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LA BllOi\A JOVE^LLA
GIORNALE RELIGIOSO
l>UEXXO ITASSOMA*lOXE
Torino, per un anno . . . L. G »
» per sei mesi ... » 4 »
Per le provincie e l’estero franco sino
ai confini, un anno . . L. 7 20
per sei mesi
S 20
La direiiónc della liUOiVA NOVELLA è
ia Torino, casa Bellora,-Via del Valentino, n" 12, piano 3".
Le assuciazioni si ricevono da Carlotti
Bazzarini e Comp. Editori Librai in
Torino, via Nuova, casa .Melano.
GU Associali delle Provincie potranno provvedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alla ditta sopradetta.
Origini e dottrine della Chiesa Valdese decimoquarto). — Regula Fidei —
Una Conversione. —Il Miracolo. — Rivista critica della stampa clericale ! Il Giuramento. — Notizie religiose : — Firenze. —* Francia. — Cronachetta politica.
OIUGIM E DOTTRINE l)Ell\ CHIESA V ALDESE
I Valdesi del Piemonte. —Non potuti prender di
mira dai concili de' secoli xil e XIII. — Tre
scrittori di qiic’ secoli. — Combattono i Valdesi.
— Non però quelli di Piemonte. — Chi erano
i Valdesi delie altre parti. —~ Come e perchè
furono calunniati e perseguitati. R«la2Ìofl1
che potevano avere con quelli del Piemonte.
Il titolo di Valdese c anteriore a Pietro Valdo.
— Testimonianze autorevoli e storiche. — L^«ri<
gine dei Valdesi d'Italia risale ai tempi apostolici.
250. Che i Valdesi condannati da
Alessandro III, e poi da Lucio III e
da Innocenzo III. non fossero atfatto
quegli stessi a cui davasi lo stesso
Articolo decimoquarto.
nome di Valdesi nelle valh dell’ Alpi
in Piemonte, si fa manifesto dalle seguenti considerazioni:
1" Gli atti che ci rimangono dei
Concilii presieduti da questi papi e
condannatori dei Valdesi o degli Eretici, solto il cui nome pretendono alcuni che si debbano intendere i Vaidesi, come Patarini, Catari (ossia
puri), Insabbatati (ossia calzati con
zoccoli), Albigesi (ossia d’Alby, città
della provincia della Linguadoca presso Tolosa), nel descrivere i luoghi.
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dove la contagione di questi eretici si
era largamento diffusa, parlano della
Provenza, della Guascogna e d’altri
luoghi di Francia, e parlan pure della
Lombardia senza acceimare affatto le
valh del Piemonte. Ora la Nobla
Leisson in lingua romanza, i cui manoscritti originali si conservano ancora nella università di Cambridge ,
porla la data del 1100, come abbiam
veduto (184). La Nobla Leisson è
tutta cosa dei Valdesi del Piemonte,
e parla del titolo di Valdese, come
già comunemente in voga qual termine
di disprezzo verso chi si facea coscienza di osservare a rigore la legge
evangelica. I concilii adunque e i
papi, che ebbero cura d’indicare i
paesi dove erano pullulate le eresie
condannate da loro, e non fanno alcun motto d’ alcuna parte del Piemonte, non presero punto di mira,
come pare, i Valdesi del Piemonte;
o nascesse ciò dal vivere che questi
facevano affatto lontani dalle brighe
e fazioni del mondo d’allora, o più
veramente dall’ignorarsi in Roma che
un’eletta di fedeli italiani, anche dopo
la generale soggezione delle Chiese e
de’ vescovi, continuava a vivere nella
primitiva indipendenza e libertà apostolica, non riconoscendo altra regola
nè altra autorità che la parola di Dio.
2" Gli scrittori contemporanei di
que’ concilii e papi, discorrendo gli
errori e la perversità dei Valdesi, usano
un così confuso linguaggio, che non
è possiljile a discernere se ragionino
dei Patarini o degli Albigesi, o dei
Catari, il fatto è che sotto il nome di
Valdesi dicono e ripetono sempre di
comprendere gli eretici dei tempi loro,
e li accusano di tutti gh errori e le
colpe onde sono stati accusati gli eretici dei tempi anteriori sì nelle chiese
d’Oriente, come in quelle d’Occidente,
Del secolo xii abbiamo tre scrittori che impresero a confutare i
Valdesi, e sono Eberardo, Bernardo
abate di Foncaldo, ed Erniengardo.
Le cotestoro opere contra Waldenses
sono inserite nel Tomo XXIV della
Biblioteca de’ Padri, e le diede per la
prima volta alle stampe nel 1614 il
P. Gretsero. Tutti e tre menan colpi
sul capo dei Valdesi, usando questo
vocabolo per significare eretici : tut ti
e tre li accusano dì differenti opinioni
talor contradditorie , ma nissuno allude nemmen da lontano ai Valdesi
del Piemonte.
Eberardo osserva che alcuni si
nomavano da sè Yallesi, perchè si
riguai’davano come stanziati in questa
valle di lacrime che è la presente vila :
Vallenses se appellant eo quod in valle
lacrymarum maneant, cap. XXV.
Li accusa poi di opinioni e dottrine
affatto opposte alla Nobla Leisson,
come, a cagion d’esempio, di non co«'
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fidar nella fede, ma solo nelle opere;
di escludere dal paradiso le donne ;
di attendere a guadagni usurai; di
negare la risurrezione dei corpi. Infine consacra l’intero capitolo XXVI
a tessere il catalogo di tutti gli eretici, incominciando da Ario, e venendo fino a’ tempi suoi come per indicare al lettore, che questi tutti erano
i Valdesi coinbattuli e confutati da
lui. Laonde è più che dimostrato che
egli per Valdesi intende eretici di qualunque setta, e .non s’incarica per
nulla di quei cristiani d’ItaUa, che per
la severità della loro condotta evangelica erano bensì dileggiati col titolo
di Valdesi, ma nulla aveano di comune con quelli di cui parla Eberardo.
Così anche a’ nostri di si chiama rigorista 0 giansenista fra i cattolici
romani chi menu una vita austera,
benché uon divida affatto le dottrine
della scuola gianseniana. Cosi gl’ ignoranli chiamavano tempo fa framassone o carbonaro ogni cittadino
dabbene che amava la patria, e desiderava istituzioni liberali e civili.
Bernardo, abate di Foncaldo, comincia il suo trattato adversus Yaldensium sedani, avvisando il lettore
che intende parlare di quegU eretici
sorti ai tempi di papa Lucio III, e
chiamati con nome profetico Vatdcnses da Valle densa {riimirum a
Valle densa), quasi'a mostrare le te
nebre dell’errore in cui sai’ebbero caduti. Li rimprovera che permettessero la predicazione alle donne, che
amassero meglio pregare dentro le
stalle e nelle case che non in chiesa,
e li chiama in colpa di fare a ritroso
di tutto ciò che Iddio ha ordinato
nella Santa Scritlura. Ognuno che
abbia presente la Nobla Leisson,tosto
s’accorge che nemmeno questi sono
i Valdesi del Piemonte. Devesi poi
anche, a rigor di logica, dedurre
che il vocabolo Valdese nel xii secolo aveva significazioni totalmente
diverse ; perchè dove Eberardo ci
narra che i Valdesi negavano il paradiso alle donne, qui Bernardo ci
dice che i Valdesi consentivano il
ministero pastorale anche alle donne.
Ermengardo infine contra Valdensimn sedani procede come fossero
manichei, e si sbraccia a provare la
fallacia del principio di due divinità.
Li tratta anche da Saducei nel capitolo XVI, perchè negavano la risurrezione della carne. Il curioso è che
volendo egli dimostrare la realtà del
corpo e del sangue di N. S. G. C.
nel sacramento eucaristico, si contradice in modo evidente e confuta se
stesso. Imperocché stabilisce che le
parole di Cristo sono infallibili. Or
avendo egli detto {Math. 26, Marc.
14, Lw. 22, do. 6) che ci dava maii’
giare e ben' se stesso, dobbiamo,
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conchiude, assolutamente credere che
sia così. E in conferma cita appunto
qua’ testi evangehci, dai quah impariamo che non sempre vanno intese
alla lettera le parole di Cristo ; Ille
enim dixit- Eyo sum ostiurn.... Ego
sum pastor bonus.... Ego sum panis
mvus.... Ego sum vitis.... Ego sum
via (poiché egli ha detto ; lo sono una
porta.... Io sono un buon pastore....
Io sono un pane vivo.... Io sono una
vite.... Io sono una strada). Come
dunque dobbiamo evidentemente pigliare in senso metaforico queste
espressioni, dovea l’autore inferirne
che similmente vanno prese le altre
espressioni: questo è il mio corpo,
questo è il mio sangue. In quella
vece pretende se ne abbia ad inferire
tutto l’opposto, il che quanto possa
consuonare colla logica, lasciamo lo
giudichino i nostri lettori.
Noi intanto dalle addotte testimonianze di questi tre autori del xu secolo ricaviamo che per Valdesi allora
s’intendevano tutti quanti gh eretici
antichi e nuovi, ossia tutti coloro che
si volevano far passare per eretici, e
di conseguenza potean benissimo i
fedeli delle antiche chiese d’Italia, che
si erano ristretti in Piemonte, essere
anch’essi scherniti e condannati dal
mondo per Valdesi, ma non potevano
essere mai presi principalmente di
inira nelle condanne conciliari e pon
tiiìcie, perchè ivi (secondo gli autori
de’ tempi) o Taldesi, o Albigesi, o
Patarini, o Catari, o Insabbatati,
ecc.., non significavano che eretici e
manichei, ossia gente contraria alla
chiesa (e per chiesa intendevasi quella
di Roma) e condannata già daire
leggi, e degna di essere sterminata.
5° Supponendo che i Curiali di
Roma fossero di buona fede entrati
nelle vie delle usurpazioni per innalzare il potere sacerdotale su tutte le
podestà della terra,, persuasi che dovesse ciò farsi per la maggior gloria
di Dio e della sua Chiesa, era senza
dubbio agli occhi loro un delitto, anzi
il maggior dei delitti l’opporsi all’adempimento dei loro disegni. Questo
delitto gravissimo era già stato ne’secoh anteriori qualificato col nome di
eresia-, i codici dei regnanti e le prescrizioni conciliari de’vescovi l’avevano già sentenziato ai maggiori supplizi. Non mancava, a riuscir nell’intento, che dichiarare eretici tutti i
cristiani di qualunque ordine o dignità
ecclesiastica e civile, che ostassero
alla giurisdizione amplissima dei vescovi di Roma, e dichiararli incorsi
nelle pene tutte già fulminate contro
le sette già colpite dal rigor delle
leggi. Ciò dovean fare secondo il loro
sistema, e ciò fecero in questi infelicissimi tempi i Curiali, e sotto nome
di Manichei ed Eretici perseguitarono
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a maa salva tutti indistintamente i
cristiani, in cui vedevano o temevano
oppositori all’ambita supremazia del
mondo (212. 2282- Non è dunque a
cercare qual veramente fosse la tale
0 tal altra eresia, che veniva condannata in questo concilio e in quello.
Tutto, anzi l’unico pensier de’Curiali
era che nelle grossolane menti de’popoli s’imprimesse il più grande orrore
possibile dell’ere.««!: intendessero o
no ciò che veramente fosse eresia,
non importava ; forse giovava meglio
all’ uopo uq’ idea confusa e incomprensibile. Chi esamina attentamente
le espressioni metaforiche, e spesso
anche bibliche, con cui i Curiali studiarono a partorire nel volgo avversione ed odio contro chiunque pensava diversamente da loro, si avvede
subito da die basse e prave intenzioni
movesse quel finto zelo che li faceva
parlare e scrivere. Le sante Scritture
c’ insegnano che Iddio non cerca nè
vuole la morie del peccatore, ma che
si converta e viva ; essi al contrario
ne agognavano lo sterminio e la morte,
e poco 0 nulla curavansi dì conversione. L’importante per essi era di
distruggere gli avversari, di qualunque paese e pensare si fossero;
di qui la facilità con cui condannavano eretici a centinaia , a migliaia, a paesi, e a città, e a provincie, come accadde degli Albigesi,
contro cui suscitarono un furor di
crociata, che riempì di strage e di
sangue la Provenza e la Linguadoca,
e fece numerose vittime in Francia,
in Alemagna e in Italia.
Se voi, dopo Ietto questi orribili
tratti d’inumanità commessi per opera
e istigazion dei pontefici di Rortia,
amate conoscere precisamente i rapi
d’accusa che militavano contro gli
eretici, e interrogate gli scrittori ec, clesiastici, o controversisti o storici,
vi diranno ad una voce che nel cuore
di quegli eretici si annidavano tutti
quanti i peccati e i delitti che furono
mai Immaginati e commessi da Caino
a Giuda, e che ogni supplizio di ferro
e di fuoco verso cotesti scellerati non
è mai tanto che basti. Con queste
iperboliche dicerie se n’escono senza
sapervi mai precisare una sola, solis*
sima colpa, un solo delitto.
Ogni uom che ragiona deve dunque tener per sospetli! le reIaz.ionì
tutte che ci rimangono delle eresie e
degh eretici di que’ tempi, e riconoscere che tutta la persecuzione contro
lor proveniva dall’ essere avversari
aperti e dichiarati dell’ambizioso sistema d’universale dominio, che erasi
incarnato nell’ ossa dei Curiali ecclesiastici di Roma.
Ora abbiam veduto che i Valdesi
del Piemonte si tenevano affatto in
disparte dalle contese dei tempi, vi-
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vendo nella semplicità del Vangelo.
Non erano dunque così in vista dei
Curiali che dovessero in quel primo
impeto essere fatti segno alle loro
vendette, e siccome concili e papi nel
condannare Patarini, Catari, Albigesi, Manichei e Valdesi non danno
indizio di mirare al Piemonte, è assai
verosimile che in quelle condanne papali non fossero avviluppati.
231. Certamente i Valdesi del Piemonte erano perfettamente d’accordo.^,
in massima con tutti i cristiani, che
avversavano l’invasione ogni dì crescente e minaccevole del papato iu
Europa-, e forse di buon grado accoglievano sempre con fraterno ample.sso i fedeli perseguitati e fuggitivi
sotto qualunque nome venissero. Queslo ha potuto forse in processo di
tempo fornire qualche apparente pretesto agli scrittori papali per confonderli con tutti gli eretici curialescamente inventati e creati e condannati
nei secoh xii e xiii.
232. Non é congettura affatto improbabile che Patarini, e Catari, e
•poveri di Lione si rifugiassero da
loro, e servissero cristianamente Iddio con loro in perfetta libertà di spirito- Anzi trovandosi fra le colpe
degli Albigesi registrate dagli autori
cattolici cui-iali anche quella di aver
disseminato nel popolo molte versioni
della Bibbia in lingua volgare, è più '
che probabile che fossero essi pure
buoni cristiani come i Valdesi, e non
avessero come loro altra regola di
fede che la parol^di Dio.
233. Quello che non possiamo con
verun’ ombra di giustizia ammettere,
è che i Valdesi del Piemonte avessero
origine da Pietro Valdo di Lione. È
notevole l’astuzia colla qu<ile gli autori ecclesiastici romani (quelli però
che scrissero dopo la riforma del secolo XVI 0 sullo scoppiar della medesima verso i tempi di Gio. Hus; perchè
gli anteriori li hanno sempre chiamati
Manichei o seguaci di eresie antichissime) hanno con pertinaccia tentato
d’insinuare nell’animo dei mal accorti
lettori, che questi fedeli delle primitive chiese d’Italia non erano che un
avanzo dei seguaci di Valdo. Anche
vari autori protestanti caddero per
inavvertenza nello stesso errore. Oggi
però quelli altresì che procedono a
tutto rigor di critica, trattando le origini della chiesa Valdese confessano
col tedesco sig. Ilahn autore della
Storia degli eretici del Medio-Evo
stampata a Stuttgard nel 1847, che
settanl’anni prima che nascesse Valdo erano già conosciiiti i Valdesi del
Piemonte.
254. Se Valdo avesse mai dato
nome ai fedeli delle valh piemontesi,
non poteva questo acca<lerc prima
della sua condanna e della dispersio-
7
— hl'i) —
ne, die ne segui de’suoi aderenti ; perdiè allora solo diventò famoso, e usci
di patria. Or l’ardvescovo di Lione
lo condannò in concilio l’anno 1172;
che vai quanto dire verso la fino del
secolo decimosecondo. Ma gli scrittori anche papali parlano già dei
Valdesi sul principio di queslo secolo
siccome ne fanno fede Eberardo, Bernardo ed Ermengardo (230) e si può
aggiungere il frale Tonson che li
chiamò Patarini. ¿.dunque un anacronismo il volerli far derivare da Valdo.
255. Senzachè non consta che
abbia inai egli avuto comunicazione
alcuna coi Valdesi d'Italia, perchè gli
autori che ci parlano di lui ci allermano che ritirossi in Piccardia e poi
nelle Fiandre.
25G. Morto lui prima dell’ anno
1179, come attesta il ragguaglio lasciatoci da Guglielmo M;ippeo, la
maggior parte de’ suoi discepoli si
sparse fra gli .\lbigesi, che esistevano
prima di Valdo, comesi può rilevare
dal sermone 65 di s. Bernardo sopra
i cantici.
237. Infine i suoi seguaci, benché
abbiano cogli allri eretici del tempo
avuto anch’essi il titolo di Valdesi,
come quello di Patarini, di Manichei ecc, ecc., si distinguevano veramente con quello di poveri di Lione,
0 insabatati, perchè secondo gli storici papali, tutto induce a credere, che
camminasser co’ zoccoli, e vivessero
poveramente e in comune alla guisa
dei frati mendicanti o dei frati umiliati, e forse l’ab. d’Usberga parlò
particolarmente di loro, quando chiamò istituto o ordine monastico la
setta dei Valdesi. Cou lui consente
pienamente anche frà Guidone carmelitano, che cambia i Valdesi in
frataglia, a cui attribuisce i delitti di
convento (V. Coll, del P. Labbé).
258. I Valdesi del Piemonte sono
affatto immuni da ogni odor di convento; non iianno mai conosciuto
Pietro Valdo di Lione, il ijuale da
buon cristiano qual era nou li avrebbe certo disonorati, quando gli fosse
piaciuto di trattenersi ad abitar nelle
valli dove non vi ha memoria che
mai capitasse : né avevano bisogno
d’imparar nulla da lui nè da altri in fatto di religione. Perciocché
iìn dai tempi apostolici quegl’Itahani
avventurosi possedevano e conservavano intatta l’unica vera norma e regola di fede nel vangelo di Cristo, a
cui solamente s’inchinano come autorità religiosa, e divina.
KECiUliA FIDEI.
Dai torchi della Tipografia Sociale
A. Pons e C. di Torino, è uscita io luce
una stupenda operetta intitolala Regula
/'’il/it (Regola della fede), scritta allo scopo
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di mettere in onore e io desiderio la leitura delle Sacre Scritture, dimostrandole
regola unica di fede per ogni cristiano. Chi
si lasci vincere dalle ragioni, non vediamo come possa contradire alla chiarezza
delle prove, alla potenza del raziocinio,
alla copia di erudizione, alla evidente
virtù del vero, onde l'illustre autore combatte la dottrina di coloro, che accettano,
coinè verità divina superiore ad ogni controversia, le credenze che si dicono insegnate oralmente dagli apostoli, e per
le opere dei padri tramandate fino a noi.
Egliinfatti porgendo dapprincipio chiara
e netta definizione della tradizione apostolica secondo il canone del Lirinese,
disamina le dottrine de’tre primi secoli
trasmesse dai pochi scrittori ecclesiastici,
che ebbero que’tempi oscuri e fortunosi;
e tra per le materie cbe trattano, e la
dubbiezza dei testi falsificati, e il pochissimo che hanno scritto conistrana varietà
di dottrina, li forza a conchiudere non
potersi trovare in essi documento certo
del consenso dell’intiera chiesa, cbe riconoscesse quelle dottrine venute dagli
apostoli. Discorre quindi pei concilii, ed
ivi quanto battagliare, e come vario, e
pa.ssionato, e spesso uscente in contradittorie definizioni, sempre funeste alla pace,
cd alla unità della chiesa! E poi ferivano
di anatemi, e poi odiavano, e poi aspreggiavano, e in luogo della concordia, nuova
guerra mettevano, e fieri dissensi, e irreconciliabili ire, e scismi, e sette infra i
cristiani. Se in fatto di morale, e di disciplina concederemo, che meritassero
bene degli uomini le adunanze generali
della cristianità; in opera di fede, diremo
di loro con Ilario di Poitiers che uscendo
dalla semplicità delle scritture per ispie
gare in modi umani de’misteri ineffabili
combatterono per vanità di parole, e folleggiarono in vuoti discorsi.
Succedono i padri, pretesi depositarli
delle dottrine apostoliche: ma tu getteresti indarno la fatica, se pensassi farli
concordi tutti iu un solo articolo fondamentale di fede. Trovi dissenso fra loro
anche in verità che crediamo tenere chiaramente dalla parola divina: chi di loro
nega la divinità a Cristo, e chi allo Spirito
Santo, chi disdice la validità del battesimo
dato dagli eretici, e chi combatte la dottrina del peccato originale : in tanto varie
opinioni si dividono, che non incontrasi
per avventura eresia condannata, la quale
dell’autorità di qualche padre della chiesa
non possa farsi puntello a’suoi errori. Non
si pensi però che l’autore condanni lo
studio dei padri, e nessuna riverenza porti
alle loro dottrine: che anzi li vuole in
onore, ed egli è primo ad inchinare quel
nobili ingegni del cristianesimo, che fecero
amica la scienza alla rivelazione, e combatterono pe’grandi veri, e fulminarono
gli errori, e obbligarono il raziocinio a
patire la signoria della fede. Volerli però
tenere a maestri infallibili di verità divinamente rivelate, metterli a pari autorilà
de’libri divini, crederli tutti consenzienti
in un deposito di dottrine tramandate
oralmente dagli Apostoli a tutte le età
della chiesa, è ciò che non potrai consentire, quando, senzachè la passione ti faccia
velo alla mente, tu legga questo prezioso
libretto.
Discordi nel resto tutti i padri in una
sola dottrina convengono, di mettere nelle
mani dei fedeli la Sacra Scrittura, e loro
raccomandarla, come unica fonte di fede,
c regola certa di verità. Tutli vengono in
9
questa concordia, alla qualeè strano che si
neghino i moderni pasturi caUolici, i quali
quasi lettura pestifera la tolgono, e proibiscono ai fedeli. In questa seconda parte
dell’operetta, escluso il preteso deposito
delle tradizioni apostoliche, entra l’autore
a dimostrare la sicura certezza che ci porgono i libri rivelati : egli penetra veramente la questione fino al fondo, e dichiara queslo vero per dimostrazioni siffatte, e scioglie le difficoltà, e dissigilla
gli occhi a’Iettori per forma, che in mente
schietta e pura da spirilo di parte nou può
restare neppure 1’ ombra del duhhio a
farne incerto il trionfo. Forte e incrollabile è veramente il convincimento di questo scrittore, piena la sua fidanza nella
parola divina, se tanta evidenza seppe
mettere in questo dettato, e tanta tragittarne neiranimo del lettore.
Queste parole sono troppo scarse a
raggiungere la meraviglia che ci vinse
nella letlura di questa operetta ; desideriamo almeno, che ne’noslri lettori ingenerino il desiderio di leggerla : cerio ne
porteranno giudizio eguale, ed eguale
vanlaggio. Agli avversarii, se sorgeranno,
riuscirà agevole maledirla, ma confutarla
non potranno giammai.
VIVA C0XVERSI09ÍE
11 fatto seguente leggesi nel giornale
Les Archwes du ChrisHanifìme.
« Una giovinetta di molto spirito e fervorosa cattolica, direttrice di un pensionato di molto grido, e figlia di un allo
impiegato della pubblica istruzione, erasi
posta all’impresa di convertire alla religione del papa una dama inglese. Sor
presa di sentirla sempre citare la Bibbia
contro ii cattolicismo papale, si procurò
ella pure una Bibbia tradotta e commentala dai Sacy, per cercarvi armi conlro
de’ Protestanti. Ne tenne proposito col
suo confessore, che in bella maniera cercò
dissuaderla da questo progetto ; ella era
però così infuocata dal desiderio di convertire l’eretica, cbe il confessore non
osò proibirle apertamente di dar mono
alla Bibbia, e non le disse nemmeno nou
essere mai queslo il modo con cui si possa
riuscire a convincere un’aniraa protestante. Postasi ella dunque a leggere attentamente e sul serio la divina parola con animo d’apprenderne il senso elo spirito, le
avvenne ciò che il confessore temeva, ed
era facile a prevedersi. Benché non avesse
mai veduto faccia di teologo, nè alcun pastore evangelico, ella divenne protestante
di cuore per sè, e quando fu ben ri-»olula
di non abbracciare altra fede che quella
che le veniva insegnata dalla santa lettura, si decise a volerne parlare col pastore evangelico il più vicino, che era a
dodici leghe da lei. Appena ebbe comunicato questo suo pensiero in famiglia,
parenti ed amici le si fecero intorno ii
comhaltei'la per tutti i lati, ed ella si
trovò, non volendo, in mezzo a lolle incredibili. Niuno le parlava di coscienza,
di ragione, di cuore, ma tutli le davano
addosso ad una voce per cagione d’interesse. Ecco perchè si opponevano, minacciavano, e assolutamente voleano che
mutasse animo, e restasse quale era. Il
padre giunse perfino ad esclamare che
avrebbe ucciso la figlia.
Noi nou crediamo che torture più dolorose di queste non applicasse l’antica
inquisizione. Il padre, che soprintende
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l’istruzione scienlilica e l’educazione morale di tre 0 quattro cento giovani, scriveva alla figlia di avere finalmente voluto
leggere anch’egli nelle sue crudeli angosce quel libro, di cui ella contava miracoli, vale a diro il Nuovo Testamento, e
avervi trovato della verilà, dell’esagera
zione, e tutto sempre mescolato con sogni
ascetici.
In altra lettera d’un’amica troviamo il
passo seguente : — « Ecco il bel frutto
« delle tue troppo frequenti visite u ma« dama 1.^ che disgrazia! anch’io lesono
« molto amica, ma la temo come il foco,...
» aveva anch’ io l’iclea di leggere la Bib« hia, ma adesso, il ciel me ne scampi ;
« quando io penso al danno che ha fatto
« a te, mi vengono i brividi della morte!
« Certamente la signora I...èunadamain« gleseassai pia, ma pure il nostro vescovo
« l’aveva già messa in diffidenza del pubII blico, e, se rammenti, ne disse pur
« qualche cosa, in maniera da farsi inten« dere, anche uno dei predicatori della
Il cattedrale ». —
Alle opposizioni degli amici e dei parenti sì aggiunsero gli assalii del curato,
e non si ponno descrivere le arti usate a
scuotere la fede e il coraggio della cristiana giovine. Seppe resistere a tutto,
vinse le adulazioni le più seducenti, non
si sgomentò alle più brutali minaccie, rispose ferma e franca sempre agli argomenti tutti dell’umana malizia. A persona
di sua piena fiducia, dopo un diverbio de’
più clamorosi avuto in famiglia alla presenza di vari amici e del parroco, scriveva queste parole: « Oh Dio che scosse!
Il che strappamenti di cuore ! ho però
« provato per esperienza che se gli uoII mini non possono dare la fede, nem(( meno hanno potere di toglierla ».
Aveva ella intanto potuto conferire col
pastore evangelico il più vicino, ed erasi
sempre meglio assodata nella risoluzione
di seguire gl’impulsi della grazia di Dio,
e mettersi sotto l’immediata direzione di
Cristo, abbracciando la fede evangelica.
Or veggendosi stretta in maniera dagli
avversari del suo disegno, che non le veniva fatto di più communicare in alcuna
guisa con lui, gli fece di celato assnpere
lo slato di violenza in cui la tenevano,
implorando consiglio ed aiufo. Il buon
pastore scrisse tosto al padre una lunga
lettera, iu cui gli domandava per la sua
novella parrocchiani i medesimi dritti
che la le^e accordava agli altri, vale a
dire ia libertà di adempiere in compagnia
de’ protestanti i doveri del culto. Commosso 0 spaventato il padre, si consigliò
cogli amici di casa cbe dopo un luugo
deliberare decisero che si lasciasse ogni
libertà alla giovine, a condizione però che
dovesse prima della celebrazione della
sacra cena, a cui desiderava d’assistere,
abbandonare la città, il dipartimento e la
Francia. Questo era l’unico mezzo di provvedere e agl’ interessi e all’ onor della
famiglia. Ciò stesso rispose al pastore, e
di buon grado la giovine per rispetto al
padre e a’suoi, ai quali non volea mai essere causa di I utto, si sottomise allo strano
giudizio. Partirà dunque rinunziando, per
seguire Gesù, al padre, alla madre, ai fratelli, alle sorelle; alla casa; alla campagna;
e all’avvenire^chele risplendeva con si belle
speranze davanti. Il Signore la benedirà,
esperiamo che II Padre celeste non permetta che si avveri su lei la profezia del
padre terrestre, £he le disse; — tu uscirai, ma ti prevengo che dopo sei mesi ti
sentirò morta di fame, di vergogna e ili
miseria ».
11
Questo fatto consola, guardandolo come
ua salutare effetto prodotto nell’ animo
della cristiana giovine dalla potenza elllcace della divina parola letta c medilata
sulla Bibbia. Guardandolo però dal lato
dei parenti che la tiranneggiavano cou
mali trattamenti per veder di rimuoverla
dalla sequela di Cristo, uoa perchè temessero di sua eterna salute, ma semplicemente per amor d’interesse, convieu dire
che alla primitiva persecuzione de’pagani,
e ella posteriore inquisizione dei frati è
a’ nostri dì succeduta una domestica inquisizione vessatoria meno feroce alle apparenze, ma non però meno colpevole
nell’inlento; dacché ora come allora si
cerca di levar anime a Cristo, e far loro
dimenticare i beni della eterna vita, per
volgerle interamente ai fugaci interessi
della terra.
Parenti simili sarebbero disposti a mutare domani il Vangelo dei Cristiani col
Coraao dei Turchi, se dovessero arricchire
con ()iicsto e diventar poveri per quello.
A tanla abbiezione di spirito sono generalaiente inclinali gli uomini che stati sono
educali alla gesuitica, e cristiani si chiamano per mera politica, nou per alcuno
convincimento dell’animo.
ir IVlIKACOrO
Il semplice crede tutlo,
l’accorto guanla dove va.
Prov. XIV. ^5.
Un articolo assai ben ragionato sopra i
miracoli, abbiamo letto sul foglio politicofilosofico ed amministrativo della citlà e
provincia d’Asti, intitolato il Vero pel
BENE ; e senza aderire a lutte le opinioni
espresse dal medesimo, che ha principii
diversi dai nostri, ci piace di qui riportarne alcuni brani, che per essere pieni
di molto buon senso- valgono potentemente a premunire i fedeli contro qualsi- '
voglia impostura si volesse loro far credere in simil genere.
« Di mille prodigi ancora creduti nel
medio evo la storia c’insegna che novecento erano falsi (1); cinquanta, effetto di
quella ignoranza che attribuiva ai folletti,
alla magia, od agli stregoni le cose più
naturali; il resto sospetto almeno di pia
esagerazione.....egli è certissimo che si è
abusato in ogni tempo della buona fede
del popolo, il quale ignora quanti portenti ai suoi occhi possano offrire le forze
della natura, note alla fisica e alla chimica , le illusioni d’ottica (2), le combinazioni matematiche, l’arte dei prestigiatori, l’ingegno dei meccanici, e sopratuUo la fede nella parola rispetlata di un
sacerdote che crede di vedere, o con sante
intenzioni piamente inganna il volgo prono
al maraviglioso onde aumentarne il religioso fervore..... Cosi mostrava alla sili) VedaDsl ¡1 Teatro critico del dotto P. Frcijoì), la Storia delle supenlizioni del rev. Lebrun prete dell’Oraloi'io e la l'rcfaziono della Storia Kccleiiastiea di Flenry.
|2) E qui potremmo addurre ....... l’opinione
di san Gregorio di Nizza e di san Prospero, i
quali credevano cha uon vi fosse nulla di reelenel
cambiamento clic i Magi aveano fatto delle loro
verghe in serpi, e che tutto consistette ad ingannare i sensi degli spettatori.....AI punto di
vista della scienza diremo die nella storia natu*
rale c’e un serpente che si chiama Virga Pharaonti, per avere la facoltà d’irrigidirsi quando si
preme in certa parte delU testa^ ciò che sant’Agoslino senabra aver sospettato, quando chiese se lo
verghe dei Magi sono chiamale dragoni nel lesto.
12
gnora Montequion un prete mussulmano
un sasso sul quale I credenti vedono le
orme del piede, che v’appoggiava Maometto nel salire al-cielo, e su cui la donna
inglese confessa non aver distinto orma di
piede.
«Cosìnel 1S23faceva Roma cancellare
dalla edizione del Breviario i falsi prodigi
del pozzo di S. Patrizio,... Cosi nel 1707.
Luigi di Noailles, vescovo di Chalons,
pari di Francia considerando che un vescovo— H ne doit proposer au peuple pour
« objet de son culte et de la foi que des
n choses indubitables)) (Hist. des Superst.
vol. 4), a dispetto della venerazione di
quel capitolo per le reliquie du S. Nombril et du S. Prépuce di Gesù Crislo, e
della prima sopratulto che credeva possedere , la quale era stata rispettata da
tanti vescovi, da tanti secoli, ed aveva
fatto più miracoli., ritirava « celte prétenII due Relique, qu’ils croyaient être véri« tablement une partie du sai ni Nombril de
« Notre Seigneur, et à la quelle ils ren« daient le même culte qu’au S. Sacre« ment)). E così sparivano solto la sferza
dei critici Inite quelle superstizioni o pie
frodi del medio evo, che come il toro di
S. Marco, le corna di S. Curnelio, e II sudore del Crocifisso usurparono l’importanza, che meritano solo, secondo S. Giacomo , gli atti benefici ed il vero sentimento religioso che a quelli spinge (!))>.
A queste assennate parole del giornale
astigiano altre molte di egual pregio ne
tengon dietro , che noi siamo obbligati
d’omettere per angustia di spazio. Doh
(J) Beligio mwnda et immaculata apud
Deum et Palrem hœc est: Visitare pupillos et
ìiidutti in Iribalatione eorum et immaculatum
te eustodire ah hoc fceculo (Ibc. T. 29).
biamo però rettificarvi una cosa che parrà
forse ad altri di leggiere momento, ma
non così ai seguaci della nostra fede, ed
è l’assertiva che anche i Valdesi credevano nell’ Ostia. Potrà forse ciò esser
vero di altre società e chiese a cui si
diede anche titolo di Valdesi, com’è accaduto a più d’una, ma non è affatto vero
della chiesa Valdese del Piemonte anteriore di secoli, che è sempre stata riverente al sacramento eucaristico, senza cbe
abbia per questo mai ammessa la transu^stanzlazione, e sempre si è comunicata
alla sacra mensa del pane e del vino in
memoria della passione e morte di Gesù
Redentore e Salvatore nostro In unione
spirituale, non mai corporale e carnale
cou Cristo.
RIVISTA CRITICA
della stampa clericale»
Il Cattolico inveisce colle parole della
Bilancia (giornale ecclesiastico di Milano^
conlro II prof. Ceraselo delle Scuole pie,
perchè nella distribuzione delle Bandiere
fatta dal sig. Intendente agli alunni del
Collegio Nazionale ha pubblicato una canzone, dove si fanno voli per la indipendenza d’Italia, e si lodano i colori patrii
solto cui militano in Piemonte le armi e le
intelligenze.
IL GIURAMENTO
— Lo stesso giornale sostiene contro il
Corriere Mercantile le dannevoli e disoneste dottrine del famoso gesuita Escobar,
che fanno lecita la menzogna, e lecito lo
spergiuro, quante volte lo spergiurare e
il mentire ci arreca vantaggio. Noi di buon
grado lasciamo tutta al Cattolico questa
13
cosi perversa morale, e desideriamo che
niimo io Piemonte l’apprenda, e niuno la
metta in pratica. Il vangelo c’insegna di
dir sì quand’è sì, e nò quand’è nò.
Questa e non altra deve essere la morale
del vero cristiano.
L’Aiimo.ma ha protestato di voler lo
Statuto, ma la Gazzetta del Popolo, VOpinione e il Monitore dei Comuni italiftni
pare che non le vogliano aggiustar fede
per nissun conto. Avendo Ella infatti dichiarato di star per lo Statuto, parea che
si fosse staccata dalla politica eterodossa (1) della Civiltà cattolica di Roma,
del Cattolico di Genova e della consorteria
clericale dei fogli reazionari. Il Monitore
invece rivedendole il pelo ha trovato, che
essa ammette lo Slatuto sotto condizione
che venga in alcune parti niodllìcato, si
caccino cioè gli emigrati, si torni alla intolleranza religiosa, si sopprima la libertà
della stampa, si ridoni al clero la giurisdizione toltagli dalle leggi Siccardi, e il
governo Piemontese vada scalzo a domandare iu camicia perdono a Monsignor Fransoni, come g à fece a Gregorio VII l’imperatore Enrico IV.
IVOTIZIE REIiICSIOSE
Firenze. — Ho tardato a risponderti,
perchè io voleva dirti qualche cosa circa
al processo della causa Madiai.
Questo cominciò il dì 4 del corrente
(t) Come l’ortodosso Ji Russia e di Londra c
eterodosso io Roma, cosi gli scrittori ortodossi
(leUMrmonta, JcUa Civiltà cattolica e del Ca(~
(títico sono eterodossi pei' lutti i Cristiani liberali
deirUniverso mondo.
mese a porte chiuse, ossia economicamenle. L’ingresso era solo permesso a chi
aveva la nomina : malgrado ciò, il concorso riusci numerosissimo. Il dì 7 terminarono’Je conclusioni del dibattimento,
ed il giorno appresso, alle ore 3 e
pomeridiane, fu pubblicata la sentenza, e
furono condannati per empietà, lì marito
a iiG mesi di Volterra, o di Ergastolo, se
pure intesi bene; e la moglie a 43, computando loro però la carcerazione sofferta
di 9 mesi. Sulnta poi che abbiano la punizione, anderanno soggetti di più ad una
sorveglianza della polizia, durante 3
anni.
Terminata la lettura della sentenza, i
coniugi, più lieti di chi li aveva condannali, si abbracciarono e si baciarono, coutenti di andarsene alla loro peua, e generosi del uon appellarsi, potendolo fare.
Il Casacci poi, implicalo nel medesimo
processo , fu addebitato non d’empietà,
ma d’immoralità, perchè dava la educazione evangelica al suo figlio. Egli, sofferti i 9mesi di carcerazione, venne assoluto dalla Corte Uegia, ma per immoralità, inviato al giudizio della potestà
governativa.
La conclusione si fu, che i Madiai, ai
quali si dava l’accusa d’empietà, professavano da 4 anni la religione del Vangelo.
Quanto prima ti rimetterò il Giornale
dei Tribunali, dove vedrai per esteso il
processo.
Francia. — Leggesi nel Moniteur: Alcuni giornali altribuirono al governo il
progetto di proporre una legge per interdire il lavoro ed anche la vendila nelle
domeniche e altri giorni festivi. Il governo
mai non ebbe queslo pensiero. Ei desidera
che la legge religiosa sia ris|iettala ; pre-
14
scrisse agli impresari dei lavori fa
eseguire di non impiegarvi gli operai nei
giorni che la religione consacra al riposo;
ma qui si ferma il suo dovere o il suo diritto ; non ispetta al potere civile l’intervenire, se non coll’esempio che esso dà
in un affare di coscienza.
— Tutti senza dubbio ricordano la pastorale evangelica dell’Arcivescovo di Parigi, quando chiamava a più sani consìgli
la stampa clericale, ed ammoniva gli
scriltori dell’t/'nii’ers a non abusare del
nome di religione per invocare costumi
e abusi del medio evo aboliti dalla civiltà
dei nostri tempi. Tratlavasi nientemeno
ehe di uua apologia dal pio giornale fatta
alla inquisizione, e accolta con generale
riljrezzo dal pubblico. Ora lo stesso giornale ha meritato per tutt’altro titolo un
gibbuffo episcopale dal vescovod’Or/eans.
1 nostri lettori vedranno da se stessi di
che si tratta scorrendo le disposizioni che
qui riportiamoallalettera. —« Atteso che
il giornale ì'Univers, ed altri giornali attaccando direttamente e nominatamente
le istruzioni date da noi ai superiori, direttori e professori dei nostri piccoli seminari , ha commesso un atto manifesto d’aggressione e d'usurpazione contro
la nostra autorità ;
« Atteso che il tollerare simile aggressione ed usurpazione sarebbe, in quanto a
noi concerne, un ammettere e riconoscere
nella chiesa altro governo oltre quello
della S. Sede e dell’cpiscopato, ossia un
governo laico o presbiteriano, ciò che rovescierebbe da capo a fondo i principii
più certi e le regole più incontrastabili
della gerarchia;
" Atteso che particolarmente incombe
a noi come vescovo di preservare i no
stri seminari diocesani dalla influenza d’un
insegnamento illegittimo e pericoloso;
« Invocato il S. Nome di Dio, e avendo
presenti allo spirito quelle gravi e forti
parole del papa S. Celestino ai vescovi
delle Gallie: — Se spiriti novatori vanno
seminando discordia nelle vostre chiese,
sia col sollevare questioni Indiscrete, sia
coH¿ insegnare dogmi senza la vostra autorizzazione, noi siamo in obbligo di farne
rimprovero a voi come quelli che non vi
siete opposti come dovevate. Sla scritto
che il discepolo non è superiore al maestro , cioè che nessuno devo arrogarsi il
dritto d’insegnare conlro la volonià di
coloro a cui spetta il ministero dell’ insegnare. Io temo che in simil caso ii tacere
equivalga alla connivenza. Timeo ne connivere sit hoc tacere (i) ;
« Abbiamo decretato e decrÈtIarao
quanto segue;
_ « Art. ì. Noi protestiamo, per quanto è
da noi contro le temerità, aggressioni ed
usurpazioni di certi giornali religiosi principalmente del giornale Ì’Univers per ciò
che riguarda le cose di religione, gli affari di chiesa, e l’autorità dei vescovi.
« Art. 2. Noi interdiciamo a tutti i superiori, direttori, e professori dei nostri
seminari diocesani di associarsi al giornale VUnivers, e loro ordiniamo di cessare infin da questo giorno la continuazione degli abbuonamenti già presili.
A quanto pare la questione tra il gior
(1 ) Senza entrare sul inerito di una citazione
tolta dalle decretali d’uu papa, che per un vescovo cattolico romano hanuo forse ogual peso
opiùd’una citazione Biblica, osserviamo che questa
di Celestino I va fra quelle che gli eruditi riguardano per non auiniissibìli, perchè create
quattro secoli dopo la morte di quel Pouielice.
15
nalìsta ed il vescovo non è per offesa della
carità evangelica qual’era coll’arcivescovo
di Parigi, ma versa interamente sopra cose
di giurisdizione e di gerarchia, cosa secondo noi assai poco ecclesiastica, e più
degna del medio evo che dei tempi
nostri.
—Si è formata a Parigi unasocietà storica
del Protestantismo francese. È suo scopo
d’investigare e raccogliere tutti i documenti inediti o stampati, che riguardan
la storia delle chiese protestanti di lingua
francese. Ogni membro paga 10 franchi
all’atto dell’ammissione, e di più uoa
tassa di S frauchi all’auno.
— I giornali dell’^ufre annunziano che
saranno chiuse le scuole protestanti di
Estissac, perchè non vi sono protestanti
in quel comune. È questo un desiderio dei
mentovati giornali, o un partito preso dal
governo? Nel primo caso non è da farne
alcun conto, essendo e dovendo essere
lecito ad ognuno di concepire quelle speranze che più gli vanno a genio : nel secondo caso converrebbe domandare ove
più sono le grandi libertà della grande
rivoluzione del 1789, fra le quali primeggiava la libertà di coscienza ? Il comune
d’Estissac ha in gran parte abbracciato il
culto evangelico, e di conseguenza vi ha
oggi buon numero di proteslanti che nell’esercizio della lor religione hanno dritto
alla protezion delle leggi, c giova sperare
che II governo li proteggerà contro ogni
colpo di mano, cui tentassero I gesuiti ; e
non saranno obbligati di vedersi allevare
i lor figli da maestri non evangelici.
CRONACHETTA POLITICA.
Torino. Il sig. Boncompagni ha presentato alla sanzione della Camera elettiva
uella tornata del i2 giugno il progetto di
legge sul matrimonio. Prescinde saviamente dalla definiziou de’ teologi, e lo
considera nelle sole relazioni colla legge
civile come un semplice contratto. All’articolo undecimo si dice « Chi appartiene a un culto cristiano non può sposare
chi non sia cristiano » ; al 12" sono dichiarati inabili a contrarlo i preli, i frati e le
monache; al 21 prescrive, che nei casi
in cui la celebrazione del matrimonio non
abbia potuto per qualunque siasi causa
avere luogo nel termine segnato dalla
legge dopo le pubblicazioni, possano gli
sposi celebrarlo solennemente in presenza
del giudice assistito da quattro testimoni.
— Sono state presentate le relaziotii
sui progetti di legge per aumento sull’imposta prediale, e per modificazioni alla
Banca Nazionale. •
— Il Senato non ha per anche munito
della sua approvazione la imposta mobiliare sancita a cosi grande pluralità di
voti dalla Camera elettiva dei deputali.
— Il sindaco ha pubblicato la tassa
municipale di 13 franchi all’anno per ogni
cane, da cominciarsi dal 1“ luglio prossimo.
— La sera del li corrente è giunto
qui, proveniente da Napoli, il sig. Adolfo
Thiers ex-ministro ed e.v-deputato della
assemblea di Francia.
Francia. In occasione di un viaggio
che il presidente della Repubblica ha
fatto nella Sologna, il Constitutiunnel
scrìve : — Lo stalo deplorabile in cui si
16
trovano oggi l’agricoltura, il commercio
e l’industria in codeste parli della Francia,
non era in altri tempi così, ma qual si
conviene a paese prospero e fiorenle. Le
guerre di religione hanno dato principio
alla sua rovina, che fu consumala dalla
revocadeireditto di ÌNanles. I Protestanti,
già si numerosi in codeste contrade, hanno
dovuto fuggire altrove, e la Sologna rimasta senza coltiviilori è divenuta ogni
giorno più arida, c più insalubre.
— Il colonnello Carras, già membro
dell’assembJea legislativa di Parigi ed ora
esule nel Belgio, ha scritto con modi assai
risentiti che non intendeva come gli fosse
richiesto giuramento di fedeltà a un governo, che aveva spergiurato pel primo
la costituzione repubblicana, in sola virtù
delia quale teneva in mano il potere.
— 11 sig, Saint Hillaire, da 27 anni professore, ha dalo la sua dimissione pluttoslochè giurare contro coscienza,
—Il Constitulionnel èslalo perla secon
* da volla ammonito dal ministro di polizia
per avere in un secondo articolo ripetuto,
che quanto era stato scritto conlro del
Belgio corrispondeva perfettamente colle
intenzioni del governo. Il sig. di Cassaignac ha, per ordine superiore, cessato di
scrivere nel giornale, che secondo le leggi
in vigore essendo già stalo due volte
araraonilo, potrebbe in caso di nuovo
mancamento essere aH’isfante sospeso.
— La Presse c’informa che 1’ Univers
appoggiato aH’autorilà del sig. Cardinale
Gousset arcivescovo di Reims voleva proscrivere dalle scuole lo studio degli autori
pagani per surrogarvi i cristiani, 11 vescovo
d’Orleans considerando, che i classici
della letteratura greca e latina sou tutli
pagani si dichiarò assai ragionevolmente
in favore di questi. Pare che 1’ Univers
abbia al solito suo ecceduto ogni limite
di civiltà e decenza nel combattere l’opinione del vescovo, e di là sia nata la
scissura nel campo cattolico.
Inghiltehr.\. Il Governo francese ha
richiesto al nostro laconsegna di li fuorusciti su cui pesano imputazioni di delitti comuni 1 trattati di estradizione reciproca fanno luogo alla domanda, ma
le leggi del paese non permettono l’arresto
di nessuno sul suolo della Gran Bretagna
se prima non venga con documenti sicuri
provata l’imputazione. Ora pare che i
documenti presentali dal governo francese
non sieno stali giudicati tali dai magistrati
Inglesi che riguardo a uno solo, che venne
arrestalo e consegnato; gli altri 13 rimangono sotto la protezione delle leggi
d’asilo, della cui esecuzione è giustamente
geloso il governo Britannico.
Spagna. La reazione, fruito del coucordalo con Roma, ha fallo morire a Madrid la stampa liberale. I giornali nousi
occupano omai'più che di arti, letteratura e mestieri come nei paesi dell'ordine.
Direttore G. P, MEILLE.
Rinaldo Bacchetta gerente.
REGULA FIDEI
Un bel Voinmetto in *8° piccolo
di pagine 844.
Trovasi presso l’Ufficio del Giornale.
Torino, — Tip. Soc. di A. Pons e C,