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Anno 128 - n. 40
16 ottobre 1992
L. 1.200
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Gruppo II A/70
In caso di mancato recapito rispedire
a; casella postale - 10066 Torre Pelllce
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
1492-1992
Missione o
conquista?
In questi giorni si ricordano
in tutto il mondo i 500 anni delta « venuta », della « scoperta »
o della « conquista » dell’America da parte di Cristoforo Colombo. Le parole usate per le
celebrazioni indicano i diversi
orientamenti culturali dei promotori.
Ma cosa hanno pensato i riformatori dell’impresa di Colombo e del ruolo delle chiese cristiane nella missione? Pubblichiamo qui sotto le osservazioni di Martin Bucero, il riformatore di Strasburgo.
« 8g deve anche scorgere una
profenda collera di Dio nella
scoperta e nell’ occupazione
delle nuove terre ed isole di
cui ci si è così tanto gloriati
(triumphieret), quasi che la
cristianità potesse accrescere
le sue file in questo modo: infatti non si parla d’altro se
non del fatto che in un primo
tempo ci si impossessa dei corpi e dei beni della povera gente, e poi anche dell’anima, con
false superstizioni insegnate
dai monaci-mendicanti, lostesso ho sentito raccontare dalla
bocca di Giovanni Clapion,
cappellano dell’Imperatore, in
presenza di ragguardevoli persone, che gli spagnoli, nei
paesi appena conquistati, costringevano la povera gente
ai lavori forzati per cercare
l’oro e altri minerali, opprimendoli senza pietà e torturandoli a tal punto da farli morire. Che cosa ci si può aspettare da questa situazione, per
quanto ci concerne? Quanta
gente onesta viene sfruttata in
questi viaggi e, se si pensa di
aver ottenuto un grande vantaggio, ci si accorge che portano soltanto cose materiali
(materi), provocando guerre
spaventose, lusso, arroganza
ed oppressione delle povere popolazioni. E per mezzo di questo commercio e di questo
guadagno, una piccola minoranza si impadronisce delle ricchezze che sono di tutto il
mondo e fanno tutto ciò che a
loro fa comodo, costringendo
gli altri a guadagnare con pena
e con un lavoro così duro, il
loro pane secco. E questo lo si
chiama: far progredire la cristianità! Che il Signore voglia
concedere ai nostri principi e
alle nostre autorità discernimento e volontà per accrescere
e migliorare veramente la cristianità ».
Martin Bucero - 1538
Citato in Martin Bucero, La Riforma a Strasburgo (a cura di
Ermanno Genre), Torino, Claudiana, 1992, lire 24.000.
L’EUROPA E L’IMMIGRAZIONE
La sorte degli sradicati
Di fronte all allargarsi del fossato che separa Nord e Sud del mondo un atteggiamento di
chiusura, senza risolvere il problema, aggraverebbe la condizione di migliaia di stranieri
Nell'Europa di domani ha fatto la sua comparsa Vintolleranza, unita alla xenofobia e all’antisemitismo. In mol
ti casi si deve anzi parlare apertamente di fenomeni di razzismo, nei confronti degli ebrei e degli stranieri. Di frontiere e di diritto d’asilo discutono i governi, ma anche le associazioni e le chiese. A noi è parso utile pubblicare questo
intervento, apparso su « Le monde », di Jacques Maury
pastore dell’Eglise réformée, già presidente della Federazione protestante di Francia e ora presidente della CIMADE
(Comité inter-mouvements auprés des évacués), organismo
nato durante la II guerra mondiale per aiutare gli sfollati
e gli ebrei perseguitati, che ora si occupa di rifugiati e di
aiuti al Terzo Mondo, con la presenza in 18 azioni di sviluppo in altrettanti paesi.
Nel 1981 la CIMADE ammetteva che la congiuntura economica non permetteva un’ulteriore immissione di lavoratori stranieri immigrati in Francia perché
— come dicevamo allora — il
paese non era « in grado di assicurare loro l’elementare diritto al
lavoro e a un’accoglienza decente ».
Oggi la CIMADE non può dire
la stessa cosa. Da una quindicina d’anni la politica nei confronti degli stranieri si è posta due
obiettivi prioritari; chiudere le
frontiere e integrare coloro che
si erano legalmente installati. La
chiusura delle frontiere ha portato più effetti perversi che non benefici. Nell’attuale congiuntura,
che più che mai scava im fossato
tra il Nord e il Sud, tra i ricchi e
i poveri, la CIMADE si interroga.
In Francia i nuovi diritti, riconosciuti agli stranieri che vivono
nel paese, hanno sicuramente
rappresentato un dato positivo
per la società, in particolare nel
settore economico e demografico.
Ma essi modificano anche la società stessa. e alcuni ne sono
sconvolti. La volontà politica di
chiudere le frontiere, quand’anche legata al proposito di meglio
integrare i vecchi immigrati, ha
avuto la temibile conseguenza di
provocare una sorta di « legittimità dell’autodifesa ». Un riflesso
volto alla ricerca della sicurezza
e la paura appaiono nello stesso
momento in cui le frontiere si
fanno più rigide.
Ora constatiamo che le frontiere non sono mai realmente chiuse, e che non è possibile chiuderle completamente. Dei lavoratori
del Terzo Mondo continuano a
presentarsi alle porte dell’Europa e della Francia, riescono a entrare, in maniera tanto più clandestina quanto più severe sono
le disposizioni adottate. Alcuni
settori delTeconomia ne approfittano e sfruttano la clandestinità
di questi lavoratori che nessun
diritto protegge. Questa situazione, poco conosciuta, alimenta discorsi xenofobi che allarmano gli
stranieri regolarmente residenti
in Francia, e confortano quanti
vedono nel respingere lo stranie
CREDERE NELLA PAROLA DI DIO
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O Signore, tu lo sai!
« La mano deU’Eterno fu sopra me e mi trasportò in mezzo ad una valle che era piena d’ossa,
e mi disse: ’’Figliuol d’uomo, queste ossa potrebbero rivivere?” E io risposi: ”0 Signore, tu lo
sai ! ”Ed egli mi disse : ’’Profetizza su queste ossa...”.
Ekl io profetizzai come mi era stato comandato...
Allora egli mi disse: ’’Profetizza allo spirito...” Ed
10 profetizzai... Ed egli mi disse: ’’Ecco, essi dicono ’Le nostre ossa sono secche, la nostra speranza
è perita, noi siamo perduti!’ Perciò profetizza e dì
loro : ’’Così parla il Signore : Ecco, io aprirò i vostri
sepolcri, vi trarrò fuori dalle vostre tombe, e vi ricondurrò nel paese d’Israele”» (Ezechiele 37: 1-14).
Il profeta Ezechiele ha questa visione in un
tempo in cui il popolo di Israele vive deportato in
Babilonia.
I sogni, coltivati per secoli, di vivere nel benessere — Dio aveva loro dato una terra dove scorrono
11 latte e il miele — si erano inesorabilmente infranti,
come vasi di coccio contro il ferro babilonese; la
speranza di mantenere se non proprio l’indipendenza almeno il territorio s’è dissolta nell’acre fumo che ha avvolto la città di Gerusalemme dopo
il saccheggio e la distruzione. « Siamo ossa secche,
senza speranza ». Questo è quanto pensa il popolo
di se stesso.
E pur con le dovute differenze anche oggi si ha
l’impressione di essere senza speranza, di essere
simili ad ossa che vengono « spolpate ed essiccate »
senza misericordia: la grave crisi morale che ha,
nella corruzione diffusa, la sua punta di iceberg,
si sostanzia in un modo di vivere dove prevale
« l’amor di sé » costi quel che costi: lo strapotere
della violenza e dell’economia « mafiosa » che ha, di
nuovo, negli « spettacolari delitti », la sua punta visibile e riconoscibile, ma la cui forza autentica è
riposta nel diffondere la droga — e quindi sottomettendo, soggiogando e distruggendo la vita di migliaia di giovani e non —, nell’infiltrar si in imprese
imponendo delle logiche di violenza e di sopraffazione, nel condizionare l’economia e non solo quella
del Sud: la crisi politica ed economica, l’ansia per il
posto di lavoro, il futuro dei figli, l’assistenza, le cure mediche, la pensione, le tasse, l’inflazione, la
nuova povertà...
La domanda che Dio fa ad Ezechiele è di una
semplicità disarmante: « Queste ossa possono vivere? » Razionalmente, dal punto di vista umano
la risposta non può che essere negativa. E chi ama
vestire da profeta di sventura vorrebbe, anche dal
punto di vista della fede, rispondere negativamente. Ma Ezechiele non si lascia trascinare dalla sua
comprensione della visione, si affida alla possibiltà
di Dio: « Signore, tu lo sai! ». E Dio allora sfda
Ezechiele assicurandogli che queste ossa possono
tornare in vita, possono tornare a formare degli esseri umani, possono tornare a costituire un popolo, ma perché questo avvenga è necessario che lo
stesso profeta Ezechiele lo creda possibile al punto
di fare ciò che il Signore gli ordina: parlare alle ossa secche!
Può sembrare «follia»... ma non è forse «piaciuto a Dio di salvare i credenti mediante la pazzia
della predicazione »? Non si tratta forse proprio
oggi di credere nella parola di Dio al di là di quello
che riusciamo a vedere? Di sperare al di là di ogni
speranza?
Ezechiele, obbediente, si mette all’opera e parla
e le ossa secche si ricompongono, le persone prendono forma... ma non basta rimetterle insieme, il
Signore vuole che abbiano anche vita e perciò
chiede ad Ezechiele di invocare lo Spirito e in seguito a quest’ulteriore atto di obbedienza quegli
esseri inanimati ricevono vita...
Nella nostra situazione qual è il compito della
chiesa? Dobbiamo limitarci a scuotere la testa? a
condannare? o riteniamo che essa sia chiamata ad
essere portatrice di speranza, non per lasciare le
cose come stanno o per ritornare ad un illusorio
e deleterio passato, ma per pronunciare una parola
profetica, una parola che Dio mette sulle nostre labbra, per chiamare gli uomini a vivere e non a la
sciarsi morirei
Arrigo Bonnes
Il pastore Jacques Maury, presidente della CIMADE.
ro la soluzione delle loro difficoltà.
Fra le persone che continuano
e circondare sia la Francia sia
l’Europa, mai così tanti uomini,
donne e bambini sono stati costretti a passare le frontiere per
cercare rifugio. L’Africa è il continente che dà il maggior numero di questi esiliati; essi vogliono
sopravvivere e niente può fermare né screditare questa loro fame. Solo una minoranza di loro
giunge in Europa.
La chiusura
aggrava il problema
Dare la precedenza a una politica di chiusura delle frontiere
non fa che aggravare la sorte degli sradicati. Anche se questa politica può sembrare logica per
contenere, se non per controllare, i flussi migratori, essa può
dar luogo solo a misure provvisorie. Gli interventi per l’avvenire dovranno mirare alle cause e
alle conseguenze di questo massiccio esilio di popolazioni. Ridurre in tutti gli ambiti il fossato di ingiustizia e di miseria che
si è scavato tra i loro paesi d’origine e i nostri è diventato non
solo un dovere umanitario ma
una necessità vitale per tutti. Infatti, come potremmo non vedere che la frattura esplosiva del
mondo fra i ricchi e i poveri ha
già varcato tutte le frontiere territoriali? I rischi di frattura sono sempre più visibili nel mondo
e perfino nelle nostre città.
Le convinzioni e le scelte etiche della CIMADE la portano a
denunciare le conseguenze nefaste di tutte le chiusure all’altro,
e la obbligano a esplorare in maniera concreta la possibilità di
agire in una prospettiva di aper
Jacques Maury
presidente CIMADE
(continua a pag. 12)
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fede e cultura
16 ottobre 1992
A PROPOSITO DE « I GIORNI DELLA BESTIA »
Un dialogo aperto con
gli uomini del passato
Il libro di Giorgio Tourn illustra fra l’altro alcuni recenti frutti
delie ricerche più attuali - La storia e il dominio della « Bestia »
Le smaglianti conversazioni, libere da impegni programmatici,
che Giorgio Tourn sa intrattenere con gli amici, avevano lasciato scorgere, negli ultimi anni, la fisionomia e gli itinerari
dei suoi nuovi e imprevedibili
interlocutori. Ora la loro presenza ha preso corpo in un libro ^
che, nella sua veste apparentemente modesta, mette in trappola il lettore: dopo il giorno o la
notte di percorso dalla prima all’ultima pagina, il laccio, invece
di sciogliersi, si reduplica nelle
domande, nelle reazioni della ragione e nel lavoro dell’immaginazione.
Questo colloquio è incominciato al margine delle operazioni
dotte e organizzative del terzo
centenario del ritorno dei valdesi
dalTesilio. « Che cosa fosse accaduto in quel lontano 1686-1689
lo narravano i documenti e c’era
poco da aggiungere, ma si poteva
anche fantasticare riguardo a
ciò che non era stato detto e
scritto nei documenti, ed è quanto iniziai a fare la sera, nel silenzio della notte; dialogare con
i personaggi di quella vicenda,
e non solo di ciò che è stato ma
di ciò che avrebbe potuto essere,
del non detto e non scritto » (p.
8).
Ma il dialogo con gli uomini
del passato richiede tracce e
strumenti, per far sì che il racconto non sia solamente la moltiplicazione della « mente dell’autore ».
L’abbondanza
del materiale
Vi è innanzitutto l’abbondanza
del materiale scritto, suscettibile
di essere rielaborato: lettere,
diari, resoconti degli attori in
conflitto. Giorgio Tourn li ha a
lungo indagati e ne ha tratto
notizie, conoscenza della mentalità, suggestioni di linguaggio.
Ma qui si pone la difficoltà
maggiore, di cui tre anni or sono abbiamo intensamente discusso con gli amici del « Gruppo
Teatro Angrogna », intenti alla
ricostruzione della vicenda valdese del Seicento. Chi a quel
tempo ha scritto, in italiano e
in francese, faceva parte dello
strato alfabetizzato e mediamente colto. Reynaudin, cronista del
Rimpatrio, studiava teologia a
Basilea. I nobili ufficiali piemontesi non mancavano di formazione e velleità letterarie: non si
discosta troppo da loro il riflessivo marchese X, che nel libro di
Tourn fa il controcanto al ragazzo di Bobbio, protagonista.
Ma, per l’appunto, come parlavano e che cosa avevano in testa
i contadini della vai Pellice e della vai Sanmartino? Il loro dialetto non è passato nella scrittura, il loro pensiero pertanto rischia maggiormente di essere
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 18 OTTOBRE
ore 23,50 - RAIDUE
Replica
LUNEDI’ 26 OTTOBRE
ore 9,30 circa - RAIDUE
PER UNA FEDE
Un incontro impossibile con
il teologo Giovanni Miegge.
invaso dalla meditazione dell’autore.
A queste difficoltà Giorgio
Tourn cerca di far fronte con
alcune altre tracce.
La prima, esplicita nei titoli di
tutti i capitoli tranne il primo,
è quella dei luoghi. Essi sono ancora Un permanente collegamento tra noi e coloro che li abitarono tre secoli fa: sono rimasti in
buona parte uguali, nel profilo
dei monti, nella variazione delle
stagioni, del giorno e della notte,
nei sentieri e nei valichi, sovente
anche nelle pietre e nelle lose
degli edifici. Sicuramente questa
via è più facilmente percorribile
dagli indigeni che dagli allogeni.
Immagini del mondo
e « mentalità »
L’altra via è quella delle più
larghe immagini del mondo, delle strutture ricostruibili della
« mentalità », secondo gli insegnamenti di Marc Bloch, di
Braudel e di Le Roy Ladurie, che
nella formazione di Giorgio
Tourn hanno un rango non molto inferiore a quello dei trattati
teologici. Al lettore può apparire
strano che il bosco elvetico di
Prangins (pp. 101-,06) si configuri qui come la foresta di Sherwood, rifugio dei compagni di
Robin Hood. Ma gli uomini del
Seicento erano assai più vicini
di noi a quelle inquietanti fratture tra i diversi ambienti del
mondo abitato.
Ma la traccia principale rimane
pur Sempre quella del linguaggio religioso. La Bibbia francese
di Olivetano, i salmi e le preghiere della Riforma ginevrina facevano sicuramente parte delle
condotte e dei discorsi, non solamente domenicali, dell’« Israele delle Alpi ». Ma la figura apocalittica che dà titolo al libro, e
ne scandisce il percorso, costituisce un elemento di novità rispetto alla tradizione della « storia
valdese ». Essa è frutto di indagini più recenti sulla cultura e
gli eventi del secolo XVII. Questa
via è stata già percorsa, con insuperata maestria letteraria, da
un uomo delle Cevenne che, dopo aver preso parte alla Resistenza, ha ricostruito l’epopea
camisarda. Les fous de Dieu di
Chabrol non è stato tradotto ed
è difficilmente reperibile. Ma i
lettori italiani hanno per lo meno ora a disposizione (nella traduzione di Pietro Adamo, Milano
1991) L’Anticristo in Inghilterra
nel secolo XVII di Christopher
Hill, il maggior storico vivente
della Rivoluzione puritana, il
quale non è affatto un teologo
ma un vecchio militante della sinistra britannica.
Le visioni
apocalittiche
Ora Tourn, come Chabrol, vede sorgere quelle visioni apocalittiche direttamente nei discorsi
dei « poveri laici », nel dialogo
tra il vecchio Giosuè e la bambina, nella prigione sabauda di
Trino Vercellese (p. 62). Il libro
di Jurieu sulle profezie si presenterà più tardi, nell’incontro con
il rifugiato ugonotto in Svizzera
(p. 132). Ma Se «la Bestia» è il
principale tramite ideologico tra
« noi » e « loro », essa diviene
anche la metafora di una riflessione odierna sulla storia. Ed è
giusto che così sia, poiché ogni
« storia » (scientifica o romanza
ta) prende senso e verità soltanto se sorge e si insedia nella nostra, nella storia contemporanea.
Ed è proprio per questo che,
nelle ultime pagine, la vicenda
della Bestia non si conclude: il
suo « senso » si complica e risulta potentemente ambiguo.
Da una parte, il protagonista
di un’avventura di liberazione si
domanda alla fine se la Bestia
non abbia preso in qualche misura possesso anche degli eletti del
Signore. Sulla base dei documenti scritti dai dirigenti e cronisti di quell’awentura (Amaud
e Reynaudin) questo dubbio appare improbabile, « mente dell’autore » più che dei reali attori. E tuttavia quella stessa domanda era stata proposta, non
molti anni prima del Rimpatrio,
da alcuni combattenti della Rivoluzione inglese, che fondarono la
setta nonviolenta dei quaccheri:
l’Anticristo — argomentava Giorgio Fox — non è forse presente
in ogni uomo?
L’ambiguità
conclusiva
D’altra parte i « giorni della
Bestia » non terminano, al modo
dei drammi valdesi, con il « Salmo delle battaglie » (o con il
molto più recente e molto meno
calvinista « Giuro di Sibaud »).
La parola in ultimo torna allo
stile aulico del giovane marchese. E qui l’ambiguità appare ancor più ricca.
Per un verso sembra che la
Bestia trionfi. Lo scioglimento
della vicenda è un capolavoro
della ragion di stato. Sleale e
fedifrago, prima con i suoi sudditi eretici e poi con la troppo
invadente maestà cattolica di
Francia, il duca sabaudo ha capito che i suoi interessi si conciliano assai meglio con la coalizione guidata dal nuovo re protestante d’Inghilterra, protettore
dei valdesi: « 7 Barbetti scampati
alla Balceglia ed all’inseguimento de’ Francesi non più hora
inimici ma sudditi fedeli saranno
alleati nostri nella difesa delti
fini del Ducato e di grande sostentamento nella prossima campagna di guerra» (p. 231).
Che cosa pensa
l’ufficiale?
Ma, per un altro verso, qualcosa è pur cambiato nella testa
dell’ufficiale piemontese. Per lui,
alla fine, la concordia di un piccolo stato, in lotta per la propria
indipendenza, va anteposta alla
crociata e all’intolleranza religiosa. Qui si delineano già le figure
di un governo più illuminato,
che non saranno del tutto assenti dalla scena sabauda dei due
secoli seguenti. E, forse, tra i
discendenti di quel giovane marchese capace di dubbio e ragionamento, stanno anche i moderati aristocratici che permetteranno a Torino di diventare, per
pochi anni, la capitale del Risorgimento nazionale. Si può pensare allora che la storia, anche
quella politica, non sia solamente il dominio della Bestia?
Non è facile districarsi dalla
bella trappola che Giorgio Tourn
ha posto sulla nostra strada.
Mario Miegge
PROTESTANTESIMO IN TV
La trasmissione di domenica 4 ottobre su « La riscoperta dell’America » si proponeva di illustrare il rapporto
tra « protestanti e società negli Stati Uniti » come diceva
il sottotitolo (intendendo per
protestanti unicamente le
chiese storiche).
Il tema è stato affrontato
mediante interviste alla segretaria del Consiglio nazionale delle chiese, a teologi,
conduttori di comunità, persone impegnate in vari campi-.
In ordine alle manifestazioni colombiane, giustamente,
il Consiglio nazionale delle
chiese non ha considerato il
1492 una data da celebrare:
ha ritenuto invece utile promuovere incontri e confronti
tra gruppi di diversa origine
e, nel caso specifico, tra
rinnegato i principi della solidarietà.
Un’altra problematica che
è emersa dalle interviste (e
che purtroppo in Europa conosce esiti tragici) è la tensione tra la necessaria coesistenza di gruppi etnici diversi
(che implica il superamento
del razzismo) e l’esigenza di
mantenere o ritrovare le singole specificità. Il problema
diventa sempre più serio se
si pensa che ormai negli USA
il 14 per cento della popolazione non è di lingua inglese
(centinaia di ispanici ed asiatici vi approdano ogni giorno). Interessante la testimonianza di una donna « india »
protestante, cresciuta in una
riserva, che nella scuola della
missione non aveva mai avuto notizia della storia del suo
popolo. Il suo attuale impe
La ^^riscoperta
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indios e italoamericani. Non
si deve « celebrare » il proprio passato ma ripensarlo
criticamente per coglierne il
significato etico, culturale e
teologico. Si osserverà in
questo modo che mentre in
America gli indiani e gli afroamericani hanno vissuto tragiche esperienze altri, come
gli emigrati puritani, vi hanno
trovato quella libertà religiosa per cercare la quale erano fuggiti dai loro paesi d’origine.
Per quanto attiene al rapporto tra protestantesimo e
società è indubbio che l’idea
di uguaglianza alla base della Costituzione, come pure la
cultura biblica che traspare
dalla letteratura e la personalità di tanti protagonisti
della storia americana, sono
certamente da collegare all’influenza esercitata dal puritanesimo nella formazione di
questo grande paese, così come le chiese nere battiste
(basti pensare a M.L. King)
sono state grandi protagoniste nelle battaglie per la libertà e la giustizia.
Attualmente i protestanti in
USA sono 60 milioni, un settore importante ma non più
prevalente.
Il pastore nero della Riverside Church, uno dei predicatori più noti, afferma che il
ruolo del protestantesimo oggi non è quello di essere egemone ma profetico, di essere — così si esprime —
« l’enfant terrible » in una società conservatrice che ha
gno di credente in un comitato denominato « Fede e giustizia » dimostra che è possibile conciliare diversità e fraternità. Come infatti ha affermato un esponente della teologia nera, si può « capire la
particolarità degli altri, partendo dalla propria ». E’ dunque tramontata la concezione
dell’America come « crog uolo » di razze ed etnie diverse.
Due esempi di fede operante concretamente contro il
razzismo vengono offerti da
una chiesa metodista del
Bronx (quartiere di New
York che vede l'80 per cento
di disoccupati) e da una piccola chiesa presbiteriana dell’Arizona. La prima fa parte
di un gruppo di 34 chiese cristiane di varie denominazioni
(anche cattoliche) che hanno
costituito una società e realizzato la costruzione di 100 case unifamiliari a prezzi accessibili per i meno abbienti; la
seconda, impegnata sul fronte
dei diritti umani, .si definisce
« santuario degli oppressi dell’America Latina » e ad essi
offre riparo e protezione. Significativo il fatto che il suo
pastore sia stato eletto moderatore della grande Chiesa
presbiteriana degli Stati Uniti.
Il valore della trasmissione
stava prevalentemente nelle
cose dette più che nella rappresentazione delle stesse; alcune canzoni molto belle creavano un’atmosfera consona
alle situazioni presentate.
Mirella Argentieri Bein
SEGNALAZIONE
Una storia verde
‘ Giorgio TOURN, I giorni deiia Bestia, Torre Peilice, Centro culturale
valdese, 1992, pp. 232, L. 22.000.
Fra le novità in libreria. Storia verde del mondo, di Olive
Ponting (Torino, SEI, 1992):
una originale storia del mondo
che non descrive gli eventi politici, militari e diplomatici ma
che racconta gli sviluppi di quel
rapporto tra uomo e natura che
sono la radice di ogni storia.
Se il mondo ha cambiato l’uomo, l’uomo ha cambiato il mondo con l’agricoltura e con gli
insediamenti urbani, con lo
sfruttamento delle risorse energetiche, con lo sviluppo della
tecnologia, ma anche con le sue
scelte politiche e con i suoi atteggiamenti morali. L’espansionismo europeo non solo ha tragicamente sacrificato lo sviluppo di numerose culture, accanto a indubbi apporti positivi,
ma ha modificato la geografia
culturale e politica del mondo.
La crescita della popolazione ha
aggravato un equilibrio già precario, imponendo drammaticamente il problema di una equa
ripartizione delle risorse. Gli effetti più drammatici li stiamo
vivendo: inquinamento ambientale, cambiamenti climatici, fascia d’ozono minacciata, desertificazione, fame e povertà a diffusione planetaria. L’autore individua un filo conduttore in tutto questo e ce lo racconta, traendo da questa storia una morale: umanizzando se stesso e la
natura l’uomo non deve perdere il senso dell’unità, il senso
dell’appartenenza a quel sistema-mondo nel quale soltanto ha
senso la sua realtà.
Una storia affascinante e
drammatica, che acquista un rilievo anche maggiore per il credente che ha i suoi riferimenti
di fondo nel messaggio biblico,
con la sua vigorosa e profonda
carica ecologica. Solo ritrovando un « giusto » rapporto con
Dio, con il suo amore creatore
e redentore, l’uomo ritrova un
« giusto » rapporto con la natura e con l’altro. G. C.
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16 ottobre 1992
vita delle chiese
IMPRESSIONI
Goethe in Sicilia
Sono ritornato, di recente, con alcuni amici nella
valle del Belice colpita nel
1968 dal terremoto. Ero allora studente in teologia e
lavorai, come volontario,
per alcune settimane a
Santa Margherita Belice.
Quanti ricordi tragici.
Giorni fa ho rievocato
quel triste periodo con Lorenzo Barbera, nella sede
del Centro di ricerche economiche e sociali per il
Meridione (CRESM) di Palermo di cui è responsabile. Barbera fu uno degli
uomini di punta nella ricostruzione non solo materiale ma spirituale del
Belice. Il suo libro « I ministri dal cielo » (allusione ironica ai grandi politici che arrivano in Sicilia
in elicottero e dopo qualche ora ripartono per Roma) diede voce ai terremotati nel difficile rapporto tra masse popolari e
stato; le aspirazioni alla
rinascita si scontrarono allora come oggi con organi
politici inetti e corrotti.
Mi ha colpito nel corso
della visita che ho compiuto nel Belice la nuova
Gibellina ricostruita a chilometri di distanza da
quella completamente distrutta dal terremoto. Si
tratta di un’architettura
fredda, da socialismo sovietico. Girando per la
nuova Gibellina ho piacevolmente scoperto una
mostra degli acquarelli
che Goethe dipinse in Sicilia nel corso del suo viaggio nel 1787. Vedere quei
bei disegni è stato un tutt’uno con l’andarsi a leggere le pagine che Goethe
dedica alla Sicilia di cui
scrive: « Conosci tu la terra dove fioriscono i limoni? ».
Quest’isola per il grande
poeta è un « paese indicibilmente bello ». La Sicilia per Goethe è una terra omerica, è la Grecia dei
primordi. « L’Italia — scrive Goethe — senza la Sicilia non lascia alcuna immagine deU’anima: qui trovi la chiave di tutto ».
L’entusiasmo di Goethe
per la Sicilia ha segnato
una svolta nella cultura
europea. La Trinacria rappresenta la fuga dalla civiltà moderna e tecnologica; l’entusiasmo di Goethe trascinerà tanti altri
grandi viaggiatori in quest’ultimo lembo d’Europa.
Non è un caso che, più
tardi, vi approderanno Wagner (1822) a Palermo,
Brahms e Strauss nel 1883
a Siracusa. L’Italia, e in
particolare la Sicilia, per
Goethe diventa il paese
che completa la Germania.
Qui trovi tutto quello che
oltralpe non c’è: il caldo,
la vita all’aperto, la sensualità, il rumore, i colori
violenti della natura. Tra
gli acquarelli di Goethe ne
ho visto uno che pare proprio rappresentare un’altura tra Caltanissetta e
Riesi; il poeta infatti il 28
aprile del 1787 racconta di
essere partito da Girgenti
(oggi Agrigento) per andare a Caltanissetta passando accanto al fiume Salso, vicino a Riesi. Goethe
non conosceva l’italiano. Il
suo incontro con ia nostra
reaità è stato sempre mediato (potremmo dire interpretato) da aitri, tuttavia non gli sfuggono le
contraddizioni sociali. Malgrado l’estrema povertà
della popolazione e le peripezie che dovette affrontare per raggiungere risola, Goethe si entusiasma
per questo paese che considera chiave della civiltà
italiana e mediterranea. Si
innamora di Palermo ma
non aveva visto Parigi,
Londra, Praga, Vienna...
Grazie al suo entusiasmo
e a quello di tanti altri famosi viaggiatori stranieri
questa terra così ricca di
etnie, di storia, di cultura,
di monti e di spiagge incantevoli guadagnerà il
primato di un « paese indicibilmente bello ». E per
descriverlo non bastano
più le note di un diario di
viaggio, occorre anche il
pennello. Oggi diremmo la
fotografia.
I colori di
200 anni fa
I colori di oggi sono
sempre quelli di duecento
anni fa, del tempo di Goethe. Anche i grandi monumenti di Selinunte, Segesta, Agrigento, Siracusa o
gli stupendi mosaici romani di Piazza Armerina sono sempre lì a testimoniare un’antica civiltà. Ma oggi l’azzurro del cielo e il
bianco della neve dell’Etna non concorrono più al
raggiungimento di un primato positivo in Europa.
Oggi la Sicilia è ricordata
soprattutto per il rosso
del sangue dei suoi morti
ammazzati e per il nero
indossato dalle vedove. La
Sicilia è diventata una terra indicibilmente tragica.
Fa notizia per la violenza
che l’attraversa; da quella
naturale (l’ultimo terremoto di un anno e mezzo fa
a Carlentini ha falciato
una dozzina di vittime e
rese inagibili centinaia di
case) a quella criminale
quotidiana. In questi mesi la situazione è peggiorata: aumenta in noi il
senso d’angoscia di fronte
ad una potenza criminale
che agisce come e quando
vuole.
Ritengo che mai come
oggi sia importante lasciare da parte la retorica del
lamento o, peggio, quella
che vorrebbe staccare l’ìsola infetta dal resto del continente europeo. « I siciliani si ammazzino pure
tra loro — ha detto un noto esponente politico italiano — lasciamo che facciano quello che vogliono ». Le frasi ad effetto
o le analisi superficiali
non cambiano le cose così
come non migliora la qualità della vita militarizzare l’isola. Occorre invece,
radicati nella situazione,
lavorare quotidianamente
per costruire una nuova
mentalità democratica.
Giuseppe Platone
(« Le notizie da Riesi »)
PER I VOSTRI ACQUISTI
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TRENT’ANNI FA IL VATICANO II
Gli osservatori
al Concilio
Trent’anni fa — PII ottobre 1962 — si apriva
a Roma, con una solenne cerimonia nella Basilica di San Pietro, il Concilio Vaticano II. Tra gli
Invitati d’onore sedevano, accanto a capi di stato, diplomatici e autorità civili, anche gli « osservatori delegati» delle Chiese cristiane non cattoliche. La loro presenza costituiva una assoluta
novità, ed una svolta storica per il movimento
ecumenico : « Gli incontri con la Chiesa cattolica
romana finora si limitavano pressoché unicamente a incontri fra singoli o piccoli gruppi di persone. Il fatto che rincontro che abbiamo qui al
Concilio abbia ormai un carattere ufficiale, costituisce a nostro avviso un grande progresso ». Così si esprimeva a nome di tutti gli osservatori il
prof. Edmund Schlink, rappresentante della Chiesa evangelica tedesca, nel corso di un ricevimento
organizzato il 15 ottobre 1962 dal pontificio Segretariato per l’unione dei cristiani, creato da Giovanni XXIII in vista del Concilio stesso.
Gli « osservatori delegati » delle chiese non
cattoliche alla prima sessione conciliare erano in
tutto 34 (compresi i sostituti), in rappresentanza
del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), dell’Alleanza mondiale delle chiese riformate, della
Federazione mondiale luterana, della Chiesa
evangelica tedesca, della Comunione anglicana, del Consiglio mondiale metodista, del
Consiglio intemazionale congregazionalista, della
Convenzione mondiale deUe chiese di Cristo (« Discepoli»), dei quaccheri, dell’Associazione internazionale per il cristianesimo liberale, della Chiesa ortodossa rassa (in patria e in esilio), della
Chiesa armena, della Chiesa copta d’Egitto, della
Chiesa ortodossa siriana, della Chiesa ortodossa
etiopica e della Chiesa vecchio-cattolica.
A questi osservatori si aggiungono otto ospiti
del Segretariato per l’unione, tra i quali il teologo protestante Oscar Cullmann, il priore e il
vicepriore della Comimità di Taizé (Roger Schutz
e Max Thurian) e i pastori battisti americani
Stanley Stuber e J.H. Jackson. Fra gli «osservatori delegati » vanno ricordati il prof. Vittorio
Subilia, della Facoltà valdese di teologia di Roma; lo svizzero prof. Lukas Vischer della Commissione « Fede e costituzione » del CEC ; il prof.
Miguez Bonino, metodista, che diventerà un esponente della teologia della liberazione latinoamericana e uno dei presidenti del CEC ; il vescovo
metodista Fred Corson, presidente del Consiglio
mondiale metodista; il vescovo anglicano John
Moorman, fondatore del Centro anglicano di
Roma.
La posizione degli osservatori delegati veniva cosi precisata nella documentazione ufficiale
fornita dall’ufficio stampa del Concilio: «Essi
possono assistere alle Sezioni pubbUche ed alle
Congregazioni generali, tranne nei casi speciali indicati dal Consiglio di presidenza. Non possono
però né prendere la parola né votare. Non possono partecipare alle riunioni delle Commissioni
conciliari senza il consenso della legittima autorità. Gli osservatori possono riferire sui lavori
del Concilio alle loro comunità ma, pur senza
prestar giuramento, sono obbligati a mantenere
il segreto verso tutte le altre ]^rsone.
Il Segretariato per l’unione è l’organo ufficiale
del Concilio per i contatti necessari con gli osservatori, e rientra nel suo compito di adoperarsi
perché essi possano seguiré i lavori conciliari».
Il Segretariato per l’unione organizzò regolarmente, ogni martedì pomeriggio, un incontro degli osservatori con i membri del Segretariato stesso, fra i quali vi erano vescovi e teologi cattolici
ben conosciuti, e con altri Padri conciliari. Secondo la testimonianza di Oscar Cullrnann (conferenza stampa del 23 novembre 1962), il Segretariato teneva conto, « per la preparazione di queste diseussioni, di tutti i nostri suggerimenti e
dei nostri desideri. Con la più anjpia libertà possiamo esprimere la nostra opinione e le nostre
critiche. In tal modo la nostra partecipazione al
Concilio può esteriorizzarsi... Il fatto che una
discussione così aperta e così fraterna sìa possibile, e questo ai margini stessi del Concilio,
dev’essere considerato come un elemento molto
positivo e meriterà una particolare menzione da
parte dei futuri storici del secondo Concilio Vaticano ». ( NEV )
IL PROTESTANTESIMO
per la stampa di
biglietti da visita, carta e buste intestate,
locandine e manifesti, libri, giornali, riviste
dépliants pubblicitari, pieghevoli, ecc.
coop. tipografica subalpina
Via Arnaud, 23 - S 0121/91334 - 10066 Torre PeUice
Né intellettualismo
né moralismo
Il presidente della FCEI interviene
su un articolo pubblicato dal ’’Sabato”
Rispondendo alla lettera
di una lettrice, relativa alle polemiche leghiste contro il cardinal Martini,
Alessandro Banfi, direttore de « Il sabato » — settimanale legato a Comunione e Liberazione — afferma (3 ottobre 1992, pagina 95) che la Lega, teorizzando « la necessità di
un protestantesimo padano » trova terreno fertile
« in ima già avvenuta riduzione ’’protestante”,
quindi intellettualistica e
moralistica, dello stesso
cattolicesimo ». Il pastore
Giorgio Bouchard, presidente della Federazione
delle chiese evangeliche in
Italia, ha reagito alle affermazioni di Banfi dichiarando quanto segue:
« E’ uso comune in Italia parlare del protestantesimo in modo del tutto
improprio. Un vertice in
questo senso è stato raggiunto da Alessandro Banfi sul numero del 3 ottobre de « Il sabato ». Affermare che il protestantesimo comporta un atteggiamento spirituale essenzialmente intellettualistico e
moralistico è infatti una
grave semplificazione, che
non rende ragione all’anima del protestantesimo
stesso. Il protestantesimo
è infatti nato da una drammatica reimpostazione del
rapporto tra l’uomo e Dio,
fondata sulla Bibbia.
Chiunque legga le opere di
Lutero o i sermoni di Martin Luther King, ascolti la
musica di Johann Sebastian Bach o i negro spirituals, sa molto bene che
essi riflettono un’esperienza spirituale che di intellettualistico non ha nulla,
e di moralistico ben poco.
Si tratta piuttosto di un
confronto diretto dell’anima con Dio, senza intermediari e col solo appoggio delle Sacre Scritture.
E’ bensì vero che nella sua
storia il protestantesimo
ha accettato di misurarsi
con la razionalità moderna e con la necessità di
offrire all’uomo una morale non fatta di paura né
di dipendenza. Tuttavia il
focolare spirituale delTesperienza protestante non
sta né nel suo dialogo con
la razionalità moderna, né
nella sua pur forte tensione morale: sta nella Bibbia.
L’evoluzione del
cattolicesimo
Devo aggiungere che, a
parer mio, la risposta di
Banfi non rende giustizia
alla profonda evoluzione
che il cattolicesimo italiano ha attraversato negli
ultimi decenni. Certamente questa evoluzione è stata favorita da un intenso
dialogo con la grande teologia protestante: ma i
teologi che sono stati tradotti sono o uomini che
di moralistico e di intellettualistico avevano ben
poco (come Barth e
Bonhoeffer), oppure grandi esegeti (come von Rad)
che hanno profuso la loro scienza per un solo scopo. che la Parola di Dio,
consegnata nelle Scritture,
potesse farsi udire con
maggiore chiarezza. Ed è
anche per questo che il
dialogo ecumenico nel nostro paese è stato fecondo ».
(NEV)
APPUNTAMENTI
Sabato 17 ottobre — TORINO: Alle 15,30, nel salone valdese di corso Vittorio Emanuele 23, Emidio Campi, Salvatore
Caponetto e Massimo Firpo parleranno sul tema: Perché in Italia non si è affermata la Riforma protestante? Motivazioni
storiche e conseguenze. Sarà
presentato il volume di Caponetto: La Riforma protestante
nell'Italia del Cinquecento.
Mercoledì 21 ottobre — FIRENZE: Presso la chiesa luterana di Lungarno Torrigiani, alle ore 21, Raffaella Benori (soprano) e Sandro Carnelos (organo) eseguono musiche di
Muffai, Haendel, Bach, Vivaldi,
Mozart.
Giovedì 22 ottobre — CINISELLO BALSAMO: Presso la casa -Vola (via Mozart 15) si tiene un incontro teologico sul
tema: Metodologia del dialogo
interreligioso. Introduce il past.
Alfredo Berlendis. Lo stesso
giorno, nei locali della scuola
del Centro « Lombardini », alle
ore 18, si tiene il culto.
Venerdì 23 ottobre — VENEZIA: Nei locali di palazzo Cavagnis, alle ore 17,30, si tiene
un dibattito sul tema: Le Americhe: il diverso mio prossimo,
con il filosofo Massimo Cacciari, la storica Federica Ambrosini e il teologo Eugenio
Stretti.
Venerdì 30 ottobre - Domenica 1” novembre — TRIESTE:
L’associazione turistica e culturale « Cifcuit Rider Club-Met »
organizza un viaggio in Istria
con meta a Fola, visita alle
grotte di Postumia e alla città
stessa di Trieste. Il ritrovo alla
stazione centrale di Trieste è
alle ore 9 di venerdì. Sarà visitata la città, per poi dirigersi nel pomeriggio a Fola, dove
avverrà il pernottamento.
il sabato sarà dedicato alla
cittadina e ai suoi dintorni, con
visita alla chiesa evangelica,
mentre la domenica si visiteranno Capodistria e Postumia.
La sistemazione per il rientro da Trieste è prevista per le
21. Il prezzo, che non comprende tutte le spese del viaggio e del vitto, è di L. 120.000.
Iscrizioni presso past. Claudio Martelli - Chiesa evangelica metodista. Scala del Giganti
1 - Trieste. Tel. 040/630892.
Venerdì 30 ottobre — FIRENZE: Gli amici della biblioteca
« Piero Guicciardini » organizzano un convegno di studio sul
tema; Dall'Accademia neoplatonica fiorentina alla Riforma, che
si tiene nei locali dell'Istituto
nazionale di studi sul Rinascimento.
Nell'arco della giornata numerosi studiosi italiani e stranieri tratteranno vari aspetti
dei movimenti di riforma religiosa in Italia e a Firenze in
particolare, e dei rapporti fra
questi ultimi e i riformatori
d'oltralpe.
4
vita delle chiese
16 ottobre 1992
UN’ATTIVITÀ’ DI SOCIALIZZAZIONE
Vacanze elbane
CORRISPONDENZE
Tra fede e storia
Un immagine della Casa valdese di Rio Marina, dove si è svolta una
bella esperienza che tutti ricorderanno.
E stata vissuta alla Casa valdese un’esperienza che riassume l’attività di un intero anno - Un’atmosfera fraterna e costruttiva
E’ il 29 giugno, ore 15,30. Il
traghetto da Piombino attracca
al porto di Rio Marina, piccolo
centro dell’Isola d’Elba, dove
cento anni fa sorgeva una fiorente ed importante comunità
evangelica. Oggi quella comunità è molto più piccola, ma quello spirito sopravvive ancora. Dopo che la « pancia » della nave
si è aperta escono decine di automezzi e fra questi un pulmino e due automobili con i 18
personaggi di questa storia vera.
I personaggi sono dieci ragazzi portatori di handicap e otto
seno i loro accompagnatori. Provengono da Firenze dove durante tutto l’anno, insieme ad altrettanti loro amici che per vari motivi non sono potuti venire, svolgono un’attività di cosiddetta « socializzazione ». Questo
vuol dire che stanne insieme dalla mattina alle 9 fino alle 15,30
del pomeriggio seguiti da quattro educatori fissi e da un forte numero di volontari ed esperti che li aiutano a crescere nella consapevolezza che nessun tipo di handicap deve discriminare la persona, né renderla inferiore ad un’altra, ma solo diversa. Una diversità che però rende uguali, proprio perché si impara a vivere nella consapevolezza dei propri limiti e difetti, ma
anche dei propri pregi e delle
proprie capacità. Perciò durante
tutto l’anno si fanno tante attività: si dipinge, si fanno collane, cesti, si suona il flauto, si
canta, si gioca, si fa teatro e
ginnastica, si leggono giornali,
si riscopre la lettura e la discussione a gruppi, si va in giro per la città per imparare ad
essere autosufficienti e padroni
del nostro essere. Questo si fa
durante l’anno, in stretta collaborazione con le famiglie, gli operatori sociali e sanitari, ma
per quindici giorni si vuole invece vivere un’avventura tutti
insieme ventiquattr’ore su ventiquattro, lontano dalla mamma
oppressiva, dall’orario dei pulmini che ci riportano a casa, dalle cose programmate e istituzionalizzate.
Per questo abbiamo deciso di
tentare quest’avventura a Rio
Marina, alla Casa valdese che ha
deciso, con molto coraggio, di
accoglierci insieme agli altri pensionanti.
come l’olio, tutto tranquillo, ogni giorno che passerà sarà uno
meglio dell’altro. Il mare è bello ed è emozionante nuotare,
giocare a palla, a bocce, è bello
stare insieme sulla spiaggia, come è bello la sera andare a
prendere il gelato o cantare nel
giardino antistante la sala da
pranzo. Eppoi con grande sorpresa di tutti quella « burbera »
direttrice appare sempre più affabile e gentile, diventando poi
un sicuro punto di riferimento.
Ma questo calore, questa simpatia emana da ogni parte: le cameriere, la cuoca, gli altri pensionanti, tutti ci fanno sentire
come se fossimo a casa, come
se ci conoscessimo da secoli. I
giorni corrono e vorremmo fermarli. Quei luoghi che nel pas
sato hanno visto tante storie umane di centinaia di alunni che
frequentavano le scuole evangeliche, oggi vedono tante altre
storie diverse, ma altrettanto
dolci, toccanti, profondamente
piene di umanità.
E’ l’ultimo giorno. Gli occhi
di tutti sono lucidi. Tutte le
paure sembrano ora assurde ed
impensabili, perché tutto è andato così bene che era forse anche impossibile prevederlo.
Partiamo con un grosso ricordo nel cuore, ma credo che questo ricordo sarà grande anche
per coloro che lasciamo e con
i quali abbiamo condiviso uno
spicchio di vita in quella magica « Casa valdese ».
Andrea Mannuccì
TORINO La mostra documentaria, predisposta dal Centro culturale valdese di Torre
Penice con una serie di cartelloni che sono la presentazione
grafica, ordinata cronologicamente, dei principali avvenimenti della storia valdese, è stata
allestita (dopo Ivrea e Coazze)
a Torino, valorizzando il grande atrio del tempio valdese, dal
26 settembre al 4 ottobre dalle
16 alle 20,30 di ogni giorno, corredata da videocassette sulla
presenza valdese in Italia, audiocassette di musiche della fede,
della storia e del folclore, da un
banco libri Claudiana e da un
tavolo per una ampia distribuzione di volantini, dépliants esplicativi, ecc.
Ecco in cifre i risultati dell’operazione: oltre trenta membri della comunità, giovani e anziani, impegnati in turni successivi per una presenza giornaliera alla mostra, più di cinquecento visitatori e libri venduti
per oltre 500.000 lire.
La giornata del 4 ottobre, che
coincideva con l’inizio delle attività con un culto unificato di
tutta la comunità, ha concluso
la manifestazione. Grande partecipazione al culto del mattino,
con la presentazione dei monitori e catechisti e celebrazione
della Cena del Signore. A mezzogiorno, agape fraterna con oltre cento commensali.
Il complesso musicale della
comunità di Berlino Pankow
Martin Luther, con coro e strumenti a fiato e la Corale evangelica di Torino hanno partecipato sia al culto del mattino che
a una manifestazione pomeridiana nel tempio in cui, alla presenza di un elevato numero di
partecipanti, le parti musicali,
largamente apprezzate, sono state intervallate da due brevi e
forti messaggi di Cesare Milaneschi e Saverio Merlo su « Solo Cristo, sola Scrittura, sola
grazia e sola fede », i quattro
ROMA
Proseguire l’azione comune
Il gruppo di accompagnamento CEVAA
progettato il futuro - In vista un
ha valutato il
avvicendamento
lavoro e
pastorale
Una grossa
scommessa
Come andrà a finire? Riusciremo a mettere in pratica tutte le
nostre idee, riusciremo ad essere esattamente come tutti gli
altri? E’ una grossa scommessa per la « Casa », ma anche per
tutti noi, ragazzi e accompagnatori.
Così, pieni di timori, ma anche di speranze, ci si muove verso questa sospirata « Casa valdese ».
Il primo impatto è molto positivo, l’ambiente è bello, confortevole, ridente, la direttrice
invece sembra molto severa. La
preghiamo perciò di fare un breve discorsino con i ragazzi per
mettere bene in chiaro le regole alle quali tutti dovremo attenerci. Sono poche, ma ben precise. Luca, detto « vangogghino », per la sua spiccata vocazione artistica, dopo il discorso,
fa omaggio alla direttrice di un
quadro, fatto da lui, che viene
subito collocato sopra il pianoforte. Tutto comincia a girare
per il verso giusto. La sera c’è
l’impatto con il cibo, cosa di
non trascurabile importanza. E’
una vera sorpresa, tutti sono entusiasti e lo saranno ancor di
più nei ^omi successivi, sia per
la quantità, sono tutti buone forchette, sia soprattutto per la
qualità.
La prima notte fila via liscia
L’Azione apostolica comune
(AAC/CEVAA) di Roma sta entrando nel suo ottavo anno di
attività.
Dal 23 al 27 settembre il
« gruppo di accompagnamento
CEVAA », composto da rappresentanti della Chiesa valdese e
di altre chiese europee ed africane, si è riunito presso la Casa valdese di Roma per fare una
valutazione del lavoro svolto e
impostare un programma per il
futuro.
Nel 1993 questo progetto, che
per otto anni ha usufruito del
sostegno della CEVAA che lo ha
proposto come AAC, diventerà
un’azione di cui la Chiesa valdese avrà la completa responsabilità. Nello stesso tempo giungerà a termine il mandato del pastore Kwami Bony Edzavé, inviato della Chiesa evangelica del
Togo, che per tutti questi anni
ha lavorato per la costituzione
e la cura della giovane « Comunità di lingua francese ».
Per dare una continuità a questo significativo lavoro di cura
pastorale per gli immigrati, la
Chiesa valdese ha scelto di fare ancora appello alla CEVAA
per l’invio di un nuovo pastore
che dovrebbe arrivare a Roma
per un periodo di prova nella
primavera dell’anno prossimo.
Il lavoro sociale, che fin dall’inizio è stato uno degli elementi costitutivi dell’ACC, si è progressivamente sviluppato in collaborazione con il Servizio rifugiati e migranti della FCEI, ed
è in questo contesto che si ri
II pastore Bony Edzavé con alcuni membri della comunità francofona di Roma, sul terrazzo della Facoltà di teologia.
tiene importante assicurarne la
continuazione.
Fin dai primi anni di esistenza dell’AAC il gruppo di accompagnamento ha stimolato la « riflessione teologica » per una più
profonda comprensione nelle nostre chiese del significato di questo impegno comune. Nel contesto odierne tale riflessione assume un’importanza ancora più
grande: tematiche evangeliche
quali « accoglienza, missione, servizio, condivisione » diventano
attuali per tutte le nostre comunità e da esse devono essere elaborate e comprese per costrui
re un futuro aperto agli altri.
Intenso e proficuo è stato lo
scambio di informazioni e la riflessione comune con alcuni
membri dell’Azione apostolica
comune di Losanna, che si sono
aggiunti al gruppo negli ultimi
due giorni dell’incontro. Un lavoro di cappellania viene svolto
in quella città per gli studenti
stranieri e, come per Roma, la
CEVAA ha dato il suo sostegno.
Importante, poi, è stato rincontro con le comunità di Roma per
una comune riflessione sul razzismo.
Lucilla Tron
pilastri su cui si reggono i credenti e le comunità evangeliche
nel mondo.
Festa della Riforma
VENEZIA — Domenica 1“ novembre, alle ore 11, verrà celebrata la festa della Riforma, in
comunione con le sorelle e i fratelli luterani. Sarà regolare invece il culto a Mestre.
• Sabato 14 e domenica 15
novembre, a palazzo Cavagnis,
si terrà un convegno della FGEI
Nord-Est.
Assemblea
VILLA SAN SEBASTIANO —
Domenica 25 ottobre, alle ore
9,15 è convocata l’assemblea delTXI circuito. Si discuterà in particolare dei progetti di impegno
in relazione agli atti del Sinodo
che riguardano chiese e circuiti.
Dopo la partecipazione al culto e al pranzo comunitario, i
lavori proseguiranno sul tema
della collaborazione tra XI e
XII circuito, della collaborazione con le chiese dell’ACEBLA e
sulle questioni finanziarie, per
chiudersi alle 18,30 circa.
NUOVO ANNO
Formazione
diaconale
La Commissione di studio per
la diaconia organizza dal 7 all’il novembre prossimi, presso
Casa Cares a Reggello, l’annuale corso di formazione per i diaconi, di cui sarà pubblicato in
seguito il programma dettagliato.
Domenica 8 novembre, a Firenze, si apre invece Tanno di
studi del Centro di formazione
diaconale « Giuseppe Comandi ».
Il programma prevede:
— ore 10,30: culto presso la
Chiesa metodista (via de’ Benci
9) presieduto dal prof. Paolo
Ricca;
— ore 13: agape presso il Centro giovanile protestante
« Gould » (via dei Serragli 49),
per il quale occorre prenotarsi
telefonando al n. 055-212576;
— ore 15,30: inaugurazione dell’anno, con la presentazione dei
corsi, la visita ai locali del Centro, messaggi e saluti da parte
di ospiti, studenti e rappresentanti delle chiese;
— ore 17,30: rinfresco offerto
dagli studenti.
CONGRESSO
FFEVM/MFEB/FDEI
Il Congresso FFEVM/MFEB/FDEI
è convocato per I giorni 28 ottobre - 1° noventbre 1992 al Villaggio della gioventù di Santa Severa.
Ricordiamo che secondo i regolamenti dei vari organismi sono
membri del Congresso:
FFEVM — un membro dell'unione/gruppo ogni 10 o frazione di
10 iscritte;
FDEI — un membro di ogni
unione/gruppo federata;
MFEB — un membro del gruppo ogni 10 o frazione di 10 iscritte.
Programma;
mercoledì 28 ottobre; arrivi e
inizio dei Congressi nazionali;
venerdì 30 ottobre, ore 11; inizio Congresso FDEI;
sabato 31 ottobre; gruppi studio
ed incontro con le inviate:
domenica 1° novembre, ore 11;
culto di Santa Cena e chiusura dei
congressi.
Non dimenticate di portare; la
Bibbia, la delega delle unioni o
gruppi, un prodotto tipico della
vostra zona, un lavoretto della vostra unione/gruppo, documento di
riconoscimento.
Il Consiglio
5
16 ottobre 1992
vita delle chiese 5
PRIMO DISTRETTO
Riorganizziamo il lavoro
Il miglioramento del tenore di vita si accompagna ad un certo calo
della solidarietà - Tre dipartimenti per i problemi più rilevanti
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
La manutenzione
degli stabili
In questo drammatico autunno mi sto chiedendo quale possa essere, di fronte a tanti problemi che interessano anche le
Valli, la risposta della Chiesa
valdese. Mi sono anche chiesto
perché in giugno, mentre gli
operai stavano lottando per impedire la chiusura di un importante stabilimento della vai Pellice, la Conferenza del I Distretto non sia riuscita a dire una
parola di solidarietà. Ma si sa
che non è questo l’unico problema su cui la Conferenza non
sia riuscita a decidere; e qualcosa di analogo è accaduto in
Sinodo. Bisogna dunque distinguere le due questioni: se vi
sia una parola evangelica da dire sulla situazione sociale ed
economica, e quale sia il motivo per cui i dibattiti delle nostre
assemblee sono spesso improduttivi. Cominciamo dalla prima
questione.
Non che tutti gli anni la Conferenza sia obbligata a pronunciarsi sui problemi del lavoro,
ma mi sembra che in passato si
era riusciti a cogliere i mutamenti con maggiore tempestività, tentando di indicare rimedi.
Tanto per fare im esempio, l’atto 10 della Conferenza 1966 diceva:
« La Conferenza (—), conscia della critica situazione di trasformazione economico-sociale delle Valli, invita tutti i membri di chiesa, in particolare coloro che sono impegnati direttamente sul
piano amministrativo, sindacale
e politico, ad esprimere il loro
vincolo di solidarietà cristiana,
studiandone concordemente i
problemi e ricercando in comune concrete soluzioni ».
L’anno dopo (atto 7), la Conferenza
« dà mandato alla Commissione
distrettuale di nominare due
gruppi permanenti di lavoro,
composti da esperti, per seguire
i problemi dell’agricoltura e dell’industria alle Valli; di mantenere i contatti con i Concistori
per approfondire questi problemi e prendere i provvedimenti
che di volta in volta si renderanno necessari, onde rendere concreta la solidarietà che lega in
Cristo membri di chiesa e comunità ».
L’epoca della
solidarietà
Osserviamo che nei due atti
ritorna la parola solidarietà. Erano anni di importanti trasformazioni. Vi era stato uno sviluppo
nell’industria metalmeccanica,
nell’edilizia e nel turismo. Questo sviluppo aveva portato un
certo benessere; ma c’erano anche segnali preoccupanti: dai Comuni più alti era iniziato il trasferimento a valle di molte famiglie, l’industria mineraria cominciava a dover fronteggiare la
Lunedì 19 ottobre
□ INCONTRO PASTORI
1“ DISTRETTO
TORRE PELLICE — Alle ore 9,15,
alla Casa unionista, si incontrano i
pastori delle valli: la riflessione è curata dal past, Plescan. Tema dell’incontro: Il rapporto con il cattolicesimo.
Venerdì 23 ottobre
□ CONFERENZA
PINEROLO — Alle ore 20,30, nel
tempio, si tiene una conferenza pubblica del prof. Paolo Ricca sul tema;
La nuova Europa e le chiese.
concorrenza straniera, mentre
l’industria tessile era investita da
quella crisi da cui non si sarebbe più risollevata. In quella situazione il richiamo si rivolgeva
a tutti, ai Concistori da un lato
e a tutti i membri di chiesa dall’altro, e tra questi in particolare agli amministratori pubblici
e privati, ai sindacalisti, ai quadri politici, perché si temeva che
sia la nuova ricchezza, sia le
crisi e i licenziamenti potessero
portare disuguaglianze e disunione.
Ciò che si temeva è accaduto.
Nell’insieme i valdesi hanno migliorato le loro condizioni economiche, ma sono diventati sicuramente meno solidali. Questo
me lo dicevano già i pralini anni or sono, e Frali è ancora un
luogo dove la coesione si è m-antenuta relativamente forte. Le
modificazioni sono avvenute in
modo apparentemente inarrestabile, e può darsi che Tinesorabilità del cambiamento abbia prodotto una sfiducia nelle parole
che possono esser dette dagli organi della chiesa e nelle iniziative che ne possono scaturire. I
voti delle Conferenze distrettuali
nulla hanno potuto, sembra, contro la tendenza sempre più spinta all’individualismo, contro il
vuoto di idee e Tirrazionalità dei
comportamenti che hanno malamente sostituito i valori della
civiltà contadina ormai al tramonto.
L’Evangelo e le
questioni sociali
Eppure, se siamo convinti che
l’annuncio dell'Evangelo riguardi
anche le questioni sociali, dobbiamo augurarci che le nostre
assemblee continuino a svolgere
la loro funzione anche in questo
campo. Dopotutto non bisogna
sottovalutare l’incoraggiamento
e lo stimolo che questa funzione
ha significato per l’impegno civile di molti valdesi. Oggi ci interroghiamo sul disagio giovanile, sul crescendo della violenza
quotidiana, sulla diminuzione dei
posti di lavoro e su altri fattori
che rendono così incerto il futuro di queste valli. Se le nostre
assemblee tacessero su questi
problemi, questo sarebbe praticamente un invito a non reagire,
ad accettare passivamente il degrado morale, politico, culturale
e ambientale. Tanto più che molte cose, un tempo chiare, oggi
non lo sono più. La stessa parola « solidarietà », o parole dal significato analogo (come « lega »),
possono essere usate per indicare la difesa di interessi particolari: Nord contro Sud, italiani
contro stranieri. Bisognerà pur
dire che, se il nostro benessere
è difeso al prezzo di scaricare la
miseria sugli altri, siamo di fronte a un comportamento che la
Bibbia chiama empietà e sul quale il giudizio di Dio non tarda
a venire.
Ma le assemblee servono a far
maturare le decisioni, non a farle germogliare. Solo in casi eccezionali una decisione può nascere e prendere corpo in un’assemblea. Normalmente, le decisioni non si improvvisano, come non si improvvisano i sermoni.
E allora, se un’assemblea, una
Conferenza distrettuale, un Sinodo non riescono a decidere, bisogna chiedersi che cosa sia mancato nella fase della preparazione. Può darsi che sia venuta a
mancare una visione generale,
una strategia per cui, non essendovi un orientamento, non si può
decidere quale via scegliere. Come potrebbe darsi che sia venuta meno la volontà di cercare
Un consenso nell’ubbidienza al
Signore, e quindi la capacità di
dialogare; molte opinioni personali non fanno una chiesa.
Non ho dubbi sul fatto che la
gravità della situazione generale
sia evidente per tutti. Mi preoccupa però che stenti a delinearsi
una risposta comune come chiesa. Mi chiedo perciò, estendendo
un po’ il discorso, se non dovremmo pensare a riorganizzare
il lavoro del nostro distretto, e
vorrei azzardare una proposta:
per collegare le energie, far camminare le idee e dare impulso
all’azione, dovremmo avere non
tanto delle commissioni o dei
gruppi di lavoro, che rischiano
di lavorare in modo un po’ troppo frammentario e isolato, ma
delle specie di dipartimenti; dei
centri organizzativi, cioè, capaci
di mobilitare persone, di stimolare le chiese, di collegare le rifiessioni e le iniziative, evitando
che le due Comunità montane
finiscano per essere due ambiti
separati in cui ognuno segue le
proprie ipotesi e i propri progetti. Vedo tre grossi complessi che
possono costituire l’oggetto del
nostro lavoro nei prossimi anni:
il primo riguarda i problemi della scuola, del disagio giovanile,
dell’occupazione che forse guadagnerebbero a essere trattati congiuntamente; il secondo riguarda
i problemi della salute fisica e
psichica, e la cura d’anime relativa; il terzo riguarda il problema dei rapporti con il cattolicesimo. Tre dipartimenti che lavorino in questi tre campi darebbero maggiore continuità e organicità alla vita del distretto,
e la Conferenza sarebbe meglio
attrezzata per decidere le linee
del nostro servizio.
Non pretendo di aver fornito
una soluzione; più modestamente, ho inteso proporre un metodo di lavoro. L’importante, mi
sembra, è che non si continui a
procedere in ordine sparso.
Bruno Rostagno
VILLASECCA — Anche questo
inizio di autunno ha registrato,
come lo scorso anno, una notevole disponibilità al lavoro volontario per la manutenzione
straordinaria degli stabili. E’
stata costruita e messa in posa una grande chiusura in un
finestrone dei locali dei Chiotti
ed è stato rifatto il tetto della
scuola quartierale del Giulberso. Ringraziamo tutti quelli che
hanno collaborato e fornito materiali.
• L’avvio delle attività è avvenuto col culto di domenica 4
ottobre, con celebrazione della
Cena del Signore. I responsabili hanno iniziato con impegno il
loro lavoro e ci auguriamo che
la partecipazione ai culti, alla corale, Unione femminile, gruppo
giovanile, scuola domenicale, catechismo e riunioni quartierali
possa essere puntuale e animata da spirito di collaborazione.
• Viva riconoscenza al quartetto « Nugae » (di cui fa parte
la direttrice della nostra corale.
Patrizia Massel) per il bel concerto della serata di sabato 10
ottobre nel nostro tempio. Malgrado il tempo non del tutto favorevole la partecipazione è stata abbastanza buona e tale da
augurarci il prossimo ritorno
dei bravi esecutori.
• Un’altra sorella che partecipava con grande puntualità alle attività della nostra chiesa,
Giovanna VUIelm ved. Clot, non
è più tra noi. Ricordiamo con
riconoscenza al Signore il suo
contributo alla comimità, con
fede nell’Evangelo della risurrezione.
Battesimo
POMARE'TTO — Domenica 11
ottobre è stata battezzata Sabrina Giaiero di Paolo e Anna Bounous, di Inverso Pinasca. Auguri alla piccola Sabrina di poter
crescere sempre sotto la protezione del Signore.
• Sempre domenica 11 otto
ALLA ’’NOCE” DI PALERMO
Insediamenti
E’ una splendida domenica di
fine estate a Palermo; la chiesa
è gremita di fedeli e si respira
un’aria serena e festosa. Ecco la
cornice che ha fatto da sfondo
all’insediamento del pastore tedesco Christof Froschle e del direttore del Centro diaconale Marco Tour dan, tenutosi domenica 27
settembre nei locali della chiesa
della Noce, con la partecipazione dei fratelli della Chiesa valdese di via Spezio.
« Noi siamo i mezzi della nuova nascita che viene da Cristo
Gesù, siamo gli operai che lavorano per un mondo migliore per
la gloria del mondo nuovo di
Dio... Noi dobbiamo essere carichi di speranza... perché oggi abbiamo le primizie (dello Spirito),
anche se non possediamo la realizzazione totale... ».
Con queste parole il fratello
Enrico Ciliari, che ha tenuto il
culto di insediamento, ha riportato noi tutti a quello che è il
compito precicuo del cristiano.
Dinanzi alla chiamata di Dio,
ha continuato il fratello Ciliari,
non possiamo tirarci indietro,
come tenta di fare Giona, inviato
a Ninive per annunziare il giudizio. Dobbiamo rispondere e misurarci continuamente con le
malvagità del mondo. Sicuramente questo non è un compito facile per nessuno di noi, soprattutto in una realtà difficile e complessa come quella palermitana
« in cui la violenza... uccide gli
bre, durante il culto, è stata data agli sposi Johnny Genre e
Laura Coutandin unitisi in matrimonio la settimana precedente a Rodoretto, la Bibbia. Con
questo dono la comunità vuole
rinnovare l’augurio di una vita
in comune sotto la guida del Signore.
• Martedì 6 ottobre si sono
svolti i funerali della nostra sorella Susanna Bounous ved. Ribet, deceduta presso l’ospedale
di Pomaretto all’età di 78 anni.
Ai familiari la simpatia cristiana della comunità.
• L’assemblea di chiesa è convocata per sabato 17 ottobre alle ore 20,30 alla Scuola Latina.
• Domenica 25 avrà luogo l’ormai consueto bazar che si terrà
nei locali del teatro valdese; farà seguito alle ore 19,30 una cena comunitaria. Prenotarsi presso le responsabili dell’Unione
femminile.
80 anni di Corale
TORRE PELLICE — La Cora
le, a conclusione delle manifestazioni dell’ottantesimo anniversario della sua fondazione invita tutti gli ex coralisti, i soci
onorari e i soci sostenitori a
partecipare all’agape fraterna
presso la Foresteria, che si terrà il 1° novembre alle ore 12,30.
Il prezzo è di L. 15.000. Si prega di prenotarsi entro e non oltre il 25 ottobre telefonando al
91801.
Auguri
uomini migliori », e mondiale per
le epocali trasformazioni sociali.
Nondimeno il fondamento del
coraggio e dell’azione rimangono
la speranza e la volontà di salvezza di Dio, parole chiave del
libro di Giona.
Successivamente si è svolta la
cerimonia dell’insediamento, presieduta dal past. Ficara, membro
del Consiglio di circuito. Predicazione e servizio, ha detto Ficara, sono due elementi inscindibili
della testimonianza, devono muoversi di pari passo e mantenersi
in costante dialettica.
Ma cosa ti ha spinto a lasciare
la Germania? — è la domanda
che ho rivolto a Christof, un po’
impacciato, durante il rinfresco
offerto in seguito al culto — E
venire in Italia e a Palermo
per giunta? ». « La stessa domanda — mi ha risposto con un sorriso — me l’hanno fatta in tanti:
amici, familiari e membri della
comunità tedesca dove predicavo. Forse il desiderio di fare
esperienza pastorale in una realtà comunitaria molto diversa da
quella tedesca, sicura, ricca, spesso comoda e muta. La lingua inizialmente è un po’ un proble-.
ma... ».
Un bel coraggio, con una giovane moglie e un figlio piccolo. Le
strade di Ninive, verso cui Dio
ci spinge, attendono uomini che
ne abbiano abbastanza.
Mirella Manocchio
ANGROGNA — Elena Bertot
e Albino Bertin sono felici per
la nascita di Diego, il loro primogenito.
Ci uniamo alla loro felicità e
a quella dei nonni e di tutti i
loro cari, e auguriamo a questa
giovane famigliola « angrognina
doc » tanta serenità.
Ripresa di attività
FRALI — Dal prossimo fine
settimana iniziano le attività
della chiesa: scuola domenicale
e precatechismo, venerdì 16; catechismo, sabato 17; corale, venerdì 16; Unione femminile, giovedì 22.
• E’ nato Fabio Richard, figlio di Cristina e Willy; ai genitori, alla sorellina Francesca,
ai nonni e a tutti i parenti di
ogni ordine e grado, tanti auguri!
Catechismi
RORA’ — Sabato 17 ottobre
inizieranno i corsi di precatechismo e catechismo; l’appuntamento è per le ore 15 presso la
saletta del presbiterio.
• Domenica 18 ottobre alle 10,
culto di inizio attività con S.
Cena, nel tempio.
• Domenica 25 ottobre, culto
con assemblea di chiesa e relazione della deputata al Sinodo.
• Dopo breve malattia è mancato Emilio Giusiano, « Jottu »,
di 76 anni. Alla moglie, ai figli
ed a tutti i parenti vadano le
più sentite condoglianze.
Matrimonio
BOBBIO PELLICE — Gino
Gönnet e Nives Fenoglio hanno
manifestato davanti a Dio e alla chiesa la propria volontà di
vivere cristianamente la loro
unione matrimoniale; agli sposi
l’espressione della gioia nel Signore da parte di tutta la comunità.
• E’ mancata Maria Bertlnat
ved. Melli, di 85 anni; la nostra
comunità rinnova ai familiari
l’espressicne della simpatia umana e della comunione di fede nella resurrezione dei morti
nel Signore.
6
prospettive bibliche
16 ottobre 1992
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
«Solus Christus» o teologie naturali?
Gesù figlio di Davide o Belzebù?
Riassumendo sul rapporto tra questo testo, che tratta del tentativo di
depistaggio nell’interpretazione dei
miracoli di Gesù da parte dei farisei,
e la teologia naturale, ricordo che il
rifiuto di riconoscere la divinità di
Gesù porta ad accusarlo di diabolicità. I teologi naturali possono anche
fare a meno di lui per accedere alla
conoscenza di Dio. In questo è compresa l’innata capacità (o autorizzazione, prerogativa) di effettuare atti
e gesti straordinari da parte degli esseri umani (ovviamente se ’’attrezzati” spiritualmente e psichicamente).
Tutto parte dall’assunto (consapevole o meno) che Dio si è rivelato,
e si rivela, anche al di fuori di Gesù
Cristo e della Scrittura. Ogni essere
umano, purché opportunamente « allenato » o « raffinato » (come un metallo prezioso), purificato dal peccato (detto « originale », ma depotenziato attraverso il sacrificio di
Gesù Cristo), avrebbe in sé, in potenza (come affermano i teologi
della « Scolastica » cattolica) tutta la
conoscenza di Dio con la sua potenza, perché Dio si rivelerebbe direttamente nella natura stessa dell’uomo. Come estensione molti, anche di
cultura e fede protestante, pensano
che Dio si riveli nella bellezza e nella perfezione deH’equilibrio del creato (o della « natura »).
Gesù, « uomo vero » e
la teologia naturale
Con questo schema, la persona di
Gesù trova la sua collocazione nella
cosiddetta « teologia liberale ». Essa (oltre al grande merito di aver
dato corpo alla scientificità della
ricerca storico-critica sui testi biblici) ha di fatto minimizzato proprio Gesù, riducendolo a puro esempio dell’uomo vero, cosciente del
proprio essere oggetto privilegiato
della rivelazione di Dio. Gesù è
quindi l’uomo perfetto; seguendo i
suoi insegnamenti ed il suo esempio di comportamento (vedi il famoso libro « Che farebbe Gesù », di
Carlo M. Sheldon - Claudiana 1988)
anche noi potremmo avvicinarci all’ideale della vera persona umana,
quella che ha già dentro di sé tutto
il regno di Dio (vedi la traduzione
di Le. 17: 21 nella Riveduta, dove
invece di « il regno di Dio è in mezzo — così in greco — a voi », si traduce che esso è « dentro » di voi).
Basterebbe perciò, sia pure attraverso un’operazione lunga e faticosa, raffinare il divino che è già in
ciascuno di noi per raggiungere la
perfetta statura di Cristo.
Tornando ai miracoli, intesi non
solo come guarigioni ma come prodigi meravigliosi (da «mirabilia», atti degni di ammirazione), cioè gesti straordinari, stupefacenti e
trionfali, essi sarebbero o la manifestazione delle immense possibilità
insite in ogni essere umano (e ciascuno, se opportunamente allenato, lo
ripeto, ne sarebbe capace) oppure
trucchi diabolici, buoni solo per
menti ancora pagane e superstiziose, di fronte a cui l’essere razionale, illuminato, cosciente della propria compiutezza naturale e spiritua
li rifiuto dei farisei di riconoscere la divinità di Gesù li porta ad accusarlo di essere figlio di Belzebù. Ma pure il credere che Dio si riveli anche al di fuori di Gesù Cristo e della Scrittura (come fa la teologia naturale e, fra i protestanti, quella « liberale » ) porta a relativizzare la figura di Gesù e a ridurlo a semplice uomo, vero e perfetto. Invece noi affermiamo e riconosciamo per fede che egli è la verità, egli solo. Voler
andare ’’oltre” la Scrittura è un esautorare Gesù Cristo e rischia di portarci a quella che egli chiama « bestemmia contro lo Spirito », che « non
sarà perdonata ».
le, non può che prendere le distanze
mostrando la propria più o meno
sprezzante disapprovazione e, quindi, il proprio sdegnoso rifiuto.
Per la prima « lettura », che definirei, un po’ sbrigativamente, dei
« carismatici », Gesù avrebbe mostrato al massimo di quali capacità
siamo tutti portatori. La Scrittura ce
ne annuncerebbe la realtà e 'sarebbe,
in pratica, il primo (o unico) manuale del perfetto « Uomo », attrezzato
sia spiritualmente sia psico-fisicamente a vincere ogni male (alcuni
specificano: quelli fisici più agevolmente, quelli spirituali più faticosamente).
Per la seconda « lettura », diciamo
(anche qui un po' sbrigativamente)
quella dei « razionalisti », Gesù
avrebbe compiuto guarigioni e « mirabilia » solo o quasi per gentile concessione alla limitata statura intellettuale del popolino che, per poter
credere in lui, non avrebbe avuto altra possibilità se non l’arrendersi al
fascino del prodigio sovrannaturale
(ovvero a quello ritenuto semplicisticamente tale). I cristiani « maturi » potrebbero anche trascurare
(per non dire « snobbare ») questi
brani evangelici perché non ne hanno bisogno per la loro fede. Poi si arriva, in certi casi, a ritenere secondari anche il Sermone sul Monte e poi,
perché no? i vangeli sinottici;
c’è qualcuno che, bontà sua, salva il
quarto vangelo perché più spirituale, intellettuale; restano, solo, alla
fine, le lettere autentiche dell’apostolo Paolo e poco altro. E tutti
snobbano l’Apocalisse.
I parenti indiretti
dei farisei
Sto parlando dei cristiani (teologi o no) che si occupano ancora di
Bibbia, ovviamente, perché altri eliminano subito il problema demonizzando, più o meno esplicitamente, Gesù, considerando lui (e chi in
lui crede ancora) come un ostacolo
allo sviluppo, al progresso, alla maturità della mente umana e, quindi,
alla costruzione di un’umanità emancipata, liberata da quella espressione di infantilismo culturale e
scientifico che è la religione. Essi
sono i parenti, indiretti se volete,
dei farisei che accusano Gesù di agire come emissario di Belzebù.
In quest’ottica, la Bibbia sarebbe
congeniale solo a gente immatura,
infantile, debole spiritualmente, intellettualmente e culturalmente.
A tutti costoro noi opponiamo un
presupposto di partenza che è quello della persona di Gesù. Noi affermiamo e riconosciamo per fede
che egli è la verità, egli solo. E, se
uno solo è la verità, una sola è anche la via che porta alla conoscenza
di Dio; uno solo dice la verità sulla
vita, sull’uomo, sulla realtà, sul mondo, sul creato intero: Gesù Cristo.
Certo, occorre scendere dal piedistallo della propria infallibilità, della
propria pretesa divinità, e da quello
della propria presunta emancipazione da ciò che i credenti chiamano
Dio.
L’interrogativo stupito
della folla meravigliata
Nel nostro testo, infatti, la cosiddetta « folla », non disponendo
della presunzione del Sistema e non
facendo parte deH’intellighenzia del
paese, non si illude di avere in mano la chiave interpretativa di tutto.
Perciò si interroga: « Che sia costui
fistio di Davide? ». Certo, è sorpresa e meravigliata. Sanamente
meravigliata! Quella folla non diventerà di colpo la chiesa dei « santi »
(tanto meno quelli « degli ultimi
giorni »), né quella di coloro che
non si fanno contaminare da chi
non è correttamente battezzato, né
quella dell’istituzione gerarchica e
dal magistero infallibile, quella folla dovrà decidersi prò o contro Gesù,
prò o contro il suo evangelo; dovrà
riconoscerlo o sprezzarlo, e con lui
anche la testimonianza che gli renderanno i discepoli, gli apostoli, la comunità primitiva. Quella folla non
potrà limitarsi ad « ammirare » Gesù (l’ammirazione pura e semplice
porta facilmente a rivoltarsi contro chi ne è oggetto fino a crocifiggerlo o a bruciarlo sul rogo della
propria intolleranza, dovuta al rifiuto di un Dio che chiede coerenza di
fede ed impegno personale). Ma
intanto è interessante che essa, nel
suo interrogarsi su Gesù, si riferisca ad un personaggio della Scrittura: Davide. E’ vero che questo riferimento veterotestamentario non
le basta a riconoscere Gesù (riferirsi
alla Scrittura non è di per sé garanzia di infallibilità), ma intanto sarà
bene ribadire che la Scrittura è indispensabile per conoscere la rivelazione di Dio. Avendola come fondamento, non si sarà immuni dall’errore, ma senza di essa si sbaglia
di sicuro! Senza di essa non si ha
alcuna possibilità di conoscere la
verità 'su Dio e su noi stessi.
Nella Scrittura non ci sono risposte preconfezionate. In genere, quando interroghiamo la Scrittura, essa
ci interroga di rimando. Questo dialogo è però, lasciatemelo dire, meraviglioso: è il garante della nostra libertà. Il past. Maillot (vedi il libro
Claudiana « I miracoli di Gesù » arriva a dire, di riflesso: « Il più grande apprezzamento che ricevo è quando mi si dice: ”Tu ci poni tanti, troppi interrogativi con la tua predicazione!”. Se mi dicessero: "Grazie per
tutte quelle precise risposte...", mi
respingerebbero nel clan dei farisei,
sprezzanti e sicuri di sé, pieni di certezze e di superiorità ».
Solo Gesù conduce con certezza a
Gesù. Tutto il resto può essere (o
non essere) testimonianza a lui.
Non ho bisogno di prolungare il discorso nei confronti del dogmatismo sia religioso sia politico. Il
guasto che hanno fatto e fanno nella storia è davanti agli occhi di tutti
(o almeno a quelli di chi sa ancora
stare in ricerca di liberi rapporti
umani, nel rispetto della dignità e
dei diritti di tutti).
I credenti in Cristo sono persone
capaci di lasciarsi ancora e sempre
interrogare dalla Parola. E veniamo, quindi, al versetto del « peccato
(o della bestemmia) contro lo Spirito Santo ». Matteo lo spiega cristocentricamente in maniera paradossale: tu puoi anche mettere in discussione l’uomo Gesù, i suoi atteggiamenti (fino a fare una serissima
lettura « storico-critica » della Bibbia), ma attento a non rifiutare
in lui l’incarnazione della Parola di
Dio, la sua unica e sufficiente rivelazione; attento a non escludere da
lui la presenza stessa di Dio e il
suo essere « Dio con noi » (« Emmanu-el »), Dio davanti a te, ovvero il
modo tutto nuovo, evangelico, di
esprimere quello che la Bibbia aveva sempre chiamato lo « Spirito »
di Dio, il modo di essere, di intervenire e di agire di Dio nella storia.
Illuminismo e
fondamentalismo: gemelli?
Di fronte a questo ammonimento
(e a questi pericoli), illuminismo e
fondamentalismo carismatico sono
gemelli, anche se avversari. Voler andare « oltre » la Scrittura è un esautorare Gesù Cristo. Esaltare la propria spiritualità, caratteristica del
fondamentalismo, offre solo un facile
rifugio di fronte ad un mondo giudicato degno solo di disprezzo, ma poi
spesso solo formalmente disprezzato
o contestato.
Noi preferiamo essere colti di sorpresa, come questa folla, e interrogarci sempre di nuovo, perché così
sapremo ricevere la parola di Gesù
che dice: « E’ giunto fino a voi il regno di Dio » (v. 28). E vogliamo ricevere questa parola con le nostre personali diversità, senza pretendere di
modellare gli altri ad immagine di
noi stessi, purché siamo tutti pronti
a riconoscere che Gesù ci viene incontro anche attraverso gli interrogativi che la sua parola pone agli uni
e agli altri. Il Malliot afferma, in maniera tutt’altro che azzardata: « Gesù è un moltitudinista. Non scarta,
non screma nella sua comunità, non
fa l’elenco dei degni e degli indegni
ma pone una condizione: che si accetti di non avere modelli preconcetti o prestabiliti. Gesù accoglie tutti,
ad eccezione di coloro che "non” vorrebbero che tutti venissero accettati. Accoglie tutti, purché essi si sappiano accogliere gli uni gli altri ».
Paolo Sbaffi
(2 - fine)
7
16 ottobre 1992
obiettivo aperto 7
UN’ESPERIENZA DI LAVORO NEL OUADRO DEGLI SCAMBI CEVAA
Un ospedale nell’Africa centrale
La Struttura, il personale scarso e altre difficoltà oggettive obbligano i medici a lavorare in condizioni precarie: nonostante questo l’esperienza fraterna è arricchente e il servizio reso alla popolazione molto importante
Dopo un periodo di sei mesi a cui si riferisce questo articolo,
Marco T. Fiorio, con la moglie Alba, riparte per il Camerún alla
volta dell’ospedale della Chiesa evangelica nel quadro del programma di scambi della CEVAA.
Arrivo a Ndoungué ai primi dello scorso febbraio, come inviato della CEVAA. Sono stato assegnato all’ospedale dell’EEC (Chiesa evangelica del Camerún, che ne
gestisce altri quattro in tutto
il paese), dove è stato richiesto un ortopedico-traumatologo.
Come sarà questo ospedale? Sarà sufficientemente attrezzato, dotato di servizi
generali adeguati? E’ certamente un grosso impegno il
mettere su un ospedale, con
tutto quello che occorre,
quello che giorno per giorno
si consuma, la manutenzione
necessaria, la pulizia, il rapporto fra gli operatori e i
ricoverati... Già, i ricoverati.
Ci saranno assicurazioni contro la malattia, convenzioni?
Come sarà attrezzato per le
urgenze, questo ospedale di
Ndoungué? E gli operatori?
Quale sarà l’organico dei medici e l’organizzazione dei
reparti, dei servizi, degli ambulatori?
Prendo subito contatto
con il direttore (médecin
chef, come si dice qui). E'
un oculista, un uomo cordiale, non ha nulla del « barone » della medicina. Oltre alla direzione dell'ospedale, ha
anche la sua divisione e il
relativo ambulatorio. Qui arrivano anche da lontano pazienti con patologia oculare,
sia medica che chirurgica.
E le altre divisioni, gli altri medici? Questi sono tre
(io sarò il quarto, con il direttore siamo cinque). C’è
un pediatra con la sua divisione e due generici, di cui
uno fa la chirurgia (ha una
buona pratica di chirurgia
addominale) e l’altro la medicina, mentre la maternità
è seguita dal pediatra e dalla chirurgia per le esigenze
operatorie (interventi ginecologici, parti cesarei); per i
parti normali e altri interventi ci sono ostetriche e infermieri.
Ci sono infatti infermieri
dotati di capacità che da noi
sono proprie dei medici. Infermieri che ricevono il pubblico in ambulatorio (« infir
miers consultants ») preparano le schede dei malati (peso, temperatura corporea,
pressione arteriosa) e raccolgono l'anamnesi; infermieri
« operatori », capaci di intervenire sull'addome per gli
intendenti più correnti, e per
le urgenze, se il medico è
già impegnato in sala operatoria o altrove (ce n’è uno
solo!); infermieri radiologi,
laboratoristi, ecografisti, anestesisti! Per la diagnostica
non traggono abitualmente
conclusioni, ma non sono
nemmeno dei puri esecutori.
C'è infatti per esempio un
medico (il pediatra) che interpreta le ecografie, ma in
sua assenza è l'infermiere
che dà i reperti ecografici,
sempre corredati dalla foto,
per cui l'operatore può rendersi conto anche personalmente della situcizione.
Un cenno a parte meritano gli anestesisti. Qui non ci
sono apparecchi erogatori
dei gas, respiratori, monitoraggi, defibrillatori. Eppure
si fanno interventi importanti, e anche prolungati. Come
fanno? Praticano dei « cocktail s litici», delle combinazioni di farmaci antidolorifici,
neuroplegici, miorilassanti...,
controllano frequentemente il polso e la pressione
arteriosa! Qui si arriva in sala operatoria con il dosaggio
dell'emoglobina, la conta dei
leucociti; la glicemia e l'elettrocardiogramma soltanto
quando si sospetti un diabete o una cardiopatia, raramente l’azotemia. Perché
così poco? Il laboratorio forse non potrebbe sostenere
una maggior mole di lavoro
(e certi esami, correnti da
noi, come il dosaggio degli
elettroliti, il quadro proteico, Tenzimogramma, il TAS,
per citarne soltanto alcuni,
non si possono proprio fare);
ma c'è anche un motivo sociale, e qui vengo a un altro
capitolo, che più che stupire mi terrorizza: bisogna ridurre la spesa! Il fatto è che
la gente qui deve pagare ogni
esame di laboratorio, ogni
radiografia, ogni iniezione.
L’ospedale evangelico di Ndoungué è costituito da una serie di corpi
separati in cui si svolgono le diverse mansioni.
Donne camerunesi in attesa di
una medicazione.
ogni compressa che il medico prescrive. Mi si dice che
fino a poco tempo fa, due-tre
anni, qui la gente aveva qualche possibilità, per la vendita dei prodotti del suolo, in
particolare caffè e cacao.
Qra i prezzi di questi prodotti hanno subito un crollo
vertiginoso sul mercato internazionale, e qui c'è crisi.
E' la stessa crisi di cui
soffrono i paesi dell’America
centrale, anch’essi strangolati, come l’Africa, dalla legge
inflessibile del mercato, manovrato dalle multinazionali.
Le stesse multinazionali che
dopo la decolonizzazione
hanno preso in mano la gestione delle monoculture, a
suo tempo imposte dai colonizzatori: svalutati i prodotti delle monoculture non
c’è una soluzione di ricambio, e il debito del Terzo
Mondo aumenta...
I malati sostenuti da una
qualunque assicurazione sono una strettissima minoranza; gli altri devono pagare di tasca propria, sia che
abbiano il denaro, o che siano costretti a indebitarsi per
pagarsi le cure, come è più
frequente. L’ospedale, d’altra parte, non gode di finanziamenti di alcun genere, e
può funzionare soltanto facendo pagare alla gente tutte le prestazioni.
Ho fatto una ricognizione
dei mezzi che avrò a disposizione per il mio lavoro. Qui
la traumatologia è un settore molto importante; arriva
gente anche da lontano, vittime di incidenti stradali, o
di infortuni, come chi cade
da una palma mentre legato
al tronco con una cintura di
fibre vegetali la pota a 10
metri dal suolo, o come i
ragazzini che, saliti su un
albero di mango per coglierne i frutti dolci e aromatici,
cadono per la rottura di un
ramo o per la perdita dell’equilibrio. Sono fratture
della colonna vertebrale, o
del femore, o addirittura,
come mi è capitato di osservare, fratture di diversi segmenti scheletrici e rottura
della milza, da operare con
urgenza. Ma l’attrezzatura?
Il nostro lavoro non è possibile senza determinati strumenti; qui mancano cose ritenute assolutamente indispensabili in Europa.
L’impressione del primo
momento è desolante. Scrivo
in Italia per chiedere aiuto:
ci sarà forse qualche apparecchio ormai da sostituire
(perché obsoleto, o perché
la riparazione di un guasto
non è considerata conveniente sul piano economico) ma
ancora utilizzabile? E’ la
CIOV che si fa interprete di
questa richiesta presso i nostri ospedali, e si trova qualcosa che qui è veramente
prezioso. Ringrazio l’ospedale evangelico di Genova, che
offre due importanti apparecchi radiologici, dopo averli fatti riparare e mettere a
punto perché si possano utilizzare. Ringrazio i singoli,
le organizzazioni e le comunità che hanno partecipato
alla raccolta di denaro per
la spedizione per via aerea
(non è poco, si parla di milioni).
I servizi e
l’assistenza
I servizi dell’ospedale. C’è
una piccola lavanderia, che
basta soltanto per il materiale di sala operatoria e per
i camici e le divise del personale. I malati portano le
lenzuola, è per questo che
sui letti vedo drappi colorati, spesso a colori vivaci, come qui si usano anche per i
vestiti. La mensa, la cucina?
Questa non c’è in assoluto,
infatti il personale va a mangiare a casa (tutti abbiamo
l’abitazione sul terreno dell’ospedale); i malati si giovano dell’assistenza di familiari e amici: fra questi le donne si occupano del lavaggio
della « biancheria » da letto
e degli effetti personali dei
ricoverati (fra cui le bende
delle medicazioni! Se penso
alla quantità di materiale
che si spreca da noi...), e della preparazione del vitto. Ho
capito così la funzione di un
edificio (poco più di una tettoia) che sorge lungo il sentiero fra i prati che porta
dalla mia casa ai padiglioni
dell’ospedale. Qui le donne
provvedono alle esigenze dei
loro ammalati, curano anche
i bambini (quanti, bellissimi!) che non hanno potuto
affidare ad altri, qui vanno
a dormire la notte, riscaldandosi con piccoli fuochi.
Queste donne sono meravigliose: hanno accettato con
serietà e con serenità questa
importante funzione. Alcune
sono poco più che delle ragazzine, altre già un po’
avanti negli anni hanno sul
viso i segni della vita non
facile che hanno affrontato.
Mi salutano, e alla mia risposta, come è l’uso di
qui ringraziano (« merci, papa! »). E’ una popolazione
buona e gentile (ma dignitosa, non servile), che merite^
rebbe una sorte migliore.
Sento il peso della responsabilità che portiamo, come
cittadini del mondo sviluppato, verso questa gente, cui
abbiamo portato via tante
ricchezze, e da cui ci ostiniamo a volerci far pagare dei
debiti che non saranno mai
esauriti.
Molti di loro qui sono
evangelici: spesso sento cantare qualcuno dei nostri inni
mentre attraverso il prato,
o durante il mio lavoro, magari in sala operatoria.
Devo confessare che la prima impressione è stata piuttosto demoralizzante. La
realtà è troppo diversa da
quella che per noi è il concetto di un ospedale! Ma
questo ospedale funziona: la
mattina incontro gente che
scopa e lava per terra. Sembra una cosa ovvia, ma si
deve pensare che qui la
struttura è particolare. I collegamenti fra i vari padiglioni sono dei sentieri di cemento, alcuni dei quali coperti perché qui quando piove non c’è ombrello che basti. La polvere invade ogni
luogo, e questi camminamenti richiedono ogni mattina
un gran lavoro di pulitura.
Sono convinto che alcuni
cattivi risultati (alcuni morti, per dirla con franchezza)
potrebbero essere evitati se
vi fossero altri mezzi: nel
nostro campo la buona volontà non può sostituire in
tutto le possibilità tecniche.
Ma è un fatto che questo
ospedale, con la rete di dispensari e di centri di
protezione materno-infantile
che agiscono per suo conto
su un vasto territorio, ha
una buona rinomanza: molti preferiscono venire qui
dal capoluogo (Nkongsamba), dove pure vi è un ospedale centrale dello stato. Altri vengono da più lontano,
perfino da Donala, la seconda città del paese, sulla costa atlantica, anch’essa « ricca » di ospedali e di cliniche
private. E’ un ospedale che
funziona, che rende il suo
servizio alla popolazione. E’
un ospedale che merita l’aiuto, il piccolo modesto aiuto
che gli posso offrire. Mi sento riconfortato.
Marco Tullio Fiorio
8
8
ecumenismo
16 ottobre 1992
19-24 SETTEMBRE: CONFERENZA IN UNGHERIA
r
I pastori nell'Europa
Tre relazioni teologiche hanno affrontato il tema del compito missionario in una società secolarizzata - Tra speranze e interrogativi
Echi dal mondo
cristiano
V' Il
Dal 19 al 24 settembre si è
tenuto a Berekftirdo (nell’Ungheria orientale, non lontano da
Debrecen) il IV congresso della Conferenza europea delle associazioni pastorali (KEP) sul
tema: Il compito missionario dei
pastori in un’Europa secolarizzata. Il filo conduttore dei lavori è stato fornito da tre relazioni di carattere teologico. Lo
de Lievde (riformato olandese)
ha presentato il Servo di Jahvè
di Is. 42 come modello dell’esistenza missionaria del pastore;
Norman Issbemer (anglicano)
ha cercato di utilizzare le categorie e gli schemi del marketing
per caratterizzare difficoltà e
chances dell’evangelizzazione nella nostra società dell’immagine
e del rapido consumo; Gustzàv
Bdlcskei (riformato imgherese)
ha affrontato il tema dal punto
di vista storico-sistematico: dopo aver riassunto le vicende della Chiesa riformata imgherese
negli anni successivi al 1945, ha
evidenziato la necessità di tradurre il messaggio evangelico in
categorie completamente nuove.
Non le relazioni, tuttavia, né
il lavoro in gruppi, hanno costituito il piatto forte del congresso, ma la grande ricchezza
di incontri e di scambi personali, aspetto al quale gli organizzatori hanno riservato spazi
assai ampi. In particolare, i rappresentanti dei paesi dell’Est europeo hanno avuto modo di testimoniare le difficoltà legate all’attuale fase di transizione: in
Cecoslovacchia e Ungheria, come nell’ex DDR, si pone in termini urgenti, tra gli altri, il problema di che cosa fare con quanti, tra pastori e dirigenti ecclesiastici, hanno collaborato con il
passato regime. Le liste uscite
dagli archivi segreti sono lunghe e comprendono nomi eccellenti (alcuni noti, e cari anche
a noi: valga per tutti quello di
Amedeo Molnàr, recentemente
scomparso); esse, tuttavia, mettono insieme veri e propri delatori e altri che si sono limitati
a esprimere lealtà allo stato socialista. La stessa situazione si
verifica in Romania: qui, però,
l’emergenza più grave è rappresentata dalla vera e propria fame che attanaglia ampie fasce
della popolazione, pastori ovviamente inclusi. Grande commozione ha suscitato la testimonianza di due pastori dell’ex Jugoslavia, arrivati l’ultima sera
(dovevano, in realtà, partecipa
re a un altro incontro). Alla domanda: « Quando finirà il macello? », hanno risposto: « Quando saranno tutti morti ».
Incontri del genere pongono
anche altri interrogativi, certo
meno drammatici. In Norvegia,
ad esempio, il 90% della popolazione è luterana, benché le
chiese siano semideserte; la chiesa è direttamente legata alla corona, si concepisce come im’espressione del popolo in quanto tale, e un pastore dichiarava
di « avere difiBccltà » con le minoranze. Cosa unisce questa realtà alla nostra? Forse l’unica risposta è venuta dai culti, quello domenicale e quello conclusivo, con Santa Cena, veri momenti culminanti del congresso.
Molto scarsa, a onor del vero,
la rappresentanza femminile; in
compenso quattro consorti di
membri del Presidium della KEP
hanno collaborato in modo impeccabile alle funzioni di segreteria. Presidente è stato eletto
il pastore Peter Altdorfer di Rizenbach (CH, cantone di Berna),
infaticabile organizzatore, con la
moglie Suzanne, di questo incontro.
Fulvio Ferrarlo
LE CHIESE IN ALBANIA
Le prospettive per il futuro
Nel corso dell'Assemblea generale della KEK svoltasi a Praga
abbiamo incontrato Georghe Lemopoulos, teologo ortodosso che
lavora a Ginevra presso il Consiglio ecumenico delle chiese.
— Signor Lemopoulos, lei è
stato recentemente in Albania.
Come giudica la situazione attuale? Quali prospettive vede?
— E’ molto difficile dire in due
parole che cosa è successo, che
cosa sta succedendo, che cosa
potrà succedere in Albania. Alle
spalle ci sono i decenni di regime comunista, ma ci sono anche
i 25 anni di ateismo ufficiale. Sono fattori molto importanti che
hanno influenzato la società albanese. Ora, con la democratizzazione, ci sono molte possibilità, rna ci sono anche molti problemi, non solo economici. Di
fatto, manca praticamente tutto:
la situazione è veramente terribile.
A questo bisogna aggiungere
che l’Albania, come le altre nazioni della penisola balcanica,
sperimenta la realtà ed i problemi di sofisticati equilibri sociali: in campo religioso c’è un equilibrio tra cristiani e musulmani; nella famiglia cristiana
tra ortodossi e cattolici; negli
stessi ortodossi c’è un equilibrio
tra albanesi autoctoni e gruppi
di origine greca.
— Passando alla situazione della Chiesa ortodossa autocefala
d'Albania, che cosa ci può dire?
— In realtà non sono un esperto della Chiesa ortodossa auto^
cefala d’Albania, ma ho avuto il
privilegio di visitare l’Albania
con una delegazione ecumenica,
organizzata dal Consiglio ecumenico delle chiese e dalla KEK.
Senza contare che la chiesa a cui
appartengo, il Patriarcato ecumenico, ha molto a cuore la ricostruzione della Chiesa ortodossa albanese.
Per quel che riguarda la situazione della Chiesa ortodossa, ci
sono enormi difficoltà. Alla ria
pertura delle chiese si è scoperto che quasi tutti gli edifici erano stati devastati ed erano rimasti solo quattro o cinque preti molto anziani. Poiché ogni
chiesa ortodossa, anche se autocefala, è considerata parte della
famiglia delle chiese ortodosse,
e anche della più vasta famiglia
delle chiese cristiane, il patriarcato ecumenico ha preso l’iniziativa di nominare come capo della Chiesa ortodossa autocefala
l’arcivescovo Anastasios Yannulatos.
Una delle sue prime preoccupazioni è stata quella di ristabilire in qualche modo la comunione con le chiese ortodosse e anche la collaborazione e la cooperazione con le organizzazioni ecumeniche. Non appena è stato
nominato, è entrato in contatto
con la KEK, chiedendo che la
Chiesa ortodossa albanese potesse diventarne membro. Questo
indica che la Chiesa ortodossa
albanese conta molto sulla famiglia ecumenica. Ed il segretario generale della KEK ha scritto una lettera molto cordiale all’arcivescovo, promettendogli che
la KEK avrebbe fatto tutto ciò
che poteva per aiutare una chiesa così in difficoltà.
Un altro dei primi atti dell’arcivescovo, lo scorso anno, è stato quello di rimettere in piedi
una sorta di primitivo, ma assai necessario, seminario teologico per la preparazione pastorale. Dopo quattro o cinque mesi di istruzione teologica sono
usciti per ora otto preti e venti
diaconi. Così la Chiesa inizia ad
avere anche i lavoratori per organizzare la sua vita. Per fortuna i laici stanno partecipando
molto.
— Concretamente che cosa possono fare la KEK e le varie chiese ideine per aiutare la Chiesa
ortodossa albanese?
— E’ molto difficile parlare dei
bisogni di una nazione e di una
chiesa quando non esiste praticamente nulla. Per quel che capisco, hanno bisogno di tutto.
E naturalmente, quando ti viene richiesto tutto, scopri che non
sei in grado dj coprire tutti i
bisogni esistenti.
Il compito è notevole. Nelle
vecchie statistiche c’erano il famoso 65% di musulmani, il 25%
di ortodossi, il 10% di cattolici.
Ma bisogna ricordarsi che queste statistiche sono precedenti al
’65, quando la popolazione albanese era di circa 1,5 milioni. Ora
gli albanesi sono 3 milioni, il che
significa che la proporzione di
coloro che probabilmente non
hanno neppure sentito parlare di
religione è molto grande. In Questo senso il compito della chiesa diventa molto importante.
Ogni chiesa occidentale che
pensi di avere qualcosa da offrire, può aiutare la Chiesa ortodossa albanese. C'è oui un problema reale, ed è Quello di come
le chiese occidentali possano veramente essere d’aiuto per le
chiese dell’Est. Ogni azione, ogni
dono può essere facilmente frainteso. Prima di stabilire cosa
fare, bisogna decidere come farlo, Oggi la famiglia ecumenica
cerca di avere una specie di accordo tra chiese e tra credenti,
chiedendo che l'aiuto e la collaborazione passino e.sclusivamente
attraverso le chiese locali esistenti. Perciò anche le chiese italiane. se vogliono dare una mano. dovrebbero mettersi in contatto con l’arcivescovo Anastasios
e concordare con lui quello che
si può fare.
— Molti albanesi sono recentemente emigrati in Italia e molti stanno ancora arrivando. Le
chiese ortodosse pensano di organizzare un'assistenza religiosa
per costoro?
— Fuori dell’Albania ci sono
delle comunità ortodosse di albanesi, ma fino a poco fa erano
limitate soprattutto agli Stati
Uniti. Per il momento si stanno
organizzando comunità ortodosse
di albanesi in Grecia, dove con
le recenti immigraizioni sono
giunti in almeno tre o quattrocentomila. Tuttavia questa presenza è fluttuante: alcuni si fermano solo qualche mese, altri
cercano un lavoro più stabile,
altri ancora affermano di volersi comunque trasferire in modo
permanente. Alcune diocesi e
alcuni vescovi stanno cercando
di soddisfare i bisogni spirituali
che una situazione così complessa comporta.
Alberto Bragaglla
Sulle manifestazioni
di xenofobia
HANNOVER — Riunito a metà settembre, il Consiglio della
Chiesa evangelica di Germania
(EKD) si è dichiarato costernato dall’ondata di attacchi portati contro gli immigrati e i rifugiati nel paese. Ricordando
una dichiarazione fatta nell’agosto scorso dal suo presidente, il
vescovo Klaus Engelhardt, in seguito agli attacchi compiuti contro gli stranieri a Rcstock, il
Consiglio ha sottolineato che tali atti « mettono in pericolo la
pace interna e la cultura democratica del nostro paese ».
Il Consiglio ha chiamato le
Chiese protestanti ed i loro
membri a protestare contro
« l’ondata di incertezze e di angosce... con una testimonianza
coraggiosa e un appoggio attivo
alle persone oppresse e minacciate ». Il diritto d’asilo deve essere mantenuto per quelli che
sono politicamente minacciati,
ha aggiunto, anche se ha riconosciuto che le procedure di risposta alle richieste di asilo dovevano essere accelerate e i richiedenti la cui domanda veniva legalmente respinta dovevano lasciare definitivamente il paese.
Il Consiglio ha anche esaminato un rapporto sulla disoccupazione, in particolare nella ex
Germania dell’Est. Di fronte al
numero crescente di disoccupati
è importante, ha sottolineato,
che le iniziative assunte dalla
chiesa per lottare contro questo
problema siano segni di speranza per coloro che ne sono vittime.
(SOEPI)
Incidenti subiti
dagli ortodossi
UCRAINA — In una lettera
indirizzata a settembre al segretario generale del CEC, il patriarca Alessio II riferisce su
una serie di incidenti verificatisi tra giugno e agosto e che toccano tutte le diocesi della Chiesa ortodossa in Ucraina. Membri del governo, della milizia,
delle forze paramilitari e di associazioni politiche si sono uniti ad elementi scismatici per riprendere i beni della Chiesa ortodossa in Ucraina e per perpetrare atti di violenza contro ecclesiastici e laici rimasti fedeli
alla chiesa. Appelli sono stati rivolti al presidente dell’Ucraina,
Kravchuk, ma invano.
I problemi attuali, precisa il
patriarca, hanno origine nel scisma provocato dall’ex responsabile della Chiesa ortodossa in
Ucraina, il metropolita Filarete
di Kiev, che era stato sospeso
dalle sue funzioni il 27 maggio
scorso e sostituite con il metropolita Vladimir. Due settimane
dopo, il Consiglio dei vescovi
della Chiesa ortodossa russa aveva deciso la sua riduzione allo stato laicale.
II metropolita Filarete era stato accusato di collaborazione
con i servizi segreti dell’ex Unione Sovietica (KGB). Era stato
inoltre criticato per aver gestito male la situazione durante la
rinascita delle chiese greco-cattoliche (uniate) nell’ovest dell’Ucraina.
Con l’appoggio delle autorità
politiche e sotto la pressione del
movimento nazionalista ucraino
« Rukh », « il quale ricorre a nietodi del tutto contrari ai principi dei diritti umani e della libertà religiosa », Filarete ha cercato di fondere il proprio
gruppo « Chiesa/Patriarcato ortodosso ucraini di Kiev » con la
Chiesa ortodossa autocefala in
Ucraina, vecchio gruppo dissidente facente capo all’arcivescovo Mstislav Skrypnyk che risiede negli Stati Uniti.
Nella sua risposta del 26 ago
sto all’appello lanciato dal patriarcato di Mosca, il patriarca
ecumenico Bartolomeo I, « primus inter pares » dei primati ortodossi, ha accettato la decisione presa dal Sinodo di destituire Filarete.
(SOEPI)
Svezia: nasce il
Consiglio cristiano
STOCCOLMA — Il Sinodo della Chiesa luterana svedese ha
deciso di aderire al costituendo
Consiglio cristiano della Svezia.
Del nuovo organismo, che inizierà la sua attività quest’inverno,
fanno parte luterani, cattolici,
metodisti, riformati, numerose
chiese ortodosse, l’Esercito della Salvezza e alcune chiese libere: la quasi totalità delle chiese
cristiane della Svezia.
(NEV)
li nome di Dio e la
campagna elettorale
NEW YORK — In una lettera aperta indirizzata al presidente George Bush, il Consiglio nazionale delle chiese degli USA
definisce « blasfemo » l’uso che
viene fatto del nome di Dio durante la campagna elettorale
presidenziale. « Non si può usare Dio — dice la lettera — per
asserire la superiorità di un partito su un altro. Dio non è repubblicano o democratico ».
(NEV)
Garantire gli aiuti
all’ex Jugoslavia
MONTREAL — Il Consiglio
nazionale delle chiese del Canada, in una lettera aperta al primo ministro Brian Mulroney, si
è dichiarato favorevole all’uso
anche della forza per garantire
la distribuzione degli aiuti nei
territori dell’ex Jugoslavia. La
dichiarazione è stata approvata
dopo un lungo dibattito che ha
coinvolto tutte le chiese del Consiglio, che riunisce cattolici, luterani, anglicani, riformati e presbiteriani.
(NEV)
No all’insegnamento
confessionale
ROMA — Un invito a « studenti e genitori credenti e non
credenti a non chiedere nella
scuola un insegnamento confessionale » e ai cittadini italiani
« a vigilare sulla laicità dello
stato » è stato lanciato in occasione delle celebrazioni del 20
settembre 1870 da numerose organizzazioni. Nel gruppo promotore il Comitato romano per la
laicità della scuola e il Comitato nazionale Scuola e Costituzione, al quale aderisce anche la
Federazione delle chiese evangeliche.
(NEV)
Sale la popolazione
protestante
BUENOS AIRES — Secondo
un’inchiesta dell’agenzia latinoamericana Press, la popolazione
protestante in Argentina, che era
calcolata al 3% nel 1980, alla fine del 1991 è salita all’8% della popolazione totale. La crescita è particolarmente rilevante
nella città di Buenos Aires, dove la metà delle chiese protestanti (circa 300) sono state fondate dopo il 1980. Secondo l’agenzia, l’espansione è dovuta principalmente al riaffermarsi dei
principi di libertà religiosa con
il ritorno alla democrazia nel
1983.
(NEV)
9
16 ottobre 1992
E Eco Delle Valli Va!.df.s¡
MANIFATTURA DI PEROSA
L'accordo al vaglio
Gente ai dei lavoratori
balconi
Perché, oggi, occuparsi dei
popoli dell’America? Forse, dai
balconi dì Pinerolo, qualcuno se
lo è domandato. In fondo ci sono sempre, e oggi più che mai,
problemi ben più pressanti, più
urgenti. L’economia va a rotoli,
impone sacrifici, si riparla di
scioperi, si rivedono i cortei nelle piazze, e qui nel Pinerolese ci
sono gravi difficoltà, dalla casa
alla disoccupazione, dall’abbandono scolastico precoce al disagio sociale che l’estate scorsa ha
portato a fatti tragici e inquietanti.
E difficile proporre riflessioni su temi in apparenza tanto
lontani, quando le famiglie devono farsi i conti in tasca, e
capire come arrivare alla fine
del mese, come pagare l’affitto.
E l’attuale crisi della polìtica,
che è soprattutto crisi di rappresentanza, poiché il cittadino
non si sente più di riporre fiducia in qualcuno che lo rappresenti degnamente, porta a rinchiudersi in se stessi...
Eppure attivarsi, discutere,
manifestare serve, anche su problemi distanti migliaia dì chilometri. Non è del resto un fatto
isolato. Per anni ì nostri gruppi
giovanili hanno riflettuto sul Sud
Africa, poi hanno scoperto l’intolleranza di casa nostra: alcune convinzioni sono andate in
crisi, molte hanno trovato conferma nei fatti locali...
E ancora: per alcuni anni un
coordinamento ecumenico su
« Giustizia, pace e salvaguardia
del creato » ha cercato nelle Valli e a Pinerolo dì lavorare seguendo l’indicazione delle grandi assemblee di Basilea e di
Seoul: pensare globalmente, mondialmente, e cercare di far qualcosa in ambito locale. Così si
sono affrontate la questione della casa e la questione occupazionale. In una serata di due anni
fa a Perosa, a partire dal problema del massiccio ricorso ai
turni di fine settimana nelle
aziende locali, si è discusso della
concorrenza che le industrie europee subiscono da parte di ditte di paesi come la Corea del
Sud (ancora Seoull) in cui il
costo della manodopera non è
neanche un parametro, è all’ultima posto.
L’alternativa è secca: se produrre qui costa troppo, ci si trasferisce dove la gente ha meno
pretese, o dove non si rispettano
le norme di sicurezza (lo stabilimento di Bhopal non rispondeva certo alle norme seguite
scrupolosamente negli stabilimenti svizzeri della stessa ditta!). Forse perché in altre parti
del mondo la vita vale meno?
Chiediamocelo. A giudicare da
come pellirosse, indios e tanti
altri vengono trattati ancora
oggi ( pensiomo al Brasile) sembra così.
Una marcia come quella del
12 ottobre non risolverà i loro
problemi, né quelli locali. Aiuterà però a capire che è nel confronto collettivo e non nella chiusura personalistica che si affrontano i problemi. A meno che (e
ci auguriamo che non accada)
.si cominci a ritenere che è meglio affidarsi a qualche personaggio « provvidenziale » che li
risolva per noi. Balconi e finestre aperte, a Pinerolo, hanno dimostrato che c’è ancora voglia
di farsi coinvolgere.
Alberto Corsani
Dopo aver presentato alle assemblee dei lavoratori l’ipotesi
di accordo raggiunta fra rappresentanti sindacali ed i rappresentanti della Manifattura, sarà
un- referendum fra le maestranze a definire le prospettive della
fabbrica tessile di Perosa Argentina.
Ohibò, della CISL, illustra le
proposte: « Trattenuta di una
percentuale sui salari mensili
per un anno, che nel caso del 2“
livello (la stragrande maggioranza) significa circa 91.000 lire, con
impegno alla restituzione del
50% a partire dal marzo ’94. In
cambio, oltre al ritiro della proposta di licenziamento dei 131
dipendenti, l’azienda si dice disposta a procedere con 4 miliardi di investimento nel reparto
roccatura ».
Sarà possibile, nel periodo di
investimento, andare incontro
ad alcune eccedenze di personale (40-45 persene) ma in questo
caso si farebbe ricorso alla cassa integrazione. La Manifattura
si impegna peraltro anche a
non procedere ad alcun taglio
occupazionale nei tre anni successivi. Fra le rinunce a cui andrebbero incontro i dipendenti
anche l’indennità di trasporto ed
il servizio mensa.
Con queste rinunce da parte
dei lavoratori sarà possibile —
dicono i responsabili dell’azienda — non chiudere le lavorazioni di Perosa, e comunque ri
durre i costi di produzione oggi troppo elevati per poter essere concorrenziali in un settore
che vive a livello generale momenti assai difficili.
Sulla possibilità che la proposta di accordo venga accettata
dai lavoratori neppure i sindacati fanno previsioni, anche se
le alternative risultano essere
ben poche.
Contro la
« manovra Amato »
Intanto anche il Pinerolese si
è mobilitato martedì scorso per
lo sciopero contro la « manovra
Amato ».
« Soddisfazione » per le adesioni raggiunte è il primo commento dei rappresentanti delle
forze sindacali del Pinerolese:
« Ci sono stati scioperi anche
in quelle fabbrichette che talvolta restano un po’ fuori da queste- iniziative — dice Franco
Agliodo, della CISL —. Credo si
possa stimare in un buon 80%
la percentuale delle adesioni ».
« Il punto più basso è stata
la SKF di Pinerolo — aggiunge
Federico, della CGIL — ma va
tuttavia tenuto conto che in questo stabilimento ' normalmente
siamo a livelli decisamente molto bassi ».
Momento centrale della giornata, la manifestazione in piaz
PINEROLESE
Ancora pioggia:
frane e detriti
Con la pausa concessa dalle
precipitazioni, il livello dei corsi
d’acqua è notevolmente calato e
tuffi i ponti sono stati riaperti
al traffico (nella foto il ponte
« Malan » di Porte).
Restano i danni alle strade, sia
asfaltate che non, ed una serie
di frane sulle quali, dopo gli interventi immediati, occorrerà ritornare in modo più puntuale.
E’ il caso di quella in località
Materia a Luserna, di quelle lungo la strada statale del Sestriere e di quella alla borgata Chiotti. In quest’ultimo caso un muro
era stato costruito dopo l’alluvione del ’77 ma ora un nuovo
movimento franoso ha allertato
i tecnici della Provincia e la popolazione.
Intanto lunedì 12 scorso un
vero nubifragio si è abbattuto
fra le 20 e le 22 sulla vai Pellice.
A Torre Pellice un modesto canale proveniente da Angrogna è
violentemente straripato in via
Martinat, trasportando a valle
diversi metri cubi di pietre e terriccio; la strada di accesso a
Pradeltorno è così rimasta chiusa al traffico fino al pomeriggio
di martedì.
Analogamente a Luserna alcune bealere sono fuoriuscite nelle
strade rendendo necessario l’intei'vento delle pale meccaniche.
Numerose anche le chiamate
giunte ai vigili del fuoco per allagamenti.
za a Pinerolo, con circa 300 partecipanti, che sotto la pioggia
hanno ascoltato i cinque interventi previsti.
Ora i vari sindacati si apprestano a valutare l’andamento e
la validità deH’iniziativa « ben
sapendo — è ancora Agliodo a
parlare -— che occorre cercare
assolutamente di recuperare un
livello di dialogo nel Pinerolese
come sul piano nazionale. Dovremo cercare, nelle nostre vertenze, di darci delle scale di
priorità, individuando dei punti
irrinunciabili ed altri su cui
trattare ».
Piervaldo Rostan
FERROVIA
Il bus per
la domenica
TORRE PELLICE — Brutta
notizia per gli utenti del treno
Torino-Torre Pellice; dalle prossime settimane il Compartimento di Torino intende togliere le
corse nelle giornate festive sostituendole con autopullman. La
motivazione è sempre la stessa:
scarso utilizzo del servizio.
Alcune corse continueranno ad
essere effettuate su rotaia (è il
caso del convoglio in partenza
da Torino alle 9,10 con arrivo a
Torre alle 10,19, per citare uno
dei più utilizzati), altre saranno
su gomma nel tratto PineroloTorre Pellice, altre ancora sull’intero percorso.
In tutto una decina di corse
che continuerà a viaggiare su
rotaia; per gli utenti resterà, almeno per un po’, un elemento
di confusione in più.
Chiaramente nei giorni festivi
manca l’utenza pendolare, cardine di questa come di altre linee
locali, tuttavia questa sostituzione desta notevole preoccupazione in valle dove non sono ancora chiare le intenzioni sulla
gestione della linea né le sue
prospettive dopo i lavori di ammodernamento effettuati durante lo scorso inverno.
Il parere sarà espresso mediante un referendum: sarà forse possibile salvare le lavorazioni locali e abbassare i costi di produzione
Allargamento
della giunta?
PINEROLO — Non è ancora
definito l’eventuale ingresso in
giunta del PDS; neppure il Consiglio aperto di mercoledì scorso ha fornito occasioni di chiarimento.
Su tutte le ipotesi di nuova
giunta, o semplicemente di ampliamento, pende tra l’altro ancora il ricorso presentato dal
missino Manganiello che, se accolto, potrebbe rimandare tutti
a casa e chiamare i cittadini ancora una volta alle urne. Se così non fosse il PDS potrebbe entrare in giunta intorno alla fine
di ottobre.
Midollo osseo:
seconda assemblea
VILLAR PEROSA — L’ADMO
(Associazione per il dono del midollo osseo) « Rossano Bella »
terrà la sua seconda assemblea
regionale presso il cinema Oratorio S. Giovanni battista, in viale Agnelli, venerdì 23 ottobre alle 20,30.
Si tratta di un’ulteriore occasione per parlare di leucemia e
di possibile salvezza grazie appunto al dono del midollo osseo.
Oggi il registro nazionale conta 22.000 iscritti, ma l’obiettivo
individuato è di raggiungere al
più presto i 100.000 donatori in
modo da poter offrire una possibilità di salvezza a tutti.
Corsi di lingue
straniere
TORRE PELLICE — Il Col
legio valdese organizza in collaborazione con i Comuni di
Torre Pellice e Luserna San
Giovanni, dei corsi di inglese,
francese, tedesco e spagnolo per
adulti e studenti.
I corsi di tedesco e spagnolo
si svolgeranno presso il Collegio,
quello di inglese presso il Comune di Luserna, quello di francese presso il Comune di Torre
Pellice.
Le iscrizioni si ricevono presso il Collegio (91260), il Comune di Luserna, sig.ra Trombetto (954444) e il Comune di Torre Pellice, sig. Re (91383).
«Sk(^
AUTORIPARAZIONI
Costantino Marco
Officina autorizzata FIAT
LA PRIMA IN PINEROLO
Via Montebello, 12 - Tel. 0121/321682
PINEROLO
10
10
16 ottobre 1992
E Eco Delle ¥vlli \àldesi
PRESA DI POSIZIONE DELLE COMUNITÀ’ MONTANE 42 E 43
PINEROLO
Due no all’accorpamento Da novembre
delle Unità Sanitarie
La proposta di unificazione dell’assessore Maccari potrebbe essere
approvata a giorni in Regione - Salvare la coincidenza territoriale
Una pista aH’interno dell’ex caserma Fenulli - Previsti anche gli incontri di hockey
Le due Comunità montaneUSSL delle valli valdesi unite
contro raccorpamento: questa
la sintesi di una riunione che ha
visto allo stesso tavolo gli amministratori delle due USSL a
Perosa Argentina lo scorso 6 ottobre.
Un documento congiunto evidenzia le ragioni per cui si chiede, a seconda delle rispettive
competenze, alla Regione Piemonte e al Parlamento di non
procedere nel progetto di accorpare le USSL delle valli a quella
di Pinerolo formandone una sola
di dimensioni maggiori.
Com’è noto la proposta viene
dall’assessore regionale Maccari
e più volte la sua approvazione
è stata rinviata dalla giunta regionale; potrebbe comunque avvenire a giorni.
L’esperienza delle USSL coincidenti territorialmente con le
Comunità montane ha consentito, dicono gli amministratori delle due valli « la realizzazione più
razionale possibile, nei limiti
delle risorse disponibili, di una
rete di servizi capillarmente distribuiti concorrendo al mantenimento della popolazione quale
presidio del territorio montano
e, nel contempo, la promozione
dello sviluppo socio-economico
di cui i servizi sanitari e socioassistenziali costituiscono un
aspetto essenziale ».
Le Comunità montane sono, dicono ancora le giunte degli en
TORRE PELLICE
«Settimana
della
castagna»
Con l’arrivo dell’autunno torna alla ribalta il classico frutto
di stagione che per le valli alpine è indubbiamente la castagna. Pur con ima produzione ridotta rispetto ad alcuni decenni or sono, essa rappresenta comunque un interessante aspetto
dell’economia rurale delle valli;
quest’anno la produzione, oltre
che tardiva, non pare essere molto abbondante, tuttavia non
mancheranno sagre, feste e castagnate.
A Torre Pellice arriva ancora
una volta la « Settimana della
castagna » con appuntamenti
musicali, teatrali, dibattiti e mostr6.
Sabato 17 ottobre, ore 21,
presso il salone Opera gioventù
di via al Forte, il gruppo Piccolo varietà presenterà la commedia « L’erdità ’d magna Ninin ».
Altri appuntamenti sono previsti per venerdì 23, ore 21, nella sala consiliare, per un dibattito sugli interventi effettuati
dalla Comunità montana sull’agricoltura e sull’ambiente, e soprattutto per domenica 25 con
mostra-mercato di prodotti agricoli, inaugurazione nuova ambulanza, inaugurazione nuova sede
dei vigili del fuoco, distribuzione di caldarroste, spettacoli musicali ed un’interessante dimostrazione di apertura dei ricci
di castagne con una macchina
inventata dal sig. Davide Michelin di Bobbio Pellice.
ti delle due valli, espressioni delle comunità locali e dunque è
giusto che possano continuare
nell’attività di governo del terri;
torio, curandone i vari aspetti
di cui la sanità e l’assistenza
sono un momento importantissimo; al contrario commissari
esterni rischierebbero di essere
meri « strumenti tecnocratici operanti al di sopra delle popolazioni e degli enti locali ».
Le due Comunità montaneUSSL chiedono dunque alla Regione di confermare gli attuali
amministratori straordinari, « soprattutto quando hanno operato
bene e corettamente come nel
caso delle USSL 42 e 43 », di non
procedere nella proposta di riassetto territoriale delle USSL come proposto dall’assessorato regionale alla Sanità, e al Parlamento che la legge delega sulla
Sanità garantisca la coincidenza
territoriale Comunità montaneUSSL quale strumento di autogoverno globale delle aree montane, garantendo comunque ai
rappresentanti dei Comuni e delle Comunità montane la funzione di indirizzo e controllo presso
le USSL.
P. V. R.
Con tutta probabilità entro la
metà di novembre sarà possibile pattinare su ghiaccio a Pinerolo.
L’iniziativa è di un gruppo di
privati che riuniti sotto le insegne della Polisportiva ghiaccio
Pinerolo, di cui è presidente il
notaio Goveani, ha proposto al
Comune di collocare all’interno
dell’ex caserma Fenulli, nell’area
che normalmente ospita le varie
rassegne pinerolesi, una pista di
pattinaggio artificiale.
« Per l’affitto di un anno — dh
ce Ferdinando Cervar, uno degli
animatori del gruppo — daremo spendere circa 200 milioni.
A POMARETTO SI PRODUCE UN ELISIR DI ERBE
La storia dell’Amaro del Re
Un liquore genuino ideato alla fine del secolo scorso - A che cosa
si deve il nome « Barathier »? - Una clientela ampia e diversificata
Un cartello bianco, con la
scritta rossa, spicca da qualche
tempo sul muro dipinto di grigio di casa Bernard a Pomaretto: « Produzione e vendita Barathier, elixir d’erbe ».
Da anni siamo abituati a vedere la bottiglia di Barathier, con
la sua tipica etichetta, sugli scaffali dei negozi del paese. Ma sarebbe interessante avere qualche
notizia in più per quanto riguarda la storia, l’origine, la produzione di questo liquore. Pon-amo
quindi alcune domande a Giacomo Bernard che, con il figlio
Enrico, conduce attualmente l’azienda.
Potresti fare un po' la storia
del « Barathier »?
« Il Barathier è stato creato
a Pomaretto dai fratelli Giulio
Enrico e Gustavo Coucourde,
proprietari di un emporio-drogheria in via Carlo Alberto, verso la fine del secolo scorso.
Questo tonico si chiamava originariamente "Amaro Re Cozio’’,
una denominazione che affiancava alla figura del re un aggettivo
indicante l’area di produzione.
La ricetta di fabbricazione diventò di proprietà di Teopompe
Pons nel 1902; passò poi a Giacomo Bernard nel 1905, quando
questi sposò la figlia del Pons.
Nel 1905 venne fondata anche
la fabbrica di liquori "Bernard
Giacomo e figli”, la cui proprietà si tramanda da allora agli
eredi ».
Che significato ha questo curioso nome Barathier?
« Non si conoscono l’esatta origine e provenienza del nome
Barathier. E’ probabile che il
mutamento del nome, da Amaro
Re Cozio a Barathier, risalga
agli anni 1902-1905, ma non se ne
conosce il motivo ».
E’ possibile avere dei ragguagli sulla ricetta di produzione?
« 11 Barathier è un liquore ottenuto tramite la macerazione di
erbe scelte e dosate in modo
appropriato, in una soluzione di
alcol e acqua. Tutte le erbe sorto
raccolte in vai Germanasca o in
vai Chisone, in periodi che variano di alcuni mesi a seconda della fioritura, tranne alcune che
provengono dall’Oriente. Questo
non compromette la naturalezza
del prodotto il cui metodo di
lavorazione e produzione è mutato pochissimo nel corso degli
anni, fatta eccezione per le agevolazioni rese possibili da nuovi
strumenti di lavoro, quali il filtro a pressione. Tale strumento
ha permesso, di ovviare ad una
lunga operazione di depurazione
ed illimpidimento, che comportava l’aggiunta di albume aH’infuso
macerato, in modo da far precipitare sul fondo della botte tutte
le impurità presenti nel liquido.
In seguito si doveva spillare con
attenzione e infine imbottigliare ».
Sono in vendita due tipi di
Barathier che differiscono^ per
la colorazione. A che cosa è dovuta questa differenza?
« Il Barathier color ambra ha
la tonalità assunta naturalmente
dall’infuso; quello di tonalità
più scura ha un’aggiunta di caramello. Entrambi, comunque,
sono ottenuti unicamente da erbe aromatiche. Qui un’altra "innovazione” (se così la possiamo
chiamare) è rappresentata dall’uso del caramello in pasta, in
luogo dello zucchero bruciato,
per la colorazione più scura del
Barathier. Anche qui tengo a precisare la genuinità di questo nostro prodotto.
Bernard di allargare l’area di
vendita di questo prodotto che,
in un mare di sofisticazioni o
contraffazioni, rimane un liquore genuino e fedele alle proprie
tradizioni.
Intervista a cura di
Paola Revel
Abbiamo contattato le ditte che
dovranno costruire il nuovo palaghiaccio coperto ed esse si sono dichiarate disponibili a collocare sulla pista della Fenulli, in
modo provvisorio, le balaustre
che poi saranno messe nel nuovo
impianto comunale ».
La pista, secondo i promotori,
dovrebbe essere utilizzata anche
dalle squadre di hockey di Torre
attualmente « a piedi » stante i
lunghi tempi dei lavori di copertura della pista di via Filatoio.
Come pensate di attrezzare la
Fenulli per rendere la patinoire
agibile al pubblico e agli atleti?
« Abbiamo proposto all’amministrazione comunale di utilizzare alcune delle sale interne per
il bar, uno spogliatoio per i pattinatori, una sala medica; esiste
poi la palestra scolastica che potrebbe essere utilizzata come
spogliatoio per le squadre ».
Non ancora definita la possibilità di avere una tribuiia per
il pubblico, anche perché i costi
sono elevati; l’impressione è comunque quella di un gimppo disposto anche a « rischiare » in
proprio per lanciare a Pinerolo
lo sport del ghiaccio, in attesa
di avere, se i tempi saranno rispettati, il prossimo anno il palaghiaccio coperto (costo superiore ai 4 miliardi); i lavori, che
vedono coinvolte quattro ditte,
dovrebbero infatti iniziare tra
breve.
L. V. M.
1492-1992
500 anni di...
Ricordati i popoli e le culture sterminati La conquista prosegue anche ai nostri giorni
Qual è l’area di vendita del
Barathier?
« Per lungo tempo l’area di
vendita è rimasta circoscritta alle valli Chisone e Germanasca;
i consumatori conoscevano il liquore da generazioni.
Negli ultimi anni, grazie anche
ad una più intensa opera pubblicitaria, il prodotto è stato fatto
conoscere ad una clientela più
ampia e diversificata e, naturalmente, il numero delle bottiglie
vendute è aumentato ».
Quali consigli potete dare per
il consumo del prodotto?
« Il Barathier è particolarmente indicato come digestivo, ma
allungato con acqua calda è un
ottimo punch e con l’acqua fredda diventa un gradevole dissetante ».
Dopo queste informazioni non
ci resta che augurare al sig.
PINEROLO — Alcune centinaia di persone hanno preso parte alla fiaccolata che lunedì 12
ottobre ha inteso dare un significato alternativo alla celebrazione del «Columbus Day», nel
500° anniversario della scoperta
dell’America.
Lungo sei tappe che hanno segnato il giro della città, il corteo a cui hanno partecipato anche diversi bambini e che ha
coinvolto gli abitanti di molte
strade, dai balconi, sono stati
letti dei testi di leggende antiche di popoli precolombiani, di
pellirosse, a testimonianza dell’esistenza di culture e tradizioni precedenti l’arrivo dell’uomo
bianco e occidentale. Culture in
buona parte poi spazzate via.
Sono state evocate anche le
attività di cooperazione, di pacificazione dopo anni di guerra
civile (di intensità più o meno
bassa, secondo i dettami della
ex dottrina Reagan, come nel caso del Salvador), di « missione »,
intesa in senso nuovo. E’ stato
anche detto che la « conquista »
(ché di conquista si deve parlare) continua, attraverso i meccanismi dell’economia internazionale.
Hanno aderito aU’iniziativa
gruppi, associazioni, chiese, il
Concistoro di Pinerolo, la EGEI,
Agape, la Comunità di base.
^Abeille
Assicurazioni
ARNALDO PROCHET
AGENTE GENERALE DI TORRE PELLICE
Via Repubblica 14 - tei. 0121/91820
L!
11
16 ottobre 1992
lettere n
IL REFERENDUM
FRANCESE
Caro Direttore,
aU'articolo di J.-J. Peyronel sul « timido sì francese » nel recente referendum sul trattato di Maastricht, articolo che complessivamente ho apprezzato, vorrei fare qualche rilievo
su alcune questioni essenziali.
L'Europa dei ricchi e dei poveri:
la divisione passa trasversalmente tra
chi ha votato sì (51%) e chi ha votato no (49%); ad esempio numerosi
bretoni hanno protestato sui quotidiani francesi contro questa classificazione perché la Bretagna, regione più
povera che ricca, ha votato in netta
maggioranza sì. E' vero che il trattato di Maastricht è carente sul piano
sociale, conseguenza negativa della
ricerca di un compromesso con la
Gran Bretagna, fallito perché il governo conservatore ha rifiutato qualsiasi interferenza sulle politiche sociali.
Città e campagna; è esatto che le
città hanno votato in maggioranza sì
e le campagne no, ma attenzione; le
sacche di disoccupazione e di emarginazione sono nelle periferie delle
città (dove Le Pen raccoglie molti voti
dell'elettorato di sinistra); gli agricoltori non sono ■■ poveri » ma in crisi
perché sovraproducono e rifiutano le
riconversioni, così hanno votato massicciamente contro la CEE che si è
stancata di dissanguarsi nell'indennizzarli.
L'alternativa: il referendum poneva
come scelta non l'Europa dei mercanti
o l’Europa dei diseredati, ma il perdurare di economie e valute nazionali
o l’accelerazione verso un mercato unico e una valuta unica. Nel caos attuale delle speculazioni valutarie non
è certo assente, di qui e di là dell'Atlantico, il tentativo di sfasciare l'intesa tra i paesi europei su una questione che preoccupa tutti i vecchi
protezionismi nazionali.
Due brevi considerazioni finali per
concludere.
Alla base del no emerge un profondo malessere nazionale che non
è solo quello logico degli emarginati
ma quello di una vecchia nazione orgogliosa del suo Stato, timorosa di
perdere centralità e identità (già offuscata da una forte immigrazione araba).
il discorso comune dei leader di
destra e di sinistra (il Partito comunista e la sinistra socialista giacobina) si sono rivelati espressione di un
veteronazionalismo, frutto di una cultura comune a tutti i partiti.
Infine è vero che nel trattato vi è
un deficit politico e culturale perché
non si è osato (sempre compromessi
al livello più basso) proporre chiaramente la volontà di creare un governo sovranazionale federale, il quale
significherebbe non solo più stabilità
ma anche rispetto per le minoranze
etniche che costantemente si trovano
soffocate negli stati nazionali.
Non è serio sentire accusare l'Europa (che come istituzione politica non
esiste!) di non intervenire in Jugoslavia, allorché le stesse persone accusavano e accusano il trattato di voler
violentare gii stati nazionali nella loro autonomia di scelta.
In politica si deve saper scegliere
il male minore, che in alcuni casi diviene il maggior bene.
Alberto Gabella, Parigi
IL CREDENTE
E L’ALTRO
Di fronte all’attuale esplosione di
violenza in varie parti del pianeta Terra, quello che ospita l'umanità, considerando che in grande misura vi
sono coinvolti gruppi e individui che
si professano cristiani, non è vano riflettere ancora una volta sul nostro
impegno religioso e sul nostro rapporto con l'altro.
Quando diciamo che « è Cristo che
vive in me », crediamo di essere benedetti dalla ■■ nuova nascita », sosteniamo che Dio è amore, e che dobbiamo essere imitatori di Cristo —
incarnazione di tale amore —; odiare,
disprezzare, perseguitare, giudicare,
uccidere l’altro è in aperta contraddizione con la nostra confessione di
fede, e fa apparire bugiardo il Dio
di cui ci consideriamo testimoni.
Per tradurre veramente in realtà
I amore verso il prossimo bisogna accettarne la diversità, che può andare
da un diverso modo di comportarsi
ad una grande lontananza religiosa,
culturale, etnica, che nessuna operazione di natura violenta può mutare,
se non infrangendone l'essenza, strappandone le radici, violandone l'anima,
distruggendone l’esistenza.
E ciò non è assolutamente lecito
ad alcun cristiano. L'invito di Gesù,
« venite a me » non comporta la cristianizzazione forzosa, che comunque
avverrebbe solo verso un ramo del
cristianesimo.
Oggi che parliamo sempre più spes
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato (vicedirettore), Giorgio Gardiol (direttore). Carmelina Maurizio, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan.
Comitato editoriale: Paolo T. Angelerl, Mirella Argentieri Bein, Claudio
Bo, Alberto Bragaglia, Franco Carri, Rosanna Ciappa Nitti, Piera Egidi,
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Collaboratori: Daniela Actis (segreteria), Mitzi Menusan (amministrazione), Stelio Armand-Hugon, Mariella Taglierò (revisione editoriale).
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so di ecumenismo —■ purtroppo per
ora limitato a incontri fraterni solo
fra denominazioni cristiane, con poche timide eccezioni — dobbiamo constatare una tendenza in totale antitesi con l'ecumenismo stesso: la crescita delia frammentazione e della
conflittualità religiosa-sociale-etnica, a
cui i « cristiani di nome » non solo
partecipano, ma a cui forniscono argomenti teologici, di fatto intolleranti
e settari.
Che fare? Lanciare appelli affinché
ogni cristiano veda nell'altro un amico e un fratello? — Ma sono duemila anni che credenti responsabili lo
fanno, almeno prima che nasca un
conflitto.
Andare disarmati fra i contendenti,
per rappresentare un'isola di pace in
una guerra? E chiedere a questi di
deporre le armi?
Proporre incontri di arbitrato preventivo. fra i contendenti o fra individui imparziali, rispettati da entrambi?
Perché no? E’ un rischio, certo, ma
non maggiore di quello che l'umanità
sta correndo, verso un abisso che potrebbe inghiottire, se non sarà allontanato da decisi interventi irenici, anche quei pacifici che non amano la
violenza ma non muovono un dito per
arrestarla.
Davide Melodia, Ghiffa
RICORDO DI
LIDYA MELODIA
Il vuoto che ha lasciato la partenza di Lidya per la Casa del padre a
molti è sembrato incolmabile. Ma i
fratelli e le sorelle della Chiesa valdese di Livorno sono convinti della
certezza che questa creatura non ci
ha lasciati.
Quest'anima eletta per le sue eccelse virtù cristiane e umane sembra di vederla ancora al suo posto
di organista; e con quel suono ravvivare le nostre voci nel cantare le
lodi all’Eterno, salmodiando nella gioia
comune.
Per tantissimi anni era stata la solerte frequentatrice ed animatrice dei
culti, donandoci la sua voce melodiosa, condita dagli inni di chiesa, come una sublime poesia, col suono che
usciva dallo strumento azionato dalle
sue dita veloci. Ed era per tutti come un angelo dai biondi capelli e
daH'aspetto rifulgente di autentica giovinezza, pur con i suoi anni della
terza età. Creatura più unica che rara, era restata miracolosamente giovane, più che giovanile, come se quella sua giovinezza nordica nell'aspetto ed angelica nel comportamento fosse stata il simbolo eloquente delle
sue grandi doti, delle sue belle virtù: scrittrice squisita, poetessa forbita e celestiale; e, soprattutto, sempre gioviale, umile e sorella calorosa
per tutti. Ecco quello che sempre testimoniò della sua rara personalità,
quale sicuro coronamento dell’attaccamento all'Evangelo!
Ora, pur dopo la sua partenza dalla vita terrena, ci sentiamo rassicurati che le parole esortatrici dell'evangelista Giovanni non sono vane;
« Chiunque ha creduto nel Signore Gesù non morrà; anzi, avrà la vita eterna ». E queste parole resteranno impresse nella nostra mente e nel nostro cuore, rivedendo del continuo,
con la dolce immaginazione, quest'anima eletta come un inestinguibile angelo di bontà, insieme a tante altre
anime della sua stessa statura spirituale e morale; come un fiore inappassibile: quelle doti che sono l’anticamera della bontà, della sapienza e
della poesia. Ma, al di sopra di tutto, quale esempio di sorella cristiana
evangelica, essa fu sempre immancabile e zelante frequentatrice del culto che ogni domenica celebriamo al
Signore!
Elio Giacomelli, Livorno
UN VIAGGIO
NEGLI STATI UNITI
Il Centro culturale valdese, in collaborazione con la Società di studi
valdesi, sta progettando un viaggio negli Stati Uniti che si svolgerà nella
prima quindicina di settembre dell'anno prossimo. Il programma dettagliato è in fase di definiziene e verrà
pubblicato non appena saranno determinati il prezzo e l'itinerario.
H Oggi
e domani
Teatro
BORA’ — Alle ore 20,45, presso la
sala comunitaria, la filodrammatica
« Vianney » di Torino presenta II padre della sposa, commedia brillante in
tre atti di Franco Roberto. L’ingresso
è libero.
Mostre
TORINO — Fino all’S dicembre è
aperta presso la Società promotrice
delle belle arti (parco del Valentino)
una mostra di pittura fantastica e surreale dal titolo La città inquietante;
orario: da martedì a venerdì, 11-19;
sabato e festivi, 10-19. Ingresso L.
9.000 (ridotti 5.000).
TORINO — Fino al 25 ottobre, presso la sala esposizioni del palazzo IRV
(Istituto di riposo per la vecchiaia)
di corso Unione Sovietica 220, è aperta una mostra delle opere del pittore
Davide Bramante. Orario: 10,30-19,30.
Lunedì chiuso. Ingresso libero.
Conferenze
TORRE PELLICE — Venerdì 16 ottobre, alle ore 18, presso la Sala
consiliare, si tiene una conferenza del
prof. Alberto Basso sul tema: La musica in Piemonte, organizzata dal gruppo di studio Val Lucerna.
Dibattiti
SALUZZO — Nell'ambito del ciclo
sul tema; DaH’eurocentrismo alla mondialità il Comune, con una serie di
organismi religiosi e di volontariato,
organizza per giovedì 22 ottobre, alle
ore 21 presso la biblioteca civica (via
dell'Annunziata 1) un incontro dibattito con l'imprenditore A. Ferrucci, esperto di economia mondiale, sull'argomento: Nord-Sud: che fare?
Autunno in vai d’Angrogna*
ANGROGNA — Le manifestazioni
previste per i prossimi giorni nel quadro della tradizionale rassegna sono:
— venerdì 16 ottobre, alle ore 21,
nel tempio di Pradeltorno, un incontro
sul tema: Recupero dei sentieri e itinerari in vai d’Angrogna a confronto
con altre rea'tà italiane. Intervengono
Furio Chiaretta, Daniele Jalla, Roberto
Mantovani. Saranno proiettate diapositive di Enrico Bertone e Mario Benna;
— sabato 17 ottobre, alle ore 21,
nel tempio del capoluogo, un concerto di un coro alpino, a cura dell'amministrazione provinciale di Torino;
—■ mercoledì 21 ottobre, alle ore 21,
nella scuola di Chiot dT alga, una
presentazione delle iniziative turistiche
in vai d'Angrogna. Intervengono Gianni Valenti e Roberto Mantovani. Sarà
inoltre proiettato l'audiovisivo Terre e
Alpi, antiche memorie.
Salute
SALUZZO — Presso la sede del
« Centro Forma » (via A. Volta 16) si
tiene una serie di serate culturali i
cui prossimi appuntamenti prevedono
— martedì 20 ottobre una conversazione di Pier Paolo Pilotti, omeopata, sul tema: Bellezza e salute con
le tecniche naturali; l’omeopatia e l'erboristeria;
— giovedì 22 ottobre una conversazione di Walter Gatti, riflessologo,
sul tema: Il massaggio della salute:
la riflessologia plantare.
Seminari
SETTIMO TORINESE — Nella sala
consiliare, sabato 17 ottobre, si svolgerà un seminario di studi dal titolo:
Liberatutti! Esperienze e riflessioni
sul gioco come strumento di integrazione negli interventi educativi con minori portatori di handicap.
TORRE PELLICE — Il cinema Trento
ha in programma, venerdì 16, ore 21,15,
«Bolle di sapone»; sabato 17, ore 20
e 22,10, domenica 18, ore 16, 18, 20,
22,10 e lunedì 19, ore 21,15, « Batman
il ritorno ».
POMARETTO — Per la rassegna filmforum, venerdì 16, ore 21, presso il
cinema Edelweiss, viene posto in visione « Racconto d’inverno ».
PINEROLO — Il cinema Hollywood
ha in programma fino a mercoledì 21
« Alien 3 » (feriali 20-22,30; festivi 1517,30-20-22,30).
All'Italia si proietta « Basic Instinct »
(20-22,20 in settimana; 20-22,30, sabato; 15-17,30-20-22,20, domenica).
Al Ritz, infine, fino a lunedì 19 « (I
tagliaerba» (feriali 20,15-22,15; festivi
14,15-16,15-18,15-20,15-22,15). Martedì 20
e mercoledì 21 è in visione « Sabato
italiano» (ore 20,15-22,15).
RINGRAZIAMENTO
« Rimetti la tua sorte nell’Eterno; confidati in lui ed egli opererà »
(Salmo 37: 5)
I familiari di
Maria Bertinat ved. Melli
neirimpossibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro che si sono
uniti a loro in questa dolorosa circostanza, in particolare il dott. Ghirardi, i pastori Pons e Rutigliano e tutto
il personale della Casa di riposo a Miramonti » di Villar Pellice.
Bobbio Pellice^ 10 ottobre 1992.
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12 villaggio globale
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La sorte degli sradicati
ECUADOR
(segue da pag. 1)
tura e di condivisione. Non pretendiamo che le frontiere siano
abolite. Che esse siano nazionali,
culturali o religiose, esse testimoniano che l’uomo è molteplice; esse sono costitutive dell’identità di ciascuno; segnano la
differenza tra paesi e « mondi »
che si pensano in maniera diversa. Ma esse sono anche dei luoghi di incontro e di scambio. Le
frontiere possono giocare un ruolo positivo quando le si consideri
come dei passaggi da varcare per
la comunicazione e la condivisione. E’ questa l’esperienza che
sottende al lavoro della CIMADE.
A considerare eccessivamente
il fatto che i problemi dell’immigrazione si possano regolare
sulle frontiere (dell’Europa o dei
paesi che la compongono) si finisce per vederne solo gli aspetti
quantitativi. La chiusura delle
frontiere è presentata come il
rimedio miracoloso, il solo capace di guarire la società dalle più
gravi malattie, a cominciare dalla disoccupazione.
Tutto ciò conduce a volte all’ossessione che porta a rifiutare
l’asilo politico a dei perseguitati,
e rendere incapaci di immaginare
nuove forme di coabitazione.
Denunciamo la menzogna della
« sufficienza nazionale » e lo
sfruttamento demagogico perché
alimentano delle illusioni e attizzano la paura, provocano il rifiuto degli altri e il ripiegamento su se stessi. Ma la CIMADE
vuole soprattutto richiamare l’attenzione su ciò che ci pare essen
ziale; la difesa e la promozione
del diritto degli stranieri nella
costruzione di una società solidale. Non abbiamo soluzioni
pronte, ma abbiamo l’esperienza
di una lotta condotta per l’uomo
in questa prospettiva. La nostra
riflessione e la nostra azione devono esplicarsi principalmente in
tre settori.
Una nuova
cittadinanza
1) La cittadinanza richiede
una nuova definizione, forse diversificata, che meglio si adatti
alTevoluzione del mondo, alla
mobilità e alla commistione delle
popolazioni. La naturalizzazione
è la sola via all’integrazione? In
ogni caso quest’ultima non può
livellare le differenze (culturali e
religiose in particolare), ma dovrebbe piuttosto assumere una
forma congiunturale che si fondi su dei valori di solidarietà e
sul riconoscimento degli stessi
diritti e doveri per tutti.
I vari aspetti
dell’emarginazione
2) La presenza dei lavoratori stranieri, la precarietà e l’insicurezza delle loro condizioni di
vita (materiali, psicologiche, giuridiche, culturali) hanno dato
ampiezza e visibilità a una situazione di cui molti sono vittime.
Le loro difficoltà sono le stesse
che riguardano anche il numero
crescente di individui penalizzati
che le nostre società secernono
al loro interno. Per gli uni e per
gli altri la soddisfazione dei bisogni elementari (alloggio, lavoro, salute, educazione) deve superare le barriere di indifferenza e
di ostilità. Così è in questo stesso movimento che bisogna cercare delle soluzioni ai problemi
di inserimento di tutti quelli che,
sul nostro stesso territorio, vivono una qualche forma di esclusione.
Tra planetario
e locale
3) La divisione del mondo fra
Nord e Sud è contemporaneamente planetaria e locale. Non la
si può affrontare qui senza combatterla laggiù. 1 problemi legati
alla distruzione dell’ambiente lo
dimostrano: il nostro sviluppo
non può essere concepito indipendentemente dal resto del pianeta. Ed è anche a tutti i livelli
in cui si esercita la nostra responsabilità politica che le nostre
scelte devono preoccuparsi dello
sviluppo solidale dei popoli della
terra. Né la Francia né l’Europa
possono sfuggire alla necessità
di promuovere con tenacia delle
politiche di condivisione e di redistribuzione delle risorse finanziarie, tecniche e umane, considerate come im bene comune.
Alla logica miope della chiusura e del « ciascuno per sé » vogliamo quindi sostituire l’accoglienza reciproca e la condivisione.
Jacques Maury
RIFORMA.
TRE VOCI EVANGELICHE,
UN SOLO GIORNALE.
IL VOSTRO.
J^IFORMA E’ 0, SEi riMANALF. DELLE CHIESE
EVANGELICHE BATTIST?;, METODISIE E VALDESI.
PER FARLO CRESCERE IN FRETtA E' NECESSARIO IL CONTRIBUTO DI TUTTI VOI: SOSTENETE
LA REALIZZAZIONE DI RIFORMA UÌII.IZZANDO
IL C/C POSTALE N° 20936100 INTESTATO A:
ASSOCIAZIONE INFORMAZIONE PROTESTANTE
VIA SAN PIO V N° 15 10125 TORINO
KIM3EMA
Marcia per la terra
Durante una marcia storica
lunga 225 chilometri, terminata
il 23 aprile scorso, 1.200 indios
dell’Amazzonia ecuadoregna hanno sostenuto la loro richiesta di
un riconoscimento legale dei loro territori, vasti circa 4,5 milioni di acri, insieme ad una riforma costituzionale che riconosca l’Ecuador come un paese
multiculturale e multinazionale.
La marcia è stata organizzata
daU’Organizzazione dei popoli
indigeni di Pastaza, che comprende 20.000 indios viventi in
148 comunità. L’appoggio pubblico dato alla richiesta india è andato aumentando con il procedere della marcia dalla foresta
tropicale fino all’autostrada panamericana che attraversa gli
altipiani ecuadoregni. Per molti
indios questa è stata la prima
esperienza fuori dalle loro foreste.
Dopo iniziali vessazioni da
parte delle autorità militari, la
marcia è proceduta pacifica fino
all’entrata trionfale a Quito, dove gli indios sono stati accolti
con un entusiastico applauso dagli abitanti del luogo. Nel loro
incontro con il presidente Borja
e i membri del suo gabinetto, i
leader indios hanno spiegato
l’urgenza delle loro richieste, necessarie non solo per loro ma
per il bene di tutto il paese.
« Veniamo per difendere la vita» ha detto Luis Macas, presidente della Confederazione delle nazionalità indigene dell’Ecuador. «Fino a quando questi territori non verranno legalizzati,
saremo dei semplici ospiti dei
nostro stesso paese ».
Riguardo alla distruzione ecologica dell’Amazzonia, causata
sia dalle compagnie petrolifere
e del legno, sia dallo sviluppo
indiscriminato dell’agricoltura,
Valerio Greta, presidente della
Confederazione delle nazionalità
dell’Amazzonia ecuadoregna; ha
paragonato la situazione del paese ad un aereo con problemi
meccanici. « Se l’aereo cade, tutti muoiono ».
Uno degli ostacoli è il rifiuto del governo di riconoscere i
territori indios che fanno parte
di una striscia di terra larga 25
e lunga 120 miglia lungo il confine peruviano. Il governo sostiene che quest’area di confine,
in cui vive il 35% delle comunità indios Pastaza, è necessario
alla sicurezza nazionale.
(Peace Media Service)
GERMANIA
I bovini: un pericolo
per l’ambiente?
Vi sono in Germania 20 milioni di bovini, mentre nel mondo
sono 1,3 miliardi. Di questi la
maggior parte viene allevata per
finire in bistecca o negli hamburger. Ciò costituisce una catastrofe per l’ambiente secondo
gli ecologisti. Infatti recenti ricerche hanno appurato che:
— ogni bovino mangia ogni
mese 410 chili di vegetali e il
70% della produzione mondiale
cerealicola viene divorato dalle
mucche: un lusso gigantesco se
si tiene conto che attualmente
circa un miliardo di persone
soffre la fame;
— durante la digestione dei
vegetali, nello stomaco dei bovini si forma il metano — un
gas che contribuisce ad aumentare l’effetto serra. Il 12% della
produzione di metano proviene
dalla digestione dei bovini, vale
a dire 60 milioni di tonnellate
l’anno;
— per potere dissetare i branchi di bovini vengono saccheggiate le preziose provviste di acqua dolce della terra. Per potere produrre una bistecca di 200
grammi, servono oltre 4.000 litri di acqua dolce. Alcuni ecologisti americani hanno potuto dimostrare come, negli USA, metà dell’acqua potabile venga bevuta dai bovini;
— ogni anno 30.000 ettari di
foresta vengono rasi al suolo per
potere creare nuovi prati erbosi per nuovi branchi di bovini.
In paesi come l’Egitto o il Messico, alcune superfici in cui si
coltivavano prima verdure e cereali sono state trasformate in
pascolo per i bovini. La conseguenza è che la carne bovina
è troppo costosa per i poveri
e, dato che manca l’alimentazione di origine vegetale, domina
la fame.
(Junge Kirche)
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