per sempre ma il nostro essere
è in divenire. I lavori sono in corso: c’è
spazio e possibilità perché chi entra
nell’officina della chiesa dia il suo contributo, possibilmente con fantasia». ,
Doriana Giudici sul numero del 15 giugno ha aggiunto: «Certamente l’Ucebi
deve prepararsi al convegno con spirito
di umiltà e con molto studio di ricerca, se
vuole uscire dalle tre giornate più forte e
determinata dall’impegno cristiano. Occorre infatti che al termine del Convegno
si abbia coscienza che la nostra identità e
la nostra specificità si valorizzano solo se
si apre al dialogo al confronto, all’ascolto.
Mi auguro che dopo quelle giornate si riscopra anche la nostra incompletezza e si
riparta per tessere nuove relazioni e nuovi confronti che, alla luce della Parola di
Dio, diano nuovo vigore all’annuncio
della buona novella».
Mi pare di capire, da questi due interventi, che il convegno sia stato indetto
nel tentativo di una riformulazione, in
rapporto alla trasformazione di metodi e
di forme, dell’identità battista. Quest’assemblea è stata definita un appuntamento importantissimo e capillare per il
battiamo italiano. Forse, anziché scegliere il tema per il convegno «L’identità
battista», un po’ troppo teorico e poco
attuale, sarebbe stato meglio utilizzare
argomenti più pratici e utili in tempo
reale. Sarà comunque compito degli organizzatori dell’Assemblea trasferire
l’aspetto tecnico del tema nella deonto
logia come il rapporto dei pastori coni
chiesa, la mobilità dei pastori, il rapporto fra chiesa e chiesa.
Tenendo fermi i principi del battesimo come elemento essenziale alla nostra vita di appartenenza alla Chiesa battista e del congregazionalismo, espressione inderogabile della autonoiriia delle chiese locali che sviluppano la fotografia indispensabile all^ nostra identitì,
bisogna dire che, come dove ci sono tre
battisti ci sono tre teologie, così ci som
sfumature diverse sull’identità a seconda dell’ambiente e delle esperienze che
le varie comunità vivono.
Comunque io penso che sia molto importante esaminare la nuova situazione
che nelle nostre comunità si è creata circa il rapporto con gli extracomunitaii
che ormai formano un’ossatura portante del nostro essere chiesa. Come può
a-wenire una nostra integrazione con la
loro cultura per rendere meno compì®so il loro inserimento? Inoltre bisognerà
studiare una nuova forma di evangelizzazione che non abbia lo scopo di ottenere proseliti ma la dimostrazione chela
comunità cristiana è una splendente
manifestazione della fede cristiana ed
esibisce uno stile di vita attraente e una
testimonianza di credibilità della nostra
identità battista anche al di fuori delle
porte delle nostre chiese.
UN noto periodico americano ha rivelato, in seguito a una recente inchiesta,
che sta nascendo un improvviso interesse religioso da
parte di molti uomini d’affari. Manager protestanti, finanzieri cattolici, imprenditori ebrei, uomini abituati fino a ieri a parlare solo di numeri e a riconoscere come
dio soltanto Mammona, partecipano ora a particolari ritiri spirituali organizzati per
loro. Alcuni addirittura, dopo
una piccola infarinatura di
teologia, si sono messi a fare i
predicatori creando nuovi
gruppi religioso-affaristici. Il
movimento parte, guarda caso, dalla caduta delle Borse
che ha distrutto in poco tempo 4 miliardi di dollari di ricchezze personali e ha posto
in prospettiva la possibilità di
una recessione economica.
PIERO bensì
Un libro che esalta l’impegno
di Dio ad aumentare i capitali
di chi si rivolge a lui ha venduto 8 milioni di copie. 11 libro non accenna al miliardo
di disperati che muoiono di
fame nel mondo...
Tutto questo fa parte di
quel «ritorno del sacro» di cui
tanto si parla e troppo si scrive da alcuni anni, in Europa e
altrove. La gente cerca nuovi
simboli sacri, nuove immagini da seguire, un dio più visi
bile, una religiosità che soddisfi i desideri più nascosti. C’è
nella Bibbia un racconto durissimo, ma pervaso da una
sottile ironia nei confronti
dell’uomo e della sua religiosità. Mosè era salito sul monte
per ricevere le leggi di Dio e
scendendo dopo 40 giorni vede gli israeliti festanti intorno
a un vitello d’oro. Aaronne,
fratello di Mosè, tenta di giustificarsi: «Cerca di capire racconta -: tu eri sparito sul
monte, nessuno ti vedeva 0
e nel popolo è nato un grand®
ardore religioso: volevano ai*
dio da poter vedere, toccarei
spostare. L’entusiasmo era
grande. Io mi sono fatto pot'
tare l’oro [c’è sempre qualcuno che raccoglie l’oro in questi ritorni al sacro], l’ho gehU'
to nel fuoco e ne è venute
fuori questo vitello di gehu. »
la gente è felice: canta, danzai
si diverte. Che vuoi di più?»
In quel giorno, conclude
Bibbia, furono uccisi tremu
uomini. Stiamo attenti: no
confondiamo la nostra reti'
giosità con le fede; il sacr
con la parola di Dio; i nos
idoli con il Signore vivente.
(Rubrica «Un fatto,
mento» della trasmissione
diouno «Culto evangelico» e“', .
dalla Federazione delle crii
evangeliche in Italia andato ,
onda domenica 2 settembre)
7
fjERDi 7 SETTEMBRE
PAG. 7 RIFORMA
I Un premio a un'alpigiano di Bobbio
Fedeltà alla montagna
Un premio alla «fedeltà alla montagna» verrà consegnato
dall’Ana (Associazione nazionale alpini), domenica 9 settembre, a un giovane alpigiano di Bobbio Pellice, Franco Durand
Canton. Ogni anno viene assegnato questo premio e la scelta
per il 2001 è caduta su una persona che ha contribuito in modo
determinante al rilancio di uno dei prodotti caseari più significativi dell’intera valle, il «sarass del fen», di cui tutti parlano ma
che senza il costante impegno degli alpigiani forse sarebbe già
scomparso. Il premio a Durand Canton è un premio a tutti coloro che hanno scelto questo difficile ma appassionante lavoro.
La cerimonia di consegna sarà domenica in tarda mattinata ma
fin da sabato Bobbio sarà invasa dalle «Penne nere».
M Nelle chiese valdesi del I distretto
Numerosi cambi pastorali
Sono settimane ricche di insediamenti pastorali per le chiese
valdesi delle Valli. Dopo il culto di saluto a Bruno Rostagno
(qui in una foto durante Tingresso al culto), che da Torre Pellice va a Firenze, arriverà Claudio Pasque! che lascia Luserna
San Giovanni. Al suo posto ci sarà Daniele Bouchard, che è sostituito ad Agape da Daniela Di Carlo, ex pastora della chiesa di
Perrero, dove è già arrivato Pawel Gajewski. A San Secondo subentra Ruggero Marchetti e Vito Gardiol va a Villar Pellice. Il
diacono Dario Tron da Villar va a Rorà, mentre Lucilla Peyrot
da Pomaretto si sposta, sostituita da Karola Stobaeus, a Prarostino, prendendo il posto di Ruben Vinti. A San Germano al pastore Luciano Deodato si affianca Massimo Marottoli.
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Evangel
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I Fondato nel 1848
L'estate 2001 presenta un bilancio abbastanza positivo per gii operatori dell'accoglienza
Una buona stagione per il turismo
Dopo il flusso vacanziero si può ritenere incoraggiante un aumento delle presenze e, in qualche
coso, della durata dei soggiorni. Rimane costante l'interesse per la storia e la cultura valdese
MASSIMO GNONE
UN’UNICA ricetta in
tasca non c’è, ma intanto i visitatori scoprono
le valli del Pinerolese. Per
lo sviluppo turistico locale sembra ancora mancare un’unica strategia sulla quale tutti possano
trovarsi d’accordo, anche
se è viva la volontà di
confronto e lavoro comune; nel tentativo di coniugare cultura e gastronomia, svago e tranquillità. La ricetta sarà importante trovarla entro le
Olimpiadi del 2006: evento simbolo, quasi mitico,
al quale arrivare bene allenati, ma soprattutto dal
qual partire, senza indugi
e con basi solide.
L’estate rimane la stagione trainante, almeno
perle località che non
l'anno nella neve il fiore
all'occhiello. Quest’anno
nelle valU Chisone e GeruiMasca sono state preuùute le iniziative di ampio respiro e grande porcome Forte di Fenesttelle e Scopriminiera.
«Nell’estate 2001 abbiamo avuto il 30% di visita•on in più rispetto all’anscorso - spiegano dal
torte- mentre negli anni
passati la crescita era
saopre del 10%-15%;
questo incremento è dosoprattutto agli
ni'J'ii Un esem
W11 solo spettacolo di
Littizzetto ha
maro in vai Chisone e
toto® ®ola serata circa
“^persone. Nei primi
^"’anno si regi
II Forte di Fenestrelle
strano 50.000 visitatori,
20.000 dei quali hanno
pagato il prezzo del biglietto per la visita. Il resto si divide fra chi è salito a Fenestrelle per le varie manifestazioni diurne
organizzate sulla spianata
della fortezza e gli spettacoli serali. Soddisfatti anche a Scopriminiera, dove il dato di agosto conferma le cifre del 2000:
3.800 visitatori «normali»
e 4400 se si aggiungono
gli spettatori serali di Assemblea Teatro che nelle
viscere della miniera Paola ha voluto ambientare i
suoi spettacoli.
ASSICURAZIONI
E
INVESTIMENTI
Í corndimcurata
chiesi
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I agenzia generale
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,#rC0T9o Gramsci, 2 - Torre Pellice
L'^ ©121-91820 - Fax 0121-932063
In vai Pellice la stagione si allunga. È un’impressione del direttore
della Foresteria valdese
di Torre Pellice, Marco
Bellora. «Rispetto agli
anni scorsi abbiamo iniziato prima e finiremo
dopo - dice Bellora - e,
se i prossimi tre mesi lo
confermeranno, ci sarà
una crescita importante». La stagione non si
chiude a settembre e, in
«controtendenza» rispetto agli anni passati, aumenta il periodo di permanenza. Aumentano
anche i no alle richieste
di pernottamento, progressivamente in esubero rispetto alle possibilità
di accoglienza: a 3.000
forse 4.000 persone è stato risposto «tutto esaurito», soltanto in Foresteria, che recentemente ha
formalizzato la collaborazione con gli alberghi
Flipot, Gilly e Centro
L’accoglienza congiunta
più che una possibilità
sta diventando un dovere; se si vuole che i turisti
si fermino in Valle. Alla
Foresteria il grosso delle
presenze continua a essere rappresentato dai
gruppi, soprattutto stranieri: un dato confermato anche da «Il Barba»,
l’uffido del Centro culturale valdese di Torre Pellice, che quest’anno, grazie al lavoro volontario,
ha potuto tenere aperto
il museo tutti i pomeriggi
del mese di agosto.
È iniziata venerdì 1 ° settembre
Nel Pinerolese
la caccia è aperta
Da sabato 1° settembre
si caccia anche nel Pinerolese: non a tutti gli animali, certamente, ma ad
alcuni si ed infatti si sono
rivisti nei boschi i cacciatori con le loro doppiette.
Bersaglio dei primi giorni
i caprioli ed i mufloni. I
piani di abbattimento
(realizzati sulla base dei
censimenti primaverili)
consentono in tutto il
Comprensorio alpino Torino 1 (ovvero valli valdesi) di abbattere 30 mufloni e 300 caprioli. Immutate le cifre per i mufloni,
è stata invece aumentata
di 50 unità quella relativa
ai caprioli la cui presenza
è sempre più massiccia
anche a basse quote. Nella prima giornata di caccia sono stati abbattuti
71 caprioli (14 in vai Pellice, 29 a Pragelato, 11 nel
resto della vai Chisone e
17 in vai Germanasca)
mentre a zero è rimasta
la quota dei mufloni. Un
aumento nei prelievi della prima giornata per il
capriolo, una conferma
nelle difficoltà di cacciare
il muflone. I giorni di
caccia del capriolo (dal 1°
settembre al 27 ottobre)
sono giovedì e sabato.
Partirà invece il 16 settembre e durerà tre mesi
la caccia al cinghiale
(l’anno scorso ne sono
stati uccisi 487) mentre la
caccia al camoscio vedrà
il suo avvio il 20 settembre (fino al 17 novembre)
con una potenzialità di
animali da abbattere di
330 capi; l’anno scorso,
potendo contare anche
sull’area oggi sottratta
dall’azienda faunistica di
Massello, si potevano abbattere 370 camosci. Ne
futono uccisi 305. Chi sono e quanti sono i cacciatori del comprensorio? Per l’anno 2001 sono
iscritti nel Pinerolese alpino 941 cacciatori con
una netta prevalenza di
over 50 anni: 267 hanno
fra i 50 ed i 60 anni, 216
fino a 70 anni, 59 fino ad
80 ed un cacciatore ha
più di 80 anni; meno di
200 i cacciatori con meno di 40 anni. Una curiosità: nel comprensorio
alpino possono cacciare
anche tre donne e 43
provengono da fuori regione Piemonte.
ICONTRAPPUNTOI
FUTURO PRODUTTIVO
PER LE VALLI?
DAVIDE ROSSO
Quale futuro si prospetta
per le Valli dal punto di vista produttivo ed economico? Un tempo, neanche
troppo lontano, le nostre
valli e Pinerolo si presentavano come un territorio
dove le imprese erano insediate stabilmente, dove la
qualità della produzione
era alta e le qualifiche degli
operai e degli
addetti erano
un fiore all’occhiello per la
zona. Oggi le
notizie che arrivano dalle
fabbriche sono di messa in
mobilità, di
cassa integrazione, di fra- rnmHmmsmm
zionamenti e
razionalizzazioni. Molte
delle industrie pinerolesi
sono controllate da proprietà con interessi in altre
parti del mondo, multinazionali o di dimensioni tali
da poter agire in Italia come in Svezia o negli Stati
Uniti o meglio ancora, dal
punto di vista del costo del
lavoro, in Cina o India. La
globalizzazione del mercato e della produzione ha inciso in maniera forte sulla
struttura industriale delle
Valli e continuerà a incidere nei prossimi mesi e anni.
£ il territorio, inteso come comunità nel suo insieme, per parte sua come sta
reagendo a questa situazione di emorragia di posti di
lavoro, di stabilimenti che
vengono ridimensionati, di
crisi praticamente continua? Dopo un primo momento caratterizzato dalla
sensazione di impotenza di
fronte a forze che paiono
troppo grandi rispetto al
reale peso politico ed economico valligiano ora le
reazioni sono di unione nel
tentativo di cercare di
muovere la situazione per
convincere in alcuni casi
alla riconversione e in altri
al mantenimento, sia pur
passando attraverso un ridimensionamento, degli
stabilimenti. C’è la consapevolezza che se le leggi del
mercato non possono essere ovviamente cambiate
con una presa di posizione
delle Valli, parimenti le
stesse leggi non si possono
subire in silenzio lasciando
che i posti di lavoro si assottiglino diventando un
ricordo del passato, mito
del lavoro che fu.
Il problema è capire quale strada intraprendere. Il
caso della Cascami può essere un esempio, con la Comunità montana e ì sinda
cati che si sono mossi per
tempo cercando di proporre un progetto di collaborazione tra economie, quella
della Calabria produttrice
di bozzoli e quella della vai
Chisone con la Cascami dove sarebbe stato possibile
trattare il materiale, ma 0
tutto si è arenato per ora di
fronte alla burocrazia e alla
HiffitHHnnnn Sordità delle
Come reagisce
¡¡territorio
all'erosione
di posti di lavoro
nell'industria?
Regioni e dello Stato. Il caso Beloit può
essere un altro esempio
in cui una
trattativa
condotta a
più livelli ha
condotto non
a una situazione idilliaca ma senz’altro a salvare
numerosi posti di lavoro e a
continuare una produzione
e quindi ad alimentare
un’economia altrimenti destinata a sparire per sempre. Occorre però che la
progettualità sia continua,
che non solo più i sindacati
0 le forze del mondo del lavoro siano attente agli sviluppi delle industrie che
hanno insediamenti sul territorio, ma anche gli amministratori e tutte le forze sociali siano pronte ad attivarsi sempre più spesso per
contribuire a far quadrato
cercando là dove possibile
di contribuire alla spinta
progettuale indispensabile
a far sì che la razionalizzazione venga intesa in termini di riconversione produttiva e non di chiusura e
quindi di impoverimento
economico e sociale.
Parole scontate forse ma
mai troppo ripetute queste
in un momento in cui oltre
che dalla Cascami giungono notizie preoccupanti anche dall’ex Boghe, dalla Skf
di Villar Perosa, dalla Luzenac dove si è appena conclusa una trattativa difficile, per fare alcuni esempi.
Nei prossimi anni il Pinerolese insieme a parte della
provincia di Torino sarà interessata dal nuovo slancio
delle Olimpiadi di Torino
2006 e questo dovrebbe essere positivo per le Valli visto che in questi anni si è
spinto parecchio, dal punto
di vista economico, sullo
sviluppo del turismo; occorre però vigilare affinché
1 posti di lavoro che ci sono
non spariscano con le industrie lasciando dietro a
sé un vuoto che difficilmente a breve termine il
turismo, su cui ovviamente
è folle non puntare, da solo
potrà coprire.
8
PAG. 8 RIFORMA
E Eco Delle Vai.t.i ^ldesi
venerdì 7 settembre,^
LIVELLI MINIMI DI PIOGGIA — È stato l’agosto
meno piovoso degli ultimi 50 anni, e questa carenza d’acqua fa seguito ad alcuni mesi precedenti (giugno e luglio) già contraddistinti da basse precipitazioni. Il risultato è la totale assenza
d’acqua da molti corsi d’acqua minori e i minimi
storici di molte sorgenti. Di conseguenza Pellice
e Chisone sono quasi in secca e sono in più colpiti da diffusa eutrofizzazione, con pesanti riflessi sulla fauna, già a dura prova dopo l’alluvione.
INIZIO ANNO SCOLASTICO — L’anno scolastico
2001-2002 sta iniziando in questi giorni nel territorio pinerolese. Diversi gli studenti già tornati in
aula, tra questi i primi sono stati gli allievi del Liceo valdese di Torre Pellice, che hanno ripreso le
lezioni lunedì 3 settembre; i tecnici e i professionali cominceranno il 10 settembre e tutti gli altri
tra il 13 e il 14. Molte le novità, tra queste l’impegno da rispettare da parte dei dirigenti di avere
tutto il corpo docente in funzione entro il 25 settembre, data entro la quale tutte le nomine dovranno essere concluse. Mentre prosegue inarrestabile il cammino dell’autonomia scolastica,
che consente a ciascun istituto di gestire singolarmente gran parte della vita scolastica (inizio e
fine lezioni, nomine del personale, fondi per progetti, commissioni di lavoro), si attendono invece
le decisioni del nuovo ministro sulla riforma.
RORÀ CAMBIA VICESINDACO — Dopo molti anni
di «militanza» come consigliere e assessore si è
dimesso dal Consiglio comunale di Rorà il vicesindaco Dario Gelso. Fra i suoi impegni maggiori
la protezione civile e la gestione, anche a livello
di Comunità montana, dei mezzi meccanici. Al
suo posto in giunta il sindaco Odetto ha nominato Giovanni Durand, mentre quale vicesindaco è
stato indicato Giorgio Durand, già membro della
giunta. Entro fine settembre verrà nominato anche il sostituto di Gelso come rappresentante di
Rorà nel Consiglio della Comunità montana.
INCIDENTE MORTALE A PINEROLO — Erano le 5
nella notte tra venerdì 1“ e sabato 2 settembre
sulla circonvallazione di Pinerolo, quando la
Punto di Alessio Vercellino, 21 enne di Pinerolo,
ha invaso la corsia opposta urtando violentemente l’auto di Fabrizio Rizzato, 48enne di Bibiana, che è uscito di strada ed è morto sul colpo.
RESCONTRE OCCITAN — Si avvicina il tempo
dell’annuale «Rescontre occitan»; quest’anno
l’appuntamento è per i giorni dal 13 al 17 settembre e si svolgerà a Robilante in vai Vermenagna. L’inizio è affidato giovedì 13 ore 20,30, nel
teatro, alla riproposizione della storia di «Briga
lo violaire» a cura di Dario Anghilante e la compagnia del Melarancio. Seguiranno concerti,
danze e convegni per tutta la settimana.
UN MARCHIO PER IL SARASS? — Il «saras del fen»,
ricotta stagionata tipica delle valli valdesi, viene
prodotta da una quindicina di alpigiani; il favore
incontrato nel pubblico è elevato e la quantità
attualmente prodotta non basta a soddisfare le
richieste. Si rischia così di vedere qualche esterno che si metta a produrre questo formaggio tipico fiutando l’affare. Ecco quindi che dal confronto fra i produttori e Comunità montana vai
Pellice, che con la Provincia di Torino ha da
tempo avviato un programma di qualificazione e
tutela del prodotto, è nata l’idea di tutelare il saras; come? Un’ipotesi è di avviare le procedure,
per altro lunghe e complesse, per arrivare alla
Dop (denominazione di origine protetta). In attesa si sta facendo strada la proposta di un marchio da registrarsi in modo privato dal gruppo
dei produttori di saras che individui zona di produzione e caratteristiche del prodotto.
IL FUTURO DEL PIEMONTESE — «Quale futuro
per la lingua e la cultura piemontese?» è il titolo
di un seminario che l’associazione «Gioventura
piemonteisa» organizza a Pracatinat dal 7 al 9
settembre. La discussione sarà incentrata sui
rapporti possibili col mondo della scuola.
CENTRO CULTURALE CHIUSO — Gli uffici del
Centro culturale valdese di Torre Pellice e la biblioteca rimarranno chiusi per ferie dal 9 al 16
settembre. Il museo valdese è invece aperto giovedì, sabato e domenica dalle 15 alle 18. Per prenotare visite guidate l’ufficio «Il barba» è regolarmente aperto dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12.
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In visita al primo agriturismo della vai Pellice
20 anni di Bacomeia
Intorno all'azienda si è sviluppato negli anni un percorso
naturalistico lungo Uguale si esercitano gli studenti
PIERVALDO ROSTAN
E il più «vecchio» agriturismo della vai Pellice essendo sorto una
ventina di anni fa a Luserna San Giovanni, quasi al confine con Torre
Pellice, nella zona dell’
Inverso. Si tratta del «Bacomeia», un’idea di Giorgio Grindatto oggi portata avanti dal figlio Gabrio; un’azienda dunque
pioniera che ha consolidato negli anni la propria
attività. Intorno alla sede
è sorta nel frattempo una
vasta area denominata
sentiero naturalistico «La
ghiandaia» con una rete
di sentieri che permette
di entrare in contatto con
la natura, la fauna e la
flora di una zona che nella parte medio-alta vede
come preponderante la
coltivazione del castagno. Sull’intera area la
Comunità montana si accinge a una importante
opera di «restyling», con
recupero ambientale di
boschi degradati, di corsi
d’acqua che hanno distrutto i sentieri con l’ultima alluvione, con la potatura di oltre cento castagni in produzione per
bloccare l’avanzata del
cancro che porta a morte
esemplari plurisecolari.
Tre gli accessi principali: da Luserna Alta, dal
ponte Slancio (vero cruccio della famiglia Grindatto) e dall’Albertenga
dove l’alluvione ha «strapazzato» l’area attrezzata
e asportato il tabellone di
presentazione del sentiero lungo il quale, nelle
sua varie diramazioni, i
Grindatto accompagnano
i numerosi gruppi di stu
■ Storia valdese
Un libro
inglese
Un viaggio iniziato 21
anni fa sulle tracce dei
«primi protestanti» della
storia e raccontato in un
interessante opuscolo
destinato in modo particolare ai membri della
United Reformed Church.
L’autrice della pubblicazione, un agile libretto di
una ventina di pagine, è
Ruth Cowhig, presidente
con Arthur Macarthur
della Urc Waldesian Fellowship: l’associazione
che dal 1981 si premura
di rendere più forti i legami fra la chiesa riformata d’oltre Manica e le
chiese valdesi, con progetti comuni, amicizia
fra i giovani e incoraggiando la partecipazione
di gruppi britannici ai
campi di Agape.
Ruth Cowhig, già autrice di un omologo «bignami» in lingua inglese sulla
storia valdese, ripercorre
nell’opuscolo i primi passi e lo sviluppo della Urc
Waldensian Fellowship,
soffermandosi sui viaggi
in Italia organizzati dall’associazione. «È veramente un miracolo - si
legge nell’introduzione come una così piccola
denominazione possa sostenere la responsabilità
delle sue istituzioni educative, ospedali, case di
riposo, foresterie, una
scuola teologica a Roma,
una casa editrice e un
giornale. Riforma».
Una veduta parziale del «Bacomeia»
denti alla ricerca di un
po’ di educazione ambientale fatta «in campo»;
«In un anno ospitiamo
dagli 800 ai 1.200 bambini - spiega Gabrio Grindatto - a volte per un solo
giorno, altre per soggiorni
un po’ più lunghi. C’è
tanta voglia di conoscere
la natura, gli animali; si
comincia con quelli della
nostra fattoria per addentrarci poi nel bosco. Spesso gli ospiti vengono anche accompagnati al museo valdese».
È reale o è un mito negativo la non conoscenza
dell’ambiente da parte
dei bambini? «Purtroppo
è una realtà - continua
Grindatto -; ci sono dei
bambini che sanno pochissimo degli animali
che incontrano ma neppure hanno mai visto
una stufa. E il dramma è
che la bassa conoscenza
dell’ambiente, l’incapacità di riconoscere un albero da un altro è comune anche ai bambini della nostra valle...». Un bel
campanello d’allarme
per chi, genitori e insegnanti, hanno a cura
l’educazione delle giovani generazioni.
■ Perrero
Variazioni
di bilancio
LILLIANAVIGLIELMO
J L Consiglio comunale
di Perrero si è riunito
sabato 25 agosto per ratificare alcune delibere
adottate dalla giunta in
via d’urgenza e procedere alle variazioni di bilancio dovute principalmente alle sovvenzioni per
danni causati dall’alluvione dell’anno scorso. Il
Comune ha ricevuto per
ora più di 700 milioni e,
tra l’altro, ha intenzione
di ripristinare la strada di
accesso al piccolo villaggio di So di Plancio mentre ha già costruito muri
di contenimento sulla
strada di Villasecca inferiore (dal costo di più di
100 milioni). Restano da
completare gli impianti
sportivi del capoluogo,
usufruendo di un mutuo
di 230 milioni acceso
presso il Credito sportivo. Terminati i lavori di
fornitura di metano al capoluogo e alle borgate
più facili da raggiungere,
si prevede una estensione del servizio ad altri villaggi, tra cui Villasecca
inferiore, Eirasa e Cassas,
per il costo di 520 milioni. Infine, il Consiglio ha
preso atto del decesso del
consigliere di minoranza Giovanni Tempo che
verrà sostituito da Gianmarco Fistarol, primo dei
non eletti nella lista «Piemonte nazione».
Da dove proviene la
vostra clientela del «Bacomeia»? «Per quanto riguarda le scuole il grosso
arriva dall’area torinese
- dice ancora Grindatto
-; quest’anno abbiamo
avuto anche interessanti
presenze dal Cuneese.
L’assenza del treno ci ha
creato grossi problemi: è
il mezzo più utilizzato,
comodo e meno costoso.
Invece con gli autobus
sostitutivi spesso i bambini hanno dovuto viaggiare in piedi per carenza di posti. E non è bastato prenotare i pullman in più: spesso non
sono arrivati». Il «Bacomela» svolge naturalmente anche un’attività
estiva, di «colonia» per i
ragazzi o di pensione per
famiglie: sito Internet, riviste di settore, il consorzio degli agriturismi sono i migliori canali informativi. Ma c’è già un
nuovo progetto: le «fattorie didattiche» rivolte
alle scuole, una proposta
organica di più agriturismi collegati e, in prospettiva, anche ima proposta di ristorazione con
prodotti tipici che qualifichi aziende e territorio.
Il punto (di vista sinidacale
Il settore tessile
nel Pinerolese
NIASSiMO GNONE
O ui
può paragonare a
un gigante che prògressivamente con l’andare del tempo si è ridotto a un nano. In un angolo e indifeso. Il tessile, un
tempo gioiello e settore
trainante dell’economia
anche nelle Valli, si è ridotto a ramo secco dell’occupazione, costretto
alle corde dai costi e ormai condannato ai margini del settore industriale. Dappertutto trionfano
tessuti e filati prodotti a
costi minori, e spesso
con minore qualità, nei
cosiddetti paesi in via di
sviluppo: nell’Europa occidentale il settore, salvo
cambiamenti di rotta
inimmaginabili, è praticamente sulla via del tramonto. Un quadro desolante nel quale l’Italia paradossalmente sembra
difendersi bene, o comunque, a giudizio dei
sindacati, meglio degli altri paesi del continente.
Alla luce della crisi alla
Cascami seta e l’annuncio di chiusura dello stabilimento di Pomaretto,
che vale 15 posti di lavoro, abbiamo chiesto un
commento sulla situazione complessiva nell’alto
Pinerolese a Vincenzo
Bertalmio, sindacalista
Cgil. «Il quadro non è
nuovo e riflette il contesto globale - spiega Bertalmio -: è un problema
di costi e competitività,
ma anche di mercato; il
tessile è un settore a basso valore aggiunto e in
questi anni stanno avanzando prodotti e forniture di minore qualità e, a
meno che non si voglia
comprare una camicia a
un milione e mezzo di li
re, il tessile non ha k
ro». Anche per la Cas!
midi Pomaretto è la
naca di una morte a!
nunciata da tempo' *
problema che si sf
tando avanti da atiniJ
Per una serie dimotivià
decisione del gryp
Botta (proprietario ’ ^
Cascami, ndr.) è arrivai,
soltanto adesso». Berta]
mio sembra poco f%
cioso sul destino delji
Cascami e fa riferimeji
all’assemblea pubblicai
venerdì scorso: «Entu
metà settembre saprem,
se la trattativa con la pio.
prietà portata avanti ¿
la Comunità montaai
valli Chisone e Germani,
sca sarà andata a buonj
ne e poi si agirà di consa
guenza».
La storia recente
settore tessile nelle Val
è costellata di tante pie,
cole grandi avventurelnite male. Non ultimol
capitolo Turati, storicai
glorioso marchio di La.
serna San Giovanni: ma
storia che si è concia
con la fuga del gruppoif
parziale proseguimenti,
dell’attività in sordinat
un crollo deU’oqcupaàone. La crisi del séti®
coinvolge anche i
denti «sopravvissuti» ca
stretti a orari di lavoro
difficili da sostenere. Fi
eccezione la Manifattna
di Perosa, che producei
lato extrafine di quañti
per alta camiceria di 1»
so: una produzionei
nicchia per far soprawi
vere un’azienda con 3(11
dipendenti. Ma il gruppo
Legnano, proprietario
della Manifattura,
trasferito il 30%
produzione nell’Est europeo e l’obiettivo è porta
questa porzione al 50%.
Regione Piemonte - Comunità montana vai Pellice
SERVIZIO SOCIO-ASSISTENZIALE
C.so Lombardini 2 - TORRE PELUCE
I
A seguito di autorizzazione della Regione Piemonte si avvia un
Corso di Prima Formazione per
QO accetta
te alla Ra;
dì
deüa stori:
latori. In i
urici sicuri
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contatti,
tutti quest
ladéll'ing
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puntualiz;
CaroAn
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cattiva, se
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ASSISTENTI DOMICILIARI
E DEI SERVIZI TUTELARI (A.D.E.S.T.)
Condizioni di accesso: I POSTI SONO 30
potè se US
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tu non sia
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parbietà
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altresì um
Età minima 18 anni compiuti
Possesso della licenza della scuola dell’obbligo, compresi titoli di dei^^nj
superiori; superamento di una prova di ammissione: ^ ” '
a parità di punteggio, sarà data priorità ai residenti in Val Pellice,
OBIETTIVI del CORSO
Il corso intende fornire gli strumenti per l’acquisizione e Tapprofi
mento di una professionalità polivalente nel settore socio-assisten;
che metta in grado l’operatore di far ottenere il massimo recU]
dell’autonomia al destinatario delle sue prestazioni, nonché supplire
carenze di autonomia nelle sue funzioni personali essenziali: igienico
nitarie e relazionali.
DURATA del CORSO |
900 ORE: 380 di attività teoriche - 380 di attività pratiche • >
140 di attività di rielaborazione e sintesi.
La frequenza è obbligatoria per il 4/5 delle ore. |
ISCRIZIONI Í
I moduli per la domanda saranno distribuiti a partire dal 28 agosto 2001, nei
giorni di martedì e giovedì dalle ore 9 alle ore Ile dalle ore 14 alle ore ¡ J
presso il Servizio socio-assistenziale (Il piano),
C.SO Lombardini, 2 TORRE PELLICE e dovranno essere consegnati
entro le ore 11 di martedì 18 settembre 2001.
PROVE DI AMMISSIONE: La prova di ammissione consisterà
nel superamento di una prova .scritta e di un colloquio.
PROVE FINALI; Il corso si concluderà con una prova finale di fronte
ad apposita Commissione, ai sensi della legge 845/78 e della L.R. 62/95.
D corso si svolgerà a Torre Pellice e sarà gestito con la collaborazione ne
dell’Associazione “La Bottega del Possibile” di Torre Pellice il »i- °
liivlta di
filaiche i
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Fin qui
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Chiusa la Rassegna deH'artigianato di Pinerolo
Serve più qualità
Cè il fischio che il tradizionale appuntamento sia sempre
più una fiera commerciale: occorrono nuove strategie
ppVALPO ROSTAN
/nOSÌ non si può
/<(icontinuare»; e il
JJiento di molti opeSche ancora una volrta manifestazione ha
^untoi25anni)han^cettatodipartecipa
alla Rassegna di arti
.anatodiPinerolo-Le
làonepib pubblicizza a
X storia è stata quella
die più ha deluso gli operatori. In termini economici sicuramente, ma
che sotto l’aspetto dei
contatti. Mantenuta in
aitti questi anni la formula deU’ingresso gratuito,
lafcrza delle presenze alla rassegna era data dal
«seggio serale dei pine5esi richiamati alla Fenullldagli spettacoli: e tra
un cabaret e un concerto,
ci scappava pure un acHuisto, non importa se
un semplice gelato
0 una bottiglia di vino. La
scelta di spostare gli spettacoli in piazza S. Donato
ha finito per allontanare
parte di pubblico mentre
la genericità della mostra
commerciale non ha richiamato i visitatori.
«Oggi la gente va dove
c’è qualità e specificità
della proposta - dice Sergio Enrietto, della Cna,
che ha collaborato nella
realizzazione della rassegna a Castellamonte la
ceramica, a Saluzzo i
mobili, a Valenza gli orafi: sono simboli capaci di
essere da soli forti attrattori. A Pinerolo si è cominciato a ragionare sul
tema deH’artigianato di
servizio ma lo si è fatto
tardi e in modo ancora
troppo generico».
È quindi una rassegna
da buttare? «Se la Rassegna di Pinerolo si trasformerà sempre più in una
fiera commerciale generalista noi ci defileremo;
siamo invece ben disposti a lavorare, da subito,
con le altre istituzioni
per un rilancio che parta
dalla forte caratterizzazione dell’evento», dichiara Enrietto.
In effetti gli spazi ci sarebbero: nel Pinerolese
sono oltre 4.000 le aziende legate all’artigianato
di servizio: da quello alla
persona all’impiantistica
a quello dell’informatica.
Si tratta spesso di aziende
piccole {la media di addetti è di poco superiore
alle due unità) ma con il
suo indotto di fornitori,
produttori e installatori è
un settore di grande vitalità. Si vedrà già dai prossimi mesi quale sia la capacità di riprogettare la
rassegna-, a cominciare
dall’individuazione di
una nuova sede.
M L'8 settembre
Iniziative
in memoria
Un ricco programma fa
da contorno alle celebrazioni dell’8 settembre in
vai Pellice. Venerdì 7, alle
20,30, vi sarà la fiaccolata
organizzata dall’Anpi con
partenza dal municipio di
Torre Pellice. Alle ore
21,15, dopo l’arrivo in
piazza Muston, concerto
di Carlo Pestelli «...E sulla
terra faremo libertà», canzoni e incursioni nel canzoniere internazionale,
brani recenti e letture sulla Resistenza. Carlo Pestelli collabora con Claudio Lolli e i Canto vivo.
Sabato 8 settembre, alle 9, una delegazioni di
partigiani porterà un omaggio ai caduti della
vai d’Angrogna. Alle ore
10,30 cerimonia ufficiale
presso la lapide a Jacopo
Lombardini al Bagnoòu
con orazione del sindaco
di San Germano Chisone, Clara Bounous. Seguirà il pranzo alla «Ca
d’ia pais», a cura della
Pro Loco di Angrogna.
J La decisione del nuovo proprietario, gruppo Botto
La Cascami verso la chiusura
i dipendenti in mobilità
DAVIDE ROSSO
SEMBRA proprio destinata alla chiusura lo
stabilimento della Cascami di Perosa Argentina.
Almeno questa pare essere l’intenzione del gruppo Botto, proprietario da
alcuni anni degli impianti che. ancora mercoledì
29 agosto, in un incontro
con i sindacati, ha ufficializzato l’intenzione di
messa in mobilità dei 15
dipendenti.
Meno chiaro è invece il
futuro degli impianti e le
eventuali forme di ammortizzatori sociali che
verranno messe in atto.
In una riunione pubblica
indetta dai sindacati e
convocata per venerdì 31
agosto nei locali della Comunità montana valli
Chisone e Germanasca si
è cercato di fare il punto
sulla situazione. All’incontro, al quale hanno
partecipato oltre a molti
amministratori pubblici
anche i tre parlamentari
pinerolesi, i senatori Elvio Passone e Lucio Malan e fon. Giorgio Merlo,
si è ricordato il fatto che
sono ormai anni che la
Cascami ha problemi di
fornitura e di qualità del
materiale che poi viene
trattato a Perosa. Già negU anni passati passati la
Comunità montana, in
accordo con i sindacati,
aveva tentato la via della
progettualità cercando di
attivare un progetto che
ricercava la collaborazione con una cooperativa
calabrese produttrice di
bozzoli utilizzando fondi
europei al fine di ottenere una sinergia che avrebbe consentito sia lo
sviluppo di un’industria
in Meridione che la fornitura di materiale di qualità, a prezzi ragionevoli,
per la Cascami di Perosa.
Il tutto però è attualmente fermo a Roma con le
due Regioni interessate
che non sembrano aver
intenzione di muoversi
più di tanto per cercare
di sbloccare la situazione.
L’incontro del 31 agosto è stato anche il momento, per i rappresentanti politici e sindacali
locali, per cercare di fare
il punto sulle azioni da
intraprendere a breve (la
procedura di mobilità
concede infatti non più
di 75 giorni di tempo).
L’intenzione emersa è
quella da un lato di continuare a richiedere all’azienda, così come proposto dai sindacati, un
piano di riconversione
degli impianti perosini
salvaguardando almeno
in parte i posti di lavoro e
dall’altra il far fronte comune fra istituzioni e
forze sociali per cercare
eventualmente soluzioni
alternative a una situazione che pare altamente
compromessa.
in
studio
:e.
»fondi
nzialo*
:upeto
re ùllo
icosa
I Una ricaduta
non casuale
Caro Andrea,
se in un giorno qualsiasi nell’
incontrarci per strada neUa nostra
cittadina ci avessi esposto i tuoi
dubbi riguardo la trascorsa «Cena
penm amico» sicuramente insieme
avremmo evitato di levare a questo
giornale spazio utile per argomenti
indubbiamente più costruttivi. Dal
momento che per quanto ci riguarda dò non è avvenuto chiediamo
fin d’ora scusa ai lettori per questo
spreco di inchiostro e carta però ci
sembrava doveroso fare alcune
puntualizzazioni.
Caro Andrea, non esiste la posateria buona come non esiste quella
cattiva, sono oggetti che hanno valore solo per la funzione che attribuiamo loro e cioè di facilitare l’atto
ilei dbarsi; il cibo non cambia di sapore se usi posate di plastica, di acciaio, d’argento o d’oro a meno che
tu non sia un «parvenu». Detto questo Andrea, dal momento che tu hai
tirato in causa il nostro ristorante e
siccome noi siamo molto legati ad
esso perché prima che una fonte di
Pradagno per noi rappresenta una
delle nostre ragioni di vita in quanto
ttentta nel discorso della nostra caPMbietà di riuscire a valorizzare
uno cucina radicata al nostro terriI 0 al quale siamo molto legati e
sltresì uno stimolo a metterci in discussione si può dire giorno dopo
porno, ti dobbiamo alcune consi!?^ioni. Ebbene questa filosofia
’ Wa da te come purtroppo da
^ .che altro valligiano non viene
h digerita e dà fastidio.
'" qui niente di strano, nessuno
età nella sua patria, la stranez* r^he uno dei tanti
rivi che ci hanno indotti a ferj ® nostro paese anziché rinjj-^•.facili guadagni in località
.eristiche della nostra è stato
L h) di pensare di vivere in un
mpn idilliaco ma perlo
che avesse sete di verità.
Verità, caro Andrea, è che co
hip vuiu rmuica, c ciic
jjjj^ocede fin dalla sua prima edi0 «Cena per un amico» viene
ij^izzata all’interno della Festa
tinità con la collaborazione di
di ristoratori della
hti/ii ^^'^riimato da tanti volonDjll zona, la verità è che come
•Sta n ^ ^che in quest’ultima senn sono state assolutamente
fovaglie, bicchieri, posate
^fro rifornito dal nostro riMni ri’ meno a pagamento.
“^f^ratori che abbiamo pariio[ ° manifestazione abbiadine cucinato, tutti in
Sioia e anche spirito goWe io° causa in cui oggi
ifridar *^ credevamo e vale a dire la
1 che va al di là
In pn 1°^*® politiche o religiose.
caro Andrea cerc tu ci insegni tutto è perfet
tibile ma il confronto dovrebbe essere ricondotto nel solco del buon
senso senza inutili isterismi da prime donne decadute, oppure diamo
ragione al proverbio secondo Q quale per non sbagliare basta non far
niente... E chi ha orecchie per intendere... intenda.
Gisella e Walter Eynard
Torre PeUice
■ Un caro amico
In merito alla lettera pubblicata,
non voglio rispondere ad Andrea
Salusso, ma vorrei esprimere i miei
ringraziamenti a coloro che sono
stati offesi da quello scritto. Quella
sera non ero presente, quindi parto
dal presupposto che quanto scritto
sia vero. Ringrazio soprattutto il Flipot e gli altri ristoranti non citati, la
cui generosità nell’offrire il meglio
viene così mal ripagata: il bello dei
cristalli e argento dovrebbe essere
eclissato al popolo (come i Buddha
della montagna e i visi delle donne?). Non so di quale popolo si parli, se non di un popolo invidioso,
avaro e morboso che neanche una
volta l’anno spende 60.000 lire in
beneficenza e sta dietro una transenna a far la morale.
Ringrazio i tanti che partecipando
alla cena hanno voluto contribuire a
un gesto di solidarietà, ma anche
quelli che solo quella sera possono
permettersi di pagarla e soprattutto
quelli che l’hanno pagata pur non
potendo partecipare: sono stati giudicati osceni, imperdonabili e offensivi! Mangiare all’aperto con altri
un semplice piatto di riso su un prato o una sontuosa faraona su una
tovaglia di fiandra non cambia il gesto, forse si vuole che tutti addentino un hamburger di nascosto. Non
si risolve la fame nel mondo rinunciando a quel pasto né inviando
quel cibo in Africa: se si voleva far
diventare osceni i commensali, Andrea Salusso doveva scrivere di sé
stesso che aveva fame e non poteva
pagare, sicuramente molti lo avrebbero invitato con pulita generosità.
Ringrazio la viola e il violoncello
indicati come «niente musica» o
«musica per allontanare le masse»;
anche qui mi chiedo quale massa
sia uniformemente inadatta ad
ascoltare un qualsiasi genere di musica se non quella sopraffatta da un
terribile integralismo. Ringrazio gli
altri (pochi) partecipanti e i miei
compagni che quella sera hanno lavorato (alla piola, al bar, al banco
pesca, ai libri, ai barattoli, alla cassa,
in oucina, tra i tavoli) e quei compagni che, una sera su dieci, hanno
(forse) riposato non dovendo cucinare costine (cibo prelibato sia perché cotto su braci di legna, sia per la
cura e il lavoro di chi lo prepara,
non inferiore a quelli di una grande
cucina). Tutti erano invisibili, erano
«niente di niente».
Ad Andrea Salusso vorrei solo dare un consiglio: ogni anno (perso
nalmente mi auguro per molti anni
ancora in crescente cura e bellezza)
la sera della «cena per un amico» si
tenga alla larga dalla Festa dell’
Unità, e magari ne approfitti per invitare qualcuno a casa sua; sono
certa che farà del suo meglio e nessuno giudicherà le sue intenzioni.
Ercole Giordanetti era un nostro
grande amico e io sono orgogliosa
di quanti ci permettono di ricordarlo così. Cordialmente.
Sandra Deusebio - Torre PeUice
Con le due lettere di Walter Eynard e di
Sandra Deusebio riteniamo chiuso il confronto suscitato dall’intervento di Andrea
Salusso in merito alla «cena per un amico»
alla Festa dell’Unità di Torre Pellice. Non
pubblicheremo altri interventi sullo stesso
argomento, (pvr)
M Un servizio
al territorio
Anche le strutture, soprattutto
quelle ospedaliere, come le persone, devono seguire i tempi e adeguarvisi. Credo che ci siano due
modi per farlo: uno più esteriore e
uno più di sostanza.
Chi ha superato i 65 anni ha indirettamente una parte di sé «antica»,
visto la velocità con cui scorre il
tempo oggi. Ognuno di noi ha dovuto evolversi accettando, magari anche in modo critico, le modernità:
guidare nel caos, assorbire la tv, far
uso del cellulare, trasmettere dei
dati telefonicamente «premendo» il
tasto 1, il tasto 2... C’è chi facendo
questo dimentica il suo passato, o
peggio lo rinnega e si reputa un uomo moderno. C’è chi, invece, vivendo integralmente nell’oggi, proiettato verso il domani, non dimentica
che c’è stato ieri. Lo ricorda senza
inutili rimpianti e ridicoli sentimentalismi, semplicemente ne ricorda
le luci e le ombre. Ricordando chi è
e da dove viene, ha coscienza della
sua identità.
Anche l’ospedale di Torre Pellice
ricorda la sua storia, programma il
suo futuro, cerca di mantenere la
sua identità. Così io lo ricordo: una
grande casa coi balconi fioriti, un
cortile ombreggiato in cui zampilla
una fontana, le lenzuola stese al sole, la cuccia del grosso cane e la dimora del maialino, ingrassato coi
resti della cucina... Un’economia di
tipo familiare in cui nulla andava
perso. Accanto a questa prima
struttura c’era il padiglione per i
malati «di petto» (così erano chiamati). I degenti erano quasi tutti
molto giovani e talvolta qualcuno
moriva: a 22 anni di tbc!
Sono stata ospite dell’ospedale di
Torre, per la prima volta nel 1949,
per essere operata d’urgenza di appendicite. La sala operatoria, che
era dove oggi c’è il laboratorio analisi, in quel lontano mese di maggio
era chiusa per restauri, per essere
rimodernata e resa più efficiente. Fu
così che io venni operata in una cameretta attrezzata a sala operatoria,
quasi di fortuna, addormentata con
la «maschera» e salvata in extremis.
La graziosa fontanella, in quella terribile notte in cui ero riarsa daUa sete e non dovevo bere, con il suo
scrosciante gorgoglio, era un vero
strumento di tortura. Ci rimasi per
tre settimane. Ci ero stata così bene
che nel luglio del 1953 ci tomai con
il tifo! Il mio letto era stato collocato
in un angolo della corsia per limitare il contagio.
Durante la convalescenza mi rendevo utile aiutando il personale. Le
infermiere e le diaconesse portavano il bucato, odoroso di sapone e di
sole, in veranda, al secondo piano
come oggi, adiacente alla corsia
femminile. Davo una mano a piegare le lenzuola e soprattutto a riavvolgere le bende di garza che venivano riutilizzate. Talvolta appariva
sulla porta del reparto maternità, situato dove oggi c’è l’ingresso della
radiologia, suor Ermellina, col suo
viso sorridente e: l’ultimo nato in
braccio, accuratamente fasciato! Ho
seguito le varie evoluzioni e gli ampliamenti perché, pur abitando a
Pinerolo, preferivo venire a Torre
per i vari esami occasionali o di routine. Poi era nuovamente estate: fine giugno 1991, quando ci sono tornata con dei guai broncopolmonari.
Da allora sono quasi una abituée.
Infatti, sempre per lo stesso motivo,
ci sono tornata altre volte e infine,
nel luglio del 2000, ho cambiato diagnosi, mi hanno portato al pronto
soccorso con un infarto!
Le mie vacanze ospedalière a Torre Pellice le faccio sempre d’estate,
quando si lasciano le finestre aperte, si esce sul balcone, le notti sono
brevi... In altri ospedali, per altri
motivi sceglievo (!) l’inverno: sono
stata curata bene, ma c’era un’altra
atmosfera...
Colpa degli ampliamenti o colpa
degli anni? Per non perdermi nell’ospedale qualche volta avrei quasi
bisogno del filo di Arianna, in compenso trovo il personale medico e
infermieristico sempre cordiale, disponibile e paziente come quando
c’erano due corsie: una per gli uomini e una per le donne. I medici ti
parlano apertamente, ma serenamente dei tuoi guai e ti illustrano la
terapia infondendoti coraggio.
Quando piombi, di notte, al pronto
soccorso con un infarto e sei lì, sul
lettino, che hai male ma hai anche
tanta paura negli occhi e trovi un
medico di guardia che, dopo aver
fatto con sollecitudine e perizia il da
farsi, trova il tempo per sedersi sul
lettino, prenderti la mano e parlarti:
è quasi roba da «Piccolo mondo antico». Una mia conoscente che viene
da fuori mi diceva una volta: «Quando arrivo lì davanti e vedo quei fiori
che danno un’aria civettuola a un
ospedale, mi pare molto bello».
Mi auguro pertanto, come tutti gli
abitanti della valle, e non solo, che
questo ospedale possa proseguire il
suo fedele servizio sul territorio, come avviene da secoli. Auguro agli
amministratori di oggi di riuscire a
realizzare i loro progetti per rendere
le strutture sempre più efficienti e
proiettate in avanti. Ma mi auguro
soprattutto che l’ospedale di Torre
non perda mai la sua aria «civettuola» e lo spirito umanitario che l’hanno caratterizzato fino a oggi, che
mantenga la sua identità nella modernità. Che episodi da «Piccolo
mondo antico» continuino a verificarsi in ambienti asettici e superattrezzati, perché il malato è molto
fragile e ha bisogno di sentire il calore umano.
Bianca Armand-Hugon Natali
Torre Pellice
Lettera di Cristo
Nel corso del culto mattutino del
Sinodo di giovedì 30 agosto la Parola è stata annunciata leggendo in I
Corinzi 3, 3: «Noi siamo lettera vivente nella testimonianza di Gesù».
Ci è stato distribuito un figlio su cui
era scritto il versetto e noi membri
del Sinodo avremmo dovuto scrivere una lettera, o messaggio, e darlo
a un nostro fratello o sorella. Io non
so a chi inviarlo e ho preferito scrivere a tutti.
Carissimi: non so se la mia piccola partecipazione ai lavori, ai culti,
alle attività della nostra chiesa sono
una testimonianza, ma prego Gesù
di darmi la possibilità di essere veramente lettera di Cristo.
Ada Gardiol - Pinerolo
■ L'Azienda
della discordia
L’associazione Vallescura, costituita nel ’97 e avente per finalità «La
valorizzazione delle risorse e la prò
mozione culturale e turistica della
vai Germanasca», in seguito all’isti
tuzione dell’Azienda faunistico-venatoria «Valloncrò» (con determinazione della Regione Piemonte del 20
maggio 2001) nel territorio del Comune di Massello, ha espresso alla
presidenza della Regione Piemonte
il proprio dissenso.
Ritiene che l’istituzione di una
azienda faunistica con potere gestionale privato unilaterale esterno
di un intero territorio montano, in
una valle come quella di Massello,
potrà compromettere seriamente
iniziative in atto e potenziali della
popolazione autoctona. Si è espressa a sostegno delle persone che in
virtù della libertà di pensiero e di
gestione delle proprie terre, hanno
diffidato la Regione Piemonte dalla
inclusione e dall’inclusione coattiva
dei rispettivi fondi dell’Azienda faunistico venatoria.
Franco Tron - presidente
associazione Vallescura, Massello
10
PAC. 10 RIFORMA
L* Eco Delle Yaui "^àldesi
VENERDÌ 7
Concorsi ippici a Pinerolo
Piazza d'armi
dedicata ai cavalli
DAVIDE ROSSO
CHIUSA la scorsa domenica la Rassegna
dell’artigianato anche
quest’anno il settembre
pinerolese sarà caratterizzato dai concorsi ippici. Piazza d’Armi a Pinerolo ospiterà infatti il 14,
15, 16 settembre ospiterà
il XV Concorso internazionale di salto a ostacoli
categoria Csi-A e il 21, 22,
23 settembre il XV concorso nazionale di tipo A.
Come già gU anni passati molti sono i cavaUi e
i cavalieri e le amazzoni
importanti attesi che si
affronteranno nelle diverse giornate di gara. In
questi giorni si starmo intanto finendo di preparare i campi di gara e si
stanno montando le tribune sperando di ripetere il successo di pubblico
che ha caratterizzato le
manifestazione degli ultimi anni. L’organizzazione, come ormai tradizione, sarà guidata da
Angelo Distaso, consigliere comunale ma soprattutto anima dei concorsi ippici pinerolesi e
attualmente a capo dell’associazione sportiva
Federico Caprilli che cura la preparazione delle
gare non più organizzate
direttamente dal Comune come in passato.
Il 14 quindi si parte
con le gare del concorso
internazionale che prevede tra l’altro un monte
premi complessivo di
quasi 120 milioni e diversi premi tra cui una
Lancia Y, messa in palio
daH’awocato Giovanni
Agnelli presidente d’onore della giuria, che andrà
al miglior cavaliere oltre
al premio in denaro. Attesa quindi per quest’avvenimento che riporta la
memoria alla Pinerolo
della cavalleria in attesa
della realizzazione della
Scuola nazionale di cavalleria che dovrebbe nascere ad Abbadia Alpina
e per la quale la progettazione procede anche se
non è ancora chiaro
quando e se si farà. In
ogni caso Pinerolo ha da
tempo e con forza avviato varie azioni per riconfermare la sua antica tradizione, nella consapevolezza che essa rappresenti anche, per tutta la
città, un forte volano turistico ed economico.
L'accoglienza al Sinodo
Il gradito buffet
A Sinodo concluso si
tirano le somme di quanto discusso in assemblea.
Eppure, al di là del dibattito e delle importanti decisioni prese, non
bisognerebbe dimenticare chi, durante l’intensa
settimana dei lavori, si
è impegnato «dietro le
quinte», o meglio, dietro
il banco del buffet, ristorando le centinaia di persone presenti. Il servizio
è una pratica essenziale
per la vita delle nostre
chiese; lavoratori «nell’
ombra» che, come anche
i ragazzi volontari in Foresteria, investono fatica
e tempo, ma anche divertimento, nell’organizzazione dell’accoglienza.
Archiviato il Sinodo,
deputati e pastori fanno
le valigie e tornano a casa: non si ferma il lavoro
dei volontari, iniziato due
settimane prima del loro
arrivo. C’è da sistemare
tutta l’area dell’accoglienza, all’ombra degli
alberi della Casa valdese,
dove avviene la distribuzione di bibite e ottime
torte. «Guai non avessimo gli uomini per spostare mobili e frigoriferi spiega Alma Charbonnier, da una decina d’anni responsabile del buffet
al Sinodo - e con loro la
cinquantina di persone,
giovani e meno giovani
che si impegnano anche
per tutto il giorno». La
Società di cucito della
chiesa di Torre Pellice si
occupa di reclutare i volontari: una squadra affiatata della comunità di
Torre, che ha tra le sue file anche ragazzi e ragazze
giovani: «Ci danno una
grossa mano», commenta
Alma Charbonnier.
Ma il buffet non è solo
importante per i membri
del Sinodo. Ogni anno c’è
anche un notevole incasso. La fetta più grande
della cifra va al Concistoro di Torre Pellice, il resto
in offerte alle opere della
Chiesa valdese, dentro e
fuori i confini delle Valli.
Un plauso a chi durante
il Sinodo lavora nell’accoglienza al buffet: è davvero meritato.
NELLE CHIESE VALDESI
7 settembre, venerdì
LUSERNA SAN GIOVANNI: Nella sede dell’Avis,
prelievo di sangue collettivo.
TORRE PELLICE: Alle 15, nell’aula sinodale della
Casa valdese, si inaugura l’anno scolastico del Collegio. Intervengono Francesco Caudullo (Madasky) e
Vitale Bunino (Bunna) fondatori degli Africa Unite.
Alle 17 rinfresco e visita alla rinnovata aula di scienze.
8 settembre, sabato
TORRE PELLICE; In piazza Muston, alle 21,15, Carlo Pestelli in concerto con «E sulla terra faremo libertà», ingresso libero.
TORRE PELLICE; Nell’isola pedonale mercatino
dei prodotti naturali.
BOBBIO PELLICE: Per l’organizzazione dell’Associazione nazionale alpini; alle 20, concerto delle Corale valdese e del Coro vai Pellice; alle 21,30, cena su
prenotazione. Domenica 9, dalle 8,30, si svolgeranno
le cerimonie militari con corteo e deposizione al monumento dei caduti; alle 11,15, consegna del premio
«Fedeltà montanara» a Franco Durand Canton.
8-10 settembre
PORTE: Agli impianti sportivi del Malanaggio, 22®
edizione della mostra agricolo-artigianale «Il raccolto», dalle 21 alle 24.
9 settembre, domenica
TORRE PELLICE: Dalle 10 alle 12,30, sotto i portici
del municipio, mostra mercato di libri scolastici e per
ragazzi: per iscrizioni (dai 6 ai 18 anni) e informazioni, tei. 0121-932530.
PRAROSTINO: Sesta edizione del Giro motociclistico «Da noste part», cavalcata non competitiva delle
colline pedemontane.
13 settembre, giovedì
PINEROLO: In piazza San Donato, alle 21, l’Assemblea teatro propone «Fuochi».
14 settembre, venerdì
PRAGELATO; Nella frazione Saucheres Hautes, fiera zootecnica con la maratona dei gofri.
PEROSA ARGENTINA: Al parco Gay, alle 21, la compagnia teatrale «Tabula Rasa» propone «Cibi gridati».
NELLE CHIESE VALDESI
ANGROGNA— Dom. 9 settembre, culto al Serre.
PRAROSTINO — Domenica 16 settembre, alle 10,
culto a San Bartolomeo; alle 17, riunione estiva al Roc
e cena comunitaria.
TORRE PELLICE — Domenica 9 settembre, alle 10,
culto con insediamento del pastore Claudio Pasquet;
alle 15, pomeriggio comunitario ai Simound.
VILLASECCA — Domenica 9 settembre, alle 15, riunione estiva a Bovile.
RADIO BECKWITH EVANGELICA
FM 91.200-96.550. Tel. 0121-954194
notturna, pretesti^
telefono 800-2331
GUARDIA F
(turni festivi con oratioD
DOMENICA 9 SETTE«,
Bobbio Pellice:
Maestra 44, tei. 927^
Pragelato: Doglia-via,,
Novembre 4, tei. 7803o
Pinerolo: Nuova - b»!
Lazzaro, tei. 377297
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TORRE PELLICE
Cinema Trento proJ Restai
giovedì 6, alle ore2i
Pokémon 3, venerif —"
sabato 8, ore 21,30,
ven; domenica 9
21.30, e lunedì lo'J iedonai
21.30, Il dottorDolitilf
PINEROLO
risala Italia ha inpi jj^ac
gramma, alla sala «Sa ^6111
to», Jurassikparc3;tó Uasi
h 19,50 e 22,20, sabi ¿one.L
19,50 e 22,30, dometì TallaC
14,50, 17,20, 19,50el ¡niion
20. Alla «2cento» vaioi sepiù si
sione Amore probi sete ari
mente; feriali 20 e 22; faiuto 1
sabato 20 e 22,30, dm della ri
nica 20 e 22,20. Sab» tremine
domenica pomeiig alcuni«
sarà in visione Spy Hd vorrei qi
Prima
INFORMAGIOVA»
VAL PELLICE^
Piazza Partigiani
Luserna S. Giovami
tei. 0121 -902603
spazio adolescen
per confrontarsi sui l
mi dell’identità, ia ss
sualità, la vita affeii
i rapporti sociali,
li martedì, ore 17-19
Si ringrazia l'editore per lo spazio calti
Un viaggio della comunità valdese di Villar Pellice
Terre di Alsazia e di Lorena
LUISA DAUNAS
VERA FENOUIL
Nei 1995 a Villar PeUice è iniziata una
«tradizione», ossia quella
di organizzare un viaggio
estivo per la comunità
valdese e simpatizzanti.
Anche quest’anno abbiamo mantenuto l’abitudine ponendo come meta
principale alcuni paesi
deU’Alsazia, della Lorena
e della Germania. Il tour
ci ha consentito di avere
una visione generale dei
luoghi, delle situazioni
geomorfologiche e della
loro storia passata.
Il viaggio inizia di primo mattino in direzione
Alsazia, passando per la
Valle d’Aosta, il Gran San
Bernardo, Martigny, Basilea e Colmar. Qui abbiamo avuto modo di
ammirare i paesini tipici
dalle strutture di legno
dette «colombages» ai
piedi dei Vosgi, la «Petite
Venise», la «Maison des
têtes», il Centro culturale
dedicato ad Albert Schweitzer, e il noto e caratteristico Centro di riallevamento delle cicogne.
Attraversando splendidi vigneti siamo giunti a
Strasburgo, capitale della
Alsazia. Numerose le 0pere d’arte, musei e chiese, tra cui quelle protestanti di Saint-Thomas,
Saint-Pierre le Jeune e la
celebre cattedrale; suggestivi i quartieri della «Petite France» il parco della
Orangerie, il Palazzo del
l’Europa, il Palazzo dei
diritti deU’uomo e la sede
del Parlamento europeo.
Verso sera, navigazione
sul fiume, anche se sotto
una pioggia battente.
Breve tappa a Nancy in
Lorena, visita alle illuminazioni caratteristiche di
Metz, proseguimento per
il granducato del Lussemburgo, osservato dal
«Chemin de la Comiche»
e dalla «Place de la Constitution».
Il giorno successivo
abbiamo visitato le colonie valdesi fondate nel
1699, fra cui Pérouse, dove abbiamo ricevuto una
calorosa accoglienza. La
giornata è poi proseguita con la partecipazione
al culto, dove abbiamo
avuto il piacere di conoscere il pastore Michael
Widmann, la signora Dorotea Vinçon e partecipato a un ottima pranzo
comunitario; visitato i
vari monumenti e il museo dedicato ad Arnaud.
Attraversando la Foresta Nera, abbiamo raggiunto Friburgo, dove
eravamo attesi dai pastori Karl Ebert e Alberta
Gönnet (originaria di Villar Pellice). Alberta ci ha
poi accompagnati nei
luoghi più significativi.
Dopo un aperitivo comunitario in sua compagnia, abbiamo proseguito per Belfort, dove si
può ammirare la fortificazione e il leggendario
leone in arenaria rossa.
Breve sosta a Mulhouse e
Lucerna da cui siamo
partiti per il rientro alle
Valli. Durante il viaggio
abbiamo potuto ammirare variopinti fiori, gustare cibi caratteristici,
buon vino e buona birra.
Nonostante il tempo mutevole, siamo riconoscenti per la buona riuscita del viaggio.
Armando Pascal gestisce con la moglie un albergo in Sardegna
Un ristoratore delle valli valdesi a Olbia
su dò che
incollerei
l'aiuto sia
GIUSEPPE PLATONE
UNA casa classica, in
rosa Sardegna, nel
piccolo centro storico di
Olbia. Passata la soglia,
con un labrador dolcissimo che ti accoglie scondizolando, dentro trovi
mille cose in un salotto
del «Nonna Felicita», lu
minoso, stracolmo di ricordi. «A me e a Rita - mi
dice Armando Pascal piace collezionare di tutto». Vedo infatti sul davanzale di una finestra
decine di galli che rappresentano, immagino, la
pavoncella della Gallura.
Pentole di rame dappertutto, e in una delle tante
Ricordo di Davide Jahier, recentemente scomparso
Sulle montagne con «Bocla»
ERNESTO CIAMPiCCOLI
HO conosciuto «Bocia» negli Anni 50
quando, essendo la sua
famiglia residente in Argentina, veniva a Torre
Pellice nel periodo estivo.
«Bocia» era appassionato
di montagna. Negli anni
tra il ’50 e il ’56 siamo stati compagni di ascensioni
nelle nostre montagne
della vai Pellice. E con noi
(e altri amici) c’era sempre la sorella Margherita
che ricordo con simpatia
e affetto fraterno.
Per una strana coincidenza abbiamo fatto il
servizio militare di prima
nomina (ad alcuni anni di
distanza) ambedue a Tolmezzo (Brigata Julia). Rivivere esperienze comuni
vissute in quel periodo in
montagna (Sella Nevea,
Sella Carnizza, Monte Canin) sono solo servite a
«cementare» un’amicizia
già forte di ideali comuni.
«Bocia» era un ragazzo
che amava fare la battuta
spiritosa, che prendeva
in giro affettuòsamente
gli amici, ma anche
pronto a fare riflessioni
serie, per discutere insieme dei problemi di ogni
giorno. Ma Bocia era, so
prattutto, un ragazzo
pronto a darti una mano
per superare una «cengia», un fratello disponibile ad aiutarti in qualsiasi occasione. Così lo
ricordo e così voglio per
sempre ricordarlo.
Ciao, caro «Bocia», arrivederci.
Davide Jahier durante una gita in montagna
stanze dell’albergo anche
un angolo che potrebbe
essere quello di un antica
trattoria piemontese con
le volte in mattone: «Le
radici restano lassù, a
Fontane, ma la mia vita
vera, quotidiana da più di
trent’anni è qui con Rita
nel gestire questo piccolo
albergo ristorante».
Si respira un atmosfera
tranquilla, familiare, organizzata. Qui non c’è un
piatto forte ma mille possibilità di pesce. A noi è
toccata l’aragosta alla catalana ma immersa, prima e dopo, in una gamma vastissima dì gusti.
Accanto a noi c’è Forattini e si ride un po’ sulla
sua recente vignetta pubblicata su «La Stampa»
sul caso Milingo. Rita intanto ci spiega l’influenza
spagnola, sulla cucina
sarda, e premia la nostra
attenzione con un involtino di polpa di granchio
e olive. Più, tardi in un salotto stracolmo di libri,
che è parte stessa del ristorante, Pascal con emozione, ci mostra la Bibbia
dei suoi, ci racconta dei
suoi anni a Torino alla
scuola alberghiera, rivede
il tempio di corso Vittorio. Il suo rapporto con il
mondo valdese è oggi
ravvivato dalla presenza
della piccola comunità
battista di Olbia. Per Rita,
profondamente sarda, figlia di una famiglia di albergatori, è importante
continuare con passione
a scoprire gusti e varietà
dei cibi sardi: è unanj»
inesauribile. In quei
stanze sono venuti il p
sidente Ciampi, attoi
politici tutti trattati 0
familiarità in un amW
te ricco di ricordi. Su«
parete ci sono decretii
Savoia che riguardano
cende valligiane vai®
Insomma un’atmosft
sardo-piemontese in»
chiassosa allegria me«
terranea.
Fortuna vuole che?
chi giorni dopo qu®”
invito, ne riceva un P«
(entrambi non cerei
ma immediatamente!
colti) per una splen®
cena da Flipot a To® ^
Pellice. E qui colgo ,,
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Keuice. E. qu*
forte parallelismo tra* ,
mando e Rita Pasofii^f
che gestiscono Ü nota
bergo ristorante di to|3| »
Pellice interamente^
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vorrei dire la
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con desiderio di ric®^
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di volere offrire con
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albergatori valde®’’ ^
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11
PAG. 11 RIFORMA
POSTA
tiva, 1
I Teenies deirotto
per mille
lHolettola,Pye«i^.!ÍPl1
orario»!
nazione deUa Tavola sul
^ro del 6 luglio scorso,
%ente alla forte ridudelle scelte per l’Opm
¡ette,, Ss peri« Chiesa valdese
ètO.ÈÌndatochefari
j che dovrà essere va
lutato con molta attenzione.
fpos^onofare già alcune
considerazioni e indice Qualche possibile linea
fmtervento che contrasti
_______At^nrrck intanto va
„„¿sta tendenza. Intanto va
i]fevata la forte riduzione del
Iftóiarazioni che potrebbe
uSare in futuro per la
Qtlca dell’amministrazione
finanziaria tendente alla sem
Kazione delle procedure e
riduzione delle dichiara
0 pi Resta comunque un campo
oB dioltre9niihoni di scelte
enei? espresse verso le quali biso
21 r ^arivolgere la nostra comu
icà 9 sione per la raccolta deidì io’ le donazioni. Con noi com■Dolii ¡»tono in questo campo altre
Kganizzazioni, religiose e
jon, con mezzi potenti (vedi
Chiesa cattolica). Penso che
iala«5c( iovremo intervenire sulla
tre 3; hi justrastrategiadi comunica-0. sabi jjune. L’fefBcace slogan «Dodomeii uu ¿a chiesa valdese perché
i9,50ej non sono valdese» non è for0» va ini se più sufficiente e dovrà esprobai sere arricchito chiedendo
20 e 22) l'aiuto di qualche stratega
,30, dm della comunicazione. Po). Sabai tremino pensare inoltre ad
>meiig||l alcuni semplici interventi che
SpyKld vonei qui indicare.
Prima regola del Fund rai\ sing è che i donatori vanno
ilOVAII sempre ringraziati: attraverso
■LICE imedia (stampa, radio, tv) per
fuei non conosciuti (Opm);
àiovariii renuno scritto all’anno per
inofim itielli conosciuti {direct Ma^ il). I donatori vanno «fidelizìSCen rati» e occorrerà pertanto che
A questo proposito penso
che potremmo riferirci a una
organizzazione non governativa laica, autonoma e con
esperienza internazionale
nella cooperazione e sviluppo sostenibile che operi da
tempo per ancorare il nostro
messaggio a un progetto che
leghi i donatori non solo a interventi episodici ma su progetti, verificabili, di lunga
prospettiva.
Certo, per fare questo servirà un investimento e l’aiuto
di volontari: penso alla gestione di un Data Base per un Direct mail con allegato un pieghevole o una lettera e relativo bollettino di cc postale da
inviare alla fine di ogni anno
ai donatori delle nostre comunità, agli abbonati di Riforma, ai nostri amici e simpatizzanti di cui esistono elenchi,
forse un po’ sparsi nelle varie
nostre strutture in Italia. C’è il
rischio di confondersi con
tanti altri messaggi dello stesso tipo che affollano le nostre
cassette postali? Dipenderà
anche da come sapremo comunicare. Penso che sarebbe
comunque errato non fare
nulla e attendere la benevola
e gratuita manna dal cielo.
Enrico Pavoni - Milano
Il petrolio
distruttore
deirambiente
jyjj, il nostro messaggio, oltre a
lassi dare per scontata la conoiffeti scalza dei valdesi, aggiunga
informazioni concrete sulle
, nostre iniziative, su progetti a
aaoH bpga scadenza, su interventi
diemergenza in conclusione
sudò che facciamo e faremo
in concreto per la solidarietà,
l’aiuto sia in Italia sia nel resto del mondo.
la
! unamol
In .
nutiilpi
pi, attoi
rattati»
in ambia
rdi. SuiS ..
decretili NUMEROSISSIMI sono i
—ionn«t* v cori composti sul testo o
lardano'
Scene terribili quelle mandate in onda domenica 29 luglio durante la trasmissione
«Telecamere» in onda su Rai3
a partire dalle ore 23. Una trasmissione che ha mostrato
tutta la violenza e la brutalità
di cui sono capaci le multinazionali del «democraticissimo» Occidente, come durante il peggiore periodo della colonizzazione selvaggia
dell’Africa del 1800. Responsabile di quelli che non possono che essere definiti come crimini contro l’umanità
è una multinazionale italiana, la Agip Petroli che detiene in posizione monopolistica i diritti di estrazione petrolifera in Nigeria.
Le immagini e le testimonianze della popolazione
hanno mostrato un ambiente
ne vaiti* ^Pyeuftasi del Padre Nostro,
atmosfti * ™iCo a citarne alcuni che
. ..Ji s®o, 0 sono stati, nel reperto
:ese —: —>
md delle valli valdesi,
lo iniziare con un nome
griai
le f può ci are il Padre
no quid ^'**^*° (versione in lingua
raunall |!^i^«e)del compo itore russo
card Stepanovic Bortnian
mentaf ^i| (1751-52, 1825), brano in
splendi^ ® severo, molto corretto
. - ‘Trtfl _______ ______
nel tempio di Morges, suscitando nei presenti, cantori o
no, una profonda emozione.
Nell’Innario cristiano ed. 1922
si trova il Padre Nostro composto dal m.o Adolfo Baci, autore noto nei primi decenni
del 900: è un brano ben strutturato e stilisticamente originale, ma più adatto all’esecuzione di cori o di assoli che al
spie»“" _ , uiuuu Lurreriu e
)t a T“'' Armoniosa e piena
colga’' è la melodia deimo tTS^ J. Lees The Lord’
p--“v.aiio j. Lees 1 he Lord
I past'*"! ^dii cantare a Ñapóla Eynd del 1945 dall’ottima
il cnm ufficiale alleato, ac;e di Taf Ln dall’organo della
nente > y oggi purtroppo demoli; degli^ metodista di Sant’
An m®'^°oista di bant
[ passia® a ui Palazzo. Questo canto,
copertaiy;^°«o in italiano e armoniz
« trlSStí^ ^ OUattfiA X
e vissa’l.^a quattro voci, è stato poi
li ricer*^ ^'*° dalla corale valdese di
,.j .°allioe, con soddisfazio
itn aeiie valli han
Id®®’’ ", ® mpertorio negli ul
iardeiJÌpl®aenni io splendido No
ato'
^ - Coristi, 45 anni dopo,
''«te corali delle Valli han
: dell® ijj, e del musicista bulgaro
^ydrov (titolo del te^ di) bulgaro Otche Na
Ili Uhi. trasmessoci dalla
dall« > corale svizzera di Mor
Pelli„ ' di Morges e di Torre
iiiova > un insieme di circa 80
V di circa 80
Uà- Qy J ^m eseguirono al culto
canto comunitario.
E ora una curiosità «moderna». Intorno al 1970 il coretto
di Agape lanciò un nuovo Padre Nostro, successivamente ripreso da altri coretti delle Valli,
e inserito anche in un libretto
di canti per le scuole domenicali: «O Padre Nostro che sei nei
cieli, santo sia il nome tuo».
Trovo questa melodia nell’austero innario luterano tedesco
del Land Berlin-Brandeburg-Sachsen (1993) con il testo Vater
unser, Vater in Himmel..., con
l’indicazione «da un caly[>so delle Indie occidentali», vale a'dire: da una danza folcloristica
delle Antille e Giamaica. La
melodia è piacevole, e vivace è
il ritmo, senza mai scadere nella
sciatteria, anzi rivelando una
semplice compostezza e solennità. Sarà ben gradita qualsiasi
segnalazjone di musiche corali
«valide» sull’argomento in questione, che dovesse pervenire da
amici o da corali, indirizzata alla
redazione di Riforma.
distrutto dal petrolio, con
amplissime aree di foreste inquinate irrimediabilmente
dalla fuoriuscita di petrolio
dagli oleodotti fatiscenti, con
inquinamento di corsi d’acqua, come il fiume Niger, stagni e laghi, che da millenni
fornivano cibo alle popolazioni locali. Ma l’inquinamento non è solo quello provocato dalle inondazioni di
petrolio: è anche quello derivante dagli incendi devastanti scoppiati dopo tali inondazioni e che hanno distrutto
migliaia di ettari di boschi,
decine di villaggi, bruciando
vivi centinaia e centinaia di
uomini, donne, bambini,
senza contare Una flora e una
fauna finora incontaminata.
Le telecamere del Tg3 sono
riuscite a documentare le
morti orribili causate da quegli incendi, facendo vedere
decine di corpi carbonizzati e
riuscendo anche a intervistare, nonostante l’opposizione
di funzionari dell’Agip o di
strutture dello stato nigeriano, un ragazzo sopravvissuto
a uno degli ultimi incendi, avvenuto a maggio 2001, durante il quale sono morti bruciati
vivi un centinaio di persone.
Per questo ragazzo, il cui volto difficilmente dimenticheremo, il petrolio, quello che
noi occidentali usiamo tutti
giorni per alimentare le nostre auto, si è trasformato da
possibile ricchezza in maledizione e morte, per sé, per la
sua famiglia, per tutta la popolazione nigeriana.
Che dire poi della condizione dei villaggi indigeni
che, per le immagini mostrate, neppure si potrebbero
chiamare villaggi? Le immagini si potrebbero sintetizzare con un «di tutto di più»:
più sporcizia, più degrado
ambientale, più miseria, più
fame, più malattie di quello
che i più poveri del mondo
possano mai immaginare. Il
tutto sotto l’egida dell’Agip,
azienda della civilissima Italia, membro del G8, il cui capo del governo giudica la povertà un «inconveniente».
Come nei racconti coloniali
dell’800, anche nella Nigeria
del 2001, i poveri di turno raccontano storie di violenze
inaudite, di cui mostrano i segni sulla propria pelle, perpetrate dall’impresa coloniale
dominante nel loro paese ai
loro danni, con l’aiuto di governi fantoccio, la cui polizia
è armata e diretta dalla stessa
impresa. Anche in Nigeria,
come nel resto dei paesi poveri del mondo, alla miseria
più nera della grandissima
massa della popolazione, corrisponde la ricchezza immensa dei pochissimi privilegiati,
strettamente legati alla multinazionale di turno. In Nigeria
questi ricchissimi al potere
sono questa volta al servizio
dell’italianissima Agip di cui
non possono che magnificare
l’impegno dicendo delle falsità evidentissime rispetto alle immagini mostrate da Rai3.
L’odore dei soldi, della ricchezza, del potere, è dunque,
nell’epoca della globalizza
Verso il convegno nazionale deirUcebi (del 14-16 settembre
Identità evangeliche diverse, un fardello?
Mentre i battisti italiani si
apprestano a incontrarsi in
un convegno, dal 14 al 16 settembre prossimo, per dibattere il tema dell’identità battista, sul n. 29 di Riforma appare la lettera di Marco Bresciani che definisce la questione
dell’identità come un fardello
nocivo. In maniera molto
sbrigativa il lettore fa piazza
pulita di secoli di storia che
hanno definito le singole
identità, nella fattispecie
quelle bmv, sorvola a piè pari
sul senso da dare al battesimo (considera una perdita di
tempo il dibattito su questo
argomento) e si produce in
una serie di indicazioni secche su quel che bisogna fare e
su ciò che va abolito. Propone
una fusione delle diverse
chiese evangeliche, ma salvaguarda il valore della chiesa
locale, per la sua praticità
amministrativa. Tutto questo
sconquasso del campo evangelico e della sensibilità che
gli evangelici hanno maturato
nel corso dei secoli viene proposto allo scopo di creare un
unico organismo alternativo
alla chiesa vaticana.
Non ho difficoltà a credere
che il dibattito su questioni
teologiche ed ecclesiologiche
possa apparire noioso e poco
spendibile sulle piazze. Riconosco che all’interno delle
chiese vi possano essere persone che vogliono andare subito al sodo, vogliono proporre all’esterno un’immagine
nuova, accattivante, funzionale alla crescita numerica e
all’acquisizione di un ruolo
sociale. Ma anche questo, do
po tutto, è parlare di identità.
Come persone che hanno
parte nelle chiese evangeliche parleremo di identità a
partire da questioni teologiche, non già da questioni di
immagine o di efficienza produttivistica. Definire la propria identità a partire dall’oggi significa subordinare la riflessione teologica alla tirannia delle mode e all’egemonia del potere (così è avvenuto durante il nazismo, così
avviene con le tendenze da
New Age, tutte rivolte a rispondere ai bisogni immediati, così avviene dove il
conservatorismo si appiattisce sul potere dominante).
La storia del protestantesimo è costellata di ripensamenti e ridefinizioni della
chiesa, ma il criterio guida è
sempre stato il pensiero teologico, la fedeltà alla parola
di Dio, non l’efficienza secondo considerazioni politiche o per il successo in questo mondo. Il pensiero teologico è capace di divisioni
(«non sono venuto a mettere
pace, ma spada», Matteo 10,
34) e ci spinge ad affrontare il
mondo come pecore in mezzo ai lupi (Matteo 10, 16),
cioè ad andare nel mondo
per evangelizzare, ma non
necessariamente da una posizione di egemonia. Non siamo mandati come sovrani,
ma come servitori (Matteo
20, 26). Ancora, e per brevità,
dirò che il pensiero teologico
parla di Spirito Santo e confida nella guida di Dio. L’unità
tra le chiese è una questione
di carisma, di risposta ai doni
zinne capitalistica più sfrenata, ancora odore di morte, di
miseria, di schiavismo, di ingiustizia, di sfruttamento
dell’uomo sull’uomo. Possono i cristiani restare indifferenti e al di sopra delle parti
o, peggio ancora, a fianco di
coloro che sfruttano? Crediamo proprio di no.
Giovanni Sarubbi
Avellino
I nostri
Centri estivi
Dal 27 luglio al 9 agosto ho
fatto parte di uno staff di 6
persone al campo giovani del
Centro di Ecumene. Abbiamo
lavorato per oltre sei mesi: incontri, telefonate, e-mail senza dimenticare le nostre ordinarie occupazioni. Il campo
aveva solo 13 partecipanti.
Facciamo qualche calcolo.
Ecumene è un Centro metodista: le chiese metodiste in
Italia sono oltre 30; se ognuna avesse mandato un giovane al campo, 1 partecipanti
sarebbero stati 30. Certo, in
alcune chiese mancano i giovani, ma le chiese più grandi
ne avrebbero potuti mandare
di più, arrivando così alla
stessa cifra. Inoltre c’è un di
Centro culturale valdese
via Beckwith 3, Torre Pellice (TO)
TERZO FORUM DELLA CULTURA
Ecumene 22«23 sefterntiñí 2001
Quale Forum per quale cultura?
Il Forum di quest'anno cerco di valorizzare il dibattito avviato nelle
due precedenti edizioni e proseguito su «Gioventù Evangelica» (in
particolare nn. 173 e 175). I principali nodi della discussione saranno introdotti da brevi relazioni a cura della neonata Commissione
cultura del Centro culturale valdese. Si tratterà da un lato di mettere
a confronto le istanze delle agenzie culturali e dall'altro di definire il
ruolo che esse assumeranno nel quadro in trasformazione della presenza evangelica in Italia. Uno spazio sarà dedicato all'approfondimento del tema della globalizzazione, per coglierne le ricadute sul
nostro lavoro culturale.
Iscrizioni e informazioni sul soggiorno entro il 7 settembre, presso la
segreteria del Centro culturale valdese dì Torre Pellice - via Beckwitb
3; tei. 0121-932179 - fax 0121-932566
E-mail: centroculturalevaldese@tin.it
scorso bmv: se i membri delle
chiese bmv sono 30.000 (ma
sono di più), calcolando un
10% nella fascia di età 16-26
anni (spero di più) e che
l’80% di questi non intenda
partecipare a un campo, il
bacino di utenza risulta di
circa 600 persone. A Ecumene ce n’erano 13, cioè poco
più del 2%. Dubito che gli altri campi giovani abbia coperto il restante 98%. Forse
sembra uno sfogo per il non
riconoscimento di un impegno dato. Tutt’altro: è una
delusione verso le proprie
aspettative, la fiducia, data a
priori, alle chiese.
Uno dei problemi potrebbe
essere la quota di partecipazione. Giustamente i nostri
Centri oggi devono essere in
regola con numerosi parametri di sicurezza, i lavoratori,
anche volontari, sono più tutelati dalla legge. Ma questo
ha un costo che non può ricadere sui Centri. Perché le
chiese non si fanno carico in
maniera massiccia di borse
campo? L’ll° circuito ha
stanziato alcune borse, non
so se altri lo hanno fatto. Facendo un discorso liberista,
se le chiese non investono
sulle risorse umane, queste
domani saranno risorse per
altri enti. Facendo un discorso progressista, la formazione
deve essere una voce primaria nei nostri bilanci. Non solo: il caso di Ecumene è particolare perché, viste le difficoltà degli ultimi anni, il Centro è in fase di rilancio; per tale motivo ci si aspettava un
impegno e uno sforzo particolare da parte delle chiese.
Evidentemente, tale aspettativa è stata delusa.
La domanda che ci si pone
è: qual è il ruolo che le chiese
vogliono dare ai nostri Centri?
Oggi domina l’idea che il mercato decida su tutto e che gli
investimenti senza guadagno
a breve o medio termine siano folli. È forse questo il motivo a monte del non impegno
delle nostre chiese per i campi? Spero che ci si renda conto
deU’erròre prima di arrivare a
un punto di non ritorno.
Peter Giaccio - Roma
e alla guida dello Spirito; è
una questione dinamica, non
una questione statica, legata
al confluire di strutture e alla
cancellazione della storia.
Nessuno che abbia un genuino interesse culturale può
immaginare di cancellare la
memoria. Senza memoria
siamo foglie sballottate dal
vento. La memoria, e la storia
che ci ha preceduti, è anche
luogo dell’agire dello Spirito.
Sarebbe imperdonabile dimenticare quel che è stato,
chi ci ha preceduto. Israele
non ha dimenticato l’uomo
Abramo né ha dimenticato
l’Esodo, e il patto. La chiesa
primitiva non ha dimenticato
la croce e la resurrezione, il
nuovo patto, come non ha
dimenticato le divisioni e i
momenti esaltanti della prima generazione. Israele e la
chiesa primitiva costruiscono
la propria identità su quel
che erano nel momento fondante, non su quel che sono
negli ultimi tempi. Noi rischiamo di non avere alcuna
identità se non impariamo a
definirci a partire dai nostri
momenti fondanti: Scrittura
e riscoperta della Scrittura in
un preciso momento della
storia. Tutto questo ci chiama a una lettura storico critica della Scrittura e della storia, ma non possiamo avanzare proposte per l’oggi, non
possiamo dar vita a una confessione di fede per l’oggi, se
non la ancoriamo al terreno
solido su cui siamo cresciuti.
Salvatore Rapisarda
Siracusa
R PARTECIPAZIONI R
RINGRAZIAMENTO
«Vegliate dunque perché
non sapete né il giorno né l’ora»
Matteo 25, 13
Le sorelle e i familiari tutti del
caro
Albino Ermanno Talmon
ringraziano tutti coloro che sono
stati loro vicino con amicizia e
affetto nel dolore per l’improvvisa perdita del loro caro con presenza e scritti.
In particolare ringraziano le
coscritte e i coscritti per i fiori, gli
infermieri deli’ospedale di Torre
Pellice e ii diacono Dario Tron.
vaiar Pellice, 18 agosto 2001
RINGRAZIAMENTO
«lo sono persuaso che né
potestà, né altezza né
profondità né alcun altra
creatura potranno
separarci dall'amore di Dio
che è in Cristo Gesù,
nostro salvatore»
Romani 8, 39
La moglie, i figli e i familiari
tutti del caro
Attilio Giovanni Revei
commossi e riconoscenti per la
dimostrazione di stima e di affetto tributata al loro caro, ringraziano tutti coloro che con presenza, opere di bene in memoria, scritti e parole di conforto
hanno preso parte al loro dolore.
Un particolare ringraziamento
al pastore Claudio Pasquet.
Luserna San Giovanni
5 settembre 2001
RINGRAZIAMENTO
«A te alzo gli occhi,
a te che sei nei cieli!»
Salmo 123,1
I familiari di
Giancarlo Baret
commossi e riconoscenti per la
dimostrazione di stima e di affetto, ringraziano tutti coloro che
sono stati vicino al loro dolore.
Ringraziano in modo particolare gli amici e il personale, delrOspedala valdese di Pomaretto per la grande solidarientà e
disponibilità dimostrate in questi
mesi di malattia, il pastore Luciano Deodato e gli amici del
Soccorso alpino.
San Germano Chisone
7 settembre 2001
12
PAG. 12 RIFORMA
V iLLAGGio Globale
Intervista a Mabel Reyes, ex guerrigliera del Fronte Farabundo Marti nel Salvador
I risvolti del neoliberismo selvaggio
«Il neoliberismo che dilaga in America Latina ha approfondito il solco tra poveri e ricchi L'aiuto
della Chiesa valdese è stato per noi fondamentale e In alcuni casi fondamentale per sopravvivere»
MANFREDO PAVONI
INCONTRO Mabel Reyes
nel giardino della Foresteria valdese, dove è ospite per
un giro di due settimane in
Italia e in particolare nelle
valli valdesi per raccontare
dei progetti e delle attività
con i contadini e le contadine
della regione dell’Uxulutan
finanziati e sostenuti dalla
Tavola valdese con i fondi
dell’otto per mille. Mabel è
una donna minuta, occhi e
capelli nerissimi, che tradiscono la sua origine Pipiles,
una popolazione indigena
che fa parte della grande nazione Maya che popola e ha
popolato U Centro America.
La prima cosa che mi mostra orgogliosa è una fotografia di 15 anni fa, in cui viene
ritratta con la divisa verde
del Fronte (Flmn), un fazzoletto rosso al collo, e tra le
braccia il fucile MI6, quello
che gli americani usavano
nella guerra di Corea e che
utilizzavano poi i cubani, i
guerriglieri del Fronte Sandinista in Nicaragua e i guerriglieri salvadoregni. «Avevo 17
anni quando ho deciso di entrare nel Fronte Farabundo
Marti, e passare alla clandestinità. Non avevamo altra
scelta, dovevamo difenderci
dallo sfruttamento spietato
nei confi"onti di noi contadini, e dalla repressione feroce
che militari e paramilitari
avevano scatenato nelle città
e nelle campagne».
- Qual è oggi in Salvador la
situazione delle donne?
«Posso raccontare la situazione delle donne della mia
regione, delle donne contadine neirUxulutan, nei comuni
di St. Jorge, Chamula e Chinameca. In questi paesi l'analfabetismo tra le donne
sfiora il 51%, e sovente non
sono nemmeno proprietarie
della terra che lavorano. Per
non parlare poi delle violenze che subiscono in famiglia,
e delle discriminazioni nel
campo dello studio e del lavoro. Durante la militanza
nel Fronte abbiamo imparato
che quello che possono fare
gli uomini possono farlo anche le donne. Allora si trattava di guidare una jeep, di
scrivere un comunicato o anche di sparare. Oggi l’obiettivo è creare una classe dirigente femminile che nei Comuni e nel Parlamento si occupi dei problemi specifici
delle donne».
- Quali sono le attività e i
progetti della vostra associazione?
«La nostra associazione si
occupa di diversi progetti sia
agricoli che formativi. Aiutiamo le donne dei villaggi a costituirsi in cooperative legali
e riconosciute per poter sperimentare una microeconomia che metta in comune la
produzione del caffè per
esempio, o la costruzione di
un sistema di distribuzione
dell’acqua. Nello stesso tempo lavoriamo sul piano dell’educazione all’autoconsapevolezza, all’autonomia e
alla difesa dalla violenza domestica a causa di un grave
problema di abuso alcolico
da parte degli uomini salvadoregni».
- Come viene utilizzato il
contributo della Tavola valdese?
«Con il finanziamento della
Tavola valdese abbiamo ricostmito decine di case distrutte dal recente terremoto, abbiamo acquistato un terreno
comune per la coltivazione e
la raccolta del caffè, e infine
abbiamo formato 8 gruppi di
donne che si sono costituite
in cooperative e hanno ottenuto dai vari Comuni della
regione la possibilità che la
terra destinata secondo gli
accordi di pace del 1992 agU
ex guerriglieri del Fronte
(Flmn) fosse anche di loro
proprietà e non solo dei loro
mariti. I gruppi di donne lavorano anche per costruire
una casa delle donne dove
poter riunirsi e discutere dei
problemi. Nel mio villaggio
stiamo affrontando la questione legata al genere e alla
differenza».
- Quanta terra possiede
ogni famiglia?
«Ogni famiglia possiede
più o meno 2 manzanas, che
corrisponde a meno di quattro ettari. Questa terra viene
generalmente coltivata singolarmente. L’esperienza
dell’azienda del caffè di cui
parlavo prima rappresenta
un tentativo di collettivizzare
la coltivazione e il raccolto.
Purtroppo oggi in America
Latina il prezzo del caffè è
sceso per le politiche di mercato unico imposte dagli Stati
Uniti. Per questo dobbiamo
prepararci a coltivare mais,
orzo e altri prodotti».
- Che impatto ha avuto
l’economia neoliberista sulle
donne salvadoregne?
«Il neoliberismo selvaggio
che dilaga in America Latina
ha approfondito il solco tra
poveri e ricchi. Oggi non esiste quasi media borghesia nel
Salvador. Per le donne soprattutto contadine l’impoverimento è totale. Oggi non
conviene più coltivare ma se
non hai studiato come puoi
lavorare in città? Forse l’economia globale ha favorito
l’aumento del numero delle
donne impiegate nelle fabbriche, nelle banche, ma ha devastato quel poco di sicurezza
sociale, di sanità e di politica
familiare che era rimasto.
Nelle campagne l’economia
globalizzata tende a diffondere concimi chimici sempre
più costosi e semenze geneticamente modificate. Uno dei
progetti che stiamo realizzando è quello di produrre concime organico con la polpa del
caffè, lo sterco animale e alcune piante che vengono seccate appositamente».
- Diceva che uno dei problemi più drammatici per la
gente che vive nelle campagne
è rappresentato dalla mancanza cronica di acqua potabile. Quali sono le possibilità
di migliorare la distribuzione
dell’acqua?
Consultazione delle chiese europee
Scegli la vita, non la morte
Pubbliddarno l’ultimo delire documenti conclusivi approvati dai partecipanti alla Consultazione delle cfiiese europee
organizzata dalTAlleanza riformata mondiale (Arm), dal Con
siglio ecumenico delle chiese (Cec) e dalla Federazione luterana mondiale (Flmh L’incontro si è svolto a Budapest dal 24 al
28 giugno. Traduzione dall’inglese di Antonella Vlsintin
Una chiamata delle chiese
1) Oggi abbiamo di fronte la dominazione degli idoli della competizione, dei
consumo e della comodità. La comprensione cristiana deir«oikonomia»
abbraccia le relazioni fra le persone e
Dio, l'armonia sociale e la coesistenza
pacifica degli essep umani con tutta la
creazione di Dio. Questo incalza le
chiese e i cristiani a mostrare al mondo
esempi di vita in accordo con i principi
della cooperazione, dell’interdipendenza e delia compassione fondati sulle basi della nostra fede. Chiediamo dunque
allo Spirito di Dio il dono del discernimento che ci consenta di leggere i segni
del nostro tempo.
2) Sfidando la globalizzazione econo
mica, le chiese sono davanti alla parola
di Gesù «Non puoi servire Dio e mammona» (Matteo €, 24); avranno il coraggio le diiese cfi sfidare U v^ore della vita orientata al profitto fiàcendone materia di fede o si ripiegheranno a vita privata? Questa è una questione a cui la
chiese devono rispondere, o perdere la =
loro vera anima. , i
3) Il messilo del Vangelo e, le nostre tradizioni non insegnano ad essere
acquiescenti di fronte ai poteri del
mondo, né a scopare davanti aUe proprie responsabilità per rifugiarsi in
espressioni private di fede. Le comtmìtà
cristìmie dovrebbero raggiare di amore,
|h)la e pace e chiamare altri a nuove
fornie di vita, il nostro compito è trasformare la vita intorno a noi e rispon
di aspetti positivi della crescente cooperazìone intemazionale che potrebbe
far avanzare gli obiettivi dei cristiani in
parole e fatti? Quale ruolo possono giocare! cristiani?
5) L’economia e U potere globali trovano di fronte a sé gruppi di pressione
intemazionali e fra di essi anche delle
ot^anizzazioni cristiane.
Raccomandazioiii
dere a tutti di essere umani, specialili c^
oppressi e roargh»aJisa£ati. Ciò facendo
mente quelli che soffrono e che sono
ressi
siamo discepoli di Gesù. Le chiese devono levare la loro voce profetica.
4) le chiese devono prendere sul serio le seguenti questioni: quali processi
nelle poUtiche intemacionali e neU'economia sono causati dallo sviluppo dei
commerci, del flussi informati^, dagli
scambi culturali e quali sono il risultato
tU «una trasfotnKcdorm gh>hale frugata».
domìnio dei paesi più
per assicurare il 1
ricchi e dei gruppi di pò^e? Quidi sono
6) Le conseguenze negative della globalizzazione devono essere controbilanciate da un’effettiva attenzione al bisonti dei poveri, delle persone vulnerabili e senza potere. Chiamiamo perciò
le chiese a:
- resistere socialmente ài dumping
sociale e tributario a favore della dignità del lavoro;
- sostenere alternative economiche e
culturali all’omogeneizzazione, inclusa
la piccola impresa, il credito locale e la
finanza etica, Tinformazione indipen-'
dente, la mutua tolleranza e il dialogo,
fra identità culturali differenti;
- incoraggiale stili di vita sostenibili
nel rispetto delle tradizioni; r
- aumentare gh sforzi sia sul versante
diaconale che dell’azione di lobby;
’ far crescere consapevolezza che
l’integtazioim è accompagnata da una
tensione etnica e religiosa che in alcune
regioni del mondo genera separazione,
0 diventa stmmento di separazione.
7) Rìoordiamo alle chiese che esse sono fonrfote sulla femiglia, che viene pesantemente messa in crisi dalle tensioni economiche se non è salda in valori
morali che ne facciano un nucleo solidale.
8) Chiamiamo le nostre chiese a dare
maggior priorità alla sostenibilità ambientale agganciandosi al lavoro delia
Rete ecumenica europea dell’ambiente
(Ecen).
.9) È necessturio che le chiese della regioni aiutino la gente a rafforzare la
propria voce nei rapporti con il potere
globalizzato,
10) Le chiese e i gruppi ecumenici
della regione sono incoraggiati a frmre
maggiormente delle reti ecumeniche di
ricerca e di riflessione esistenti, quali
l’European Contact Group, il Wen e
l’accademia di Praga.
11) Chiediamo alle chiese della nostra regione di rispondere più attivamente all’invito del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) di riflettere sulla
^obalizzazione e trovare forme alternative ad essa all’interno del «Processus
Confessionis» indetto dall’Alleanza
rifoitnata mondiale (Arm), un processo
di ricerca, educazione e confessione riguardante l’ingiustizia economica e la
distruzione ambientale.
12) Chiamiamo le chiese occidentali
a resistere alle forze distruttive dell’economia globalizzata e a farsi portatori di
una giustizia economica globale.
13) Chiamiamo le chiese e i popoli
occidentali a premere sull'opinione
pubblica del «miliardo d’oro», la popòfazione occidentale che opprime il resto del pianeta.
14) Chiediamo alle chiese di educare i
propri membri a stili di vita sobri e a
diffondere questa proposta in contrasto
con il consumismo.
i 15) Sosteniamo il messaggio alle
chiese del Nord redatto a Bangkok nd
primo incontro del Processus nei novembre 1999.
16) Assicuriamo alle chiese del Sud la
nostra solidarietà. Questa parte d'Euioìl male ha svolto un
pa nel bene e nel
ruolo neBo sviluppo dei Paesi del Sud
del mondo.
17) Oggi le nostre sorti sono più simili
e abbiamo bisogno gli uni degli altri per
trovare soluzioni, neOo spirito deBa collaborazione ecumenica.
18) le reti globaB fra cristiani non devono solo avvenire a livello di organismi intemarionali ma anche fra comunità.
19) Per qu^to il lavoro avviato dalle
singole denominazioni, oltre che dall’Arm e dal Cec, va incoraggiato.
20} Ci impegidamo a dare prospettiva
e sviluppo d proc^o avviato con la
consultaztone neBa r^one deU’Buropa
Centrale e defl’Bst « ..
L’acqua arriva nel villaggio di Mabel Reyes
«Nel mio villaggio abbiamo
costruito una riserva di acqua
centralizzata e una canalizzazione che distribuisce l’acqua
nelle case ma in molte altre
comunità non c’è acqua e
non c’è alcun sistema di distribuzione idrica. In una comunità chiamata Candelaria
l’acqua viene venduta a 10
colon al barile, un prezzo im
possibile da pagare perlefj.
miglie contadine. In quest,
comunità cerchiamo di aiu.
tare la cooperativa di donjt
di Candelaria a reperire ifon.
di per costruire un sistema di
distribuzione idrica. L’aiuto
della Chiesa valdese è stato
per noi fondamentale e inai,
cuni casi questo aiuto è fondamentale per sopravvivere»,
II processo di remissione del debito
Per una soluzione ampia
giusta e duratura
Oggi chiediamo che venga
trovata una soluzione ampia,
giusta e duratura al problema
del debito dei paesi del Sud.
Chiediamo
1) L’annullamento totale
del debito dei paesi poveri.
Questo annullamento deve
riguardare l’insieme dei debiti bilaterali e multilaterali dei
paesi poveri, a prescindere
dalla loro selezione nell’iniziativa Ppte. Le istituzioni finanziarie internazionali e i
paesi del G7 hanno al riguardo una responsabilità particolare e devono procedere
all’annullamento dei loro
crediti nei confronti di questi
paesi nei più brevi termini
possibili.
2) Immediate misure a favore dei paesi a reddito intermedio.
Questi paesi, confrontati
per lo più con gravi problemi
di indebitamento, devono
Usufhtire anch’essi di misure
miranti a fermare le conseguenze disastrose che il rimborso eccessivo del debito
provoca nei confronti delle
popolazioni.
3) L’istituzione di un sistema di soluzione ampio, giusto ed equo del debito dell’insieme dei paesi del Sud.
Questo implica in particolare: a) l’istituzione di un diritto intemazionale che arbitri gli interessi dei creditori e
dei debitori. Tale diritto dovrebbe in particolare prendere in considerazione la questione dell’insolvibilità, la necessità di stabilire un tetto ai
rimborsi richiesti e il carattere illegittimo di certi crediti
che non sono serviti allo sviluppo ma che sono stati deviati o che hanno sostenuto
regimi dittatoriali:
b) per consentire l’applicazione di un tale diritto, dovrebbe essere istituita una
istanza di arbitraggio per far
valere i diritti dei paesi debitori in riferimento al carattere insolvibile o illegittimo dei
debiti che vengono loro richiesti;
c) l’instaurarsi di un legame tra cancellazione del debito e investimento nello sviluppo duraturo. Questo richiede in particolare: 1) di
abbandonare le «condizionalità» del tipo aggiustamento
strutturale: 2) di favorire la
trasparenza nell’utilizzo dei
fondi disimpegnati dalle cancellazioni del debito, in parti
colare grazie alla partecipa,
zione della società civile e al
suo rafforzamento; 3) di moltiplicare gli sforzi di lotta
contro la corruzione tanto al
Nord quanto al Sud.
Modalità di finanziamento
dello sviluppo
Chiediamo la revisione delle modalità di finanziamento
dello sviluppo al fine di invertire il trasferimento delle risorse dal Sud verso il Nord e
di agevolare l’accesso dei
paesi del Sud a finanziamenti
che permettano loro di creare
le condizioni di uno sviluppo
duraturo e di una riduzione
delle disuguaglianze. Questo
implica in particolare:
1) delle garanzie affinché i
futuri finanziamenti vengano
concessi in condizioni soddisfacenti e utilizzati a favore
dello sviluppo duraturo;
2) maggiore trasparenza sia
da parte dei creditori sia da
parte dei paesi riceventi;
3) il riconoscimento eia
valorizzazione del ruolo dei
Parlamenti e delle organizzazioni delle società civili nel
controllo delle finanze pubbliche, in particolare sulle
questioni di prestiti;
4) un aumento quantitativo
e qualitativo dell’aiuto pubblico allo sviluppo:
5) il controllo dell’attività
delle agenzie di crediti all®
esportazióni;
6) riforme in profondità
della politica delle Istltuzio®
finanziarie internazionali
finché operino a favore di
uno sviluppo durevole;
7) la restituzione dei fon®
deviati affinché vengano reinvestiti a favore dello svilup
po nei paesi interessati. Qu®
sto implica in particolare
rafforzare la lotta contfo i P®
radisi fiscali e contro il segr^
to bancario;
8) un miglior coir
trolld
dell’attività degli attori po'®
ti di finanziamento o di m
stimento (banche, fondi psn
sioni...);
9) regole di commercio *n
temazionale più favorevo
paesi poveri.
(Firn Information, n.
marzo-maggio zovi - y''.
preparato da un collettivo
cese che raggruppa org^"‘n,
zioni laiche e eonfessio
pubblicato da
sile protestante di
rapporti iaternaziofialt^^j
:.e
Traduzione di J.-J. Poyt‘
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lui,
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stei
ria
siai
dar
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resulti
po!
SCU
si è
Cri
leg
poi
gio
tan
gar
Cai
ran
ine
tee
POi
dii
ttie
ma
che
afi
no
del