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Anno XI — N. 8. Ili SEBIE 30 Aprili; 1862
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE
-naaaABXAAa/^
Audate per tutto il moudo e predicate TEvangt^k*
(la Baona Novella) ad ogni creatura.
Matteo xvi, 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE ? LK ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per il Regno [franco a doatinazlone].... £. 3 00
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25
Perì'Inghilterra, id................... „ 5 50
Per la Germania id.................. „ 5 50
Non 8) ricevono aaaociazloni per meuo di
In Fibksze, da Leopoldo Pinelli, via Tomabuoni
al Deposito di libri religiosi.
In Livorno, via Sun Francesco, idem.
In Toriso, via Principe Tommaso dietro ilTempio Valdese.
Nelle Peovincib, per mezzo di franco-bolli postali, che dovranno essere Inviati franco iii Fi
un anno. ^ renze, via Tomabuoni al Deposito libri religiosi.
All'estero, a’seguenti indirizzi: Parigi, dallà libreria C. Meymeis, rue Kivoli;
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra, dal signor (J. F. Muller,
General Merchant, 26, Leadenhall street. E. C.
SOMMAEIO
11 ricco eJ H povero rignnlo alla «tlTazIone. — DoellIngCT ed li Papa. — Una lettriM della ItUbia. —
I nemici d’Italia. — Le opere di Laforce. — C'ro?Kiea; Parigi, Tolosa, Londra, Toscana.
IL lUCCO E IL POVERO
RIGUARDO ALLA SALVAZIONE
Leggete, ilarco x, 23-27.
Le parole del divino Maestro sono della iiiiì grande importanza,
ed esigono, come tutte le altre, ima seria meditazione, con spirito di
preghiera, onde non si cada in falsa interpretazione.
Piiì di un ricco, non potendo naturalmente rassegnarsi aU’affliggente impossibilità che sembra racchiuisa in queste parole: “ Egli è
più agevole che un camello passi per la cruna di un ago, che non
che un ricco entri nel regno di Dio;” avrà cercato di non torturare
la sua mente, onde persuadersi che il Salvatore non si è servito di
ijucU’cseiupio, die per semplice maniera di dire. E d’altra parte,
molli poveri, vedendo che la salvazione era quasi assolutamente
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negata ai ricchi, ne avranno conckiso, ch’eglino eran salvi per il solo
fatto della loro jxivertà.
Nondimeno i discepoli non sembra che avessero questa opinione
sulla salvazione dei poveri, imperocché furono maravigliati, e dissero “ Chi dunque può esser salvato? ” cioè a dire ; se i ricchi
che hanno a loro disposizione tanti mezzi d’istruirsi per giungere
alla salvazione, che sono stati, come si dice, sì bene educati, che
non hanno avuto che buoni esempi sotto i loro occhi, che hanno
sempre vissuto con persone onorate, se costoro non sanno giungere
al regno di Dio, chi dunque lo saprà? *
Gesù risponde “ Appo gli uomini è impossibile, ma non appo
Dio: perciocché ogni cosa è possibile appo Dio. ” Sì, tutto è possibile a questo Dio di misericordia, “ che ha tanto amato il mondo,
eh!Egli iva dato il suo unigenito figliuolo, acciocché chiunque crede
in lui non perisca, ma ahhia vita eterna. (Giov. iii, 16). Crediamo
che è l’opera della salvazione sulla croce, e quella dello Spirito Santo
nei cuori, che il nostro divin Salvatore contemplava, quando disse:
“ a Dio tutto è possibile: ” che la similitudine del camello può riferirsi, date alcune gradazioni, alla impossibilità nella quale si trova
l’uomo, di entrare da se stesso nel regno di Dio, e che questa impossibilità è solamente più grande per un ricco. E invero, supponghiamo
che un uomo giungesse alla completa osservanza della legge, che la
sua salvazione si operasse senza, che vi fosse bisogno di un Salvatore;
crediam noi che un ricco di questo mondo sarebbe anche più difficilmente in questo caso? -Quante tentazioni! quante occasioni di
peccato! quante adulazioni! quanti falsi amici! E invero, quando a
tutto questo si unisce un’incapacità naturale di salvarsi da se stesso,
quando tutto questo non serve ad altro che ad allontanarsi da Cristo,
si può benissimo fare il confronto del camello, o secondo altri traduttori, del canapo, che non può passare per la cruna d’un ago.
Ma se qualche disgraziato ricco è come un canapo avanti quel
piccol foro, non bisogna che il povero creda essere il filo di seta che
vi passerà. Il nostro Signore non lo dice, ed è pur troppo vero, che
se li uni sono canapi, li altri sono almeno grosse corde, che non
})asseranno più facilmente li uni che li altri, e che fra noi non è nessuno il quale non debba affrettarsi di attenersi a queste preziose parole: “ A Dio tìdto è possibile; ” le quali ci conducono all’immenso
beneficio della nostra redenzione per il sangue di Cristo ; beneficio
del quale non potremmo mai essere assai riconoscenti, quando anche
]iassassimo tutti i nostri giorni in ginocchio a render grazie a Dio.
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Ma per gcaleve di questo immenso beneficio, bisogna cominciare
dal sentirne il bisogno, ed è per questo che la similitudine del canapo, sventuratamente è applicabile per molti ricclii. In mezzo alla
farragine delli aifari e dei piaceri, trascinati da tutte le distrazioni
che conduce l’opulenza, ove avrebbero il tempo ed il desiderio di
occuparsi del loro stato di spiritual miseria, di sentire il bisogno che
hanno di un Salvatore? Vi vuole un miracolo della grazia di Dio
¡)er condurli alla ricerca del Salvatore che è loro necessario. Ma anche qui, tutto è possibile a Dio. I dispiaceri sono ben spesso mezzi
dei quali egli si serve pei attirare li uomini a lui, e vediamo come
questi sono comuni ai ricchi ed ai poveri, e che i primi hanno il
tristo privilegio di essere più dolorosamente afflitti.
Prestiamo seria attenzione al significato, che il Salvatore stesso
dà alla parola ricchi. Egli dice; “ che sono coloro che si confidano
nelle ricchezze, che è malagevol cosa che sieno salvati. Non vi è
dunque bisogno per trovarsi in questo caso di possedere una gran
fortuna; e in questo senso non è una somma qualunque determinata,
che fa difficilmente salvare il ricco. Quello che costituisce il ricco,
non è ciò che possiede, ma il modo con il quale possiede ; e se un
povero che non ha che un solo scudo, si affida in questa ricchezza
(poiché è ricco fino ad un certo grado) se vi mette il suo cuore, il
il suo affetto, se ne fa in qualche modo il suo idolo; è a lui che si
applica questa sentenza, più che al millionario, che non si confiderebbe nei suoi milioni. Ed invero nessuno pud servire a due padroni, e uno scudo che domina il nostro cuore, è il mammone quanto
innumerevoli ricchezze. Ma per staccarsi dall’uno come dall’altro,
la onnipotente grazia ci è ugualmente necessaria, o tutto al più a
difierenti gradi.
Possano i nostri lettori, ricchi o poveri che sieno, esser condotti
dallo spirito di Dio a distaccare i loro cuori dai beni, grandi o piccoli che posseggano, per cercare prima di tutto la sola cosa necessaria. E se Dio crede farli giungere a questo, dando loro delle afflizioni, ah! possano queste essere per loro istrumenti di salvazione.
DOELLINGER ED IL PAPA
(C!omsjK)iidenza dalla Svizzera Italiana)
Si sa che l'estate passata il celebre prof. Doellinger a Monaco, nelle sue
lezioni pubbliche sulla Storia ecclesiastica, si esternò sì sfavorevolmente sul
poter temporale del Papa, che il Nunzio apostolico se dc indignò tanto che
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abbandonava l’assemblea. Nell’occasione però che le società cattoliche tennero le loro sedute a Monaco, parve che il sig. Doellinger si fosse ritrattato ; almeno tutti i rapporti su quelle assemblee, in cui si andava tanto
encomiando l’unanimità deH’episcopato, nelle difese del potere temporale
della Santa Sede, lo asserivano. Ora nell’opera « Sulla Chiesa e la Chiesa,
sul Pontificato e lo Stato, » data recentemente alla luce daH’editore istorico
di Monaco, sembra resultare che questa ritrattazione non ebbe luogo, o almeno
quanto se ne dicea, si basi su un malinteso. Approfondandosi più di quello
che non fece nelle lezioni, sulla questione del poter temporale del Papa,
mostra che la Chiesa sette secoli abbia esistito senza che il suo capo sia
stato nel possesso di veruna potenza politica. A poco a poco per singoli
patrimonii, o per donazioni dei re della Lombardia e dellà Francia, si formava un territorio della Chiesa, il quale però non si consolidava prima di
Carlo Magno, e solo sotto Innocenzo III si elevò al carattere di uno Stato;
imperciocché avanti questo tempo lo Stato della Chiesa non fu che un
feudo sottomesso alla supremazia degli imperatori Allemarmi. Queste indipendenze dello Stato della Chiesa, a cui pervenne mercè Innocenzo III,
non seppero mantenere sempre i suoi successori; e non fu prima del secolo XVI che fu del tutto garantito.
Questi fatti storici servono al sig. Doellinger a provare che il poter temporale non sia di necessità assoluta al capo della Cihesa, ma con ciò eglifè
assai lungi di negargli momentaneamente la sua supremazia spirituale. La
Chiesa ha bisogno di un capo ; senza tale non può sussistere. Questa necessità deduce il nostro autore meno dalla pretesa successione dei pontefici
romani da S. Pietro, che principalmente dalla missione della Chiesa in generale e dalla idea dell’organismo.
La chiesa che ha la missione provvidenziale di unir in Dio le diverse nazionalità e popoli della terra; ella stà perciò al di sopra delle nazionalità.
Ma onde compier cotal missione le convien assolutamente un primato, una
autorità suprema, in cui le singole parti si concentrino, imperciocché senza
capo che unisca le singole membra infra se stesse e mantengale in continuo
rapporto con lui medesimo, la Chiesa non potrebbe essere vivo organismo e
si discioglierebbe.
Anche noi Protestanti che siamo, andiamo pienamente d’accordo col
signor Doellinger in riguardo alla missione che in questo modo assegna
alla Chiosa ed in quanto alla necessità di aver quale organismo vivo un
capo solo intorno a chi sia questo capo non siamo del medesimo avviso. Se
il capo della Chiesa ha da essere colui che tenga unite le sue singole parti,
se a lui convien guardare che la Chiesa sia fedele nella sua missione di unir
e penetrar-le nazioni pei principi del cristianesimo, bisogna avanti tuttoché
questi principi in lui medesimi siano realizzati. Se questo non fosse, come
potrebbe il capo appo i membri goder quelle autorità in fede e vita che il
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suo posto assegnagli, come potrebbe in lui trovarsi la correzione di ogni
deviamento deirindividualisnio cristiano, dallo sviluppamento suo normale,
come iasomma la Chiesa mantenerla sua vita. Quanto richiegga la nozione
di capo della Chiesa che in lui l'idea del cristianesimo sia realizzata, di
ciò furono gli apologisti romani tanto convinti che attribuivano ai papi il
carattere deH'infallibilità. Ora a questi requisiti, assolutamente necessari
ad ua capo della Chiesa, corrisposero i Pontefici romani assai male ed il
più menomamente; l'infallibilità fu un mero nume a cui colui che lo portava credeva il meno, ed il propagamento dei grandi principi dell’Evangelo
per la diffusione delle Sacre Scritture, per cui solo l'individualismo cristiano in pensiero o vita può tenersi sulla diritta via, ben lungi di venir
promosso da lui, trovò anzi in lui il maggior ostacolo. Non maravigliamocene; se l’imparziale Storia non condannasse ancora tanto i Pontefici romani, un cuore evangelico non potrebbe giammai riguardare qual suo capo
un membro della Chiesa di Cristo, ancorché costui fosse un apostolo medesimo. La ragione ne è assai chiara; perchè in nissuno è l’idea del cristianesimo un’assoluta vita e verità, nissuno per conseguenza può adempiere la
missione di capo della Chiesa.
Ed è in questo sentimento anche, sì vero, come vero è l’Evangelo stesso,
che la Riforma trovò la sua origine. Essa ricusando all'uomo l’autorità sulla
coscienza, che non competegli in verun modo, proclamò altamente i diritti
del vero capo della Chiesa.
Se il sig. Doellinger vuole una supremazia nella Chiesa, un capo che la
diriga, che mantenga unite le sue singole parti, corregga ogni deviamento
dell’individualismo cristiano, andiamo del tutto d'accordo con lui, solo protestiamo altamente che non altri fuori di Gesù Cristo sia questo capo; imperciocché egli solo lo è per autorità divina, egli solo riunisce in sò tutte
le qualità che voglionsi a tener la Chiesa sulla via delle verità e della vita.
(Efes. V, 23, Att. r, 18).
Perchè i fedeli riconoscendo qual capo della Chiesa l’Uomo-Dio trovano
in lui il centro dell’uniche, malgrado tutte le particolarità individuali per
cui in punti secondarli differiscono, hanno in lui l'incarnata verità che è
tanto evidente ed in tal modo impone alla coscienza che in qualsiasi guisa
declini l’individualismo cristiano dal vero, per lui vien ricondotto alla via
della verità e del sano sviluppamento; ed approfondando la parola sua c
lasciandole estender vieppiù il divin suo dominio sulle anime, veggono qui
la garanzia che la Chiesa yien condotta in. ogni verità e che le porte dell'inferno non la vinceranno. Inftitti si vada a restituir a Cristo, al vero ed
unico capo della Chiesa, la libera signoria, denegatagli per tanti secoli da
Roma, si mettano i membri in immediata relazione col loro capo onde
ricever la divina parola del suo Evangelo, ed impareranno il mòdo dello
relazioni infra se medesimi, si lasci che la sua verità ed il suo spirito pe-
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netrino le nazioni, allora, solo sarà la Chiesa un vivo organismo, allora solo
si elevano le nazioni aU’adempimento della missione assegnata loro dalla
Provvidenza divina.
Ma fin a quando saranno per fini sinceri cattolici ingolfati nell’errore di
credere che senza Papa, senza il oosì detto capo visibile la Chiesa non mantenga più la sua unità nè la sua vita; fin a quando si accorda ad un uomo
una supremazia sulla Chiesa che giammai non può competergli; fin a
quando si attribuisce a lui una infallibilità, a che non può pervenire ?
Fin a quando vanno anime schiette e intelligenti da ritenere essere la
Chiesa evangelica senza capo, come se il Cristo non avesse data la promessa 6 mantenutala, che dove due o tre riuniti siano nel suo nome, di
esser nel mezzo di loro, come se questo sentimento della sua presenza invisibile e l'anima nella sua verità non ad evidenza dimostrasse il rapporto
intimo ha Cristo, il capo ed i fedeli, i suoi membri? E sarà egli vero che
anatema, scomuniche, persecuzioni siano i mezzi, onde combattere contro
Terrore, come se il regno di Cristo per armi della carne si fosse fondato e
non su quelle dello Spirito? Però questi sono errori madornali del cattolicismo romano; e che anche intelligenze chiare ne sono imbevute. Spiegarci
possiamo soltanto della circostanza che nel fondo del loro animo ha da essere un certo non so che di incredulità nel governo spirituale di Cristo e
nella potenza divina del suo Evangelo, la quale le induce a credere che la
religione onde realizzare i suoi piinci;pi nel mondo, abbisogni dell’appoggio
di qualche autorità umana. Giacché se questo non fosse, riconoscere avrebbero dovuto che fino ad ora in Cristo solo e nella verità eterna del suo
Evangelo e non in veruna potenza umana la Chiesa abbia avuto il suo appoggio, le quali forze spirituali dissipando da sè le tenebre dell’incredulità
e dcUa superstizione spiegate abbiano ognor massimamente la loro gloria
più libere furono e men inciampo loro diede tutto quanto procede dall’uomo.
Noi compiangiamo tali errori appo un uomo quale è il signor Doellinger
tanto che, cattolico come gli è, e nemico della Chiesa evangelica, in lui
abbiamo uno storico troppo giusto ed imparziale per non riconoscere i meriti del Protestantismo; e peinehe ha egli un sentimento dei vantaggi di
quella forma del cristianesimo iñ cui i fedeli e Cristo dall’intermedio di
nissuna autorità umana sono impediti nel loro immediato rapporto.
Si dice che la nazione tedesca fu nel pieno diritto di liberarsi dagli abusi
e scandali intrusisi nella Chiesa di Cristo; si dice che la lotta spirituale nel
seicento purificò l’atmosfera spirituale dell’Europa, mettendo lo spirito
umano su nuovi sentieri e producendovi ricca vita spirituale e scientifica ;
si loda la teologia protestante pell’infaticabile suo spirito di ricerche, con
cui va approfondandosi sempre di più nei misteri della religione, se le
sa grado della influenza benefica e vivificante che esercitò ognora sulla
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Chiesa cattolica, la quale, mancandole lo spirito riformatorio, incaglisi facilmente nella ruggine dell'abuso e di superstizioso meccanismo, si riguarda
Lutero qual maggior tedesco dei suoi tempi in cui gli spiriti più forti e
più energici trovarono appoggio, si attribuisce alla influenza del Protestantismo che i membri della Chiesa evangelica formano la parte più intelligente e più progredita della nazione tedesca; vediamo qui il linguaggio di
un avversario che ha assai pochi dei suoi simili e di cui imparar potrebbero
molto coloro la cui polemica contro il Protestantismo non consiste il più
delle volte che in invettive, calunnie, e denigrazioni.
. B. g.
UNA LETTRICE DELLA BIBBIA
Il vescovo di 'Winchester, in una riunione della Società Biblica Britannica, tenutasi, ultimamente, narrò che il pastore di un piccolo villaggio vicino ad Osborne, visitando i suoi malati, si portò nella casa di una delle
sue parrocchiane, che era attaccata da tise : entrando in camera vide accanto al letto della ammalata una signora abbrunata, che leggeva la Bibbia:
avvicinatosi al letto della sofferente, la signora si alzò, e partì: il curato
riconobbe che era la regina d’Inghilterra. — E qual fede non debbe aversi
nel proprio Salvatore, quando dal trono si scendo al letto di una povera
malata per leggerle la Parola di Colui che è: « La via, la verità, la vita?
I NExMICI D’ITALIA
Nel giudizio contro Melchiorre Peccenini, tenuto avanti l’assise di Lucca,
il meritissimo avvocato Ceccarelli disse, che i nemici d’Italia erano li Evangelici. Il generai Garibaldi, che vai più del Ceccarelli, nell’adunanza che
ebbe luogo a Parma annunziò quali erano i nemici d’Italia: rivolgendosi
alle signore di quella illustre città, dette loro questa raccomandazione. « Non
« si lasciassero abbindolare dai preti i quali sono i ■principali nostri nemici,
« perchè collegati coll'Austria e coi hriganti. Disse loro di respingere i
i pregiudizi e le superstizioni che i preti cercano di diffondere nel popolo,
« e sopratutto nelle donne, allo scopo di creare ostacoli al conseguivienio
« della indipendenza ed unità d’Italia. I preti, contiimò, furono sempre la
<t cagione precipua per cui l'Italia non ha potuto in tanti secoli costitxiirsi
« a nazione. Guardatevi, adunque o donue, dalle loro insidie, dalle loro
« male arti. — Le circolari del vescovo di Bologna, confermano il detto
« di Garibaldi, e smenti.scono il Ceccarelli. »
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LE OPERE DI LAFORCE
(Dordogna in Francia)
È quoato il tìtolo dato alle cure o soUeoitudini chc si sono presta!« ad
esseri cho quasi tutti arevano abbandonati, c cho non si erodevano meritevoli di cura maggiorej oltre quella che suol darsi, a ehi, per arcane vedute della Provvidenza, non ha che una vita, per quanto è dato a noi conoHcere, solamente vegetativa.
Narra l’evangelista Matteo, che Gesiì vista una gran moltitudine di
infermi, fu mosso a compassione inverso loro, e li sanò: ” Matt. xtv, 14. Il
cristiano, che vede una gran moltitudine d'infermi, è mosso a compassione,
ma ò nella assoluta impossibilità di sanarli: ma se non può sanarli, può
però far sì cbe la loro vita, sia meno trista e dolorosa. Animato da questo
pensiero, il sig. Giovanni Bost pastore evangelico a Laforce in Francia ha
fondato tre istituti, i quali provvedono nel miglior modo possibile a curare,
custodire, e mantenere, esseri nella maggior parte rigettati e non ammessi
nelli istituti di beneficenza che esistono in Francia e altrove.
Questi tre istituti hanno il nome di Famiglia Evangelica, Betesda, e Siloe.
I giornali francesi hanno fatto conoscere questi istituti: crediamo fare cosa
grata ai nostri lettori facendoli pur coriofecere loro: sono e^si una consolante prova, deH’effctto che produce nel cristiano, ìl Vangelo, quando non
solo si logge e medita, ma quando anche si pone nella pratica applicazione.
Jja famiglia lìvangelica è destinata a ricevere :
1“ Bambine orfane, le quali per la loro età, o per altre circostanze sono
escluse dalli stabilimenti già esistenti;
2“ Bambine, o giovanetto lo quali per le loro relazioni sono esposte ad
essere trascinate nel vizio;
3*’ Le figlio dei protestanti disseminati.
Lo scopo della famiglia Evangelica è di formare delle donne da casa,
quindi entrata nello stabilimento, la bambina o ragazza compatibilment<3
alla sua età, deve divenire serva di se stessa, e della direttrice.
L’istruzione si limita, in generale, alla così detta istruzione primaria,
quindi, lettura, scritto, aritmetica, im poco di geografia, storia sacra, canto
religioso; però, se alcuna mostra attitudine a maggiori cognizioni, e a divenire istiturico, ha speciali lezioni, e già varie istitutrici sono uscite dallo
stabilimento.
Il lavoro comprende tutto quello che è necessario che sappiano donne
da casa, e cameriere, o guarda bambini: così sanno tagliare e cucire, vestiti
da bambini, da donne; raccomodare.
Il servitilo dello stabilimento ò tutto fatto dalle alunne: ogni giorno, due,
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una grande ed una piccola, preparano il desinare delle bambine, due nltrc
quello delle direttrici; fanno il pane; lavano, stirano tutto, e anche per fuori:
custodiscono le vacche, i maiali, le galline: annaffiano Torto: guidate dalla
direttrice, comprano tutto quello che è necesaario por la casa e famiglia:
custodiscono i malati. La vita attiva, il nutrimento sano e regolato, la pulizia, l'aria libera, tutto contribuisce a renderle sane e forti.
Ogni bambina paga l'intiera retta in £. 250 Tanno: alcune pagano
mezia retta.
Nel 1858 la famiglia Evangelica ebbo un incasso di £. 20,558, 51, e
una spesa di £. 24,786, 86, e nel 1859, di £. 2B,511, e nna spesa di
£. 2G.284, 78.
ASILO. DI BETESDA
Betesda, nome ebraico e significa, Casa di misericordia: ben a propo
sito si è scelto questo nome per Ta.silo destinato a ricevere, orfane, o barn
bini, e ragazze.
Incurabili, o inferme, cieche o minacciate da cecitìl, idiote o imbecilli
Nel 1859, 58 popolavano quest’asilo, attaccate dalle malattie come ap
presso :
Tre tisiche a diversi gradi. Due isteriche con neurosi generale. Quindici
scrofoloso. Quattro nane rachitiche. Due paralitiche. Due affette da lussa'
zioni incomplete del femore e del ginoechio. Tre linfatiche estenuate. Due
monomaniache, Una con tumore ‘bianco al piede. Una cieca. Una sorda
muta. Tina tignosa. Un’asmatíca. Diciannove idiote.
E troppo interessante il modo con ìl quale sono trattati tutti questi malati diversi, e però non possiamo dispensarci dal farne parola seguendo il
rapporto che ne ha pubblicato il Ministro Bost, Direttore del pio stabilimento.
1^ Tisiche ‘polmonari incurabili.
Delle tre ricevute una era stata mandata via da un orfanotrofio, H anni
fa, perchè i medici Tavevano dichiarata tisica al teno stadio : vive ancora
(18G0) e la sua salute va migliorando: è ingrassata ed ingrandita e dà
speranza di guarigione. Un altra lotta da due anni con la malattia; anche
essa è cresciuta, e più in forze: il regime di vita è semplicissimo: nutrimento »ostauzioso, olio di fegato di merluzzo, latte di vacca, lavoro moderato. vita di famiglia, passeggiate,
2" Istck'iche € neurosi generali.
Indipendentemente dalla cura medica, esercita una influenza prodigiosa,
Tautorità, e Tobhedienza
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TTn'orfana era stata collocata da una sua amica: non ostante le più assidue cure la malaia peggioraTa : usciva dal lotto e andava nel canto del
fuoco : non leggeva, non lavorava, la mattina desiderava la sera, la sera la
mattina. Non ostante che le fosse assicurato che tutt’altra vita avrebbe
condotto, volle entrare nello stabilimento. Era estenuata, pallida, e spesso
coperta di sudori ghiacci: sottoposta al regime della casa, a poco a poco
prese sonno nella notte, cessarono i lamenti, le digestioni si fecero regolari,
cominciò a fare la calza, e a cucire: ammalatasi una sua compagna n’ebbe
cura; ora, lava i bucati, adacqua il giardino, e da lezione a tre o quattro
bambini idioti.
.3° Scrnfolosn rachitiche.
Molti ricevuti come incurabili, hanno acquistata la loro salute: pochi
medicamenti abbiamo somministrati ad eccezione dell’iodio, e olio di merluzzo: l’aria pura, moto, esercizio, nutrimento sostanzioso regolarmente
preso, han fatto de’prodigi. Ad una si minacciava la amputazione di un piede,
guarì: ad altre le glandola del collo si sono fuse. Ci fu mandata una bambina alli estremi: vomitava il sangue in quantità, non si reggeva in piedi:
ora cammina senza crucce, le gambe si sono dirizzata, è in piena guarigione.
4“ Paralisie, tumori bianchi, lussazioni parziali.
Una bambina aveva xm tumore alla noce del piede, altra lussato il ginocchio per im tumor bianco; sono guarite.
IDIOTI
Incredibili sono li ostacoli che offrono per condurre li idioti : è questa
l’opera difficile fra tutte le opere le più diflicili: nondimeno nell’Asilo di
Betesda si sono ottenuti resultati incredibili insperati. Tutte le curo ed i
pensieri del Direttore sono stati diretti;
1° Ad acquistarsi la fiducia dell’idiota: esso è per natura timido,
amante della solitudine, sospettoso, diffidente, ha orrore della società;
2° A fare vivere F idiota in società di persone che abbiano compassione di lui, e circondarlo di cure affettuose, dargli tutti i segni di un tenero interesse, coltivare il suo cuore, e la sua attenzione. Trattato così,
diviene sensibile alle carezze, le ricerca, la sua fisionomia ne mostra la riconoscenza, la felicità, la contentezza, quando non possa esprimerlo con le
parole ;
3° Ad imprimere nella mente dell’idiota la nostra volontà, e sviluppare la sua ; è questo il modo principale per scuoprire e sollevare il grave
velo ohe cuopre la intelligenza deiridiota, e l’esperienza mostra che quel-
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l'infelice, ragiona., si rende conto dei suoi desideri, e che più del sensato ò
tra.scinato al male, e alle moltiplici forme del male.
L’astuzia è sviluppata eccessivamente, e spinto da questa, spesso scuopre
i nostri progetti, e riporta una completa vittoria su noi: sa trar vantaggio
della debolezza di quelli ohe lo circondano, e scenderebbe ad atti violenti
se una mano ferma e stabile non lo arrestasse. L’idiota è trattenuto nei
suoi progetti dal continuo tener li occhi su lui : tutti sappiamo qual inesplicabil forza ha suU’uomo e sull'animale il vigile occhio; l'idiota non ignora
quest’arme, ne conosce la forza, lo maneggia con astuzia, e aft'ascina chi
non ha la costanza di lottare con lui. Quello che si esige dall'idiota deve’
esser richiesto con brevi, ma chiare parole, con calma, anche quando si è
obbligati di alzare la voce. Cominciata la lotta è forza riportare la vittoria,
altrimenti ogni influenza è perduta.
Nella istruzione propriamente detta, bisogna mettere in azione i sensi,
parlare delle cose visibili per giungere alla concezione delle idee, prima di
apiire un libro davanti l'idiota e fargli imparare l'alfabeto, deve conoscere
il linguaggio ordinario della vita, le parole le più comunemente usate:
prima cosa da ottenersi è di trionfare dell’eccitamento nervoso che lo domina, e dell'apatia profonda che l'occupa. Uno non può stare due minuti
secondi fermo, è necessario farlo camminare molto, e molto, e darlo ad
ogni genere di esercizi che gli stanchino i nervi: convion somministrargli
un abbondante nutrimento per calmare reccitamcnto che turba la sua
mente e si diffonde nei suoi movimenti, nelle sue azioni.
Insegnare a leggere, a scrivere, a cucire all’idioti, non solo, sarebbe
perdita di tempo, ma sarebbe fare il contrario di quello che uno si è proposto. Richiamare la loro attenzione sulla natura, innalzare i loro pensieri
verso il cielo, farli vangare o zappare la terra, farli trascinare il carretto,
spazzare la casa, ecco a che deve limitarsi la nostra ambizione.
Uno è apatico, e resterà delle ore immobile senza fare il più piccolo movimento : il suo corpo, privo di forza, d'azione, presenterà una inerte massa
di carne, quasi informe: niun organo funziona per di lui volontà: lo sguardo
è stupido, incerto, la bocca mezz’aperta, scorre la bava in abbondanza, mostrano che non ha nozione di nulla. Per costui non il cucito o lo studio abbisognano, ma del moto, sottoponendolo a lavori che stanchino il suo corpo,
interessarlo per opere manuali, fare in modo da scuotere il suo cervello,
intorpidito come il resto del corpo.
Ma alla perfine si giunge ad interessare il povero idiota; qual allegrezza
quando arriva ».leggere la storia di un piccol gatto, o di una puppatola!
Con qual sentimento non racconta ai suoi compagni, a quelli che visitano
l’asilo, i suoi progressi, i suoi prodigi! Se ha potuto fare un pimto sul canevas, o un orlo, una lettera dell’alfabeto, la casa risuona delle sue grida
d'allegrezza, e la orgogliosa creatura, per aver la consolazione di essere adu-
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lata, domanderà alla sua direttrice accarezzandola « Non è vero che lavoro
beue ? »
Su questi disgraziati esseri, la musica agisce potentemente : in alcuna
eccita un riso frenetico, l’estasi presso altre : tranquillizza l’una, provoca in
altra il desiderio di imitare il flebile suono dell’organo: ognuna esprime diversamente le espressioni che riceve. Ci duole, lo confessiamo, di non aver
prestato tutta quella attenzione in questo ramo di educazione delle nostre
idiote, e ci proponghiamo coll'aiuto di Dio, di consacrare maggior tempo
allo studio del canto sacro. Se debbono innalzarsi inni a Dio è a Betesda,
ove la tristezza e la liberazione si sono incontrati.
Per richiamare e confermare i dettagli che precedono, faremo il ritratto
di alcune idiote. Non vi affliggete, seguiteci col cuore, e se il quadro vi
attrista, vi consoli il dolce pensiero che Gesù è venuto a cercare e salvare
chi era perduto.
II... è un idiota di undici anni : la prima sera che venne nella casa si
ruzzolo nel canto del camino, ponendo la testa su'piedi, le braccia sulla
testa; da sembrare un gomitolo. Mi accosto a lei per dirle alcune parole affettuose: risponde con feroce grido, e col tentare di mordermi i piedi. I certificati dei medici attestano che è un idiota della peggiore specie. Un giorno
cade supina ; abbondante schiuma si spande sulle sue labbra. Spaventato,
esamino i certificati dei medici e riscontro andar soggetta, a rari intervalli,
a convulsioni epilettiche. Divenne una specie di bestia feroce, si mordeva
10 mani, scagliava pedate, picchiava la testa nel muro, si strappava i capelli :
collerica, furiosa prendeva tutto quello che trovava, lo gettava via, rompeva
i cristalli, poi fuggiva, ponendo le sue mani suUa testa per impedire che si
pigliasse per i capelli: arrestata, urlava e si dibatteva come una tigre. Ora,
ha imparato ad essere obbediente, e lo è tanto quanto è necessario per non
essere punita. Il suo carattere è cangiato, è quasi amabile: ha sete di affettuose carezze. E curiosa quando vuol essere accarezzata; chiude mezzo li
occhi, pone il palmo della sua mano alla bocca, china la sua testa sotto il
viso di colui dal quale vuole un bacio, o una carezza, e quando lo ha ottenuto, manda un suono gutturale e articolato di parole inintelligibili per noi,
ma che sono la espressione di una contentezza che ha provato. Dura fatica
a cibarsi da se; da il cibo a noi per essere imboccata, speriamo maggior
miglioramento: li attacchi epilettici sono molto diminuiti.
F... ha 20 anni. Forte robusta, violenta per non dire arrabbiata nei di
lei accessi di collera: ci è costata grandissime premure: è epilettica: quante
volte siamo stati tentati a mandarla via: sono da 8 mesi che non ne soffre.
11 suo carattere, collerico, si è mitigato, c nel tempo di calma, si presta per
le compagne che ama, e per una direttrice specialmente, alla qu.'ile porta
un affetto straordinario e commovente. Non dimentica chi le fa del bene,
ne parla sempre. La sua intelligenza si è uu poco sviluppata, si esprime in
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modo da farsi intendere; non abbiamo potuto insegnarli a cucire e leggere.
Tiene un ago in inano e cuce un cencio, a sentir lei, cuce vestiti per le sue
benefattrici, e fa scialli per le sue direttrici.
La sera inginocchiata accanto al letto, le mani giunte, prega ad alta
voce per tutti coloro ai quali vuol bene, e ringrazia Dio per i benefici che
ha ricevuti. Una sua compagna, idiota di 33 anni, buona quanto mai, spesso
lo si pone accanto e le rammenta quelle persone per le quali deve pregare.
E quante volte non è abbisognato intervenire con la forza! F... ha le sue
predilette C... ha le sue; se por sventura F... prega per le sue amiche
prima di pronunziare il nome delle amiche di C... nasce una disputa, risse,
schiaiìi; allora bisogna separarle impor loro silenzio: ma presto fan la
pace, e le due amiche si abbracciano e si dicono parole di amichevole tenerezza.
Questa povera C..., non ha mai avuto denti. La sola cosa che abbia potuto imparare è di custodire i malati, e amargli: fedele nell adempiere
quest’ufficio, fa tenerezza vederla occupata intorno alle bambine che li vengono affidate. Nessuno ardi.sca articolare parola di biasimo contro il signor Bost; monta sulle furie se qualcuna, sia anche sua amica, lo chiama
cattivo; prenderà volentieri il bastone per vendicare l’ingiuria che gli vien
fatta.
L... ha sedici anni, comincia a scrivere intelligibile ; legge correntemente,
e la sua intelligenza ed il cuore si svilluppano: lavora con piacere.
Emma di 12 anni, è una delle prime che è entrata a Betesda: ha acquistato moltissimo in intelligenza, ma è infingarda e avanza lentamente nello
studio • legge assai bene quando vi presti attenzione, e quando lo voglia, lo
stesso è per il cucito : lavora bene quando vuole. In lei è avvenuta una
vera metamorfosi: coloro che l'hanno veduta quando venne all'asilo non la
riconoscono più.'Ragiona, dà conto delle sue determinazioni, e vi riflette:
eccone una prova. La domenica sera tutti li alunni e alunne si riuniscono:
cinijue fra loro debbono raccontare qualche fatto, o storiella : questo esercizio ha prodotto immensi vantaggi: così le lunghe serate divengonono più
corte: la voce dei loro compagni, la difficoltà di fare un buon racconto, le
osservazioni sulla maniera di narrarlo, tutto eccita la loro attenzione. Toccava ad Emma a raccontare la storiella: fu sconnessa, interrotta, ma la
condusse a termine. Le detti un soldo: era una gran ricchezza por lei. Un
altra bambina fece il suo racconto; ad essa detti due soldi. Quella che aveva
avuto ■due soldi raccontò benissimo il fatto di una caritatevole bambina che
si era privata di due soldi per farne elemosina. Emma parve dispiacente
di avere avuto un soldo solo. Per tranquillizzarla le domandai chi aveva
meglio raccontato la storiella. Non è stato l’altra? Dimmi, se una povera ti
domandasse il tuo soldo per comprare il pane per la sua^ figliuolina che ha
fame, che faresti? Gli direi: quella altra ha due soldi. È difficile ottenere
una categorica risposta dall’idioti, quando si tratta del loro vantaggio,
Emma un giorno fu messa in prigione, aveva fatte male le sue lozioni, mal
cucito, era sgarbata, e sbavava più del solito. La pazienza tanto necessaria
per l'educazione delle nostre alunne, era esaurita: persisteva a far male
fino dieci minuti prima del desinare : allora cercò guadagnare il tempo perduto, si asciugò la bocca, lisciò con la mano i suoi capelli per ravviarli, c
mentre lavorava disse: « Non è vero che lavoro bene, e che non si hanno
da farmi rimproveri? » cercava farci dimenticare le passate mancanze. La
campana del desinare suona, od Emma molto soddisfatta di se, abbando-
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nava il suo lavoro, quando una mano si posò sulla sua spalla, ed una voce le
disse : « Tu lavorerai mentre le tue compagne desinano, e quando avrai
terminato il tuo lavoro, avrai un pezzo di pane ». La bambina nen rispose,
lavorò; ma quando le fu portato il pezzo di pane, lo gettò via, e presa dalla
rabbia, rovesciò sgabelli ecc. La chiusi in prigione per punirla e calmarla,
e per togliere alle sue compagne il tristo spettacolo di una bambina in collera. Quietatasi, la prigione fu aperta; la prosi per mano e le presentai il
pane che recusò dicendo; « Voglio la mia minestra ». La richiusi in prigione; mezz'ora dopo ritornai; con le lacrime alli occhi, e con voce bassa mi
disse; « Ro pregato, non domanderò più la mia minestra; sono stata cattiva;
ma vedrà che sono buona ». Frese il pane che li offrii, e mi baciò la mano.
L. S. è una bambina di 12 anni: sviluppatissimo è il suo sistema nervoso. Meno che alcune parole, e che non pronunzia neanche chiaramente,
non ha imparato nulla, se non che a domare la propria volontà. Questa
bambina era il tipo della ostinazione e della cattiveria: aveva cattive maniere : bisognava che le lasciasse, ma ostinatamente recusava ogni correzione. Bisognò punirla: cede a poco a poco, ma non senza vendicarsi; era
difficile avvicinarsi a lei: con sue dieci unghie, e specialmente quelle dei
pollici, lacerava, sgraffiava le mani, e il viso : una volta mi prese il naso
ed il mento, ed ebbi grandissima difficoltà a liberarmene. Avendo veduto
che ogni sua ulteriore opposizione era inutile, si è corretta, ed è graziosa,
amabile, e il divertimento di tutti.
C. G. era nana, asmatica, nei venti anni: pochi dei nostri idioti hanno
lasciato su noi, e sui visitatori dell’asilo, una penosa impressione come
questa ragazza. Una delle nostre direttrici per molti giorni non ha potuto
vincere la repugnanza di avvicinarsi a lei. Era larga quanto alta: il naso
schiacciato, il viso di color giallo arancio, le dita nascoste nelle gonfie mani,
enormi labbra; camminava dondolando, la voce nasale: tutto era proprio a
ispirare, bisogna dirlo, la repugnanza.
Cominciò a svilupparsi la sua intelligenza, aveva imparato l’alfabeto, a
cucire: si crederebbe! questa povera creatura tanto deforme, era dedita
alla critica, metteva in ridicolo i visitatori, le sue compagne, e ne imitava
la voce e i movimenti.
Si ammalò gravemente; mi avvicinai a lei per parlarle del Signore, e
del luogo che Egli ha preparato ai suoi figli ; allungò lo braccia, mi prese
il capo, e avvicino il mio viso alle sue labbra. Debbo confessarlo, non potei
nascondere un movimento di repugnanza. «
ASILO DI SILOE
Quest’asilo è aperto alli orfani, e per i poveri che sono incurabili, o infermi, ciechi 0 minacciati dalla cecità, idioti, o deboli di mente. Il medesimo scopo che anima l’asilo di Betesda per le bambino, e riceve tutti
quelli individui che sono recusati dalli stabilimenti di Saverdun, Castres,
Lemé, Tonneins, Saint Foy, e S. Ippolito.
Aperto, molto tempo dopo, Betesda ha pochi malati, e non conta che
poche guarigioni. Alla apertura furono ricevuti quattordici fra infermi
storpiati e idioti. Due sono morti, uno era epilettico, l’altro idiota. L’epilettico sebbene di 14 anni aveva conosciuto il suo Salvatore, e desiderava
essere ammesso a celebrare la S. Cena; il suo desiderio fu esaudito, egli ò
stato invitato alla cena « dello nozze deU’Agucllo s.
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L’idiota era ostinato, ma vivace come una lepre, un topo, una cavalletta:
aveva una straordinaria agilità, non fu possibile fargli imparar nulla. Non
poteva stare un momento fermo : mandava grida frenetiche da spaventare :
non era cattivo; non amava la società, voleva far quello che gli piaceva, ed
era ribelle alla sommissione, morì di dissenteria.
Questiidue istituti rendono meno amara la vita di esseri la di cui esistenza è un mistero per noi. L’opere di Laforce, pel modo con cui sono
condotte, per la carità con la quale tanti esseri sventurati sono ospitati, ha
destato la ammirazione di tutti e l’Accademia Francese ha dichiarato
M. Bost, promotore e direttore di quelli stabilimenti, meritevole del premio
di 3Iontjon.
CRONACA
Parigi. — In mezzo al quartiere di S. Sulpizio, è stata costruita una
cappella evangelica alla quale si è dato il nome di cappella di Luxembourg.
Ostacoli di ogni maniera si frapposero dai cattolici romani : furono tutti
vinti e superati, e in mezzo a quel quartiere eminentemente cattolico,
l’Evangelo è annunziato in più giorni della settimana a 800 cattolici, che
convinti delli errori della Chiesa romana, formano la parte più eletta della
congregazione della cappella di Luxembourg.
Un'altra nuova cappella evangelica, è stata inaugurata nel quartiere du
Tempie. Il cuore si rallegra, e offre a Dio preghiere di ringraziamento,
pensando che l'Evangelo sarà annunziato in quel quartiere ove sono accaduti i più tristi episodi della rivoluzione, e ove la incredulità aveva la sua
sede.
Nel 1826 un onorevole magistrato, appartenente alla comunione romana,
fondò l’associiizione di S. Francesco Reyis, per procurare le carte necessarie per contrarre i matrimoni, e distruggere il concubinato, e per la legittimazione dei figli: veduta la utilità di quella istituzione, nel 1858 si formò
un op«-o evangelica i matrimoni. Il rapporto pubblicato ultimamente,
fa conoscere che nel 1858 furono celebrati 08 matrimoni e fatte 60 legittimazioni; nel 1859, 106 matrimoni e 76 legittimazioni; nel 1860, 117 matrimoni e 66 legittimazioni; e nel 1861, 138 matrimoni e 84 legittimazioni.
Sconosciuta la utilità di quest'opera, altre se ne sono fondate a Strasburgo,
Lione, Colmar, Algeri associandosi a quella di Parigi.
Tolosa. — Tutti i giornali hanno condannata la pastorale del vescovo
di Tolosa diretta ai fedeli della sua diocesi per annunziar loro che nel 16
maggio prossimo si aprirebbe il giubbileo per celebrare il secolare anniversario, di un glorioso fatto accaduto a Tolosa or sono 800 anni. E qual è
questo glorioso fatto? La proditoria uccisione di 4 mila inermi protestanti!! Ecco le glorie della Chiesa di Roma. Voltaire chiamò simile anniversario che si fece nel 1762. « Una processione con la quale si ringrazia
Dio di aver commesso 4 mila assassini. ” Il Moniteur del 10 aprile stante,
dichiara che la celebrazione di quel giubbileo essendo la commcmorazionc
di tin doloroso e ianguimiso episodio dei disordini religiosi della Francia, il
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governo ha deciso interdire ogni processione, e qualunque cerimonia esterna
relativa a quel giubbileo.
Londra. — Il signor Peabody ricchissimo negoziante americano stabilito
da molto tempo a Londra, ha donato per i poveri di quella città, tre milioni
e settecento cinquanta mila franchi. Sei persone conosciutissime amministreranno questa ingente somma, e la impiegheranno.
Per migliorare in modo positivo ed assoluto la sorte delli indigenti della
città di Londra. Li amministratori debbono evitare e allontanare ogni idea
che ncH'impiego di quella somma, mostri un carattere settario in religione,
o in politica, e pensare che ogni povero di Londra ha diritto ad esser soc
corso, munito che sia di un certificato di buoni costumi, appartenga pure a
qualunque si sia comunione religiosa, o setta e associazione politica.
Nel 1852, Peabody fondò a Danvers (Blassacuissetto) sua città natale
una biblioteca, e un istituto di beneficenza; nel 1857 a Baltimora un Accademia di scienze e arti ed una biblioteca. Ecco un ricco che non è lontano dal regno di Dio; Egli si considera amministratore non padrone dei
beni che Dio gli ha dati; Egli può dire: « Anima mia tu hai molti leni,
riposati per molti anni quietati, viangia, bei, e godi. » (Lue. xil, 19).
Toscana. — In alcune città e paesi della Toscana, suol farsi nel venerdì
santo, la processione del così detto Gesù morto : per eseguirle però secondo
le leggi vigenti è necessario il permesso del governo. La tetra di Montevarchi volle fare la sua processione, e ne phiese il permesso. Il Delegato
di Governo lo concesse, a condizione però che la processione non si protraesse oltre l’un ora di notte. La parte intelligente del paese vide in questa processione un mezzo scelto dal partito prete per far nascere disordini,
e un carnevalesco tripudio, sotto lo specioso pretesto di religione, e ne fece
parola di biasimo verso il Governo, il quale assicuratosi che veramente
quella processione, per il modo col quale i preti e i retrogradi intendevano
compierla, sia per gli odi che ha già suscitati, offendeva la pubblica opinione, e poteva esser causa di gravi turbamenti all’ordine pubblico, revocò
il permesso. I preti attaccarono il denegato permesso come atto irreligioso,
e sedussero alcuni della Terra a dimandare la revoca di quella proibizione.
La Prefettura di Arezzo, credè condiscendere, e accordò la processione per
quella sola volta, per rispetto alla deliberazione magistrale, e per le spese
fatte per quella circostanza, e nel medesimo tempo fece sentire che tali processioni hanno tutta la apparenza di vere e proprie mascherate, nulla conferiscono alla religione, e simili spettacoli sono poco conformi alla civiltà dei
tempi, e alla dignità e decoro del paese. E bene disse il Prefetto di Arezzo ;
e qual disdoro non ha la religione nel vedere un mascalzone vestito da Gesù,
altri da Pietro, Giovanni ecc., e una scioccarella che fa da Maria? E non è
una vera mascherata, vedere soldati vestiti alla romana, sacerdoti all’ebraica,
e una turba di ragazzi vestiti da angioli, portare, calice, chiodi, martello, la
corona di spine, la lanterna? ecc. Sia lode al Prefetto di Arezzo, e facciam
voti perchè queste profan.azioni più non si ripetano.
Lbopoldo Pinelli gerente
KIRENZK —Tiiiogr»Qa OLACDIANA, dirctia ila HaKide Trombetta.