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Anno 126 - n. 4
26 gennaio 1990
L. 1.000
Sped. abbonamento postale
G'uppo II A/70
In caso di mancato recapito rispedire
a : casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
STATO E CRIMINALITÀ’
CONVEGNO SUL TRASPORTO FERROVIARIO
La forza del diritto Alternativa necessaria
Brutta faccenda, per le ombre
sinistre che getta sulla nostra
società di diritto, la questione
deU’uccisione dei quattro « malviventi » che si apprestavano a
compiere un sequestro di persona; e brutta faccenda anche
il tentativo (in parte riuscito)
di stroncare sul nascere la critica ali’operato dell’arma dei carabinieri.
Nonostante autorevoli dichiarazioni in contrario, permane la
sensazione che si sia trattato di
un’esecuzione capitale, senza
neanche la parvenza di un processo. Da quanto infatti si è appreso, l’operazione di Luìno era
stata studiata e predisposta con
accuratezza. I carabinieri erano
al corrente delle mosse dei malviventi ed hanno loro teso una
trappola che è scattata con garande efficienza. Ma all’interrogatir
vo perché essi non siano intervenuti prima, evitando uno spars
gimento di sangue, non è stata
data finora una risposta soddisfacente. A meno che non sia
da considerare una risposta quella del ministro degli interni che,
valutando positivamente l’episodio, ha parlato di un « forte effetto deterrente dell’operazione
nei rigruardi degli ambienti criminaii proclivi a tali forme delittuose » (da « Il Mattino » del
21 genrv. ’90). Sembrerebbe dimque di capire, da questa autorevole dichiarazione, che la trac
gica piega presa dagli avvenimenti non sia stata del tutto
casuale.
C’è da augurarsi che non sia
così, perché non possiamo accettare che la forza, sia pure
impiegata, come dice il ministro,
« ad evitare pene indicibili ad
ima giovane innocente », prevalga sul diritto.
Giustamente l’opinione pubblica occidentale ha avuto un profondo senso d’orrore per la giustizia sommaria applicata in Romania nei confronti dei coniugi
Ceausescu. Eppure questi si erar
no macchiati di infami delitti
contro un popolo intero; e in
quei momento, così drammatico
e incerto per la sorte della rivoluzione, è stata addotta la ragion di stato a giustificazione
di un’azione così brutale. Allora è stato detto che quello era
un modo sbagliato di cominciare una rivoluzione, perché i principi fondamentali del diritto venivano scardinati.
A maggior ragione nel caso di
Luino, infinitamente più piccolo
rispetto alla questione romena,
la forza non doveva prevalere
sul diritto.
Ma c’è un altro elemento che
ci lascia perplessi e preoccupati: il questore di Reggio Calabria ha proibito 1 pubblici funerali ai quattro banditi uccisi,
probabilmente per questioni di
ordine pubblico. Una misura del
genere ha due analogie impressionanti: la prima è quella del
Sud Africa dove, com’è noto, le
autorità in genere impediscono
il funerale pubblico alle vittime
della odiosa politica dell’apartheid. La seconda è quella dclr
l’epoca in cui vigeva la pena
di morte: i giustiziati dovevano
essere sepolti in forma privata.
Si tratta, ovviamente, di analogie solo formali, ma è una mag;ra consolazione: siamo ugualmente inquieti per il clima che
si sta creando.
L’episodio di Luino si inserisce oggi in un quadro comples
sivo preoccupante. Poche settimane fa l’on.le Arnaldo Forlar
ni ha invocato la pena di morte contro i sequestratori. Manifestiamo tutto il nostro profondo dissenso contro una tale ipotesi per la quale, fra l’altro, sarebbe necessario cambiare la nostra Costituzione. Poi è stata
montata una campagna contro
la « legge Gozzìni »: una legge
tesa ad introdurre elementi di
umanità nel carcere e a fare
di questo un’istituzione volta al
ricupero sociale del delinquente.
A detta del direttore deUe
carceri italiane, Nicolò Amato,
sì tratta di una legge buona.
Come tutte le leggi può essere
applicata in modo corretto o sbagliato. Pare che nell’l,7% dei
casi in cui è stata applicata essa sia servita a delinquenti per
evadere facilmente dal carcere.
E’ ima percentuale che può abbassarsi ulteriormente. Ciò che,
a nostro modesto giudizio, deve
essere corretto non è la legge,
ma la sua appUcazione, da condurre probabilmente in modo
ancora più oculato.
La strage di Luino, il piccolo
paese calabrese di San Luca assediato e setacciato dalle forze
dell’ordine, il giro di vite neUe
carceri sono pezzi diversi di uno
stato che cerca nella forza la
soluzione a drammatici problemi antichi e nuovi. Siamo convinti che questa è una via senza
sbocco, produttrice di altra violenza. I nodi della società vanno
sciolti con la forza del diritto,
con la giustizia sociale, con una
nuova cultura.
Luciano Deodato
La rete italiana è inadeguata; occorre pensare ad un sistema misto,
combinato, tra strada e ferrovia - Un problema italiano ed europeo
Il problema del trasporto delle
merci, che nel nostro paese e verso l'estero avviene in massima
parte su gomma, è salito alla ribalta della cronaca negli scorsi
mesi con l’imposizione di una
drastica riduzione da parte del
governo austriaco al transito dei
TIR al valico del Brennero: alla
base di quel provvedimento la
ricaduta negativa, in particolare
sulla valle dell’Inn, destinata altrimenti a diventare un corridoio
autostradale. Lo stesso rischio è
stato da tempo rilevato dalle autorità elvetiche che, con il supporto anche della stragrande
maggioranza della popolazione,
oppongono da anni il loro rifiuto
alle richieste dei Paesi CEE di
acconsentire al transito diretto
dei TIR sul proprio territorio,
sulTasse nord-sud.
'Ma la questione esplosa recentemente ha origini ben più lontane, nella politica dei trasporti o
meglio, nella non politica portata
avanti globalmente.
Con una certa facilità si dice
oggi che la ferrovia può o deve
costituire un’alternativa valida al
trasporto su gomma, comprendendo in questa soluzione anche
il trasporto passeggeri.
L’occasione per riflettere sulla
situazione, confrontando le soluzioni possibili ed i progetti, è
stata offerta da una recente giornata internazionale di studio svol
Occorre rilanciare il traffico ferroviario attraverso i valicai alpini.
tasi a Torino su iniziativa della
Lega per l’ambiente e della Regione Piemonte.
Che cosa ha determinato la
scelta di privilegiare nettamente
il mezzo su gomma per il trasporto delle merci?
Certamente la rete ferroviaria
italiana, le infrastrutture sono
totalmente inadeguate rispetto alle necessità (basti pensare che
risulta attualmente quasi impos
28 GENNAIO: DOMENICA DELLA MISSIONE CONTRO LA LEBBRA
La gioia nel Signore
« Rallegratevi del continuo nel Signore,
capo dico: raUegratevi» (Pilippesi 4: 4).
Da
bastare a se stesso,
di un liberatore.
Qui — nel testo
1 libri della Bibbia sono pieni di inviti a rallegrarsi nel Signore: i Salmi, i canti di lode, le lettere, l’Apocalisse.
Questa esortazione di Paolo è particolarmente
significativa perché è stata scritta nella prigione
dove l’apostolo è rinchiuso a causa della sua fedeltà al Signore Gesù.
La sua gioia e il suo invito alla gioia non dipendono certo dalle sue condizioni, tutt’altro che
allegre, per cui possiamo comprendere tale esortazione solo se teniamo presente l’aggiunta: « ...nel
Signore ». La TILC traduce: «Siate sempre lieti
perché appartenete al Signore ». Essere in prigione
o liberi, malati o sani, trovarsi nelle difficoltà, nella
gioia o nel benessere, non cambia il fatto fondamentale che il credente appartiene al Signore. Noi che
crediamo gli apparteniamo perché egli ha ottenuto la nostra liberazione: liberazione da una religione di merito o giudizio; liberazione da noi stessi e
da ogni oppressione.
A questa esortazione Paolo aggiunge: « Il Signore è vicino ». Potremmo dire: è dalla nostra
parte; ci sostiene. « Più vicino a noi della nostra camicia », diceva Lutero.
Le vicende di questa vita non hanno l’ultima
parola. Dio è il Signore della storia ed egli conduce al traguardo il creato finché lutto sarà unito
in Cristo.
Se tutti potessimo tenere presente ciò, sia quando la vita scorre facile, senza intoppi, sia quando
dobbiamo affrontare delle prove, non avremmo difficoltà a rallegrarci nel Signore.
Chi soffre si rende di più conto della liberazione operata dal Signore. Forse perché sa di non
o perché sa di aver bisogno
— è Paolo che esprime la sua
fede in questo liberatore, ma tanti altri — ieri e
oggi — l’hanno fatto e lo fanno.
Domenica 28 gennaio: giornata mondiale contro la lebbra. Ricordiamo in modo particolare coloro che sono colpiti da questa terribile malattia.
Visitando in India e in altri paesi gli ospedali
della Missione contro la lebbra colpisce la serenità
dei ricoverati, che a volte portano orrende piaghe
e menomazioni fisiche. Come mai? Il sentirsi accettati, curati senza reticenza, vedersi toccare senza
ribrezzo, cambia totalmente il loro rapporto con gli
altri e con se stessi.
Alcuni — attraverso la testimonianza dei medici e infermieri credenti — hanno accettato Gesù
come loro Salvatore, ma tutti hanno sperimentato
l’amore — dettato da Cristo — di chi li cura. Sentirsi amati e non respinti è certamente uno dei
motivi della loro serenità. Ma anche se guariti, molti portano i segni della malattia sul loro corpo. Se
la lebbra non viene curata in tempo lascia le sue
« vittime » in una sorta di « prigione a vita ». Potranno tali persone rallegrarsi?
Potranno dire con quell’altro prigioniero: « Rallegratevi del continuo nel Signore »?
Il messaggio di Paolo esprime la speranza di
chi sa che le condizioni fisiche non hanno l’ultima
parola sulla nostra vita.
Qual è la differenza tra uno che si dispera
della propria « prigione » e uno che « si rallegra »?
Non sta forse nella certezza di appartenere al Signore dell’universo?
In qualsiasi occasione, quindi, rallegriamoci nel
Signore perché gli apparteniamo; la nostra vita è
nascosta in Cristo ed egli regna nei secoli.
Margaret Bertolino
sibile il trasporto dell’intero TIR.
su ferrovia attraverso le nostre
gallerie); tuttavia ha anche inciso
negativamente il fatto che in
ogni caso il trasporto delle merci
avvenga sottocosto (la rete degli
autotrasportatori è costituita per
il 90% da piccole ditte, i « padroncini » in costante concorrenza fra loro, al limite delTautosfruttamento).
Bisognerebbe cambiare radicalmente il modo di affrontare la
questione: perché dare per scontato che la costante crescita della domanda sia un fatto positivo?
Finché i costi del trasporto saranno bassi questa situazione
non muterà, a discapito di possibili investimenti o potenziamenti
in altri settori (magazzini, trasformazione in loco delle risorse
ecc.): è dunque il nostro modello che deve cambiare.
Quali scenari
per il 2000?
Negli ultimi anni la quantità
di merci trasportate su gomma è
aumentata in ragione di circa il
6% all’anno, quella su rotaia è
addirittura diminuita; quali le
previsioni?
« Gli studi effettuati — ha detto ring. Mario Carrara — partono da due scenari distinti ed in
realtà entrambi in difetto, rispetto a potenziali grosse variazioni indotte dalle aperture dell’Est europeo. Se si lavora .su una
semplice politica di liberalizzazione (teniamo conto che fra l’altro con il 1993 diminuiranno i
tempi burocratici alle dogane, alcune tasse ecc., il tutto con una
possibile riduzione del costo al
cliente del 15%) si avrà un ulteriore aumento del divario fra tror
sporto su gomma e su rotaia.
Se, invece, il mercato sarà regolato anche dall’impatto che un
tipo o l’altro di trasporto hanno
sull’ambiente, calcolando, oltre ai
costi puri e semplici, anche quelli sulla popolazione e della necessità di "protezioni” rispetto alle
Plervaldo Rosta«
(continua a pag. 12)
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commenti e dibattiti
26 gennaio 1990
IL CULTO IN TV
Cari fratelli del Servizio Radio-TVStampa della FCEI,
volevo scrivervi già prima della vostra risposta a Giorgio Peyrot, di cui
non condivido gii inutiii eccessi poiemici. Tuttavia, stiamo ancora una voita
correndo, neiia situazione itaiiana, il
fortissimo rischio di omoiogazione, che
spesso ci ha minacciati neiia nostra
esistenza. Non vi dispiaccia perciò se
arrivano certe angosciate grida di ailarme.
Avendo fatto parte per anni dei soppresso « comitatone » del vostro Servizio, conosco bene quaii sono ie vostre ricorrenti difficoità e non vorrei
crearvi più imbarazzi di quanti già non
ne abbiate con questa ietterà, ma preferisco rivolgermi a voi pubblicamente
anziché in privato, perché vorrei che
tutte ie comunità evangeliche itaiiane
fossero coinvoite neiia riflessione, che
di nuovo si rivela indispensabile, sull'uso che in nome loro viene fatto dei
mezzi di comunicazione e voi non foste lasciati in solitudine a gestirlo, subendone spesso conseguenze e critiche negative.
Nella vostra replica a Peyrot, molto
equilibrata, mi pare, non ho trovato risposta sufficiente ad alcune mie domande: vi prego perciò di voler pazientemente rispondere anche a me.
E' vero che il nuovo direttore della
Rete Due voleva sopprimere la normale trasmissione della domenica sera di « Protestantesimo », pur concepita come culto natalizio in una comunità del Sud, non ritenendola adeguata per competere con la contemporanea messa papale delle 23,30?
,E' vero che è dovuto intervenire di
persona il Presidente della FCEI per
fronteggiare questo pericolo, offrendo
ralternativa, televisivamente più eloquente, di un culto evangelico a Torino, in una chiesa grande e affollata?
E' vero che il direttore ha dato nel
corso di queste trattative un giudizio
complessivamente negativo sulla qualità di tutto « Protestantesimo »?
E' vero che questo giudizio e la
minacciata soppressione della trasmissione della sera del 24 dicembre potevano (e possono ancora) preludere
aH’annullamento definitivo della convenzione RAI-FCEl?
E’ vero che la Rete Due, cambiata
opinione, ha offerto per il culto da
Torino una disponibilità di mezzi superiore alle vostre richieste?
■ E' vero che il carattere « ecume
nico » (nel peggior senso italiano del
termine, incontrovertibilmente) della
trasmissione, consistente nell’invito a
un rappresentante della gerarchia cattolica, sia pure di nostro gradimento, vi
è stato pur esso imposto dalla RAI
come condizione (e scongiurato solo
dal buon senso dell’invitato, a cui dobbiamo per questo essere grati)?
Mi pare che un conto sia l’accettazione delle esigenze espressive del
mezzo televisivo (Girardet ce lo ha
insegnato a tutti) e un altro, tutto
diverso, sia l’acquiescenza a certe imposizioni.
Se vogliamo dare l’impressione di
essere più grossi di quel che siamo
nell’Immagine del piccolo schermo, non
rischieremo di far la fine della rana
di Fedro e scoppiare e molto ecumenicamente scomparire, almeno nell’apparenza televisiva, in questi felici tempi di trionfo del pontefice romano,
dei partiti d'ordine, del libero mercato?
Non credete necessario a questo
punto che una legge-quadro sulle intese con le minoranze religiose, ancora da fare (battisti, non abbiate frettai) o da rivedere, assicuri autonomi
spazi nel servizio pubblico, non più
cancellabili a discrezione?
Giacomo Quartino, Genova
Sono interessanti i commenti scaturiti a seguito del culto di Natale
in TV. Dobbiamo sempre spronarci per
migliorare ma... la critica radicale del
« tempio pieno » è addirittura autoleslonistica. L’alternativa era la ripresa
TV in un tempio semivuoto. Il radicalismo evangelico, per coerenza, ci
porterebbe molto lontano, anche al concetto della povertà francescana che
noi protestanti, in maggioranza imborghesiti, di certo non pratichiamo.
Utile la discussione circa la registrazione, la toga, il predicatore moderatore. Soprattutto se ci sarà un’altra
occasione (Natale ’90?) vale la pena di
raccogliere il maggior numero di pareri sui punti contestati.
La registrazione: perché scandalizzarci? Sono lustri che abbiamo accettato il culto radio. Direi che la validità del messaggio registrato vale
certamente come il bello della diretta.
La toga: ha un significato per
Fondo di solidarietà
Un altro anno è trascorso anche per il nostro Fondo; qui
appresso i lettori troveranno
l’élenco delle offerte relativo allo scorso mese di dicembre. Mentre ci riserviamo di pubblicare
quanto prima il rendiconto concernente il 1989, segnaliamo le
due iniziative in corso.
Innanzitutto, il Centro agricolo e socio-sanitario di Nyengo
in Zambia. Come abbiamo già
ricordato più volte, si tratta di
tm centro — progettato dalla
CEItAA — finalizzato alla formazione di cooperative che diventino poi economicamente autonome, con tecniche agricole appropriate e sufficienti alle necessità alimentari della popolazione. Accanto a questo aspetto
vi è anche quello igienico-sanitario, soprattutto in riferimento
all’uso delle acque (pozzi, canalizzazioni) ed alle cure mediche.
Il nostro obiettivo è il raggiungimento della cifra di sei milioni (in cassa ve ne sono ormai
circa cinque), per cui invitiamo
ancora caldamente i lettori ad
appoggiare questo progetto, con
il duplice scopo di portarlo a
termine al più presto e di proporre quanto prima un’altra iniziativa.
L’altra raccolta di fondi è
per la Chiesa presbiteriana del
Mozambico: anche a questo proposito abbiamo già dato, nei
numeri scorsi, varie notizie. Ci
limitiamo ora a ricordare che
questa iniziativa vuole essere la
nostra risposta all’appello che il
Consiglio della CEVAA ha rivolto alle chiese membro a favore
dell’impegno della Chiesa presbiteriana locale per i rifugiati.
Oltre un terzo della popolazione
(5 milioni su 14 milioni di abitanti) ha dovuto infatti abbandonare i propri villaggi a causa
della guerriglia e delle devastazioni.
I lettori forse ricorderanno
l’articolo, apparso sul numero del
22 dicembre scorso del nostro
settimanale (« I bambini al centro del dramma »), che riferiva
sulle spaventose violenze subite
dai bambini e dagli adolescenti costretti ad impugnare le armi dalla Renamo (Resistenza nazionale mozambicana) finanziata
dal vicino Sud Africa, che mira
a colpire il governo legittimo e
le infrastrutture essenziali per
la vita del paese. Sono così avvenute gravi distruzioni di scuole, di ospedali, di ambulatori, di
strade, di servizi vari.
Attualmente disponiamo per
questa iniziativa di poco meno
di quattro milioni: anche in questo caso invitiamo i lettori a generose e sollecite contribuzioni,
onde poter al più presto dare un
segno della nostra concreta solidarietà.
Le offerte vanno inviate, come
di consueto, al conto corr. po_
stale n. 11234101 intestato a La
Luce, Fondo di solidarietà, via
Pio V n. 15, 10125 Torino, possibilmente indicando la causale
del versamento (Zambia e/o Mozambico).
Elenco offerte pervenute nel
dicembre 1989
L. 237.000: Scuola domenicale valdese. Taranto.
L. 100.000: Mirella e Ernesto Bein;
Aldo Cianci; Edo e Nadia, Padova.
L. 50.000: Michele Ruggiero: Sauro
Gottardi; Gabriella Marangoni; Patrizia
Inebria.
L. 10.000: Ninfa Mongiovetto Pavignano.
Totale L. 747.000.
Totale precedente L. 7.927.359.
In cassa L. 8.674.359.
alcuni di noi, ma per gli italiani è
identificata con il paramento del prete cattolico.
Il predicatore: è logico che sia
il pastore ospitante. Non necessariamente in un megatempio.
Termino ringraziando tutti coloro che
si sono adoperati per questa testimonianza — nuova — nel nostro paese.
Auspico per gli « operai della Chiesa » che vengano loro rivolti sempre
pareri costruttivi e fattivi perché è
molto difficile ed impegnativo compiere opera di testimonianza dell’Evangelo.
Roberto Mollica, S. Mauro Torinese
I LIBRI
INUTILIZZATI
Resto sempre molto impressionata
quando, nelle circolari che riguardano l'attività dei predicatori locali, ai
quali appartengo, leggo che i buonilibro destinati ad essi e utilizzabili
presso le librerie Claudiana rimangono inutilizzati dalla maggioranza dei
predicatori stessi. Resto impressionata, ma anche un po' scandalizzata e
molto perplessa. Non vorrei venisse
fuori una categoria di predicatori convinti di poter utilizzare un patrimonio
innato di scienza infusa misteriosamente dall'alto. Oggi, giustamente, si
sottolinea l’importanza dei centri di
cultura protestante perché in un mondo complesso come l’attuale il nostro
linguaggio rischia ad ogni momento dj
diventare un dialetto in estinzione.
Vogliamo diventare predicatori e annunciatori oppure analfabeti? Il nostro
orrore della cultura è tale che nemmeno gratis vogliamo esserne contaminati?
Rita Ga,y, Bergamo
DISACCORDO
COMPLETO
Mi riferisco all’articolo Un socialismo dal volto umano? La posta in
gioco (n. 50 del 22.12.’89).
Permettete la franchezza, ma chiedo: è possibile pubblicare un commento tanto stupido ai grandi avvenimenti
di questi mesi?
L’autore, che si firma D.C., è convinto che l’Occidente esulti al crollo
dell’Est e vagheggi una Europa unita
intorno all’unica spietata legge della
libera concorrenza. Che il crollo del
muro di Berlino significhi per tutti, all’Ovest come all’Est, un ampliamento
insperato dell’orizzonte umano e civile in cui vivremo gli anni venturi deve sembrargli cosa di secondaria importanza, un dettaglio di cronaca, fole
da entusiasti della prima ora. Ciò che
veramente impressiona ed inquieta il
columnist è questo Occidente affarista
ebbro di liberalismo economico.
Ma attenzione, avverte sarcastico e
disincantato, . da noi (cioè qui all’Ovest) la libertà è un fatto relativo »
(sic!).
Confesso che sono sbigottito: dunque esistono posti sulla terra, e lui
deve conoscerne per forza qualcuno,
diciamo tre o quattro, in cui la libertà
è un fatto assoluto, non sottoposto ad
alcuna limitazione, nemmeno quelle biologiche. Tuttavia non ce li rivela, forse
per dimostrare la sua assoluta libertà
di dire (e pubblicare!) sciocchezze.
Difatti prosegue: . Ora che gli stati
socialisti sono morti, chi ci darà la
nostra immagine? Chi sfiderà il sistema capitalista? ». Evviva. Ci voleva tanto? Ora è chiaro: D.C. è ingenuamente e pavidamente marxista. Crollato il
socialismo reale si ritrova solo come
un soldato in avanscoperta a cui d’improvviso i commilitoni non coprono
più le spalle. Che fare?
I paragrafi seguenti sono goffi tentativi di trovare una via d’uscita.
II primo è cauto e meditativo; ammesso che il capitalismo sia la forma
naturale dell’economia, la natura, afferma D.C., è alle volte viziosa (ma
cosa vorrà dire?) e deve essere padroneggiata a profitto dell’uomo. Dunque, se capisco bene, è a favore di una
qualche forma di economia pianificata
0 eventualmente di capitalismo di stato.
Il secondo tentativo è più ardito:
OK, dice il columnist, ■ il capitalismo
sembra aver vinto » ma non ha fatto
1 conti con Bonhoeffer, del quale riporta una frase non troppo originale:
• La vittoria non è prova della verità ». Sarà davvero di Bonhoeffer? E
poi se la vittoria non è prova della
verità, lo è forse la sconfitta?
Sia come sia l’effetto è raggiunto:
non si sente più solo, trovato un appiglio autorevole può dare alcuni severi ammonimenti all’Occidente: aiutiamo sì la democratizzazione dell’Est,
ma senza esagerare con la propaganda filo-occidentale. Lasciamo, dice, quei
popoli liberi di costruirsi un socialismo dal volto umano. Ne hanno diritto, e farà bene anche a noi.
Ma non capisce che le categorie
politiche del passato, socialismo dal
volto umano incluso, non servono più?
Non vede che in questi giorni il futuro, certo fra innumerevoli difficoltà
ed incertezze, si è realmente aperto?
E’ così difficile per un cristiano, come probabilmente D.C. è, prenderne
atto, e con gioia?
Termino qui. Manco a farlo apposta
l’articolo si chiude con un originale
parallelismo fra la vicenda storica del
cristianesimo e del socialismo e rispettive cadute. Chi se l’aspettava?
Pierguido Viterbi, Milano
LA CHIESA
ECUMENICA DI ASTI
Caro Direttore,
ringrazio tanto per il bell’articolo
sull’inaugurazione dei locali della nostra comunità. Nel leggerlo, ognuno
di noi ha rivissuto quel semplice ma
sinceramente gioioso momento di festa
e di speranza. Questi modesti locali
sono già diventati il punto di riferimento di molti in Asti, a partire dall'Associazione per la pace e dal Comitato per la laicità della scuola, a
cui abbiamo dato la .possibilità di stabilire lì la propria sede.
Permettimi ora di aggiungere all’articolo alcuni pensieri di riconoscenza
verso quei fratelli e quelle sorelle che
ci hanno aiutato e incoraggiato.
Un grazie sincero al Presidente dell’Associazione delle chiese battiate piemontesi che con la sua presenza e
il suo caloroso intervento ha manifestato la simpatia delle comunità battiate: grazie, pastore Paschetto.
Grazie al pastore Tomassone, per
gli stessi motivi, e alla comunità di
S. Marzano per il suo generoso gesto
di fraternità.
Grazie a tutti gli amici, anche lontani, che ci hanno sostenuto moralmente e concretamente in questa impresa: a Febe, Irene, Elisa, Filippo, Gio
vanna, Ada, Angelo, Martin, Paolo, Anna, Maria, Giorgio, Giuseppe e tanti
altri.
Un grazie particolare al pastore P.
Castelluccio che per alcuni anni ha
seguito il gruppo battista. Con la sua
presenza costante, non ha lasciato soli
quei fratelli e quelle sorelle quando
vivevano la loro fede in una situazione di difficile diaspora e che, infine,
li ha incoraggiati a seguire questa
originale esperienza ecumenica con spirito veramente evangelico, senza cogliere altro frutto ohe la lode al Signore.
E a don Franco Barbero, che pazientemente ha creduto nelle nostre piccole forze, ci ha Consigliati preziosamente, ci ha spronati e ha condiviso
con noi anche i momenti più faticosi
in cui la « poca fede » ci faceva osare
poco.
Per tutti esprimo la riconoscenza di
ognuno di noi e la lode al Signore per
aver avuto la loro amicizia quale segno
del suo amore.
Bruno Giaccone, Asti
CERTEZZE
EVANGELICHE
SulVargomento della presenza evangelica ad Asti abbiamo ricevuto un^altra lettera del fratello Mario Goletti
che, dopo aver ricordato che il locale di
culto valdese fu chiuso nel 1947, prosegue:
« Io presenziai nel 1955 alFapert-ura
di una comunità pentecostale che è passata da 15 membri agli attuali 250;
c’è inoltre una fiorente comunità della
Chiesa dei fratelli... La presenza evangelica è una fiorente realtà ».
Circa l’articolo di L. Deodato (n. 47/
89) Goletti osserva:
cc Sono convinto che per i credenti la
ricerca è finita quando si è incontrato
Cristo (Osea 6: 3). La storia dell’ecumenismo confonde le idee ed allontana le certezze. Non si capisce perciò
Tentusiasmo da parte di responsabili
delle chiese per questo tipo di chiese
ecumeniche, per quest’ecumenismo con
i cattolici di base che pur dissentendo
su qualche punto dal loro capo, in linea di massima accettano le centinaia
di eresie aggiunte all’Evangelo nei secoli ». Circa Vafjermazione di Deodato
sulla laicità della nuova chiesa Goletti
osserva: « Andrei piano ad auspicare
una società nuova più laica. Ripeto, il
credente non ha bisogno di confronti,
né di essere perennemente in ricerca;
in Cristo egli ha tutto. Chiamatemi pure fondamentalista o fariseo ma queste
sono le mie certezze e di molti altri
credenti ».
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio GardioI
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L. 80.000 rea) L. 130.000
n. 20936100 intestato a A.i.P. - via Pio V, 15
Il n. 3/’90 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino e a quelli
delle valli valdesi il 18 gennaio 1990.
Hanno collaborata a questo numero: Ivana Costabel, Maria Luisa Barberis,
Maura Bertin, Vera Long, Luigi Marchetti, Ruggero Marchetti, Paola
Montalbano, Roberto Peyrot, Florestana Sfredda Piccoli, Eugenio Stretti.
3
r
26 gennaio 1990
commenti e dibattiti
IL DIBATTITO SUL COMUNISMO
Sono per Gorbaciov
L’applicazione rivoluzionaria del socialismo scientifico - Le conseguenze della seconda guerra mondiale - Ora lo scenario è mutato
Accetto volentieri lo stimolo
alla discussione tra fratelli di
Paolo Cerrato sul tema che ci
coinvolge tutti « il comunismo », anche perché non sono i
d'accordo con Fimpostazione generale del suo intervento, in
quanto ritengo che dia un giu
dizio negativo degli ultimi av- |
venimenti succedutisi a ritmo in !
calzante in quest’ultimo anno
nei paesi dell’Europa orientale.
Un grande
rivoluzionario
Infatti io do un parere del tut
to positivo dell’operato di Gor
baciov, che ritengo più che un
riformista un grande rivoluzionario, quasi al livello di Lenin.
La rivoluzione bolscevica d’ottobre è stata la prima applicazione pratica e concreta dell’ideologia marxista, cioè del socialismo scientifico, come è stato
spesso designato, e pertanto tutto l’opposto di una utopia; ma
non ha finora realizzato alcuni
degli obiettivi che si era posto
il movimento operaio.
indubbiamente il processo rivoluzionario è stato condizionato da tutta una serie di fattori
esterni, da quelio iniziale dovuto al naufragio dello zarismo
sotto il peso della sconfitta militare in una guerra peraltro non
sentita né voluta dal popolo russo, fattore questo trascurato da
Kerenskij, cosa che lo porterà
alla sconfitta del suo breve esperimento democratico, passando
attraverso la guerra civile, fino
ad arrivare allo scontro titanico
con il nazismo; tutto questo ha
determinato il prevalere nettissimo della ragione di stato nella
determinazione della linea politica, a scapito dei motivi ideologici.
Anche lo stesso patto StalinHitler è per me dovuto al tentativo sovietico di evitare la formazione di un'alleanza de] fascismo con le democrazie occidentali in funzione anticomunista,
in quanto Stalin era ben cosciente della debolezza nassa ed aveva avuto modo di constatare come i responsabili delle democrazie occidentali fossero in vena
di concessioni nei confronti del
grande conquistatore del momento, cioè di Hitler, il quale
li definiva giustamente dei « vermi ».
Anche senza voler arrivare ad
essere machiavellici, non penso
sia il caso di dare sempre un
giudizio morale su determinati
fatti storici.
Al termine della seconda guerra mondiale l’Unione Sovietica,
arrivata ad occupare una parte
della Germania, pensa bene di
costituirsi tutta una serie di stati-cuscinetto tra il suo territorio e la Germania, dove installa
con la forza dei regimi comunisti.
Nel discorso in Campidoglio
Gorbaciov dichiara « finita » la
seconda guerra mondiale, in altre occasioni « superata » la dottrina della sovranità limitata,
cioè in altre parole l’URSS rientra nei suoi confini e lascia pra
Con l’azione di Michail Gorbaciov (Qui con la moglie) Ihst sta
conoscendo una nuova stagione politica.
ticamente liberi i paesi dell’Europa orientale di regolarsi come
ritengono meglio in merito al
loro sistema economico-sociale.
Quali conclusioni si possono
trarre da queste premesse? Che
finora vi era un ipotetico scontro ideologico fra le due parti
dell’Europa, quella occidentale e
quella orientale, mentre in realtà si trattava solamente di uno
scontro di potenza puro e semplice fra l’Unione Sovietica da
una parte e gli Stati Uniti dall’altra.
Ora che questo scenario è mutato, non si potrà più dire che
nell’ambito dei paesi comunisti
è stata realizzata la giustizia sociale a detrimento della libertà
(in quanto si trattava certamente di una dittatura di ferro), all'opposto di ciò che avviene nei
paesi occidentali, dove vige la
democrazia e la libertà.
Il discorso della dittatura del
proletariato, cioè della necessità
di fare gli interessi della classe
operaia indipendentemente dalla conquista del consenso che
solo può legittimare all’esercizio
del potere, appare del tutto superato per le aberrazioni alle quali può condurre; le cosiddette libertà borghesi, cioè i diritti civili, il garantismo, la democrazia sono conquiste di civiltà non
di una classe soltanto, ma dell’umanità intera e perciò vanno
conservate.
E’ questo il migliore
dei mondi possibili?
Attualmente si parla molto della crisi del comunismo o del sc>
cialismo reale, come si preferisce, come se vivessimo nel migliore dei mondi possibili con
il nostro sistema capitalisticoborghese, mentre viviamo in modo edonistico e materiale, senza
nessun ideale o valore che non
sia quello del guadagno o più in
generale dei soldi, della carriera, degli status-symbol, ecc.; ed
a questo proposito è irnportante la funzione che possiamo escrcitare noi evangelici con la
nostra fede c testimonianza, per
ricreare dei valori che non siano come al solito .solo quelli di
lottare come belve per sopraf
asv e MASTRO GEPPETTO presentana
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Il primo gioco in ItaKa
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Una proposta originale
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n famiglia, a scuoia,
nei gruppi, con gli arma.
Per ordini o intormarioni. MASTRO GEPPETTO «• Bologn« 1M - 101S4 Torino ■* #11/»515tl1
asv ■ Ciò Chieri 1S1/e ■ 10133 Tomo *011 /»«307
fare il prossimo e per accumulare più denaro.
Prosegue inarrestabile la marcia verso la concentrazione in
campo economico; questo fenomeno di notevole portata a livello sia nazionale che soprattutto internazionale, già intravisto da Marx ai suoi tempi, benché fosse appena agli albori, può
solo condurre ad uno squilibrio
crescente nella distribuzione del
potere, attribuito ad un numero
di persone sempre più ristretto,
mentre anche il livello dei redditi, anziché livellarsi, tende sempre più a differenziarsi di modo
che l’uguaglianza sia pure solo
formale sancita dalle leggi è una
pura chimera.
La competizione economica,
spinta all’eccesso, pur introducendo una certa efficienza nel
sistema, avrebbe rischiato di produrre conseguenze tragiche per
la classe lavoratrice se non fosse stata arginata da una consistente legislazione sociale; mentre il perseguimento del profitto, senza curarsi dell’ambiente,
ci ha condotti ad un livello d’inquinamento molto preoccupante.
E’ solo in una condizione di
libertà come quella che sembra
delinearsi che il dibattito ideologico può acquisire una sua funzione effettiva, senza essere condizionato da considerazioni di
potere o di interessi di parte:
è compatibile la proprietà pubblica dei mezzi di produzione
con il mercato, cioè con dei prezzi non fissati d’autorità e centralmente, ma con la legge della domanda e dell’offerta? E’ lecito lasciare fallire le imprese
che vanno in rosso, anche se
questo può creare problemi di
disoccupazione? Cosa bisogna fare per i paesi in via di sviluppo?
A queste ed a tantissime altre
domande si potrà speriamo rispondere tranquillamente, senza
i dogmatismi e gli estremismi
ch.e hanno caratterizzato finora
tali questioni, e senza la convinzione di avere il monopolio della verità assoluta in tasca, e la
soluzione già pronta per tutti i
problemi.
Concludendo, penso che forse
stiamo assistendo all’inizio di
un’epoca nuova, nella quale sarà forse possibile cercare di conciliare la giustizia sociale con la
libertà; certo non si tratta di
un percorso facile né immediato: sta proprio qui lo sbaglio
in cui è incorsa la sinistra italiana credendo di poter creare
un mondo migliore già per il
domani, cioè a breve scadenza,
mentre si tratta di una via più
lunga e complessa.
E' proprio in tale contesto che
quello che viene chiamato « il
più grande partito progressista
italiano » avrà la funzione di
continuare a difendere gli interessi dei più deboli, ovvero dei
ceti subalterni, comunque finisca per decidere di chiamarsi.
Luciano Panero
i lettori
Gli ultimi numeri del settimanale sono stati inoltrati in
ritardo rispetto ai nostri programmi. La ragione sta nel
fatto che la « cinese » ha colpito più di un tipografo. Chi
stava bene si è dato da fare,
ma i tempi sono stati inevitabilmente più lunghi.
Dietro questo giornale ci sta
infatti molto lavoro umano e
la nostra « impresa » ha un carattere « artigianale ». In un
periodo dove si parla molto
di professionalità e di modernità, può essere anacronistico
parlare di ritardi per causa
di malattia, ma a ben guardare è la condizione vera degli
uomini e delle donne.
Spero che i ritardi non abbiano fatto decidere qualcuno
a non rinnovare l’abbonamento perché « tanto non arriva ».
Noi ce la mettiamo tutta per
spedire il giornale ogni mercoledì sperando che l’apparato
postale funzioni.
Per ora le poste si sono limitate ad aumentare il costo di
spedizione da 4 a 35 lire la co
pia, con un aggravio notevole
sul nostro bilancio. Ovviamente l’aumento pesa molto di più
su un piccolo settimanale come il nostro che sui grandi.
Nel tariffario postale sono
scomparsi gli scaglioni inferiori ai 200 gr. così siamo stati inseriti, noi che spediamo
un prodotto di circa 50 grammi, nello stesso scaglione dell’Espresso, Panorama, Famiglia Cristiana...
Tutto questo per ricordare
ai nostri lettori di rinnovare il
loro abbonamento, tenendo
conto anche delle spese a cui
dobbiamo far fronte. Siamo
un giornale che si vuole autoiìnanziare.
Vi ricordo che abbiamo tre
forme di abbonamento :
— annuale L. 42.000
— costo reale L. 65.000
— sostenitore L. 80.000
L’importo va versato sul ccp
20936100 intestato a AIP, via
Pio V n. 15, 10125 Torino.
Attendiamo tutti fiduciosi il
vostro rinnovo.
Giorgio Gardiol
LA CHIESA UNIATE IN UCRAINA
Polonia protestante
Indubbiamente utili le integrazioni di Cesare G. De Michelis al mio breve articolo sulla Chiesa uniate in Ucraina. Ma
devo insistere a proposito della Polonia protestante.
Fin dagli anni ’20 del ’500 il
luteranesimo si diffuse a macchia d’olio in Polonia: molti
scritti di Lutero furono tradotti, due vescovi e molti predicatori regolari — fra cui il cappellano della regina Bona Sforza, l’umanista italiano Francesco
Lismanini — simpatizzarono apertamente per la Riforma, che
ebbe i suoi centri principali a
Königsberg (nella Prussia orientale del luterano Alberto di Brandeburgo, vassallo del Regno di
Polonia), dove nel 1544 venne fondata una Università protestante,
e a Cracovia (la diocesi dell’attuale papa). La gerarchia cattolica attraversava una crisi profonda: in pochi anni circa un quarto delle parrocchie passarono armi e bagagli alla Riforma (900
su 3.600).
Poi, dopo il 1550, arrivò l’ondata calvinista: anche molti luterani passarono al calvinismo,
che offriva maggiore libertà di
movimento e più indipendenza.
Scrive R. R. Betts: « Il mezzo
secolo che seguì gli inizi della
Riforma in Germania vide una
espansione quasi ininterrotta del
protestantesimo nell’Europa Centrale... Il calvinismo divenne a
poco a poco la religione dominante nella parte polacca della
Piccola Polonia e in Lituania;
nella Grande Polonia e nella
Prussia, invece, il luteranesimo
e la setta dei Fratelli Boemi
mantennero la loro supremazia »
(Cambridge Modern History, voi.
II, pp. 265 e 261).
L’apostolo del calvinismo polacco, Jan Laski (1499-1560) —
convertito a quanto pare da
Calvino stesso — era nipote del
primate di Polonia, arcivescovo
di Gniezno, e avviato egli stesso
a diventare vescovo cattolico. La
corrispondenza fra Calvino e i
polacchi conta ben 80 lettere.
Il gran cancelliere del re,_ il
ricchissimo « voivoda » palatino
di Wilno, Nicola Radziwill il Nero, era uno zelante propugnatore della causa protestante. Per
accogliere degnamente il re di
Polonia nel suo sontuoso castello, « fece eseguire nei Paesi Bassi un grande arazzo con un bel
ritratto di Martin Lutero con il
defunto Principe elettore di Sassonia e, a fianco, il battesimo
di Cristo nel Giordano, e ordinò di appenderlo nella grande
sala dove il re avrebbe dato u
dienza ogni giorno » (Léonard,
Storia del protestantesimo, I,
p. 254).
Lo stesso re Sigismondo II
Augusto (dal 1548 al 1572), uomo di larghe vedute, era in corrispondenza epistolare con Melantone e con Calvino. Quest’ultimo, nel 1549, gli dedicò il suo
Commentario della Lettera agli
Ebrei.
Ma realmente decisiva fu la
vastissima adesione al calvinismo della piccola nobiltà polacca, la potente szlachta. Ecco cosa ne scrive il cattolico E. Iserloh: « Sotto Sigismondo II il
protestantesimo raggiunse in Polonia un grande sviluppo. Nel
1569 il Senato annoverava 58
membri protestanti contro 55
cattolici. Negli anni 1552-65 furono eletti marescialli della dieta soltanto elementi protestanti » (Storia della chiesa, a cura
di H. Jedin, voi. VI, p. 383).
E nel 1572, alla morte di Sigismondo II, quando sembrava
certa l’ascesa al trono di Polonia del francese Enrica d’Angiò
(1551-1589), figlio cadetto di Enrico II e di Caterina de’ Medici,
i nobili protestanti polacchi, in
collaborazione con alcuni cattolici, redassero a Varsavia uno
statuto che garantiva la libertà
religiosa e ne imposero la firma al giovane principe straniero, dicendogli duramente: « Se
non giuri non regnerai ». A quel
momento, raggiunto a Sandomierz il «Consenso» fra le varie componenti del protestantesimo, tutto lasciava pensare che
la Polonia fosse avviata a diventare un Paese a maggioranza
protestante e un campione della tolleranza. E invece: pochi
anni dopo, la « riconquista » gesuitica! Certo il vizio occulto
c’era: il non aver saputo conquistare l’animo del popolo contadino, a differenza di quanto
accadde in Ungheria e in Moravia.
Per tornare alla Chiesa uniate in Ucraina, molto correttamente Gorbaciov ha proposto
un referendum fra i membri di
quella chiesa per lasciar dech
dere al popolo dei fedeli. Ma il
Vaticano ha sostenuto che si
deve parlare di censimento, solo per sapere quanti sono i cattolici. La questione sarà quindi
ancora una volta decisa dai vertici escludendo la base? E’ molto probabile, ma è sintomatico
che l’autoritario capo del Cremlino abbia dato una bella lezione di democrazia al papa polacco!
Carlo Papini
4
4 fede e cultura
26 gennaio 1990
GIOVANNI KLAUS KOENIG
LA SPEZIA
Un architetto valdese Le chiese nella DDR
L attività didattica e quella nel campo storico-critico - Un rilievo
particolare hanno gli uffici di Agape e il tempio di San Secondo
Per la disciplina architettonica contemporanea, ed in particolare per il contesto valdese, dal
dicembre dell’anno scorso è venuto irrimediabilmente a mancare uno dei più significativi personaggi della cultura moderna ed
attuale : l’architetto Giovanni
Klaus König.
König, professore di storia
dell’architettura alla Facoltà di
Firenze (dove era stato anche direttore dell’Istituto di storia) ed
assistente di Italo Gamberini per
Elementi di architettura e rilievo dei monumenti, nella sua ampia e complessa attività culturale (più però pubblicistica che
progettualmente professionale) è
diventato uno dei protagonisti
della critica architettonica contemporanea, essendosi occupato
di saggistica storiografica in diverse pubblicazioni editoriali, di
cronaca operativa su note riviste
specializzate (tra cui « Casabella » e « Modo »), ed anche di prodotti d’uso quotidiano e di ’’design”.
Tra le sue opere più importanti si possono ricordare « Analisi del linguaggio architettonico », del 1964, la famosa «Architettura dell’espressionismo »,
scritta con Franco Borsi nel
1967, « Architettura e comunicazione » del 1970, la monografia
sull’architetto e designer fiorentino « Pierluigi Spadolini » del
1985, ed il più recente «Tecnologia delle costruzioni » del 1988.
Non si deve tuttavia dimenticare che König è stato però anche uno dei protagonisti principali e più capaci dell’attuale, e
postmoderna come epoca, architettura valdese contemporanea,
avendo completato gli edifici di
Agape (amministrazione e biblioteca) realizzati nell’impianto generale da Leonardo Ricci (altro
importante progettista odierno
della cosiddetta Scuola fiorentina) nell’immediato dopoguerra,
in quel rinnovante periodo che,
dopo il fascismo, cercava una
’’ricostruzione” generale della
cultura italiana tra il 1948 ed il
San Secondo. Il tempio realizzato da Giovanni K. König.
1953 ; e costruendo inoltre la sua
più autonoma opera nel nuovo
tempio valdese di San Secondo
(progettato con Claudio Messina
e Gianfranco Cerrina Peroni)
tra il 1958 ed il 1960.
Si tratta di due lavori determinanti per la cultura e per Tarchitettura contemporanea valdese, perché interpretano i momenti, iniziale e costitutivo, della
creazione e dello sviluppo della
più recente architettura italiana,
corrispondenti alle fasi rinnovatrici del neorealismo (per Agape) e del neoliberty (o neoespressionismo, come l’ambiente
fiorentino preferiva riconoscere
questa tendenza, per San Secondo), con le quali venivano definite le nuove istanze teoriche
e le relative forme dell’attuale
disciplina architettonica dopomoderna.
In particolare per San Secondo
(ma anche per il salone pubblico
delle riunioni di Agape) si può
SOCIALISTI
Indagine
religione
sulla
a Firenze
FIRENZE — Polemiche tra i
socialisti fiorentini sulla questione dell’appartenenza religiosa: a
scatenarle è stata l’iniziativa della federazione cittadina del Psi
di fare una sorta di censimento
tra i suoi iscritti riguardo alle
loro esperienze di fede. Sono stati distribuiti 10 mila questionari
che indagano sul retroterra religioso, l’appartenenza alla religione cattolica, la pratica religiosa
e le esperienze spirituali dei militanti. L’iniziativa non è nuova:
anche il partito socialista torinese qualche tempo fa aveva
svolto una simile indagine. Ma
questa volta l’operazione, apparsa quasi come una « schedatura »,
ha causato le ire di personaggi
molto in vista.
In particolare, l’on. Valdo Spini, valdese, sottosegretario agli
Interni e assessore socialista alla
cultura a Palazzo Vecchio, ha
reagito polemicamente, spiegando che un partito politico non
deve entrare in una sfera così
privata come quella della coscienza dei suoi iscritti, e tanto
più il Psi « che — dice — ha sem
pre fatto della libertà e della tolleranza le sue bandiere più significative ».
D’accordo con Spini si è dichiarato anche Gianni Baget
Bozzo, sacerdote « sospeso a divinis » e eurodeputato socialista,
che gli ha scritto una lettera di
solidarietà : « Comprendo bene
come anche una ricerca ispirata
dal buon rapporto tra cristianesimo e socialismo possa sollevare il problema di coscienza che
tu poni con evidenti ragioni. E>el
resto il rapporto tra cristianesimo e socialismo è scritto nella
storia e non nella statistica».
Alle accuse di intromissioni in
una sfera privata dei propri militanti replica il segretario della
federazione fiorentina Riccardo
Nencini, negando che il questionario comporti una sorta di censimento confessionale. E Gioietta
Pietroniro, responsabile del dipartimento questioni religiose
del Psi cittadino, contrattacca,
spiegando che « intorno a noi c’è
un risveglio di spiritualità che
vogliamo conoscere ».
notare come la novità tecnica ed
espressiva del linguaggio modernista sia riuscita, volutamente, a
integrare le caratteristiche spaziali e morfologiche della tradizione architettonica valdese derivante dai gloriosi primi templi cinquecenteschi ad aula unica.
Mirella Loik
BOLOGNA
Incontro sul
metodismo
Sabato 27 gennaio, alle ore 17,
presso la chiesa metodista di via
Giacomo Venezian 1, si tiene un
incontro sul metodismo.
Verrà presentato il libro di
Sergio Carile « I metodisti nell’Inghilterra della rivoluzione industriale », edito dalla Claudiana, con la presenza dell’autore.
A discutere con il pastore Carile sarà il pastore Paolo Sbaffi.
Accanto al dibattito è prevista
l’esposizione della mostra iconografica su « John Wesley e il comunismo », che sarà illustrata
dal pastore Claudio H. Martelli,
presidente dell’Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia.
Il movimento metodista si è
sviluppato in Italia all’interno
dei fermenti culturali legati al
Risorgimento, e le prime comunità sorsero nella seconda metà del secolo scorso.
Attualmente le comunità metodiste italiane (che dal 1975 formano una « chiesa integrata »
con quella valdese) sono quaranta, con una popolazione di circa
5.000 persone e un totale di circa 3.(M)0 membri comunicanti.
Dal governo comunista ai recenti convulsi mutamenti - Un assiduo impegno dentro la società
Il Collettivo culturale della
Chiesa metodista di La Spezia
ha aperto quest’anno la sua attività con una conferenza sul tema: « Le chiese nella DDR » (Repubblica democratica tedesca).
Relatore è stato il teologo della facoltà di teologia presso l’Università di Rostock, Karl Matthias
Siegert che, coadiuvato dal pastore di Villa S. Sebastiano Ulrich Eckert che ha curato abilmente la traduzione in simultanea, ha dato un quadro puntuale
e chiaro sulla situazione delle
chiese nell’Est europeo, a partire dalle esperienze maturate durante il governo comunista fino
a quelle più recenti, relative al
cambiamento politico avvenuto
nella Germania Est.
Attraverso cinque punti nodali (la pienezza del tempo, la voce svizzera, la chiesa tra rifiuto
e adattamento, la chiesa nel socialismo, la chiesa nel momento
attuale), il teologo ha messo in
evidenza come la chiesa evangelica abbia esercitato nel tempo un ruolo che, pur nei suoi
aspetti- contrastanti, ha rappresentato un punto critico-costruttivo nei confronti del socialismo,
tesa cioè a sostenere nella società e nei confronti del potere quei
diritti umani e quei valori etici
molto spesso schiacciati.
Contro una certa interpretazione, secondo il teologo erronea,
del principio luterano dei due
regni, secondo cui il credente si
dovrebbe chiudere al mondo attraverso il solo carisma religioso, la chiesa tedesca, nella sua
maggioranza, ha cercato di impegnarsi nella società, assumendo una posizione tra il rifiuto
e il coinvolgimento, tra l’accettazione e l’astensione. Attraverso lo slogan: la chiesa del e nel
socialismo, la chiesa è riuscita a
non divenire strumento del potere e, in una linea di laicità,
a condurre una battaglia per la
libertà che ha potuto dare spazio anche a chi si opponeva al
regime (movimenti ecologici e
per la pace).
Attualmente la chiesa, in una
situazione politica ancora incerta, ma comunque ricca di fermenti, si potrebbe forse, secondo il prof. Siegert, meglio identificare nella frase: la chiesa nel
e davanti al socialismo, in una
situazione di continuo scambio
tra messag^o cristiano e nuova
realtà politico-sociale che si instaurerà dopo il crollo del regime comunista e che, secondo il
teologo, come emerso dal dibattito piuttosto vivo che è seguito, dovrebbe in ogni caso dare concretezza a quei principi
di giustizia sociale e sicurezza
insiti nello stesso socialismo c
non certo attualizzati dalla società capitalistica occidentale,
nel suo complesso.
Elisabetta Senesi
SCUOLA E IMMIGRAZIONE
Diverso come me
stando ai dati forniti dalle inchieste svolte negli ultimi armi
nelle scuole, bisogna dire che
un lavoro di sensibilizzazione
sui problemi dei migranti rivolto ai più giovani era più che
mai necessario.
In particolare fu a Roma, nella primavera di due anni fa,
che si manifestò con particolare evidenza l’avversione degli
studenti nei confronti degli immigrati, dei lavoratori di colore.
E questo era in linea con un’indagine più ampia, condotta sempre nell’88 dalla Demoskopea:
un romano su due rivelò la propria antipatia nei confronti degli zingari.
Ora le schede didattiche elaborate dal Servizio migranti
della FCEI insieme ad un gruppo di esperti e ad alcime associazioni di stranieri col patrocinio della Regione Lazio (1) si
propongono quell’intervento
che è necessario nell’ambiente
della prima socializzazione (scuola materna ed elementare), in
modo da « aprire » lo sguardo
dei piccoli verso i loro compagni di scuola e di gioco che vengono da paesi lontani.
Capo Verde, Eritrea, Filippine,
Perù: sono queste le aree geografiche trattate dalle schede, a
cui si aggiunge il materiale sugli
zingari.
Ognuno di questi paesi è inquadrato geograficamente, con
Casa Balneare Valdese
BORGIO VEREZZI
Sono aperte le prenotazioni per soggiorni presso la
« Casa » che sarà aperta dal 1“ marzo p.v.
Condizioni particolari per gruppi e famiglie.
Rivolgersi alla direzione: Albina e Nicolino Canu
Corso Italia, n. 110 - 17027 PIETRA LIGURE (Savona)
telefono 019 - 611 907
cartine e tabelle sulla realtà nazionale e sociale; ognuno di questi paesi ha le sue tradizioni, i
suoi racconti (e sono importanti
le favole, facilmente comprensibili per il bambino, chiamato
anche ad illustrare come «vede»
la storia). Ma soprattutto le
« unità » (ognuna delle quali è
composta di 6-7 pagine colorate)
sono introdotte in prima persona dai racconti dei protagonisti: il bambino capoverdiano,
Kìki e sua madre raccontano i
motivi che hanno spinto quest’uL
tima a lasciare il proprio paese; Medina, eritrea, racconta di
essere fuggita nel corso della
guerra di liberazione dall’Etiopia, e così via per le altre situazioni.
I nostri bambini hanno dunque la possibilità con questo
strumento (ma soprattutto con
la dovuta attenzione da parte degli insegnanti) di avvicinarsi a
mondi lontani tramite la loro
stessa curiosità e creatività: a
questo scopo rispondono anche i
giochi proposti, raccontati dai
piccoli protagonisti di quelle
storie.
Non va dimenticato tuttavia un
destinatario « interno », rappresentato cioè dalle stesse comunità straniere in Italia: è importante che la forzata emigrazione non determini l’allontanamento dei più giovani dalle culture di provenienza, dalle proprie radici.
Se, come ha scritto Ernesto
Balducci (« Rossoscuola », sett./
ott. ’89), « l’infanzia è la condizione umana in cui è più intatto
l’arco delle possibilità », tutti
gli sforzi che si fanno per far
conoscere le culture diverse e
i loro protagonisti sono destinate a promuovere la capacità
di capire l’altro e di riconoscergli pari dignità e uguaglianza.
(1) Diverso come me, schede didattiche per l’educazione multiculturale
nella scuola materna ed elementare.
Roma, Coop. editrice Com/nuovi tempi, 1989.
5
f
26 gennaio 1990
ecumenismo
ZIMBABWE: COMMISSIONE DEL CEC PER L’ASSISTENZA
VERSO L’ASSEMBLEA DI SEOUL
Solidarietà O dipendenza? Diluvio e arcobaleno
Verso una trasformazione del sistema d’aiuto interecclesiastico: saranno le chiese locali a segnalare le opere di cui hanno necessità
Al principio di dicembre si è
riunita a Harare (Zimbabwe) la
commissione del Consiglio ecumenico per l’assistenza. Il nome
ufficiale è CICARWS, ossia
« Commissione per Taiuto tra le
chiese, i rifugiati e il servizio al
mondo ».
Zimbabwe,
ex Rhodesia
Lo Zimbabwe ha ottenuto la
sua indipendenza nel 1980. E’
dunque un paese giovanissimo.
Ma chi ha visto la miseria, la
sciatteria, la disorganizzazione e
la corruzione di tanti paesi africani tira qui un respiro di sollievo: un paese guidato da africani
che è ordinato, pulito e sicuro. Le
donne possono circolare di notte
molto più tranquille che a Roma
o a New York. La pulizia di Harare, la capitale, è superiore a
quella delle maggiori città italiane.
Gli sciovinisti diranno che ciò
si deve alla colonizzazione britannica, ma basta essere stati derubati a Nairobi o confrontati
con la dilagante miseria di Madras per rendersi conto che l’influenza britannica non c’entra. Il
popolo dello Zimbabwe è tendenzialmente colto, onesto e mite.
Uno dei pochi paesi al mondo in
cui bianchi (minoranza) e neri
possono circolare tanto al centro
che in periferia senza che il colore abbia alcun sjgniffcato discriminatorio.
Profughi
è ovviamente ancora nello spirito
di tutti. Abbiamo visitato il
« Campo degli eroi nazionali », un
sito grandioso ma non retorico,
in cui grandi bassorilievi realizzati con l’aiuto di artisti nordcoreani ricordano le fasi della repressione coloniale, della coscientizzazione, della lotta di liberazione e della vittoria popolare.
Si tratta di un paese di ispirazione generalmente socialista, ma
senza le rigidezze dogmatiche che
hanno caratterizzato fino a poco
fa l’Europa orientale; una nazione peraltro in cui gli antichi coloni bianchi rimasti sul posto e
le grosse imprese transnazionali
impongono in larga misura le
pretese del liberalismo (o capitalismo che dir si voglia).
Una delle ragioni del successo
dello Zimbabwe sta nel fatto che
le varie forze di liberazione, di
ispirazione ideologica diversa, sono state capaci di operare una
vera riconciliazione nazionale,
che continua ad essere il tema
portante della vita politica. Senza
riconciliazione si sarebbe probabilmente arrivati a forme di guerra civile, come in altre regioni
africane.
Certo a Harare si incontrano
di quando in quando dei mendicanti. Pochi rispetto all’India o al
Madagascar. Per lo più si tratta
di rifugiati dal Malawi o dal Mozambico, fuggiti dai campi-profughi e approdati in città.
Sette milioni di abitanti, un milione di profughi nel paese! Come
se in Italia avessimo 8 milioni di
rifugiati o un milione in Svizzera. Con molto ma molto meno i
ricchi (ed egoisti) paesi occidentali dichiarano che « la barca è
piena », e non esprimono il decimo della solidarietà che paesi
ben più poveri sanno offrire ai
rifugiati.
Questi, del resto, rappresentano un grosso problema, anche
ecologico. Tagliati fuori da tutte
le loro naturali risorse, questi
profughi abbattono gli alberi per
costruire capanne, ma soprattutto per cuocere il cibo. Centinaia
di migliaia di rifugiati rappresentano un fattore di disboscamento
che produce danni ecologici molto gravi da sopportare per un’economia ancora fragile.
La lotta
di liberazione
In un paese che ha appena nove anni di vita nazionale indipendente la lotta che lo ha condotto a liberarsi dal giogo coloniale
Aiuto
interecclesiastico
In questo quadro si è svolta
l’ultima seduta della commissione CICARWS prima dell’Assemblea del Consiglio ecumenico che
avverrà a Canberra, nel 1991. Ormai non c’era più gran che da decidere. La linea della commissione è stata affermata nelle sedute
di Chavannes (Svizzera) e Salvador, Bahia (Brasile) negli ultimi
due anni. Questa volta si trattava
soprattutto di fare un bilancio.
Le due consultazioni ecumeniche di Larnaca (Cipro) ed E1
Escoriai (Spagna), tenutesi in questi ultimi anni, hanno indicato
fermamente la necessità di una
trasformazione del sistema di
aiuto interecclesiastico. Non si
tratta più di avere da una parte
dei « donatori » che controllano il
rubinetto dei soldi, e dall’altra
dei « riceventi » che accettano e
consentono a programmi immaginati dall’esterno. Si tratta invece di cercare delle forme autentiche di compartecipazione alla
gestione delle risorse delle chiese. Non saranno più i donatori a
dire; «Qui ci vuole una cappella,
là ci vuole un ospedale », ma saranno le chiese locali dei paesi in
via di sviluppo a dire: «Qui abbiamo bisogno di questo, là di quello », e i donatori dovranno rispondere, in spirito di solidarietà. Più
facile a dire che a fare. Le mentalità cambiano lentamente... Un
certo paternalismo da una parte
e un certo servilismo dall’altra
Sono duri da sconfiggere.
La commissione CICARWS ha
ribadito la validità dei nuovi criteri e la validità dei propri sforzi per adeguarvisi. In particolare,
invece di occupare gran parte del
proprio tempo a studiare singoli
« progetti », il personale di
CICARWS si dedicherà a studiare, con le controparti locali, i
problemi delle varie « aree » del
mondo: l’Africa meridionale, il
cosiddetto Corno d’Africa (Sudan, Etiopia e zone limitrofe), i
Caraibi, il Pacifico ecc., suggerendo di volta in volta ai donatori le urgenze e le priorità di ciascuna area.
Terza fase
Il « Fondo ecumenico di prestiti alle chiese » (ECLQF) è stato
oggetto di particolare attenzione: due problemi soprattutto sono venuti alla ribalta.
Il primo riguarda Tipotesi di
una «terza fase» di ECLQF. Sorto
nel 1946 per aiutare le chiese europee a riparare i danni della
guerra, ECLQF allargò negli anni
’70 la sua attività all’aiuto allo
sviluppo socio-economico del terzo mondo mediante prestiti agevolati. Qggi la « terza fase » dovrebbe consistere nel dare maggiore autonomia ai comitati
ECLQF nazionali, nelTincoraggiarli a adottare strutture più
democratiche (rispondendo in
pubblico alla « base » e non solo
in privato ai « vertici ») e nelTorientarli verso la ricerca di fonti locali di finanziamento, magari mediante forme popolari di
risparmio e credito.
Il secondo problema, molto più
interno, riguarda il rapporto
che ECLQF deve avere con
CICARWS: rapporto di collaborazione o di subordinazione? Un
grosso programma di autoanalisi e di autovalutazione è stato
messo in cantiere da ECLQF negli ultimi due anni, in modo da
fornire gli elementi indispensabili di conoscenza per decidere, a
ragion veduta, le nuove linee
d’,azione.
Per i vostri acquisti
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« Tra il diluvio e l’arcobaleno »: questo il titolo della seconda bozza del documento preparatorio per l’Assemblea mondiale su « Giustizia, pace e salvaguardia del creato » che si terrà
a Seoul dal 6 al 12 marzo 1990.
Sul tema dell’alleanza tra Dio e
l’umanità si sviluppa infatti l’intera rifiessione teologica contenuta nel Itmgo documento, corredato da appendici scientifiche
che sviluppano i tre temi sui quali i partecipanti alTAssemblea sono chiamati a precisi impegni,
ossia il debito estero dei paesi
del Terzo Mondo, la militarizzazione delle relazioni internazionali e T« effetto serra » dovuto
all’inquinamento crescente.
Il nuovo testo, datato Natale
1989, fa seguito alla prima bozza, pubblicata nel luglio scorso,
in cui si chiedeva di inviare suggerimenti e proposte di modifica entro la metà di ottobre. Da
tutto il mondo, nonostante la
brevità del tempo, sono giunte
più di 250 risposte (non più di
cinque dall’Italia, a quanto sembra). A novembre il gruppo preparatorio del Consiglio ecumenico delle chiese (a cui collaboravano anche i cattolici) ha studiato le risposte e ha steso un testo
che si presenta quasi del tutto
rinnovato.
Il documento teologico, su cui
si discuterà e voterà durante
l’Assemblea, è diviso in tre parti.
Nella prima si analizzano, nella
prospettiva della fede cristiana,
i segni dei tempi che spinsero
nel 1983 l’Assemblea mondiale
del CEC, svoltasi a Vancouver,
a lanciare un appello per il comune impegno per la giustizia,
la pace e la salvaguardia del
creato. Nella seconda parte sono formulate delle « Affermazioni » solenni, quasi delle professioni di fede, che sottendono gli
obiettivi dell’Assemblea e l’intera
testimonianza cristiana nel nostro tempo.
Nell’ultima parte sono enunciati gli impegni concreti che dovrebbero essere presi dai delegati, in nome delle proprie chiese od organizzazioni, «per un giùsto ordine economico e per la
liberazione dalla schiavitù del dfebito estero », per « la smilitarizzazione delle relazioni internazionali e per una cultura della
nonviolenza », « per la preservazione del dóno dell’atmosfera
terrestre e per combattere le
cause dell’effetto serra ».
In Italia il Centro interconfessionale per la pace (via Acciaioli
7, 00186 Roma, tei. 06/6540661),
che ha già tradotto e diffuso 1
documenti di Basilea e la prima
bozza di Seoul, sta ora curando
la traduzione del nuovo testo
che sarà disponibile nella seconda metà di gennaio.
(ADISTA)
SCHEDA
La missione
contro la lebbra
Cristiani in Zimbabwe
L’appoggio dato a suo tempo ai
movimenti di liberazione dal Programa di lotta al razzismo del
Consiglio ecumenico ha contribuito a rendere molto positivi i
rapporti tra le chiese ed il governo. Le comunità cristiane non
sono viste come antagoniste e appunto perciò possono, quando necessario, svolgere un ruolo critico.
Alla seduta di CICARWS il culto d’apertura includeva la predicazione di Canaan Banana, un cristiano, ex presidente dello Zimbabwe.
11 Consiglio nazionale delle
chiese (equivalente locale della
Federazione chiese evangeliche) è
assai dinamico e gestisce un gran
numero di attività, sia religiose
che sociali.
Tra le cose più interessanti c’è
il « Women’s Bureau» (Ufficio
delle donne), un’associazione laica, animata essenzialmente da
donne cristiane con lo scopo di
dare alle donne del paese gli strumenti di una loro autonomia economica e culturale. Una delle prime attività consiste nelTaiutare
le donne rurali a commercializzare i loro prodotti artigianali,
specialmente i bellissimi cestini.
In un primo tempo le donne tendono ad adagiarsi in quel rapporto: loro producono e il « Bureau » compra e rivende. Ma il
« Bureau » accetta solo per un
tempo questo ruolo, usandolo per
insegnare alle donne ad autoamministrarsi e a gestire in proprio
la loro produzione.
In .sostanza, un viaggio africano estremamente positivo e stimolante.
Aldo Comba
1874: in Norvegia un medico
(Hansen) scopre tra i suoi pazienti il bacillo che causa la lebbra. Da allora si cominciò a studiare scientificamente questa
millenaria malattia.
1874: il missionario cattolico
belga padre Mariano chiese al
suo vescovo di poter andare tra
i lebbrosi confinati nell’isola di
Molokai (Pacifico), « l’isola della morte » da cui non si tornava mai indietro. Vi resta 16
anni, vi muore tra i suoi ammalati. La sua morte provoca una
inchiesta e si inizia a parlare di
combattere questo male.
1874: a Rampala (India) il missionario evangelico Bailey si rende conto della penosa situazione
degli ammalati di lebbra, ne scrive in Irlanda alla fidanzata, e
là sorgerà il primo comitato che
raccoglierà fondi per aiutare i
lebbrosi.
Da questo piccolo comitato
sorgerà in seguito la Missione evangelica contro la lebbra, che
oggi è una missione internazionale e interdenominazionale, infatti è sostenuta da 24 comitati
nazionali (tra cui v’è quello italiano) e da tutte le chiese evangeliche.
Essa opera in molti paesi dell’Asia e dell’Africa.
LA LEBBRA OGGI
Non è certo un problema per
l’Italia o per l’Europa ove vi sono sparuti casi sotto controllo,
ma secondo le statistiche dell’Or,
ganizzazione mondiale della sanità oggi ancora si calcola che vi
siano almeno 15 milioni di malati di lebbra nel mondo.
Anche se sino ad oggi non v’è
un vaccino contro la lebbra, si
conta di poterlo avere tra una
decina di anni. (In tre paesi lo
si sta studiando a fondo). Oggi
la lebbra è curabile.
Si cominciò negli anni ’40 con
i « sulfoni ». E’ una cura che costa pochissimo, ma deve essere
fatta ininterrottamente per limgo
tempo e a volte per tutta la vita. Oggi invece v’è la multiterapia a base rifampicina e clofazimina. Cura molto più costosa.
ma assicura una guarigione assia più rapida.
La M.E.C.L.L. con i 10.000 (circa) lavoratori cristiani — medici, paramedici e personale vario, che sono in maggioranza assoluta indigeni — con i suoi 50
ospedali, centinaia dì piccoli arpbulatori, con i suoi centri di ricerca e scuole di aggiornamento
o specializzazione, riesce a sèguire ogni anno 400.000 ammalati.
Essa cura senza distinzione di
razza o credo religioso, ma come missione cristiana cerca di
dimostrare e condividere la sua
compassione e l’amore di Cristo
con la qualità della sua opera e
la proclamazione delTEvangelp.
La Missione è sostenuta dai
doni offerti da comunità e da
singole persone.
Oggi si calcola che in media
con 50.000 lire si può curare un
ammalato di lebbra.
COME AIUTARE?
Con la preghiera. Con i vostri
doni. Facendo conoscere ad altri l’opera della Missione.
Una nostra iniziativa: visto che
spesso succede che degli ammalati guariti, uscendo dagli ospedali, non sanno dove andare perché il villaggio o la stessa famiglia non li vuole più ricevere, abbiamo aperto un « Fondo per
case per ammalati di lebbra guariti ». Il costo di un monolocale
è di circa L. 3.000.000. La casa
resta proprietà della Missione internazionale, che penserà a farvi abitare gli ammalati che non
sanno dove andare.
Il Comitato italiano pubblica un bollettino trimestrale che
viene inviato gratuitamente a
chi lo richiede. Per questa o altre informazioni rivolgersi a:
M.E.C.L.L. - 10060 SAN SECONDO (TO) ■ tei. 0121/500.132.
Eventuali offerte possono essere versate sul C.C.P. 28262103
o sui conti bancari: Banca CRT
conto n. 1643487/16 ag. SAN SECONDO oppure: Ist. S. Paolo
To conto n. 18725 ag. PINERQLO. Tutti i conti vanno intestati
a M.E.C.L.L. '
6
6 prospettive bibliche
26 gennaio 1990
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
SPETTATORI?
ATTORI?
1 Corinzi 12: 4-14
Eccoci qui, lieti e soddisfatti, a
insediare” nel suo servizio una nuova diacona, pensando con affetto anche alle sorelle e ai fratelli che, confermati o eletti di recente o da più
tempo, condividono l’incarico e i
compiti quali membri del concistoro
— come pure alle altre valide candidature che abbiamo avuto e che sono... una preziosa riserva per l’avvenire: del resto continueranno a non
farci mancare la loro collaborazione
solidale, anche senza — al momento — investiture e riconoscimenti
’’ufficiali” .
Sì, siamo qui lieti e soddisfatti:
abbiamo scelto bene, ci sono simpatiche e valide sorelle e fratelli disponibili; nemmeno abbiamo dovuto faticare a cercare candidature, a convincere... Anzi, il ventaglio di coloro,
uomini e donne, all’opera dentro e
fuori la nostra comunità, con spirito
vocazionale, è notevole; e nella realtà
è senz’altro ben maggiore di quel che
riusciamo a sapere tutti, data l’imperfetta conoscenza e comunicazione
fra noi.
Due rischi
Attenzione, però; in quest’euforica
soddisfazione, ci sono due gravi rischi, e ci mette appunto in guardia
il testo letto prima, nella prima lettera di Paolo ai Corinzi, rivolto a una
comunità effervescente, vivace, attiva, ma anche piena di guai. Il primo
di questi rischi è la delega. Pensare:
abbiamo scelto bene, abbiamo dei’’responsabili”: pensino, programmino,
organizzino, facciano. Loro. Noi, se
mai, si seguirà o/e si criticherà. Mica
siamo diaconi o anziani, noi, mica
siamo pastori. Mica abbiamo avuto
riconoscimenti, incarichi, investiture.
E. forse, più umili: mica abbiamo
avuto questi talenti, questi doni... E
invece questo organismo vivo che è
anche la nostra comunità — con tutte le sue ammaccature, le sue artrosi,
e scoliosi, e sclerosi, e necrosi — vive non di loro, ma di tutti noi, e in un
passato non lontano un’ampia riflessione sul cap. 12 dell’epistola ai Romani, per molti versi parallelo a 1
Cor. 12, ci ha già resi attenti a questo.
Ragionare e agire — anzi, non agire — secondo questo spirito di delega è il modo migliore e più sicuro per
ammazzare una chiesa. La nostra
nuova diacona e gli altri son tipi simpatici, riflessivi, attivi, hanno iniziativa: ma se tutto dovesse venire e dipendere da loro, saremmo quasi alla
paralisi, o rischieremmo unilateralità
Un atto frequente, in una nostra comunità: l’assemblea, allo scadere
dei mandati, ha confermato nel suo ministero una diacona e un diacono,
e ha eletto a nuovo una diacona. E ora si è riuniti per il culto, nel quale
SI avrà 1 « insediamento » della neo-diacona. Insediamento, termine regolamentar-liturgico che più infelice non potrebbe essere, evocando vaghe
immagini di poltrone o cadreghini, e un atteggiamento ’’seduto” che è
quanto di meno ci si attende da un nuovo ’’operaio”... Ma ecco la predicazione che in quell’occasione è stata rivolta.
gravi. Lo capiamo perfettamente tutti. Poi però, non sempre, e non tutti,
ne tiriamo le conseguenze.
Semplice democrazia?
L altro rischio è ancora più grave:
vedere le cose in una semplice ottica
democratica . Con fierezza, pensare e dichiarare: nella nostra chiesa,
nella nostra comunità valutiamo noi,
scegliamo noi, eleggiamo noi. I nostri responsabili non ci piovono dall’alto: li ’’esprimiamo” noi, li incarichiamo noi, li giudichiamo noi. Senza dubbio, la vita e l’organizzazione
della nostra chiesa, osservata con
criteri sociologici, è di tipo democratico, e non ne vorremmo assolutamente alcun altra, mai. Anche se bisognerebbe essere ciechi per non vedere come anche fra noi la ’’democrazia” è esposta a tutte le miserie
del mondo civico: democrazia formale, gruppi e gruppetti di potere e di
pressione, opinion makers, nei casi
più infelici lotta per bande, naturalrnente sotto i più fraterni sorrisi. Comunque, come diceva Churchill, la
democrazia è un male, ma quello minore... E di questa nostra impostazione democratica siamo fieri.
Resteremmo però sul puro piano
di una vita societaria analoga a quella di tante altre società e associazioni se ci dimenticassimo che « tutte
queste cose le opera quell’unico e medesimo Spirito ». Tutte queste cose,
dentro e fuori la vita comunitaria.
Adesso si dovrebbe prendere la fitta
pagina abbondante che ogni anno,
sulla nostra relazione annua, cerca
di riflettere e dare atto di una parte,
almeno, di ciò che tante e tanti membri della comunità fanno, in tanti
modi, per noi e per altri; ed è certo
solo una parte, la parte emergente
dell’iceberg (ma un iceberg caldo di
dedizione semplice e di amore schivo) ben più grande della volontà e capacità di servizio... che, appunto,
« opera quell’unico e medesimo Spirito ». Si discute spesso se metterla
o toglierla, quella pagina di relazione annua. Ma non sarebbe meglio
leggerla, realisticamente, per quel
che è: l’indicazione, e molto parziale.
di « tutte le cose che opera quell’unico e medesimo Spirito »? Nella sua
attività, nella sua vitalità introversa e
estroversa, la nostra comunità attesta l’opera dello Spirito, nelle piccole
e nelle grandi cose, malgrado tutti i
bastoni nelle ruote che gli abbiamo
messo, malgrado tutte le occasioni in
cui lo abbiamo contrastato e attristato.
Una cosa è e dev’essere certa: il
protagonista è lui. E’ Dio. Dietro la
nostra ’’insignificante” vita comunitaria, piccola, modesta, spesso anche
incerta, macchiata, non priva di ambiguità, per la fede si disegna la grande, divina Presenza e Attività, il Vivente vivificante.
Ce n’è per tutti
Ecco perché, piuttosto che lieti e
soddisfatti, possiamo, dobbiamo essere, oggi, lieti e grati. Noi abbiamo
fatto ben poco, comunque niente di
importante. Dio ha fatto e sta facendo. Dio dà: i suoi doni, i carismi (da
charis, grazia, i doni della grazia, che
sono appunto gratis, gratuiti: impagabili e immotivati). Li dà a tutti.
Qualcuno può essere più appariscente, qualcuno viene ’’ufficialmente” riconosciuto, si esplica in un compito
definito, in un ’’incarico”: ma non
sono certo i soli, e non è detto che
siano i maggiori. A una chiesa infatuata di ’’doni” (ma che dimenticava
che erano, appunto, doni), gerarchizzata fra chi li aveva o pretendeva di
averli e chi, succube, si faceva plagiare da loro. Paolo subito dopo (cap.
13) dichiara che il dono e la via per
eccellenza è l’agape. Se proprio lo si
vuole, il carisma-super è quello radicato nell’agape di Gesù Cristo, linfa
vitale tratta dal suo ceppo, riflesso
luminoso anche se umile del suo
sommesso ma invincibile, inesauribile splendore.
Certo, X.Y. ha un dono, probabilmente ben più d’uno, e così gli altri
membri del concistoro, le monitrici,
il monitore, le sorelle del servizio
diaconale, le visitatrici e i visitatori
fraterni, i responsabili della complessa conduzione di una nostra opera e
quelli impegnati nel servizio quoti
diano in essa. Ma un dono, e forse
ben più d’uno, l’abbiamo ricevuto
tutti, nell attimo stesso in cui siamo
stati afferrati dall’Evangelo e chiamati alla fede e al discepolato. Probabilmente più d’uno/a fra voi si domanda: ma io che dono ho ricevuto?
Attenzione, attenzione a non restare
succubi di un entusiasmo”, di una
mentalità ’’corinzia”: i ’’doni” devono essere appariscenti, magari spettacolari, sono per i cristiani di serie
A, non per gli umili gregari. Sapienza, cultura, eloquenza, energia direttiva e organizzativa....
’’Piccolo” è bello
Ci sono anche questi doni: ma
ordinati agli altri. E non a caso
uno dei primi doni elencati (elenchi
sempre solo indicativi, non ’’chiusi”,
né per allora né tanto meno per oggi,
in così diverse situazioni) è la fede:
avere e serbare la fede, contro tutto
e, a volte, contro tutti, malgrado ogni
delusione e contraddizione, malgrado ogni ’’scandalo” che la vita, la
sofferenza, l’ingiustizia, la morte ci
buttano sul cammino, vivere la fede,
« vivere umilmente col tuo Dio » (secondo il programma mosaico del
Deuteronomista), è un dono capitale:
è sulla molteplicità di quest’umile
dono che la chiesa vive, ’’dura”. E il
far miracoli: qualche giorno fa, con
un gruppo di catecumeni, leggevamo
appunto questo cap. 12; fresco del
colloquio con un’anziana sorella, che
ricordava un episodio lontano ma restato vivido e bello, facevo loro notare — e assentivano — che riuscire a
far riconciliare due nemici, due famiglie avversarie e divise da rancori, o
ancora riuscire a far uscire qualcuno
dall’isolamento di una tristezza introversa, non è forse miracolo minore che raddrizzare uno sciancato.
Tutte queste, e tante altre cose, le
opera « quell’unico e medesimo Spirito » che ci ha chiamati attraverso
l’Evangelo e la .sua predicazione (non
certo solo né anzitutto dal pulpito
domenicale: vero, S.? vero, C.?) E il
’’segno”, il marchio di fabbrica è che
queste opere sono per l’utile comune, dentro e fuori la chiesa.
Non c’è forse da essere gioiosi e
grati? E possiamo avere programma migliore di questo: saper scoprire e rispettare i carismi delle nostre
sorelle e dei nostri fratelli, e saper
mettere i nostri — ne abbiamo ricevuti — a frutto per il bene comune?
Gino Conte
7
f
26 gennaio 1990
obiettivo aperto
IL DOCUMENTO DEI VESCOVI CATTOLICI SUL MEZZOGIORNO
Le responsabilità di una mancata rinascita
La chiesa deve esprimersi come «segno di contraddizione», e per questo deve essere libera da ogni condizionamento - Responsabilità del mercato e dello stato - L’esigenza di una « nuova evangelizzazione » per una città-laboratorio
Il recente documento dei vescovi italiani su « Chiesa italiana
e Mezzogiorno. Sviluppo nella solidarietà » è stato salutato ovunque — e a giusto titolo — come
un forte e bel documento.
Il suo primo merito, intanto, è
di riproporre con forza all’attenzione di tutto il paese la questione meridionale, in tutta la sua
drammaticità, in un momento in
cui le forze politiche ed economiche hanno tendenza a rimuoverla, abbandonandola a se stessa.
Giustamente i vescovi affermano ; « Il paese non crescerà, se
non insieme », riprendendo un’affermazione di un precedente documento GEI del 1981, « La chiesa italiana e le prospettive del
paese ». Inoltre, questo documento sembra confermare una
certa presa di distanza della chiesa cattolica rispetto alla politica
dominante degli ultimi 40 anni.
Presa di distanza ancora prudente e persino troppo «diplomatica », ma reale.
E’ un documento denso, ricco
di spunti di riflessione, la maggior parte dei quali meriterebbe un approfondimento specifì
nord e sud del paese e alle implicazioni di un tipo di sviluppo
incompiuto, distorto, dipendente e frammentato » (sottolineature del documento). «Il problema
della disoccupazione giovanile
meridionale — affermano ancora
— si configura come la più grande questione nazionale degli anni
’90' ». Per i vescovi, inoltre, « il
modello di sviluppo imposto al
sud non solo ha avuto effetti di
disuguaglianza, ma ha prodotto
un processo di disgregazione dei
modelli culturali propri delle regioni meridionali ».
I valori propri del sud a cui ci
si richiama sono i seguenti: un’etica del lavoro come « fatica » e
sacrificio; il sud come « luogo di
vita » ; la cultura dell’amicizia e
della lealtà interpersonale; il gusto della diversità e della pluriformità ; l’istituto della famiglia ;
la religiosità popolare. Che questi siano aspetti peculiari della
cultura meridionale non si può
certo negare. Però molti di questi valori presentano, nella realtà, una certa ambivalenza: pensiamo, per esempio, al ruolo del1’« amicizia » nelle vicende poli
Jm processione in occasione della Pasqua per le strade di Palermo.
co. Rivolto all’attenzione di tutte
le chiese, è articolato in tre capitoli : 1 ) Un problema che coinvolge tutto il paese; 2) Una scelta
di sviluppo coerente e solidale;
3) In comunione di intenti per
uno sviluppo armonico ; linee pastorali.
Una dimensione
morale
1
Nella premessa, i vescovi dichiarano di proporre una lettura
della questione meridionale «secondo la sua essenziale dimensione morale » e di mirare a « generare una presa di coscienza
collettiva dei problemi che ancora gravano sul Mezzogiorno ». La
scelta di sottolineare l’aspetto
etico dell’odierna questione meridionale ci sembra legittima e
doverosa, perché è quello che caratterizza più drammaticamente
la vita quotidiana del Meridione
alla fine degli anni ’80. Del resto,
non è un caso che l’editoriale di
fine anno della « Civiltà cattolica » sia intitolato « La questione
morale come questione politica ».
Questo non significa ridurre la
questione meridionale da questione politica a questione morale. Infatti, l’analisi fatta propria
dai vescovi non sfugge ad un approccio prettamente politico della questione, che tale è e rimane
nella sua essenza. « Il problema
del Mezzogiorno — scrivono —
si configura come ’’questione
morale” in riferimento alla disuguaglianza nello sviluppo tra
tiche e partitiche, a quello della
« famiglia » nelle vicende mafiose, a quello della « religiosità popolare » rispetto alla fede cristiana rettamente intesa. A questo
proposito, ci viene in mente ciò
che scriveva Leonardo Sciascia
nel suo « Alfabeto pirandelliano»: «...quanto drammatico e
traumatico possa essere l’impatto di chi autenticamente sente e
intende il cristianesimo nella sua
essenza evangelica, con una realtà che di fatto visceralmente lo
stravolge, lo nega », e ancora :
« ...una realtà umana refrattaria
al cristianesimo nella sua essenza e che, pur nell’osservanza dei
riti, delle apparenze, di fatto e
quotidianamente, con intima in
diflferenza e cinismo, lo stravolge
e maneggia ». Forse per questo i
vescovi tengono a precisare che
questi valori « hanno costantemente bisogno di essere sottoposti a discernimento, oltre che
evangelizzati in profondità, per
una trasformazione delle coscienze e della condotta di vita che
conduca a una vera crescita morale e civile ».
Vi è poi una forte denuncia del
fenomeno della mediazione politica che « ha finito per assumere
un’incidenza sociale di straordinario rilievo, generando una rete
di piccolo e grande clientelismo,
che misconosce i diritti sociali e
umilia i più deboli ». Per cui i
vescovi riconoscono che « l’ostacolo forse principale a una crescita autopropulsiva del Mezzogiorno viene quindi proprio dal suo
interno e risiede nel peso eccessivo dei rapporti di potere politico,
lungo una linea che nel Meridione può dirsi di continuità storica ».
Mafia e
sistema politico
Leoluca Orlando, sindaco di Palermo.
Altrettanto forte è la denuncia
della criminalità organizzata che,
però, viene considerata « solo »
come « una malattia, un cancro », anche se si deve riconoscere che essa « viene favorita da
atteggiamenti di disimpegno, di
passività e di immoralità nella vita politico-amministrativa».
Ma — ci chiediamo — non esiste
una stretta relazione tra la mafia
e il particolare sistema di potere politico di cui si diceva prima?
La mafia non è funzionale, da
sempre, a questo sistema? E se
cosi stanno le cose, basta « esortare gli uomini ’’mafiosi” a una
svolta nel loro comportamento »?
Basta invocare « una trasparenza
etica di chi governa e un comportamento onesto di ogni cittadino »? D’accordo che non basta la
semplice protesta e la demmcia,
ma se è vero che « la chiesa deve
esprimasi come ’’segno di contraddizione”» e «deve essere profeticamente libera da ogni influsso, condizionamento e ricerca di
potere malinteso » (come si afferma nella terza parte del documento), allora perché non chiamare le cose con il loro nome e
denunciare almeno una volta la
specifica responsabilità della Democrazia Cristiana in questi 40
anni di (mal) governo del sud?
Sarebbe troppo « ripugnante »?
Il che non vorrebbe certo dire
sminuire o tacere le responsabilità degli altri partiti di governo,
che anche loro si sono perfettamente adeguati al sistema di potere così diffuso nel sud. La situazione globale del Mezzogiorno
è così intricata che probabilmente non basta essere « segno di
contraddizione », poiché una contraddizione può sempre essere
aggirata, ignorata o recuperata.
Se vuole davvero svegliare ed
educare le coscienze, la chiesa
deve avere il coraggio di essere
segno di rottura, di discontinuità, applicando rigorosamente
l’esortazione del suo Signore : « Il
vostro sì sia sì, il vostro no sia
no ». E tale rigore non deve riguardare solo i costumi morali
della società moderna, come
troppo spesso avviene da parte
del papa e di alcuni vescovi.
Nella seconda parte del documento, riguardante il modello
di sviluppo imposto al sud, viene affermato che « c’è stata e
continua a sussistere una dipendenza economica del Mezzogiorno da logiche di tipo capitalistico
e produttivistico di grandi apparati industriali e finanziari, italiani ed europei, che hanno finito
per condizionare le stesse scelte
Palermo: la gente per strada, a manifestare contro la criminalità
organizzata.
di politica economica ». Detto
così — e il seguito lo conferma —
sembra che la maggiore responsabilità sia da addebitare al
« mercato », scagionando cosi le
specifiche responsabilità politiche costrette a lasciarsi condizionare. Se così fosse, quale sarebbe la funzione dello Stato?
Che poi, nel sud, l’unica faccia
dello sviluppo che si avverta
massicciamente sia quella del
« consumismo », questo è purtroppo tristemente vero, così come è vero che, in una tale versione di « sviluppo incompiuto e distorto », il territorio meridionale
— così ricco di risorse economiche, archeologiche, culturali, turistiche — anziché essere valorizzato in tutte le sue potenzialità,
viene saccheggiato e abbandonato
aH’incuria e alla speculazione selvaggia. Ma anche qui esistono
precise responsabilità politiche,
non è solo colpa del mercato o
della mafia. Esistono anche, indubbiamente, responsabilità culturali, per cui è vero che « per il
superamento del divario tra nord
e sud è comunque essenziale un
diverso protagonismo della società civile meridionale, con un più
equilibrato rapporto tra questa
e le istituzioni dello Stato » e
che è indispensabile «un grande
ricupero di moralità sociale, di
’’coscienza sociale” e di legalità ».
Ma, sia nei piccoli paesi dell’interno che nelle grandi città costiere, chi è « a dare l’esempio »
se non i notabili e gli esponenti
della classe politica dominante?
Che la « ripresa del sud » debba
« essere soprattutto etica » oltre
che « politica, economica, culturale » siamo perfettamente
d’accordo, ma il «senso dello Stato » devono dimostrare di possederlo prima di tutto coloro che ne
assumono la responsabilità. Altrimenti vanno licenziati, cioè
non rieletti, cosa che invece, nel
sud, non avviene, pome tutti
sanno, perché qui la democrazia
ha soprattutto il volto della Democrazia Cristiana. E sempre di
più.
Eppure non si può negare che
il « laboratorio Palermo », cioè la
giunta esacolore, sia un tentativo
originalissimo e autentico di
« saldare fede e storia », così come esortano i vescovi appellandosi alle chiese del Mezzogiorno.
Nel suo libro « Orlando - Intervista al sindaco di Palermo »,
Michele Perriera afferma : « Sì
può ben dire che se la società industriale era sostanzialmente
protestante, la società postindustriale è sostanzialmente cattolica ». Affermazione discutibile,
soprattutto se riferita alla società meridionale, ancora così marcata dal giogo della Controriforma cattolica. Orlando, piuttosto
— lo riconosce Perriera —-, rappresenta queir « esistenzialismo
laico » al quale, giustamente, fanno appello i vescovi nella parte
finale del documento, questa laicità in cui s’incontrano fede e
storia, fede e cultura, fede e politica; questa laicità che significa « uscire dalle mura del Tempio », come ha detto giustamente B. Sorge, e che può fare anche
a meno dei santi e della Madonna che i vescovi continuano ad
invocare. Occorre una « nuova
evangelizzazione », dicono i vescovi. Noi diremmo che occorre
una nuova Riforma, se è vero
che « nuova evangelizzazione
significa riproporre, in maniera credibile, la novità del progetto di Gesù Cristo per l’uomo ». Questo infatti è il fronte
sul quale è pienamente impegnar
ta la nostra diaconia nel sud, ed
è un fronte sul quale, forse, è
possibile praticare un vero ecumenismo, nel nome di Cristo, e
di lui soltanto.
Jean-Jacques Peyronel
Del resto, ne sa qualcosa un democristiano onesto e diverso,
cioè un autentico cattolico democratico, come Leoluca Orlando,
sindaco di Palermo, che appoggiato dai gesuiti del Centro Arrupe (Sorge, Pintacuda), tenta
disperatamente di cambiare le
regole del gioco, di applicare cioè
la democrazia per quello che dovrebbe essere, e che rischia seriamente di essere riportato alla ragione, cioè al volere del centro
politico (romano) da cui è dipendente la periferia meridionale.
// cardinale Pappalardo, arcivescovo di Palermo.
8
8 vita delle chiese
26 gennaio 1990
DIACONIA E STRUTTURE DIACONALI
CORRISPONDENZE
C'è un futuro per la Ciov? Un beinnizio
Il nuovo statuto e i comitati di gestione - La posizione dellospedale di Torino impone un chiarimento - Le possibilità che si aprono
Per tradizione, ogni anno in Sinodo avviene un fatto strano:
quando si parla della CIOV, il numero dei deputati e dei pastori
presenti in aula si dimezza. Sono
problemi delle Valli, pensano in
molti; ma sbagliano. In rnodo
particolare, il Sinodo stesso ha recentemente approvato e reso operativo un nuovo Statuto della
CIOV, che può avere importanti
conseguenze nella gestione delle
opere diaconali della nostra chiesa, in un immediato futuro. Dal
1985, infatti, la CIOV non amministra più direttamente i tre istituti che le sono affidati {gli Ospedali di Torre Pellice e di Pomaretto ed il Rifugio « Re Carlo Alberto » di Lusema San Giovanni)
ma nomina dei comitati di gestione, i quali sovrintendono alla
conduzione di queste opere. A
fianco di questa riduzione del lavoro nel nuovo Statuto si dice,
però, che il Sinodo può affidare
alla CIOV altri istituti ed opere
nel settore socio-sanitario. Che
cosa significa, concretamente,
tutto ciò? Attualmente, di fatto,
si tratta di pura teoria in quanto,
nei quattro anni che sono passati dalla approvazione del nuovo
Statuto già menzionato, l’argomento non è stato praticamente
mai toccato in sede sinodale. Si
potrebbe dire che sono state gettate le basi per una rivoluzione
nella gestione delle opere diaconali della nostra chiesa, ma che
in pochi se ne sono accorti.
Ci troviamo così ad avere una
commissione (eletta dal Sinodo
e controllata da una Commissione d’esame — l’unica, oltre la
Tavola!) che non gestisce praticamente niente. Nomina, è vero,
tre comitati di gestione; ma dopo aver fatto questo non ha più
molta voce in capitolo, in quanto
la gestione ordinaria è curata dai
membri dei comitati e la gestione straordinaria che resta a cura
della CIOV, in base a quanto
disposto dalla legge delle Intese,
deve passare attraverso il controllo e quindi l’approvazione della Tavola valdese.
L’aver esposto in maniera un
po’ brutale la situazione non significa mancanza di rispetto nei
confronti della CIOV, tutt’altro.
L’intenzione è quella di segnalare alla chiesa la disattenzione con
cui viene seguito il problema della diaconia e della gestione delle
strutture diaconali. Da un lato
ci si preoccupa dei costi delle
opere e degli oneri che ne derivano, mentre si incontra una certa difficoltà ad inserire il servizio che rendiamo alla gente nel
quadro più ampio della nostra
presenza nella società. Detto in
parole più semplici, ognuno di noi
è attento alla predicazione, alla
presenza nella società ed all’azione diaconale che lui personalmente compie, ma difficilmente
alza lo sguardo per vedere ciò
che gli altri fanno, ciò che la
chiesa nel suo insieme sta compiendo.
Ora, sta avvenendo qualcosa
che rende necessario un chiarimento. Abbiamo infatti l’Ospedale valdese di Torino che chiede di
essere affidato alla CIOV, affinché il suo personale possa godere
degli stessi diritti nensionistici e
assicurativi del personale CIOV;
d’altro lato, la Tavola ha fatto sapere che nell’attuale situazione
non è più in grado di reggere il
carico di lavoro che la chiesa le
affida e che pertanto è necessario
o aumentarne il numero dei componenti o diminuirle il carico di
gurazione giuridica e fiscale alle
nostre opere, che non di rado superano il miliardo di fatturato e
gestiscono decine di dipendenti. Di
fronte a queste realtà, oltre al
problema estremamente complesso presentato all’ultimo Sinodo
del decentramento fiscale, occorre che la chiesa dica come vuole
gestire la sua diaconia, e con ciò
dica anche che cosa vuol fare
della CIOV.
Esploriamo alcune delle possibilità che oggi si aprono di fronte a noi: la prima ipotesi è che
tutte le opere socio-assistenziali
e sanitarie siano affidate alla
CIOV. Si aprono non pochi problemi di gestione, in quanto la
CIOV stessa si dovrebbe dotare
di strumenti che attualmente non
ha, quali un ufficio amministrativo, tmo di gestione del personale, uno fiscale... e via di seguito.
Il vantaggio di questa soluzione,
anche se è ancora da impostare,
sta nel fatto che tutto lo sforzo e
l’impegno diaconale della chiesa
verrebbero a far capo ad una sola struttura direttiva, creando così una maggiore omogeneità di
intervento.
La seconda possibilità è che
ogni opera confluisca nella Tavola, la quale è già dotata di alcuni uffici, che andrebbero quindi
solo potenziati, e gode certamente, in campo nazionale ed internazionale, di un credito e di un’autorità che la CIOV non possiede. Inoltre, avendo i suoi uffici a
Roma, essa è più equidistante da
tutte le realtà in cui operano i
nostri istituti diaconali. L’inconveniente, in questo caso, starebbe
nel rischio che la Tavola stessa
finisca per essere sommersa dai
problemi di carattere amministrativo e di fatto non riesca più
a rispondere alle altre necessità
della vita della chiesa. Esiste anche una terza ipotesi: che i Dipartimenti diaconali (uno per Distretto o due per tutta l’Italia,
questo è da definire) assumano
su di sé la gestione delle opere.
L’unica strada che non sembra
percorribile (e su questo tutti i
membri dell’attuale CIOV sono
concordi) è quella di pensare che
si possa andare avanti senza mutare nulla.
Per riconoscimento unanime, la
diaconia è compagna inseparabile della predicazione ed una chiesa che predica, ma non si pone al
servizio delle persone, non è credibile. Oggi, in Italia, offrire un
servizio alle persone significa anche (non solo, ma anche) gestire
delle opere e dunque porsi in dialogo con le amministrazioni locali e con lo Stato, e pertanto
significa compiere un notevole
sforzo amministrativo ed organizzativo. E’ compito del Sinodo
(della chiesa tutta, dunque) indicare la direzione in cui si dovrà
camminare per i prossimi anni.
Paolo Rihet
FORANO — La prima domenica del nuovo anno 1990 abbiamo avuto la gioia di conferire
nella nostra chiesa di Forano il
battesimo alla piccola Erika
Ramazzottì, su richiesta dei suoi
genitori Mauro e Noemi Picani,
membro della nostra comunità.
E’ stato molto bello iniziare
questo nuovo anno ancora
« bambino » (il primo del secondo secolo di vita della Chiesa
evangelica di Forano) accogliendo una « bambina » in mezzo a
noi: è un segno, questo, della
giovinezza e della fertilità della
nostra chiesa.
Si discute molto oggi, nelle
nostre chiese, del battesimo dei
bambini, sia sulla base dell’insegnamento di Karl Barth fatto
proprio da gran parte del corpo pastorale, sia in vista della
auspicata integrazione con i
battisti. Forse però proprio l’insegnamento di Barth sul battesimo, e la sottolineatura che egli
dà del « battesimo di Spirito
Santo », opera di Dio, nei confronti del « battesimo d’acqua »,
opera degli uomini, consente
di guardare con più serenità al
problema battesimo dei neonati/battesimo degli adulti e di evitare il pericolo del sacramentalismo.
Se il « vero » battesimo, per
dir così, è quello che conferisce
il Signore donandoci il suo Spirito Santo che ci chiama alla
fede, allora il battesimo che la
chiesa conferisce è davvero solo
un « segno », un « simbolo » e
una risposta all’azione sovranamente libera della grazia di Dio.
E, sotto questo aspetto, ci pare
di poter dire che anche il battesimo d’acqua ai bambini conserva un suo senso e un suo
RICORDO DI UN AMICO E FRATELLO
Teodoro Peyrot
Da tempo aveva abbandonato
la professione, non certo di sua
volontà.
Nella pienezza delle forze e
nell’età in cui il medico unisce
alla cultura il frutto dell’esperienza, era stato colpito da subdola malattia per divenirne, con
il trascorrere degli anni, sempre
più condizionato.
Lucidissimo e conscio dell’evoluzione del male e delle sue complicanze, attento a quegli eventi che — banali come fu l’ultimo — erano in grado di porre
fine alle sue sofferenze morali,
aveva, più volte, espresso il desiderio di morire per l’inutilità
— così aveva detto — della sua
esistenza. Ma coloro che gli erano vicini si erano resi conto
che più volte allontanava questo pensiero perché era conscio
che la sua precoce dipartenza
avrebbe anticipato e prolungato
nel tempo il dolore del distacco, privando chi lo circondava
della possibilità di amarlo ancora: così, in silenzio, aveva saputo, accettando la sofferenza,
amare ancora, come sempre, con
fatti e poche parole, solo quelle
sufficienti.
Ha voluto essere sepolto a Pomaretto, in forma privata: per
ritornare fra coloro che aveva
servito per trentacinque anni, ma
ora, con l’invito di lasciarlo tranquillo dopo le fatiche del tanto
operare e la lunga prova della
malattia. Esiste un verbo caro
alla nostra tradizione: « desservir ». Possiamo pienamente usarlo per definire la sua disponibilità ed impegno, nel suo studio come nelle borgate della valle, ad ogni momento del giorno
e della notte.
Ma qui è doveroso ricordare
la sua figura di medico presso
l’ospedale di Pomaretto, dove
lavoro. Oltre a questi due fatti con Emanuele Quattrini ha rapemergenti, occorre considerare la presentato l’ultima figura di menecessità ormai non più procra- dico valdese che ha servito nel
stinabile di dare una chiara confi- vecchio contesto della « Infer
meria », alternandosi dalla corsia all’abitazione del paziente,
gravato di entrambe le responsabilità, con pochi mezzi a disposizione, senza il diritto al riposo domenicale ed anche notturno.
Quando nel 1968, ricostruito
l’ospedale, andai a trovarlo, non
volle più sentir parlare di un
suo eventuale inserimento, tanto era bruciante il ricordo del
contesto in cui aveva dovuto
svolgere il proprio lavoro nel
vecchio ospedale.
Era irato: quell’edificio, in attesa di riaprire, gli procurava
angoscia. Né a lui, né a Quattrini nessuno aveva detto niente. Gli spiegai che si era alla
ricerca di una soluzione temporanea, in attesa che la legge di
riforma ospedaliera, uscita in
quell’anno, potesse costituire
l’assetto giuridico per dar vita
ad una nuova forma di funzionamento ospedaliero.
Dopo poco tempo si fece vivo, voleva parlarmi. Salii a Pomaretto e mi riferì che, in occasione di un corso di aggiornamento di geriatria, il prof.
Francesco Feruglio — direttore
di quella cattedra —, da lui interpellato, aveva dimostrato vivo interessamento per l’ospedale di Pomaretto. Si iniziò lo
studio di un piano che aveva
nel reparto di geriatria il fulcro assistenziale, ed accanto axi
esso si delinearono i servizi di
laboratorio, radiologia, cardiologia e le guardie mediche. Ma
chi avrebbe assunto la responsabilità della direzione sanitaria, in un contesto di ipotesi
più che di sicurezze? Fu alla
fine di un ennesimo colloquio
che mi disse quasi a bruciapelo: « Tu mi organizzi le cose
grosse e mi togli le grane... io
firmo! ». Fu così che, con un patto oggi inconcepibile ma pieno
di speranza, dopo pochi mesi
l’ospedale riapriva. In attesa dei
decreti di classificazione ed equiparazione, rivisse ancora, nel
nuovo edificio, la vecchia « Infermeria per malati acuti », anche con la sala operatoria, nuova di zecca, nella quale Teodoro Peyrot, appassionato di chirurgia, collaborò con i colleghi
Arnaldo Eynard e Lorenzo Vivalda a più di cinquanta interventi chirurgici.
E vi furono anche due parti
cesarei. Mi ricordo il primo, durante la notte del 29 novembre
1968: quasi tutto il personale,
anche quello non in servizio, era
lì, nel corridoio, in attesa dell’evento. « E’ un maschio! », aveva detto ad alta voce Peyrot,
mentre, grondante di sudore sotto la mascherina chirurgica, alzava il neonato sul letto operatorio.
significato molto belli. E’ il « sacramento degli ignari », come diceva Lutero, il segno che — più
di ogni altro — evidenzia il primato dell’opera di Dio e fa emergere la sostanza della fede
evangelica: confidare solo nella
giustizia « esterna » amministrata da Dio.
Nel sermone tenuto dopo il
conferimento del battesimo il
pastore ha sottolineato come
questo momento particolare sia
stato per tutti un atto di obbedienza al comandamento del Signore in Matteo 28: 19, un atto
di preghiera e di speranza perché il Signore conferisca un
giorno ad Erika quel battesimo
« di Spirito Santo e fuoco » che
noi uomini e donne non le possiamo conferire, e un atto pedagogico: un invito a riflettere
sulla potenza di Dio e sulla nostra condizione di creature che
da lui possiamo ricevere soltanto.
Per ricordare
il Rimpatrio
TRENTO — Per ricordare il
tricentenario del « glorioso rimpatrio » dei valdesi, la comunità
valdese trentina ha organizzato,
con il sostegno dell’ARCI del
Trentino e deH’Amministrazione provinciale, un concerto del
coro valdese di Pinerolo, egregiamente diretto dal M.o Claudio Morbo.
L’esecuzione è stata duplice:
la sera del 6 gennaio a Trento,
nella bellissima sala della Filarmonica, e il pomeriggio del 7
gennaio a Rovereto, nell’ampia
ed austera chiesa della Sacra
Famiglia messa a disposizione
dal parroco nel segno dell’ecumenismo.
Nell’intervallo di ambedue i
concerti, il pastore Giulio Vicentini della Chiesa valdese di Verona (di cui la comunità trentina fa parte) ha intrattenuto
il pubblico con un efficace excursus storico attraverso le vicende di questo popolo-chiesa.
A Rovereto il coro, prima del
concerto, ha visitato la sala valdese, punto di riferimento per
tutto il Trentino.
Ottima l’esecuzione, che ha fatto rivivere ai presenti lo spirito delle antiche liturgie e delle
espressioni di fede del popolo
valdese. Tutte le emittenti televisive di Trento e di Rovereto
hanno ripreso l’evento e lo hanno proiettato nei giorni successivi.
Momento forte dunque non solo per la piccola comunità trentina, ma per quel percorso ecumenico che nel Trentino trova
sempre più risonanza. Altri momenti forti sono quelli vissuti nella Settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani, nel cui
ambito i fratelli valdesi sono stati chiamati a partecipare con la
Queste parole, accompagnate predicazione e la preghiera alle
dal primo vagito, vennero accol
te da tutti come un inno alla
vita ed un augurio per il futuro
del bimbo e dell’ospedale: vi
fu un lungo applauso con tante pacche sulle spalle, come fosse il figlio di tutti... Solo poco
tempo fa ricordavo all’amico e
collega Peyrot quella lontana
notte di oltre vent’anni fa. Non
poteva più parlare, piangeva e
con il capo faceva cenno di sì.
Gli ho espresso la riconoscenza di tutta la valle e delle migliaia di persone che' l’ospedale
di Pomaretto ha potuto servire,
ricordandogli il ruolo insostituibile che aveva avuto al momento della riapertura. Con un gesto si schermì e con il capo mi
fece il cenno del no. Fu l’ultima volta che lo vidi.
Ho voluto scrivere queste righe non per commemorarlo (e
contravvenire in tal modo al
suo desiderio di riservatezza),
ma perché gli uomini e gli avvenimenti fanno la storia e questa non deve essere dimenticata.
Dario Varese
celebrazioni dei fratelli cattolici,
i quali saranno poi a loro volta
partecipi di un culto evangelico.
Lo Spirito che ha soffiato a
Basilea continua dunque a soffiare anche nelle nostre piccole
realtà locali. Sia lode al Signore.
Lezioni di
teologia biblica
TARANTO — Il XIV Circuito
organizza una serie di lezioni di
teologia biblica.
Il prof. Michele Sinigaglia ha
affrontato il tema dell’Esodo in
due lezioni a Corato il 13 gennaio e a Taranto il 20 gennaio.
Il prof. Bruno Corsani invece
affronterà il tema dell’Evangelo
secondo Marco a Corato sa'bato
17 e domenica 18 marzo, e a Taranto sabato 31 marzo e domenica 1 aprile.
Per informazioni rivolgersi ai
pastori Gianna Sciclone (080/
333091) e Eugenio Stretti (099/
331017).
9
26 gennaio 1990
vita delle chiese
1® CIRCUITO
Una lunga storia comune
Il cammino che sta portando
le chiese valdesi, metodiste e
battiste aU’Assemblea/Sinodo
congiunti, previsti per l’inizio di
novembre a Roma, parte da lontano. Si tratta di una lunga storia comune che ha avuto alti
e bassi e che trova ora, dopo un
paziente lavoro in profondità che
ha percorso tutti gli anni ’80,
un importante momento di verifica e di nuove prospettive.
Ad introdurre i temi che sono
sul tappeto di questo prossimo
appuntamento il Consiglio dei
circuiti vai Pellice ha invitato il
pastore battista a Cuneo, Emmanuele Paschetto e Gian Paolo
Ricco di Milano, membro metodista della Tavola valdese. Nell’incontro, che si è svolto nella
luminosa sala Beckwith di Luserna San Giovanni, alla presenza di una cinquantina di partecipanti, Ricco ha ricordato che
l’obiettivo di tutta l'operazione
è duplice: da un lato si tratta
di mettere in piedi una nuova
strategia evangelistica, daH’altro
lato occorre camminare con passo più deciso nella direzione dell’unità del protestantesimo italiano. I battisti, i metodisti e i
valdesi lavorano, da anni, insieme in cinque importanti commissioni (chiesa e stato; rapporti con il cattolicesimo; liturgia; evangelizzazione; « Pace, giustizia, salvaguardia del creato »)
e ci sono opere, come per esempio l’ospedale evangelico di Napoli, che sono frutto di un concreto lavoro interdenominazionale. Tutto quindi fila liscio al
punto che TAssemblea/Sinodo
dovrebbe solo ratificare quello
che già c'è? No, certamente.
Problemi e interrogativi aperti ce ne sono tanti, intanto lo
« scoglio » teologico del battesimo, poi la differenza tra il sistema sinodale, come il nostro,
e il sistema congregazionalista
dei battisti. C’è inoltre — ricordava Paschetto nel corso del dibattito — l’ostacolo rappresentato da quei membri di chiesa che
vivono la loro identità confessionale in modo rigido, con accenti fondamentalisti, e che, probabilmente, a molte domande che
riserva il documento preparatorio risponderanno in toni negativi. A questa per esempio: « Nell’ambito dei rapporti tra batti
sti, metodisti, valdesi siete disposti a dire di un’altra chiesa:
”Tu sei chiesa di Cristo in quel
luogo e in questo tempo proprio come io sarei là al tuo posto e in questo tempo?" »,
Il documento espresso dagli
esecutivi BMV e che analizza 4
questioni importanti (reciproco
riconoscimento, collaborazione
territoriale, evangelizzazione comune, settimanale unico) conclude ogni sua sezione con una serie di domande a cui occorrerà
rispondere entro il 15 aprile.
In sostanza gli ingredienti per
una buona riuscita della prossima Assemblea/Sinodo congiunti
sembrano esserci tutti. Basti solo citare il progetto del settima
Notizie dalla FFEVM
□ LA VIOLENZA
CONTRO LE DONNE
□ INCONTRO
A VILLAR PEROSA
Il 7 gennaio alle ore 15, nei
locali della chiesa di Pinerolo,
un gruppo di sorelle del I distretto ha avuto la gioia di ascoltare il pastore di Marsala Laura
Leone che, in modo molto
semplice ma coinvolgente,
ha parlato delle sue esperienze
personali come donna, come pastore e come credente sulla violenza alle donne.
Nell’incontro sono emerse storie di violenza sessuale e storie
di violenza fisica; Laura Leone
ha raccontato alcuni episodi molto toccanti e ha fatto presente
le difficoltà che le chiese hanno nell’aflrontare certi problemi.
Ci siamo domandate se questo
succede solo al Sud o se anche da
noi ci si nasconde agli occhi
esterni. Le comunità non parlano di questi problemi di violenza ma, diceva giustamente L.
Leone, noi non possiamo ignorare certe cose e la chiesa deve avere il coraggio di creare
solidarietà verso queste donne
e denunciare questi seri problemi. Dobbiamo dare speranza a
chi speranza non ha più, anche se è diffìcile annunziare la
buona novella a delle persone
che hanno subito violenza.
Mercoledì 17 gennaio una sessantina di sorelle delle Unioni
femrninili del II circuito si sono ritrovate a Villar Perosa dove hanno potuto incontrare il comitato della FFEVM con la presidente M. Sbaffì Palazzino, che
ha voluto conoscere alcune unioni delle valli. Nella sua presentazione ci ha fatto partecipi
dei suoi viaggi attraverso alcune
realtà delle unioni della nostra
chiesa, e abbiamo così potuto
notare quanto sia diverso il nostro lavoro rispetto a quello
delle sorelle della diaspora e
del Sud. Ci siamo rallegrate
del lavoro che la FFEVM esplica nella diaconia, specialmente
alle valli; Sbaffl ha raccontato del suo viaggio con F. Vinti a
Berlino Est; abbiamo così nuovamente potuto gioire della nuova condizione di donne « libere » che queste sorelle potranno
avere, ora che è stato abbattuto
il muro. Condizione che già si
sentiva nell’aria durante il loro
viaggio, ma che non si immaginava forse avvenisse già entro
l’anno. M. Sbaffì Palazzino ha
anche parlato del lavoro che si
è fatto nell’incontro ecumenico
« Forum » che si è tenuto a Ro
ma.
POMARETTO
Echi dell’estate
In quest’anno di centenari,
molti sono gli amici che hanno
voluto ricordare con noi un passato denso di significato e vivere
un presente di amicizia e di solidarietà verso chi soffre e non
può godere della propria libertà.
Anche a Pomaretto si sono avvicendati parecchi gruppi, che
hanno messo a prova le capacità
ricettive e culinarie del nostro
validissimo gruppo-ricevimenti.
Ogni gruppo accolto, ogni persona conosciuta nelle diverse occasioni, ha lasciato la propria imoronta.
e ad una cena comunitaria di
circa 200 persone, in cui la corale
ha presentato con canti e diapositive le tappe principali del
Rimpatrio e il nostro amico
Akaji ha voluto sottolineare la
sua gioia, cantando un canto
della sua patria perduta, il Sudan.
A maggio il Grycksbokören
(Stoccolma - Svezia), diretto da
Margareta Andréasson e guidato
dalla sig.a Jeannette Grill Hemberg (originaria di Pomaretto)
e dalla figlia Monica, ha portato
una ventata del tutto nordica,
sia nei canti, sia nei loro splendidi costumi tradizionali.
In agosto sono giunti diversi
amici: dall’America Latina uruguaiani ed argentini; dall’Olanda Gerard van Brüggen con la
famiglia e un gruppo di giovani,
che hanno ripercorso a piedi le
tappe del Rimpatrio; dalla Germania Martin e Karin Hanauer
e un gruppo della loro comunità
di Flörsheim; Thomas e Ulla
Elser con i bambini. Insieme a
noi hanno partecipato alla giornata del 15 agosto alla Balsiglia
In ottobre è giunta da Parigi
la corale La Licerne (di Charenton-Créteil) diretta dalla dinamica sig.a Alice Revet e guidata
dalla sig.a Nanou Guichard, che
per prima aveva stabilito i contatti con la nostra comunità.
Curioso il fatto che le vere e proprie linee di collegamento tra
due corali europee siano avvenute tra la sig.a Revet (segretaria
della CEVAA a Parigi) e il pastore Renato Coìsson (inviato della
Tavola nella CEVAA) incontratisi in Mozambico per la loro missione.
Da questi incontri siamo usciti
ogni volta arricchiti, consapevoli
che l’amicizia va al di là delle
frontiere, al di là della lingua e
del colore della pelle.
Gli incontri con le corali, il
cantare insieme canti preparati
prima a migliaia di chilometri di
distanza, il fraternizzare intorno
ad una tavola apparecchiata,
l’imparare gli uni dagli altri danze tradizionali e giochi di società,
ci hanno fatto sentire veramente
uniti, amici, fratelli, figli di un
solo Padre. Ma, insieme, non abbiamo dimenticato chi, tra gli
uomini, è meno fortunato. E sempre il pubblico ha risposto con
generosità. E’ chiaro a tutti che
il principale compito di una corale è di guidare il canto durante i culti, mettere il canto al servizio della Parola; ma è altresì
importante cantare con altri
gruppi corali, « fare una serata »
per gli altri, offrire a chi lo gradisce il risultato di tante ore passate insieme a provare e riprovare un canto, sotto la paziente
guida del direttore.
A novembre abbiamo scoperto
di avere altri due amici, che ci
hanno portato in dono la loro arte, la loro passione per la musica organistica. Essi hanno scoperto che nelle nostre chiese esistono strumenti molto validi, ma
poco sfruttati. E’ nata cosi l’idea
di farci trascorrere una serata un
po’ diversa dalle solite. Musiche
di B. Marcello, di Stanley, di
Muffet, di Pasquini e naturalmente del grande J.S. Bach hanno fatto vibrare le canne del nostro organo, non avvezzo ad un
simile trattamento.
Due organisti eccezionali :
Mauro Barotto e Walter Gatti,
anche se molto diversi come tecnica e sensibilità musicale.
Paola Revel Ribet
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Dibattito
naie unico per cogliere le novità che stanno maturando.
Ora le chiese — e alcuni concistori e circuiti sono già partiti con il lavoro di riflessione —
devono assumere informazioni,
discutere il denso documento degli esecutivi e così insieme progettare uno scenario diverso per
gli anni ’90. Se il confronto non
sarà solo tra le denominazioni
ma soprattutto con la parola delTEvangelo, è probabile che andremo ad una svolta importante di cui da oltre un secolo si
avverte la necessità, e ora anche
l’urgenza non più dilazionabile
nel tempo.
suirecumenismo
Giuseppe Platone
TORRE PELLICE — L’assem
blea di chiesa di domenica scorsa, avente al centro la discussione dei rapporti ecumenici, in par.
ticolare con il cattolicesimo, dopo un lungo dibattito che ha visto molti interventi non è riuscita nell’intento di approvare un
ordine del giorno sulla materia.
Il dibattito, che ha tenuto conto
sia di possibili e positive esperienze in ambito locale, sia dei
problemi che comunque sorgono
di fronte agli atteggiamenti della chiesa cattolica a livello « ufficiale » ed al ruolo egemone che
essa esercita sul piano culturale a livello nazionale, non ha potuto sfociare in una presa di
posizione, sostanzialmente per
motivi di tempo, rimandando
questo atto ad una successiva
assemblea.
• La vendita dei biglietti per
il pranzo del XVII febbraio ’90
inizierà il 6 febbraio presso il
negozio Pellegrin in piazza Libertà a Torre Pellice.
Lutti
POMARETTO — Ancora una
volta la comunità si è riimita
per esprimere la sua cristiana
simpatia in occasione di due funerali: sono infatti deceduti,
presso il nostro ospedale. Orlando Rostagno di 78 anni e Alina
Barvelli Canonico di 53 anni.
Riconoscenza
PIOSSASCO — La chiesa tutta
ricorda con affetto e riconoscenza il pastore Marco Ayassot per
la testimonianza ricevuta durante la sua recente presenza a
Piossasco.
Studi biblici
PRAROSTINO — Dal 29 gennaio, ogni lunedì alle 20.30, presso il presbiterio, riprenderanno
gli studi biblici; questo nuovo
ciclo di otto incontri tratterà l’evangelo di Luca. Ci si augura
che il gruppo di persone già presenti agli altri cicli di studio
contìnui a crescere, rendendo
ancora più viva e stimolante la
discussione intorno ai temi proposti.
• Il 6 gennaio scorso è mancato Eugenio Francesco Genre
di 78 anni. La comunità esprime la sua solidarietà cristiana alla famiglia provata dal lutto.
Solidarietà
PRAMOLLO — Il Signore ha
chiamato a sé, improvvisamente, all'età di 92 anni, il fratello
Alessio Long (Pellenchi), il più
anziano dei nostri membri di
chiesa e il 19 gennaio, ancora
una volta, la comunità si è raccolta per ascoltare l’annuncio
delTevangelo della resurrezione
e per esprimere la propria solidarietà e partecipazione. Ringraziamo Dio per la lunga vita
del nostro fratello e gli chiediamo di sorreggere e benedire
quanti sono nel dolore.
Grazie!
PINEROLO — Domenica 7 gennaio abbiamo avuto il privilegio
di sentire la predicazione del
pastore Bony Edzavé in occasione della domenica della CEVAA
ed il 21 quella del pastore Domenico Tomasetto della chiesa
battista di Rivoli. Li ringraziamo ancora per i loro incisivi
messaggi.
Il 14 il culto è stato presieduto da alcune sorelle dell’Unione femminile.
• Chiediamo al Signore di benedire il matrimonio di Silvia
Godine e Luigi Re, sposatisi il
20 gennaio.
• Moltissimi amici e fratelli
in fede si sono stretti a Rita,
Claudio e Roberto Morbo in occasione del funerale del loro
marito e padre, dott. Giorgio,
che ha terminato la sua vita
terrena all’età di 66 anni.
Giovedì 25 gennaio
□ INCONTRO SULLA
CENA DEL SIGNORE
PINEROLO — NeM'ambito della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, presso il Seminario in via Trieste 44, si svolge un irrcontro sul tema: «Il significato della Cena del Signore ». Intervengono il past. Klaus
Langeneck e padre Oreste Fabbrone.
Inizio alle ore 20.45.
27-28 gennaio
□ INCONTRO GIOVANILE
DEL 1" DISTRETTO
TORRE PELLICE — Alle ore 18,30
presso la Casa unionista ha inizio
l’Incontro giovanile del 1° Distretto.
L'incontro che ha come tema « la musica », proseguirà dopo la cena. Il
giorno successivo, domenica 28 gennaio, dopo il culto ai Coppieri (ore
9,30) vi sarà nella saletta una riunione
dedicata all'organizzazione della giornata dei giovani prevista per il prossimo mese di maggio. Alle ore 12,15
si terrà il pranzo alla Casa unionista
e nel pomeriggio vi saranno vari giochi di animazione.
L'incontro termina alle ore 17 di
domenica.
Chi intende pernottare e chi intende pranzare è pregato di contattare
Doriano Co’isson, tei. 0121/932839, entro il 25 gennaio.
Mercoledì 31 gennaio
□ FRA BASILEA E SEOUL
PERRERO — Alle ore 20.30, presso
i locali della chiesa valdese il pastore
S, Ribet e Ada Poèt, delegati a Basilea, parleranno sul tema « Giustizia,
pace e integrità del creato » in prospettiva del prossimo incontro di Seoul.
□ INCONTRO
COLLABORATORI
ECO VALLI
PINEROLO — Presso i locali della
chiesa valdese in via dei Mille, alle
ore 20.30, ha luogo la periodica riunione dei collaboratori del nostro giornale.
Sabato 3 febbraio
□ MONITORI DEL
1> CIRCUITO
TORRE PELLICE — Presso la Casa
unionista, alle 'ore 16.30, si incontrano
i monitori della vai Pellice per esaminare la seconda sequenza del programma e per organizzare le attività
comuni.
Abbonamento
1990
Italia
Annuo L. 42.000
Costo reale L. 65.000
Sostenitore L. 80.000
c.c.p. 20936100 intestato AIP
- via Pio V, 15 - 10125 Torino
là
10
10 valli valdesi
26 gennaio 1990
IL DIBATTITO TRA I COMUNISTI
Il nome e la cosa
Uautonomia va
promossa
non solo
difesa
Il PCI si avvia ad una « rifondazione »?
Che cosa scaturità dal congresso straordinario di marzo che dovrà esprimersi sulla proposta del segretario Occhetto di aprire una
fase costituente per formare una nuova forza
della sinistra italiana?
La discussione è aperta in ogni sede, e a
tutti i livelli del partito, ma anche al di là
di quest’ultimo. In questa e in altre inteiviste cerchiamo di sondare le impressioni e le
aspettative dei comunisti del pinerolese di
fronte a questa svolta.
Attenzione
agli incendi
Quando ci tolgono il treno, ci
minacciano nelle istituzioni sanitarie, ci trattano con arroganza, anche le nostre autorità politiche si accorgono che manchiamo di autonomia. Non possiamo prendercela con loro perché
rispecchiano un atteggiamento
generale. Caso mai, perché non
cercano abbastanza di chiarire
e di guidare l’opinione e le azioni per una effettiva autonomia
politica delle nostre valli. Dico
« politica » e non solo « amministrativa » per uscire da quella
paura delie parole, e non solo
delle parole, per cui non si osa
neppure dire Valli valdesi al di
fuori dell’ambito che si riferisce
alla religione e di questo giornale. Vaili tout court e Valli vaidesi sono termini geografici usa
ti da secoli, e si riguardi la vecchia cartografia.
Non sono un qualunquista anti-partito. Constato semplicemente che gli attuali partiti sono
ancora troppo accentratori e che
il nostro atteggiamento verso di
loro è troppo simile a quello di
chi chiede qualche favore a un
principe. Ci sono bravissime persone nei partiti, e ce n’è nel mondo, in Europa, a Roma, Torino
e Pinerolo. Con loro da con-cittadini dobbiamo collaborare, partendo dalla nostra in-dipendenza.
Di qui dovrebbe partire un discorso radicale. Non serve ironizzare su una « Repubblica »,
quando tutto giustamente si risolve in una inter-dipendenza, anche tra gli USA e l’URSS. Si può
partire adesso anche da un treno, un ospedale o una pluriclasse. Ma non bisogna accontentarsi di prendere il diavolo per la
coda. Bisogna prenderlo per le
coma.
Intanto constatiamo quanto
sia difficile la convivenza proprio
con il vicino più vicino, sia esso
a Torino o a Pinerolo. L’articolo 6 della Costituzione promette
esplicitamente qualcosa alle minoranze, e la legge di attuazione forse finalmente passerà. Ma
lo Statuto della Regione Piemonte si limita a dire all’art. 7 che
«La Regione difende l’originale
patrimonio linguistico, di cultura
e di costume delle comunità locali e ne favorisce la valorizzazione ». Non c’è nessun riconoscimento delle minoranz.e. E non
fu una dimenticanza. Ricordo le
tumultuose sedute del Consiglio
regionale quando passò quell’articolo per la generale volontà
dei consiglieri di allora. E la sua
attuazione dipende .sempre da
qualche buon volere.
Oggi questi discorsi non fanno
più scandalo. Ma mentre l’Europa e il mondo cambiano, forse
per il meglio, qui sembra che
cambi per il peggio. Organizziamoci o organizzatevi per costruire, partendo da noi e possibilmente d’accordo con quelli di
fuori. Cóme? Sono state elaborate proposte e altrove fatte esperienze. Non si può né si deve scrivere qui un trattato.
Gustavo Malan
« Era dall’epoca del dibattito
sulla cosiddetta unità nazionale
che non si assisteva ad una cosi ampia discussione ». Claudio
Bertalot, segretario della sezione
di Torre Pellice del Partito comunista, è favorevolmente colpito da quanto sta avvenendo in
queste settimane convulse, fìtte
di riunioni, lettura di documenti, interventi: la proposta lanciata dal segretario Occhetto nel
novembre scorso, tendente alla
apertura di una « nuova fase costituente » per una rinnovata,
ampia foraa della sinistra, anche in vai Pellice come in tutta
Italia suscita interesse, entusiasmo o scetticismo, e non solo
all’interno del partito.
« La discussione qui in valle
— prosegue Bertalot — ricalca
quella che avviene in Italia, pur
tenendo conto che non abbiamo
qui chi sostenga le posizioni della ’’mozione numero tre”, quella
dei cossuttiani. Non ho riscontrato nemmeno le polemiche che
si sono verificate altrove, i toni
del dibattito sono abbastanza
’’aperti”, fra chi è favorevole alla proposta del segretario e chi
invece sostiene la mozione di
Natta, Ingrao e altri. La scelta
di mettere in questione la propria identità è un dato di fatto
che, mi sembra, coinvolge tutti ».
E ad essere coinvolti, in vai
Pellice, sono aU’incirca 120 iscritti (una trentina in Torre), a cui
corrispondono una decina di amministratori nei consigli comunali, un sindaco, un consigliere
e un assessore in Comunità montana. A Bibiana siedono in consiglio tre indipendenti eletti nelle liste del PCI.
« Ma a discutere sono anche
altri, anzi in questo periodo, che
coincide come sempre con il tesseramento, se qualcuno afferma
di aspettare il congresso straordinario di inizio marzo per prendere una decisione, abbiarno avuto delle nuove iscrizioni ».
Ma che cos'è che più ricorre
nelle conversazioni spontanee e
nelle riunioni di sezione?
« C’è un forte interesse a discutere ciò che dobbiamo diventare: per molti c’è entusiasmo
nei confronti della proposta di
rifondazione; per contro, fra chi
è contrario a questa proposta di
svolta, non c’è più la constatazione delle prime settimane che
si voglia ’’svendere il partito”,
annullando l’esperienza comunista. C’è piuttosto un’osservazione di questo tipo: la proposta
potrebbe essere positiva, ma è
carente nei contenuti; si dice anche che non si capisce bene a
chi si rivolga. In realtà, a mio
VACCINAZIONE CONTRO IL MORBILLO
Perchè temerla?
Alcuni mesi or sono abbiamo
presentato la campagna condotta da alcune USSL per la vaccinazione contro il morbillo; ci
sono state però delle resistenze,
c’è stato chi ha fatto circolare
voci di gravi effetti collaterali.
Con quale fondamento?
« Si dovrebbe tenere presente
che qualsiasi vaccinazione — ci
ha detto la dott.sa Nucci dell’USSL 43 — (sia che poi compaiano effetti, sia che non ne compaiano) non fa altro che ’’mimare” la malattia per stirnolare le
difese anticorpaìi, perciò è normale che qualche bambino abbia febbre o altri sintorni, che
però non sono la malattia vera
e propria.
Se un bambino si ammala di
morbillo lo aspettano 10 giorni
di malattia con febbre alta, altri sintomi e possibili conseguenze. Dopo la vaccinazione, a distanza di una settimana alcuni bambini hanno, in genere, due giorni di febbre, raramente alta, e
tutto il processo si risolve molto più in fretta di quanto non
avvenga per la malattia ».
E’ abbastanza comune l’idea
che le cosiddette malattie infantili vadano comunque subite perché così è sempre stato...
« Si dovrebbe considerare che
questo succede perché in genere
la maggior parte delle persone
non conosce i meccanismi d’azione dei virus, cioè come agisce il virus nei confronti dell’organismo che attacca e quali conseguenze immediate o successive
può provocare.
Non si sa, per esempio, che a
seguito dei processi di moltiplicazione dei virus un certo numero di cellule dell’organismo vengono, in modo più o meno grave, lese.
Alcuni tipi di virus poi, come
quello del morbillo, riescono a
mettere in atto meccanismi particolari per facilitarsi la sopravvivenza e la permanenza nell’organismo ospite anche per anni
dopo la guarigione clinica ».
Ci sono però persone che ritengono che questi interventi
« artificiali » sul sistema immunocompétente abbiano effetti
dannosi all’organismo.
« Il morbillo è il caso di una
malattia che quasi tutti i bambini sicuramente farebbero e non
si tiene presente che se il virus
è modificato in modo da non
provocare la malattia, anche la
stimolazione del sistema immunitario si verifica in grado minore, per es. protraendosi il processo per un numero di giorni
inferiore rispetto alla malattia,
coinvolgendo il virus vaccinale
meno tappe della catena di reazioni immunologiche, non provocando, come invece succede nella malattia, reazioni di tipo allergico che causano parte dei
sintomi.
Certo, sarebbe meglio vivere
in modo più semplice e genuino,
senza apportare niente di artificiale nel nostro organismo, ma
se è vero che tante malattie sono oggi scomparse o tenute meglio sotto controllo grazie alle
migliorate condizioni igieniche e
alimentari, ad esempio, tuttavia
non si può non riconoscere che
un grosso aiuto a questo controllo viene fornito anche dalle vaccinazioni, da certi medicinali o da
certe moderne apparecchiature.
Le migliorate condizioni igieniche e un’alimentazione ottimale
non possono impedire che certi
virus, batteri o microrganismi
vari continuino a circolare nell’ambiente e a coinvolgere organismi vegetali, animali e umani.
Inoltre la situazione sanitaria
non è ancora la stessa in ogni
parte del mondo, per cui pensare di avere una certa protezione nei nostri Paesi non è lo stesso che pensare alla propria protezione trovandosi ad avere contatti con i Pae.si in via di sviluppi'- . .
Per tutti questi motivi et impegneremo ancora, come Servizio di igiene pubblica, nel prò
Seguimento della campagna, con
il solo intento di promuovere
sempre di più la salute della
gente ».
P.V.R.
parere — continua Bertalot —
credo che questo progetto sia
un po’ tutto da costruire. Abbiamo, è vero, una certa paura nell’a-ffrontare in futuro una strada
che finora non era stata percorsa. Alcune cose sono tuttavia
chiare: non pensiamo ad una costituente con il Partito socialista; i comunisti italiani non intendono rinunciare alla propria
identità. Ci potrà essere un’unità d’intenti fra ’’componenti”,
ma non si tratta di ipotizzare
una fusione tra i due partiti della ’’sinistra storica” ».
I toni si sono smorzati, almeno in parte; forse anche perché
il segretario stesso, im paio di
settimane fa, ha rilanciato, in
sede di assemblea dei segretari
di federazione, la necessità di riaprire una fase di conflitto sociale, di rivendicazioni, di iniziative per garantire i più deboli.
Un dato che caratterizza in
maniera marcata la proposta di
Occhetto è l’apertura, considerata come irrinunciabile, a nuove forze che hanno un loro peso e una loro identità nella società: le associazioni, i movimenti (pacifisti, ambientalisti, ecc...),
gruppi di credenti, un’area di
cattolicesimo che non si ritrova nelle posizioni democristiane.
Non c’è il rischio di cercare di
coinvolgere persone e gruppi che
hanno aspettative anche molto
diverse fra loro, e che quindi si
crei un certo consenso solo in
occasione di alcune battaglie, ma
senza proporre un progetto globale di alternativa?
« La proposta del segretario, e
anche la mozione ’’Natta-Ingrao”,
sono esiti diversi di un’unica
matrice, e trovano il loro senso
nella difesa dei soggetti più deboli, dei diritti dei lavoratori,
delle donne. Per quanto riguarda un progetto globale, è certamente vero che nella mozione
di maggioranza manca la definizione di un programma: vengono richiamati determinati ideali
e determinate questioni che dovranno essere prioritari, ma non
si poteva dire che si va alla formazione di una nuova forza politica dandone già per scontati
i contenuti.
In particolare, sul rapporto
con i movimenti, sarà ben chiaro che a loro si offre attenzione,
senza però pretendere di esaurirne le peculiarità: occorrerà
che essi continuino ad elaborare
le proprie riflessioni, proponendole naturalmente anche ad altre forze. Ma al di là delle associazioni sono convinto che in
Italia esistano migliaia e milioni di persone ’’stanche” dell’andazzo politico, stanche dello
svuotamento continuo delle nostre istituzioni, delle lottizzazioni, dei progressivi ’’tagli” che le
autonomie locali continuano a
subire nel settore dei servizi: lo
vediamo chiaramente anche qui,
in materia di ferrovia, con Vaboazione degli uffici dell’ENEL, dell’ufficio di collocamento, e così
via. A tutti ci rivolgiamo per cercare un’alternativa a questo sistema di potere. In questo senso
cerchiamo di orientare anche la
preparazione della prossima scadenza elettorale amministrativa:
allargare il dibattito su questa
nuova forza politica vuol dire
anche cercare di elaborare programmi che siano il più possibile aderenti alle reali esigenze
della gente ».
Si va, insomma, verso un nuovo concetto di solidarietà (parola che ha acquisito un certo peso nel dibattito interno al PCI,
anche prima dell’idea della costituente): un concetto non più
limitato ad un ambito di classe,
ma allargato a tutte le fasce più
deboli. li dibattito prosegue, e
promette nuovi sviluppi.
Alberto Corsanì
FERRERÒ — Un incendio di
notevoli proporzioni ha devastato una zona di boschi all’inizio della settimana scorsa minacciando il villaggio di Traverse
e richiedendo l’intervento dei
vigili del fuoco e di numerose
squadre di volontari. Ancora
qualche fiammella è divampata
alcuni giorni dopo, ma è stata
spenta con facilità.
Lo scorso anno, un’ordinanza
del sindaco vietava l’accensione
dei falò del 16 febbraio in tutto
il comune e quest’anno, se non
cadrà la neve, ci si può aspettare la medesima ingiunzione. Ma
se le persone responsabili sanno
bene che cosa comporta accendere fuochi in periodo di siccità, gli irresponsabili lo fanno
tranquillamente, sicuri di non
essere mai scoperti e puniti.
LUSERNA SAN GIOVANNI —
Numerosi sono stati gli intervem
ti dei vigili del fuoco anche nel
corso dell’ultima settimana in
tutta la vai Pellice; dall’Inverso
Blando ai boschi sopra la Gianavella, da Angrogna all’alta vai
Pellice. Tutta una serie di incendi alla cui base sta generalmente la disattenzione, quando
non un vero e proprio dolo.
Sale operatorie
aperte solo tre ore
PINEROLO — Nelle sale operatorie si respirano troppi gas
nocivi per il personale addetto.
La CISL e la CGIL si lamentano che i lavori effettuati per
rendere adeguate alle norme di
legge le cinque sale operatorie
dell’Ospedale civile non sono stati fatti bene. La legge prevede 15
ricambi d’aria, mentre dopo i lavori i ricambi sono solo quattro.
Di qui un esposto su cui dovrà
pronunciarsi la magistratura. Per
questo motivo le sale operatorie
sono aperte solo per tre ore al
giorno, salvo le urgenze. In questo modo gli interventi preventivati procedono in maniera molto
lenta e ci sono ormai tempi di
attesa di mesi per gli interventi
ortopedici. La situazione potrebbe migliorare se gii anestesisti
usassero metodiche che richiedano meno uso di gas, ma ovviamente questo non può essere fatto in tutti i casi e servirebbe solo ad alleviare il problema senza
risolverlo.
Verdi arcobaleno
in Comune
PINEROLO — Il gruppo consiliare di Democrazia proletaria
non esiste più. I consiglieri Luciano Griso e Paolo Ribet con una
lettera al sindaco hanno comunicato la loro decisione di dar vita
al gruppo verde arcobaleno, motivando la loro decisione con i
profondi contrasti di linea politica con DP.
Per fare conoscere la linea politica dei verdi arcobaleno si terrà venerdì 26 gennaio alle ore 21,
presso il centro sociale di via Lequio, una riunione pubblica, a cui
interverranno il consigliere comunale Griso e i consiglieri regionali Nemesio Ala ed Igor Stagliano.
Assessore ferito
TORINO — L’assessore ai trasporti della provincia di Torino, Giorgio Cotta Morandini, ed
il consigliere (e direttore del nostro giornale) Giorgio Gardiol
sono stati coinvolti in una uscita di strada delTauto con cui si
stavano recando in alta vai Orco; Cotta Morandini, dopo essere stato trattenuto in osservazione alcuni giorni presso l’ospedale di Cuorgnè, è stato successivamente dimesso. Ferito, nelTincidente, anche l’autista.
11
26 gennaio 1990
valli valdesi 11
COMUNITÀ’ MONTANA VALLI CHISONE E GERMANASCA
Pro e contro le centrali
La realizzazione a cura di una società privata - E’ possibile sfruttare ancora dei corsi d’acqua già quasi prosciugati dalla siccità?
Cinema
La costruzione di tre centrali
idroelettriche da parte di una
società privata in tre comuni della vai Chisone (Fenestrelle, Roure e Penosa Argentina) ha provocato un’animata discussione
tra i consiglieri della Comunità
montana Chisone e Germanasca
nella seduta del 19 gennaio.
Di queste centrali si parla ormai da quasi cinque anni, ma
la decisione dei comuni si è avuta soltanto da poco tempo: è
stata invece del tutto tagliata
fuori la Comunità montana, a cui
non è stato chiesto alcun parere in merito. Illustrando il punto inserito nell’ordine del giorno, il presidente si è detto molto scontento di ciò, perché tra
i compiti istituzionali delle Cornunità montane c’è anche il diritto di esprimere la propria opinione sull’utilizzo del territorio.
L’assessore Sanmartino ha riferito su una riunione alla quale aveva partecipato senza espresso invito, nella quale i pareri erano tutt’altro che concordi sulla
bontà dell’operazione.
I rappresentanti dei comuni di
Fenestrelle e Roure hanno spiegato perché i loro consigli comunali erano a favore delle centrali, il sindaco di Perosa ha esposto i motivi del dissenso della propria amministrazione.
Ecco in sintesi gli argomenti
a favore; le centrali idroelettriche non sono pericolose, la società si impegna a garantire un
elevato flusso d’acqua nel torrente, si potrebbe avere, creando un consorzio di artigiani, la
corrente elettrica al prezzo praticato all’ENEL.
I contrari hanno ribattuto che
nel Chisone vi sono già ben tre
bacini idroelettrici a monte di
Perosa (Pourrières, Villaretto e
Meano) che nei periodi di magra prosciugano il torrente, che
ogni centrale lascerebbe quattro chilometri scoperti e in tratti dove versano le fognature dei
centri abitati, che non vi sarebbero posti di lavoro in più (le
centrali moderne sono completamente automatizzate) ma solo
un depauperamento dell’ambiente.
Altri interventi hanno rilevato
che l’acqua è di tutti e che nessun comune può pretendere di
decidere sul suo utilizzo senza
consultare la popolazione e informare gli altri enti presenti
sul territorio.
Certo, nel 1985 i corsi d’acqua
delle due valli non erano ancora ridotti al punto in cui sono
attualmente, però fa un certo effetto pensare che qualcuno
desidera sfruttare la forza idrica
di rigagnoli quasi asciutti per
la prolungata siccità. Nessuno è
in grado di programmare le pre
cipitazioni e in questi anni si
comincia ad essere un po’ meno
superficiali.
Concludendo la discussione,
che forse era meglio iniziare ad
un'ora meno avanzata, il consiglio ha approvato una richiesta
alla Regione per la sospensione
dei lavori, in attesa di acquisire
maggiori elementi di giudizio.
Prima di questa discussione
il consiglio, riunito come assemblea dell’USSL, aveva affrontato
un altro argomento scottante: la
proposta di accorpamento delle
finità socio-sanitarie locali 42,
43 e 44 in un unico ente, con un
comitato di indirizzo sganciato
dalle Comunità montane vai Chisone e Germanasca e vai Penice. Ritenendo che la mega-USSL
non fosse che l’ultimo atto di
una strategia disastrosa per le
zone montane, il consiglio si è
detto nettamente contrario a
questo disegno di legge, ed è
stato anche proposto di consultare la popolazione in un dibattito pubblico.
Lasciando in sospeso la questione se sia più economica una
grande USSL rispetto ad ima
piccola, ecco le cifre dei bilanci approvati ad inizio di seduta:
servizio sanitario, 19 miliardi circa: funzioni socio-assistenziali,
1 miliardo e 674 milioni.
Liliana Viglielmo
TORRE PELLICE — Il cinema Trento
prevede per sabato 27 (ore 20-22.10)
« Scandal: il caso Profumo », e per domenica 28 (ore 16-18-20-22.10) «Ghostbuster il ».
POMARETTO — Il cinefórum ha in
programma, venerdì 26 gennaio, ore
21, ■■ Papà... è in viaggio d'affari ».
Proiezioni
TORRE PELLICE — Venerdì 26 gennaio, alle ore 21, nella sala della sede del CAI-UGET Val Pelllce, piazza
Gianavello, proiezione di diapositive
sul tema: « 1685-1691 il contesto del
Riimpcrtrìo; 1989 da Prangins a Sibaud »
a cura di Marco Gnone e Franco Beneccbio. Tutti sono cordialmente invitati. Ingresso *libero._________________
Amnesty International
TORRE PELLICE — Giovedì 25 gennaio, ore 16.45, avrà luogo una riunione ai Centro d'incontro (via Repubblica 1) con II seguente o.d.g.: a) Azione urgente; b) Relazione sui lavori dell’Assemblea circoscrizionale che ha
avuto luogo il 14 gennaio a Torino; c)
Risultanze del 19° Consiglio internazionale (ICM) di A.l. (Dublino, agosto
1989): i dodici obiettivi del piano programmatico biennale di A.'l. (1990-91);
d) Assistenza all’ex prigioniero Ali R.
Duman; e) Varie.
Teatro
TORRE PELLICE
Auguri, Asilo nido!
SALUZZO — Dopo cinque anni di interruzione riprenderà nel mese di febbraio la programmazione teatrale presso Il Politeama civico; Il primo appuntamento. In collaborazione col Teatro Stabile di Torino, è fissato per
giovedì 1° febbraio con la presentazione di « Scandalo », di Renò Kalinsky con Franco Oppini e Valeria Clan
gottini. Inizio ore 21.
Incontri
Così s’intitolavano le locandine e gli inviti che richiamavano
la gente a partecipare alla festa
per il 10” compleanno dell’Asilo
nido. E così sabato mattina 20
gennaio, alle 10, è iniziata questa
festa molto simpatica, cordiale
ed accogliente a cui ha partecipato tanta gente, adulti e bambini, dai 2 mesi ai 70 anni! Per
l’allestimento di questa festa le
tate (le educatrici di nido) hanno lavorato molto e l’esito è stato veramente positivo.
Si è ripercorso insieme l’attività del Nido in questi anni attraverso foto, diapositive sonorizzate e videoregistrazioni: le
esperienze piacevoli sono poi ricordi che uno rivede volentie^'i
e ne riparla soddisfatto. I bimbi
presenti hanno potuto così trovare o ritrovare un’atmosfera festosa, rintracciare e scoprire giochi e attività un tempo gradite;
hanno avuto la possibilità di giocare in stanze appositamente
strutturate e predisposte per
loro: « l’angolo cucina », la stanza per il travaso della farina
gialla, e poi « l’angolo pittura »,
dove ogni bimbo poteva lasciare
un « artistico » ricordo e proporre un possibile nome da dare all’Asilo nido! E ancora il baule
del decennale pieno di giochi,
coccole, esperienze, feste.
Certo che 10 anni possono
essere pochi o tanti, dipende dai
punti di vista: è comunque sempre difficile, ricordando il pas
LUSERNAS.GÍOVANNII
sato, aver presente le aspettative
che uno aveva allora e valutare
se queste sono state esaudite.
Si sa che la prima esperienza
è sempre un’incognita, e cosi è
stata l’apertura del Nido per
tate, genitori e bambini; certamente vi era un po’ di insicurezza, timore, incertezza, ma comunque tanto entusiasmo, voglia di fare nuove esperienze,
cercare il confronto con nuove
realtà, scoprire un nuovo mondo, esplorare questo straordinario pianeta nido dove i bimbi
sono l’essere centrale più importante. Ora, dopo aver ricordato
questo percorso di 10 anni, si
può e si deve pensare al futuro; l’attività continua, forse si
potrebbe modificare e migliorare l’impostazione, assumere una
nuova fisionomia, aprirsi maggiormente al confronto con le
realtà presenti sul territorio e
con altre esterne. Se è vero che
i bambini sono una ricchezza,
che rappresentano l’avvenire, il
futuro, allora bisogna essere tutti più consapevoli e dar loro
maggiore importanza; proviamo
ad immaginare un « Nido più
aperto », pensiamo all’infanzia
presente su tutto il territorio
della nostra valle ed ipotizziamo per essa un progetto che
tenga conto delle esigenze dèi
bambini in primo luogo, ma anche di quelle dei genitori, degli
educatori e forse anche degli
amministratori comunali (i gran
di assenti di queste giornate).
Lavoriamo quindi tutti per la
realizzazione di questo nuovo
progetto, aspettando il ventennale di questo Nido che si chiamerà...
M. B.
PINEROLO — SI conclude lunedì 29
gennaio il ciclo di incontri organizzati sul tema « Il PCI e la sinistra europea »; alle ore 21. presso il centro
sociale di via Lequio, Giorgio Ardito,
Marco Brunazzi e Gian Giacomo Migone, parteciperanno ad una tavola
rotonda dal titolo: » Mutamenti all'est;
cosa cambia per la sinistra italiana? ».
Sono tutte minoranze
centralissimo fabbricato di 3 alloggi ognuno di : ingresso, 2 camere,
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A proposito del « ruolo polìtico degli occitani » (Mauro Meytre, 22.12.’89),
mi sembra doveroso precisare che
non si dovrebbe fare d’ogni erba un
fascio, generalmente qualificando gli
- autonomisti piemontesisti » quali « populisti, razzisti », ecc. Lo dimostra, ad
es., il « fondo » apparso su Alp (periodico interamente scritto in piemontese) del dicembre 1988 (n. 13), Vu’
cumprà?, in aperta polemica con coloro I quali pretendono di chiudere
la porta agli immigrati, come sostengono le varie « leghe » e purtroppo anche teorici dell’etnismo nazionalitario
(tra I quali era pure F. Fontan, fondatore del Partito nazionalista occitano).
Sono comunque convinto che la lotta
per la promozione e l'autogestione del
patrimonio culturale e linguistico sia
legittima non soltanto per le minoranze DOC, ma riguardi ogni comunità vittima della mutilazione della lingua. I corsi, ad es., parlano un « dialetto » molto simile all’Italiano; ma
hanno tutto il diritto di pretendere II
riconoscimento della « lingua corsa ».
La discriminazione tra « lingua • e
" dialetto », con relativa assegnazione
di diritti, ambiti e ruoli diversi (anche
quelli di cenerentola!), scatena una
guerra tra poveri, ghettizza ed è, in
ultima analisi, espressione di un razzismo culturale e linguistico strumentale agli idiomi iiber alies. Del resto
la problematica economica e socioculturale delle valli pinerolesi, dove si
parla ancora occitano, è analoga a quella delle valli alpine bergamasche e
bresciane, dove resiste il lombardo orientale, ed a quelle biellesi, dove si
parla piemontese. Hanno dunque « titolo • alla rivendicazione anche i siciliani, I piemontesi, i pugliesi, i lombardi, gli abruzzesi, gli emiliani, i liguri, ecc., parlanti idiomi a torto qualificati « dialetti dell'Italiano », mentre
in realtà lo sono del latino, proprio
quanto il francese. Il castigliano. Il
portoghese, l'italiano, ecc., diventati
lingue di Palazzo, ufficiali e perciò illustri, forti e ricche.
Come diceva Pasolini, • bisogna lottare per la conservazione dì tutte le
forme, alterne e subalterne, di cultura », « dentro questo nuovo fascismo,
che è l'accentramento linguistico e
culturale del consumismo » (dal messaggio postumo al congresso del PR,
e nel suo ultimo intervento pubblico,
a Lecce, nell’ottobre 1975, pubblicato
poi in Volgar' eloquio, Napoli 1976).
Tavo Burat, Biella
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RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Fernando Buffa
ringraziano tutti coloro che hanno manifestato simpatia ed affetto in questi
giorni di lutto.
Un grazie particolare al pastore
Bruno Bellion, alla dott.ssa Pisani, medici e paramedici deirOspedale valdese di Torre Pellice e San Luigi di Orbassano.
Torre Pellice, 13 gennaio 1990
RINGRAZIAMENTO
« Io ho pazientemente aspettato
VEterno, ed egli si è inclinato
a me ed ha ascoltato il mio
grido »
(Salmo 40: 1)
La famiglia di
Alìna Travers ved. Costabel
riconoscente, ringrazia di cuore tutti
coloro che con scritti e presenza hanno
manifestato solidarietà e partecipazione al suo dolore. Un grazie particolare a tutto il personale dell’Ospedale
valdese di Pomaretto, al dott. Broue,
alla Croce verde di Porte e al pastore
Ruben Vinti.
Pramollo, 15 gennaio 1990
RINGRAZIAMENTO
c( UEterno e il mio pastore:
nulla mi mancherà »
(Salmo 23: 1)
I familiari di
Alessio Long
(il bersagliere)
cavaliere di Vittorio Veneto, di anni 92
ringraziano sentitamente tutti coloro
che con presenza e scritti hanno preso
parte al loro dolore e rivolgono un
pensiero riconoscente al past. Ruben
Vinti.
Pramollo, 18 gennaio 1990
RINGRAZIAMENTO
« Ho pazientemente aspettato
VEterno, ed egli si è chinato
su di me e ha ascoltato il mio
grido ))
(Salmo 40: 1)
La famiglia di
Elena Grill
ringrazia tutti coloro òhe hanno preso
parte al suo dolore. In particolar modo
ringrazia il dott. Meli e le nipoti Amalia e Pierina Che le sono state vieine
durante la lunga malattia.
Frali, 18 gennaio 1990
RINGRAZIAMENTO
« L’anima mia anela a te. Signore »
(Salmo 42)
Il Signore ha richiamato a sé
Alma Muston Gabella
Lo annunciano i figli Alberto con la
moglie Alda; Renato con la moglie Carla e i figli Stefano e Cristina; la sorella
Roma; la cognata Eugenia G^ymet con
Amalia e famiglia, e tutti i parenti.
Torre Pellice, 18 gennaio 1990
La famiglia ringrazia la direzione
e il personale dell’Asilo valdese di Luserna S. Giovanni e dell’Ospedale valdese di Torre Pellice, le persone amiche che rhanno assistita con affetto e
quanti hanno partecipato al suo dolore.
RINGRAZIAMENTO
I>a moglie e la figlia del dottor
Teodoro Peyrot
non potendolo fare personalmente,
commosse per la grande manifestazione di solidarietà, ringraziano tutti coloro che hanno partecipato al loro dolore.
Torre Pellice, 22 gennaio 1990
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12
12 fatti e problemi
26 gennaio 1990
INQUINAMENTO
PIANETA E SOCIETÀ’
Non siamo ambientalisti Numeri per riflettere
ma abitanti
della Valle Bormida
La mobilitazione popolare contro un’azienda che, così come è gestita, produce il costante avvelenamento dei lavoratori e della zona
CENCIO (SV) —Sul greto del
fiume Bormida, in quella stretta
striscia di terra e ghiaia tra il
muro di cinta dell'ACNA e le acque del fiume, dove nell’aprile
scorso era venuta in superficie
una bolla d’acqua intrisa di venefiche sostanze chimiche, vicino
alla improvvisata tenda di chi
sorvegliava che le prove dell’inquinamento ACNA non fossero
occultate, campeggiava uno striscione: « Non siamo ambientalisti, siamo abitanti della Valle
Bormida» vi era scritto. Forse era
solo una polemica verso i giornalisti un po’ sbrigativi; in realtà
quella scritta coglieva nel profondo una realtà sociale che in questi anni si è formata in quella
valle prima sconosciuta, tra Liguria e Piemonte: quel forte legame
di solidarietà tra le persone che
si muovevano dopo decenni contro la fabbrica che aveva inquinato im fiume e le proprie terre,
l’acqua e le vigne, ha dato vita
ad un esperimento di democrazia
nuovo ed unico in Italia, dove le
istituzioni, i comuni e le amministrazioni, hanno trovato un legame profondo con la gente in una
« autogestione » basata sulla partecipazione creando una propria
rappresentanza, 1’« Associazione
per la rinascita della Valle Bormida », e persino un giornale. Tre
parole, « Valle Bormida pulita »,
sono il loro slogan, talmente semplice da diventare anche sogno
dei bambini che ne hanno fatto
disegni e temi. « E' stata la gente,
quando ha preso fiducia, quando
ha capito che ci si poteva muovere ottenendo qualcosa, che ci ha
costretto a darci da fare » dice
ora Eliana Barabino, sindaco di
Terzo d’Acqui dal 1983; «e di conseguenza anche il nostro rapporto
con gli elettori è cambiato; la
partecipazione è diventata un legame che ha superato i partiti,
anzi si può dire che si è formato
un nuovo partito "trasversale"
dove gli interessi più semplici sono diventati patrimonio di tutti ».
Un gesto
di protesta
Eliana Barabinp è uno dei 21
sindaci che nell’autunno del 1988
si sono dimessi per protesta per
ché « impossibilitati a garantire
alle popolazioni condizioni di vivibilità a causa del persistere
dell’inquinamento ACNA ». Nessuno in quei giorni si è alzato
dalle sedie del pubblico che affollava le riunioni dei comuni
per approfittare dell’occasione e
dire: « Allora cambiamo giunta ».
Perché qualcosa era cambiato
tra i più di 20 mila abitanti della
valle a ridosso del fiiune Bormida.
Da allora nacque quel laboratorio di partecipazione politica che
è oggi la Valle Bormida. Tutti oggi, dai partiti tradizionali sino all’ecologismo verde nato da pochi
anni, hanno davanti a loro questa
forma di esperienza diversa da
quella della Farmoplant o di
Manfredonia (per citare altri casi
di fabbriche o paesi con gravi
problemi ecologici alle spalle) perché unisce richieste elementari
di vita con una voglia di essere
attori in prima persona, di superare la delega anche ai « verdi »,
facendo pesare sui partiti (come
nel caso delle ultime elezioni europee) persino il « non voto ». Ed
il caso Valle Bormida fu del tutto
evidente quando poi nel 1986
trentaquattro sindaci su 36 della
zona fecero il primo esposto alla
magistratura contro l’ACNA per
« violazione della tabella C della
legge Merli ».
Dei 140 chilometri di lunghezza
di questo ramo del Bormida, tutto di color bruno nerastro, ve ne
sono 40, tra lo scarico ACNA e
Cortemilia, che sono privi di ogni
forma di vita animale, almeno
quando lo stabilimento produce.
Quando il 20 marzo 1988 sfilarono
in corteo a Cengio più di 8.000
persone , la Valle Bormida divenne un caso: fu infatti chiara la
sensazione di non essere davanti
ad un gruppo di ecologisti, ma
a persone con trattori e cartelli,
anziani che cantavano canzoni
« sulla Bormida pulita » di almeno 100 anni prima, intere famiglie con striscioni (coldiretti e
bandiere rosse), a tal punto che
i partiti scoprirono (soprattutto
quelli tradizionali come la DC e
il PCI) che era nato qualcosa di
nuovo. La protesta arrivò sino al
Ministero per l’ambiente, che il
27 luglio di quell’anno decise di
chiudere l’ACNA per 45 giorni per
AeeOKIAMCNlO ANNÜ0;
ITALIA 6000
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UNA COPIA :ox)
DA VERSARE SIX. L «. P N-14603203 INTESTATO A
L'AMICO DEI FANCIULLI TAVOLA VALDESE
ViA P»to uambet-Tcn^hi 29
20t59 MILANO
incominciare il risanamento della
fabbrica.
Lo stabilimento è stato chiuso
dal ministro Ruffolo a maggio e
ora si sta decidendo se riaprirlo.
Le manifestazioni diventarono
giornaliere, come gli scontri con
quella piccola comimità di operai ACNA di Cengio che si è sempre arroccata nella difesa di una
fabbrica che tra di loro ha creato
un po’ di benessere, ma anche
morti a catena per cancro ed altre malattie. Quella separazione,
usata in più occasioni da una dirigenza aziendale che ha fatto
dell’ACNA una questione d’onore
ottusa, è anche il segno di due diverse concezioni: da un lato una
presunta versione industriale (e
chimica) della zona rivendicata
dall’ACNA e dai suoi dipendenti,
al punto da « dimenticare » che
l’ACNA è oggi un insieme di discariche tossiche, un fattore di distruzione per 1.500 kmq, giustificando per ima produzione di coloranti e pigmenti l’uso di quasi
tutto il Bormida (più di 2.000
metri cubi all’ora), trasformato
da fiume in fogna chimica. Dall’altra parte c’è quel reticolato di
paesi ed abitanti della valle che
vogliono riacquistare semplicemente il diritto a vivere, senza
l’inquinamento che incombe su
tutto, che ha distrutto mulini, vigne, ma ha anche allontanato altri insediamenti industriali o turistici. E per affermare questo diritto alla vita, per « riavere il fiume », come aveva scritto sul suo
trattore un agricoltore di Vesime,
gli abitanti della valle hanno
creato dal nulla una nuova forma di organizzazione, frutto della
complessità del problema, ma anche della semplicità della partecipazione.
Partire dai
bisogni reali
Per questo si è sviluppato il
concetto di « autorità di valle »,
che ha alla base un progetto di
rinascita della zona partendo dai
bisogni della comunità (e dalle
risorse valorizzabili) per soddisfarli, tenendo conto delle diversità e specificità di un paese rispetto ad un altro. Ed in questo
nuovo concetto di partecipazione
senza delega i comuni sono diventati una sorta di « braccio istituzionale » del movimento, talmente legati alla gente da andare
oltre gli steccati dei partiti. A tal
punto che ora anche i più accorti
osservatori politici se ne sono resi conto; qualcuno per cercare di
scardinare questa realtà, altri, come il PCI, per farne un esempio,
tant’è vero che nell’ultima conferenza stampa d’inizio gennaio il
gruppo comunista alla Regione
Piemonte ha chiesto la chiusura
dell’ACNA « anche perché questa
è la volontà della Valle Bormida,
delle istituzioni sociali, culturali,
religiose e sindacali che la rappresentano». Se l’esempio della
Valle Bormida è esportabile e
ancor più valorizzabile si capirà
meglio quando il ministro Ruffolo ed il governo avranno deciso
cosa fare dell’ACNA e dei soldi
già stanziati per il piano di risanamento della Valle Bormida.
Tutto — o molto — ora si gioca
su chi gestirà anche in termini
finanziari la rina.scita economica
della valle.
(da ASPE)
• Da una ricerca di De Miguel
ed altri per l’Organizzazione
mondiale della sanità (Oms) dell’84, emerge che il tempo dedicato dai medici ad una visita
sanitaria varia a seconda della
classe sociale del paziente. Il
65% dei poveri, il 38% dei lavoratori manuali, e solo il 5%
della classe alta fruiscono di visite inferiori ai 5 minuti; il 2%
dei poveri, il 15% dei lavoratori
manuali ed il 31% della classe
alta fruiscono di visite dai 15
ai 30 minuti.
• Dall’83 all’85 il numero di
bambini handicappati inseriti
nella scuola dell’obbligo in Italia è rimasto invariato. Secondo
quanto emerge dai dati de.l Ministero della pubblica istruzione, nella scuola materna sono lo
0,7%, nelle elementari l’l,6% nell’83 e l’l,7% nell’85, nella media
ri,2% nell’83 e PI,3% nell’85.
• Dai dati prodotti dalla Fao
emerge che nonostante l’aumento della produzione di cereali
nel mondo (1.877 milioni di tonnellate nell’89, 120 milioni più
dell’88), nemmeno l’l% è prodotto dai paesi del Terzo Mondo. In molti di essi, infatti, l’uso
massiccio di concimi ed anticrittogamici ha dato luogo a fenomeni di degrado ambientale, come l’erosione dei suoli: in India,
questa colpisce circa 30.000 ettari di terreno.
• La spesa per l’assistenza in
Italia è passata dai 29.030 miliardi dell’83 ai 43.000 dell’87, secondo i dati di una ricerca delrirs sulla spesa pubblica in
Italia tra l’83 e l’87. In rapporto
all’intera spesa corrente del settore pubblico è scesa dal 12,3%
all’11,8%, mentre la quota di
prestazioni assistenziali, sul totale delle prestazioni sociali, è
scesa dal 27% al 26%.
• Mentre i paesi ricchi hanno visto, nel 1989, un incremento della loro ricchezza del 3,6%,
in Africa il reddito medio prò
capite è sceso dai 560 dollari
dell’80 ai 450 dell’88 e, in America Latina, secondo i dati del
Cepal (Commissione economica per l’America Latina), il prodotto interno lordo prò capite
è sceso del 20% rispetto all’80.
• La percentuale di spesa assistenziale sulla spesa totale dei
comuni italiani, nell’87, va dal
13,76% del Friuli V. Giulia al
2,42% della Basilicata, a fronte
di una media nazionale del 7,6%.
I comuni al di sotto di 1.000 abitanti avevano nell’84 una spesa
media prò capite di 12.757 lire,
quelli superiori ai 100.000 di
59.463 lire. I dati emergono da
una ricerca dell’Irs sulla spesa pubblica in Italia daH’83"'all’87.
TESTIMONI DI GEOVA
3.800.000 nel mondo
La rivista La torre di guardia,
organo ufficiale dei Testimoni di
Geova, nel munero del 1° gennaio 1990 pubblica il rapporto
mondiale dell’attività relativo al
1989, da cui risulta che la popolazione dei Testimoni è cresciuta, nel mondo, del 5,6% rispetto
aH’anno precedente, portando il
numero complessivo a circa
3.800.000 unità, mentre di 2,5
volte superiore è stato il numero di coloro che il 22 marzo sono stati presenti alla Commemorazione annuale della morte di
Cristo, la principale adunanza
dei Testimoni di Geova.
I paesi in testa alla classifica,
in quanto a densità, sono gli
Stati Uniti d’America (1 Testimone su 299 abitanti), il Messico (1/304), l’Italia (1/333), il
Brasile (1/553) e il Giappone
(1/887).
Ancora secondo il rapporto,
l’Italia vanta un massimo di 172
mila Testimoni e 359.000 presenti alla Commemorazione annuale; e, mentre in tutto il mondo sono stati dedicati oltre 835
milioni di ore all’opera di predicazione pubblica, nel nostro
paese il numero di ore di attività ha supierato i 46 milioni
(mediamente, circa 22 ore mensili per Testimone).
Aspetto interessante, per la prima volta compaiono nel rapporto la Polonia e l’Ungheria, ove
l’opera dei Testimoni di Geova,
un tempo al bando, è stata riconosciuta legalmente rispettivamente il 18 maggio e il 27 giugno 1989. In Polonia risultano
esservi oltre 91.000 Testimoni (1
su 424 abitanti) e circa 10.000 in
Ungheria.
(Ufficio stampa)
Alternativa necessaria
(segue da pag. 1)
emissioni, al rumore ecc., se il nostro governo recepirà l’esigenza
di sostenere al massimo il trasporto combinato strada/ferrovia, allora è possibile arrivare ad
un mutamento significativo in
cui, con un incremento reale del
100% rispetto ad ora, le ferrovie
rappresentino a cavallo delle Alpi
una quota del 55% del totale, così come previsto dagli studi svizzeri ».
Trasporto «combinato» dunque, questa è la risposta che viene da più parti, ferrovie comprese, ma i punti interrogativi rimangono molti.
Anche se il piano di ristrutturazione presentato alla fine del
1989 da parte dell’amministratore straordinario deH’Ente F.S.,
Schimberni, rivisto a seguito di
alcuni pronunciamenti della Camera dei deputati, prevede nel
prossimo decennio 80.000 miliardi
di investimento, rimangono aperti molti punti.
Un esempio: il progetto per il
Brennero. Si parla di istituire
l’alta velocità anche per il tra
sDorto passeggeri su una linea
che ha all’incirca 8-9.CKK) utenti al
giorno quando in tutto il resto
del mondo non la si attua per
transiti inferiori ai 40.000; si individua come linea utilizzabile
per il traffico merci quella vecchia, ben sapendo che essa non
consente il passaggio dei TIR.
Posto in questi termini, il progetto appare totalmente inadatto
alle esigenze, posto che è praticamente impossibile pensare ad un
coordinamento razionale fra le
migliaia di piccoli autotrasportatori italiani e gli organizzati
gruppi d’oltralpe.
Necessità dunque di investimenti in denaro consistenti, ma
anche pensati razionalmente; necessità di rapporto stretto fra
strada e ferrovia (in Svizzera già
oggi il trasporto merci avviene al
90% su mezzi integrati); necessità soprattutto di riconsiderare
tutto alla luce del problema ambientale, che concorre certamente a rideterminare i costi di ogni
produzione, ma dal quale non
possiamo in futuro prescindere.
Piervaldo Rostan