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Roma, 10 Luglio 1000
Si pabbllea ogni Sabato
ANNO li N, - 28
Propugna grinteressi sociali, morali e religiosi in Italia
I
I
ABBOKANIEKXI
Italia : Anno L. 3,00 — Semestre L. 1,50
Estero : » » 5,00 — « « 3,00
Un numero separato Cent. 5
I manoscritti non si restituiscono
INSBRZIONI
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S
a.
5
Per linea o spazio corrispondente L. 0,15
« « da 2 a 5 volte 0,10
* * da 6 a 15 volte 0,05
■ Per colonna intera, mezza colonna, quarto di colonna e
per avvisi ripetuti prezzi da convenirsi.
Direttore e Amministratore : B. Celli, Via Magenta 18, Roma
§
O
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Comunicazione Ufficiale
La Tavola Valdese ha invitato le Chiese
delle Valli ad associarsi alla mondiale com«
memorazione in onore di Giovanni Calvino,
non solo indicendo culti speciali per FU
p. V., ma altresì raccogliendo all’uscita
dei medesimi l’obolo dei fedeli a prò del1’ erigendo monumento al gran Riformatore.
La caratteristica figura di Pietro Valdo
dovendo essa pure trovarsi scolpita fra i
precursori della Riforma, in detto monumento, « noblesse oblige », e non possiamo
fare a meno di concorrere noi pure con
un’ofierta, per tenue che sia, al compimento
di quel ricordo storico.
Pregliamo quindi i Consigli di Chiesa, i
signori Pastori ed Evangelisti di raccogliere
all’uscita dei culti di domenica, 11 corrente,
una colletta a questo fine, che potrà essere trasmessa, mediante cartoliqa-vaglia,
alla Presidenza.
Arturo Muston.
numero speciale
Il prossimo numero sarà illustrato e dedicato alle feste
quattrocentenarie celebratesi
a Ginevra in onore del grande
riformatore Calvino.
Affrettare la richiesta di copie straordinarie.
L’INDIRIZZOJD^DIRETTOKE
Da oggi e lino a nuovo avviso, dirigere tutto ciò
che concerne la redazione, ed anche l’aznzninlstrazione della LUCE cosi :
« B. Celli
(Umbria) Forano Sabino »
Ai signori Pastori ed Evangelisti
Rivolgiamo ai signori Pastori ed Evangelisti viva
preghiera di avere la bontà di spedirci subito notizie
intorno alla commemorazione di Calvino. Per venire
pubblicati nel prossimo numero, i manoscritti dovrebbero arrivare a Forano Sabino (Umbria) lunedì!
Si vende Bibbia in latino con illustrazioni stampata a Roma nel
1592 (in ottavo). Edizione rara. Rivolgersi al Cav.' O.
Goetzlof. Via Curtatone 1, Genova.
Bibbia dai SUO
cJÌT vaÌoTQ delia fede
neíVfSmmoriaíiíá personale
Ho notato in alcune mie conversazioni con alcuni
tra i più colti spiriti che in Italia si occupano di
questioni religiose, una certa tendenza a sottovalutare l’importanza religiosa della fede nell’immortalità personale e perfino un certo desiderio di porla
da parte come superata, accontentandosi dell’ unico
postulato dell’esistenza di Dio come di unica e vera
posizione centrale della religione. Siccome mi sembra
che i motivi di questo atteggiamento non tocchino
punto quella che a me sembra la portata e la funzione essenziale della fede nella immortalità personale, vale la pena che li esaminiamo un pochino in
relazione a questa.
Cominciamo subito col dire che le difficoltà in questione non. nascono dalle solite obbiezioni mosse dai
materialisti o dai positivisti sotto forma di pregindiziale. Chiunque sia al corrente, sia dell’ idealismo
che dello spiritualismo o del pragmatismo contemporaneo sa che la scienza non ha nulla da opporre
alle affermazioni della fede religiosa, perchè essa riposa su postulati, su metodi, su criteri, che sono
altrettanto razionali od altrettanto arbitrari quanto
quelli della fede religiosa. Varia il punto di vista,
ma la logica è la medesima. Le difficoltà che molte
persone incontrano e di cni qui ci- vogliamo occupare sono di natura essenzialmente morale e religiosa.
Cominciamo dalle difficoltà di carattere morale ;
com’è noto F istinto profondo da cui è stata suscitata l’idea della immortalità personale è stato a ciò
provocato dal fatto che l’ideale di una vita razionalmente armonica non è e non appare realizzabile
nel mondo sensibile ed attuale, nel quale è perenne
lo spettacolo dell’inginstizia trionfante del diritto concnlcato e della morte che tronca speranze e rovina
sforzi di individui e nazioni. Se l’ideale di una vita
e di un mondo razionalmente armonici non è realizzabile, vale egli la pena di vivere razionalmente
ossia moralmente ? A questo modo di porre la questione, si oppone che basta che sia inestingnibile ed
indistruttibile il bene che gli uomini fanno, e che
pertanto non è eticamente lecito di postulare alcunché oltre l’immortalità delle nostre azioni, la quale,
naturalmente, da un punto di vista razionale, ha per
sufficiente garanzia il postulato dell’esistenza di Dio.
Noi siamo strumenti di Dio, nè dobbiamo voler essere altro, nè durare, nè cessare di essere che se
e come e quando ciò serva a‘ suoi altissimi fini che
sono quelli della realizzazione universale ed eterna
del bene. Noi non possiamo eternarci che morendo
come nomini per vivere come atti di Dio.
Ed indubbiamente io non ho alcuna difficoltà a
riconoscere che soltanto cosi si può religiosamente
riconoscere ciò che di vero v’è nell’ atteggiamento
di tanti positivisti moderni. V’è un senso in cni la
preoccupazione circa la immortalità personale è morbida ed antireligiosa, quando cioè essa nasca da attaccamento al nostro Io empirico e non dal desiderio
di fare di questo un valore universale ed eterno in
virtù della funzione di bene alla quale vogliamo consacrarci. Il positivismo rende certo alla coscienza
etica e religiosa un inestimabile servigio col contrapporre l’idea del valore intrinseco della vita morale a quella della personalità empirica, che di per
sè non ne ha nessuno e non può ricever valore che
dalla prima ; ma esso non sembra accorgersi che la
vita morale non può davvero avere un valore intrinseco che se essa è r.na vita — od è partecipazione in una vita— superiore a quella dell’universo
sensibile. A parte dal postulato dell’esistenza di Dio,
anche Fimmortalità della specie cessa di avere ogni
valore intrinseco.
Io non posso riconoscere un valore assoluto nelle
vite che verranno che se anzitutto scopro 1’esistenza
di valori assolati nella mia; il valore etico delle
nostre azioni esprime nn rapporto tra il carattere
da cni emanano e quello al quale vanno ; esso presuppone un valore' intrinseco in questi caratteri.
Anche data Fimmortalità delle opere buone dagli
uomini compiute, questa rimarrebbe senza scopo,
sospesa per aria a parte dalla immortalità degli nomini medesimi ; non basta che non perisca ciò che
gli uomini fanno, occorre anche che permanga ciò
che essi sono, ciò che conferisce valore a ciascuna
delle loro vite, il grado di divinità raggiunto da ed
attivo in ciascnna di esse. Ed è a questo panto che
mi pare diventi chiara l’importanza vitale della fede
neU’immortalità personale. 'V’èun senso in cui è vero
che essa è inclusa nella fede in Dio, nella fede in
un ordine etico e razionale. Se Funiverso è un ordine etico e razionale, ognuna delle infinite vite
che in esso palpitano e fioriscono ha un significato
ed una funzione ad un tempo unica ed eterna ed
è come tale l’oggetto di una eterna intuizione divina; in un simile universo non v’è posto per la
morte. Ed io credo che in fondo è questo il senso
più profondamente religioso dell’idea, il senso cioè
che vede in Dio il Dio dei viventi e non dei morti.
Ma v’è un altro senso di quest’idea, ed è il senso
a cui inchinano coloro che dissi disposti a lasciarla
in oblio. Si ritiene cioè che F universo per essere
divino non abbisogni della personalità empirica dei
singoli uomini. Ora a me sembra che per questa via
non si possa a meno di arrivare a un concetto di
Dio più povero di quello a cni hanno portato ed il
Cristianesimo e la filosofia occidentale. È precisamente
sa questo punto che, a nostro parere, sta la decisa
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LA LUCE
saperiorità del Cristianesimo sulla filosofia orientale.
Questa afferma bensì la suprema saggezza; ma ne
fa una realtà puramente trascendentale a cui sacrifica le personalità empiriche come illusioni ; laddove
il Cristianesimo afferma il valore assoluto anche delle
personalità singole, afferma l’immanenza dell’ assoluto anche nella vita empirica, che cosi vien pure
ad avere consacrazione e valore.
Il Cristianesimo non meno della filosofia orientale
nega ogni valore intrinseco alla personalità empirica
e naturale ; ma a differenza della filosofia orientale
afferma che la personalità empirica è capace di assurgere ad un carattere divino proporzionale al grado
in cui sa prender possesso della Vita divina ed nni-versale, e viverla ed immedesimar visi. In altri termini, mi sembra che l’insistere sul postulato della
immortalità personale sia essenziale ad ogni fede
religiosa e ad ogni speculazione metafisica che intenda
affermare il carattere sacro e razionale di tutto il
Reale, non es"clusa la sua manifestazione naturale, ed
empirica ; e sia la medesima cosa che affermare un
concetto più comprensivo di Dio, di quello che si
ha 0 si può avere altrimenti.
Non ci soffermiamo sopra altre obbiezioni meno'
gravi, come ad esempio quella che-la morale è più
elevata se prescinde da sanzioni oltremondane che
se vi fa appello. Coloro che muovono questa obbiezione non s’accorgono che le sanzioni sud lette non
sono da riguardarsi come motivi, ma come nsultuti
di azioni : in un universo in cui il bene sia sovrano
è impossibile che vi sia azione cattiva che non abbia per risultato una'riaftermazione della, sovranità
del bene stesso. Del resto la speranza edil timore
di simili sanzioni non è cosa da sprezzarsi tanto
alla leggera anche come motivo di condotta ; pur
senza essere un motivo elevato, è utile in quanto
può abituare ad una vita buona, che riflettendo poi
su sè stessa troverà in sè stessa le sue più nobili
ed elevate giustificazioni, quando sarà arrivata a
comprendere che in questa come nell’ altra vita la
ricompensa del bene è la conquista di una più piena
spiritualità e quella del male è la caduta in una
vita non ricca, più discorde e contradditoriamente
angosciosa. Un’altra obbiezione mossa da molti è
quella che vede nelle preoccupazioni d’oltretomba
un’influenza che opera perniciosamente nella vita
attuale. Cid si occupa dell’avvenire dell’ anima sua
si disinteressa del presente suo e d’ altrui. Anche
qui l’obbiezione nasce da un equivoco, nasce dal concepire la vita attuale e la futura in termini spaziali, eilal non vedere che la vita futura postulata
dalla coscienza etico-religiosa è la continuazione della
più elevata vita attuale, Tostochè affermare la vita
futura significhi affermare che noi continueremo a
godere o subire le conseguenze sul carattere delle
nostre azioni attuali, si sviluppa in noi la consapevolezza che ogni azione nostra ha un carattere
indelebilmente registrato nella organica compagine
del nostro carattere, che l’eternità stessa non varrà
mai più a cancellare. Allora il pensiero di questo
significato eterno delle più apparentemente insignificanti tra le nostre azioni ed abitudini, lungi dal
disinteressarci dal presente, non fa anzi che ingigantirne ai nostri sguardi la sacra e terribile importanza, ed incessantemente ne urge a uno sforzo
senza tregua di revisione sempre più acuta, più severa ed intensa, dei nostri pensieri e delle nostre
azioni.
Lungi dall’essere un soporifero è uno stimolo dei
più potenti contro la tendenza all’inerzia ed all’apatia
morale pur nel presente. Ed anzi l’istinto analogico
che governa il punto di vista evoluzionistico non ci
permette di concludere altrimenti. L’animale vive
completamente chiuso nella attualità delle sue impressioni ed emozioni ’ nei selvaggi il pensiero dell’avvenire fa faticosamente e confusamente capolino
A mano a mano che l’uomo s’avanza per le vie della
civiltà, le sue azioni presenti sono in grado crescente
sempre più dominate e dettate dalle sue previsioni
dell’avveuire più lontano ; già noi ci preoccupiamo
di un avvenire in cui saranno esaurite le nostre
miniere di carbone o le nostre risorse agricole ; per
chè se la previsione di ciò che sarà è feconda di bene
nel campo scientifico ed industriale, dovrà ritenersi
necessariamente paralizzàtrice nel campo etico e religioso ?
Non è invece all’ opposto da ritenersi che essa,
convenientemente coltivata e perseguita, sarebbe feconda di bene- anche in tutte le altre direzioni d’attività dello spirito umano ? Invero non è l’orientazione e la sostenutezza del volere, non è il carattere il fondamento stesso e della devozione e lealtà
civica e politica, e dell’onestà e diligenza professionale e della tenacia, accuratezza, sincerità e precisione di studio scientifico e della profondità, sublimità, gentilezza ed efficacia educatrice dell’ ispirazione del poeta, dell’artista e del pensatore ?
« «
E qui potremmo senz’altro concludere se non ritenessimo della massima importanza spiegare l’origine
della forza delle obbiezioni discusse alla fede nella
immortalità personale. Ed a noi sembra che, sia per
l’umanità presa nel complesso del suo sviluppo storico, quanto per l’individuo nella sua propria esperienza, la forza di tali obbiezioni provenga da due
sorgenti fondamentali.
La prima sta nella stessa finitezza di nostra natura.
L’uomo non può arrivare a scoprire dentro e fuori
di sè Dio, a sentirvisi sospeso, che dopo che ha
scoperta la limitazione delle proprie forze e a mano
a mano che scopre che questa limitazione è sempre
più profonda in tutte le direzioni. E’ solo a mano
a mano che l’nomo scopre che la sua vita domestica,
a sua vita politica sociale e storica, la sua arte, la
sua scienza, la sua filosofia non bastano a saziare il
suo spirito e lo rendono anzi sempre più insoddisfatto di sè stesso, che si va facendo dentro di lui
precisa l’idea d’ una Realtà capace di saziarlo ed
irresistibile lo slancio a fidarsi di quest idea e a
vivere di questa Realtà. Questo processo è proprio
dell’uomo in tutti i tempi e luoghi ; varia solo il"
grado della sua vastità, concretezza e profondità.
Ora, la legge di tal processo é questa: l’uomo, al
punto di partenza è più o meno egocentrico e la
sua religione gli è cara come modo di assicurarsi la
soddisfazione dei bisogni della sua natura empirica,
ma a mano a mano che gli si chiarisce la limitazione di questa, egli scopre e persegue una religione
sempre più teocentrica; a mano a mano che scopre
la follia di far servire Dio a’ suoi comodi, scopre
la saviezza di far servire i proprii ai divini ; a mano
a mano che la sua personalità empirica .gli si chiarisce debole e sprovvista d’intrinseco valore di fronte
aU’nniverso, egli vagheggia e scopre una Personalità
trascendeutale ed assoluta donde soltanto può alla sua
derivar forza e valore. Ebbene il corso di sviluppo
della concezione della immortalità personale è parallelo a questo processo e ne è anzi parte integrale.
In inizio l’uomo fa, centro in sè stesso e concepisce
e desidera l’immortalità della sua personalità empirica, e postula dei e Dio a questo fine, come se
la vita empirica fosse provvista di valore intrinseco.
Non è che a mano a mano che si sfascia questa
illusione, che si va in lui facendo strada 1 idea
che la sua personalità empirica ha un valore assoluto solo se ed in quanto invece di far centro in
sè medesima faccia centro in Dio, divenga cooperatrice di Lui, suo organo, sua volontà, un suo aspetto e
momento particolare ed unico. E’ contro 1 idea egocentrica della immortalità che reggono le obbiezioni
qui discusse, è contro la teocentrica che esse s infrangono ; ed è perchè l’nomo di continuo oscilla tra
l’egocentrismo e il teocentrismo nella sua vita, che
v’ è una perenne e parallela oscillazione nella sua
filosofia e nella sua religione e che dei dogmi di
questa è possibile una interpretazione egocentrica
che fa a pugni con la ragione e- la morale ed una
teocentrica che della ragioue e della morale è coronamento e portato.
La seconda sorgente delle obbiezioni accennate alla
fede nella immortalità personale è, in parte, un
aspetto della prima e procede parallelamente ad essa,
ma riguarda asssai più la filosofia e la rappresentazione mitica che la vita religiosa propriamente
detta. Ove la religione è scarsa e poco profonda,
lungi essa dal colorire di luce ' propria i dati della
vita è dell’esperienza sensibile, se ne lascia colorire.
Si ragiona delle realtà religiose in termini delle
seleniche, sensibili, estetiche, sociali, ecc : è da
aspetti areligiosi dell’esperienza e da criteri di discipline areligiose che si parte per viaggi di ricerca
e di esplorazione religiosa ; la verità religiosa deve
conformarsi a questi criteri od esser condannata come
illusione. Appare fatto, realtà solo ciò che si conforma a questi criteri ; mentre il valore (etico, estetico, religioso) appare un accessorio del fatto. Ora
è ovvio che, per definizione, la vita empirica da un
punto di vista puramente obbiettivo, non ha alcun
valore e che il problema del come possa venire ad
averne uno è insolubile. Ma dove la religiosità è
diffusa e profonda, essa investe di sè tutta la vita
empirica .• questa è in primis et ante omnia * vita
in Dio » e la cosi detta vita empirica, quella che è
fatto per la scienza, è un prodotto di astrazione
logica, di mutilazione, di chiusura degli occhi al divino per fini umani. Ed allora il problema non è più
del come la vita-empirica, che in sè non ha valore
intrinseco, arrivi ad averne uno impossessandosi di
Dio ed elevandosi strenuamente verso di Lui ; ma
del come la vita d’ ognuno di noi, che è sempre
vita in Dio arrivi alla consapevolezza d’esser vita
in Dio, sostenuta, pervasa, mossa da Lui; essa e Dio
non formano due notare reciprocamente trascendenti,
ma come spiriti reciprocemente si penetrano. A
questo punto il problema si identifica con quello
delle relazioni tra l’uomo e Dio, tra il particolaree
l’universale, tra l’uno e il molteplice, nel quale non
abbiamo alcuna intenzione d’ingolfarci. Diremo soltanto che il negar Dio come il trattar quale illusione
la personalità umana al fine di togliere il carattere
misterioso di queste relazioni, non è risolvere il
problema ; e che, dopo tutto a parte da questo mistero non si comprenderebbe più 1’esistenza di quella
emozione deH’ineffabile, di quella sete dell’ infinito,
di quello slancio fiducioso verso ignoti e pur agognati lidi che son l’essenza d’ogni robusta religiosità.
Prima di abbandonare una credenza, perchè presenta
molte difficoltà noi abbiamo il dovere di esaminare
se le difficoltà del nuovo punto di vista siano almeno
minori di quelle dell’antico, e se gl’interessi spirituali da esso promossi siano meno o più importanti
di quelli promossi dalla credenza che si vuol abbandonare : occorre confrontare si 1’ attivo che il
passivo del nuovo e del vecchio.
Angelo Crespi
Un industriale cristiano
Il signor Joseph Storrs Fry, famosissimo industriale
di Bristol, è il tipo vero deU’industriale cristiano. La
sua estrema coscienziosità e la sua superiorità intellettuale hanno concorso aU’immenso e prospero sviluppo
dei suoi negozi.
Gli ospedali, le pinacoteche, le scuole, le case per
convalescenti ed altre istituzioni di Bristol devono a
lui il loro benessere e, si polrebbe anche dire, la loro
esistenza. Egli è l’amico di ogni buona causa, tanto che
si tratti di una piccola beneficenza privata o di un dono
di migliaia* di sterline.
Egli ha avuto sempre a cuore l’opera delle Scuole
Domenicali, e fu monitore per circa 50 anni. A tal proposito, ebbe a dire :
« La ragione "della prosperità delle nostre Scuole Domenicali è dovuta alla diretta, contiuua, personale influenza dei maestri sopra gli alunni, come da cuore a
cuore. Può darsi che un graduale, accurato, elaborato
ordinamento di ben architettati schemi biblici sia necessario alla buona riuscita di un sistema ; :na nulla
di tutto ciò ci darà un vero e profìcuo risultato, se non
vi sarà insieme lo spirito di consacrazione, un profondo
e continuo pensiero per ogni alunno e soprattutto un’ansietà per la salvezza di ciascuna anima individuale. Se
un ordinamento strettamente scientifico si sostituisce
al fervore evangelico e all’amorosa cura delle giovani
anime, i risultati saranno sterili, per non di peggio ».
Il signor Fry è sempre stato anche un grande lavoratore nell’opera della Temperanza. Non beve bevande
alcooliche.
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« Non ho fatto nessun voto » dice egli medesimo,
« ma soltanto mi sono prefisso la via da tenersi e l’ho
seguita fin qui. Credo che l’esempio abbia la mas^ma
efficacia, specialmente se si voglia fare un’opera di redenzione fra i poveri, che sono maggiormente esposti
alla tentazione dell’iibbriachezza ».
Grande cura egli dà pure alle Associazioni della Gioventù ; ma non sembra molto sodisfatto del loro assetto presente: « E’ certo che le associazioni per la
Gioventù furono in origine un movimento puramente
spirituale, e che il loro unico scopo fu la conversione
dei giovani e il loro conseguente avviamento a lavorare in tutte le operò di attività cristiana : predicazione nei piccoli centn, lavoro fra i bambini poveri,
nelle Scuole Domenicali, e cosi via. Ora io non voglio
asserire che il « football », il « cricket », le serate
musicali, i circoli di divertimento ed altre somiglianti
cose sieno un male. Non lo sono. Ma d altro lato io
credo che oggi prevalga una tendenza, e non solo nelle
associazioni cristiane per la gioventù, ma anche nelle
chiese, a dare allo svago innocente una indebita preminenza, come se il vangelo del divertimento fosse quasi
sinonimo di Vangelo di Cristo.
Vorrei che non soltanto le associazioni dei Giovani,
ma tutte le chiese ponessero te cose principali al posto
principalissimo. *
In quest’epoca di amore esagerato per tutto ciò che
è passatempo, noi abbisognamo più che mai di un più
saldo fondamento morale, che la vera conversione solamente può dare ; ed io stimo che su punti come questi
noi non dovremmo mai tenerci facilmente per sodisfatti ».
Il signor Fry — che è quasi cieco e che ha raggiunto gli 83 anni — presiede ancora spesso ai culti,
che ogni giorno si fanno nei suoi stabilimenti ; culti
ai quali intervengono 5000 operai, che amano quel buon
vecchio come si ama un padre.
P^qiHE PI STORIjt
Preludi della crociata
L’Inquisizione e l’arcivescovo di Embrun, Baile,
gareggiando di ferocia nella ricerca dei Valdesi e
di avidità nella confisca dei loro beni, continuavano
a terrorizzare i già pacifici valloni dell’alto bacino
della Duranza.
Il loro zelo sanguinario s’infervorò più ancora,
quando seppero la morte del re Luigi XI, avvenuta
il 30 agosto 1483. In quello stesso anno. Baile inquisì a danno di novantauove eretici, intimando a
tutti i sospetti, di comparirgli dinanzi o di abbandonare quella diocesi. Ed intanto, senza nenche aspettiire l’epoca da lui stesso fissata, mandava i suoi
bravi a rubare e saccheggiare. Il 12 settembre si
affrettava a decretare contro i Valdesi le sue patenti
di scomunica d’anatema.
Gli abitanti dèlia Val Luisa redassero una protesta
ufficiale, dicendosi pronti a vivere da buoni cristiani e da fedeli sudditi del re ; pure, secondo
alcuni autori, dovettero rifugiarsi fra le nevi del
Pelvoux per avere salva la vita.
Col 1486 comincia, per opera del Balle, una serie
ininterrotta di processi e di violenze che va poi a
confondersi nella grande crociata bandita dal papa.
Fra le prime vittime ricordansi Antonio Pabre, di
Casteldelfino, ed Antonio Albi o Blanc, di Preissinière. Il 12 settembre egli bandi finalmente un ordine di rientrare nelle braccia di S. Madre chiesa
entro un anno, dopo il quale esso dichiarava che,
in conformità delle leggi canoniche, i ribelli sarebbero
consegnati al braccio secolare per ricevere il meritato castigo. Neanche questa volta Baile rispettò
quella tregua da lui fissata e fece perire, tra altri,
dopo ripetute torture. Odino Crispino, di Preissinière, ventiquattrenne, il cui fratello Pietro fu pure
martirizzato più tardi.
Oiov. Jalla
Crisi ecclesiastica B còsi peligiosa ferenza del
signor Arturo Mingardi, già Padre Bernardino da Busseto, meriterebbe di venir largamente sparsa fra gl’italiani, e specialmente fra il Clero cattolico-romano. —
L. 0,10 la copia. Per 10 copie o più un soldo Puna,
franche di porto. — Rivolgersi al signor A. Rostan,
Via Nazionale 107, Roma.
Balleria sciEntìfico-rElpsa
Luiji pasfeur <1822 - 1896)
E’, senza dubbio, il più illustre scienziato del secolo
XIX. Cultore sommo delle scienze fis'che e biologiche,
si è dimostrato nel tempo stesso antimaterialista e convinto spirituali ita.
Dopo alcuni lavori sulla polarizzazione della luce, di
natura puramente cristallograficà, Pasteur si dette a
studi fecondi di applicazioni. La sua attenzione si portò
sulle fermentazioni, e scoperse quella teoria bacillare,
che oggi è il cardine principale delle scienze mediche.
Cominciando dallo studio della fermentazione lattica e
I butirrica, e passando poi all’alcoolica ed aU’acetica, egli
combattè la teoria della generazione spontanea per sostenere invece quella cellulare, e ottenne completa vittoria sui suoi avversari, fra i quali principalissimo il
Pouchet.
Proseguendo nei suoi studi, il Pasteur si occupò del
virus del carbonchio e ne consigliò la cura con la vaccinazione mediante virus attenuato ; si occupò in seguito del colèra dei polli, di cui pure riusci ad ottenere: il virus, e finalmente della rabbia.
Creato a Parigi l’istituto autirabico che fu intitolato
col nome dell’ illustre scienziato, egli' si dedicò quasi
esclusivamente a questa nuova istituzione.
Il Pasteur fu pure filosofo, ma la sua filosq^fia non
è quella dei cosidetti positivisti, anzi egli confutò le
teorie del Comte. Il Comte, padre del moderno positivismo, fece il tentativo di porre tutto ciò che interessa
0 concerne le umane creature, in sè medesime o nell’universo, nella categoria delle cose conoscibili — per
guisa che la teologia, la filosofia, la poesia e tutto ciò
che non può essere rinchiuso nel quadro delle scienze
fisiche e positive, vengono assegnati ad uno stato inferiore di civiltà, e destinati a cedere il posto alla categoria suprema della scienza. E’ la famosa teoria della
successione dei tre periodi nella^toria umana : il periodo
teologico, quello »¿efuyfs/co, e finalmente quello positivo
il solo strettamente scientifico.
Ma il Pasteur combattè la filosofia del Comte con
questo semplice ragionamento : Dietro ad ogni oggetto
finito che è, o può diventare il soggetto della scienza
esatta, giace un infinito che nessuno può misurare ;
dietro l’anatomia c’è la vita; dietro l’estetica c’è il
genio ; dietro la teologia c’è la coscienza, o la consapevolezza, la dipendenza della ragione finita e derivata
dalla Ragione infinita, assoluta; dietro la Chiesa, c’è
l’apostolato ; dietro ogni cosa reale, c’è un ideale ; dietro
la natura c’è Dio 1
Memoranda, a que.sto riguardo, fu la seduta dell’Accademia francese, in cui egli occupò il posto lasciato
vuoto dal Littré, uno dei più ferventi discepoli del
Comte. Era l’anno 1882.
Ernesto Renan, incaricato di salutarlo, non teme di
levarlo a cielo e dice : « Ninno mai percorse con passo
così fermo i circoli della natura elementare : 'la vostra
vita scientifica è come una striscia luminosa nella oscura
notte deiriufiuitamente piccolo, negli ultimi abissi dell’essere, dove nasce'la vita. I vostri discepoli sono
maestri che si chiamano Lister, Tyndael ».
Ora il Pasteur doveva nel suo discorso di rito, per il
nome di Littré, pronunziarsi nella grande controversia
tra la fede e l’incredulità. E si dichiarò credente. Anzi
egli respinse l’incredulità positiva a nome del metodo
sperimentale, cioè del' principio fondamentale nell’ ordine scientifico. Per il Pasteur il positivismo è frutto
di un metodo gretto che nei più dei casi non serve a
dimostrazioni rigorose. I positivisti, inabili all’applicazione severa dal metodo sperimentale, seguono l’andazzo dei loro capi, che diedero pur troppo nel magno
errore di confondere gli sprologui volgari col linguaggio della scienza. Si contentarono del quasi, non inventarono nulla, si limitarono a cercare induzioni problematiche senza condursi mai nei loro ragionamenti
fino alla prova propriamente detta, « jusqu’à la preuve
sans réqligue ».
E dopo di avere respinta l’incredulità a nome del
metodo sperimentale, il Pasteur passa a sostenere le
ragioni della fede religiosa ancora in nome del metodo
sperimentale. « Si, voi osservate, è vero, ma osservate
più attentamente ; voi ragionate, ma ragionate più atientamente, e farete capo all’infinito. La sua nozione
wi sembra incomprensibile, e lo è ; eppure è positiva e
primordiale. E lo è a segno ,che si impadronisce dì noi
e ci domina. Quando essa nozione si impadronisco di
noi, altro non ci resta che di prostrarci. La nozione
I dell’infinito! Ma ione veggo dovunque l’impronta’Per.
essa il soprannaturale è nel fondo di tutti i cuori. L’idea
di Dio è una forma dell' infinito. E finché il mistero
dell’infinito graverà sopra il pensiero umano, saranno
innalzati dei templi al culto dell’infinito, e vedrete ivi
uomini inginocchiati, prostrati, inabissati nel pensiero
dell’infinito 1 »
E. Hìl.
^ ........JU,.
Iv’acqua
- 0 voi tutti che siete assetati,
' venite all’acque I
Isa. LV, 1.
L’acqua è tra i primi elementi necessari alla vita
dell’ nomo, degli animali e delle piante. La Sacra
Scrittura ce la presenta come il gran Simbolo della
vita, come il gran mezzo di purificazione. Il vocabolo ebraico è plurale (maim), come i cieli {Shamaini), come Dio stesso {Llohim) : plurale qnantititativo ed intensivo, a motivo della immensità del
mare, dei cieli e di Dio.
La Scrittura ci parla delle acque di sopra (nuvole, pioggie, rugiade), che, all’epoea della creazione
furono separate dalle acque di sotto (mari, laghi,
fiumi) mediante la distesa, o firmamento, od atmosfera, le quali, al tempo del diluvio, si congiunsero
per distruggere il mondo antico. Iddio sostiene quelle,
e contiene queste entro limiti inseparabili dalla lor
stessa violenza ; e le versa sopra la terra per essere segno e strumento di benedizione o di malezione. Le grandi afflizioni, le distrette, gli abbattimenti deU’anima, la furia e il nùmero dei nemici
sono « acque *, grandi acque, diluvi, abissi, che inondano fin sopra il capo, che giungono fino alTanima, che le passan sopra ; e il succedersi delle
calamità e delle ruine sono « flutti e onde » che
ci passano addosso, e dalle quali il Signore solo ci
può iiberare.
A queste acque esterne fanno riscontro « i ru'scelli che scendono dagli occhi e che sono le lagrime
spremute da queU’estremo dolore che mosse il profeta Geremia ad esclamare : « Oh fosse pur la mia
testa acqua e l’occhio mio una fonte di lagrime ! io
piangerei notte e giorno gli uccisi della figliuola del
mio popolo 1 ».
AH’incontro, le acque che scoppiano nel deserto,
i torrenti nella solitndine, le vene d’acqua in terra
asciutta, tramutando i luoghi desolati in terre amene
e verdeggianti, sono una imagiue deliziosa del rinnovamento che si effettua nel mondo, quando Iddio
spanderà sopra il suo popolo e sopra le genti delle
« acque nette », vale a dire, uno » spirito nuovo ».
La virtù vivificante dell’acqua sopra le piante, rappresenta a maraviglia la potenza rigeneratrice dello
Spirito di Dio nel cuor degli nomini.
La Palestina non scarseggiava troppo di acque ;
tuttavia la siccità visitava di quando in quando il
paese. Il profeta Amos, volendo descrivere la soprastante finale distruzione del paese, lo minaccia,
da parte di Dio, di privarlo di ogni lume e consolazione della Sua Parola : « Ecco, i giorni vengono,
dice il Signore, che io manderò la fame nel paese ;
non la fame di pane nè la sete di acqua, anzi di
udire le parole del Signore ». La terra arida e
la cerva assetata bramano l’acqua : medesimaràente
l’aomo pio anela Iddio. — La quantità che se ne
beve e la facilità colla quale si inghiottisce, rappresentano pur troppo bene la misura e il modo
col quale « l’iniquità entra nell’interior dell’uomo ».
Caduta in terra l’acqua non si raccoglie, così ai
morti non può ridar la vita: essi rimangono nella
terra in cui giacciono. — Le acque chete sono l’immagine della quiete e della pace di cui godono i
fedeli, guidati dal celeste Pastore, e corrispondono alle
« acque del Siloè che scorrono quietamente ».
L’espressione proverbiale : « Getta il tuo pane
sopra le acque » fu assai variamente interpretata,
ma il senso più naturale pare esser questo : Getta
il tuo pane alla gran turba dei famelici : tu non
perderai punto il tuo premio, sia in terra, sia in
cielo ; tu non sai dove l’acqua porterà il tuo pane'
4
:c.
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LA LUCE
nè sopra chi tu spargi le tue liberalità: fai bene
a tntti, senza riguardo all’apparenza delle persone :
l’opera tua buona ti ritroverà.!
L’acqua, in numerósi luoghi della Scrittura, è
imagine della purificazione e del perdono. Tale, già
nella legge di Mosè, era il significato delle acque
lustrali, di cui il sacramento del battesimo è una
semplice semplificazione. La virtù purificatrice non
risiedeva nell’acqna, ma le era congiunta inqnantochè essa solamente era il simbolo d’uu altro simbolo : dèi sàngue espiatorio. Perciò S. Giovanni, in
un passo famoso, riunisce l’acqna, il sangue e lo Spirito, i quali insieme concorrono alla medesima opera
di salute : ma l’acqua da sè basta a rappresentare
il sangue del perdono e l’arra dello Spirito santificatore. « Io spanderò sopra di voi dell'acque nette,
ha detto il Signore, e vi darò un cuor nuovo, emetterò uno Spirito nuovo dentro di voi ». Ezec. (XXXVI,
25-26).
y.
Pel centenario di Caivino
Nei giorni scorsi — come i Lettori sanno — si sono
celebrate a Ginevra le feste per il quarto centenario
della nascita di Calvino.
Nel prossimo numero pubblicheremo parecchi scritti
sul grande Riformatore dovuti alla penna del prof.
E. Bosio, del cav. P. Longo, del cav. Dr. Gay, del
prof. Enrico Rivoir^ del pubblicista B. Pons^ del
Dr. Enrico Meynier, del prof. Pietro Vinay, e di altri
ancora.
Sinodo della Cfajita di Francia
Il sinodo nazionale della Chiesa riformata evangelica
di Francia si è aperto nel bel tempio di Grenoble il
25 cori-, alle IO ant. coll’invocazione e la lettura della
Bibbia (Efesi IV) e della confessione dei peccati fatta
dal signor pastore Lächeret presidente della commissione permanente. Il bel tempio è ornato di verdura e
pieno zeppo di membri del sinodo e di amici. Il pastore locale, sig. Alberto Amai, dà il benvenuto al sinodo in nome del quale risponde il sig. Lächeret.
Viene eletto il seggio nelle persone dei sigg. pastore Pfender moderatore-presidente e sigg. Alb. Amai
pastore, e Boumgeotner, laico, vice presidente e parecchi segretari. Sono presenti 80 membri del sinòdo, una
metà dei quali pastori e l’altra laici, rappresentanti dei
20 sinodi regionali, e parecchi delegati di chiese sorelle. Il primo atto del sinodo, dopo un discorso del
moderatore, è la lettura del rapporto della commissione
permanente, che indica le principali quistioni di cui
dovrà occuparsi l’assemblea.
Non possiam dar qui un resoconto di tutte le discussioni seguite fin qui.
Limitiamoci ad alcune osservazioni generali. E’
imponente veramente quest’assemblea che dimostra la
vitalità e la potenza della gloriosa chiesa degli Ugonotti, la quale ha bravamente accettata la separazione
dallo Stato che la priva degli onorari che prima il governo dava ai suoi pastori ; essa ha fatto da sè, ha formato un fondo di volontarie donazioni che provvede
non solo a mantenere le sue 400 chiese, ma ad estender la sua influenza ovunque si apra qualche porta.
Osservo che alla stampa è riservato un posto ampio
e comodo dal quale, in mezzo a una mezza dozzina di
giornalisti, vergo queste linee per La Luce.
Un’altra bnona istituzione che vorrei vedere adottata
anche dai nostri sinodi, è quella della tribuna per gli
oratori, la quale mi sembra contribuire a diminuire il
numero dei discorsi inutili, ed a vendere quelli che
son pronunciati intelligibili a tutti. Ogni sera, abbiam
conferenze date da insigni oratori. Ieri sera, l’illustre
biografo di Calvino, il prof. Donmergne, ce ne diede
una stupenda sul suo eroe.
Come si «anta bene qui I ler mattina al culto, cantavan tntti, e bene, compreso il quartetto distinto che
stava vicino all’organo ad eseguire musica sacra tutta
protestante.
Il ricevimento dei delegati esteri ebbe luogo ieri
alle 4, nella bella villa del sig. Steel, alle porte di Grenoble. Il moderatore aprì quella seduta speciale nel
giardino della villa, davanti a un pittoresco panorama
e ad un’assemblea interessantissima. Parlarono diversi
francesi tra 1 quali il decano della Facoltà teologica
di Parigi, il Vaucher, e quattro stranieri, cioè due scozzesi, uno svizzero ed un italiano.
Quest’ ultimo, che invece fu il primo dei forestieri
invita a parlare, era il segretario della Tavola Valdese. Egli oltrepassò il ristretto limite di tempo prefìsso ai delegati, ma nìssuno pensò a richiamarlo all’ordine, quando 1’ assemblea lo udì rievocare i ricordi
valdesi di questa regione Valdese per eccellenza del
Delfìnato e poi ringraziare la Chiesa Riformata di Francia
dello slancio con cui le-sue parrocchie han mandato
sussidi pei danneggiati di Messina... e la Francia tutta
pel soccorso prestato 50 anni fa al Piemonte per la libeiazione della Lombardia dal giogo austriaco... il che
ha permesso ai Valdesi, d’iniziare la loro evangelizzazione in quella regione. Gli rispose commosso il moderatore esprimendo i vivi sensi d’affetto degli Ugonotti di Francia pei valdesi ed aggiungendo : Evviva
ritalia! El Kalil
L’lnaugurazione della “Chiesa deH'Evangelo,,
a Rochester N. y.
Esisteva a Rochester N. Y., grande città industriale
con 250.000 abitanti di cui oltre 20.000 italiani, un
piccolo nucleo di evangelici italiani già membri della
mìa chiesa di Grotte e Girgenti, in Sicilia. Negli ultimi mesi, quel nucleo si era rafforzato con altri Grottesi evangelici. Negli intervalli dei miei viaggi di collette, li radunai in una sala gentilmente messa a nostra
disposizione dal dott. W- K. Taylor primo pastore della
Brick Presbyterian Church. Nelle mie assenze, quei
buoni fratelli ai quali si aggiunsero alcuni altri evangelici italiani continuarono a radunarsi e ad edifìcarsi
reciprocamente. Il movimento era serio e promettente.
Mercè il grande interesse addimostratoci dal dott.
Taylor e dai suoi assistenti, specialmente dal rev. James
Faulds. potemmo costituirci in Chiesa indipendente sotto
il presbiterio di Rochester e col nome di « Chiesa dell’Evangelo » e chiamare come pastore della congregazione il prof. Giovanni Tron, già evangelista della Chiesa
Valdese per vari anni negli Abruzzi, giovane intelligente, colto, attivo e di molta esperienza neU’opera.
Il 4 giugno n. s. ebbe luogo l’inaugurazione del tempio ; uno splendido locale nel centro di uno dei quartieri italiani, e quella del ministerio fra noi del prof.
Giovanni Tron. Presiedeva il dott. Taylor che rivolse
acconcie parole ai 150 presenti, invitandoli ad esser, come
Abramo che usci dal suo paese e dal suo parentato per
andare in terra straniera, benedizione alle loro famiglie, ai loro connazionali, al paese che li ospitava.
Seguirono i discorsi del prof. Tron, in inglese ed in
italiano ; del dott. Miller ; del dott. Stebbins ; del dott.
De Hart, mandato dal Sinodo generale delle Chiese riformate che si è adunato in questi giorni in Rochester
e nel quale ho rappresentato la Chiesa Valdese ; del
dott. Kittredge che presentò alla congregazione italiana
uno splendido servizio di Santa cena a nome della Chiesa
Presbiteriana di Lima.
Si esegui musica italiana a cura del signor J. A.
Roncone, tesoriere della Chiesa. Furono cantati varii
inni sotto la guida della sig.ra Boltume che suonava
« l’harmonium ». In complesso, una bella cerimonia, incoraggiante, piena di promesse per l’avvenire. Anziani
della chiesa sono: Nicolò Argento e Calogero Salvaggio ; tesoriere : J. A. Roncone.
Auguriamo al sig. Tron successo nell’opera sua che
sorge sotto i più lieti auspici.
Prof. Alberto Clot past. Valdese
Per chi cambia indirizzo
Avvertiamo coloro ohe cambiano indirizzo, andando,
per esempio, in campagna o ai bagni, che non possiamo fin d’ora prender nota che essi — poniamo —
fra due o tre mesi torneranno in città, cioè all’indirizzo di prima. Questo recherebbe alla nostra ammistrazione una grave complicazione.
Quando torneranno all’indirizzo di prima, dovranno
aver la bontà di significarcelo mediante un’altra cartolina da tre soldi.
Certi giornali fan pagare 30 centesimi per un cambiamento d’indirizzo ; noi ci accontentiamo d’un soldo
e mezzo I
Dal Chiosco alla Libreria
L’Avanguardia. — E’ uscito il N' 3 di quest’anno.
Angelo Pernzzi — Il Positivismo, vecchi ricordi
dell’Autore. — Roma, Tip. « La Speranza » 1909.
Evangeiizzazione papista
Tutti sanno che i Cristiani evangelici stampano,
pubblicano, vendono, regalano trattatelli, opuscoletti,
foglietti volanti, a scopo di propaganda, d’evangelizzazione. Ma non tutti forse sapranno che adesso
i Cattolici romani — in questo, come in molte altre
cose '— cercano di imitare, ossia di scimmiottare i
Cristiani evangelici. Per esempio, il Circolo di San
Pietro — « con permesso » ben s’intende « dell’Autorità Ecclesiastica » — s’è fatto editore di pubblicazioncelle da 4 paginette ; le quali vedon la luce
una volta la settimana e anche più spesso ; si vendono a 10, a 25, a 50, a 100, a 200, a 300 e a
500 copie insieme, a prezzo infimo, poiché — se
non abbiam sbagliato i calcoli — abbonandosi per
500 copie settimanali, le si pagherebbero ciascuna,
« posta compresa », in ragione di L. 0,0018... ; e
contengono un passo del Vangelo — il Vangelo del
giorno, 0 qualche cosa di simile — seguito da un
breve commento o da una breve meditazione.
L’opuscoletto da 4 pagine, che abbiamo qui sul
tavolino, reca il « Vangelo della Domenica li dopo
Pentecoste (Lue. XIV, 16-24) », cioè la parabola
della Oran cena, a cui gl’invitati non intervengono
allegando scuse magre ; onde il « padre di famiglia » manda il '« servo » (?) a raccoglier « mendiei,
storpi, ciechi e zoppi » per menarli alla cena ; ed,
essendoci « ancora del posto », il padrone dice al
servo: * Va’ per le strade e lungo le siepi, e forzali a venire, affinchè si riempia la casa mia, ecc. ».
Se il Circolo di S. Pietro s’accontentasse di pubblicar sian pure minuscoli brani della S. Scrittura,
noi saremmo i primi a rallegrarcene. Se il Circolo
di S. Pietro pubblicasse brani e commenti appena
appena ragionevoli ed esatti, noi ne benediremmo
ancora Iddio ; poiché a noi preme che la Parola di
Lui si sparga in qualche modo. Ma pur troppo i
commenti lasciano assai assai da desiderare.
Sentite 1
< I servi mandati da Dio sono i suoi sacerdoti ì) .
Questi servi-sacerdoti (cattolici papisti, naturalmente)
devono trarre le anime nella casa stessa di Cristo,
cioè a dire (l’avete indovinato, non è vero ?) nella...
Chiesa (cattolica papale, naturalmente) per ivi nutrirsi del cibo spirituale che le alimenta alla vita
eterna ».
Stranissima mania I Chiesa, Chiesa, sempre la
chiesa e sopratutto la Chiesa !
Eppure al Cristo, non alla Chiesa, s’ hanno a
« trarre le anime » ; non nella « casa del Cristo »,
ma al Cristo, a Lui, alla persona Cristo, che accoglie oggi i peccatori come li accoglieva allora..
Trovassero gli evangelizzati dai Papisti, trovassero almeno nella « casa di Cristo, cioè a dire nella
Chiesa » il Proprietario, il Padrone di casa, cioè a
dire Gesù Cristo ! Ma no 1 Lo sapete purtroppo :
nella casa Gesù Cristo non c’è più ; c’è invece il suo
vicario, il Papa. In realtà, i Cattolici romani non
evangelizzano il Cristo, ma il Papa.
IN SALA DI LKTTURA
, « In occasione del centenario della nascita di Alessandro Gavazzi. — Cenno biografico di L. Conti.
— Roma, Casa Ed. Metodista, 1909. Prezzo L. 1,25 ».
Con parola facile e gustosa, con stile spigliato e simpatico l’A. — più con l’anima di amico intimo che di
ammiratore entusiasta — ci presenta la vita dei grande
patriota cristiano nei momenti più critici e negli episodi più interessanti ! Questo « cenno biografico » si
può definire « un avvicendarsi continuo di combattimenti » sostenuti dal Gavazzi, combattimenti coi reazionari e i nemici della libertà italiana, con la fame
e gli stenti del lungo esilio, con gli avversari e i denigratori della verità evangelica !
Chi legge il « Cenno del Conti » — scritto con nobile
intendimento d’amore e arricchito di belle illustrazioni — non potrà fare a meno di scolpirsi nell’anima
l’eroica figura di Alessandro Gavazzi, che consacrò la
forza del braccio, ia luce della mente e l’affetto del
cuore alla causa della libertà di patria e all’ incremento del Vangelo di Cristo.
Cireno
5
LA .LUCE
LA QUI5TIONE SOCIALE
^^iassanto d’on diseapso del veseovo anglleano
Ci si parla di un nuova ordine di cose che trionferà
sugli istinti malvagi della nostra razza. In quel beato
giorno dei governi benefici, soavemente sicuri della
buona volontà dei loro sudditi, rappresenteranno la parte
di provvidenze terrestri, e manterranno la pace tra gli
nomini. A tradurre in atto queste speranze ci vorrà
anzitutto un’opera di spossessamento. La quale si dovrà
attuare con o senza il consenso degli spogliati. Importa
ad ogni modo che la città novella riposi su salda base.
Ad assodare il nuovo ordine di cose sarà indispensabile una larghissima misura di abnegazione personale,
in tntt’i cittadini ; giacché l’idea d’ una uguaglianza
naturale fra tutti non è ammessa nel mondo degli umani più che non lo sia nella repubblica degli animali.
Sorsero anticamente delle celebri civiltà! Si videro
crescere, poi tramontare ; e noi saremmo degli stolti
neU’immaginare che le cause uniche della decadenza
loro siano state la stupidità dei tiranni o l’invasione
delle orde barbariche 1
Non lo dimentichiamo. La base sulla quale riposa
-ogni società è 1’ umana natura. Noi quindi siamo costretti a tener gran conto degli istinti antisociali di
questa natura, poiché seno appunto quegli istinti che
senza posa trassero a rovina le più splendide civiltà 1
Ciò equivale a dire che nella soluzione della questione
sociale noi dobbiamo tener conto di un elemento spesso
■e volentieri trascurato dai signori economisti, cioè del
peccato.
Il peccato, ecco l’immane montagna che ci sbarra la
•via alla terra promessa.
Chi rimuoverà l’ostacolo ?
Qui la chiesa cristiana ha un’opera speciale da compiere, per rimediare ai mali che travagliano l’umanità.
Essa addita la barriera del peccato che ci sorge davanti, e che trascurano gli uomini politici, poi ci dijschiude la via da Dio disegnata e preparata a superar
l’ostacolo.
Ecco l’insegnamento avuto dal Maestro, dal quale
nou ci possiamo allontanare.
Come uomini di chiesa, faremo quanto potremo per
contrastare ai peccato ed agevolare la virtù ! Invocheremo l’applicazione del pensiero cristiano nei reparti
tutti della vita pubblica ; giacché il complesso della
vita cosi pubblica come privata è per noi santificato
dal fatto augusto della venuta di Cristo. Ci sforzeremo
•d’innalzare la vita pratica della società, in cui viviamo,
aU’altezza della norma ond’essa fa professione. E poiché va tenuto serio conto della natura e dell’egoismo
umano nell’opera di ricostruzione sociale, noi dovremo
mirare in alto, alla potenza che ha dato prova di poter
trionfare del peccato congenito a questa natura me■desima.
Ciò che il potere divino fece in addietro, esso lo può
fare anch’oggi risvegliando le anime.
Per mezzo del risveglio religioso che non ci periteremo d’invocare, Dio può creare nei cuori un sentimento
profondo dello spirito di fratellanza, che è uno degl’i■deali del movimento democratico. Egli può inoltre, me•diante una missione rivoltici ai ricchi ed ai felici del
secolo, destare in essi un sentimento vivo della responsabilità che li grava nella retta amministrazione
dei beni loro affidati, di cui cosi spesso abusarono consacrandoli quasi unicamente al loro lusso o ài loro piaceri. I cuori così rinnovellati creeranno una società
nuova.
(Da L’Ami Chrétien) e. r.
Salice Piangente
Monsambano sai Mincio •
Venerdì 2 andante luglio, un piccolo corteo composto per lo più di donne, delle quali due sorelle in
fede venute da Guidizzolo, accompagnava all’ultima dimora la salma d’una nostra sorella in Cristo, Pasqua
Brusini. Nata il 15 aprile 1840, essa abbracciò per tempo
l’Evangelo che professò poi francamente in un col
suo marito Mansueto Brusini. Essa lascia a Marmirolo,
a Guidizzolo, a Mantova, il ricordo di una testimonianza
fedele, leale e coraggiosa.
Nella sala mortuaria del piccolo camposanto di Monzambano, la lettura e la predicazione dell’Evangelo e
la preghiera si ebbero ascoltanti scrii ed attenti.
Il Signore sostenga nella prova il nostro caro e provato fratello Mansueto Brusini, suo figlio Eedoro, la
sorella e la nuora.
Stefano Bevel
, .Perchè il tuo cuore è triste?
(Samuele I, 8).
A questa domanda, che oggi potrebbe essere forse
molto opportunamente a te indirizzata, io conosco la
risposta che migliaia e migliaia di persone possono
farsi con tutta sincerità ; la risposta è questa : Il
mio cuore è triste, perchè io vivo nel male.
Il male nel nostro cuore, il male nella nostra vita,
ecco la grande sorgente di tristezza.
Mille volte più disgraziato ancora è colui che può
correre nella via del male, senza essere accasciato
dalla tristezza !
Fortunatamente questo caso è raro, e questo caso
non è il tuo.
Quante volte, ahimè, tu hai fatto questa esperienza : dal momento che tu hai patteggiato col male,
qualunque sia il suo nome, menzogna, pigrizia, voluttà, intemperanza,.. la tristezza, fredda e pene
trante come la pioggia di autunno, è piombata sulla
tua anima.
Qualche volta, è vero, al momento della vertigine,
dell’ebbrezza, il male e la gioia — oh sacrilegio ! —
sembravano uniti, ma il risveglio non ha indugiato.
Non appena vuotata la coppa, l’amarezza è salita
alle labbra. E questa tristezza ti seguita, ti perseguita, essa si chiama rimorso, onta di te stesso, e
tu sei triste, quando tutto sorride intorno a te.
Oh! tu che hai sete di felicità, non persistere
nella via del male !
Credi alla testimonianza del Vangelo, dei secoli
e degli uomini: se tu vuoi essere felice, comincia
coU’abborrire il male.
In Cristo, ecco la via rivelata e la felicità offerta 1 Con Lui, in Lui, nella sua forza, nel suo
esempio, nel suo amore, tu pure attaccati unicamente
al bene ; e la tua tristezza, secondo la promessa divina, sarà cambiata in gioia.
{Vers la Paix, di H. Soulié).
^ Tito Celli
CROCE AZZtJKRA
Il sindaco di Vienna. (Francia), Breuier, ha presentato al Consiglio Generale del dipartimento una petizione firmata da lui e da “altri, per chiedere che —
come s’è già fatto nel Belgio, nella Svizzera, in Olanda
é in Inghilterra — anche in Francia si vieti la fabbricazione e lo smercio di quel terribile assenzio, che
il celebre chimico Berthelot, considerava come « veleno distruggitore della salute e della intelligenza ».
*
Ufi *
Mesureur, dirett. dell’Assistenza pubblica (in Francia)
ha fatto le rivelazioni seguenti : « Su 2950 detenuti a
Santa Pelagia, ce n’eran 2124 dati al bere. Nel 1865,
si consumarono in Francia 873007 ettolitri d’alcool, e
si ebbero 14983 casi d’alienazione mentale. Nel 1892,
si consumarono 1735367 ettolitri d’alcool, e il numero
dei pazzi sali a 5S753. — Se si dovessero interrogare
i registri degli ospedali, si avrebbero altre dolorosissime rivelazioni circa alla strage che le bevande alcooliche producono.
* *
Si annunzia la pubblicazione di nuovo periodico, dal
titolo: « Il Eisveglio, organo mensile dei Lavoratori
antialcoolisti di Finistére ».
*
« «
In Inghilterra, durante qnest’nltimo anno, il commercio delle bevande alcooliche è diminuito in ragione
di 150 milioni. Benediciamone il Signore 1
*
Iti ^
La sesta conferenza Internazionale triennale della
Croce azzurra ha tenuto le sue sedute ad Amburgo.
La Federazione contro l’alcoolismo annovera 76446 soci,
di cui 17475 ex ubbriaconi. E’ stato rieletto a presidente della Federazione Antony Eochat.
si
* *
Un’associazione di giovani fondò a Stoccarda, per uso
militare e spendendo 70000 marchi, un ristorante antialcoolista, frequentato ora da 300 tra soldati e graduati, per giorno.
Signorina valdese.
a prezzo mitissimo, una signora o signorina desiderosa di riposo e di vita tranquilla. Rivolgersi alla signorina Costabel. Valentino. Luserna S. Giovanni.
Torino).
La Dottrina Cristiana spiegata ‘ al po^lo
Il Mistero della Croce.
D. — Nello studio precedente, sul sacrificio espiai
torio, diceste che la morte di Gesù sulla Croce rientra
nel sacrificio. Mostrate ora come vi rientra.
E. — Come dicemmo in quello studio il sacrificio di
Cristo è la vita di Cristo, cioè la volontaria, crescente e completa consacrazione di quella vita umana
ideale e reale alla legge del bene per il bene, vale a
dire a Dio. E l’umanità peccatrice, in quella vita idealereale del Figlio dell’Umànità, espia il suo peccato, cioè
fa il preciso opposto del peccato : lo espia virtualmente in questo capo-stipite dell’umanità novella, in
attesa di espiarlo attualmente quando tutti gli uomini
saranno stati trasformati dal pieno sviluppo in ciascuno di loro di questa vita nuova che il Criste ha innestata neU’umanità, e che adesso è in divenire. Ma in
questa grandiosa vita del Cristo, al di qua e al di là
del sepolcro, che costituisce il sacrifizio espiatorio (cioè
la riparatrice consacrasione al bene che è Dio) vi è
un momento di speciale importanza ; e questo momento
è la Croce. Là'Croce è il culmine della fase terrena
della vita di Cristo, ed è la base del ministerio celeste
della stessa vita. Essa forma cosi l’unità del ministerio terrestre e di quello celeste della vita di Cristo,
e perciò sta in un rapporto specialissimo e in una posizione dominante rispetto a tutta la complessa vita di
Gesù Cristo.
D. — Lumeggiate ora l'aspetto espiatorio di questo
speciale momento del sacrificio di Cristo che è la
morte di Croce.
E. — Cominciamo con 1’affermare che siccome nella
morte di Croce culmina la vita terrestre di Cristo, in
essa morte culmina anche il carattere espiatorio di
quella vita. Alcuni, nel medio-evo, speculando su
questa che è una verità rivelata, diedero di essa una
speciale interpretazione, e cioè che il valore espiatorio
della morte di Croce sarebbe il seguente : che le sofferenze e la morte di Cristo sono la pena del peccato
dell’umanità; che questa pena fu subita dall’innocente
in luogo del colpevole ; che essa placa Tira della ‘Divinità corrucciata; e che, per conseguenza, manda assolto
il colpevole, avendo un altro pagato il debito di lui.
interpretasione medievale del carattere espiatorio della Croce venne scambiata, ed è tuttora scamin certi circoli, per la espiazione medesima. Grave confusione che ha gettata un’ombra fittissima sul carattere espiatorio della Croce spingendo molti e molti,
dopo averlo cosi frainteso, a ripudiarlo. Ma il carattere
espiatorio della Croce non cade affatto col cadere di
quella medievale interpretasione. Anzi, svincolato da
essa, si rafforza ed apparisce ben altrimenti luminoso
e profondo.
D. — Jn che modo ?
E. — Nella vita di Cristo fu profuso a piene mani
il dolore. Quale compito ebbe il dolore nella vita di
Cristo? Quello di placare con lo spettacolo della sofferenza un Dio corrucciato ? Mai no. Esso ebbe il compito di < apprendere a Cristo la ubbidienza ». Lo
dice esplicitamente l’autore dell’Epistola agli Ebrei.
Vedi : V, 8 e II, 10.
Apprendèrgli l’ubbidienza libera e volontaria al bene,
cioè a Dio, significa addurlo alla conquista della san- .
tità. La santità è qualche cosa di consapevolmente voluto, conquistato con uno sforzo, vincendo ostacoli, superando tentazioni. Da quella santità passiva che si
trova nel Cristo dalla nascita, il Fglinol dell’uomo doveva assorgere alla più alta santità : quella voluta e
conquistata. Anche nel bene puro vi è progresso ! Questa
conquista fu compiuta a prezzo di dolore. Il grado di
dolore sofferto dal Cristo è la misura della santità
di lui. E siccome la Croce fu il culmine dell’ascensionale via dolorosa, essa fu per ciò stesso la vetta più
alta della santità di Cristo. Queste cose dice esplicitamente San, Paolo nella grandiosa frase ; « essendosi
fatto ubbidiente fino alla moite delle Croce » (Fil. II
8) Fino alla !.. Ecco la croce misura dell’ ubbidienza,
cioè pietra di paragone della santità. Cosi questa morte
di croce, per altri aspetti odiosa al Padre, è trasfigurata agli occhi di lui pel suo contenuto morale, cioè
per il grado di santità di cui essa è la misura. E, grazie a questa santità fino alla morte di croce, Dio non
poteva nbn esser propizio al Figliuol dell’ Uomo dapprima, e poscia a tutti i figlinoli d’uomini che, in comunione col loro fratello primogenito, avrebbero offerta
a Dio ed agli angeli il glorioso spettacolo di una vita
crocifissa. Tale è il significato espiatorio di quel momento della vita-sacrificio di Cristo che è la Croce.
6
6
LA
Di qoi (come anche dal fatto che per tal morte, Cristo
è asceso al ministero celeste d’intercessione e d’immanenza) l’espressione simbolica « prezzo del riscatto »,
cioè mezzo per salvare i peccatori onde Cristo designa
il suo sacrificio che è l’inangnrazione ¿ella nuova alleanza « in remission dei peccati ». Di qui simbolicamente può dirsi a buon diritto che siamo salvati pel
sangue di Cristo, quantunque non il sacrificio in sè ci
salva, ma colui che s'è sacrificato ; nè la morte di Cristo
in sè ci salva, ma la sua vita attuale, in quanto questa
vita glorificata è il coronamento di quella morte.
D. — Molti uomini sacrificarono, come Cristo, la
aita per un ideale, per compiere il loro dovere. Come
mai dunque il dare la propria vita (cosa piuttosto
comune^ può essere la misura di una santità unica
quale è quella di Crisi o ?
K. — La vostra obbiezione procede daU’accomunare la
morte di Cristo al sacrificio della vita che altri nomini
fecero pel compimento del loro dovere. Ma voi errate
confondendo le due cose. La morte di Cristo è fatto
che sorpassa senza misura i sacrifici! di cui parlate.
D. — Mostrate come li sorpassa.
E —Eh! mostrarlo propriamente non si può. Chè
qui s’acchiude quel mistero della croce davanti al
quale non possiamo che chinare la fronte in atto di
adorazione. Possiamo bensi in parte intuirlo ; possiamo
formarci in proposito delle idee approssimativamente
vere, ma nulla di più.
D. — Esponete tpualche idea che, quantunque inadeguata a svelare il mistero della Croce, ci faccia
comprendere come la morte di Gesù non s’ha a confondere con i sacrifici della vita compiuti da altri
uomini.
_ E. — Non guardate soltanto alle materialità esterne
della Croce. Non fermatevi ai chiodi, alla corona di
• spine, al sangue versato, al costato trafitto, all’atto del
del morire. Abbracciate, in tutto il suo insieme, un
fatto più complesso di questo. Tenete cioè conto dello
stato d'animo di Gesù sulla Croce ; stato d’animo che
non è separabile dal complesso fatto dell’immolazione
in sul legno, che anzi ne è l’elemento precipuo. Vi è
in quello stato d’animo, un momento in cui il Cristo
si sente morire, ma — badate — non solo fisicamente...
Il trionfò del male in quell’ora dell’ imminente sua
morte fisica gli vela la faccia del Padre, gli dà l’impressione àeìVabbandono da parte di Dio. Egli sente
tutto ciò che lo circonda, sente sè stesso eli venire
vuoto di Dio. Pensate alla santità di Gesù ! Pensate
al sentimento ed alla esperienza della comunione
perfetta col Padre che egli sperimentò come nessun
altro può sperimentare 1... Ed avrete l’intuizione di
di questo fatto; che Cristo senti l’angoscia deH’as/ssia
morale proveniente dal sentirsi vuoto di Dio in proporzione della sua santità e delle esperienze fatte
della sua comunione con Dio. E poiché santità ed esperienze di comunione furono in lui al grado massimo
ed unico, parimenti l’angoscia del sentire sè e l’universo vuoto di Dio raggiunse in Lui il grado massimo
ed unico. « Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato? » L’abbandono è l’infei no. Il completo abbandono di Dio non si verifica mai quaggiù nemmeno per
l’nonio più empio.. Gesù, morendo sulla Croce, non fu
abbandonato da Dio, anzi... Ma, pel trionfo terribile del
male in quell’ora, ebbe la impressione soggettiva delTabbandono di Dio, si credette, cioè, abbandonato da Dio.
L’abbandono di Dio è Tiuferuo. Gesù pati moralmente
sulla Croce le pene delPinferno !... Questa è la misura
della sua ubbidienza, la vetta del suo dolore. E più di
così non possiamo dire su questo mistero...
II. i.
EROINE VALDESI
Nuova Serie
XIX
Maàna Qiovanna
Ostessa del Villar, ooadiutrice di Gianavello
Il popolo Ebreo, tra le eroine il cui ricordo ci è stato
tramandato dalla sua storia nazionale, ebbe anche un’ostessa I
Cosi pure, fra le donne che emergono per bravura
nei suoi annali, l’Israele delle Alpi ne novera una che
fu ostessa e diede ausilio e ricetto ai compagni del
duca Valdese Giosuè Gianavello. Ma v’ha una differenza
fra queste due eroine ; la prima infatti è mentovata
dagli storici del suo popolo e le sue gesta sono ricordate dai documenti della sua nazione; mentre la se
Co:
ed
noie
fii
c.e
de
rei
nii
conda non ci è conoscìut(i
nemici del suo popolo,
in un periodo della nos
valdese contemporaneo
avea lasciato le Valli,
strava quando essa rese
segnalati servizi pei qu
caro ; era nel nefasto anu
Bagnolo, di cui nissun
agio a tramandarci la cr
Ma. come Iddio volle, a
provvidero, volenti o
pubblicazione ufficiale
Savoia l’anno seguente ;
renze in contradditorio
stri del duca ed i députât
ambasciatori svizzeri alla
quali vennero pubblicati
di prova dallo stampatorb
Sotto il titolo : « Conféré
stei de ville, en presence
Suisses entre les ministri
des Vallées de Luserne
commencement de la cou
Questo volume, ove q
contendenti è contro firm
ducali e dal segretario
i documenti presentati
diecina di deposizioni
quali, incidentalmente,
la figura d’una valdese
seppe rendere preziosi s^
al di lui difensore fin
Quel difensore era Gif
eh’ei combatteva era il
nipotente sul duca di Sa
dettava con barbaro acci
i suoi sudditi Valdesi,
nel 1655 di distruggerli
durli ai voleri del papa
condannando senza for
distinti cittadini delle Vi
Ai primi del 1663, he
a morte o alla galera si
sostenitori della libertà
sero intorno al Gianave!
il governo volle chiamah
Sue gesta gloriose impi
segni delle corti di Tc>
venne insediato governati
l’infame conte Bartolomf
n’accolta di avanzi di gì
lari. Allora fu che Gianà
compirono i lor maggiori
memorande sconfitte non
generale Fleury mandati
truppa ed al Saii Dami
rogò ; finché il duca fini
zione degli ambasciatori
conferenze o trattative
risultato le « Patenti di
Parecchi documenti
quelle conferenze si rifé
navello nei primi cinqu
strano per tutto quel
raie al Villar, intento
di Mirabocco verso Fr
forte di Torre Pollice v
spesso in quei documen
eroina, fedele ausilians.
Magna Qiovanna cioè
Cosi veniva chiamata
dell’osterìa del paesello
ludono parecchie deposizi
del tempo.
Dapprima sono alinsf
semplicjmente che
Villar i cui abitanti
fuggiti sui monti, e
sempre dei compagni
gna Giovanna ». Che
donna non conosceva
tre, essa restava al su
a quei « banditi » che le
eran cercati come selvft
truppe e in continuo
Poi vengono deposizi
incidente occorso a q
quali denunziano a Ba^
ps
Giiii
(i.1
eh
di
la
LUCE
che per la testimonianza dei
nvien dire che essa si distinse
fra storia che nissun autore
ha raccontato : Légero già
Arnaud ancor non vi mini- |
alla causa dei Valdesi quei
ali il loro nome ci dev’esser
0 1663, della persecuzione di
¿ostro testimone oculare ebbe
pnaca.
colmar si incresciosa lacuna,
nti, i nemici nostri, con una
tta dai ministri del duca di
B cioè coi verbali delle confeicuutesi in Torno tra i mini
1 valdesi in presenza di due
fine di quell’anno funesto, i
n un cogli annessi documenti
del duca in Torino nel 1664.
nces faictes à Turin dans l’HoMessieurs les Ambassadeurs
s de S. A. R. et les deputés
la fin de l’aunée 1663 et au
rante 1664 ».
¿auto fu esposto dalle due parti
ato dal segretario dei ministri
igli ambasciatori, contiene fra
¿ai ministri di S. A. E. una
atte per mano di notai, dalle
a pur luminosamente, emerge
fhe in quei giorni calamitosi
rvizi al suo popolo, assistendo
ve per lei si poteva,
snè Gianavello, ed il nemico
Vaticano, il quale imperava onvoia Carlo Emmanuele II e gli
animento misure odiose contro
Visto vano il tentativo fatto
colle armi, s’era tentato di riesigliando ì suoi ministri e
fra regolare di processo i più
ài li.
n 44 di questi eran condannati
fmplicemente perchè precipui
di coscienza ; questi si raccolHo e formarono la schiera che
e dei « banditi » la quale colle
il compimento dei truci dirino e di Roma. A debellarli
ore al Forte di Torre Bellica
0 dì Bagnolo, sorretto da uiilera mischiati a truppe regovello e la sua schiera di eroi
prodigi di valore ed inflissero
solo al Bagnolo, ma allo stesso
0 dal duca con forte nerbo di
ano che dopo un mese lo surcoll’accettare l’offerta mediadelia Svizzera, e seguirouo le
fopra mentovate che ebbero per
Torino » del 4 febbraio 1664.
addotti dai ministri ducali in
riscouo alle operazioni di Giae mjsi dell’auno, e ce lo moriodo, col suo quartiere genebloccar da una parte il forte
ancia e ad assalir dall’ altra il
ersò la pianura. Un nome torna
ti, il quale ci rivela una vera
del duce invitto. E’ quello di
sia ovvero signora Giovanna,
senz’altro al Villar la padrona
, alla quale incidentalmente alieni riguardanti gli avvenimenti
odi
nero dai « banditi » derubati del loro giustacorpo ; ma^
aggiungono che 24 ore dopo ogni cosa fu loro restituita da Magna Giovanna nella sua osteria. E’ strano
come quasi tutte queste deposizioni di cattolici citati
a carico di Gianavello contengono elogi del di lui carattere. Non solo ei fa restituire quei vestiti, ma quando^
il 5 maggio è avvisato dal sindaco della Torre che il
suo compagno Isaia Fina ha tolto dei buoi a pacifici mercanti di Bricherasio, ei li fa rendere. Il 9 poi, ei muove
all’attacco di Bibiana, e sentito che qualcuno dei suoi
ha rubato danari ad una cattolica di Lusernetta, le fa
restituire la moneta il giorno stesso. Come trasparisce
chiara la verità, anche dalle denunzie dei suoi stessi
nemici, che cioè Gianavello guerreggiava non per predare ma per difendere la causa santa della libertà religiosa !
L’ultimo cenno che troviamo intorno allanostra eroina,
ce la addita, il giorno di Pentecoste intenta ad accogliere e curare dei feriti nella sua osteria. Son dessi
dei compagni di Gianavello rimasti feriti nei 2 giorni
precedenti (11 e 12 maggio) nell’attacco mosso al Forte
della Torre; son parecchi, giacché la pugna è stata
micidiale ; vi è caduto morto mio dei loro capi l’Ieaia
Fina, e gli altri colpiti dalle archibugiate dei soldati
di Bagnolo sono stati visti da vari testi trasportati al
Villar ed affidati alle cure di Magna Giovanna. Se ammiriamo quelle donne generose che tutto affrontano per
lenire le sofferenze delle vittime d’un terremoto o d’una
battaglia, come non ammireremmo queU’infermiera improvvisata che trasforma momentaneamente la sua osteria in un ospedale per curarvi i difensori del popolo
suo e della sua fede ?
Nel mese seguente di Giugno, Gianavello trasferì il
suo quartiere generale ad Angrogua, ed i nostri documenti non fan più menzione dell’ostessa del Villar. Essa
avea bravamente fatto il suo dovere nel momento opportuno ; ivi sta il segreto del vero eroismo.
(Vedi « Conferences »... pag. 130, 134, 163 a 165).
Teofilo Gag
oni vaghe di testi che affermano
navello ed i suoi occupano il
meno le donne e i bimbi) son
e chi passa per il Villar vede
Gianavello « all’osteria di Masfgnifica questo, senonchè questa
paura, e mentre fuggivan l’al0 posto a dar ricetto ed aiuto
ttavan per una causa santa, ed
,ggina dal governo e dalle sue
pericolo di morte?
.ioni più particolareggiate di un
’osteria ; son due cattolici i
.^nolo che, capitati .al Villar, ven
VER^ rELICITjt’
Sporse a la vita ei tosto il capo : — Oh come, —
disse — è giulivo quest’ignoto mondo ! —
Non altro. A lui nel cuor giovane un nome
palpitava con palpito giocondo.
— Per la grande ansia che nel enormi sta, —
disse ei pur anche — s'io non qui m’ascondo,
rida a me dolce la Felicità... —
*
^ «
Disse nel cor suo giovanetto : — Io vedo
tante ombre e tante luci in quest'umano
gorgo. Ora quasi a la lusinga cedo... —
Oli sorridea col ghigno d’un insano
riso una larva fuggitiva. Ei disse :
— Ne là fuggente ebbrezza non sia vano
questo mio viver gióvane... — E si visse
su le grandi orme viete del Piacere.
Sol dopo- a la lusinga maledisse :
cupo era il cielo di gran nubi nere.
*
* *
E pianse ei ne la mente inaridita
le stille amare del suo pianto. Oh quale
gli doleva nel cuore aspra ferita !
Diceva a lui blanda una voce : — Or vale
_ poco il rimpianger ; ti sia meglio aneora
l’oblio del duolo che non ha l'eguale,
e rida a te Vébbresza d'un’auróra. —
*
Sul Libro de la Vita ei lesse ; — Molei —
disse — l’angoscia mia con il possente
balsamo de le tue parole dolci.
Ed io ti loderò ne la dolente
anima mia risorta a vita nova;
e ti sarò fedele eternamente,
poi che a nulla il clamor del mondo giova. —
E a lui la Pace dirizzò le penne,
sì nel core dischiuso a tanta prova,
e la Felicità sognata venne.
Torino.
Costantino Valerio.
Abbonarneati pagati:
1909
Rev. Pons John — Jackson F. W. — Mensi
Giovanni — Eev. Grassis D. — Eev. Tomic F. —
Fazzoue James— Roberto Victor — Mancada Eev.
(Altri abbonamenti pagati ai prossimi numeri).
Domenico Giocoli, gerente responsabile
Tipografia delllstituto Gould Via Marghera 2, Rom»
7
LA LTJCE
IL TRAMONTO DI ROMA
Sfudio di sloria e di psicoio*
ài9 dei Prof. G. Bartoli.
— Bambina mia, ti risponderò per ordine. Una, alle
volta, diceva colui che ferrava le oche. Prima di tutto,
è falso, falsissimo, che pochi o nessuno sia felice in
questo mondo. La felicità è una pianta che alligna
un po’ da per tutto, sotto i ghiacci del polo come
sotto i fuochi dell’equatore. Ci vuol così poco a contentare una fantasia umana! Ed è la fantasia, la creatrice principale della nostra felicità, come, del pari,
della nostra miseria ! In secondo luogo, ho detto e
ripeto che se non tutti gli uomini sono felici, si deve
ascrivere a loro colpa, non a colpa di Dio. Dio è buono
cón noi, infinitamente buono. Guarda, Bice, questo
bel cielo ridente, questo sole luminoso, queste viti feconde, questi alberi fruttiferi, queste messi fiorenti,
questi prati verdeggianti 1 Senti il lontano belar delle
pecore, il muggire dei buoi, il nitrire dei cavalli !
•Scorri col pensiero la terra ! La vedrai operosa, immensamente attiva,'instancabilmente feconda. Essa
non cessa mai dal partorire, dal produrre ogni sorta
di biade e di frutti, ogni varietà di cose utili e belle
per l’uomo, per noi, per noi I Ma non basta. Dio ci ha
dato 1 ingegno per trovare quei J>eni che la terra non
può produrre, e la mano per fabbricarli. Le industrie,
le arti, le scienze, le lettere, sono altrettanti mezzi che
ha l’uomo per conseguire la felicità, per accrescerla,
per moltiplicarla all’infinito !
Perchè dunque, ciò non ostante, non tutti gli uomini sono felici ? Qui noi siamo sulla soglia del ihistero! Ah ! noi battiamo col piede alla porta che racchiude dietro di sè rarcauo dei secoli ! Non vi è parola magica che basti ad aprirla ! Pure, intendi. Bice !
Le nostre colpe, i nostri peccati, sono i fatali Saturni
che divorano la nostra felicità. Ecco un uomo robusto,
bello, nel fiore della vita. Si butta al vizio, al giuoco,
alla crapula, all’ubbriachezza, alla lascivia. Quello sciag:urato getta via con ambe le mani la propria felicità.
Quella donna, oh ! quanto è bella ! quanto buona 1
quanto felice ! Aspetta 1 Un momento di debolezza,
un istante di oblio dei proprii doveri, un minuto solo
di voluttà proibita, apre per lei le porte ad una Nemesi terribile, che la perseguiterà colla spada alle
reni, forse, per tutta la vita. Ecco 1 io vedo il mondo !
Quanti uomini, quante donne, quante creature umane !
Splende il sole sui loro capi, risuona giulivo il cantico d’amore a loro intorno : essi tessono, tessono, tessono la tela della propria felicità ! Ma cala la notte
oscura, ed io veggo quegli stessi uomini, quelle stesse
donne, quasi presi da una incomprensibile follia, tutti
febbrilmente occupati in distruggere quella tela, a rompere quella trama, a disperdere al vento quella felicità. E in quest’opera nefanda, essi sono aiutati da
altri uomini e da altre donne, dai loro compagni nel
terreno pellegrinaggio. I ladri, gli omicidi, i ricchi ingordi ed avari, gli sfruttatori del popolo, i calunniatori, gli adulteri, i trasgressori, insomma, di ogni
legge umana e divina, sono tutti intesi alla diabolica
fatica di distruggere la felicità altrui. Perchè ciò ?
Come ciò? E non era possibile un’altra società, un
altro ordine di cose, un’altra vita umana? Ed erano
proprio necessari! nel mondo la colpa, il delitto, le
lagrime, il dolore, la morte ? Oh ! se il sole non calasse mai al tramonto ! Oh ! se i lampi non solcassero
mai 1 orizzonte ! se la tempesta non coresse mai il placido mare ! se i fiori profumassero sempre l’aere di
questo nostro soggiorno mortale ! Ah ! ciò non è possibile? Perchè? perchè? Ecco il mistero! ecco il mistero! Oh ! Bice ! Bice ! Qua'ndo mai albeggerà nei cieli
lontani l’aurora della felicità eterna? Quando? quando?
I due giovani rimasero un poco in silenzio a-meditare
il doloroso mistero; poscia D. Ottavio ripigliò:
— Vengo ora alla proposizione delle tue monacelle,
che, cioè, non sia felice, se non chi cinge il cordone
di S. Francesco, o imprigiona la bianca gola dentro
un soggolo monacale.
Già si capisce. È l’ascetica rispondente ai principi!
dei monaci. L’uomo, secondo loro, non ha altro affare
in vita che servire e lodare Iddio. La conseguenza è
chiara: preghiere, digiuni, penitenza, morte, purgatorio, inferno e malinconia eterna. Ma colesto non è
cristianesimo : è giudaismo, è buddismo, è umor nero,
è malattia anche fisica; perchè, chi è perfettamente
sano, gode la vita, beve a polmoni pieni l’aria del
cielo, inebria di chiara luce la sua pupilla, mangia
con appetito il suo cibo, gusta una barzelletta, si diverte ad uno .spettacolo, ammira la bellezza, ama gli
amici, abbraccia l’amore, fonda una famiglia, s’interessa nella società, e lascia preclaro ricordo di sà
— Tutte queste cose che lei dice, a sentire certi
preti e certe monache ch’io conosco, sono tutti peccati da sfuggirsi, da evitarsi, da condannarsi.
Lo so, lo so ! Le monache è i preti hanno inventato per voi altre ragazze una folla di peccati grandi
e piccoli che è un incanto. Chi sa d’esser bella, perchè
non può negar fede allo specchio e al testimonio altrui,
fa un peccataccio tanto grosso. Già, solo l’andare allo
specchio è materia di confessione. Chi non tien gli occhi
piantati a terra, pecca ; chi sente simpatia per un’amica,
si mette in via per la geenna ; se poi arriva a darle un
bacio, va a dirittura a casa di Berlicche. Chi mostra
il pomo d’Adamo o i santi gomiti alle compagne, pecca.
Anzi, in certi conventi, che so io si fuggivano i bagni come altrettanti peccati imperdonabili. È vero, ora
questi peccati sono spariti ; ma ne rimangono per voi
altre ancora tanti ! Guai, per voi, se cercate di correggere i difetti della natura, se parlate, anche onestamente di amore, se domandate il perchè di certe cose,
se mostrate di vivere, di sentire, di palpitare, insomma,
per le cose belle! All’inferno, figliuole mie, all’inferno !
Ma non sono le sole monache ad inventare peccati
pel tormento delle anime e ad uso e consumo della
povera umanità. Fin quasi dal principio del giudaismo
sorse una genìa di fanatici che spendevano il loro
genio inventivo a crear peccati mortali, cioè, pietre
d’inciampo agli sciagurati figli di Adamo. Venne Gesù
in terra, e con un colpo di scopa spazzò via tutti i
peccati legali della legge mosaica e fondò la legge
dello spirito e della libertà. Ma che? Duravano ancora in cielo gli ultimi bagliori della sua gloriosa
ascensione, quando certi divoti cristiani giudaizzanti
cominciarono a dire ai novelli seguaci di Gesù : « se
non osservate le pratiche legali della legge mosaica,
non arriverete a salute ». Quei cristiani giudaizzanti
sputarono sangue, a fine d’inventare peccai* cHsfo'aw,
i quali poi hanno lasciati a noi in funesta eredità. E
così il giudaismo, cacciato da Gesù dalla porta entrava per la finestra. Di qui è che la gente assennata
deve poi stillarsi il cervello per tentare con distinzioni
sottili e scolastiche un qualche accomodamneto fra
la legge, divenuta un giogo impossibile a portarsi, e
il senso comune; e non riesce sempre a diminuire
quella messe rigogliosa di peccati, a trovare una scappatoia qualsiasi e ad uscirne pel rotto della cnffia. Ma
in nome di Dio ! Hanno mai pensato quei fanatici che
cosa sia l’iuferno ? Se sì, come va che vi mandano
così facilmente, a penare e soffrire per tutta l’eternità, i proprii simili ? E perchè ? Per una sciocchezza,
per nna legge umana, per un boccone di carne, per
una Messa non ascoltata, per un libro proibito,' per
un voto politico, gettato dentro un’urna, e per altre
cotali bazzecole? Che se il fedele, poi è sacerdote,
può, dicendo Messa o amministrando i Sacramenti]
buscarsi in una mezz’ora una mezza dozzina di peccati mortali. Ma quei signori, che tormentano tuttodì
i gonzi, i devoti e i credenti, quando poi sono sul pulpito, non hanno lingua in bocca per tonare contro i
veri ed importanti peccati mortali, mandando all’inferno i ladri, gli oppressori dei poveri, gli usurai
grandi e piccoli,i padroni duri ed ingiusti cogli operai
gli artefici che scioperano senza ragione o rubano ai
padroni, i mercanti falsificatori delle bilancio o delle
derrate, gli avvocati birbanti, i deputati affaristi i
ministri egoisti, ed altra gente di simil conio. Per cotestoro, quei signori non hanno parole roventi, non
hanno lingua, non hanno fiato!
Basta che quei grossi peccatori si facciano vedere
qualche volta in Chiesa, che si degnino di parlar
meno male, sui giornali, del Papa e dei preti, di trattar
bene il parroco, chiamarlo in morte a brontolare
una mezza assoluziona sopra un mezzo cadavere; pagargli profumatamente il funerale e lasciargli'una
pingue elemosina per Messe, perchè quei messeri siano
sicuri di andaré in paradiso. Or io domando : perchè
questa distinzione odiosa? Perchè tanto rigore pei
buoni, e tanta scandalosa facilità .pei cattivi ? La ragione è più d’una : i primi sono devoti, e si possono
bastonare impunemente; i secondi sono cattivi piuttosto che no, e manderebbero a que’ paesi preti e religione, ove non venissero trattati in guanti gialli.
Inoltre, i preti e i frati applicano ai primi quella forma
speciale di cristianesimo che essi chiamano divozione
vita spirituale, ascetica ; mentre i secondi non sanno
nè anche dov’essa stia di casa. Ma questa vita spirituale, qual’è concepita da tanti preti fanatici od ignoranti, è dessa vita veramente cristiana, p non anzi
atrofia delle facoltà naturali, schiavitù vergognosa e
dedizione perfetta di tutto l’uomo in ossequio ad uña
filosofia, ad un sistema umano, ad una concezione
spesso bastarda, sempre esagerata del cristianesimo?
Non aveva ragione il poeta Boileau quando sciamava:
€ L’Évangile au chrétien ne dit en aucun lieu ;
Soit dévot : elle dit ; Soir doux, simple, équitable.
Car d’un dévot au chrétien veritable
La distance est deux fois plus grande, à mon avis.
Que du pôle antarctique au détroit de Davis ».
Satire XI.
—- E pure la devozione fa la felicità di tante reli
giose che conosco io — disse la Bice.
Verissimo : non lo nego. Ma non è la devozione
scrupolosa, opprimente, tutta pratiche spirituali, tutta
peccati, di cui parlo io. La vera devozione, è amore
a Gesù Cristo, è generosità di cuore verso Dio, è religione personale, e tutti i cristiani, non solo i preti, i
frati o le monache, la dovrebbero avere. Quanto poi
alla felicità di cui tu parli, ricordati, piccina mia. che
non è oro tutto quello che luccica.
— Si ricorda l’4.nnetta Soler! ? Quanto era essa felice di poter finalmente entrare fra le Carmelitane !
Andammo insieme a trovarla.
Mi ricordo. Ma so anche che morì tisica due anni
dopo.
— Davvero ? Io non l’ho mai saputo.
— Mi dimenticai di avvertirtene.
—E la Mariuccia Salimbeni ? La vidi poche settimane fa. Essa è contenta e felice.
— Quella è Suora di carità, ed è altra cosa.
— Perchè ?
— Le Suore di carità, quelle consacrate alla educazione della gioventù, e in generale le religiose di vita
attiva, vivono in modo più conforme alla natura, trovano facilmente occasione di amare santamente il prossimo, e benché non manchino anche per loro gravissimi pericoli e prove tremende, pure, menano una vita
più tianquilla. Ma le altre...
Ìlppure, come va, D. Ottavio, che tante ragazze si
fanno religiose ?
— Tante! Non sono poi tante, no! Inoltre, le più
vengono dalla campagna ed entrano in convento ignare
della vita e prima ancora di conoscere che cosa sia il
mondo. In certi paesi d’Italia, specie nel mezzogiorno,
i genitori spingono le figliuole in convento, e non
certo per fini spirituali. Le più, infatti, si fanno monache per pure ragioni umane o istinti naturali, non
sempre Mni. Questa entra in convento perchè prevede
che non potrà prender marito; quella si veste religiosa, perchè spinta a ciò dall’esempio di un’ amica ;
un’altra viene indotta a monacarsi dall’influsso potente del confessore ; una quarta per liberarsi dalle
noie della famiglia ; una quinta per amore del costume
elegante di certe religiose ; una sesta per altro motivo, non più serio e nobile. Non è a negarsi, tuttavia, ohe molte anche si chiudono in convento per
amore della pietà, della preghiera, della penitenza e
della vita sacrificata. Sono anime belle e nobili queste
degne d’ogni stima ed amore. Spesso, insieme allñ
nobiltà dell’animo, posseggono anche le più belle qualità fisiche.
— Come spiega Lei queste attrattive per la vita claustrale? ,
— Ho detto che spesso è vera e propria operazione
divina : ma talvolta e molto più frequentemente, è
fenomeno psicologico e fisiologico, non ignoto agli
studiosi della gioventù in genere, e del tuo sesso in
specie, 0 Bice.
— Perchè?
— Mi spiego subito. Guarda le colline, i monti i
prati, i campi coltivati, gli orti ed i giardini ad aprile
inoltrato. Che cosa trovi in essi, bella mia?
— Una primavera d’amore; la vita che per tutto
erompe, l’attività che si spiega in mille modi diversi
un sorriso, un soffio potente di creazione, un moto
intenso verso la luce, verso l'aria, in una parola, verso
l’amore.
— Ben detto, Bice ! Tu hai descritto quello che senti
ora tu stessa, perchè ti trovi adesso in una vera primavera d’amore.
La fanciulla sorrise. D. Ottavio continuò:
— Dammi una ragazza, sana di corpo e di anima,
fra i sedici e i vent’anni, e questa proverà in sè tutti
quegli strani effetti che provano le piante e che tu
mi hai descritti. Tutti questi fenomeni si riducono
alla fin fine ad uno solo: sente il bisogno imperioso
di amare e di essere riamata. Per lo più, è un bisogno altrettanto inconsciente quanto imperioso, ma il bisogno
e’ è, e si manifesta in mille modi. L’imaginazione
sogna, la carne palpita, l’anima sospira. A che cosa ?
Quando l’amore si posa sopra un oggetto concreto,
allora la fanciulla viene presa come da un delirio,
da una vertigine amorosa; non pensa che alla per-^
sona amata, non vive, non palpita che per lei.
(Continua).
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varie lingue. ^
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Pi*. JOHN BIAVA, 2 Quintino Sella, Milano,
Diplomato in Italia, Svizeera e New York
Denti senza placche. Otturazioni, Corone
in oro. Dentiere. Estrazione senza
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