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Bibbia e attualità
RICONCILIAZIONE
DELLE MEMORIE
«Se ti ricordi che tuo fratello ha
qualcosa contro di te... va’ prima a riconciliarti»
Matteo 5, 23-24
JkTELL’IMMINENTE settimana di
1V preghiera per l’unità dei cristiani
ci ritroveremo in vari luoghi sulla scia
di Graz e uno dei temi potrà essere
quello della riconciliazione delle memorie. Apparentemente è uno dei punti su cui è più facile parlare di riconciliazione. Ridotto all’essenziale, significa che la rievocazione della storia non
può essere motivo di recriminazione.
Le guerre di religione e le persecuzioni
delle chiese più forti ai danni di quelle
più deboli sono acqua passata e, per
quanto non vadano dimenticate da un
punto di vista storico, possono essere
viste nell’ottica del perdono. Su questo
punto le chiese hanno la coscienza abbastanza tranquilla e hanno anche
qualche buon motivo per sentirsi in
grado di dare lezioni aH’umanità. Infatti da lungo tempo hanno capito,
salvo eccezioni del tutto marginali, che
i dissensi e i conflitti non devono sfo1 dare nell’aggressione fisica. Divisione
: Slioi bt ' aggressione non sono la stessa cosa. È
'■rec'’, possibile essere non soltanto diversi,
ma anche divisi, senza essere aggressivi gli uni nei confronti degli altri.
Lf ESORTAZIONE di Gesù da cui siamo partiti unisce memoria e riconciliazione. La memoria di quello
che il fratello ha contro di te, anziché
essere qualcosa da mettere tra parentesi davanti all’altare, è qualcosa da vivere come spinta a rinviare il sacrifìcio
a dopo la riconciliazione. Non ci si
può limitare alla riconciliazione di cose astratte. Occorre essere riconciliati
tra persone. La riconciliazione delle
memorie ha senso se c’è la riconciliazione dei fratelli. Il verbo greco che è
qui tradotto con «riconciliarti» è usato
solo in questo passo nel Nuovo Testamento. Normalmente ne troviamo un
altro leggermente diverso. Non so se
questa singolarità abbia un significato
ma, se ce l’ha, possiamo immaginare
che sia legata proprio alla concretezza
dell’avvenimento. La riconciliazione è
spesso vista in un’ottica spirituale. Come si è detto a Graz, è innanzitutto un
dono di Dio. Poi, per l’umanità, è fonte
di vita nuova. Invece Gesù qui dice di
ritornare nella vita vecchia, dove tuo
fratello ha qualcosa contro di te; e lì riconciliati, poi vieni a vivere la vita
nuova dell’adorazione.
Operazione facile? Se pensiamo
alla difficoltà della riconciliazione delle teologie, delle nazioni, dei sessi, delle scelte etiche e sociali, forse effettivamente la riconciliazione delle
memorie nel senso di non studiare la
storia per accusare gli altri, è un’operazione facile. Ma ci sono aspetti difficili
anche in questo. Per esempio quando
dalla «memoria» si passa al «senso della memoria». Qui il dialogo tra cattolici e protestanti è irto di problemi. Per
noi la memoria è fatto di archivio, di
museo. Non ci sono reliquie nei luoghi
di culto. Non ci interessa sapere la data
di confezione della Sindone, perché se
anche fosse del primo secolo non
avrebbe alcun valore spirituale. Per il
cattolicesimo la memoria, anche fabbricata, ha valore spirituale. Gli storici
valdesi hanno da tempo spazzato via
la leggenda che il movimento valdese
fosse di origine apostolica. I sindonologi, invece, vogliono ad ogni costo che la
Sindone di Torino sia del tempo di Gesù, a dispetto delle prove scientifiche
più serie. La riconciliazione delle memorie, in altri termini, può andare da
un minimo a un massimo. Oggi dobbiamo fare ogni sforzo per superare
quanto più è possibile il minimo e, soprattutto, il niente.
Claudio Tron
SKl l lMANALi: DKI.I.K ( HIKSK KVANi'.I IJCHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
Emotività, sensazionalismo e strumentalizzazioni varie caratterizzano il «caso Di Bella»
In ordine sparso contro il cancro
La confusione e l'incertezza di queste settimane non giovano ai malati e ai loro familiari che
non devono essere illusi con false speranze ma sostenuti con cure mediche serie e gratuite
GIANNI FORNARI*
La vicenda della cosiddetta cura
dei tumori con il metodo Di Bella occupa da giorni le prime pagine
dei giornali e i titoli dei notiziari televisivi. Con l’emotività che spesso
caratterizza le vicende italiane, in
un clima di confusione e incertezza
si accendono speranze e attese non
solo negli ammalati e nei loro familiari, ma anche nell’opinione pubblica. Assistiamo alla costituzione
di partiti e movimenti spontanei o
organizzati a favore della «cura»
che, con i toni della crociata, in nome di diritti non meglio precisati, si
schierano contro il ministro della
Sanità e la medicina ufficiale, colpevoli di negare ai malati di cancro
la speranza di una cura.
Per fare innanzitutto un po’ di
chiarezza, bisogna precisare che la
somatòstatina, elemento principale della «cura», è un farmaco da
tempo utilizzato in oncologia, efficace in alcuni casi nel trattamento
di tumori rari delle ghiandole endocrine e nel controllo dei sintomi.
Sono state fatte numerose sperimentazioni anche in Italia e gli oncologi la impiegano in casi selezionati per alleviare i disturbi che insorgono nella fase finale del decorso di cancri dell’intestino e per curare i disturbi dovuti alla chemioterapia. In questi casi la somatostatina è fornita gratuitamente. Essa è
invece totalmente inefficace nella
maggior parte degli altri tumori.
Quanto alle altre sostanze prescritte dal dottor Di Bella, non esistono
dimostrazioni di una loro attività.
Nel complesso, questi farmaci
avrebbero lo scopo di arrestare la
crescita del tumore con un meccanismo fisiologico e non tossico, in
contrapposizione alla chemioterapia che utilizza sostanze tossiche.
Attualmente, la cura dei tumori è
in grado di guarire alcuni malati,
mentre in molti casi è possibile rallentare l’evoluzione della malattia
e migliorare la qualità della vita. Le
nostre armi contro il cancro sono,
ancora relativamente inefficaci: ecco quindi la periodica comparsa di
cure «alternative» che concretizzerebbero la speranza di controllare
il tumore senza danneggiare l’organismo. Il cancro è tuttavia una malattia complessa, per la quale non
esiste né mai esisterà un trattamento unico ed efficace in tutti gli
ammalati. Questo è un dato di fatto
che dovrebbe insospettire e indurre a guardare con scetticismo a
queste cosiddette cure.
I progressi nella terapia sono graduali, frutto della paziente collaborazione fra ricercatori e del confronto continuo dei risultati ottenuti; essi sono sottoposti a verifiche e
modificati in base all’esperienza
che si acquisisce con la loro applicazione. La loro validità è basata su
rigorosi metodi statistici. La loro
applicazione richiede l’approvazione di comitati etici e il rispetto delle
norme a tutela dei soggetti sottoposti a sperimentazioni cliniche contenute nella Dichiarazione di Helsinki. È opportuno perciò diffidare
delle soluzioni miracolistiche, delle
grandi speranze, della formula trovata da un individuo «provvidenziale», specialmente se non vagliate
con studi clinici controllati.
Al di là degli aspetti scientifici e
metodologici che inducono al sospetto e alla cautela, vi sono co
munque in questa vicenda preoccupanti risvolti umani ed etici. Gli
ammalati di cancro e i loro familiari
sono particolarmente esposti al pericolo di false speranze e ingiustificate aspettative: di fronte all’impossibilità di curare la malattia, è
comprensibile che essi si rivolgano
a chi sembra offrire una possibilità,
con il rischio di abbandonare terapie di documentata efficacia.
I mezzi di informazione spesso
presentano le notizie in modo sensazionalistico, privilegiando gli
aspetti spettacolari dei fatti, con il
risultato di fare leva più sull’emotività che sulla razionalità. Si rischia
così di rispondere alle legittime attese di chi è nella sofferenza con
un falso pietismo e non con un
corretto impegno della società e
delle istituzioni. Inquieta anche il
disorientamento del ministero della Sanità e delle Regioni, che sembrano oscillare fra un rigido proibizionismo e un pericoloso permissivismo. Anziché attendere che il caso esplodesse, sarebbe stato sufficiente avviare per tempo degli studi metodologicamente corretti,
evitando così inutili angosce.
A coloro che non hanno possibilità di guarigione o di cure radicali
bisogna invece mettere a disposizione cure mediche gratuite e assistenza psicologica e spirituale in
grado di rendere degno il tempo di
vita rimanente. Occorre creare e
gestire uno spazio, domiciliare,
ospedaliero o hospice, dove trascorrere questo tempo con la sicurezza di avere a disposizione una
équipe preparata formata da medici e infermieri. È indispensabile offrire agli ammalati l’opportunità di
essere soggetti attivi nelle decisioni
che riguardano il morire e non di
essere angosciati dalla sensazione
di abbandono da parte dei medici
e di una sorta di persecuzione da
parte dello stato. A questa finalità
deve contribuire anche un’informazione corretta ed equilibrata e
non demagogica.
* Oncologo, primario di medicina
all'Ospedale evangelico di Torino
Evangelici torinesi e Sindone
L'ostensione sfida la
scienza e l'ecumenismo
Il 15 gennaio sono stati
presentati a Torino un
documento sulla Sindone, che pubblicheremo
integralmente sul prossimo numero di Riforma,
sottoscritto da tutte le
chiese evangeliche torinesi {apostolica, pentecostali indipendenti e
delle Assemblee di Dio,
awentista, battista, salutista, dei Fratelli, del Nazareno, della Riconciliazione, valdese) e il nuovo
libro di Carlo Rapini,
pubblicato dalla Claudiana, Sindone: una sfida alla scienza e alla fede. Ribadendo la ferma
condanna delle chiese
evangeliche per ogni for
ma di venerazione delle
immagini e analizzando
il problema Sindone da
un punto di vista storico,
biblico e teologico, gli evangelici torinesi esprimono tutte le loro preoccupazioni e perplessità sull’ostensione fortemente voluta dalla curia subalpina: il libro di
Carlo Rapini documenta
ampiamente l’origine
medievale del «sacro lino» e l’affidabilità della
radiodatazione col Carbonio 14. Insomma, l’ostensione della Sindone
della prossima primavera rischia di essere una
sfida all’ecumenismo e
uno schiaffo alla scienza.
Abbonatevi a Riforma
Non rinunciate a causa
del disservizio postale
Abbonarsi a un giornale costa (abbonar^ a
Riforma costa 8.750 lire
al mese); anche se non
hai voglia o tempo di leggerlo, il giornale arriva e
rimane lì a segnalarti una
tua inadempienza (soprattutto se è il settimanale della tua chiesa) o
uno spreco inutile di soldi. Ruò anche capitare
che ti abboni al giornale
e poi questo non arriva,
soprattutto nei periodi
delle feste, o arriva in
modo capriccioso (qualche volta puntualmente,
qualche volta no, due o
tre numeri insieme). Naturalmente questo capita
di meno ai grandi e fa
mosi giornali perché c’è
una «corsia preferenziale» anche nella distribuzione postale, non basata
sulle tariffe [Riforma,
cioè gli abbonati, pagano
come tutti) ma sul malcostume: alcuni dipendenti delle Roste ritengono che non sia un loro
dovere distribuire il nostro settimanale con
puntualità bensì una loro gentile concessione.
Rrotestate, dunque, abbonati e abbonate: non
con noi che vi spediamo
puntualmente il giornale
ogni mercoledì ma col
vostro postino o con 1’
amministrazione postale
della vostra città.
NEL DONO VERO C'È VERA GRATUITÀ.
Dopo ¡1 periodo natalizio, riflettiamo
su che cosa sia un dono, una realtà
spesso ambigua che può nascondere il
tentativo di ripagare qualcuno per
qualcosa o essere espressione di consumismo. Il dono di Dio è unico, non si
può «ricambiare». (pag. 3)
I DIRITTI DEI CURDI. Sono arrivati in ottocento a Natale, trasportati sulle
«carrette del mare» dai moderni trafficanti di schiavi, in combutta con le
polizie e le autorità di stati che ambiscono ad avere rapporti privilegiati
con in paesi dell'Unione europea. In
attesa di una vera e propria legge che
in Italia regolamenti il diritto di asilo,
bisognerà adottare un provvedimento
particolare per i curdi. (pag. 10)
L'ETERNA «QUESTIONE CATTOLICA»
Anche con il nuovo sistema elettorale
e nelle mutate condizioni politiche
continua la caccia al voto cattolico e
aW'imprimatur della gerarchia cattolica. Dunque, deve continuare la battaglia per uno stato laico, «casa comune» di tutti, che permette di conoscere, riconoscere e accettare con franchezza le differenze. (pag. 10)
2
PAG. 2 RIFORMA
All’A;
Della Pai
venerdì 16 GENNAIO 199{ VEN
«E ognuno se ne
andò a casa sua.
Gesù andò al
monte degli Ulivi.
All'alba tornò nel
tempio, e tutto il
popolo andò da
lui; ed egli,
sedutosi, li
istruiva. Allora
gli scribi e i farisei
gli condussero
una donna colta
in adulterio; e
fattala stare in
mezzo, gli dissero:
“Maestro, questa
donna è stata
colta in flagrante
adulterio. Or
Mosè, nella legge,
ci ha comandato
di lapidare tali
donne: tu che ne
dici?’’. Dicevano
questo per
metterlo alla
prova, per poterlo
accusare. Ma
Gesù, chinatosi,
si mise a scrivere
con il dito in
terra. E siccome
continuavano a
interrogarlo, egli,
alzato il capo,
disse loro: “Chi
di voi è senza
peccato, scagli
per primo la
pietra contro di
lei”. E, chinatosi
di nuovo, scriveva
in terra. Essi,
udito ciò,
e accusati dalla
loro coscienza,
uscirono
a uno a uno,
cominciando dai
più vecchi fino
agli ultimi; e Gesù
fu lasciato solo
con la donna che
stava là in mezzo.
Gesù, alzatosi e
non vedendo altri
che la donna, le
disse: “Donna,
dove sono quei
tuoi accusatori?
Nessuno ti ha
condannata?”.
Ella rispose:
“Nessuno,
Signore”.
E Gesù le disse:
“Neppure io ti
condanno; va’ e
non peccare più”»
{Giovanni 7, 53;
8,1-11)
■
—
LA DISCIPLINA DELLA MISERICORDIA
Di fronte all'adultera, Gesù deve concretizzare la misericordia che ha insegnato
Ma non può esserci misericordia senza una disciplina della misericordia
RAFFAELE VOLPE
SAVERIO nel romanzo II coraggio del Pettirosso è un
apolide. Non è né cittadino italiano, né egiziano. Vive l’eredità
di un padre anarchico che non
ha mai creduto che una linea
potesse scavalcare la soglia della
geometria e imporsi come un
confine di idee da difendere con
le armi'.
Un testo apolide
La pericope dell’adultera vive
1 ■
nel canone senza passaporto, ereditando l’anarchia di Saverio". È un testo apolide che
avrebbe potuto abitare in Marco, in Luca, in Matteo senza per
questo appartenere ad uno di
loro. Non appartiene neppure a
Giovanni, anche se ha scelto di
abitare l’Evangelo più libertario
e affastellato". Un testo anarchico, quindi, ma che possiede una
intrinseca disciplina, una pedagogica pretesa di insegnare la
misericordia attraverso sei stadi.
dura e giusta legge di Mosè". Il
corpo già colpevolizzato della
donna viene reificato per altri fini, la colpevole è usata per scopi
politici. E il rito antico delle nostre società umane: l’uso del deliñquente per far varare leggi e
attuare progetti politici.
Gesù deve concretizzare la
misericordia che ha insegnato.
Deve rivestire di carne la parola
predicata. Gesù è davanti alla
difficoltà di essere misericordioso nel caso concreto e non nel
mondo dei principi astratti,
avendo davanti un volto e non
un costume. Non può esserci
misericordia senza una.disciplina della misericordia e non può
esserci una disciplina senza
concretezza. Nella concretezza
il cristianesimo sta; senza, cade.
Il tempo della misericordia
Gesù, di fronte alla doman(
La misericordia concreta
Qualcuno porta una donna
!
scoperta a tradire suo marito dal tribunale che l’ha giudicata al luogo dell’esecuzione"' e decide di interrompere questo percorso segnato, sicuro, solo per
mettere Gesù in difficoltà, misurare la sua misericordia con la
Preghiamo
Tu non sei un dio del male
Ma tu non ami la morte
tu sei venuto fra noi
per mettere in fuga la morte
per snidare e uccidere la morte.
Anche a te la morte fa male
per questo sei amico
di ognuno segnato dal male;
e ogni male tu vuoi
condividere...
Solo un abbaglio, o equivoco amaro,
quando non sia stoltezza,
fa dire di te che sei la «divina indifferenza».
Davide Maria Turoldo
(Canti ultimi, Milano, 1991, p. 125)
da provocatoria, si siede.
Poi si alza. Poi si risiede e si rialza®. In questo ritmo del corpo di
Gesù è segnato un tempo diverso da quello dell’accusa e del
giudizio. Un tempo segnato più
dalle pause che dalle parole,
perché tra una parola e l’altra
c’è sempre uno spazio, un vuoto
e nell’attraversarlo si perde
l’equilibrio, si rischia di cadere,
ci si espone al cambiamento.
I corpi che lo circondano sono
irrigiditi o dalla paura o dalla
vendetta, il corpo di Gesù invece
supera rirrigidimento del giudizio attraverso l’esercizio. Non è
immof)ile spiritualmente, non
sono ostinati i suoi muscoli, non
è intransigente la sua volontà.
Gesù costruisce l’architettura
della misericordia nelle pause
che il corpo disegna alzandosi e
chinandosi davanti al giudizio.
4)L A Gesù, invece, potrebbero
essere messe in bocca le parole
di Dostoevskij: «Ammetto che
due più due fa quattro sia una
cosa eccellente ma, se si deve ormai fare l’elogio di tutto, vi dirò
che anche due più due fa cinque
è una cosina affascinante»®.
11 cinque di Gesù corrisponde
alla fantasia della misericordia.
A quél surplus di immaginazione che sa trovare una soluzione
inaspettata, imprevista. Il cinque va oltre il sì dell’accusa e il
no della difesa. Penetra la sfera
del peccato, dove gli opposti si
incontrano, dove gli esseri umani si somigliano, dove i lapidati
e i lapidanti sono le stesse persone. Il cinque penetra anche la
sfera della grazia, dove il cumdamnare h superato dal cum-dividere nell’orizzonte di una nuova solidarietà, dove Dio è distinto dalle creature, e le creature
sono distinte tra loro e la solidale condivisione è vissuta proprio
in questo rimanere distinti.
et misericordia (due sono gli abbandonati: la misera e la misericordia).
La parola e l'emozione
Restano Gesù e la donna. La
(
La relazione d'aiuto
Gesù provoca un transfert
1 .................
Uscire dal dilemma
Le intenzioni di chi vuole accusare Gesù sono chiare: im
prigionarlo nelle regole del dilemma, nella logica ferrea del
due più due fa quattro. Se non
condanni questa donna (2) ti opponi alla legge di Dio (+2) e
quindi sei da condannare (= 4).
Se la condanni (2) ti opponi alla
legge dei romani (-r2) e quindi
sei comunque da condannare(=
tra i giudici e la giudicata.
Gesù smaschera le relazioni
adulterate dei primi vestendoli
dei panni della seconda. I giudici possono trasferire sulla donna
emozioni e sentimenti pregressi,
lapidare le proprie paure, liberarsi. Così facendo attuano il
piano di Gesù: non giudicare
per non essere giudicato. In tal
modo l’aiutato diventa aiutante.
Oppure i giudici possono rifiutare la guarigione e andare via,
scissi tra il loro io reale e il loro
io ideale, scissi tra la loro realtà
adulterata e una figura che idealizzano e con la quale si identificano: il giudice.
Nella pericope apolide si realizza la seconda ipotesi. I giudici
vanno via lasciando sotto un’
immensa roccia la donna che
non hanno avuto il coraggio di
lapidare. Vanno via, a cominciare dai più anziani, da quelli che
sono meno misericordiosi verso
le passioni degli altri perché sono stati, nella vita, meno misericordiosi verso le loro stesse passioni. Agostino dice egregiamente: Relieti sunt duo, misera
. donna in piedi, Gesù seduto.
La donna è contratta, muta, respira affannosamente. È in mezzo solo perché adultera, altrimenti avrebbe continuato ad orbitare nella invisibile periferia
delle donne. Gesù si alza non per
accusarla, per emettere un verdetto super partes, o per immolarla sull’altare del pentitismo.
Gesù le rivolge una domanda terapeutica: «Donna, dove sono?
Nessuno ti ha condannata?».
Ed ecco che la lingua della
donna le si scioglie in bocca come un’erba aromatica che acquieti il fiato, il suo corpo esce
dalla tomba nutrito dall’energia
pre-verbale della parola che prima di materializzarsi è corporea, è il muscolo del diaframma.
Poi è respiro, spirito che deve
accarezzare l’anima prima di
giungere sulla soglia delle labbra
e materializzarsi nel sibilo musicale: «Nessuno, Signore». La
donna è guarita perché le sue
parole hanno l’emozione dentro
di sé, la profondità, non galleggiano sopra le acque, sono autentica comunicazione di qualcosa di vero.
La libertà e la responsabilità
La donna liberata è invitata
da Gesù
a non peccar più. Si
svela per lei una possibilità
nell’orizzonte della grazia: stabilire relazioni vere con le persone
senza tradirle. La sua libertà non
vuole più disprezzare la sua responsabilità, e la sua responsabilità non è più un vincolo insopportabile per la sua libertà. È
invitata da Gesù ad essere, imparando a vivere bene con gli altri; a vivere insième agli altri,
stando bene con se stessa.
La disciplina della misericordia è giunta all’ultimo stadio.
Ha insegnato la concretezza, il
tempo, la fantasia, l’aiuto, la parola emozionata e infine la libertà responsabile e la libera responsabilità.
(Prima di due meditazioni)
Note
omiletiche
1) Maurizio Maggiani,
Il Coraggio del Pettirosso,
Feltrinelli, 1995, Milano.
2) La posizione testuali
di Giovanni 8 è abbastan
za chiara. Non è contenu
ta nei più antichi testi
moni greci (P66, P75, B, 5
A, C, W, T, N, Z). U. Beo
ker è convinto che intor
no al 400 la pericope fi
accettata dalla chiesi
greca come canonica
Egli ritiene che essa derivi da circoli giudeo-cristiani del sec. Il e che solo
all'inizio del sec. Ili sia
stata accolta nel canone
dei quattro Vangeli (informazioni desunte da R
Schnackenburg, Il Vangelo di Giovanni, Parte prima, Paideia, 1973, Brescia, p. 227).
3) Ho definito il Vangelo di Giovanni libertario
facendo mia la tesi di Kàsemann secondo la quale
la comunità d'origine di
questo Vangelo va controcorrente rispetto alla
istituzionalizzazione e alla sacramentalizzazione
delle chiese cristiane della fine del I secolo. Il culto, i ministeri e i sacramenti hanno in Giovanni
un ruolo poco rilevante,
La comunità che ha coscienza di essere governata in modo vivente dallo
Spirito, può lasciare nell'ombra l'apostolato, i ministeri, l’organizzazione,
comprendere se stessa come una conventicola, costituita da singoli membri
e che si qualifica come
cerchia degli amici/amiche e fratelli/soreIle.
L'uso del termine «af
fastellato» è dovuto al
fatto che la critica letteraria e testuale del Vangelo di Giovanni dimostra
quanto quest'opera noi
abbia una pianificazioni
originale da parte dell
autore e non vi è quinc
una redazione scritta ir
teramente concatenati
(le osservazioni di quest
nota sono desunte da 1
Kàsemann L'enigma di
quarto Vangelo, Claudia
na, 1977, Torino, e da li
Schnackenburg).
4) La donna è chiamati
adultera e nella Settua
ginta questo termine è ri
stretto a donne maritati
Quindi può assumersi co
me certa l'ipotesi che i
trattasse di una donni
sposata. La questione i
invece aperta sul luogo
dove stava per esseri
condotta: al tribunale o
al luogo dell'esecuzione!
lo ho preferito la seconda ipotesi, ma senza alcun sostegno testuale.
5) Il dilemma nel quale
è posto Gesù è più complesso: l'antitesi non (
soltanto tra la misericordia e la legge divina, ma
anche tra la legge romana e la fedeltà alla causa
del suo popolo. Secondo
le leggi romane i giudei
non avevano il diritto di
eseguire una condanna a
morte, e quindi la com
danna di questa donna si
colora anche di tinte politiche e patriottiche. Cosa farà Gesù? Opterà pei
la misericordia contro la
legge divina, o per la legge divina contro quella
romana?
6) I passi in cui avvengono i movimenti di Gesù sono tutti al capitolo
8, vv. 6, 7, 8, 10.
7) Ho già trattato le
questione del dilemma
nella nota 5.
8) La citazione di Dostoevskij è tratta dal libro
di L. Sestov, Sulla Biland3
di Giobbe, Adelphi Edizioni, 1991, Milano.
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E ÒPIRITUALITA
PAG. 3 RIFORMA
. . Dopo il periodo natalizio, riflettiamo su che cosa sia in realtà un dono
Nel dono vero c'è vera gratuità
Spesso il dono è qualcosa di ambiguo, può nascondere il tentativo di ripagare
qualcuno per qualcosa o essere espressione di consumismo. Il dono di Dio
ANNA MAFFEI
Questo proseguimento
immaginario della parabola dei talenti (Matteo 25,
14-30) mi consente di riflettere su cosa sia in realtà un dono. Il periodo natalizio è stato quest’anno, come lo è ritualmente ogni anno, un periodo di scambio di doni. A
Natale la mentalità consumistica vive il suo più scintillante trionfo contro ogni possibile e effimera resistenza perfino dei più critici e accorti.
Ma cos’è un dono? «I doni
non sono innocenti» titolava
un fondo di Repubblica la vigilia di Natale. La tesi, sostenuta da Umberto Galimberti,
è che in ogni dono c’è qualcosa di inquietante perché
una cosa donata non è solo
quella certa cosa, ma porta
con sé lo spirito del donatore. «Per questo - cito l’articolo - quando riceviamo un
dono sproporzionato alla
qualità della relazione che
abbiamo con l’altro ci risulta
difficile accettarlo e imbarazzante rifiutarlo, così come
quando ci mettono tra le mani un regalino di poco valore
e chi lo dà, e chi lo riceve,
convengono nel dire che
"Basta il pensiero”. Ma cos’è
questo “pensiero” se non lo
spirito del donatore, la sua
soggettività che, attraverso il
dono, ci viene imposta e ci
costringe per un attimo a fare i conti con lei?».
Non tutti i doni sono uguali, dunque. E non tutti i doni
sono veramente doni nel
senso della gratuità che vorrebbero sottendere. Spesso
infatti solo apparentemente
un certo dono infrange la legge economica del vendere e
del comprare oggetti. In realtà si dona pensando di ricevere o restituendo ciò che si è
ricevuto, e si riceve con il
pensiero di dover presto contraccambiare. Il dono vero è
una cosa rara. Un dono è an
II talento non seppellito
Il padrone poi affidò anche a lei un talento.
Lei si stupì e, sulle prime, sì spaventò anche un poco. Non
era certo la prima volta che qualcuno le affidava qualcosa di
importante da custodire e amministrare, ma quel talento era
diverso da tutti gli altri doni.
Ci pensò e ripensò. Qualcun altro prima di lei aveva avuto
paura di riuscire a gestire un dono così grande, conosceva la
severità del padrone, e così aveva deciso di seppellirlo, il talento.
Lei invece no. In fondo, infondo non aveva paura. Sapeva
di conoscere bene il suo Signore, conosceva il suo cuore grande, anche più, grande della sua severità. Così quel talento lo
girava e rigirava fra le sue piccole mani. Sapeva che era prezioso ma, a dire il vero, non sapeva ancora cosa farne.
Era quasi inverno, ma il sole splendeva tiepido, quel giorno, in un cielo terso mentre le onde del mare lambivano quietamente la spiaggia. Intorno a lei solò silenzio. Dentro di lei,
nel tumulto dei pensieri, un grande, strano calore.
Fu un momento. Decise. Quel talento non lo avrebbe sep
Non sapeva ancora se sarebbe stàtq in grado di farlo fruttare e come, rha le sembrava così delicato e tenero il pensiero di
quel dono... Non poteva gettarlo via. Qualsiasi cosa sarebbe
accaduto domani, ora lo sapeva, quell'inatteso gesto di fiducia, quel dono prezioso, non avrebbe dimenticato.
Forse, mai.
che sempre espressione di
una relazione, si è detto. E
non tutte le relazioni sono
uguali. Si può regalare qualcosa per comprarsi dei favori.
Dunque viene implicitamente espressa una relazione di
dipendenza. Si possono fare
dei doni, al contrario, per
esercitare un potere. Ciò può
avvenire quando per il destinatario è impossibile contraccambiare adeguatamente
la cosa donata. Questo tipo di
doni può dunque produrre
un senso di umiliazione in
chi li riceve.
Nel dono vero c’è la vera
gratuità. È questo che lo rende merce rara. Perché fare i
conti con la gratuità significa
fare i conti con quanto c’è di
più profondo e radicato in
noi, la diffidenza. Conoscere,
ri-conoscere, ricevere la gratuità è un atto di fiducia. È
come per un bambino o una
bambina accogliere l’abbraccio e le carezze della propria
madre. Per un bambino piccolo l’accoglienza di tali gesti
è spontanea e naturale, ed è
per la sua crescita e il suo sviluppo un’accoglienza vitale.
Il passare degli anni e l’intessersi nella nostra vita di varie
e complesse relazioni, ci rende più diffidenti. È qui che la
gratuità diventa sospetta e,
anche se apparentemente lo
facciamo continuamente, in
realtà non ci fidiamo fino in
fondo e dunque facciamo fatica a capire, riconoscere e
accogliere la gratuità di un
dono e di una relazione.
Anche la Bibbia conosce
l’ambiguità del dono nelle relazioni umane. L’accettare
regali da parte dei giudici in
Israele è oggetto di più di
un’invettiva profetica. Mitico
è lo scambio dei doni come
espressione di potenza fra la
regina di Saba e il re Salomone. Ma al cuore del messaggio biblico sta il dono totalmente gratuito della grazia di
Dio e della salvezza eterna. È,
per noi cristiani, Cristo, il figlio di Dio, che è stato donato all’umanità per farci grazia
e offrirci il perdono. Questo è
l’unico dono che dura, gli altri non sono altro che provvisori affidamenti.
Anche rispetto alla gratuità
di questo dono i credenti
hanno avuto sempre dei problemi. Non ci si fidava in fondo che Dio facesse sul serio e
davvero non volesse essere
ricambiato. Così l’antica e
ben sperimentata diffidenza
nei confronti della gratuità
che si fa spazio quotidianamente, e a volte a ragione, fra
le relazioni umane, si è proiettata anche nelle nostre relazioni con Dio e noi abbiamo cominciato a cercare di
«ripagare» Dip per il suo dono, trasformandolo nel «ragioniere celeste» delle nostre
buone opere. Ma ricambiare
Dio non è possibile. Il dono
di Dio è infatti irreversibile. E
questo invece di umiliazione
dovrebbe produrre in noi solo gratitudine. Tale gratuità
non è infatti ostentazione di
onnipotenza da parte di Dio,
come sosteneva Nietzsche,
ma irripetibile atto d’amore.
Forse, allora, non solo il dono
facciamo fatica a capire e ad
accogliere senza riserve ma
anche l’amore, perché povero è l’amore che umanamente conosciamo.
La Parola ci invita oggi ad
accogliere un dono che non
potremo mai ricambiare e un
amore che riusciamo a capire solo in parte. Verrà il tempo in cui «quello che è solo
in parte sarà abolito» e allora
conosceremo pienamente
come anche siamo stati appieno conosciuti (1 Corinzi
13,10, 12bis).
ito
La fede d dà la certezza di poter vivere sotto il suo sguardo
L'esperienza concreta di essere un figlio di Dio
Alcuni anni fa fui investito
da un’automobile mentre
camminavo lungo una strada
e fui portato all’ospedale con
la milza spappolata. La dottoressa mi disse che non era
sicura se sarei sopravvissuto
all’operazione. In realtà la
superai, ma le ore vissute
prima e dopo l’intervento mi
hanno permesso di entrare
in contatto con la mia infanzia come non era mai avvenuto prima. Legato con delle
cinghie ad un tavolo che
sembrava una croce, circondato da figure mascherate,
sperimentai la mia totale dipendenza. Mi resi conto non
soltanto che dipendevo dalle
capacità di una équipe di
medici sconosciuti, ma anche che il mio essere più
profondo era un essere dipendente. Seppi, con una
certezza che non aveva niente a che fare con una particolare intuizione umana, fossi
sopravvissuto o meno all’intervento, che ero al sicuro in
un divino abbraccio e sarei
certamente vissuto.
Quello strano incidente mi
ha ridotto a una condizione
mfantile, in cui dovevo essate accudito come un bambino impotente, un’esperienza
che mi ha dato un grande
senso di sicurezza: l’espetienza di essere un figlio di
Dio. Seppi all’improvviso che
tutte le dipendenze umane
Sono inserite in una dipen
denza divina e che la dipendenza divina fa parte di un
modo molto più grande e
ampio di vivere. Questa esperienza fu così reale, così
fondamentale e così incisiva
che cambiò radicalmente il
senso del mio io e influenzò
profondamente il mio stato
di coscienza. Vi è qui uno
strano paradosso: la dipendenza dalle persone spesso
porta alla schiavitù, ma la dipendenza da Dio porta alla
libertà. Quando sappiamo
che Dio ci tiene in salvo,
qualunque cosa accada, non
abbiamo da temere nulla e
nessuno e possiamo camminare nella vita con immensa
fiducia.
È una prospettiva radicale:
siamo abituati ai modi in cui
la gente viene oppressa e
sfruttata come ai segni della
loro dipendenza, e quindi
percepiamo la vera libertà
soltanto come il risultato
dell’indipendenza. Quando
affermiamo la nostra più intima dipendenza da Dio non
come una maledizione ma
come un dono, allora possiamo scoprire la libertà dei figli
di Dio. Questa profonda libertà interiore ci permette di
affrontare i nostri nemici, di
scuotere il giogo dell’oppressione e di costruire delle
strutture sociali ed economiche che ci permettano di vivere come fratelli e sorelle,
come figli dell’unico Dio, il
cui nome è amore. Questo, io
credo, è il modo in cui Gesù
ha parlato della libertà. È la
libertà radicale nell’essere figli di Dio.
(da Henry I. M. Nouwen, Il dono del compimento, Editrice Queriniana, Brescia, 1995, pp. 30-32).
Una riflessione di Filippo Gentiioni
I mille suoni e colori
della gratitudine
Grazie: una delle parole
più ripetute, su tutte le bocche, dalla mattina alla sera.
La gratitudine è, invece, una
delle virtù più rare. Come si
spiega? In ascensore, nei negozi, per strada quante volte diciamo: «grazie»? Come
«buongiorno» o «buon Natale» nei momenti dovuti. Parole logore, purtroppo, che
pronunci senza neppure
pensarle, quasi automaticamente, come se uscissero da
un robot. Parole che non sono pietre. «Flatus vocis», fiato
troppo leggero per poter essere pesato.
Peccato. Questa inflazione
impedisce di valutare la virtù
della gratitudine, che invece
manca clamorosamente nei
nostri rapporti sociali. È stata
sostituita dallo scambio, dal
mercato, dal commercio. Se
mi dai qualche cosa, io, mentre dico grazie penso quasi
inconsapevolmente icome e
quando dovrò ricambiare.
Quando ricevo un regalo per
il compleanno penso alla data del compleanno di chi me
lo ha dato: dovrò spendere
più o meno la stessa cifra.
Gratitudine, invece, dice
proprio il contrario dello
scambio. Dice che i conti non
tornano, che io rimango debitore e so che tu non mi
chiederai di pagare il conto.
Sinonimo di gratitudine è riconoscenza. Che cosa dovrei
«riconoscere» se non proprio
questa disuguaglianza di livello, questa frattura della
legge dello scambio, questo
ingresso di un elemento nuovo, un sorriso che non si può
pesare sulla bilancia e che,
quindi, si «riconosce» come
tale nella gratitudine-riconoscenza? Sarebbe la fine del
ferreo «do ut des», una sorta
di «magna charta» della nostra società, un articolo 1 della nostra società del mercato
e del contratto ha reso la gratitudine più necessaria che
mai, ma anche più rara.
Non è una novità. Lo diceva già, con grande eloquenza, un ben noto episodio del
Vangelo. All’entrata di un villaggio, Gesù aveva guarito un
gruppo di dieci lebbrosi che
si era avvicinato a lui invocando pietà. Uno solo di essi,
vedendosi guarito, torna indietro a ringraziarlo. Gesù si
lamenta: «E gli altri nove?». E
aggiunge un’osservazione interessante: «È venuto a ringraziarmi uno soltanto ed è
un samaritano». Uno straniero, dunque, un «eretico».
La gratitudine, già da allora, si incontra al di fuori del
gruppo, del tempio, della famiglia, della cerchia, della etnia. La si trova «fuori porta».
Quasi tutti gli incontri forti,
d’altronde, nel Vangelo avvengono «fuori dalle mura»;
anche la crocifissione. Virtù
rara, soprattutto non familiare; virtù degli «stranieri». Per
rimanere nell’ambito della
cultura cristiana, il termine
grazie, in italiano nel singolare «grazia», è divenuto uno
dei cardini di tutta l’impostazione teologica. Dice il dono,
la salvezza offerta. Si noti bene che tale salvezza è grazia
proprio perché non è mai
«meritata» (contrattata, ricambiata, dovuta) neppure
dal più santo dei santi. Il credente «riconosce» (riconoscenza) che questa salvezza
offerta non gli è dovuta e dice, appunto, grazie.
(...) La gratitudine indica,
prima di tutto, un’apertura
centrifuga, ed è già molto. Indica una uscita da sé, una
freccia che dice: direzione
alTesterno. La vita non deve
essere accentrata sull’io, le
proprie soddisfazioni, i propri
conti che tornano: gli altri per
me, ai miei piedi. Gratitudine,
in questo senso, è parente
dell’amore, quello vero. Chi è
grato ama e viceversa.
Verso l’altro, dunque: ma
chi è? La risposta a questo interrogativo è essenziale, ma
molteplice. Direi che la gratitudine va verso «tutti» gli altri: persone, cose, avvenimenti, natura... Puoi includere o meno, come credi, anche un misterioso Alter con
la maiuscola. L’atteggiamento di apertura non cambia.
Sguardi, albe e tramonti,
amori, momenti felici, gioie
anche leggere, aiuti ricevuti
da chissà chi per attraversare
la strada senza inciampare.
Ciascuno può raccontare il
romanzo della gratitudine, se
ha memoria. La memoria, infatti, è un elemento fondante
per quell’atteggiamento virtuoso che chiamiamo, appunto, gratitudine. Mi ricordo di te, non per compensarti ma per ringraziarti.
Con la memoria, l’amicizia. Rara anch’essa, quella
vera. Non strumentalizzata a
qualche scopo. Anche «amico» è un termine inflazionato
e svuotato: lo sentite pure
nei partiti politici, perfino
nelle mafie. Lo si pronuncia
a copertura di odii furibondi
carichi di memorie che non
perdonano. Ma la gratitudine non è una virtù ingenua,
una sorta di ottimismo come
se il male non esistesse.
Tutt’altro. La troviamo anche, forse soprattutto, nelle
vite più amare. Un fiore nel
deserto. La trovi nelle tragedie, in certe pieghe nascoste
dei romanzi di Dostoevskij,
nelle case dove meno te
Taspetti e dove si vive soffrendo. Quando la trovi, raccoglila e custodiscila affettuosamente.
(da Filippo Gentiioni, Virtù povere-povere virtù!, Claudiana
Editrice, Torino, 1997, pp. 27-30).
4
PAG. 4 RIFORMA
venerdì 16 GENNAIO 1998
ilBÄi
VE^
A Bingen, sul Reno, in Germania, si celebra l'«anno di Ildegarda»
Il 900" anniversario di Ildegarda di Bingen
Fu una delle più grandi donne del Medioevo, badessa, poetessa, esperta di
scienze naturali e di medicina, storica e musicista. Celebre per le sue visioni
STEPHAN CEZANNE
Fondò monasteri, sviluppo una propria teologia e
fu consigliera di imperatori e
re, Ildegarda di Bingen, di cui
quest’anno si commemora il
900“ anno della nascita. Fu
una delle più grandi donne
del Medioevo, badessa, poetessa, esperta di scienze naturali e di medicina, storica e
musicista, ma è rimasta celebre soprattutto per la sua «vista interiore», per le sue visioni. «Io vedo, sento e so contemporaneamente» scrisse
una volta in una delle sue lettere. Nella città di Bingen sul
Reno, in Germania, e negli altri luoghi dove visse, si celebra r«anno di Ildegarda».
Questo giubileo è iniziato il
13 settembre scorso con un
pellegrinaggio ecumenico:
punto di partenza Bermersheim, il suo paese natale. Di
lì con tappe successive sono
stati toccati l’ex convento
delle benedettine sul Disibodenberg, vicino a Kreuznach,
dove Ildegarda entrò a nove
anni e poi i due conventi da
lei fondati agli inizi del 12“
secolo a Rupertsberg vicino a
Bingen e a Eibingen nei pressi di Büdesheim.
Ildegarda venne al mondo
nel 1098, il giorno e il mese
non si conoscono, nella proprietà che i genitori avevano
La zona della valle del Reno dove si trova la cittadina di Bingen
vicino ad Alzey, decima e ultima nata dei nobili Hildebert
e Mechtild di Bermersheim.
Stava iniziando l’autunno del
Medioevo, un’epoca di rivolgimenti radicali e di grande
ricchezza religiosa. Ma nello
stesso tempo nella Chiesa,
nella teologia, nella pietà popolare cominciavano ad affiorare quelle crepe che poi
portarono alla Riforma.
Ildegarda ebbe delle visioni
sin da quando era bambina.
Le rivelazioni più importanti
le ebbe però quando era già
di mezza età: «Quando avevo
42 anni e 6 mesi giunse dal
cielo aperto una luce ardente
e fiammeggiante». Ma nonostante le sue immagini e le
sue voci interiori rimase con i
piedi per terra. I suoi scritti
sulla natura e sulla medicina
la resero famosa e in seguito
fu considerata la prima
scienziata e la prima donna
medico della storia tedesca,
ma anche come teologa essa
risulta una delle più grandi
pensatrici della prescolastica.
Durante la sua vita Ildegarda fu tormentata dalle malattie e tuttavia si sottopose allo
strapazzo di lunghi viaggi e
non si sottrasse alle sue responsabilità di badessa dei
suoi conventi vicino a Rùde
sheim. E soprattutto si impegnò per una riforma generale
della Chiesa. Come «profetessa tedesca» sferzò molti
importanti prelati del suo
tempo, rimproverandoli apertamente di corruzione, simonia, freddezza e indolenza. Era piena di curiosità per
ciò che la circondava e comunicava tutto ciò che imparava, vedeva e pensava. Scrisse oltre 300 lettere ai papi,
agli imperatori e ai grandi del
suo tempo. Predicò nel duomo di Colonia e di Magonza.
Scrisse poesie e una quindicina di libri, compose circa 80
pezzi musicali, disegnò progetti per i suoi conventi e diresse un centro per la produzione di manoscritti.
Ildegarda morì il 17 settembre 1179. Le sue reliquie
sono conservate e venerate
nelle chiese parrocchiali di
Eibigen e Bingerbrück e nella
cappella di San Rocco presso
Bingen. Ma essa rimane viva
soprattutto per la sua immensa opera condotta in vita, opera che oggi viene riscoperta. Molte persone che
cercano punti di riferimento
rileggono i suoi scritti. Come
dicono gli organizzatori
dell’anno che si apre in suo
onore, Ildegarda è «una spina
nella carne per la Chiesa e
per il mondo: lo era 900 anni
fa e lo è ancora oggi». (epd)
Promosso dalla Fcei, si svolgerà a Santa Severa dal 20 al 22 febbraio 1998
Verso il terzo convegno nazionale di «Essere chiesa insieme»
Su 1 milione e 200.000 stranieri presenti in Italia, circa
150.000 sono protestanti:
questa la stima del Servizio
rifugiati e migranti {Srm) della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia (Fcei),
basata sui dati forniti dalla
Caritas di Roma, che nell’ultimo «Dossier statistico»
sull’immigrazione (1996)
parla di 250.000 cristiani non
cattolici, fra stranieri «comunitari» e non. In pratica un
evangelico su tre, in Italia, è
straniero (gli evangelici con
cittadinanza italiana sono
stimati fra 300 e 350.000).
Questa realtà, emersa con
il fenomeno dell’immigrazione, ha cambiato il volto di
molte comunità evangeliche
e ha spinto la Fcei, attraverso
il suo Servizio rifugiati e migranti, ad iniziare un programma psr favorire l’incontro e lo scambio fra evangelici italiani e immigrati. Il programma, denominato «Essere chiesa insieme», è iniziato
con un convegno nazionale
svoltosi nel 1989, ed è proseguito con il secondo convegno «Essere chiesa insieme»,
nel 1994, a cui hanno partecipato evangelici di 25 nazionalità diverse.
La Federazione delle chiese evangeliche in Italia ha
convocato un terzo convegno, che avrà luogo a Santa
Severa (Roma) dal 20 al 22
febbraio 1998. «Essere evangelici in Italia - si legge in
una lettera di invito indirizzata a tutte le comunità e
vangeliche in Italia dal pastore Domenico Tomasetto,
presidente della Fcei - significa oggi una grande occasione per vivere la propria fede
nella ricchezza della diversità
delle culture, delle denominazioni e dell’appartenenza
etnica, e nello stesso momento di poter sperimentare
la realtà della chiesa universale». Gli obbiettivi del terzo
convegno «Essere chiesa insieme» sono, per Tomasetto,
«rendere visibile la ricchezza
della diversità delle chiese
evangeliche in Italia e mettere in rete le varie comunità
ed esperienze (credenti stranieri presenti nelle chiese,
comunità di immigrati, comunità miste di stranieri e
italiani), avviando eventual
mente forme di collegamento fra queste varie realtà».
Il convegno si svolgerà, significativamente, in concomitanza con il 150“ anniversario delle Lettere Patenti,
con cui il re Carlo Alberto
concesse le libertà civili ai
valdesi: «In questo modo afferma la coordinatrice del
Srm, Annemarie Dupré - la
Federazione evangelica, oltre
ad interrogarsi su come viviamo la presenza degli immigrati nelle nostre chiese,
intende promuovere come
una sua priorità la questione
dei diritti e della piena libertà degli stranieri nel nostro paese». Per informazioni
sul convegno: Srm Fcei, via
Firenze 38, 00184 Roma, tei.
e fax 06-48905101. (nev)
Dopo l'uccisione di 45 indios nello stato del Chiapas il 22 dicembre scorso
Il vescovo Samuel Ruiz: «Un massacro che si
poteva evitare»
Il massacro, il 22 dicembre
scorso, di 45 indios nello stato del Chiapas (Messico),
probabilmente ad opera di
un gruppo paramilitare vicino al governo, era prevedibile: è quanto hanno affermato
i membri delle diverse comunità religiose e organismi di
aiuti umanitari presenti nella
zona. «La tragedia avrebbe
potuto essere evitata se il governo avesse tenuto conto
dei nostri molteplici avvertimenti», ha dichiarato il vescovo cattolico Samuel Ruiz,
della diocesi di San Cristobai
de las Casas, in occasione del
funerale delle vittime.
Per Oscar Bolioli, responsabile deirufficio «America Latina» di Church World Service, dipartimento di aiuto del
Consiglio nazionale delle
chiese di Cristo degli Usa, che
collabora con la diocesi di San
Cristobai de las Casas, non c’è
nulla di eccezionale. Quello
che cambia, ha detto, è che
il numero dei morti aumenta
e che la situazione non ha
smesso di deteriorarsi durante lo scorso anno. Infatti, dopo l’occupazione, nel gennaio
1994, di quattro città dello
stato del Chiapas da parte
dell’esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln), e la
militarizzazione crescente
della zona, vi sono stati centinaia di morti. Nel 1997, i
gruppi paramilitari si sono
moltiplicati mentre i negoziati tra le autorità messicane e
l’Ezln venivano interrotti. La
violenza è diventata quotidiana. 11 vescovo Ruiz ha giocato
il ruolo di mediatore durante i
negoziati.
1 ricchi della zona, in particolare i latifondisti assenteisti
che appoggiano il Partito rivoluzionario istituzionale
(Pri) al potere in Messico, si
sono opposti ai negoziati, nel
timore che agli zapatisti ve
nissero fatte concessioni che
avrebbero indebolito il loro
potere. 11 27 dicembre Iacinto
Arias Cruz, sindaco di Chenalho, che comprende la città
di Acteal dove è stato compiuto il massacro, e 23 membri
del Pri sono stati arrestati per
averne fornito le armi. Iacinto
Arias, accanito avversario degli zapatisti, è inoltre accusato
di avere nascosto i fatti suggerendo agli autori del massacro
ciò che avrebbero dovuto dire
agli inquirenti.
Gli zapatisti hanno accusato il presidente messicano e il
suo governo di essere responsabili della strage; secondo
Oscar Bolioli, questo massacro dovrebbe nuovamente focalizzare l’attenzione della
comunità internazionale sui
problemi del Chiapas e in
particolare sulla moltiplicazione dei gruppi paramilitari
e degli attentati contro la
Chiesa cattolica. «Va sottoli
neato - ha detto Bolioli - che i
problemi del Chiapas non sono stati risolti. Il potere della
vecchia élite continua ad essere contestato, ed essa sa
molto bene che sta perdendo
una parte dei suoi poteri».
Secondo il giornale Le
Monde del 31 dicembre scorso Diego Vasquez, un insegnante autoctono del villaggio di E1 Limar, a circa venti
chilometri da Tila, ha dichiarato: «Dopo la rivolta zapatista, i catechisti [si tratta di
laici formati dalla Chiesa per
supplire alla carenza di parrocci] vogliono costringerci
ad appoggiare l’Ezln. Chi non
è d’accordo non ha più diritto ai sacramenti della Chiesa». Per reazione, aggiunge Le
Monde, «molti refrattari abbandonano a poco a poco la
Chiesa cattolica e si convertono al protestantesimo che,
nel Chiapas, ha fatto progressi fulminei». (eni)
Dal Mondo Cristiano
La Bbc festeggia i 70 anni del più antico
programma radiofonico del mondo
LONDRA — La celeberrima Bbc celebra il 70° anniversario
del Daily Service, il più antico programma radio del mondo. Il
Daily Service, seguito da circa 500.000 ascoltatori, comprende
preghiere e inni, e ogni settimana, quattro giorni su cinque,
viene trasmesso in diretta da una chiesa in Inghilterra. Il 2 gennaio scorso George Carey, arcivescovo di Canterbury, ha presentato l’edizione anniversario del programma... «Fin dai suoi
inizi - ha detto - questo servizio è stato fonte di ispirazione per
molte persone. Le ha incoraggiate ad attraversare periodi di
crisi nazionale e personale, portando loro il conforto spirituale
e guidandole nella loro vita quotidiana». Il programma, della
durata di 14 minuti e mezzo, è semplice ed è cambiato poco
nel corso degli anni. È fatto di preghiere, di inni e di letture.
Per Philip Billson, produttore (anglicano) del programma dal
1993, «il culto in diretta alla radio è importante. Gli ascoltatori
sanno che esso viene trasmesso in diretta e questo porta loro
un sentimento di circostanza unico. È un privilegio meraviglioso creare un sentimento di comunità per mezzo della radio». Eppure, 70 anni fa, il futuro del programma era alquanto
incerto: i primi produttori avevano addirittura annunciato che
il proseguimento del programma sarebbe dipeso dal parere
degli ascoltatori, i quali si sono affrettati a scrivere per manifestare la loro approvazione. Già alia fine di gennaio 1928, erano
giunte 7.000 lettere e da allora il Daily Service è sempre andato
in onda. 1 presentatori del programma (una trentina) appartengono alle diverse chiese cristiane. (eni)
Malumore per la creazione
dell'Arcidiocesi del Liechtenstein
LIECHTENSTEIN — Promoveatur ut amoveatur. La recente
decisione del Vaticano di erigere il decanato del Liechtenstein
(28.000 abitanti, sinora inserito nella diocesi di Coira) addirittura in Arcidiocesi, appare ai più un espediente per togliere lo
scomodo vescovo Wolfgang Haas da Coira, sperando che nella
nuova sede crei meno fastidi di quanto ha fatto sino ad oggi.
La decisione non è stata accolta favorevolmente dalla maggior
parte dei 24.000 cattolici del principato: si pensi che dei 18.000
cattolici maggiorenni, ben 8.500 hanno firmato una petizione
perché il decanato non sia eretto in Arcidiocesi, chiedendo che
si faccia un referendum sulla questione. I cattolici del Liechtenstein temono il carattere autoritario e il comportamento
reazionario di Wolfgang Haas, che già ha cominciato ad inserire nelle parrocchie preti ultraconservatori, prendendoli anche
dall’estero, per esempio dalla Polonia. Un ulteriore motivo di
preoccupazione è l’allineamento con il Vaticano e con il vescovo Haas del principe e della corte che pensano che la creazione dell’Arcidiocesi possa dar lustro al piccolo stato e alla dinastia regnante. La reazione popolare è di dura critica nei confronti dei sovrani. Altrettanto preoccupate sono le piccole minoranze evangeliche e ortodosse e gli ambienti sensibili
all’ecumenismo. Il timore è che l’arcivescovo nuovo di zecca
diventi un ostacolo allo sviluppo delle relazioni interconfessionali e che la grossa sproporzione di forze fra la confessione di
maggioranza e le altre risulti ancora più accentuata dalla creazione della sede arcivescovile. (Reformierte Presse)
Secondo un settimanale britannico
il Vaticano dovrebbe nominare 16 cardinali
LONDRA — Secondo un settimanale cattolico romano pubblicato a Londra, il mese prossimo papa Giovanni Paolo II dovrebbe nominare almeno 16 cardinali. Nella sua edizione del 2
gennaio, il Catholic Herald ricorda che «secondo i nuovi regolamenti stabiliti dal papa attuale, il suo successore dovrebbe essere eletto da 120 cardinali aventi meno di 80 anni». Ora, attualmente, soltanto 107 cardinali hanno l’età richiesta. E entro
febbraio, tre supereranno l’età limite, il che vuol dire che occorrerà nominare 16 nuovi cardinali. 11 giornale aggiunge che le
date scelte per la nomina potrebbero essere il 2 e il 22 febbraio.
D’altra parte, sempre secondo il Catholic Herald, la maggior
parte dei nuovi cardinali sarebbero probabilmente ecclesiastici
che occupano alte funzioni presso il Vaticano. (eni)
Israele: salvare l'archeologia
GERUSALEMME — Nel Parlamento israeliano si è formata
una «lobby» per salvare l’archeologia. Le forti pressioni esercitate dai circoli ebraici ortodossi mettono in pericolo la prosecuzione degli scavi archeologici. Gli ostacoli che vengono
frapposti ai ricercatori mettono in pericolo anche la ricostruzione della storia di Israele. Proprio a causa di queste pressioni gli stanziamenti per progetti archeologici sono diminuiti
negli ultimi anni di oltre il 30%. (RP/lcna)
Stati Uniti: matrimoni di massa
dei seguaci di Sang Myun Moon
WASHINGTON — Il coreano Sang Myun Moon, fondatore e
capo della «Chiesa dell’unificazione», ha sposato il 29 novembre a Washington, in una cerimonia spettacolare, 2.500 coppie
di seguaci della sua setta. Su altre 20.000 coppie, già sposate,
Moon e la moglie Hak la Han hanno impartito una particolare
benedizione. Secondo l’ufficio stampa della «Chiesa deH’unificazione», la cerimonia sarebbe stata trasmessa via satellite in
54 paesi e circa 40 milioni di coppie sarebbero quindi state raggiunte dalla benedizione. Moon sostiene che cerimonie di questo genere aiutano gli sposi a costruire delle «buone famiglie»,
un fondamento indispensabile per la pace nel mondo. Durante
la cerimonia, svoltasi allo stadio lohn Kennedy, il rev. Moon e
la moglie indossavano degli abiti bianchi e portavano delle corone. Le coppie di sposi erano vestite tradizionalmente: in
bianco e con velo lei, in abito scuro lui. Sun Myung Mun stesso
aveva cercato per ogni persona il suo o la sua partner: la maggior parte degli sposi si erano conosciuti solo pochi giorni prima delle nozze. Secondo gli insegnamenti della «Chiesa
dell’unificazione» San Myung Moon e Hak la Han sono i «veri
genitori» di tutti i membri della setta. Moon, 77 anni, afferma di
essere colui che realizza l’operà «incompiuta» di Cristo, (epd)
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Cultura
PAG. 5 RIFORMA
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Testi e immagini per ripercorrere le tappe di una rivoluzione
Il protestantesimo e le arti visive
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II pensiero di Lutero e degli altri riformatori si espresse anche in molte iniziative
editoriali che furono corredate di illustrazioni^ molte anche di notevole fattura
SERGIO RONCHI
Nel 1503 il vescovo di Basilea richiama con durezza i sacerdoti della sua
diocesi, ricordando loro che
un uomo di chiesa «non deve
farsi arricciare i capelli, né
darsi al commercio nella casa di Dio, né gestire mescite
di vino»*. E il Concilio Laterano (1512-1517) accende
speranze, presto disattese
anche dall’indifferenza di
Leone X. In tutta Europa,
frattanto, va diffondendosi il
movimento della Devotio
moderna, esperienza spirituale figlia della mistica renana, che si appella non tanto alla ragione quanto ai sentimenti. L’autorità della Bibbia è al centro della pietà e
individuale e delle confraternite; e in questo l’umanesimo svolge un ruolo ben definito.(Reuchlin, Lefèvre
d’Etaples, Erasmo da Rotterdam, Pagninus). E poi, infine, non si può rimuovere
l’eredità del Medioevo: il terrore della morte e il timore
del giudizio divino spingono
i cristiani a «una vera e propria contabilità della vita ultraterrena. Preghiere, offerte
e messe in numero sempre
maggiore; nulla viene trascurato nella speranza di conquistare la salvezza della
propria anima e di ottenere
delle garanzie intorno alla
propria sorte nell’aldilà». Si
pensi al Giudizio universale
di Roger van der Weyden,
che ha saputo fissare nei volti e nei corpi la disperazione
dei dannati e la speranza dei
salvati. O anche al Trionfo
della morte di Pieter Brueghel il Vecchio; come pure
alle varie Danze macabre o
alla produzione di statue raffiguranti ripugnanti cadaveri, in cui vengono accentuati
gli effetti della decomposizione. Questo, il contesto che
vede all’opera i riformatori.
Il luteranesimo si diffonde
a macchia d’olio, senza fermarsi sul solo suolo tedesco
anche per il tramite, fondamentale, dei libri a stampa.
Un solo esempio: la prima
edizione delTAppello alla nobiltà cristiana della nazione
tedesca esce in quattrocento
esemplari presto esauriti. La
protesta, la teologia del Sassone è ben espressa attraverso frontespizi di Bibbie, di
sue opere, di opuscoli, di dipinti: egli è raffigurato in atto
di predicare, sempre con la
Bibbia aperta davanti e con
lo sguardo rivolto verso il Cristo crocifisso.
«Altra via» della Riforma è
Zwingli (purtroppo gli vengono dedicate poche righe;
mentre solo un paio a Miintzer e neppure una [un unico
accenno alla fine del volume]
agli anabattisti), la cui azione
e il cui pensiero sono ispirati
a una maggiore radicalità.
Poi viene il momento del
francese Giovanni Calvino,
«una personalità molto diversa da Lutero o Zwingli, che dà
subito una forma sistematica
al suo pensiero, espresso nell’Istituzione della religione
cristiana» e che fa di Ginevra
«la nuova Roma», un importante centro missionario.
Il mondo cattolico non sta
a guardare, rassegnato. Al
contrario, scrive Christin, «la
sfida protestante infonde
tiuova forza a coloro che si
propongono di rinnovare
tfaH’interno la Chiesa cattolica e che, ora più che mai, si
consacrano a sradicare la
nuova eresia». La controffensiva del cattolicesimo sul piano dogmatico ribadisce la validità dei sacramenti (si pensi
®1 Trionfo dell’Eucarestia di
Viaggio nell'Europa
della Riforma
L’arte figurativa, le immagini per veicolare la propria comprensione di riforma della chiesa e per contrapporre la vera
Chiesa alle falsità degli eretici. Un’incisione policroma su legno cinquecentesca conservata presso un museo parigino raffigura monaci e papisti inseguiti da esseri orrendi e £i cani in
abiti ecclesiastici che vengono spinti verso la bocca dell’inferno, dove è ad attenderli il papa in atto di benedire un diavolo
inginocchiato davanti a lui. Lucas Cranach il Giovane in una
incisione ha rappresentato la vera e la falsa Chiesa, rispettivamente nella persona di un Lutero che predica con la Bibbia
aperta davanti a sé e di un monaco dal volto demoniaco che
predica senza Bibbia e ispirato da satana. E in un dipinto,
conservato a Wittenberg, la vigrui di Dio, divisa in due aree:
da una parte papa, cardinali, vescovi e clero sono impegnati
in uno sfruttamene a dismisura; dall’altra Lutero, Melantone e loro seguaci lavorano con amorevole cura. Ma per
Johannes Cochlaus Lutero ha sette teste: è simbolo di contraddizione; 0 ancher secondo una incisione seicentesca, un
obeso per via della troppa birra ingurgitata, che spinge un
carretto contenente teste e opere dei continuatori (Zwingli,
Melantone e Calvino) ed e seguito dàlia moglie con in braccio
la loro figlia illegittima, Sola Fide. Del resto è impossibile fondare una chiesa riformata a causa delle divergenze tra i vari
riformatori: un anonimo offre in una caricatura l’immagine
di Lutero, di Calvino e di Menno Simmons che si disputano
inutilmente Cristo e il suo insegnamento (ognuno lo tira verso di sé con una lunga corda).
Gli eventi che hanno sconvolto l’Europa del Cinque-Seicento vengono narrati con stimolante obiettività attraverso
una lettura parallela di testie immagini con lunghe didascalie esplicative da Olivier Christin, studioso dei rapporti tra
.storia del protestantesimo e arti visive, docente presso l’Università di Nancy e direttore aggiunto della Mission historique
française di Gottinga*.
Rubens); addita e denuncia a
mezzo stampa «l’ispirazione
diabolica degli avversari, i loro sacrilegi e i loro costumi
lussuriosi». Il gesuita Richeome attacca senza ritegno i
punti deboli di Lutero e della
moglie, «ex monaca». Paolo
III si attiva sul fronte antiprotestante rafforzando l’autorità del papato, autorizzando
la creazione della Compagnia di Gesù, riorganizzando
l’Inquisizione e promuovendo un Concilio di riforma. Il
Concilio di Trento si abbatte
come una mannaia su tutti i
punti dottrinali del protestantesimo.
Il Barocco domina incontrastato, strumento di diffusione della teologia cattolica.
«Roma cambia volto per diventare essa stessa manifesto, professione di fede» (si
pensi alla chiesa del Gesù e,
qui in particolare, al gruppo
marmoreo di Giovanni Théodon La Verità sconfigge l’eresia; all’Estasi di santa Teresa
e al Baldacchino di San Pietro di Bernini). La lotta sul
piano dottrinale non viene
condotta soltanto attraverso
arte ed editoria. «Il vasto tentativo di riconquista politica
dei territori convertiti all’
eresia, iniziato in tutta Euro
pa nel 1520, fa uso, inasprendole nel corso degli anni, della repressione e delle arm.».
L’intolleranza più assoluta
regna sovrana, tanto da spingere un cattolico ad affermare, come si legge in una fonte
del 1557, che «se Gesù Cristo
tornasse sulla terra verrebbe
condannato al rogo». Tutti i
sogni di tolleranza religiosa si
infrangono contro tumulti,
violenze, iconoclastia: scoppiano le guerre di religione.
Dopo il 1560 Francia, Paesi
Bassi e Scozia conoscono la
guerra civile. Dalla bottega di
Antoine Caron esce il dipinto
«Il saccheggio delle chiese di
Lione nel 1562»; la Biblioteca
nazionale di Parigi conserva
diverse incisioni sul massacro della notte di San Bartolomeo (23-24 agosto 1572),
che colmò di entusiasmo
Clemente XIII, al punto da far
cantare un Te Deum e da far
accendere dei «falò di gioia».
«Le guerra di religione, i
conflitti tra gruppi e paesi di
diversa confessione, provocano in breve tempo la frammentazione religiosa dell’Europa». Ciononostante, le minoranze religiose non sono
state sradicate del tutto, «non
sono scomparse e gli stati
hanno dovuto, talvolta loro
malgrado, ammettere una
qualche forma, magari implicita, di tolleranza». Il libro è
un testo di storia dal quale
teologia, idee, personalità
emergono con chiarezza sia
dalla narrazione sia dall’apparato iconografico e didascalico. L’edizione italiana,
ben curata, reca in appendice
una utilissima sezione di testimonianza e documenti e
una bibliografia (meglio sarebbe stato riportare Tindicazione delle Opere di Lutero,
in corso, e voci relative a testi
dei riformatori; manca, tra gli
altri, il Lutero giovane di Giovanni Miegge).
(*) Olivier Christin: La Riforma.
Lutero, Calvino e i protestanti.
Milano, Electa, 1996, pp. 176, lire
22.000.
Un libro della Claudiana dedicato ai suoi scritti
Pierre jurieu e il problema della sovranità
ALDO COMBA
IL titolo* potrebbe trarre in
inganno: non si tratta di diritti umani. Il sottotitolo spiega: è un’analisi della vita e degli scritti di Pierre Jurieu tra il
1681 e il 1691. Un’epoca importantissima per la storia
d’Europa e per la storia valdese: basti ricordare la revoca
dell’Editto di Nantes (1685) e
il Glorioso Rimpatrio (1689).
Abbiamo l’abitudine di considerare quella pagina di storia
attraverso i personaggi principali: Luigi XIV di Francia,
Guglielmo d’Orange e, per i
valdesi, Enrico Arnaud. Rispetto a costoro Pierre Jurieu
è un personaggio di secondo
piano, oggi dimenticato, ma
Diritti di Dio,
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Debora Spini
tutt’altro che insignificante;
nato nel 1637 come membro
di un’importante famiglia pastorale protestante francese,
morì in esilio nel 1713. Gli anni a cui si riferisce il libro sono quelli centrali della sua vita, sia per gli eventi che la determinarono, sia per le opere
principali della sua vastissima produzione letteraria.
Quando si entra in un palazzo si suole farlo dall’ingresso principale, ma se si
sceglie di entrare da una porta secondaria si scoprono
spesso retroscena, polemiche e altri fatti minori, che
aiutano a meglio capire la situazione generale. Come
persona il Jurieu non è particolarmente simpatico, ma le
sue vicende permettono di
comprendere diversi aspetti
del contesto in cui si muovevano i personaggi principali:
da questo punto di vista è
estremamente interessante e
istruttivo.
La lettura è al tempo stesso
facile e, direi, esigente. È facile perché lo stile delTautrice
è limpido e scorrevole, senza
inutili arzigogoli; viceversa
per alcuni lettori possono
presentare un problema le
numerose citazioni in francese e anche le molteplici allusioni a fatti e correnti di pensiero dell’epoca, che dimostrano la vasta conoscenza
che l’autrice ha del suo argomento, ma richiedono anche
un po’ di riflessione.
Non è un libro per lettori
affrettati, che dopo 30 o 40
pagine pretendono di sapere
tutto. È invece un libro per
lettori pazienti (200 pagine
più gli indici) e soprattutto
per lettori che non si accontentano delle solite genericità sui personaggi principali
ma hanno la curiosità (intellettuale, s’intende) di mettere il naso dietro le quinte. A
questi ultimi lo raccomandiamo vivamente.
L'oratorio eseguito a Milano
I fondamenti biblici
del «Messia» di Hàendel
PAOLO FABBRI
Era un periodo difficile
quell’inizio degli anni ’40
del XVIII secolo per Georg
Friedrich Händel, musicista
tedesco trapiantato in Gran
Bretagna. Negli anni ’20 aveva conquistato il successo
con l’opera all’italiana di
fronte a una platea formata
in gran parte di nobili, che
apprezzavano il formalismo
cortese degli eroi estenuati e
raffinati messi in scena secondo il canone operistico
italiano. Da oltre ormai un
decennio però quel tipo di
spettacolo non incontrava
più il caldo favore del pubblico e Händel doveva i suoi
successi alla musica sacra. È
pur vero che il principe di
Galles, per ostilità verso il padre Giorgio II, aveva costituito una società operistica affidata a Nicola Porpora, con
il compito di contrastare il
compositore tedesco, ma
questo non era certo il principale dei motivi da cui nascevano le difficoltà di Händel con il pubblico. Forse, come qualcuno sostiene, era
cambiato il pubblico, con
una presenza molto maggiore della classe in ascesa, la
borghesia mercantile che
aveva trovato nella monarchia parlamentare il suo assetto sociale.
È molto probabile però che
il mutamento di gusto fosse
dovuto anche al dibattito culturale dell’epoca, con i dibattiti feroci tra le varie correnti
politiche e religiose nel periodo di Cromwell, quando
«zappatori», «livellatori» ecc.
contendevano sulla struttura
sociale, spinti da forti motivazioni etiche. Sostenere (come qualcuno sostiene) che la
musica sacra piaceva perché
esaltava un Dio in cui la borghesia si sentiva gratificata,
appare francamente limitativo e astorico. Sta di fatto che,
quando il duca di Devonshire, luogotenente d’Irlanda, gli
rivolge l’invito, a nome di tre
associazioni di beneficenza, a
comporre un oratorio, Händel è ben felice di cogliere
l’occasione per lanciarsi in
un lavoro che sapeva incontrare i favori del pubblico.
L’eccezionale risultato che
ne uscirà parte dal libretto di
Charles Jennens, che trova
una traccia eccellente nella
Bibbia inglese del 1611, mettendo in relazione o spiegando i brani del Nuovo Testamento con le parole dell’Antico. Il Messia parte infatti da
Isaia 40 «Confort ye, confort
ye, my people...» («Consolate,
consolate il mio popolo, dice
il vostro Dio...»), dopo una
maestosa ouverture, per proseguire con Aggeo 2, Malachia 3, Isaia 7, Isaia 60, Isaia
9, per svilupparsi in Luca 2
(«Gloria a Dio nei luoghi altissimi») e Matteo 11 («Egli
come pastore pascerà il suo
gregge...»), che chiude la prima parte dedicata alla profezia e apre alla seconda
delTawento e passione.
La seconda parte dunque
(•) Debora Spini: Diritti di Dio, diritti dei popoli. Pierre Jurieu e il
problema della sovranità (16811691). Torino, Claudiana, 1997.
inizia con un coro glorioso e
enfatico basato su Giovanni 1
per proseguire poi in costante accostamento di Antico e
Nuovo Testamento, per una
base teologica all’assunto che
parte dal titolo stesso dell’oratorio: Gesù è il Messia, il
salvatore del mondo. Nello
sviluppo della vicenda il
compositore si esprime con
straordinaria varietà di toni:
mesto di fronte al dispregio
degli uomini verso il Signore,
esaltante per il riscatto dei
nostri peccati, la potenza del
Georg Friedrich Hàendel
Salmo 24 («O porte, alzate i
vostri capi...»), glorioso per il
cammino degli evangelizzatori, tempestoso per Tawersità dei potenti verso Gesù,
ardente della volontà di riscossa del Salmo 2 («Spezziamo i loro lacci»), per terminare nel grandioso Alleluia, in
cui le trombe sembrano
squillare dagli angeli e fanno
sorgere spontaneo nell’ascoltatore credente uno slancio
di lode al Dio di misericordia.
In questo brano, in cui lo
strumento più straordinario,
che è la voce umana in coro,
e un complesso orchestrale si
fondono a dettare ritmi e coloriture, si resta stupefatti da
tanta grandiosa perfezione.
La terza parte è dedicata
alla missione del cristianesimo nel mondo e si chiude
con l’Apocalisse: potestà, ricchezza, sapienza, forza, onore, gloria per l’agnello che è
stato scannato e ci ha ricongiunti a Dio. Un amen ripetuto innumerevoli volte lascia
una traccia nel cuore. Ho usato prima l’aggettivo «grandioso» e evidentemente il
contenuto semantico di questa parola deve apparire ben
adatto a definire questa opera, se essa fu usata anche dai
giornalisti dell’epoca per recensire l’oratorio il giorno
dopo la prima esecuzione,
avvenuta a Dublino il 13 aprile 1742; e gli spettatori dovettero condividere la definizione, se donarono ben 400 sterline, forte importo per allora.
L’esecuzione della Freiburger
Barockorchester e del RiasKammerchor di Berlino, diretti da Marcus Creed, il 18
dicembre nella chiesa di San
Simpliciano a Milano, è stata
splendente di colori, vigorosa
e potente, o delicatamente lirica nei brani che lo richiedevano. I solisti Marlisse Petersen soprano, Michael Change
controtenore, Mark Taker tenore, Nathan Berg basso, sono stati all’altezza del complesso orchestrale, esibendo
voci particolarmente dotate
per questo repertorio.
Charles Jennens, autore del libretto
Hai rinnovato
l'abbonamento
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 16 GENNAIO 1998
Un convegno internazionale che coinvolge i cristiani dell'Occidente
I popoli e la globalizzazione
\
E necessario collocare lo studio della questione economica sullo sfondo di un
quadro intemazionale sempre più interdipendente. Il caso dell'Italia meridionale
BRUNO CICCAGLIONE
IN collaborazione con la
città di Veroli e con il patrocinio della provincia di
Prosinone, l’associazione
«Oltre l’Occidente» e il gruppo di Prosinone di «Progetto
continenti», con l’apporto
della «Tavola della pace» di
Perugia e della campagna
«Globalizza-Azione dei popoli», hanno organizzato lo
scorso ottobre un seminarioconvegno sul tema: «La deriva dell’Italia del Sud: effetti
dei processi di gobaizzazione
e (ri)costruzlone di soggetti
sociali protagonisti» allo scopo da un lato di analizzare in
maniera completa le dinamiche che determinano quella
che qui è stata definita la deriva dell’Italia del Sud, e dall’altro di cominciare a delineare le forme e le pratiche
più opportune per contrastare i processi in atto.
Per questo motivo i lavori
della prima giornata, quella
dedicata all’analisi, sono stati
organizzati attraverso una
analisi che andava dal generale al particolare: Samir
Amin, uno dei massimi studiosi mondiali dei rapporti
tra Nord e Sud del mondo,
proveniente da Parigi e professore all’Università di
Dakar, ha esposto un’analisi
dei processi di globalizzazione e delle attuali forme della
polarizzazione tra centri e
periferie del sistema mondializzato; Silvia Boba, economista che da anni si occupa del
sottosviluppo del Mezzogiorno italiano, ha chiarito i collegamenti che tra il quadro
generale esposto da Amin
Alla ricerca di nuovi soggetti
Il titolo del convegno suggerisce la scomparsa di soggetti
sociali protagonisti e la necessità della ricostruzione di nuovi
soggetti sociali capaci di affermare i propri bisogni. La crisi
sociale e economica dell’Italia del Sud ha radici profonde: il
Mezwgiorno ha visto un massiccio trasferimento di addetti
dall’agricoltura all’industria, attraverso la migrazione-interna e un'industrializzazione del Sud sostanzialmente a guida
pubblica. Il problema meridionale è derivato soprattutto dal
fatto che il modello industriale della grandi imprese «fordiste» (al Sud soprattutto pubbliche) è arrivato a insediarsi al
Sud proprio mentre era rimesso in discussione sul piano intemazionale dai processi di ristrutturazione industriale lanciati dalla Toyota e imitati in tutto il mondo. Proprio mentre
un modello industriale finiva, esso si insediava senza prospettive al Sud. Inoltre la classe politica meridionale (quella
di Pomicino, De Lorenzo, Scotti) ha esprèsso una politica disastrosa per il Mezzogiorno, con una rete clientelare impressionante e un afflusso di risorse senza precedenti, con destinazione però assolutamente distorta.
Uno dei problemi più particolari del Mezzogiorno riguarda Timmigrazione: come è possibile che proprio le zone
dell’Italia più colpite dalla disoccupazione siano anche meta
di immigrazione? La ragione sta in una crescente segmentazione del mercato del lavoro. Bisogna recuperare, nonostante
questa segmentazione, il senso di lotte comuni: le classi popolari devono partire innanzitutto dalla loro appartenenza
di classe, piuttosto che dalla loro diversa provenienza geografica.
(Enrico Pugliese)
la situazione concreta in cui
versa il Sud d’Italia; Enrico
Pugliese, sociologo proveniente dall’Università di Napoli, ha inquadrato storicamente il problema posto dagli organizzatori, e cioè quello riguardante la scomparsa
(e dunque la necessità di una
ricostituzione) di soggetti sociali protagonisti; Jacques
Maury, ex presidente della
Federazione delle chiese protestanti francesi, ha sottolineato gli elfetti sul piano sociale ed etico dei processi di
globalizzazione.
A questa prima giornata
dei lavori sono intervenuti
numerosi i cittadini, tanto
che la pur capiente sala del
convitto comunale di Veroli,
con 160 posti a sedere, è risultata insufficiente: c’erano
persone in piedi e altre
all’esterno della struttura.
Erano presenti gruppi associativi provenienti da Bologna, Napoli, Roma, Ascoli,
Bari, oltre ai rappresentanti
del comitato promotore
dell’iniziativa (il circolo di
Prosinone di Rifondazione
comunista, Legambiente
Prosinone, i giovani Verdi di
Prosinone, la Cgil-scuola
provinciale) e il sindaco della
città di Veroli, Danilo Campanari. Nutrita anche la rappresentanza delle forze dell’ordine le quali, evidentemente motivate da un grande
interesse per il tema, hanno
partecipato con interesse
continuo e infaticabile sin
dalle prime fasi dell’organizzazione e che si spera abbiano trovato stimolanti le riflessioni degli illustri relatori
(pare che addirittura il ministero degli Interni abbia mostrato un certo interesse).
La seconda giornata, riservata soprattutto alle associazioni che operano sul territorio e provenienti da tutta Italia, e nella quale i partecipanti hanno lavorato in gruppi,
ha cercato di individuare delle prospettive politiche concrete, nel quadro di una crisi
delle tradizionali forme di
rappresentanza politica, nella effettiva creazione di reti
orizzontali che colleghino le
varie realtà locali, le quali
non possono tuttavia nascere
dalla mera possibilità di parlarsi dovuta all’esistenza delle moderne comunicazioni,
che in effetti non hanno portato a nessuna effettiva riorganizzazione sociale: è necessaria, si è detto, innanzitutto una relazione forte con
il proprio territorio e con i
suoi problemi, una maggiore
capacità di analisi dei fenomeni e una mentalità capace
di cogliere le connessioni tra
i fenomeni locali e quelii globali, scambiandosi esperienze e formulando azioni comuni. A questa seconda giornata ha partecipato con interesse anche Samir Amin.
Dall'Intervento di Jacques Maury
Guerre e stermini compiuti
da sempre nel nome di Dio
L’invito che avevamo rivolto a Jacques Maury nasceva dal fatto che il tema
dell’economia neoliberista è
stato fin qui studiato da economisti o politici che si sono
limitati al confronto contabile sul fenomeno, tenendone
accuratamente fuori l’essere
umano e le sue necessità:
nessun teologo o filosofo
aveva tentato di comprenderne le origini e evidenziare
i motivi che hanno fatto sì
che l’economia diventasse a
tal punto egemone che il tema della globalizzazione
non è un’utopia futuribile,
ma una realtà oggettiva identificata da molti studiosi come inizio di una nuova era.
Jacques Maury aveva già
studiato la questione dell’etica con proposte semplici, fondate sulla parola di
Dio. Nel suo intervento al seminario ha voluto mettere in
guardia il mondo occidentale cosiddetto cristiano dal rischio «del pensiero unico che
ha le sue origini con il concetto del Dio unico: il monoteismo come si è elaborato
nelle civiltà mediterranee e
cristallizzato nelle tre grandi
religioni monoteiste, giudaismo, cristianesimo, islamismo. Bisogna riconoscere
che la dinamica unitarista,
iniziata dal monoteismo, ha
largamente prodotto delle
spinte imperialiste, militari e
culturali».
Maury ha fatto notare come nel nome del Dio unico
sono state fatte guerre e
compiuti stermini tra i più
aberranti nella storia della ci
viltà umana, per esempio le
Crociate e la conquista dell’America: «Questa dinamica
unitaria ha preceduto, in certo modo, la filosofia illuminista del XVIII secolo, in cui il
Dio unico è rimpiazzato dalla Ragione universale, riferimento unificante (...); in
questo modo si può verificare che la spinta verso l’unità
porti in sé un reale imperialismo culturale (...). La Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo, che vediamo come esito positivo della filosofia illuministica, in realtà con
quali termini e con quale
materiale concettuale è stata
formulata, se non con il concetto del primato dell’individuo? Sarà stata una conquista della filosofia dei Lumi,
ma diventa difficilmente utilizzabile quando si tratta dei
diritti di tutti i popoli, vera
sfida di oggi».
A questo punto diventa
fondamentale che le chiese si
interroghino sulle proprie responsabilità. Jacques Maury
pone fortemente l’accento,
riferendosi continuamente
alla Bibbia, al fatto che il
pensiero unico (che potrebbe essere visto con favore dai
cristiani) è in realtà portatore
di morte. I cristiani sono invece chiamati a essere portatori di vita: essi, e con loro
tutti quelli che non intendono rimanere sotto la pressione del determinismo dell’
economia, devono portare
una voce di speranza trascenda il prêt-à-penser soprattutto quando si tratta del
pensiero unico.
Una sintesi dell'intervento
Boba: il Sud ditalia è più
oneroso del Sud del mondo
Dobbiamo fare attenzione
a usare la parola globalizzazione, perché sembra rimandare a una dimensione talmente grande dei problemi
da immaginarli come non affrontabili attraverso delle politicbe economiche nazionali
o di breve termine. In realtà
io parlerei di internazionalizzazione dei mercati, e non si
tratta affatto di un processo
nuovo, anche se la sua intensità è superiore rispetto al
passato. Perché voglio sottolineare che abbiamo ancora
qualche possibilità di influire
su queste dinamiche, sia attraverso i governi nazionali,
cbe ancora mantengono il
controllo su una serie di leve
economicbe rilevanti, sia attraverso le lotte che il sistema, con le sue ingiustizie, stimola: basta pensare alle lotte
degli operai coreani contro la
settimana lavorativa di 52
ore, o ai primi movimenti di
ribellione della Cina, avversi
a un sistema basato esclusivamente sulla competizione
internazionale.
In un quadro in cui la collocazione territoriale delle
imprese è priva di vincoli, si
potrebbe pensare che il Sud
d’Italia, area periferica, possa
costituire un’area appetibile
per il capitale al pari di quelle
di altre zone periferiche del
Sud del mondo, capaci oggi
di competere sul mercato internazionale. Ma le condizioni di insediamento nel Sud
d’Italia sono comunque infinitamente più onerose rispetto a quelle che le imprese
trovano nei paesi sottosviluppati. A questo «svantaggio» si deve aggiungere una
incapacità delle classi imprenditoriali meridionali,
orientate a una logica a breve, basata su uno sfruttamento selvaggio della forza lavoro, prive di prospettive di
ampliamento dimensionale
delle aziende.
S
ai
Ir
al
L’
Le responsabilità dei credenti
Il problema economico
coinvolge oggi tutte le chiese
GIOELE FULIGNO
Le questioni economiche
sono il vero grande problema delle chiese che i credenti devono affrontare per
combattere il male e annunciare l’Evangelo. Oggi la potenza di uno stato è misurata
proprio dalla sua capacità
economica. La potenza di
uno stato non si rivela dal
suo benessere sociale, dalla
sua stabilità fondata sull’armonizzazione dei servizi e
sulla previsione calcolata delle necessità universali da preservare assolutamente (l’ecologia). È càlcolata sul suo
prodotto interno lordo (Pii),
sul reddito pro capite, sul suo
risparmio, sul suo mercato,
naturalmente libero, sul libero scambio, sul massimo profitto, sulla progressiva emarginazione di chi non produce, non sa produrre, non può
produrre ricchezza.
Questa economia non tiene conto della persona umana, si è disumanizzata. Economia è come dio, si pone
davanti all’essere umano e lo
valuta e lo salva o distrugge
secondo il proprio imperio.
Non è al servizio della persona umana, si serve al contrario di essa. Basta vedere come si vuole costruire l’Europa: stabilità economica anche a rischio di cancellare
tutte le conquiste sociali attuate in questo secolo di storia. In Italia l’entrata nella
moneta unica, che salverà il
nostro mercato dalla spietata
concorrenza di altre potenze
economiche, è pagata dalle
classi più povere: sono ridotti
i servizi sociali fondamentali
(scuola, sanità, previdenza,
ecc.), è istituzionalizzata la
disoccupazione. In realtà intorno alla nuova economia si
è costruita un’esistenza politica, sociale e religiosa magistralmente artificiale.
Siamo dei meri oggetti strumentalmente utilizzati al fine
di un potere che si erge su di
noi come il demiurgo dei greci o il moloch dei semiti, ma
ancora più terribile perché è
ben visibile e palpabile. Come il demiurgo che crea e abbandona il suo creato, il dio
attuale crea dei finti esseri
umani, li riempie di necessità
e di doveri e li utilizza fino a
quando può raccogliere da
loro profitto. Ma da parte sua
non c’è nessun intervento in
favore dell’essere umano. Come il moloch dei semiti, chiede e pretende sempre dei sacrifici. Se al moloch si sacrificavano i primogeniti, oggi si
sacrificano i vecchi facendoli
sopravvivere con pensioni indegne, i malati impedendo
loro di curarsi con un servizio
sanitario ridotto al minimo, i
giovani relegandoli in una
posizione d’attesa di un lavoro che non verrà mai, i bambini soggetti a una scuola bigotta e assistita.
Oggi, con la disoccupazione non si può nemmeno più
parlare di sfruttamento. La
persona viene in questo modo distrutta e annientata, disumanizzata perché le è tolta
la ragione massima deiia propria esistenza: il lavoro e la
partecipazione attiva alla costruzione della società. Tutto
questo non succede per caso,
e in questo momento della
nostra storia nessuno è riuscito ancora a fare una proposta che contenga un barlume di speranza per l’umanità.
È vero che esistono credenti e
laici pieni di buona volontà
che con il loro benevolo impegno civile e morale tentano
di alleviare la sofferenza
umana specialmente dove
questa appare in tutta la sua
cruda realtà. Ma questa buona volontà non basta, anzi è
addirittura controproducente
perché in realtà è un sostegno
alla potenza dell’economia
fondata sul mercato.
Nell’Evangelo il Signore Gesù aveva già affrontato il problema della povertà. La povertà è uno dei tanti segni
dell’inadeguatezza del nostro
sistema umano di governo,
diceva Gesù, e per questo annunciava la venuta del Regno.
Oggi più che mai il sistema
umano di governo può condurci al disastro totale. Commettono un grosso errore i
credenti che si ostinano a lasciare fuori dalla propria vocazione il compito di riflettere
sui dati oggettivi, resi palesi
da una scelta di vita fondata
sull’economia di mercato e di
libera concorrenza. In un sistema dove quello che conta è
la forza del denaro e il potere
che lo circonda, il messaggio
di salvezza fondato su un perdente come il Signore Gesù
diventa ridicolo e impossibile.
I credenti devono trovare un
nuovo modo per annunciare
la buona notizia del Regno,
non solo un linguaggio comprensibile, fatto di parole e di
segni che indicano concretamente lo scopo e il fine da
raggiungere. Ma anche un
nuovo sistema di vita.
Come produrre e poi proporre un nuovo sistema? Intanto si deve cominciare dalla conoscenza. Perché non
cominciamo a aprire le nostre menti e i nostri occhi per
conoscere meglio il mondo
che ci circonda? Ricordiamoci che non possiamo pretendere di «amare Dio se non
amiamo il nostro fratello» (I
Giovanni 4, 20). Così si può
dire che chi non conosce l’essere umano e il creato intero
non può conoscere Dio. Attraverso la conoscenza di tutto quello che ci circonda e
dei fatti che accadono noi
possiamo trovare la via per
raggiungere la persona umana con il messaggio di Cristo.
Sarà una gran fatica, questa ricerca e conoscenza, sarà
anche un cammino rischioso.
Ma è molto peggio continuare a fare finta di niente, molto
peggio accontentarci di quello che abbiamo.
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VENERDÌ 16 GENNAIO 1998
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Vita Delle Chiese
PAG. 9 RIFORMA
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h- Una iniziativa della Fcei in collaborazione con ^Unione avventista
La libertà degli altri
In occasione del centocinquantenario delle Lettere Patenti del 17 febbraio 1848
siamo invitati a riflettere su libertà di culto, libertà politica e rapporti con lo stato
Come ogni anno, in occasione della «Settimana della
libertà» che cade intorno al
17 febbraio, la Federazione
delle chiese evangeliche in
Italia (Fcei) propone al protestantesimo italiano una serie
di materiali di studio e grafici
su tematiche di attualità, con
l’invito a utilizzarli per iniziative locali di studio e approfondimento.
Quest’anno, in occasione
del centocinquantesimo anniversario delle Lettere Patenti del 17 febbraio 1848, la
Fcei ha deciso di dedicare la
«Settimana» al tema della libertà religiosa, e di farlo in
collaborazione con i fratelli e
le sorelle dell’Unione italiana
delle chiese cristiane awentiste (Uicca), che per l’occasione hanno spostato le date
della loro tradizionale «Settimana della libertà religiosa»
per farle coincidere con quelle della Settimana indetta
dalla Fcei (15-21 febbraio).
Questi i materiali che verranno messi a disposizione:
1) Un opuscolo di 96 pagine, intitolato La libertà degli
altri, con contributi di Franco Becchino, Piero Bellini,
Daniele Benini, Dora Bognandi, Tullio Levi, Gianni
Long, Domenico Maselli,
Franco Monaco, Giuseppe
Platone, Domenico Tomasetto. L’opuscolo riprende gli
interventi (rielaborati dagli
autori) alla tavola rotonda
sulla libertà religiosa in Italia,
svoltasi nell’ambito della XI
Assemblea della Fcei (tempio
Un momento dell’ultima assemblea della Fcei
valdese di Torre Pellice, 30
novembre 1997), e si arricchisce di alcuni altri contributi,
fra cui il saluto del rappresentante dell’Unione delle
comunità ebraiche all’Assemblea (Levi) e l’intervento
di un noto studioso «laico» di
diritto canonico, il prof. Bellini. In appendice viene pubblicato il documento delTAssemblea Fcei sulla libertà. La
scelta del tema della libertà
religiosa, spiegano nell’introduzione il segretario della
Uicca, pastore Daniele Benini, e il vicepresidente della
Fcei, pastore Giuseppe Platone, è legata al fatto che «la
questione della libertà religiosa è reale banco di prova
di tutte le altre libertà». Se è
vero che le chiese del protestantesimo storico hanno
praticamente risolto, con la
firma delle Intese, il proble
ma della libertà di culto, esso
rimane aperto per un’altra
serie di formazioni religiose,
a partire dalTIslam. «A noi si legge nell’introduzione che abbiamo sempre valorizzato il nesso storico tra presenza evangelica e libertà politica, la libertà degli altri sta
a cuore quanto la nostra».
2) Un manifesto a colori, di
dimensioni 50 cm per 70, con
un’illustrazione di Alessandro
Spanu, il motto della «Settimana» (La libertà degli altri),
un versetto biblico (Isaia 61,
1; ...per proclamare la libertà
a quelli che sono schiavi») e
una scritta che ricorda il 150°
delle «libertà civili a valdesi ed
ebrei». Anche la scelta del versetto biblico aiuta, ci pare, a
cogliere il senso del motto
della «Settimana»: esso infatti,
oltre a appartenere al patrimonio comune di cristiani ed
ebrei, è ripreso nel Nuovo
Testamento (Luca 4, 18) e ha
delle risonanze nella storia
dell’evangelismo italiano
(vengono in mente le parole
del nostro antico inno: «Libertade bandite agli schiavi...»).
3) Un calendarietto plastificato tascabile, offerto dagli
avventisti, che riporta motto e
«logo» grafico della settimana.
Tutti i materiali saranno disponibili entro i primi giorni
di febbraio. Per facilitare e
velocizzare la diffusione, proporremo alle comunità di ritirare personalmente le loro
copie presso un recapito regionale, a cui i materiali saranno inviati per corriere. Per
coloro che aderiranno a questa proposta, non verranno
addebitate spese di spedizione. Il costo dei materiali
è, come per il 1997, di lire
10.000 per l’opuscolo e di lire
2.000 per il manifesto (oppure lire 1.000 caduno per ordini a partire da 10 copie). Insieme a opuscoli e manifesti,
verranno inviate gratuitamente alcuni copie del calendarietto tascabile. Il pagamento può essere effettuato
al ricevimento del pacco. Per
ordinare i materiali, si prega
di inviare la scheda di prenotazione pubblicata a lato,
possibilmente per espresso
oppure via fax ai numeri: 064827901 o 4828728, oppure
di telefonare al numero 064820503 o 4825120. L’indirizzo è: Settimana della Libertà, presso Confronti, via
Firenze 38, 00184 Roma.
Iniziative in tutto il mondo, come ogni anno, per l'unità dei cristiani
Settimana di preghiera: un'invocazione allo Spirito Santo
perché venga in soccorso alla nostra debolezze
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«Lo Spirito viene in aiuto
della nostra debolezza». Questa frase dell’apostolo Paolo
(versetto 26 del cap. 8 dell’epistola ai Romani) è il tema
della tradizionale Settimana
di preghiera per l’unità dei
cristiani che si svolge ogni
anno in tutto il mondo, dal
18 al 25 gennaio. Il tema della
settimana, che dal 1966 viene
scelto e preparato di anno in
anno da un gruppo internazionale appositamente nominato dalla Commissione fede
e costituzione del Consiglio
ecumenico delle chiese (Cec)
e dal Pontificio Consiglio per
la promozione dell’unità dei
cristiani, pone la sua centralità nello Spirito Santo che
opera nella vita dei cristiani e
nelle loro chiese.
Il materiale liturgico per il
1998 è stato preparato da un
gruppo nominato dal Consiglio delle chiese cristiane della Francia. «Quando preghia010 e riflettiamo sul grande
progetto di Dio di condurci
olla piena maturità - si legge
oell’introduzione al testo liiurgico per la Settimana di
preghiera - siamo anche
Oiessi di fronte alla realtà preoonte: la nostra debolezza, il
Oostro peccato, la nostra divisione come cristiani». Nel te
sto si ricordano le speciali intenzioni dei cristiani per il
1998, anno nel quale «si sta
prendendo in esame un modo per cui tutti i cristiani possano celebrare insieme i 2000
anni dalla nascita di Cristo».
I cattolici sono stati incoraggiati a pregare lo Spirito
Santo e in particolare a chiedergli l’unità dei cristiani. Il
Consiglio ecumenico delle
chiese, che riunisce 330 chiese protestanti, ortodosse e
anglicane di tutto il mondo,
celebrerà a settembre i suoi
50 anni, e a dicembre si svolgerà a ITarare (Zimbabwe)
l’Assemblea generale per riflettere sul tema «Torniamo a
Dio, rallegriamoci nella speranza».
In Italia, per il terzo anno
consecutivo, il testo della liturgia ecumenica della Settimana di preghiera è stato tradotto e presentato congiuntamente da cattolici, evangelici e ortodossi. Sono previste
iniziative in varie città; segnaliamo in particolare:
• a Torino e immediati dintorni, il 19 e 20 gennaio, 17
celebrazioni ecumeniche
contemporanee in sedi diverse cattoliche ed evangeliche
con predicazione a due voci,
cattolica e protestante.
È in uscita l’opuscolo del XVII Febbraio 1998
a cura della Società di studi valdesi
Giorgio Tourn
1848-1998 All'origine della libertà
costo £ 6.000
^le chiese che ne faranno richiesta verrà inviato in contrassegno
prezzo ridotto di £ 5.000 la copia. Prenotarsi presso il Centro
silurale valdese, via Beckwith 3, Torre Pellice, tei. 0121-932566.
Incontro ecumenico alla chiesa luterana di Milano
Il 21 gennaio la conferenza
su «Il dialogo ecumenico: difficoltà e prospettive» con la
partecipazione del past. Domenico Tomasetto, presidente della Federazione delle
chiese evangeliche in Italia,
di mons. Claude Perisset, segretario aggiunto del Pontificio Consiglio per l’unità dei
cristiani, e di padre Traian
Valdman, vicario generale
per l’Italia della Chiesa ortodossa romena (Auditorium
Iris Avogadro, via Rossini 18).
La Settimana si apre con
una celebrazione in duomo e
si chiude al tempio valdese.
• a Milano la celebrazione
ecumenica di inaugurazione
della Settimana si farà nella
chiesa di San Marco il 18, alle
ore 18,30; il 24 gennaio alle 21
nel tempio valdese, alla presenza di tutti i rappresentanti
(foto Zibecchi)
delle chiese, verrà presentato
alla comunità cristiana il Consiglio delle chiese di Milano
che si costituirà il 13 gennaio.
• a Brescia il 21, alle ore
20,45, presso la Congregazione dell’Oratorio di San Filippo
Neri in via Pace 10, il past. Tomasetto terrà una meditazione sul tema della settimana.
• a Cremona domenica 25
gennaio alle ore 16 la corale
evangelica di Torino terrà un
concerto nella chiesa di Sant’
Abbondio, in occasione della
celebrazione ecumenica di
chiusura della settimana.
• a Roma il Segretariato attività ecumeniche (Sae), il 18
alle ore 17, presso le Suore
francescane missionarie di
Maria, via Giusti 12, organizza un incontro ecumenico
con il past. Paolo Ricca e
mons. Clemente Riva, (nev)
SETTIMANA DELLA LIBERTA 1998
Scheda di prenotazione
La libertà degli altri
1848-1998,150° anniversario
deiie libertà civili a valdesi ed ebrei
scheda di prenotazione dei materiali
a cura della Fcei e della Uicca
Vogliate inviarmi:
n....copie dell’opuscolo La libertà degli altri a lire
10.000 cadauna più spese postali
n......copie dell’opuscolo La libertà degli altri, che riti
rerò presso il corrispondente regionale da voi indicato, a lire 10.000 cadauna, franco spedizione.
n....copie del manifesto con il motto e il logo della Set
timana a lire 2.000 cadauno (oppure a lire 1.000 cadauno per
ordini di almeno 10 copie), più spese postali (oppure senza
spese per chi ritira presso il corrispondente regionale).
Nome e cognome.....
via................
codice postale e città .
Pagherò al ricevimento, utilizzando il conto corrente postale allegato al pacco.
Jnviare questa cedola di prenotazione a:
Settimana della Libertà, c/o Confronti
via Firenze 38,00184 Roma fax 06-4827901 o 4828728
Agenda
17 gennaio
TRIESTE — Alle ore 19, presso il Centro culturale «Veritas», in occasione della giornata del Dialogo ebraico-cristiano, il rabbino capo, dottor Umberto Piperno, parla sul
tema «I sette precetti per i figli di Noè». L’incontro è organizzato dal Centro culturale Veritas, dal Gruppo ecumenico di Trieste e dal locale gruppo del Sae.
BERGAMO — Alle ore 17,30, nella Sala conferenze del
Centro culturale protestante (via Tasso 55,1 piano), il past.
Thomas Soggin parla sul tema «Gesù: sacerdozio, tempio e
santuari», nel 1° incontro di studio sul Vangelo di Giovanni.
18 gennaio
ROMA — Alle ore 17, presso le suore francescane missio
narie di Maria (via Giusti 12), si svolge un incontro di pre
ghiera e fraternità sul tema «Lo Spirito viene in aiuto della
nostra debolezza (Romani 8, 26)», in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Predicazione
del pastore Paolo Ricca, saluto di mons. Clemente Riva.
23 gennaio
SONDRIO —Alle ore 21, presso il Centro evangelico di
cultura (via Malta 16), don Battista Rinaldi e il pastore Alfredo Berlendis parlano sul tema «L’unità della chiesa».
24 gennaio
BERGAMO — Alle ore 17,30, nella Sala conferenze del
Centro culturale protestante (via Tasso 55,1 piano), il past.
Thomas Soggin parla sul tema «Gesù, Spirito Santo e nome
di Dio», nel 2° incontro di studio sul Vangelo di Giovanni.
UDINE — Alle ore 18, presso la sala della Chiesa evangelica metodista (p.le D’Annunzio 9), il pastore battista di Pordenone P. Castelluccio tiene una conferenza sul tema «La
morte di Gesù. Un contributo al dialogo ebraico-cristiano».
25 gennaio
TORINO —Alle ore 17, nel tempio valdese di corso Vittorio Emanuele li 23, per il ciclo «Musica e preghiera», l’organista Paolo Guardiani esegue musiche di Bach, Buxtehude, Marchand e Frescobaldi.
FERRARA — Alle ore 15 in via Carlo Mayr 112/a, a cura
delle chiese battiste di Ferrara e Rovigo e della chiesa valdese di Felonica, si svolge il terzo seminario di formazione
sulle relazioni interpersonali sul tema «L’innamoramento».
Coordinatori i pastori Lidia Giorgi e Carmine Bianchi; relatrice la doti. Iolanda Marsiglia, psicopedagogista.
Radio e televisione
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il
lunedì della settimana seguente alle ore 9,30 circa.
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Abbonamento annuo L.
28.000 - Estero L. 33.000
Sostenitore L. 35.000 - Una
copia L. 3.500 da versare
su c.c.p. n. 14603203 intestato a «L'amico dei fanciulli - Tavola Valdese» 20159 Milano - Via Porro
Lambertenghi 28
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PAG. 10 RIFORMA
Commenti
VENERDÌ 16 GENNAIO 199j yEN
I diritti dei curdi
Giorgio Gardiol
L’attenzione è puntata ora sui curdi. Sono arrivati in
800 a Natale, trasportati sulle «carrette del mare» dai moderni trafficanti di schiavi, in combutta con le polizie e le
autorità di stati che ambiscono ad avere rapporti privilegiati con in paesi deH’Unione europea. Non lo si è detto,
ma le statistiche del ministero degli Interni ricordano che
circa 5.000 curdi, nei primi otto mesi dell’anno scorso, sono stati respinti alle nostre frontiere.
1 curdi in Europa sono ormai alcuni milioni. Sono scappati dalla repressione della guerra, dalla fame e dall’embargo decretato dall’Onu, e dagli altri embarghi dell’Iraq,
della Turchia, dell’Iran, della Siria. Vittime di questa azione internazionale «per difendere la pace» sono i tre milioni di curdi che negli ultimi cinque anni hanno abbandonato le loro terre. L’esodo è causato anche dalla politica di
«terra bruciata» attuata, da oltre quindici anni, dalla Turchia contro la guerriglia curda che rivendica l’autonomia
del Kurdistan. La repressione turca è stata particolarmente pesante negli ultimi cinque anni con più di 3.000 villaggi rasi al suolo, mentre gli iracheni hanno utilizzato le armi chimiche contro le città curde. Oggi nel Kurdistan, su
ventidue milioni di abitanti, almeno la metà vivono in
condizioni precarie e, almeno cinque milioni sono privi
dei diritti più elementari come il cibo, la casa, le vaccinazioni antitifiche, le cure mediche.
La situazione dei curdi è nota a livello intemazionale e
rappresenta una di quelle situazioni ben descritte dall’articolo 10 della nostra Costituzione: «Lo straniero al quale
sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana
ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo
le condizioni stabilite dalla legge». Attenzione: la nostra
Costituzione parla di un «diritto», non di una «concessione» discrezionale dell’autorità. Il nostro governo ha quindi solo adempiuto a un dovere costituzionale. È positivo
che lo abbia fatto sulla base delle risoluzioni della Camera
che impelavano il governo ad agire a livello intemazionale per risolvere la questione curda.
In Italia manca ancora una legge vera e propria che riguardi l’asilo. Per quarant’anni ci siamo limitati ad essere
un paese di transito del rifugiato, soprattutto verso il Canada, gli Usa, l’Australia. Oggi le cose sono cambiate e il
governo Prodi finalmente ha presentato un disegno di
legge (da migliorare) che, una volta approvata la nuova
legge sull’immigrazione, comincerà il suo iter al Senato.
Dunque, solo i curdi che potranno dimostrare di aver subito in concreto discriminazioni razziali, etniche, sociali,
religiose o politiche saranno riconosciuti come rifugiati
(o profughi). E tutti gli altri, quelli che fuggono dalla fame? Non saranno certo rinviati a casa loro, perché lo impedisce (o almeno dovrebbe impedirlo) il «principio di
non respingimento» contenuto nella Convenzione di Ginevra del 1951 e nella legge «Martelli» suU’immigrazione.
Il governo dovrà emettere un provvedimento di «protezione temporanea per ragioni umanitarie» e dovrà dare a
questi curdi un permesso di soggiorno, ed essi dovranno
essere messi in condizione di ricercare una casa, un lavoro e di mandare a scuola i figli. Si tratta di provvedimenti
già adottati nel caso dei somali, dei fuoriusciti dall’ex Iugoslavia durante la guerra e degli albanesi.
Tuttavia prendere un provvedimento di questo tipo
sarà difficile, perché rischia di compromettere i rapporti
con la Turchia, con la Siria, con l’Iran (quelli con l’Iraq
sono già congelati). Bloccare questi rapporti può essere
negativo per le nostre imprese che sono interessate al petrolio, al rame e ai metalli che si potrebbero estrarre nel
Kurdistan, e, soprattutto, al progetto Meda (35 dighe, canali e centrali idroelettriche) che cambierebbe il volto
della regione e che la Turchia vuole realizzare una volta
entrata neil’Unione europea. Congelare i rapporti con la
Turchia vuol dire bloccare un progetto che riguarda anche il ruolo dell’Europa nel mondo. Di qui le proteste della Germania e della Francia. Avremo la forza, noi italiani,
di affermare che i diritti della persona sono più forti di
quelli dell’economia europea del prossimo secolo?
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Croce. Paolo Fabbri, Fulvio Ferrarlo, Giuseppe Ficara, Giorgio Gardiol, Maurizio
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Luisa Nini, Nicola Pantaleo, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il
n. 176 del 1® gennaio 1951. Le modifiche sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 2 del 9 gennaio 1998 è stato consegnato per l'inoltro postale all'Ufficio CMP
Nord, via Reiss Remoli 44/11 di Torino mercoledì 7 gennaio 1998.
Laicità dello stato e cattolicesimo in Italia
L'eterna «questione cattolica
»
Continua la caccia al voto cattolico e alllmprimatur della
gerarchia cattolica. Lo stato laico è la «casa comune» di tutti
PIERA ECIDI
SI insegnava una volta sui
libri di storia che, insieme
alla «questione sociale», alla
«questione meridionale», alla
«questione operaia», l’unità
d’Italia portava con sé anche
una complessa «questione
cattolica». Si faceva riferimento alla presenza ultramillenaria di uno Stato della
Chiesa, di un pontefice via
via più monarchico, all’eredità culturale della Controriforma, ecc. Infatti lo stato
italiano nasce da una frattura, che percorse le coscienze
di tanti cattolici liberali e democratici del nostro Risorgimento, costringendo a scelte
talora drammatiche. E in
qualche modo nasce «laico»,
pur nei limiti dello Statuto
Albertino, ma significativamente nella libertà infine acquisita delle minoranze religiose, con le Lettere Patenti,
di cui ora ci apprestiamo a
celebrare i 150 anni
Laicità combattuta e perennemente da riconquistare,
certamente, laicità da ampliare e da consolidare: il tema
della laicità dello stato si pone al centro e al sorgere, dunque, della nostra unità italiana, e le «interpretazioni del
Risorgimento» dovrebbero
riaccendersi di interesse nella
riflessione culturale e politica
del nostro paese, in questo
1998 che l’incultura fastidiosa
dei nostri mass media continua a presentarci come l’«anno sindonico» (argomento
sommamente unificante,
davvero, tra i cittadini italiani
di diversi orientamenti, per
non parlare dei cristiani di diverse confessioni e all’interno
del cattolicesimo stesso!). I 50
anni della nostra Costituzione repubblicana, con la pari
dignità solennemente affermata di ogni cittadino, al di là
delle differenze di opinioni,
di fede, di razza, di sesso, dovrebbero farci riappropriare
di una rinnovata consapevolezza sulla necessità di preservare lo stato laico come
«casa comune», in un periodo
storico di tante tensioni e con
la necessità di attrezzarci alla
presenza e all’integrazione di
tante e diverse etnie, culture e
religioni.
Un imbarbarimento collettivo, invece, che è culturale,
prima ancora che politico, fa
strazio a ogni piè sospinto, di
questo basilare principio di
convivenza civile, mettendo
in continuazione in allarme
le minoranze religiose del
nostro paese e, quel che è
peggio, ponendo continui
ostacoli al raggiungimento di
quel clima di conversione dei
TRANO questo nostro
• mondo dell’informazio
ne: sappiamo sempre tutto di
tutti in tempo reale e viceversa certe notizie, che da anni
serpeggiano e di cui si bisbiglia sottovoce, impiegano un
tempo enorme per diventare
voce pubblica. È il caso dei
bambini schiavi, obbligati a
lavorare, sovente in condizioni disumane, fino a 15 ore al
giorno. Gli esperti oggi ci dicono che sono 300 milioni in
tutto il mondo. Un immenso
esercito di piccoli esseri ridotti in schiavitù e sfruttati
da uomini senza scrupoli e
senza coscienza.
E anche il nostro civile e
democratico paese partecipa
a questa vergogna con oltre
250.000 bimbi lavoratori costretti a trascorrere almeno
12 ore al giorno a cucire davanti a rudimentali telai o a
spellarsi le mani con la con
cuori che è così necessario
per il traguardo di riconciliazione tra le chiese e di dialogo interreligioso per cui si
prodigano tanti credenti di
«buona volontà». In quello
che è uno dei più «pagani»
paesi del mondo occidentale,
dove gli stessi osservanti della confessione cristiana di
maggioranza sono una minoranza calcolata intorno al
30%, dove siamo in testa nel
consumismo di ogni genere
in mezzo a sacche di povertà
insultanti, nel turismo sessuale per pedofili e non, nella tratta di prostitute schiave
dall’Est e dal Sud del mondo,
dai paesi dove si muore di fame o di guerra, dove la cronaca quotidiana svela bambini sfruttati in fabbriche-lager o adolescenti sbandati
che uccidono per un orologio o un motorino, ebbene,
proprio in Italia assistiamo a
un continuo sventolare i valori religiosi, a una confusione e utilizzo di categorie del
mondo cristiano a altri fini
che non sono quelli delle
coscienze, che avrebbero così bisogno invece di essere
educate a valori diversi da
questi orrori.
Il maggioritario ha peggiorato l’odierna incultura della
nostra classe politica in un
rinnovato cinismo, e la massa dei voti cosiddetti cattolici
in libertà fa da continuo elemento di scambio tra le diverse «anime» del cattolicesimo italiano e tra queste e le
opzioni di altri schieramenti
politici. Bene che vada, alla
fine di questo interminabile
passaggio dalla cosiddetta
Prima alla cosiddetta Seconda Repubblica, le cui sponde
e i cui approdi non sembrano
affatto solidi e affidabili per
tutti, se riusciremo a salvare
la democrazia e l’alternanza,
avremo contribuito a creare
una bella Democrazia cristiana di destra e una di sinistra.
più clericali della precedente,
che si contenderanno le labili
simpatie di un elettorato
sempre più massificato, insensibile e intento al proprio
«particolare». Tirandosi di
volta in volta di qua e di là
pontefici, vescovi e cardinali
per benedizioni e novelli imprimatur, e facendo strazio
di ogni condiviso senso di
cittadinanza tra le diverse
anime culturali del nostro
paese, di cui quella cattolica
è solo una (penso all’importanza storica dei laici, liberali
e repubblicani, dei socialisti,
dei comunisti).
Un imperante neoguelfismo sta calando come nube
di piombo sul modo di essere
e sul sentire medio degli italiani: quello che non riuscì al
Gioberti riuscirà ora, centocinquant’anni dopo, con tanto minore nobiltà di analisi e
di propositi ai nostri uomini
di politica e di teleschermo?
Sarà questo il nostro modo
moderno di entrare in Europa
smerciando l’immagine, errata, di un gigantesco Stato della Chiesa?
La democrazia italiana deve molto ai cattolici impegnati, come l’attuale Capo dello
Stato. Ma una maggiore attenzione agli effetti rovinosi
della confusione tra sentimenti e scelte personali, per
quanto nobili, e ruoli istituzionali rivestiti li vorremmo, a
tutti i livelli politici. Lo stato
laico, «casa comune» di tutti
non è scambiabile con nessuna convinzione personale,
per quanto profonda e radicata e condivisa. La casa comune permette di conoscere
e riconoscere le differenze, di
accettarle guardandosi negli
occhi e tenendosi la mano. E
sorridendosi dal cuore, magari, e abbracciandosi: ce n’è
tanto bisogno, al di là degli
squilli di fanfare delle celebrazioni ufficiali in tante ricorrenze.
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eia delle pelli, spesso nascosti
in cantine per eludere i controlli. Le grandi aziende di
abbigliamento del Nord subappaltano a intermediari
meridionali la produzione di
maglie e camicie. E questi
«caporali» la affidano a officine-fantasma, difficili da rintracciare, dove appunto lavorano bambini e bambine.
È un crimine contro l’umanità, paragonabile ai tanti altri crimini che si commettono
ogni giorno nel mondo e che
turbano la nostra coscienza.
Perché dobbiamo domandarci: con quale atteggiamento
questi bambini, ai quali è stata rubata l’infanzia e l’adolescenza, affronteranno la vita,
giunti alla maggiore età? Sapranno godere di quelle illusioni che, forse smentite più
tardi, sono pur sempre il sapore della gioventù? Temo di
no. Defraudati dalla loro infanzia, saranno giovani amari
e sprezzanti, facile preda della
droga 0, peggio ancora, dei
P ’I.
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Bibbia e boia
Bud Welsh, padre di uni
ragazza uccisa in un attenta
to, è un credente e ha la par
ticolarità di essere un oppo
sitore della pena di morte. S
ne parla da Tulsa (Oklaho
ma) in un ampio servizio chi
il quotidiano francese (26 di
cembre) dedica all’argomen
to. La sua è tuttavia una posi
zione «ultraminoritaria», al
meno in quel contesto. Du
rante il processo all’attenta
tote, si racconta, il giornali
locale Daily Oklahoman die
de la parola al pastore batti
sta Tom Elliff, presidenti
della Southern Baptist Con
vention (definito peraltro d
«Libération» «uno dei princi
pali movimenti cristiani fon
damentalisti e seconda chie
sa degli Usa), che disse: «Noi
sostenere la pena capitali
equivale a dimostrare man
canza di rispetto per la vit
umana».
AmÈce
Bibbia e ecumenismo
Nell’ambito di una pagini
tutta dedicata alla Scrittili
(30 dicembre), il vescovo fi
berto Abiondi vede in essai
chiave deH’ecumenismo
«...lo stesso movimento eci
menico nelle sue crisi, n
suoi passaggi, nelle sua at(
se, dovrà trovare ancora m
volta nella parola di Dio)
comune ispirazione. A Gri
la Parola ha fatto crescer
l’ecumenismo in quella di
mensione di base che i temi
futuri renderanno sempii
più evidente».
nfriità
Bioetica e laici
Al termine di un interveni
del 29 dicembre) Frane
Chiaromonte dice: «...ho ed
tato di contrapporre cartoli
e laici (...): la bioetica chied
di superare contrapposizioi
antiche quanto fuorviarti
(...). Non solo perché le diffi
renze esistono anche tra lai
ci, ma anche perché quandi
sono in gioco le leggi, e dut
que lo stato, la laicità è, o do
vrebbe essere da temp)
un’opzione comune. Condì
Visa». Tutto giusto. Però esi
stono anche quelli che noi
sono né cattolici né «laici»
anzi, che si considerano laio
proprio in quanto credenti.
mercanti del crimine. «La
sciate che i bambini vengad
a me - diceva Gesù - noi
glielo vietate, perché di taiü
il regno di Dio». «Non gliel*
vietate»: cioè non impedite*
bambini di essere bambini
non potete derubarli di qu®
dono prezioso che è l’infai
zia. È un comandamento d®
Signore, è un impegno pd
tutti i credenti, è un dover*
per la chiesa in ogni parte d®
mondo; «Chiunque avd
scandalizzato uno di ques®
piccoli - dice ancora Gesù'
meglio sarebbe per lui che §
fosse messa al collo una
dna da mulino e fosse geR®
to nel mare».
(Rubrica «Un fatto, un cofl>,
mento» della trasmissione^
Radiouno «Culto eirangelieij'
curata dalla Federazione dejf
chiese evangeliche in Itav'.
andata in onda domenica ‘
gennaio).
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Quando il papa chiese perdono ai protestanti non sentii
(come penso tanti altri fratelli) gioia né indifferenza: certamente ho registrato, come
credo tanti altri, quello che il
pastore Alberto Taccia ha magistralmente scritto nell’articolo «La riconciliazione delle
memorie» {Riforma del 2 gennaio, pag. 10). In aprile il pontefice sarà a Torino, per la
Sindone, non so se passerà in
piazza Castello o nelle sue vicinanze: lì, ricordiamolo, il 19
marzo 1558 è stato strangolato, e poi arso, un battezzato di
religione cattolica, un fratello
che conosceva molto bene il
cattolicesimo.
Così scrive Giorgio Tourn:
«Un personaggio che riassume, in modo emblematico, le
speranze e il travaglio delle
chiese riformate del Piemonte è Goffredo Varaglia. Nato a
Busca agli inizi del secolo, figlio di un nobile di provincia,
che aveva accompagnato l’esercito crociato contro i vaidesi nel 1488, Goffredo entra
nell’ordine francescano, e vi
si distingue per capacità, serietà, impegno. Destinato alla
polemica antiriformata, si
applica allo studio delle dottrine evangeliche per meglio
conquistarle, ma si convince
che sono biblicamente fondate e ne viene conquistato.
Destinato ad accompagnare
il Nunzio a Parigi, fugge durante il viaggio e si rifugia a
Ginevra» (/ valdesi..., pp. 96100; e ivi - da pag. 104 a 108 ricordiamo, a «memoria storica» per il Giubileo la figura
di Gian Luigi Paschale, impiccato il 16 settembre 1560
davanti a Castel Sant’Angelo
in Roma).
Se, in particolare nel primo
luogo, il papa non sentirà
aleggiare il vento dello Spirito, allora la domanda-richiesta di perdono sarà rimasta
solo una gran bella parola, lo
spero, con molti fratelli cattolici, che voglia andare oltre.
Sarà un vento forte, di riforma? Chiediamo al Signore di
operare, e agli uomini di agire
in conseguenza. Altrimenti ritroveremo sul cammino della
chiesa dei Varaglia, dei Paschale, dei Camara («Quando
aiuto i poveri mi si dice che
sono santo. Ma se mi impegno perché i poveri comprendano la Parola e si elevino,
vengo condannato come vescovo rosso» - Noi siamo
chiesa, Claudiana, pag. 46).
Dom Helder Camara, assassinato, sembra che sarà fatto
santo, e per i poveri ci sono le
organizzazioni preposte. I Varaglia, i Paschale e i Camara...
sono serviti o no?
Carlo Frache - Torre Pellice
I soldi
del Giubileo
In merito all’articolo apparso su Riforma del 5 dicembre ’97 riguardo alla richiesta di finanziamento allo
stato dei soldi per il Giubileo
per ristrutturare la chiesa
olandese-alemanna, la chiesa
battista di via C. Battisti di Livorno precisa che non ha sottoscritto quella richiesta di finanziamento, né quando invitati a partecipare perché ci
era stato chiesto «di non
chiedere dove venissero chiesti i soldi», né tantomeno ora
che la provenienza è stata dichiarata nel succitato articolo. Teniamo inoltre a precisare che questo progetto non fa
parte del lavoro comune del
Consiglio delle chiese di Livorno (come purtroppo non
tutte le comunità evangeliche
fanno parte di questo Consiglio) ma solo di una parte,
quindi la frase «la comunità
protestante di Livorno ha
sottoscritto la richiesta» è
perlomeno inesatta.
La nostra precisazione però vuole aprire una riflessione comune tra le chiese evangeliche su quello che noi
percepiamo come novità nel
discorso dei finanziamenti. Il
motivo che ci spinge a iniziare una riflessione pubblica è
la conoscenza che, anche se
si volesse tacere, il prendere
parte ai soldi stanziati dallo
stato per il Giubileo è un fatto che non passerà inosservato (come già avvenuto in un
incontro ecumenico sul Giubileo dove ci è stato rinfacciato nelTaprile scorso da un
cattolico, ma allora non potevamo capire) e che coinvolge
tutte le chiese evangeliche in
Italia. Le nostre domande sono: 1) Come possiamo conciliare la nostra opposizione al
Giubileo (perché siamo contrari, vero?) e accettare di far
parte ai finanziamenti per
questo evento? 2) Quanto
perderemo in credibilità facendo dei bei discorsi pubblici per poi prendere i soldi
che sono destinati per la stessa cosa che critichiamo? Con
quale credibilità possiamo
opporci al Giubileo come inteso dalla Chiesa cattolica romana? 3) Non offende la memoria stessa di quell’edificio,
testimonianza della Riforma,
della fede evangelica, segnarlo per sempre con il sapere
che è stato ristrutturato con i
soldi del Giubileo, in altre parole, legato a quel sistema di
mercanteggio del perdono e
della salvezza divina proprio
del cattolicesimo romano?
Non sarebbe stato meglio impegnarci per trovare i soldi al
nostro interno aspettando
anche qualche anno in più,
salvando così la memoria
Nella programmazione di Radiotre
«Uomini e profeti»
una serie su
«Lutero mendicante di Dio»
E iniziata sabato 10 gennaio (e proseguirà per i sabati di
gennaio e febbraio alle ore 12 su Radiotre) una serie di trasmissioni del programma «Uomini e profeti - monografie»
dal titolo Lutero: mendicante di Dio. Il programma, di Gabriella Caramore, è curato dal prof. Paolo Ricca: nel momento in cui per le chiese è diventata una necessità vitale
riconsiderare ìe proprie origini e confrontarsi sulle vicende
storiche che hanno portato a lacerazioni e divisioni, è sembrato opportuno aprire un dialogo con uno spartiacque della vicenda cristiana.
Il tentativo sarà quello di leggere Lutero attraverso Lutero, cercando di liberarlo da tutti i fraintendimenti che su di
lui si sono addensati nei secoli, e cercando invece di mettere in luce la vicenda di un cristiano alle prese con la realtà
della fede, ma anche con le fatiche della storia, di un credente in lotta con una chiesa che ha dimenticato la parola
di Dio, di un riformatore che si proponeva non di fondare
Una nuova chiesa, ma di restituire Cristo alla sua chiesa, «liberando le coscienze e rendendole salde attraverso la fede».
Nel corso degli incontri le letture di Lutero, guidate da
Paolo Ricca, saranno commentate anche da altri studiosi
Conte Franco Buzzi, Adriano Prosperi, Michele Ranchetti,
Rotella De Michelis, Boris Ulianich, Brunero Gherardini,
Icario Miegge, Hans-Martin Barth.
Che cosa significa rispettare il secondo comandamento
Le immagini su «Riforma» e la venerazione delle immagini
Come cristiana evangelica battista mi trovo scandalizzata
al vedere pubblicate su Riforma e su L'amico dei fanciulli
immagini di Dio rappresentate nel presepe natalizio.
In Esodo 20,4-5 sta scritto: «Non ti fare scultura alcuna né
immagine alcuna (...) perché io, l’Iddio tuo, sono un Dio geloso». E noto come la Chiesa cattolica abbia abolito questo
secondo comandamento, sì che, per coloro che non possono
esimersi dal raffigurare Dio, una conversione in tale confessione appare più plausibile che il non osservare disposizioni
non equivoche e fondamentali dettate dalle Sacre Scritture.
Questo a fronte di una scelta di fede coerente con l’ubbidienza e la fedeltà alTEtemo. Sono deviazioni deUa Parola jl
reinterpretare la Bibbia a nostro uso e consumo e il considerare Gesù-bambino-uomo, quindi raffigurabile, e non Dio.
Sta scritto in Matteo 1, 18-25 e 2, 1-2: «Maria si trovò incinta
per virtù dello Spirito Santo (...) ciò che in lei è generato è
dallo Spirito Santo (...) or essendo Gesù nato (...) poi siam venuti per adorarlo». E àncora in Luca 2,11: «Oggi, nella città di
Davide, v’è nato un salvatore, che è Cristo il Signore». «Guardate che non vi sia alcuno che faccia di voi sua preda con la
filosofia, secondo la tradizione degU uomini, gli elementi del
mondo e non secondo Cristo» (Colossesi 2,8).
Fraternamente
Siena Pezzini-Lodi
Cara sorella,
alla questione che lei solleva è già stato risposto più volte in
passato, ma penso che non sia male tornare suITargomento.
Mi consenta innanzitutto di trascrivere per esteso i versetti di
Esodo 20,4-5a che lei cita solo parzialineitte: «Non farti scultura, né imrndgine alcuna delle cose che sorto lassù nel cielo o
quaggiù sulla terra ó nelle acque sotto la terra. Non ti prostraredavanti a loro e non le servire, perché io, il Signore, il tuo
Dio, sono un Dio geloso...».
storica di questo stupendo
edificio?
Noi abbiamo sentito l’obbligo di dare questa precisazione perché non vogliamo
essere coinvolti, nostro malgrado, in iniziative a cui non
abbiamo voluto prendere
parte, e perché, in tutta coscienza, noi non ci sentiamo
di essere opposizione per poi
vivere incoerenti partecipando alla spartizione della torta,
anche se umanamente potrebbe far gola.
per il Consiglio di chiesa
il pastore Antonio Di Passa
Predicazione
e prassi
Non metto in discussione
le argomentazioni del past.
Platone nell’articolo «Essere
protestanti ha un costo» del
19 dicembre circa le scarse
contribuzioni di molte famiglie di credenti alla chiesa.
Quello che a mio avviso è discutibile è il tono inquisitorio
e non sufficientemente analitico; sì, perché nelle nostre
chiese vi è il puro riflesso di
una società sempre più fortemente divisa in classi sociali
con un divario direi cosmico
fra ricchi e poveri che inutilmente si cerca di attutire con
volontariato assistenziale
mentre si dovrebbe fare appello a una autentica giustizia
sociale. Ora appare molto
'spesso che la presenza prevalente ai culti è del ceto medio-alto e anziano, e questo
dovrebbe essere il primo approccio alla riflessione; perché gli operai, gli agricoltori,
gli impiegati, i disoccupati e
gli studenti vanno sempre
più raramente in chiesa? Forse anche perché predicazione e prassi sono spesso svincolate dal vivere quotidiano e
perché queste categorie trovano assai poco conforto dalla nostra languente vita comunitaria ove invece prevalgono la diffidenza, l’individualismo e la suddivisione in
gruppi, clan, parentele e conoscenze abituali.
Mi rendo conto che entro
forse nel vivo del problema
conseguente a una valutazione più autocritica che critica
di una chiesa che segue una
liturgia e una pratica ecclesiale troppo radicate in tempi
remoti; quelli dello sviluppo
della produzione industriale
che avevano destituito la
centralità del messaggio biblico a favore di accoglienza
medicale verso le persone
che non possono più produrre per ragioni di età che però
potrebbero ancora essere attive in altre situazioni. Ogni
credente si è trovato così a
gestirsi i problemi di fede e
esistenziali in proprio.
Occorrerebbe affrontare la
questione relativa alla rela
Fac simile di lettera
Protestate con noi contro
il disservizio postale
Spett.le Direzione provinciale P.T. di.
Spett.le Direzione dei servizi postali
viale Europa 147
00144 ROMA
e per conoscenza
Spett.le Riforma
via S. Pio V15
10125 TORINO
Con la presente intendo reclamare poiché il/i numero/i
.............della pubblicazione «Riforma» consegnato
dall’editore all’Ufficio postale di Torino via Reiss Romoli 44
int. 11, in data (il mercoledì che precede la data di pubblicazione, che è di venerdì) mi è/sono stato/i recapitato/i solo il
giorno.............., con un ritardo fortemente pregiudi
zievole per l’utilizzo di tale pubblicazione ovvero per la sua
lettura in termini di puntualità.
Non è la prima volta che si verifica questa inefficienza
nella consegna del settimanale, inoltre più volte il recapito
di alcuni numeri non è stato effettuato.
Chiedo risposta motivata e assicurazioni scritte
sull’adempimento regolare della consegna e sull’eliminazione dei ritardi nei futuri recapiti.
* Distinti saluti
Il letteralismo biblico è talvolta pericoloso, ma se vogliamo
applicarlo rispetto a questo passo dovremmo dire che, poiché Dio non è una cosa, il divieto di farsi raffigurazioni non
riguarda lui e neppure le persone e forse neppure gli animali.
Oppure se includiamo fra le cose gli esseri animati e Dio stesso, per applicare rigidamente la Scrittura, ogni forma di arte
figurativa dovrebbe essere bandita, non si dovrebbero fare
disegni di alcun genere, fotografie, film eccetera.
Credo che Lei convenga che l’accento vada posto sulla frase: «...non ti prostrare davanti a loro e non le servire...». E credo anche che Lei consenta sul fatto che le fotografie di opere
d’arte apparse su Riforma o il disegnino pubblicato da L’amico del fanciulli non avessero la funzione di invitare i lettori a
rendere culto a queste «immagini».
Altro è il discorso sulle innumerevoli statue di madonne e
santi, sui crocifissi, sui cosiddetti «santini», sulle medagliette
e via dicendo che inflazionano il mondo cattolico e ortodosso: poiché sono oggetto di venerazione, poiché ci si affida loro per protezione e si chiedono loro delle «grazie», ricadono
sotto la condanna dei versetti citati. Sono segno di una deviazione idolatrica, residui di superstizioni pagane: coloro che vi
indulgono «hanno adorato e servito la creatura invece del
Creatore, che è benedetto in eterno. Amen» (Romani 1, 25).
Questo è quanto anche noi redattori di Riforma affermiamo,
per cui abbiamo idea che una nostra conversione ad altra
confessione cristiana non sia molto plausibile.
Non dimentichiamoci poi che ci sono tanti altri idoli nella
nostra vita davanti ai quali ci prostriamo e che serviamo,
consentendo loro di prendere il posto che spetta a Dio solo:
dal potere al denaro, dal bènessere alle amicizie che contano,
dal sesso allo sport, dal culto di noi stessi e della nostra capacità di giudicare le cose meglio degli altri alla religione stessa.
Emmanuele Paschetto
zione fede, messaggio, pratica quotidiana in relazione alla società che cambia e con
una valutazione critica costante e penetrante nei confronti delle scelte economiche di chiaro indirizzo edonistico e di accumulazione di
capitali che non sono certo il
«volere di Dio». Queste gravi
trascuratezze hanno determinato una perdita di consistenze e di identità dell’essere protestanti, riducendo tutto a una questione di religiosità rituale e di pietismo personale senza alcuna implicazione nell’impegno quotidiano di testimonianza nel posto di lavoro, in famiglia e
nella società. Ora che i buoi
sono scappati ci si lamenta,
si grida all’untore o presunto
tale, si rimprovera con troppa asprezza i disubbidienti e
magari, come fa Platone, si
chiamano in causa i battisti
che per ragioni ponderatamente valide non hanno ancora aderito aH’8 per mille.
Comunque le loro comunità
prendono sul serio l’opera
missionaria e sono spiritualmente più attive delle valdesi
e sono in crescita anche numerica in molte zone.
Mario Alberione
Luserna San Giovanni
Cambi
di indirizzo
Il candidato Maurizio Abbà
segnala il suo nuovo indirizzo: via Cairoli 1, 15100 Alessandria. Tel. 0131-262313.
Il pastore Bruno Columbu
comunica il suo nuovo indirizzo: via Madonna degli angeli 6, 27029 Vigevano.
Partecipazioni
«Servite il Signore con letizia,
presentatevi gioiosi a lui»
Salmo 100, 2
Il 4 gennaio è serenamente
mancata
Lily Giampiccoli Gay
Lo annunciano-con profondo
dolore Daisy, Daniele, Luisa,
Ciaudio, Silvia, Marco e Lauretta.
Genova, 4 gennaio 1998
RiNGRAZIAMENTO
«Gesù disse: “lo sono
la resurrezione e la vita;
chi crede in me,
anche se muore, vivrà"»
Giov. 11, 25
Antonietta Fissore
Frangermi (Mina)
se ne è andata in punta di piedi
neilo stesso modo in cui aveva
servito a Bologna, a Rio Marina, a
Valiecrosia.
Il marito Aido, angosciato, ringrazia tutti coloro che hanno voluto venire a salutaria per un’ultima volta. Particolarmente la pastora Dorothea Müller per il suo
sermone della resurrzione, il pastore Vicentini per averla ricordata e, anche se fisicamente impossibilitati, Sergio Nisbet per averla
sostenuta specialmente durante
la lunga malattia e infine Carolina
Seri che per Mina ha fatto tutto
senza niente chiedere.
Sra,16 gennaio 1998
RINGRAZIAMENTO
Alla soglia dei 97 anni, il Signore ha richiamato a sé
Caterina Castagna
ved. Bounous
I familiari ringraziano tutti coloro che con la partecipazione e
parole di conforto si sono uniti al
dolore della famiglia.
Un sentito ringraziamento a tutto il personale della Casa Miramonti di Villar Pellice e in particolar modo alia sig.na Italia e al sig.
Beppe, al pastore Gianni Genre e
a Dario Tron, al pastore Luciano
Deodato, al medico curante dott.
Ghirardi e a tutti coloro che le sono stati vicino durante la lunga e
serena permanenza a Miramonti.
San Germano Chisone
5 gennaio 1998
«Il Signore è Dio, è lui che
ci ha fatti e noi siamo suoi»
Salmo 100,3
I redattori e collaboratori di
Riforma partecipano al dolore della vicedirettora Anna Maffei e della sua famiglia per la scomparsa
della suocera
Concetta De Martino
Torino, 16 gennaio 1998
I necrologi si accettano
entro le 9 dei lunedì. Tel.
011-655278 e (fax) 657542.
Per la pubblicità
su
tei. 011-655278, fax 011-657542
10
PAG. 12 RIFORMA
BALE
VENERDÌ 16 GENNAIO 1998
——
V
E in corso a Bari un esperimento dell'Arci con gli immigrati extracomunitari
Vucumprà... un libro? 0 come cambiare l'immagine del Nero
NICOLA PANTALEO
E in corso a Bari, nonché a
Roma e Torino, una sperimentazione di nuove opportunità commerciali per gli immigrati extracomunitari.
L’iniziativa dell’Arci si iscrive
in un’azione ad ampio raggio
di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, particolarmente attraverso un programma di interventi nelle
scuole che ha visto l’Arci impegnata assieme alla Federazione delle chiese evangeliche
di Puglia e Lucania in cicli di
seminari di aggiornamento
per insegnati sull’interculturalità e i diritti di cittadinanza
degli immigrati. Abbiamo rivolto alcune domande a Livia
Cantore, che cura le iniziative
culturali dell’Arci-Nero, e non
solo a Bari.
- Lei lavora da alcuni anni
con gli extracomunitari in
terra di Puglia. Vuole fare un
bilancio della sua esperienza?
«Sicuramente è stata, e
continua ad essere, un’esperienza positiva. L’attività
dell’Associazione ha favorito
il contatto con persone che
mi hanno arricchito umanamente, che mi hanno personalmente allargato gli orizzonti mentali. L’Associazione
mi ha dato la possibilità di lavorare direttamente con gli
immigrati e non solo... penso
a tutti coloro che tendono ai
nostri stessi obiettivi. Questo
ha favorito un intreccio di
culture e di diversi modi di
vedere il mondo ma tutti finalizzati all’ideale della libertà e del rispetto degli individui. “Nero e non solo" a Bari nasce nel 1993 e nello statuto si parla di “associazione
nazionale di volontariato, an
tirazzista e antifascista, che si
occupa di politiche dell’immigrazione e si batte per lo
sviluppo di una società multietnica e multiculturale”.
Abbiamo in questi anni organizzato corsi gratuiti di italiano e attività informative per
gli immigrati, abbiamo fatto
proposte agli enti locali sulle
questioni dell’immigrazione,
promosso dibattiti e feste
multietniche che, nella maggior parte dei casi, hanno suscitato l’attenzione della gente e creato l’occasione per la
discussione».
- Quali alleati e avversari
avete incontrato sulla vostra
strada?
«Gli alleati sono stati innanzitutto gli immigrati che non
hanno solo usufruito di un
servizio ma ci hanno insegnato la necessità di un lavoro
comune; poi le associazioni
che, come noi, sono quotidianamente impegnate in questa
scelta. Penso anche all’Università che, a vari livelli, sta lavorando su questa tematica e
alle chiese evangeliche con le
quali abbiamo collaborato in
varie occasioni. Gli avversari
sono il muro di silenzio e di
diffidenza, l’ignoranza che regna sovrana sulla questione
immigrazione».
- Lei ha scelto la scuola come terreno privilegiato della
sua ricerca. Come ha operato
e quali risultati ha ottenuto?
«Da quasi tre anni Arci-Nero e non solo ha intrapreso un
nuovo percorso sull’idea di
realizzare un progetto di educazione interculturale nelle
scuole: da qui nasce “50 anni
verso la democrazia”, patrocinato dall’Unione europea che
prevede la realizzazione di incontri con gli studenti delle
scuole elementari, medie inferiori e superiori. I temi proposti sono i più svariati: dalla
Carta dei diritti umani alla lettura del razzismo attraverso il
fumetto e la fotografia, dai laboratori di analisi comparata
di fiabe europee e africane allo studio dell’alimentazione e
degli usi e costumi “altri”. La
proposta di un laboratorio di
intercultura nasce dall’esigenza di educare alla differenza e alla convivenza delle diversità. A questo scopo, tra le
tecniche possibili è stato interessante utilizzare quelle teatrali, quelle classiche del “training” antiviolento, della discussione libera e del “brainstorming”, dei giochi di simulazione e di ruolo. Questi laboratori hanno dimostrato
come il tema del razzismo
venga spesso percepito dai ragazzi in maniera epidermica,
attraverso i luoghi comuni del
tipo “gli immigrati ci tolgono
il posto di lavoro”, ma al contempo hanno evidenziato una
notevole propensione alla tolleranza e alla fi^atellanza, sentimenti rafforzati nel corso
degli incontri».
- Che cosa propone con
V «operazione libro»?
«Il progetto “portatore di
cultura” intende diffondere
per le strade della città prodotti culturali. Da circa un
mese è possibile acquistare
per strada i libri della Casa
editrice Lighea di Torino, libri
che sono venduti direttamente dagli immigrati con un ricavato netto per loro del 40%
del prezzo di copertina; Si
tratta di un’iniziativa inedita
che vuole inserire gli stranieri
nel tessuto della nostra realtà
economica, ma soprattutto
vuole essere un veicolo di ag
gregazione e una risposta al
clima che associa marginalità
e degrado alle persone immigrate. L’immigrato, è questo
il messaggio, non è il povero
disgraziato ignorante ma un
individuo con il proprio bagaglio di esperienze umane e
culturali».
- Come ha reagito la gente?
«Il giorno della presentazione all’esterno dell’iniziativa abbiamo accompagnato
gli stranieri che avevano aderito al progetto per le strade
della città al fine di sondare
la reazione dei cittadini a
questa iniziativa. Si sono delineati gli atteggiamenti più
svariati: dalla diffidenza alla
curiosità. Penso che sarà possibile sensibilizzare maggiormente la gente e far sì che i
venditori diventino riconoscibili a chiunque voglia acquistare i libri. La vendita è
comunque a buon punto,
con soddisfazione di tutti».
- Dal suo punto di osservazione, il termometro della tolleranza e accoglienza è in salita 0 in discesa?
«L’iniziativa legislativa portata avanti dal governo, e in
particolare dai ministri "rurco
e Napolitano, riflette una
maggiore sensibilità rispetto
al passato e dimostra come
l’attuale classe dirigente abbia minore diffidenza rispetto alla questione immigrazione. Certo la strada per la
sconfitta di qualsiasi forma di
intolleranza è lunga, ma con
l’aiuto di un ceto politico più
attento, con una legge finalmente organica sull’immigrazione e magari con una
maggiore maturità del comportamento dei media si spera che il barometro dell’accoglienza tenda al bel tempo».
Nuove opportunità commerciali per gli immigrati extracomunitari
Pubblicato un rapporto del Wdm
Il vero volto della Disney
«Il vero volto della Disney»:
con questo titolo il World Development Movement (Wdm,
Movimento per lo sviluppo
mondiale), ha recentemente
pubblicato un rapporto fortemente critico nei riguardi
della Disney, una delle multinazionali più grandi del
mondo. 11 Wdm sostiene che
la Disney stia guadagnando
enormi somme di denaro, sia
nel Regno Unito che negli
Usa, sfruttando la manodopera di molte lavoratrici e lavoratori dei paesi più poveri:
infatti quasi la totalità dei
suoi giocattoli e degli abiti di
marca viene fabbricata nel
Terzo Mondo.
La pubblicazione del rapporto è stata programmata in
modo da coincidere con la distribuzione generale dell’ultimo film animato «Hercules» e
dice che le fabbriche che producono vestiario, ad Haiti per
esempio, danno solo il minimo della paga legale. I lavora
tori sono obbligati a fare lo
straordinario, venendo pagati
pochissimo in più ed è inoltre
proibito far parte di un sindacato, stare a casa per malattia
o per maternità. Una donna
haitiana riceve per cucire una
camicia «Disney» 470 lire
l’ora, e meno di 150 lire l’ora
per un capo di abbigliamento
che verrà poi venduto a più di
53.000 lire. Aditi Sharma, impegnato nella campagna del
Wdm, dice: «Per una società
che ha speso circa 35 milioni
di dollari solo negli Usa per
far uscire sul mercato il film
“Hercules”, migliorare le
condizioni di lavoro di tante
persone non sarebbe poi
“una fatica di Ercole”». Una
dichiarazione della Disney
dice che la compagnia ad
Haiti aderisce a tutte le leggi
e alle linee di condotta applicabili, come in tutti i paesi
dove i suoi prodotti vengono
fabbricati.
(fv, da Methodist Recorder)
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