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h:
Anno 123 - n. 43
13 novembre 1987
L. 700
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a: casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
DOPO IL VOTO
A distanza di qualche settimana dal
discorso con il quale Gorbaciov ha
celebrate il LXX della rivoluzione, è
possibile un commento che dia per
noti i suoi tratti fondamentali; i nomi ricordati (assai significativo quello
di Bucharin), quelli dimenticati, il
giudizio sull'epoca di Stalin, sulle sue
colpe e crimini, sulle prospettive dell'Unione Sovietica, invero, c'è un po’
di delusione, soprattutto in chi immaginava una cosa del resto in sé abbastanza priva di senso, un discorso
che mettesse una sorta di pietra tom: baie sul 1917. Qualche « anticipazione » in questo senso s’era già avuta
da parte di chi aveva intravisto in
alcune precedenti dichiarazioni di
Gorbaciov la tendenza a valorizzare
al massimo la rivoluzione del feb; braio (quella liberal-democratica) a
scapito di quella comunista dell'ottobre. Su questo punto, la delusione è
completa. Gorbaciov ha rivendicato in
pieno l’ottobre rosso. Ma come? In
che chiave? Forse su questo punto
è possibile qualche riflessione più precisa. Posso soffermarmi su due problemi soltanto.
Il primoi riguarda la centralità as7^: sunta dal processo di democratizzazione, il riconoscimento che su questo nodo si gioca il futuro della società. Colpisce il giudizio sul fallimento de! tentativo di Krusciov: esso
non viene attribuito al suo volontarismo (tema canonico), ma a un mancato raccordo tra critica dello stalinismo e sviluppo della democrazia.
E’ un punto di grande consapevolezza. che include nettamente un orizzonte di lotta politica. Gorbaciov ha
ben chiaro che anche la sua battaglia
fallirà e si scontrerà con la rigidezza
del sistema, se il processo di democratizzazione e soprattutto di moltiplicazione dei centri d’opinione non
diventerà elemento di apertura di un
sistenja chiuso. Nel quadro di questa
scelta. Gorbaciov sembra insistere
su una lotta ai processi di spoliticizzazione della società sovietica che hanno fatto passi da gigante nell’èra
Breznev; la cosa è di grande importanza, e va a toccare nodi preistituzionali e quasi di conformazione elementare dell’individuo ■< sovietico ». Naturalmente, se i processi democratici
andranno avanti — cosa ovviamente
del tutto auspicabile — Gorbaciov si
troverà a fronteggiare nuovi ed altri
processi di spoliticizzazione e sarà interessante vedere come il suo gruppo
dirigente risponderà ad essi.
il secondo aspetto riguarda la sua
lettura della storia del mondo. Egli ne
coglie lucidamente l’aspetto di insieme e di unità. Il mondo è così interdipendente, da essere ormai unificato,
pur nelle sue profonde lacerazioni.
Verso il Duemila, questa è l’immagine
della struttura del mondo che Gorbaciov fa propria. Ciò porta in seconda
linea la lettura del conflitto come pura divisione di » campi », che è una
immagine dalla quale la dirigenza sovietica non s’era mai allontanata. Non
si abbandona la critica del capitalismo, ma in una prospettiva un po’
meno « ideologica », e direi non più
legata ai valori di una vecchia filosofia della storia e alle sue necessità;
sembra invece prevalere un ben più
concreto senso della storicità, di una
~ storia che unifica e divide, in cui il
conflitto si è complicato e differenziato, ma che abbisogna di pace, di
nonviolenza, di disarmo (i grandi temi di una politica estera che appare
il punto vincente). Gorbaciov sembra
in grado dì esprimere questa cultura.
Biagio De Giovanni
L'Italia
del 9 novembre
Referendum
Bianche Astenuti
Sr NO e nulle dal voto
% % % ^0
Responsabilità civile dei giudici 80,1 19,9 13,1 34,8
Comm. Inquirente 85,1 14,9 13,0 34,8
Localizzazione centrali 80,6 19,4 14,4 34,8
Contributi Enti locali 79,7 20,3 15,8 34,9
ENEL aH’estero 71,8 28,2 15,2 34,9
Le percentuali del SI’ e del NO sono calcolate sul voti validi. Quelle delle
bianche e nulle sui votanti, e quelle degli astenuti sul numero degli aventi
diritto ai voto.
L’Italia del 9 novembre, quando per la prima volta il voto
popolare ha abrogato alcune norme riguardanti problemi della giustizia e dell’energia nucleare, è profondamente diversa dall’Italia
del 12 maggio 1974, quando i cittadini avevano deciso di mantenere
l’istituto del divorzio. I problemi politici vedono meno partecipazione (l’astensione dal voto raggiunge il 35%) e sono di difficile
comprensione (tra schede bianche e nulle si arriva quasi al 15% dei
votanti).
Si uscirà dal nucleare — primi tra i paesi europei — ma sul
modo per farlo la parola tornerà ai partiti; si affronterà il problema della responsabilità "per colpa” dei magistrati e della giustizia politica verso i ministri e il capo dello stato ed anche qui
l’ultima parola spetterà ai partiti. Da questi referendum esce —
con qualche problema — confermato il sistema dei partiti. Ma
riusciranno i partiti a ritrovare la capacità progettuale che la nostra Costituzione affida loro? Hanno 120 giorni di tempo per dimostrare che ne sono capaci.
G. G.
Fui forestiero, mi accoglieste
Un rifugiato eritreo a Roma.
Nelle pagine interne un inserto dedicato al convegno organizzato dalla FCEI: «Verso una società multiculturale».
LUCA 6: 27-36
Saggezza ed Evangelo
« E come volete che gli uomini facciano a voi, fate voi pure
a loro » (Luca 6; 31).
In forma negativa questo detto appartiene alla saggezza universale. Un ateniese, già nel V
sec. a. C., lo esprimeva così:
« Qualsiasi cosa vi dispiaccia di
subire dagli altri, non fatela ad
alcuno» (Isocrate) e in maniera del tutto simile è anche ripreso da Rabbi Hillel che lo considera un concentrato della Legge.
Il non fare agli altri ciò che
non si vuole per sé è dunque
una conquista del pensiero e della saggezza umana.
Una conquista fondata sull’esperienza, sull’empirismo della
storia, sulla constatazione che la
vita è una ruota e che prima
o poi ci accade di subire quello che facciamo agli altri.
Già questo non è poco, specie
se confrontato alla logica attuale della deterrenza che cambia il
nostro slogan in una formulazione che suona pressappoco così:
« Preparati a fare agli altri ciò
che dispiace, prima che essi lo
facciano a te ». Molte delle strategie commerciali ma anche militari sembrano essere informate da questa massima che poi
trova la sua raffigurazione plastica nel ’’rambismo”, teso a scoraggiare la possibile minaccia
che viene dagli altri.
Questa saggezza universale,
dunque, è già molto coi tempi
che corrono. Credo che potremmo accontentarci ài questo detto anche nella sua versione negativa.
Se fossimo riusciti, per esempio, a fare veramente tesoro delle esperienze passate, neppure
tanto lontane da noi, dovremmo
ricordare le cose che sono dispiaciute ai nostri genitori.
Dovremmo ricordare i nostri
emigranti che con la valigia legata con lo spago e i figli in
braccio, quando potevano portarli con sé, andavano in gran
numero ’’all’estero” alla ricerca
di un lavoro.
Basterebbe ricordare le ingiustizie, gli sfruttamenti, le piccole e le grandi discriminazioni, le
ondate xenofobe con le quali erano in poche ore rispediti al mittente, o persino i silenzi di chi
con sguardo indiscreto scrutava
il loro fare dimesso e talvolta
umiliato.
Tutto questo dovrebbe bastare per fare in modo che le cose
non si ripetano. Non c’è bisogno
di una fede, né deU’evangelo di
Cristo, dovrebbe essere sufficiente la memoria, questa memoria.
E in una certa misura questa
saggezza non ci è estranea. Se
qualche passo è stato compiuto è anche, bisogna riconoscerlo,
perché uomini e donne di buon
senso non mancano nel nostro popolo e neppure nel nostro Parlamento. Fino a un certo punto però. Fino a che questo nuovo, forzato esodo biblico dai paesi più
poveri verso l’Italia non rappresenta una minaccia per la nostra economia e per la nostra
occupazione. A quel punto le cose cambiano, i luoghi comuni
si insinuano di nuovo negli oriz.zonti mentali della nostra gente, e al fastidio segue presto un
più aperto rifiuto. Francia e Inghilterra insegnano. A quel punto torniamo a dimenticare la lezione delta storia.
Si dà il caso però che il detto
che troviamo nei vangeli di Luca e Matteo è in forma positiva:
« E come volete che la gente faccia a voi, fate voi pure a loro ».
Sembra niente, ma Gesù, nel
rivolgere in jnsitivo questo detto, lo ha radicalizzato facendone
una regola d’oro per il discepolo e la chiesa.
Gesù dice, in pratica, che non
è affatto sufficiente un’etica non
aggressiva o, se volete; non violenta per un cristiano. Perché
il discepolo si caratterizza per
quello che fa, non per quello
che non fa. Non solo, ma Gesù,
assumendo come dato della realtà l’egoismo umano, lo usa per
radicalizzare la domanda di servizio verso gli altri. Quanto più
si vuole per sé, tanto più si è
obbligati a fare per gli altri.
In questo è tratteggiato quel
quid pluris che deve caratterizzare il ruolo delle nostre comunità.
Nessuno di noi ha bisogno solo di una casa o di un lavoro e
quindi nessuno di noi è autorizzato a ritenere la sua coscienza
a posto se questo, che per altri
versi è già molto, è ottenuto mediante le leggi.
Siamo chiamati come chiese
a diventare comunità di accoglienza ove si possa avere ciò
che una legge, per quanto democratica e civile, non può dare. Questo è il compito che ci
sta davanti e nessun ufficio o
dipartimento specializzato e istituzionalizzato può assolverlo per
noi. Solo la comunità locale può
rispondere a questo imperativo.
E se è vero, com’è vero, che
il verbo ’’volere” in questo versetto può anche essere tradotto
con desiderare, cioè « Fate agli
altri quello che desiderate per
voi », noi, la chiesa cristiana, non
siamo chiamati q svolgere un
Massimo Aprile
(continua a pag. 2)
2
2 oommenti 6 dibattiti
1
13 novembre 1987
DIBATTITO
DIBATTITO
Confessione di fede:
una roccia valdese
La Bibbia e gli esegeti
L’intervento del fratello Gullotta mi ha spinto a una riflessione, che è di segno opposto, meglio dirlo subito, a quanto da
lui espresso. L’opinione di Gullotta, che io rispetto, mi sembra apportatrice di dannosi e
nefasti sviluppi per la vita della
Chiesa, e non dico vita spirituale, perché non ne rimane più
molta, vista la "teologia ufficiale”. Questo è un termine interessante, sul quale vorrei soffermarmi; dunque, senza che noi
lo sapessimo, nella nostra Chiesa
c’è una teologia ufficiale. Certo
le comunità non ne sono state
formalmente avvisate, ma hanno compreso che qualcosa è cambiato nella predicazione da circa 25 anni a questa parte: corrosiva critica biblica, relativizzazione del messaggio cristiano,
"tensione sociale”, per usare un
eufemismo, innovazioni riguardo alla morale. Tutto questo è
ormai chiaro e palese, ma non
è "ufficiale", perché invece è ancora valida la Confessione di fede del 1655, che, come dice Gullotta, non è più nostra. Come
può dirlo? Questa Confessione
di fede scorre nel nostro sangue
e gronda del sangue dei nostri
antenati.
Certo, dice Gullotta, « ha un
indubbio valore storico ». Questa frase è indicativa di tutto
un atteggiamento negativo, che
non può dare che disastri per
la Chiesa. Certo pure il Glorioso
Rimpatrio, senza virgolette e in
grande, sarebbe un episodio storico rilevante, ma oggi ci rincrescerebbe prendere le armi per
riconquistare i nostri campi e
per difendere la nostra fede, dacché la teologia ufficiale ha sfornato una massa di obiettori di
coscienza! Invece è questo il passato cui dovremmo richiamarci
per ravvivare le nostre comunità, per ancorarle alla loro storia, per fare prendere loro coscienza della potenza di Dio che
ci ha guidati per i perigli della
storia. Quanti bambini o ragazzi valdesi conoscono sufficientemente la nostra storia? Q chi
.siano Arnaud e Gianavello?
Io l’ho imparato a 12 anni,
nel 1978, leggendo la storia dei
valdesi di Ernesto Comba {ed.
1930). Ritornando alla questione
della Confessione di fede del 1655,
a mio ^udizio non è avvenuto
nulla di tanto importante per
potere giustificare un provvedimento di tale portata. Un semplice cambiamento di indirizzo
teologico non giustifica nulla:
dal 1655 si sono susseguiti fenomeni ben niù importanti dell’attuale teologia, come Pietismo,
Illuminismo, Risveglio, teologia
liberale, e in ultimo questa teologia che ha fatto più male che
bene. La nostra Confessione di
fede è come una solida roccia
per tutti i Valdesi, è un severo
monito per tutti coloro che tendono a tralignare dalTinsegnamen»
to delle Scritture. Sostanzialmente nella Confessione è contenuto
tutto quanto un buon cristiano
debba credere, dalla Trinità fino al comportamento morale e
civile, ripeto tutto, e chi non si
riconosce in essa può fare a meno di onorarsi, perché per me
è ancora un grande onore, del
nome di Valdese. La Confessione è il frutto di una fede intensa, di cui oggi non abbiamo l’idea,
pratica, vissuta, non "ufficiale”
e rispecchia la semplice fede della maggioranza silenziosa della
Chiesa che, ormai addormentata dalla teologia ufficiale,
conserva nel profondo del suo
cuore una umile e universale
frase che disse di sé Gesù Cristo: « Io sono la via, la verità,
la vita ». La nostra vita è Cristo,
10 è, lo sarà, lo è stato, e per
questo la Confessione di fede è
una fedele testimonianza di quanto è essenziale e necessario per
11 Valdese di ogni tempo.
Daniele Macris
Mi è sembrato molto interessante e significativo l’articolo
di Nino Gullotta, « Quale confessione di fede? », del 23 ottobre
scorso. Parlando della confessione di fede ancora in uso nelle
chiese valdesi, l’autore scrive:
« Sono convinto che sia una
confessione apprezzabile e che
molte chiese evangeliche non riformate l’accetterebbero come
propria. Ha un indubbio valore
storico, ma — secondo me —
non è più possibile recepirla come la confessione di una chiesa riformata di oggi. Le chiese
infatti che l’accetterebbero non
potrebbero che essere fondamentaliste (Pentecostali, ecc.), che
10 rispetto molto ma che non
usano lo stesso metodo di lettura biblica che usiamo noi. In
effetti, i nostri padri — fino a
non molti anni fa — erano fondamentalisti e ancora tale origine permane in diversi membri
della nostra chiesa. La teologia
"ufficiale” della chiesa riformata però accetta il metodo
storico-critico ed è aperta ad
altri metodi. (...). Io ritengo che
11 fatto importante sia accaduto,
anche se non in termini di avvenimento storico vissuto: il fatto
sta appunto nel cambiamento
— direi — radicale di lettura
biblica. Questo fatto teologico
è stato una vera e propria rivoluzione ».
Da queste parole e dal resto
dell’articolo traggo le seguenti
osservazioni.
1) Le chiese che non hanno
una confessione scritta possono spesso restare più fedeli ai
fondamenti della fede di quelle
che hanno saputo elaborare maestosi e architettonici documenti
teologici.
2) Non sono le chiese cosiddette « fondamentaliste » a dover giustificare il loro diritto a
richiamarsi alla Riforma protestante, ma le altre, cioè quelle
la cui « teologia ufficiale » accetta il metodo storico-critico.
Come la chiesa cattolica ha perso il diritto di vantarsi della
sua continuità con la chiesa pri
Saggezza ed Evangelo
(segue da pag. 1)
servizio nel semplice ambito dei
bisogni più o meno urgenti, ma
dei desideri. Un servizio verso
quell’anelito di pienezza di vita e di ricerca di senso che ci
rende inquieti, che rende le nostre notti agitate, che crea in
noi angoscia talvolta, ma anche
impazienza e attesa di un domani migliore.
Insomma, se i bisogni sono rivolti a questa terra e non possono essere sottovalutati, i desideri Sono rivolti al Regno di
Dio che è e deve rimanere l’anitna della diaconia cristiana.
Questo slogan dunque è una
regola d’oro perché propone a
noi ciò che è stato Gesù nella
sua persona, lega lui a noi, indica a noi discepoli la via che
ha percorso il nostro Signore. E'
in questo legame con la persona
di Gesù che va cercata la origi
nalità del detto evangelico. E
poiché questa via passa per la
croce, questo detto non promette nulla, né gloria, né successo
e neppure la crescita delle nostre chiese. Solo porta con sé
l’implicita promessa di essere
suoi seguaci.
Infine vorrei spendere due parole sul contesto lucano in cui
questo loghion è inserito. Ossia
il contesto dell’amore per i nemici.
Lo straniero lo recepiamo come un nemico potenziale, questo perché è un diverso, portatore di un’altra cultura e religione e di un altro modo di vedere la realtà. L’antico ebreo lo
sapeva bene e perciò, nell’incontrare uno straniero, diceva una
parola che aveva un significato
quasi magico, ’’shalom”. Con questo augurio di pace egli voleva
contrastare il potenziale conflitto insito in quell’incontro. Luca
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mitiva, così le suddette chiese
riformate hanno perso il diritto
di vantarsi della loro continuità
con la Riforma.
3) Il cambiamento radicale
nelle chiese riformate non è accaduto « in termini di avvenimento storico vissuto », cioè non
è stato un mutamento di marcia
del popolo di Dio in cammino,
ma è avvenuto nei laboratori e
nelle aule delle Facoltà teologiche.
4) Il cambiamento avvenuto
non è un semplice aggiustamento di rotta, ma « una vera e
propria rivoluzione », cioè un
capovolgimento totale dell’impostazione teologica della chiesa.
Infatti, per l’autore è uno di
quei momenti critici nella vita
di una chiesa che richiedono il
cambiamento della formulazione della confessione di fede.
A questo punto osservo che
quella che l’autore chiama « rivoluzione », dalla maggior parte degli evangelici è vista come
una grave e rovinosa « deviazione » da quei fondamenti biblici che la Riforma aveva messo
in luce. E’ inutile dire che si ha
rispetto per i Pentecostali, ecc.
Nelle rivoluzioni, uno sta da
una parte e uno dall’altra. Le
rivoluzioni inoltre vengono dal
basso; quando vengono dall’alto, come in questo caso, meglio
sarebbe chiamarle « colpi di stato ».
Una lacerazione profonda è
avvenuta nel mondo evangelico:
la cosa non si può negare. Basta muoversi un po’ per andare
a sbatterci contro. E tuttavia
non bisogna smettere di sperare: anche nelle chiese riformate, la Bibbia sopravviverà ai suoi
esegeti.
Marcello Cicchese
DISSERVIZIO
POSTALE
ci fa la sua proposta: contrastare la violenza e l’inimicizia che
possono nascere in questo incontro, con il servizio.
Fare agli altri ciò che si desidera per sé significa aver preso coscienza che tra me e l’altro non c’è differenza qualitativa e che nella fragilità del nostro essere umani siamo del tutto simili.
La diaconia apre dunque l’incontro ad una ricerca e scoperta comune di ciò che si desidera ed in questo è una possibilità di liberazione reciproca. Facciamo dunque questo salto dalla saggezza all’evangelo, dal bisogno al desiderio, dalla lotta
per la sopravvivenza all’utovia
di un ntondo nuovo. E il Signore ci conceda di vivere, nell’incontro con i diversi, un’altra
tappa della nostra e della loro
liberazione.
Massimo Aprile
Caro direttore,
ti esprimo anzitutto il mio apprezzamento per aver pubblicato sul n. 35
del 18 settembre il modello di lettera
da inviare alla Direzione P.T. per reclamare per l’eventuale ritardo di recapito del nostro settimanale. Mi sarà
certamente utile perché qui a Sagrate
il locale ufficio P.T., quando si ingolfa,
sospende il recapito di tutte le stampe (periodici, inviti a conferenze e
simili), per poi consegnare il tutto anche con qualche mese di ritardo.
Attualmente attraversiamo un periodo di quasi regolarità — secondo gli
standard italiani, ovviamente — ma
pensavo di inaugurare il sistema al
momento del ricevimento del n. speciale per il Sinodo, di cui era stato
preannunziato l'invio a tutti gli abbonati.
Purtroppo questo numero non è mai
arrivato a me e ad altri abbonati miei
conoscenti e debbo ritenere che l'invio non sia stato fatto, almeno per
gli abbonati residenti a Milano e provincia (un fratello di Savona mi ha
detto invece di avere regolarmente
ricevuto il numero speciale). Se ho
voluto leggere il resoconto del Sinodo,
ho dovuto quindi comprarne una copia
dal pastore Benecchi, al quale ne hai
inviato un pacco per i non abbonati.
Puoi essere tanto gentile da verificare e farmi sapere come sono andate le cose?
Umberto Beltrami, Segrete
che abbonato non lo ha ricevuto, lo richieda alla nostra amministrazione.
Provvederemo ad inviarne unaltra
copia.
SONO SITUAZIONI
DIVERSE...
Signor Direttore,
Abbiamo inviato regolarmente il n.
relativo ai lavori del Sinodo. Se qual
a volte il servizio postale ha delicatezze insospettate.
Infatti non mi è mai pervenuto II
n. 37 (2.10.87) in cui la lettrice V.
Buggeri scrive alcune critiche molto
dure nei confronti della mia relazione
sull'incontro di coppie interconfessionali del luglio scorso (n. 33 del 4.9).
Mi sono procurato una copia e mi
sono rammaricato per non essere stato abbastanza chiaro nella mia relazione, visto che ho suscitato reazioni
cosi negative. Non posso rispondere
in dettaglio perché non voglio rubare
troppo spazio per un tema che sembra coinvolgere solo poche persone.
Va detto però che tutta la linea delle coppie interconfessionali è totalmente diversa da quella criticata. In
effetti, io personalmente condivido alcune delle affermazioni della lettrice,
sempre che riferite a situazioni ben
diverse da quelle prospettate e vissute dalle coppie interconfessionali
francesi e svizzere intervenute all'incontro di luglio e da quelle che fanno
parte del gruppo di Pinerolo e Valli.
Chi conosce il loro cammino ecumenico sa che è orientato al più alto
livello di fede, qualsiasi costo comporti: non è mai un accomodamento
a buon mercato.
Gianni Marcheseili, Milano
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Glauco Facchini
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3
13 novembre 1987
servìzio migranti 1
IL CONVEGNO DI MONTEFORTE
FUI FORESTIERO E MI ACCOGLIESTE
Le speranze di chi, per motivi diversi, è costretto a lasciare la propria terra - Le istituzioni pubbliche, i provvedimenti legislativi e le risposte delle chiese: da quattro anni è avviata l’azione del Servizio Migranti della FCEI
Rifugiati politici, ricongiungimento familiare, corsi professionali, regolarizzazione, richiedenti
asilo, accoglienza, santuari. Che
attenzione trovano nelle nostre
chiese questi e tanti altri problemi
connessi ai flussi migratori dai
paesi dell’Africa, dell’Asia e deli’Ameiica Latina verso l’Italia?
Sono solo questioni di carattere
politico ed economico, da lasciare
alle istituzioni pubbliche (Parlamento, Governo, Enti locali)?
Sono solo questioni di carattere
assistenziale, da lasciare a chi ha
la possibilità di organizzarsi bene,
come le Caritas diocesane cattoliche?
Tali le domande di fondo che
hanno accompagnato il Servizio
Migranti della FCEI in questi suoi
quasi quattro anni di vita.
Per cercare una risposta a queste domande, il Servizio per la seconda volta ha organizzato un
convegno di persone che nelle nostre chiese evangeliche prestano
attenzione al fenomeno immigrazione .
Il primo convegno era stato
convocato nell’autunno del 1985,
allorché il Servizio aveva cominciato a muovere i primi passi e
intorno alla questione c’era una
certa tensione, sollevata anche dalla proposta della FCEI di dedicare la « Settimana della libertà » al
tema: « Lo straniero che è dentro alle tue porte » (qualcuno forse ricorda ancora il bel manifesto
prodotto per l’occasione).
Nel secondo convegno, a Monteforte, c e stato chi, facendo un paragone fra i due convegni, ha avuto l'iìnpressione che oggi l’attenzione delle chiese alla questione
sia calala. Se così fosse, si tratta
forse di rinuncia di fronte ad un
fenomeno le cui proporzioni scoraggiano le nostre piccole comunità? O si tratta di convinzione che
le istituzioni pubbliche facciano
bene il loro dovere, dopo l’entrata
in vigore della legge 943/86 sui
lavoratori extracomunitari? O si
tratta ancora una volta di delega
ad un organismo ecclesiastico (in
questo caso il Servizio Migranti)
di un compito che le chiese non
vogliono o non credono di poter
assolvere?
Voglio sperare che il pessimista
fosse nel torto; voglio sperare che
le chiese non abbiano cessato di
riflettere sulla parola di Gesù:
« Fui forestiero e mi accoglieste »
(Mt. 25) e che queste stesse chiese
siano di stimolo al Servizio Migranti per continuare insieme a ricercare i modi per rispondere oggi
a queste donne e questi uomini
che, costretti a lasciare il loro paese, hanno sperato di trovare
un’Italia accogliente come detta la
Costituzione che ci siamo dati.
Bruno 'Tron
Cos’è il Servizio Migranti
II Servizio Migranti nasce
da una decisione deil’Assemblea della Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia,
tenutasi a Vico Equense nel
1982.
Segretario dei Servizio Migranti è oggi il past. Bruno
Tron, residente a Napoii - Via
A. Vaccaro 20; gli uffici sono
in via Firenze 38 • 00184 Roma (tei. 06/475.51.20; 48.37.68)
e vi lavorano Anne Marie Dupré e. Lucilla Tron.
Organizzato dal Servizio Migranti della Federazione
delle Chiese Evangeliche in Italia, s’è tenuto dal 25 al 27
settembre, nel « Villaggio XXIII novembre » di Monteforte
Irpino, un convegno di studi dal titolo « Verso una società multiculturale ».
Erano presenti, oltre a numerosi rappresentanti delle
chiese evangeliche, fratelli e sorelle provenienti dal cosiddetto terzo mondo.
1 lavori sono stati introdotti da una vivace ed impressive relazione di Pedro F. Miguel, angolano, il cui vero
nome è Kalunga. 14 anni fa viveva con i genitori e i fratelli
in Angola, dove i suoi possedevano una piantagione di
caffè. Poi un giorno vennero dei bianchi, gli massacrarono
la famiglia. Ora egli vive a Bari; è sposato con un’italiana, ed insegna filosofìa in un istituto di quella città. Secondo Kalunga le radici profonde dello sfruttamento del Sud
da parte del Nord e le radici profonde del razzismo palese
o latente affondano nella filosofìa greca, e di lì sono passate a far parte della nostra cultura.
Un cambiamento dunque non potrà mai prodursi, se non
preceduto da una rivoluzione culturale profonda.
Pubblichiamo in questo inserto alcuni documenti del
convegno, per dare alle chiese materiale di studio e riflessione. Alle chiese, infatti, compete una particolare responsabilità in vista di un cambiamento per la giustizia.
Dietro l'emigrazione
Cause economiche e politiche alla base delle migrazioni dal Terzo Mondo - I residui del colonialismo - L’ambito incontrollato del lavoro nero
Le prime immigrazioni in Italia risalgono ormai agli anni ’60:
si trattava di piccole comunità
provenienti dalla Somalia, dall’Etiopia, dall’Eritrea, dalle Isole
di Capo Verde, dalla Tunisia.
Sono degli anni ’70, invece, gli
arrivi dalle Filippine, dalle Isole
Mauritius, da vari paesi latinoamericani; ben più recente, infine, l’ondata migratoria proveniente da vari paesi dell’Africa
subsahariana quali il Senegai o
la Costa d’Avorio.
Anche in Italia, quindi, il fenomeno immigratorio ha ormai
una storia ed una complessità
che è necessario assumere e
comprendere. Gli immigrati nel
nostro paese non sono tutti « marocchini » e non tutti vendono
tappeti e cinture: la loro situazione di provenienza, la condizione di vita in Italia, l’inserimento nel mercato del lavoro nazionale, lo stesso «progetto» migratorio sono sempre più diversificati. Sta a noi imparare a conoscere i differenti percorsi dell’immigrazione in Italia e ad assumere la complessità delle cause che spingono e/o costringono
milioni di lavoratori fuori dal loro paese: perché l’emigrazione,
allora, e perché l’immigrazione
in Italia?
Le cause prime dello spostamento di milioni di persone dal
Sud del mondo verso i paesi
ricchi e tecnologicamente avanzati sono ovviamente di natura
economica, legate cioè al bisogno di sottrarsi alla fame, alle
guerre, alla povertà delle offerte formative e professionali. Siamo di fronte, insomma, a un
particolare aspetto della questione Nord-Sud, del rapporto tra
paesi esportatori di tecnologie
avanzate e paesi esportatori di
materie prime, tra paesi sviluppati e paesi dipendenti.
In altri casi il problema è di
natura politica: non a caso hanno cercato asilo in Italia i de^
mocratici cileni, migliaia di filippini, iraniani, tamil, eritrei,
palestinesi... ai quali regimi autoritari e repressivi negano diritti umani fondamentali.
Dal 1975, ad esempio, la presenza degli eritrei in Italia aumenta sensibilmente anche a causa della repressione militare attuata dal governo etiopico: l’andamento della guerra, le sue diverse fasi, la conquista o la perdita dei territori, lo stesso andamento della politica internazionale delle alleanze favoriscono o rallentano i flussi migratori.
Molti e pesanti anche i residui
del colonialismo: è il caso del
piccolo arcipelago delle isole
Una scuola elementare a Mazara del Vallo (TP): integrazione, assimilazione, dialogo: da questo livello si comincia a costruire una
società multiculturale.
africane di Capo Verde, solo dal
1975 sottratte al dominio coloniale portoghese. Per allentare
la pressione interna, quel regime aveva favorito ed incoraggiato l’emigrazione, « espellendo » così quasi la metà della
forza lavoro disponibile. Il rientro in patria di alcune centinaia
di migliaia di capoverdiani è
oggi diffìcile e, in ogni caso, aggraverebbe ulteriormente la situazione di questo giovane paese.
Analogo il caso dell’emigrazione dalle Filippine: essa è stata
fortemente incoraggiata negli anni della dittatura, quando la disoccupazione toccò percentuali
del 36% della popolazione attiva, ed ha procurato rilevanti rimesse di valuta estera.
Questi sono alcuni dei fattori
di «espulsione», altrettanto complessi e diversificati quelli di attrazione in Italia.
In qualche caso il nostro paese è semplicemente quello dove
è più facile arrivare ed ottenere, sia pure per un breve periodo, un permesso di soggiorno:
paradossalmente, così, proprio
un tradizionale paese di emigrazione come l’Italia ha finito col
raccogliere una quota dei lavoratori espulsi in seguito alla politica degli « stop » all’ingresso
di nuova forza lavoro attuata negli anni ’70 da Svizzera, Germania, Olanda, Belgio.
Ma la ragione primaria del
fenomeno sembra risiedere nella
natura del mercato del lavoro
italiano: esso è sempre di più
articolato in segmenti forti e
centrali ed altri secondari ed Informali: proprio nei secondi, nell’ambito incontrollabile del lavoro nero e sottopagato, delle
attività pericolose e precarie, del
sommerso, si registra una crescente domanda di forza lavoro
a bassissimo prezzo e priva di
ogni potere contrattuale.
E così leggiamo dei ghaniani
che raccolgono pomodori a Villa
Literno, del senegalesi che vendono oggettistica prodotta a Napoli e smerciata da grossisti italiani, delle collaboratrici domestiche eritree e filippine i cui datori di lavoro si rifiutano di
procedere alla regolarizzazione
prevista dalla legge recentemente approvata.
L’emigrazione è quindi solo il
terminale di una serie di contraddizioni ed ingiustizie dell’ordine economico mondiale: le necessarie politiche di assistenza
e accoglienza dello straniero,
pertanto, devono accompagnarsi ad un’iniziativa di ben più
ampia portata sulle questioni
della ripartizione delle risorse
mondiali, del debito contratto
dai paesi dipendenti, della cooperazione alla pace ed allo sviluppo.
Paolo Naso
Metodo
Fiumicino
L’aeroporto di Fiumicino è
uno dei punti caldi di ingresso degli immigrati in Italia.
La decisione su chi può entrare in Italia e chi no sta
in mano aiia polizia di frontiera, che basa il suo giudizio
su pochissime norme del Testo Unico di Polizia e numerose eircolari ministeriali ed
indicazioni più o meno formali, secondo le esigenze contingenti dei vari Ministeri,
del SISMI, della Finanza, ecc.
i Per ^rsone non europee
non esiste la possibilità di
chiedere asilo politico in Itaiia. Ciò nonostante in pratica
si permette in certi casi all’Alto Commissariato per i
Rifugiati dell’ONU, su richiesta deiia poiizia, di intervistare ia persona e decidere se
si tratta di un rifugiato politico oppure no. Per un tacito accordo tra lo Stato e
l’ACNUR questa decisione
viene rispettata, se l’ACNUR
si impegna a prendersi la responsabilità anche economica per il rifugiato. Lo Stato
italiano evita in questo modo
qualsiasi onere finanziario.
Se sia ii caso di interpeilare l’ACNUR oppure no dipende esclusivamente dall’ufficiale di polizia di turno. A questo
punto ii cappeUano dell’aeroporto, l’unica figura che svolge compiti sociali in quel luogo, viene generalmente coinvolto (non va taciuto che anche singoli membri della polizia spesso si adoperano in
modo umanitario).
Quando il cappellano viene
a conoscenza di casi di persone che avrebbero diritto
aito status di rifugiato politico, interviene facendo leva
sui suoi rapporti umani con
la polizìa, ottenendo spesso
risultati positivi.
In pratica, la decisione sul
destino dei rifugiati dipende
per la maggior parte dal caso, dalla buona volontà di
singole persone, e non da norme ben definite, come in altri
paesi.
Difficile dire quale sia il
sistema migliore.
QUESTO INSERTO
a cura di Luciano Deodato, è disponibile per i gruppi e le chiese che vogliono farne oggetto
dì studio e di diffusione.
Richiederne copie (L. 300 caduna) alla nostra amministrazione entro il 20 novembre
prossimo.
La Luce - Via Pio V, 15 - 10125
Torino - Tel. 011/655278.
Stampa Coop. Tipografica Subalpina - Torre Pellice.
4
2 servizio migranti
13 novembre 1987
GRUPPO DI RIFLESSIONE TEOLOGICA
DIO E’ LO STRANIERO
L’opera dello Spirito e la condizione del peccato - Rispettare l’identità dell’altro e saper vivere i possibili scambi fra le culture
Due sono i punti nodali di queste tesi e della discussione da
cui sono nate.
Per prima cosa, le tesi ruotano tutte attorno all’esigenza di
ripensare la funzione dello Spirito Santo, quindi la pluralità,
la differenza, la curiosità accogliente, la sorpresa. Si tratta di
aspetti tutti positivi e in qualche
modo spinti in avanti, attesi,
visti come un’anticipazione della
vita rinnovata dallo Spirito. Infatti questi aspetti così positivi
si scontrano subito con la realtà esistente; che è di sopportazione mal celata per la presenza
dello straniero, spesso anche di
non accettazione, per non parlare
poi della meraviglia scandalizzata perché l’immigrato non si
adegua al nostro modo di vivere.
E’ per questa lacerazione fra
la visione della fede e l’esperienza quotidiana che noi siamo
obbligati ad aprire gli occhi innanzitutto sulla nostra condizione di peccato. Non vorrei che
questo fosse visto come una
questione rituale, quasi liturgica, come i nostri culti che si aprono con la confessione di peccato. Si tratta invece della premessa necessaria per entrare in
dialogo con gli immigrati dal
Terzo Mondo: non siamo su uno
stesso piano, a noi spetta in primo luogo l’ascolto e lo sforzo di
uscire dalle nostre categorie culturali. E siccome, dice la saggezza africana, l’ospite è da rispettare perché è portatore di
cose nuove ed importanti, in
questi incontri anche noi riceviamo delle cose importanti.
Ma guardiamo un po’ le nostre chiese. Forse la difficoltà
più generale di aprirci agli altri
si fa più pesante dì fronte agli
immigrati. Probabilmente non si
riflette abbastanza sulla presenza di fratelli e sorelle evangelici
fra gli stranieri, sul loro bisogno di trovare una comunità
con cui condividere la fede. Anche nelle nostre chiese dobbiamo stare attenti a non confondere l’accoglienza con l’integrazione, a non agire con im comportamento a mezzo fra il paternalismo e la pretesa che lo
straniero diventi simile a noi.
Invece un ascolto attento della loro fede e anche delle critiche che questi fratelli ci rivolgono può permettere all’evangelo di trasformare noi e loro
insieme.
Per esempio, nel riflettere sul
legame fra la fede e la cultura,
questi credenti non europei hanno un vantaggio su di noi. Il
radicamento della fede cristiana
nella loro cultura è ancora da
inventare, mentre pesano sull’evangelo il linguaggio ed il pensiero occidentali. Sono loro quindi che possono aiutarci a smascherare le nostre ambiguità, anche con delle proposte provocatorie, in modo che noi possiamo
scorgere altre prospettive, più
critiche verso la società in cui
siamo immersi.
Dobbiamo quindi darci gli
strumenti per seguire due vie
che possono sembrare opposte.
Da un lato si tratta di rispettare l’identità dell’altro, di imparare ad incontrarlo in ciò che
non ci assomiglia, di capire che
l’umanità non si riduce al modello della nostra società. In
questo primo senso noi abbiamo anche parlato dell’alterità di
A destra: il past. Bruno Tron, segretario del Servizio Migranti. Al
centro: Patrick Adout, sudanese; a sinistra: Pilar Salazar, peruviana.
Dio. Un Dio imprendibile, sorprendente, che non ci assomiglia: in questo senso il suo posto è il posto dell’altro che noi
abbiamo difficoltà ad accettare,
l’altro che è anche l’ultimo, l’oppresso, il dimenticato.
Da un altro lato però si tratta anche di imparare a vivere i
travasi fra le culture, le influenze che si creano e quelle che
già ci sono state nella storia, le
trasformazioni delle diverse identità personali, le nostre, ma
anche quelle dei migranti.
In tutto questo parlare delle
diversità e della scoperta che
l’altro non mi assomiglia emerge il patrimonio delle donne. Sono le donne che costituiscono
la maggioranza delle persone
nelle chiese cristiane, soprattutto nel Terzo Mondo. Sono loro
che garantiscono la continuità
della cultura e che tessono la rete deH’identità etnica anche nelle comunità immigrate. Ma sono
anche loro che cercano di rompere legami troppo oppressivi ed
avvilenti nei paesi d’origine e
che vivono trasformazioni e tensioni nella ricerca di libertà, nel
confronto fra modi di vita, di
rapporti, diversi. Sono le donne
che, in Africa, spingono le comunità a danzare per esprimere la
lode al Signore.
E sono ancora le donne che
descrivono lo Spirito di Dio come il luogo delle diversità, della molteplicità, della sorpresa.
Pensare lo Spirito Santo in
questi termini ci permette di
superare una visione lineare della nostra storia, una linea privilegiata che porterebbe a noi, alla civiltà dell’uomo bianco occidentale, dopo aver superato
tutti gli ostacoli della storia.
Forse dovremmo scoprire che
questi ostacoli della « nostra »
storia della salvezza sono delle
donne e degli uomini che hanno anche una loro storia con
Dio. In che modo e verso dove
conduca forse a noi non è dato
di sapere. Ma non possiamo più
ignorare o svalutare la loro
esistenza.
E d’altra parte non possiamo
evitare di cercare con loro una
comunicazione profonda, vera.
Rispettare l’altro nella sua diversità può anche portarci a
parlare di Cristo, che è ciò che
sta al centro della nostra esistenza. Infatti la predicazione
non è per forza sinonimo di sopraffazione, proprio perché la
verità non la possediamo, ma
crediamo fortemente nella libertà che scaturisce dalla presenza di Cristo.
Letizia Tomasso ne
Uno dei gruppi di studio al lavoro durante il convegno.
9 tesi
1. Riconosciamo che viviamo
in una situazione di dialogo diffìcile perché non siamo su un
piano di parità con gli immigrati: ostacoli materiali, economici, di lingua, di cultura, condizioni di insicurezza e precarietà sociale di questi stranieri fanno barriera e ci pongono su piani diversi.
Questi ostacoli trovano la loro
origine in una situazione mondiale di iniqua distribuzione delle ricchezze.
Tutto questo ci interroga sulle nostre responsabilità e ci riporta alla nostra condizione di
peccato.
2. La società multiculturale
nasce da questa ambiguità di
fondo. In questo contesto dobbiamo ricapire cosa vuol dire
« Dio è Spirito »: lo Spirito non
è il garante della giusta dottrina
cristiana unificata ma ci dà di
esprimere la nostra fede in linguaggi diversificati. Lo Spirito
non si identifica con un luogo
ma ci spinge su un cammino
dì ricerca della verità. La giustiflcazicne per grazia implica
l’impossibilità di presentare un
qualsiasi nostro vanto di fronte a Dio.
3. La società multiculturale
deve però essere vista non come un destino ineluttabile ma
come un’opportunità. Opportunità di comprendere l’evangelo
nella diversità delle culture;
opportunità dì prendere coscienza del nesso, per noi invisibile perché scontato, fra cultura occidentale ed evangelo.
Un’occasione da vivere non con
il timore dì perdere la nostra
identità protestante ma come
un’istanza critica posta dal Vangelo su di noi.
4. L’evangelo non ci appartiene
e là dove viene predicato crea
spazi di libertà per noi e per
gli altri. Lasciamo che ciò che ci
coinvolge più profondamente,
la liberazione data da Cristo,
emerga nell’incontro con l’altro.
La timidezza può bloccare la
comunicazione, mentre aprirci
all’altro può crear© un clima di
comunione, può indurre l’altro
ad aprirsi con noi su ciò che
è al centro della sua esistenza.
5. Dio è lo straniero. Dio può
rivelarsi a noi nell’incontro con
10 straniero. Riflettiamo sulla
dialettica fra l’alterità di Dio e
11 suo farsi simile a noi, farsi
uomo. Questo porta come conseguenza che noi non abbiamo
da rendere gli altri simili a noi
ma da lasciarci stupire da questo Dio: egli diventa uomo in
tutta la varietà delle diversificazioni in cui l’umanità vive.
6. Jean-Pierre Thévenaz: Il
fenomeno della resistenza ali'assimilazione è un aspetto caratteristico non dei cattivi immigrati ma dei buoni cristiani ».
Cristo si è identificato in una
condizione materiale e psicologica dì provvisorietà, transitorietà, insicurezza simile a quella
degli immigrati. Noi possiamo
quindi coglierne l’aspetto positivo.
7. Il patrimonio che le donne
esprimono, nel 3” e nel 1° mosido, deve trovare posto nelle
chiese e ascolto verso dei modi
diversi di esprimere la fede. Diversità e pluralità sono una licchezza che sta alla base della
società multiculturale.
8. Nelle nostre chiese accoglienza verso lo straniero non
significa integrazione né paternalismo, ma piuttosto ascolto
curioso: di cosa sono portatori
questi nostri fratelli e sorelle?
Sappiamo riconoscere la dignità
di ognuno di loro?
9. Le fratture che costellano
la storia del rapporto fra Dio e
il suo popolo non sono solo
funzionali ad una storia lineare
in cui noi ci troviamo ad abitare. I poveri, gli stranieri, le donne che non hanno parola rompono la nostra storia con Dio:
con l’urgenza dei loro bisogni
rompono la nostra sistemazione
religiosa del mondo. Mentre ci
occupiamo di come Dio riannoda la nostra storia, cerchiamo
anche di capire come Dio interviene su questa loro domanda
e come accompagna, « altrove »,
questi stranieri in luoghi che
non ci appartengono (altre religioni).
I nostri popoli, che come tutti i popoli
si sono battuti per un territorio dove
poter gioire della vita ed evolversi senza ostacoli, non erano popoli atei. Nella
stragrande maggioranza credevano in un
Dio supremo, creatore del mondo; ed è
questo Dio che a modo suo regola il
cammino del suo mondo, attraverso gli
esseri più vicini agli uomini. Se i nostri
popoli, come il popolo d’Israele, avevano creduto che quel Dio supremo era il
loro Dio privato che faceva la loro storia,
hanno capito, con i missionari dell'Evangelo, che Dio è unico ed è Dio per tutti
gli uomini, non li abbandona a loro stessi, ma vive con loro attraverso Gesù Cristo suo figlio, dato per rivelare il solo
principio che deve reggere il suo mondo: il principio dell’amore, e che tutti
gli altri principi non contribuiscono che
alla distruzione del mondo.
E’ questo ciò che i nostri popoli hanno capito, ed hanno ricevuto i missio
Un mondo di fratelli
nari come dei fratelli e delle sorelle. Hanno Sacrificato la loro identità per cercare di accogliere l’identità nuova che
era loro annunciata. Dunque nelle nostre cMesfe d’origine l’Evangelo si afferma nel modo seguente: Evangelo uguale fine delle razzie, abolizione della schiavitù, ritrovamento di fratelli, qualsiasi lontano paese si possa visitare, e questo perché tutti i paesi appartengono a
Dio, che è Dio di tutti gli uomini e si
cura di tutti loro. In virtù dell’Evangelo, ogni uomo deve trovare accoglienza
come uomo di fronte ai suoi simili. Questo segno d’amore è l’unico che sia costruttivo, cioè è l’unico che mantiene il
mondo nella volontà del Creatore. Questa è l’idea che afferma che il mondo appartiene a Dio, il Dio d’amore, come nel
Salmo 24, ed essa si basa solo sull’appartenenza a Dio per agire, e non su principi politici o economici stabiliti dagli
uomini.
Partendo da questo piccolo giro d’orizzonte, possiamo parlare di una teologia
di fratellanza umana senza frontiere.
Invaso dal mondo occidentale e definito in base ai suoi parametri, stabilendo dei legami di dipendenza tra forze
chiaramente ineguali, il nostro mondo è
un mondo che sta cercando se stesso.
E’ dunque in questo mondo che sta cercando la sua identità e che viene definito come ’’terzo mondo” che mettono le
loro radici le chiese definite ’’giovani”.
Proprio questo mondo, che crede ancora che il bene viene dal rispetto di un
ordine superiore, si trova a confronto col
rnaterialismo occidentale e con le sue leggi che fanno sì che i rapporti umani si
definiscano non per fratellanza gratuita
ma per un’associazione di interessi materiali. Il mondo occidentale si trova dunque sempre in una posizione di possidente che può offrire agli altri. Mentre, nello spirito della fratellanza gratuita, noi
giovani chiese abbiamo la convinzione che
abbiamo tutti ricevuto da Dio e siamo
tutti chiamati a gestire quello che ci è
stato dato in modo che si stabilisca una
relazione tra noi e colui che dà per il
bene di tutti, affinché continui ad alimentare le risorse nell’interesse di tutti
e non solo di una parte dell’umanità.
Le chiese giovani vogliono essere questa coscienza dell’umanità, affinché gli
uomini ritrovino il loro posto di creature. Amministratori del mondo per la
gloria del Creatore, Dio di tutti.
Bony K. Edzavé
5
13 novembre 1987
ecumenismo 3
COLLOQUIO ECUMENICO A MADRID
FEDERAZIONE BATTISTA EUROPEA
Quale divisione
delie risorse?
La Bibbia:
un best seiler?
Si è svolto in Spagna, dal 24 al 31 ottobre scorsi, il Colloquio
mondiale sulla condivisione ecumenica delle risorse. In attesa di
poterne riferire ai lettori tramite i notiziari ecumenici, introduciamo l’argomento avvalendoci dello scritto del segretario all’evangelizzazione del CEC, Raymond Fung, pubblicato sul numero di ottobre
del Soepi Mensuel, e di cui diamo qui appresso una sintesi.
Ci auguriamo vivamente che
questo dibattito ecumenico possa condurre le chiese ad impegnarsi le une verso le altre per
stringere un nuovo tipo di relazioni.
Oggi, quasi tutte le chiese del
Terzo Mondo hanno una direzione ed un’amministrazione autonome. Esse in genere hanno tagliato il cordone ombelicale che
le univa storicamente alle chiese madri deH’Occidente, uscendo contemporaneamente a poco
a poco dall’isolamento loro imposto da molteplici cause. Sono
ora queste giovani chiese, assieme alle chiese storiche, a dover
contemporaneamente accettare
il privilegio e il dovere della condivisione. Il movimento ecumenico deve allora proporre loro
una certa concezione della condivi si ojie; per dire le cose brutalmente, che cosa possono dividere le chiese che non hanno
moneta forte, ed in che modo?
Come dividere?
Se esiste un certo movimento di
fondi che va dalle chiese dei paesi
industrializzati a quelle del Terzo Mondo, il volume delle risorse che vanno nell’altro senso, risucchiato dal meccanismo ben
oliato di un ordine economico internazionale ingiusto, è assai più
importante. Si può discutere per
sapcie cpiale rapporto può interconere fra i doni in denaro
che fanno i cristiani dei paesi
del Nord ed il comportamento
monopolistico dei loro governi
e relative industrie nei confronti dei paesi del Sud. La crisi internazionale delTindebitamento di
cui si parla tanto oggi (n.d.t.: si
veda il nostro giornale del 9/10
u.s.) basterebbe da sola a dimostrare l’ingiustizia di tutta la situazione: le chiese del mondo
industrializzato dovrebbero rispondere di questa accusa.
Se ci si pone dal punto di vista deirevangelizzazione, bisogna
ammettere che la divisione ecumenica delle risorse è stata fin
qui superficiale (troppo incentrata sul danaro), limitata (quasi
esclusivamente nel senso NordSud) ed impostata su un modello mondano (danaro uguale a
potere e rapina). E’ da questa
dicotomia che nasce il flagello
della dominazione e della dipendenza.
Nel campo delle chiese, se la
nostra divisione ecumenica delle risorse è incompleta e tutt’altro che perfetta, ciò è dovuto al
fatto che il nostro programma è
parziale. Prendiamo ad esemnio
i due scopi classici dell'attuale
divisione ecumenica delle risorse: il servizio e lo sviluppo. Essi
necessitano di danaro, di competenza, di tecnologia e di strutture. Le chiese del Nord hanno
queste risorse, mentre quelle del
Sud non le hanno. Diventa così
inevitabile il fatto che questa
divisione delle risorse abbia solo una direzione Nord/Sud. Quanto alle chiese dell’Est — e più
particolarmente dell’Europa orientale — il loro ruolo è quello
di spettatrici.
Difesa della giustizia
anch’esse bisogno di . fondi, di
competenze e di strutture. Ma
anche in questo caso, quando si
tratta cioè di dividere le risorse suscettibili di servire nelle
lotte per la giustizia, — e tutta
la ricerca e la documentazione
del CEC hanno messo in evidenza la dimensione internazionale
dell’ingiustizia — sono ancora
una volta le chiese del Nord ad
avere le risorse necessarie, vale a dire il potere occorrente
per il cambiamento politico.
L'attuale programma ecumenico, come è impostato oggi, calza come un guanto alle strutture delle chiese del Nord, specie
per quanto concerne la divisione delle risorse. E’ pertanto necessario inserire nel nostro programma un elemento che, per
la sua realizzazione, necessita
del tipo di risorse di cui dispongono le chiese del Sud, risorse
che diano loro una funzione di
primo piano nel dono e nella
condivisione delle risorse.
A mio avviso onesto elemento
è dato dall’evangelizzazione. Se
vi è una cosa che può permettere al programma ecumenico di
realizzarsi compiutamente, una
cosa che le chiese del Sud hanno in abbondanza e possono condividere e che consenta a tutte
le chiese di considerarsi uguali
e di preservare intatta la propria dignità nel dare e nel ricevere, questa è l'evangelizzazione.
Prospettive
del I ’evangel izzazione
La questione che Tevangelizzazione pone alle chiese ed al mondo è; ’’Chi siete?”. L’evangelista
chiederà: ’’Chi siete, voi che non
avete potere?”, oppure: ’’Chi siete, voi che avete un potere sugli altri?”, o ancora: ’’Ohi credete di essere, voi che esercitate
il potere che avete?”.
Questa mia riflessione non ha
altro scopo se non quello di indicare che il punto di vista delTevangelizzazione può contribuire a rendere la condivisione ecurnenica più multiforme, più multidirezionale, meno incentrata
sul danaro e dunque maggiormente capace di condividere e
di appropriarsi delTabbondanza
e della diversità dei doni e delle risorse che le chiese nella loro unità e totalità ricevono da
Dio.
In tutto questo è insito un
pericolo dal quale ci dobbiamo
guardare: quello cioè della ’’spiritualizzazione” della divisione
delle risorse, e cioè che l’evangelizzazione non abbia nulla di
materiale e non c’entri col danaro. Nulla di più assurdo. Qggi il danaro è dappertutto, tanto più se le chiese hanno deciso di aprirsi su un piano internazionale. La condivisione, anche non materiale, ha bisogno
di mezzi materiali per realizzarsi. La condivisione Sud-Sud è
sovente più costosa di quella
Nord-Sud. Anche j>er intercedere
gli uni per gli altri è necessario il danaro, se si vuole farlo
nel modO' più intenso, appropriato ed intelligente.
Concludendo, occorre dare
molta più importanza all’evangelizzazione. In tutte le pubblicazioni del CEC per facilitare il
dibattito sulla condivisione delle risorse, e nei rapporti di numerosi Colloqui, non viene fatta menzione deH’evangelizzazione, salvo che in un caso. L’Africa infatti la cita una volta, ma
come un problema politico. Non
è certamente questo il mezzo
per « aprire l’immaginazione dei
cristiani verso il nostro impegno missionario nel mondo ».
Raymond Fung
(traduzione di Roberto Peyrot)
Vusile Talpos, docente al seminario battista di Bucarest, è il
neo^presidente della Federazione battista europea, e succede al past.
Piero Bensi.
Una settantina di rappresentanti delle Unioni battiste, provenienti da tutti i paesi dell’Europa deH’est e dell’ovest, hanno
partecipato al Consiglio della
Federazione battista europea che
quest’anno ha avuto luogo in
Italia, ospite del centro battista
di S. Severa (Roma) dal 1° al 4
ottobre. Il Consiglio si riunisce
ogni anno in un paese diverso.
La riunione è stata preceduta
da una conferenza stampa, la
mattina del 1° ottobre, nella quale è stata presentata la situazione di alcuni paesi dell’Europa
dell’est. Il segretario generale
dell’Unione battista deH’UBSS,
Alexei Bychkov, ha affermato
che i battisti sovietici si attendono grandi cambiamenti nella
società dallo sviluppo della
glasnost (trasparenza) voluta da
Gorbaciov. Ricordando che per
settant’anni i cristiani sono stati emarginati nell’Unione Sovietica, Bychkov ha detto che oggi
gli intellettuali sostengono l’opportunità che vi sia una informazione diffusa sul cristianesimo, e che la Bibbia dovrebbe
INTERVISTA AL PASTORE AURELIO SBAFFI
La FCEI ha venti anni
In occasione del ventesimo anniversario dalla fondazione della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) abbiamo
rivolto al suo presidente, il past.
Aurelio Sbaffi, le seguenti domande.
Quest’anno è il ventesimo anniversario della Federazione. Come è nata la FCEI?
La difesa della giustizia (che
comincia ad occupare un posto
preminente nel programma ecumenico) e la solidarietà hanno
La FCEI è nata vent’anni or
sono come risposta a quelle istanze unitarie presenti in alcune
chiese evangeliche italiane che
— mi sembra importante notare — hanno avuto nei movimenti giovanili la loro spinta propulsiva. Sono stati infatti questi
movimenti che coi loro congressi di Milano nel 1951 e di Roma nel 1962 hanno stimolato le
chiese nella direzione di forme
più unitarie di collaborazione. E’
dunque in questo clima che le
chiese hanno dato vita al Congresso delle chiese evangeliche
italiane che si è tenuto a Roma
nel 1965, e che ebbe come motto significativo ’’Uniti per l’Evangelo” e quindi, su mandato dello stesso, alla Assemblea costituente dell’attuale Federazione,
che ebbe luogo nel 1967 a Mila
Già nel 1884, però, era stata convocata in Firenze una «Assemblea
promotrice d’unione e cooperazione fra le chiese evangeliche italiane », cui seguiranno via via altri
tentativi, fino al primo Congresso
delle chiese evangeliche italiane
nel 1920. Il comune riferimento
alla Riforma e la tensione evangelistica delle nostre chiese hanno
mantenuto vivo il loro desiderio
di trovare i modi per una collaborazione più stretta e di esprimere la loro fraternità. L’esigenza di fondo non si è mai sopita,
tanto che nel 1946 — dopo i duri anni del fascismo e della guerra — si costituirà il Consiglio
federale delle chiese evangeliche
d’Italia, cui tanto dobbiamo per
la difesa della libertà religiosa
e per aver mantenuto vivo uno
stretto rapporto fra le chie.se
evangeliche italiane.
Come valuta il cammino percorso dalla Federazione nella collaborazione tra le chiese? Quali
nuove iniziative significative ha
preso la FCEI in questi ultimi
anni?
La valutazione di questi anni
della Federazione penso che non
possa che- essere positiva. La
FCEI ha avuto momenti più o
meno incisivi, ma ha saputo trovare un punto di equilibrio tra
le esigenze di cui abbiamo* parlato e d’altra parte il rispetto
delle autonomie e delle specificità storiche, teologiche ed ecclesiologiche delle chiese che
l’hanno costituita. Non si è proposta come una super-chiesa,
bensì — come è stato più volte
ripetuto — come un momento
di incontro, di confronto ed anche di azione comune delle chiese, stimolandole alla collaborazione e trovando modi concreti
in cui questa potesse aver luogo, senza schematismi o rigidità, ma piuttosto cercando di rispondere alle esigenze reali delle chiese ed ai loro compiti di
testimonianza. Questa la funzione dei ’’servizi” organizzati dalla FCEI: l’accentuazione data in
questi ultimi anni al ’’settore
stampa” accanto alla radio ed
alla televisione (’’Culto evangelico”, ’’Protestantesimo”); il potenziamento del ’’servizio istruzione educazione”, non soltanto
nel settore delle scuole domenicali, ma anche per il catechismo;
ma • in particolare la rilevanza
assunta dal ’’servizio di azione
Nev
(continua a pag. 8)
diventare un best seller. Queste
aperture dovrebbero essere promosse in occasione delle celebrazioni del 1988 per il millenario
della cristianizzazione della Russia. Bychkov ha anche confermato che in vista del millennio
e in occasione dell’anniversario
della Rivoluzione di ottobre saranno liberati i prigionieri di
coscienza, tra i quali vi sono
numerosi pentecostali e battisti
di chiese non registrate. I rappresentanti rumeni hanno parlato del miglioramento della situazione religiosa in Romania,
con l’apertura di nuove chiese e
la stampa di Bibbie e innari. Dall’Ungheria viene la notizia che
il governo ha deciso di inserire
l’insegnamento della Bibbia nelle scuole pubbliche, da parte di
insegnanti laici. Migliori rapporti tra chiesa e stato vi sono anche nella Repubblica democratica tedesca, dove è stato possibile costruire nuove chiese e aprire un nuovo seminario teologico. Nella conferenza stampa è
stata anche data notizia del
prossimo Congresso mondiale
battista che avrà luogo a Budapest nel 1989. Al Congresso, che
si riunisce ogni cinque anni, partecipano migliaia di battisti e,
per la prima volta, avrà luogo in
un paese dell’Europa dell’est.
Nel corso dei lavori il Consiglio ha eletto il nuovo presidente della Federazione battista europea; è stato eletto il past. Vasile Talpos, segretario generale
dell’Unione battista rumena e
docente al seminario battista di
Bucarest. Il Consiglio ha anche
approvato una serie di mozioni.
Vi si esortano i membri della
Federazione a compiere passi
concreti per promuovere il ruolo della donna in posizioni direttive a tutti i livelli; si riconoscono i passi compiuti dalle
due grandi potenze in direzione
del disarmo nucleare e si auspica una conclusione positiva delle trattative, che includa tutte
le armi di distruzione di massa;
si invitano le chiese locali ad
assumere iniziative a favore dei
diritti sociali e religiosi dei lavoratori migranti e dei rifugiati politici; si esortano le chiese
a promuovere la partecipazione
al Congresso mondiale dei giovani che avrà luogo a Glasgow
(Scozia) nel 1988 e per il quale
si attendono diecimila giovani;
Si assicura la solidarietà dei battisti europei ai battisti italiani
nei loro sforzi, insieme ad altri,
per assicurare piena libertà nella scuola pubblica da ogni ingerenza confessionale.
A conclusione dei lavori del
Consiglio i partecipanti hanno
visitato la chiesa battista e la
casa di riposo di Centocelle a
Roma. Nev
6
4 referendum valli valdesi
I risultati dei Referendiis
COMUNE DI
Angrogna
Bibiana
Bobbio Pollice
Bricherasio
Luserna
Lusernetta
Bora
Torre Pollice
Viiiar Peilice
Tot. Val Pellico
Massello
Perosa Argentina
rinasca
POite
Prageiato
PramoUo
Roure
S. Germ. Chis.
üsseaux
Villar Porosa
Tot. Val Chisone
Tot. Val Chisone
e Germanasca
Prarostino
San Secondo
Pinerolo
Provincia di Torino
Italia
N.
®/o
N.
%
N.
%
N.
%
N.
»/o
N.
%
N.
%
N.
o/o
N.
o/o
N.
o/o
N.
o/o
N.
o/o
N.
o/o
N.
o/o
N.
o/o
RESPONSABILITÀ’ CIVILE DEI GIUDICI
SI’
NO
VOTI
VALIDI
BIANCHE
NULLE
VOTANTI
203
77,18
60
22,82
263
39
27
329
45,94
827
73,83
293
26,16
1120
253
122
1495
68,83
216
84,04
41
15,95
257
39
15
311
55,63
1365
75,00
455
25,00
1820
296
151
2267
73,43
2832
78,71
766
21,29
3598
496
320
4414
64,99
164
74,88
55
25,11
219
58
19
296
71,84
89
74,16
31
25,83
120
17
142
66,35
1639
76,02
517
23,97
2156
233
2487
61,97
376
79,49
97
20,50
473
71
59
603
55,99
7711
76,91
2315
23,09
10026
1502
816
12344
64.86
27
60,00
18
40,00
45
59
59,00
1407
71,63
557
28,36
1964
284
165
2413
70,40
1533
77,81
437
22,18
1970
274
168
2412
70,40
904
71,86
354
28,14
1258
229
82
1569
65,51
1008
80,32
247
19,68
1255
232
82
1569
65,51
400
78,90
107
21,10
507
83
38
628
77,63
413
81,14
96
18,86
509
78
41
628
77,63
N.
%
N,
%
N.
Vo
N.
o/o
N.
%
N.
O/o
N.
%
N.
%
N.
o/o
N.
O/o
N.
o/o
N.
%
135
69,95
58
30,05
193
36
29
258
61,87
147
76,56
45
23,44
192
39
27
258
61,87
147
80,09
18
10,90
165
27
17
209
73,07
146
87,42
21
12,57
167
28
14
209
73,07
376
72,30
144
27,70
520
89
77
686
75,22
408
77,13
121
22,87
529
74
83
686
75,20
734
80,39
179
19,60
913
98
54
1065
72,64
811
88,15
109
11,84
920
92
53
1065
72,64
58
70,73
24
29,26
82
10
16
108
50,23
60
75,94
19
24,05
79
20
108
50,23
1685
77,65
485
22,35
2170
240
135
2545
72,86
1812
82,77
377
17,23
2189
224
135
2548
72,95
6352
75,22
2092
24,77
8444
1206
682
10332
70,71
6874
81,11
1600
18,88
8474
1167
693
10334
70,73
7374
75,32
2415
24,67
9789
1332
802
11923
70,30
8017
81,51
1818
18,49
9835
1279
813
11927
70,33
7857
79,09
328
77,72
94
22,27
422
61
25
508
62,87
351
69,23
74
14,59
425
58
24
507
62,74
1160
73,51
418
26,48
1578
181
102
1861
69,90
1267
79,18
333
20,81
1600
166
96
1862
69,94
13412
75,44
4366
24,56
17778
1569
934
20281
68,40
14772
82,81
3066
17,19
17838
1512
934
20284
68,41
Perrero N. 364 116 480 39 38 557 397 89 486 37 36 559 404 89 1 34
% 75,83 24,16 — — — 62,02 81,69 18,31 — — — 62,25 81,95 18,05 : ^
Pomaretto N. 435 150 585 64 60 709 503 93 596 53 60 709 526 88 39
% 74,35 25,64 — — — 74,32 84,39 15,60 — — — 74,32 85,67 14,33
praJi N. 150 32 182 18 13 213 156 26 182 17 14 213 142 38 19
% 82,42 17,58 — — — 67,62 85,71 14,28 — — — 67,62 78,89 21,11 , —
àaiza N. 46 7 53 — • 53 48 5 53 53 46 7 —
»/o 86,80 13,20 — — — 65,43 90,57 9,43 — — — 65,43 86,80 13,20
lai. Val German. N. 1022 323 1345 126 120 1591 1143 218 1361 112 120 1593 1160 227 ( 94
% 75,98 24,01 — — — 67,76 83,98 16,01 — — — 67,84 83,63 16,36 —
teuestreile N. 240 109 349 70 52 471 267 80 347 72 52 471 245 107 n r72
% 68,76 31,23 — — — 74,52 76,94 23,05 — — — 74,52 69,60 30,40
Inverso Pinasca N. 266 57 323 40 17 380 269 48 317 45 18 380 282 39 t 36
% 82,35 17,64 — — — 68,10 84,85 15,14 — — — 68,10 87,85 12,14 —
909.847
78,50
248.719
21,50
1.158.566
20.783.902 5.154.980 25.938.882 2.616.217 1.312.641 29.867.740
80,10 19,90 _ _ _ 65,20
COMMISSIONE INQUIRENTE
sr
NO
VOTI
VALIDI bianche NULLE
206
77,15
61
22,85
267
36
26
77,03
259
22,96
1128
252
119
1499
68,83
224
86,82
34
13,17
258
38
1427
78,19
398
21,80
1825
296
15
151
2272
73,59
236 37 \
86,44 13,55
1410 75,89 448 24,11 .
3031
83,13
615
16,86
3646
470
305
4421
65,10
168
75,33
55
24,66
223
54
19
296
71,84
98
79,67
25
20,32
123
13
142
66,35
1817
83,39
362
16,61
2179
214
102
2495
62,17
394
81,74
88
18,25
482
65
56
603
55,99
8234
81,28
1897
18,72
10131
1438
799
12368
64,99
39
88,64
5
11,36
44
10
59
59,00
965.162
82,90
199.500
17,10
1.164.662
22.121.920
85,10
3.885.713
14,90
26.007.633 2.549.984 1.279.791
29.837.408
65,20
2934
79,53
177
80,45
98
81,66
1753
79,46
382
78,60
8051
78,41
42
89,36
7.55
20,46
43
19,54
22
18,33
453
20,53
104
21,40
2320
22,59
a
10,64
270
450
Í 57
15
^ 194
66
10348
2077
20,90
374 65 1 46
85,19 12,82
1213 404 TìsT
75,01 24,98
14109 3821 10466
78,69 21,31 — .'l "
909.825 258.899 lì*
77,80
22,20
20.996.347
80,60
5.056.150
19,40
7
referendum valli valdesi 5
jiisu Giustizia e Nucleare
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270
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NULLE
VOTANTI
27
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10
31
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14
111
47
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45,94
1499
69,01
311
55,63
2272
73,83
4427
65,18
296
71,84
142
66,35
2500
62,29
603
55,99
12379
65,04
59
59,00
558
62,13
709
74,32
213
67,62
53
65,43
1592
67,80
471
74,52
380
68,10
2414
70,40
1566
65,39
CONTRIBUTI ENTI LOCALI
SI’
NO
VOTI
VALIDI
BIANCHE NULLE
VOTANTI
205
76,49
63
23,50
268
36
25
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45,94
851
75,44
277
24,55
1128
262
109
1499
69,01
222
71,38
40
15,26
262
36
13
311
55,63
1375
74,81
463
25,19
1838
288
147
2273
73,87
2861
78,30
793
21,70
3654
463
310
4427
65,19
164
74,21
57
25,79
221
55
20
296
71,84
91
76.47
28
23,52
119
16
142
66,35
1741
78,95
464
21,04
2205
202
93
2500
$2,29
370
76,92
111
23,07
481
66
56
603
55,99
7880
77,44
2296
22,56
10176
1424
780
12380
65,05
40
88,89
5
11,11
45
10
59
59,00
400
81,97
88
18,03
488
36
34
558
62,13
525
86,92
79
13,08
604
44
61
709
74.32
147
80,77
35
19,23
182
18
13
213
67,62
45
84,90
53
15,09
53
65,43
1157
84,33
215
15,67
1372
102
118
1592
67,80
244
69,52
107
30,48
351
67
53
471
74,52
280
86,95
42
13,04
322
39
19
380
68,10
1492
75,12
494
24,87
1986
271
159
2416
70,50
988
78,23
275
21,77
1263
226
77
1566
65,38
388
76,53
119
23,47
507
84
39
630
77,87
123
64,06
69
35,94
192
42
24
258
61,87
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SI’
NO
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VALIDI
BIANCHE NULLE
202
74,81
68
25,19
270
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74,18
300
25,82
1162
220
233
86,29
37
13,70
270
31
1345
72,19
518
27,80
1863
262
2782
75,08
923
24,91
3705
418
147
66,82
73
33,18
220
55
97
78,86
26
21,13
123
13
1697
76,54
520
23,45
2217
168
360
73,31
131
26,68
491
57
7725
74,85
2596
25,15
10321 1257
40
83,33
8
16,66
48
390
78,31
108
21,69
498
31
520
84,69
94
15,31
614
40
152
82,61
32
17,39
184
16
39
73,58
14
26,41
53
1141
81,67
256
18,32
1397
237
66,57
119
33,42
356
61
278
84,75
50
15,24
328
34
1416
71,15
574
28,84
1990
267
949
74,14
331
25,86
1280
209
389
75,68
125
24,32
514
74
142
84,02
27
15,97
169
26
14
209
73,07
384
74,41
132
25,58
516
94
76
686
75,22
809
87,45
116
12,54
925
92
48
1065
72,64
56
70,88
23
29,11
79
13
16
108
50,23
1709
78,25
475
21,75
2184
240
123
2547
73,69
6615
77,87
1879
22,12
8494
1194
648
10336
70,74
7772
78,77
2094
21,22
9866
1296
766
362
84,18
68
15,81
430
54
23
11928
70,33
507
62,74
1205
75,21
397
24,78
1602
156
104
1862
69,94
13788
77,43
4019
22,57
17807
1558
920
20285
68,41
897.412
77,30
264.080
22,70
1.161.492
20.601.293
79,70
5.257.462
20,30
25.858.755 2.654.572 1.320.073
29.833.400
65,10
121
60,50
79
39,50
200
32
138
81,65
31
18,34
169
24
373
70,38
157
29,62
530
79
798
85,62
134
14,37
932
86
57
70,37
24
29,62
81
11
1672
75,93
530
24,07
2202
224
6428
74,90
2154
25,10
8582
1101
7569
75,84
2410
24,15
9979
1190
357
81,50
81
18,50
438
47
1141
69,91
491
30,08
1632
132
13015
72,53
4929
27,47
17944
1436
837.608
71,30
336.362
28,70
1.173 J70
26
117
10
147
304
21
115
55
801
29
55
13
106
54
18
157
78
40
25
16
77
47
16
121
649
755
22
99
912
VOTANTI
329
45,94
1499
69,01
311
55,63
2272
73„84
4427
65,19
296
71,84
142
66,35
2500
62,29
603
55,99
12379
65,05
59
59,00
558
62,13
709
74,32
213
67,62
53
65,43
1592
67,80
471
74,52
380
68,10
2414
70,50
1567
65,42
628
77,63
257
61,63
209
73,07
686
75,22
1065
72,64
108
50,23
2547
72,91
10332
70,72
11924
70,31
507
62,74
1863
69,98
20292
68,44
18.803.493 7.371.117 26.174.610 2.388.117 1.273.724 29.836.451
71,80 28,20 — ■ — — 65.20
NOTE
Le percentuali del SI’
e del NO sono calcolate sul numero del voti validi.
Le percentuali dei votanti sono calcolate sul
numero degli aventi diritto al voto.
Tra I comuni delle
valli, solo Angrogna ha
visto una affluenza alle
urne minore del 50%.
Questa pagina è stata
realizzata grazie al lavoro di Stello ArmandHugon, Giorgio Boaglio,
Alberto Corsani. Luciano
Deodato, Giorgio Gardiol,
Marco Gisola, Adriano
Longo, Piervaldo Rostan, Mariella Taglierò
ed alla pazienza dei tipografi della Co'op. Tipografica Subalpina.
8
6 vita delle chiese
13 novembre 1987
GINEVRA
I significati della Riforma
Celebrato dalle chiese valdesi svizzere il 470° anniversario della Riforma - Al culto, presieduto da A. Comba, partecipa la corale di Pomaretto
Ginevra, 1° novembre 1987. Auditoire de Calvin, h. 10. Inizia il
culto in lingua italiana, ripreso
e trasmesso in diretta dalla televisione della Svizzera romanda.
Oggi Ginevra è in festa ricordando i 470 anni dalla Riforma.
Nel semplice, ma accogliente Auditoire, dove Calvino insegnò teologia dal 1562 al 1564, accanto alla piccola comunità protestante
di lingua italiana a Ginevra, altri
fedeli gi^mti da Losanna e Basilea e, in rappresentanza dei vaidesi del Piemonte, la corale valdese di Pomaretto.
Una minoranza accanto ad
un’altra minoranza, cantano fianco a fianco « Sia gloria al Dio
d’amore, sia gloria al Dio fedel ».
Il pastore Aldo Comba ricorda
ai fedeli quali sono le basi, il fondamento del movimento protestante. La Riforma nasce per sostenere che la salvezza non si ottiene per mezzo di opere meritorie, ma è un dono; la grazia è
l’amore di Dio che perdona i peccati del mondo. E il credente opera soltanto per rendere gloria a
Dio. Il centro della nostra esistenza è la Sacra Scrittura.
Riforma è un richiamo a ri-iformarci, a formarci di nuovo per
mezzo dell'Evangelo.
Riforma vuol anche dire libertà; libertà di leggere la Bibbia,
di predicare l’Evangelo.
Riforma è anche uguaglianza
tra le persone, che possono esercitare qualunque funzione all’interno di una Chiesa che non ammette gerarchie.
Riforma è anche predicare l’Evangelo a chi non lo conosce. Un
culto di Santa Cena con qualcosa
in più; la possibilità (data dal
mezzo televisivo) di far giungere
l’Evangelo a tutti coloro che non
hanno potuto recarsi in chiesa.
Si è creato così un tessuto ideale
di comunità, in comunione attraverso le vie dell’etere. Un momento in cui la televisione è al
servizio dell’Evangelo e non le
persone al servizio della televisione.
Il semicerchio intorno al tavolo della S.Cena; la catena umana nel dire tutti insieme il Padre
Nostro.
La gioia del credente, la sua
profonda partecipazione al culto
attraverso il canto degli inni.
E tutto questo ci ha permesso
di uscire arricchiti da questa
nuova esperienza, consapevoli
che il compito della corale è veramente quello di guidare il canto della e nella comunità.
Queste brevi riflessioni mi riportano indietro nel tempo e precisamente al 31 ottobre 1986, duomo di Carrara: la corale di Pomaretto è chiamata a dare un altro tipo di testimonianza. Attraverso il canto viene tratteggiata
brevemente la storia valdese, facendo risaltare, tra l’altro, la storia di Marie Durand, simbolo della resistenza ugonotta. (La stessa
figura di credente, coerente fino
alla morte con le proprie idee,
viene ricordata dal pastore Comba).
Momento di emozione, quando
tra le navate del duomo risuonano le note dell’inno di Lutero
« Qual forte rocca è il mio Signor ». La stessa emozione si prova a Ginevra, davanti al muro
della Riforma, dove sono riunite
tutte le comxmità della Svizzera
riformata e, accompagnati dalla
fanfara dell’Esercito della Sal
vezza, si canta « Forte rocca... ».
Concludendo: le comunità vaidesi hanno sempre vissuto il momento del canto come espressione di fede, come aggregazione
della collettività e non tanto come momento di divulgazione dell’Evangelo. E’ necessario quindi
che la corale sia un po’ di più
« lievito nella pasta » in una comunità dove i membri partecipanti al culto sono sempre più
anziani e dove si canta sempre
meno.
Cantare di più è meglio; ma
cercando anche un ruolo delle
corali al di fuori delle quattro
mura della chiesa.
Alcune feste di canto « in piazza » sono State un tentativo di
testimonianza all’esterno. I concerti tenuti dalle nostre corali in
chiese cattoliche sono stati un
altro momento di come un valdese si pone nei confronti del canto. Nessuna corale ha mai cercato « un ecumenismo facile », ma
ognuna di loro ha cercato di contribuire airarricchimento dell’animo di chi ascolta, di portare
il messaggio dell’Evangelo, di costruire momenti di comunione
fraterna, di superare barriere altrimenti insormontabili.
Mi sia consentito ancora, attraverso queste righe, di ringraziare
chi ha reso possibile la partecipazione della corale al culto di
Ginevra: il pastore Aldo Comba
e signora. Nino Coucourde e gli
altri amici a Ginevra; l’équipe
della televisione svizzera romanda; Giorgetta Bertalmio e famiélia a Losanna, dove siamo stati accolti come ospiti d’onore.
« Grazie, grazie, grazie di cuor ».
Paola Revel Ribet
SCOZIA
Una chiesa efficiente
Inviato dalla Tavola, sono stato in Scozia per mantenere una
serie di contatti con la "Church
of Scotland”.
Il primo predicatore della fede riformata in Scozia fu P. Hamilton, che predicò dinanzi all’Università di St. Andrew ma
venne poi condannato al rogo.
Ciò nonostante il messaggio evangelico si diffuse, e nel 1557 i nobili strinsero un patto che portò a richiamare in patria John
Knox (già discepolo di Calvino),
che vi giunse nel 1559 e organizzò la "Church of Scotland” secondo i principi di quella di Ginevra.
Questa chiesa ha oggi 900.000
membri comunicanti su una popolazione di circa 5 milioni di
abitanti. E’ curata da 1.800 pastori ed è divisa in 46 presbiteri, che sono un po’ come i nostri circuiti, ma che hanno molto potere decisionale e che tra
ottobre e aprile si riuniscono
ogni mese.
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 15 NOVEMBRE
ore 23 circa - RAI 2
In questo numero per « il
punto » intervista al fìsico
Franco DUPRE’ dopo il referendum sul nucleare. Segue
una scheda filmata sul nuovo catechismo del SIE. In
« 1 -t- 1 » Franca Long risponde alle lettere. Conclude « il
rifiettore » acceso sulla festa dolciniana nel biellese.
I rapporti con la Chiesa valdese sono molto antichi, e dal
secolo scorso esiste in Scozia un
comitato a favore della nostra
chiesa; presso la Facoltà di teologia di Edimburgo esiste una
borsa di studio per studenti della nostra facoltà di Roma. Il comitato chiede che una volta all’anno un pastore vada a parlare del nostro lavoro.
Così domenica 27 settembre ho
iniziato a visitare tre chiese (in
Scozia vi è sempre più di un
culto ogni domenica). Mentre
predicavo mia moglie poteva
parlare nelle scuole domenicali.
Durante la settimana abbiamo potuto avere incontri a Edimburgo
e dintorni, in scuole, istituti,
chiese, case private in riunioni
serali; non sono mancati incontri con dei giornalisti, e abbiamo potuto anche registrare un
"videotape” di venti minuti che
da parte del comitato sarà messo a disposizione delle chiese
scozzesi: « La Chiesa valdese ieri e oggi » è il suo titolo.
Alcune delle persone incontrate furono già in contatto con la
nostra chiesa durante l’ultima
guerra: un pastore emerito ci
ha mostrato un Nuovo Testamento italiano, ricevuto nel 1944 a
Taranto dal pastore Castiglione;
in particolare il pastore J. Douglas di Dundee studiò presso la
nostra facoltà nel 1958.
A Dundee ho preso parte ad
un incontro con i pastori della
zona p>er parlare dei rapporti
tra chiesa e stato: parlando della situazione italiana, ho constatato il loro stupore nell’apprendere le vicende dell’ora di reli
Il predicatore locale,
questo sconosciuto
Domenica prossima, 15 novembre, è stata indicata dalla
Tavola come la domenica del predicatore locale. E’ una novità che fa ormai parte della consuetudine delle nostre chiese; ma è una novità abbastanza recente, che merita quindi
alcune parole di spiegazione.
Anzitutto che cos’è questa figura del « predicatore locale »? Si tratta di ima figura ben nota nell’ambito delle chiese
metodiste, per una accentuazione posta sul laicato e sul sacerdozio universale, un po’ meno in quello' valdese, dove al
predicatore si chiede un curriculum studii di una certa complessità.
Quando una decina di anni fa si discusse il problema
dell’integrazione, parve opportuno aprire il ruolo dei predicatori locali metodisti anche a quei valdesi che intendessero
parteciparvi; tutto questo allo scopo — come dice il testo
del Patto d’integrazione — « di valorizzare l’apporto del laicato nelle chiese locali ».
Non è ancora divenuto molto chiaro, nelle nostre chiese,
che la figura del predicatore locale non è né un tappabuchi
del pastore, né un pastore di categoria B o C. Egli ha un
suo ruolo ed una sua dignità. Direi che in primo luogo la sua
figura serve ad affermare la libertà dello Spirito che non può
essere (e questo lo constatiamo purtroppo molte volte!) legato ad un diploma o a una laurea. In secondo luogo serve
alla libertà del pastore, evitando che il suo diventi una specie di ruolo sacerdotale. In terzo luogo serve alla libertà
della chiesa locale, chiamata a far nascere dal. suo seno i
predicatori della Parola, e quindi a non delegare a degli
esperti questo compito essenziale per la Chiesa tutta.
L. D.
CORRISPONDENZE
Convegno su pace,
giustizia. Integrità
della creazione
gione (in Scozia essa esiste, ma
non è confessionale).
A Glasgow ho predicato nella
Wellington Church, di fronte all’università, frequentata da professori e studenti: è una delle
chiese che ci sono più vicine. La
N. Kelvinside Church, di soli
800 membri, ha dato alla chiesa
di Scozia 21 pastori e tre missionari negli ultimi 25 anni.
Ancora a Glasgow ho preso
parte alla seduta del più numeroso dei presbiteri: conta 180
membri. E’ stabilito che la riunione duri due ore, ma in questo spazio di tempo il lavoro
svolto è notevole, essendo preparato da commissioni le cui relazioni sono ,sià state lette dai
partecipanti. Le votazioni (chi
approva lo fa alzandosi in piedi) sono rapide anch’esse, e solo in caso di incertezza si passa
ad un effettivo scrutinio.
Ho avuto 90 secondi di tempo per dare il mio saluto, ma
ne ho avuti 30 di battimani.
Spesso si dice "scozzese” per
dire avaro: in realtà la mia impressione è che la Scozia non
sia un paese ricco (tutt’altro) e
di conseguenza gli abitanti non
sono sciuponi; ma i membri delle comunità evangeliche sono
rnolto responsabilizzati e generosi. Con questo senso di responsabilità e generosità essi mantengono le loro chiese e le loro
istituzioni, non dimenticando le
missioni e le altre chiese, tra
cui la nostra. Sicuramente sanno bene che « c’è più gioia nel
dare che ne] ricevere ».
Archimede Bertolino
CHIVASSO — Tre i momenti
significativi dell’assemblea del
IV Circuito che si è tenuta sabato 17 ottobre:
— la situazione deUe chiese
della nostra zona (con particolare attenzione alle chiese di Chivasso — dove col tempo sono venute a confluire molte persone
di provenienza diversa, soprattutto di ambiente pentecostale
o della chiesa dei fratelli, e
dove quindi un esperimento delicato di convivenza si sta attuando — e di Coazze — che, ai
margini geografici del circuito,
ha vissuto alcuni mesi di autogestione nel periodo diffìcile di
trapasso tra la partenza di un
pastore e l’arrivo, prossimo, di
un altro); nell’esame comune
del nostro lavoro non abbiamo
trascurato di mandare un saluto cordiale a Laura Leone (trasferita da Torino a Marsala) e
a Renzo ’Turinetto (che ha lasciato Ivrea per continuare il
suo lavoro ad Alessandria e Bassignana) e di dare il benvenuto
a Gianni Genre, nuovo pastore
di Ivrea e Biella, e a Luciano
Deodato, trasferito da poco a
Torino;
— la presentazione dell’attività giovanile, dopo la fine del
« Progetto Torino » appoggiato
dal distretto e dal circuito: alcuni giovani ci hanno ampiamente
presentato problemi e speranze
del loro impegno nella nostra
zona ed hanno dato vita ad una
interessante discussione sul rapporto « chiese-giovani », impegnandosi a verificare fra qualche mese, con il consiglio di circuito, i risultati del primo periodo di attività;
— la discussione sull’attuale
situazione nel nostro paese: con
due astensioni l’assemblea ha
approvato un ordine del giorno,
chiedendo alle singole chiese di
discuterlo.
Resta da segnalare, di questo
incontro che ha avuto momenti
di vivo interesse, la decisione di
organizzare in primavera un incontro a Chivasso sul tema « Pace, giustizia e integrità della creazione », invitando alla partecipazione tutte le chiese del circuito.
Inoltre Gustavo Buratti è stato
chiamato a sostituire Renzo T\irinetto nel consiglio di circuito;
ci rallegriamo vivamente per
questo apporto della chiesa di
Biella, anch’essa un po’ ai margini del circuito. E, proprio per
contribuire alla rottura di questo isolamento, ci troveremo a
Biella per la prossima assemblea, nel nostro appuntamento
primaverile.
Attualità deH’epistoia
ai Calati
BOLOGNA — Sono ripresi gli
incontri del martedì sera (2" e 4’
di ogni mese) del Gruppo biblico interconfessionale. Se ne occupano Giancarla Matteuzzi,
Yann Redalié, Roberto Ridolfi,
Pàolo Sbaffi. Quest’anno si studia insieme l’epistola di Paolo
ai Galati; uno scritto appassionato e polemico; il primo documento che testimonia una messa in crisi all’interno del messaggio cristiano. La difesa della
verità del Vangelo è diventata
necessaria, non di fronte a dei
pagani, degli ebrei o degli atei,
ma di fronte a dei cristiani. Capire il perché di questo conflitto, e capire anche cosa è in
gioco nell’epistola ai Galati per
la chiesa di oggi, vuol dire portarsi al centro di questioni attuali e fondamentali per il dialogo tra credenti.
In un secondo momento si prevede di avere un incontro con
il rabbino di Bologna sul tema
della Torah e dell’elezione.
9
li) novembre 1987
vita delle chiese 7
INTERROGATIVI
Verso il decennio
della donna
Dalle difficoltà materiali alla ricerca di una migliore qualità della
vita - Il programma del CEC e i gruppi interni alle nostre chiese
A Pasqua 1988 sarà lanciato
dal CEC il «decennio ecumenico»
intitolato « Solidarietà delle chiese con le donne », il cui scopo è
di analizzare la situazione delle
donne nella chiesa e l’impegno
delle chiese per migliorare la posizione delle donne nella società, ptoponendo cambiamenti.
Per prepararci tutti ad entrare in questa ricerca, viene chiesto a ciascuno di noi di interrogarsi, di guardare intorno a sé
qual è la situazione delle donne
che conosciamo, partendo dai
particolari più materiali, sia in
negativo (ad esempio emarginazione, doppio o triplo lavoro,
disagi psicologici come stress,
difficoltà nei rapporti familiari...), sia in positivo (rivalutazione delle specificità, ricerca attuale di molte donne per
migliorare la qualità della vita
pe¡' tutti: orari di lavoro flessibili, per occuparsi di bambini piccoli, anziani non autosufficienti, per la giustizia, la pace,
l’ambiente, ecc.). Per verificare
come vivono oggi quotidianamente le donne, se in maggioranza
sono "lavoratrici” o no, se ' sono autonome e indipendenti socialmente e economicamente ecc.
E nelle nostre comunità qual è
il rapporto tra la loro presenza
e il loro peso o potere decisionale? Come dare ascolto alle
spinte rinnovatrici di molte di
loro? Come stare attenti ai loro
bisogni o ai loro desideri di nuovo stile di vita più semplice? Come far emergere e proporre miglioramenti nelle strutture, nei
metodi di lavoro, nel linguaggio,
nello stile di vita comunitario?
Come dare loro il risalto e la responsabilità che meritano?
La commissione « Comunità
delle donne e degli uomini nella
chiesa », incaricata di fare delle
proposte riguardo al "decennio ”,
avrebbe bisogno di conoscere
quali sono i bisogni e le priorità
in modo da poter individuare degli scopi precisi da portare avanti. Siamo tutti interpellati, uomini e donne, per fare delle proposte per l’Italia, senza dimenticare le donne immigrate.
In modo particolare si aspettano proposte da gruppi organizzati (donne EGEI, FDEI
FFVM), ma anche da piccoli
gruppi di 2 o 3 donne, che possono nascere per scambiare preoccupazioni ed esperienze e, in
base a queste, formulare proposte; o da nuclei familiari che potrebbero esporre le loro difficoltà in modo da cercarne le cause sociali; o da gruppi misti delle nostre chiese che hanno già
affrontato questi temi, o lo vorrebbero fare; o da persone sole.
Come le nostre chiese sono
chiamate a lavorare contro l’emarginazione o lo sfruttamento
delle donne nella società? Come
ogni comunità, circuito, distretto può incoraggiare le donne a
una maggiore "leadershin”? Come far emergere le potenzialità
delle donne anziché i loro ruoli
tradizionali? Quali sono i problemi delle donne inserite nei
ministeri? Come creare nuovi
ministeri o riconoscere quelli
che rimangono invisibili, anche
quelli svolti fuori dalle chiese
ma in nome della chiesa? Come
sostenere le donne quando cercano di lottare per la giustizia?
Quali sono i contributi ed i
"talenti” che le donne apportano alle chiese nelle diverse regioni? Le nostre comunità facilitano la piena espressione di
questi "talenti”? Quali cambiamenti sono più urgenti? Quali
dovrebbero avvenire durante il
decennio? Come trovare insieme, uomini e donne, nuove vie
di organizzazione interna e di
testimonianza esterna?
Marie-France Maurin Coïsson
I membri della commissione « Comunità donne uomini » sono pronti a
ricevere a voce suggerimenti e esperienze: Anna D'Ursi (Torino), Pino Faro
(Torino), Annamaria Grimaldi (Milano), Laura Leone (Marsala), MarieFrance Maurin (Pomaretto), Sergio Ribet (Frali), Letizia Tomassone (Genova), 0 per iscritto, indirizzando a Marie-France Maurin Coïsson - 44 via
Balziglia - 10060 'Pomaretto (Torino).
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Insieme intorno alia Parola
TORRE PELLICE — Il pome
riggio comunitario al quartiere
Inverso Rolandi ha raccolto una
buona partecipazione di fratelli e sorelle. Nella scuoletta completamente rimessa in ordine ci
siamo raccolti intorno alle parole della lettera ai Galati e abbiamo visto con diapositive la
storia dei valdesi in Calabria.
Una simpatica castagnata e un
banco di vendita con prodotti
agricoli allestiti dai fratelli del
quartiere ha chiuso la giornata. La somma raccolta come offerte e vendita dei prodotti è
stata destinata al restauro dell’ex presbiterio dei Coppieri.
La mattina l’assemblea di chiesa ha riconfermato il loro mandato di anziani a Paola Armand
Hugon e a Carlo Alberto Morel
ed ha ringraziato gli anziani Rodolfo Tomasini, Italo Pons e
Piervaldo Rostan, per l’opera fin
qui svoltai
Predicatori locali
VILLASECCA — Domenica 15
sarà dedicata ai predicatori locali. La predicazione ai Chiotti
sarà tenuta da Elvio Peyronel,
all’armonium vi sarà Manuela
Clot. La colletta sarà devoluta
all’Unione predicatori locali.
• Il fratello Luigi Rostan, di
anni 85, non è più tra noi. Il
messaggio della speranza che ci
viene da Gesù Cristo, risorto dai
morti, è l’unico conforto che ci
s-ostiene, specialmente in questi
momenti dolorosi. La nostra comunità rinnova alla moglie ed
ai familiari l’espressione della
propria comunione di fede nella risurrezione dei morti in Cristo.
• Ricordiamo le prossime
riunioni quartierali; venerdì 13:
ore 20, al Trussan, e martedì 17,
ore 14, a Bovile/Vrocchi. Le rispettive collette saranno devolute alla Libreria Sacre Scritture.
• La Filodrammatica è convocata per venerdì 13, ore 20.15,
nella saletta.
• Sabato 14, ore 14.30, sono
convocati in classe unica tutti
i catecumeni dei 4 anni di catechismo per discutere delTindagine, fatta di recente, sui versetti biblici e sui pensieri scritti
sulle lapidi del cimitero del Reynaud.
• Alle ore 20 dello stesso giorno vi sarà la seduta ordinaria
del Concistoro.
Lutto
POMARETTO — Il 28 ottobre
è stata accompagnata alla sua
ultima dimora terrena la nostra
sorella Giovanna Lidia Tron
(Lidio Micelo) ved. Peyrot, deceduta all’età di 94 anni presso il Rifugio Re Carlo Alberto di
Luserna S. Giovanni.
Ai familiari la simpatia cristiana della comunità.
• Il concistoro è convocato
sabato 14 novembre presso la
Sala Lombardini di Porosa.
Riunioni quartierali
PERRERO-MANIGLIA — La
famiglia di Laura Pcét e Dario
Stefanello è stata allietata dalla
nascita dì Manuela. Ci rallegriamo con i genitori e con il fratello Luca.
• Domenica 22 novembre il
culto sarà a cura della Scuola
Domenicale.
ASSEMBLEA DEL III CIRCUITO
Quale formazione
in vista della fede?
CHIOTTI — Nel primo incontro di quest’anno di attività, che
ha avuto luogo a Chiotti il 7
novembre, il Consiglio di Circuito della Val Germanasca ha proposto all’assemblea un tema non
certo nuovo, ma sempre attuale: la formazione in vista della
fede. Lasciando da parte la scuola domenicale, che gode di un
programma predisposto e usato
in tutte le comunità, si è visto
come invece gli anni del precatechismo e del catechismo vero
e proprio presentino una certa
varietà di temi, oppure come
certi argomenti fissi (Antico _ e
Nuovo 'Testamento, schede) siano trattati in anni differenti.
Lo scopo di questa indagine
conoscitiva era inteso a proporre alcune attività di studio
per informare i ragazzi su questioni di attualità, unificando anche il lavoro dei catechisti in
tutto il circuito.
Non sono mancate le critiche
ad un progetto che prevede di
concentrare in pochi anni e con
scarso tempo a disposizione una
preparazione che dovrebbe durare molto più a lungo, se non
tutta la vita. E’ però innegabile che anche troppo sovente molti membri delle nostre chiese,
terminato il catechismo, spariscono nel nulla ed è impossibile proporre loro anche un minimo argomento di riflessione.
Tornando agli anni di catechi
• Le riunioni quartierali del
mese di dicembre sono le seguenti: Grangette: 2 dicembre;
Baissa, 3 dicembre; Forengo: 9
dicembre; Pomeifrè: 10 dicembre; Perrero: 16 dicembre; Bessé: 23 dicembre.
La « Strasangermano »
SAN GERMANO — E’ stata
organizzata per domenica 15 novembre la seconda edizione della
« Strasangermano », camminata di 4 km. per i luoghi del paese, allo scopo di raccogliere fondi per la ristrutturazione del
nostro Asilo. A tutti i partecipanti verranno offerti premi a
sorteggio. Si ringraziano gli organizzatori.
Benvenuta, Daniela!
VILLAR PEROSA — Tutte le
attività sono riprese, quest’anno
anche con la collaborazione di
Daniela Di Carlo, che è stata
presentata alla comunità e ha
tenuto il suo primo sermone il
20 settembre.
• Il primo novembre il culto
è stato tenuto con la partecipazione dei catecumeni e dei ragazzi della Scuola domenicale.
• L’8 novembre è stato battezzato- Luca, di Vittorio Cabrini
e di Gigliola Gaydou.
'• Domenica 15 novembre, alle
ore 10: assemblea di chiesa.
• Le prossime riunioni quartierali si terranno il 17 e 18 novembre a Pleccia e a Dubbione
con inizio alle 20.30.
• L’Unione femminile si ritrova mercoledì 18 alle ore 14.30.
In questa rubrica pubblichiamo le
scadenze che interessano più chiese
valdesi delle valli. Gli avvisi vanno fatti
pervenire entro le ore 9 del lunedi
precedente la data di pubblicazione
del giornale
Domenica 15 novembre
□ MALATTIA
GUARIGIONE
IDENTITÀ’
TORRE PELLICE — Organizzato dal
Dipartimento Diaconale si tiene alle
ore 15, presso la Foresteria valdese, un
incontro sul tema « Malattia, guarigione,
crisi d'identità, ...nuova identità». In
troduce il past. François Rochat, cap
pellano degli ospedali di Montpellier
• i membri dei comitati e i direttor
delie opere del 1“ distretto sono invi
tati al pranzo che si terrà presso la
Foresteria. Prenotarsi entro venerdì
13 novembre telefonando al 91801.
Lunedì 16 novembre
n INCONTRO PASTORALE
1“ DISTRETTO
TORRE PELLICE — Alle ore 9.15,
presso la Casa Unionista, ha inizio
l'incontro pastorale del 1” distretto.
Dopo la meditazione a cura di S.
Labsch, François Rochat relaziona su
« La cura d'anime negli ospedali ». Al
pomeriggio; comunicazioni varie.
Domenica 29 novembre
n ANIMAZIONE BIBLICA
FFEVM
TORRE PELLICE — Organizzato dalla FFEVM, presso la Foresteria valdese,
ha luogo un corso di animazione biblica sulla figura di Maria, il corso,
che si svolge sabato 28 e domenica
29 novembre, è aperto a tutti gli interessati; iscrizioni da Graziella Fornerone, Pinerolo (tei. 0121/70611),
□ ASSEMBLEA TEV
TORRE PELLICE — Alle ore 15, presso la sede di viale Mazzini, si tiene
l’Assemblea del Movimento di Testimonianza Evangelica Valdese. L'Assemblea è aperta a tutti.
smo, nell’impossibilità di rag;
giungere conclusioni concrete, si
è deciso di consultare tutti i responsabili di questo settore per
conoscere il loro parere e cercare di rendere operativa una
proposta che per ora è a livello
di ipotesi.
Un altro argomento riguardante la vita delle nostre chiese è
stato proposto per un successivo incontro che avrà luogo a
Ferrerò il 17 gennaio 1988: la
figura del pastore nella comunità.
Il Consiglio di Circuito è stato poi rieletto e risulta così composto: Renato Coisson, sovrintendente, Paola Revel, Vanda Rutigliano, Erika Tomassone, Claudio Tron.
L. V.
RINGRAZIAMENTO
Gesù disse : alo sono lo risurrezione e la vita. Chi crede in
me, anche se muore, vivrà; anzi
chi vive e crede in me, non morirà mai »
(Giovanni 11: 25)
I familiari di
Margherita Bonnet
ved. Cangioli
commossi e riconoscenti per la grande
dimostrazione di affetto e di simpatia
tributata alla loro cara, nell’impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro che con parole di
conforto, scritti e presenza, hanno preso natte al loro dolore.
Esprimono particolare gratitudine al
pastore sig. Bruno Bellion, alla dott.ssa
Claudia Peyrot, al sig. Livio Gobello e
a tutto il personale delTAsilo Valdese
di Luserna S. Giovanni.
Luserna S. Giovanni, 12 novembre ’87.
AVVISI ECONOMICI
EVANGELICO vedovo 66enne pensionato cultura media conoscerebbe per
eventuale matrimonio vedova pensionata massimo 64enne cultura adeguata. Scrivere per contatto a E.S. Casella postale Eco delle Valli - Torre Pellice.
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17100. Telefonare ore serali al n.
0121/201876.
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ti in Torre Pellice telefonare al
n. 91655 (trattamenti presso la Casa
delle diaconesse). Per appuntamenti
in Milano telefonare allo 0371/54706.
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
15 NOVEMBRE 1987
Perosa Argentina: FARMACIA Dott.
BAGL'IANI - Piazza Marconi 6 Telef. 81261.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte; Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva e festiva: Telefonò 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
15 NOVEMBRE 1987
Torre Pellice: FARMACIA INTERNAZIONALE - Via Arnaud 8 - Telefono
91.374.
Ambulanza ;
Croce Rossa Torre Pellice: Telefono 91.996.
10
8 fatti e problemi
13 novembre 1987
CONVEGNO ALLA RIVERSIDE CHURCH
NEW YORK — « Temiamo
che gli aiuti americani al Terzo
Mondo aiutino soltanto i ricchi
a diventare più ricchi, i poveri
a diventare più poveri e più
potenti i militari in tutto il mondo, il che riflette esattamente
ciò che sta succedendo a casa
nostra». William Sloane Coffin,
pastore della Riverside Church di
New York, ha aperto i lavori di
un mega-convegno, che si è tenuto nei locali della sua stessa
chiesa, il 16 e 17 ottobre, su
« Guerre diffuse nell’eta nucleare », ricordando, dopo una attenta analisi della situazione, che
l’impegno per la pace da livelli
di generica disponibilità deve
scendere'sul piano dell’impegno
quotidiano.
Al grande appuntamento pacifista hanno partecipato più di
cinquecento persone (età media
40 anni) in rappresentanza di
diversi movimenti. A livello ecclesiastico, sui temi della pace
non si tratta soltanto di sviluppare un lavoro di informazione
ma di saper percorrere anche
strade nuove, spesso rischiose,
non ultima quella di costituirsi
«comunità-santuario», tra cui Riverside Church, con all’attivo decine e decine di rifugiati politici,
è tra le più attive.
« Oggi molte chiese sono letteralmente stufe — mi racconta una donna pastore che partecipa al convegno — di parlare di pace in termini astratti e
generici. Questa fase verbosa va
superata in nome di interrogativi etici precisi proprio per maturare, confrontando tesi diverse,
una nuova mentalità. Bisogna
chiedersi — continua con foga la
mia interlocutrice —: quanto
spende all’anno la mia chiesa
per la pace? E io quanto tiro
fuori dal mio portafoglio per il
Terzo Mondo, per progetti di
pace o per iniziative ecologiche?
Ho scoperto che, spesso, quelli
che sono contrari lo sono perché non vogliono rinunciare ai
loro soldi......
In questo nuovo spirito di
concretezza Larry Agran, sindaco della città di Irvine (centomila abitanti. Stato della California), ha ricordato che negli Stati Uniti ci sono ufficialmente 33
milioni di persone riconosciute
come poveri. « Questa gente —
dice Agran — vive a livelli spesso subumani, mentre il nostro
governo investe annualmente 300
miliardi di dollari in armamenti e in ima politica estera assolutamente disastrosa ». Agran
ha chiesto, seguendo l’esempio
della città di cui è sindaco e
della città di Hiroshima che
spende l’l,3% del suo « municipal budget » in attività pacifiste,
che ogni città, grande o piccola,
degli Stati Uniti decida di investire una parte del suo bilancio a favore della pace e allo
stesso tempo si dichiari « nuclear free ». Una statistica distribuita al convegno rivela che l’Italia, con le sue 599 zone denuclearizzate, è seconda al mondo
dopo il Giappone, mentre gli
USA sono a quota 134.
Dopo l’incidente, alla fine degli anni ’70, alla centrale nucleare di Three Miles Island l’entusiasmo per il nucleare è andato
progressivamente diminuendo, la
richiesta maggiore oggi è per lo
sviluppo della tecnologia applicata a fonti di energia rinnovabili.
« Gli sforzi che abbiamo compiuto in questi anni per far capire alla gente i pericoli irreversibili del nucleare, dobbiamo ora
produrli per far aprire gli occhi sul problema dell’indebitamento dei Paesi poveri nei confronti dei Paesi ricchi ». E’ Susan George che parla, autrice di
un libro (« A fate worse than
debts ») che uscirà in febbraio
contemporaneamente a Parigi,
Londra, New York (in Italia è
stato rifiutato da Mondadori e
Feltrinelli) e che interpreta tutta la questione dell’indebitamento come una vera e propria
guerra dell’Occidente contro il
Terzo Mondo. Vittime di questa
guerra sono principalmente i
bambini e le persone deboli,
sottonutrite, malate. « La nostra
politica economica — dice la
George — uccide e anche il nostro modo di aiutare i Paesi
poveri, finanziando per esempio
progetti faraonici tipo centrali
nucleari in Brasile, è un diabolico artifizio per mantenere in
una posizione economicamente
e militarmente subordinata metà del globo». Tra i nuovi modi
di fare la guerra c’è anche —
spiega Michael Klare, direttore
del « Pive College Program on
Peace and World Security Studies » — il flore all’occhiello
dell’amministrazione Reagan, che
è il « conflitto a bassa intensità »,
un assaggio insomma — conclu
de Klaré — « di ciò che potrebbe essere un nuovo Vietnam ».
A vent’anni dalla tragica esperienza è dunque possibile un
nuovo Vietnam? Lasciamo rispondere Noam Chomsky, docente di linguistica al MIT, a
questo interrogativo. « Il ’’conflitto a bassa intensità”, ovvero
le incursioni parziali contro il
Nicaragua oppure quella attuale
nel Golfo Persico, — dice Chomsky — nascono proprio perché
troppo forte è la contestazione
che il governo di Reagan incontra nella sua politica di fare il
poliziotto nel mondo intero. Oggi un nuovo Vietnam è molto più
difficile di ieri, i quarantenni
che vent’anni fa dimostravano
sulle piazze non dormono, vigilano; è bene però utilizzare il
disastro del Vietnam come elemento pedagogico nei confronti
delle giovani generazioni, per
lare capire loro che quella tragedia, in qualche modo, continua ».
Ma il convegno, in sostanza,
non si è limitato a condannare
la politica estera americana. A
questo ci pensa già il libro, che
sta andando a ruba in questi
giorni, su « Le guerre segrete
della CIA » ( e che rivela gli scopi reali dell’amministrazione
Reagan). Nel convegno si è cercato di intensificare i legami tra
i gruppi che si occupano di disarmo e quelli che si occupano di sviluppo; è stata anche
lanciata l’idea di emettere dei
« buoni del tesoro internazionali » a lunga scadenza e a basso
interesse per aiutare specifici
progetti nei Paesi poveri ed è
stata richiesta l’organizzazione
di una coiiferenza mondiale sul
tema dell’indebitamento. Anche
il crollo della Borsa a Wall
Street, di cui si avvertivano' nei
giorni del convegno alcuni scricchiolii, è stato interpretato come la prova del 9 della politica
fallimentare di una amministrazione che investe troppo in armamenti senza riuscire a guidare il Paese, anzi creando crescente malcontento.
La fine di questo convegno
coincideva con l’inizio della
’’settimana per la pace e la giustizia” conclusasi il 24 ottobre.
Robert McOain, direttore dell’ufficio organizzativo della settimana di pace e impiegato a
pieno tempo in questo lavoro
per conto della chiesa metodista, m’informa che più di diecimila chiese sono state contattate, in tutti gli Stati Uniti, per
organizzare iniziative di pace e
la maggioranza di esse ha risposto positivamente. Un successo
insomma. « Vent’anni fa — conclude McClain — le chiese erano coinvolte solo marginalmente, eccettuati alcuni grandi leaders, contro la guerra del Vietnam. Oggi il popolo della pace
nasce soprattutto nelle chiese
cristiane e in alcune sinagoghe.
In effetti senza l’aiuto di Dio
molti di noi si sarebbero già rassegnati di fronte alla potenza
del nostro governo. Per continuare su questa strada ci vuole
fede. O forse la fede l’abbiamo
scoperta proprio percorrendo la
strada della pace ».
Giuseppe Platone
Ci legge il 35%
delle famiglie valdesi e metodiste
Aiutimi a farci conoscere
ABBONAMENTI '88
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— ordinario annuale L. 34.000
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a L’Eco delle Valli/La Luce - Casella postale
10066 TORRE PELLICE
La FCEI
Guerre diffuse nell’era nucleare
(segue da pag. 3)
Superare la fase teorica dell'impegno per la pace - I pericoli dell ’atomo e i problemi delI indebitamento - La politica reaganiana e lo sviluppo dei « conflitti a bassa intensità »
sociale”, dopo il terremoto in
Irpinia del 1980, con la costituzione di cooperative agricole e
centri sociali a favore delle popolazioni locali, con un impegno
che fra l’altro ha favorito il riaprirsi di un discorso sul meridione e sulla testimonianza delle nostre chiese in quelle regioni; ed ancora, per rispondere ai
gravi problemi sorti con la massiccia presenza nel nostro paese di immigrati dall'Asia e dall’Africa, la costituzione su nuove basi del ’’servizio migranti ".
Tutti campi in cui un cammino
comune delle chiese ha significato reciproco arricchimento e
maggiore incisività.
Mi sembra poi estremamente
positivo che nel tempo la FCEI
abbia saputo rinunciare alla sua
"commissione giuridico - consultiva” per promuovere piuttosto
l’attuale "Commissione delle
chiese evangeliche per i rannorti con lo Stato”, che ha potuto
cosi raccogliere l’adesione di
chiese che attualmente non sono membro della FCEI. Una
commissione, d’altra parte, che
non si contrappone alla Federazione e che in materia di rapporti con lo Stato, come si è visto
in questi ultimi anni ad esempio a proposito delle questioni
sollevate dall’insegnamento religioso cattolico nella scuola pubblica, svolge un ruolo di grande
rilievo.
Quali sviluppi futuri prevede
per il cammino della Federazione?
La FCEI si muove verso il iuturo con grande fiducia. Può darsi che, come in epoca più recente al novero delle chiese membro si sono aggiunti l’Esercito
della Salvezza, la Chiesa apostolica italiana ed alcune (Jhiese
cristiane libere, altre in avvenire vorranno dare il loro concorso. L’importante, a mio avviso,
è che comunque la FCEI mantenga la sua caratteristica di
apertura e di disponibilità, pronta anche a modificare se stessa,
per essere uno strumento di incontro e di azione comune, raccogliendo via via le istanze e le
maturazioni che verranno in luce nell’ambito delle chiese. E
che la motivazione essenziale,
espressa al Congresso del 1965,
’’Uniti per l’Evangelo”, resti il
suo obiettivo di fondo.
Nev
« L'Eco delle Valli Valde.sl »r Reg.
Tribunale di PInerolo n. 175.
Redattori: Alberto Coreani, Lucia
no Deodato, Giorgio GardioI (diret
tore). Paolo Florio, Roberto Giaco
ne, Adriano Longo, Giuseppe Pia
tone (vice direttore). Comitato di
redazione; i redattori e: Mirella
Bein Argentieri, Valdo BenecchI
Franco Carri, Rosanna Clappa Nit
ti, Piera Egidi, Claudio H. Martelli
Roberto Psyrot, Sergio Ribet, Mas
simo Romeo, Cesare Milaneschi
Marco Rostan, Mireila Scorsoneiii
Liliana Vigllelmo.
Redazione e Amministrazione; Via
Pio V, 15 - 10125 Torino - Tel. 011/
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