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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Sellimanale
della Chiesa Valdese
Anno 99 - Num. 48
Una copia Lire 60
ABBONAMENTI f Eco: L. 2.500 per l’interno 1 Sped, in abb. postale - I Gruppo bis/70 1 TORRE PELUCE - 5 Dicembre 1969
L. 3.500 per l’estero j Cambio di indirizzo Lire 50 1 Amm.: Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
Le dimensioni
deii'amnre di Cristo
La scorsa settimana abbiamo pubblicato qui un articolo nel quale Luigi
Santini riprendeva il tema delle correnti e dei gruppi che si affrontano
fra noi: un discorso che potremmo
definire di... strategia ecclesiastica (rischiando però, me ne rendo conto, di
banalizzare una preoccupazione genuina di fraternità e di apertura); un discorso per qualche verso discutibile,
nella diagnosi che presenta, nella qualificazione dei ’fronti’, in cui ad esempio stento a trovare il mio posto (come già la scorsa estate nel Rapporto
presentato dalla Tavola al Sinodo); comunque un discorso che merita di essere ascoltato perché ci mette in guardia contro lo squilibrio di oscillazioni
da un estremo all’altro, in un movimento e in una tensione che rischiano di paralizzare la Chiesa, o di smembrarla; e perché ci ricorda — a tutti!
— che nella Chiesa non ha alcuna autorità una condanna — e una contestazione — che non sia profezia, cioè annunzio positivo e autorevole dell’Evangelo qui e ora, indicazione di una ubbidienza da vivere per grazia.
Ma come uscire dal vicolo cieco, finché contrapponiamo fronte a fronte,
in termini troppo umani? Dove passa
il vero fronte? Passa forse fra ’politici’ e ’impolitici’, per riprendere le
espressioni di L. Santini, fra conservatori e innovatori? Non è forse segnato dalTEvangelo, questo fronte, e
non passa fra tutti noi e il Signore vivente che ci interpella? Dio è forse
con gli uni o con gli altri di noi, o non
è piuttosto contro gli uni e contro gli
altri, per riconquistarci tutti a lui, all’annuncio di lui e al suo servizio in
questo mondo che è suo perché l’ha
creato e lo ama?
Nel linguaggio cristiano contemporaneo, fin troppo fecondo di espressioni nuove e strane, si è andata divulgando un’altra contrapposizione: quella fra ’orizzontalisti’ e ’verticalisti’.
Nessuno inorridisca di questa barbara... geometria ecclesiastica! Questa
coppia di termini si è andata diffondendo negli ultimi anni ed è stata corrente, ad esempio, alTAssemblea di
Uppsala, per indicare quei cristiani
che affermano il primato della relazione 'verticale' fra Dio e l’uomo (il ricordo del manifesto barthiano è qui
d’obbligo) e quelli che sostengono invece che il rapporto con Dio si esprime, vive e al limite (non ipotetico) si
esaurisce nel rapporto 'orizzontale'
con l’altro uomo, con il prossimo. Certo, condensare così significa semplificare approssimativamente, tuttavia
con una approssimazione abbastanza
precisa, che non è difficile esemplificare, con tutta una gradualità di sfumature, anche in mezzo alle nostre comunità.
Ora, TEvangelo ci annuncia che l’amore verso Dio — in risposta al suo
— è « il primo, il grande comandamento » (e tale resta); e che ce n’è un
« secondo, simile ad esso »: in questo
vincolo indissolubile e in quest’ordine
non invertibile.
Di fronte a questo Evangelo, nella
sua ampiezza e profondità, i nostri
’fronti’ si vanificano, siamo tutti al di
qua, al di sotto. E più che buttarci gli
uni gli altri in faccia argomenti e controargomenti, è per noi dovere, e grazia, metterci insieme in ascolto di questo Evangelo nella sua pienezza e, dopo averlo ascoltato, cercare insieme le
vie dell’ubbidienza — possono essere
più d’una, vie vecchie e vie nuove,
l’importante è che sulle une e sulle altre non lasciamo briglia sciolta al nostro io vecchio, sempre rinascente:
orgoglioso, sicuro di sé, autosufficiente. Se lo è — come lo è — di fronte
agli ’altri’, dipende in fondo dal fatto
che lo è di fronte a Dio. Non ci sarà
pace fra noi, ’orizzontalisti’ e ’verticalisti’ di tutte le speci e gradazioni, oppostamente unilaterali ed ’eretici’, finché non avremo cominciato tutti ad
amare con tutto il nostro cuore, con
tutta la nostra mente, con tutte le nostre forze il Signore Iddio e Padre nostro, che ci dona i fratelli da amare
come noi stessi, nella pienezza della
vita personale e sociale, eterna e terrena.
Sarebbe ingrato non riconoscere,
pur nell’asprezza delle contrapposizioni dei ’fronti’, che fra i nostri orizzontalisti ve ne .sono che si interrogano
dinanzi all’Evangelo sulla loro orizzontalità (ad esempio, è in atto in vari
ambienti giovanili una riflessione critica su certe linee discutibili del Congresso GEI di Ecumene, la scorsa primavera); e così nelle nostre comunità
discutibilmente verticaliste aumenta
LA CHIESA HA MOLTE RESPONSABILITA',
MA IL SUO COMPITO SPECIUCO E PRIMARIO E’ UNO
L’uomo, il suo sviluppo e Dio
Sulla rivista del Consiglio ecumenico H. Berkho[ presenta alcune tesi sforzandosi di riaprire il dialogo con gli "orizzontalisti"
L’ultimo quaderno di « The Ecumenical Review », la rivista del Consiglio ecumenico delle Chiese, giunto in questi giorni (oct. 1969), si apre con un articolo di Hendrikus
Berkhof, professore di dogmatica e di teologia biblica all’Università di Leida, un noto teologo protestante che ha
tra l’altro partecipato alla assemblea riformata di Torre
Penice, nel 1967, tenendovi una relazione che avevamo allora largamente riportata qui. Questo articolo, Re-Opening
thè Dialogue with thè 'Horizontalists' (Riaprendo il dialogo con gli ’orizzontalisti’), ci è parso notevole nel suo sforzo di obiettività nel porre i problemi che travagliano e dividono le Chiese — anche la nostra —•, nella sua volontà di
riprendere un dialogo che minaccia di chiudersi, spesso
prima di essere mai stato veramente aperto, net suo schietto e semplice riferimento biblico. Abbiamo perciò chiesto
alla direzione della rivista, a Ginevra, il permesso di riprodurre nelle sue parti essenziali questo articolo, e ringraziamo vivamente per l’autorizzazione cordialmente accordata. Riportiamo dunque, tradotte, le dodici tesi del
Berkhof che costituiscono il nerbo delTarticolo, il quale si
apre con un riferimento a Uppsala. Quest’assemblea ecumenica ha infatti dimostrato « un orientamento chiaro e
unanime in termini di azione » in vista dello sviluppo, ma
al tempo stesso si è rivelata « esitante e divisa a proposito delle relazioni fra lo sviluppo e il messaggio delTEvangelo ». In termini teologici il problema pare piuttosto semplice: « l’Evangelo della grazia salvatrice di Dio
per l’umanità comprende assai più che il comandamento
di servire alle necessità degli uomini, ma appunto com
discernimento.
1. L’intento di coloro che jiongono
l’idea dello sviluppo rivoluzionario al centro delle loro convinzioni e della loro azione corrisponde a un orientamento fondamentale deU’Evangelo.
Secondo le Scritture, l’opera di
Dio ha un carattere rivoluzionario. Egli è il Dio che non accetta
Vestablishment delle sue creature
peccatrici. È il Dio dell’Esodo e
della Risurrezione di Gesù, il Dio
del Salmo 146 e del rivoluzionario
Magnificat della vergine Maria
(Luca 1, 51-53). La sua Chiesa ode
e comprende il gemito dell'umanità in travaglio e mediante lo Spirito che le è dato geme anch’essa
intimamente, portata in tal modo
a una solidarietà profonda con il
mondo (Romani 8, 18-25). Perciò
il cristiano, che sa della nuova
umanità in Cristo, deve pure essere l’uomo in protesta contro il
mondo così com’è. Nessuno dovrebbe essere più sensibile di lui a
tutte le riduzioni personali e culturali nei confronti di un’umanità
reale e piena. Eppure la maggior
parte della cristianità accetta
Vestablishment e vi si adatta; e
per lo più esistenzialisti e marxisti comprendono ed esprimono
assai meglio di lei che cosa “peccato” e "alienazione" significano
in termini di vita sociale (...).
2. La redenzione attraverso la rivoluzione è opera di Dio stesso:
ma l’uomo vi è coinvolto quale
strumento del suo Spirito rinnovatore.
Possiamo obiettare facilmente
che la liberazione di cui parla, ad
esempio, un Marcuse è dovere
dell’uomo rivoluzionario, mentre
la liberazione di cui parla Paolo è
il dono della redenzione escatologica di Dio. Ma è altrettanto errato separare l’opera di Dio da
no coloro che si chiedono se il loro
verticalismo è quello richiesto dalTEvangelo o meno. Quello che importa
non è che ci convertiamo gli uni agli
altri, né che c’incontriamo a mezza
strada in una conversione a mezzo, il
più indolore possibile; quello che importa è che « Cristo abiti per mezzo
della fede nei nostri cuori, affinché, essendo radicati e fondati nell’amore (il
suo, non il nostro!), siamo resi capaci
di abbracciare con tutti i santi quale
sia la lunghezza, la larghezza, l’altezza
e la profondità dell’amore di Cristo ».
Dimensioni sconfinate, ma non confuse. Gino Conte
quella deH’uoivio, quanto viceversa. La realtà dello Spirito rende la
cosa impossibile. Lo Spirito ci fa
comprendere che Dio opera in modo tale che l’uomo è ispirato a lavorare alle sue dipendenze e con
lui. È Dio che farà ogni cosa nuova, ma nella sua Gerusalemme celeste saranno portati i risultati degli sforzi dell’uomo, « la gloria e
l’onore delle nazioni » (...).
3. NeUa vita umana e nel processo
di umanizzazione le strutture
hanno un’importanza fondamentale.
La Chiesa cristiana ha sempre
posto l’uomo e le sue esigenze spirituali al centro della propria attenzione e della propria azione; e
ha fatto bene. Ma così facendo ha
spesso dimenticato che, proprio
come un’anima senza il corpo è
un fantasma, così la vita personale dell’uomo è generata, plasmata
e protetta dalle strutture sociali,
economiche, politiche, giuridiche.
prende anche questo comandamento. NelTEvangelo la relazione ’verticale’ fra l’uomo e Dio e la relazione ’orizzontale’ fra l’uomo e il suo prossimo sono indissolubilmente
unite ». Assai più difficile è però conservare e realizzare
questa unità — e il giusto ordine fra le due relazioni —
nei fatti della vita della Chiesa. Lo notava già nella sua
conferenza iniziale, a Uppsala, Visser ’t Hooft, deplorando
le violente oscillazioni da un estremo all’altro, nella storia
cristiana; né Uppsala ha offerto indicazioni su come uscire da questa tensione che, se può essere feconda, può però
diventare rovinosa se si protrae in questi termini, rischiando di portare o allo smembramento della Chiesa in
due tronconi monchi, o a una paralisi spirituale. Certo,
« nessun ’verticalista’ nega la dimensione orizzontale, né
viceversa; ma i punti di partenza e gli angoli visuali sono
opposti », sicché occorre fare imo sforzo per spiegarsi e
comprendersi a vicenda nella speranza di superare una
controversia che allo stato attuale risulta sterile. Per cercare questa via d’uscita, il Berkhof avanza le sue tesi, partendo dall’idea che, per gli ’orizzontalisti’, egli è un ’verticalista’; chiarisce che si tratta di tesi di dialogo e confronto, non di porte sbattute in faccia ad altri: si tratta di vedere in che si concorda e in che si dissente, e perché. Con
questo scopo di chiarificazione fraterna riprendiamo qui
queste pagine, tanto più che, serbate le debite distanze,
anche la linea che cerchiamo di presentare sulle nostre
colonne è, agli occhi degli ’orizzontalisti’ nostrani, ’verticalista’: con giudizio, speriamo; o meglio, con evangelico
red.
culturali ecc. nelle quali è inserita. Lottare per la piena umanità
significa quindi pure lottare in vista di strutture più adeguate. Non
possiamo dire che tale verità sia
stata dimenticata del tutto nella
Chiesa cristiana. Specialmente nei
campi della missione i cristiani ne
sono stati ben coscienti, e anche
nei paesi di tradizioni cristiane
molti dei rinnovamenti strutturali si sono verificati per infiuenza
dell’Evangelo. Non si può tuttavia
negare che le tendenze crescenti,
nella cristianità, verso l’individualizzazione e rinteriorizzazione, nel
corso degli ultimi tre secoli, sono
andate di pari passo con una perdita di coscienza dell’importanza
delle strutture. Prima o poi dovevamo risalire tale dislivello. Ed è
ora compito urgente che può essere compiuto soltanto se alcuni di
noi, in modo quasi vicario, dedicano un interesse unilaterale agli
aspetti strutturali della vita e
delle necessità dell’uomo.
SBDtiiicazioiie nella seconda metà del XK secolo
4. La passione attuale per il rinnovamento delle strutture è elemento fondamentale della santificazione cristiana.
Se ci domandiamo qual’è, per
gli "orizzontalisti”, l’aspetto centrale della fede cristiana, la risposta in termini teologici dovrebbe
suonare così: la dottrina della
santificazione. Nella teologia classica per santificazione s’intende il
rinnovamento della vita interiore
e delle azioni dell’uomo quale conseguenza del fatto che è stato giustificato per fede. Di solito essa è
descritta come vita di amore verso Dio e verso il prossimo. Questa
dottrina è ora sottolineata e messa in evidenza in un senso più
ampio e in qualche modo anche
più ricco. Più ampio e più ricco
per due ragioni: in primo luogo
in essa si esprime non soltanto la
relazione personale con il prossimo, ma anche le sue implicazioni
sociali e strutturali; e in secondo
luogo perché viene ora totalmente
respinta quella connotazione negativa che pesava sulla parola "santificazione”, quasi che il servizio
al proprio prossimo fosse un modo per edificare la propria santità personale. Ormai non possiamo
retrocedere rispetto a questo ampliarsi di significato. Si potrebbe
obiettare che nel Nuovo Testamento la santificazione non si presenta mai in relazione alle strutture e non ha mai questa dimensione universale; ma si tratterebbe di un argomento fragile. La situazione delle piccole comunità
cristiane del I secolo, nell’Impero
romano, era profondamente diversa dalla nostra. Inoltre non per
nulla abbiamo l’Antico Testamento, con la sua insistenza su terra,
stato, strutture, prosperità, giustizia sociale, vita nelle nazioni. (...)
Un’idea di santificazione che, nella seconda metà del XX secolo,
ignorasse o considerasse secondarie le prospettive mondiali e strutturali della nostra vita contemporanea, si renderebbe colpevole di
disubbidienza alla vocazione che
Dio ci rivolge oggi.
5. Il rinnovamento delle strutture
necessita di un certo grado di
ideologia.
Fino a che pensiamo alla santificazione in termini individualistici o per lo meno individuali e per
{continua a pag. 3)
Avvento
Siamo entrati nel tempo di Avvento, che precede il Natale e Io
prepara, tempo di attesa del Signore che viene. La prima comunità cristiana visse intensamente
l’attesa del Signore, non però del
Signore che viene (era già venuto!) ma del Signore che torna:
non l’attesa del Natale ma l’attesa
della fine. Non è un caso che il
Nuovo Testamento si chiuda con
l’invocazione: « Vieni, Signor Gesù! » (Apocalisse 22, 20).
A qualcuno questa invocazione
può sembrare strana e il ritorno
del Signore può parere problematico. Ci si può chiedere: Perché
dovrebbe venire ancora colui che
è già venuto? La sua prima venuta non è forse più che sufficiente?
Come è scritto: « in Lui avete tutto pienamente » (Colossesi 2, 10).
E perché chiedergli di venire
quando sappiamo che egli è già
presente? Non ha egli detto: « Ecco, io sono con voi tutti i giorni,
sino àlla fine dell’età presente »
(Matteo 28, 20)? Come dunque
può venire colui che è sempre presente? Domande legittime, eppure né il ricordo della sua venuta
né la certezza della sua presenza
riducono, nella Bibbia, l’attesa del
suo ritorno; al contrario l’intensificano. Così la Bibbia termina invocando il ritorno del Signore:
« Vieni, Signor Gesù! ».
È l’ultima parola della fede:
una preghiera. Con essa la comunità credente conclude il suo discorso: non con una affermazione,
ma con una invocazione. Dopo
aver detto, proclamato, confessato, compiuto e anche sofferto tante cose, la fede apostolica termina il suo lungo cammino invocando il Signore. Invocarlo alla fine
è più importante ancora che invocarlo all’inizio. Vuol dire che il Signore non è mai alle nostre spalle, ma sempre davanti a noi. Vuol
dire anche che la cosa principale,
quella che conta, quella che salva, non è la nostra testimonianza,
per quanto luminosa essa possa
essere, come lo fu certamente
quella della Chiesa apostolica: la
cosa principale, l'evento salutare,
è il Signore stesso. La Chiesa gli
rende testimonianza, ma alla fine
non può far altro che invocarlo e
aspettarlo: « Vieni, Signor Gesù! ».
Non neU’isolamento, ma nella
partecipazione alle lotte, alle speranze, alle sofferenze, alle crisi, al
dramma di un’umanità che geme
ed è in travaglio, la comunità credente invoca la venuta del Signore. Forse, quel che la comunità
chiede come preghiera, l'umanità
lo grida come protesta e come lamento. Quel che è certo è che il Signore non verrà per qualcuno ma
per tutti e che la sua venuta risponderà a molte invocazioni, non
solo a quelle dei credenti.
« Sì, vengo tosto! » è la promessa del Signore. Anche questa è una
parola finale, che conclude la parola di Dio. È l’ultima parola pronunciata dal Signore (Apocalisse 22, 20). Egli non ne ha altre da
aggiungere. Non altre parole dobbiamo aspettarci da Lui, ma solo
l’adempimento di questa parola.
Questo significa « vivere nell'Avvento ».
Paolo Ricca
Al LETTORI
Allegato a questo numero del settimanale i lettori troveranno un modulo
di c.c.p. Coloro che già ci hanno inviato l’importo del loro abbonamento non
ne terranno conto, mentre invitiamo
gli altri a non attendere gli ingorghi di
fine d’anno agli sportelli postali. Si ricordi il nuovo recapito della nostra
Amministrazione, cui tutti sono pregati di rivolgersi direttamente, evitando
inutili giri. Tutte le offerte sono accolte con viva riconoscenza.
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N. 48 — 5 dicembre 1969
tra il vecchio e il nuovo
Non lasciatelo al serpente
L’ultimo libio di Harvey Cox - Un utile antidoto contro il cristianesimo
nostalgico - Non basta, però, proiettaisi nel Futuro, per trovare Dio
Da qualche anno è iniziata in
Nordamerica una nuova produzione
teologica, ad opera di giovani teologi di diverse tendenze, ma accomunati dal desiderio di trovare una
espressione moderna per la fede cristiana. In Europa non si è mai avuta
molta stima per la teologia americana; di fronte alla serietà scientifica,
alla profondità della grande tradizione teologica tedesca, il pensiero
dei nostri fratelli d’oltre oceano appariva piuttosto esile, buono tutt’al
più per edificare qualche anima pia.
Ora invece la nuova generazione di
teologi americani si impone anche
all’attenzione dell’Europa; in loro
prevale ancora il senso pratico, la
preferenza per le affermazioni traducibili immediatamente in fatti tangibili; in compenso hanno letto tutto, hanno imparato la lezione di
Barth e quella di Bultmann, e ora
si mettono arditamente in cammino,
decisi a elaborare una propria teologia.
Cominciano in un momento favorevole alle nuove imprese, quando
l’era delle grandi opere teologiche
sembra finita e i giovani non hanno
nessuna intenzione di ripetere in
maniera scolastica ciò che i grandi
maestri hanno detto, ma tentano
dappertutto nuove vie, con l’attenzione rivolta da una parte alle ricerche sul linguaggio e sulla comunicazione, dall’altra agli avvenimenti
politici e alla sociologia. In questa
situazione gli americani non partono svantaggiati: da una parte, il
fatto di non avere una grande tradizione alle spalle può renderli più liberi e spregiudicati; daU’altra, il loro amore del concreto, il loro
pragmatismo, corrisponde a una
tendenza quasi generale nel nostro
tempo, e li rende quindi interessanti anche fra noi.
Harvey Cox è, tra questi giovani
teologi, forse il più cordiale e brillante. Mentre altri si son dati a demolire la concezione tradizionale di
Dio, o a registrarne il tramonto,
lanciando lo slogan della « morte
di Dio », egli confida in una manifestazione attuale del Dio vivente, dove la storia è in movimento. Per lui
credere significa inserirsi nel movimento dell’azione di Dio, che trasforma il mondo e la società. La
sua teologia prende quindi la forma
di un invito all’azione fiduciosa, protesa verso il futuro; egli mira così a
scuotere i cristiani dalle loro posizioni di difesa e di passività, come
appare dal titolo di un suo libro recente, ora tradotto in italiano: Non
lasciatelo al serpente (Queriniana,
Brescia 1969). Già ne II cristiano come ribelle, Cox aveva opposto all’immagine tradizionale della religione alleata della conservazione,
l’idea di una fede dinamica, che costituisce una forza rivoluzionaria.
Nel suo libro più importante. La
città secolare, egli sviluppa questa
idea molto ampiamente. Nella Bibbia, osserva Cox, non troviamo una
idea astratta di Dio; Dio è piuttosto
colui che libera, che « chiama fuori »: fa uscire l’uomo dall’esistenza
animale, fa uscire Àbramo da una
società immobile e idolatrica, fa
uscire Israele dalla condizione servile in cui è caduto in Egitto.
A tutte queste azioni di Dio corrisponde una sua rivelazione; egli
fa sapere chi è; ma l’uomo non lo
conosce in modo teorico, lo incontra nei fatti. Neanche quando parla
a Mosè dal pruno ardente, Dio dà
una definizione di se stesso: lo rinvia a ciò che farà; Mosè deve andarsene senza sapere esattamente chi è
Dio, qual’è il suo nome; lo saprà dai
fatti, vedendolo concretamente in
azione. Cosi, per Cox, non si tratta di trovare delle nuove definizioni
di Dio, che ci soddisfino più delle
vecchie: «Come Mosè, noi dobbiamo semplicemente intraprendere
l’opera di liberare i prigionieri, fiduciosi che ci sarà concesso un nuovo nome dagli eventi del futuro ».
Un’illustrazione di questo pensiero si trova nell’ultimo libro, Non
lasciatelo al serpente. Il serpente rovina l’uomo togliendogli l’iniziati
va; il peccato più grave non è l’orgoglio, il voler essere come Dio :
questa è l’interpretazione del pensiero cristiano tradizionale. Per Cox,
invece, il peccato più grave è l’accidia, cioè il rifiuto e la paura di impegnarsi. Egli nota con ironia che
nella letteratura cristiana il peccatore è sempre un uomo attivo, indipendente, che non ha paura di osare, con la conseguenza che il peccatore è sempre più interessante e simpatico del santo. Quindi nella concezione tradizionale del peccato ci
dev’essere qualcosa che non funziona: per Cox lo sbaglio sta nel pensare che l’intraprendenza dell’uomo sia sempre un’offesa fatta a Dio,
una specie di concorrenza sleale.
Bisogna invece comprendere che
Dio stesso vuole che l’uomo prenda
le sue responsabilità e i suoi rischi
nel far procedere la storia; Dio è
sempre davanti a noi, e ci chiama
continuamente a superare il punto
a cui siamo giunti. Il peccato più
grave è quindi il rifiuto di andare
avanti.
Quando avremo capito questo, dice Cox, non vi sarà più aspetto del
mondo contemporaneo che ci faccia
paura, ma troveremo interesse in
tutto ciò che serve a rendere più
umano il cammino dell’uomo. Nel
mondo del futuro il cristiano sarà
tra i protagonisti, se saprà discernere il significato teologico degli avvenimenti odierni.
Il discorso di Cox è molto utile
come antidoto contro il cristianesimo introverso e nostalgico che affligge la maggior parte delle chiese
(parlo dei membri di Chiesa, non
degli ecclesiastici che fanno i documenti di studio e le dichiarazioni
ufficiali; questi il mondo del futuro
l’hanno già in tasca). È un incoraggiamento, un’iniezione di fiducia,
un’esortazione a salire sul nuovo
autobus, in cui la presenza cristiana
avrà modo di farsi sentire. Se il compito del teologo fosse tutto qui, saremmo a posto. Ma se si cerca nel
teologo una descrizione non fallace
e illusoria dell’opera di Dio, anche
negli aspetti meno « funzionali »
per gli odierni progetti dell’uomo,
leggendo Cox si resta delusi. La sua
potrebbe anche essere una fuga verso il futuro, di fronte alla quale la
posizione di chi parla della « morte
di Dio » potrebbe persino sembrare più coraggiosa, anche se ugualmente insufficiente.
Dico questo, pur ammirando la
sua capacità di interpretare biblicamente gli avvenimenti contemporanei; è un tentativo che conduce a risultati interessanti e porta conferma
a certe direttrici di marcia sulle
quali è impossibile non essere d’accordo. Attraverso questa via, però,
temo che il teologo ponga la sua
candidatura alla successione dell’antico àugure, che aveva la funzione
di annunciare agli eserciti conquistatori la buona riuscita in battaglia. Sarà un compito appassionante, Tpagari anche utile, ma non mi
riesce di convincermi che il compito del teologo sia così facile, e sia
tutto qui. La novità di Dio è certo
più attraente della sua assenza; ma
non è detto che i profeti dell’assenza, i teologi della « morte di Dio »,
abbiano meno ragione dei profeti
della novità. Comunque la domanda che essi lasciano aperta non trova la sua risposta nei tentativi di
Cox; tutt’altro. Si ha l’impressione
talvolta di respirare nei suoi libri
un’atmosfera da commedia americana a lieto fine; e questo certamente
ci aiuta a vivere. Ma anche il serpente continua a godere buona salute.
Bruno Rostagno
laeeiamo conoscenza con il hm Innario
Ecco anzitutto alcune considerazioni
preliminari.
Due sono i principali ostacoli; da un
lato la mancanza di abitudine ad una
raccolta nuova come questa, di nuova
struttura, vorrei dire anche di nuova
«mentalità», con molte melodie ma anche molti testi completamente rinnovati; da questa mancanza di abitudine risulta un senso, naturalissimo, di disagio, almeno nei primi tempi; ma in certuni può risultare anche un preconcetto
senso di diffidenza. A rimuovere questo
primo ostacolo psicologico, gioveranno,
oltre al passare di un po’ di tempo, il
buon senso e il sentimento della gioia
del canto; giacché se una cosa appartenente al campo della religione è per
sua propria caratteristica improntata
alla gioia ed aH’entusiasmo, questa è la
musica che canta le lodi di Dio.
L’altro grave ostacolo è l’inveterata
carenza di istruzione musicale nel pc^
polo del «bel canto», che è il popolo italiano. Lasciamo stare gli splendidi cori classici o popolari di corali professionistiche o dilettanti bene esercitate.
La massa, purtroppo, anche nelle nostre comunità (che pure debbono istruirsi e testimoniare nella fede anche attraverso il canto) è digiuna di musica;
un po’ migliore è la situazione nelle
Valli Valdesi che con amore, anche se
con diminuito numero di partecipanti,
coltivano la tradizione musicale. Bisognerà perciò ricorrere a sussidi didattici; non abbiamo paura, in questo campo, di sembrare di fare « dell’istruzione ». Lutero compose molti inni a scopo didattico; molti capolavori di Bach
erano stati originariamente scritti da
lui semplicemente per insegnare a suonare a qualcuno dei suoi numerosi figliuoli... Nulla di male, neyvero?, se
volgeremo per un po’ più di tempo la
mente alle cose eterne, cercando di
imparare le melodie di tanti nuovi inni belli, anche esse (forse) eterne!
SUGGERIMENTI PRATICI
a) Dischi e nastri.
Una cinquantina di inni del nuovo innario sono stati incisi da una corale
delle Valli Valdesi, in simpatica collaborazione con un centro editoriale discografico pentecostale, collaborazione
iniziatasi nel 1962. Questi dischi si trovano presso la Claudiana ; privati e
chiese possono usarli sia nelle case per
ascolto personale, sia come sussidio auditivo in SS. Domenicali, Unioni di gi(>
vani e adulti, culti quartierali e di famiglia e in altre occasioni. Si può ascoltare l’inno dopo una breve lettura e
spiegazione del testo, passando quindi
all’esecuzione collettiva (ad una voce),
che può anche essere ripetuta vèrso la
fine della riunione. Il canto collettivo
può essere guidato da uno strumento o
da un direttore, o anche dal disco stesso (purché la tonalità non sia troppo
alta). Lo stesso uso potrà farsi, si spera
fra non molto, di nastri magnetofonici
incisi appositamente, con inni diversi
da quelli incisi su dischi commerciali.
b) Corali.
Queste possono giovare molto, sia ai
culti, eseguendo come interludio un inno nuovo (anche aU’unisono con organo), il quale dopo il sermone potrà essere eseguito dall’assemblea, guidata
(oltre che dallo strumento) dalla corale
stessa, disposta in modo strategico; sia
inviando piccoli gruppi dei propri soci
alle riunioni quartierali o culti di famiglia per sostenerne il canto di inni
nuovi.
c) La predicazione.
Sì, anche i pastori o predicatori laici possono contribuire alla diffusione
dei nuovi inni, per esempio basando un
ciclo annuo di predicazioni ai culti serali su testi di nuovi inni scelti in base ad
argomenti organicamente connessi; ovvero programmando (d’intesa con l’organista, o affidando la cosa interamente
a lui) una serie di inni nuovi da eseguirsi ai culti durante l’anno ecclesiptico,
ripetendo una medesima melodia per
due o tre domeniche (si può, volendo,
variare anche il testo, almeno per quegli inni che hanno due o tre testi con
la stessa melodia). L’inno può essere
poi ripreso dopo qualche settimana di
interruzione in cui saranno programmati altri inni. Sui consueti 5-7 inni di
un normale culto, due potrebbero essere o inni vecchi o inni dell’appendice
(331-371 del vecchio innario) in quelle
chiese che li avevano a suo tempo appresi. In tal modo si eviterebbe di affaticare la comunità. Giuncando sulle
melodie comuni a due o tre testi, si possono anche insegnare le melodie degli
inni occasionali (Natale, Pasqua, eoe.)
che lo consentano. Per es. l’inno di Capodanno n. 263 potrà essere cantato
più facilmente, se durante il me.se di dicembre la comunità sarà invitata ad
imparare il n. 102 (Veglia al mattino)
avente la stessa melodia. «È Gesù salito in ciel», n. 233, di Pasqua o Ascensione, potrà essere imparato cantando varie volte in precedenza il n. 237.
L’inno 69 (Meco dimora) che può can
Quello che è dentro
« L’uomo buono dal suo buon tesoro trae cose
buone, l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae
cose cattive » (Matteo 12: 35)
È un discorso, questo, che Gesù doveva fare spesso, sempre
identico nella sua sostanza, seppure in forme sempre diverse.
Non lasciamoci infastidire dalla distinzione tra "uomo buono” e “uomo cattivo", che non costituisce, malgrado l’apparenza,
un presupposto del discorso. Secondo Gesù: « Nessuno è buono,
tranne uno solo, cioè Iddio » (Me. 10: 18). Il suo discorso nasce
dalle sollecitazioni pratiche della situazione in cui si trovava.
Gesù vede tanta gente preoccupata del bene e del male, tante
opinioni e proposte sul modo migliore di andare incontro al Regno, tanta appassionata polemica sul retto modo di intendere
la "giustizia del Regno”. Egli era arrivato in un momento molto
caldo della storia di Israele e la via al Regno che egli proponeva
non era la più attraente, né sembrava la più pratica, anche se
non ammetteva alternative. In realtà il discorso di Gesù nasce
da un profondo e giustificato pessimismo, e giustamente gli evangelisti che lo riportano lo inseriscono sempre in un contesto scettico e polemico.
Certamente Gesù aveva il dono, non sempre invidiabile, di
vedere dentro l’uomo: « ...conosceva tutti e non aveva bisogno
della testimonianza di alcuno sull’uomo, poiché egli stesso conosceva quello che era nell’uomo » (Giov. 2; 25). Ma quello di guardare dentro, in Gesù era anche un metodo. Guardava oltre le parole e le azioni a quello che c’era nel profondo degli uomini che
parlavano ed agivano, e non ci vedeva niente di buono. Diceva a
quei maestri e modelli di "giustizia” che erano i farisei: « ...di
fuori apparite giusti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia
e di iniquità » (Mt. 23: 28). Né si mostrava più indulgente con
quelli della parte opposta, con i profeti rumorosi ed esagitati che
facevano appello alle masse e ne accendevano le passioni con i
falsi miraggi del Regno; « Guardatevi dai falsi profeti — dice di
essi — i quali vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son
lupi rapaci » (Mt. 7: 15). Ai suoi occhi è quello che è dentro che
conta, dal momento che quello che è dentro viene invincibilmente fuori, a dispetto dei buoni propositi e delle belle apparenze.
Di fronte a tutti gli aspetti del male Gesù ha sempre questo
pensiero, nettissimo, fermissimo: « ...è dal di dentro, dal cuore
degli uomini, che escono cattivi pensieri, fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, frode, lascivia, sguardo maligno, calunnia, superbia, stoltezza, tutte queste cose cattive escono dal di dentro... » (Mt. 7: 21-23). E non solo quelle, si capisce,
ma tutte le cose cattive: quelle di allora, qùelle di oggi, quelle
di sempre.
Ma da dentro non escono solo le cose cattive; da dentro vengono anche le cose buone. Ma non indifferentemente. Ogni uomo
è come un albero; « Un albero buono non può far frutti cattivi e
né un albero cattivo può far frutti buoni » (Mt. 7: 18). Tutto dipende da quello che è dentro l’uomo. Tutto dipende, dice Gesù
con un’altra immagine, dal tesoro dell’uomo; vale a dire da ciò
che si trova riposto, che costituisce scorta, che è sostanza da cui
si attinge. L’uomo può essere anche un recipiente di contenuti
che vengono dal di fuori e sono dipendenti da condizioni ambientali, familiari, sociali, storiche. Ma tutto questo conta ben
poco, anche se non è vero che non conti niente; conta ben poco
in confronto a quello che sta proprio dentro, nel profondo, che
per sua natura è interiore, originario, personale.
Per cui allora quello che l’uomo fa non è buono o cattivo
per accidente, per conformismo, per pressione esterna, per libera
elezione; ma piuttosto per necessità, perché è semplicemente
l’inevitabile manifestazione esteriore di quello che è dentro.
Questo concetto centrale dell’insegnamento di Gesù, quando sia preso sul serio e diventi una convinzione, non influisce soltanto sulla nostra concezione del mondo, ma quel che più conta,
può mutare l’intero nostro modo di vivere. Tutte le “cose buone”
che vogliamo, ora sappiamo dove dobbiamo cercarle: dobbiamo
averle prima dentro, nella nostra mente e nel nostro cuore, perché se non le abbiamo già qui, non illudiamoci di poterle mai
vedere fuori!
Già, ma tutto dipende da quello che è veramente dentro, nel
profondo. Se quello che è dentro è cattivo, definitivamente, e non
c’è più niente da fare, allora abbiamo ben poco da sperare. Ma
l’Evangelo è proprio l’afFermazione che l’uomo può cambiare,
che tutto può diventare nuovo. Per questo è quella cosa unica,
eterna, insostituibile che non può andare confusa con nessun’altra dottrina e che deve essere annunziata ad ogni creatura sino
alla fine del mondo. Perché l’Evangelo è la fede in Dio che rinnova l’uomo dall’interno e la fede nel regno di Dio che viene dal
di dentro dell’uomo rinnovato.
Ugo Gastaldi
(da Amico!)
DONI ECO-LUCE
Rachele Tasselli, Vallecrosia 500; Giuseppe Giorgiolé, Livorno 500; Bruno Ispodamia, Sampierdarena 1.500; Giulietta Balma,
Parma 500; Claudio Bertin, Ivrea 2.500; Elsa Leger, Mentoulles 5.000; Clorinda Guerrini, Firenze 500; Libera Manfrini, Genova
1.000; Basso Ragni, Cormano 500: Paolo Cornuz. Svizzera .3.500; Raffaele Sgerzi, Napoli
tarsi in qualsiasi domenica dell’anno,
una volta imparatane la melodia (che
era già nel vecchio innario: ma quanti
la cantavano?), potrà servire per imparare rapidamente l’inno ecumenico 135
e l’inno per servizi funebri n. 273. (Le
corrispondenze di inni con melodia uguale si trovano, ripetiamo, nella tabella a pag. 338).
Infine, dato che in molte chiese delle
Valli si usa ancora celebrare il culto in
francese almeno in alcune domeniche
dell’inverno, i pastori potranno utilmente scegliere nello Psaumes et cantiques inni che si ritrovano con identica
melodia nel nuovo innario italiano.
(Una tabella corriparativa degli inni del
Nuovo Innario e dello Ps. et Cantiques
dovrebbe essere stampata prossimamente).
(continua) F. Corsani
500; Annunciato Doria, Genova 5.000; Samuele Serre, Villar Perosa 5000; Germano
Grill, Prali I.OOO; C. Alberto Viglielmo, Perrero 500; Adelina Peyronel, Pinerolo 500;
Vera Viti Vinçon, S. Germano 500; Susanna
Michelin Salomon, Villar Pellice 500.
Da Luserna S. Giovanni: Alberto Balmas,
500; Elisa Benech 500; Ernesta Vola 5.000:
Arturo Peyrot 500.
Da Torino: Alice Rostagno 500; con. Quara 500; Enrichetta Conte 2.500; Guido Boituri 7.500: Maria Malati 500; Maria Barbiani 500; I.la Bandone 500.
Da Torre Pellice: Cecilia Besozzi 500; Graziella Jalla 1.000; Gabriele Geymonat 500;
Ernesto Di Francesco 2.500; Ida Coisson Matbieu 500: Mario Corsani 500; Adolfo Jouve 500.
Da Roma: Raffaele Di Battista L. 500; Ida
Mantica 500; L. Pennington de Jongh 2.500;
Claudino Paolucci 2.500.
Grazie!
( continua)
In momoria del dr. E. {¡uatlrioi
Offerte per VOspednle di Pomaretto: Ernesto Mìcol, Massello. L. 5.000; Pons Luigia,
Massello, 1.500.
3
5 dicembre 1969 — N. 48
P»g
L’uomo, il suo sviluppo e Dio
(segue da pag. 1)
sonali, qualsiasi uso di ideologie,
nel nostro accostarci ai problemi
e nelle nostre azioni, appare come
un ostacolo che ci impedisce di
vedere il prossimo e la sua situazione nella sua unicità. Quando
però sono in primo piano le strutture generali, abbiamo bisogno di
visioni generali per occuparcene
in modo adeguato ed effettivo. E
tale esigenza è particolarmente
forte quando le strutture vanno
mutate. In questo caso abbiamo
bisogno di un'ideologia, intendendo con questo un insieme di orientamenti, di scopi e di norme generali per condurre effettivamente a termine il rinnovamento necessario. La fede cristiana non ha
mai sviluppato nulla che possa
considerarsi un’ideologia di trasformazione. Il marxismo è il solo
movimento rilevante che possa offrire una ideologia di questo genere. Non c’è quindi da stupirsi che
molti cristiani cerchino aiuto da
quella parte, soprattutto perché
quell’ideologia si propone di fare
uscire l’uomo da una situazione di
alienazione da sé stesso e di portarlo a una piena realizzazione delle sue potenzialità umane. Per nu
le nuove strutture inveccbiannlpresto
quando vive in esse ii vecchio nomo
merosi cristiani il termine “ideologia" ha cattiva reputazione, perché tale potere rischia di diventare un’entità più o meno indipendente, una legge che c’impecfisce
di ascoltare la voce di Dio, fresca
e nuova in ogni momento. Ritorneremo su questa difficoltà. Qui abbiamo da dire anzitutto che tale
modo di vedere sottovaluta la continuità della vita e delle azioni
umane e trascura il fatto che nessuno può vivere senza ideologie.
Le ideologie sono necessarie a colmare il vuoto fra le intenzioni e i
fatti, fra il pensiero e l’azione. Il
cristiano non fa eccezione. (...) Per
i cristiani l’uso delle ideologie può
diventare un’analogia con l’operare di Dio il quale ha incarnato il
suo Logos (Parola, Giovanni 1; in
inglese: mind, mente, animo, spirito) in un mondo che è in disaccordo con lui e che perciò dev’essere trasformato. Nella Bibbia noi
troviamo una stratificazione di varie ideologie. E la storia della
Chiesa ne è piena. Il Consiglio ecumenico delle Chiese è retto da due
o tre di queste ideologie. Qra che
s’impongono trasformazioni di
strutture, la necessità di ideologie si fa sentire più urgente che
mai.
6. Il mandato di rinnovare le strutture non può essere adempiuto
senza l’apporto di altre dimensioni della fede cristiana.
Fino a questo punto penso che
la mia posizione fosse in accordo
con quella rappresentata dalla
maggior parte degli “orizzontalisti”. Essi sostengono delle verità
che il Consiglio ecumenico e le
Chiese devono accettare se non
vogliono che la loro presentazione
dell’Evangelo divenga inadeguata
e inefficace. Ma, secondo me, lo
stesso pericolo minaccia gli “orizzontalisti”, se non tengono in serio conto il contesto nel quale si
deve situare l’arduo lavoro di rinnovamento delle strutture. Per impegnarci in esso abbiamo bisogno
di immense risorse di rinuncia a
noi stessi e di amore. Questo rinnovamento può, è vero, essere nutrito anche da altri atteggiamenti
(buoni, cattivi o neutri): coscienza di classe, egoismo, idealismo,
nazionalismo, risentimento, competizione, ecc. Ma in questi casi la
sorgente pone limiti inevitabili
al rinnovamento, perché esso non
può andare al di là degli interessi
della sorgente. Soltanto un amore
universale che rinuncia a sé stesso è forza illimitata di rinnovamento.
Ma nessuno dispone da sé di questa sorgente. Noi siamo capaci di
dare amore solo nella misura in
cui riceviamo amore. Paolo esprime questo fatto con la relazione
che egli istituisce fra indicativo e
imperativo, e la Chiesa cristiana
lo definisce nei suoi documenti
come la relazione fra giustificazione e santificazione. Per non essere impari di fronte al compito
immenso, ai nostri errori e alle
delusioni che il nostro prossimo ci
causa, dobbiamo essere costantemente sostenuti dal Dio che ama
di un amore eterno, che ci accetta
con tutte le delusioni che gli cau
NOVITÀ CLAUDIANA
HELMUT GOLLWITZER
I ricchi cristiani
e II povero Lazzaro
Le conseguenze di Uppsala
pp. 144, L. 1.300
— Noi cristiani siamo il ricco
epulone della parabola dinanzi ai popoli affamati del Terzo Mondo.
EDITRICE CLAUDIANA
Via S. Pio Quinto 18 bis
10125 TORINO
8. Compito primario della Chiesa
cristiana è chiamare gli uomini
alla sorgente: la grazia e le promesse di Dio.
La Chiesa ha il compito di predicare la Legge, ma la Legge sola
uccide, che sia una legge puramente umana o genuinamente divina.
Compito primario e specifico della Chiesa è dire agli uomini, fiduciosi in sé stessi o frustrati, che
la Legge è un elemento della grazia
di Dio e che Dio è pronto a fare
un suo figlio del figliuol prodigo
e a servirsi di lui nella propria
opera, malgrado tutte le sue carenze. Nella via che Dio segue per
rinnovare gli uomini, accettazione
e istruzione, consolazione e comando vanno sempre insieme, e
sempre in quest’ordine. Karl
Barth ha detto una volta: « Il messaggio deH’Evangelo non è: "gli
uomini malvagi devono diventare
uomini buoni", bensì: "Dio è buono verso gli uomini malvagi" ».
Possiamo aggiungere che questa
realtà è la sola atmosfera nella
quale uomini malvagi possono conoscere un rinnovamento reale.
Qgni santificazione si radica nella
giustificazione; e perciò: scopo
della giustificazione è la santificazione.
Il rinnovamento delle strutture non è monupolio cristiano
siamo e che non si lascia scoraggiare nel suo saldo proposito di
non avere requie fino a che sia
raggiunta la piena umanizzazione
di questo mondo. Abbiamo bisogno di giustificazione perché abbiamo bisogno di santificazione,
anzi proprio in misura proporzionale a questa seconda necessità.
Colui a cui molto è stato perdonato, ama molto.
Nè cieco entusiasmo
nè rassegnazione
7. Tuttavia, su questo sfondo la
richiesta di rinnovamento delle
strutture può portare al legalismo 0 alla rassegnazione.
Se Dio è soltanto il Legislatore
e Cristo null’altro che l’esempio
perfetto, siamo noi che dobbiamo
fare il lavoro, e noi soltanto. Scopriremo, prima o poi, che per varie ragioni siamo allora messi di
fronte a un compito impossibile.
La resistenza che le strutture oppongono alla trasformazione è tremendamente vigorosa. E quando
tale resistenza è vinta, si stabiliscono nuove strutture le quali, anche se in modo diverso da quelle
che le hanno precedute, appaiono
anch’esse elementi più o meno repressivi che si frappongono sulla
via verso una piena umanità. E soprattutto: quando l’uomo resta
immutato, le nuove strutture possono reprimere parecchi dei suoi
istinti e delle sue abitudini egoistiche, ma la sua natura non rinnovata trova sempre nuove vie per
affermarsi a scapito dei compagni
di umanità. In questa situazione
critica siamo esposti al pericolo di
assumere uno di questi due atteggiamenti: ovvero continuiamo a
predicare la legge in modo dottrinario, senza tener conto degli effetti che essa ha sull’uomo non
rinnovato; ovvero cadiamo preda
della rassegnazione, se non addirittura del cinismo, dichiarando
che è del tutto inutile sforzarsi di
rinnovare il mondo. Nei due casi
sperimentiamo la verità delle parole di Paolo: « La legge uccide »
(II Corinzi 3: 6). L’Evangelo ci indica una terza via, al di là di questi deragliamenti: continuare
guardando alla grazia e alle promesse di Dio, malgrado le frustrazioni dell’uomo. « Non è necessario riuscire, per perseverare » (Guglielmo il Taciturno). « L'Eterno
non si affatica e non si stanca. Egli
dà forza allo stanco e accresce vigore a colui che è spossato. Anche
i giovani s’affaticano e si stancano,
vacillano e cadono, ma quelli che
sperano (= aspettano) nell’Eterno acquistano nuove forze » (Isaia
40: 28 ss.).
9. Il rinnovamento delle strutture
non è compito esclusivo della
Chiesa cristiana, bensì responsabilità dell’intera umanità.
Non possiamo formulare questa
tesi senza un profondo senso di
vergogna. Quante volte è successo
che rappresentanti non cristiani
deH’umanità sono stati più sensibili alla necessità di un rinnomento delle strutture, e più coraggiosi
nel lottare per esso, di quanto lo
siano state le Chiese cristiane! Lo
diciamo con vergogna, ma anche
con gratitudine. Dio non dipende
dalla sua Chiesa; il suo Spirito
opera nel mondo intero. D’altra
parte è vero che è la Chiesa « alla
quale lo Spirito è dato come primizia della messe avvenire » (Romani 8, 23). Ciò fa sì che essa
« geme interiormente », perché la
liberazione promessa a lei nella risurrezione del suo Signore, non è
ancora venuta. Con questo gemito
essa si affianca al gemito di tutta
l’umanità per la servitù e la frustrazione di questo nostro mondo.
Essa riconosce in questo gemito
universale « le doglie del parto»
del Regno promesso. La presenza
universale di Dio nel suo mondo
si avverte in questo anelito e in
questa tensione a una più piena
umanità. Possiamo quindi aspettarci che la Chiesa cristiana e i movimenti per la riforma della condizione umana s’incontrino continuamente. Talvolta questi movimenti marceranno in testa e apriranno gli occhi alla Chiesa su situazioni contrarie al volere di Dio.
In altri casi la Chiesa vedrà con
gioia che questo o quello degli
intenti che essa persegue si affermano nella coscienza umana universale. Essa non può attendersi
che ciò avvenga nell’atto in cui
predica la sorgente della umanità
genuina quale si è realizzata unicamente nel morire e risorgere
con Gesù. Il mondo inconvertito
non ha interesse per le cause,
guarda solo ai frutti. Ma il suo desiderio profondo dei frutti di autentica umanità è opera di Dio
neH’umanità. Perciò se la Chiesa
sostiene la necessità dello sviluppo o del rinnovamento delle strutture, può attendersi di trovare
presto o tardi degli alleati. Questo scopo non è e non dev’essere
monopolio ecclesiastico. E più
presto diviene elemento della coscienza umana universale, meglio è.
Il compito primario
dei cristiani
10. Considerando la lotta per un
rinnovamento delle strutture e
le frustrarioni cui può essere
esposta, la Chiesa deve dì nuovo concentrarsi sul suo compito primario (v. tesi 8).
Ciò che si è detto alla tesi 9 non
può significare che la Chiesa possa mai ritirarsi come tale dal campo dello sviluppo e del rinnovamento delle strutture. Il suo compito diaconale può essere assunto
da enti mondiali, nei quali singoli
cristiani collaboreranno, in base
alla loro fede, con tutti gli uomini di buona volontà. Ma finché
l’umanità tenderà al rinnovamento disconoscendo la sorgente del
rinnovamento nell'amore che Dio
ha mostrato in Gesù crocifisso e
risorto, la Chiesa non può essere
tranquilla circa i risultati. L’ideologia può essere espressione di
amore, ma quand’é assolutizzata
diviene un idolo e quindi un ostacolo alla vera umanità. Le ideologie devono essere quindi sempre
relativizzate, cioè essere messe a
confronto, in modo costantemente
nuovo, con i fini ultimi, il piano di
Dio e la liberazione degli uomini,
ai quali esse devono servire. La
Chiesa quindi, quale rappresentante dell’amore di Dio, deve continuamente ricordare all’umanità
il contesto divino della sua lotta;
e questo sia per ispirare che per
relativizzare tale sua lotta.
In Isaia 45,18 leggiamo: « Poiché così parla Jahveh che ha creato i cieli (egli è Dio!), che ha creato la terra e l'ha fatta (egli l’ha
stabilita, non l’ha creata perché
restasse deserta!): “Io sono Jahveh, e non ve nè alcun altro’’».
Ciò che mi colpisce in questa parola è il fatto che la visibilità e
l’abitabilità del mondo è presentata come sollecitudine di Dio in
persona, ma che questa sollecitudine è espressa fra parentesi. Ciò
non significa che abbiamo a che
fare con una preoccupazione secondaria di Dio; al contrario, il
posto casuale che questa affermazione occupa nella frase suggerisce che si tratta di cosa evidente,
che va da sé. Ognuno può sapere
che il mondo non è stato fatto per
diventare un caos; non solo Israele, ma anche i Babilonesi, non solo i cristiani, ma anche gli esistenzialisti e i marxisti. Partendo da
questa convinzione comune, la
proposizione principale ha qualcosa di nuovo da dire, qualcosa che
non è solo nuovo, ma decisivo per
un modo retto di abitare la terra:
« Io sono Jahveh, non ce n’è alcun
altro ». Questa proclamazione si
amplia nei versi seguenti: « Non
hanno intelletto, quelli che portano i loro idoli di legno e pregano
un dio che non può salvare » (20);
« Volgetevi a me e siate salvati,
voi tutte estremità della terra!
Poiché io sono Dio e non ve n’è
alcun altro » (22). Tradotto in termini neotestamentari, vuol dire:
l’abitabilità della terra è preoccupazione comune di tutti gli uomini, minacciata però continuamente da idoli e da ideologie (conservatori e rivoluzionari). Per
muoverci sul giusto binario abbiamo bisogno del perdono rinnovatore di Dio, che ci ricrea secondo l’immagine del suo Figlio e seguendo la sua via che conduce alla
vittoria attraverso il sacrificio di
sé. Una Chiesa che dimenticasse o
oscurasse quest’affermazione principale, verrebbe meno al suo mandato specifico in vista del rinnovamento del mondo.
Il nnin dèlie strannre non va nè sottovalutato (come
avveniva ieri) nè saprawaintato (come oggi awienel
11. Nella lotta per lo sviluppo e il
rinnovamento ^lle strutture la
Chiesa deve svolgere, oltre al
suo ruolo ispiratore, anche un
ruolo relativìzzatore.
Possiamo illustrarlo con due
esempi rilevanti. Il primo è dato
dall’importanza e dalla pressione
delle strutture. Il marxismo ha ragione di affermare che le nuove
strutture hanno un’influenza rinnovatrice sul comportamento dell’uomo. I cristiani lo hanno spesso trascurato. Ma la Chiesa cristiana deve mettere in guardia contro
l’attuale sopravalutazione del ruolo delle strutture. In caso contrario si renderà corresponsabile della delusione e della rassegnazione
che seguiranno inevitabilmente
questo nostro periodo. Essa ha
da sostenere fermamente il suo
proprio messaggio: che cioè non
si può stabilire un mondo rinnovato senza il rinnovamento personale che Dio ha promesso di accordarci mediante il suo Spirito.
E deve dirlo ora, proprio ora che è
rilevante, perché impopolare.
Altro esempio: il concetto di
prosperità. Le Chiese e il Consiglio ecumenico hanno speso molte energie, negli ultimi anni, per
promuovere e diffondere la prosperità; e hanno fatto bene. Dio
può partire dal deserto, ma il suo
scopo è « una terra nella quale
scorre il latte e il miele ». Qra la
prosperità è parte dell’umanità
piena, il che significa che l’umanità del Regno di Dio è assai più
che avere vita prospera. Appena
la prosperità diviene un fine a sé
e non è più messa in relazione con
altri più ampi aspetti, la Chiesa
deve esercitare la propria funzione relativizzante. Allora il suo
compito primario non è più quello di dire ciò che ciascun altro già
dice, ma di ricordare all'uomo
d’oggi quale sia il centro dell’ampia circonferenza della piena umanità: conversione a Dio, seguire
Gesù, rinunciare a noi stessi per
il nostro prossimo e, last but not
least, la promessa della vita eterna nella quale Dio risponderà al
nostro anelito a una vera umanità.
Se la Chiesa restasse silenziosa
circa questi elementi più profondi
del piano che Dio persegue nei
confronti dell’uomo, asfalterebbe
la via verso un "bel mondo nuo
vo” di egoismo e di noia. A lei la
scelta: fra diventare impopolare,
o insipida.
Un'nrdna scélti:
0 impopoliri o insipidi
12. La prova evidente deU’autenticità della Chiesa sarà data dal
fatto che essa susciterà sospetto e sfiducia, successivamente o
simultaneamente, nei dogmatici dell’establishment come in
queUi della rivoluzione.
Un servo non è da più del suo
padrone. Gesù ha servito e ha salvato l’umanità seguendo la via del
chicco di frumento che muore e
e rifiutando quindi di associarsi
alle ideologie e ai metodi dei movimenti che lo circondavano. Non
è stato con conformista come gli
Erodiani né un rivoluzionario come gli Zeloti né un legalista come
1 Farisei. I cristiani si distinguono
dall’altra gente perché essi credono che solo la via di Gesù salva e
perché, malgrado tutte le loro
resistenze interiori, desiderano agire in conformità. Così facendo
essi scelgono una via solitaria. Se
davvero essi credono che questa
è la via alla vera vita per loro e
per tutti gli uomini, devono essere disposti a pagarne il prezzo.
La storia del conformismo cristiano agli atteggiamenti del mondo
è già fin troppo lunga.
Hendrikus Berkhof
Il nuovo statato dell’Azione Caltiilica
Roma (Adista) - Col primo novembre è
entrato in vigore (« ad experimentum » per
un triennio) il nuovo statuto dell’Azione Cattolica. Trattandosi della carta costituzionale
di un’associazione di laici, la prima cosa che
stupisce (quanto meno) è la verticalità del
volto postconciliare di questo organismo, in
ciò non differenziandosi per niente dall’ACI
prcconciliare (se non nelle abbondanti citazioni della « Lumen Gentium » che farciscono la premessa dello statuto stesso). Verticalità : non vi è infatti quadro direttivo (dal
presidente parrocchiale al presidente nazionale) che non debba essere nominato dalla gerarchia ecclesiastica; non si può non pensare
che la « fedele collaborazione a con la gerarchia di cui lo statuto tanto parla Unirà per
configurarsi, come tanto spesso nel passato, in
fedele esecuzione. Altro rilievo: la distinzione dei due rami dell’ACI continua. Forse ciò
potrà seguitare a fornire ancora tante coppie
AGI (dato che la separazione accresce l’attrazione), ma non può non recare discredito
ad un movimento moderno la serietà dimostrata nella credenza che <r esigenze formative e pastorali specifiche » richiedano tale manichea divisione.
4
pag. 4¡
N. 48 — 5 dicembre 1969
LETTERA DAGLI ANTIPODI
FRA LE RIVISTE
Ritorno nei Mari del Sud
ha
Cari amici,
eccoci di ritorno a Tahiti da quasi
tre settimane. Prima che la grande
« febbre » natalizia si impadronisca di
noi desideriamo darvi alcune notizie
nostre. Ma prima di tutto un saluto a
quanti, dato il tempo limitato di cui
disponevamo, non abbiamo potuto incontrarie in occasione del nostro soggiorno in Europa. Un grazie anche a
quanti hanno accolto così affettuosamente questa nostra famiglia giunta
da paesi strani.
È stato bello riprendere contatto con
la vita della nostra Chiesa, ma anche
un po’ triste sentirla tanto divisa su
problemi fondamentali.
Il nostro viaggio di ritorno è stato
senza storia, nel senso che i 27 giorni
sul mare sono trascorsi senza scosse
tempestose, nelTuniforme grigiore della cucina inglese. Eravamo partiti l’8
ottobre da Londra. Dettaglio sorprendente: Tuflìciale delTimmigrazione che
ha controllato i nostri passaporti mentre la trasversata della Manica stava
per finire, ci ha rivolto la parola in un
impeccabile italiano. La cosa mi ha lasciato senza fiato... Gli inglesi sarebbero dunque veramente maturi per un’apertura europea linguistica o altra?!
Addio londinese
all’Europa
La sera del nostro arrivo a Londra
abbiamo datto un « piccolo » giro a
piedi dalle parti di White Hall e di
10 Downing Street dove un « hobby »
ed un’automobile non proprio monumentale attestavano soli la presenza
dietro quelle mura poco appariscenti
del primo ministro di Sua Maestà britannica, certo intento a cercare una
qualche soluzione della difficile situazione irlandese. Comunque, una gratuita lezione di modestia per tanti paesi
grandi e piccoli che ritengono di dover
far coincidere potere e fasto. Più in
là il palazzo di Westminster sapientemente e variamente illuminato, faceva
un bell’effetto, affacciato sul Tamigi.
Ma presto le esigenze del viaggio
hanno ripreso il sopravvento ed abbiamo lasciato l’albergo in cui avevamo dormito, per im tragitto di una
buona decina di chilometri fino ai
docks che si stendono all’infinito all’uscita dal porto di Tillbmry. Alle 23
dell’otto ottobre ci eravamo già lasciati dietro le spalle le luci delle darsene e dei bastimenti di tutte le dimensioni, dirigendoci verso le Azzorre, che
però non avremmo salutato che da
lontano. Prima della partenza ci eravamo preoccupati di fare una piccola
provvista di pastiglie contro il mal di
mare... non si sa mai. Un solerte farmacista mi aveva assicurato che quelle fornitemi, erano usate anche dagli
astronauti, il che mi era parso ampiamente sufficiente e rassicurante! Per
fortuna nessuno di noi ne ha avuto bisogno. La nostra cabina era bella e
comoda (ma dopo 27 giorni ci si sente
un po’ « in scatola »).
Nei Caraibi
Due parole sugli scali: alle Barbados,
dove ci fermavamo per la prima volta,
abbiamo incontrato una popolazione
di razza nera assai socievole e apparentemente soddisfatta della sua situazione. Riusciva difficile di pensare a
questa ed alle altre isole dei Caraibi
come dovevano essere al tempo dei pirati! Queste isole sono indipendenti,
ma continuano ad affidare all’Inghilterra la politica estera e la difesa. I punti pittoreschi non mancano in quest’isola che ci è parsa straordinariamente piatta in confronto alla nostra
montagnosa Tahiti. Le chiese della capitale semlDravano alquanto malconce
e ricche soltanto di... intemperie. Difficile filmare o fotografare la gente
che, stranamente, o non voleva saperne per un mal compreso senso di dignità, o più spesso, avrebbe preteso
qualche soldarello per uno smagliante
sorriso. Per fortuna, col teleobiettivo
non dovevo chiedere il permesso a nessuno!
La popolazione è molto più numerosa che a Tahiti, per un territorio inferiore, il che spiega, forse, il cospicuo
edificio destinato all’Associazione per
11 Controllo delle Nascite che abbiamo
notato nei nostri vagabondaggi sotto
un sole implacabile. Il minuscolo palazzo del Parlamento locale: un Westminster-giocattolo, troneggia su una
delle piazze della capitale e sulla sua
torre sventola la bandiera delle Barbados, gialla e azzurra, su cui campeggia un tridente che farebbe impallidire
di invidia quel mattacchione di Nettuno. Accanto un « palazzo delle poste »
assolutamente arcaico, ma dall’inimitabile stile locale. Nel complesso ci è
parso che gli indigeni, oltre ad essere
in grande maggioranza, siano in grado
di vivere abbastanza al loro ritmo. Il
« turismo dorato » si accontenta di godersi alcune delle magnifiche spiagge
dell’isola al suono di uno strano complesso a percussione formato da fusti
di metallo segati a metà e il cui fondo
era stato lavorato in modo da presentare varie facce capaci di fornire note
differenti, sotto gli occhi dei poliziotti
del porto, che per ragioni turistiche
portano ancora l’uniforme dei tempi di
Nelson.
A Curagao, di cui vi avevo parlato in
occasione del nostro primo viaggio a
Tahiti, si notavano ancora molto chiaramente i segni dei danni provocati dai
tumulti del maggio scorso. Né vi parlerò del Canale di Panama, sempre assai interessante, se non per dirvi che
si notava dappertutto, specie nel tratto
centrale, un considerevole lavoro di
allargamento, del resto ancora in corso,
che facilita già enormemente il passaggio della cinquantina di navi che percorrono ogni giorno il Canale nei due
sensi.
Affacciandoci
sul Pacifico
Contrariamente alla volta scorsa abbiamo avuto il tempo di visitare un po’
le città di Panama e di Balboa, che costituiscono la porta « pacifica » del Canale. Dai due lati del Canale si trovano
una città amministrata dal Governo
della Zona del Canale (in pratica dagli
Stati Uniti) ed una sotto diretta responsabilità del governo panamense.
NelTinsieme una zona assai pittoresca
in cui si passa senza soluzione di continuità dalle case asettiche e climatizzate dei funzionari americani o di quelli locali assimilati, ai quartieri della
Balboa dai grandi contrasti, ai quartieri del centro fatti di strade strette, di
case dagli stili più varii, di chiese piene d’oro accanto a tuguri pieni di stracci, di festoni e banderuole inneggianti
alla giunta militare che ha « fatto » l’ultima rivoluzione in ordine di tempo.
Più in là i palazzi e gli hôtels dalle cui
finestra si gode la stessa vista che Vasco Nufiez de Balboa ebbe nel 1513
quando scoperse l'Oceano Pacifico, prima di esser fatto decapitare dal suo
successore. Adesso fanno dei cucchiaini con la sua testa ed hanno dato il
suo nome aH’unità monetaria panamense.
Più in là ancora la vasta zona delle
rovine dell’antica Panama, compietamente distrutta dal pirata Morgan, accanto alle quali si trova un vasto campo della «Guardia Nacional».
Pochi ricchissimi e molti poverissimi
e una certa atmosfera da Repubblica
Sociale poco convincente, con molti mitra dappertutto e persino la circolazione sorvegliata in modo assai spiccio
dai militari. Su tutto ciò volteggiano
gli avvoltoi col loro volo pesante e pigro, come schiacciato dalla grande calura.
Ma è tempo di smettere queste divagazioni pseudo - turistiche, perchè la
strada è ancora lunga. Ci inseriamo nel
lento flusso delle navi che si dirigono
verso il vasto vuoto del Pacifico, passando sotto l’elegante e grandioso ponte della grande autostrada transpacifica.
Qualche giorno dopo festeggiamo il
passaggio dell’Equatore ed il sottoscritto è designato quale «soggetto ideale»
per interpretare Re Nettuno. Il che ha
permesso ai nostri pargoletti di farsi
un mucchio di risate alle spalle di un
paterno genitore tutto dipinto di verdeacqua.
Un certo John Davies,
gallese
Poi il lento sfilare delle Tuamotu, fin
quando Tahiti è spuntata alTorizzonte
più bella che mai. Parodia di danze tahitiane per il volgo turistico e calda accoglienza di quanti avevano potuto essere presenti malgrado l’ora alquanto
mattutina, per noi che ritrovavamo di
un colpo l’atmosfera fraterna di questa
Chiesa alla quale ci sentiamo ormai così legati.
Ora il lavoro ha già ripreso in pieno,
grazie al collega Vernier ed al concistoro di Béthel che mi hanno permesso di
trovare una comunità per nulla in « disarmo».
L’atmosfera intermissionaria sembra
un po' migliore, anche se rimane evidente la frattura tra quanti vogliono
spiegare dlla Chiesa che tutto è da rifare e quanti, come me, sono convinti che
è impossibile costruire altrimenti che a
partire da quanto esiste e esiste veramente. Ho già avuto occasione di accompagnare due gallesi, compatriote
del missionario John Davies, morto nel
1855 a circa trenta chilometri da Papéété. Una di loro sta preparando una biografia su questo mio illustre predecessore e desiderava vedere la tomba in
cui riposa. Ho così un po’ scoperto la
personalità di questo gallese poco
istruito (non per colpa sua!) giunto a
Tahiti con una nave carica di ergastolani diretta verso lidi più inospitali, con
la ferma intenzione di annunziare lo
Evangelo a dei tahitiani ancora dediti
senza complessi al culto pagano all’ombra di uno dei principali «marae» dell’isola. Più di cinquant’anni di lavoro
instancabile, due volte vedovo, afflitto
da una grave forma di elefantiasi e, in
ultimo, da una cecità quasi totale, quest’uomo ha però potuto «vedere» i primi frutti deH'Evangelo. Un solo desiderio non si è realizzato: voleva ricevere
una lettera dal suo Galles natale. Ma
quando è arrivata nessuno seppe leggerla a lui cieco, a lui che aveva «letto»
l’Evangelo ai tahitiani in tahitiano. E
poi ci si dice che una Chiesa che il Signore ha voluto attraverso uomini come Davies «scomparirà certamente se
non trasformiamo questo o quello » !
Certo, i tempi sono diversi e bisogna
tenerne conto. Ma guardiamoci dalla
presunzione di credere che la Chiesa
ha bisogno dei nostri illuminati consigli i>er vivere e preoccupiamoci un po’
più di rimanere in ascolto del Signore
che fa vivere, qui e in Europa.
Sperando che, con un po’ di fortuna,
questa lunga chiacchierata vi pervenga... prima di Natale (dato lo stato delle cose italiche) ricevete, cari amici, un
saluto fraterno ed un augurio sincero
affinchè il tempo di Avvento che vivremo possa essere un tempo di pace feconda per quanti operano quali «collaboratori di Dio».
Giovanni, Clairette, Marina,
Daniele, Sandra Maeva Conte
du temps,,
dovuto chiudere
Genova (Adista) - La crisi che investe
Teditoria miete nuove ed illustri vittime non
solo nel nostro paese. Les editions du Ceri,
curata da un gruppo di Domenicani francesi,
cessa per difficoltà economiche la propria attività ed anche la rivista <c Signes du temps »,
ad essa collegata, cessa le pubblicazioni. Dall’ultimo numero della rivista riportiamo la
lettera di commiato, pubblicata in Italia su
(( Il Gallo » (n. 9 anno XXIII), del direttore
e della redazione :
« Amici lettori, questo numero di Signes
du Temps è l’ultimo che riceverete. Dobbiamo prendere commiato da voi : voi, lettori,
corrispondenti, collaboratori; noi, membri
dell’equipe dirigente della redazione di Signes
du temps. La società delle Editions du Ceri
ci ha informato di aver deciso di cessare la
pubblicazione della Rivista con questo fascicolo di luglio. La decisione è presa, e noi non
abbiamo potuto se non inchinarci.
(( Le ragioni avanzate, particolarmente quelle di ordine finanziario, a noi sono apparse
poco convincenti. La nostra ortodossia non è
chiamata in causa. Ci è stato affermato che
neppure il nostro orientamento era chiamato
in causa. La vostra partecipazione crescente
incoraggiava la nostra speranza. Anche nel
suo aspetto di partecipazione critica stimolava il nostro lavoro. Ostili a tutti gli estremismi e semplicismi, prendevamo il mondo nelle
realtà profonde e mutevoli della costruzione
dell’uomo da parte dell’uomo, tentavamo di
sprigionare gli aspetti in cui l’avvenimento
viene a confronto con la fede. I rivolgimenti
di ogni specie che andiamo vivendo offrivano
un vasto campo ai nostri lavori futuri.
« Nel passato, per due volte, abbiamo scelto
il silenzio per essere fedeli al nostro proposito. Oggi ci viene tolto il nostro mezzo di
espressione. Ma il proposito della nostra equipe
rimane vivo in ciascuno di noi. Ciò che abbiamo da dire, non rinunceremo a dirlo, altrimenti e altrove.
« La nostra ultima parola sia quella che
abbiamo detto spesso con cuore fraterno : grazie ». (Seguono le firme di R. C. Chartier, direttore, e degli altri 27 attuali componenti
l’equipe redazionale).
Segnalazioni
Protestantesimo, n. 3/1969
L’ultimo fascicolo della rivista curata dalla
Facoltà Valdese di Teologia contiene lo studio Significato e limiti della teologia del separatismo di Alessandro Vinet di Valdo ViNAY, una delle relazioni presentate lo scorso
agosto all’incontro promosso ad Agape dalla
Federazione delle Chiese evangeliche in Italia,
sul tema « Chiesa e Stato ». Seguono due studi storici: Un tentativo di dialogo fra protestanti e cattolici nel XVII secolo, di Beniamino Grill; Alcune note su Enrichetta
Blondel e la sua crisi familiare, di Luigi Santini. Il fascicolo si chiude come di consueto
con un buon numero di recenzioni, alcune delle quali sono sempre fra le cose migliori di
questi fascicoli. (Prezzo del fascicolo, L. 600;
abbonamento annuo, L. 2.000; versamenti sul
c.c.p. 1/26922 intestato alla Libreria di Cul
tura Religiosa,
Roma).
Piazza Cavour 32, 00193
PER I LAVORATORI ITALIANI A ZURIGO
La Scuola Media
è entrata nel suo
"Pier Martire
settimo anuo
Vermigli,
di attività
Ai primi di ottobre si sono riaperti
i corsi della nostra Scuola Media. A
vero dire, anche durante Testate, era
continuata una modesta attività, a cura di alcuni insegnanti, per mantenere
l’allenamento dei più volenterosi e per
tenere aperta la biblioteca scolastica.
Sabato 22 novembre, poi, ha avuto
luogo la inaugurazione dell’anno scolastico 1969-70: sono intervenute varie
autorità, un buon nucleo di amici, insegnanti e alunni.
Il Preside, dott. E. Eynard, dà il benvenuto ai presenti, sottolinea l’importanza dell’attività svolta come segno
di concreta, fattiva collaborazione tra
svizzeri ed italiani (6 insegnanti sono
svizzeri e 6 italiani). L’arch. G. Semàdeni, insegnante di matematica e di
disegno, legge la relazione sul lavoro
compiuto nello scorso anno e informa
sull’attuale consistenza delle classi (in
complesso, circa 35 alunni iscritti ed
impegnati). Con l’esperienza acquisita
negli scorsi anni, si è accentuata la severità nelle iscrizioni e l’esigenza della frequenza, anche se talvolta i nostri
alunni sono messi a dura prova a causa degli orari di lavoro, dei turni, e
della lontananza delle loro abitazioni
dalla sede delle Scuola.
L’atmosfera che regna nella Scuola
è di cordiale, fraterna collaborazione,
che rende più agevole il compito, talvolta arduo, degli insegnanti.
Il Pastore Alfredo Ruhoff, in rappresentanza del Consiglio Sinodale
della Chiesa Riformata, ha espresso
con forza quelli che sono i sentimenti
di rispetto e di gratitudine della grande maggioranza del popolo svizzero
verso i lavoratori ospiti ed ha espresso
il compiacimento delle autorità ecclesiastiche zurighesi per la felice inizia
tiva della Scuola « Pier Martire Vermigli ».
Il Console generale d’Italia, dott.
Augusto Russo, si è detto lieto di partecipare all’inaugurazione ed ha assicurato alla Scuola l’interessamento del
Consolato.
Vari altri messaggi sono stati rivolti
dal Presidente della Comunità evangelica di Wiedikon, E. Forster, la quale
ci offre gratuitamente i locali scolastici, dal prof. Mario Ganzerli, della
Direzione didattica delle Scuole italiane di Zurigo, dal prof. Giuseppe Gilardini, del Centro Studi Italiani, dal
geom. Guido De Martini, a nome del
Centro di Contatto italo-svizzero ed
anche dalla dott.ssa Anna Maria Ruhoff, di Torre Pellice, presente per una
felice coincidenza e che gli alunni sono
lieti di rivedere, poiché, a Torre Pellice, nel periodo degli esami, si presta
generosamente ad impartire ripetizioni di scienze alle varie classi.
La prolusione, corredata da nitide
diapositive, è stata letta dal nostro insegnante di scienze, ingegner Arturo
Schatzmann: « la galleria stradale del
S. Gottardo ». Egli ha saputo presentare in forma vivace un progetto di
alta importanza tecnica, suscitando
largo interesse nei presenti.
A lungo si sono protratti i conversari nella saletta dei rinfreschi in una
atmosfera di spontanea fraternità.
Ricordiamo che la Scuola è sorta per
iniziativa del Consiglio dei Pastori di
lingua italiana del Cantone di Zurigo,
che tuttora dànno la loro valida collaborazione nella direzione e nelTinsegnamento. Accanto ad essi un buon
numero di insegnanti svizzeri: tutti offrono il loro tempo e le loro energie
Etudes Théologiques
n. 3/1969
et Religieuses,
alla Scuola, dopo aver assolto impegni
professionali talvolta gravosi.
Insegnano attualmente: Maurice
Bodmer, Alice Brùgger, Heidi Frick,
Jean Roland Matthey, Arturo Schatzmann, Guglielmo Semàdeni (svizzeri)
e i Pastori Salvatore Corda, Saverio
Guarna, Salvatore Rapisarda, Franco
Ronchi e la signora Francesca Massei,
oltre la Direzione affidata al Pastore
dott. E. Eynard.
Ottenuta la licenza, alcuni lavoratori sono appositamente rientrati in Italia per proseguire gli studi in scuole
serali, altri, invece, stabiliti ormai a
Zurigo proseguono corsi di lingue o di
perfezionamento tecnico.
Un’Importante
Chiesa olandese
entra nel CEC
Lunieren (spr) - Con una maggioranza massìccia, le Gereformeerde Kerken (Chiese riformate) olandesi hanno votato la loro candidatura al Consiglio ecumenico delle Chiese. II risultato dello scrutinio è stato dì 60 voti in favore di tale candidatura, di 4 voti contrari e
di una astensione. Questa decisione, presa il
giorno della Riforma (31 ottobre) pone termine a trattative protrattasi per 14 anni con il
CEC.
La denominazione delle «Chiese riformate
in Olanda» - il secondo grande gruppo protestante olandese - era la sola che ancora non
facesse parte del CEC, benché nel luglio 1968
sia entrata nel Consiglio olandese delle Chiese.
Questa Chiesa conia 450.000 membri comunicanti ed è membro dell’Alleanza Riformata
Mondiale dal 1966.
Un interessante fascicolo della rivista della
Facoltà teologica protestante di Montpellier;
segnaliamo in modo particolare una originale
Epìtre apocryphe che Michel Bouttier ha
ricavato da brani diversi dell’epistolario paolinico, ritraducendoli nella situazione contemporanea : esperimenti sempre assai rischiosi, ma in questo caso la mano pare essere
stata ferma e leggera al contempo. Inoltre un
ampio saggio documentario e critico di H. F.
Breymayer, Le “mouvement confessant: Pas
d'autre évangile" en Allemagne, sul noto —
ma più per sentito dire che daU’interno —
movimento « Kein anderes Evangelium »,
espressione della polemica della teologia conservatrice in Germania.
Fci et Vie, n. 2/1969
La rivista protestante parigina esce, in
questi ultimi anni, con notevole ritardo sui
tempi; e sarà certamente colpita dalla scomparsa del suo direttore, Jean Bosc. L’ultimo
quaderno, oltre alla ricca cronaca bibliografica, reca tre saggi diversissimi ma rilevanti
ciascuno a suo modo: Paul Nothomb (uno
pseudonimo?). Une évidence plus forte — un
laico riformato, palesemente tutt’altro che
ignaro di teologia, e della sua problematica
più recente, confonde le sicurezze o le problematicità degli studiosi ricordando che la lettura e la comprensione profonda della Scrittura è sempre un miracolo, un dono di Cristo; R. Bariller, La “présentation" ou “bénediction" des enfants — contesta la fondatezza teologica e spirituale di questo inconsistente surrogato battesimale; Roland de Puky,
Montagnes russes — vivide pagine di diario
di un viaggio nell’U.R.S.S.
The Ecumenical Review, oct. 1969
La rivista curata dal Consiglio ecumenico
delle Chiese porta, in ogni numero, un « Diario ecumenico » e una « Cronaca ecumenica » costituita da documenti del C.E.C. e delle sue Divisioni e Dipartimenti, oltre a un’ampia bibliografia (libri e riviste) di argomento
ecumenico. In quest’ultimo fascicolo segnaliamo Re-Opening the Dialogue with the “Horizontalists", di H. Berkhof; Our Debt as
Evangelicals to the Roman Catholic Community, di J. Miguez-Bonino e Dynamic
Factors in the Ecumenical Situation, di
W. A. VissER ’t Hooft, il testo di una conferenza da lui tenuta alcuni mesi or sono in
varie città, fra cui Roma (e ne demmo qui
notizia).
Segnaliamo infine alcuni articoli recenti.
Nel n. 2/1969 della « Revue d’Histoire et
de Philosophie Religieuses », uno studio di
R. Mehl sul problema e sulle prospettive aperti dal moltiplicarsi di atti di ‘‘intercomunione" : Vers une solution du problème eucharistique. Nel n. 1/1969 della « Revue Réformée » diverso materiale interessante relativo
al summenzionato movimento "confessante”
tedesco Kein anderes Evangelium: invece nel
fascicolo 2/1969 i valdesi hanno la parte del
leone: vi è stata infatti pubblicata la traduzione francese di un capitolo de II cattolicesimo del Concilio, di Paolo Ricca : Les mariages mixtes, e di una conferenza, già apparsa su « Protestantesimo », di Vittorio SubiLiA : Les nouvelles tendances du christianisme
à r Assemblée d'Upsal. Infine, sul n. III/1969
della « Revue de Théologie et de Philosophie », un bel saggio di André Biéler : La
dimension politique de la charité, objet des
recherches oecuméniques contemporaines.
Su richiesta di alcuni, ci proponiamo di
estendere e rendere più regolare questa segnalazione di articoli di riviste (e di novità
librarie significative).
(ACHIA
E
PESCA
I.A MARCIA CARDINALIZIA
Roma (Relazioni Religiose) - Apprendiamo
solo ora che diverse settimane fa il Cardinale
Maurice Roy ha preso parte ad una marcia
di 21 miglia (35 Km.), svoltasi nei dintorni
di Quebec col titolo « Rallye terzo mondo »,
La manifestazione aveva lo scopo di sensibilizzare i canadesi ai problemi del terzo mondo.
Malgrado la pioggia torrenziale, il Cardinale
e 12 mila altri partecipanti hanno marcialo
per nove ore. La manifestazione era stata organizzata con la partecipazione finanziaria di
banche e di uomini d’affari. Il Cardinale Roy
aveva diritto a 300 dollari per miglio. Tutto
fa brodo, e ogni dollaro raccolto in qualche
modo per i poveri può essere utile. Trecento
dollari per ogni miglio percorso dal Cardinale,
un dollaro solo per altrettanto percorso fatto
dai semplici preti o dai laici. Ossia, un Cardinale « vale » come trecento altri.
5
5 dicembre 1969
N. 48
pag.
COIVVEGIVIO PASTORALE ALLE VALLI
Esaminato il rapporto sinodale
su matrimonio e divorzio
Giorgio Bonchard presenta l’opera di Cinisello
a Torre Pellice...
Il primo convegno pastorale della ripresa ha avuto luogo, seguendo la
prassi instaurata lo scorso anno, il secondo lunedì del mese di novembre.
L'incontro si è aperto con uno studio
biblico comunitario su un testo della
Lettera agli Efesini, studio a cui hanno partecipato tutti i presenti con osservazioni e riflessioni. Il tema affrontato nel corso della seduta mattutina
è stato il testo della relazione sinodale sul matrimonio ed il divorzio di cui
dovranno occuparsi anche le nostre
assemblee di Chiesa durante l'anno in corso. Il testo è ora pubblicato
dalla Claudiana nella collana dell’Attualità Protestante e speriamo ainpiamente diffuso. Relatore dello studio il
past. A. Sonelli, in qualità di membro
della commissione sinodale. L’atten
I lettori
ci scrivono
PREPARAZIONE PASTORALE
a tempi nuovi, metodi nuovi
Un. lettore, da Losanna;
Il decano della Facoltà di teologia
deirUniversita di Losanna, prof. Pierre
Bonnard, ha ricordato nella sua prolu.sione che l’anno accademico 1969-69 è
stato un « anno sperimentale », caratterizzato da tre innovazioni : Sostituzione di corsi ex-cathedra con numerosi
seminari e con lavori personali o in
gruppi. Creazione di una commissione
di tre professori e sei studenti col compito di studiare problemi interessanti
la Facoltà, come pure di presentare
progetti e « desiderata » (resta però fermo che le decisioni spettano al Consiglio della Facoltà). Nuovo orientamento degli studi: Un anno propedeutico;
due anni di formazone di base; un anno più specialmente destinato alla preparazione dei tre certificati di studi
superiori preludio degli esami finali.
In 11.ove. scopo della Facoltà è di
dare agli studenti una vasta cultura
di base che permetta loro di dedicarsi
al ministero pastorale o di avviarsi verso una specializzazione scientifica.
La formazione pratica del futuro
pastore resta compito della Chiesa;
questa formazione comporta in primo
luogo uno « stage ».
Lo cc stagiaire » vivrà da fine ottobre
a fine aprile nella famiglia del suo
« constituant », cioè del pastore che
curerà la sua preparazione professionale e che lo introdurrà progressivamente nella vita della comunità.
Il rapporto favorevole del « constituant » permetterà al candidato di seguire il semestre di pratica nonché i
corsi di perfezionamento e le conferenze programmate.
Questa seconda prova superata, il
professore di teologia pratica rilascierà al candidato Fautorizzazione di presentarsi agli esami di consacrazione ed
il candidato sarà convocato dal Consiglio sinodale.
Gli esami di consacrazione non debbono essere considerati come una semplice formalità, infatti comportano
quattro prove: Una esegesi scritta
senza dizionari od altri libri. Una lezione di catechismo davanti un uditorio di « Gymnasiens » (liceali) della sezione latino, greco, ebraico. Una predica senza ausilio di note davanti alla
Commissione di consacrazione composta dai Delegati del Consiglio di Stato,
del Sinodo, della Facoltà di teologia,
del Consiglio sinodale e presieduta dal
Capo del Dipartimento dell’Istruzione
pubblica e dei culti. Ed infine un colloquio.
Questi quattro scogli superati, il candidalo apporrà la sua firma sul Registro dei ministri e da questo momento sarà pastore della Chie.sa evangelica
riformata del Cantone di Vaud, titolo
legalmente protetto.
11 neo-pastore riceverà, il terzo martedì del mese di ottobre, la Consacraione pastorale nella Cattedrale di Losanna.
/. Rosetti
zione è stata centrata sulla realtà del
matrimonio quale si vive oggi nella
nostra società e sulla grande trasformazione che sta subendo sotto le pressioni del cambiamento sociale. E sembrato che si dovesse accentuare maggiormente il carattere di impegno e di
testimonianza che un matrimonio cristiano può avere oggi. La discussione
non ha però condotto a delle prese di
posizione chiare e a delle enunciazioni comuni. Il pomeriggio è stato consacrato alle attività distrettuali ed alle comunicazioni varie con ripresa del
tema affrontato il mattino.
Il prossimo incontro avrà luogo a
Pinerolo lunedi 15 dicembre con il seguente programma:
ore 9,30: studio biblico sul testo Romani 13: 11-14;
ore 10,30: esame del punto 1 e 2 dell'O.d.G. sinodale sulle linee di marcia della nostra Chiesa sulla base di
una bozza di discussione preparata
dai past. P. L. Jalla, M. Ayassot, G.
Tourn;
ore 13,30: comunicazioni della Tavola
e della Comm. Distrettuale;
ore 14,30-16: ripresa della discussione
di fondo, tenendo conto delle risultanze della Conferenza distrettuale
di Torre Pellice, in vista di una linea comune di azione.
I temi proposti per la discussione
sono in particolare i seguenti:
a) valutare le conseguenze a livello della popolazione valdese dell’industrializzazione, dell’istruzione d’obbligo, del rinnovamento cattolico;
b) i problemi teologici aperti nelle generazioni degli anni 2040 e 50-60.
Nel primo caso gli equivoci nati dalla
volontà di ricuperare la massa della
popolazione servendosi di un linguaggio e di una forma di attività secolarizzata; nel secondo la mancata soluzione del problema della stòria e del
conseguente inserimento in essa del
credente;
c) modalità di una vita comunitaria organica e di un’opera pastorale
che raggiunga senza cedimenti e senza ricuperi la massa della popolazione.
Impostazione di una predicazione
concretamente centrata sui problerni
posti dal punto a e b. Le necessarie
modificazioni delle nostre prassi ecclesiastiche e delle nostre strutture.
G. T.
La sera del 23 novembre in una riunione
della società E. Arnaud il pastore Giorgio
Bouchard ha parlato con l’entusiasmo che tutti gli conoscono sul tema « CiniseUo; esperienze di una comunità evangelica in un
quartiere operaio ». Lo ringraziamo vivamente
ed auguriamo a lui ed ai suoi collaboratori
un risultato incoraggiante e valido nella loro
testimonianza cristiana.
Infine segnaliamo la ripresa del corso di
aggiornamento teologico, esegetico, pedagogico
a Luserna S. Giovanni che ha come programma allo studio il medesimo delle scuole domenicali.
Battesimi; Gabriella Rosanna Malgn di Alberto e di Matilde Vigna; Mauro Pons di Renzo e di Fiammetta Rostan. Bruno PeUegrin di
Corrado e di Ida Tourn. Ezio Stefano Rivoira
e Marisa Rivoira di Marcello e di Marcella
Bonjour. Benediea il Signore tutti questi cari
bambini.
Matrimoni: Si sono sposati Lucio Garnier e
Laura Poijs: ai cari sposi l’augurio di ogni
bene nel Signore.
Dipartenze: Hanno lasciato nel lutto i loro
cari Albertina Gonin in Giprdan, (Simound),
Olga Prochet Mariani (Villa 2), Giovanna
Lucy Gabriella Malan vedova Revel (Pra Castello). A tutte le famiglie afflitte esprimiamo
la nostra affettuosa simpatia.
Lina Varese
Sabato 6 dicembre, alle 20.45, nell’aula magna del Collegio Valdese, sotto l’egida della Filodrammatica « G.
Casini », la Filodrammatica Valdese di
S. Germano Chisone presenta: « Un
istante prima », 3 atti di E. Bassano.
Presso l’Università di Torino ha brillantemente conseguito la laurea in Lettere e Filosofia Elena Bein della comunità di Torre Pellice. Alla neo-laureata, che oltre al pieno punteggio ha
avuto la proposta di pubblicazione della tesi di laurea, i più vivi rallegramenti e l’augurio di una testimonianza benedetta dal Signore sul piano della
scuola e dell’impegno sociale di credente.
... a Pomaretto
L’opera di CiniseUo Balsamo è stata illustrata con dovìzia di particolari alla cappella
di Perosa alla presenza di gruppi di comunità vicine, di cattolici del circolo culturale e
del dissenso, e con nn piccolo gruppo della
nostra comunità che si apre ai problemi della nostra opera fuori dei nostri confini. Siamo grati a Giorgio Bouchard per quanto ci
ha detto consentendoci di comprendere come l’opera di Cristo non è legata a binari
consueti, ma si compie in forme nuove cd
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Chiesa Metodista, Omegna, 2.835; Chiesa Metodista, Cremona, 8.500; Chiesa Metodista,
Piacenza, 5.000; Chiesa Battista, Bari, 10.000;
Chiesa Battista, Gioia del Colle, 4.200; Chiesa
Battista, Altamura, 4.000.
Totale, L. 303.155.
Ci scusiamo per il ritardo con il quale diamo questo secondo elenco di offerte ma...
abbiamo sperato che le molte Comunità che
non hanno risposto al nostro appello ci inviassero il loro contributo. Manteniamo aperto questo elenco sino alla fine del corrente anno, e attendiamo fiduciosi.
OFFERTE PER LE POPOLAZIONI
DEL BIAFRA
(sesto ed ultimo elenco)
Importo elenchi precedenti, L. 2.568.475.
Scuola domenicale Valdese, Rodoretto,
L. 1.670; Chiesa Valdese S. Germano Chisone
(10“, 11*, 12” off., 15.000; Bettoni Pietro,
Bergamo, L. 50.000; N. N., S. Secondo di
Pinerolo, 2.000; Zuliani B., Gorizia, 10.000;
Pampuri Renata, Genova 5.000; Bein Mirella
e Ernesto, Torre Pellice, (5“ e 6“ offerta),
10.000; Bettoni Pietro, Bergamo, 100.000.
Totale L. 2.762.145.
Con queste offerte la Federazione chiude
la propria sottoscrizione a favore delle popolazioni del Biafra, esprimendo il proprio vivo
ringraziamento a quanti, contribuendo ad
essa generosamente, ci hanno permesso di inviare al Consiglio ecumenico, per questo scopo, pili del doppio dell’importo per il quale ci
eravamo impegnati. Ricordiamo, a quanti desiderino esprimere la loro solidarietà con le
popolazioni dei paesi sottosviluppati, che è
tuttora in corso, ad iniziativa del periodico
« L’Eco-Luce », una sottoscrizione « Contro la
fame degli altri » per la quale le offerte possono essere inviate mediante il c. c. p.
n. 2/39878, intestato a Roberto Peyrot, Corso
Moncalieri 70 - 10133 Torino.
Personalia
A Firenze si sono sposati Lea Santini
e .lean Paul Nicolet.
A Torino si sono sposati Erica Garrou e Franco Fiorio.
Rivolgiamo a queste coppie di sposi
Avete pensato ad abbonare
per il 1970
i vostri ragazzi al mensile che
la nostra Chiesa cura per loro?
L amico dei fanciulii
Ogni mese, nelle sue 16 pagine
illustrate, porta loro queste rubriche:
— la pagina biblica
— racconti
— documentari e notizie
— la pagina dei Cadetti
— ricerche bibliche
— corrispondenza e rubrica dei
ragazzi
— giochi
— la natura
Dal sommario di novembre:
In Spagna fra i bambini evangelici — Gideon, un bambino pagano — Tra le pagine del Nuovo Testamento: Zaccheo, l’uomo
che si arrampica — L’estate di
una cadetta, ad Agape e a Vallecrosia — Gora, il piccolo tasso
— Ricerche, concorsi, giochi.
Abbonamento annuo L. 750 estero L. 1.000 - ogni offerta è ricevuta con gratitudine. Versamenti sul c.c.p 2/21641 intestato
a Libreria Claudiana, Via Principe Tommaso 1, 10125 Torino.
efficaci : CiniseUo è una porta aperta al concreto messaggio di Cristo che si esprime in vita comunitaria, incontri, impegni verso il mondo operaio. Siamo lieti deU’offerta che i presenti hanno voluto fare per l’opera in Cinisello.
In ritardo, congratulazioni a Ezio Peyrot
dei Blegieri per aver conseguito il titolo di
perito industriale a Torino; in riconoscenza
a Dio invia L. 5.000 per la Scuola Materna.
Un pensiero augurale ai bimbi: Nicoletta
Reynaud di Giovanni e Lidia Clot e Roberto
Micol di Flavio e Anita Long perché la luce
dell’esempio di Cristo sia di ispirazione ai genitori perché i figli seguano le orme del Salvatore, ascoltante a mezzo della chiesa la Sua
Parola di vita.
Ricordiamo le riunioni prossime : mercoledì
10 dicembre: Lausa; giovedì 11: Perosa; venerdì 12: CombaviUa. Mercoledì 17: Masselli.
Finanze: fra poche settimane si chiude
l’anno finanziario ed aspettiamo con gioia le
offerte per l’opera del Signore.
Continuando l’elenco delle offerte per la
Scuola Materna (per il nuovo edificio, con
nuova sala, manca ancora un milione e
mezzo) :
Pascal Giovanni e Maria Luisa 10.000; Micol
Laura e madre Pons Adelaide 10.000; Virone Ines nata Bertalotto 2.000; Maurino Alessandro e Letizia 2.000; Famiglia Pons e Griglio Forte di Perosa S.OOO; Sieve Regina
5.000; CoUet Remon e Elena Inverso P.
5.000; Ghigo Ines in Grill 5.000; Grill Onorato S.OOO; Morel Giacomo Sindaco di Rorà
2.000; Ribet Cesarina vpd. Rostan 10.000;
Ilda Revel, San Germano Chisone 10.000; Irma Rostagno, Pomaretto 30.000; ricordando
le zie Adelina Clapier Genre e Marinella
Genre 5.000; Long Aldo e Lina 10.000; Sommani Lina 10.000; Gruppo del colportaggio
34.000; Lageard Alfonsina 5.000; famiglia
Bernard Arturo 20.000; Bosco Eraldo 10.000;
Rizzi Marcella, Sestri Genova 10.000; Colletta
sig. Bosco (2° acconto) 32.000; Lageard Martina 10.000 Pons Guglielmo, Riano 20.000;
in occasione battesimo di Peyronel Paolo dai
nonni paterni 5.000.
federazione delle Chiese Evangeliche in Italia
Scuola Latina
Offerte ricevute fino al 15 novembre 1969
dalla Direzione che, sentitamente, ringrazia.
Laura Mariotti 5.000; Past. P. Köhler
(Neurent) 50 marchi; Maria Grill (Torre Pellice) 50.000; Sanmartino Laura (Pomaretto)
5.000; Geymet Amalia (ViUar Perosa) 15.000;
fam. Griva (Pinerolo) 5.000; Margherita Davite (Torino) in mem. Carlo Davite 10.000;
Mimi Mathieu (Pomaretto in mem. papà
5.000;, Ernesto Jahier (Pomaretto) 10.000;
Ilda Revel S. Germano Chiane) 5.000; Ida e
Gina Bertalot (Pinerolo) in mem. nipote Sergio 2.000; Pons Guglielmo (Pomaretto) 10
mila; L. Avondetto (Milano) 5.000; Alice
Peter (Perosa Argeqtina) in mem. Conrad
Peter 5.000; Morello Nadia (Pomaretto) 10
mila. Rostan Clara (Pomaretto) 10.000.
RINGRAZIAMENTO
La Famiglia, nell’impossibilità di
farlo singolarmente, ringrazia tutti
coloro che con fiori, scritti e di presenza hanno preso parte al profondo
dolore per la dipartita del diletto
Stefano Enrico Rostan
Un particolare ringraziamento al
Dott. Bertolino per le premurose cure; al Pastore Sig. Jalla e Signora per
le parole di conforto; ai vicini di casa; ai compagni di lavoro di Ezio e
alle Associazioni: Alpini, Combattenti e Reduci e dei Partigiani.
«Io rimetto il mio i^irito nelle
tue mani» (Salmo 31: 5).
Azzari di S. Germano Chisone,
27 novembre 1969
Anche quest’anno la CLAUDIANA ha
pubblicato il ben noto calendario
VALLI NOSTRE 1970
dodici belle quattricromie mensili, con
indirizzario di chiese e opere evangeliche in Italia e all'estero. Il prezzo è
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È pure uscita in questi giorni la
AGENDA BIBLICA 1970
pratica agendina tascabile, con breve
meditazione biblica settimanale, indirizzario e tutta una serie di dati utili
all’evangelico italiano. Il prezzo è di
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Richiedete queste due pubblicazioni
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GIOVANE coppia Ginevra con bambino quattro anni, cerca giovane valdese seria che
curi casa e bimbo. Rivolgersi Pastore Sonelli - 10066 Torre PeUice.
il nostro fraterno augurio per la loro
vita comune.
* * *
Esprimiamo, sia pure con ritardo, la
nostra fraterna ¡simpatia al prof. Giorgio Peyrot e a tutti i suoi familiari per
la dipartita della signora Ines Filippini
ved. Peyrot.
Formato cm. 20 x 12
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Pagine 44 con 34 fotografie
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Una guida pratica
alla conoscenza
della storia
e della vita
delle comunità
protestanti fiorentine
Questo volumetto è uscito con ■
10 scopo di offrire ai fiorentini
e a tutti i protestanti italiani e
stranieri, una breve guida storico-turistica delle chiese e opere
evangeliche di Firenze.
11 volumetto è di facile consultazione. Molte sono le fotografie
delle chiese e delle opere, nonché di alcune parti turistiche.
della città che ricordano la presenza e la testimonianza degli
evangelici nel passato.
È una guida attraverso le strade
principali della città dove si possono incontrare palazzi, monumenti e luoghi che ricordano
fatti e gesta di fedeli servitori
dell’evangelo. È una guida verso
le opere che attualmente esistono in Firenze e che potrebbero
essere visitate, incoraggiate e
aiutate a proseguire la loro azione di solidarietà e di testimonianza cristiana.
Questa pubblicazione che presto
uscirà in tedesco, in francese e
inglese, vuole essere un ulteriore
sviluppo del lavoro dell’ Ufficio
Turistico del « Centro », il quale
è da tempo un punto d’incontro,
di informazioni e di assistenza
per evangelici italiani e stranieri
che si trovano a passare o a sostare ogni anno nella nostra
Città.
A cura del Centro Evangelico di Solidarietà, Via Serragli 49 - 50124 Firenze
c. c. p. 5/20840
Firenze evangelica
Introduzione (Prof. G. Spini)
Itinerario Storico-Turistico (Past. L. Santini)
L’Opera Evangelica oggi in Firenze
Tutti possono richiedere copie di «Firenze Evangelica» al «Centro» dietro
versamento di una piccola offerta. Tutti sono invitati a dare consigli, suggerimenti e critiche per l’ulteriore miglioramento di questa modesta opera.
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pag. 6
N. 48 — 5 dicembre 1969
La Chiesa nel mondo
a cura di Roberto Peyrot
Verso un dialogo uioodiale
fra tutte le religioni
Ginevra (soepi) - Il Cec sta organizzando nelle vicinanze di Beirut, in Libano, una Conferenza che avrà luogo
dal 16 al 25 marzo 1970, e che vuol essere un tentativo di dialogo fra cristiani, induisti, buddisti e mussulmani.
In questi ultimi anni si sono avuti
parecchi incontri fra cristiani ed appartenenti ad altre religioni, in diversi paesi. L’anno scorso a Cartigny (Svizzera)
si sono incontrati cristiani e mussulmani e a Berlino Est vi è -stato un incontro fra cristiani ed ebrei. Inoltre,
parecchi dialoghi sono stati organizzati
fra cristiani e marxisti.
Ma la Conferenza di Beirut riunirà
per la prima volta degli uomini di religioni diverse; per fare il punto delle
discussioni avute sinora e considerare
le possibilità future. Essa avrà come
tema: « Dialogo cogli aderenti ad altre
religioni ».
Trenta dei quaranta partecipanti saranno cristiani (protestanti, ortodossi
e cattolici) e dieci rappresenteranno le
altre religioni. Si tratta soprattutto di
specialisti che hanno già partecipato a
dialoghi inter-reli'giosi e che hanno una
conoscenza molto approfondita di una
o più religioni, oltre la loro.
L’incaricato dell’organizzazione della
Conferenza, J. Samartha, ha fra l’altro
detto: « Oggi, il pluralismo religioso
non è più un problema teorico ma un
fatto che deve essere riconosciuto. Perciò, deve essere possibile a uomini di
diverse convinzioni religiose di discutere assieme di problemi quali quello
della pace, dei diritti e dell’awenire
dell’uomo, problemi che si pongono
all’umanità intera ».
Il significato del messaggio cristiano
deve essere anche compreso alla luce
All’esperienza dei cristiani che vivono
in comunità con uomini aventi una fede
diversa dalla loro, ha poi soggiunto.
Verrà poi organizzata un’altra Conferenza che studierà le implicazioni teologiche delle conclusioni di Beirut.
La Conferenza cercherà di rimuovere
gli ostacoli che impediscono il dialogo
e di potenziare i fattori che consentono
di progredire in modo costruttivo, senza che nessimo debba rinunciare ai
propri impegni.
La Conferenza viene organizzata dietro richiesta del Comitato Centrale del
Cec, che ha dichiarato nell’agosto scorso che le relazioni con uomini di altre
religioni e di altre ideologie costituiscono uno fra i principali problemi di
oggi.
UN GIORNALE SOVIETICO
ATTACCA « L’ATTIVITA’
IMPERIALISTICA» DEL CEC
New York (soepi) - In un articolo largamente diffuso in Unione Sovietica, il
CEC è stato accomunato agli imperialisti ed agli antimarxisti dell’Occidente.
Il testo, dal titolo: « L’ecumenismo:
il suo significato sociale, la sua ideologia ed i suoi obbiettivi » è apparso in
« Autoeducazione politica », rivista pubblicata a Mosca con una tiratura di
oltre un milione di copie. A sua volta
è stato tradotto in inglese ed è apparso
sul numero di settembre di « La religione nei paesi comunisti » pubblicazione del Consiglio nazionale delle Chiese (Usa).
L’articolo, a firma N. Grodienko, è
ben documentato e mostra una buona
conoscenza della storia recente del movimento ecumenico: si tratta di una
denuncia del cristianesimo in generale
e del Cec in particolare. Esso sottolinea particolarmente che la Chiesa ortodossa russa, membro del Cec, ha accettato quello che viene considerato come
l’orientamento anti-socialista del Consiglio.
Il recente dialogo marxisti-cristiani
non viene condannato in blocco, ma
l’autore gli attribuisce poco valore.
« Gli interessi dei lavoratori sono difesi
e sostenuti dal comunismo scientifico
e non dal cristianesimo o da qualsiasi
altra religione », dice Grodienko (n.d.t.:
è curioso notare come in questo caso,
gli estremi si tocchino, anche se con
diverse motivazioni. « La chiesa non
deve fare politica » la frase spesso pronunciata dalla conservazione, viene qui
impugnata in un ambiente vicino al
vertice sovietico: si teme forse una
"concorrenza” da parte della Chiesa
dati i suoi crescenti impegni sociali e
le sue pressioni — secondo noi ancora
del tutto insufficienti — verso i governi
relativamente ai grandi temi dell’umanità quali la giustizia sociale, la guerra,
la fame, ecc.7).
Il Cec viene accusato di imperialismo perchè ha preso posizione sulla
guerra di Corea e sull’invasione sovietica deirUngheria e della Cecoslovacchia. L’ autore dell’ articolo non vede
alcun cambiamento nella posizione del
CEC dopo l’ammissione delle Chiese
dei paesi comunisti, nel 1961.
« DEMOCRATIZZAZIONE »
DELLA CHIESA RIFORMATA
OLANDESE
L’Afa (soepi) - Per dare maggiormente la
parola ai laici in materia di politica ecclesiastica per gli anni 70, la Chiesa riformata
olandese prevede un’assemblea generale alla
Pentecoste dell’anno venturo.
In un messaggio letto dai pulpiti di tutte le
chiese, i fedeli sono stati invitati a partecipare
A TORINO: PROCESSO PER VILIPENDIOJ^LLE F^ZE ARMATE
Una vittoria Mi democrazia
all’elaborasione dell’ordine del giorno di questa manifestazione assistendo sin da ora alle
riunioni locali e regionali o sottoponendo i
loro suggerimenti con degli scritti.
Un documento di lavoro, pubblicato dal
Consiglio esecutivo della Chiesa, presenta
quest’Assemblea come un tentativo di affrontare le questioni fondamentali che « negli
anni 70 determineranno se — a vista umana — vi sarà oppure no una Chiesa riformata ».
La decisione di organizzare dei dibattiti su
scala nazionale sul ruolo della Chiesa in una
società in rapida evoluzione è stata presa a
seguito delle numerose domande provenienti
sia dal corpo pastorale che dai laici, che richiedono di allargare la struttura delle attuali autorità ecclesiastiche e pèrmettere una
partecipazione delle parrocchie alla direzione
della Chiesa.
Questo piano ha avuto in genere un’accoglienza favorevole, ma ha anche succitato critiche, specie da parte dell’« Alleanza riformata » che rappresenta l’ala conservatrice della
Chiesa riformata dei Paesi Bassi. Essa teme
che l’ordine presbiteriano della Chiesa venga
minato da questo tentativo di « democratizzazione » e spinge i suoi membri a boicottare
PAssemblea generale in oggetto, come pure
le riunioni preparatorie regionali.
VENTISETTE NUOVI STUDENTI
ALLA FACOLTÀ’ DI TEOLOGIA
DI PRAGA
Praga (soepi) - Il numero degli studenti del
primo anno della Facoltà di teologia Comenius di Praga è aumentato : fra gli 88 studenti si contano infatti ben 27 nuovi venuti.
Delle 19 studentesse, 6 sono iscritte al primo
anno.
Vi si nota pure la presenza di studenti
olandesi (2), tedeschi occ. (2), tedeschi orientali (1) e ungheresi (18).
Gli studenti appartengono a diverse confessioni. Più della metà e cioè 46, sono membri
della Chiesa evangelica dei Fratelli cèchi. Gli
altri appartengono alle seguenti Chiese : Chiesa riformata, Chiesa dei Fratelli, Unione battista, Unione dei Fratelli, Chiesa metodista
e Avventisti del settimo giorno. Due studenti non appartengono ad alcuna confessione.
Grazie alle borse di studio concesse dai paesi stranieri e coll’approvazione del ministro del
Segretariato culturale per gli Affari ecclesiastici, gli studenti del quarto anno possono
ora seguire dei corsi all’estero. Quattro di essi
stanno per recarsi in facoltà teologiche svizzere, francesi e tedesco-occidentali.
Decano della Facoltà, che conta 15 professori, è J. B. Soucek ed il suo sostituto è U
prof. F. M. Dobias.
ANCHE IN POLONIA
SI ORGANIZZA IL MOVIMENTO
DEI « PRETI SOLIDALI »
Roma (Relazioni Religiose) - NegU ambienti molto vicini aU’Assembìea Europea dei
Preti risulta che alla riunione tenutasi nei
giorni scorsi a Roma erano pervenuti tre messaggi di solidarietà inviati dal clero polacco.
Uno dei testi reso noto è firmato Padre Stanislao. Si tratta di un personaggio noto agli
orgaiùzzatori della riunione romana i quali
tuttavia non hanno voluto fornire maggiori
dati sul sacerdote polacco. Gli altri messaggi
erano giunti da Varsavia e da Lublino, dove
ha sede l’Università Cattolica di Polonia. Il
dirigente deU’Assemblea Europea dei Preti,
Rev. Detry, si recherà prossimamente in Polo- .
nia per incontrare i « preti solidali ». Gli incontri sono previsti a Varsavia, Lublino e
Cracovia. Per l’anno prossimo una delegazione
di « preti solidali » polacca è attesa a Bruxelles per i contatti con la centrale del movimento.
PASOLINI PREPARA UN FILM
SU L’APOSTOLO PAOLO
Roma (Relagioni Religiose) - Il regista Pier
Paolo Pasolini prepara un film suU’apostolo
Paolo, ambientato però nei nostri giorni. Secondo le prime indiscrezioni il dialogo sarà
integralmente preso dalle lettere di Paolo e
dagli Atti degli Apostoli.
La tesi di incostituzionalità sostenuta dalla
Corte d’Assise che demanda la questione alla
difesa accolta dalla
Corte Costituzionale
Il prof. Giuseppe Marasso, ventisettenne, cattolico, insegnante, accusato
di vilipendio alle forze armate, e processato il 28 nov. se. alla presenza di
un foltissimo uditorio composto nella
maggioranza da giovani, non è stato
condannato dalla Corte d’Assise di Torino che, con una ordinanza emessa
dopo una lunga permanenza in camera
d: consiglio, ha denianGa;o la questione alia Corte Costituzionale
11 prof. Marasso, in occasione di una
dimostrazione organizzata nella scorsa
primavera dal CEP (Corpo Europeo
della Pace) pronunciò col megafono alcune frasi contro il militarismo e gli
eserciti, come ad esempio: « Le caserme sono scuola di assassinio ».
Che cos’è il CEP? E’ una organizzazione apolitica (nel senso che non è
appannaggio di alcun partito) il cui
obiettivo più immediato è il sostegno
della obiezione di coscienza. Essa parte
dal presupposto che, siccome una delle
massime espressioni di lealtà che lo
Stato richiede al cittadino è il servizio
militare, questa lealtà verso lo stato
rappresenta a sua volta una slealtà verso l'umanità, perchè tutti gli eserciti
sono finalizzati alla distruzione dell’uomo. Allo stesso tempo, il CEP si batte
per la creazione di un servizio totalmente civile (cioè senza alcun addentellato coll’apparato militare, quale i portaferiti, la Croce Rossa militare, ecc.)
alternativo e della stessa durata di
quello militare. Questo servizio — mediante una successiva reale « europeizzazione » — dovrà anche rappresentare
una possibilità di verifica della realtà
dello sfruttamento del mondo del nord
verso il sud del mondo, della miseria,
della fame: ecco qui innestarsi un’altra
azione squisitamente politica che ha
come prospettiva la creazione di una
Europa Unita, tappa ed esempio verso
la Federazione Mondiale. Utopìe? Per
tanti, (SÌ, ma che pure dovrebbero costituire una base di azione per il credente.
E’ nel quadro di questa azione che
bisogna quindi considerare le frasi pronunciate dal Marasso, e non in un contesto isolato, tenendo inoltre ben presente che anche la guerra difensiva contemplata dalla Costituzione italiana oltre vent’anni fa all’art. 3 ( « La difesa
della Patria è sacro dovere del cittadino ») ha perso il suo significato originale. Questo concetto è stato perfino
adottato dalla pur « prudente » La
Stampa di Torino, ed in prima pagina,
sul numero del 27 novembre, ospitando
un articolo di A. Galante Garrone che
fra l’altro dice: « ...In un paese libero...
assurda sarebbe qualsiasi distinzione o
gerarchia di opinioni: anche quella che,
nel modo più assoluto, insorge contro
la guerra ed il servizio militare obbligatorio ha diritto di libera cittadinanza. Di fronte alla minaccia di un cataclisma atomico, perfino la distinzione
fra querre giuste ed ingiuste, o quella
fra querre di offesa e di difesa... ha perduto ogni valore ». Ed ancora: « ...Non
si può riconoscere in astratto la libertà
di professare un principio generale, assoluto, come è quello del rifiuto di ogni
guerra, e poi condannare come vilipendio le conclusioni che logicamente sono
tratte da quel principio ».
Le stesse statistiche dicono chiaramente come le guerre, col passar degli anni e coll’accrescersi della nostra
« civiltà », tendano a diventare sempre
più totali e stritolino sempre di più nella loro trappola mortale le popolazioni
civili: prima guerra mondiale, vittime
civili: 5%; seconda guerra mondiale,
48%; guerra di Corea, 84%. Certamente, in Vietnam questa percentuale è de
IIIIIMIIIIIIIlmilllllllllIIIIIIIIIIIHIIIKM «II
iiiimiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiitiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiii
SITUAZIONI MISSIONARIE
Paternalismo: si? no?
Melbourne (spr) - Dopo discussione ampia
e vivace, il Consiglio delle Missioni deUa
Chiesa presbiteriana d’Australia ha deciso di
accettare il principio di opzione locale per il
controllo degli alcoolici nelle missioni fra gli
aborigeni e nelle riserve. Ci si attende che
questa decisione porti a vivaci controversie
nella Chiesa.
Il problema fu posto all’ordine del giorno
del Consiglio in seguito al numero crescente
delle richieste provenienti da aborigeni di
certe missioni, richieste costituite da domande d’autorizzazione a procurarsi alcool. La discussione verterà essenzialmente sul diritto,
da parte degli aborigeni, di prospettarsi la
possibilità di consumare bevande alcooliche e
di prendere essi stessi una decisione in merito.
Le ragioni avanzate in favore di questa
opzione locale sono queste:
— si tratta di un principio ammesso da
tutti gli australiani;
— significa il distacco da qualsiasi tendenza protezionista o paternalista;
.— è una misura conforme alla necessità in
cui gli aborigeni si troveranno, di decidere personalmente, quando avranno lasciato i centri
missionari e si troveranno in località dove ci
si può procurare con facilità l’alcool;
— poiché l’alcool non è soggetto a regolamentazione nelle località in cui gli aborigeni
saranno chiamati a vivere nel futuro, li si deve aiutare e prendere una decisione.
Un portavoce del Consiglio ha espresso la
speranza che ciascuno, nella Chiesa, si sforzi
di studiare i due aspetti del problema, come
ha fatto il Consiglio. « Gli aborigeni hanno il
diritto di condursi in modo responsabile o irresponsabile. È nostro dovere aiutarli a prendere
una decisione in piena coscienza, fornendo loro l’informazione più ampia sul problema ».
IIIIIIIIII'IIIIIIIIIIIIIM
iiiimiiimiiiiiii
A TORRE PEILICE L’8 DICEMRRE
Conferenza straoridinaria
del r Distretto
La Conferenza straordinaria del
I Distretto è convocata a Torre Pellice
per le ore 8,30 del giorno 8 dicembre 1969.
Il culto di apertura verrà presieduto
dal Past. Sonelli.
La Commissione Distrettuale
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
____________N. 175 — 8.7.1960_______________
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (To)
stinata ad aumentare, se si pensa alle
stragi — solo in parte note — di civili
eseguite da truppe terrestri ed alle vittime provocate dai terribili bombardamenti al napalm, che tutto brucia.
Ma torniamo al processo; la difesa,
rappresentata dagli avv. Magnani-Noya
e Zancón, dopo una serie di considerazioni generali sulla libertà del singolo
e sulla sua insufficiente garanzia, ha
portato avanti con acutezza e sensibilità democratica questa argomentazione: Per il vilipendio alle forza armate
occorre Vautorizzazione a procedere da
parte del Ministero di Grazia e Giustizia; questa autorizzazione non è nè più
e nè meno che una delibazione preliminare del potere esecutivo che influenza
la magistratura e ne infirma l’indipendenza. E tanto più la cosa appare grave nel caso in oggetto in quanto, mentre il Ministero ha concesso l’autorizzazione a procedere per il prof. Marasso, l’ha nel contempo negata per un
altro imputato che inalberava, nella
stessa occasione, un cartello con frasi
dello stesso tenore di quelle incriminate: la magistratura qui ha potuto solo
prendere atto di una decisione del guardasigilli.
La cosa è in netto contrasto coll’art. 3
della Costituzione, che afferma che tutti
i cittadini hanno pari dignità sociale e
sono uguali di fronte alla legge, senza
distinzione alcuna.
Come abbiamo già detto, la Corte
d’Assise di Torino ha accettato la tesi
della difesa, cui si è associato anche
il pubblico ministero e con una ordinanza ha rinviato gli atti alla Corte Co
stituzionale; essi saranno pure notificati alla Camera, al Senato ed alla presidenza del Consiglio dei ministri. Auguriamoci ora che la Corte Costituzionale, ispirandosi allo stesso senso democratico, ponga rimedio ad una stortura della legge.
Formuliamo anche il voto che, in un
clima di rinnovamento democratico,
vadano anche presto a soluzione le que^
stioni relative all’obiezione di coscienza ed alla soppressione del concetto di
« vilipendio » il cui mantenimento, come ha fatto notare anche il nostro ultimo Sinodo (art. 14 degli « Atti ») « si
presta ad essere iniquo strumento per
coartare e reprimere la libera espressione del pensiero e l’esercizio del diritto di critica, anche in campo religioso » e in netto contrasto col 1“ comma
dell’art. 21 della Costituzione che dice:
« Tutti hanno diritto di manifestare lU
beramente il proprio pensiero colla parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di
diffusione ». Se questo contrasto non
cadrà, la nostra democrazia rimarrà in
gran parte sulla carta.
Come concludere questo già lungo
scritto? Con un pensiero di riconoscenza verso questo fratello cattolico
che Con coraggio, coerenza e pagando
di persona, ha riproposto su piano nazionale la necessità e l'urgenza della .soluzione di alcuni temi di fondo, basilari per l’uomo ed il credente di ogai
e decisivi per una vita futura, basaÌa
sulla fratellanza al di sopra di ogni umana frontiera.
Roberto Peyrot
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
LA SCUOLA SCONVOLTA
Ciò che accade oggi nelie scuole
secondarie delle maggiori città italiane è un terremoto di così eccezionale
gravità, che tutte le persone con un
minimo di coscienza, ma soprattutto
coloro che, come chi scrive, hanno dedicato lunga vita e molto lavoro alla
scuola, si domandano angosciate quando e come si rientrerà nell’ordine e
neH’efficienza.
II Sindacato Scuola della Confederazione Generale Italiana del Lavoro,
che raccoglie un notevole numero di
insegnanti, ha indetto uno sciopero
per il 3 dicembre p. v. Per l’occasione,
la Sezione di Torino ha diffuso un appello ai colleghi, che ci sembra un
esempio di chiarezza d’idee, di serenità di giudizio, di valutazione obbiettiva e concreta della situazione. Ne riportiamo qui le parti salienti.
« Indipendentemente dal giudizio
sulle forme e sugli obbiettivi specifici
dell’agitazione degli studenti, nessuna
persona onesta, e tanto meno chi vive
nella scuola, può negare che le cause
che li spingono ad opporsi agli attuali
ordinamenti scolastici e, a volte, alla
scuola stessa, hanno un fondamento
reale nello stato di malessere in cui
essi si trovano, sia nella società sia,
soprattutto, nella scuola.
La nostra società rivela sempre più
di non essere in grado di risolvere,
malgrado l’innegabile sviluppo economico, fondamentali problemi di civiltà
quali quello dell’istruzione, della tutela della salute, di un’equa distribuzione delle risorse disponibili fra tutti i
cittadini e di un’effettiva partecipazione dei cittadini stessi alla gestione della società e alla risoluzione di tutti i
problemi sia politici, sia sociali, sia di
scelte economiche.
All’interno della scuola, tutto ciò si
manifesta in modo macroscopico. La
nostra scuola, invece di essere formativa (e quindi portatrice di valori civili ed umani), continua ad essere prevalentemente selettiva; malgrado la
grande disponibilità sociale di nuove
risorse e di beni, anche voluttuari, per
molti cittadini, il patrimonio edilizio
della nostra scuola è vecchio e del tutto insufficiente e ancor più lo sono le
sue dotazioni; malgrado la nostra società venga definita, dalla classe dirigente, “democratica”, l’ordinamento
scolastico è ancora di tipo autoritario
e la vita stessa della scuola ha un’impronta assolutamente burocratica; per
ciò che riguarda la produzione, lo sviluppo scientifico e tecnologico è abbastanza rapido, ma la scuola continua
ad essere improntata su schemi culturali vecchi e del tutto superati.
Di fronte a questa situazione, e nel
momento stesso in cui gli operai si
muovono, non soltanto per migliorare
le loro condizioni economiche, ma anche per trovare soluzione a questi problemi, noi non possiamo non riconoscere che gli studenti hanno ragione
di muoversi anche loro.
Pur rendendoci conto della necessità
di approfondire l’analisi del comportamento e degli obbiettivi dei movimenti studenteschi, non possiamo, di fron
te alla nostra coscienza, giustificare,
nei confronti degli studenti, l’uso di
provvedimenti disciplinari che, tendendo esclusivamente alla repressione e
interrompendo il rapporto educativo,
rivelano l’impotenza della scuola ad
assolvere i propri compiti e ad avviare trasformazioni radicali. (...)
Non possiamo, colleghi, scaricarci la
coscienza con il pretesto degli errori
degli studenti, non possiamo pretendere che siano essi soli ad affrontare s
risolvere i problemi della scuola e dalla cultura, perché ciò non è né giustoné possibile. Non possiamo stare -a
guardare e basta. Rendiamoci cont i
che, anche per noi, vale la stessa logica che vale per gli studenti. Quando
tentiamo, dall’interno dei regolamend
fascisti del 1924 e del 1925 che ancora
governano la nostra scuola, di rompere con decisione le incrostazioni che
la soffocano, arrivano anche per noi
provvedimenti vessatori da parte di
presidi o di altri “superiori gerarchici"; ma è proprio per questo che dobbiamo, con atto di dignità, opporci a
questo modo di dirigere la scuola. (...)
Vogliamo uno stato giuridico della
scuola che dia a tutti, individui e forze sociali, uno spazio per un’autonoma
espressione delle proprie capacità ed
esigenze, in modo da sottrarre la scuola alla discrezionalità dell’attuale rapporto gerarchico per farne un elemento vivo, strettamente compenetrato
con la società e con i problemi che vi
si dibattono. Abbiamo da tempo posto
questa rivendicazione dichiarandoci disposti a batterci per essa. Vediamo negli ultimi provvedimenti, ultimi nel
tempo di una serie che ha colpito studenti e insegnanti, una volontà che va
in senso contrario. Su questi obbiettivi, primo passo verso una radicale trasformazione della struttura scolastica,
il Sindacato Scuola CGIL dichiara lo
stato di agitazione, ecc. ».
ONORIFICENZA
AD UN CANE
R. Escarpit, su « Le Monde » (del
28.11.’69), ha pubblicato quanto segue.
« Ho sotto gli occhi una copia del
“Jornal Do Brasil”, contenente il resoconto della cerimonia in cui, a S. Paolo, il poliziotto Atila de Tamboré è stato decorato per aver impedito la fuga
per pericoloso carcerato Ivo.
La ragione per cui la cerimonia del
conferimento della decorazione si è
svolta nei locali del canile municipale,
è che Atila è un cane poliziotto. Ciò
non diminuisce per nulla la dignità del
fatto, tanto più che Ivo è un frate predicatore sospettato d’opinioni sovversive.
Forse v’è in quest’episodio, da parte
delle autorità brasiliane, un segreto
omaggio ai membri d’un certo ordine
religioso che, nel Medio Evo, prendevano come emblema proprio il cane e,
giuocando sul proprio nome di “domenicani", chiamavano sé stessi “i cani
del Signore”. È però vero che, a quei
tempi, si credeva (quale errore!) che
fossero passati più di sette secoli dalla morte di Attila ».