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Anno 114 - N. 38
22 settembre 1978 - L. 200
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10066 TORRE PtlLICB
delie valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
LETTERE DALL’INDIA
Teologia
e Terzo
ecumenica
Mondo
India,
terra di povertà
e di religioni
millenarie
logia cristiana due tra le maggiori s-fide che nel nostro tempo
esse devono affrontare: la sfida
dei poveri, anzitutto, che in India si presenta in termini più
esasperati che nella maggioranza degli altri paesi del Terzo
Mondo; e la sfida delle religioni.
in particolare delTinduismo, le
oui origini antichissime si confondono con quelle della stessa
civiltà indiana e che oggi ancora
ha radici profonde nella coscienPaolo Ricca
(continua a pag. 8)
Iniziamo una serie di corrispondenze dal paese che attirò due martiri cristiani di questo secolo; Martin Luther King e Dietrich Bonhòffer
13 agosto
Partenza per Bangalore (India
del Sud), dove è stata convocata
la commissione « Fede e Costituzione », organo del Consiglio
Ecumenico che si occupa particolarmente delle questioni dottrinali: c’è infatti chi la chiama
« il braccio teologico del CEC ».
È composta di circa 120 membri
che rappresentano tutte le maggiori confessioni cristiane, compresa Quella cattolico-romana
(12 membri). Si riunisce ogni tre
anni. L’ultimo incontro ebbe luogo ad Accra, in Africa, tre anni
fa e produsse, tra l’altro, i « documenti di Accra » — un primo
tentativo (largamente discutibile) di consenso ecumenico su
battesimo, eucaristia e ministero. Ora è la volta dell’India.
PERCHE’ L’INDIA
Perché l’India? Perché, per la
seconda volta consecutiva, un
paese del Terzo Mondo? Per almeno due motivi. Il primo è che
la teologia cristiana, in particolare quella ecumenica (che in
questo senso è alTavanguardia)
sta diventando sempre meno
euro-centrica, sempre meno esclusivamente occidentale: l’Europa è solo una parte del mondo, non il suo centro, la teologia
europea non è più la regina di
ogni riflessione teologica ma una
componente soltanto di una ricerca più vasta che ormai si svolge in tutti i continenti. Le « giovani chiese », e con esse le loro
teologie, hanno reciso il cordone
ombelicale che le legava alle
« chiese madri » in Europa e
Nord America ,e sono diventate
adulte. Senza isolarsi e rompere
la comunione con il cristianesimo occidentale, esse non vogliono più dipenderne, né economicamente né culturalmente. In
particolare vogliono sviluppare
una teologia autonoma, più legata alla loro cultura, spiritualità,
forme di pensiero. La teologia
europea non è certo ignorata ma
non è più subita passivamente.
Le chiese e le teologie del Terzo
Mondo stanno dunque compiendo un grande sforzo per ricostruire quella ohe esse chiamano
la loro « autenticità » indigena,
distrutta dal rullo compressore
coloniale. E un’operazione molto delicata: una specie di trapianto del cuore del messaggio
cristiano nel corpo di una cultura molto diversa da quella in cui
sin qui ha pulsato. Per parte nostra, siamo talmente abituati a
identificare la teologia cristiana
con la teologia europea, e viceversa, che ci vorrà molto tempo
prima che ci sbarazziamo del
tutto dal nostro complesso di
primato su tutto ciò che non è
occidentale e impariamo a dialogare con le nascenti teologie
africane, asiatiche e latino-americane, confrontandoci con loro
su un piano di parità. Convocando la commissione « Fede e Costituzione » per la seconda volta
in un paese del Terzo Mondo, i
suoi organi direttivi hanno dimostrato di muoversi in quella
direzione.
Demolirò i miei silos
e ne fabbricherò
di più capaci,..
L’avarizia — che in greco si
dice « Pleonexìa », avere di più
— è il desiderio persistente di
avere sempre di più, di conservare e accrescere senza posa,
senza limitazione, senza alcun
riguardo per gli altri, senza amor fraterno e talvolta anche
senza rispetto per tutte le leggi
umane che dovrebbero infrenare l’avarizia e l’accaparramento
di beni che devono servire a tutti. L’avere, il possesso è oggi il
metro con cui si valuta una persona: si ammira chi è ricco possessore di beni mobili o immobili. Non ci si domanda più come siano stati acquistati e a
danno di chi. Il guaio maggiore
è che diventano avari e avidi di
beni sempre maggiori anche
uomini che un tempo hanno
sofferto per la miseria o per la
disoccupazione.
Anche la scienza nel suo orgoglio fa la stessa cosa. Una poesia di H. W. Longfellow intitolata « Excelsior » (— più alto!) è
divenuta come la parola d’ordine della scienza, della tecnica,
del progresso. Non contenti di
aver raggiunto il nostro satellite, la luna — per altro arida e
morta e senza alcuna possibilità di vita — si vuole ora raggiungere altri pianeti più alti o
meglio più lontani, con strumenti costosissimi. E ciò pur
sapendo che diecine di milioni
di persone nel mondo sono sottonutrite e soffrono e muoiono
di fame!
Un collega, pastore in zona
L’EMARGINAZIONE RAZZIALE IN CASA NOSTRA
Tzigani; un popoio aiia
deiia propria identità
ncerca
DUE SFIDE
Il secondo motivo che spiega
la scelta delTIndia è che questo
paese pone alla chiesa e alla teo
« Trovato il bambino rapito
dagli zingari », « Forse rapito dagli zingari »... Titoli come questi, che ogni tanto compaiono
sui quotidiani, indicano l’immagine che degli zingari si è fatto
l’uomo medio occidentale a partire dai racconti della sua infanzia e da notizie giornalistiche
tendenziose e piene di pregiudizi; gente dedita al furto, al raggiro, all’accattonaggio, se non di
peggio. È indubbio che vi siano
gruppi, specialmente italiani e
slavi, che si comportano in modo riprovevole, forse perché risentono dell’ambiente e del costume del paese in cui vivono;
ma non è possibile giudicare solo generalizzando qualche caso
particolare o dando credito a
dei <v sentito dire ». Per conoscere lo tzigano è necessario conoscere la sua storia, almeno per
quanto si è riusciti a scoprire;
infatti questo popolo non ci ha
tramandato nulla di scritto se
non delle leggende tramandate
di padre in figlio. Le notizie più
sicure sono state fornite dai
« gadj », nome affibbiato ai non
tzigani, grazie alla tecnica messa al servizio dell’antropologia,
etnologia e linguistica. Cerchiamo quindi con i dati più recenti di rispiondere ad alcune do
mande (1).
Il nome « tzigano » pare provenga dal greco medioevale « atsinganos » derivato da « athinganos » cioè intoccabile, nome
attribuito ad una setta manichea proveniente dalla Frigia;
era anche il nome attribuito a
magi, incantatori di serpenti, indovini, cioè ad un mondo vicino a quello degli Tzigani.
Il nome « zingaro » pare derivi dallo stesso vocabolo « atsinganOs » ed anche da « zingalé »,
nome sanscrito per indicare i
nomadi, gli uomini neri della
pianura.
In India il nome che gli stessi Tzigani si attribuivano era
« dom » che significa uomo o
marito; in Europa il vocabolo
diventa «rom»; l’altro nome è
« manouche » anch’esso di derivazione indiana e vuol dire uomo. Il nome « gitano » proviene
dal nome latino « Aegyptus »,
paese dove si suppone abbiano
soggiornato.
Gli Tzigani si dividono in tre
grandi gruppi: i Roms, Manouches o Sinti, Gitani o Calé; si
suddividono poi in sottogruppi
tra i quali ricordiamo i Sinti
Piemontesi appartenenti al gruppo dei Manouches o Sinti.
I Roms costituiscono il raggruppamento più numeroso: le
donne sono riconoscibili dai vestiti variopinti; sono dediti soprattutto all’artigianato, alla lavorazione del ferro, rame ecc.
I Manouches invece prediligono
il commercio ambulante. I Gitani sono noti come artisti in
musica e canto e vivono in prevalenza in Spagna, Portogallo e
Francia Meridionale.
Gli Tzigani a seconda dei luoghi dove vivono o hanno soggiornato sono anche chiamati « Romaaiichels » (Romania),
«Bohémiens» (Boemia), ecc.
DONDE VENGONO
Gli stessi tzigani raccontano
che in un tempo lontano avevano un gran re che guidava saggiamente il popolo in un paese
meraviglioso dell’India, denominato Sind; la gente era molto
felice; poi delle orde di Musulmani cacciarono gli Tzigajai distruggendo il paese; da allora
sono stati costretti a vagare da
un paese all’altro...
Gustavo Bouchard
(Continua a pag. 5)
industriale, mi diceva della industria locale: Qui le ditte vogliono ogni anno costruire un
nuovo padiglione o un reparto
nuovo, vogliono vedere e far vedere che progrediscono allargando le loro « tende ». Se un anno
non c’è in una ditta una crescita
del 15 o del 20 per cento almeno,
si pensa che quello è stato un
anno perduto, quasi fallimentare! Quindi produrre sempre di
più, sempre più velocemente e
a prezzi sempre più concorrenziali per guadagnare sempre di
più e accrescere l’importanza
della ditta e fare allargare la
sua zona di influenza. Ma se un
giorno il mercato sarà saturo e
la produzione avrà riempito tutti i depositi dei suoi prodotti,
cosa avverrà? In qualche caso
ciò è già avvenuto ed è sopravvenuta la crisi con licenziamento di una parte degli operai.
Anche nel Vangelo troviamo
un uomo che voleva una crescita illimitata nei suoi beni. Un
anno egli aveva avuto una eccezionale raccolta sulle sue terre.
Cominciò quindi a ragionare in
se stesso (non si consigliava con
nessuno: né con Dio, né cogli
uomini e neppure colla sua coscienza): «Demolirò i miei ’’silos” attuali e ne fabbricherò di
quelli molto più capaci e vi raccoglierò tutto il mio grano, i
prodotti del mio lavoro e dirò
a me stesso: Tu hai molti beni
riposti per molti anni: riposati,
mangia, bevi, godi! ». Ma quella
notte stessa, ci dice Gesù Cristo,
egli moriva lasciando tutto. (Luca 12: 16 ss).
Qggi quasi tutti fanno lo stesso: vogliono avere sempre più
oro, argento, denaro, case, terreni, industrie, redditi, o sempre
più numerosi sbocchi commerciali, sempre più ricchezza, sempre più importanza finanziaria...
Gli stati moderni — e anche
quelli che fino a pochi anni fa
vivevano in uno stile di vita medievale — ora vogliono le armi
più sofisticate per la difesa e
per l’offesa, per farsi temere...
Ma anche l’uomo della strada
vuole un mezzo sempre più potente, sempre più veloce, per le
evasioni di fine settimana. Dalla
bicicletta passa al motorino, poi
alla moto di maggiore cilindrata, sempre più grossa; poi all’automezzo dalla piccola cilindrata, avanzando poi a quelli
più potenti per correre più velocemente degli altri e anche per...
uccidersi o uccidere altri in incidenti disastrosi.
Anche negli sport si desidera
essere i primi, sempre più noti,_
più applauditi e si fanno (o si
fanno fare) sforzi spasmodici,
(quando non si ricorre al ’’doping”, drogando cavalli o uomini) e ciò per avere una corona
di gloria transeunte. Ma chi fa
qualcosa per ricevere una « corona incorruttibile»? (I Corinzi 9: 25).
Avere sempre più: beni materiali, potenza, fama, influenza...
Quando cominceremo ad essere
anzitutto uomini e non bruti,
esseri pensanti e non robot nro-^
duttori e consumatori, cristiani
e non mammonisti? Ad ognuno
di noi tocca dare una risposta.
Ci sia dato di rivensare, cambiare rotta, ricominciare e rimetterci nella giusta carreggiata in ogni campo, per il nostro
bene temporale ed eterno.
L. Naso
2
22 settembre 1978
CONSIDERAZIONI PRÒTESTANTI IN MARGINE ALLA FESTA MARIANA DI CERIGNOLA
Una madonna vista con ((occhi scontrosi»
Riflessioni sulla festa patronale di una città del Sud
Cerignola. Sono i primi giorni
di settembre e la città si prepara alla grande festa della madonna di iRipalta.
Non è ima festa qualunque,
ma quella più importante dell’anno, che durerà quattro giorni e per la quale la città si è agghindata con luci, musica, fiere,
proprio come i suoi abitanti che
per questo periodo dell’anno usano vestirsi a nuovo. Stavolta
ho visto anche zampillare le fontane, che fino a qualche tempo
fa erano ricettacolo di rifiuti
vari.
Gli emigrati che in paese han
l’abitudine di far ritorno per il
rnese di agosto, sono quasi tutti
ripartiti per i loro lavori nel
nord. Eppure, la folla che a sera
ingombra il corso in un chiassoso e lungo va e vieni, mi fa pensare che alcuni non hanno saputo vincere la nostalgia della lontananza.
Cerignola, fra le città della
Puglia, anche se ha più di cinquantamila abitanti, non è fra le
più belle né fra le più importanti.
Le sue uniche glorie patrie sono, oltre ad im caduto alle Fosse Ardeatine, due personaggi:
Zingarelli, creatore d’un celebre
dizionario della lingua italiana e
Giuseppe Di Vittorio. Quest’ultimo non è solo una gloria cittadina, ma il simbolo di una volontà
di riscatto delle masse popolari
e contadine che da sempre sottomesse e sfruttate, hanno, nella
prima metà del secolo, dato vita
ad un movimento di riscossa,
che ha fatto di questo grosso
borgo contadino, uno dei centri
più rossi della Puglia.
Olio, sale, acqua
Questo passato è veramente
storia dolorosa. Bisogna sapere
quello che era la situazione di
un contadino nei primi lustri del
novecento, quando la proprietà
era divisa tra pochi latifondisti.
Narrano i vecchi che il bracciante, in condizioni di miseria e degradazione, vendeva veramente
le braccia proprie per dieci, dodici, quattordici ore, raggiungendo il luogo di lavoro a piedi per
quindici o venti chilometri. Dice
un pwta contadino:
« Si moriva per mancanza d'ogni cosa necessaria - pane
mai nella credenza - nella casa
proletaria
Cerignol era un deserto - mai
nessun la passeggiava - ciò che
scrivo è proprio certo - gran miseria vi regnava ».
Nelle masserie il padrone dava « il pranzo » ai braccianti.
Passava solo olio, sale, acqua.
Poi il sorvegliante preparava la
minestra con qualche erba e fette di pane.
Alla fine della giornata i contadini si inginocchiavano per pregare la madonna di Ripalta, poi
San Michele, poi, volgendosi nelle rispettive direzioni, pregavano di Canosa San Savino, di Mi
nervino la madonna. Poi tornavano a casa.
Nei periodi di siccità, quando
il raccolto rischiava di andare
perduto, i contadini pregavano
la madonna e tutti i santi perché non c’era nessun altro a cui
potersi rivolgere.
Religiosità popolare
e Socialismo
Questo della religiosità popolare è un fenomeno tanto radicato che è sconcertante. Dinnanzi
alle situazioni di esclusione, insicurezza e abbandono, sembra
che le feste, le devozioni abbiano una funzione di rassicurazione e di protezione ed anche, naturalmente di momento collettivo di festa e di piacere, anche
per chi, con la sua scelta politica, dovrebbe trovarsi in opposizione.
Pare che sia stato un ferroviere mandato a Cerignola per
punizione che fece conoscere per
primo il pensiero socialista.
Giuseppe Di Vittorio ed altri allora molto giovani, furono tra i
seguaci. Di Vittorio aveva sete
di conoscenza, non era forse anche entrato molte volte nel locale di culto valdese per osservare? Dice sempre il poeta contadino:
« Egli fu autodidatta - imparò
da se le cose - da una vita assuefatta - quanto a spine quanto a
rose.
Io leggevo scorrevolmente Di Vittorio sillabava - Io non ci
capivo niente - Di Vittorio a me
spiegava ».
Col fascismo i socialisti dovettero darsi alla latitanza o dovettero emigrare per gli arresti, le
botte, le torture. Del resto tra i
primi fascisti furono arruolati
dei delinquenti al servizio dei
grossi agrari. Molti proletari subirono il confino. Ma per il 1°
Maggio i compagni rimasti preparavano Ugualmente delle bandierine rosse che appendevano
di notte ai fili elettrici, in modo
che i fascisti non potessero toglierle.
Lotte popolari, religione popolare, questa simbiosi tra istanze
politiche rivoluzionarie e attaccamento alle antiche tradizioni
religiose, sono da più parti vedute come espressione di una
cultura proletaria che non solo
non deve essere soffocata, ma
anzi rivalutata. Il suo valore è
nel momento di aggregazione, di
spontaneità che è segno di una
vitalità collettiva oggi sempre
più in via di sparizione, in una
società in cui lo sviluppo tecnologico ed industriale isola ed
aliena gli individui.
Forse è per questi motivi che
in una città come Cerignola, ormai da molti anni con una amministrazione comunale di sinistra, quando giungono i giorni
della festa c’è tutto un fervore
di attività e di preparazione tanto che i messi comunali girano
SESTRI E
SAMPIERDARENA
Nel corso dell’estate abbiamo
avuto la collaborazione ai culti
da parte di Mario Campagnolo,
Dante Mazzarello, Sandra Rizzi,
Ennio Sasso, Ninfa Quartino,
Paolo Marauda al quale inviamo il nostro pensiero affettuoso, estensibile alla signora Rina
in occasione della loro partenza da Genova.
Col mese di settembre stiamo
riprendendo le attività con culti
riferiti a temi sinodali, come la
Sindone, l’energia nucleare, ecc.,
con riunioni infrasettimanali per
le monitrici, studi biblici e incontri di preghiera. Le relazioni
su Sinodo e Conferenza saranno presentate rispettivamente
da Giacomo Quartino e Mario
Campagnolo. Sandra Rizzi ha
sostenuto felicemente altri esami davanti alla commissione
«ad hoc» per il riconoscimento
di « predicatore laico ». Speriamo che altri possano iscriversi
e prepararsi per arricchire il
gruppo dei predicatori.
Esprimiamo la nostra vicinanza alla sortila Giovanna Vardelii di Sampierdarena il cui
marito è mancato dopo una lunga malattia.
La comunità di Sestri avverte un grande vuoto con l’improvvisa dipartenza di Teresa
Cordare n. Zoccola: la nostra
sorella ha preso parte ancora al
culto di fine agosto e con molta
gioia; il giorno dopo è mancata. La ricordiamo con grande
affetto per l’amore che ha avuto per la sua comunità nel contributo prezioso al canto, al
gruppo femminile di Tabita, alle visite, all’assidua presenza ai
culti, agli incontri più diversi.
Esprimiamo la nostra simpatia
profonda al marito Rino, al fratello Renato e famiglia.
per le case collcttando danaro
per fare la festa.
La processione
Ma il momento cuhninante di
tanto interesse resta pur sempre
quello della processione.
Tutti nel nostro paese sanno
cosa è una processione, A Cerignola però ho notato che il popolo non la segue, la vede semplicemente sfilare. Il corteo vero e proprio è così composto:
una macchina con altoparlante,
dentro la quale un prete grida le
preghiere del rosario, un gruppo di uomini stranamente vestiti
che portano degli stendardi e
delle croci, due file di bambine
con gli abitini della prima comunione, seguite da due file più
solenni di preti e monaci, il vescovo in pompa magna con tanto di mitria e pastorale che canta le lodi di Maria, quindi l’immenso baldacchino col quadro
illuminato della madonna di Ripalta e subito dietro il Sindaco
del PCI con fascia tricolore accompagnato o scortato da tutta
la Giunta Comunale.
Non vorrei dar l’idea di voler
descrivere una realtà folcloristica tra tante a chi, come me, non
è di questo paese. Per dirla con
C .Pavese, anche se non sono piemontese: « Guardavo con occhi
tanto scontrosi le cose di laggiù,
che il loro probabile significato
mi sfuggiva ».
Quale significato?
Ma qual’è questo significato
sfuggente ad uno scontroso come me, un protestante? Qual’è
il significato che forse sfugge ai
fratelli della mia comunità o ai
loro compagni di partito (partito rosso in ogni caso)? Qual’è il
significato che sfugge a tanti di
noi in questo tempo in cui c’è
una volontà di salvare il salvabile nel nostro paese, ma in cui
non si può fare a meno di avere
perplessità, dubbi o paura?
La paura è che tutti, presi a
colare il moscerino, rischiamo di
inghiottire il cammello. La paura è che tutti, presi dalla volontà e necessità di cambiare, ci affatichiamo per poi non cambiare nulla. La paura, per noi che
crediamo, è che pur affermando
Jaweh, per la necessità di sta
bilirci in Canaan rischiamo di
tollerare il culto di Baal.
Baal oggi più che mai è rappresentato dalla concezione costantiniana che il Cattolicesimo
non rinnegherà mai di sua propria volontà, che stabilisce dei
concordati o li revisiona e secondo la quale l’uomo, l’abitante
della città, si identifica con l’uomo religioso.
Baal è l’affermazione che vada
tollerato e in certi casi avallato
il patrimonio religioso istintivo
e naturale del nostro come di
tutti i popoli e che la chiesa romana ha elevato a dottrina teologica.
Baal è questo dio dell’uomo
al servizio degli interessi degli
uomini, per cui è necessario alla città e alla società.
Ma Baal non è Dio. È l’idolo
degli uomini e delle religioni,
che è portato in processione, dinanzi al quale ci si prostra, si
prega, ma che è anche un utile
mezzo per cuocere l’arrosto (Isaia 44: 9 e ss).
È questo Baal, questo tipo di
religione che Karl Marx suppongo abbia contestato. Non so
se ha fatto la stessa cosa Giuseppe Di Vittorio, il personaggio più importante della città
che è ora anche un po’ mia, ma
certo non lo fa questo popolo,
non lo fanno i suoi capi e forse
a monte non lo fanno i capi in
tutta Italia.
Contro questo Baal, ritengo
tutta la predicazione deH’Antico
Odoardo Lupi
(continua a pag. 3)
AGAPE - CAMPO BIBLICO
Il senso della
giustificazione per fede
Nessuno ne parla. Per vergogna? Perché non si capisce più?
Perché ogni tema ha la sua stagione? (Subilia). Se ne discuteva dappertutto in Germania al
tempo della Riforma, ma oggi è
sparita dalla circolazione (Tillich). Siamo passati da un tempo di grazia in cui Dio poteva
essere trovato, a un tempo di
giudizio in cui non lo si trova
più (Bonhoeffer).
Riproporre quest’argomento è
dunque fare dell’archeologia accademica disseppellendo cose
cadute in oblìo? No, il campo
voleva parlarne per una necessità più seria: oggi la fede passa per un tunnel oscuro e fra
altre verità ha messo il silenziatore a cotanto caposaldo.
12-20 agosto, 40 adulti, qualche ospite; 30 evangelici, 10 cattolici, alcuni che si dichiarano
non credenti; 4 studi, 3 relatori
(il pastore Eugenio Rivoir direttore di Agape, Franco Barbero sacerdote in una comunità di
base a Pinerolo, Bruno Corsani
professore di Nuovo Testamento alla Facoltà valdese). È lo
scheletro del campo biblico di
Agape ’nuova serie’, ma lo scheletro ha messo carne e ha preso a camminare ben vivo, qua
e là perfino polemico e diviso,
come forse è giusto che sia.
Ancora
tempo di grazia
In apertura Rivoir richiama
la unicità dell’annuncio di Cristo a differenza di ogni altro.
La ’grazia senza limiti’ non è riservata ai ’perfetti’ ma arriva
agli esclusi (Jeremias). Il primo
studio è Isaia, capitoli 11 e 42.
La giustizia di Dio è un dono
che viene dato. Un popolo è scelto; capacità gli viene conferita
di operare al servizio di altri,
ma solo un « resto » rimarrà fedele e l’eserciterà. È una situazione ingiusta che aspetta un
re giusto, il « ramo del tronco
di Isai». Con Isaia 42 sono passati duecent’anni, la situazione
è mutata. Gerusalemme è stata distrutta, il popolo è in esilio, e abbiamo la sofferenza del
« servo dell’Eterno » su cui poggia gran parte della teologia del
Nuovo Testamento. La missione
è di essere strumenti per gli altri.
Protagonismo
Atti 2 è il secondo studio, in
rapporto al campo per due motivi, dice Barbero: leggendo la
Bibbia non si può accantonare
l’intero contesto della nostra vita ambientale, materiale, culturale; né leggerla come una cronaca : dietro al resoconto sta
una comunità che vuol dirci
qualcosa. Il quadro della prima
chiesa è forse idealizzato, le possibilità più inedite che concrete. Non per celare le contraddizioni che certo esistevano fin
d’allora, ma perché anticipa una
condizione futura piena, quando
la promessa sarà completa. Ma
già il ’protagonismo’ di Dio ha
cominciato a creare e ci reclama co-protagonisti della sua iniziativa. Però il nostro protagonismo non deve scordare la sua
matrice: «In principio Dio» è
una confessione di fede : non
noi (il partito, la chiesa, la classe ecc.) ma Lui. Co-protagonisti,
in un àmbito dove vita e storia
appartengono a Dio, mentre il
nostro protagonismo fiacco e incostante dev’essere sorretto dal
Suo inalterabile. Barbero solleva sane questioni: Stiamo nelle nostre chiese da protagonisti,
servitori attivi o consumatori
passivi? Nella cultura odierna
osiamo annunciare il protagonismo di Jahvè o abbiamo paura? Il nostro protagonismo soppianta Dio o « nel principio »
c’è sempre Lui? Anche l’idolatria delle nostre mani ha bisogno di venire giustificata per
Fede.
Fierezza
Terzo studio, 2 Corinzi 11
(Barbero). Più che della giustificazione, qui si parla piuttosto
della vita nuova che ne deriva,
come il fiume dalla sorgente.
Dalla giustificazione sgorga la
fierezza, a mezzo tra nichilismo
ed arroganza. Il nichilismo è
auto-lesionista e rinunciatario,
in definitiva paralizzante. Ben
peggiore è tuttavia l’arroganza
perché fa un salto diabolico, si
fonda sulle proprie presunte virtù mentre la fierezza evangelica
si fonda su Dio. La « scheggia
nella carne » frantuma l’arroganza ma permette la fierezza
di essere strumenti di Dio.
1) Appartenere a confessioni diverse può scatenare l’arroganza
ecclesiastica : come demolirla?
2) Noi viviamo la nostra fede
nella debolezza ; come viverla
anche nella fierezza?
Testi in collisione
Infine Romani 3 e 4 a confronto con Giacomo 2. Giustificati per fede o per opere? Corsani dà quattro versioni su testi in conflitto tanto vistoso. La
più utile per noi sembra essere
la ’spiegazione polemica’. Paolo
e Giacomo lottano ambedue
contro il fronte del legalismo,
ma con parole diverse per situazioni diverse. Giacomo combatte una fede astrusa, solo verbale e dottrinale. Scrive alla seconda e terza generazione dopo
Paolo ed è una predicazione per
noi, esposti al rischio di una fede che sia solo più un pio o mesto ricordo.
* * *
Chi racconta è fatalmente soggettivo. Lo sarò anch’io dicendo
che il culto finale è stato una
delle cose più belle cui ho preso
parte da tempo. Rivoir ha parlato su Atti 10 e 11 e I Corinzi 3
con semplicità ed efficacia. Pietro è mandato ai pagani e a un
certo punto nella chiesa entrano persone gradite a Dio ma
non a tutti i fratelli. L’ostilità
viene proprio da coloro che si
dicono al di sopra di ogni partito : « noi siamo di Cristo », come se gli altri non lo fossero.
È una tragica immaturità dei
credenti, incapaci di costruire
insieme agli altri, privatizzando
il Dio di tutti.
La S. Cena ha visto alcuni
astenersi perché turbati da uno
strisciante universalismo sospetto: se non ci sarà condanna
eterna per chi non crede, allora
Gesù è morto invano. Anche la
prima sera ci fu un altro confronto: preghiera o no ai pasti?
È una testimonianza come sostiene qualcuno o una sottile
forma di violenza come affermano altri? Nell’assemblea di
chiusura è poi affiorato il terzo
scoglio: il tema del campo non
sarebbe stato trattato con sufficiente profondità e rigore. E
poiché nelle discussioni generali e a gruppi c’è stata la solita
guerra dei versetti, il campo ha
deciso per il ’79 di studiare « Come si è formata la Bibbia ».
Gran disfida fra letteralisti e
non... Renzo ’Turinetto
3
22 settembre 1978
INCONTRO ECUMENICO A CHANTILLY Una voce dall’Ospedale Evangelico di Genova
Uniti in vista della pace
Il nostro giornale ha dato notizia a suo tempo dell’incontro ecumenico di Chantilly tra rappresentanti della Conferenza delle Chiese Europee e vescovi della Chiesa cattolica, con
un reportage di Paolo Ricca che partecipò aH’incontro (EcoLuce n. 18 e 19, 5 e 12 maggio 1978). Riportiamo ora come documentazione ecumenica il testo Anale dell’incontro pubblicato dalla rivista « 11 Regno ».
Provenienti da tutta l’Europa
come rappresentanti della Conferenza delle chiese europee e
del Consiglio delle conferenze
episcopali europee, ci siamo riuniti per la prima volta a Chantilly (Francia), dal 10 al 13 aprile 1978. Abbiamo ascoltato insieme la parola di Dio, insieme
abbiamo pregato e discusso su
temi che riguardano le nostre
chiese e i nostri paesi; l’unità e
la pace, considerate specialmente nei confronti con l’Europa.
Sentiamo l’esigenza di trasmettere ciò che abbiamo raccolto.
Rendiamo grazie per l'unità
che ci è stata data. Non dimentichiamo le profonde divisioni
di cui abbiamo sofferto finora.
Soffriamo di non aver potuto
accostarci insieme alla tavola
del Signore. Soffriamo anche di
non aver potuto offrire una testimonianza unanime al nostro
Signore. Confessiamo i nostri
peccati contro l’unità e, contemporaneamente, riconosciamo che
la grazia del Signore è più forte dei nostri fallimenti. Questo
ci incoraggia a tendere verso la
piena unità in Cristo. Parliamo
in modo diverso dell’unità che
cerchiamo. Siamo concordi nell’affermare che noi speriamo e
che ci sforziamo di raggiungere
la comunità in Cristo: libera,
piena e diversificata.
Una comunità libera, perché
ha la sua fonte nel dono gratuito di Dio: perché è fondata sull’azione liberatrice, redentrice e
riconciliatrice di Dio-Trinità; e
perché esige la libera decisione
della fede, della speranza e della carità. In quanto comunità
piena essa supererà tutte le divisioni e porterà alla sua pienezza quanto ci è già stato donato. Questa comunità è e rimane multiforme. Il Signore nostro unisce le diversità dei membri, dei doni e delle funzioni, le
diverse chiese locali, le differenze delle tradizioni, delle forme
di spiritualità e dei modi di
espressione della medesima fede. Unisce ciò che è diviso e riconcilia ciò che è separato.
« Egli è la nostra pace » (Ef. 2,
14).
Cristo ci impone di essere al servizio dell’unità. Dice a ciascuno: « chi non raccoglie con me,
disperde » (Mt. 12, 30). Non si
può seguire Cristo, se non si è
disponiìtili all’unità.
Facciamo dunque insieme
quello che ci unisce! Testimoniamo tutto il vangelo nel mondo
intero e con tutte le nostre forze! Sull’esempio del Signore,
chiediamo insieme la grazia dell’unità, gli uni per gli altri.
Quanto più impareremo gli uni
dagli altri a riconoscerci a tutti
i livelli della nostra vita come
« comunità a pieno impegno »
(Nuova Delhi, 1961). tanto più
saremo capaci di assolvere i notri doveri verso l’insieme della
umanità. Anche l’unità, come
tutti i doni che vengono da Cristo, è donata per la vita del mondo (Gv. 6, 51). L’unità della chie
Una madonna vista
con “occhi scontrosi,,
(Segue da pag. 2)
e Nuovo Testamento abbia lottato con coerenza.
In questo tempo in cui le nostre chiese subiscono la crisi di
identità non sarebbe inutile riscoprire che il nostro compito
consiste nel riaffermare poveramente ma tenacemente l’Iddio
di Gesù Cristo per la cui conoscenza tutto dovremmo considerare come spazzatura.
Evangelizzare dunque, così come Sinodo e Conferenza ci hanno indicato, senza paura d’essere polemici, è. questo che ho valutato a Cerignola in questi giorni di settembre, come significato
tra tante cose che mi sfuggono.
Odoardo Lupi
sa e l’unità dell’umanità, la pace in Cristo e la pace del mondo sono legate tra di loro. Non
esiste pace in Cristo, senza impegno per la pace nel mondo.
Questi sono i motivi per i quali rivolgiamo un appello alle nostre comunità a non sottovalutare e a non svuotare la causa
della pace nel mondo. Senza dimenticare che ci troviamo di
fronte a tutto un condizionamento ambientale, dobbiamo
scoprire le radici della mancanza di pace in noi stessi: nella
nostra brama di ricchezza, di
potere e di prestigio, nella nostra abitudine a considerare l’altro come un amico o un nemico. Il nostro Signore ci chiama
ad abbandonare questa via facile, ma disastrosa, per incamminarci per la via difficile, ma
colma delle promesse dell’amore creatore e della riconciliazio
ne. Egli stesso ci precede per
questa via. Ci fa passare dall’angoscia alla fiducia.
Tutto questo ci incoraggia a
fare appello a tutti i responsabili, affinché mettano fine alla
scalata senza speranza della corsa agli armamenti e che sostituiscano l’equilibrio del terrore
con l’equilibrio della fiducia.
Chiediamo infine a tutti coloro che lavorano sinceramente al
servizio della pace e della distensione, della sicurezza e della cooperazione in Europa, di
non rassegnarsi di fronte alle
difficoltà del cammino e di compiere nuovi passi nella direzione
di quelli già fatti a Helsinki e a
Belgrado. Continuiamo pazientemente la ricerca di nuove possibilità di impegnarci maggiormente per i diritti dell’uomo. Soprattutto vogliamo incoraggiare coloro che cercano di raggiungere delle soluzioni non violente nelle situazioni in cui è
praticata la violenza sotto pretesto dell’antagonismo confessionale. « Il Signore della pace
vi dia egli stesso la pace sempre e in ogni modo » (2 Tess, 3,
16).
Amministrare
non è facile
È un lavoro serio per persone
serie? Un esplicito carico di responsabilità, una missione, un
servizio che la Chiesa chiede di
compiere a favore del prossimo? Un titolo onorifico?
Certamente un candidato "amministratore di Ospedale Evangelico” può facilmente sentirsi
lusingato allorché l’Assemblea
con votazione a scrutinio segreto lo abbia designato e il suo
nome venga contato con larga
maggioranza.
Quando ciò accade, può succedere che il nuovo amministratore possa sentirsi soddisfatto,
contento, non solo per l’incarico, ma per un giusto piacere,
per una fondata constatazione,
cioè sentire di avere amici, fratelli di Chiesa che lo stimano e
lo apprezzano.
Fratelli di Chiesa ai quali non
sembra vero di riversare su di
lui speranze per qualcosa che
dovrà cambiare, e cambiare in
meglio; onore per il suo impegno altamente morale e non retribuito, e poi per gli oneri va
echi dal mondo cristiano!
a cura di BRUNO BELLION
“Uso delle armi''
nuova materia
di studio?
A partire da quest’anno, gli alunni di tutte le scuole della Germania Qrientale (Repubblica Democratica Tedesca) avranno una
materia in più nel loro piano di
studi. Il governo ha infatti deciso di introdurre una istruzione
di tipo premilitare, nella convinzione che questo aumenti la sensibilità dei cittadini sui problemi
della difesa.
La chiesa evangelica della RDT
si mostra molto preoccupata per
questa novità, ritenendo che vi
sia un pericolo insito nella propaganda alle armi. In un incontro tra il presidente del Consiglio dei ministri, Willi Stoph, il
vescovo luterano Schonherr ed
altri rappresentanti delle chiese,
questi ultimi hanno ribadito la
posizione più volte assunta in
questi ultimi anni da vari organismi ecclesiastici, in particolare
da conferenze di lavoro del Consiglio Ecumenico delle Chiese; è
stato pure consegnato il documento di Chantilly che pubblichiamo qui sopra.
Il dialogo tra chiese e rappresentante del governo si è svolto
nel quadro della convinzione di
un impegno comune per la salvaguardia della pace ed è stato
sottolineato, da parte ecclesiastica, che l’uso della forza non può
essere considerato strumento adatto alla soluzione dei conflitti
in un mondo pieno di armi capaci di grande distruzione. È inoltre impossibile, hanno proseguito i rappresentanti delle chiese,
immaginare un futuro dell’umanità nella sicurezza senza esprimere fiducia e volontà di collaborazione, cose che l’apprendimento delTuso delle armi in giovane età non è certo in grado di
sviluppare. Esso all’opposto crea
sfiducia e insicurezza. Per superare l’attuale stadio di paura è
necessario invece riscoprire una
coscienza del disarmo, sola capace di suscitare educazione alla pace.
Sulla questione i mezzi di informazione della Germania Occidentale (Repubblica Federale)
hanno imbastito una campagna
propagandistica di vaste proporzioni, risollevando lo spauracchio
del comunismo guerrafondaio e
Timmagine della povera chiesa
che viene costretta a tacere da
parte dello stato.
A questo proposito l’ex vesco
vo di Berlino Ovest, Kurt Scharf,
in un’intervista televisiva, ha
fatto il punto della situazione,
precisando che la presa di posizione delle chiese della RDT non
va vista nel quadro di una opposizione allo- Stato, ma unicamente contro una misura ben
determinata che essa ritiene
inopportuna e pericolosa. La
chiesa è responsabile della gioventù che le è affidata e perciò
prende la parola in sua difesa.
Ogni altra deduzione sarebbe,
secondo Scharf, assolutamente
ingiustificata.
Anche la Chiesa
Metodista è contraria
La Chiesa Evangelica Metodista della RDT si è espressa per
una « educazione alla pace » contro la corsa suicida agli armamenti e contro ogni attacco ai
diritti dell’uomo. Il processo e
ducativo di bambini e adulti, di
singoli come di gruppi, deve essere volto alla pace. In questo
quadro deve essere considerato
« l’esame critico sempre rinnovato delle proprie convinzioni, dei
propri modi di vedére la realtà.
Qccorre esercizio alla tolleranza
e al confronto delle idee, sopportazione dei contrasti e assunzione
— non ignoranza! — dei confiitti » è detto in un ordine del giorno della Conferenza annuale tenutasi a Dresda alla fine di maggio.
Anche I Valdesi
presenti
al centenario
dell'esercito
Dall’America, in una corrispondenza privata, ci giunge notizia
che durante la grande sfilata che
ha caratterizzato le manifestazioni per il centenario di fondazione dell’Esercito della Salvezza, l’Italia è stata presentata con
un costume valdese. Molti si sono rallegrati per questa presenza, anche se pare un po’ strano
tirar fuori dalla naftalina il costume valdese per tali occasioni,
mentre normalmente si usa il
cappello dell’« esercito »...
Valdesi a Carignano
Il 2 marzo 1560 su una piazza
di Carignano veniva acceso un
rogo, e vi venivano bruciati Giovanna Maturin e suo marito, di
cui si ignora il nome: loro colpa, l’avere apertamente professato le idee della Riforma. Era
stato arrestato per primo il marito, poi la coraggiosa donna
aveva ottenuto di poterlo vedere in prigione «per il suo bene », e lo aveva esortato e convinto a testimoniare senza timore della sua fede. Incriminata
anche lei, avevano insieme affrontato il martirio.
La comunità riformata valdese di Carignano esisteva già da
qualche tempo, e viveva nella
clandestinità; composta di una
settantina di persone, era stata
visitata dal pastore Scipione
Lentolo per un paio di mesi.
La repressione successiva all’editto ducale del 15 febbraio
1560 ed iniziata con il rogo dei
Maturin, distrusse la comunità;
alcuni fuggirono alle Valli, altri
in Svizzera, altri si adeguarono
pian piano lasciando spegnere
la fede riformata tra minacce e
processi. Come d’altronde stava
succedendo in tanti borghi del
Piemonte.
* « *
La città di Carignano ha ri
cordato ora questi avvenimenti
con una riuscita manifestazione
di teatro popolare; sulla grande
piazza S. Giovanni, chiusa intorno da grandi vecchi palazzi e
dalla chiesa, le sere delT8, 9 e 10
settembre un gruppo di giovani
ha presentato « Carignan d’antan », Carignano di una volta.
Dalle medievali feste dei folli ai
processi contro le streghe, al rogo dei Valdesi, alla fucilazione
di otto partigiani nel 1944, gli attori hanno voluto sottolineare
la storia meno nota, dei poveri,
delle vittime del potere (e sì, che
Carignano poteva vantarsi della
dinastia Savoia-Carignano, a cominciare da Carlo Alberto!).
La scena finale ha accomunato nel ricordo e nel valore della
testimonianza eretici e partigiani, vittime del potere religioso
e di quello politico, idealmente
ricollegati nella ricerca e nella
difesa della libertà.
La recita, molto bella, è stata
evidentemente una predica per
molti carignanesi, una riscoperta di valori lontani...
Ringraziamo quei giovani, ed
anche per il gentile pensiero di
aver invitato alla loro rievocazione qualche valdese di oggi.
A. H.
ri, oneri dei quali nessuno parla e forse nessuno conosce.
L’eletto ha la certezza di sentirsi finalmente più utile per la
Comunità, e spera con molta
facilità di programmare il suo
nuovo futuro impegno. Nel suo
futuro di Amministratore egli
non può dimenticare che esiste
già il lavoro di tutti i giorni, lavoro che gli permette di vivere,
pagare l’affitto di casa, nutrire
e vestire la moglie e i figli.
Una famiglia abituata da tempo alla sua metodica presenza,
particolarmente in quelle date
ore dove tutti si siedono a tavola e dove immancabilmente si
discutono « spesso animatamente », problemi di scuola, di educazione, di comportamento sociale, di politica.
È questo per il nuovo amministratore l’unico momento della giornata che ha sempre atteso con ansia. È il momento che
preferisce ; anche se alla fine di
ogni discussione, « per fortuna
in famiglia non si vota » le sue
idee non trovano spazio ed è
spesso in minoranza.
Comunque... dopo la nomina,
l’eletto prende subito il suo posto nell’Amministrazione dell’Ospedale Evangelico. Visita costantemente gli ammalati, ascolta lamentele, pochi apprezzamenti, viene a contatto con i vari responsabili, si incontra con
i medici, si scontra coi sindacati, prende visione dello stabile
nei suoi particolari, accetta consigli tecnici, discute su eventuali nuovi impianti, contratta sempre più spesso con l’economo il
quale ; non ha mai soldi, invia
delibere in Regione, provvede
per le Autorità e per il Consiglio la formulazione dei bilanci
preventivi e consuntivi, studia
attentamente le nuove leggi dello Stato, in particolare la. riforma, va a Roma per cercare di
far riformare ciò che dovrebbe
essere riformato, si occupa con
i politici dei vari partiti a promuovere una nuova leggina utile all’Ospedale, « una è già stata fatta », fa degli sbagli, come
tutti i mortali, ma la cosa risulta essere sempre grave e corre
ai ripari; fanno gli altri degli
sbagli e lui paga le conseguenze, viene incriminato dall’Autorità giudiziaria per ben tre volte, in due assolto con formula
piena per non aver commesso
il "misfatto”, per il terzo non è
stato ancora giudicato, e il tempo passa.
Si accorge che i suoi capelli
diventano precocemente bianchi. Non trova più il tempo per
godere in famiglia quei lontani
desiderati incontri. Si accorge
che i problemi non diminuiscono, anzi aumentano; ora ci si
mette anche l’aborto!
L’Amministratore dell’Ospedale Evangelico si logora fisicaménte anche se l’amore per il
suo ospedale lo rende sempre
più attento e combattivo; ma
si logora lo stesso e lo si vede.
Egli ricorda quel giorno famoso
della sua elezione; sono passati
pochi anni e oggi solo può valutare ciò che occorre per essere un buon amministratore di
ospedale evangelico. Deve in primo luogo essere un predicatore
dell’evangelo, cioè attivamente
divulgare l’amore, amare gli ammalati, condividere i loro pesi
cercando di munire l’Ente di
tutti quegli accorgimenti tecnici moderni al fine di facilitare
il compito dei medici; amare il
personale ponendolo tutto sullo
stesso piano di lavoratore. Predicare l’amore per accettare responsabilità, predicare l’amore
anche rischiando di persona, rischiare a beneficio dell’Ospedale, quindi per l’ammalato e per
i lavoratori. Difatti è risaputo
che solo coloro che rischiano
sanno amare.
Con tutti questi pensieri che
turbano continuamente la sua
giornata e il suo soimo, l’Amministratore evangelico si rende
alfine conto di essere solo un
povero uomo, non un eletto, ma
un povero uomo al servizio di
qualcosa più grande di lui.
Emanuele Di Natale
4
22 settembre 1978
NEL CAMPO DEI LIBRI
OGGI VI SEGNALIAMO...
Aborto :
limiti e rischi
di una legge
indispensabile
Questa breve pubblicazione di
Gozzini, cattolico e militante nel
gruppo della Sinistra indipendente, riguarda il problema più
attuale del momento; l’aborto.
Se per il divorzio era ridicola la
posizione dell’obiettore di coscienza, l’aborto implica, invece,
serie considerazioni di carattere
morale.
Pur essendo cattolico, Gozzini
riconosce l’anacronismo e la rigidezza non necessaria di certe
proposte democristiane. Innanzitutto egli sostiene che il dovere
dello Stato è di dichiarare l’aborto semplicemente « non punibile » anziché « consentito » per la
sfumatura morale che quest’ultimo termine contiene. Accentua,
poi, la necessità della prevenzione dell’aborto stesso. Bisogna
che lo Stato garantisca alla donna non tanto la libertà di abortire, quanto piuttosto la libertà
dall’aborto. Perciò si deve intensificare in questo senso l’attività
dei consultori.
Le Regioni dovrebbero diffondere una buona informazione
sessuale in tutta la popolazione
e soprattutto favorire l’uso degli anticoncezionali.
Uno dei mezzi per limitare il
numero degli aborti, le statistiche dicono in ragione del 15%,
sarebbe, poi, quello della preadozione.
Il più grave pericolo insito
nella formulazione attuale della
legge è la sua « lettura maschilista ».
Il rischio è che le donne siano
costrette a subire il rapporto
sessuale con la scusa che: « tanto ormai si può abortire alla
luce del sole ». Questa lettura è
il frutto di una società corrotta
ove il maschio cerca di soffocare le frustrazioni subite, nella
prevaricazione sessuale.
L’aborto è una piaga sociale e
l’autore si definisce contrario
ad esso al punto da affermare
che se fosse medico si dichiarerebbe obiettore; questo non
implica però un suo voto contrario alla legge. Le riserve di carattere morale non devono, cioè,
impedire la garanzia di un servizio sociale.
Questa legge, dice Gozzini, rappresenta un piccolo passo verso
la soluzione del problema, anche
con le sue incongruenze. Si pensi, per esempio, alla grottesca
clausola che prevede i 7 giorni
di attesa dopo il rilascio del certificato medico, per eventuale
ripensamento, senza considerare
che l’aborto è un grave trauma
per la donna e che nessuna ri
TORINO
Due serate
sulla Sindone
Le Chiese evangeliche di Torino e dintorni manifestano la
loro posizione di dissenso e di
critica nei confronti dell’ostensione della Sindone con due serate di conferenze con pubblico
dibattito.
Il 27 sett.: «GLI EVANGELICI E la sindone» (past. Ernesto Ayassot); «LA SINDONE DI TORINO E LE ALTRE
NELLA STORIA EUROPEA
(XIV-XX sec.)» (prof. Domenico Maselli).
Il 2 ott.: «LA SINDONE ALLA PROVA DELLA FEDE CRI
STI ANA » (prof. Paolo Ricca;;
«UNA NUOVA IPOTESI SULL’ORIGINE DELLA SINDONE » (prof. Pier Angelo Gramaglia).
Le conferenze avranno luogo
alla Galleria d’Arte moderna,
C.so G. Ferraris 30, con inizio
alle ore 20.45.
correrà a questa soluzione con
leggerezza.
A poco tempo dalla approvazione della legge possiamo rilevarne chiaramente gli inconvenienti, tra cui quello maggiore:
la possibilità di obiezione di coscienza del personale medico e
paramedico. La donna che deve
abortire si vede dunque spesso
costretta a ricorrere all’aborto
clandestino e una situazione così delicata viene rimessa nelle
mani di chi conosce solo la legge
dell'interesse.
Anna Alberghina
Mario Gozzini, Contro l’aborto
fra gli ’’abortisti” - ed. Gribaudi, pp. 78, L. 1.500.
Per discutere
con i genitori
la prigione
familiare
Un libro agile ed estremamente conciso in cui due giovani.
Bruno e Raffaella, hanno deciso
di raccontare la loro esperienza.
Entrambi si sono trovati in
urto con la propria famiglia per
motivi diversi ed hanno sperimentato sulla loro pelle l’isolamento, il ridicolo: le armi usate
dalle loro famiglie nel tentativo
di dissuaderli dall’essere se stessi. Le riflessioni contenute nel
libro sono nate a tavolino dopo
l’esperienza vissuta, quindi si
corre il rischio di cadere in luoghi comuni, di teorizzare troppo
convinzioni e decisioni. L’esperienza di Bruno e Raffaella è comune a quella di molti altri, non
tutti se ne vanno fisicamente da
casa, ma molti si estraniano psicologicamente dal contesto familiare e questo forse è più grave
ancora. Dalla convinzione che i
giovani rappresentano una grande forza potenziale di cambiamento scaturisce la speranza e
l’invito a parlare, confrontarsi
con i genitori, con gli altri affinché si possano superare i condizionamenti, i modelli che suscitano la protesta giovanile prima
di venire, volenti o nolenti, integrati. La famiglia, il rapporto di
coppia viene rifiutato come microcosmo chiuso ma, poiché lo
si ritiene valido, riproposto come rappiorto aperto verso gli altri.
Il libro fa parte di una collana della gioventù ma, secondo
me, andrebbe letto e discusso soprattutto con i propri genitori,
perché, al di là dei facili luoghi
comuni, le pagine di questo libretto espongono convinzioni
che ritengo siano « elementari »
per molti giovani ma che spesso
non vengono recepite dalle famiglie.
Patrizia Mathieu
B. Agostini/R. Arrobbio, Andarsene da casa, pp. 88, 1977, ed.
Gribaudi, L. 1.500.
Paternalismo
e comprensione
in un rapporto
dì potere
Copertina di cartone. In campo
rosso, dietro un ingrandito buco
di serratura, un « collage » dallo
sguardo tentatore invita ad avvicinarsi di più, per vedere. Un
mento; una bocca nera su denti
bianchissimi, socchiusa; un naso;
occhi « lascivi »...
Possibile ohe dietro una copertina cosi poco promettente si nasconda l’opera di un teologo cattolico che tenti davvero di analizzare seriamente (la collana si
chiama « chiesa sotto inchiesta »)
il ruolo che la Chiesa cattolica
ha avuto nel campo dell’oppressione sessuale?
Forse chi di noi non ha ancora
capito bene che cosa si intende
dire quando si parla di potere
morale oppressivo della Chiesa
cattolica, che diventa potere politico, potrebbe trovare interessante leggere questo libro che
esamina dal punto di vista della
morale cattolica tutto ciò che si
discute in campo sessuale nel nostro paese nelle sedi più diverse.
Condanna del peccato, e comprensione per il peccatore;^ queste sono le costanti su cui va avanti tutto il libro. Vi si spiega
come qualcosa sia «peccato mortale» e qualche altra cosa « il minor male ». Il discorso può sembrare « aperto » qua e là, ma è
sempre comunque sulla linea della « dichiarazione della Congregazione della fede sui problemi
di etica sessuale», che viene spiegata, tradotta per il « volgo » ed
approvata (ovviamente). Questo
libro è un altro tra i tanti esempi di come la Chiesa cattolica,
adducendo a se stessa la misericordia che solo da Dio ci può
venire, tratti i propri « fedeli »
come sudditi verso i quali altri
uomini, i « sacerdoti », possono
dispensare comprensione e paternalistico amore, ma sempre in
un rapporto di potere.
Particolarmente colpita l’omosessualità di chi « non sa se può
sperare nella guarigione, ma sa
che ha il diritto di sperare iti
Dio che lo può rendere sereno e
d’aiuto ai fratelli, anche se egli
porterà sempre nella sua carne
le stigmate dell’omosessualità ».
Come mai questo moralista non
le vede anche sulla sua carne le
« stigmate del peccato »? Non ci
sono. Lui è normale. Forse qualcuno vede nel suo vestito da prete altre stigmate, di altri peccati
non sessuali (il potere, la repressione), ma a lui non interessa. E
protetto dalla Chiesa che è sua
Madre, e che condanna a ragione,
come lui dice, « l’omosessualità,
i rapporti pre-matrimoniali e la
masturbazione, la contraccezione, il divorzio, l’aborto ».
Graziella Tron Lami
Leandro Rossi, Il piacere proibito, per una nuova comprensione della sessualità, collana
« chiesa sotto inchiesta », ed.
Marietti.
A chi ha scelto
(o sceglierà)
un servizio
non militare
Scritto da sette giovani obiettori di diversa origine ed esperienza, il libro « Cittadini di carriera » è il resoconto e l’analisi
di due anni di servizio civile, alternativo a quello militare, svolto da questi negli anni ’75-’76 a
Vicenza in un patronato sindacale, organismo che opera a fianco dei sindacati per un controllo
diretto dei problemi legali, medici ed assistenziali.
Il libro analizza, con buona autocritica, i problemi e le difficoltà incontrate nell’inserimento
nel mondo operaio vicentino, superate con la seria opera di sensibilizzazione sociale e di assistenza diretta nelle fabbriche.
Interessante soprattutto il capitolo sul lavoro svolto a stretto
contatto con gli operai nella lotta per la salute e per la tutela
dei diritti dei lavoratori, come
pure quello sui loro rapporti
con la chiesa locale.
Svolgendo inoltre una storia
dei primi due anni di servizio
civile in Italia (dopo la legge
Marcora) e per le proposte di
lavoro attuabili nel servizio medesimo, il libro è consigliabile a
chi vuol approfondire l’argomento e a chi. pur avendo già scelto
di non imbracciare le armi, non
sa in qual campo dirigersi.
Paolo Gay
LQC, Collettivo obiettori di Vicenza ■- Cittadini di carriera Il servizio civile in Italia - Risultati dopo le prime esperienze - editrice Lanterna.
Slancio mistico
e adesione
a a in una
storia patetica
La storia di Cilla, una quindicenne morta il 5 luglio ’76 in un
incidente stradale, è una di quelle che fanno pensare. Malgrado i
suoi pochi anni di vita Cilla è
riuscita a lasciarci una significativa testimonianza di fede. L’adolescenza è in genere un periodo di crisi e di scetticismo in
materia di fede; è insolito, pertanto, scoprire, in una ragazzina, un abbandono misticheggiante a Dio. In un’epoca come la
nostra queste forme di misticismo sono, a dir poco, anacronistiche e spesso incomprensibili
per chi tende a razionalizzare
ogni cosa. Cilla era felice e riconoscente per tutto.
Il canto e la preghiera accompagnavano i vari momenti della
sua giornata. Tutti coloro che
l’hanno conosciuta sono stati
colpiti dalla sua forte personalità e dalla sua fede senza incertezze. Cilla, come disse un giorno ad un’amica, si considerava
« sposa di Cristo »; « missionaria
a tempo pieno ».
Una svolta decisiva nella sua
vita di credente fu Tadesione al
movimento di Comunione e Liberazione, che ha saputo, d’altronde, sfruttare la sua storia e la
sua morte precoce a scopo propagandistico.
Ci auguriamo tutti che un simile esempio di fede un po’ ingenua ed infantile forse, ma indubbiamente genuina, non venga guastato da un posticcio alone di santità. La lettura di questa raccolta di testimonianze
sulla vita di Cilla senza dubbio
colpirà le persone facili alle lacrime.
Anna Alberghina
P. Soldi, Cilla, la libertà di sentirsi amati, ed. Gribaudi, pp.
76, L. 1.300 - Biblioteca della
gioventù.
Aborto e
decisioni sinodali
Egregio Direttore,
prima che si spengano del tutto gli
echi del Sinodo trascorso, vorrei fare
alcune considerazioni che non mi fu
concesso esporre durante il dibattito
sulla questione dell’aborto, a causa del
regolamento dei 5 minuti stabiliti per
ogni intervento :
1) I responsabili dei nostri Ospedali
hanno deciso di fare richiesta per la
pratica della interruzione della gravidanza parecchio tempo prima ohe si
iniziasse il dibattito al Sinodo, il che
non è stato affatto corretto ed ha tolto serietà e utilità alla discussione.
2) Non si poteva indire una specie
di referendum tra le comunità, come
è stato fatto, per es., nella chiesa
battista di Via Vernazza a Genova, allo scopo di conoscere il parere della
maggioranza dei credenti (la famosa
maggioranza silenziosa!)? La mancanza di tale iniziativa ha dato ancora
una volta l’impressione che nelle questioni di vitale importanza per la testimonianza cristiana sia veramente un
piccolo gruppo di persone a decidere,
la qual cosa scoraggia e toglie credibilità al desiderio tante volte e in tanti
modi espresso di voler essere sempre
più una chiesa democratica.
3) Alcune relazioni delle commissioni incaricate di studiare gli argomenti
che saranno discussi al Sinodo dovrebbero giungere alle comunità qualche
tempo prima deirinizio dei lavori,
perché i delegati possano prenderne
visione e, eventualmente, renderle note alle proprie comunità; altrimenti
continuerà a succedere che i delegati
verranno a conoscere tali relazioni pochi minuti prima del dibattito o, nella migliore delle ipotesi, la sera prima, verso le 23, quando la stanchezza
non permette loro di studiarle con serietà e lucidità di mente.
Vittoria Stocchetti, Genova
PS. So che la decisione per l’ospedale di Genova dipendeva daH’assemblea
dei soci, ma faccio notare che la seduta fu fissata il luglio scorso,
quando si sa ohe a quella data la maggior parte della gente ha lasciato la
città. Infatti, su 150 soci furono presenti solo 52, di cui alcuni cattolici.
Risultato: 35 sì, 8 no, 8 astenuti.
Come posso (dire
il Pa<dre Nostro?
Non posso dire PADRE, se non dimostro nella mia vita
di essere Suo parente.
Non posso dire NOSTRO, se vivo in uno scompartimento
spirituale impermeabile e se penso che in cielo c’è un posto
speciale riservato alla mia denominazione.
Non posso dire CHE SEI NEI CIELI, se sono così occupato con la terra sulla quale non dovrei farmi tesoro alcuno.
Non posso dire SIA SANTIFICATQ IL TUQ NQME, se io,
che sono chiamato col Suo nome, non sono santo.
Non posso dire IL TUQ REGNQ VENGA, se non faccio tutto quello che è in mio potere fare per affrettare la Sua venuta.
Non posso dire SIA FATTA LA TUA VQLQNTA’, se non
sono d’accordo con la Sua volontà e se mi ribello ad Essa.
Non posso dire SULLA TERRA CQME IN CIELQ, se non
sono preparato a consacrare la mia vita, qui, al Suo servizio.
Non posso dire DACCI QGGI IL NQSTRQ PANE QUOTIDIANQ, se non ho mutato vita o se truffo il popolo.
Non posso dire RIMETTICI I NQSTRI DEBITI CQME
NQI LI RIMETTIAMQ AI NQSTRI DEBITQRI, se serbo rancore, odio e ira contro il mio prossimo o se invidio il mio
prossimo.
Non posso dire NON C’INDURRE IN TENTAZIONE, se
deliberatamente mi metto o rimango in una poisizione in cui
posso facilmente cadere in tentazione.
Non posso dire LIBERACI DAL MALE, se non sono preparato a combatterlo nel regno spirituale con l’arma della preghiera.
Non posso dire TUO È IL REGNO, se non mi sottopongo
al Re con la disciplinata obbedienza di un suddito fedele.
Non posso dire: TUA È LA POTENZA, se ho paura di quello che gli uomini possono farmi o di quello che i vicini o gli
amici possono pensare di me.
Non posso dire TUA È LA GLORIA, se cerco la gloria per
me stesso.
Non posso dire NEI SECOLI DEI SECOLI, se il mio orizzonte è limitato dalle cose del mondo.
Non posso dire AMEN, se non aggiungo anche COSTI
QUELLO CHE COSTI.
Perché costerà molto il dire questa preghiera onestamente.
M. W. GASS
5
22 settembre 1978
L’EMARGINAZIONE RAZZIALE IN CASA NOSTRA
TZIGANI :
un popolo
alla ricerca della
propria identità
Un
battesimo
tzigano
nel mare
della Spagna
Le notizie più sicure si sono raccolte
a mezzo della linguistica. Infatti l’individuazione del luogo d’origine è dovuta
inizialmente alla ricerca d’uno studente
ungherese dell’Università di Leyda; egli
aveva notato la notevole rassomiglianza
del dialetto di tre suoi amici tzigani del
Malabar in India, con la lingua degli Indou, imparentata col sanscrito. Studi
successivi hanno consentito di scoprire
che l’origine degli Tzigani è con ogni
probabilità la zona dell’Indoucoush e del
Penjab nel Nord Ovest deU’India settentrionale. Pare che in origine essi fossero
sedentari come appare dal permanere
di vocaboli del mondo agricolo nella lingua e che in seguito, per l’insorgere di
situazioni avverse dovettero vivere come
nomadi.
LA GRANDE
EMIGRAZIONE
Secondo una leggenda narrata dal poeta persiano Firdausi, nel V secolo d. C.
un re persiano fece venire dall’India
10.000 « Louri », nome attribuito agli Tzigani, per intrattenere il popolo con la
musica. È probabile che la corrente migratoria sia passata in Persia ma in data più recente, probabilmente tra il IX
e il X secolo. Vari gruppi penetrarono
in Occidente, sia verso l’Egitto, sia per
la via dei pellegrini, cioè Creta, Peloponneso. La scoperta d’un recente documento consente di sapere che nel 1378 un re
bulgaro avrebbe ceduto ad un monastero dei villaggi popolati da Zingari. L’arrivo in Europa è situato verso il 1417 e
un decennio dopo nel 1427 sono segnalati
a Parigi degli Tzigani guidati da capi che
si facevano chiamare duchi, voivoda. Infatti per essere bene accolti raccontavano di essere pellegrini provenienti dal
« piccolo Egitto », costretti a vagare per
il mondo per lo spazio di sette anni, a
mo’ di penitenza.; infatti dicevano che
erano stati perseguitati dai Saraceni e
che erano stati costretti ad abiurare la
loro fede cristiana; i re del tempo li obbligarono a recarsi dal papa che impose
loro una penitenza e li munì, di credenziali perché fossero bene accolti dovunque andavano.
LE ORIGINI
DEI PREGIUDIZI
A parte le cose che gli Tzigani raccontavano per essere meglio trattati, si sa
che in principio l’accoglienza fu buona
perché il carattere misterioso della loro
origine aveva lasciato una profonda impressione nella società medioevale. Nello
spazio però di alcuni decenni la curiosità si tramuta in ostilità a causa dei furti, anche perché a loro si aggregano bande di ex militari, mendicanti; inoltre, le
possibilità di insediamento erano scarse
per cui l’unica possibilità di sopravvivenza consisteva nel vivere ai margini della
società.
Gli Tzigani diventano per le nazioni
europee un popolo di serie B per ragioni diverse; ne indichiamo le principali:
1) C’era il convincimento in Europa
che la pelle nera fosse segno di inferiorità e di malvagità... il diavolo infatti è
dipinto in nero... Un cronista descrivendo l’arrivo dei primi gruppi a Parigi dichiara ; « Sono persone dalla pelle nerissima, capelli ricciuti... le donne poi sono
brutte e nere con visi solcati da profondissime rughe; si tratta delle creature
più sciagurate che a memoria d’uomo si
siano mai viste... ».
2) Gli Tzigani erano facilmente identificati coi Turchi perché indirettamente
provenivano in parte dalla terra degli infedeli, quindi erano considerati nemici
della chiesa.
3) La mancanza d’un preciso collegamento storico ad una patria precisa, ad
un’origine sicura, non consentiva di ri
conoscerli come gruppo etnico bene individuato anche se per lungo tempo si
erano qualificati come Egiziani.
4) L’ostilità della chiesa era anche dovuta al fatto che in quel tempo le predizioni, gli incantesimi erano una grande
attrattiva; c’era perciò concorrenza con
le pretese dei sacerdoti di possedere il
monopolio del soprannaturale, per soddisfare lo spirito superstizioso tanto del
popolo che della società feudale; perciò
la chiesa puniva chi si faceva leggere ia
mano.
5) L’opposizione agli Zingari si delinea
anche nello stato medioevale e particolarmente nelle corporazioni che tendevano ad escludere dei concorrenti nell’artigianato. Infatti gli Tzigani sono abilissimi nella lavorazione dei metalli : ferro,
oro, rame ecc., e non hanno rivali come
fabbri, armaioli, nella lavorazione del
cuoio, ricamo di tessuti ecc. Nell’era industriale poi la condizione di vita s’è aggravata per ovvie ragioni e con conseguente ricerca di mezzi leciti ed illeciti
per sopravvivere.
6) Il clima di sospetti e pregiudizi si
avverte nella fioritura di leggende e proverbi tendenti a metterli in cattiva luce,
a tal punto da richiamarsi alla Bibbia
per considerarli discendenti di Cam e
quindi maledetti (Gen. 9:25). Si diffuse
pure la leggenda che essi àvrébbero fabbricato i chiodi che servirono per la crocifissione di Gesù...
LE PERSECUZIONI
Il progetto di emarginazione verso il
popolo tzigano è sfociato in pesanti azioni repressive nei vari stati europei; la
caccia allo zingaro avvenne con raffinata
crudeltà a tal punto che in Romania furono ridotti alla condizione di schiavi e
trattati barbaramente, come dichiara uno
scrittore tzigano moderno : « Trascinati
con catene alle mani ed ai piedi, frustati con estrema violenza e spesso gettati
nudi sulla neve o nel fiume ghiacciato...
le donne strappate ai mariti e i figli alle
madri... ». Deportazioni, torture ed uccisioni furono praticate in vari stati specialmente col consolidarsi degli stati nazionali. Sotto il nazismo poi gli Zingari
ebbero un trattamento non dissimile dagli Ebrei. In occasione delle olimpiadi
del 1936 gli Tzigani di Berlino furono
fatti evacuare dalla città per non offendere l’estetica delle manifestazioni e poi
successivamente eliminati. La maggioranza fu inviata nei campi di concentramento dove furono sottoposti ad esperimenti di sterilizzazione, usati come cavie umane con ogni sorta di incredibili
sevizie. Si calcola che mezzo milione di
tzigani sia stato eliminato sotto il nazismo. Al processo di Norimberga neanche
un rappresentante tzigano fu chiamato a
testimoniare e nessun risarcimento è stato dato perché il governo tedesco li ha
considerati « asociali e delinquenti ».
LA SITUAZIONE ATTUALE
Il Consiglio d’Europa ha richiamato i
vari stati q,d un maggior senso umano
verso gli Zingari ma la situazione non è
mutata granché: all’est europeo (vedi
l’Unione Sovietica) il nomadismo è stato messo al bando e si è tentato l’assimilazione forzata con totale perdita etnica,
culturale. In Italia si è fatto poco e nulla
per i sessantamila Tzigani per cui la polizia conserva il pieno potere di far partire le carovane dopo due o tre giorni di
sosta. Gli unici paesi d’Europa che hanno compreso il dramma di questa minoranza sono l’Olanda, la Svezia, in parte
la Gran Bretagna. In Olanda esistono
aree di campeggio molto numerose riservate soltanto ai nomadi mentre in Svezia
hanno offerto alloggi in vista della sedentarizzazione nel pieno rispetto culturale
e etnico. Di fronte all’indifferenza o alla
ostilità secolare dei popoli sedentari ver
so gli Tzigani attualmente si avverte tra
i 10-15 milioni di Zingari uno spirito nuovo ed una maggior presa di coscienza,
specie tra le tribù dei Roms, per la ricerca della loro vera identità. Un primo
grande congresso s’è tenuto a Londra
nel 1971 e di recente a Ginevra sotto gli
auspici del Consiglio Ecumenico delle
Chiese e l’aiuto delle Chiese protestanti
e cattoliche della città. L’obiettivo principale degli incontri è la ricerca d’una
maggiore dignità per questa minoranza
ed una piena emancipazione. È tempo
che questo popolo esca dal buio della società civile per acquistare l’uguaglianza
e la libertà.
L’AMBIENTE TZIGANO
Il diritto all’istruzione è stato proclamato solennemente dalle dichiarazioni
universali sui diritti dell’uomo, con l’impegno che il diritto sia garantito da tutti, senza eccezioni...
Tuttavia il nomadismo degli Tzigani
mal s’accorda con la regolare frequenza
scolastica di nove mesi all’anno e in condizioni ambientali poco favorevoli al « libero » tzigano ; il sistema dell’istruzione
del resto ricalca modelli di vita a lui
estranei; orbene uno sforzo per venire
incontro è stato fatto in Olanda dove sono sorte scuole, asili, istituti vari ed insegnanti « ad hoc ». In Italia il Ministero, sollecitato dall’« opera nomadi » sorta una dozzina d’anni fa ha istituito una
settantina di scuole elementari.
La vita morale presso gli Tzigani è severa nel tenere in onore la famiglia sia
per il rispetto verso gli anziani, sia per
la fedeltà coniugale; infatti l’adulterio è
severamente punito col taglio parziale di
un orecchio o del naso se la donna è colpevole e la frattura del ginocchio se è
l’uomo. Nei nostri paesi cristiani l’osservanza scrupolosa di quella norma non
lascierebbe molti nasii, orecchie o ginocchia intatte... Il comportamento della
donna dà l’impressione di leggerezza nei
rapporti coi « gadj », cioè coi non tzigani; si tratta però solo di apparenza per
ingannare l’estraneo e trarne vantaggi
economici ma senza violare la regola morale del clan.
In tema di mestieri, oltre a quelli già
menzionati gli Tzigani sono ottimi acrobati, direttori di circhi, chiromanti, dediti alle scienze occulte. In data recente
un certo numero di Tzigani ha conseguito lauree, diplomi e non mancano scrittori, professionisti d’ogni genere.
L’autorità nel mondo tzigano è riconosciuta ad uomini approvati dai gruppi e si manifesta nel tribunale chiamato
« kris » per tutti i problemi di natura giuridica; la figura del re sembra essere
leggendaria per impressionare maggiormente i « gadj » ; in realtà non è mai concretamente esistita se non nell’apparenza per mascherare la vera autorità riconosciuta in uomini capaci.
Per quanto si riferisce alla religione
gli Tzigani si adattano facilmente a quella dei paese che li accoglie pur mantenendo le tradizioni ancestrali. Lo tzigano crede nel meraviglioso; crede che nel
mondo vi siano due principi che si combattono: il Bene che è difeso dal Dio
chiamato Devel o Barodevel, mentre il
male opera con l’aiuto di demoni, vampiri, spettri. Il battesimo è accettato come elemento liberatore dalle potenze demoniache; i padrini del battesimo sono
molto importanti perché sono scelti tra
i gadj in vista d’un aiuto economico; accade che un bambino sia battezzato varie volte per poter fruire dei doni dei
padrini...
LA SCOPERTA
DI GESÙ’ CRISTO
I lettori ricorderanno gli articoli comparsi su questo settimanale e riferiti al
movimento del risveglio tra gli Tzigani
in Francia. Subito dopo la guerra infatti nella Bretagna è nato il primo nucleo
di credenti evangelici a mezzo d’una guarigione per mezzo della preghiera e la
predicazione d’un pastore pentecostale.
Nello spazio di appena trent’anni un popolo di 30.000 Tzigani e cioè un terzo
della popolazione tzigana francese ha accettato l’evangelo di Gesù Cristo. Attualmente ci sono 230 predicatori di cui
sette formano il Consiglio di Direzione.
Esiste una scuola biblica a Choux Boismarand ed una rivista « Vie et Lumière »
di larga diffusione; oltre ai seminari per
i predicatori i credenti si ritrovano con
i responsabili nelle « Convenzioni » cioè
in grandi assemblee dove si incontrano
fino a 2000 « roulottes » con canti, preghiere, messaggi, studi biblici, testimonianze. Il movimento si è ormai esteso
a macchia d’olio in 34 nazioni, compresa
l’India, la terra degli avi; quivi sono sorte varie iniziative per aiutare l’infanzia
sia con scuole, asili e istituti per il ricupero dei minori. L’opera del Signore continua sotto le tende, nelle « roulottes »,
vicino alle discariche dove sono spesso
costretti a vivere gli Tzigani; qui essi
pregano, annunziano l’Evangelo, operano
guarigioni. Di recente dei giovani Tzigani ricuperati dalla droga mediante la potenza dello Spirito compiono una missione straordinaria presso i drogati e con
risultati commoventi per mezzo della
preghiera.
In Italia la prima pattuglia di evangelizzatori è venuta dalla Francia guidata
dal pastore Clement Lecossec, « leader »
del movimento ; ci sono stati incontri
con il corpo pastorale delle Valli Valdesi, coi responsabili dell’opera pentecostale in Piemonte,in vista d’un’opera di
evangelizzazione tra gli Tzigani italiani.
Purtroppo il terreno è poco favorevole
ed i risultati scarsi; in questi ultimi mesi è sorto un comitato per la pubblicazione in italiano della rivista « Vie et Lumière » di cui fa parte Vincenzo Buso,
responsabile dell’opera tra gli Tzigani in
Italia.
Anche la Chiesa cattolica si è mossa
dopo che a Roma era giunta la notizia
dello straordinario risveglio tra gli Tzigani di Francia. Sarà coincidenza? Fatto
sta che da allora — scriveva Carlo Gregoretti su l’Espresso di vari anni fa —
molti sacerdoti cattolici hanno abbandonato le parrocchie e si sono trasformati in apostoli viaggianti, imparando il
dialetto, studiando i costumi... ed ecco
dei sacerdoti carovanieri in Francia ed
in Italia; nel 1965 ci fu il grande congresso internazionale a Pomezia con la
presenza di Paolo VI e con molta coreografia.
In conclusione, si può osservare che da
un lato si delinea una presa di coscienza da parte degli Tzigani, soprattutto i
Roms, del pericolo di essere assimilati in
modo forzoso e quindi di scomparire come popolo non integrato; perciò attraverso congressi e incontri vari cercano
di levare in alto il vessillo della ricerca
di una piena emancipazione. Dall’altro
lato il popolo tzigano sta scoprendo la
vera dignità, la vera libertà, la vera gioia
per mezzo di Gesù Cristo e ad opera della potenza dello Spirito Santo. Uomini e
donne, giovani ed anziani ormai irrecuperabili sul piano umano hanno scoperto una vita nuova in Cristo, hanno scoperto la loro vera identità di figlioli di
Dio amati, riscattati dal prezioso sangue
di Cristo. In riconoscenza al Signore essi
percorrono le strade del mondo per far
conoscere a tutti gli Tzigani la grande
notizia che li ha resi liberi e felici.
Gustavo Bouchard
(1) Come fonti per questo articolo mi sono
servito di recenti pubblicazioni francesi e di
alcune pubblicazioni in italiano (tra le quali
ricordo Donald Kenrick e Grattam Puxon,
Il destino degli Zingari, Rizzoli) nonché della
rivista tzigana « Vie et Lumière ».
6
22 settembre 1978
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
Per una
cultura
popolare
Passare una giornata piena di
sole a settembre a Ciò d' Mai,
tra canti e recita, è indubbiamente un sano ritorno alta nostra collina di S. Giovanni, per
cui dobbiamo essere riconoscenti al locale gruppo FGEI e filodrammatico, di aver organizzato un così simpatico incontro
che ha consentito a molti di ritrovarsi insieme. Simpatico lo
spettacolo del pomeriggio affidato ai canti raccolti nella bassa
Val Chisone (tra l’altro a Pramollo) dal « Gruppo di musica
popolare di Pinerolo ».
La sera, dopo la cena al sacco
consumata da quanti hanno gradito l’invito a farlo, il Gruppo
Teatro di Barge ha rievocato in
una interessante recitazione animata su più palchi, i moti contadini svoltisi nel saluzzese alla
fine del 1700 con l’arrivo dei
francesi portatori delle rivendicazioni giacobine.
Iniziative del genere vanno incoraggiate perché si rinnovino
nel tempo e non siano solo un
episodio. Da esse occorre trarre spunto per dare alla nostra
popolazione una più piena consapevolezza di cosa il canto ed il
teatro popolare possano dare
come momento di cultura, anche sul piano dei valori dello
spirito. Quanti episodi di storia
valdese, senza fare dell’apologetica, si prestano per essere tradotti in uno sceneggiato articolato e dibattuto come quello de
“U gran Tè nost” recitato dagli amici di Barge...
È da pensare che vari spunti
della vita degli scorsi secoli possono dar modo a riflettere sull’incidenza del fattore spirituale
nel divenire sociale, economico
ed anche politico delle valli.
Così ■ tradotti teatralmente
possono costituire motivo di interesse anche per le zone viciniori e far comprendere come i
valdesi non abbiano vissuto nel
passato in modo astratto la loro
fede, slegata da quelli che sono
stati gli interessi locali, le crisi
economiche, i momenti difficili
della loro esistenza travagliata
dall’arroganza congiunta od alterna dei sabaudi e della monarchia francese. Penso ai fatti che
hanno generato la nostra emigrazione nella seconda metà del
secolo scorso; penso alla crisi di
coscienza che indubbiamente
hanno occasionato le necessità
anche violente della guerra dei
banditi; al formarsi dei patrimoni agricoli da parte delle maggiori famiglie nel corso del XVIII
secolo: alla grave decisione presa nel 1555 di predicare all’aperto e quindi di costruire templi
ed alla consapevolezza dei rischi
che ciò ha potuto comportare
sul piano -della vita economica e
sociale delle famiglie locali.
Venendo al canto, la rievocazione delle vecchie canzoni dialettali e francesi udite a Ciò d’ Mai,
mi sembra debba essere associata ad un altro spettacolo recentemente udito a S. Giovanni, vale
a dire la presentazione degli antichi canti occitani e le nuove
canzoni occitane presentate da
Friederich in provenzale. Ho notato che i nostri sangiannin presenti non hanno saputo ballare
una loro « courento » come quelli di Val Germanasca e di Val
Varacio. Possibile che le vecchie
tradizioni locali a S. Giovanni
siano andate interamente perdute, come il vecchio patois?
A scandalo di quanti la pensano diversamente da me, io vedrei volentieri rinverdita la festa del XV agosto in una rivalutazione dei temi e dei momenti
che sono venuto esponendo. Una
sola lacuna ho notato nella giornata di Ciò d’ Mai: la mancanza
di un presentatore efficiente.
Mantenere ad un tono sostenuto
un’intiera giornata in pubblico è
un compito arduo. Confesso che
uno dei motivi che mi ha indottto a partecipare alla giornata è
stato anche quello di vedere come sarebbe stato risolto sul piano sociologico il problema di
mantenere ad un tono vivace la
festa per tante ore consecutive.
Giorgio Peyrot
CONVEGNO A PINEROLO
PINEROLO
Una scuola per
l’artigianato del legno?
Questo è il tema di un convegno svoltosi a Pinerolo nel quadro delle manifestazioni della 2*
Rassegna dell’Artigianato. Presenti; sindaci ed assessori pinerolesi e valligiani, consiglieri e
funzionari regionali, operatori
artigiani e cittadini. L’artigianato attualmente ha un peso rilevante nel pinerolese con 3.000
aziende, di cui 900 nella sola Pinerolo; ma quale ruolo copre in
un territorio che vede il 30%
della forza lavoro pendolare sul
polo torinese? L’impresa artigiana con l’avvento dell’indu
stria è mutata ed ha perso quella creatività che le era propria
assumendo sempre più un ruolo marginale o copertura di quegli spazi o lavorazioni rifiutati
dall’industria. Questo sviluppo
distorto non è sano e pone dei
grossi problemi a tutta la categoria. L’imprenditore artigiano
non deve essere lasciato solo
nella conduzione dell’azienda
(dal punto di vista amministrativo); sugli obiettivi per i quali
produrre (con una visione ampliata del suo ruolo nell’ambito
del mercato); nel riappropriarsi
PEROSA ARGENTINA
La scuola materna
al centro delle polemiche
Ci sarà lo spazio per una scuola materna statale tra l’iniziativa della "Filseta” e quella
del "Sacro Cuore”?
La scuola materna a Perosa
continua ad essere fonte di guai
per l’amministrazione comunale. Un anno fa la « Filseta » chiudeva ai non dipendenti l’asilo
aziendale, col risultato di aumentare il numero dei bambini
frequentanti la scuola materna
dell’Istituto Sacro Cuore. Una
sezione in più e un aumento ad
11 milioni (che poi nel corso
dell’anno diventeranno 13) del
contributo comunale.
Quest’anno il Comune di Perosa riteneva tuttavia di dover
iniziare le pratiche per ottenere
due sezioni di scuola materna
statale. La richiesta, inoltrata
al Provveditorato agli Studi di
Torino, riceveva un secco rifiuto, motivato dall’esistenza sul
posto della materna gestita dalle suore. Queste ultime, cessato
il pericolo di vedersi ridurre le
iscrizioni, hanno prontamente
aumentato la richiesta di contributo, rifiutandosi di accogliere i bambini all’inizio di settembre. La polemica è proseguita
per alcuni giorni, poi la scuola
è stata aperta e il contributo
concesso nella misura di 15 milioni. Questa soluzione del tutto provvisoria lascia scontenti
per diversi motivi i protagonisti di una vicenda così tipicamente italiana.
La giunta comunale (di sinistra) viene accusata da alcuni
di essere troppo accondiscendente nei riguardi delle suore e
da altri, all’opposto, di manovrare per costringerle ad abbandonare il campo. Non può
assumersi l’onere di una scuola
comunale, perché la legge Stammati vieta l’assunzione del personale necessario, non può nemmeno continuare a elargire contributi sempre più elevati senza
intervenire con un minimo di
controllo nella gestione. Propone quindi di stipulare una nuova convenzione che preveda una
partecipazione dell’ente pubblico al comitato di gestione, con
molta chiarezza sulle entrate e
sulle uscite. Il Comune si propone inoltre di ripetere la richiesta per la scuola materna
statale.
Le suore salesiane, che da
quasi quarant’anni sono a Perosa e che si sono costruite un po’
per volta una sede moderna e
spaziosa, trovano in quest’opera
la loro ragione di esistere, per
cui sembra poco probabile che
siano disposte a lasciarla perdere. Hanno già rinunciato anni fa alla propria scuola media
a tutto favore di quella statale.
Rendendosi conto che il servizio
reso alle ftimiglie costituisce
per molte di esse un peso finanziario (la retta è di 23 mila lire mensili) vorrebbero che il Comune si assumesse tutti gli oneri della gestione, lasciando ai
genitori soltanto le spese per la
refezione.
I genitori dei bambini non
hanno per il momento di fronte
nessuna alternativa, perciò non
si può sapere quanti opterebbero per la scuola statale. Molti
pagano di buon grado la retta
perché desiderano che i loro figli siano allevati in un ambiente cattolico, ad altri invece questo sembra un elemento del tutto secondario. È da ricordare
che le due fabbriche di Perosa
impiegano più che altro manodopera femminile, quindi avere
un posto dove sistemare i propri figli non è qualcosa di superfluo ma una necessità.
La popolazione cattolica, che
ha visto sparire nel corso degli
anni 1 preti e le suore all’opera
nei vari istituti, teme anche
quest’ultimo sbaraccamento e
cercherà con tutti i mezzi di impedirlo: fra poco vi sarà il rinnovo dei Consigli comunali e la
questione della scuola materna
avrà molto peso nella campagna
elettorale.
In questa situazione, statica
ma non priva di tensioni fra le
parti, un avvenimento che potrebbe rimescolare un po’ le
carte sarebbe un ripensamento
da parte del Provveditore e la
concessione delle due sezioni
statali; per il Comune di Perosa
la partita rimane ancora aperta.
Liliana Viglielmo
o nel rifarsi una professionalità
affinché ritorni ad avere un ruolo attivo e propositivo nell’economia della zona.
Si pone quindi la necessità
dell’aggiornamento dell’impresa
artigiana e in modo urgente la
necessità di avere leggi migliori
circa l’apprendistato (l’attuale
legislazione non fa differenza
fra l’apprendista in lavori di serie e l’apprendista in settori richiedenti molta professionalità).
Questo mette a dura prova e
spesso impedisce la nascita di
imprese basate su lunghi tirocini es. lavorazione del legno.
In questo quadro complesso,
comunque in via di mutamento,
si è posto l’interrogativo di come avviare dei giovani al lavoro artigianale nel settore del legno (dal mobile rustico all’intarsio). Il pinerolese non ha, a
confronto di altre zone, Saluzzo
Val Varaita, una tradizione da
rilanciare; pur tuttavia ha degli
artigiani di talento in grado di
mettere a disposizione delle
nuove leve quel patrimonio di
conoscenza e di abilità che li
contraddistingue. La disponibilità di alcuni di loro in questo
senso è già conosciuta; a Pragelato un artigiano effettua dei
corsi di intaglio per gli alunni
delle elementari; un altro a rinasca ha raccolto pazientemente per anni un ampio campionario e della documentazione
circa il mobile rustico nella Val
Chisone. D’altra parte almeno
una quindicina di giovani delle
nostre vallate sarebbero già disposti ad iniziare l’apprendistato se ciò fosse possibile subito.
Nel dibattito è emersa l’impossibilità, almeno in questa
fase, della creazione di una scuola d’arte statale, dati i notevoli
costi e la prevedibile rigidità
nella sua evoluzione. È invece
più verosimile pensare di iniziare con corsi patrocinati dagli
Enti Locali con un collegamento
stretto fra apprendimento e lavoro. Occorrerebbe avere una
larga rappresentanza di forze
artigiane e sociali per promuovere un dibattito in vista di nuovi sbocchi professionali e lavorativi, oltre a superare i problemi di fondo cui prima accennavamo. La Regione sta già predisponendo leggi e fondi in favore di una riqualificazione dell’artigianato ; i finanziamenti sono però legati ad un piano organico di iniziative che ciascun
Comprensorio deve preparare.
A chiusura del convegno il
sindaco di Pinerolo ha preannunziato a breve scadenza un
prossimo incontro di lavoro in
vista della stesura di detto piano.
Adriano Longo
Gruppo di base
per i diritti
degii handicappati
Il gruppo di base di Pinerolo
per i diritti degli handicappati
ha ripreso la sua attività sabato
2 settembre. Si trova abitualmente ogni sabato alle ore 15 presso
il Centro Sociale di San Lazzaro,
Via dei Rochis 3 - Pinerolo (telefono del Centro Sociale 77270).
Si tratta di un gruppo zonale,
che si prefigge di seguire i problemi degli handicappati del Pinerolese; ne fanno peirte per ora
persone handicappate e non, unite nella medesima lotta.
Gli scopi sono sostanzialmente
tre: avere un punto di riferimento per aiutarci ad uscire dall’isolamento; sensibilizzare l’opinione pubblica intorno ai gravi problemi delle persone portatrici di
handicap; esercitare imo stimolo e un controllo « dal basso »
sulle forze politiche e sull’ente
locale (Comune, Regione, ecc.).
Il gruppo di base è aperto a
tutti coloro che hanno desiderio
di impegnarsi con costanza.
Comunità Montana Vai Pellico
Risarcimento danni
alle coitnre
provocati dal cinghiale
Gli agricoltori che hanno subito dei danni alle proprie colture
a causa dell’azione devastatrice
dei cinghiali, possono avanzare
domanda di risarcimento al Comitato Provinciale Caccia e Pesca - Via Lagrange 2 - Torino.
Il Servizio Agricoltura di questa Comunità Montana è a disposizione per ogni ulteriore informazione e per l’eventuale stesura
di detta domanda.
L’Assessore aU’Agricoltura
(Franca Coisson)
BRICHERASIO
Aperto
il consultorio
familiare
Lunedì 18 settembre ha aperto
i battenti il consultorio familiare per la zona di Bricherasio,
con sede in Via Brignone (ex
asilo infantile). Il Consultorio
sarà a disposizione ogni lunedì
a partire dalle ore 8.30.
Con il funzionamento della sede consultoriale di Bricherasio
sono ora 2 i centri in attività
nella Val Pellice (Faltro è quello
di Torre Pellice). Si aspetta ora
l’apertura del 3° centro: quello
di Luserna S. Giovanni.
BOBBIO PELLICE
Una mucca “raccomandata”
Due volte l’intervento dell’elicottero
L’alto vallone del Cruello
( Comba di Giussarand, nelle
antiche cronache) è stato recentemente al centro dell’attenzione di tutti i bobbiesi. In due
giornate successive vi sono infatti stati interventi di elicotteri di soccorso.
La prima volta, sabato 9 settembre, un elicottero della scuola alpina di Aosta riusciva a trasportare a valle una giovane
mucca, di proprietà del nostro
concittadino Giovanni Pietro
Catalin. L’animale era scivolato
in un passaggio piuttosto difficile e non riusciva a camminare. Dopo due settimane dall’incidente, dopo che a braccia era
già stato trasportato in luogo
accessibile all’elicottero, finalmente il salvataggio. E un intervento di notevole interesse, dato il valore cospicuo dell’animale che è prossimo al parto.
Questo intervento è stato possibile grazie all’interessamento
sollecito della Comunità Mon
tana Val Pellice, in particolare
dell’assessore all’agricoltura e
delTUfiìcio Tecnico, che sono
riusciti a superare i non pochi
ostacoli di carattere burocratico. Da parte del proprietario
dell’animale vi è un sentito ringraziamento per il trasporto effettuato a tutti coloro che lo
hanno reso possibile. Da parte
nostra solo il rincrescimento che
per ottenere un intervento del
genere vi siano effettivamente
grosse difficoltà. Sarebbe opportuno, a nostro avviso, che
gli organismi preposti alla tutela della montagna disponessero
anche del potere decisionale nel
richiedere simili interventi, senza che sia necessario ricorrere
a Roma per ottenere l’autorizzazione. Ogni passaggio per Roma suona sempre troppo di
« raccomandazione », anche se
lo si chiama ufficialmente «interessamento». E non ha alcun
significato se l’interessamento
è quello di Tullio Vinay.
Cacciatore precipita
dai Cournour
La seconda volta, il giorno
successivo, l’elicottero della
Guardia di Finanza è intervenuto per cercare di portare soccorso ad un cacciatore precipitato in fondo ad un burrone
dal monte Coumour mentre cercava di scoprire le abitudini dei
camosci della zona, in vista della battuta di caccia al momento dell’apertura. La popolazione, quando la notizia si è diffusa, è stata in forte apprensione temendo che coinvolto fosse
qualcuno dei valligiani. Purtroppo per l’infortunato, Cesare Anselma, di Torino, non vi è stato
nulla da fare. Decedeva nel momento stesso in cui i suoi compagni di escursione riuscivano a
raggiungerlo in fondo al burrone, e le squadre di soccorso non
hanno potuto far altro che trasportarne a valle la salma.
7
22 settembre 1978
CRONACA DELLE VALLI
— 7
ROBA’
• Venerdì 15 abbiamo accompagnato al ciinitero la salma di
Giovanni Mourglia, di 72 anni.
Nessuno poteva aspettarsi questa morte improvvisa, voluta.
Jean Mourglia sapeva di commettere un atto contro la volontà di Dio; per questo egli,
nel suo ultimo messaggio, ha
voluto invocare il perdono di
Dio. A Lui dxmque, non a noi,
spetta il giudicare, come da Lui
solo può giungere una parola di
perdono. Quando succedono di
queste cose è bene che la comunità tutta si interroghi, perché
decisioni come quella di Jean
non sono mai decisioni che si
prendono senza seri motivi che
concernono il vivere insieme ad
altri. Ma anche in questa circostanza siamo chiamati a mettere in pratica quella parola di
Gesù : « Non giudicate afHnché
non siate giudicati» (Mt. 7: i).
Con Jean scompare una di
quelle rare figure di montanari
che con cura estrema sapevano
dare un aspetto pulito, ordinato alla natura; diffìcilmente vedremo ancora i ripidissimi prati del Lavour falciati come da
una lama di rasoio. Una fatica
che non ha prezzo e che è possibile soltanto quando si ama la
propria terra, quando ancora si
sa dare un senso al lavoro delle
proprie mani.
Jean non ha voluto un « funerale»; forse senza saperlo, nell’eseguire il suo ultimo desiderio, nella semplicità e nella modestia con cui lo abbiamo accompagnato al cimitero, egli ci
ha fatto riscoprire la semplicità
che l’Evangelo richiede nel momento della morte. Al fratello
Michlin rinnoviamo la nostra
solidarietà.
• Sabato 16 il paese era in festa per le nozze di Aladino Rivoira ed Eliane Diacon, di Losanna (la mamma è rorenga).
A questi sposi che si stabiliscono a Rorà l’augurio di una vita
ispirata dalla parola di Dio.
Lo stesso augurio rivolgiamo
agli sposi Luciano e Christine
Tourn, sposatisi a Pinerolo il
26 agosto e stabilitisi a Luserna
S. Giovanni,
• Ricordiamo a tutta la comunità che, come stabilito dall’assemblea di chiesa, la sottoscrizione prò stabiii si chiude a fine settembre e che molte famiglie non hanno ancora provveduto a restituire la loro bustina.
• Anche quest’anno, contrariamente a quanto si pensava, i militari sono venuti ad effettuare
i tiri e gli alpeggi hanno dovuto essere sgombrati. Nessuna
iniziativa né dei Comuni né della Comunità Montana è stata intrapresa per chiedere la cessazione di queste esercitazioni. Ci
chiediamo: da chi deve partire
l’iniziativa? O i risarcimenti per
lo sgombero della zona sono cosi sostenuti da accettare volentieri questi sacrifici? Sarebbe interessante che qualche diretto
interessato prendesse la parola...
LUSERNA
SAN GIOVANNI
FRALI
PERRERO
BOBBIO PELLICE
• Due coppie di sposi hanno
celebrato sabato scorso nel tempio il loro matrimonio: Paolo
Micol, figlio del pastore emerito Edoardo Micol, e Giovanna
Briccarello che andranno a stabilirsi a Torino e Guido Frache
e Franca Bellion, membri della
nostra comunità di cui la sposa è una solerte coralista. Per
l’occasione la Corale ha voluto
partecipare cantando un inno di
circostanza.
Rinnoviamo agli sposi gli auguri di una vita in comune benedetta dal Signore.
• L’Unione Femminile organizza per sabato 7 ottobre una gita
in pullman a Borgio Verezzi,
aperta a tutti. Coloro che desiderano partecipare devono prenotarsi ai più presso presso il
pastore Taccia.
• Ricordiamo che domenica 24
c. m., alle ore 10,30, avrà luogo
il culto di apertura delle attività. I ragazzi del pre-catechismo
ed i catecumeni sono convocati
al presbiterio per le ore 9.
Durante il culto verrà consegnata la Bibbia ai catecumeni
del primo anno (nati nel 1965).
• Lunedì si sono svolti i funerali del fratello Mourglia Camillo, degli Airali, deceduto dopo breve malattia all’età di 69
anni.
La comunità esprime alla famiglia la sua fraterna simpatia.
TELEFONO
Il pastore etmerito Pierluigi Jalla,
abitante a Luserna San Giovanni, Via
Gianavello 19, rende noto che in questi giorni è stato messo in funzione il
suo telefono col numero 0121/909913.
VILLAR PEROSA
• Ultimamente si sono sposati
Costantino Mauro (Inverso rinasca) e Lerda Bruna (Villar
Perosa). Rinnoviamo agli sposi
il fraterno augurio di ogni benedizione nel Signore.
• È stato impartito il battesimo a Ribet Jose di Alberto e di
Long Edera (Inverso Pinasca).
11 Signore accompagni col Suo
Spirito questa bambina ed aiuti
i genitori a mantenere le promesse fatte.
• La nostra solidarietà con
l’augurio affettuoso di pronta
e completa guarigione a quanti
in queste ultime settimane sono stati visitati dalla malattia
ed a chi ha subito infortunio
sul lavoro.
INVERSO PINASCA
Domenica 24 settembre, alle
ore 10.30, culto al dot.
PINEROLO
Dibattito
sulla Sindone
La Comunità cristiana
di base di Corso Torino
organizza per sabato 23
settembre alle ore 21,
presso l’Auditorium di Via
Serafino, un dibattito sul
tema:
LA SINDONE, PROBLEMA DI FEDE O QUALCOS’ALTRO?
Parteciperanno al dibattito: i sindacalisti G. Avonto e T. Chiriotti, don
Franco Barbero e il pastore Ermanno Genre.
Il dibattito servirà anche per presentare alla
cittadinanza il dossier edito dalla Claudiana « Sindone: radiografia di una
prova ».
17 agosto: Dario Peyrot di Orgere parte per il servizio militare. È sempre tm piccolo dramma, a volte grosso, specie in Italia. Si va con rassegnazione, fatalismo. Ma speriamo che Dario
pensi anche ai suoi affetti e alla
sua fede.
• 2 settembre: visita-lampo di
Hugo Gönnet, pastore a Dolores
in Uruguay. Alcuni giorni prinaa
era passata anche la famiglia
Ricca: i genitori risiedono a Colonia Vaidense (dove si trovano
Bruno e Katharina Rostagno); la
figlia Silvia sposata Cattaneo vive a Genova col marito. Cosi abbiamo avuto qualche cenno sulla
permanenza dei Rostagno in U-.
ruguay.
• 3 settembre: 25 ospiti della
Casa di riposo di San Germano
hanno passato la giornata con
noi. L’accoglienza, il pranzo, la
compagnia sono state curate da
alcune sorelle della nostra chiesa che hanno impegnato tempo
e fatica, e soprattutto amore e
premure. È appunto la loro disponibilità fraterna che vogliamo
particolarmente ricordare con
riconoscenza; mentre ripetiamo
il nostro grazie anche a tutti coloro — valdesi e non — che hanno contribuito con doni in denaro e in natura.
• 9 settembre: su accordi presi dal pastore Antonio Rocca, sono venuti in gita a Frali e Agape
circa 120 fratelli, sorelle e bambini della chiesa pentecostale di
via Issiglio, Torino. L’approccio
è stato cordiale però un po’ vago. Invece sarebbe bene che simili incontri fossero più intensi
ed estesi e non avessero_ carattere personale ma avvenissero a
livello di chiese, per un utile confronto ma una ancor più utile
comprensione reciproca.
• 17 settembre: organizzato
dallo Sci Club Frali e diretto da
Giorgio Aimone, uno spetta.colo
di tradizione popolare in dialetto piemontese e provenzale è
stato rappresentato nella nostra
Sala dalla «-Comnanìa dij Brandé ». Pubblico foltissimo.
• 20 settembre; chiusura estiva del Museo. Dal 16 luglio era
affidato alla sig.na Irma Pizzocaro di Torino, la quale ha sopportato il periodo più intenso delle
visite (3300 solo in agosto); grazie! Le presenze da maggio sono
state circa 6500.
• 1 nostri ammalati; dai primi
di settembre sono aU’ospedale
Civile di Pinerolo la sorella Clotilde Garrou di Malzat e il fratello Elio Grill di Indiritti. Sarebbe incoraggiante sapere che
essi sono ricordati non solo da
un rigo di cronaca, ma dai sentimenti solidali di quanti li conoscono.
• Col 30 settembre termina
l’incarico pastorale sostitutivo
di Renzo Turinetto a Frali. La
famiglia Rostagno tornerà i primi di novembre; in ottobre la
chiesa sarà assistita da Agape,
sia per la predicazione che per
altre necessità (pastore Eugenio
Rivoir, telef. 8514).
ANGROGNA
SERVIZIO MEDICO
Dal 23 al 29 settembre
è di servizio il dott. Michelin Salomon, tei. 91.009.
In una recente riunione del
« Consorzio strada Vaccera » si
sono concretizzati i termini per
l’asfaltatura della strada che porta al colle Vaccera. La spesa
preventivata s’aggira sui 116 milioni di cui 80 son già stati assicurati dalla Regione; la cifra
mancante dovrebbe essere colmata da privati direttamente interessati alla realizzazione di
quest’opera. Quest’ultimo tuttavia non sembra costituire un
ostacolo insuperabile tanto che
si spera che i lavori possano iniziare con il prossimo ottobre.
• Nel corso dell’estate, praticamente in tutti gli alpeggi, si
sono avuti casi di pecore uccise
da cani randagi. Non è escluso
che alcuni cani abbiano un proprietario che, incurante dei danni che essi possono procurare
negli alpeggi, non li lega alla catena. Sono in corso accertamenti.
• Dall’ultimo bollettino della
Amministrazione di Angrogna
apprendiamo che presto si procederà all’asfaltatura della strada Bruere-Porte d’Angrogna e
alla risistemazione della strada
di Fra del Torno.
TORRE PELLICE
• Nel corso del culto di domenica 17 è stata presentata al
battesimo Veronica Goss. Il Signore le dia di crescere nella
fede e nella conoscenza dell’Evangelo.
• Un gruppo di scout genovesi
in visita alle Valli ha partecipato al culto e si è intrattenuto
dopo col pastore; quanto più
significativo e stimolante sarebbe stato se rincontro fosse avvenuto con un gruppo di fratelli!
Domenica, 24 settembre,
alle ore 15, a Villa Elisa
ci sarà una vendita di beneficenza a favore nelle opere assistenziali dell’U.C.D.G.
Tutti sono cordialmente
invitati ad intervenire.
Hanno collaborato a questo
numero: Gustavo Bouchard Vincenzo Buso - Augusto Armand Hugon - Dino Gardiol 'Teofilo Pons - Paolo Ribet Giorgio Tourn - Renzo Turinetto.
Tre nascite hanno allietato altrettante famiglie, quest’estate
in Val Germanasca; Sonia Pons,
di Guido e Alba, è nata alla Gardiola. Luca Coucourde, di Ferruccio e Ida (lei è di Ferrerò), è
nato a Inverso Pinasca e Renato
Ghigo, di Arturo e Olga, è nato
all’Eirassa di Ferrerò. Simona
Pascal, poi, di Gustavo e Irene, è
stata battezzata a Fontane.
Particolare significato assumono queste nascite, io penso, perché esse vengono tutte insieme in
anni e in luoghi in cui la gente
va perdendo ogni speranza per il
proprio futuro. Un bambino che
nasce dice, col suo primo pianto:
« Un futturo c’è, c’è ancora spazio per la speranza ».
• All’inizio di settembre si è
sposato Dillo Poet di Grangette
(Ferrerò) con una ragazza cattolica di Ferrerò, Rossana Preve.
Dopo il rito civile essi si sono
presentati alla comtmità valdese
durante il culto domenicale per
renderla partecipe della loro decisione. La comunità valdese li
ringrazia e nell’invocare su di loro le benedizioni di Dio chiede
loro di essere, nella costruzione
della loro vita insieme, un segno
per la crescita comune tra cattolici e protestanti verso il vero
Evangelo di Gesù Cristo.
• Martedì 12 settembre ha avuto luogo il servizio funebre del
nostro fratello Giulio Menusan,
maresciallo degli alpini a riposo. Era residente a Pinerolo, ma
ha desiderato essere sepolto,
con ammirevole sobrietà evangelica, nel cimitero di S. Martino, essendo originario di Traverse.
È pure deceduto il fratello
Francesco Menusan, di anni 79,
anch’egli originario di Traverse
e residente a Pinerolo. Le sue
spoglie mortali sono state sepolte a S. Martino.
Alle famiglie colpite rinno-'’iamo l’espressione della nostra
fraterna simpatia e della nostra
solidarietà in quest’ora di lutto.
• La comunità di Massello ringrazia il pastore Guido Mathieu
per aver presieduto il culto domenica 17 u. s.
• Nei giorni 16 e 17 settembre
abbiamo avuto il piacere di ricevere la visita della comunità
svizzera di Rolle, nel cantone
di Vaud, accompagnata dal past.
J. F. Rebeaud, che servì come
pastore a Milano. Sono state
delle ore di vera vita comunitaria, di arricchimento reciproco
che speriamo di poter rinnovare quanto prima.
• L’estate è anche tempo di incontri all’aperto ed anche tra di
noi se ne sono avuti diversi —
sette, per l’esattezza. Il tema generale era la Sindone e si può
dire che abbia riscosso l’interesse dei partecipanti (talora tra di
essi vi erano dei cattolici), i quali si sono detti pronti ora ad affrontare con maggiori conoscenze il dibattito coi cattolici sul tema delle reliquie. 11 prossimo
anno queste riunioni andranno
maggiormente pubblicizzate e
« sostenute » perché in esse si
può avere quel contatto fraterno
che durante l’inverno per forza
di cose si va allentando. Un discorso a parte si può fare per
rincontro del Colle delle Fontane che quest’anno ha visto una
settantina di partecipanti. È l’incontro di tutte le Chiese della
valle: si può e si deve fare in
modo che diventi un punto di riferimento per la vita (estiva) di
queste comunità.
L’estate è però anche (in montagna) tempo di lavori. È stato
rifatto un muro che sostiene il
piazzale antistante la chiesa di
Rodoretto e a Ferrerò sono stati
ripitturati gli interni del presbiterio (siamo sempre in attesa di
poter fare anche gli esterni). A
tutti coloro che hanno collaborato per questi lavori un grazie sincero — per ovvie ragioni non
possiamo mettere qui il nome di
tutti quelli che hanno dato il
loro lavoro — a tutti coloro che
invece non hanno collaborato
possiamo solo dire che i lavori
non mancano ed avranno tempo
di rifarsi.
Già l’esitate prossima è prenotata per i lavori da fare a Massello.
• La comunità si è stretta attorno ai familiari di Italo Stefano Bonjour, per lunghi anni
panettiere e titolare della rivendita di sale e tabacchi a Bobbio, ultimamente residente in
Francia. Egli è deceduto improvvisamente, mentre con alcuni conoscenti stava torrsando
verso Bobbio. Alla vedova e a
tutti i parenti rinnoviamo l’espressione della nostra simpatia.
L’ing. Ravazzini
in via
di guarigione
Il 5 settembre, al passaggio a
livello sulla provinciale Pinerolo-Torre Pellice, nei pressi dell’abitato del capoluogo di Luserna San Giovanni, avendo il
casellante lasciato alzate le sbarre, un’automotrice del treno
Torre Pellice-Torino investiva
violentemente un taxi che stava
transitando sui binari.
Dalle lamiere contorte venivano a fatica estratti gli occupanti dell’autovettura i quali venivano prontamente trasportati
all’ospedale civile di Pinerolo.
Tra gli occupanti era anche l’ingegner Vittorio Ravazzini, da
molti anni responsabile dell’Ufficio Tecnico della Tavola Valdese. Fortunatamente le sue
condizioni non erano gravi come erano apparse in un primo
momento. Apprendiamo con piacere che egli si sta rapidamente
rimettendo dalle conseguenze
dell’incidente e gli auguriamo
di poter presto riprendere il suo
servizio.
In costruzione
il nuovo ponte
di Bibiana
La Ditta Solles di Torino ha
vinto l’appalto per la costruzione del ponte di Bibiana, distrut. to dall’alluvione dello scorso
anno. L’appalto prevede un importo di 480 milioni e la Ditta
appaltatrice si è impegnata a
terminare i lavori entro 200 giornate lavorative. Il nuovo ponte,
che sorgerà leggermente più a
valle, sarà lungo oltre 100 metri e largo 10.50. Due marciapiedi laterali di metri 1,5 permetteranno un agile attraversamento ai pedoni.
Il nuovo ponte porrà così fine al disagio esistente, essendo
l’attuale ponte provvisorio vietato al transito degli autoveicoli
pesanti.
AVVISI ECONOMICI
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RINGRAZIAMENTO
La moglie e i familiari del compianto
Italo Stefano Bonjour
ringraziano di cuore tutte le gentili
persone e gli amici che con là presenza al funerale, con scritti, fiori e parole di conforto od in qualsiasi altro
modo, sono state loro vicine nel loro
grande dolore.
Un grazie particolare al Pastore S^.
Bellion per le sue parole di conforto,
alla famiglia Castellano di Bobbio Peliice.
Bobbio Pellice, 21 settembre 1978.
8
8
22 settembre 197&
FORn CONTRASTI PER L’APPOGGIO DEL CEC AL FRONTE PATRIOTTICO DELLO ZIMBABWE
Il vespaio ecumenico
della lotta al razzismo
Giunto a festeggiare il suo
trentesimo anniversario, il Consiglio Ecumenico delle Chiese
(CEC) sembra essere incappato
in una situazione piuttosto delicata. Una sua recente iniziativa
ha infatti suscitato una bordata
di proteste da parte di molte
chiese-membro ed una, l’Esercito della Salvezza, ha sospeso la
sua partecipazione. Evidentemente non si tratta di una cosa
assolutamente improvvisa, in
quanto da molto tempo il CEC
riceveva da varie parti segni di
insofferenza per il suo programma di aiuto alla lotta contro il
razzismo, di cui anche questo
giornale si è occupato a più riprese.
Storia di un
programma
Il programma per la lotta contro il razzismo, dotato di im
fondo speciale, alimentato con
contributi volontari e quindi non
con il normale budget del CEC,
è stato deciso nel 1969 in una
riunione del Comitato Centrale
tenutasi a Canterbury. La decisione di varare tale programma
era la conseguenza di una discussione durata vari anni, alla
quale avevano partecipato rappresentanti di quasi tutte le
chiese che compongono il CEC.
Già l’Assemblea ecumenica di
Evanston, nel 1954, aveva dichiarato che « ogni forma di divisione, che si giustifichi per la razza, il colore della pelle o l’origine etnica, è in contrastò con
l’Evangelo ». Sul programma in
sé, cioè su molte iniziative prese
dal Consiglio Ecumenico mediante studi, dibattiti, conferenze tese a formare un’opinione pubblica contraria al razzismo e a smasch^are forme latenti del medesimo, non vi sono mai state
opposizioni consistenti. Ma quando, appunto nel ’69, si decise di
affiancare a queste iniziative una
azione più concreta, diretta ad
aiutare e sostenere materialmente coloro che lottavano per la
realizzazione di quanto affermato in teoria, l'opposizione si manifestò immediatamente, benché
i fondi siano, per regolamento,
destinati unicamente « all’acquisto di viveri ed a programmi sanitari, sociali, educativi e agricoli ».
Ora, l’opposizione si è fatta
più evidente quando, il 10 agosto scorso, il Consiglio Ecumenico ha deciso di accordare la
somma di 85.000 dollari USA
(circa 68 milioni di lire) al Fronte Patriottico per aiutare le popolazioni dello Zimbabwe che si
trovano in esilio soprattutto in
Mozambico e Zaire.
Perché dunque il CEC ha stanziato questo fondo per il Fronte
Patriottico e non ha dato invece il suo appoggio anche, come
era avvenuto lo scorso anno, agli altri dug .movimenti di libe
Comitato di Redazione ; Bruno Bellion, Giuliana Gandolfo Pascal, Marcella Gay, Ermanno Genre, Giuseppe Platone, Paolo Ricca, Fulv'o Rocco, Sergio Rostagno, Roberto Sbaffi,
Liliana Viglielmo.
Direttore: FRANCO GIAMPICCOLI
Oirett. Responsabile : GINO CONTE
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Fondo di solidarietà: c.c.p. 2/39878
intestato a : Roberto Peyrot - Corso
Moncalieri, 70 - 10133 Torino.
Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175.
8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
razione dello Zimbabwe, di impostazione molto più moderata
e uno dei quali è guidato dal vescovo metodista Abel Muzorewa?
Come si sa, queste ultime due
organizzazioni fanno parte di un
« governo di transizione » insieme (o meglio; in collaborazione)
ai bianchi di Jan Smith. Il Fronte Patriottico aveva finora rifiutato ogni contatto col regime
bianco, finché questo non avesse
dato segni sicuri di accettare il
trasferimento del potere alla
maggioranza di colore. Gli accordi tra Smith ed i leaders moderati erano stati anche denunciati
come ima « manovra » dei bianchi per non concedere agli africani i loro diritti.
Analisi poiitica
Ed è proprio dall’analisi dei
documenti di questo accordo che
il CEC ha deciso il finanziamento
che è ora al centro delle polemiche. Secondo fonti ginevrine del
CEC questi accordi « lasciano
sussistere un controllo effettivo
della situazione da parte del regime minoritario bianco illegale
e gli concedono un diritto di
veto capace di bloccare ogni cambiamento reale nel prossimo decennio. Questi accordi non concedono, come sarebbe logico, un
voto per ogni persona; infatti il
mantenimento di voto preferenziale per i bianchi e un sistema
parlamentare fondato su principi
razzisti significa che il voto di
un bianco avrà almeno nove volte più peso decisionale di quello
di un negro. Inoltre alcune clausole particolarmente restrittive
di questi accordi fanno sì che i
bianchi conserveranno il controllo di punti chiave della società,
tali quello delle forze di sicurezza e della magistratura ».
« Dal marzo scorso — continua
ancora la nota del CEC — il regime ha intensificato la sua aggressione e la sua oppressione
nei confronti di coloro che si
oppongono a questi accordi, sia
sul territorio rhodesiano, sia nei
paesi confinanti dove molti oppositori si sono rifugiati ». A di
rnostrazione di questa affermazione il CEC ricorda attacchi
rhodesiani contro il Mozambico
e prosegue: « Gli accordi sono
in netto contrasto coi principi
sottolineati dalla proposta angloamericana formulata nel settembre 1911, dopo aver contattato
tutte le parti in causa. Queste
proposte contengono le seguenti
clausole:
— restituzione del potere da parte del regime illegale e ritorno alla legalità;
— un periodo di transizione regolare e pacifico durante il
1918, fino all’indipendenza;
— elezioni libere e imparziali
sulla base del suffragio universale di tutti gli adulti, nel termine di sei mesi dal momento del ritorno alla legalità;
— una costituzione indipendente
che preveda un governo eletto democraticamente, l’abolizione della discriminazione
razziale, la protezione dei diritti individuali dell’uomo e
l’indipendenza del potere giudiziario.
Queste dichiarazioni sono in
accordo con le reiterate affermazioni del CEC sullo Zimbabwe e
forniscono una base utile per
qualsiasi negoziato tendente d
por fine alla guerra che sta rápidamente trasformandosi in una guerra implacabile e generalizzata ».
Da posizioni più moderate
(nella critica), il CEC viene anche accusato di non esercitare
nessun controllo sui fondi da esso stanziati, che quindi verrebbero — così si dice — utilizzati
non solo per i fini indicati, ma
direttamente per finanziare la
guerriglia che in questi ultimi
tempi ha assunto toni decisamente intensi. Il CEC, che ha illustrato le sue posizioni nella recente conferenza sul razzismo
organizzata a Ginevra dall’ONU,
sostiene che si tratta qui di un
« nuovo rapporto fondato sulla
fiducia ». Nello stesso documento il CEC ripropone il problema
dell’uso della violenza riconoscendo la legittimazione biblica
e teologica del pacifismo. Tuttavia ritiene « necessario spingere
i non-pacifisti, che contestano per
gli oppressi il diritto alla lotta
armata, a definire esattamente
che cosa sia violenza ed a chiarire perché essi contestino ad altri il diritto di usare strumenti
che considerano legittimi nelle
proprie mani ».
La recente Conferenza di Lambeth, che riunisce tutti i vescovi
della chiesa anglicana, ha reagito anch’essa di fronte a questa
questione e, sebbene molti vescovi abbiano protestato per l’aiuto
concesso ad un movimento che
pare voglia giungere al potere
mediante le armi rifiutando ogni
forma di elezioni democratiche,
ha dato il suo appoggio al CEC,
sia pure invitando il CEC stesso
a considerare « con grande attenzione i problemi che nascono
dal messaggio di Gesù contro
ogni forma di violenza nei rapporti interpersonali ». Un membro del Comitato Centrale del
CEC aveva fatto notare che il
programma di lotta al razzismo
è solo un aspetto, e relativamente piccolo, del lavoro del CEC.
Situazione confusa
Intanto fonti di informazione
italiana comunicano che qualcosa si muove anche all’interno del
Fronte Patriottico. Recentemente uno dei leaders di tale organizzazione, Joshua Nkomo, avrebbe avuto un incontro segreto
con il premier rhodesiano Jan
Smith. Nkomo ha dichiarato di
essere pronto ad ulteriori incontri, se Smith accetterà di trasferire il potere al Fronte patriottico. Le valutazioni di questi nuovi elementi sono diffìcili; certo è
che questo significa probabilmente una frattura all’interno
del Fronte stesso, dove pare probabile che una parte non accetterà di trattare con Smith.
Gli sviluppi della situazione ci
diranno se Nkomo si è lasciato
aggirare da Smith ed è stato
coinvolto in una azione i cui contorni non sono del tutto chiari,
come era stato prima per Muzorewa, oppure se Smith si rende
conto di non avere altra scelta
che quella di passare veramente
il potere alla maggioranza di colore e cerca di condurre in porto questa iniziativa col minor rischio possibile, concedendo per
tempo quello che comunque non
potrebbe negare più a lungo.
Bruno Bellìon
[
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio
ViolaJ
Iran: legge marziale
-k In brevissimo tempo, cioè
dal giorno della stesura del nostro precedente articolo su questo settimanale, la situazione
politica nell’Iran è precipitata.
Lo scià, il tiranno fascista (come abbiamo scritto), non è stato più in grado di far fronte alla rivolta popolare con nuove
blandizie, cioè cercando di placarla con nuove concessioni di
liberalizzazione, ed è ricorso alla forza promulgando la legge
marziale. Egli ha indubbiamente una grande, una terribile
esperienza e una diabolica abilità in fatto di repressioni, ma
«l’insieme dei fattori» (sociali
ed economici soprattutto) « gioca in suo sfavore ».
« Ma c’è un altro fattore, di
grande peso, che lavora invece
per lui (si legge neH’articolo di
testa de "L’Espresso” del 17 c.):
si tratta dell’esercito. Negli ultimi anni, gran parte dei petrodollari persiani sono stati investiti per potenziare le forze armate del paese fino a farne la
quarta potenza militare del mo -do. E un esercito professionale,
ad alto livello di specializzazione, e presumibilmente dotato,
nei suoi quadri più alti e tecnicamente più aggiornati, di personale impaziente di far carrie
ra e di "contare” politicamente.
È probabile che questo tipo di
leadership militare non sia stato estraneo sia alla decisione di
oroclamare la legge marziale »
(non ci pronunciamo però sul
grado di questa probabilità affermata dall’articolista), « sia alla particolare durezza con la
quale essa viene applicata. A
conferire forza ed aggressività a
questo complesso militar-imperiale che sembra dominare nell’Iran odierno, c'è poi una situazione internazionale tra le più
inquietanti per il paese, che le
vicende recenti dell’Afghanistan
hanno dislocato nell’immediato
confine del mondo comunista.
L’esercito (come capita sempre in casi analoghi) è il fulcro
del potere. Se esso resterà fedele al regime vigente, esso non
potrà temere insidie. La tirannia
dello scià diventerà più rigorosa, assumendo aspetti "alla Pinochet”, e scene come quelle di
venerdì 8 c. potranno far parte
integrante del panorama politico persiano. Un ritorno di fiamma para-liberale, da parte del
sovrano, oltre ad essere difficilmente ipotizzabile, si scontrerebbe oggi contro quell’ "armée
de metier” che egli stesso ha
eletto a pilastro fondamentale
del proprio Impero. Insomma:
la tragedia continua ».
A questo proposito, non possiamo fare a meno di considerare, con infinita tristezza, la
politica che gli USA hanno assunto, e tuttora perseguono, di
fronte alla tragedia iraniana.
« Quando, nel gennaio scorso, il
presidente Carter visitò Teheran, l’opinione mondiale fu stupefatta nel sentirgli dichiarare
che egli provava per lo scià “un
sentimento di gratitudine e d'amicizia personale" più profondo
che “per ogni altro dirigente", e
che il sovrano iraniano "condivideva i suoi modi di vedere cir
ca i diritti dell’uomo” (...) » (da
« Le Monde » del 12.9.’78).
In realtà (continua « Le Monde ») « gli avvenimenti dell'Iran
gettano gli USA in uno stato di
inquietudine senza fondo. Ma
non senza fondamento! Infatti
non è esagerato dire che il posto e il ruolo che l’Iran occupa
nell’insieme delle concezioni
strategiche americane, supera di
gran lunga quello d'un qualsiasi
"satellite” privilegiato. Tutta la
politica USA, dal Mediterraneo
al golfo del Bengala, riposa sulla capacità dello scià di restar
padrone d'un sottile gioco di
politica estera: tener a bada sia
l’URSS che la Cina, proteggere
virtualrriente i potentati petrolieri vicini, arbitrare (quando occorra) le rivalità di questi, tutto un gioco che suppone, all'interno, un’autorità' inflessibile.
Una simile posizione di dominio, in una regione del globo sospesa in condizioni d’equilibrio
precario, spiega il fatto che il
regime di Teheran si sia. conquistato particolari diritti da parte
degli americani ». Sono diritti a
rifornimenti giganteschi di armi
fra le più moderne e più micidiali, oltre che ad aiuti economici di tutti i tipi, diritti « che
non si accorderebbero semplicemente a degli “uomini forti” la
cui caduta, come nel Nicaragua,
non fa temere una serie di effetti a catena ».
Ora Carter si è affrettato ad
assicurare il proprio pieno sostegno allo scià: triste, sciagurata assicurazione!
Teologia
e Terzo Mondo
(segue da pag. 1)
za popolare. Un tempo eravamo
abituati a liquidare con giudizio
sommario come « paganesimo »
tutto ciò che secondo noi non
era cristiano; oggi stiamo imparando a andare più cauti e, prima di giudicare, vorremmo conoscere e capire. Comunque, convocando la propria commissione
teologica in India, il movimento
ecumenico dimostra di voler raccogliere questa doppia sfida e tenerla in debito conto neH’impostazione e nello svolgimento del
proprio discorso. Il che, a Bangalore, è cominciato ad accadere.
PRIMATO DI FEDE?
Ma forse c’è un terzo motivo,
più di fondo anche se meno facile da esplicitare, che può aver
suggerito la scelta di un paese
del Terzo Mondo e dell’India in
particolare: il presentimento
che il cosiddetto Terzo Mondo
— « terzo » sul piano dello sviluppo economico e scientifico —
stia diventando o sia già diventato « primo » sul piano della
fede! A questo proposito non sì
può non ricordare che non molto tempo fa due martiri cristiani occidentali hanno rivolto uno
sguardo di speranza proprio all’India. Martin Luther King la
visitò nel febbraio del 1959, dichiarando al suo arrivo: « In altri paesi andrei come turista ma
in India giungo come pellegrino ». Era un pellegrinaggio nella
patria della non-violenza applicata alla lotta politica; i cristiani,
secondo King, dovevano imparare la lezione di Gandhi.
Quasi trent’anni prima, D. Bonhoeffer aveva ripetutamente espresso il desiderio di conoscere
l’India da vicino. Nell’ottobre
del 1931 scriveva aH’amico H.
Rossler: « Vorrei ancora vedere
un grande paese — l’India — da
oui forse verrà la grande soluzione; altrove infatti tutto sembra finito, la grande morte del
cristianesimo sembra imminente. Forse la nostra epoca è al
tramonto e TEvangelo sarà dato
a un altro popolo e predicato
con parole e atti del tutto diversi... ». In una lettera del gennaio 1934, da Londra, Bonhoeffer
ripete il suo desiderio di andare
in Oriente e in India prima di
rientrare in Germania, « dato
che mi convinco ogni giorno di
più che in Occidente il cristianesimo si sta esaurendo — comunque nella sua forma attuale e nella sua interpretazione
tradizionale ». Nel maggio dello
stesso anno confida a sua nonna
il progetto di recarsi in India e
precisa: « Ultimamente mi sono
molto occupato dei problemi di
laggiù e credo che vi si potrebbe
imparare cose molto importanti.
Comunque mi sembra talvolta
che nel « paganesimo » di laggiù
vi sia forse più cristianesimo che
in tutta la nostra chiesa del
Reich. Del resto il cristianesimo
è d’origine orientale e noi Tabbiamo talmente occidentalizzato
e sostituito con considerazioni
di piira « civiltà » che l’abbiamo
quasi del tutto perduto, come
appunto oggi vediamo ».
Il sogno di Bonhoeffer di recarsi in India non si avverò mai:
ai siioi amici (K. Barth compreso) il progetto parve stravagante, nulla più che un capriccio, e
tutti cercarono di dissuaderlo;
ma più che gli amici furono il
precipitare degli eventi in Germania e la necessità di consolidare la resistenza ecclesiastica
a Hitler che indussero Bonhoeffer a rinunciare definitivamente
aH’idea. Ma questo suo desiderio
resta significativo: esso esprime
la convinzione che l’Occidente
cristiano, da solo, non ha la forza interiore necessaria a vivere
fino in fondo TEvangelo del Sermone sul Monte e in particolare
a praticare forme efficaci e collettive di resistenza non-violenta
al potere tirannico. L’eredità di
Gandhi non è stata raccolta in
Occidente, tranne che da pochi
gruppi, e oggi trova pochi seguaci persino in India. Ma verrà il
giorno in cui dovremo fare i conti con essa. Solo allora comprenderemo perché M. L. King è andato in India non come turista
ma come pellegrino e perché D.
Bonhoeffer ha tanto sperato di
poter visitare quel paese « da
cui forse verrà la grande soluzione ».
Paolo Ricca
(1. Continua).