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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Slg, FEYROT Arturo
Via C. Cabella 22/5
16122 GENOVA
Sellimanale
della Chiesa Valdese
Anno 97 - Nom. 2
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TORRE PELLICE - 9 Gennaio 1970
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LA LUNA
VISTA DA RIESI
E persino ci si gonfia il petto è si
dice « guarda che cosa riesce a fare
l’uomo » ! Ma che cosa riesce a fare?
Riesce a far morire di fame milioni
e milioni di suoi fratelli e questo per
andar sulla luna! Anzi peggio: per
armarsi fino ai denti e metter in pericolo tutta l’umanità! Il male non
sta nell’andar su la luna... chi non si
rallegrerebbe delle capacità scientifiche dell’uomo? Il male sta nel non
vedere prima la tremenda miseria e
schiavitù dei fratelli. Ecco, in una sera piovosa, mi trovavo al Cortile Scalilla, un vicolo dei peggiori di Palermo, e vidi un uomo ammalato sulla
paglia in una specie di canile... quando da quella zona passai nella Palermo lussuosa, mi parevano immorali i
monumenti, i palazzi e persino i giardini! Che male c’è far monumenti,
palazzi e giardini? Ma perché prima
non dare un letto all’ammalato! Ben
scriveva il senatore F. Farri nello
« Astrolabio » ; « Se avessimo lasciato
in pace la luna»! dimostrando che
con quel che spendono gli U.S.A. e
i’U.R.S.S. per raggiungerla si sarebbe
potuto dare 100.0'CO lire all’anno a 300
milioni di famiglie, cioè si sarebbe potuto evitare ad altrettante la denutrizione o la morte. Sii, se avessimo lasciato in pace la luna e prima ci fossimo occupati delle masse affamate!
L’uomo è fiero delle sue conquiste
e per incoraggiarlo ci si mettono anche i teologi! Sottolineano, come non
mai prima, la sua vocazione di « rendere soggetta la terra e di dominarla »
(Gen. 1: 28). Questa è certamente la
vocazione dell’uomo anzi, e sia pure,
come oggi anche spesso si scrive, di
essere « associato a Dio nell’opera della creazione », ma ciò non può esser
separato dal resto del testo da cui il
passo è tolto. Nello stesso è detto che
Dio fece l’uomo a sua immagine e somiglianza. Solo se è ad immapne di
Dio, ha la vocazione di dominar la
creazione ed assoggettarla, ma se questa immagine non c’è, ed al suo posto
v’è quella dell’oltracotante Caino, l’edificatore di città, non collaborerà a
riordinare il caos, ma ridurrà in caos
la magnifica creazione di Dio.
Il solo che sia stato ad « immagine
e somiglianza di Dio» è Gesù di Nazaret. Da lui la creazione era veramente chiamata ad un ordine nuovo,
perché dove egli passava ogni cosa
era rimessa a posto, È anche vero però che i suol « atti potenti » eran rivolti agli uomini, per dar pane agli
affamati, guarigione ai malati, libertà agli oppressi, onore ai disonorati,
amore ai duri di cuore. Ad un uomo
cos'i si può ben confidare l’amministrazione della creazione perché in lui
v’è quella dinamica dell’agape, per la
quale i mondi sono e « senza lei, neppure una delle cose fatte è stata fatta» (Giov. 1: 3). Solo uomini che abbiano il Suo Spirito, sia che i»ioro nomi siano scritti pei registri parrocchiali, o che siano da essi radiati, possono condurre la terra al suo vero
sviluppo ed alla sua vera «rinascita»
perché, nella comunione col Cristo,
cercheranno di vincere la legge della
morte « la tua morte è la mia vita »
che ancora governa i rapporti fra gli
uomini e fra qiiesti e creazione.
Inversamente, co'. tutto il nostro
progresso tecnico, non domineremo
mai la creazione, ma saremo da essa
dominati se non vinceremo questa
che è la sua ferrea legge e se non sapremo, prima di tutto, sradicarla da
noi, dalia nostra economia, dalla nostra politica, dalle nostre relazioni, inronm'.a da tutta la vita come la viviamo ogni giorno in quanto individui
ed in quanto umanità associata. Senza questa vittoria essenziale, che solo
10 Spirito di Cristo ci può dare, tutto
11 progresso tecnico e tutte le « libertà» da tradizioni, da sacralità religiose e da tabù morali, che il progresso
stesso ci fornisce, non ci daranno la
Libertà per la quale gli uomini potranno guardarsi da fratelli, senza paura,
e potranno considerare la creazione
Oggetto della stessa agape di cui essi
pure, creature, lo sono.
Se questa terribile legge che ci opprime ed opprime tutto non sarà vinta, anche laddove gli uomini trasformassero le pietre in pane, queste serviranno solo per arricchire gli uni per
sfruttare ancor più gli altri e, quand’anche andassero su altri pianeti, finirebbero per portarvi schiavitù ed
oppressione, cioè lo stesso sistema per
cui il mondo oggi corre alla rovina.
Dominare la terra non significa solo
trasformare le ricchezze che essa con
tiene o scoprire le sue meraviglie nascoste, mt. vincere la legge dell’istinto di conservazione insita in essa ed
in noi, affinché possiamo vivere nell’armonia coll’agape che d ha donato
tutto senza richiederne profitto.
Quando questa legge è vinta, tutta
l’opera delTuomo ritrova il senso della
sua vera vocazione.
Gesù' ha dntò questa legge. Non
l’ha vinta innalzandosi sopra gli altri
e nemmeno trasformando le pietre in
pane ed ancora meno accettando la
violenza per dominare « tutti i regni
del mondo e la lor gloria» (Matt. 3);
l’ha vinta annichilendo sé stesso e,
pur avendo l’immagine di Dio, facendosi simile agli uomini ed assumendo
lo stato di servo fino alla morte della
croce. Perciò è stato innalzato ed è
stato fatto Signore di tutti, compiendo la sua vera vocazione. Egli ha dominato la terra e l’ha resa soggetta,
ma con la legge nuova dell’agape per
cui ha donato la sua vita per la vita
degli altri. Ed innalzato, ha dato il
suo Spirito agli uomini che lo manifestarono subito nel dono e nel servizio
(Atti 2) e non nell’oltracotanza dei costruttori della torre di Babele (Gen.
11: 4j.
In un luogo minimo come questo,
Riesi, la gente, vedendo alla televisione i voli spaziali e le nuove conquiste,
esalta l’ardire e la scienza degli uomini. Non Si spiega però come, con tutta questa bravura, si rimanga nel fango e nella miseria. Peggio, s’inebria
delle possibilità che ci sono ma, con
tutto questo oppio, non riesce essa
stessa a ritrovare quella sanità di
mente e di spirito necessaria per impegnarsi nella propria vocazione umana. E Cristo è inesso fuori dalla, città... Ma vi è un’altra” VlA se non la
sua agape?
Dio non ha manifestato la sua gloria nella volta stellata dei cieli dove
gli uomini, dimentichi del prossimo,
cioè di colui che è loro proprio vicino,
la stanno cercando, ma l’ha manifestata su la Croce del Golgota (Giovanni 12: 28 e 33). Là, su la croce, si
vede veramente che Dio è agape (I
Giov. 4: 8). Questa è l’essenza dell’Iddio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, l’Iddio di Gesù Cristo, non
quello dei « religiosi », ma neppure
quello dei filosofi e di tutti i savi di
questo mondo.
Tullio Vinay
la
Bibbia del Eentenarìa
glipb
Al suo tavolo di lavoro, il moderatore, past. Neri Giampiccoli sta esaminando la nuova « Bibbia del Centenario», che la sezione italiana della Soci&td Btolicd Bfitcìyiyiicd c BoTsstÌBVd
ha ora pubblicato, in occasione del centenario della sua attività nel nostro
paese.
Si tratta di un’edizione di formato
un po’ più grande della classica « Riveduta» corrente negli ultimi, anni, e
di spessore un poco inferiore, essendo
stampata su carta assai sottile. / caratteri sono chiari e di lettura assai
agevole. Rilegata in otto tipi di tela o
in similpelle, anche a colori, il prezzo,
tenuto particolarmente basso per stimolare la diffusione in occasione della
ricorrenza centenaria, è di L. 1.500 la
copia. L’edizione è nettamente più maneggevole e di più facile lettura rispetto a quella standard finora in corso
(e che continua ad esserlo), oltre ad
essere disponibile a un prezzo inferiore. Unico svantaggio: le sezioni poetiche dell’Antico Testamento non sono
in evidenza, essendo tutto il testo composto su due colonne.
IN UN’INTERVISTA DEL SEGRETARIO 6ENERALE*E. C. BLAKE
Il Consiglii ecunealGO precisa la saa posizime
sull'iniricaia puesdeae del Biatra
Il past. E. Carson Blake, segretario generale del C.E.C., ha rilasciato a Ginevra questa
intervista al a Service d’actualités oecuméniques », a proposito della discussione in corso
circa le operazioni di soccorso alla Nigeria e
al Biafra, discussione su cui abbiamo riferito
la scorsa settimana. “
La dichiarazione del Comitato della Divisione di Aiuto e di Servizio delle
Chiese e di Assi.stenza ai Rifugiati
(DESEAR) sul confilitQ fra la Nigeria e l’antica Regione orientale chiamata comunememe Biafra. ha gettato una certa con iasione negli spiriti.
Secondo le reazioni apparse sulla
stampa, il C.E.L. e L organismo assistenziale del Jomi Lhurch Aid (J.C.
A.) sarebbero in disaccordo. È vero?
Spero di no. Dei i appresentanti degli
organismi che sostengono il .loint
Church Aid hantit) assistito alla difficile discussione clic si e avutà a proposito della tragedia .\ige.nana-Biafrana e
vi hanno contrib'im) m modo assai costruttivo. Purtri -npo la ..ffichiarazione
pubblicata a Osi ' dal J;G.A. non ne fa
menzione; e fors,' da ciò deriva l’impressione che vi sia un disaccordo fra
il C.E.C. e il J.C " , Personalmente sono
convinto che i .in obiettivi a lungo
termine sono g' stessi: che. cioè, ci
sforziamo di fan iito quello che possiamo in vista di : ! pace, per salvare il
maggior numeri- issibile di vite umane e per alleviai., e sofferenze fino a
che prosegue il ,s lìiliirli). Non bisogna
però dimenticare che f estremamente
difficile conciliare una -Jpianificazione a
lungo termine e l az||!pe a breve termine che è indispe»>v3.Mie. Ed è ancora
più difficile prose^ire malgrado tutto
un’azione comune in seno a una comunità cristiana i cuimiembri difendono
convinzioni politiche diverse e sostengono persino punti d’ vista divergenti
su ciò che dovremmo fare oggi.
Potrebbe riassumere hi avemente la politica seguita dal C.E.C. in questa
questione? Eia modificato la sua strategia nel corso delle ultime settimane?
Penso che abbiamo seguito sinora
una linea d’azione coerente, che pone
l’accento su questi punti;
a) Nei conflitti di questo genere, la
ragion d’essere del C.E.C. è permettere
a tutte le Chiese membri di agire insieme. Il che vuol dire che bisogna ascoltare tutte le parti e tener conto dei loro punti di vista circa l'azione da intraprendere. Le nostre Chiese membri africane della Nigeria-Biafra e degli altri
paesi d’Africa sono nettamente divise
su questa guerra. Perciò, parallelamente alla nostra azione dovremmo proseguire una discussione continua nella
quale i vari gruppi diversi potrebbero
mettersi in discussione, informarsi e
correggersi a vicenda. Poiché si tratta
in primo luogo di un conflitto africano,
bisogna ascoltare con la massima attenzione i portavoce africani;
b) Nella nostra azione noi accordiamo la priorità agli sforzi impegnati per
giungere a negoziati e, in tal modo, stabilire finalmente la pace. La nostra
Commissione delle Chiese per gli Affari
Internazionali (C.C.A.I.) e la nostra
D.E.S.E.A.R. mantengono relazioni costanti con i dirigenti di Chiese e con i
governi, in Africa e in altre parti del
mondo, per trovare i modi per portare
i belligeranti a sedersi intorno a un tavolo di conferenza. Pensiamo tutti che
questa tragedia rappresenta in primo
luogo un problema politico e che soltanto una soluzione politica del conflitto porrà termine alle sofferenze delle
popolazioni toccate. I nostri sforzi umanitari non sono sufficienti a superare
il conflitto;
c) Questi sforzi per alleviare le sofferenze non hanno alcun fine politico,
ma hanno tuttavia ripercussioni indirette sul piano politico. Il Consiglio
ecumenico o qualsiasi altro organismo
non può ignorare la responsabilità politica che gl’incombe in conseguenza
del suo impegno umanitario. Perciò
dobbiamo incessantemente riproporre
i! problema di sapere se il modo in cui
organizziamo il nostro aiuto è conforme alla nostra prima preoccupazione,
che è quella di giungere alla pace;
d) Detto questo, il C.E.C. si è prefisso lo scopo di proseguire la sua azione assistenziale verso coloro che soffrono. Né le difficoltà che questa assistenza comporta, né le critiche rivolte
da qualsiasi parte, ci faranno rinunciare a tale scopo. Anche quando la pace
sarà stata instaurata in Nigeria, quest’aiuto sarà ancora necessario per lungo tempo. Quando l’opinione pubblica,
sempre capricciosa, s’interesserà ad altre questioni, le Chiese dovranno proseguire i loro sforzi in vista di aiutare
nella reinstallazione delle popolazioni
della Nigeria-Biafra e nella ricostruzione del paese. Per il momento, occorre
proseguire l’aiuto, la cosa è indubbia.
All’aeroporto (per modo di dire) di UH, nel
Biafra, si scarica un apparecchio del Joint
Church Aid (si intravede sulla fusoliera parte del simbolo dell’organizzazione: due pesci
stilizzati), dopo uno dei voli notturni in partenza da Sào Tomé.
Ma pensiamo che sia venuto il momento di esaminare le possibilità di affidare
l’organizzazione dei voli di soccorso ai
governi che si sono dichiarati pronti a
impegnarsi in modo più attivo.
Si è detto che la dichiarazione della
DESEAR lasciava intendere che il
fatto di accordare aiuto prolungava
la guerra. Perché?
Nella dichiarazione è detto semplicemente che attualmente l’operazione di
soccorso ha, fra l’altro, l’effetto di
esporre le Chiese all’accusa di prolungare la guerra. Tale accusa è stata rivolta non soltanto dai Nigeriani, ma
anche da numerosi Africani, Europei
e Nordamericani coscienti delle loro responsabilità. Non dobbiamo accettare
semplicemente tale accusa come un fatto innegabile, credo tuttavia che dobbiamo prenderla in seria considerazione. La dichiarazione del Comitato dell„i DESEAR non menziona questa accusa come un argomento per interrompere l’aiuto, ma per riesaminare i metodi
d’azione. Pensiamo che vi sono vari metodi attuabili per venire in aiuto a coloro che muoiono di fame, ad esempio
l’utilizzazione di corridoi terrestri e
l’organizzazione di voli diurni, i quali
ci espongono meno facilmente al sospetto di avviare materiale bellico sotto rapparenza di recare soccorsi. Taluni capi di governo, in particolare del
Canada, pensano che non si giungerà
ad un accordo con il Biafra relativo a
voli diurni (ai quali parecchi governi
si sono dichiarati pronti a partecipare
attivamente) fino a che si proseguiranno i voli notturni. Poiché l’aiuto dei
governi è divenuto indispensabile per
proseguire l’invio di soccorsi, occorre
prendere in considerazione in piena
buona fede i loro punti di vista.
/.' Consiglio ecumenico delle Chiese non
non tenta, attualmente, di ritirare il
proprio aiuto per costringere i Biafrani a negoziare?
Assolutamente no! Tutta l’azione del
C.E.C. consiste nel richiedere un impiego responsabile e sensato dei mezzi
d’aiuto. È diventato manifesto che la
forma attuale dell’aiuto implica un fattore politico, a dispetto delle intenzioni
degli organismi assistenziali. È altrettanto inutile negare questo fattore politico, quanto farne un uso abusivo. Dobbiamo sforzarci, senza stanchezze, di
trovare i mezzi grazie ai quali le Chiese
possono utilizzare in modo responsabile tutte le loro risorse, in vista di
affrettare la soluzione del conflitto. E
questo esige da parte nostra un esame
di tutti gli elementi in gioco.
Perché il Consiglio ecumenico ha chiesto al Consiglio biafrano delle Chiese
di non utilizzare più il suo nome
nell’operazione di soccorso al Biafra?
È una richiesta che abbiamo presentato varie volte. Ufficialmente non è il
C.E.C. in quanto tale che dirige l’azione di soccorso al Biafra nella sua forma attuale, benché vi abbia contribuito
finanziariamente. Ma non si tratta soltanto di una questione di forma. Il Consiglio ecumenico non deve accettare per
la sua azione più credito di quanto meriti, soprattutto se il primo obiettivo
di tutti i nostri sforzi è la mediazione.
U C.E.C. ha rifiutato di fare una scelta
m questo conflitto, sul piano politico!
Putta la -sim azione si basa su questa
decisione. Se questa posizione non è
rispettata’ perderemo la nostra credi
r ° "cedute
del C.E.C. e del J.C.A. convergono.
Secondo la dichiarazione pubblicata a
Oslo dal Joint Church Aid, il Consiglio ecumenico non dovrebbe rimproe agli organismi che sostengono
Il J.L.A. di prolungare la guerra, ma
piuttosto biasimare le nazioni che
forniscono armi. Non è d’accordo?
Sì. Fin dal 1968 l’Assemblea del C.E C
a Uppsala ha condannato la fornitura
di armi alle due parti in conflitto. Contmuiamo a deplorare profondamente
tali forniture d’armi alle due parti. Ripeto che non abbiamo biasimato aicun
organismo per il suo appoggio all’azione di soccorso, ma che abbiamo domandato che SI esamini seriamente il problema di sapere se, date le ripercussioni politiche (indirette), la forma attuale
di sostegno è davvero il mezzo migliore per aiutare tutti coloro che sono colpiti, e, d altra parte, se non esistono
soluzioni possibili che permettano di
porre rimedio alle sofferenze umane
con altrettanta efficacia.
Secondo Lei, si può sperare in una soluzione del conflitto?
Sì, penso che vi sono buone ragioni
di sperare che le diverse iniziative prese recentemente in Africa ci avvicinino
a una soluzione. Alludo alla decisione
della Conferenza delle Chiese di tutta
1 Africa (C.C.T.A.) di inviare ima delegazione alle due parti; alla nuova iniziatiya dell’imperatore Hailé Selassìée all interesse manifestato da un numero crescente di governi, i quali cercano
di giungere a negoziati e di accrescere
XT appoggio a coloro che soffrono.
Noto che le due parti in conflitto si
sforzano onestamente e in modo più attivo che in passato di intendersi sulla
necessità di trattative dirette. Continueremo a fare tutto ciò che è in nostro
potere affinché questi negoziati divengano realtà.
Eugene Carson Blake
(intervista E.F.S.)
L’AIUTO AL BIAFRA
DEVE PROSEGUIRE
affermano Carltas e EPER
Zurigo (epd). - L’agenzia assistenziale cattolica « Caritas » e
l’HEKS/EPER, organo assistenziale della Federazione delle Chiese protestanti svizzere comunicano:
« Da varie parti si avanza l’interrogativo se l’aiuto al Biafra e
alla Nigeria non prolunghi inutilmente la guerra. Gli enti ecclesiastici che collaborano nel “Joint
Church Aid” hanno piena coscienza che questo aiuto intercontinentale e volontario ha pure conseguenze secondarie di ordine politico. Senza alcun dubbio, in assenza di questo intervento la guerra
nigeriana sarebbe già terminata in
seguito alla morte per fame del
Biafra, prima ancora che si giungesse a trattative di pace. Non
possiamo assistere inattivi al fatto che la fame viene usata come
legittima arma di guerra. Perciò
il ponte aereo deve continuare a
portare alla popolazione biafrana
(si tratta in prevalenza di bambini e di donne) il nutrimento necessario a mantenerla in vita ».
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Eco delle Valli - La Luce, Via Cavour
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2
pag. 2
N. 2 — 9 gennaio 1970
s.' • ••
CI
-i; iò
La barca
ecumenica
La chiesa d’oggi dovrebbe cambiare il suo simbolo. Finora
era rappresentata come una barca. Penso che, senza possibilità
di errore, ognuno vede in essa la barca sul lago di Genezaret
con Gesù in carne ed i suoi dodici. Gruppetto che intorno al suo
Signore affronta la tempesta del piccolo mar di Galilea.
Mi pare più appropriato, oggi, prendere per simbolo la nave
(.^tti 27) in rotta verso un vasto mondo e che naufraga sulle coste di Malta. Lì vi è ancora il Signore risuscitato. Invisibile, ma
v'è. Vi sono, poi, tre credenti che lo confessano: Paolo, Luca ed
Aristarco, in mezzo a ben 276 altri naviganti, dei quali alcuni porgono ascolto alla testimonianza dei credenti, altri invece se ne
tanno beffe o vogliono incrudelire contro loro. Però son tutti
insieme e tutti hanno la medesima sorte (« il Padre vostro che è
nei cieli fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni e
fa piovere sui giusti e sugli ingiusti », Matteo 5, 45), perché l’immane tempesta viene sugli uni e sugli altri, come poi, raggiunta
l’isola, gli uni e gli altri hanno ristoro. V’è, ad ogni modo, il fatto
essenziale che, in quella navigazione fortunosa, è presente il Signore, il quale non abbandona alcuno ed è Lui che si serve dei
tre credenti per portare un messaggio profetico e per rendere
un servizio d’amore a tutti gli altri.
Non si tratta più della navigazione d’un piccolo gruppo di
discepoli in ansietà per sé stessi, ma di discepoli dispersi fra
molti altri uomini dei quali non è facile sapere chi riceve la Pan>la e chi non la, riceve. Per la presenza del Cristo, questa navigazione non meno di quella del mar di Galilea è, tuttavia, un segno del « mondo nuovo » che entra già ora nelle imprevedibili
\ icende umane.
Tullio Vinay
Contro la fame
degli altri
Anzitutto ci scusiamo se, a causa
(li un errore, nel precedente elenco
sono stati omessi due nominativi e
precisamente; Claudia Peyrot, Torino, L. 1.300 e Giulietta Balma,
Parma, L. 5.000, i cui importi erano già stati debitamente contabilizzati.
Diamo ora un nuovo elenco di
sottoscrizioni pervenuteci in questi
giorni ;
Da Luserna San Giovanni: N. N.,
L. 5.000.
Da Angrogna: Gino, Vilma, Renato,.
Ivana,“Enrico, Daniela, Livia, Odetta,
Renzo, Paola, Renato, Wilma, Guerino:
importo vendita cartoline natalizie fatte da loro L. 1.550.
Da Tropea (Cz.): G. Lo Torto 10.000.
Da Campobasso: P. Corbo 2.000.
Da Napoli: E. Tomasetti 10.000.
Da S. Germano Chisone: Colletta natalizia scuola domenicale e doni 50.000.
Da Torino: fam. Caruso 500; E. Giordano 10.000.
Totale L. 89.050; tot. prec. 288.786; in
cassa L. 377.836.
Ricordiamo che le sottoscrizioni vanno inviate al conto corrente postale
n. 2/39878 intestato a: Roberto Peyrot,
corso Moncalieri, 70, 10133 Torino.
DIFFIDA
Desidero metlere in guardia, specialmente
i Pastori, da un certo RUSSO ALFREDO di
Caserta, il quale va in giro chiedendo somme
di danaro e presentando falsi documenti notarili. consegnando assegni a vuoto.
Se qualcuno si presenta a mio nome, sollecitando aiuti, richiedere sempre un mio biglietto di presentazione.
Selma Longo
Neliti comunità di Pomaretto, e irraggiando intorno
Vivocità di interessi per molteplici
questioni d'ottualità
Dal problema sessuale a quello del matrimonio - Solidarietà con i
terremotati siciliani - Interesse per il rinnovato Ospedale Ualdese
Il problema sessuale nella società
contemporanea è stato trattato ampiamente in due tavole rotonde: la prima
con Don Barbero della dinamica comunità di San Lazzaro di Pinerolo e lo
psicologo Dr. Henry di Torino. Don
Barbero, muovendo su di una linea
squisitamente biblica, ha ricordato la
concezione dell'uomo nella interpretazione ebraica, laddove il problema sessuale è \'isto in relazione con tutte)
l’uomo; il sesso è in fondo un dono di
Dio e non può essere manipolato come elemento a parte, specialmente nel
clima del consumismo e dello sfruttamento commerciale. Con opportune citazioni di varie fonti, egli ha fatto la
critica delle varie interpretazioni anche nel campo cattolico, collocando in
un’ottica nuova di ispirazione biblica
tutto il problema. 11 dr. Henry ha fatto
l’analisi del problema ricordando in
una rapida sintesi gli studi del Freud,
Jung, per menzionare i maggiori psicologi, analizzando poi la situazione
attuale con un linguaggio talvolta crudo ma efficace. Nel dibattito vivace e
fruttuoso c’è chi ha maggiormente accentuato la linea evangelica prospettata da don Barbero, altri invece la linea dello psicologo.
Nella seconda riunione era presente
il prof. Gambetta, assente l’artista; la
esposizione dell’oratore si è orientata
prevalentemente sulla linea del cattolicesimo tradizionale, mentre il pubblico ha espres.so consensi e dissensi in
un dibattito piuttosto vivace. Ringraziamo i vari oratori per la serietà con
cui hanno presentato i vari argomenti
su di un tema sempre importante per
i nostri giovani.
Nel secondo turno di riunioni il Pastore Bertinat ha trattato il tema del
matrimonio: ne sono seguiti dibattiti
interessanti in tutte le riunioni, mentre il gruppo canoro del Convitto diretto da Eliana ha recato il suo contributo coi canti del campo cadetti della
scorsa estate.
Discusso nell’incontro pastorale di Pinerolo
Come affrontare la situazione
di dissenso e tensione alle Valli
L'incontro pastorale di dicembre è
stato fortemente ridotto nella partecipazione a causa dell’incipiente influenza e la vivacità del dibattito ne ha naturalmente risentito. Lo schema apprestato pei" quella seduta è stato vagliato e discusso nella sua prima parte
di analisi sociologica e religiosa. DiSCUS.SO cd approvato, dato che si trattava di messa a punto di situazioni che
tutti conoscono. Il panorama delle Valli è già stato tracciato da molti in molte circostanze e non era il caso di riprendere una analisi già fatta. Più difficile è stato invece proseguire il discorso riguardo alle soluzioni prospettate. Le lince indicate nello schema erano le seguenti:
a) Necessità di avere in tutte le
comunità uno stesso atteggiamento cd
una stessa abitudine riguardo alle manifestazioni esteriori del culto c della
vita ecclesiastica. (Non si faccia cioè
in una chiesa quello che nell altra non
si fa, creando scombussolamento e confusione nei fedeli);
h) fare uso adeguato della stampa
periodica (Eco e bollettini che dovrebbero essere più efficienti nel senso che
non si continui a spendere energie per
fare le stesse co.se in settori paralleli);
c) estendere la formazione di responsabili che formino i quadri delle
comunità rompendo il predominio pastorale;
d) creare attività di tipo comunitario che rompano ;:ioè l’isolamento in
cui continuano a vivere e sempre più
vivono i singoli credenti;
c) esaminare ed affrontare i diversi
punti di vista teologici delle diver.se generazioni di credenti e di pastori (diversità che sono apparse evidenti nella
Conferenza di Torre Pellice);
/) riscoprire nel campo della vita
e dell’atteggiamento dei credenti le situazioni dove si deve dire una parola
concreta.
La discussione su questi punti è appena avviata e sarà perciò ripresa nella seduta prossima.
* * *
Il prossimo Convegno avrà luogo a
Pinerolo, lunedì 12 gennaio con il seguente ordine del giorno:
ore 9,30: meditazione comune sul testo: Efesini 1-16;
ore 10,30: e.same del punto 3 de1l’o.d.g. sinodale sul tema: i gruppi all’interno della comunità evangelica c
loro servizio, sulla base dello schema
di di.scussione preparato dai past. L.
Deodato, B. Rostagno, G. Sciclone cd
inviato ai pastori. La discussione si
riallaccia ai punti lasciati in so.spcso
nella precedente seduta;
ore 13,30: comunicazioni della Tavola o della Comm. distrettuale;
ore 14,30-16: proseguimento della discussione. G. T.
Corsi e ricorsi della storia evangelica
I protestanti e le feste
La regola e l’eccezione
La Corale, diretta da Speranza Grill,
sta affrontando il Nuovo Innario in
vista dell'introduzione di inni nuovi
nel culto, come è già avvenuto in quello di Natale.
Speriamo che i coralisti siano presenti in modo massiccio ai culti in vista di questo scopo.
Il problema dei terremotati della
Valle del Belice è stato presentato al
culto di Natale da Daniele Rostan:
culto comunitario con letture bibliche
e preghiere di membri della comunità; il messaggio del Pastore Bertinat
si è armonizzato con l’intervento sul
problema della Valle del Belice, allo
scopo di sensibilizzare particolarmente in quel giorno la comunità dei credenti.
Nella linea della solidarietà evangelica, come lo scorso anno il pacco di
Natale è stato sostituito dall’offerta
richiesta ai bambini per una scuola
materna del Sud.
Il problema dell’ospedale di Pomaretto nelle linee future è stato presentato ad un gruppo di parrocchiani la
sera di Natale dal prof. D. Varese, portando a conoscenza la situazione presente e le prospettive future con dovizia di notizie di estremo interesse. Nel
dibattito, al quale ha preso parte anche il presidente della CIOV past.
E. Aime, si è cercato di vedere quale
può essere rapporto della nostra comunità sotto il profilo dell’interesse
inteso nel senso più ampio. Ringraziamo il prof. Varese per la sua conferenza, fiduciosi che la comunità possa
occuparsi concretamente di tutti i problemi sociali locali e non soltanto per
fruirne. Le festicciole tradizionali dei
bambini hanno a\uto luogo a Pomaretto, al Clot ed ai Cerisieri.
Esprimiamo la nostra simpatia alle
famiglie di Renato GardioI (Rociateugna), Ernesto Geme (Combe), Annetta
Maria Peyrot ved. Tron, Clara Revel
Griot, per la dipartenza di questi nostri fratelli e sorelle in fede.
Che il Signore ispiri i genitori di
Renzo Enrico Peyronel, Franca Peyroncl, Daniela e Tiziana Tosctti, Antonella Peyrot ad essere sempre vicini
a questi loro figlioli nella preghiera e
nell’esempio di Cristo.
INAUGURAZIONE
DELLA II SEZIONE
DELLA SCUOLA MATERNA
Ricordiamo le prossime attività:
ni gennaio la Pastoressa Gianna Sciclone visiterà la nostra chiesa: oltre
al culto parlerà alla comunità nel pomeriggio nei locali della Scuola Materna in occasione dcU’inaugurazione
della seconda sezione. Tutti sono invitati sia per il mattino sia che per la
inaugurazione.
Ed ecco le prossime riunioni: mercoledì 14 alla Paiola, giovedì 15 alla
Maroutera e venerdì 16 alla Lausa.
Il giorno 18 ore 15 alla sala delle attività: riunione del Concistoro c responsabili vari della chiesa.
La Conferenza straordinaria del I distretto, che ebbe luogo a Torre Pellice I’8 dicembre, è già stata presentata
sul nostro giornale da Bruno Rostagno
i'i modo molto equilibrato e fedele.
Non c’è nulla da aggiungere a quanto
egli ha detto, ma se il direttore del nostro giornale me lo permette vorrei
proseguire il discorso, che si è iniziato
ili quella Conferenza, riprendendo una
serie di pensieri che mi 'sono stati suggeriti dal vivace e costruttivo dibattito
che si ebbe in quella sede. Ritengo infatti che se tensione c’è stata a Torre
Pellice, è stata la tensione della ricerca di una fedeltà e non c’è stata invece un insieme di tensioni partigiane tra
esponenti di diverse tendenze. Si è
constatato che esiste fra noi una diversa valutazione dei fatti e delle situazioni, e non si tratta di una diversità sociologica o politica, tra conservatori e contestatori ma di una diversa concezione della Chiesa cristiana in
generale e della Chiesa valdese in particolare. È su questa diversa concezione che vorrei riflettere in una serie di
brevi annotazioni.
A Torre Pellice si doveva molto semplicemente decidere se la Commissione
Distrettuale del nostro Distretto dove.sse o meno chiedere alle autorità scolastiche una qualche forma di vacanza il
giorno del XVII febbraio. Tutto lì. Del
fare o non fare il XVII, abolirlo o mantenerlo non dovevamo parlare perché
era chiaro che il XVII c’era e non si
toccava; si poteva, caso mai, discutere
su come celebrarlo, e così si è fatto.
Per parlare seriamente della questione non si deve dimenticare però come
hanno ragionato i nostri padri. Risulta
che proprio loro, che giustamente, credo, consideriamo attaccati alla Scrittura più di noi e più di noi impegnati
nella loro religione, hanno abolito dal
loro calendario tutte le feste cristiane
tradizionali. Natale e l’.Ascensione compresi. A Ginevra, per esempio, queste
grandi feste cristiane non vennero celebrate per almeno 200 anni, il 25 dicembre era un giorno come tutti gli altri.
Perché un atteggiamento così radicale? Dopo tutto la Chiesa cristiana aveva celebrato queste feste per secoli,
possibile che fino ai Riformatori tutto
fosse sbagliato e non si fosse capito
niente? Che dovessero proprio arrivare
loro a insegnare come si doveva fare?
Se la generazione dei credenti riformati
prese quelle decisioni fu per due motivi.
Anzitutto per polemica con la Chiesa
del Medioevo che aveva caricato il calendario di feste utili e.d inutili, che
cominciando col celebrare il Natale
aveva finito coU’aggiunge,»e le feste (di
Maria e di innumerevoli santi. Per distinguere chiaramente la loro Chiesa
da quella romana dissero: più niente
feste, né organi, né statue, né immagini (e perirono così molti capolavori
d’arte sacra). Quanti vecchi valdesi hanno reagito con la stessa violenza di
fronte alle croci sulle facciate o nell’abside dei templi che pastori ben intenzionati cercavano di collocare per
fare capire agli estranei che siamo cristiani anche noi!: « Siamo già diventat' cattolici? Cos’è questa novità delle
croci? Finiremo per adorare le imm:(gini! ».
Il motivo per cui i protestanti del
XVI secolo abolirono le feste sacre ;non
era però solo questo, c’era qualcosa di
più profondo: c’era l’idea che non è la
festa che fa il cristiano ma la vita intera. In fondo le feste sono delle eccezioni nella vita, eccezioni in tutti i sensi; è riposo anziché lavoro, si mangia
meglio, ci si distende, si fa quello che
si vuole anziché sottostare alla volontà
altrui. La vita non è sempre festa, la
regola della vita è ben diversa! Ma la
festa rompe la monotonia della vita.
Così è nella religione; la regola è non
pensare a Dio, non occuparsi delle cose sue, l’eccezione è farci su un pensierino. La regola è l’indifferenza, la eccezione è una cerimonia. Lo stesso ragionamento ha fatto nascere nella
Chiesa i frati e le suore: la regola è
vivere senza far male, l’eccezione è fare il bene; cristiani normali tutti i giorni, frati: eccezioni per pietà, preghiere,
bontà.
Le feste sono come i frati nel calendario: delle eccezioni che giustificano
l’indifferenza della vita normale.
Proprio questo concetto fu rifiutato
dai primi protestanti: non c’è una regola per la massa ed una eccezione per
qualcuno, dei cristiani mediocri e dei
supercristiani, così non ci sono dei
giorni normali e dei supergiorni, dello date speciali fatte per Dio e la religione. O la fede si vive sempre o non
c’è. Per questo a Ginevra Natale era un
giorno come tutti, ma si tenevano culti
tutti i giorni della settimana in una
chiesa a turno, perché tutti i giorni
della settimana sono eguali ma quello che li fa diversi è il modo come li
viviamo noi. Non mi pare avessero
torto, dopo tutto. La conferenza di
Torre non ha cercato di dire moUo di
più: dei valdesi da festa, cioè ; \vli
febbraio non sono veri valdesL \ . : .iistiani; sono gli altri 364 giorni cne fanno la regola, non quella eccezione.
Giorgio Tourn
E
l'ESfl
I debiti di EesQ Bamiiinii
Sul n. di dicembre 1969 del bollettino del
Ui parrocchia cattolica torinese della Madonna di Pompei (una delle parrocchie, del Centro della città con sede in Via S. Secondo 90)
abbiamo letto questa perla.
Natalo, Capodanno sono lampo di stronne:
por chiudere bene, per ajirire meglio.
A (resù Bamliino non oiìriremo nulla.'' Si
rivendica il diritto alla casa e con ragione si
auspica che tutti possano e.ssere soddisfatti.
La casa di Gesù nel nostro territorio non è
ancora tutta Sua; anche Lui dovette adatlarsi
airacquislo a riscatto con impegni che sono
tuttora gravi perché le Banche lianno appesantito la mano .sugli interessi.
Diamo un aiuto a Gesù Bamhino che lo
sollevi dai debiti: pagando parte del riscatto,
la casa di Gesù diventerà anche più nostra.
A Torre Pellice, a cura del Comitato del Collegio Valdese
Un concerto corale e stromentale
La conferenza del Professor Soggin,
della Facoltà Valdese di Teologia, che
doveva tenersi a San Secondo domenica 11 c. m. è stata rinviata ad altra
prossima data a causa del perdurare
della epidemia influenzale e per le dif(ìcoUà di transito stradale.
Avrà luogo domenica pomeriggio 18
c. m. nella Chiesa di Torre Pellice un
concerto, organizzato dal Comitato, al
quale prenderanno parte la Corale Valdese di San Giovanni ed i Trombettieri
della Val Pellice. All’organo c alla direzione il Maestro Prof. Ferruccio Rivoir.
Il programma del concerto verrà
pubblicalo la prossima settimana.
Doni rifi'Viiti k\ (liiniitato fnllif o
(111 KLKNC.U)
Famijilia Sappc (Torre Pellice). alla
memoria di Luigi Long, anziauo.
sliidenle del Collegio Valilese e nel
decimo annivers. della morie di
Emilio Sappi'
Piiiilure Beri l!jiil)erto (Triesle)
Ifosa-Brusin Giuliana (Coazze)
Ro?lagiio Amedeo (Torino)
Associazione Amici del Collegio Torre Pellice (.secondo vers.) 2
Castagno Ine.s (Pomaretto)
Bellion dr. prof. Bartolomeo (Torino)
Soc. p. Az. FIAT (Torino)
Filodrammatica « G. Casini » - Tor.
re Pelliee
Collctla in data .30-11-1969 Tempio
Valdese di San Secondo (conferenza Pastore A. Taccia)
10.000
10.000
10.000
20.000
000.000
10.000
] 00.000
100.000
80.000
22.21.".
TOTALI-:
F.l.F.NCnt precedenti
.349.808
ì.062.34.5
DA CHI ESP VALDESI:
Vallecrosia
Torino (secondo versamento)
Torimt (terzo \-ersamento)
Bobbio Pellice ((.rimo vera.)
San Giovanni (i>rimo vera.)
Rimini (secondo vera.)
Cosenza (secondo vers.)
DA AMICI:
Pastore Tron Enrico (Torre Pellice)
Gaydon Enrico e Leone (Ma.s.sello)
Pa.scal Alberto ed Ettorina (Perrero)
Ghigo Alberto, anziano (Perrero)
The Garden City Community Church
New York (1:SA)
Clara Rostan
Pastore Marauda Patdo (Genova)
100.000
50.000
130.000
20.000
.2.50.000
10.000
3.000
50.000
10.000
20.000
20.000
312.593
5.000
5.000
TOTALE doni ricevuti a lutto
il 10 dicembre 1969 L. 6.412.153
I DONI e le OFFERTE a FAVORE del
GOLI.EGIO VAI.DESE DI TORRE PEI,LÌCE
possono essere versali .sul conto iiorr. postale
n 2/32709 o sul conto rorrente bancario
n. 56760 pre.sso Istituto Bancario Italiano Torre l’elliee, intestati al COMITATO COLLEGIO VALDESE - Via Bcewilh n. 1, 10066
Torre Pellice.
DONI PRO SCUOLA MEDIA
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3
9 gennaio 1970 — N. 2
pag. 3
Un nostro inviato a colloquio con il proL Vincenzo Miaño,
addetto al Segretariato vaticano per i non credenti
Ancora su Pisa...
Seria jna lemda, la crisi odierna
Dalla cristianità costituita all’inserimento nelle strutture del mondo - Nel dialogo,
ricordava che il dissenso non è lutto il cattolicesimo, bensì «frangia», per quanto
inserita - ¡I «caso Girardi»
Mentre salivo sull’autobus 64 che doveva portarmi da Termini a Via della
Conciliazione, e una folata di vento
ghiacciato mi faceva trovare gradevole
il riparo, guardando il cielo grigio e poca benevolo, mi ricordavo che ventanni prima, quasi esattamente, avevo ripreso a visitare Roma, con qualche regolarità, dopo la parentesi dell’ultimo
periodo bellico e del primo dopoguerra. Allora non avrei ritenuto molto probabile l’eventualità di andare ad intervistare degli ecclesiastici cattolici, investiti di elevate responsabilità in organismi vaticani, per l’"Eco-Luce”.
Sceso a pochi passi da Piazza S. Pietro, dopo pochi minuti ero al terzo pia
D. — Attualmente la Chiesa Cattolica dà l’impressione di un organismo
in cui siano in corso delle notevoli
trasformazioni. Di tali trasformazioni
vengono date interpretazioni ottimistiche o pessimistiche; in entrambi i
casi queste interpretazioni difettano
in certa misura di credibilità. Qual’è
la Sua interpretazione, tenuto conto
anche dello specifico campo di lavoro
cui si rivolge la Sua attività, e come
ritiene Ella di provarne la validità?
R, — Che la Chiesa, dopo il Concilio Vaticano II, avrebbe dovuto affrontare una crisi, c’era da aspettarselo:
crisi relativamente più difficili la
Chiesa dovette affrontare dopo il
Concilio di Trento e dopo il Vaticano I. Di nuovo, in confronto a tali
precedenti, vi è che la contestazione
che vien fatta all’interno della Chiesa, con gli odierni mezzi di comunicazione viene conosciuta e propagata
più rapidamente, e si « travasa », come un tempo non avveniva.
La crisi tocca non tanto il corpo ecclesiastico nel suo insieme quanto
piuttosto alcune punte : potremmo
enumerare in primo luogo i teologi,
in secondo luogo i laici più evoluti, in
terzo luogo u.na parte dell’establishment (il fenomeno, si badi, non avviene nella stessa forma in tutti i settori).
Per quanto riguarda specificamente
l'attività del Segretariato per i Non
credenti, occorre rilevare preliminarmente che oggi la Chiesa si è aperta,
più di quanto non sia avvenuto in altre epoche, verso i valori professati
dal mondo moderno. Con la scienza,
in ogni sua espressione, con i movimenti di pensiero tendenti a qualsiasi
valore del mondo contemporaneo, si
è aperto un dialogo che si propone di
risolvere i problemi umani; è logico
pertanto che oggi la Chiesa desideri
condurre un dialogo col mondo dei
non-credenti, atei e indifferenti.
Le ragioni di crisi che possono prodursi in questo senso appartengono,
in primo luogo, al campo della dottrina. Giovanni XXIII, nel preannunciare il Concilio, gli diede come programma, non di condannare errori
vecchi e nuovi, ma piuttosto di fare
uno sforzo per portare il messaggio
cristiano al nostro tempo, assimilandone il linguaggio e le categorie filosofiche e culturali. Questo sforzo di
adattamento può portare a delle rotture con la tradizione dottrinale della Chiesa. Si possono determinare
deile perplessità riguardo a certi tentativi. Per esempio, nel caso del Nuovo Catechismo Olandese, a me sembra che si debba dire questo : è un’opera partita con ottime intenzioni e che
ha conseguito, in generale, un risultato meritevole; forse in alcuni punti
esso non ha interpretato esattamente
la tradizione dottrinale cattolica, il
che è stato messo in evidenza dalla
Commissione cardinalizia.
In secondo luogo, ragioni di crisi
possono determinarsi nello sforzo di
inserimento nella vita del mondo, nello sforzo di partecipare alla creazione
del mondo nuovo che oggi è in gestazione. I cristiani sono passati dalla
mentalità che poggiava sull’idea delia
Cristianità costituita al progetto di
inserimento nelle strutture del mondo. La crisi può nascere nell’attuazione di questo progetto allorché esso
non riesce a realizzarsi e si può avere
da un lato una situazione di rifiuto
del mondo, dall’altro il rischio che la
secolarizzazione penetri nelle strutture della Chiesa. Un rischio di tal fatta è l’orizzontalismo, cui si è riferito
anche recentemente J. Guitton nella
sua intervista a « Le Monde»; orizzontalismo rappresentato dalla prevalenza delle verità orizzontali, date dal
rapporto col mondo, sulle verità verticali, date dal rapporto con Dio, ve
rità che talora vengono reciprocamen
te sganciate.
Le ragioni della crisi mi sembra che
si possano ricondurre alle due categorie anzidetto. Quanto alla sua estensione, mi sembra che nella pubblicistica il rilievo che vien dato alla tensione fra la Chiesa costituita e i gruppi del dissenso, la cosiddetta Underground Church (Chiesa sotterranea),
talvolta dia l’impressione di un ingrandimento dei gruppi ridotti in cui
questa consiste.
no del palazzo di Via dell’Erba, dove,
ancora per qualche tempo, ha sede il
Segretariato per i Non-Credenti (al secondo piano ha sede invece il Segretariato per l’Unione dei Cristiani, al quale dovevo accedere, per un’altra intervista, il mattino seguente).
Accolto molto cortesemente da Don
Vincenzo Miaño, professore al Pontificio Ateneo Salesiano e addetto al Segretariato, cui presiede il Card. Koenig,
gli ho posto le tre domande che avevo
preparato, e che qui riporto, facendo
seguire, a ciascuna, la risposta che ho
avuto dalla viva voce del mio interlocutore:
Vi è poi la crisi del clero, in cui secondo me la questione dei celibato è
secondaria rispetto alla questione della « identità » del clero, particolarmente sensibile nel clero giovane,
maggiormente sollecitato dai problemi del mondo contemporaneo.
D. — Sono valdese, e come tale ritengo, nel dialogo con i cattolici, di
dover porre in primo piano il rapporto coi movimenti di dissenso oggi esistenti nella Chiesa cattolica. Ciò per
varie ragioni: fra l’altro, per l’analogia fra la loro posizione, al limite della disobbedienza, e quella dei valdesi
delle origini; inoltre per la coscienza
degli aspetti negativi che, neH’ultimo
secolo della loro storia, ha avuto per
ì valdesi la tendenza ad appoggiarsi
al potere ed all’autorità. Ritiene Ella
che la preferenza irrinunciabile per
tale tipo di interlocutori da parte dei
valdesi consenta ugualmente un proficuo dialogo con la parte della Chiesa Cattolica che detiene l’autorità?
R. — Sinceramente direi che, allorché dal dialogo personale, fra persone che trovano fra loro un linguaggio
affine, si passa al dialogo fra le comunità ecclesiali, occorre dsitinguere il
dialogo fra interlocutori che, da una
parte o dall’altra, abbiano un carattere « marginale », e il dialogo in cui
ambe le parti sono sostanzialmente
fedeli agli indirizzi della propria comunità ecclesiale. Mi pare che nel dialogo tra le «frange», tra gli elementi
« marginali », si rischia di cadere in
equivoci, e di acuire il dissenso all’interno di ambedue le comunità ecclesiali. Osservo peraltro che in tutte le
chiese, oggi, i gruppi del dissenso non
tendono a separarsi, ma a restare nell’interno della comunità, per farla
evolvere. Quindi l’analogia col passato vale fino a un certo punto, anche
perché oggi l’appoggio all’autorità secolare non ha senso e da nessuno può
venir praticato e raccomandato. Tutte
le chiese tendono a sganciarsi dal potere secolare, anche perché esso è secolarizzato.
Dico questo pensando che Lei si riferisca all’autorità civile, nei cui confronti la situazione è diversa dal passato.
Se Lei si riferisce all’autorità interna, direi che oggi la Chiesa ha tendenza non all’accentramento, bensì, al
riconoscimento di un più ampio spazio a favore delle chiese locali, praticando, entro limiti determinati, un
pluralismo teologico e disciplinare. Il
problema della collegialità è connesso
con tale tendenza.
Penso, in conclusione, che un dialogo fruttuoso debba esercitarsi in
tutte le direzioni, e non limitarsi ai
movimenti di dissenso, anche se comprendo come un valdese possa riconoscersi maggiormente affine ai gruppi
del dissenso in ragione di talune accentuazioni da essi poste.
D. — È stato commentato molto
sfavorevolmente, in vari ambienti, il
caso del Suo collega Don Giulio Girardi, allontanato, per motivazioni attinenti alla sua qualità di professore
dell’At neo Salesiano, da Roma, e
quindi, praticamente, dal pieno svolgimento del suo compito neU’ambito di
questo Segretariato. I^ò dirmi qualcosa su questo argomento?
R. — Per comprovare il fatto che il
caso di Don Girardi si è verificato per
ragioni interne alla congregazione dei
Salesiani, debbo anzitutto far presente che in una congregazione di origine relativamente recente, come la nostra dei Salesiani, si considera come
evenienza normale che un superiore
faccia uso della sua facoltà di spostare di sede un religioso. Anche nella
vita dell’Ateneo salesiano ciò si è verificato molte volte. Recentemente, in
breve volger di tempo, insieme con il
caso di Don Giulio Girardi e di Don
Gerardo Lutte, vi è stato il trasferimento di un professore di tendenze
assai differenti da quelle dei predetti
religiosi, che è andato a Torino, alla
Casa Madre di Corso Valdocco.
Il problema che ha determinato il
caso di Don Girardi riguarda l’unità
d’indirizzo nella formazione degli
alunni del Pontificio Ateneo Salesiano.
Quanto alla nuova sede di Don Girardi, che avrebbe anche potuto essere in Italia, e.s.sa è stata determinata
dal ripetersi cl un’offerta di insegnamento in Pra 'cia che era già stata
fatta un anno fa.
Terminata V . tervista, e ringraziato
il mio cortese i / erlocutore, che mi aveva ricevuto, fr^. ''altro, fuori orario, trovandosi per ih imbenze insolite in Segretariato di nneriggio, sono uscito
che era già hi > e mi sono avviato a
piedi, per altri cose che avevo in programma, per ? i via laterale e poi per
quel ponte, di d non ricordo il nome,
che corrisponi al traforo, prima del
Gianicolo.
Dovevo pasS’ e aÌVAccademia d’Ungheria in Via Cialia, per certe mie ricerche risorgimentali, e l’arrivarci ha
richiesto un discretó percorso, per quell’antica strada, dei restò assai bella,
sulla quale si affacciano vari bei negozi d’antiquariato: infatti il numero uno
di Via Giulia, dove ha sede l’Accademia,
è abbastanza lontano dall’inizio della
strada, vicino a Ponte Sisto, in mezzo
a certi numeri alti: quel numero fuori
serie lo volle, mi hanno detto, il patrizio che tenne un tempo il palazzo.
Poi (camminare non mi dispiace)
sono arrivato a piedi in piazza Indipendenza, ma al ristorante dell’YMCA non
danno più la pizza, in cui avevo intenzione di far consistere il mio pasto serale. Mi sono accorto allora che delle
quattro trattorie, che c’erano sui quattri. lati dell’isolato dell’YMCA, due sono chiuse, e nelle altre due non fanno
la pizza, sicché ho dovuto andarmela a
cercare un paio di isolati più in là.
Che strano, pensavo, una volta qui
hi pizza c’era dappertutto; viceversa
l'insegna “Pizzeria” in Piemonte non
e.sisteva, e ora la si trova fin nel più
remoto paese delle Alpi.
Intanto anche il vasto miagolio delle
centinaia d’automobili intasate in Via
Marsala rendeva diversa quella serata
(l'inverno romano da quelle d’un tempo. Morale: alcune cose cambiano, elitre, come il numero uno di Via Giulia,
non cambiano.
Se lice fare il paragone, anche la condizione dei cristiani nel mondo sta cambiando assai, ma alcune cose per ora
non sono cambiate. Speriamo che ad
orientare il nostro futuro ci guidi Colui che fa ogni cosa nuova.
Augusto Comba
iiilitiiiiiililtiiiimiiiii
iiiiiiiiiiimmiiiiitii:
Il papa iKm dove più essei'o pontifpx maxinius, ma
semplicemente presidente o segretario generale
(dicono dei cattolici olandesi)
L’Afa (epd). - In una relazione di .studio che viene presentata alla sessione
plenaria del Concilio pastorale cattolico romano d’Olanda, dal 4 al 7 gennaio 1970, viene richiesto che il papa
in avvenire concepisca sé stesso soltanto più come « presidente o segretario generale delle Chiese cattoliche
unite in tutto il mondo ». In questa
posizione egli deve curare stretti rapporti con le personalità direttive delle
altre Chiese cristiane. La Commissione
che ha elaborato questa relazione chiede inoltre che sia abolito l’obbligo del
celibato; anche persone sposate dovrebbero essere ammesse ai ministeri
ecclesiastici cattolici. Altre richieste:
la costituzione di un sindacato sacerdotale, l’ammissione senza limitazioni
delle donne a tutti i ministeri ecclesiastici, come pure la garanzia di uno stipendio minimo per i sacerdoti.
In seguito a un colloquio tenutosi
recentemente fra i vescovi olandesi e
delegati dei gruppi sacerdotali, è stato
rivolto al concilio pastorale un invito
pressante a decidere con procedura
d'urgenza circa il problema del celibato. In varie comunità cattoliche olandesi i religiosi hanno dato pubblica
lettura di una dichiarazione comune,
nella quale si esprimevano per la libertà di decisione personale, da parte del
sacerdote, sul problema del celibato.
Nel frattempo il segretario generale
del Concilio pastorale olandese, il
tir. W. Goddijn, si è recato a Roma per
riferire alla segreteria di Stato vaticana su questi documenti.
Collaboratori, corrispondenti e let.
tori vogliano scusarci: una volta
ancora degli scritti devono essere
rinviati.
In questi ultimi tempi la Chiesa di
Pisa è all’onore della cronaca; a varie
riprese i casi pisani sono stati trattati
sul periodico della nostra Chiesa. Poiché ho vissuto intensamente coi pisani
i momenti a cui soprattutto allude l’avvocato Ardito nel suo ultimo articolo,
credo sia giusto da parte mia un complemento di informazione e, forse, su
alcuni punti anche una precisazione.
Coerentemente con la linea di evangelizzazione che guidava la nostra Chiesa e coerentemente con la nostra volontà di essere presenti nella città in cui
vivevamo, quando, improvvisamente, la
Marzotto nella primavera del 1968 chiuse i battenti lasciando disoccupati i
suoi ottocento operai e ponendo cosi in
grave crisi circa il cinque per cento
delle famiglie pisane, il Consiglio di
Chiesa, udita l’Assemblea di Chiesa,
scrisse una lettera alla direzione della
Marzotto per esprimere la sua profonda preoccupazione per quanto stava
accadendo.
I giovani della Unione Giovanile discussero a lungo sulla situazione che
si veniva creando, preoccupandosi di
fare qualche cosa di più che non solo
inviare una lettera alla Direzione della
Marzotto; si lasciarono facilmente convincere che la forma più cristiana di
protesta, senza escludere altre possibilità, doveva orientare l’Unione a cercare di far qualcosa per alleviare la sofferenza di tante famiglie gettate improvvisamente in una crisi economica:
con un notevole atto di fede i pochi
giovani deirUnione si impegnarono a
trovare per tre mesi un sussidio di
trentamila lire per una famiglia particolarmente bisognosa. Così presero
contatto col comitato di soccorso formatosi fra i disoccupati, perché fosse
loro segnalato un caso particolarmente bisognoso di aiuto: fu loro segnalata
una famiglia, ma accadde un fatto imprevisto: nel contatto stabilitosi cosi
coi disoccupati della Marzotto i nostri
giovani incontrarono molto più miseria di quanto non pensassero e le famiglie che essi vollero aiutare furono
ben presto una dozzina. In ognuna di
queste famiglie per alcuni mesi furono
recati ogni sabato un pollo e vettovaglie
varie, furano distribuiti sussidi per calmare i negozianti che minacciavano di
sospendere le forniture ai disoccupati
se non pagavano almeno parte dei loro
debiti, furono impediti il taglio della
luce e la sospensione della erogazione
del gas a parecchi che erano inadempienti nel pagamento delle bollette e
un po’ di bene fu così fatto in mezzo a
quella grande miseria; e la fede dei giovani fu premiata: essi poterono raccogliere quasi dieci volte la somma preventivata.
Ma quello che va messo in rilievo è
che questa attività fu essenzialmente
spirituale: i doni furono recati in nome di Cristo e a quelle famiglie fu parlato di problemi sociali, ma assai di
più di problemi spirituali.
E questa attività caritativa ebbe un
altro benefico riflesso sui giovani stessi: un nuovo interesse per gli studi biblici; interesse che non si è attenuato
dopo oltre un anno.
Parallelamente a questa attività, che
rimasq quella essenziale, i nostri giovani presero contatto con altre attività
giovanili per esaminare quel che si poteva fare a pro dei disoccupati della
Marzotto: a queste riunioni tenute nei
nostri locali presero parte gruppi rappresentativi della F.U.C.I. e a due riprese un rappresentante di « Potere
operaio », ma la .seconda volta esso disse chiaramente che le preoccupazioni
dei giovani valdesi non li interessavano e si ritirò dalla riunione (questi furono gli unici interventi di «Potere ope
raio» nei nostri locali). Continuò invece la collaborazione con elementi della
FUCI che contribuirono alla raccolta
di una notevole parte della somma distribuita ai disoccupati. Essi furono
presenti anche alla preparazione del
manifesto della Federazione dei Giovani Evangelici della Toscana e quel manifesto fu letto al termine della messa
nella Chiesa di San Frediano in cui appunto i gruppi della FUCI erano particolarmente attivi.
È vero che quel manifesto fu ciclostilato nell’ufficio di « Potere operaio »,
ma l’unica collaborazione di quel movimento (che allora non aveva ancora
1',' caratteristiche assunte più tardi) è
stato appunto quella di concedere l’uso
di un mezzo meccanico: non bisogna
dimenticare che « Potere Operaio » era
espressione di gruppi universitari e la
nostra Unione comprendeva vari studenti universitari: conoscenze personali più che simpatie ideologiche spiegano l’uso del duplicatore di quel movimento anche se non si può negare che
una certa posizione critica di fronte alle ingiustizie della società in cui viviamo e l’impegno attivistico dei partecipanti a quel movimento possano avere
rappresentato un certo fa,scino anche
per alcuni dei nostri giovani.
È stato notato che il documento stilato dalla Federazione Giovanile Toscana conteneva frasi non certo felici e
che erano una stonatura se applicate
alla piccola comunità di Pisa: va però
notato che nella mente dei giovani quel
manifesto doveva essere diretto a tutti i frequentatori delle chiese pisane (e
fu pubblicamente distribuito e anche
letto in una chiesa cattolica) e soprattutto va notato che quelle frasi assai
più che ispirate dal movimento di « Potei'e Operaio » lo furono da un altro
documento preparato e distribuito da
una Unione Giovanile in una delle nostre maggiori chiese il giorno del Natale precedente. Anche se i giovani Vaidesi di Pisa avevano molta parte nella
preparazione del documento, il fatto
che esso era espressione della Federazione delle Unioni Giovanili Evangeliche della Toscana ne faceva un documento posto all’attenzione anche della
nostra Chiesa di Pisa assai più che non
una espressione ufficiale o ufficiosa del
pensiero di una parte almeno della comunità Pisana.
Anche a proposito della partecipazione dei nostri giovani alle manifestazioni pubbliche in favore dei disoccupati
della Marzotto vi è qualcosa che va
precisato: è vero che i nostri giovani
v; hanno preso parte attiva, ma non
nel gruppo di « Potere Operaio » anche
se questi era presente, ma in mezzo ai
disoccupati e quale espressione di totale solidarietà con loro e, soprattutto,
non come Unione Giovanile bensì invece come singoli individui. Non so se,
nella massa che scandiva lo slogan
« Falce e martello, padroni al macello », qualcuno dei nostri giovani si sia
lasciato andare ad unire la sua voce;
se qualcuno lo ha fatto è chiaro che in
quel momento ha rinnegato la sua posizione di evangelico ed ha come unica
scusante la psicologia della massa e la
sua esuberanza giovanile. Sono sicuro
che, se quel giovane c’è stato, in questo
momento mi da ragione.
Indubbiamente in una città come Pisa, soprattutto se si è fattivamente impegnati nella vita della Chiesa, molti
ci riconoscono come evangelici: facilmente quindi si confonde la presenza
di evangelici con la presenza ufficiale
della Chiesa: questo deve quindi renderci guardinghi nel partecipare a manifestazioni pubbliche per non impegnare la nostra Chiesa in posizioni che
sono solo nostre personali. Va però
chiaramente affermata, accanto alla nostra responsabilità, la nostra libertà
individuale: proprio perché affermiamo
che la Chiesa non ha una posizione politica dobbiamo evitare di limitare la
libertà politica dei membri di Chiesa
rifiutando loro il diritto, perché tali,
di assumere pubblicamente una posizione politica anche se questa dispiace
a tutta o anche solo a parte della comunità. Quando affermiamo che la
Chiesa non deve fare politica non intendiamo che la Chiesa non deve occuparsi dei problemi fondamentali della
vita consociata, perché la Chiesa deve
predicare Cristo sempre ed ovunque;
rigettiamo invece « la falsa dottrina
secondo cui la Chiesa può abbandonare
alle proprie preferenze o al variare delle convinzioni politiche e culturali volta a volta predominanti la forma del
suo messaggio e del suo ordinamento »
(Confessione di Barmen). Di fronte alle soluzioni specifiche dei problemi
umani che sono offerte dalle varie concezioni dei partiti politici noi crediamo che il singolo credente abbia la
sua libertà di scelta; libertà che deve
essere rispettata e difesa dalla comunità nel suo assieme: cioè dalla Chiesa. E poiché è ad un certo punto assai
difficile precisare dove si passa dalla
responsabilità della comunità alla responsabilità individuale, penso che debba sempre essere ricordata la massima antica che prescrive nelle questioni
fondamentali unità, nelle secondarie
libertà; ma sempre ed ovunque carità.
Non so fino a qual punto questi principi fondamentali si ritrovano nell’ordine del giorno votato da una Assemblea di Chiesa a Pisa; poiché conosco
quella comunità sono convinto che essi
siano presenti più di quanto si pensi:
fa tensione del momento può aver irrigidito le posizioni e rese aspre le frasi forse troppo duri i divieti.
Indubbiamente l’o.d.g. è espressione
di una intensa sofferenza in alcuni che
temono la Chiesa possa essere limitata
nella sua opera da una accentuata politicizzazione: è una comunità, la loro,
che essi hanno collaborato a fare risorgere dalle rovine della guerra: che
essi vogliono vedere continuare ad esistere sicura, non compromessa dalle
difficili situazioni di vita del mondo di
oggi (e Pisa ha vissuto drammaticamente il momento attuale)! Questo
porta fatalmente ad un arroccarsi su
posizioni tradizionali e forse anche a
vivere in una incomprensione di certe
esigenze del tempo di oggi.
D’altro lato non è sempre facile comprendere i giovani di oggi, con le loro
esuberanze, con le loro ribellioni, con
le loro posizioni assolutistiche, alle volte anche estremiste. Ma vi sono due
elementi che non vanno sottovalutati
nei giovani di Pisa: essi rimangono e
vogliono rimanere pienamente inseriti
nella comunità di cui pensano di essere chiamati ad essere la forza di propulsione; la loro ricerca, anche se alle
volte, in certi campi si avvale di tecniche in auge del mondo di oggi, vuole
essere ed è essenzialmente biblica. E
questo è la loro vera ricchezza. Dobbiamo quindi essere pienamente fiduciosi;
l’apostolo Paolo, profondo conoscitore
di uomini e di situazioni umane, ci
ammonisce; « Se in alcuna cosa voi
sentite altrimenti. Iddio vi rivelerà anche quella ». (Fil. 3: 15).
Alberto Ribet
Ospedale Valdese - l'erre Oellice
Cercasi personale ausiliario. Ad esso
l’Amministrazione offrirà la possibilità
di frequentare il corso al termine del
quale si ottiene la qualifica ed il diploma di « infermieri generici » e di essere
inseriti nel ruolo corrispondente.
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airUfficio CIOV in Via Caduti per la
Libertà, n. 6 (telefono 91.536), Torre
Pellice.
Il Presidente della C.I.O.V.
Edoardo Aime, Pastore
4
pag. 4
N. 2 — 9 gennaio 1970
Il «Dostoevskij» di E. Thurneysen
L'IDIOTA 0 la saggezza
10-11 Gennaio 1970
COMEGNO A SAN FEDELE INTELVI
Senso della testimonianza
nella Bibbia
Alesa, lo strano e timido giovane, con la sua fede e lo
staretz Zossima dietro lui a suggerirgli le sue curiose vedute,
tutta la profonda interpretazione di ogni fatto, anche del
più confuso, che in queste figure si trova sempre presente
in una forma o nell’altra, sia pure al margine — come le
bianche mura del monastero in margine al mondo dei Karamazov —, questa possibilità grave e misteriosamente
grande di trovarsi di fronte alla vita come questi due si
trovano, come chi sa, conosce, interpreta, può anche spostarsi dal margine al centro. Questo è avvenuto nell’opera
forse più profonda di Dostoevskij, L’idiota.
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L’Idiota: il principe Muishkin, epilettico, ritorna in Russia dalla Svizzera, da una clinica neurologica, non guarito.
Un uomo simpatico, timido, pieno di bonarietà e ingenuità infantile. « Grandi e azzurri occhi egli aveva — dice D. —
se fissava qualcuno il suo sguardo chiaro non vacillava e la
sua voce era dolce e tranquilla ». Nei confronti degli altri
egli appare di una strana disinvoltura e ingenuità e sembra destinato a passare ovunque in ultima linea, a fare
dappertutto un’impressione ridicola, a essere sfruttato da
tutti. E cosi gli succede di fatto. Numerosi i "passi falsi”
commessi in società, le umiliazioni penose, le goffaggini
pietose... Che vuole quest’uomo nel mondo? Inevitabile,
questa domanda sorge intorno a lui sin dal suo primo presentarsi. Ma ecco avvenire il fatto strano che questa domanda s’inverte subito in modo che essa, invece di essere
rivolta dagli altri a lui, si rivolge in misura crescente da
lui agli altri.
IL POVERO NELLO SPIRITO
INQUIETANTE PER I PRUDENTI E I SAPIENTI
Questo puro folle comincia a capovolgere il mondo, questo povero nello spirito dà da pensare a tutti prudenti e i
sapienti, questo inerme si dimostra come il solo veramente
forte, quest’uomo innocuo diventa un distruttore. Il suo
portamento impacciato e la sua mancanza di paura diventa la pietra dello scandalo contro la quale falliscono e si
spezzano le forme e le convenzioni sociali degli uomini del
mondo, la sua ignoranza di mille cose sapute dagli uomini
fa sì che queste vengano svalutate o addirittura annullate.
La sua ingenuità non trova resistenza e genera ima profonda irrequietezza. La mancanza di qualsiasi proposito
intenzionale nei confronti del suo prossimo diventa la
chiave che gli apre tutte le porte, l’assenza di ogni ambizione, di ogni brama di dominare costringe gli altri ad
affidarsi e sottomettersi a lui. Persone terribili, Nastassja,
una sgualdrina, e Rogoshin, da lei affascinato, quando gli
sono vicine appaiono gli unici individui affini a lui. Avvengono complicazioni orrende. L’Idiota ama la sgualdrina,
ma che significa per lui "amore"? Quall’altro la assassina
per gelosia, e infine entrambi passano un’ultima notte presso il cadavere della donna da essi contesa, la quale, ri^da
c fredda, come rigettata dal mare della j^ssione, giace
tra loro. Ma anche sotto l’incubo di tali casi inauditi, anche
sotto il fascino erotico il principe Muishkin, l’Idiota si dimostra l’unico non affascinato, saggio e supcriore e perciò in fondo il più misterioso di tutti; eppure rimane il
fanciullo, l’ingenuo, l’ignaro della vita, l'epilettico.
E quando ce lo troviamo di fronte, questa è l’unica domanda che ci si presenta: è possibile che il significato della vita sia nel mondo talmente offuscato che il savio che
10 conosce può apparire tra noi, egli soltanto, misconosciuto, solo, stolto? È possibile che la vera interpretazione, il
senso di ogni evento sulla terra sia così completamente
spostato verso il margine, che possano rintracciarlo e compj enderlo soltanto coloro che in certo qual modo si trovano "fuori”: sgualdrine, assassini e dementi? E che, ove
questo senso, questa interpretazione venga nuovamente ripc.rtata al centro, possa apparire, di fronte a tutto ciò che
finora è stato pensato e che avviene, anzitutto come turbamento di tutte le abitudini, come ingenuità ridicola, come
idiozia?
COMPRENDERE LA VITA
DALLA PARTE DELLA MORTE
Quasi per spingere il paradosso all’estremo, l’Idiota attinge le sue conoscenze più profonde proprio da quei momenti in cui è assalito dalle terribili convulsioni della sua
malattia e in cui cade a terra con la schiuma alla bocca.
Molto è già stato detto e tante cose enigmatiche intorno alla psicologia di questa strana fonte di conoscenza, tanto
più che D. parla qui per esperienza personale. Egli stesso
soffriva della misteriosa "santa” malattia e lui stesso attribuisce agli attacchi e alle convulsioni di essa quel sublime valore di conoscenza. Ma non il fatto psicologico, né la
sensibilità accresciuta, né l’estasi mistica sono l'essenziale
in quel momento enigmatico. L’essenziale sta nel fatto che
esso — come dice una volta Muishkin — non è « altro che
11 presentimento di quell’altro istante in cui l’accesso viene
con quel grido orrendo in cui sembra sparire tutto ciò che
umano ». L’essenziale è la rassomiglianza che questo momento ha con gli ultimi istanti di un condannato a morte
immediatamente prima che cada l’ascia. L’essenziale è la
rassomiglianza che questo momento ha con gli ultimi
istanti di un condannato a morte immediatamente prima
che cada l’ascia. L'essenziale è la grande vicinanza all’istante assoluto della morte, a cui quel momento si approssima. E anche qui è l’esperienza personale di D. che parla
della luce strana che da un tale momento di morte cade
sulla vita. Se ne accorse lui stesso quando, da giovane,
nella piazza Semenovski di Pietroburgo corse il rischio della fucilazione. Gli istanti precedenti l’esecuzione non li ha
mai dimenticati: essi sono stati « il suo più intenso istante
di vita » (S. Zweig); ed egli imparò a comprendere la vita
dalla parte della morte. « Sapienza della morte » si potrebbe chiamare con piena ragione tutta la sua inauditamente
profonda intuizione della vita. Comunque sia, chi come
Dostoevskij-Muishkin attinga la sua ultima conoscenza della vita da un istante che è paragonabile soltanto con la
morte, vedrà e comprenderà necessariamente tutte le cose
ili un modo enormemente differente da quel vedere e comprendere quotidiano, che è per noi la fonte consueta della
nostra conoscenza del mondo e della vita. Possiamo così
misurare tutta la problematicità che incombe qui su questa conoscenza consueta del mondo e della vita; possiamo
però misurare anche l’importanza, la grandezza della posizione che .si annuncia nel radicalismo di una negazione
simile.
★ *
La "diversità” dell'Idiota. Continuamente egli è circondato da uomini i quali, malgrado ogni riluttanza, si sentono miracolosamente attratti da lui e vicino a lui avvengono trasformazioni singolari, -come se egli si trovasse in un
campo magnetico, da lui derivano effetti indiscutibilmente
profondi e salutari: gente profondamente inasprita, davanti a lui diventa dolce come i fanciulli, si aprono i caratteri
più chiusi, i superbi diventano umili, in uomini caduti nel
fango si ridesta la vergogna e il pentimento, 1 odio terribi
le di un rivale è disarmato, scaturiscono lacrime da occhi
che da molti anni non piangevano più. E, ciò che più intensamente di ogni altro fatto rivela una positività nascosta:
i fanciulli sono i migliori amici dell’Idiota. Proprio nelle
pagine di questo libro si trovano scene infantili di una
tenerezza e di una grazia indescrivibili.
NELLA SUA “DIVERSITÀ”’, L’IDIOTA RESPINGE
E ATTRAE GLI ALTRI, E SOPRATTUTTO I RAGAZZI
Farsi però dell’Idiota il concetto umanitario dell’amico
degli uomini e dei fanciulli sarebbe la cosa più erronea. La
benedizione che da lui si sprigiona, la risposta che egli dà,
non è paragonabile con una qualsiasi delle risposte, delle
cortesie, delle influenze educative che distinguono il comune amico degli uomini. Persino le amicizie con i bambini di questo strano santo cominciano con una violenta
avversione dei bambini verso di lui. Egli non vuole affatto
essere l’amico dei bambini, benedire, consolare, influire,
istruire, espandersi da ogni parte. « Adesso vado dagli
uomini — egli dice una volta al principio del libro —, forse non li comprenderò, forse la mia situazione sarà difficile tra loro, e mi sentirò solitario; voglio però essere onesto e aperto verso tutti, spero che più di questo non si esigerà da me ». Ecco il suo programma, eppure non è un
programma... quel che in lui è immediato è sempre il suo
essere differente dagli altri, il suo pudore, la sua timidezza
e titubanza, la sua grandiosa incapacità di raccapezzarsi in
questa realtà e di adattarvisi. Sintomatica è perciò quella
scena di cui H. Hesse dice che è sempre la prima che fulmineamente gli appare ogni volta che pensa all’Idiota: la
scena in cui il principe Muishkin, pochi giorni dopo un attacco epilettico, ha ricevuto la visita di tutta la famiglia
Jepantshin, quando improvvisamente entrano in quel circolo allegro, elegante i giovani signori rivoluzionari e nichilisti. Da un lato la società, gli eleganti, gli uomini di
mondo, i ricchi, potenti, conservatori; dall’altro la furente
gioventù inesorabile, che pensa solo alla distruzione e conosce solo ü suo odio contro la tradizione; e tra questi due
partiti il principe, solo, esposto, considera'to da tutt’e due
le parti criticamente e con la più grande attenzione. E come termina la scena? In modo tale che il principe perde
tanto presso Luna quanto presso l’altra, viene respinto
non dall’uno o dall’altro partito, non dai giovani contro i
vecchi o viceversa, ma da tutt’e due! Per un momento i
contrasti radicali davanti all’età o alle opinioni o alle differenze sociali tacciono completamente e tutti concordano
perfettamente nel voltargli le spalle.
LA RICERCA INGENUA E IMPERTERRITA
DEL SENSO SEGRETO E ULTIMO DELLA VITA
Chi è costui, che in mezzo agli uomini è così incomparabilmente solitario? Da dove viene ciò che quest’uomo
enigmatico pensa, dice, vede, e quale può essere per lui
l’obiettivo di tutto? Che conoscenza della vita è questa, che
scaturisce da un momento di morte? Con queste domande
ci troviamo in contatto immediato cogM mistero dell’Idiota, anzi al cuore stesso del mistero. Giacché queste domande sono al tempo stesso risposte. Poiché non gli basta nessuna delle molteplici risposte e soluzioni provvisorie con
le quali gli uomini si illudono di superare la problematicità della vita, perciò lo scoprire e riscoprire continuo di
questa problematicità infinita diventa il suo compito singolare e solitario. E poiché in questo gli rassomigliano i
fanciulli, che non sono, neppure loro, usciti da quel vago
essere sorpresi, meravigliarsi e spaventarsi per la grandezza, la terribilità, il mistero della vita, perciò egli se l’intende tanto bene con i fanciulli. « A un bambino tutto si può
dire, tutto! E come comprendono bene, i bambini, che i
genitori li ritengono troppo piccoli e stupidi per compren
dere, mentre essi in verità tutto comprendono! ». Questo
è detto con intenzione tutt'altro che pedagogica! — Così
si spiega il fenomeno strano di una vita come la viveva
l’Idiota: una vita in cui tutta la sua problematicità si palesa come lo scoppiare di una malattia e chiede guarigione,
una vita in cui nulla rimane in equilibrio perché tutto rinianda oltre i propri limiti, tutto si spinge verso una ultima risposta, verso una verità ultima. A ciò corrisponde
l’atteggiamento del tutto paradossale, impossibile da un
punto di vista umano, che l’Idiota assume: nella ricerca
di supreme risposte trasforma tutta la vita in problemi,
come li ha raffigurati D., con rara perizia, in questo perso
Anche nel caso dell’Idiota si tratta dunque di quel quid
ineffabile della vita medesima: il mistero di Dio, che
Raskolnikov osò toccare e verso il quale si spinsero i Kaìamazov nell’ardore della loro passione. Con le sue domande infinite egli vorrebbe arrivare alla fonte della vita; in
ciò rassomiglia a Raskolnikov e ai Karamazov; ma in questo si distingue da loro: egli sa quello che essi non sanno
e dovranno invece conoscere soltanto a costo di tormenti e
sofferenze, che, cioè, questa fonte non può più trovarsi
sulla terra, ma si trova in Dio, è Dio. Perciò egli non ravvicina e non intraprende alcun tentativo prometeico per
esprimere I’inesprimibile come Raskolnikov, né per dargli
un nome terreno, per farne figura e immagine come fecero
i Karamazov. Anch’egli sa dell’amore e della bellezza femminile e della potenza di tale fascino, al pari di Mitja
Karamazov. « La bellezza — egli dice — redimerà il mondo ». Però essa è per lui appunto riferimento, immagine e
similitudine; mai diventa per lui l’oggetto stesso. Non si
lascia sedurre da essa a nessun sogno di "indiamento”.
Egli è già sempre là dove finiscono gli altri, i grandi sedotti, accanto al giudizio su Raskolnikov alla luce della
"nuova idea della vita”, accanto al forte e umile sospirare
di Mitja Karamazov verso la redenzione. Egli non sposta
mai i limiti delle cose ultime e non raccorcia le distanze
eterne, le rispetta. Cerca sempre con tutte le forze della
sua anima quel punto estremo ove ogni cosa prende la
sua fine e il suo principio in Dio, quel punto estremo paragonabile soltanto alla morte e alla nascita. Da lì vengono
i suoi pensieri e le sue parole, o quanto meno dalla lotta,
dall’aspirazione ardente verso quel punto.
UN CUORE PURO
TESO INTERAMENTE A DIO, FONTE DELLA VITA
Qui sta la radice della « intelligenza capitale di questo
Idiota — come dice una volta il suo nemico e amico
Rogoshin — che è maggiore e migliore di quella degli altri
messi insieme, i quali non hanno la più lontana idea di tale
intelligenza». Così egli annuncia il suo Dio. Questa e la
cosa suprema, veramente definitiva che si può dire di lui,
il suo vero segreto: egli annuncia Dio. Non per mezzo di
parole e azioni particolari, ma in modo che tutte le sue parole e tutte le sue azioni sono indescrivibilmente piene di
riferimento a quel senso e a quell’origine della vita in Dio.
Sembra sempre che egli voglia scoprire in tutti gli uomini
e in tutte le cose i tratti della loro creazione onginale e la
PROGRAMMA
Sabato 10 gennaio;
ore 19,30 - Cena
ore 21 - Senso della testimonianza nelVAn
tico Testamento (Past. Bruno
Rostagno di Torre Pellice)
ore 21,45 - Senso della testimonianza nel
Nuovo Testamento (Past. Salvatore Briante di Como)
ore 22,30 - Inizio della discussione
Domenica 11 gennaio:
ore 8 - Colazione
ore 9 - Proseguimento della discussione
e conclusioni
ore 13 - Pranzo.
N.B. È anche possibile che il programma subisca qualche variante e che gli studi siano
presentati uno il sabato sera e Taltro Do
menica mattina facendo seguire a ciascuno
studio la discussione.
Questo convegno, il cui argomento di studio
hn marcatamente un carattere biblico, prepara
un successivo convegno che avrà luogo verso
l'j metà di Marzo circa, in cui gli argomenti
c> porteranno a parlare della nostra testini nianza oggi. Ambedue i convegni, indipendenti ma legati da un solo argomento conduttore,
si impongono alla nostra attenzione in questo
tempo di travaglio e di ricerca affinché il nostro operare risponda più ad una indicazione
di parte del Signore che ad una nostra scelta.
Il Convegno si tiene al Centro Evangelico
u P. Andreetti », Via Provinciale 17, telefono
(031) 830418; quota di partecipazione lire
1.500; informazioni e prenotazioni airUfficio
di Via T. Grossi 17, 22100 Como, tei. (031)
27.34.40.
Formato cm. 20 x 12
Copertina e carta di lusso
Pagine 44 con 34 fotografie
Piantina fuori testo a due colori
Una guida pratica
alla conoscenza
della storia
e della vita
delle comunità
protestanti fiorentine
Questo volumetto è uscito con
10 scopo di offrire ai fiorentini
e a tutti i protestanti italiani e
stranieri, una breve guida storico-turistica delle chiese e opere
evangeliche di Firenze.
11 volumetto è di facile corsuttazione. Molte sono le fotos -! delle chiese e delle opere onché di alcune parti tun ■ he
della città che ricordano ìa presenza e la testimonianza degli
evangelici nel passato.
È una guida attraverso le strade
principali della città dove si possono incontrare palazzi, monumenti e luoghi che ricordano
fatti e gesta di fedeli servitori
dell’evangelo. E una guida ve so
le opere che attualmente esi itono in Firenze e che potrebbero
essere visitate, incoraggiate e
aiutate a proseguire la loro azione di solidarietà e di testimonianza cristiana.
Questa pubblicsizione che presto
uscirà in tedesco, in francese e
inglese, vuole essere un ulteriore
'.viluppo del lavoro dell’ Ufficio
Turistico del « Centro », il quale
è da tempo un punto d’incontro,
di informazioni e di assistenza
per evangelici italiani e stranieri
che si trovano a passare o a sostare ogni anno nella nostra
Città.
A cura del Centro Evangelico di Solidarietà, Via Serragli 49 - 50124 Firenze
c. c. p. 5/20840
Firenze evangelica
Introduzione (Prof. G. Spini)
Itinerario Storico-Turistico (Past. L. Santini)
L’Qpera Evangelica oggi in Firenze
Tutti possono richiedere copie di « Firenze Evangelica » al « Centro » dietro
versamento di una piccola offerta. Tutti sono invitati a dare consigli, suggerimenti e critiche per l’ulteriore miglioramento di questa modesta opera.
loro segreta tensione verso la risurrezione che è loro nascosta.
Questo si manifesta in modo incomparabile nei suoi rapporti con Natassja,
nella quale egli incontra la donna. Forse la potenza seduttrice della bellezza che
vince tutto in questa donna è raffigurata in modo ancor più potente che in
Grushenka: « Con una tale bellezza si potrebbe capovolgere il mondo intero »
— si dice di lei; e risulta evidente che cos’è Verotico, se tende a eccedere il suo
raggio: il tentativo dell’uomo di diventare simile a Dio e perciò — qualora riesca — la più formidabile incarnazione, davvero demoniaca, del distacco da Dio.
Ma appunto: qualora riesca! Sappiamo che neppure qui riesce del tutto. Non si
può non avvertire, in mezzo all’inebriante festa dell’amore, malgrado tutto il
giubilo gioioso, l’incrinatura del bicchiere e non si può non scorgere l’annunciarsi della crisi in una lieve, ultima incertezza dell’uomo. Questo ultimo tremito del cuore, che tradisce l’incertezza, il principe lo ha osservato fin dai prirni
momenti nei tratti di Natassja: « Una meravigliosa visione — e^i dice —, ma in
questo viso vi è molto tormento »; e lo colse una grande pietà. Con questa pietà
egli ama. La ama per il segreto dissidio della sua anima; poiché questo dissidio
significa prigionia, e prigionia vuol dire redenzione.
Essa però è vinta proprio da questo amore pietoso, vinta più da questo
che da tutti i trasporti della passione che Rogoshin ha per lei. Sembra che 1 incanto dell'eros debba cedere a un incantesimo più forte In questo amore pietoso, cioè, si sente toccata non solo la donna, ma anche 1« uomo » nella donna,
colpito e compreso. « Il principe? — dice Nastassja II uomo che mi
voglia veramente bene, che io abbia incontrato in vita mia. Dal primo momento
ha avuto fede in me e nerciò io ho fede in lui ». Non assistiamo pero a nessuna
SnSione Nastassja rimane quella che è e va fino in fondo al suo precipizio
demoniaco. Anche in que.sto caso l’u tima soluzione non si manifesta come una
possibilità umana di formare una vita fra le altre, ma viene additata soltanto
da tratti negativi Tanto più, però, si fa strada la certezza che la sua luce, la luce
invisibile p non terrena di un grande perdono di cui sono circonfusi m questo
libro tutti gli smarrimenti e tutte le follie degli uomini, è veramente la luce di Dio
Perdono perdono dei peccati: forse è questa la parola giusta per intuire il
senso niù profondo di quella soluzione e interpretazione offerta a ogni confusione della vita che già appare in Alésha e nello staretz dei Karamazov e che
D qui raffigura nell’Idiota. Bisogna però convenire che di questa parola preziosa si è abusalo molto, tanto da desiderare che non fos.se mai stata detta. Ma
aui potrebbe essere al suo posto. Tanto più che essa addita in modo inequiv^
cabile a uno, al quale secondo la testimonianza di D. stesso la problematicità di
questo libro deve additare: a Cristo. ■ , c ,
Indiscutibile è, proprio in quel passo, il rapporto es.senziale tra le convinzioni di D. e la verità ultime della Bibbia.
(continua)
5
9 gennaio 1970 — N. 2
pag. 5
Le chiese e
verso una più
le opere di
intensa vita
Sicilia La Comunità di Sampierdarena
si riunisce nei suo nuovo iocaie
comune
Prosegue, dal numero scorso, la pubblicazione di notìzie tratte dal bollettino della Commissione del VI Distretto. red.
Il giro di conferenze
del prof. Alberfi Seggin
Il prof. Alberto Soggin, accompagriato dalla sua signora, ha visitato le chiese di Palermo, Riesi e Catania, e vi ha
teiuito le conferenze annunziate. Non è
facile, nel nostro tempo, radunare gente, specialmente di settimana, tuttavia
quanti sono venuti ad ascoltare il prof.
Soggin ne hanno tratto gran vantaggio
per tutti i chiarimenti e gli insegnamenti. che egli ha dato, validi alla nostra opera di testimonianza. Pensiamo
di continuare con questi inviti e avremo in primavera il prof. Valdo Vinay
ed il past. Giorgio Tourn;
(T. V.)
la casa di ripeso
dei vecchi a Vittoria
Non si può dire che la situazione della Casa sia semplice. Nel corso dell’anno si è creata, a poco a poco, una situazione diflìcile, non nei riguardi dei fratelli e delle sorelle ospiti, che sono veramente cari, ma per uno del personale
di servizio.
La nuova direttrice, sig.ra Bell del
Canada, non ancora addentro abbastanz I all’ambiente ed alle pratiche necessarie, non ha potuto prendere subito
le cose in mano dopo la partenza di
Gianna Sciclone. E’ stato necessario
chiedere al past. Trobia di Catanzaro di
venire alla Casa di Riposo per spalleggiare la nuova direttrice e rimettere .a
posto ogni cosa. Possiamo essere veramente grati al past. Trobia per la prontezza con cui ha accolto l’incarico che
personalmente gli costa a causa dei numerosi impegni che ha nella sua zona. Speriamo vivamente che la situazione della Casa si risolva rapidamente e bene.
(T. V.)
le prospettive di lavoro
dell'asilo infantile
di Pachino
Il pastore Giambarresi ci ha lasciato
una consegna precisa, un impegno che
era maturato in lui e nei precedenti dialoghi ra pastore, comunità, gruppi di
servizio e personale dell’asilo. Si tratta
di dare una risposta al problema di
fondo dell’asilo.
Che senso ha per la nostra chiesa,
gestire un asilo infantile in una città
che di asili infantili ne ha parecchi? A
questa domanda, già posta nel marzi; 1969, si proponeva questa risposta;
In nostra opera ha un senso, se si sviluppa in due direzioni:
I ) Cercare di essere alT.avanguardia
nel campo pedagogico ed esercitare una
azione di stimolo sugli altri asili.
2) Sviluppare il lavoro sociale rtei
confronti delle famiglie dei bambini e
nei confronti della città.
Questa impostazione è stata ripresa
quest’anno, quando abbiamo avuto una
prima riunione, il pastore Giambarresi
e quanti avrebbero lavorato nell'asilo.
Anzi si è fatto un passo avanti. L’alternativa è stata formulata in questi termini dal pastore Giambarresi: o riusciamo a lavorare nel senso indicato,
oppure la nostra presenza non si giustifica, neppure se l'asilo «funziona»
bene, e tanto varrebbe ritirarci.
Abbiamo deciso per la prima alternativa, per quanto sia impegnativa. In che
direzione ci dobbiamo dunque muovere? Anzitutto ci siamo divisi i compiti.
L’asilo in quanto tale deve assumersi
I 1 responsabilità di essere alTavanguardia nel campo pedagogico. E’ un problema tecnico, di mezzi, di materiale
pedagogico, di tecniche pedagogiche.
Ma è soprattutto un problema di persone, di vocazione, di impegno. Dovremmo collaborarc con altri asili che
fanno un lavoro di punta, a partire dagli altri asili evangelici c dagli altri
asili siciliani che abbiano una esperienz.v in tal senso. E soprattutto vogliamei
con un atto di fede coniare ancora, di
nuovo, anche sui nostri collaboratori
esterni. L'aiuto finanziario non ci è .mai
mancato, grazie a Dio. Ora si tratta di
raccogliere anche, sistematicamente,
tutto l’aiuto che ci verrà offerto pure
Sri altri piani: consigli, materiale didattico, valutazione di altre esperienze,
ogni contatto che ci può venire da chi
h:i già allrontato problemi analoghi al
nostro. Già in passate; molti amici ci
hanno reso un servizio in tal senso, specialmente chi aveva avuto occasione di
lavorare qui e non ci ha fallo mancare
l.t sua assistenza in seguito. Si tratta th
riprendere ora organicamente questi e
nuovi contatti. Quanti si senlonci di .aiutarci in questo senso, sono pregati di
mettersi in contatto con la signorina
Elisabeth Ritter, che si occupa direttamente di questo.
II lavoro con le famiglie dei bambini, c in seguito, attraverso esse, con
II città, è invece sentito come un suo
compito dalla comunità. 1 giovani si
sono impegnati a visitare le famiglie
dei bambini, a svolgere un certo lavoro
di inchiesta, per conoscere meglio la
Icro stessa città. L’unione femminile
aflronterà lo stesso, problema, dal suo
punto di vista: la diaconia, il servizio
speciale nei confronti di famiglie difficili, di genitori emigrati o carcerati, sar.i il suo lavoro specifico. Ma i giovani,
1, donne, la comunità intera, sanno di
non essere soli, di avere altri fratelli
in altri paesi che si impegnano nella
stessa direzione. Di nuovo, un contatto
con gli amici di fuori è necessario, vitale. Questa è la comunione-dei-santi,
!.:i solidarietà umana che chiediamo ed
olfriamo. Di questo secondo aspetto del
nostro lavoro si occuperà in modo speciale Sergio Ribet. Cercheremo di mantenere e Q, rinnovare i contatti già presi, di avviarne di nuovi, e speriamo di
mandarvi spesso notizie, richieste, informazioni, chiarimenti, e di ricevere
da voi quanto potete darci. Anche una
lettera, una cartolina di incoraggiamento sarà un segno della vostra solidarietà che ci dirà che non siamo soli.
(Sergio Ribet)
Convegno giovanile
federale, a Catania
Sabato 6 e domenica 7 dicembre, si è
tenuto a Catania il Convegnio giovanile F.G.E.I. Le varie Unioni valdesi, battiste e metodiste erano rappresentate,
a I eccezione di quelle di Catanzaro e
Cosenza.
Questo Convegno aveva per primo
scopo di promuovere l'adesione di tutte
L- Unioni e gruppi evangelici alla nuova
Federazione della Gioventù Evangelica
Italiana. Era presente il segretario nazionale della F.U.V., past. Franco Giampiccoli, il quale ha aperto il convegno
con una presentazione del lungo cammino che, con fatica, ha portato alla
realizzazione di questa unificazione della gioventù evangelica italiana.
Era chiaro che molti fra i presenti
avevano poco o nulla conoscenza dei
documenti del Congresso G.E.I., tenutosi ad Ecumene nell'aprile del '69. Visto l’importanza di questi documenti
per un inserimento serio ed impegnato
nella F.G.E.I., è stato deciso di discutere sulla linea della F.G.E.I. apparsa
sul N. 2 di « Gioventù Evangelica ».
La discussione si è imperniata su due
punti essenziali: la vocazione rivoltaci
da Cristo, la lotta anticapitalistica. Tutti i presenti furono concordi nel riconoscere nel sistema capitalistico una
delle forme più manifeste del peccato
nel mondo di oggi. Parecchi si sono
chiesti però se si potesse fare una identificazione intrinseca tra vocazione cristiana e lotta politica antifcàpltalistica,
mettendo in rilievo il senso vero e profondo della nostra vocazione c chiedendo che sia fatta una chiarificazione teologica su di essa.
Malgrado le divergenze, c’è stato uno
sforzo di ascolto e di comprensione reciproco, e la discussione è stata utile
in quanto ha fatto risaltare chiaramente la necessità di un impegno serio nell'i realtà concreta del luogo in cui ci
troviamo, anche se questo impegno si
attuerà in modi diversi .secondo le situazioni specifiche.
La domenica mattina, dopo una breve
meditazione sul 15“ capitolo degli Atti
degli Apostoli, fatta dal past. Sergio Ribet, c’è stata una relazione sulla situazione socio-economica della Sicilia, tenuta da Pasquale Papiccio. Dopo un
breve dibattito, si è ripreso la discussione iniziale, stabilendo un ordine del
giorno che riprendeva i vari punti-chiave emersi dalla discussione. Poi si è
passato aH'elezionc del comitato di
gruppo. Il Comitato di Adelfia, eletto
al Convegno di Messina (34 novembre)
è stato confermato; tre membri gli sono stati aggiunti, fra cui un battista,
un metodista, e un valdese. Queste sei
persone formano, nello stesso tempo,
il Comitato di Gruppo e il Comitato di
Adelfia (per quest’ultimo, insieme al
past. S. Giambarresi, nominato direttore di Adelfia).
Il prossimo Convegno Regionale F.G.
E.I. avrà luogo ad Adelfia, a tarda primavera. Il Comitato di Gruppo è incaricato della sua preparazione. Sarà comunque un convci: :o di confronto e di
valutazione di quanto deciso a Catania.
(Jean Jacques Peyronel)
.............. > > ' ;ii ........
Tcan
Con il culto di Natale la Comunità
valdese di Sampierdarena ha lasciato
il locale di culto, in Via Cantore, nel
quale si è riunita per parecchi decenni,
e si è trasferita nel nuovo locale che ha
potuto acquistare grazie all’aiuto generoso di tanti fratelli, e che la Comunità
locale ha provveduto a sistemare.
L’inaugurazione ufficiale si terrà un
po’ più avanti, e in quell’occasione le
Chiese valdesi, in particolare quelle del
II Distretto, saranno invitate a manifestare la loro solidarietà con una colletta, che valga a colmare ogni debito.
Ma fin d’ora auguriamo di cuore ai fratelli e alle sorelle di Sampierdarena
che i nuovi locali siano strumento efficace per la loro vita comunitaria e
per la loro testimonianza evangelica
nella città.
Si noti il nuovo indirizzo di questa
nostra chiesa; Via Buranello 42 rosso.
La corrispondenza va indirizzata a Via
Buranello 6, 16149 Ge-Sampierdarena.
àrabi ed Ebrei ad un punto morto?
(segue dalla 6“ pagina)
degli uomini — ad esempio un amico
che ho a Gerusalemme — che proseguono sobriamente questo lavoro anonimo di intermediari fra Israeliani e
Arabi e che forse permetterà un giorno
che essi si siedano al medesimo tavolo.
In un certo senso, con il suo ultimo libro Lei ha voluto contribuire a questo dialogo.
In modo assai modesto. Volevo che
si vedesse l’importanza che Abramo ha
per gli ebrei, per i cristiani e per i musulmani, mostrando d’altro lato che
non basta che tutti siamo figli di Àbramo perché i problemi siano risolti.
Infatti ciascuno interpreta Abramo
a modo suo: per l’ebreo. Abramo è colui che ha perfettamente obbedito alla
legge di Mosè; per il cristiano è soprattutto il testimone della giustificazione per fede; per il Corano, Maometto
ha visto in Abramo il tipo stesso del
musulmano perfetto.
Del resto non è tanto a livello di spiegazione dei testi che possiamo proce
uiiuimiimiiiiiim
L'incontro natalizio delle sorelle della Lega
femminile, organizzalo con molla cura dalla
signora Sonelli, si è svolto in un'atmosfera di
gioia e di raccoglimento, anche se mancavano
le sorelle della Chiesa di Rorà e molte sorelle
della società di cucito e delle società missionarie. Il testo della meditazione fatta dal pastore Sonelli. si trova nella prima epistola di
Giovanni capitolo 5 versetti: 1 a 12. a La
cliiesa si prepara alla celebrazione di Natale.
I I un tempo, in cui il mondo ne ha fatto
una fe.?ta puramente pagana, è necessario che
la Chiesa senta il richiamo alla fede nel messaggio di Dio che si è reso solidale con Luomo
il Gesù Cristo. Compito particolarmente imp(»rtante delle, sorelle della Lega femminile, è
sentirsi sempre più impegnate nella fede e
nella testimonianza quando troppi membri di
chiesa dai 25 ai 50 anni sono del tulio assenti,
spiritualmente vuoti e non dimostrano nessun
interesse per la Bibbia. Le nuove generazioni
hanno bisogno di un confronto chiaro con
gente che crede realmente ed è impegnata.
1,’opera della Lega non ha grandi pretese esteriori, ma sarà eiììcace nella Chiesa se sarà
umile ma costante impegno dì fede ». Dopo
questo messaggio di grande attualità la signorina G. falla lia presentato alcune diapositive
dei luoghi storici della Palestina e fatto udire
alcuni dischi di musiche del popolo d'Israele,
canti di Natale e corali di Bach. Una tazza
di tè ha terminalo la simpatica riunione.
Un cullo {li S. Cena, molto apprezzalo da
fntli i malati, c stato presieduto dal jiastore
Roslagno al nostro Ospedale e vi hanno preso
parte alcune .sorelle della Chiesa.
La nostra Corale ha cantato al cullo di Natale una antica complainte biblica valdese. Joseph et Marie: e un vecchio n Noci » del XVII
secolo, Un eu faut naît à Helhìéhem: l'.inno
212 Vieni santo Ììedentor deirintera umanità
al culto del 24 dicemltrc e sta i»rcparando un
interessante |)rogramma per il 17 felibraio.
Sono state vi.sitate dai pastore Rostagno tul\r le famiglie dei quarlieri delTInverso, Coppieri. Chahriols e Simound, e tulli riconoscono la validità di ijuesti incontri.
Malgrado l'e]>idemia di influenza i culli
d(‘l perioilo natalizio sono stali seguiti ila un
numero considerevole di persone. Troviamo il
lesto della predicazione della vigilia e del
giorno di Natale in Matteo I : 2.'Ì e Colossosi 1 : 17-22.
Il cullo di fine d'anno non ha riunito un
gran numero di fratelli, ma è stalo seguilo
dai presenti con grande raccoglimerito : « In
nessun altro c la salvezza, poiché lìon vi è
sotto il cielo altro nome che sia stato dato
agli uomini })er il quale noi ahl)iamo ad es.sere salvati n (Alti 4: 12). La vita della nostra
comunità sarà ])rofondamcnte Irasforinala
(}uando ognuno accetterà questo messaggio
particolarmente adatto aH'inizio di un nuovo
anno.
Pensiamo con viva simpatia al pastore Soiielli nella sua lunga indisposizione e ringraziamo il pastore Roslagno che ha diretto con
impegno i vari culti e le varie eelc}>razioni
natalizie.
Ì..a' nostra comunità ha cercato di dare un
senso cristiano alla celebrazione della nascita
de! Salvatore. 1 monitori e gli alunni delle
nostre Scuole Domenicali hanno rinuncialo
ai consueto dono natalizio, chiedendo che il
denaro raccolto fosse devoluto alla Diaconia
della Chie.sa.
Abbiamo riudito attraverso gli inni e i dialoghi dei liamhini, alla luce delle candeline
dell albero di Natale all'Inverso, alTAsilo. al1 orfanotrofio e nel Tempio, Tantico e pur
sempre nuovo me.ssaggio della nascita di Colui che si è fatto povero perchè fossimo arricchiti.
I giovani deirUnione dei Coppieri sono
stali molto impegnati nella preparazione della
loro serata egregiamente riuscita, malgrado
difficoltà di ogni genere, per realizzare una
somma di denaro destinato alTassistenza: hanno cantalo due inni al culto di S. Cena della
vigilia di Natale e portato un dono ed un messaggio di simpatia coi loro inni e la loro parola ad una quarantina di ricoverati del nostro Ospedale.
Anche i Cadetti hanno offerto doni a molti
bambini mediante la vendila di oggetti confezionati da loro stessi e la società ili cucito
si è ricordala di tulle le famiglie in difficoltà
imaiiziarie con un ])acco dì viveri confezionalo con generosità e con affetto fraterno.
m
ss*r- :
BORA
Festa natalizia [ter i rajiazzi
della Sciio'a di Cappella Veecliia
Il giorno 23 dicembre nei locali della
Scuola Evangelica « Cappella Vecchia »
si è svolta la ormai tradizionale festa
dell’Albero di Natale. Quest’anno però
la serenità e la letizia che accompagnano sempre tale festività è stata velata
da una grande tristezza: il lutto che
ha colpito il nostro Presidente Sig. Michele Andreozzi, costante guida del nostro lavoro e di quello dei fanciulli. Infatti, tutti hanno avvertito la mancanza del calore che si sprigiona dal suo
grande amore per la scuola.
Assenti erano anche la Sig.ra Rattazzi. la Sig.na Notarbartolo e il Prof. Teccc, che si trovano ancora in precarie
condizioni di salute. Ad applaudire i
bimbi della Scuola ed a lormularc ai
presenti l’augurio di un felice Natale e
di un prospero Anno Nuovo c’erano la
Sig.na Carrozzo e la Prof. Raniello in
rappresentanza del comitato cd il Corpo insegnante al completo.
Gli alunni, dopo aver recitato poesie
c brani ispirati al Natale, hanno ricevuto abbondanti doni in dolciumi.
Ro.sanna Pttcciarelli
dere verso una comprensione migliore.
Anche fra ebrei e cristiani, non basta
leggere i testi, perchè i testi si leggono
alla luce della tradizione. Qltre che degli esegeti, abbiamo dunque bisogno
di storici, di specialisti della cultura,
di specialisti delle tradizioni, di dogmatici. Non basta leggere il medesimo
testo, per leggere la medesima cosa:
fra noi esiste tutta una storia che gioca
su! nostro comportamento attuale.
AVVISI ECONOMICI
CAUSA salute cedesi avviatissimo negozio
Pìiierolo « Prodotti agricoli - Fiori - Uccelli
- Generi vari ». Telefono 71829.
RINGRAZIAMENTO
La famiglia del compianto
Ernesto Avoncietto
commossa per la dimostrazione di affetto e di cordoglio tributatale nella
dolorosa circostanza, ringrazia quanti le furono di aiuto e di conforto. Un
ringraziamento particolare a tutti i
parenti e in modo particolare al medico curante Dott. Raul Ros Sebastiano e al pastore Marco Ayassot.
Prarostino, 23 dicembre 1969.
RINGRAZIAMENTO
La famiglia della compianta
Jenny Bianciotto
nata Avonidet
commossa per la dimostrazione di affetto tributata alla sua cara, ringrazia tutti coloro che hanno preso parte
al suo dolore, in modo particolare il
dott. Bertolino, il pastore Ayassot, la
fam. Monnet e il generale Martinat,
la sorella Livia e la cognata Irene.
Roccapiatta, 2 gennaio 1970.
Intenso, nella sua sobrietà, il tempo di Natale
All inizio di iin nuovo anno mandiamo un
saluto ai nostri fratelli e amici delle varie
Chiese d'Italia, d'oltre Alpe e d'oltre Oceano
che seguono la nostra opera di testimonianza
con simpatia. E ci umiliamo tutti ¡ler la nostra mancanza di carità; per i nostri giudizi
avventati, per la facilità e la sicurezza con
cui spesso abbiamo .squalificato la fede e
l'opera dei nostri fratelli che non hanno le
nostre idee; perchè siamo stati cieclii e .sordi
accanto al prossimo che soffre nel corpo e
nello .spirito malgrado i nostri grandi ideali
di solidarietà.
Due giovani impegnati nelle nostre attività
giovanili hanno conseguito il diploma di geometra ; Giorgio Bertalot e Giorgio Poet. Ci
rallegriamo vivamente con loro e con le loro
famiglie.
Ringraziamo i pastori Bertin. Ganz, Jahier,
Taccia, Tron e tutti i predicatori laici per i
loro messaggi.
Dipartenze - Hanno lasciato nel Inllo i loro
cari: Evelina Gonin in Eynard e Maria Sordelio in Ricca. Alle loro famiglie, esjtrimiamo
la nostra profonda .simpatia.
Luna Vake.se
O Eterno, io mi sono confidato in te
(Salmo 31, 1)
Il lungo travaglio della morte ha
posto termine alla vita sensibile e improntata a una tensione volitiva verso un unico scopo di
Adele Subilia
1872 - 1969
Lo annunciano il figlio Vittorio, la
nuora Berta con la sorella Inda e la
madre Sofìa Baldoni Baeblcr; le famiglie Albarin, Favero, Palmery e Pecoraro ; Bebetta Coisson e Elena
Senn, i parenti e gli amici. L’Eterno
ha dato, TEterno ha tolto: sia benedetto il nome dell’Eterno.
Roma, 29 dicembre 1969.
RINGRAZIAMENTO
La famiglia Poét ringrazia tutti coloro che si sono prodigati in occasione della dipartenza della sua cara
Yvonne Enrichetta
Poèt Ferrerò
Cassas di Ferrerò, 28 dicembre 1969.
RINGRAZIAMENTO
I familiari della compianta
Evelina Gonin
A .suo tempo, il Pastore emerito Signor Enrico Tron ha presieduto il Culto domenicale:
riconoscenti ringraziamo il Sig. Tron della sua
collaborazione.
Simpatizziamo con le famiglie della Chie.sa
colpite dal lutto per la dipartila di Congiunti
re.sidenti fuori paese e all'estero.
Ringraziamo i mendiri di Chiesa e gli .amici fuori Rorà ehe ci hanno scritto in occa.sione delle Feste.
Molli nostri fratelli .sono ammalati d'in(hienza, grazie a Dio. benigna: a Inni auguri
nel Signore di guarigione.
L'Unione delle Madri delle Enei ne con la
.sua Presidente Signora M. Giusiano. per le
Feste, ha visitato anehe eon qualche regalino
e il canto di Inni, con accompagnamento di
chitarra, gli ospiti del Rifugio Re Carlo .Alberto.. (IcirAsilo (lei vecchi di San Giovanni
e della Casa di Riposo San Giacomo di Lnscrna.
Il Culto di Natale i- stato rallegralo nel Signore da un Inno d'occasione cantalo dalla
Corale.
PERSONAUA
Il prof. Vittorio Subilia ha avuto il
dolore di perdere la madre, .signora
Adele Subilia Pecoraro. Esprimiamo a
lui e a tutti i .suoi familiari la più fraterna e partecipe simpatia.
[Vrl(‘ in iiiciiioiia di AdJc
La famiglia Pecoraro, per il Collegio
Valdese, L. 20.000.
Lalla e Gino Conte, per la Biblioteca
della Facoltà Valdese di Teologia,
L. 10.000.
in Eynarid
nell’impossibilità di farlo personalmente, ringraziano il Dott. De Betlini, il personale dell’Ospedale Valdese,
il pastore Rostagno, i coniugi Giovanni e Renata Vals e tutti coloro che
con fiori, scritti e di presenza hanno
dimostrato la loro simpatia verso la
famiglia afflitta.
Torre Pellice, 2 gennaio 1970.
RINGRAZIAMENTO
Le famiglie Tron - Pascal e Micol
profondamente grate per le dimostrazioni di simpatia e di affetto esternate loro per la dipartita della cara
mamma
Annetta Maria
Peyrot ved. Tron
sentitamente ringraziano tutti coloro
che con la presenza o gli scritti hanno partecipato al loro dolore. Un grazie particolare al dott. Peyrot, al Pastore Bouchard ed alle Sig. Ida Bleynat e Rita Tron, le quali si sono particolarmente prodigate.
« CAoria a Dio nei luoghi allissimi »
(Luca 2: 14).
Pomaretto, 24 dicembre 1969.
6
pag. 6
N. 2 — 9 gennaio 1970
La Chiesa nel mondo
a cura di Roberto Peyrot
le Chiese devono battersi
contro gii aroiamenti
Ginevra (soepi) — Una lettera aperta indirizzata al Cec lo prega vivamente di protestare contro l’accelerazione
della corsa agli armamenti e contro la
esportazione di armi verso i paesi sottosviluppati.
Questa lettera è stata recentemente
pubblicata dal settimanale della Chiesa della Convenzione missionaria della
Svezia « Svensk Vickotidning » ed è firmata dai redattori.
Eccone il testo;
« I due grandi blocchi militari (Nato
e Patto di Varsavia) destinano alla difesa l’85% dei fondi utilizzati a questo
scopo nel mondo, dove d’altronde gli
investimenti nelle ricerche di nuove
armi sono 12 volte superiori alle somme previste per lo sviluppo delle industrie civfli.
E particolarmente allarmante il constatare come l’esportazione di armi
verso i paesi sottosviluppati si intensifichi giorno dopo giorno. L’aiuto economico concesso a questi paesi è sovente legato ad accordi commerciali e
ad un controllo militare. I paesi sottosviluppati costituiscono un vasto mercato per gli armamenti, portato a un
punto tale che l’evoluzione sociale, culturale ed economica ne viene sovente
sconvolta e ritardata.
La tendenza attuale alla stabilizzazione in materia nucleare non può in
alcun caso costituire una soluzione durevole o giustificare il mantenimento
degli armamenti nucleari.
La concentrazione delle armi nucleari nelle mani di un ristretto numero di
nazioni pone al mondo dei gravi problemi: 1“) come garantire la sicurezza
delle nazioni non nucleari? 2°) come
permettere a queste nazioni di assumere un ruolo di prevenzione delle
guerre? 3“) come impedire alle potenze nucleari di cristallizzare la situazione attuale e di ostacolare i cambiamenti che lo stabilirsi della giustizia
sociale e politica necessita?
Poiché ci si attende dalle piccole nazioni che esse si impegnino alla rinuncia nucleare, le potenze nucleari dovrebbero a loro volta iniziare un disarmo progressivo in tutte le categorie di
armi, (n.d.r.: Ci pare questo un punto
molto importante. In genere, infatti,
si insiste particolarmente sul disarmo
nucleare, mentre si prende meno in
considerazione l’armamento cosidetto
convenzionale che conduce alle guerre
odierne — con relativi massacri — del
Vietnam, della Nigeria, del Mediooriente).
Un fenomeno particolarmente pericoloso della nostra epoca è l’incoraggiamento delle guerre per procura grazie all’invio concorrenziale di armi che
aggrava ulteriormente delle situazioni
già di per sé esplosive. E questo un
vero scandalo internazionale che nessun governo dovrebbe tollerare ».
La lettera termina chiedendo al Cec
di attirare l’attenzione dei Consigli di
Chiese nazionali e delle Chiese membri su questo problema e di incoraggiarli a prendere una chiara posizione
sulla corsa agli armamenti.
LA CHIESA EVANGELICA
IN GERMANIA
NEGA OGNI GIUSTIFICAZIONE
MORALE ALI^A GUERRA
MODERNA
Hannover (soepi) — Ogni giustificazione morale della guerra viene respinta nella dichiarazione pubblicata il 1“
dicembre scorso dal Consiglio della
Chiesa evangelica tedesca (EKD).
In questo documento viene fra l’altro detto che « siccome l’armamento
militare non può avere oggi che un
solo scopo e cioè quello di impedire
una guerra atomica e che le guerre cosiddette limitate portano in sé il germe della guerra atomica, l’etica cristiana non può più concepire una guerra legittima come la si considerava
ancora ai tempi della Riforma ».
L’obiettivo di ogni azione politica
responsabile non può essere che « l’armonizzazione degli opposti interessi
degli Stati, l’edificazione della giustizia
sociale e la protezione della libertà degli Stati e degli individui nel quadro
di un ordine pacifico mondiale ».
E uscita la nuova
Agenda Biblica 1370
rileg. similpelle
f.to 7,5x12,
meditazione settimanale e
lettura biblica quotidiana
Indirizzi e notizie utili
L. 600
Un « amico » fedele
per ogni giorno dell'anno
EDITRICE CLAUDIANA
Via Pio Quinto, 18 bis
10125 TORINO
Questo obbiettivo non è raggiungibile se non attaccando in modo assoluto
i valori esclusivamente nazionali e riconoscendo il carattere vincolante di
una Carta degli interessi e degli obbiettivi comuni di tutti gli Stati. E perciò
necessario che « l’ideale della solidarietà internazionale sostituisca quello
della sovranità nazionale ».
Nella repubblica federale tedesca, attualmente il dibattito è caratterizzato
dall’opposizione fra i partigiani di una
politica di dissuasione fondata sull’equilibrio delle armi ed i fautori di
una rinuncia immediata ad ogni armamento, di un disarmo unilaterale.
Secondo l’EKD queste due posizioni,
anche se paiono incompatibili, si avvicinano e si completano in quanto
guardano ad uno scopo comune che è
la pace (n.d.r.: ma la prima posizione
è chiaramente un compromesso inammissibile per una Chiesa!).
Gli autori della dichiarazione sottolineano peraltro il fatto che le ipotesi
e le speranze che essi esprimono rimarranno utopistiche finché non si
giungerà a delle azioni collettive. Si
tratta di guadagnare tutta la pubblica opinione, come pure i responsabili
delle decisioni politiche, economiche e
militari, a questa nuova politica di pace la cui prima manifestazione dovrà
orientarsi verso una riduzione delle armi di dissuasione.
NEL VICINO ORIENTE
Arabi ed Ebrei ad un punto morto ?
Nel suo numero natalizio « La vie protestante » riportava un’interessante intervista — raccolta da uno dei redattori, F. Klopfenstein — di Robert Martin-Achard, docente di Antico Testamento alle Università di Ginevra e di Neuchâtel. In un momento in cui la zona si fa più "calda”
che mai, ci pare utile portarla a conoscenza dei nostri lettori, (red.)
Qual è la situazione nel Vicino
Oriente, a confronto con quella del
Natale 1968? Quali sono, nell’informazione bruta che riceviamo, le linee di forza?
Robert Martin-Achard - Mi pare che
la situazione sia peggiorata: si vive in
un continuo stato di guerra, di colpi
di mano, di ostilità larvate. Ci si abitua a tutto, è orribile dirlo; due morti
qui, tre lì... In fondo c’è la guerra, senza che lo si dica apertamente.
Per un momento si era potuto sperare che si andasse verso un incontro;
se ne parla sempre meno. Ma bisogna
riconoscere che a distanza abbiamo
difficoltà a informarci: ne ho fatto la
esperienza laggiù. Ho dunque la sensazione chi ci troviamo in un punto morto, senza sapere se forse si sta costruendo qualcosa di più positivo, di
cui non abbiamo coscienza.
Vi sono certi aspetti del problema che Le paiono evidenti, assolu
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 — 8.7.1960
Tip. Subalpina s.p.a - Torre Pellice (To)
VOGLIONO PARTECIPARE
AL POTERE DECISIONALE
Il fatto dei quattromilaseicento
minatori della Lapponia svedese che
sono entrati in un periodo di sciopero
selvaggio, è di grande interesse per le
analogie che presenta con altri fatti
che accadono nella società del benessere, anche se questi sono di ben maggiori proporzioni.
In tutta la Scandinavia ci si domanda con inquietudine « se la filosofìa
della società del benessere non debba
considerarsi fin d’ora superata. Perché
i lavoratori di questa miniera svedese
ultra-moderna hanno scatenato questo
sciopero? Essi sono ben pagati, possiedono in massima parte la loro propria
casa, la loro automobile (qualche volta addirittura due automobili per famiglia), la loro televisione a colori. I
lavori in quelle miniere, che appartengono allo Stato, sono in gran parte automatizzati, e i minatori dispongono di
tutte le facilitazioni sportive, di “sale
comunitarie", di scuole, di cinematografi. Si era creduto che quella comunità, a nord del circolo polare, fosse
una di quelle “società del benessere"
la cui espansione nel mondo scandinavo debba “soddisfare interamente”
l’uomo.
Orbene i minatori si sono ribellati
contro la perfezione. Tutto ha preso
inizio con una domanda di poche lire
di sussidio, affinché i minatori trasferiti al lavoro di superfìcie non perdano nulla del proprio salario. Questo
problema avrebbe dovuto esser risolto
facilmente.
Ma ecco che, ben presto, divenne evidente trattarsi di ben altra cosa. I minatori volevano che i negoziati si tenessero in Lapponia e non nella capitale, laggiù fra i dirigenti nazionali dei
sindacati e il padronato. L’organizzazione sociale del lavoro è talmente perfezionata e centralizzata in Scandinavia, che i lavoratori di provincia non
hanno alcuna influenza diretta sui negoziati riguardanti i salari, né sulla
soluzione di eventuali conflitti.
I minatori respingevano questa “comodità" e ritenevano che la vita non
c solamente fatta di pane, né di lavoro
assicurato, né di licenze o congedi pagati, né di piaceri, ma ritenevano che
i lavoratori hanno anche bisogno della
coscienza d’avere uno scopo, dei compiti che richiedano uno sforzo: in breve “della partecipazione alle decisioni
che riguardano la loro vita e il loro
avvenire".
I minatori si sono dunque ribellati.
Si sono rifiutati d’ascoltare i loro capi sindacali; hanno eletto dei nuovi negoziatori e hanno richiesto che ogni
decisione venga presa nella loro sede
e con loro: non vogliono più essere degli anonimi.
Questo movimento mette in questione l’avvenire delle società scandinave
del benessere. Si era creduto che la
società ideale potesse crearsi con l’opera di sistemazione delle condizioni materiali,. onde permettere che la natura
umana (la quale, secondo la teoria, è
fondamentalmente buona) possa manifestarsi in completa libertà. Allora
si sarebbe fondata una società senza
alcuna privazione, né materiale né morale. La “società della tolleranza"
avrebbe fatto dono, a ciascun individuo, della possibilità di realizzare sé
stesso e le proprie qualità: ogni uomo
padrone di decidere ciò che, per lui
stesso, è buono o corretto.
Ci si era già accorti che questa filosofia era pericolosa. I giovani che ter
minavano i loro nove anni di scuola
dell’obbligo non avevano imparato la
disciplina la quale, secondo la teoria
della società del benessere, era l’eredità di un’era autoritaria. Essi incontravano difficoltà ad adattarsi ai bisogni della vita industriale ed alla produzione, che non può organizza.rsi senza disciplina. Allora non soltanto i professori, che nelle classi non avevano i
mezzi di far rispettare l’ordine, ma anche i padroni d’imprese, cominciarono
a richiedere che il sistema pedagogico
venisse modificato.
Forse l’uomo ha bisogno di un’autorità per poter organizzare la propria
vita in modo felice ed efficace? Forse
il rifiuto di ogni disciplina conduce a
un’anarchia che mette in pericolo la
società? Forse la partecipazione è, per
l’uomo, più importante d’un’automobile in più? Forse persino la consapevolezza di compiere una funzione sociale
è preferibile ad uv aumento di salario
deciso, in una sede lontana, da una burocrazia che non ha un volto?
Lo sciopero di Kiruna conduce alla
formulazione di tutte queste domande.
Per poter rispondere, bisogna esser
pronti a rovesciare tutti i postulati, fino ad oggi considerati sacri dai profeti della società del benessere.
Questo genere di filosofia è stato sostenuto soprattutto dai socialdemocratici scandinavi. Se questa teoria dovesse oggi dimostrarsi sbagliata, si potrebbero prevedere anche delle conseguenze politiche. Lo si è già visto in
Norvegia, dove i “non-socialisti” al potere (da cinque anni) hanno soprattutto cambiato il clima. Le scuole norvegesi non seguono più l’esempio svedese, nel quale ogni costrizione è scomparsa. La tradizione, la storia e l’educazione del carattere hanno ripreso la
loro importanza.
Una crisi grave potrebbe scoppiare
nei paesi scandinavi, se non si arriva
a dare un nuovo contenuto alla società
dei consumi e del benessere. La rivolta
lappone è, sotto questo profilo, un segno precursore da non trascurarsi ».
La traduzione integrale di quest’articolo di F. Bjerkholt su « Le Monde »
(del 28-29,12.’69) non c’impegna affatto
a condividerne il punto di vista soggiacente e quasi inespresso, che non
sapremmo neppur definire (se progressista o reazionario): ma le domande
ivi formulate ci sembrano valide.
UNA OPINIONE
DI ANATOLI KUZNETZOV
E il noto romanziere sovietico,
« uno dei più quotati e brillanti rappresentanti della generazione degli scrittori nati dopo la Rivoluzione d’Ottobre, il quale, alla fine del luglio scorso,
ha scelto la libertà » (Si trova attualmente in Inghilterra). Gli è stato chiesto: «“Gl’intellettuali (sovietici) sono
i soli ad opporsi al regime, o trovano
essi appoggio nel popolo? In Cecoslovacchia si è constatato un accordo fra
intellettuali ed operai...’’.
Risposta; "NeU’URSS ciò è molto
raro. Non esiste alcuna collaborazione
fra la popolazione operaia e gli scrittori. La popolazione è molto malcontenta, ma la maggioranza crede al comunismo, malgrado il cattivo governo.
Dopo tutto, i governi sono sempre stati cattivi in Russia...”».
(Da un’intervista accordata dallo
scrittore al settimanale tedesco « Der
Spiegel », e riportata sul mensile francese « Lectures pour tous » del dicembre 1969).
ti, che qui da noi non vengono
presi in sufficiente considerazione?
Ciò che colpisce, quando si è sul posto, è la differenza di cultura, di ambiente, di società fra il mondo arabo e
iì mondo d’Israele. Credo che non si
abbia insistito abbastanza su questo.
In Israele si ha l’impressione di essere
nel XX secolo, talvolta nel XXL In certi
paesi arabi — non li conosco tutti —
ci si sente in un’altra epoca. Queste
differenze di cultura rendono estremamente difficili i rapporti.
Lo scarto tende a diminuire, è vero.
Ad esempio la Giordania, in alcune delle sue regioni andava verso un rinnovamento straordinario, che è stato rovinato dalla guerra. Si è parlato del
iniracolo d’Isra.ele, che ha fatto rifiorire il deserto; c’è anche un miracolo
giordano.
Ma quel che mi colpisce soprattutto,
i l questo momento, è la estrema povertà — nel senso biblico del termine
— degli interlocutori di questo dramma: ciascuno dei partner di questo dialogo ha i suoi punti di forza e di debolezza, e ciascuno non vede che la forza
dell’altro.
Quando siete in Israele, avete attorno a voi 80 milioni di Arabi (questa è
comunque la cifra che mi è stata data). Alla lunga si ha l’impressione di
trovarsi in un enorme ghetto e di rischiare di esser presi in trappola.
Ma d’altra parte l’estremo dinamismo
d’Israele, la sua schiacciante superiorità tecnica sono anch’essi avvertiti
come un pericolo costante per le popo
lazioni arabe che si domandano dove
questo processo andrà a finire.
Come interpretano, gli Arabi,
questo successo d’Israele? Pensano
che questo popolo abbia un dinamismo particolare, ovvero vedono
in esso essenzialmente una testa
di ponte dell’Occidente?
Per ora, almeno a livello ufficiale, vi
vedono una testa di ponte dell’Occidente. Del resto certi storici hanno indicato il rapporto esistente fra la creazione dello Stato d’Israele e il colonialismo dei paesi europei. Inoltre Israele
è sempre legato agli Stati Uniti e per
gli Stati Arabi rappresenta, lo voglia o
no, un po’ ciò che gli Stati Uniti rappresentano per il terzo mondo.
La soluzione non verrà dal fatto che
i' popolo d’Israele sia schiacciato, ma
da un rilevamento economico, culturale e sociale dei paesi arabi, che allora si sentirebbero in grado di discutere alla pari con Israele.
Il fatto che Israele sia relativamente socializzato non corregge
quest’ impressione d’imperialismo
ohe esso suscita?
Penso di noi. Pare che la socializzazione in Israele non abbia alcun riflesso
per i paesi arabi. Del resto, come ha
mostrato lo studio di Friedmann (1),
Ci si domanda se questa socializzazione
durerà e se non stanno sviluppandosi
dei movimenti che trasformeranno
quella che è stata una delle forze del
sionismo.
Che cos’è che ha permesso ad
Israele di vivere quest’espErienza?
La volontà dei pionieri, anzitutto, e
anche, in certa misura, il concorso di
alcune circostanze. Lo Stato d’Israele
è stato fondato con la volontà di non
essere né comunista né capitalista. Ma
via via che il tempo passa si fa sempre
più difficile reggere questa sfida, non
appartenere né all’uno né all’altro dei
due blocchi e risolvere tutti i suoi
problemi, sul piano economico, al di
fuori delle due concezioni che in linea
generale determinano la prassi nel
mondo. Era l’ideale dei pionieri, ma
non sono sicuro che i figli vivano il
medesimo ideale: è forse andato un
po’ perdendosi proprio a causa del
« successo » di Israele.
Nello Stato di Israele, fino a che
punto Le pare che la popolazione
sia profondamente radicata nella
sua storia?
Difficilissimo dirlo; ci sono mille
Israele. Vi è l’Israele dello Yemen, l’Israele dei paesi occidentali, quello dell’Africa del Nord, e si sta ora creando
qualcosa di nuovo a partire dai kibbutzim, dalla scuola e dall’esercito, qualcosa che tien conto delle radici storiche d’Israele: la festa della Pasqua a.ssume un significato nuovo quando è celebrata in Israele da giovani nati nel
paese; un significato ben diverso da
quello che essa poteva avere in un ghetto russo o polacco quando si diceva:
<•: L'anno prossimo, a Gerusalemme! ».
Che cosa rappresenta, nello Stato d’Israele, ciò che potremmo
chiamare una coscienza propriamente religiosa della storia?
E’ as.sai difficile dirlo, perché è .sempre delicato valutare queste cose. I giovani israeliani, ad esempio, non sono
(1) Friedmann, Fine di Israele? Ecl. di Comunità. Milano 1968.
più o meno religiosi di quel che siano
qui in Svizzera. Ma diversa è la pratica
religiosa.
Per un ebreo la religione non significa credere in Dio e avere un credo,
bpisì praticare la Legge. Quando qui
diciamo di una persona che è a-religiosa, vuol dire che essa afferma che Dio
non c’è, e in fondo poco importa quale
sia la sua condotta. Per la tradizione
ebraica, invece, è credente chi obbedisce a Mosè.
Lei ha appena pubblicato, presso
Delachaux et Niestlé, un libro su
« L’attualità di Abramo ». Ebrei e
Arabi come interpretano il fatto
di essere tutti figli di Abramo?
In generale, nel corso della storia le
relazioni fra ebrei e musulmani sono
state più favorevoli, più serene di quelle fra ebrei e cristiani.
Perché?
Perché i cristiani hanno accusato gli
ebrei di deicidio, di avere ucciso DÌo
hanno ricordato quest’uccisione a ogni
Venerdì santo, a ogni festa di Pasqua,
e magari hanno mimato la scena. Gli
Arabi hanno avuto invece un atteggiamento relativamente positivo verso gli
ebrei, salvo in certi periodi.
La cosa colpisce leggendo l’opera che
André Chouraqui ha dedicato alla storia del giudaismo. C’è un capitolo che
evoca le relazioni fra ebrei e cristiani
e s’intitola « all’ombra della croce ». Segue un capitolo che evoca la tìoritara
del giudaismo nel mondo cui turale
arabo.
In fondo, il conflitto attuale non è
imposto da una lunga storia: vi sono
più punti in comune, soprattutto in
Terra santa, fra ebrei e arabi, che fra
ebrei e cristiani. Sono assai vicini nelle
loro radici, hanno bisogno gli uni degli altri sui piano economico e sul piano politico potrebbero collaborsire se
venissero soppresse le barriere di sospetto che li separano. Evidentemente
questo presuppone un mutamento degli spiriti, mutamento che certi iiueresS' non hanno aiutato né aiuteranno a
realizzare.
Forse la realtà palestinese permetterà
a due popoli di trovarsi l’uno di fronte
all’altro, mentre prima questa possibilità non sussisteva? Saul Friedländer
cita il caso di quei giovani ’’sabra” che
nel paese si sentivano molto vicini ai
loro conterranei palestinesi, comunque
assai più vicini che ai loro parenti venuti dall’Europa, e pareva dire che vi
era qui una speranza per domani.
Ma è difficile intendersi quando una
parte ha tutto e l’altra quasi nulla.
H sostegno assai forte che i cristiani hanno dato, in questi ultimi
anni, ad Israele è stato interpretato come una specie di espiazione.
Che ne pensa?
yi é stato, penso, negli ambienti cristioni il desiderio di cancellare il passato e di riparare, nella mi.sura in cui
era possibile una riparazione. Il movimento va ora piuttosto in senso opposto.
Nel 1967 vi è stata quell'ondata, estremamente passionale, di simpatia in favore di Israele; essa mi ha sempre messo un po’ a disagio, per il suo carattere
estremamente irrazionale. Attualmente
si assiste a un progressivo isolamento
di Israele. Gli ambienti- di sinistra e
gli arnbienti cristiani reticenti nei confronti dello Stato di Israele distinguono oggi molto nettamente giudaismo e
sionismo. Si è contro il sionismo, ma
non contro il giudaismo. Questa posizione è contestabile teologicamente, ed
è di vedute uri po’ corte.
Il dranima d'Israele è quello di non
avere amici, e di contarli sulle dita delle mani. Qccorre fare attenzione a non
abbandonare Israele, come fanno —
pare — un certo numero di cristiani
il nome della loro fede. Questo non
vuol dire però che si approvi automaticamente tutto ciò che viene da Israele. C’è un’amicizia critica da esercitare
nei suoi confronti.
Bisogna inoltre che i cristiani di qui
prendano coscienza che vi sono dei cristiani in Qriente e che non li dobbiamo
ignorare totalmente. Troppo spesso le
Chiese d’Occidente si sono comportate
come se non ci fosse che Israele, eventualmente gli Arabi, e basta — mentre
V sono nel Vicino Oriente delle Chiese
cristiane il cui passato è, sotto molti
aspetti, assai più ricco del nostro e che
soffrono terribilmente del loro isolamento.
Ciò che gli ambienti di sinistra, da
parte loro, hanno capito, forse prima
di altri, è il fatto che gli Arabi hanno
una profonda preoccupazione di ritrovare una dignità di uomini che è stata
loro rubata, non da Israele, e as.sai prima del 1947: dall’Europa e in generale
dall’Qccidente.
Siamo in una situazione impossibile:
bisogna ascoltare persone che non parlano insieme. Ma è un atteggiamento
caratteristicamente cristiano e conosco
(continua a pag. 5)