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Anno 115 * N. 3
19 gennaio 1979 - L. 200
Spedizione in abbonamento postale
Gruppo bis/70
ARCHIVIO TAVOLA VALDESE
. 10066 TORRE PELLICS
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Ni
_________7 gennaio 1979 - UNA DATA PIENA DI AMAREZZA
il Vietnam e il diritto
all'autodeterminazione
Non possiamo rinunciare a respingere con intransigenza la pretesa
dei potenti di tutelare con la forza i popoli e gli individui
Per molti di quanti in questi
ultimi 15 anni hanno vissuto la
vicenda del popolo vietnamita
come un itinerario che li ha portati da una indignazione morale
ad una progressiva presa di coscienza e crescita politica, le due
date del 30 aprile 1975 e del 7
gennaio 1979 rappresentano due
emozioni di uguale intensità ma
di segno contrario. Il 30 aprile
1975 l’emozione piena di gioia
per la capitolazione di Saigon e
la conclusione delPinterminabile
guerra di liberazione del Vietnam. Il 7 gennaio 1979 l’emozione piena di amarezza per la capitolazione di Phnom Penh e la
conclusione della rapidissima invasione della Cambogia.
I due fatti sono talmente contradditori e talmente vicini nel
tempo che per analogia mi hanno richiamato alla mente una
parabola di cui sembrano essere la trascrizione in termini secolari: la parabola del servo
spietato di Matteo 18: 23-35. Il
Vietnam, uscito dalla sua tre
menda prova con un bene inestimabile quale il trionfo del
principio dellautodeterminazione dei popoli — come il servo
della parabola è uscito dalla sala del suo signore col bene inestimabile della remissione di un
enorme debito — si fa incontro
alla Cambogia e le toglie quelio
stesso diritto — come il servo
della parabola trova un suo collega che ha un modesto debito
verso di lui e lo prende per il
collo e lo caccia in prigione finché non abbia pagato fino all’ultimo centesimo.
Alcune
precisazioni
Mi rendo conto che questa immagine può essere faciiraente
equivocata per cui prima di riprenderla è necessario fare alcune precisazioni.
In primo luogo il contrasto tra
il Vietnam di ieri e di oggi —
SVILUPPO DEI POPOLI
Un appello
di teologi tedeschi
I teologi E. Kasemann e J.
M'oltmann (protestanti), J. B.
Metz e K. Rahner (cattolici),
hanno recentemente pubblicato
su un giornale di larga tiratura
di lingua tedesca un appello in
cui si invita la cristianità di tutto il mondo a rivedere urgentemente i modelli di sviluppo per
tutti i popoli. Essi affermano;
« Per la cristianità mondiale
l’aiuto allo sviluppo non può essere unilaterale. L’aiuto ha un
senso solo nella misura in cui
si è pronti a condividere fraternamente, a dare e a ricevere. Un
aiuto unilaterale produce un ringraziamento unilaterale e tale
forma di riconoscenza finisce
con l’umiliare; l’onore di colui
che sta di fronte non è più rispettato. Questa strada finisce
SOMMARIO
N. De Michelis: Cosa
dicono di noi i giornali 2
F. Ciampiccoli: Dialogo ecumenico: progresso 0 stallo? 3
P.V. Panasela: Diaconia della chiesa e finanziamenti pubblici 3
T. Vinay: Vietnam:
per comprendere bisogna almeno pensare 4-5
Cronache delle valli
6-7
col condurre coloro che donano
ad essere ciechi per la ricchezza
interiore degli altri e sordi alla
loro voce. Situazione questa intollerabile per gli altri ed a maggior ragione per noi stessi !
I cristiani e le chiese in Africa, Asia e America Latina sono
così, ricchi di esperienze di fede,
di forme di espressioni artistiche e teologiche nella loro vita
spirituale, che i cristiani e le
chiese in Europa e in America
possono trarre grandi vantaggi
dal ricevere questa ispirazione e
dall’ascolto di tale insegnamento.
Ma è estremamente difficile,
ormai da molti anni, se non addirittura impossibile in molti casi, convincere case editrici tedesche a far tradurre e pubblicare letteratura cristiana e teologica proveniente da questi paesi. Si dà come giustificazione la
mancanza di credito di cui godrebbero questi autori e lo scarso interesse del pubblico. Per
sviluppare il secondo è necessario convincersi della falsità del
primo punto».
L’appello prosegue rivolgendosi direttamente a organizzazioni
protestanti e cattoliche di aiuto
internazionale ed alle società
missionarie, perché indirizzino
una parte dei loro fondi a finanziare traduzioni e pubblicazioni
di opere di pensatori cristiani
dei paesi del « terzo mondo ». In
tal modo cominceremmo finalmente ad ascoltarci reciprocamente ed a conoscerci meglio.
Sarebbe il segno che chi dà è anche disposto a ricevere e che coloro che aiutano sanno di avere
bisogno dell’aiuto degli altri.
br
espresso nella contrapposizione
deile due date e nella « trascrizione » della parabola — non deve essere confuso con l’atteggiamento estremista e superficiale
di chi a suo tempo ha fatto del
Vietnam la sua « patria ideale »
ed ora con disinvoltura si affretta a decretare la fine ormai definitiva di quella patria, gettandola, insieme a tante cose usate e
consumate, in un mucchio indistinto di immondizia. In questo
senso l’appassionato articolo di
Tullio Vinay, che occupa la pagina centrale di questo numero,
è ancora una volta una lezione
di fedeltà piena di comprensione, di dedizione gratuita, in una
parola di agàpe. L’agàpe consiste nell’essere dalla parte di chi
è oppresso. Ma l’agape consiste
anche nel non abbandonare l’ex
oppresso che rischia di farsi oppressore. Si potrà non condividere alcune o diverse delle cose
che Vinay dice, ma non si può
non accettare da lui la lezione
di un’agàpe che è paziente e tenace nella sua dedizione.
In secondo luogo questo contrasto non può essere posto nel
cielo delle formulazioni astratte
ma va visto sulla terra di una
realtà concreta. E tra i vari elementi della realtà indocinese
esposti da Vinay, credo sia importante sottolinearne soprattutto uno: Tabbandono in cui è stato lasciato il Vietnam dal 1975
in poi, ciò che ha favorito il suo
ingresso nel blocco sovietico. Anche qui, la lezione di chi non si
è fermato e ha continuato, con
l’immagine di una miseria tremenda impressa negli occhi, a
battersi per la « risurrezione »
di un popolo martoriato, deve
impedire condanne sommarie,
distaccate e farisaiche, da parte
di quanti tra noi hanno presto
rivolto altrove la loro solidarietà, considerando capitolo chiuso
la storia vietnamita, che invece
aveva solo voltato pagina, dimostrando forse in questo di saper
amare meno gli uomini che le
idee.
In terzo luogo il riconoscimento del contrasto a cui ho accennato non può essere confuso con
una specie di rinnegamento dell’impegno di ieri a favore del
Vietnam e del suo diritto alla
autodeterminazione. È quanto
propongono oggi — anche sul
nostro giornale — quelli che nell’aprile del ’75 hanno certo provato non gioia ma per lo meno
preoccupazione (perché sentivano la liberazione degli oppressi
come una minaccia grave per il
loro mondo) e che dal 7 gennaio
di quest’anno provano una malcelata soddisfazione (perché il
passaggio dal campo degli oppressi a quello degli oppressori
appare loro come garanzia di
stabilità di un sistema che si
perpetua, non importa se sistema di morte). Chi si è impegnato per il Vietnam in lotta ed è
cresciuto in questo impegno non
potrà che deludere queste aspettative. È forse possibile rinnegare il principio dell’autodeterminazione dei popoli affermato
nella Dichiarazione di indipen
Franco Giampiccoli
(continua a pag. 8)
Il dramma dell’Indocina continua
4 VOLTI DI GESÙ’
Gesù sofferente
Il volto di Gesù che soffre è in
realtà quello che conosciamo di
più. Vi sono in Italia decine di
migliaia di crocifissi nelle chiese,
nelle scuole, negli uffici, nelle
strade; e sempre di nuovo ci appare davanti agli occhi questa
immagine del Gesù che soffre. E
quante sono le opere d’arte in cui
al centro dell’attenzione è ancora
il Gesù sofferente. Penso in questo momento per esempio alla
Pietà di Michelangelo; è vero che
qui Gesù è morto, ma è il morto
che ha sofferto, che è stato straziato.
Eppure, se noi leggiamo le pagine del Vangelo, vediamo che la
sofferenza di Gesù è relativamente breve, dura qualche ora, una
giornata, prima della crocifissione. Ma prima di quello non ci sono nella vita di Gesù episodi di
strazio, di tormento fisico, nulla di simile. Certo Gesù era povero, dice lui stesso che non aveva un posto dove posare il capo,
non aveva cioè una casa, perché
aveva scelto di vivere coi poveri.
Qualche volta ha dovuto scappare perché la polizia di Erode o
quella romana lo cercavano per
il suo insegnamento poco conforme agli interessi delle classi
dirigenti; ma niente di speciale.
E allora perché tanta insistenza
sul Gesù che soffre? Viene da domandarsi se al presentarlo così
davanti ai nostri occhi spesso
non si voglia che in certo modo
noi ci identifichiamo con lui, che
la gente del popolo, gli umili, si
identifichino col Gesù che soffre
e si dicano: se soffre lui, perché
non dovrei soffrire anch’io? E
così accettino più facilmente la
sofferenza.
Gesù invece ha sofferto sì quelle ultime ore, ma il resto della
vita non l’ha vissuto macerandosi, rinunziando alle cose buone dell’esistenza, non l’ha vissuto in un atteggiamento diremmo
masochistico, tormentando se
stesso. Anzi una volta mostra
proprio il contrario quando fa
un curioso paragone tra Giovanni Battista e se stesso. Giovanni
Battista — dice Gesù — stava
nel deserto, faceva, digiuni e la
gente diceva che era un matto;
e io invece sono chiamato un
mangiatore e un ubriacone. Ora
è evidente che quelle parole erano esagerate, ma è anche chiaro
che Gesù godeva a stare in com
pagnia della gente. Il suo primo
miracolo non è forse quello di
Cana, quando ad un banchetto
di nozze ha fornito alla gente il
vino?
E quante volte lo vediamo a
pranzo o a cena dal fariseo Simone, da Zaccheo il pubblicano
e da altri? Quindi quel nomignolo gli era dato evidentemente
perché gli volevano fare un dispetto, ma è anche vero che egli
sapeva godere dei beni della vita.
La cosa che criticava era l’accumulazione dei beni e la ricchezza; perché quando io accumulo
tolgo cose agli altri, quando io
accumulo mi creo un potere con
cui posso dominare gli altri e
questo è il male che Gesù condanna. Ma il godimento delle cose buone che Dio ha creato non
è stato condannato dà Gesù.
E allora, da dove viene la sofferenza e la morte? Dal fatto
precisamente che a un certo momento della sua vita Gesù si accorge — o piuttosto decide —
che è necessario andare a Gerusalemme e affrontare anche la
morte. E ne dà la spiegazione.
E’ durante l’ultima cena, poche
ore prima del fatto. Gesù si trova con i suoi, sta dando loro il
pane e il vino che saranno il ricordo del suo ultimo addio e
l’anticipazione e l’annunzio del
regno che ha appunto predicato.
E dice: io sono venuto per dare
la mia vita come prezzo di riscatto; cioè darla perché altri
l’abbiano, dare me stesso per
giovare agli altri. E lo stesso
pensiero si trova, con parole un
po’ diverse, nel Vangelo di Giovanni quando Gesù dice: nessuno
ha amore più grande che quello
di dare la sua vita per i suoi amici; poi dice ai suoi discepoli: e
voi siete i miei amici. Quindi la
sofferenza e la morte non sono
per Gesù una macerazione individuale, non sono qualcosa con
cui ci si crea dei meriti, con cui
si paga per i propri peccati. No,
Gesù gode della vita, gode della
vita degli altri, vuole che gli altri vivano, a tal punto che è
pronto a dare e di fatto dà la
sua vita per loro, per il loro giovamento, per la loro salvezza.
Aldo Comba
(dalla rubrica televisiva « Protestantesimo »).
2
19 gennaio 1979
COSA DICONO DI NOI I GIORNALI 50 anni di diaconato
Perfino su "La Cucina Italiana”...
Abbiamo già parlato in precedente occasione della superficialità e della ignoranza con la quale si parla qua e là nella stampa
italiana di noi protestanti. Chi
scrive non legge certo tutti i
giornali ohe escono in Italia, anche se alcuni volonterosi lo aiutano, ma ha a disposizione un
florilegio di citazioni e di giudizi
avventati scarsamente edificante.
Perfino ne « La Cucina Italiana » di dicembre un tal Imbonati, volendo citare i nemici passati e presenti della famiglia, mette i valdesi tra gli eretici « che
svuotavano le famiglie, predicavano contro il matrimonio, volevano fare una specie di vita in
comune in totale sfrenatezza di
costumi, che portò questi presunti esperimenti comunitari all’autodistruzione ». Una rivista di
cucina ha tra i suoi compiti istituzionali quello di dar vita a ogni
sorta di pasticcio. Ma questa volta sembra abbia un tantino esa
gerato nel pasticciare, anche perché, grazie a Dio, i valdesi (esperimenti comunitari o meno) sono ancora ben lungi dall’autodistruzione. Ma il discorso da fare è anche un discorso serio.
Non moltissimi anni fa una circolare Buffarmi Guidi (allora
sottosegretario agli Interni) denunciava i pentecostali come una
setta di « tremolanti » e glossolalici », qualifiche usate in senso
spregiativo, e ne traeva motivo
per autorizzare ogni forma di repressione fisica e legale contro
i nostri fratelli pentecostali. Chi
scrive ora sui giornali — mescolando con questi stessi epiteti i
pentecostali ai seguaci della setta del « Tempio del Popolo » in
Guyana — non ha il potere che
aveva allora il Buffarini Guidi;
ma questo far di ogni erba un
fascio può partecipare a un movimento più vasto, che attraverso il rilancio di un cattolicesimo
ottuso e temporalizzato (certi di
O R S A R A
Suor Arcangela Ferrara, dopo
l’emeritazione era tornata al
paese.
Salute permettendo frequentava i culti e partecipava alla vita
della Comunità, la sua casa era
sempre un lieto ritrovo per pastori e laici in visita : aveva sempre ima serena e calda parola
d’incoraggiamento per tutti, amava ricordare luoghi e persone
incontrate durante il suo lungo
servizio di Diaconessa. Ci ha lasciato per così dire « in punta
di piedi » nella serenità e nella
certezza della sua fede nel Signore.
Malgrado il tempo orribile oltre ogni dire, vento e pioggia,
tutta la Comunità e parte della
popolazione ha partecipato ai funerali sia in casa come in chiesa.
I pastori Ricciardi, Lupi e il
predicatore laico Varese hanno
portato l’annuncio dell’Evangelo in presenza della morte, il
saluto e la partecipazione nell’ora della prova del Moderatore per la Tavola, del pastore
Davite per la CIOV, del pastore
Nisbet per la Casa delle Diaconesse e della Comunità orsarese.
Esprimiamo al iratello anziano di chiesa e alla famiglia tutta
la nostra simpatia nella comunione della fede.
CREMONA
C. Rizzi, R. Perversi, E. Pievet,
S. Conia, G. Vitaletti, hanno eseguito musiche di Corelli, Telemann, Altaeniz, Chopin, Vivaldi,
Haendel, Griiber, Mussorgsky. Il
numerosissimo pubblico ha lungamente applaudito gli ottimi
esecutori.
Battesimo. Domenica 24 dicembre, con la presenza della
comunità, è stato amministrato
il Battesimo al piccolo Maurizio
secondogenito dei coniugi Caglierò. Dopo il rito ha fatto seguito, nella sala per riunioni, una
simpatica àgape ^ntilmente offerta dai genitori del neo battezzato.
Natale. Al culto di Natale con
santa Cena hanno preso parte
numerosi membri di chiesa ed
alcuni dei non evangelici che
abitualmente frequentano gli incontri di studio biblico.
La Festa dei fanciulli si è
svolta nel pomeriggio di domenica 7 gennaio nella nostra sala con l’intervento di numerosi
fratelli ed amici e, naturalmente,
una numerosa schiera di fanciulli ' quali hanno ricevuto un
piccolo dono quale segno di affetto da parte della chiesa tutta.
Una pubblica conferenza dfel
pastore prof. Valdo Vinay è stata programmata per la sera di
giovedì 11 gennaio in collaborazione col gruppo SAE e con altri gruppi cattolici ecumenici.
Di questa importante manifestazione riferiremo in seguito.
scorsi di mons. Benelli e dello
stesso papa non vanno presi alla
leggera) possono provocare sorprese non piacevoli, non solo per
i fratelli pentecostali delle Assemblee di Dio, ma per ciascuno
di noi.
Dietro le formule di compromesso politico si crea sempre,
anche quando non preesiste, un
movimento che tende a dar loro
una base pseudo culturale. Stiamo con gli occhi e le orecchie
ben aperti, e non stanchiamoci
di combattere il buon combattimento sul piano della informazione e della cultura; per ora almeno.
♦ ♦ ♦
A.C. Temolo non è certo l’Imbonati de La Cucina Italiana e
lo dimostra una volta di più recensendo su « La Stampa » del
15 dicembre « Il cristianesimo
sta per morire? » di Jean Delumeau. Lo Temolo fa sua una conclusione del libro, ossia quella
della ricerca « della unità nella
diversità », formula che rappresenta un concetto ecumenico attraverso il quale si possa arrivare, sostanzialmente, alla rifondazione di una Chiesa Cristiana
unica, nel nome di Cristo, e articolata, nel nome delle diverse
tradizioni storiche e religiose in
cui il cristianesimo si è andato
differenziando e vivificando. Lo
Temolo afferma inoltre che l’opera del cristianesimo nella storia,
nonostante le guerre, le aberrazioni, il cuius regio eius religio
e le altre deformazioni di cui innegabilmente portano la responsabilità storica tutte, nessuna
esclusa, le varie Chiese cristiane,
è sostanzialmente positiva; non
fosse che per l’affermazione di
un « Dio unico per tutti gli uomini » non più « Dio di un popolo più o meno potente di quello
di un altro », e per la morale
« non creata dallo stato » ma
« superiore a tutti i mutamenti
sociali e politici ». Superando
ogni limite confessionale o denominazionale lo Temolo conclude
affermando che « lo sviluppo della cristianità » in cui egli crede,
non si avrà « con la teologia »
ma solo « accrescendo la solidarietà fra gli uomini con un
amore per i fratelli » dipendente
« da un comando che non viene
da qualcosa di estraneo, ma è al
tempo stesso una componente
dell’essenza deH’uomo ». Articolo, quello dello Temolo, da leggere e da meditare con attenzione,
specie da chi crede in un ecumenismo non di maniera che realizzi una rifondazione del cristianesimo nel complesso delle sue
componenti.
Niso De Michelìs
La scomparsa
di Suor
Arcangela
Ferrara
« Il sottoscritto certifica che
la sig.na Arcangela Ferrara è
membro di questa comunità dal
1925, appartenente a famiglia
evangelica, di moralità irreprensibile, dotata di grande amore
per la casa del Signore, preparata, secondo il mio parere, a entrare quale novizia in vista del
diaconato ».
Con questa raccomandazione
del Pastore Elio Eynard, cinquant’ anni or sono Arcangela
Ferrara partiva dal suo paese natale, Orsara di Puglia. La sua vocazione destava vivo interesse
fra le giovani della comunità
valdese, tanto che negli anni seguenti ben sei di loro chiedevano di iniziare il noviziato nella
Casa delle diaconesse.
Arcangela Ferrara l’il gennaio
1929 faceva il suo ingresso nella
Casa madre, che allora si trovava a San Giovanni. Più tardi
scriveva: « Ricordo questa data,
perché dopo un lungo e quasi
triste viaggio arrivai tra la neve
a Gagnapan. Com’è dolce pensare a quei giorni! E’ per me un ricordo indelebile ».
Sei mesi dopo venne inviata a
Pomaretto, dove svolse quasi
tutto il suo ministero, con una
interruzione dal 1930 al 1932 presso l’Ospedale Evangelico di Milano e di altri due anni (1948-50)
al Rifugio di San Giovanni. Tornata all’ospedale di Pomaretto,
ne assunse successivamente la
direzione nel 1962. Ma quattro
anni dopo la salute, che sovente
Taveva costretta a interrompere
il lavoro, la obbligò a ritirarsi
dal servizio attivo, tornando nel
suo paese natale.
Il 9 gennaio, dopo una lunga
malattia, ha terminato la sua
corsa terrena. Forse, se suor Arcangela potesse aggiungere a
questa breve memoria qualche
parola per dire in sintesi la suaesperienza cristiana, esprimerebbe due pensieri: anzitutto: « Non
a noi, o Eterno, non a noi, ma al
tuo nome dà gloria, ner la tua benignità e ner la tua fedeltà » (Salmo 115: 1). E poi questa donna
cristiana ci lascerebbe un messaggio per la gioventù del nostro
tempo e le direbbe che nella vita si possono avere molti rimpianti, ma di una cosa essa non
si è mai pentita: di avere risposto con gioia alla chiamata che il
Signore le aveva rivolto.
Roberto Nisbet
Il periodo natalizio è stato
vissuto dalla nostra comunità,
attraverso le sue varie attività.
In autentica letizia.
Domenica 10 dicembre abbiamo trascorso un lieto pomeriggio con il té e la vendita di beneficenza organizzati da sorelle e
fratelli della comunità.
Culti di Avvento. Le predicazioni tenute dal pastore durante i culti delle domeniche di Avvento, sono state preparate collettivamente nel corso degli incontri di studio biblico con la
partecipazione anche di giovani
non evangelici. Questo ha permesso una chiara attualizzazione
della Parola del Signore, dando
in tal modo una maggiore vigoria all’annuncio del sermone domenicale.
Riunione di preghiera. Gli incontri mensili di studio biblico,
con l’intervento anche di cattolici e di non credenti, proseguono regolarmente. Quello di giovedì 21 dicembre è stato di preghiera seguendo uno schema preparato fra evangelici e cattolici.
La riunione si è svolta in una
atmosfera di fraternità ed è proseguita con una conversazione
altrettanto fraterna.
Concerto di Natale. Nel pomeriggio di domenica 17 dicembre, a cura del M.o Stefano Conia — eccellente violinista e
liutaio di rinomanza intemazionale —, si è tenuto nella nostra
chiesa un ben riuscito concerto
stmmentale di musica classica
con violini, viola, chitarra e
pianoforte. I giovani concertisti
FRIBURGO: una
parabola sulla
ingiustizia sociale
Il teologo luterano Ulrich Duchrow, in una recente sessione
della Società Svizzera di Teologia, ha illustrato con una suggestiva parabola la situazione mondiale attuale. Secondo il teologo
di Friburgo in Bresgovia la palese ingiustizia che caratterizza i
rapporti economico - politici tra
l’emisfero settentrionale industrializzato e l’emisfero meridionale distrugge l’unità del corpo
di Cristo.
« Dodici cristiani sono riuniti
intorno al tavolo della Cena e
per un’agape fraterna. Otto di essi sono di colore e quattro bianchi. Prima dell’inizio deH’agape,
due bianchi e un uomo di colore
si alzano e prendono dai piatti di
altri sette cristiani di colore e di
un bianco la carne e la verdura,
da tre piatti prendono anche più
della metà del riso e poi distribuiscono il loro bottino in parti
ineguali sui piatti di tre bianchi
e di un uomo di colore. Gli altri
sette cristiani di colare e il solo
uomo bianco povero conservano
sul loro piatto un po’ di riso in
porzioni disuguali e qualche briciolo di ciò che è stato tolto dal
loro piatto. Per consolarli si regala loro un pezzetto di pane. Di
vino i poveri ne ricevono un sorso solo al momento della Cena,
¡echi dal mondo cristiano!
a cura di BRUNO BELLION
mentre i quattro ricchi ne bevono abbondantemente anche durante il pasto.
Una Santa Cena nel contesto
di un simile pasto può forse manifestare l’unità del corpo di
Cristo? Esiste comunione tra i
quattro ricchi e gli otto poveri?
I quattro possono legittimamente essere (definiti cristiani? Il loro comportamento è una questione di etica sociale che non
incide sull’essenza del loro essere cristiani, sul loro modo di intendere il discepolato, sulla loro
fede che dovrebbe coinvolgere
tutto il loro essere? ».
Per rispondere a questa problematica Duchrow ha rinviato
alla lettura di 1 Corinzi 11: 20
segg. Ed ha concluso che non è
solo questione di razza, di divisione tra bianco e nero, ma in
primo luogo questione della grave frattura tra il nord industrializzato e il sud che fornisce le
materie prime per l’industria del
nord, senza avere alcun potere
se non quello di essere sfruttato.
E’ qui che si gioca la credibilità
della testimonianza cristiana.
GINEVRA: anche
I bambini ammessi
aila Santa Cena
Il Concistoro della Chiesa Nazionale Protestante di Ginevra ha
deciso di ammettere alla Santa
Cena i bambini e gli adolescenti battezzati che ne facciano richiesta, dopo che questi siano
stati istruiti sul senso del battesimo e della Cena. In questo
senso il Concistoro ha intenzione
di chiedere la modifica dei Regolamenti della chiesa ginevrina,
in modo che sia ufficiale l’apertura alle esigenze espresse da
molte chiese locali che desiderano far partecipare alla Cena tutti coloro che lo richiedano adulti
e giovanissimi. Si chiede che i
consigli delle singole chiese curino una adeguata catechesi per
quei bambini e adolescenti che
domandino di partecipare alla
Cena.
BARTH IN ITALIANO
Caro Direttore,
ricevo in ritardo il numero de - La
Luce » dell'8 dicembre 1978 e leggo
con piacere ia pagina che è dedicata a
K. Barth.
La bibliografia di Barth in italiano
se non è completa è sufficiente per lo
scopo prefissato di far conoscere il
pensiero della personalità.
Manca poco perché le indicazioni
deile opere di Barth in italiano siano
compiete; ecco secondo quello che
posseggo nella mia biblioteca quel poco che manca. Se c'è qualche lacuna
qualche lettore potrà intervenire per
colmarla.
— Come guariranno i tedeschi. Il Candeliere, 1946.
— Liberazione per i prigionieri. Morcelliana, 1959.
— Meditazione per il Natale e la
Pasqua (con E. Thurneysen) Queriniana, 1967.
— La Preghiera secondo i Catechismi
della Riforma. Editrice Esperienze,
1969.
— Uomo e donna. Gribaudi, 1969.
— Rinnovamento ed unità della Chiesa (con Hans Urs Von Balthasar),
Silva, 1969.
— L’epistola ai Filippesi. Società Editrice Internazionale, 1974
Saluti fraterni.
Paolo Sanfilippo, Chiavari
PER UNO SPIRITO
PIU’ FRATERNO
Caro Direttore,
Nel n. 51-52 della Luce del 22.12 ho
letto la lettera aperta al Senatore
Tullio Vinay di Lucio Malan.
Appena ho letto « memore dei suoi
illuminati libri » ho subito capito che
ohi sprizzava tanto veleno cercava di
insudiciare il nome di quell'umile servitore del Signore che è il Pastore
Senatore Tullio Vinay, il quale non si
è mai limitato a dire « Signore, Signore » ma ha sempre cercato di fare la
volontà del Signore in tutti I campi.
E il campo dei Signore non è limitato dalle quattro pareti di una chiesa.
Come credente, non vado a vedere se
per il Vietnam il Pastore Vinay aveva
ragione o torto, se ha fatto bene o
male, lo di Vinay guardo solo allo
spirito che lo ha guidato a perorare
o scrivere quello che ha perorato o
scritto. H 26.8.'76 aveva scritto sulla
« Repubblica » a proposito della tragedia di Tel Al Zatar: " Sconcertante è
stato II silènzio della chiesa... ». Quindi non solo per il Vietnam Vinay si è
preoccupato di far sentire una voce
profondamente cristiana.
A scanso di sospetti faccio notare
che non ho mai avuto l'onore di stringere la mano al Pastore Vinay. Nella
chiesa di Sampierdarena della quale
sono membro, non tutti vedono le
cose allo stesso modo, però quando
ci incontriamo tra fratelli la nostra
stretta di mano non è un atto ipocrita e II nostro sorriso non è un sorriso di circostanza ma è una espressione sincera di amore reciproco, come deve essere fra credenti. Mi domando se Malan si dovesse incontrare
con il fratello Vinay, se si sentirebbe
spinto di dentro a tendergli la mano
a cuore aperto o se Invece non passerebbe all’altro marciapiedi per evitarlo.
Fratello Malan, leggiamo insieme e
con spirito di preghiera Corinzi 13, la
sovrana eccellenza della carità, e poi
comportiamoci in conseguenza.
Grazie e saluti
Cattaneo Alcibiade, Genova.
Pubblichiamo ancora un intervento
che pone al centro della questione la
persona di Tullio Vinay. Vorremmo
che fosse l’ultimo. La tragedia indocinese è così grave che sarebbe ben triste se noi la collocassimo sullo sfondo
di una nostra piccola bega interna.
C’è ampio materiale, in questo numero del nostro giornale come su altri giornali, per poter dibattere la questione vietnamita-cambogiana in sé.
Ricerchiamo quindi la verità in un
dibattito sereno che abbia le sue giuste proporzioni.
F. Giampiccoli
3
19 gennaio 1979
LA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI
Dialogo ecumenico:
progresso o stallo?
hri.
€
18-25 gennaio: settimana di preghiera per l’imità dei cristiani.
Come si presenta oggi questa iniziativa ecumenica? Come è vissuta nelle nostre chiese? Per dare una risposta che non sia frutto di impressioni personali o
di una singola esperienza, abbiamo preso contatto con alcune
situazioni che riguardano l’area
valdese, metodista e battista.
Eccone i risultati.
Cominciamo dal Sud. A Palermo non esistono attività comuni. Quattro anni fa il pastore
P. V. Panasela, invitato a partecipare ad un ottavario di preghiera nella cattedrale, rispose
di non sentirsi di partecipare ad
una funzione liturgica che avrebbe rappresentato solo un fatto
isolato facilmente fraintendibile
dalle due parti. Come ulteriore
motivo, nella sua lettera il past.
Panasela menzionava la viva disapprovazione che nelle comunità evangeliche aveva causato la
rigida e mortificante condanna
curiale dei preti che in alcune
parrocchie si erano pronunciati contro l’abrogazione del divorzio l’anno precedente.
Neppure a Taranto esistono
attività comuni tra cattolici ed
evangelici in occasione della settimana di preghiera. Un incontro annuale si era però iniziato
in provincia, a Grottaglie tra il
locale gruppo valdese e la parrocchia cattolica. Il pastore S.
Ricciardi riferisce che da parte
valdese fu fatto un tentativo per
superare il carattere occasionale dell’incontro. Fu convenuto
che un gruppo cattolico col prete avrebbe incontrato la comunità valdese, nell’ora del culto,
per uno studio comune dell’epistola ai Romani. La cosa andò
avanti per 4 o 5 volte e poi si
interruppe da parte cattolica senza un motivo dichiarato.
Seminare comunque
Roma è centro di diverse iniziative ecumeniche alcune delle
quali non si esauriscono nella
settimana di preghiera per l’unità. Quest’anno si segnalano tra
le altre cose un culto ecumenico
per le religiose di Roma (predicazione di un evangelico); una
conferenza sul battesimo di un
pastore evangelico alla riunione
del gruppo romano del Segretariato Attività Ecumeniche; una
tavola rotonda sul tema « quale
unità? » con l’intervento di un
professore della nostra Facoltà;
uno studio biblico e un culto organizzati da un gruppo misto
che per altro conduce questo lavoro con incontri mensili da 7
anni.
Il pastore G. Scuderi — dopo
aver apprezzato il fatto che per
la prima volta la FCEI ha invia
to a tutte le chiese, tradotto e
adattato, il testo per la settimana di preghiera preparato dal
CEC e dal Segretariato per
l’Unità — osserva: « Vero è che
alla nostra sensibilità rigidamente protestante, questo improvviso risveglio di interesse a scadenza annuale e fortemente episodico del cattolicesimo romano
appare formale, non credibile,
anzi in aperto contrasto con
tutto il comportamento del cattolicesimo ufficiale negli altri
358 giorni dell’anno, ma crediamo che, nella responsabilità vocazionale di una testimonianza
da rendere al nostro popolo ”a
tempo e fuor di tempo”, anche
una tale occasione offertaci annualmente non può e non deve
essere scartata a priori ». Notando infine la grande libertà di
parola che ci è concessa in tali
circostanze, soggiunge: « Credo
pertanto che se sappiamo vincere le resistenze, giustificate tra
l’altro, verso quegli aspetti liturgici o quelle situazioni che
ci sono estranee e spesso possono anche urtarci profondamente, potremo rendere un servizio ai fratelli cattolici offrendo in tutta umiltà e semplicità
la nostra testimonianza evangelica. Non è forse vero che siamo chiamati a seminare sempre
e ovunque, senza discriminare a
priori luoghi o persone, e che
è al Signore che dobbiamo lasciare il compito di far crescere
ed apparire i frutti del nostro
servizio? ».
Esiqenza di chiarezza
A Firenze da anni nella settimana di preghiera per l’unità avvengono contatti tra cattolici e
evangelici. In particolare l’anno
scorso ha avuto luogo uno studio biblico nella chiesa metodista, una «veglia biblica » in sede battista e un culto della Parola in una chiesa cattolica vicino al Gignoro. Da parte evangelica fu espresso l’anno scorso
una critica ad iniziative limitate
ad una scadenza annuale e il discorso è stato ripreso quest’anno in occasione di una riunione in vista della settimana di
preghiera del ’79. Le chiese evangeliche si sono dichiarate disponibili — come riferisce sul bollettino fiorentino « Diaspora
Evangelica » il pastore A. Sonelli, « per gli incontri ecumenici
che abbiano fondamento biblico
e una certa costanza; non si
sentono disposte a parate annuali che non abbiano seguito ».
A questa precisazione, continua
Sonelli, si aggiungono tuttavia
delle riserve connesse alla situazione italiana. Esse riguardano
in primo luogo l’appoggio aperto di gran parte dell’episcopato
La Giornata Mondiale contro
la lebbra si inquadra quest’anno
in quella di maggiore rilievo deliberata il 21 dicembre 1976 dalla Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclamando il 1979
Anno Internazionale dell’Infanzia.
Ce ne compiacciamo perché i
bambini sono sempre stati la
grande preoccupazione della Missione Evangelica contro la lebbra. E questo sia perché il numero dei bambini malati di lebbra è grande, (le statistiche ufficiali parlano di 5 milioni di bambini affetti da quel morbo nel
mondo, ma il loro numero è indubbiamente assai superiore,
molti casi soprattutto nelle regioni più remote non avendo potuto ancora essere né scoperti
né censiti); sia perché, se curati in tempo, essi possono guarire ed essere cos', preservati da
ogni deformità fisica visibile o
duratura. Un risultato che non
può non essere nel desiderio di
tutti e che dipende non soltanto
italiano ad un partito che usurpa il nome di cristiano, cosa
inammissibile per i protestanti,
aggravato dal tentativo, nell’imminenza delle elezioni per il Parlamento Europeo, di far convergere i voti cattolici sui partiti
democristiani dei vari paesi presentando questa convergenza come presenza cristiana in contrapposizione ai « laici » e ai
« marxisti ». « I protestanti italiani — precisa ’’Diaspora Evangelica” — non possono dare agli
italiani l’impressione di essere
d’accordo su questo e chiedono
chiarezza ».
In seguito a queste riserve i
contatti in vista della settimana
di preghiera per l’unità sono
stati interrotti da parte cattolica ma non per questo è caduto
Tappuntamento annuale. La Chiesa cattolica per conto suo ha
invitato a Firenze i pastori M.
Sbaffì, R. Bertalot e E. Paschetto
per tre conferenze e una tavola
rotonda. Non sappiamo se accettando essi fossero a conoscenza o meno del carattere piuttosto imilaterale dell’invito. Gli
evangelici fiorentini hanno deciso di non snobbare per questo
le iniziative cattoliche ma di
ricercare in esse uno spazio per
chiarire la loro posizione.
Disagio liturgico
A Venezia c’è una solida tradizione ecumenica di incontri di
cattolici, evangelici e, in via subordinata, ortodossi. Da anni lavora un gruppo cattolico-valdese
con riunioni quindicinali di .studio biblico o teologico che tuttavia tocca un ambito abbastanza circoscritto. Per la settimana
di preghiera tradizionalmente
ha luogo una tavola rotonda
(quest’anno dal tema « Il dialogo ecumenico trasforma l'opposizione in confronto che progressivamente unisce » con la partecipazione del prof. V. Vinay per
parte valdese), e riunioni di preghiera in sede cattolica, valdese
ed eventualmente ortodossa lu
na anche a Mestre in sede cattolica). L’anno scorso il pastore
A. Garufi chiese che le riunioni
di preghiera si tenessero in locali diversi dalle chiese e avessero un carattere meno solenne
allo scopo di favorire invece il
raccoglimento di gruppi di preghiera. Le riunioni ebbero luogo in ambienti diversi dalle chiese ma col consueto schema liturgico formale. Quest’anno nella riunione preparatoria il pastore Garufi ha riproposto l’esigenza di evitare le forme solenni e spettacolari di questi incontri ma si è trovato decisamente in minoranza per cui si
riprende la precedente consuetudine e uno degli incontri avrà
luogo nella Basilica di S. Marco con la probabile presenza e
omelia del nuovo patriarca.
Il pastore Garufi non nasconde
la sua preferenza per altre lorme di ecumenismo come per
esempio gli incontri biblici tra
cattolici di una parrocchia di
Mestre e valdesi pure di Mestre
con riunioni mensili.
A Pinerolo, mentre negli anni
scorsi non si avevano particola
Franco Giampiccoli
{continua a pag. 8)
CHIESA E STATO - DIBATTITO SULLE OPERE
INDETTA LA 26" GIORNATA MONDIALE
Contro la lebbra
Diaconia della chiesa
e finanziamenti pubblici
da chi è più direttamente impegnato nella lotta contro la lebbra, ma anche da noi tutti, dal
nostro impegno, dalle nostre
preghiere, dalle nostre offerte,
in una parola, dalla nostra fattiva solidarietà umana e cristiana.
« Prendi la mia mano nella tua
ed aiutami » ci dicono con speranza quei milioni di bambini.
Non deludiamo quella loro speranza! Sull’esempio di Gesù tendiamo loro una mano amica e
soccorritrice.
Ai Pastori ed alle Comunità
domandiamo di dedicare l’ultima domenica di gennaio o un’altra domenica nel corso dei primi mesi dell’anno a quello scopo.
A tutti il nostro anticipato ringraziamento ed il nostro cordiale saluto.
Per il Comitato Italiano
Il Segretario
Pastore Guido Mathieu
Bordighera (IM)
Via L. Pasteur 60
L’articolo pubblicato sul n. 49
deU’8.12.’78 a firma G. Platone
pone il problema dei finanziamenti pubblici delle nostre opere.
La (Conferenza del IV Distretto, in seguito ad una animata discussione, ha ritenuto di dovere
nominare una commissione che
ha allo studio questo tema su
cui anche le comunità saranno
chiamate a pronunciarsi. Un dibattito sul nostro giornale può
intanto provocare utili interventi.
Difesa
confessionale?
Nell’art. 12 dell’Intesa votata
da Sinodo e Conferenza Metodista l’estate scorsa, è detto che,
nella gestione ordinaria e straordinaria degli enti ecclesiastici, è
esclusa ogni ingerenza da parte
dello Stato e delle Regioni,
« stante che non ricorrano oneri di mantenimento a carico dei
medesimi». G. Peyrot, nella Introduzione al Testo delle Intese
(pag. 35) scrive che « i valdesi
diedero nel tempo vita ad enti
ohe hanno perseguito fini di culto, di istruzione e di beneficenza,
perché essi, fino al 1848, non potevano, per divieto di legge, valersi degli istituti di istruzione
e di beneficenza costituiti nel
paese ad uso esclusivo dei cittadini di confessione cattolico-romana.
Cosicché i valdesi hanno dovuto provvedere in proprio alle esigenze di istruzione e di beneficenza di cui erano necessitati, a
mezzo degli enti ecclesiastici previsti dal proprio ordinamento e
ad esclusivo loro carico. Tale situazione si è protratta anche dopo la loro emancipazione integrando i criteri di una difesa
confessionale di fronte alla pressione cattolica esercitata negli
istituti di istruzione e di beneficenza della società italiana in cui
i valdesi venivano inserendosi ».
Difesa di minoranze
sociali emarginate
Non c’è dubbio che molte delle nostre opere hanno avuto una
origine storica confessionale e
hanno risposto, nel tempo, alle
particolari esigenze di una minoranza religiosa emarginata ed
oppressa.
Ma oggi, nessuna delle nostre
opere neppure, per così dire, le
più compromesse storicamente,
hanno conservato il carattere di
una difesa confessionale. Le nostre opere (mi riferisco in modo
particolare a quelle che sono sorte in quest’ultimo ventennio in
Sicilia) sono nate come servizi
sociali, aperte al pubblico e di
pubblica utilità.
A Palermo (lo stesso si potrebbe dire di Riesi) la scuola materna, elementare parificata, media
legalmente riconosciuta, convitto,
sono stati istituiti per rispondere
a ben precise esigenze di istruzione, di educazione e di assistenza, non di una popolazione evangelica, ma di minoranze sociali
emarginate di alcuni quartieri
della città, escluse praticamente
dalla scuola dello stato e anche
dalle organizzazioni assistenziali
cattoliche.
Anche il Consultorio familiare,
il Villaggio Speranza per le famiglie terremotate del comune di
Vita, ¡sono stati fin dalTinizio destinati alla assistenza di una popolazione cattolica o nominalmente tale, alle cui inderogabili
esigenze di assistenza non era
stato in alcun modo provveduto
diversamente.
Non vedo quindi perché la nostra chiesa, che non può estraniarsi dalla realtà sociale in cui
vive, né sottrarsi ad un impegno
politico cui è stata anche sollecitata dai nostri sinodi, che è intervenuta in situazioni di emergenza, mettendo a disposizione
le sue migliori energie, locali di
cui poteva disporre, ingenti mezzi finanziari, debba sentirsi in
colpa o essere biasimata, perché,
non potendo farsi carico di tutte
le spese di gestione di opere che
sono cresciute per rispondere a
sempre nuove esigenze e sollecitazioni che ci venivano dall’esterno, ha ritenuto non solo di potere, ma di dovere accettare dei
contributi dovuti da pubbliche
amministrazioni per servizi resi
alla collettività. A meno che si
possa provare e dimostrare che
lo stato e le regioni oggi siano in
grado di spendere meglio, in modo più corretto, il danaro del
pubblico erario. Gli enti pubblici non danno del danaro alle nostre istituzioni senza essersi prima bene accertati della loro utilità pubblica e del loro fine disinteressato. I contributi che riceviamo vengono assegnati o come
rette per minori ricoverati presso il Convitto o come contributo
per un adeguato trattamento economico da corrispondere agli insegnanti della scuola elementare
parificata.
Servizi
a buon mercato
A proposito della incostituzionalità dei contributi assegnati al
le scuole elementari parificate,
vorrei osservare che occorre distinguere tra scuole « private » e
« parificate ». Il T.U. dell’Istruzione Elementare (N. 577 del
5.2.1928) regola la istituzione delle scuole parificate. Esse sono a
sgravio e sostitutive, a tutti gli
effetti, di quelle gestite dallo stato. Le condizioni imposte dalla
legge alle scuole parificate sono
così gravose ed impegnative, soprattutto per quanto riguarda il
trattamento economico degli insegnanti, che molti istituti hanno dovuto rifiutare la parifica
perché troppo gravosa, un lusso
che non tutte le scuole si possono permettere, un rischio di vertenze che possono mettere in
crisi le istituzioni più economicamente solide.
Il discorso sul « rifiuto di ogni
privilegio », credo che non si possa applicare in alcun modo alle
opere da noi gestite. In realtà
sono le nostre opere che privilegiano lo stato, assicurandogli
dei servizi sociali di istruzione,
di assistenza laddove essi sono
carenti o inesistenti.
Se poi si pensa alla esiguità
dei contributi, alla modestissima
percentuale che essi rappresentano nel nostro bilancio complessivo, bisogna rimarcare a tutte
lettere che noi prestiamo un servizio che, a più buon mercato di
così, davvero non si potrebbe!
Certo non mi nascondo resistenza di un problema ben più
vasto e complesso di quanto io,
dalla mia angolatura di personale impegno diaconale, può sembrare sia disposto a considerare
e ad accettare. So bene quanto
e a quale prezzo la Chiesa Cattolica faccia pesare nella vita civile e politica del nostro paese il
monopolio quasi esclusivo che
essa possiede dell’assistenza, dell’istruzione, della cultura.
Ma non posso neppure nascondermi il pericolo che una gestione centralizzata nelle mani dello
Stato di tutti questi servizi, non
lasci più spazio ad iniziative private e soffochi ogni libertà. La
macchinosa burocrazia dello Stato genera inefficienza, cattiva amministrazione, non elimina gli
abusi, gli sprechi, il clientelismo,
le speculazioni.
Oggi si tende di nuovo a privatizzare molti servizi cui lo Stato
non riesce a provvedere; c’è una
inversione di marcia dal pubblico al privato. In questa situazione precaria le nostre opere credo siano ancora da salvare per
quello che esse rappresentano
nel nostro paese.
Pietro Valdo Panasela
4
19 gennaio 1979
T. Vinay denuncia l’informazione unilaterale sulla realtà vietnamita
VIETNAM: per
comprendere bisogna
almeno pensare
In primavera Gino Conte su
La Luce si domandava perché
non scrivevo più sul Vietnam.
Recentemente su « L’Avvenire »
Piero Gheddo osservava: « La
Valle e Vinay tacciono... ». Inoltre molti amici da tempo mi sollecitano a pronunziarmi...
Ecco, voglio prima di tutto assicurare ognuno che il mio silenzio non è dovuto a mancanza di
argomenti o di informazioni, ma
esclusivamente al troppo lavoro
ed al molti viaggi. Comunque ho
fatto male a non intervenire perché non si tratta di una questione vacua, ma di un popolo che
soffre. Molti possono dire che sono un « ingenuo » ma credo che
nessuno mi consideri un disonesto. Prima di tutto cerco la verità.
La verità dei fatti non è sempre facile scoprirla. Lasciamo da
parte certi settimanali che hanno
secondi fini, che son poi evidenti, o altri ai quali importa soltanto far notizia. Tuttavia anche un
giornale serio come «Le Monde»
(5 ottobre ’78) che in passato,
durante la guerra, ha sostenuto
la causa del Vietnam, ha pubblicato im articolo di R.P. Paringaux sulle violazioni dei diritti
dell’uomo nel Vietnam che ha
scosso l’opinione pubblica. «Le
Monde » ha poi ospitato anche
delle proteste di altri e dato spazio due volte all’Ambasciata vietnamita per rettifiche.
« Le Monde » è un giornale onesto e tale è anche Paringaux, oltre ad esser un buon giornalista.
Mi diceva tuttavia una giornalista, che era nel Vietnam nello
stesso periodo, che Paringaux
non ha avuto sufficiente pazienza per ascoltare ed andare a fondo nelle cose sicché il suo giudizio ne è risultato parziale. «Le
Monde » reagisce alle precisazioni dell’Ambasciata vietnamita dicendo che non risponde a tono e
cita solo condizioni generali. Qui
mi pare che « Le Monde » abbia
torto, perché sono proprio queste che possono darci la chiave
di interpretazione dei fatti. Personalmente mi son sempre maravigliato come tanta gente, sulla base di informazioni sia pur
limitate, non fosse disposta a
fare un’analisi critica del quadro
storico vietnamita, per riequilibrare le molte critiche che appaiono continuamente sulla stampa. Sono critiche che danno la
impressione di esser volutamente orchestrate — ne escludo «Le
Monde» — perché mai si è scritto tanto sul Vietnam dalla fine
della guerra, mentre è stata ignorata d’altra parte la lotta a denti stretti sostenuta dal popolo
vietnamita per emergere da tanta rovina e ricostruire l’economia e la società nazionale. L’indomani della liberazione 1’« incaricato d’affari » deH’Ambasciata vietnamita mi diceva: « Gli
americani ci hanno lasciato tanta distruzione e tanta corruzione che se il mondo ci aiuterà
potremo risorgere in pochi anni; ma se non ci saranno aiuti
20-30 anni non basteranno... ».
Abbiamo dimenticato tutto?
Per una vera analisi bisogna
comprendere; ma come comprendere se si son dimenticate
le condizioni in cui il Vietnam si
è trovato il giorno della sua liberazione (vedi scheda 1)? Tutto distrutto: case, villaggi, dighe, ponti, strade, ferrovia. La
gente ammassata nelle grandi
città mentre le campagne — e
la ricchezza del Sud sta nell’agricoltura — non solo erano abbandonate ma devastate dai defoglianti in una situazione pari
a quella di mille, diecimila Seveso. E inoltre la corruzione, i
drogati, la delinquenza minorile, le prostitute. Queste, solo a
Saigon, erano circa 300.000. Riabilitarle e reinserirle non è facile — come potrebbe dirci Françoise Vandermeerch, la suora
francese che ha dato una mano
in quest’azione di redenzione sociale. Il brigantaggio, che sotto
Thieu era prospero, non è certo sparito il giorno della liberazione. In più aggiimgi i molti
agenti della Cia, rimasti sul luogo, che fanno leva su questi elementi e anche su quanti son delusi perché puerilmente pensavano che, con la fine della guer
ra, ogni cosa sarebbe cambiata
come per un tocco di bacchetta
magica. Anche senza calcolare
altri due fatti — mobilitazione e
inondazioni, cui accennerò più
oltre — la situazione del dopoguerra è stata di tale gravità da
portare conseguenze economiche
e sociali incalcolabili.
Dopo il mio secondo viaggio
in Vietnam ho fatto del mio meglio per sensibilizzare l’opinione pubblica per una presa di
coscienza di ciò che stava accadendo. Era infatti il momento
in cui tutti e tutte le nazioni
avrebbero dovuto sostenere il
popolo martire nella sua « risurrezione ». Solo se tutti lo avessero aiutato, senza badare ad
ideologie diverse, il Vietnam avrebbe potuto esser ciò per cui
aveva combattuto da tm secolo
cioè « libero ed indipendente »,
altrimenti sarebbe stato costretto ad appoggiarsi ad una parte
sola. Purtroppo è stato così. Individualmente è più facile stare alla finestra e criticare che
metter mano al portafoglio. Sul
piano delle nazioni, queste hanno la loro politica di alleanze e
di dipendenza dai blocchi a cui
sono legate, una politica che non
bada certo al lato umano.
L’Italia, ad esempio, ha fatto
un accordo di credito per il
1977 di 40.000 dollari (33.600.000
lire! I ) di cui gli ultimi 10.000 non
sono ancora stati versati per difficoltà burocratiche, mentre si
aspetta il rinnovo dell’accordo
per il 1978. È ben vero che ha
mandato tonnellate di cereali in
seguito alle inondazioni. Ma le
istituzioni umanitarie o i partiti di sinistra hanno fatto molto
ma molto di più. Per parte loro, gli Stati Uniti, che si erano
impegnati con l’art. 21 degli Accordi di Parigi a riparare i danni di guerra, non solo non hanno tenuto fede alla parola data,
ma mettono l’embargo su ogni
aiuto. Andrew Young (rappresentante USA all’ONU) al quale
ho scritto, mi ha risposto con
una bella lettera dichiarando la
sua buona volontà; ma Andrew
Joung fa parte delle persone oneste, di quanti cioè hanno poco
peso nell’inferno di mondo in
cui viviamo.
Le cose, dunque stanno così.
Teniamone conto se vogliamo
comprendere il resto.
VI sono non pochi scontenti...
Sarebbe assurdo negare che
ci siano degli scontenti. Certamente sono molti, l’Ambasciata
di Parigi stessa lo ammette. Chiedo solo a chi legge di essere
onesto e di riflettere su due aspetti della situazione.
Prima di tutto il piano economico. Che cosa sarebbe avvenuto dell’Europa dopo soli cinque
anni di guerra se non fosse intervenuto il piano Marshall? Eppure l’Europa intera aveva subito sul suo territorio una quantità di esplosivo molto minore
di quella scaricata sul piccolo
Vietnam. Pensiamo alla Germania: aveva città ed industrie distrutte, ma le campagne erano
intatte. E pensate a quel che
avverrebbe da noi, in Italia, se
verificandosi un crollo totale
dell’economia, un governo onesto, che non guardi in faccia a
nessuno, dmdesse il poco che
c’è in parti uguali: razionasse
per esempio il cibo col tesseramento escludendo ogni bene voluttuario. Le masse degli scontenti sarebbero gigantesche! E
quelli che prima stavan bene,
a detrimento degli altri, non
rimpiangerebbero il tempo della
guerra e il fascismo?
E veniamo al piano politico.
L’Ambasciata del Vietnam in
Francia nota: « Non dimentichiamo che né i dirigenti di
Washington, né i loro agenti all’interno del Vietnam hanno rinunziato alle loro ambizioni, e
che il pericolo principale che
minaccia un governo rivoluzionario poco dopo la sua vittoria
è sempre che i suoi nemici scatenino la guerra civile. Dopo la
liberazione, ed ancora oggi, sussiste tutta una rete di agenti
che cercano di assassinare i nostri quadri, di sabotare le nostre imprese, di lanciare operazioni di guerra psicologica (...).
Quando l’inchiesta stabilisce che
un ex-uflìciale non è pericoloso,
lo rende alla vita civile, ma vengono trattenuti quelli che potrebbero nuocere alla sicurezza
generale. Non nascondiamo affatto che vogliamo smantellare
questa rete di sovversione (depositi di armi, moneta falsa, assassini!, sabotaggi) mantenuta
dai servizi segreti stranieri sul
nostro territorio. E se le nostre
forze di sicurezza arrestano di
tanto in tanto qualcuno di questi
agenti lo si arresta indipendentemente dal fatto che sia uno
scrittore, un prete, un bonzo,
im ingegnere o un filosofo. Nessuna di queste professioni infatti è di per sé immune dalle am
bizioni politiche e dalla tentazione di utilizzare gli aiuti stranieri per tentare di rovesciare
un governo rivoluzionario » (Le
Monde 6.11.’78).
Oltre ai fattori economico e
politico bisogna pur sempre aggiungerne uno psicologico del
tutto umano: quanti hanno pensato che con la liberazione tutto sarebbe automaticamente
cambiato, non riconoscendo la
gravità di una situazione del tutto disastrosa che richiedeva invece l’inizio di una nuova e faticosa lotta per la ricostruzione?
Recentemente, poi, ai disastri
della guerra si sono aggiunti
quelli delle inondazioni. Ben 9
provincie sono state sommerse
dall’acqua e sono andati perduti beni innumerevoli, oltre alla
metà del raccolto. Ha ben ragione Suor Françoise Vandermeerch
che è stata molte volte nel Vietnam e da ultimo poche settimane or sono, quando scrive:
« La questione delle libertà è
inseparabile da questa situazione catastrofica nata dalle conseguenze climatiche, inseparabile dalle conseguenze della guerra le cui piaghe e ferite sono rimaste aperte senza che nessuno sul piano internazionale si
La cura degli handicappati è ritenuto uno dei compiti prioritari
Sia mosse per curarle, inseparabile infine dalla riorganizzazione
di una società la cui cancrena e
distruzione derivano da 30 anni
di guerra e di corruzione ». È
così evidente che con la grande
miseria ed il conseguente numero di scontenti, con i tanti
corrotti ancora in circolazione,
con l’opera subdola della CIA, la
polizia vien man mano rafforzata, i controlli fatti più frequenti e severi proprio per evitare, come sopra detto, il peggio.
Son sempre stato deU’awiso
che la democrazia si difende con
10 stato di diritto, ma è nur
comprensibile che in una situazione di eccezionale gravità si
debba ricorrere a mezzi severi
per difendere le conquiste democratiche che son costate tante sofferenze. Da noi ci si allarma per il terrorismo, ma
nella situazione vietnamita c’è
ben altro. Si può ben comprendere che in una città « assediata » che non è stata presa con
le armi e che si vuol prendere
per fame, vi siano controlli rigorosi contro sabotatori, contro
disonesti, contro agenti antirivoluzionari, contro chiunque operi
a danno del popolo e che questa
azione di vigilanza possa anche
esser suscettibile di certi errori. Anche noi cristiani avremmo
scelto questa via pur di difendere la ricostruzione ed evitare
11 caos e forse il saccheggio.
Quanto al numero dei prigionieri cito semplicemente le parole di Suor Françoise Vandermeerch, la cui inchiesta seria
ed approfondita è la più recente: « Le cifre lanciate dalla stampa non si tengono in piedi. Le
circa 15-20.000 persone nei centri di rieducazione, son veramente criminali di guerra. Non
si possono per il momento liberare senza mettere in pericolo
la sicurezza della nazione e della popolazione. Sull’argomento
bisognerebbe non dimenticare
certe decisioni che son state
prese alla liberazione della Francia. Il problema vero è quello
delle altre 40.000 persone circa
che si trovano nei Centri di riabilitazione, di ciascuna delle
quali occorrerebbe poter fare
un’inchiesta per accertare identità e passato civico.
I Vietnamiti — direi purtroppo
— non hanno potuto finora procedere a questo lavoro di censimento di quelli che sono ancora
nei centri di riabilitazione e di
rieducazione a causa delle prio
rità assolute che la sopravvivenza esige: molti terreni devono
ancora essere liberati dalle mine per poter essere coltivati.
Quando si realizza che questo o
quel prigioniero merita di essere liberato e reinserito nella società, ciò viene fatto senza esitazione ma occorre tuttavia che
lo si possa seguire, dunque che
lo si conosca. Non conosco invece la situazione dei prigionieri di diritto comune e di quelli
arrestati per mercato nero, traffico illecito e per altre forme
di violazione della legge ».
Queste semplici note valgon
ben più di tanti articoli buttati
giù a caso ai soli fini di una
campagna denigratoria. E non si
faccia, per onestà, analogia con
le statistiche dei prigionieri di
Thieu dei quali avevamo nominativi e cifre esatte.
Detto tutto questo, perché la
stampa non mette in luce tutti
gli aspetti positivi della grande maggioranza dei vietnamiti
che si impegna nella ricostruzione di una società socialista
egualitaria e giusta e che ci fa
pensare che lo spìrito della resistenza, che ha portato il popolo alla vittoria, non è venuto
meno e che ci lascia sempre
sperare in un Vietnam risorto,
esempio di una cultura nuova e
di una nuova società? Tutto
questo è grandioso e mostra che
non è venuta meno quella forza
che li ha portati al perdono generale dopo la liberazione ed al
disegno di riconciliazione generale ai fini del bene comune dei
vinti e dei vincitori. E qui la
mia diretta testimonianza di pochi mesi dalla liberazione è confermata dalle numerose testimonianze attuali, anche dirette,
in mio possesso. Uno Stato che
dà priorità agli emarginati, agli
handicappati, agli orfani, ai
mutilati, ai ruderi umani che
la guerra ha lasciato, uno Stato
che vuole l’economia per l’uomo
e non viceversa, che in tre anni
ha vinto totalmente l’analfabetismo nel Sud (oltre 4 milioni),
che crea zone economiche laddove non son più rimasti né villaggi né culture, che senza un
apparato industriale avanza giorno per giorno verso un insperato
sviluppo, dove la tenacia ed il
volontariato prendono il posto
dei macchinari, merita non solo tutta la nostra comprensione,
e il nostro rispetto, ma tutta la
nostra ammirazione anche al di
là di quelle inevitabili deficienze che, teoricamente, potremmo
pretendere non ci fossero.
SCHEDA 1
L’eredità della guerra
I trent’annì di guerra hanno lasciato la triste eredità di :
5 milioni di feriti di cui centinaia di migliaia sono invalidi
1 milione di vedove
1 milione e 300 mila orfani
3 milioni di disoccupati
4 milioni di rifugiati
Nel suolo: 20 milioni di crateri; 2-300.000 tonnellate di bombe inesplose; aree enormi distrutte da defoglianti.
Malattie: Tbc da 500.000 a 1.000.000; malaria oltre 5 milioni
(tutti i combattenti nella giungla ne sono affetti); paralizzati ed amputati 100.000; lebbrosi nel Delta e fra i
« montagnards » 50.000. In più, gran numero di drogati.
(Dati raccolti personalmente alcuni mesi dopo la liberazione a Saigon).
!
A
5
ig gennaio 1979
0^
La tragedia dei profughi
'In questo contesto si inserisce
Il problema dei profughi. Indiidentemente dalla loro identie dal motivo della loro fuga
li ci muovono a pietà. E chi
m ne avrebbe? Corrono grari rischi, poi si trovano su navi
die nessuna nazione vuol ricevere. Le nazioni verso le quali si
^gono sono a struttura capitalista, sono cioè nazioni che
Sgridano allo scandalo, ma non
|v(®liono poi portare il peso
Jìdell’accoglienza e dell’assistenza.
E si aggiunga che la propagani(ia per il loro esodo viene pro(prio da quei paesi. Costantemente la radio di Manila (Filippine)
[trasmette appelli, fabbricati da
la Voce dell’America, che invii tane i vietnamiti ad abbandonare il loro paese. Mi pare che
invece di gridare alla tragedia,
le istituzioni internazionali al
servizio della giustizia e dei diritti umani dovrebbero fare alpieno un’inchiesta su un fatto
di tale gravità, poiché dopo tutto, se si invita qualcuno a fuggire occorre anche esser pronti
a riceverlo; non a sfruttare la
tragedia in funzione anti-comunista, gettando la colpa sul
Vietnam che non ne è responsabile.
I profughi possono esser divisi in due categorie. La più piccola è rappresentata da quanti
non si sentono di condividere
col popolo la lunga e dura, forse eroica, fatica della ricostruzione, e questo sia per debolezza
umana — e chi può giudicarli?
— sia per anteriori precedenti
chespiegano il perché della loro
fuga. « Il Messaggero » del 27 dicembre ’78, riporta una intervista con una ventina di italovietnamiti ospitati nel campo
profughi di Latina. Al termine
l’articolista conclude amaramente: «Te ne vai (...) portandoti
dietro il sospetto, la certezza,
anzi, che c’è molto di equivoco
e di marcio in questo innegabile dramma di migliaia e migliaia
di profughi vietnamiti che in
aereo, per nave, a piedi, spesso
rischiando la vita propria e dei
figli o dei familiari, lasciano il
loro paese e si disperdono alla
cieca in ogni angolo del mondo.
Magari riportando gli strascichi dolorosi della guerra dei
francesi e degli americani in
quei paesi i cui governanti l’hanno voluta ed i cui soldati, a
volte controvoglia, a volte volontari, come il genovese Morando,
l’hanno eseguita con crudeltà
spesso inumana ».
La parte maggiore è rappresentata dagli Hoa, cioè dai vietnamiti di origine cinese. La situazione di questo rilevante gruppo etnico può esser, per brevità,
riassunta in tre date. Nel 1955
era stato raggiunto un accordo
fra Nord-Vietnam e Cina per
il quale i cittadini vietnamiti
di origine cinese sarebbero diventati gradualmente cittadini
vietnamiti a pieno titolo. L’accordo è stato rigorosamente applicato. La maggior parte di essi sono lavoratori, i loro figli
hanno studiato nelle scuole vietnamite e son diventati tra l’altro insegnanti, ingegneri, dottori, tecnici di alto livello. Nel
Sud dal 1956 la stragrande maggioranza degli Hoa aveva preso
la cittadinanza cinese e a partire dalla liberazione essi godono
degli stessi diritti dei vietnamiti
ed hanno gli stessi doveri. Nel
1977 quando si sono intensificati
gli scontri di frontiera con la
Cambogia, Pechino ha fatto una
intensa propaganda fra di essi
sostenendo che una guerra era
imminente e i cinesi che non
fossero rientrati sarebbero stati considerati traditori. Ora diversi Hoa non si son lasciati influenzare e rimangono indisturbati nel Vietnam; altri invece
fuggono.
Anche di questi vi sono due
categorie. Quelli del Nord, i più
poveri o almeno non ricchi, si
avviano alla frontiera cinese che
è chiusa e son costretti, coi loro
pochi stracci, a passare fra dirupi e boschi dove da parte cinese
le cineprese li riprendono in
quel miserabile stato per far vedere al mondo come son costretti a fuggire. Anche la nostra televisione ne ha trasmesse delle
scene. I più ricchi, quelli del
Sud — diremo più oltre chi sono — fuggono su navi o aerei
che pagano a caro prezzo. Non
si rifugiano in Cina perché nessun capitalista sceglie un paese
a regime comunista, e non ci
vuol molto a comprenderlo. Ed
allora le navi che> tutti ormai
conoscono si dirigono a Hong
Kong, o alle Filippine, o a Formosa, ma nessuno li vuol ricevere questi poveretti e qui comincia la loro dolorosa odissea fatta di sofferenze di ogni genere
che muovono a pietà il mondo intero. Il Vietnam ha fatto di tutto per tranquillizzarli e per trattarli come gli altri cittadini, ma
alla fine non ha più posto ostacolo alla loro partenza. Ho ben
conosciuto personalmente il senso di umanità del popolo vietnamita che non discrimina neppure i bimbi biondi lasciati dalle truppe americane ed ha per
essi le stesse cure dei propri orfani. Chi ha visto queste cose
non si lascia ingannare dalle
storie raccontate dalla stampa!!
I fuggiaschi cadono nelle mani di sfruttatori che per imbarcarli su cargo pericolosi (quanti
battono bandiera panamense!)
chiedono somme enormi e succede pure che funzionari vietnamiti corrotti e senza scrupoli vi collaborino. Noi italiani
non possiamo certo meravigliarci
di quanto la corruzione possa allignare ovunque; eppure non
usciamo da 30 anni di guerra.
Ad ogni modo, malgrado la campagna orchestrata contro il Vietnam, si è finito un po’ dovunque
col riconoscere che in questo
caso non si tratta di rifugiati
politici, ma economici.
II problema del monopolio
del grande commercio detenu
to dagli Hoa è di lunga data.
Già Diem, e in seguito Thieu,
aveva tentato di porvi degli argini, ma sensa successo. I fimzionari corrotti arrivavano a pagare fino a 20-25 milioni di vecchie piastre per ottenere il governo della quinta circoscrizione di Saigon, il quartiere cinese
per eccellenza, sapendo che si
trattava di una somma che avrebbero recuperato presto con
le laute tangenti dei grossi commercianti che avrebbero favorito.
Dopo la liberazione il nuovo regime sopportò per un jjaio di
anni tale situazione per non
creare ulteriore disoccupazione,
poi in seguito alle proteste del
popolo che vedeva alzare i prezzi dèi generi più essenziali (i
commercianti imboscavano la
merce per elevarne il costo) il
Governo si decise a statalizzare
il grosso commercio per avocare a sé la distribuzione delle
merci essenziali (per esempio
gli alimentari), lasciando sussistere il piccolo commercio che
non provoca danni (informazioni ricevute tramite Tran Tan
Thin, prete e storico). I ricchi
Hoa che avevano capitali all’estero, oltre a somme nascoste
dove abitavano, hanno comincia
to ad emigrare non nella madre
patria, la Cina, ove sarebbero stati peggio che nel Vietnam perché il regime comunista vi è
da tempo instaurato, ma in paesi capitalisti per avviare nuovi
commerci. Invano il Governo
vietnamita li aveva invitati ad
investire le loro risorse nella
nascente industria locale (accanto a quella statale c’è anche
quella privata) o nell’agricoltura che offre nel Sud le maggiori
prospettive. L’attrazione degli
USA o di regimi capitalisti, anche se dittatoriali, erano e sono
il loro unico miraggio. Le navi
al larp di Hong Kong o delle
Filippine non sono piene di poveri ma di ricchi e per grandissima maggioranza di Hoa. Qualunque informazione seria dà la
documentazione di questo fatto. È gente che soffre e che richiama il nostro senso umano e
siamo i primi a dire che è una
vergogna che li si tenga al largo in condizioni terribili. Tuttavia è necessario mettere i fatti
nel loro giusto contesto e non
renderne responsabili quelli che
non lo sono, ma quelli che da
oltre un secolo hanno posto le
premesse e creato questi dati
di fatto.
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\
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.., Í-”
Ex-prostitute in un centro di riabilitazione presso Saigon.
Cambogia e Cina
Che ci siano attriti su vecchie frontiere colonialiste non
è un fatto nuovo. I dominatori
europei tracciavano i confini non
tenendo conto delle differenze
etniche, ma secondo quanto in
quel dato momento storico era
per loro più conveniente. Le difficoltà fra Cambogia e Vietnam
non son di ieri. Risulta da una
lettera del Governatore generale dell’Indocina al Ministero
•Afl. Est. Francese che, sia pur
per sole ragioni amministratire, aveva già dovuto intervenire nel 1939. Già durante la lotta
ài liberazione, pur aiutandosi a
ricenda, Cambogia e Vietnam
non avevano raggiunto un accordo per la precisa definizione del
territorio, specialmente per quel
che concerneva le isole della
*^ta sud. Dopo la liberazione
le incursioni cambogiane in territorio vietnamita si fecero sem
SCHEDA 2
Le inondazioni
d'autunno
I danni finora accertati
sono:
— 1.^5.000 ettari di risaie
inondati e distrutti completamente ;
~~ 2.600.(XM) tonnellate di
riso perdute;
4.100.900 persone colpite daU’inondazione e tra
queste 2.700.000 sono bisognose di aiuti urgenti.
Solo nel Sud Vietnam si
Calcola che 200.000 case
stano state sommerse dall’acqua e che circa 15.800
siano state portate via dalla corrente insieme a 168
hdla suini e a 50 mila buoi
c bufali. Molto macchinario agricolo e altri attrezzi
sono stati gravemente danboggiati. Parecchie scuole,
..^pedali e ambulatori so®6s.stati duramente colpiti.
pre più frequenti (volute dal
governo o semplicemente dovute
a disordini di periferia?), Hanoi ha ripetutamente chiesto di
definire il problema al tavolo
di trattative. Le incursioni son
continuate e con esse massacri
di popolazioni vietnamite di confine. In questa continua tensione non si muovono solo i due
paesi indocinesi ma anche il
giuoco planetario delle superpotenze.
Vorrei analizzare obiettivamente la situazione: perché la Cina,
dopo la liberazione, ha ridotto
i suoi aiuti al Vietnam poi li
ha tagliati del tutto rendendo
difficilissima la realizzazione di
importanti progetti già messi in
campo, e infine nel 1978 ha richiamato tutti i suoi tecnici la
cui opera era essenziale per la
ricostruzione? Tutto questo è
avvenuto nello stesso tempo in
cui sollevava la questione degli
Hoa. Per me la risposta è evidente. Non occorre neppure risalire alle millenarie rivalità fra
i due paesi. Anche all’osservatore meno avvertito l’attuale politica estera cinese è esclusivamente in funzione anti-sovletica
(e non solo in Indocina ma in
ogni continente) fino ad un limite tale da apparire incomprensibile per uno stato socialista che per di più si è atteggiato a campione delle nazioni nonallineate.
Il Vietnam per conto suo ha
sempre tenuto una posizione indipendente anche nei momenti
più difficili della guerra, pur essendo aiutato sia daU’URSS
che dalla Cina. Rimase indipendente anche quando, sotto pressione della diplomazia americana, l’URSS chiese al Vietnam di
sospendere le operazioni belliche, e quando, sempre sotto
pressione della stessa diplomazia,
nella primavera del ’75, la Cina chiese al Vietnam di non occupare Saigon... In ambo i casi
il Vietnam ha voluto decidere da
sé sul da farsi. Ma ora, isolato
economicamente da tutte le nazioni e, dopo gli accordi cino-nipponlci e cino-americani, con le
divisioni cinesi alle frontiere
nord e quelle Cambogiane ad
ovest, che cosa poteva fare? Non
gli rimaneva che porsi sotto
Tombrello protettivo deH’alleanza con rURSS per evitare un
attacco cinese. Siamo noi, legati
alla Nato, che possiamo muovergli delle critiche? O pensiamo
proprio che questa situazione
se l’è cercata il Vietnam? Mi
pare che su questo argomento
come su altri le responsabilità
di situazioni inumane e di sofferenze senza fine vadano ricercate neH’azione imperialista nelle super-potenze che schiacciano ad ovest e ad est la libertà
e l’indipendenza dei popoli che
più hanno sete di pace.
Dopo la stesura di questo articolo, avvenuta nel periodo na
talizio, è necessario aggiungere
alcune linee tenendo conto degli ultimi avvenimenti.
Dalla stampa, a seconda delle
tendenze ideologiche, viene riferito che l’azione in Cambogia
è di iniziativa dei ribelli cambogiani con l’aiuto dei vietnamiti, oppure che protagoniste sono le divisioni vietnamite appoggiate dai ribelli. La storia dirà la
verità. Io cerco solo di comprendere rilevando alcuni punti:
a) Il regime di Poi Fot era
pazzesco, svuotava le città, sopprimeva le scuole, inviava tutti
al lavoro dei campi, ed era responsabile di tutte le crudeltà
verificatesi dal giorno della vittoria in poi.
b) È chiaro che in una simile situazione il numero degli oppositori cresceva a vista d’occhio, non solo nel pojwlo ma
Il Vietnam va avanti
In questi giorni si è appreso
che la Germania riceverà 1.500
profughi delTultima nave al largo di Hong Kong. Apprezziamo
Tintervento umanitario di questa
nazione amica, tuttavia nulla ci
esime dal pensare che questi
profughi contribuiranno ad una
maggiore irrazionale campagna
anti-comunista in un paese che
proprio non ne ha bisogno.
Le nazioni che avrebbero il
dovere morale di ricevere tutti
i profughi sono la Francia che
per prima ha colonizzato l’Indocina e che ha combattuto contro
la sua liberazione e, soprattutto gli USA che, dopo la disastrosa guerra, che ha distrutto completamente il Vietnam, per orgoglio nazionalista fa di tutto
per provocare la fuga dei profughi e che mantiene l’embargo
totale ad ogni aiuto. Sono questi i maggiori responsabili dell’attuale tragedia.
Malgrado tutto questo, con
le distruzioni di una guerra
quale mai nella storia si è vista
e con la corruiione, triste ed
ignominiosa eredità USA, con le
inondazioni di nove provincie
oltre ai disastri della troppa
pioggia altrove e con l’irrequieta
situazione interna provocata dall’estrema miseria, senza aiuti
rilevanti tranne che dall’URSS e
dai suoi alleati (aiuti anche
questi pericolosi ai fini dell’indipendenza), il Vietnam prosegue
la ricostruzione sormontando
immani difficoltà nella lotta quotidiana. Più che tenace durante
la guerra non lo è meno ora,
anche se deve portare il peso
di un considerevole numero di
scontenti e, a volte, di rivoltosi
interni sollecitati dalla propaganda e dalla CIA. Va avanti.
Nell’educazione ha eliminato in
tre anni l’analfabetismo nel Sud
(noi non lo abbiamo ancora fatto dopo oltre un secolo di indipendenza!), ha dato fin dall’inizio priorità agli infermi, ai menomati. ai mutilati, agli orfani e
a quanti non si possono difendere. E questo la stampa non lo
rileva. Ha creato il piccolo artigianato, ha avviato l’industria,
ha compiuto un enorme sforzo
per rendere di nuovo produttivo il suolo dissodandolo, ha ristabilito le principali vie di comunicazioni, ha affrontato le
dfficoltà economiche dando lavoro, sia pur come poteva, alle
enormi masse di disoccupati
(quanto avrebbe da imparare
l’Italia dalla programmazione
di questo popolo martire!). Su
tutto ciò le testimonianze non
anche negli alti gradi come dimostrano le persone attualmente
chiamate alla formazione del
nuovo governo.
c) I rifugiati cambogiani in
Vietnam erano circa 250.000.
d) È chiaro inoltre che a
causa delle difficoltà di confine
il Vietnam abbia preparato i
profughi e li abbia anche appoggiati nelle azioni belliche.
D’altra parte non si spiegherebbe una vittoria in pochi giorni
se non col favore della popolazione. La misura dell’intervento
vietnamita apparirà molto più
tardi.
Ho Chi Min vagheggiava ima
unità tra i 3 p>aesi indocinesi
nel quadro di società socialiste,
ma non si può attribuire né a
lui né agli attuali governanti manie imperialistiche. Hanno ben
altro da pensare con la miseria
del loro paese.
mancano. Ci sarebbe da riempire pagine e pagine di giornali
con notizie tutte positive e bellissime, mentre con un sadismo
che vuol passare per obiettività, ci si limita a parlare della
tragedia dei profughi. Sì, è vero, essi meritano compassione,
ma altrettanto — anzi di più —
la meritano i due milioni di senza tetto, donne, vecchi e bimbi
che son rimasti senza casa a
causa delle inondazioni. Perché non parlare della mancanza di cibo e di medicine e di
asilo di questa enorme massa
di popolo? Cosa c’è sotto questo
silenzio? Eppure proprio questa
massa con sacrificio enorme che
rasenta l’eroismo si è impegnata in uno spirito di meravigliosa
dedizione al bene comune del
popolo. Gli altri — che vogliamo pur comprendere — hanno
comunque pensato a se stessi per
portarsi fuori dall’impegno comune verso una situazione privilegiata.
Terminando una trasmissione televisiva, tempo fa, conclusi:
« per comprendere bisogna amare ». Questa volta mi accontenterei di dire: « per comprendere bisogna almeno pensare ».
’Tullio Vinay
6
19 gennaio 1979
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
Oratorio
Nel corso di una assemblea dì
chiesa sul problema dell’educazione in vista della fede qualcuno ha formulato questa critica:
La chiesa non fa niente per i
giovani, per i ragazzi, li si lascia
soli e poi ci si scandalizza che
abbandonino la chiesa; la parrocchia cattolica è molto più
avanti di noi su questo punto, i
ragazzi sono seguiti, non vanno
solo al catechismo ma hanno dei
locali dove trovarsi, un oratorio
per giocare, hanno dei gruppi di
scouts, delle recite ecc.; da noi
non c’è niente.
Su questo problema si è accesa subito una discussione vivace di cui vorrei rilevare alcuni
punti. L’oratorio noi non l’abbiamo mentre i cattolici sì; questo significa: noi siamo stati passivi mentre loro hanno trovato
una soluzione, hanno saputo cioè
dare una risposta ad una esigenza che è reale.
Questo però non è accaduto
per caso ma è frutto di una scelta precisa, di un orientamento
generale: « nella parrocchia cattolica c’è un giovane sacerdote
che si occupa solo dei ragazzi,
mentre da noi non si fa niente ».
« Che non si faccia niente non
è vero — ha replicato qualcuno
— ci sono molte iniziative anche
da noi, poco pubblicizzate, poco
conosciute, poco sfruttate, basterebbe partecipare alla vita
della comunità per scoprirle ».
Qui sta il fatto: le nostre non
sono proposte di oratorio e nemmeno di oratorio evangelico. E
non perché abbia una qualche
prevenzione contro il lavoro fatto negli oratori cattolici ( molto
dipende da chi lo fa, anche don
Milani lo faceva!) ma perché
credo sia diversa la scelta pedagogica di base.
Un oratorio risponde ad esigenze di massa, alla necessità di
creare e mantenere un ambiente,
un contesto, una socialità cattolica, è un grande campo in cui si
vive e si scorazza all’ombra della chiesa. Noi abbiamo sviluppato in modo prioritario la formazione biblica e di carattere. Le
cose che proponiamo sono diverse, non dico « migliori », « superiori », solo « diverse », rispondono cioè alle esigenze ed alle premesse di una comunità riformata.
Non credo sia possibile perciò
realizzare un « oratorio evangelico », non so perché, ma non mi
suona possibile. E non è sentito
possibile neppure dai fratelli più
impegnati nel lavoro giovanile.
Non possiamo creare delle attività, delle soluzioni, degli spazi,
come si dice oggi, solo per mantenere, raccogliere, occupare, parcheggiare i nostri ragazzi. Noi
pretendiamo invece di dare loro
delle proposte di lavoro, delle
linee di lavoro su cui costruire
una riflessione.
Rifiutiamo di irreggimentare,
di inquadrare, di organizzare,
pretendiamo fornire delle proposte, dei materiali da elaborare.
Rifiutiamo l’oratorio perché vogliamo il « laboratorio ».
Vogliamo cioè che il luogo di
incontro di grandi e piccoli sia
un momento di crescita comune,
di riflessione, di maturazione, un
passo innanzi nella vita della fede non semplicemente una ricarica religiosa, un momento di
espressione nel recinto sacro.
« Non mi sento a mio agio »
confessa una sorella che lavora
con i nostri cadetti « lavoriamo
insieme, giochiamo, facciamo
cose simpatiche e carine ma credo che dovrei dare loro qualcosa
di più, dovrei comunicare qualcosa di sostanzioso e non solo intrattenerli ». Da buona riformata ha ragione, pretende comunicare delle proposte, dei materiali
e delle esperienze, dei dati che diventino vita, pensiero, azione
nella mente dei suoi ragazzi. E
questo perché lei non li vede solo come ragazzi di cui occuparsi
ma come futuri fratelli in fede.
La nostra comunità non può
avere un oratorio e nemmeno un
oratorio evangelico perché, nella
nostra idea, la comunità tutta
insieme deve essere un « laboratorio » di vita cristiana. E’ la comunità che poggia su presupposti diversi. Detto questo il problema però resta: cosa fare perché i nostri ragazzi partecipino
al « laboratorio » della fede cristiana. E qui l'assemblea è stata
muta.
Giorgio Tourn
PSICOTERAPIA E CURA D’ANIME
VILLASECCA
Il cambiamento dell'Individuo
Nell’intervista pubblicata sul numero scorso il doti. Micari ha delineato la funzione e gli obiettivi di un intervento
in campo psicologico nel quadro del lavoro dei consultori familiari in cui la legge prevede appunto anche la possibile
presenza di uno psicologo. Parlare di psicoterapia significa
per dei protestanti porre il problema del rapporto tra psicoterapia e cura d’anime. Ecco in proposito l’opinione dello
psicologo doti. Micari dal suo punto di vista.
Una psicoterapia aiuta la persona a risolvere i propri problemi e pone l’individuo come protagonista del proprio cambiamento.
Questo intervento non si pone,
quindi, come una guida morale.
L’obiettivo è quello di permettere al soggetto di vedere in modo nuovo la realtà, di capirne i
condizionamenti, di giungere alla consapevolezza delle proprie
reazioni o risposte.
In questo senso il ricupero cosciente delle esperienze, dei rapporti, delle risorse fisiche, psichiche, intellettuali, si esprime
come processo di crescita, che
ha per scopo e risultato finale
l’autonomia.
Si analizzano le situazioni in
cui si sviluppano i bisogni che
non trovano realizzazione perché le relazioni interpersonali
sono vissute come realtà minacciose.
La realtà esterna può essere
dura, pericolosa e blocca la libertà, oppure i bisogni si nascondono, si reprimono per apprendimento o per un processo
interno di censura, che nasce da
paura, senso di colpa, inferiorità del bambino, dell’adolescente,
dell’adulto rispetto all’ambiente
di vita.
Nel corso del lavoro terapeutico si cerca di collaborare con
le persone perché giungano a
gestire i loro bisogni, a chiedere ciò di cui hanno desiderio in
modo diretto, evitando l’adattamento passivo, la ribellione o le
aggressività.
Non esiste, perciò, un conflitto tra la psicoterapia e la guida
religiosa. Sono entrambe rivolte a rendere « libera » la persona; una persegue la strada del
« qui ed ora » in termini umani, l’altra attraverso il riferimento all’aldilà nel rapporto
uomo-Dio.
L’una è uno strumento umano di ricerca e di crescita e trova la sua forza nella consapevolezza come momento essenziale
di liberazione, di abbandono di
modelli negativi di vita; l’altra
è una guida che investe la fede
come atteggiamento individuale
e collettivo nella scelta e nella
impostazione dell’esistenza.
Entrambe hanno, a mio avviso, come quadro di sfondo i bisogni dell’uomo, le sue ansie, il
suo senso di inferiorità o la consapevolezza dei suoi limiti.
La ricerca di libertà in chiave
terapeutica è la percezione dell’altro come positivo, è la consapevolezza di ciò che si fa o si
dice, è l’aiuto ad esprimere tutto se stesso, a manifestare ciò
che si sente dentro o ciò che si
vuole, senza giocare sulla testa
dell’altro.
Quanto alla direzione, ed io
direi, alle implicazioni sociali,
con la terapia si viene incontro
a ciò che è auspicato da tutti come « partecipazione ».
Questa si ottiene favorendo i
momenti di aggregazione fra
l’individuo e i gruppi, attraverso momenti di riflessione, di studio, di ricerca, fornendo cioè a
tutti strumenti di conoscenza.
COMUNITÀ’ MONTANA VAL PELLICE
Educazione sanitaria neiie scuole
L’Assessorato ai Servizi Sociali della Comunità Montana
Val Penice, in accordo con gli
operatori scolastici locali, sta
realizzando un programma di
« tutela della salute » che prevede una serie di interventi di eduzione sanitaria da realizzare nelle scuole.
L’iniziativa, già di per sé interessante, assume un particolare significato per i « principiobiettivi » su cui si basa. La
« salute » infatti, non è vista dagli estensori del programma come semplice « assenza di malattia », ma è considerata una vita
« il più possibile migliore » che
si realizza attraverso la rimozione delle cause che incidono negativamente sulle condizioni di
vita. Di qui la necessità di operare sul piano della programmazione dell’assetto del territorio, della prevenzione primaria
(affrontando grossi problemi sociali come quello dell’abbandono, dell’isolamento, della sottocultura, dell’emarginazione ecc.),
della necessità di dare una risposta alle esigenze emergenti
nel quadro dei rischi territoriali
più frequenti tenendo conto del
rapporto costo/benefici.
Si tratta di un programma
molto serio ed impegnativo alla
cui realizzazione sono chiamati
a collaborare gli operatori della
scuola, gli organi collegiali e, sarebbe auspicabile in numero considerevole, i genitori.
Sono stati fissati degli incon
Proposte di ricerca
Signor Direttore,
Non conosco l’opuscoio di C.A. Tron
che Annaiisa Coucourde cita nei suo
articolo pubblicato il 5 corr. Avendo
tuttavia letto altre pubblicazioni similari, debbo convenire che lo stile
spesso ur po' troppo trionfalistico
non solo oggi non è più di moda, ma
può anche- non piacere. D'altra parte
penso che questo fosse lo stile comune un po' a tutti gli scrittori dell'epoca.
Detto questo, vorrei suggerire, per
un'eventuale » ricerca storica che parta dalla base o non dal vertice », alcuni aspetti visti da una prospettiva
un po' diversa di come ci vengono
presentati nell'articolo.
1) Nel secolo scorso, i ragazzi di
Massello, per chi non lo sapesse, passavano l'inverno nei ■> ciabot » della
Lausa per poter frequentare la Scuola
Latina a Pomaretto ed è facile immaginare a prezzo di quali sacrifici le
famiglie li facessero poi proseguire
gli studi al Collegio di Torre Pellice.
Considerando che la comunità di
Massello era una delle più povere
delle Valli, il tema della ricerca potrebbe essere formulato come segue:
Perché Massello ha dato alla chiesa
più Pastori ed Educatori di tante altre comunità di fondovalle assai più
ricche? Deve questo considerarsi un
demerito?
2) « La vita comunitaria era turbata da beghe e controversie sull'operato del Pastori », ma anche ed assai
più spesso da liti fra le famiglie per
le « beine ». Non dimentichiamo tuttavia che il campicello era Tunica
risorsa per sopravvivere. Oggi invece,
con la trasformazione della nostra eco
nomia da agricola ad industriale, possiamo anche permetterci di considerare banali i motivi di quelle liti: infatti, nella nostra società dello spreco,
disponiamo, non solo del necessario,
ma anche del superfluo (chi non ne
fosse cenvinto faccia un giro la domenica nei ristoranti): quando poi
anche il superfluo a nostra disposizione non ci soddisfa più, basta scioperare ed eccoci accontentati.
Riccrr-? pratica: Fare qualche mese
di « servizio civile » presso qualcuno
dei podi- montanari rimasti a coltivare i a bari » (strisce di terra sostenute da muretti).
3) I « Régents »: certo la loro
preparazione non era perfetta, ma
qua'o in'menso servizio hanno reso
alla chiesa ed alla società! Quando
nella vicina pianura l'ignoranza e l'analfabetismo regnavano sovrani, i
montanari delle nostre borgate sapevano almeno leggere e scrivere. Il
lavoro dei « Régents » era ricompensato ron un salario di poche lire e,
per sop'awivere, bisognava coltivare
anchi i' campicello e la vigna: spesso
dovevano camminare per ore nella
neve alla e su aspri sentieri. Siamo
ancora in grado di immaginare la loro
fatica noi che non facciamo più mezzo chilometro di strada senza la macchina?
-Ricerca: Qual è stato il contributo
dato alla chiesa ed alla società dai
« Régents ».
Questi ed altri aspetti meriterebbero
di essere considerati sia « per capire
e interpretare meglio l'epoca in cui
viviamo ”, sia per imparare a vivere.
Ringrazio per l'eventuale pubblicazione e saluto cordialmente.
Guido Baret, Pomaretto.
tri preliminari nei quali verranno discussi gli interventi programmati per il corrente anno
scolastico.
L’il corrente si è già svolto il
primo di questi incontri su
« Una proposta per l’educazione
sessuale nella scuola ». La Comunità Montana, incoraggiata a
prendere iniziative per la promozione dell’educazione sessuale nella scuola dal Comitato di
Partecipazione del Consultorio,
si pone l’obiettivo di mettere a
punto un modello di intervento
che tenga conto del maggior numero di variabili. È prevista la
costituzione di un gruppo di lavoro, la formulazione della metodologia da adottare, incontri
di informazione con le famiglie.
Le riunioni del gruppo di lavoro avranno cadenza mensile.
Il 18 corrente mese si svolgerà un secondo incontro su « Droga e abuso di farmaci ». Non è
il caso di spendere parole per
sottolineare quanto sia importante un’opera di prevenzione o,
almeno, di estesa informazione
su questo problema. Anche in
questo incontro è prevista la stesura di un programma di attuazione dell’iniziativa.
Sempre il 18 corrente mese,
si svolgerà un terzo incontro su
« Il ragazzo in Val Pellice », Questo intervento si propone la formulazione di una « Mappa dei
rischi più incidenti in età evolutiva » con lo scopo di individuare i campi in cui realizzare interventi prioritari per migliorare le condizioni di vita dei ragazzi. Anche nel corso di questo
incontro sarà definito il programma di attuazione.
Oltre a questa iniziativa l’Assessorato ai Servizi Sociali della Comunità Montana ha anche
organizzato un incontro di studio su « Interventi pedagogiciriabilitativi basati sulla musica
e sul ritmo » riservati a educatori, animatori e a tutte le persone interessate ai metodi didattici in generale nonché a quelli specifici per il ricupero degli
handicappati in particolare.
Interverrà il prof. Giordano
Bianchi, pedagogista e musicoterapeuta responsabile del Centro Educazione Musicale di Base
(C.E.M.B.) di Milano. L’orario è
fissato per sabato 27 gennaio alle ore 15 e domenica 28 gennaio
alle ore 9.30 e 15.
La quota di iscrizione è fissata in L. 1.000.
Maggiori informazioni possono essere richieste alla Comunità Montana - Torre Pellice.
• Domenica 28 gennaio vi sarà
l’assemblea di chiesa per la discussione e l’approvazione del
bilancio consuntivo 1978 e di
quello preventivo 1979. È da notare che per questa assemblea è
stato deciso di iniziare i lavori
alle ore 10 precise.
• Varie sono state le occasioni
di incontri comunitari durante
la settimana di Natale in cui abbiamo potuto sperimentare ancora una volta l’unità della nostra comunità sparsa sia sul territorio parrocchiale, sia su quello delle vallate: la Germanasca
e la Chisone.
Vogliamo qui esprimere il più
vivo e sentito apprezzamento e
ringraziamento di tutta la comunità verso tutti coloro che in
vari modi hanno collaborato nei
vari quartieri e a Villasecca per
la realizzazione dei diversi programmi.
In modo particolare siamo
grati ai giovani della filodrammatica i quali hanno dimostrato
ancora una volta tanto impegno
e buona volontà nel presentare
il loro nuovo lavoro tanto gradito anche nella replica avutasi ai
Chiotti domenica 7 corr. Attualmente sta già preparando il lavoro teatrale che sarà presentato in occasione delle celebrazioni del prossimo XVII febbraio.
• È stata veramente simpatica,
fraterna e ricca di riflessione la
visita fatta da parte della nostra
Corale all’Asilo di S. Germano.
Era il giorno della loro festa di
Natale e vedere quei vecchi volti, segnati a volte da rughe profonde ma che denunciavano comunque tutta la propria tarda
età, illuminarsi di gioia nel momento in cui veniva loro consegnato un pacchetto-dono è stato
per tutti commovente. L’esecuzione di alcuni pezzi di repertorio della nostra corale ha dato
ima « nota » gioiosa e decisamente positiva.
• Il Concistoro è grato all’Unione femminile per aver devoluto alla cassa della Chiesa l’intero incasso della fruttuosa lotteria « volante ».
ANGROGNA
Con una votazione lusinghiera,
l’assemblea di chiesa del 14 c.
m. ha nominato (presenti 43 elettori) due nuovi anziani nel Concistoro: Ernesto Malan del Vernè. Remo Gaydou delle Bruere,
ed ha riconfermato: Giovanni
Alberto Bertalot, Levi Buffa, Emilio Buffa, Pietro Gaydou, Alfredo Malan per un nuovo quinquennio. Ai membri dimissionari Lamy Bertin e Amato Benecb,
l’assemblea ha espresso la propria riconoscenza. Il culto di insediamento si terrà il 4 febbraio
al Tempio del Capoluogo. L’assemblea, dopo aver esaminato e
approvato il consuntivo ’78, ha
discusso l’organizzazione dell’incontro ecumenico, fissato per il
3 febbraio alle 20.30 presso la
Sala.
Un appuntamento interessante che, si spera, desterà la partecipazione e il contributo di
molti.
• Si sono svolti, martedì 16
c.m., i funerali di Monnet Giovanni (Jean) deceduto presso l’Ospedale Valdese di Torre Pellice
all’età di 75 anni.
Alla moglie, ai figli e ai parenti esprimiamo la nostra simpatia fondata sulla speranza che
nasce dalla risurrezione di Cristo.
Ricordo
di un amico:
Gianni Morel
Dovevamo incont’-arci molto presto
— come ogni anno — per stare insieme e rinnovare i nostri sentimenti
di amicizia e di solidarietà umana.
L’incontro non ci sarà più. Il suo
cuore — già da molti anni stanco —
ha detto: basta, lo desidero solo dire
un « grazie » a questo mio amico per
tutto il bene che mi ha fatto. Nella
sua modestia forse non ha realizzato
quanto egli mi ha dato. La nostra
amicizia ci ha aiutati a crescere interiormente e a farci intendere che lo
scopo vero della vita è la solidarietà e il rispetto verso il prossimo. Tutto il resto passa: l'amore rimane.
GIUSEPPE BELFORTE
7
19 gennaio 1979
CRONACA DELLE VALLI
3« CIRCUITO - VAL GERMANASCA
TORRE PELLICE Doni CIOV
Informazione e antimilitarismo
Un gruppo di studio e di iniorraazione su non violenza, antimilitarismo e diritti umani sarà costituito in Vai Germanasca
con lo scopo di promuovere nelle Chiese la presa di coscienza
di questi problemi.
Questa è stata la decisione delTAssemblea del III Circuito, riunita a Perrero il 14 gennaio, dopo una vivace discussione che
era stata introdotta da una relazione di Marie-France Coisson.
Altro argomento allo studio dell’Assemblea è stato quello della
informazione. Liliana Viglielmo,
della redazione dell’Eco-Luce, ha
parlato dell’importanza dell’informazione nelle Chiese, distinguendo tre settori; l’informazione orale, la funzione dell’EcoLuce anche in relazione all’uscita di un nuovo settimanale del
pinerolese, l’informazione attraverso radio e televisione, cioè le
prospettive che si aprono con
l’utilizzo delle emittenti locali e
con la prossima entrata in funzione della terza rete TV.
L’Assemblea ha per il momento preso atto di queste nuove
possibilità, mentre per l’EcoLuce si cercherà di mettere insieme un gruppo di collaboratori stabbi per programmare articoli e corrispondenze.
B. R.
Un errore
che dispiace
Caro Direttore,
recentemente è uscita una nuova traduzione dell’Evangelo di
Marco neila parlata occitana
della Val Germanasca, ad opera del Prof. Arturo Genre (La
bouno nouvello ségount Marc,
Ed. Soulestrelh). L’opera va
senz’altro salutata con soddisfazione; purtroppo, però, siamo
costretti a segnalare una confusione in cui l’autore è caduto
nella ■ prefazione (p. 7), e che
non vorremmo diventasse abitudine. Genre afferma infatti
che questa traduzione può costituire «in Val Germanasca e,
in misura diversa, anche in altre valli eccitane, un primo strumento di lavoro per i sacerdoti
delle due confessioni ». Quali
siano queste due confessioni non
è detto, presumiamo quindi che
si tratti della cattolica e della
valdese. Ora, per i valdesi si sa
che sacerdoti sono tutti i membri di Chiesa (I Pietro 2: 9);
Genre dunque avrebbe potuto
dire più semplicemente: «membri delle due confessioni», e ci
avrebbe trovati pienamente consenzienti.
Ma con il termine « sacerdoti», egli intendeva evidentemente riferirsi a preti e pastori, e
allora la confusione è inaccettabile, proprio per i motivi che
hanno ispirato la sua fatica. È
inutile infatti battersi per la difesa delle minoranze sul piano
linguistico, se poi invece sul piano teologico ci si conforma a
una terminologia del tutto estranea alla sensibilità e convinzione di una minoranza, che tra
l’altro proprio sulla questione
del sacerdozio alla sua origine
ha adottato una posizione che le
è valsa la scomunica e la repressione. Dato che, almeno nella
Chiesa Valdese, la lettura della
Bibbia e la predicazione non sono un’esclusiva dei pastori, sarebbe preferibile essere meno
clericali e auspicare che tutti i
membri delle due confessioni
nella nostra e in altre valli facciano uso di questa traduzione,
che può effettivamente diventare un utile strumento di lavoro.
Il Consiglio- dei 3° Circuito
RORA’
Lunedì 8 abbiamo accompagnato al cimitero Carlo Morel,
il barbiere delle Fucine. Egli è
deceduto all’ospedale di Torre
Peiiice dopo un breve periodo
di maiattia.
Ai familiari rinnoviamo la nostra simpatia cristiana.
• Ringraziamo i giovani (catecumeni e non) che hanno presieduto il culto domenica 14 e
che presenteranno le loro riflessioni su Luca IO; 3842 (Marta e
Maria) domenica 21. È un primo passo che va incoraggiato e
che ci pare sempre più necessario per superare il monologo
pastorale e dare al nostro culto
una dimensione un po’ più comunitaria.
• Ricordiamo a tutti l’assemblea di chiesa di domenica 28
gennaio sul tema: l’informazione nella chiesa. Affronteremo in
particolare il problema del nostro settimanale l’Eco delle Valli - La Luce per esaminare i suoi
contenuti, le sue possibilità di
maggior diffusione, l’esigenza di
più informazioni, ecc. Poiché la
metà delle famiglie ricevono
l’Eco delle Valli invitiamo tutti
a portare le loro idee, consigli e
riflessioni.
Hanno collaborato a questo
numero: Giuseppe Anziani Marco Ayassot - Dino Gardiol
- Agostino Garufi - P. Valdo
Panascia - Teofilo Pons - Paolo Ribet - Salvatore Ricciardi Giovanni Scuderi - Alfredo
Sonelli - Giorgio Tourn - Aldo
Varese. Aldo Rutigliano.
PERRERO-MANIGUA
MASSELLO
RODORETTO
• Sabato 6 gennaio abbiamo
avuto come ospite al catechismo
Vincenzo Ribet, membro del comitato italiano della Conferenza
Cristiana della Pace. Egli ha
esposto ai catecumeni i vari temi attorno a cui la Conferenza
lavora ed ha illustrato le proposte che essa fa ; per l’Italia, egli
ha detto, un obiettivo raggiungibile sarebbe quello di un trattato che impedisca l’impiego in
determinate nazioni europee di
bombe atomiche. Il dibattito che
ha fatto seguito ha toccato il tema dell’obiezione di coscienza
(secondo l’indicazione del Sinodo) ed ha portato all’impegno
per i ragazzi del IV anno di avere 4 o 5 riunioni sul tema della
pace ed a tenere un culto su questo tema.
• Venerdì 12 abbiamo avuto,
sempre a Perrero, il secondo incontro di studio biblico con la
comunità cattolica. Il tema era
quello della fede e delle opere
(Giacomo 2: 14-26). Il relatore
è stato il past. Bruno Rostagno :
la sua esposizione ha messo in
luce gli elementi di questo ricco
testo biblico. Úna buona discussióne ha concluso l’incontro.
Prossimi appuntamenti il 9 febbraio e il 9 marzo.
• Ricordiamo alle sorelle che
l’Unione Femminile avrà la sua
riunione venerdì 19 gennaio alle
ore 14,30. Prossime riunioni
quartierali ; venerdì 19, ore 19,30,
Baissa; lunedi, 22, ore 19,30, Bessé ; giovedì 25, ore 20,30, Perrero; venerdì 26, ore 19, Fontane.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
Domenica 21 gennaio, culto
con riflessione comunitaria sul
testo di I Timoteo 4: 10: « noi
fatichiamo e lottiamo perché
abbiamo posto la nostra speranza nell’Iddio vivente ».
Tutti sono invitati a intervenire.
• Le riunioni di questa settimana sono ancora presiedute
dal gruppo giovanile.
• Domenica prossima 21 la Società Enrico Arnaud inizia la sua
attività con una conferenza dibattito sul tema dell’informazione, partecipa il past. Platone
della redazione Eco-Luce. La serata inizia alle 20,45 nella sala
della Casa unionista.
• Esprimiamo la nostra fraterna simpatia alla famiglia del
fratello Morel Giovanni deceduto a Villar Pellice questa settimana.
• Domenica ha avuto luogo la
regolare assemblea di chiesa
per discutere ii problema dell’informazione, un utile scambio di
idee e di esperienze, nessuna decisione particolare è stata presa.
È stata invece accolta la proposta della.commissione culto di
avere una domenica (la terza di
ogni mese) per iniziare alcune
sperimentazioni in merito al rinnovamento del culto. La commissione suggerirà essa stessa o
accoglierà i suggerimenti dei
fratelli di volta in volta. Dopo
alcuni mesi di sperimentazione
l’Assemblea si pronuncerà.
• Il Gruppo Giovanile Evangelico di Torre Pellice organizza
SABATO 27 GENNAIO
ore 20.45
un Incontro seguito da dibattito
alla Casa Unionista a cui sono
invitati tutti i fratelli di chiesa
ed in particolar modo i giovani
sul tema ; « Per una Chiesa degli anni 80 », con una introduzione del Gruppo sulla situazione attuaie e le prospettive della
chiesa valdese di Torre Pellice
nei prossimi anni.
Doni Eco-Luce
SERVIZIO MEDICO
Comuni di ANGROGNA - TORRE
PELLICE - LUSERNA S. GIOVANNI
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Dal 20 al 26 gennaio
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Domenica 21 gennaio
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Giambarresi Gianni e Rosalba, Genova; Cavo Ernesto, Genova; Darbesio
Ar'noulet Vera, Genova; Biglione Eunice, Genova; Caruso Davide, Vasto;
Ghisi Evelina, Firenze; Costabel Eli,
Svizzera; Barberis Erma, Rosta; Paschetto Gino, S, Secondo; Baret Cesare, Inverso Pinasca; Vig'lielmo Liliana, Perrero; Dalmas Adelina, Luserna S, Giovanni; Rifugio Carlo Alberto,
Luserna S. Giovanni; Pons Luigi, Perrero; Griglio Livia, Perosa Argentina;
Vin5on Tron llda, Pomaretto; Negri
Elvio, Felónica Po; Roncagliene Carlo,
Pont Canavese; Dellavalle Amelia, Serravalle; Giardini Luciano, Torino; Salma
Arturo, Torino; Giaiero Valdo, Rivoli;
Giaiero Adriano, Inverso Pinasca; Ricca Alina, Torino: Berutti Alice, Torino;
Zebelloni Paolo, Collegno; Jarabitza
Bruno, Torino; Genre Aldo, Beinasco;
Giai Carlo, Pinerolo; Rivoira M„ Pinerolo; Fornerone Dino, Abbadia Alpina;
Griva Elsa, Abbadia Alpina; Roccione
Davide, Pinerolo; Rivoiro Adolfo, San
Secondo; Pons Remigio, S. Secondo;
Boggio Anna Maria, Torino; Buffa Saturnino, Torino; Martina Antonio, id.;
Ribet Aldo, id.; Bensa Eugenia, id.;
Maccarino Gioele, Collegno; Magnano
Mario, id.; Micol Tron Paolina, Perrero; Tourn Flora, Torre Pellice; Berger
Filippo, id.; Fam. Romano, Vercelli;
Bisi Valdo, Torino; Crespi Felice, id.;
Rostan Aldo, Pinasca; Bounous Maria,
Pomaretto; Ribet Sergio, id.; Cavazzani
Erica, Torre Pellice: Sivini Ada, Cosenza; Long Ernestina, PramoHo; Long
Oreste, id.; Long Dante, Nichelino;
Beux Emilio, PramoHo: Costabel Silvio,
VILLAR PEROSA
id.; Pons Tina, Perrero; Grill Bonjour
Attilia, Pinerolo; Grand Pietro, Luserna S. Giov.; Innocenti Sergio, Firenze; Ranieri Edmondo, Torino; Molinari
Giuseppe, Pisa; Matera Luigi, Rivoli;
Negri Norina, Felónica Po; Giampicco. li Lina, S. Giovanni di Bellagio; Malan
Rivoira Susanna, Angrogna; Quaglia
Sivana, Como; Zuffanti Elena, id.; Sappè Ermanno, Bobbio Pellice; Molinari
Alice, Genova; Tron Enrichetta, Massello; Sappè Jean Louis, Luserna S.
Giov.; Buffa Emilio, Angrogna; Tagliaferro Giuseppe, Torre Pellice; Comba
Rinolfi Lidia, Porto Maurizio; Zaino Enzo, Parma; Crivellini Laura, Ancona;
Rivoir Hilda, Luserna S. Giovanni;
Masse! Levi, Pomaretto; Vola Nesina,
Inverso Pinasca; Massel Carlo, Perrero; Genre Giulio, id.; Pascal Livio, id.;
Poet Maria Lina, Pomaretto; Geymonat Elena, Luserna S. Giov.; Pons Flora, id.; Bellora Alberto, id.; Ribet Anna, Torre Pellice; Ricciardi Roberto,
Torino; Grill Elio Luciano, Pinerolo.
ALTRI DONI
Rivoir Alma. Bergamo L. 10.000; N.
N. 5.720; Gandolfo Sergio, Torino 10
mila; Vetta Alessandro, Susa 7,000,
Sancassani Angelo, Inghilterra 1.450;
Vicentini Giulio, Napoli 3.500; Bertoni
Pietro, Bergamo 13,000; Genre Bertin
Hilda, Pinerolo 7.000; Sappè Emilio,
Francia 8.975; Pascal Aldo, Poma’^etto
1.500; Craveri Camilla, Torino 20.000;
N. N. 11.00; Durio Arnoldo, Ivrea
2.500; Godine Livio, Canadá 4.200; Castiglione Giuseppe, Bari 7.000; Masino
Luigi, Varese 7.000; Fritz Walter, Svizzera 10.000; Fuhrmann Augusta, Svizzera 15.000; Mussano Irma, Torino
13.000; Jalla Renata, Luserna S. G.
7.000; Paschetto Enrico, Torino 7.000;
Brosia Ines, S. Secondo 1.500.
In occasione di Natale abbiamo rivolto un messaggio evangelico agli operai dei tre turni del
locale stabilimento RIV-SKF ed
offerto loro un calendarietto,
dono della Chiesa. Viva gratitudine al pastore Giovanni Conte
per la sua apprezzata collaborazione.
I culti del tempo di Natale e
di Capodanno si sono svolti in un
clima di gioia e sono stati favoriti dal bel tempo che ha permesso a tutti, piccoli e grandi,
di partecipare alle varie manifestazioni. Un ringraziamento alla Corale per il contributo portato al culto di Natale. Il Concistoro ha pure deciso di devoh
vere una somma in favore di
alcuni argentini di cui cerca di
aver cura Amnesty International.
Per la festa di Natale della
Scuola Domenicale i ragazzi
hanno presentato l’annunzio di
salvezza e di speranza che scaturisce dalia venuta di Gesù
Cristo con un programma di
poesie, dialoghi e canti alternati alle musiche dei trombettieri,
agli inni deH’assemblea ed al
messaggio del pastore. Una parola di gratitudine ai trombettieri, alle monitrici ed a quanti
in un modo o nell’altro hanno
collaborato a quell’incontro comunitario.
Come per il passato alcune
sorelle dell’Unione Femminile
hanno visitato le persone anziane od ammalate della chiesa
nonché coloro che sono ricoverati presso la Casa di Riposo
di S. Germano Chisone, portando loro una parola di augurio
ed un piccolo dono.
• Esprimiamo la nostra fraterna solidarietà nel dolore della
separazione ma anche nella speranza della risurrezione in ^sù
Cristo al marito ed ai familiari
di Elena Gardiol in Destefanis
nonché alla sorella Pellissero
Durand Evelina e famiglia, che
ultimamente sono stati provati
dal lutto per la dipartenza di
Pellissero Giovanni Battista.
• Durante il periodo natalizio
le nostre case hanno accolto la
famiglia Colombi della Chiesa
Metodista di Parma, la famiglia
Canobbio, un gruppo di giovani
della Chiesa dei Fratelli di Reggio Emilia ed una diecina di giovani di una comunità evangelica di Stoccarda, guidati dal sig.
Martin Armingeon: a tutti un
fraterno arrivederci.
PER RIFUGIO RE CARLO ALBERTO
L. 5.000: Kovacs Antonio in mem, di
Suor Susanna CoTsson (Torre Pellice).
L. 50.000: Figinì Alessandro in mem.
!ng. Guibransen (Milano); Roesgen
Marcel in mem. Md. Rita Roesgen-Gardiol (Ginevra); coniugi Plttavino-Malan (Torino); Anonimo (Villar Pellice).
L. 64.000: Coro Alpino Val Pellice
e Comunità Svizzera del Pastore Vogà.
Litri 25 di vino: Cecilia ed Ernesto
Godino (S. Secondo);
PER ASILO DI SAN GERMANO
L. 5.000: Bassetto Mario in mem.
del caro papà Bassetto Secondo (Vicenza); Bouchard Sappei Emma in occasione battesimo Pons Alessandro (San
Germano).
L. 10.000: Amalia Balmas ved. Peyla ricordando Nini Rossotto ; Balmas
Eugenia un fiore per la sorella Celina
ved. Rossi. A.C. en souvenir de la chère
M.lle Eveline Gay.
L. 15.000: i condomini di via Mondoni 2 in mem. di Peyronel Davide .
L. 20.000: llda Meynier ved. Long un fiore per la cara Nini ; un’amica, ricordando Paolina Bert.
L. 25.000: un'amica, ricordando la
cara Nini Rossotto.
L. 29.000: i condomini dei condominio Risagliardo in mem. di Nini Rossotto.
L. 50.000; Amalia Balmas ved. Peyla,
ricordando il caro marito.
L. 100.000: la famiglia ricordando
Paolina Bert.
PER L'OSPEDALE DI POMARETTO
L. 10.000: Costoli Battistina e Giorgio (Perrero); Lavaimo Viola (Villar
Perosa).
L. 20.000: Fontana Angelo (Perosa
Argentina); Tesi Sergio ( Roletto-Pinerolo).
L. 25.000: Bleynat Oreste e Signora
(S. G. Chisone).
L. 30.000: Bessone-Garzello (Pinerolo; Ciglia Costantine {Dubbione-Pinasca).
L. 50.000: Destefanis Maria (OrbaSsano); Pugliese Bruno (Perosa Argentina).
PER ISTITUTI OSPITALIERI VALDESI
L. 100.000: Servellaz Delia (Savona).
PER L'OSPEDALE DI TORRE PELLICE
L. 5.000: Pons Federico (Angrogna);
L. 200.000: fam. Valle in mem. di
Silvia Valle Ramello.
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pasti (Oli) 760.557.
RINGRAZIAMENTO
I familiari del compianto
Carlo Morel
riconoscenti, ringraziano di cuore i vicini di casa Rivoira e Martina, il personale, i medici dell’ospedale di Torre
Pellice, il pastore Genre e quanti si
sono adoperati nella dolorosa circostanza.
Rorà, 8 gennaio 1979
« Beati i morti che muoiono nel
Signore. Si riposano delle loro
fatiche e le loro opere li seguono »
(Ap. 14; 13)
Ha terminato la sua giornata terrena la nostra sorella
Arcangelo Ferrara
diaconessa Valdese
Ne danno l’annuncio il fratello e i
parenti tutti. I funerali hanno avuto
luogo in Orsara di Puglia il giorno
11 gennaio 1979 .
La famiglia ringrazia quanti hanno
preso parte al suo dolore, i pastori
Ricciardi, Lupi, Varese. Ringrazia il
moderatore Sbaffi, i pastori Nisbet e
Davite.
« L’Eterno è il mio Pastore, nulla mi mancherà » (Salmo 23)
Ha risposto alla chiamata del Padre Celeste la signorina
Giovanna Elisa Olivieri
Addolorati per la separazione, ma
fidando nelle promesse divine, lo annunziano il fratello Oscar con la moglie Irma Notarbartolo, la sorella Clara con il marito Mameli Arrigoni, il
cognato Mario Scherillo, i nipoti Fausto e Roberto Arrigoni, Paolo Olivieri
con le rispettive famiglie ed i parenti
tutti.
Napoli, 6 gennaio 1979
8
8
19 gennaio 1979
UOMO E SOCIETÀ’
"I primi tre minuti"
Uno scienziato descrive come è nato l’universo - Manca però il primo centesimo di secondo...
Il Vietnam e il diritto
all’autodeterminazione
La recente « ispezione » su Venere di alcune sonde spaziali
americane e sovietiche ha posto
agli scienziati ed all’uomo in
genere il rinnovato interrogativo
suH’origine del nostro sistema
solare, ed in senso più lato, su
quella dello stesso universo.
L’affascinante problema della
Genesi interessa l’uomo da secoli ed ovviamente anche le Chiese si interessano alla questione.
Coi più recenti e, in taluni casi, straordinari progressi della
ricerca scientifica, è fuor di dubbio che oggi si possa dare una
serie di risposte maggiormente
precise, anche se non è possibile arrivare aH’attimo iniziale
della Creazione.
Steven Weinberg, professore
di fisica presso l’università statunitense di Harvard, specialista
nel campo delle particelle elementari e della cosmologia (la
scienza delle leggi del mondo
fisico) ha voluto descrivere nel
suo libro dal titolo « I primi tre
minuti » (ed. Mondadori) i primi istanti dell’origine deH’universo. Anche se si tratta di uno
scritto di non molto facile lettura per via delle numerose formule e calcoli matematici, esso è
allo stesso tempo im’opera di
volgarizzazione scientifica, sia pure ad alto livello.
La nuova concezione della primissima fase dell’evoluzione dell’universo si basa essenzialmente sulla scoperta — avvenuta
nel 1965 — del fondo sonoro di
radiazione cosmica a microonde, per la quale i due radioastronomi Penzias e Wilson hanno
ora avuto il premio Nobel.
Da tempo vi sono due teorie
contrastanti sull’origine dell’uni
Dialogo ocooieoico
(segue da pag. 3)
ri iniziative per la settimana di
preghiera, quest’anno la parrocchia di S. Lazzaro — a seguito
dei contatti realizzati tramite il
« collettivo biblico » sorto anni
fa per iniziativa di S. Lazzaro e
di Agape — ha proposto alla
Chiesa valdese due incontri biblici in sede valdese e cattolica
e xmo scambio di pulpito domenicale. La Chiesa valdese ha accettato la prima proposta volentieri declinando invece la seconda che non si sente di accettare: un valdese predicherebbe
in tal caso nel quadro della messa che rimane inaccettabile e
anche la predicazione di un prete cattolico nel culto valdese sarebbe un fatto che rischierebbe
di essere frainteso dalla comunità.
Come si vede da questi esempi — limitati ma indicativi —
esistono situazioni e posizioni
molto diverse. Mi sembra tuttavia che si possano rilevare tre
elementi che ricorrono frequraitemente.
1. Da parte cattolica spesso
si punta essenzialmente su un
dialogo centrato sulla ricorrenza annueile.
2. Da parte evangelica sono
in atto in modi diversi tentativi per uscire dal quEidro legato
al calendario e spesso alla forma liturgica che però non sembrano approdare a risultati concreti.
3. Non si può dire tuttavia
che ciò significhi che la spinta
più ecumenica venga da parte evangelica: vi è infatti da parte
evangelica in diverse situazioni
un conflitto tra una volontà di
dialogo sulla base di ciò che unisce e l’esigenza di non rinunciare
a esprimere con chiarezza ciò
che ci separa.
La combinazione di questi tre
elementi pone un interrogativo
sulla settimana di preghiera per
l’unità che in diverse situazioni
non trova risposta soddisfacente. Per riprendere il tema della
tavola rotonda di Venezia, se è
vero che il dialogo trasforma
l’opposizione in confronto e forse in alcuni casi progressivamente unisce, complessivamente esso
non sembra per ora in grado di
uscire da una posizione di stallo.
Franco Giampiccoli
verso: una, nota col nome di
«steady state» (stato stazionario) enuncia che l’universo è
sempre stato, press’a poco, quale
lo vediamo oggi. In questa teoria il problema della creazione
viene abolito: non vi è mai stata una origine dell’universo; nuova materia si viene continuamente a creare per riempire i vuoti
che si aprono fra le galassie (immensi raggruppamenti di stalle
fra loro legate dalle leggi di gravitazione).
La seconda teoria, detta del
« big bang » ( grande esplosione) o anche «modello standard»
in quanto è la più diffusamente
accettata, afferma che in principio vi fu una esplosione che si
verificò simultaneamente ovunque, riempiendo tutto lo spazio, e
nella quale ogni particella di
materia cominciò ad allontanarsi rapidamente da ogni altra
particella.
Le più recenti scoperte — cui
si accennava prima — vengono
a rafforzare la tesi del « big
bang ». Ogni galassia si sta allontanando da ogni altra galassia con una velocità relativa proporzionale alla reciproca distanza. Esse non si stanno allontanando fra loro a causa di qualche forza misteriosa che le sospinga — precisa l’autore — così come il sasso che s’innalza
non è certo respinto dalla terra.
Le galassie si stanno allontanando perché hanno ricevuto l’impulso iniziale da una esplosione
avvenuta in passato.
Ma quando è avvenuta questa
esplosione? Quando sono iniziati
« i primi tre minuti » dell’imiverso? Secondo Weinberg, fra i 10
e 20 miliardi di anni fa. Egli però « confessa » di non sapere,
di non poter comprendere che
cosa è avvenuto « nel primo centesimo di secondo». Dopo quel
centesimo la temperatura era
già scesa a cento miliardi di gradi. Trascorsi tre minuti e tre
quarti la temperatura era a 900
milioni di gradi e si iniziava la
sintesi dei nuclei atomici. L’universo ha poi continuato ad espandersi ed a raffreddarsi per
altri 700 mila anni; ha iniziato
a rendersi trasparente alla radiazione, si sono liberati i fotoni,
o particelle luminose (« la luce
fu...»). Dovranno poi passare
ancora 10 miliardi di anni circa
perché, come dice l’autore, « al
cuni esseri viventi inizino a ricostruire questa storia ».
La descrizione « a fotogrammi»
dei primi istanti delTuniverso è
accattivante: pur nel loro rigore
scientifico le immagini sono incredibili: corpi che si muovono a
velocità allucinanti, temperature
e pressioni al di sopra di qualunque immaginazione, inconcepibili distorsioni e dilatazioni
nello spazio e nel tempo, ed infine la previsione di un universo che, terminata la ancora attuale fase di espansione, col passar dei millenni tenderà a contrarsi nuovamente su se stesso...
Certo, le notizie e le descrizioni sono rigorosamente basate
sulle attuali conoscenze, ed infatti lo stesso Weinberg ammette che nuove acquisizioni scientifiche potrebbero modificare il
quadro da lui fatto. Rimane comunque sempre presente ed insondabile il mistero di quel « primo centesimo di secondo ».
Roberto Peyrot
(segue da pag. 1)
danza degli Stati Uniti per il fatto che gli USA stessi lo hanno
contraddetto nel ruolo che hanno via via assunto di gendarmi
planetari? Rimetteremo forse in
questione il rifiuto inderogabile
deH’antisemitismo per il fatto
che Israele è responsabile della
situazione di oppressione dei palestinesi? È chiaro che questo
equivarrebbe ad impegnarsi in
una lotta non per adeguare ciò
che è iniquo alla giustizia, ma
per sommergere quanto di vivido e di vero appare nella storia
nel mare melmoso del conformismo. Lasciamo volentieri ad
altri questa lotta.
Un principio
irrinunciabile
Ma detto questo, sono convinto che non possiamo tacere l’intollerabile contraddizione che si
manifesta oggi nell’azione del
Vietnam. Neppure l’agàpe deve
impedircelo perché una carità
senza verità rischia di non essere più agàpe. E la verità è che
non possiamo rinunciare al prin
Fondo di solidarietà
Pubblichiamo qui sotto un
nuovo elenco delle sottoscrizioni pervenuteci, mentre ricordiamo ai donatori le attuali destinazioni del Pondo.
Innanzi tutto è aperta permanentemente la sottoscrizione a
favore della campagna di Lotta
al razzismo del Consiglio ecumenico delle Chiese.
In secondo luogo è in corso la
raccolta di fondi a favore dei
rifugiati a causa dei noti drammatici eventi bellici in Libano.
Attualmente in cassa vi è una
disponibilità di ca. 450' mila lire
ed ovviamente attendiamo di poter raggiungere una cifra che
valga la pena di essere inviata.
Infine il Pondo ha aderito all’appello a favore dei disastrati
delle recenti alluvioni avvenute
nel Vietnam del sud. Purtroppo
queste alluvioni hanno assunto
quest’anno un carattere particolarmente grave in quanto non
hanno trovato le naturali difese
del terreno ancora sconvolto dai
terrificanti bombardamenti americani che hanno ridotto vaste
plaghe di territorio alla più desolata spoliazione. Al momento
disponiamo di L. 500 mila ca.
Ricordiamo che le offerte vanno inviate al conto corr. postale
n. 2/39878 intestato a Roberto
Peyrot, C. Moncalieri 70, Torino, possibilmente indicando la
causale del versamento ( razzismo, Libano, Vietnam).
Ed ecco l’elenco aggiornato:
P. Corbo (due vers.) L. 10.000; N.N.
con simpatia (id.) 30.000; C. Craveri
(id) 100.000; G. Conte 10.000; G.K.
Comba 50.000; M. e E. Bein 37.500;
M. Buzzi 7.500;L. Antonini 10.000;
C. Tessoni 5.000; R. Passarelli Poet
30.000; A. Cianci 10.000; V. Viti Vinçon 5.000; N.N. per Vietnam 100.000:
G. Conti 10.000; L. Antonini 5.000;
N. N. Villar Pellice 5.000; J. Behle
Chadima 10:000; G. Pepe 5.000; M.
Mariani 50.000; P. e A. Longo 10.000;
Amici 30.000; G. Molinari 10.00; C.
Gilento 10.000; N. Greppi 20.000; A.
Patete 1.000; A. Jouve 10.000; L. Antonini 20.000.
Totale L. 601.000; prec. L. 428.079.
In cassa L. 1.029.079.
[
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
A colloquio con l'Ayatollah
Questo vecchio sacerdote
Khomeini, uno dei principali
capi religiosi del popolo iranico,
vive a Neauphie - le - Château non
lontano da Parigi, circondato da
collaboratori che lo tengono continuamente in comunicazione coi
rivoluzionari suoi compatrioti.
DaH’intervista da lui concessa,
giorni fa, al giornalista Paul
Balta di « Le Monde » (v. n. 10558
del 10.1.’79), riportiamo alcune
sue risposte interessanti.
D. « Lei ha dichiarato illegale il
governo di Sciapur Bakhtiar » (il
nuovo primo ministro nominato
dallo Scià, già esponente autorevole del Fronte nazionale ed ora
esipulso e rinnegato da questo).
« Perché? ».
R. « Per due ragioni. 1 ) Bakhtiar è stato designato dal regime
dello Scià. Tale regime era illegale già prima delle manifestazioni
popolari delle città di Tassna e
di Asciura, manifestazioni che
sono state un vero e proprio referendum e, come tali, hanno
confermato l’illegalità di quel regime. 2} Le due Assemblee, Parlamento e Senato, non hanno
alcuna base popolare, né il popolo ha eletto liberamente i deputati ai quali il Governo ha chiesto un voto di fiducia ».
D. « Nel caso in cui Bakhtiar
fallisse, Lei riterrebbe possibile
un colpo di Stato militare che rovesciasse lo Scià appoggiandosi
ai reparti scelti dell’ esercito:
aviazione, commandos, corpi di
polizia? ».
R. «Un tal colpo di Stato è
possibile. Sarebbe un’ultima sfida lanciata dal regime contro il
popolo: noi sapremo fronteggiarla, perché il popolo è deciso
a lottare fino all'instaurazione
d’un governo islamico. Ogni altro regime troverebbe il popolo
ostile ».
D. « Se voi vincerete, che proposte farete sul piano delle istituzioni? ».
R. « Noi incaricheremo un apposito comitato di procedere a
delle consultazioni, allo scopo di
formare un’assemblea. Il popolo
si è già pronunciato, esprimendo la propria volontà d’avere un
governo islamico. Ma se un referendum, sul piano giuridico, si
renderà necessario, noi non lo
rifiuteremo. Il comitato sarà
composto di credenti; fra di essi potranno esservi degli "ulema” (teologi e giuristi musulmani), magari anche soltanto
come semplici osservatori ».
D. « Lei appare essere il capo
incontrastato dell’ opposizione.
Lei ha anche detto di non voler
partecipare al potere. Come concepisce Lei un ’’governo islamico?” ».
R. « Noi proporremo un candidato alla presidenza della Repubblica. Egli dovrà essere eletto dal popolo, e , una volta elet
to, noi lo sosterremo. Le leggi
del governo islamico saranno le
leggi dell’ Islam ma, personalmente, io non sarò presidente
della Repubblica, né occuperò alcuna carica governativa: mi accontenterò, come per il passato,
di essere la guida della nazione ».
D. « Molti abitanti dell’ Iran,
particolarmente fra gl’ intellettuali, sono dei non-praticanti, o
addirittura dei non-credenti. Che
atteggiamento assumerà il Governo islamico verso di loro? ».
R. « Noi cercheremo d’indicare a queste persone la via della
salvezza; se essi non ci vorranno
seguire, saranno lasciati liberi
nella loro vita quotidiana, salvo
il caso che essi fomentino complotti nocivi al popolo e al paese » (...).
D. « Il petrolio pone problemi
difficili. Quale politica Lei prevede o suggerisce in questo campo? ».
R. « Noi lo venderemo, il petrolio, a colui che sarà disposto
a comprarcelo a giusto prezzo,
previo comune accordo. Il ricavato delle vendite sarà devoluto
al bene del paese ».
D. « Venderete petrolio a Israee al Sud-Africa? »
R. « No, perché quei paesi, come ho già avuto occasione di
spiegare, fanno una politica contraria al diritto e alla giustizia ».
Lasciamo ogni commento ai
nostri lettori.
cipio dell’autodeterminazione dei
popoli. Abbiamo gridato agli
americani per anni « giù le mani dal Vietnam », non possiamo
evitare ora di gridare ai vietnamiti « giù le mani dalla Cambogia », anche se si tratta di situazioni diverse e anche se fino a
ieri la Cambogia grondava sangue.
E questo non per un astratto
e freddo amore per la coerenza,
ma perché il principio dell’autodeterminazione dei popoli è davvero un principio irrinunciabile.
Rinunciarvi o anche solo metterlo tra parentesi per un caso
particolare significa perpetuare
una catena infinita di azioni e
reazioni e di violenze. In Indocina significa innescare un nuovo
processo di guerriglia, riattizzare un fuoco su cui soffieranno
tutte le potenze interessate. Metterlo tra parentesi anche solo
una volta significa non essere
più credibili quando si esige il
diritto alla autodeterminazione
per l’Iran, per la Rhodesia, per
l’Eritrea, per il Cile, per qualunque altro paese. Rinunciarvi
significa accettare di sostituirlo
con la logica dei blocchi.
E invece, se c’è una via per
opporsi a questa, logica che è la
logica deH’imperialismo, questa
è la bandiera dell’autodeterminazione dei popoli — che va insieme a quella , dell’autoresponsabilità maggiorènne degli indidui — che è rifiuto intransigente della pretesa dei potenti di
tutelare i popoli e gli individui,
coprendo magari il loro sfruttamento col « loro bene ».
Non condanna
ma appello
È questo ciò che i vietnamiti
contraddicono oggi e il nostro
compito è predicarglielo. Uso
questa parola perché il riferimento alla parabola del servo
spietato ha da essere non condanna ma predicazione. Quando
Gesù la metteva davanti alla
gente del suo tempo e alle loro
contraddizioni, lo faceva non
per descrivere una situazione immobile e definitiva, un giudizio
finale, ma per rivolgere un avvertimento, un appello al ravvedimento.
Al tempo della liberazione i
vietnamiti hanno saputo darci la
predicazione straordinaria di una
remissione del debito di tanti e
tanti dei loro oppressori. La speranza che vorrei esprimere è
che ora ascoltino l'appello di
migliaia e centinaia di migliaia
di uomini e donne che sono stati con loro nel tempo della loro
lotta di liberazione, l’appello a
non distruggere del tutto il bene inestimabile che hanno donato alla nostra generazione, e che
anche a costo di grandi sacrifici
(non dissimili da quelli affrontati durante la guerra per affermare la loro indipendenza), rimedino per quanto è possibile
alla situazione che hanno determinato lasciando al più presto
la Cambogia e lasciandola senza
vincoli di vassallaggio.
Franco Giampiccoli
Comitato di Redazione : Sergio
Aquìlante, Dino Ciesch, Marco Davlte, Niso De Michelis, Giuliana
Gandolfo Pascal, Marcella Gay,
Ermanno Genre, Giuseppe Platone,
Ornella SbafFi, Liliana Viglielmo.
Direttore: FRANCO GIAMPICCOLI
Dirett. Responsabile: GINO CONTE
Redazione e AmminUtrazione : Via
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cial'I L. 120 - mortuari 220 - doni 80
- ecornomlci 150 per parola.
Fondo di solidarietà: c.c.p. 2/39878
intestato a : Roberto Peyrot - Corto
Moncalieri, 70 - 10133 Torino.
R-eg. Tribunale di Pinerolo N. 175,
8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)