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ANNO LXXVII
Torre PelUce, 4 LugHo 1941-XIX
N. 27
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Riguardate alla roccia onde foste tagliati !
(Isaia LI, 1)
abbonamenti
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Nulla sia più forte deila vostra fede 1
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c Italia e Impero . . . Anno L. 1-5 - Semestre L. 8
■0) c Parrocchie del Primo Distretto » ’» 12 — » » 7
S *N Estero » » 25 - 45
Dirttttore a Prof. GINO COSTABEL
AMMINISTRAZIONE: Via Carlo Alberto, 1 bis - Torre Pellice
REDAZIONE: Via Arnaud, 27 - Tokhr Pellice
Ogni cambiamento d’indirizzo costa una lira
Cent, 30 la copia
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La casa nostra è una delle nostre cacase. L’uomo, libero fra gente libera,
varca molte isoglie e s’allegra a tanti focolari. La dimora dove sia divieto d’entrata e d’uscita è prigione o tomba.
Chi entra in una casa dice sempre
una parola. Sempre, anche se tace : la
presenza è parola. E la parola c’è sempre chi la intende.
Gesù inviò settanta discepoli in missione per le provincie della sua patria.
L’ordine - quando entrate in una casa,
'dite - Pace sìa in questa casa. La vita
divina che è in voi entri con voi nella
casa ospitale.
La religione cristiana è la reiligione
della pace. Dove non siano procuratori
di pace non troverete cristiani. I figli di
Dio sono procuratori di pace perchè i
, procuratori di pace sono figli di Dio.
4: *
Un uomo famoso per le sue ricchezze
6i la dovizia conviviale. Le sue sale accolgono compagnie frequenti d’amici riguardosi. Ogni invitato è mille inchini.
Ma il ricco è assorto in tristezza. Ha il
segreto timore che gli omaggi siano prodigati al suo denaro. Forse anche l’aiìetto dei suoi familiari... Egli è solo.
Un povero, con la magra, famiglia,
nell’oscuro stambugio. All’alba si mette
in cammino, senza meta. Ritorna con poco alla sua donna e alla sua bimba che
hanno tanta fame. Egli ha chiesto lavoro; e negli occhi dei benefattori ha scorto la tenerezza della pietà mista alla
noia beneficiente. Il povero è triste, so^
lo come il ricco.
Tu entra nella loro casa deserta. Allo splendido convivo dì che l’ami come
se fosse il più povero degli uomini ; per
la sola ricchezza che valga : l’anima
creata da Dio a sua immagine. Digli che
tu non cerchi il suo denaro ma il suo
affetto, più prezioso di tutti i tesori. Al
misero dì franco che l’ami per la sua
ricchezza. Gli sdruci, gli sbrendoli rivelano le carni umane ; la fame rivela l’anima umana : il povero è un uomo senza
maschera, degno di grande amore.
♦ *
Un uomo ha peccato, come tutti pecchiamo. La sua colpa non è più segreta ; e tutti, come per atto di concordata
giustizia, lo hanno bandito. E’ vitando.
lui non si riconosce più diritto di civile consorzio. E’ solo, in fondo alla
torbida fiumara ; i vortici gli turbinano
sul capo abbassato.
Tu cercalo ; entra nella sua casa i digli parole di pace. La sua benediziione
sia più forte delle maledizioni. Tu devi credere in lui che non crede più in
se stesso. La tua parola lo ritrarrà dal
fondo torbido del fiume alla luce del
santo sole.
* * *
%
L’uomo più triste è l’uomo solo. E’
solo chi non ama ; è più solo chi non è
amato. Egli sente che la vita lo tollera.
Se c’è Dio, il suo nemico ; una sorte, la
sua matrigna. Il sole lo attrista ; la pioggia lo esaspera : i fiori della primavera
sono per altri occhi sereni, non per i
suqì, torbi. '
Tu entra nella sua casa e digli pace.
Le tue parole siano nuove perchè nuo
vo è l’amore tuo. Digli che ailli ancora
e l’amore risponderà all’amofé. Ricordagli che ogni uomo è figlio di Dio ; e
nessuno deve sentire ravviliinento dei
bastardi.
Tu sei morto, ma devi risuscitare.
Tu devi risuscitare perchè sei morto.
L’amore che muove le stelle muove anche la tua sorte. La vita è tua, tu devi
essere della vita. L’acqua dei giorni di
tedio è messaggio piovano di grazia rigogliosa. Se tu sorridi nella tUa notte aggiornerà.
Un uomo mangia beve dormé, e veste
panni. Nelle sue campagne non è indizio di magrezza. I granai, stipati di grasce. La casa, solida ; fra le mure gelose, la moglie fiorente e la prole. Non
riesce ad esprimere un desiderio nuovo.
Egli crede che la pioggia scenda per
cortesia ai suoi seminati; e solo per lui
si avvicendino le stagioni. L’anima sua
mangia beve e gode.
Tu entra nella sua casa e digli pace.
Entra prima deU’èpula e gli occhi suoi
ti vedranno senza funèa di vino. Entra
e parla, contro ogni regola conviviale.
La paura salva l’uomo ma spegne le
sue parole che sono più preziose della
vita. La parola di pace sia fervida e
bella come la fiamma.
Chi serve il ventre ritorna alla bestialità. Miserabile è l’uomo che possiede il mondo ma non sa possedere se
stesso. Tu non tieni i tuoi bem; i tuoi
beni tengono te : tu hai perduto te stesso.
Grande sarà la tua ricchezza se grande sarà la tua rinunzia. (L’uomo non
vive di solo pane). Tu vivi di solo pane : tu non sei un uomo. Cerca altro tesoro e sarai un uomo savio. E’ vero
uomo chi vive d’amore.
♦ ♦ ♦
Cristo è venuto a portare la guerra
nel mondo : pacei è la parola di sfida.
La sfida portentosa, mormorata in segreto dagli umili per due millenni.
Tu entra, dovunque c’è fin uomo.
Dov’è l’uomo è la casa dell’uomo. Paté sia in questa casa. E’ il novissimo
bando del regno dei cieli.
M. Moreschini.
(Dal volume « Notturni » di prossima
pubblicazione. - Religio - Ed.).
Spunii sulla innologia noslra
Se ho parlato un po’ più a lungo degl’inni francesi che di quelli italiani è
anzitutto perchè quelli hanno preceduto questi, e poi perchè la loro funzione,
nel mantenere e nello sviluppare le
idealità evangeliche al di qua delie Alpi, è stata di ben diversa portata e, direi quasi, di diversa natura. Notiamo
infatti, se non erriamo, che il primo
innario italiano data del 1837. Erano
solo canti «per Tinfanzia e per la giovinezza», pubblicati a Firenze, e dovuti
quasi tutti al Montanelli, al Frassi, al
Mayer ed al Bianciardi. Poi venne nel
1849, la racolta dei Salmi e Cantici, in
lingua italiana, tradotti, quasi tutti, da
quella francese. Seguì la raccolta curata
da Salvatore Ferretti, e stampata dagli esuli italiani in Londra, nel 1850,
con inni del Mapei, di Gabriele Rossetti e del Ferretti stesso, messi in musica
quasi tutti da compositori napoletani, '
tra cui il Caruso e il Minasi, o
siciliani, come l’Aspa, o fiorentini,
come il Salvatori. Nel ’58 venne
stampata la Raccolta di inni per i cristiani d’Italia, inni dovuti al Rossetti,
al Gavazzi e ad altri evangelici di « buo-.
na volontà ».
Un prim,o appunto è stato fatto a
questi «pionieri» della nostra innologia italiana tacciati, da taluno, di
« modesti Tirtei », ed accusati, da tal
altro ipercritico, d’una « disperante
impreparazione ». Pur non innalzandoli alle glorie letterarie, che non
ambirono, non furono poi tanto dissimili da m,olt’altri poeti del loro tempo
ed i loro «saltellanti ottonari metastasiani» non si scostano troppo dalle
strofe profane dell’epoca, spesso altrettanto « metastasiane » e « saltellanti »
quanto le loro.
Con tutto ciò è inoppugnabile che in
tutte le succesive edizioni di un innario,
specie se fatte a distanze con
siderevoli di tempo, sarebbe desiderabili che certe spassose licenze o certe
oramai più che sepolte espressioni, dato
che non tengono delle glorie poetiche,
fossero raddrizzate o soppresse, o corrette, a secondo dei casi. Per esempio,
perchè non dire:
«Che il buon sentier ci addita..,» (Inno N. 2) al posto di quel «ne addita»,
stantìo più ancor che vecchio?
Perchè non dire:
«Presso il trono tuo glorioso»
anziché «Appo il trono...? » (Inno N. 6)
Ed è proprio necessario, all’inno N. 14,
dire
«noi t’offeriamo il nostro cuore» ?
Perchè, poi non evitare, con facili
variazioni, delle espressioni non subito
comprensibili come questa :
«Ei della sua perenne - Clemenza ci
consola»,
che pur sarebbe assai più chiara se si
dicesse:
«Ei con la sua perenne - Clemenza ci
consola» ? (Inno 7)
O quest’altra, non tanto facile a pronunciarsi, arcaica anziché no, ed arcana
forse ai deboli profani:
«Signore, infermi siamo; - Tu’l sai, o
Dio d’amore» (Inno 8)
che potrebb’essere più facilm,ente detta, o cantata, così:
« Signore, inermi siamo; - Lo sai, o Dio
d’amore... »
O questa strofetta, tra l’enigmatico e
l’arcano:
« Rintegra, o Dio, rianima - I figli
tuoi volenti.
S’innalzi a Te la semplice - Canzon degl’innocenti ».
E si fermi qui la nostra spigolatura,
all’inno 34 ! Troppo sarebbe voler giungere al N. 330 !
Quanto poi a dieresi, accenti, apostrofi ed anche alla punteggiatura
m,olto ci sarebbe da dire. E’ certo un
lapsus quel :
« Da’ forza ten’ preghiamo
Al nostro deboi cor »
che, al N. 109, è ortografato:
« Deh ! ten prego, l’alma mia... »
Spesso, poi, troviamo accenti e dieresi ove non occorrono, e dove occorrerebbero mancano.
Che sta a fare la dieresi su:
« O Creator che di lassù... ? »
E perchè, per esempio, non mettere
l’accento su demoni che sì esita ad accentare in un modo piuttosto che nell’altro finché la rima, con legioni, ce ne
sveli il mistero, al versetto 3, dell’inno N. 29 ?
Libertà dunque di varianti e di ritocchi, tanto più se si tratti, come spessissimo avviene di traduzioni. Perchè,- ove occorra, non modificarle? Anzi poiché si stanno ora vagliando un certo
numero di traduzioni, da introdursi poi
in futuri innari, non. sarebbe il caso,
talora, di scegliere, ove occorra, non
degli inni integrali d’un sol traduttore
ma forse di apportarvi modifiche, o
proposte di modifiche, suggerite forse
dalle altrui traduzioni ?
E poi perchè quell’andazzo (chiamiamolo pur così) di preferire e di riferire, nei nostri indici, il nome del
traduttore anziché quello, spesso, più
importante assai, dell’autore ?
Meglio, se vuoi, adottare un indice
come quello dei Cento Canti ^che qui
additiamo come ottimo modello del genere) ove il nome dell’autore c’è quasi
sempre, ed ove, se mai, manca quello
del traduttore.
E’ uscita poco tempo fa, per esempio,
su La Luce, la traduzione del forte corale di Zwinglio, composto durante la
prima battaglia di Cappel (1529). Questo importa sapere per ben situare l’orìgine stessa e l’ambiente che creò un
inno. Chi lo abbia tradotto non importa
quasi mai di saperlo, od importa certo
assai meno. Cito, ad esempio, il secondo inno del nostro innario cristiano. La
traduzione è dovuta al rimpianto Bianciardi, ma il testo originale di chi è ?
Di quel Marot che letterariam.ente non
è l’ultimo venuto e che non lo è neppure nella Storia della Riforma.
Cosi potrebbe dirsi di inni della Importanza di Forte Rocca è il nostro Dio
di cui taluno potrebbe anche ignorare
l’autore, o il probabilissimo autore (Lutero), anche se qualche ipercritico l’ha
attribuito ad un suo intimo collaboratore contemporaneo.
Il nostro Innario Cristiano riferisce puramente e semplicemente che
la musica ne è di Lutero. Non
sarebbe stato meglio, dato che la sua
attuale edizione musicale è quella di
Sebastiano Bach, che va sotto il glorioso nome di Cantata della Riforma
(« Cantate de la Réformation »), dì dire
semplicemente, o di aggiungere, che è
stato cosi « armonizzato da S. Bach »
nella sua Cantata in re (detta precisamente « della Riforma ? »).
E l’enumerazione potrebbe continuare. Perchè non dire che Come cerva
che assetata... è di Teodoro di Beza?
Che il Che Dio si mostri... lo è anche
esso ? Glorioso Salmo che nella Storia
della innologia Riformata va sotto il
nome di « Psaume des Camisards »! E,
come per confermare la legittimità di
ritocchi negl’innari, si potrebbe ricor
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dare che le parole non sono le pure e
semplici del Beza, ma quelle anche del ■
Piachaud, come (se pur è vero che la
musica è di Mattias Greiter, caiftore di
Strasburgo ) Tarmonizzazione è dovuta
a queirincomparabile maestro d’innologia sacra che fu il Goudimel (1565 e
1580).
Così dicasi di altri inni noti ed importanti quali Come cerva che assetata, traduzione del Giampiccoli ma originale del Beza, di Gesù ti veggo in agonia, tradotto da A. Revel ma composto dal Bastie, ecc., ecc.
E dello stesso Te Deum è taciuto il
nome deirautoré". Anzi il « Sommo Iddio noi t’invochiamo » non è neppure
qualificato di Te Deum, come almeno
fa la raccolta francese. Inoltre, per
quanto si riferisce al suo autore, perchè non mettere, o non lasciare, l’indicazione dei vecchi innari che l’attribuivano ad « un Padre della Chiesa ? Indicazione forse non troppo soddisfacente
ma di cui ci dobbiamo contentare poiché nè la critica nè mai nessuno potrà
stabilire con precisione se sia o no di
Sant’Ambrogio o di Agostino o un po’
dell’uno, un po’ dell’altro o di Sant’Ilaripj o di Sant’Abondio o d’altri. .
Quanto poi aH’attuale musica del Te
Deum l’innarip francese l’attribuisce
ad Haydn, mentre quello italiano la
dà come del Ritter.
Così è assai dubbio che la musica di
« Scendi tu nel nostro petto » sia proprio una « melodia siciliana » dato che
la stessa « melodia » si canta, da tempo, anche nelle Chiese di Germania.
EU« Venite, venite al Signore » è
tratta « da PasieUo » (sic !) o da Paisiello o Paesiello ?
Imprecisioni dunque, a iosa e deplorevoli tanto più se l’edizione è stereotipa ! Ma sarebbe bene evitarle.
E, per oggi, basta ! S. P.
PERSONALIA
Le nostre vivissime felicitazioni alla
neo-lairreata signorina Luisa Marauda,
figlia del nostro vice-Moderatore, che
si è addottorata in lingue e letteratura
straniere, a pieni voti, presso la R. Università di Torino.
£a Collana JUicgge
Geniale nella sua concezione e nella
sua esecuzione questa collana merita
d’incontrare nel pubblico Valdese la più*'
cordiale accoglienza. L’autore, uno dei
nostri più profondi pensatori Valdesi,
librato(si finora nelle alte sfere della,
teologia in cui si è affermato con una,
indiscutibUe originali^', ^scende oggi, ^
con questa serie, di agUi opuscoli popo-,, ..^
lari, in mezzo a noi e si curva con amorevole interesse sui vari problemi che* *■ci occupanp e-preoccupano, anche .sur'
problemi più banali, e su ognuno di essi,t.i.ha ora un suggerimento, ora un ammonimento, ora un rimprovero da farci, >■
sempre però con un garbo tutto signorile ed insinuante e una moderazione
davanti alla quale non possono adombrarsi le suscettibilità più delicate. Come i biondi chicchi di grano sono sparsi;
con gesto largo dal seminatore, nei solchi scavati dall’aratro, così questi opuscoli l’uno dopo l’altro, con serie alternate, sotto la loro veste variopinta dai.
colori dell’arcobaleno, vengono lanciati,
traverso lo spazio e penetrano in ogni
più modesto casolare facendo germogliare ovunque, ne sono certo, una messe di
idee che speriamo feconde per il nostro
avvenire.
Il pieno successo della collana dipende però non solo dall'autore ma anche
dalla nostra ricettività. L’autorei, ne sono certo, come tutti gli autori veramente degni di questo nome, non si è proposto di imbottire i nostri crani con le
sue idee, ma di agire come stimolante
nel nostro spirito, provocando lo sbocciare delle nostre idee, facilitando con saggia maieutica il nascere e il formarsi di
un pensiero originale, spontaneo da
parte nostra ed obbligandoci a considerare da un punto di vista tutto nostro le
varie questioni da lui dibattute e Ìor^mulare su di essa una nostra personale
conclusione. Ora, questa reazione spirituale da parte dei lettori, se è avvenuta
- cosa di cui monr dubito - nell’iritefta#
dell’animo loro, non ha saputo sinbra
esprimersi in modo esplicito. Credo
perciò che il pubblico deve articolare-le
sue impressioni dando all’autore la netta sensazione che davanti a lui non c’è
il vuoto, ma ci sono dei lettoriivchft lo
seguono, lo ascoltano con attenzione e
rispondono.
Per dare questa sensazione all’autore
mi permetterò oggi, come un lettore
qualunque che ha visto iniziarsi la collana colla più viva curiosità ed ha ietto
dal primo aH’ultimo tutti gli opuscoli
con un interesse crescente, di dare il
mio modo di yedqre p'^rsonale su una
delle questioni che sono state sollevate,
.cominciando per esempio dall’ultimo opuscolo intitolato :lProgresso.
Cosà si propone! di dirci l’autore in
questo oDuscolo ? Mi pare di poterlo
riassumere cosi in termini poveri.. « Caro popolo Valdese, è chiaro e pacifico
che, lungi dall’essere all’avanguardia
del progresso materiale, tu sei alla retroguardia. Tu hai paura del progresso,
ma io voglio dirti che esso è un innocuo spauracchio e dimostrarti, affinchè
tu non te ne adombri eccessivamente
che esso npn è da temere perchè non
può fare nè bene nè male al vero progresso, cioè al progresso spirituale »,
Questa formulazione del pensiero dell’autore è fatta naturalmente usando
termini poveri, molto poveri; non solo,
ma rendendo esplicito ciò che è implicito, accettuando ciò che è inaccentuato,
sostituendo la parola brutale alla garbata perifrasi, sviluppando crudamente
la verità presentata in un cartoccio di
cortesi eufemismi. Se all’autore spettava, per evidenti ragioni di convenienza
sociale e di carità cristiana, usare verso
di noi i guanti di velluto, a noi invece
che siamo presi di mira, spetta, per altrettanto evidenti ragioni di sincerità,
denudare la verità dalla sua patina di
cortesia e ricevere gli insegnamenti impartiti sceverandone tutta la gravità e
la serietà.
Ciò premesso, dall’opuscolo del Miegge ci sono, a mio parere, da ricavare
due affermazioni ugualmente gravi. La
prima è la seguente: il popolo valdese,
nella sua massa, è alla retroguardia del
progresso materiale. Di fronte al progresso inteso in questo senso ristretto.
.as.
JACOPO LOMBARDINI DECIMA PUNTATA
Il forzato per la fede
Racconto Storico
Quando l’incatenamento è terminato
i galeotti sono condotti, col passo impacciato dai ferri, a vestirsi della loro
divisa : una casacca, di ruvido panno a
due colori, lunga sino alle ginocchia,
perchè i ferri impediscono l’uso dei
pantaloni, e una specie di giubba. L’una
e l’altra dovevano essere deposte quando i galeotti remavano, perchè questi
dovevano allora restare ignudi, con
qualunque tempo ed in qualsiasi stagione. Quando Giovanni mise il piede
sulla galera destinatagli, s’accorse con
angoscia che nessun Valdese era con
lui; poi si guardò intorno curioso e
smarrito. Quel mondo, che sarebbe
stato il suo inferno, gli era del tutto
nuovo.
La galera poteva avere cinquanta
metri di lunghezza ed una diecina di
larghezza; il centro ne era percorso da
una specie di palco in legno, largo un
metro ed alto altrettanto: ai lati di questo, in basso, i banchi dei rematori.
Ad ogni banco sei rematori dovevano
manovrare, afferrando grossi manichi
di legno, un remo, enorme trave di una
quindicina di metri di lunghezza, dei
quali circa dieci sporgevano dalla nave
e s’immergevano in mare, e uno e mezzo attraversava una galleria esterna che
correva lungo tutta la nave.
Ma, prima che Giovanni potesse rendersi conto di tutto ciò, perchè la sua
attenzione fu sopratutto attratta dallo
spettacolo che offrivano i suoi compagni di pena, egli fu spìnto verso un
banco, gli fu ordinato di svestirsi, e fu
poi gettato su di un posto vuoto.
Qualche minuto dopo era incatenato
al banco: la catena era lunga presso a
poco quanto il banco stesso, sicché il
prigioniero, se i compagni, ai quali ogni
movimento recava disturbo, l’avessero
permesso, poteva muoversi per tale
lunghezza.
Quando i colpi che fissavano la catena del banco a quella che gli cingeva
i fianchi cessarono, Giovanni chiuse
gli occhi e cercò di pregare: sentiva il
bisogno di rifugiarsi in Dio, di avere
da Lui forza e consolazione per non
morire di dolore.
— E’ un ugonotto! - udì dire, vicino
a sè — E’ un ugonotto e prega!
— Ha un bel pregare! Forse che Dio
verrà a liberarlo? Forse Dio non esìste
neppure; ma se egli crede che esista,
che attende per maledirlo? — disse con
accento beffardo e disperato un’altra
voce.
— Egli prega: lasciatelo fare — disse una terza voce, con accento strano,
in un francese smozzicato.
Giovanni riaprì gli occhi e guardò
i suoi compagni.
Il suo vicino dì destra aveva un’orrida faccia quasi senza fronte ma con
una larga bc>cca tumida, ai lati delia
quale sporgevano due canini simili a
zanne che le davano un’espressione
bestiale: era, come Giovanni seppe in
seguito, un assassino. Vicino a questi
era invece un giovane esile, dal viso
quasi bello, ma al quale due occhi grigi
e sfuggenti e. le labbra sottilissime davano un’espressione equivoca e maliziosa.
Alla sinistra di Giovanni un giovane
sulle soglie della maturità, bruno, magro, coi capelli nerissimi e ricciuti; era
Jossùf uno schiavo arabo, fatto, quand’era giovinetto ancora, prigioniero su
una frusta barbaresca, e ridotto, come
era uso, a galeotto. Gli altri due erano
due poveri rottami umani, frusti dalla
fatica e dalle sofferenze. Giovanni vorrebbe dire qualcosa, ma non ha tempo:
un colpo sodo, dato dal capo-ciurma
con un martello dì legno risuona; gli
aguzzini si precipitano sul palco, con
delle enormi fruste che agitano minacciosamente sulle spalle dei galeotti.
Questi hanno afferrato i remi, e, ad un
nuovo segnale, ineominciano a remare.
Il martello segna il ritmo della vogata,
le fruste, colpendo con un sibilo il condannato che non va del tutto all’unissono con i compagni, marca la cadenza.
E la galera esce dal porto.
Vili.
Il popolo Valdese è rientrato nelle
Valli. Il miracolo è stato reso possibile
dal favore di Dio che ha benedetto e
protetto gli sforzi eroici dei combattenti, oltre che nei primi combattimenti
e nella difesa epica sui Quattro Denti
della Balsiglia, anche nella guerra
successiva, quando essi, sempre fedeli
al loro Principe, hanno dimenticato generosamente l’Editto inumano del 1686,
la strage, la prigione e l’esilio. Hanno
combattuto ed hanno vinto per Vittorio
*
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ci' sono; schematicamente, tre catione di persone. In primo luogo la categoria.di chi assume un atteggiamento affermativo, dinamico, credente, attivo e
perciò se ne fa l’ardente iniziatore e
promotore; in secondo luogo la categoria di chi assume ,un atteggiamento
scettico, indifferente, 'statico, passivo,
di chi cioè crede al progresso solo parzialmente e debolmente e, per inerzia,
senza resistenze e senza decisa ostilità,
si lascia rimorchiare dagli altri; in terzo luogo la categoria di chi assume un
atteggiamente ostile, negativamente attivo e vede in esso un ostacolo, una minaccia al progresso spirituale e perciò
resiste alla corrente. A queista ultima
categoria, se ho ben capito l’autore, apparterrebbe la massa del popolo Valdese.
La seconda affermazione è la seguente. Il progresso materiale non ha nulla
a che vedere con il progresso spirituale. ,
Da questa affermazione si deduce che
l’autore non appartiene affatto alla terza categoria e perciò si esclude in mo- ,
do indubitabile che egli possa comunque venire considerato come un asceta
nello stretto senso della parola. La virtù e la fede, per lui, non escludono nè
la gioia nè i comodi e gli agi della vita;
non è necessario essere un pezzente per
essere un cristiano e si può benissimo
« servire Dominum in laetitia ». Però,
se si esclude indubitabilmente che l’autore appartenga alla terza categoria, si
esclude altrettanto indubitabilmente
che appartenga alla prima; la sola categoria in cui egli possa militare è la
seconda.
Ed è questo atteggiamento che mi •
pare discutibile ; chi è sceltico di fronte ;
al progresso materiale non potrà mai avere abbastanza dinamismo per far risalire di un grado chi milita nella terza
categoria. Le negazioni non hanno alcun appiglio sull’animo nostro; non siamo mossi che dalle affermazioni. Chi, in
principio, teoricamente, non crede al
progresso come a qualcosa di reale, di
necessario, di fatale, non può predicarlo praticamente, non può aver la forza
di convinzione necessaria a smuovere
dalla sua inerzia un pubblico non .solo
Amedeo II che voleva il loro sterminio,
hanno reso sacro ed inviolabile il confine dei loro monti, ed hanno potuto
cosi vedere riconfermarsi per sempre
il sacro diritto di vivere e di pregare
sulla terra che i Padri avevano loro trasmesso come una sacra eredità.
Continua
J
NOTA. Torniamo a ripetere che tutto 1
quanto in questo racconto si narra riguardo al trattamento fatto ai Forzati |
per la Fede sulle galere francesi, è rigi- ^
damente storico. Potremo citare fatti,”
nomi, date.
Conosciamo esattamente le condizioni I
della Corte di Versaglia e quelle della'!
Chiesa di Francia ai tempi del Re Sole, I
per aver scritto quanto abbiamo scritto, a
Di leggende conosciamo abbastanza |
bene certe Agiografie medioevall... e 1
moderne. i
I Forzati per la Fede che furono mi- i
gliaia e che preferirono passare tutta |
la vita ai ferri anziché pronunciare la |
parola « Abiura » sono troppo in alto, |
perchè la loro memoria possa essere 1
menomata da apprezzamenti più o me- ì
no... storici (!!) L’Autore. ^
Chiedere alla
•I «fi 1*1 •
Ila m
il Calaloifo 1941
I
3
L’ECO DELLE VALLI VALDESI
'] ¿pático ma ostile. Io alludo qui a una
certa teologia corrente fra noi e l’autore come pure i lettori sanno di quale
■teologia io voglio parlare. Inoltre la distinzione fatta dall’autore tra progresso
religioso e morale da una parte - progresso per il quale non ci sarebbe che
-da guardare indietro ai nostri padri - e
-progresso materiale daU’altra, mi sem.bra alquanto arbitraria e incompleta.
"Perchè non farci figurare anche il pro
gresso intellettuale ? E poi, si può real^
mente stabilire tra 4 diversi progressi
delle paratie stagne? Non sarebbe
piuttosto il caso di comprenderli tutti
sotto l’unica categoria di progresso spirituale visto che il solo motore di tutta
la nostra vita individuale e sociale è lo
spirito ? In questo caso, prescindendo
da quello che potrebbe ben essere unpreconcetto teologico, l’unico ostacolo
al progresso - progresso nel senso glo
bale della parola - sarebbe da cercarsi
nell’inefz^a. Noi siamo come ima... Ma il
paragone mi condurrebbe troppo lontano oggi. Sarà dunque per un’altra
volta se me lo concede la cortesia del
nostro caro ed egregio Direttore. (Con
l’avvertenza, forse inutile, che le idee
teologiche dei nostri egregi collaboratori
non comportano la corresponsabilità del
giornale. Dir.). S. Tron.
Conferenza del
° Distrelfo
Faceva pensare a un piccolo Sinodo,
►coi suoi 28 rappresentanti convocati da
./•quella vasta regione che si estende da
'Campobasso a Vallecrosia. C’erano tutti
■ , i Pastori del Distretto, e fra loro, il Moderatore E. Comba, e il Cassiere Guido
Comba. E la Chiesa di Pisa, che la ospi:'tava, le offerse quanto si può immaginare di meglio come cordialità di accoglienza e serenità di atmosfera, là nella
quiete fiorita del suo Tempio e della
sua bella e grande sala.
Dopo la nomina del Seggio, che risultava composto dal pastore Guido Comba, presidente, dàU’anziano di Pisa sig.
Enrico Bozzel, vice-presidente, e dal
pastore Valdo Panasela, segretario, la
Conferenza in corteo, con a capo il predicatore, pastore Guido Comba, faceva alle ore .16 del giovedì, il suo ' ingresso
solenne nel Tempio, già gremito di pub"blico, e fra cui spiccava un buon gruppo
di fratelli e sorelle venuti dalla vicina
Livorno.
Il predicatore, prendendo come testo
il suggestivo argomento di « Daniele
orante con le finestre aperte verso Gexusalemme », ne traeva dei pratici ammaestramenti di attualità, pieni di ediI fìcazione. Culto ricco di spirituale comunione, e cui dava un rilievo signifiI , cativo di cristiana letizia il fervore del
■canto ed in ispecie il bel Coro a tre voci
- « Pace a voi », - eseguito molto bene
■dalle sorelle di Chiesa sotto la egregia
direzione della signora Ada Arias, che
teneva Tarmonium.
Prima di metterci al lavoro, la cara
fratellanza di Pisa ci vuol dare un altro
segno della sua affettuosa accoglienza
con l’offerta molto apprezzata di un thè
guarnito eh© servono le sue gentili si,gnore e signorine.
E subito dopo, con la partecipazione
esemplare di un numeroso stuolo di
questi fratelli e sorelle, s’inizia la Conferenza propriamente detta con la lettura della non lunga ma sostanziosa relazione della Commissione Distrettuale,
letta dal suo presidente Dott. Ribet, e
seguita con interesse tanto più efficace
che una copia della medesima era stata
distribuita ad ogni membro della Conferenza.
E’ con un vero senso di conforto, di
gratitudine verso il Signore, e di incoraggiamento che la Conferenza apprende via via come a malgrado dei tempi
critici e dell’incerto domani © delle forzate limitazioni delle attività esterne,
la vita delle nostre Chiese si è mantenuta salda ed è stata forse di più intensa pietà, e come il grande sforzo e sacrificio richiesto alla liberalità delie no■' stre fratellanze abbia ottenuto pressoché ovunque la fedele e generosa risposta auspicata con felice conseguimento,
-e talora anche più, della mèta proposta.
Fra i vari argomenti prospettati nella
’Concettosa relazione distrettuale, la
'Conferenza si ferma alquanto sulla preoccupante diminuzione degli alunni
delle nostre Scuole Domenicali, e ne ri■Cerca le cause e per quanto possibile ne
suggerisce gli opportuni rimedi.
Si trattiene quindi con vivo interesse
della lodevole attività svolta e promossa
dal Sopraintendente a favore dei fratelli - isolati - nel vasto Distretto, e vari
pastori esprimono la loro riconoscenza
per le periodiche meditazioni messe a
disposizione della loro Diaspora con appropriati fogli a stampa. «
Intorno al miglior modo di conciliare
e coordinare codesta attività distrettuale nei confronti di una consimile
opera svolta mensilmente dal periodico
La Luce per iniziativa della Amministrazione Centrale, e di estenderne
quanto più il beneficio, si apre una nutrita discussione che finisce col concordarsi col seguente ordine del giorno
presentato dal pastore Paolo Bosio, ed
approvato dalla maggioranza dei presenti: rr'
Ordine del giorno: « La Conferenza
del III Distretto, prendendo atto con
compiacimento di quanto la Commissione Distrettuale ha cercato di fare
per intensificare il contatto delle Chiese
con i suoi membri isolati residenti in
località sprovviste di Chiese, raccomanda alla Commissione di continuare intensificandola quell’opera di collegamento ».
E si passa quindi alla lettura delle
singole Relazioni di Chiesa, cominciando dalla Chiesa di Sanremo che attira
per qualche istante l’attenzione della
Conferenza, la quale, fra l’altro, prende
atto con soddisfazione della conseguita
autonomia finanziaria della medesima.
Questa lettura viene proseguita sino
alle 20.30 passate, e quindi ripresa al
mattino seguente ore otto.
E’ la vita stessa delle nostre Chiese,
delle loro lotte e conquiste, delle loro
pene e delle loro gioie, ma più ancora
della loro fede e speranza crescenti ed
invincibili, che balza fuori calda e palpitante da questa lettura. Ed a volta a
volta i nostri cuori vibravano dinanzi
alle forti note delle possenti Chiese di
Roma, sempre aH’avanguardia in ogni
generosa lotta e spirituale progresso,
dinanzi alle rallegranti notizie delle dinamiche fratellanze di Firenze e di Genova; taluna delle quali, come Firenze,
Via Manzoni deve comprimere le sue
attività rigogliose in troppo anguste
mura; e si accendevano di simpatia profonda per le tribolate e vaste Diaspore
deir Abruzzo e Molise, dove i valorosi
colleghi Naso e Panascia conoscono, fra
le gioie della consecrazione, tutte le
asprezze della lotta e i disagi dell’isolamento.
Alla fine delle relazioni, viene speso
qualche istante a proposito dell’AsTo
per i Vecchi - Italia - di Firenze, che
interessa tutto il mondo evangelico
italiano.
E si arriva cosi alle elezioni © alle deliberazioni finali. Dopo la opportuna
consultazione delle Chiese non aventi
rappresentanza sinodale, si forma un
elenco di possibili delegati al Sinodo, e
vengono nominati i seguenti deputati e
supplenti;
Deputati al Sinodo: Silvio Pons, Giuseppe Scarinci, Giovanni Giorgiolè,
Giovanni Mantelli, Avv. Vannuccini.
Supp. Prof. E. Tron, Dott. Gustavo
Comba, Rag. Vezzosi. - Predicafore
d’ufficio: Fast. E: Corsani.
A membri della nuova Commissione
Distrettuale, sono’ stati eletti il dott.
Luigi Rochat, vice-pres., e il pastore
Tullio Vinay, segretario. Il dott. Ribet
rivolge un sentito ringraziamento agli
ex colleghi della Commissione pastore
V. Sommari e signor Giov. Mantelli per
la consacrazione devota e fattiva con
cui per tanti anni consecutivi hanno assolto il loro mandato.
Fra il vivo applauso di tutta la Conferenza, viene ringraziata caldamente la
Chiesa di Pisa, con a capo il suo Pastore
e la gentile Signora, per l’accoglienza
e Fospitalità veramente fraterna ; e un
altro hulrìto plauso accompagna la parola di lode e di riconoscenza rivolto
al Seggio ed in particolare al suo presidente pastore G. Comba per il modo altamente encomiabile con cui vennero guidati i lavori della nostra
Conferenza.
Per la prossima Conferenza è designata la sedo di Livorno ; e designato
come predicatore d’ufficio il pastore
T. Vinay.
E alle 12 del Venerdì 13 giugno si
chiude questa nostra Conferenza che è
stata bene organizzata, si è rilevata ricca di contenuto e di incoraggiamenti,
ma che ha avuto un difetto troppo rinerescevole : quello della eccessiva brevità. G. B.
CRONflCfl VALDESE
ANGROGNA (Serre) Lunedì 2 giugno, mentre si trovava al pascolo, scivolava per un dirupo e decedeva subito dopo Rivoir Pietro fu Giovanni Pietro, abitante ai Moundins, di anni 67. I funerali, essendo assente per forza maggiore
il pastore locale, furono presieduti dal
pastore sig. Arnaldo Comba che ringraziamo vivamente per la sua collaborazione. Alla famiglia "afflitta diciamo
la nostra profonda simpatìa cristiana.
— Col mese di luglio avranno inizio
per la nostra Comunità i culti all’aperto,
onde permettervi una più attiva partecipazione ai membri di chiesa saliti all’alpe. Avremo così ogni domenica due
culti di cui uno in uno dei templi, l’altro all’aperto. Domenica 6 luglio alle
ore 10,30 : culto nel tempio del Serre ;
alle ore 15 : culto all’aperto ai Chiots di
Pradeltorno. Domenica 13 luglio : ore
10,30 : culto nel tempio di Pradeltorno ;
ore 15 : culto all’aperto al Coutarun
(Vaccera) ; la domenica 20 luglio avremo i due culti alle ore 10,30 nei rispettivi templi del Serre e di Pradeltorno
onde permettere alla gioventù della nostra Comunità di partecipare al Convegno Giovanile della F. U. V. a Villar Pellice.
— Ricordiamo ai membri di Chiesa, agli amici ed agli Angrognini lontani che
è aperta una colletta per le riparazioni del tempio di Pradeltorno. Ogni dono
sarà ricevuto con riconoscenza dal Pastore.
— Un buon numero di militari della
nostra Comunità ha fatto ritorno tra
noi : chi usufruendo della licenza agricola, chi in convalescenza ; qualcuno
anche in licenza illimitata. Ad essi noi
diciamo la nostra profonda gioia di averli nuovamente tra noi, mentre invochiamo sui nostri soldati lontani la
benedizione del Signore.
— Ringraziamo lo studente in teologia
sig. R. Jouvenal che ha presieduto i
nostri culti domenica 29 giugno.
e. a.
PRAROSTINO. Battesimo. Il 22 u. s.,
durante il nostro culto nel vecchio Tempio di Roccapiatta, è stato amministrato il S. Battesimo a Griglio Sergio di
Davide e Long Alma (Chiarvetto).
Matrimonio. Fomerone Guido Paolo
e Paschetto Elvira, l’il giugno. Auguri
di felicità, nel Signore.
Funerali. Eynard Giacomo, 'deceduto
alla Ciusa il 2 giugno, in età di 71 anni.
Godin Maria Luisa nata Lontelme,
deceduta il 29 giugno, a Pral'arossa in
età di 50 anni. Essa ha sopportato, con
straordinaria serenità di spirito, alcuni
anni di penosa infermità dimostrando
che, mediante la fede, si è « pazienti
neH’afflizione ». Poco tempo prima di
spegnersi ha avuto la gioia di rivedere
un suo figlio reduce daU’Albania ove
riportò ferite multiple e che, per alcuni
mesi, non aveva potuto dare sue notizie.
Invochiamo le consplazioni del Signore sulla famìglia afflitta ed in modo
speciale sul marito, anziano del quartiere di Pralarossa.
LUSERNA SAN GIOVANNI. A partire da domenica prossima 6 luglio e fino al 28 settembre sarà regolarmente
celebrato D. v. il culto nel tempio del
Ciabas la domenica pomeriggio alle
ore 4.
RORA’. Venerdì scorso 20 giugno, un
buon numero di fratelli delle Fucine e
di Mourcious, si riunirono nella via che
fiancheggia l’Ospedale di Luserna per
rendere le estreme onoranze a Malan
Onorina in Revel di 51 anni, che una
grave malattia aveva crudelmente strappato all’affetto dello sposo e del figlio.
Poiché la nostra sorella godeva buon nome in mezzo alla comunità e la malattia era sembrata dapprima non essere
ihòrtale, il dolore della fratellanza fu
particolarmente vìvo. Assai rude fu la
prova per i congiunti che nutrivano nel
loro focolare domestico una unione ed
un affetto più grandi del consueto.
La numerosa assemblea si raccolse a
lungo nella meditazione di un passo di
S. Paolo : « Non siate contristati come
gli altri che non hanno speranza » (1
Tess. 4-13) e il dolore dignitoso e contenuto di tutti i presenti mostrava bene ch’essi ricevevano l’esortazione della
Scrittura.
Al Padre delle consolazioni abbiamo
raccomandato, con tutto il cuore, questi nostri, cari fratelli.
VILLASECCA. Dopo lunga malattìa
sopportata con rassegnazione cristiana
è deceduto ai Chiotti, Ferrerò Ferdinando Luigi di fu Paolo e di Pastre Maria Luigia di anni 49. I funerali hanno
avuto luogo domenica 29 giugno e sono
stati una dimostrazione della stima di
cui godeva il Defunto. Alla famiglia
cosi duramente provata esprimiamo le
più sentite condoglianze invocando su
di essa le consolazioni del Signore.
NEL MONDO BANCARIO
Abbiamo appreso che il Banco
Cambio A. Bachi è stato incorporato,
nella Banca Torinese S. A. la quale viene così ad estendere la nota sua attività colle due filiali di Torre Pellice
e Luserna S. Giovanni.
La Banca Torinese S .A. è amministrata da persone note del Pinerolese
comproprietari© anche della Banca Baibis Guglielmone Villa con sedi in Pinerolo e Vigono.
La notizia è stata accolta da tutti favorevolmente poiché si vede così assicurata da una banca particolarmente attrezzata per la continuazione di una
attività locale molto utile allo sviluppo
dell’industria e del commercio della
valle.
4
JLi ÍJEi. aUA Y. IJUJUl V
il €:ull€» €li faim
(Meditazioni preparate sui testi del Calendario Biblico della Chiesa Morava)
Lunedi Lettura: Salmo 142.
7 Lusrlio ...e Gesù Cristo, per il quale
abbiamo ottenuto la riconciliazione.
K Rom. 5: 11.
Il peccato è un male profondo che ha
intaccato tutte le nostre facoltà. Esso
non consiste soltanto in certe azioni
condannate dal Vangelo, è una aperta
ribellione contro Dio. Il pacato ci ha
fatto nemici di Dio. Nel suo insegnamento Gesù parla del « peccato » non
di peccati, e lo considera come un fatto
capitale e positivo.
La Bibbia mette in risalto la gravità
e runìversalità del male, fa vedere altresì l’immeinsità dell’amor divino nella discesa del Salvatore che ha preso su
di sè il peccato del mondo, affinchè il
peccatore diventasse, neUa sua comunione, santità.Gesù ha preso su di sè
il pesante carico deH’umanità: « Dio
l’ha fatto peccato per noi ». La Redenzione è diventata il nuovo fondamento
della società umana fino allora basata sul peccato. Gesù ha ristabilito la
razza umana, l’ha restituita ai suoi gloriosi destini, l’ha riscattata a prezzo del
suo sangue. A tale dimostrazione di un
sì grande amore verso noi, ribelli, rispondiamo coll’amore di un cuore profondamente riconoscente.
Martedì Lettura: 1 Cor. 1: 1~9.
8 Luglio Proseguo il corso verso la
meta. Filipp. 3; 14.
In Cristo S. Paolo ha trovato la pace
del cuore, la vita dell’anima, il perdono
per la coscienza. Ma questa esperienza
lungi dal fare di lui un « soddisfatto »
gli ispira un desiderio più vivo di possedere un esperienza più profonda e più
completa di Cristo, la mèta, verso la
quale dunque egli prosegue.
Dobbiamo guardarci dalla tentazione di considerare la condizione nella
quale ci troviamo soddisfacente a tal
punto da consigliarci di rallentare la
marcia verso un ulteriore progresso se
non addirittura di fermarci al punto al
quale siamo arrivati. Siamo stati « ricevuti « nella chiesa, assistiamo più o
meno regolarmente al culto, leggìanao
la Parola di Dio. Ma con queU’unico
bagaglio potete voi presentarvi senza
alcun timore davanti al tribunale dì
Cristo ? La nostra condotta, la nostra
carità, ci vale l’approvazione del mondo. Ma sarà questo un titolo che ci assicura l’entrata nel cielo ?
Tutte le più belle virtù possono farci
cadere nel formalismo se Cristo non diventa vita della vostra vita ;ora, a questa mèta non si arriva che mediante
sforzi incessanti e che durano l’intera
nosti;^ esistenza terrestre. Se proseguire
implica rinunzie dolorose, lotte snervanti, il punto di arrivo, che vediamo
davanti a noi luminoso, ci sarà di incoraggiamento e con l’aiuto del Signore
sappiamo che un giorno vi giungeremo.
Mereoledì Lettura: 1 Cor. 1: 10-16.
9 Luglio Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Giov. 8: 47.
Come posso io sapere che appartengo realmente al Signore? Se in ogni circostanza io sono pronto ad accogliere
nel cuore le sue parole, tutte le sue parole che sono l’espressione della sua volontà a mio riguardo.
Ogni volta che Dio ci parla, siamo
messi alla prova. Egli ci tocca nel punto sensibile. Non possiamo ingannarlo
con una professione di fede che non corrisponde a quel che siamo effettivamente. Essere di Dio, vuol dire essere
pronti a fare qualunque sacrificio che
egli ci chieda, vuol dire farsi suoi schiavi, diventare strumenti docili al suo
volere, obbedire anche senza comprendere, andare anche se non sappiamo,
all’inizio, dove.
Quei di fuori criticheranno la vita
vostra fatta di totale dedizione al Signore; vi accuseranno di esagerazione,
di fanatismo, non importa. Quello che
Dio vuole, fatelo senza esitazione, non
consultando li vostro interesse personale, non sollecitando il parere dell’ambiente, non badando al « che dirà » della gente. Fate tesoro della parola di Dio,
obbedite. E’ la condizione della nostra
appartenenza alla razza degli eletti di
Dio.
Giovedì Lettura: 1 Cor. 1: 17-25.
10 Luglio In Cristo siete stati arricchiti. 1 Cor. 1: 5.
Venerdì Lettura: 1 Cor. 1: 26-31.
11 Luglio Cristo Gesù è stato fatto da
Dio per noi santificazione.
1 Cor. 1; 30.
Cristo è la santità dei suoi discepoli
di fj(onte agli a/Ssalti del peccato. Il
tentatore conta sui nostri tentennamenti, le nostre viltà, i nostri interdetti sono i suoi alleati. Non solo egli si vale
dei nostri punti deboli, ma anche delle
nostre virtù, per le quali facilmente £saltiamo il valore umano dimenticando
che tutto quanto posseidiamo lo dobbiamo a Dio, al quale deve andare la lode
e la nostra riconoscenza.
La vita cristiana non è una via facile. Se vi sono dei periodi dì calma, ci
sono delle ore in cui l’anima è avviluppata dalle tenebre. Le scosse, in genere,
sono la conseguenza di qualche infedeltà. L’uomo è sbattuto dalle tempeste e
la burrasca dura. Dio sembra non volen
intervenire. Che fare ? « Gridare con
lagrime », sperare contro ogni speranza,
perseverare fino all’esaudimento. La
convinzione, di poter con Cristo vincere
il vecchio uomo e il peccato non è forse
sorgente di energia possente ? E poi sapere che Dio non può abbandonarci,
non è forse una ragione per non disperare mai della nostra condizione ? Avete voi fatto l’esperienza della virtù
della croce di Cristo nella santa guerra
contro il peccato ?
Potete voi dire con la giuliva certezza che dà l’esperienza: Io posso ogni cosa in te ?
Sabato Lettura: 1 Cor. 2: 1-5.
12 Luglio Spogliatevi del vecchio
uomo... rivestite l’uomo nuovo.
Ef. 4: 21.
Chi vuol essere cristiano secondo il
pensiero di Gesù deve procedere ar^zitutto ad un lavoro di demolizione :
quello che ricercavamo, che amavamo
quando eravamo estranei alla vita dì
Cristo, i nostri pregiudizi, molte nostre
abitudini, ogni forma di egoismo,, tutto
deve sparire. In questo il Signore è dì
una intransigenza assoluta : vuole che
nulla rimanga di ciò che costituisce il
vecchio uomo. E poi c’è un’opera di ricostruzione da fare : col materiale fornitoci da Dio formare una nuova
personalità conforme al divino modello,
Gesù Cristo : avere i sentimenti che sono in lui, parlare, agire come lui, amare come lui, volere quel che volle. Quale concetto avete voi della vostra salvezza ? Sentite voi che colla nostra unione col Cristo, sorgente dì vita nuova,
siete diventate creature non più soggette alle antiche inclinazioni, ma trasformati completamente, ciò che prova che
siete un’anima rigenerata ?
g. t.
Domenica 13 Luglio
Leggere la meditazione in prima pagina.
Intendiamoci: non sì tratta qui di beni, che si rinchiudono in una cassaforte
o che si calcolano per ettari. Gesù ci
mette in guardia contro la tentazione di
appassionarci per le ricchezze che pe-"'
riscono e che non danno la felicità. Sono
ì beni spirituali che importano, quelli
egli dona doviziosamente. Nq ricordo ^
alcuni: 1. La fede: beato chi la possiede;
per essa si entra in comunione con Dio,
si afferra le sue promesse - per essa il
cuore serba la pace in mezzo alle burrasche della vita, e anima rincrollabile
fiducia che nulla ci potrà separare dall’amor divino. - 2. La speranza, che è
l’ancora gettata nell’avvenire, e che,ci
permette di tener duro in mezzo alle
sofferenze di ogni specie, sapendo che
non sono nulla di fronte alla gloria a
venire. - 3. La carità, altro inestimabile
elemento della fortuna spirituale del
credente, anzi il più eccellente, colui che
fa di noi dei figli autentici di Dio ;
« Chiunque ama è nato da Dio, perchè
Dio è amore ».
Voi che siete ricchi di beni terrestri
aspirate ai beni più preziosi ! Voi che
siete poveri e non possedete ricchezze
effimere, ma siete stati arricchiti dei doni celesti benedite il Signore di avervi
dato abbastanza quel che è indispensabile : siete ricchi in Dio.
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CORSO VENEZIA, 16
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BELLAVITA •• VM PARIMI, 1
_____________ ]I4 P.l» PARIMI S
La Bitta aon ha dapoalti m raporaMataalL
Lezioni : Dattilografia, Inglese, Francese, dà esperta insegnante. — Rivolgersi al giornale.
Prof. Gino Costabel, direttore responsabile
ARTI GRAFICHE « L’ALPINA » - Torre Pellice
C/15/1 V/ILDE5E DELLE DI/IQ0NE55E
Fondata nel 1901.
Ha per scopo la preparazione di
giovani cristiane, che desiderano consacrare interamente la loro vita al
Signore, curando i sofferenti.
Si mantiene mediante offerte volontarie.
Diaconesse felici I Un’ideale lungamente sognato che sì può attuare nella
vita delle nostre giovani.
Novizie alla Scuola Convitto
Per informazioni e offerte rivolgersi
al Direttore della Casa
Sia Past. ROBERTO NISBET
^ Convitto Valdese
TORRE PELLICE (Torino)
Indirizzi di Chlnse Vaidnzi
Angrogna — Pastore : Arnaldo Comba.
Angrogna (Serre) — Cand. Theol.
Edoardo Aime.
Bobbio Pellice — Pastore : Alberto
Ricca.
Luserna San Giovanni — Pastore : Lorenzo Rivoira.
Massello — Pastore : Enrico Tron.
Perrero — Pastore : Oreste Peyronel.
Pinerolo — Pastore : Luigi Marauda.
Pomaretto — Pastore : Guido Mathieu.
Proli — Pastore : Arnaldo Genre (incaricato).
Pramollo — Pastore : Paolo Marauda.
Prarostino — Pastore : Umberto Bert.
Riclaretto — Pastore : Alfredo Janavel.
Rodoretto — Pastore : Arnaldo Gerire.
Rorà ■— Pastore : Enrico Geymet.
San Germano Chisone — Pastore : Gustavo Bertin.
Torre Pellice — Pastore : Giulio Tron.
Villar Pellice — Pastore : Roberto Jahìer.
Abbazia — « Chiesa di Cristo » - Culto
ore 16 — Pastore : Carlo CJay, da
Fiume.
Aosta — Chiesa: Via XXIII Marzo, 1
— Pastore : Vittorio Subilla.
Barga — Chiesa Valdese (da Pisa).
Bari — Chiesa Valdese — Pastore : A.
Miscia - Via Tanzi, 33.
Bergamo — Chiesa ; Viale Vittorio
Emanuele, 4 — Pastore : Mariano
Moreschini - Viale Vittorio Emanuele, 52.
Biella — Chiesa : Piazza Funicolare Culto la 1*, 3*, 5* Domenica del mese
(da Ivrea).
Bordighera — Chiesa ai Piani di Vallecrosia — Pastore : Davide Pons Piani di Vallecrosia (Imperia).
Borrello — Chiesa Valdese (da Carun
chio).
Brescia — Chiesa : Via dei Mille, 4 —
Pastore : Davide Forneron, ivi.
Brindisi — Chiesa Valdese : Via Congregazione (da Taranto).
Caltanissetta — Chiesa : Via B. Gaetani, 50 (da Riesi).
Campobasso — Chiesa Valdese - Pastore: P. V. Panasela - Via Gianleonardo Palombo, 8.
Carema — (da Ivrea) - 2* Domenica.
CaruncHio — Chiesa Valdese — Pastore: ^
Liborio Naso.
Castelevenere — Chiesa Valdese (da
Napoh).
Catania — Chiesa : Via Naumachia, 20» <
— Pastore : Teodoro Balma, ivi.
Cerignola — Chiesa Valdese (da Or- ,
sara).
Como — Chiesa : Via Rusconi, 9 — Pastore : Carlo Lupo - Via T. Grossi, 17..
Coazze — Chiesa Valdese — Pastore :
Francesco Lo Bue.
Corato — Chiesa Valdese : Corso Mazzini, 27 (da Bari).
Cormaiore — Chiesa Valdese — Pastore : Vittorio Subilia.
F clonica Po ■— Chiesa Valdese — Pastore : Lami Coïsson.
Firenze — Chiesa : Via dei Serragli, 40
— Pastore : Emilio Corsani, ivi —
Chiesa : Via Manzoni, 21 - Pastore ;
Tullio Vinay, ivi.
Fiume — Chiesa : Via Pascoli, 6 e 5
(Culto ore 10) — Pastore : Carlo Gay^
Salita F. Colombo, 8.
Forano Sabino (Rieti) — Chiesa Valdese — Pastore : Enrico Pascal.
Genova — Chiesa ; Via Assarotti —
— Pastore : Francesco Peyronel Via Curtatone, 2.
Grottaglie — Chiesà Valdese (da Taranto).
Grotte (Agrigento) — Chiesa Valdese
(da Riesi).
Ivrea — Chiesa : Corso Botta, 5 — Pastore : Arturo Vinay - Casa Bavera Piazza d’Armi.
La Maddalena — Chiesa Valdese (da
Roma).
Lattano — Chiesa Valdese (da Taranto),
Livorno — Chiesa : Via G. Verdi, 3 —
Pastore : Alberto Ribet, ivi. '
Lucca — Chiesa : Via G. Tassì, 18 (da
Pisa).