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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANiìELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
VENERDÌ 31 DICEMBRE 1993
ANNO I - NUMERO 50
RAPPORTO UNICEF 1993
LA STRAGE
DEGLI INNOCENTI
LUCIANO DEODATO
C9è qualcosa di terribilmente mostruoso nel
rapporto che l’Unicef ha presentato in questi giorni sulla
condizione deH’infanzia nel
mondo: i dati che emergono
descrivono una realtà allucinante, una vera e propria strage degli innocenti perpetrata
in tutto il mondo, un genocidio consumato in silenzio.
Sono milioni i bambini
morti per le guerre e quelli rimasti invalidi, mutilati, ciechi; milioni quelli rifugiati;
milioni quelli condannati dalla denutrizione a un insufficiente sviluppo mentale, e
dunque a rimanere scemi per
il resto della loro vita. Senza
contare poi quelli usati per
l’espianto di organi, o abbandonati nelle strade delle città
del Brasile, massacrati dalla
polizia, venduti al mercato
della prostituzione. E un
elenco di orrori senza fine
che getta una luce sinistra
sulla nostra civiltà.
Eppure non credo che oggi
si sia più crudeli di una volta;
c’è solo una differenza: oggi
conosciamo le dimensioni del
problema.
O almeno, oggi intuiamo
meglio di un tempo la vastità
della questione. Siamo in
grado di quantificare, con
una certa approssimazione, i
dati, anche se quasi quotidianamente emergono aspetti fino a ieri impensabili. Che dire per esempio degli esperimenti compiuti su donne incinte (e a loro insaputa) con
pillole radioattive, per studiarne gli effetti sul feto?
Quale cinismo crudele e disumano! Al confronto il crudele Erode, sì, proprio quello
della strage degli innocenti,
appare quasi un agnellino.
Perché tale e tanta crudeltà
contro i bambini e in particolare le bambine? È una domanda alla quale non so dare
una risposta. Certamente
contro i bambini perché sono,
insieme alle persone anziane,
i più fragili e deboli; indifesi
di fronte alla violenza, della
nostra società. Ma questa è
una constatazione, non una
risposta.
Proviamo a partire da Erode, assurto a simbolo della
strage degli innocenti. La sua
è stata la paura di vedere la
fine del proprio potere e perciò, da quanto ci raccontano
gli storici, ha messo a morte
tre dei suoi figli.
Che ci sia una «sindrome
di Erode» anche nel nostro
tempo? È possibile. Sta di
fatto che, come Erode ha timore del nuovo che può nascere, del futuro diverso da
se stesso, così noi ci sentiamo assoluti e non vogliamo
andare verso il nuovo che
non conosciamo. Esistiamo
noi, punto e basta. Abbiamo
difficoltà a riconoscerci inseriti nel flusso del tempo e nel
succedersi delle generazioni,
responsabili oggi del domani
dei nostri discendenti; chiamati a progettare al meglio
non solo il nostro presente,
ma anche il loro avvenire.
Come spiegare altrimenti la
distruzione dell’ambiente che
impedirà alle generazioni future di vivere in un mondo
vivibile? O come giustificare
il fatto che, come ci dicono
gli economisti della Cee, abbiamo speso non solo tutti i
soldi della nostra generazione, ma ci siamo mangiati anche quelli delle generazioni a
venire, condannando alla disoccupazione i nostri figli e i
nostri nipoti?
Ma al di là delle analisi e
delle denunce, ci interessa
capire quale risposta ci dia la
Bibbia. Ora, la risposta è
sconvolgente, perché Dio
sceglie, per essere presente in
mezzo all’umanità, la forma
di un «bambino», cioè quella
più debole e maggiormente
esposta a tutti i rischi possibili. Non solo, ma come gli angeli annunciano ai pastori di
Betlemme (vedi Luca 2),
quel bambino è «il salvatore»
e «il Signore», portatore del
nuovo e espressione del grande progetto di Dio relativo alla nuova creazione.
Ecco perché qualsiasi cosa
fatta a favore dell’infanzia
non è solo pura (e doverosa)
filantropia, ma un combattere
contro la «sindrome di Erode» e i suoi incubi di morte, e
così entrare invece nel proeclio di Dio che c vita c rcsuric/ioiic.
uelle del ’94?
L'inizio del nuovo anno è un tempo di speranza e di vita rinnovata per tutti
Il Signore rinnova la sua promessa verso di noi
GIOVANNI ANZIANI
«Sii forte e fatti animo... l’Eterno cammina egli stesso davanti a te; egli sarà
con te; non ti lascerà e non ti abbandonerà; non temere e non ti perdere d’animo»
(Deuteronomio 31,7-8)
L? inizio di un nuovo anno può essere
vissuto come un tempo di preoccupazioni per la pericolosità del cammino
futuro. In molte zone del nostro paese si
vive a rischio, si cerca solo di sopravvivere. Parti consistenti del nostro popolo
cercano di vivere con un reddito inferiore al minimo, senza speranza di nuova
vita. Il nostro è un tempo di grandi mutamenti a livello politico e sociale, e questo vuol dire per molti la mancanza di un
canunino sicuro, protetto. La pericolosità
dell’inizio di un nuovo anno consiste
dunque non nell’incertezza del futuro,
quanto nella consapevolezza di dover affrontare nuove responsabilità.
Nel brano biblico troviamo innanzi
tutto l’immagine del «cammino» che ci
fa vedere la nostra vita sempre in movimento, un andare come nomadi, pellegrini; come persone mancanti di una
meta rassicurante (Ebrei 11, 13). Sorge
così in noi il desiderio di fermarci, di
poter sostare in luoghi riparati e sicuri.
Luoghi simili a quelli del Salmo 23: paschi erbosi e acque chete! Poter avere
stabilità per dare spessore alle nostre
opere e uscire dalla provvisorietà caratteristica del cammino dei pellegrini. Vogliamo così dare fondamento ai nostri
progetti e costruirci un futuro fatto di
pace non finta e di giustizia non opaca.
Vogliamo trovare risultati forti alle fatiche delle nostre mani.
Un’altra immagine che troviamo nel
testo biblico è quella deH’Etemo che si
trova «davanti» a noi. Egli è un Signore
che non bastona un gruppo di stanchi e
sfaccendati pellegrini, è il Signore che si
pone all’avanguardia per ricevere, come
guida, i colpi del cammino pericoloso,
portando lui stesso la fatica di trovare
sentieri sicuri. Egli è davanti come guida
e indicatore di una meta non più vana e
assurda, ma certa. La meta del nostro
cammino è già qui, davanti a noi, presente! La pericolosità del cammino del nuovo anno, dunque, è come assorbita dalla
presenza del Signore il quale diviene
scudo per la nostra esistenza.
«Non temere!» L’Eterno rinnova con
queste parole la sua promessa e il suo
Patto di amore con noi. Nelle comunità
Ex Jugoslavia
Pace
con giustizia
Con un comunicato rilasciato simultaneamente a Zagabria, Belgrado, Budapest e
Ginevra, nella serata del 13
dicembre, i partecipanti ad
una tavola rotonda per la pace, svoltasi a Pécs (Ungheria)
dall’8 al 10 dicembre, hanno
espresso la comune volontà
di operare, come credenti,
per una «pace con giustizia».
La tavola rotonda, a cui
hanno partecipato oltre 60
rappresentanti delle varie comunità religiose dei paesi
della ex Jugoslavia (cattolici,
ortodossi, protestanti, musulmani ed ebrei), è stata promossa dalla Conferenza delle
chiese europee (Kek) con
l’appoggio del Consiglio delle conferenze episcopali europee. L’incontro proseguiva
una serie di incontri analoghi
promossi dalla Kek negli anni passati ma con una base
più allargata perché, oltre a
rappresentanti del clero, a
Pécs erano presenti numerosi
laici.
I partecipanti alla tavola
rotonda affermano, tra l’altro,
di «non poter accettare la
guerra come mezzo di soluzione dei problemi» né di poter «giustificare eticamente
sanzioni che fanno soffrire
gente innocente». «Chiediamo la fine del traffico di armi... condanniamo l’emigrazione e le espulsioni forzate e
insistiamo sul diritto delle
persone a tornare alle loro case... Condanniamo la manipolazione dei simboli religiosi e dei sentimenti religiosi
per motivi di guerra».
Infine i partecipanti auspicano la prosecuzione del metodo della tavola rotonda,
possibilmente nei paesi
dell’ex Jugoslavia: questi incontri, infatti, consentono di
«sviluppare fiducia fra i partecipanti»: «Bisogna cominciare subito a guarire le ferite
della guerra e iniziare un processo di riconciliazione sulla
via di una pace reale e permanente».
metodiste di tutto il mondo il culto
dell’inizio del nuovo anno è caratterizzato dalla liturgia per il «rinnovamento del
Patto con Dio». Quest’anno vorrei che
tutti noi ci rallegrassimo nel ricordare
che Dio ritorna a rinnovare il suo Patto
con noi. Egli ritorna con la sua promessa
di partecipazione e di consolazione. Partecipa in pieno al nostro cammino anche
se esso assume ogni giorno l’aspetto pericoloso e vano dell’umanità imbevuta di
ingiustizia. Consola le nostre stanche vite che sono ogni giorno sotto il giogo
della sofferenza e della caduta.
Egli ritorna col suo Patto di speranza e
di futuro affinché, qui e ora, la nostra
esistenza sia riempita dei frutti gustosi
del suo amore e noi possiamo nella libertà della fede assaporare il dono della
grazia. «Signore, io non appartengo più a
me stesso, ma a te. Impegnami in ciò che
vuoi, mettimi a fianco di chi vuoi; che io
sia sempre tuo testimone, sia nella pienezza delle forze, sia quando le forze
vengono meno, sia che io mi trovi nella
gioia, sia che mi trovi nel dolore. Liberamente e in pieno cuore mi sottopongo alla tua volontà e metto ogni cosa al tuo
servizio».
(Dalla Liturgia per il culto
di Rinnovamento del Patto)
Trent’anni di
missione svizzera
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Delle Chiese
La musica:
un servizio
della chiesa
pagina 3
Coscienza
del limite
pagina 9
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PAG. 2 RIFORMA
VENERDÌ 31 DICEMBRE I993
Numerose manifestazioni si sono svolte a Prilly il 20 e 21 novembre scorso
Il «Département missionnaire» della Svizzera
romanda ha festeggiato i suoi primi 30 anni
Il «Département missionnaire» (Dm) delle chiese protestanti della Svizzera romanda, che ha sede a Losanna, ha
festeggiato quest’anno il suo
30° compleanno. Per celebrare l’avvenimento varie
manifestazioni si sono svolte
a Prilly il 20 e 21 novembre
scorsi. E stata un’occasione
per fare un bilancio dell’attività svolta e per abbozzare le
prospettive future dell’opera
missionaria delle chiese romande.
Intermediario tra le chiese
d’oltremare e quelle della
Svizzera romanda, il «Département missionnaire» centralizza le richieste delle chiese di altri continenti, reperisce in Svizzera i collaboratori, assicura la loro formazione e finanzia il loro mandato. In trent’anni, centinaia
di romandi (medici, paramedici, insegnanti, tecnici, tipografi, esperti amministrativi, agronomi, ecc.) spesso accompagnati dalle loro rispettive famiglie, sono partiti per
offrire le proprie competenze
professionali al servizio delle
chiese dell’Africa, dell’America Latina o del Pacifico.
Nato dalla volontà delle
chiese protestanti romande di
assumere in proprio l’azione
missionaria fino ad allora
svolta da società missionarie
private svizzere o straniere, il
Dm è stato fondato a Losanna
il 23 novembre 1963. Gli anni ’60 hanno inaugurato sul
continente africano l’era delle
indipendenze nazionali. Le
chiese locali sono diventate
anch’esse autonome, il che ha
aperto la via ad una nuova
concezione della missione:
La missione oggi: chiese dei Sud incontrano aitre chiese dei Sud
quella della collaborazione
(«partnership») e dello scambio di persone. Ormai le chiese d’oltremare sono «partner»
delle chiese romande, e ai
missionari di una volta sono
subentrati gli «inviati», chiamati da istanze ecclesiastiche
autonome per mandati precisi
e determinati nel tempo (da
due a quattro anni).
Il Dm opera a stretto contatto con la Cevaa (Comunità
evangefica di azione apostolica), di cui fanno parte le sette
chiese protestanti romande. I
suoi impegni con le chiese
d’oltremare vengono assunti
d’intesa con la Cevaa. Inoltre,
il Dm è legato ad altri organismi missionari, in particolare
la Kem («Kooperation Evangelischer Kirchen und Mis
sionen»), che è il «pendant»
del Dm nella Svizzera tedesca, con sede a Basilea.
Il Dm ha rapporti bilaterali
soprattutto con chiese africane: la Chiesa evangeUca presbiteriana del Sud Africa, le
chiese del nord del Mozambico, la Chiesa evangelica
riformata dell’Angola, la
Chiesa presbiteriana in
Ruanda, la Chiesa protestante africana del Camerún, la
Chiesa di Cristo nello Zaire
e, da poco, la Chiesa riformata evangelica in Africa
della Namibia.
Vi sono inoltre legami diretti con varie istituzioni ecclesiastiche in America Latina (Messico, Brasile, Bolivia), dove gli «inviati» svolgono prevalentemente un ser
vizio di insegnamento teologico. Per quanto riguarda le
prospettive future, il Dm si
trova a confrontarsi con nuove sfide. In 20 anni, il numero degli inviati è fortemente
diminuito, passando da 200 a
50, per cui è necessario provvedere ad un cambio con persone più giovani.
Sul piano finanziario, il
Dm è da qualche anno alle
prese con un calo delle proprie risorse. La sua principale
fonte di entrate proviene dalle
contribuzioni versate dalle
sette chiese riformate romande che sono in costante diminuzione. Il budget ’94 prevede un deficit di 100.000
franchi svizzeri su un totale
di spese ammontante a circa
6,1 milioni di franchi. (Spp)
Dopo il Sinodo «Centre-Alpes-Rhône»
Il governo replica ai
protestanti francesi
All’indomani del Sinodo
regionale «Centre-AlpesRhône» della Chiesa riformata di Francia, André Damien,
incaricato degli Affari cultuali presso il ministero dell’Interno, ha scritto al pastore
Marcel Manoël, presidente
del Consiglio regionale
«Centre-Alpes-Rhône», per
comunicargli la sua reazione
al «vœu» del Sinodo riguardante la situazione degli stranieri in Francia.
«Non posso essere d’accordo - scrive Damien quando sostenete che il controllo degli stranieri è diventato diffidenza, suspicione e
rigetto dei non europei e che,
con il pretesto della sicurezza
e dell'ordine pubblico, il rimandare certi stranieri ai
confini crea per tutti una insicurezza che minaccia l’ordine sociale. Devo ribadire
invece che, affinché ogni
straniero non venga considerato come sospetto, è neces.sario che i suoi diritti fondamentali siano fissati dalla
legge e non determinati secondo testi regolamentari
confusi. Legiferare è dunque
un progresso per i diritti
umani poiché ciò consente di
uscire dalla mancanza di
chiarezza di testi amministrativi spesso contestati davanti
alle giurisdizioni. La paura e
la suspicione, il razzismo e la
xenofobia possono essere superati solo con una legge
semplice e chiara, nella tradizione repubblicana della
Francia. La nostra tradizione
mira ad integrare alla comunità nazionale coloro che vivono sul suolo della Francia
e a concedere loro progressivamente gli stessi diritti di
tutti i francesi».
Da parte sua Joël Thoraval,
direttore di gabinetto del ministero dell’Interno, afferma:
«Devo ricordarLe che i testi
di legge recentemente votati
dal Parlamento, unico rappresentante della sovranità
nazionale, hanno per oggetto
di lottare contro l’immigrazione clandestina e di facilitare l’integrazione degli stranieri desiderosi di vivere, di
studiare o di lavorare pacificamente sul territorio nazionale».
Infine Gaëtan Gorce, incaricato di missione presso la
presidenza della Repubblica,
ha informato il pastore Manoël che François Mitterrand
aveva preso conoscenza del
«vœu» del Sinodo con grande
attenzione. «Il presidente della Repubblica è infatti, come
Lei sa, particolarmente attento al rispetto dei principi costituzionali e al diritto delle
persone».
Valdesi in Germania: Schònenberg
La chiesa dove fu
sepolto Henri Arnaud
L’emigrazione forzata della
fine del ’600 determinò la costituzione di diverse comunità valdesi nel Wiirttenberg
(Germania meridionale). Nel
1699 si costituì una colonia a
Dürrmenz («Communauté de
Lucerne et Queiras éstablie à
Durmants»). Ma molti degli
immigrati, forse per difficoltà
sorte con la popolazione locale, forse per timore di perdere
le loro caratteristiche, preferirono spostarsi al Säuberg dove c’era del terreno da dissodare e dove fu costruito un
villaggio.
Con grande tenacia gli immigrati riuscirono a crearsi
un certo benessere, portando
anche delle innovazioni agricole nella zona. Essi furono i
primi a coltivare la patata, ancora sconosciuta nel Württenberg e a introdurre il gelso.
Al loro insediamento, costruito presso una piantagione di
gelsi, diedero il nome «Des
Mûriers», che più tardi fu
chiamata Schönenberg.
L’animatore di questa impresa fu Henri Arnaud che si
stabilì nella località sin dal
1699, costruendo la casa parrocchiale, ancora esistente, e
una piccola chiesa di legno.
Qui Arnaud, onorato dalla
comunità che aveva fondato,
morì l’8 settembre 1721, e fu
sepolto nella chiesa. Nel
1858 si formò un comitato
per la restaurazione della
chiesa, comitato che poi decise la sua ricostruzione.
Il nuovo edificio venne
inaugurato nel dicembre del
1883 e subì poi diverse trasformazioni, fino agli ultimi
interventi attuati negli scorsi
anni ’70. Schònenberg è ancora oggi un centro vivo della
presenza valdese nella zona,
dove si incontrano i discendenti degli antichi emigrati.
Particolarmente significativo
è il museo dedicato a Henri
Arnaud.
La chiesa di Schönenberg
Dal
Francia: la Cimade denuncia
retate contro immigrati
PARIGI — Per la seconda volta in quindici giorni, un’operazione di polizia in grande stile è stata condotta contro un insieme di stranieri presentati come molto pericolosi per la sicurezza
dello stato e per l’ordine pubblico. Senza essere in grado di
contestare i giudizi espressi dai pubblici poteri, la Cimade (organismo ecumenico di aiuto agli immigrati e al Terzo Mondo)
ritiene estremamente grave la violenza dei metodi di intervento
e la pubblicità allarmista data a tali operazioni. «Quando si rendono necessarie azioni di protezione della pace pubblica, esse
devono essere condotte con il sangue freddo e la modestia che
caratterizzano le vere democrazie. Il che è, fino a prova contraria, il caso della Francia del 1993». Azioni analoghe si erano
già verificate di recente: questo clima di retata, di infausta
memoria, contribuisce a mantenere un contesto malsano di tensione e di ostilità nei confronti di tutti gli stranieri. «La società
francese non ha nulla da guadagnarvi» aggiunge la Cimade.
Stretta collaborazione tra
battisti spagnoli e portoghesi
SAO PEDRO DE MOEL — A Saò Pedro de Moel, paese
sulla costa atlantica del Portogallo, si è svolto dal 30 al 31 ottobre il primo congresso dei battisti iberici, a cui hanno preso
parte circa 400 persone, fra delegati e osservatori. I battisti dei
due paesi avevano avuto scarsi contatti fra loro fino all’inizio
degli anni ’80: dal 1991 erano iniziati incontri fra i leader e fra
diversi organismi operativi delle due Unioni. Il congresso ha
individuato alcuni settori specifici nei quali è possibile arrivare
a una stretta cooperazione: elaborazione di progetti comuni fra
le Unioni giovanili e le Unioni femminili dei due paesi, scambio di pulpiti, aggiornamento pastorale condotto in comune, incontri annuali dei responsabili degli organismi e delle attività.
L’Unione evangelica battista di Spagna conta 70 chiese, 50 stazioni missionarie e circa 8.000 membri battezzati; la Convenzione battista portoghese è formata da 57 chiese, 30 altri luoghi
di predicazione e 4.000 membri battezzati. In entrambi i paesi
esiste un seminario battista. In Spagna il seminario si trova a
Madrid e ha 12 studenti, mentre circa 130 persone seguono dei
corsi per ministeri locali in tre diverse aree. In Portogallo il seminario ha sede a Queluz, vicino a Lisbona e conta 17 studenti;
altre cento persone circa si preparano per servizi locali in otto
località diverse. Il prossimo congresso dei battisti iberici si
terrà in Spagna, nel 1996.
Cechia: riconoscimento
reciproco del battesimo
PRAGA — La Chiesa cattolica e la Chiesa evangelica dei
fratelli cechi si sono accordate per il riconoscimento reciproco
dei battesimi. Nel rito battesimale permangono alcune piccole
differenze, ma ognuna delle due parti riconosce come valido il
battesimo amministrato dall’altra chiesa. Recentemente un analogo riconoscimento era avvenuto tra la Chiesa cattolica e la
Chiesa hussita.
Slovacchia: etica o religione
nella scuola delPobbligo
BRATISLAVA — In Slovacchia, nella scuola dell’obbligo,
gli studenti possono scegliere fra l’ora di religione e l’ora di
etica. Secondo i dati forniti dal ministero dell’Istruzione,
nell’anno scolastico corrente il 60% degli studenti ha scelto
l’insegnamento della religione, mentre il 40% ha preferito l’etica. C’è tuttavia una notevole differenza fra le città e le campagne: mentre in Bratislava e nelle città più grandi gli studenti si
orientano più verso lo studio dell’etica, nelle campagna si arriva fino al 90% di scelte rivolte verso l’ora di religione.
Corea del Sud: oltre metà dei
soldati è composta da cristiani
SEUL — Più della metà dei 670.000 membri dell’esercito
della Corea del Sud si dichiara cristiana. Secondo la Commissione Difesa dell’Assemblea nazionale, circa l’80% dei soldati
dichiara di appartenere a una confessione religiosa e il 54% si
dice cristiano (il 43% protestante, 1’ 11% cattolico). 491 cappellani (91 monaci buddisti, 334 pastori protestanti e 66 sacerdoti
cattolici) offrono un’assistenza spirituale ai soldati coreani. La
proporzione dei cristiani nell’esercito è sensibilmente più elevata che nella popolazione globale dove si contano il 26% di
protestanti e il 7% di cattolici. Fra i 43,8 milioni di abitanti, il
37% si richiama al buddismo.
Svezia: vietato essere contrari
alle donne pastori
STOCCOLMA — I vescovi della Chiesa luterana di Svezia
hanno deciso che gli uomini pastori che si dichiarino apertamente contro le donne pastori non avranno più incarichi pastorali. Il Parlamento svedese ha votato l’ordinazione delle donne
nel 1958 (la Chiesa luterana è una chiesa di stato), ma esistono
ancora forti opposizioni.
3
VENERDÌ 31 DICEMBRE 1993
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PAG. 3 RIFORMA
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Le corali evangeliche in Italia sono composte anche da stranieri
Ecumene: convegno della Federazione delle chiese evangeliche
Verso una diaconia per la musica
MIRIAM STRISCIULLO
Nei giorni 26-27-28 novembre a Ecumene, presso Velletri, si è tenuto il primo seminario di innologia
evangelica, organizzato dalla
Federazione delle chiese
evangeliche in Italia.
I lavori si sono aperti con la
relazione di Silvestro Dupré,
membro del Gruppo musicale
evangelico (Grume), riguardante il lavoro svolto negli ultimi tre anni, i problemi incontrati, le soluzioni proposte
e attuate, le linee di lavoro
uscite dalle discussioni avute
al suo interno. Il lavoro di
raccolta di canti compiuto durante questi anni dal Grume,
alcuni dei quali sono già stati
presentati all’Assemblea della
Federazione nel novembre
1991, ha fatto emergere vari
problemi di fondo da cui è nata l’esigenza di confrontarsi
con altri durante questo seminario.
Il Grume in questi anni ha
infatti impostato il lavoro nel
seguente modo: recupero degli inni validi sia come testo
che come musica dall’Innario
1920; recupero di altri innari
degli ultimi cento anni; svecchiamento dei testi dell’Innario 1969 (lavoro curato in particolare da Ezio Ponzo); tra
duzione di corali della Riforma, spesso mai tradotti; ricerca di musiche «qualsiasi» su
un testo puramente biblico
preso tale e quale dal Nuovo e
dall’Antico Testamento; adattamento di negro spiritual e
canti nuovi del repertorio
multiculturale ed ecumenico
del nostro tempo.
Questa impostazione ha indirizzato i lavori del seminario, i cui partecipanti si sono
divisi in tre gruppi ognuno dei
quali ha affrontato uno dei seguenti argomenti: scelta di alcuni inni dell’Innario 1920 tra
quelli più conosciuti e cantati
dalle nostre comunità; scelta
di spiritual e canti africani in
lingua originale e tradotti;
scelta di inni e canti classici e
contemporanei mai apparsi
sui nostri innari e attingendo
da innari e canzonieri di tutto
il mondo.
Il risultato del lavoro di
questi tre gruppi è stato molto
interessante, in particolare per
quanto riguarda il gruppo spiritual-canti africani e quello
dei canti classici e contemporanei. Un elemento fondamentale emerso è sicuramente
la volontà di arricchire il patrimonio innologico nelle nostre comunità per far fronte al
desiderio di cantare di più e
con più entusiasmo durante
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culti e incontri fraterni in genere.
Ma che cosa ne sarà di tutto
il materiale raccolto e proposto durante il seminario? Nella mozione finale presentata
al Consiglio della Fcei il seminario chiede che sia creato
un unico supplemento diviso
in sezioni, come appendice
all’Innario cristiano in uso
nelle comunità. Per quanto riguarda la possibilità di creare
un’ulteriore appendice (o di
una speciale sezione dell’appendice) dedicata ai bambini
il seminario ha preso atto del
lavoro svolto dalla rivista «La
scuola domenicale» e propone
di considerare quel lavoro a
fondamento della raccolta.
Raccomanda inoltre la diffusione nelle comunità del materiale raccolto prima dell’Assemblea della Fcei (ottobre
’94) al fine di essere in grado
di prendere decisioni operative con cognizione di causa.
Il seminario ha ravvisato la
necessità di istituire un ministero diaconale per la musica,
possibilmente regionale, che
coordini e promuova le iniziative che in campo musicale si
presentano nelle comunità. Ha
chiesto poi alla Fcei che si
faccia promotrice di un concorso per testi e musiche, o
per testi già musicati, di ispirazione biblica e evangelica al
fine di rinnovare una tradizione innologica propriamente
«italiana» e che tenda a scoprire doni sia in campo musicale che poetico. È stato proposto anche di ripristinare in
modo permanente l’insegnamento dell’innologia e della
musica evangelica presso la
Facoltà valdese di teologia
per sensibilizzare i pastori
sull’importanza della musica
e del canto e nello stesso tempo per metterli in grado di potenziare tali attività nelle loro
comunità. Il seminario ha raccomandato infine alla Fcei di
incoraggiare o promuovere
incontri nazionali e/o regionali di operatori nel campo della
musica evangelica e di prevedere, per cominciare, la ripetizione del seminario stesso.
PROTESTANTESIMO
INTV
Domenica 2 gennaio
ore 23,30 circa-Raidue
Replica: lunedì 10 qennaìo
ore 9 circo - Raidue
America puritana
La vicenda puritana viene
rivisitala con alcuni esperti
e l'ausilio di filmati
Ex Jugoslavia: tredicesimo viaggio di solidarietà tra Omegna e Fola
Liniziativa di solidarietà per
combattere l'orrore della guerra
Come membri della Chiesa
metodista di Omegna abbiamo compiuto il nostro 13°
viaggio a Fola, dove siamo
stati nei giorni 26-27 novembre e dove ci aspettavano tutti
i «nostri» bambini dell’orfanotrofio, che ci sono corsi incontro e ci hanno aiutato a
scaricare e ci hanno consegnato letterine e cuoricini e
dolci regalini fatti da loro da
portare a casa, a Omegna.
Come di consueto abbiamo
abbracciato i bambini e siamo
andati anche all’ospizio a
portare la solidarietà concreta, nostra e vostra. Questa
volta, nel carico di un camion
e due furgoni, abbiamo portato soprattutto viveri che provengono dal contributo della
gente e dall’impegno del Comune di Omegna, della parrocchia di Bagnella e delr amministrazione comunale
di Madonna del Sasso e di
molte altre associazioni,
gruppi e scuole, ma anche vestiario, materiale didattico e
offerte in denaro.
Siamo tornati dai nostri
amici zingari: una famiglia di
13 persone con bambini dai
sorrisi radiosi e teneri, pronti
a ospitare altri due bambini
bosniaci rimasti orfani della
mamma (che però poi sono
stati ospitati con altri 4 dalla
casa famiglia finalmente
aperta a Rovigno).
E poi abbiamo fatto il giro
da chi già ci conosce e ci
aspetta come se portassimo
una speranza che si fa pane
nella fraternità. Anche se lì
Metodisti di Omegna manifestano per la pace
non cadono le bombe e l’ipocrisia del potere e la forza
della necessità si sforzano di
mostrare che il turismo è gradito, possibile, economico per
le nostre borse, la miseria
cresce fra tutti e si fa straziante fra i poveri che diventano
ogni giorno più poveri dovendo accogliere in famiglia i parenti e gli amici profughi o
fuggiaschi, che hanno perso
tutto, che non hanno lavoro,
che si portano addosso la
guerra e il dolore, l’orrore
che non si può raccontare.
Ogni volta che torniamo a
Fola in noi cresce la consapevolezza che proprio solo la
pace potrà salvare questi fratelli e noi stessi che siamo ancora un po’ dimentichi e un
po’ ignari di tutto il male che
può fare violenza. Noi tanto
più crediamo che la pace sia
possibile nell’amore fra la
gente che si aiuta sorridendosi, seguendo la legge del Fadre e non quelle del potere e
dell’economia.
Torneremo dai nostri amici
e fratelli: stiamo lavorando
con gli amministratori del
Comune di Omegna per vedere se sarà possibile, prossimamente, avere con noi alcuni dei «nostri» ragazzi. Fer il
momento non occorre vestiario ma continuano a essere indispensabili prodotti alimentari (di prima necessità e a
lunga conservazione). Con le
offerte in denaro che ci pervengono acquisteremo all’ingrosso quanto serve. L’apposito conto è presso la Banca
popolare di Intra (agenzia di
Omegna, n. 11921/0).
Una serie di interessanti incontri tra cattolici e valdesi a Ivrea
Ha senso parlare del peccato?
CINZIA CARUGATI VITALI
La Chiesa valdese e la più
grande parrocchia di
Ivrea (San Lorenzo) hanno
organizzato all’inizio di novembre due incontri a due voci che hanno avuto una buona
affluenza di pubblico e hanno
riscosso un notevole interesse, sia per gli interventi degli
oratori che per i dibattiti.
Nella prima conferenza, sul
tema «Ha ancora senso parlare di peccato?» ha affrontato
per primo il tema il pastore
Gianni Genre che, partendo
dal Salmo 51, antica preghiera penitenziale, dopo aver
esaminato alcuni passi biblici,
ha evidenziato come non sia
possibile una dottrina organizzata del peccato che, nella
Scrittura, viene sempre visto
come la dimensione inevitabile della condizione umana,
come il segno tangibile e consapevole della separazione da
Dio, dagli altri e da se stessi.
Le chiese, nel corso dei secoli, hanno distorto il significato di peccato e gran parte
della predicazione cristiana
ha alimentato il concetto di
colpevolizzazione a ogni costo, che è stato causa dell’allontanamento definitivo di
molti dalla fede. Il senso di
colpa e non la consapevolezza
del peccato ha condizionato la
morale e la pastorale nelle
chiese cristiane fin dall’inizio
e l’insistenza con cui le chiese hanno parlato di peccato ha
portato a una deformazione
dell’immagine di Dio, visto
solo come giudice e non anche come padre misericordio
so che perdona e ama gratuitamente.
Nella Bibbia, e in particolare nel Nuovo Testamento, nei
confronti del peccato prevale
la nuova logica di Dio, la logica dell’eccesso perché, come dice Faolo «là dove il peccato abbonda, la grazia sovrabbonda»; il peccato infatti
non è l’opposto della virtù,
ma è l’opposto della fede,
della fiducia in un Dio che
precede ogni pentimento,
ogni azione umana.
L’Evangelo non è un esempio di continua condanna ma
è l’annunzio della buona notizia, di un «sì» per l’avvenire,
malgrado la consapevolezza
del peccato, perché Gesù ha
liberato il peccato dal suo fatalismo tragico e disperato,
rendendo possibile la speranza. L’uomo dunque è nello
stesso tempo peccatore e giusto in quanto giustificato.
Don Renzo Gamerro, d’accordo con Genre, ha proseguito la riflessione sul primato dell’amore di Dio rispetto
al giudizio, perché la Bibbia
parla di un Dio che libera e
salva, non che castiga. Certo
ha ancora senso parlare di
peccato perché si corre il rischio di smarrirlo a causa
dell’invasione della cultura
laica, ma anche per colpa delle chiese.
Nella visione biblica del
progetto di amore di Dio per
l’uomo, il peccato è sempre
responsabilità dell’uomo; ma
Dio ricostruisce sempre quel
progetto d’amore e l’incarnazione di suo figlio e la redenzione che ne segue sono il se
gno dell’alleanza eterna, della
creazione che continua fintanto che il male e la sofferenza
verranno eliminati nei nuovi
cieli e nella nuova terra.
L’uomo peccatore è inserito
in un movimento di Dio che
continuamente si preoccupa
di vincere ogni male, compreso l’ultimo che è anche il primo: la morte. Cristo infatti,
nuovo Adamo, prototipo di
ogni creazione, abolisce
l’alienazione del peccatore
«abbassando se stesso fino alla morte e alla morte di croce» e la sua croce svela ciò
che è peccato (possibilità di
essere lontano da Dio) ma anche rompe il peccato perché
rappresenta la liberazione, la
salvezza e la vita. Creazione e
redenzione dunque sono la
stesa realtà con connotazioni
diverse.
Per / vostri acquisti,
per gii abbonamenti
ai periodici evangeiici
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CLAUDIANA
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4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 31 DICEMBRE 199.-^
Palermo: il mercato della Vucciria
PROBLEMI DELLA DIACONIA
LE DOMANDE
IMPREVEDIBILI
ALFONSO MANOCCHIO
Qualcuno ha scritto:
«All’atteggiamento di attesa passivo deve subentrare
la speranza crealiva, che anticipa già o^gi ciò che sarà domani»*. E un'affermazioneprogramma; un distillato di
lunghe riflessioni, che ti inseriscono in un orizzonte vasto
e arioso, ma contemporaneamente ti immergono nell’intrico del quotidiano.
So che molti amici stanno
facendo uno sforzo enorme
nel cercare di capire l’attuale
stagione della nostra diaconia, stretta in un sistema di
razionalizzazione, retto da
due pilastri: la Commissione
sinodale della diaconia e la
centralizzazione dell'amministrazione di istituti e opere
sociali. Le due iniziative,
messe in cammino di recente,
sembrano rispondere alla categoria di supporto necessario in una società complessificata.
Ho tardato molto a rendermi conto di quello che potrebbe avvenire, non solo
episodicamente. Soprattutto
perché sono radicato in un
ambiente teologico di qualche anno addietro, quando
nei campi sociali degli anni
’70 ci si confrontava servendoci della qualità come misura critica delle risposte alle
domande sociali. Molti di noi
in quegli anni scoprirono che
la questione meridionale aveva uno spessore culturale
condizionante. E tuttavia
ogni anno qualcosa di nuovo
si aggiungeva al quadro delineato in precedenza. I documenti e i quaderni di Ecumene ci hanno accompagnato e
spronato nella grande voglia
(non sempre attuata) di qualificare l’azione sociale per
sfuggire all’ipoteca assistenzialista e alle semplificazioni
dei problemi.
In più, le spinte e le proiezioni del '68 postulavano la
discesa all’interno della società per sentirne i forti battiti
tesi verso una nuova società,
mille anni distante da assetti
sociali ancora succubi di stili
di vita medioevale. Si u,scì finalmente dalla caverna secolare e per alcuni di noi il
cammino si orientò verso
l’evangelizzazione dei poveri, vivendone per istinto il
senso biblico. Questa esperienza ebbe immancabili ri
verberi nelle comunità e nella
loro vita. Ci fu allora una
grande discussione e si posero grandi questioni. Fu una
stagione viva, creativa e anche caotica. Per quanto ne so
il punto focale non fu la razionalizzazione, i deficit dei
bilanci e il resto non erano
prioritari e condizionanti.
Forse si sbagliava?
Quelle opere comunque
non sono morte. Ma non è
questo il punto. L’attuale rincorsa alla razionalizzazione
(leggi e bilanci) mi ha messo
in crisi. Mi domando se non
ci sia più prudenza e impegno
nel rendere solida e rispettosa
della legalità la nostra diaconia. Un dubbio che mi assale
forte nel mio lavoro tra gli
immigrati extracomunitari (in
gran numero clandestini),
quando le difficoltà economiche sembrano tendermi l’agguato mortale. Dura, il dubbio, fino a quando un caso disperato non ti si para davanti
e ti chiede una risposta. Allora ti rendi conto che la categoria della razionalizzazione
non ti aiuta. Allora la mia
diaconia è quella che opera in
un campo dove «tutto è previsto» oppure l’imprevedibile
è la sua crisi?
La rigidità del sistema razionalizzante ti immette in un
cammino con limiti ben tracciati, dove l’inversione di
marcia o la fermata non sono
previste. Allora si potrà anche tramandare un’istituzione
risanata economicamente e
ben funzionante, ma si dovrà
ammettere di aver lasciato
molti «vinti» (per dirla con
Verga) ai margini della strada. Ritorna il dubbio se il criterio della solidità possa reggere l’impatto con l’imprevedibilità (categoria sottostante
alla parabola del buon samaritano) delle domande sociali.
A Palermo sta per iniziare la
sua attività la «Consulta per
la diaconia» (a suo tempo
caldeggiata da Sergio Aquilante). Le due chie.se, metodista e valdese, avranno modo
di porsi la grande questione
della diaconia in un ambiente
(quello palermitano) assiepato di enormi problemi e di
domande urgenti.
(*) J. Moltmann: Che cosa è
oggi la teologia? Brescia, Queriniana, 1991.
Trevisò: conferenza di evangelizzazione
Cattolicesimo o
protestantesimo?
LIDIA CASONATO BUSETTO
Sabato 13 novembre, presso la sede comunale di
palazzo Onigo a Treviso, il
past. Eugenio Stretti ha tenuto, come già avvenuto in precedenza, una conferenza di
evangelizzazione dal titolo
Differenze tra cattolicesimo e
protestantesimo, la terza nel
corso di quest’anno.
Il tema ha richiamato molte
persone non protestanti, tra
cui don Pietro Fiotta, professore presso il locale seminario, ed è stato trattato con la
nota competenza. Non è stato
un discorso apologetico in difesa del protestantesimo; pur
enunciando quanto abbiano
in comune la teologia cattolica e quella protestante (quale
la confessione di fede nel Dio
creatore, in Gesù Cristo, nelle
Sacre Scritture e nell’opera
dello Spirito Santo) il pastore
Stretti ha tuttavia messo in risalto il concetto di «chiesa
sempre da riformare» per i
protestanti e quello del sacerdozio universale dei credenti,
dove la chiesa viene concepita non come un’istituzione di
tipo gerarchico-piramidale,
ma come una forma di governo di tipo assembleare.
Sono quindi stati elencati i
principi della «sola Scriptura» e della «sola grafia», da
cui derivano la gratuità della
salvezza, la centralità della
Parola nella predicazione e
nel sermone delle chiese
evangeliche. Inoltre è stato ricordato che il protestantesimo non considera nessuna
mediazione (dei santi o di
Maria) all’infuori di Gesù
Cristo, unico mediatore, benché si riconosca il ruolo importante di altre donne, oltre
Maria, aH’intemo della Sacra
Scrittura. Anche i sacramenti,
come segni della grazia di
Dio, cioè il battesimo (non di
acqua ma di Spirito Santo) e
la Cena del Signore sono stati
ben illustrati e presentati.
È seguito un ampio e interessante dibattito, principalmente da parte di cattolici,
segno dell’interesse suscitato
nei presenti. La conferenza è
stata un’occasione di testimonianza pubblica evangelica
che ci si augura possa far
«lievitare» l’annuncio della
Parola e contribuire a far conoscere a Treviso i protestanti italiani che non vogliono
essere considerati «minoranza» ma componente della società civile.
Catanzaro
Evangelici oggi
Si è svolto il 28 novembre
a Catanzaro un convegno sul
tema «Evangelici oggi nella
Calabria che cambia», promosso dal centro studi «Giuseppe Gangale». Si è trattato
di un confronto senza precedenti fra le denominazioni
evangeliche presenti nella regione (pentecostali delle Assemblee di Dio, del movimento «Fiumi di potenza» e
indipendenti, apostolici, battisti e valdesi), introdotto e
concluso dal prof. Domenico
Maselli, dell’Università di Firenze. Le chiese, ha detto
Maselli, devono portare la
speranza evangelica attraverso l’annuncio della Parola e
la solidarietà con gli ultimi,
in vista di una «Riforma italiana» che, nel Sud, può contare sull’incontro fecondo tra
la cultura teologica del protestantesimo storico e la carica
spirituale dei pentecostali.
Chiavari
Cantiamo
la libertà
Sabato 11 dicembre l’Auditorium comunale di Chiavari ha ospitato il Coro evangelico di Civitavecchia diretto da Miriam Strisciullo, che
ha eseguito «Cantiamo la libertà», un programma di canti spiritual e africani. In questo modo la Chiesa battista
di Chiavari ha voluto ricordare il pastore Martin Luther
King.
«Se qualcuno di voi sarà
presente quando dovrò affrontare il mio giorno, sappia
che non voglio un lungo funerale (...). E dite di non ricordare che ho avuto un premio
Nobel: non è importante (...).
E importante che sia ricordato come ho cercato di amare
e servire l’umanità». Così
aveva detto King: non si è allora voluto esaltare la figura
dell’uomo King ma ricordare
i suoi insegnamenti e le sue
profezie. La corale stessa ha
intercalato ai canti gli scritti e
le parole del pastore battista
nero. Nei corridoi dell’Auditorium era poi visibile una serie di cartelloni che ricordavano le tappe principali della
sua vita.
Il concerto ha avuto un
grande successo nella città:
soprattutto ha interessato una
fascia di persone che raramente si vedono alle nostre
manifestazioni. Infatti la sala
era piena di giovani, seduti
anche per terra dal momento
che i posti a sedere erano
esauriti. Dopo il concerto
un’agape festosa ha riunito
nella comunione dello .Spirito
i coristi con gli organizzatori
chiavaresi e con molti evangelici liguri, che erano convenuti dalle loro città, fin dalla
lontana Albisola.
Domenica 12, con lo stesso
successo, anche se numericamente inferiore date le dimensioni della sala, ma non
meno importante per la comunità locale, il concerto è
stato ripetuto nella chiesa
evangelica di Rapallo.
Prosinone
Mostra
della Bibbia
________CIANNI MUSELU ^
Il palazzo dell’amministrazione provinciale di Prosinone ha fatto da cornice nella settimana dal 6 all’ 11 dj.
cembre alla mostra della
Bibbia. Effettuata in collaborazione tra la Chiesa valdese
di Ferentino, le chiese battiste di Sant’Angelo in 'Villa e
Isola del Liri e l’abbazia di
Casamari, la mostra sulla
Bibbia è stata un’esperienza
interessante.
Per la prima volta una mostra sulla Bibbia e sulla storia del suo testo ha toccato la
città di Frosinone; dopo parecchi anni cattolici ed evangelici hanno avuto la possibilità di incontrarsi. Si sono
potuti ascoltare il vescovo
ausiliare di Roma, mons.
Clemente Riva, che ha aperto la settimana, il rabbino
Benedetto Carucci, accompagnato dal prof. Daniele
Garrone, della professoressa
Maria Vingiani, segretaria e
fondatrice del Segretariato
per le attività ecumeniche
(Sae), il prof. Bruno Corsani.
Tutti gli oratori hanno posto in evidenza la centralità
della Bibbia aH’interno del
movimento ecumenico; il
rabbino Carucci ha invece
introdotto l’uditorio alla
comprensione della Bibbia
dal punto di vista della teologia e cultura ebraica; cosa
questa importante, dato che
per la prima volta un rabbino
parlava nella nostra città. La
collaborazione dell’abbazia
di Casamari è stata importantissima in quanto sono stati
esposti alcuni codici miniati
e antiche Bibbie a stampa di
proprietà della comunità monastica.
L’esigenza di continuare
nei rapporti ecumenici è venuta dalla richiesta della parte cattolica di organizzare
qualcosa di significativo durante la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
Interrogativi dopo il convegno delle Chiese evangeliche battiste sul ministero pastorale
La difficile mobilità del lavoro pastorale
SILVESTRO CONSOLI
Dal documento finale votato dal convegno nazionale delle chiese battiste dello
scorso ottobre (vedi Riforma
del 5/11/93) si evince che, se
da una parte il convegno ha
legittimamente ribadito i
compiti del ministero pastorale fissati negli ordinamenti
battisti, dall’altra ha indicato
e suggerito delle innovazioni
che vanno nel segno di una
risposta alle esigenze attuali
(e future) della testimonianza
battista nel nostro paese.
È mia convinzione che tali
innovazioni non solo forzino
in qualche parte l’attuale confessione di fede battista ma,
altresì, siano di natura tale da
non essere capaci di rispondere adeguatamente alle più
pressanti emergenze del battismo italiano. L’attuale confessione di fede battista,
all’art. 8, 3° comma, così recita: «...tutte le chiese [dal
contesto si intende quelle locali] hanno davanti al Signore
pari dignità, tutte sono fornite
dallo Spirito dei ministeri atti
a rispondere efficacemente
alla loro vocazione».
Il convegno, da parte sua,
ha invece espresso la possibilità e l’opportunità, ove è
possibile, di una condivisione
dei ministeri locali e dei ministeri pastorali, prospettando
anche tre scenari concernenti
detta condivisione: a) lavoro
coordinato fra più chiese e
collaborazione fra pastori ciascuno con cura a tempo pieno
di una chiesa dell’Ucebi; b)
lavoro coordinato da parte di
un pastore fra chiese diverse,
ciascuna curata da ministri
locali; c) lavoro di équipe fra
ministri diversi dei quali alcuni a tempo pieno, altri a
tempo parziale.
Sorge legittima la domanda: per quale speciale motivo
si deve ricorrere alla condivisione dei ministeri locali (e
anche dei ministeri pastorali)
se, ai sensi del citato art. 8, lo
Spirito fornisce a ogni comunità locale i ministeri atti a rispondere alla propria vocazione? Supposto di non aver
commesso errori nella comprensione della confessione
di fede, si porrebbero almeno
due possibilità: o è sbagliato
il 3° comma del citato art. 8
oppure sono sbagliate le indicazioni emerse dal convegno.
Qualora ammettessimo, come
ipotesi di lavoro, che queste
ultime siano corrette, dovremmo dedurre conseguentemente che debba essere rivisto il nostro concetto della
chiesa locale.
Dovremmo cominciare a
pensare infatti che la comunità locale non possa essere
chiesa, se svincolata dall'insieme delle altre comunità:
nessuna di queste, in generale, è infatti dotata dallo Spirito di tutti i ministeri atti a rispondere efficacemente alla propria vocazione. L’Unione delle chiese evangeliche
battiste comincerebbe ad assumere, in quest'ottica, una
connotazione più vicina a
quella di un «corpo» unico e
integrato. Una delle più pressanti emergenze del panorama battista italiano è dato
dalla mancanza dei pastori e
dalla loro disomogenea distribuzione sul territorio.
Il convegno, considerando
implicitamente anche questa
realtà, ha valorizzato gli altri
ministeri esistenti nelle chiese, ha individuato nel pastore
l’elemento coordinatore e valorizzatore di detti ministeri,
ha incoraggiato la specializzazione e l’ulteriore qualificazione del ministero pastorale. Oltre a ciò il convegno
ha puntato sulla condivisione
dei ministeri locali e pastorali, confortando tale principio
fondamentale con l’illustrazione dei tre possibili scenari
prospettati, che hanno l’interessante caratteristica di co
prire quasi perfettamente
buona parte dell’attuale realtà
battista: per la Sicilia o per le
altre zone a bassa densità pastorale, può andare bene lo
scenario b); per il Lazio o per
altre zone ad alta densità pastorale, può andare bene lo
scenario a); procedendo in
maniera iterativa ognuno potrà, senza eccessiva difficoltà,
trovare sempre uno scenario
che si adatta, più o meno bene, alla propria attuale situazione.
Il fatto che uno stesso principio generale possa portare,
nella sua concreta illustrazione, a una molteplicità di scenari può certamente essere
una prova della sua bontà: si
dimostra capace di modellarsi
ad ogni situazione contingente. Tuttavia, può anche essere
misura della sua ridotta capacità di modificare veramente
l’esistente e di incidere efficacemente sui punti nodali e
di emergenza del battismo
italiano. Così si può paradossalmente verificare che, proprio in difesa del lavoro di
équipe e della ricerca di specializzazioni, diventi nel futuro sempre più difficile attuare
una effettiva mobilità pastorale che renda più uniforme,
rispetto al territorio, l’indice
di densità pastorale.
5
VENERDÌ 31 DICEMBRE 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
Nuova iniziativa formativa del Servizio cristiano di Riesi
Per la produzione agroalimentare
______GIUSEPPE LA TOBBE_____
Venerdì 10 dicembre,
presso il Servizio cristiano di Riesi, il direttore Giuseppe Platone ha presentato il
primo corso di formazione
per «esperti nella qualità e
nella valorizzazione dei prodotti agroalimentari». Davanti a 80 persone (studenti, agricoltori, politici), il prof. Zughi dello Csea (la società che
partecipa al corso), ha illustrato finalità e programma
delle attività che il Servizio
cristiano ha iniziato a svolgere per un primo gmppo di 15
giovani, con la collaborazione del dott. Borroni in qualità
di «tutor».
Lo Csea ha una grossa
esperienza in programmi di
formazione e sviluppo industriale, operando da 14 anni
nei settori dell’automazione,
dell’ambiente, dell’agroindustria, preparando tecnici che
saranno anche manager: con
esso collabora il Servizio cristiano nel colmare il vuoto
cretosi in Italia tra sistema
produttivo e formazione professionale.
Il settore agroalimentare in
Europa sta cambiando a causa del cambio della rotta politica agricola comune (Pac): il
prof. Hoffmann, docente di
Economia agraria a Palermo,
ha illustrato la situazione a
partire dagli anni ’50: rispetto
all’industria, una politica europea dell’agricoltura è più
complessa. Da essa dipende
in quegli anni il 50% della
popolazione europea, e quindi occorre garantire un reddito minimo all’agricoltore sia
che il prodotto venga o non
venga venduto. La Pac crea
così un mercato reale e uno
fittizio, con lo stoccaggio delle merci in eccedenza e con la
loro eventuale distruzione.
Ciò non basta però a garantire
un reddito minimo agli agricoltori: i costi di produzione
sono alti, i prodotti europei
vanno difesi; si crea così il
«Diritto di prelievo», cioè il
dazio.
IL coltivatore ha il prezzo
del prodotto garantito, non resta che produrre sempre di
più, e il consumatore paga tre
volte di più che se comprasse
il grano nei paesi dell’Est o
del Sud America. Negli anni
’60 e ’70, nonostante il sorgere di associazionismo e delle
cooperative, non si ottengono
risultati pari al Nord Europa.
Viene poi introdotta la «Restituzione all’esportazione»,
una sorta di regalia a chi vende prodotti fuori Europa: al
produttore viene restituita la
differenza tra il prezzo praticato fuori Europa (più basso
per essere competitivi) e il
prezzo praticato in patria. In
questo modo, alla fine, più
del 70% dell’intero bilancio
Cee è destinato alla «garanzia
dei prezzi», qualcosa come
80.000 miliardi nel 1985.
Per ridurre tale cifra vi sono due strade: abbassare i
prezzo del prodotto (l’agricoltore finirà per abbandonare i prodotti non più remunerativi), oppure procedere a
una programmazione della
produzione. Si garantisce il
prezzo pieno solo a una certa
quantità di prodotto, creando
un contingentamento della
produzione; un meccanismo
del genere è applicato oggi al
latte. È un meccanismo ingiusto in quanto agevola chi già
produce quel prodotto e penaiizza chi lo importa.
Nel 1988 vengono apportati
due correttivi, il «principio
degli stabilizzatori» e il
«principio della linea direttrice»: da un lato quindi vi è il
I partecipanti ai corso dei Servizio cristiano
contingentamento, dall’altro
si stabilisce che la cifra messa
a disposizione dell’agricoltura ogni anno dalla Cee non
possa superare lo 0,75%
dell’aumento medio del prodotto interno lordo della comunità.
Si approda alla fine degli
anni ’80 alla concezione di un
modello di sviluppo endogeno, sostenibile e integrato.
Endogeno perché sfrutta le risorse e imprenditorie locali
pur rimanendo un mercato
aperto; sostenibile in quanto
ecocompatibile; integrato
perché solo così possono
sfruttare energie ed economie
di scala. L’agricoltura diventa
sempre più politica integrata
del territorio, sempre meno
intensiva e sempre più estensiva. Nasce la politica di sviluppo rurale, non necessariamente di soli interventi agricoli. Nel 1991-92 il Pac cambia radicalmente: non si sostiene più il prezzo del pro
dotto ma si sostiene direttamente il reddito dell’agricoltore, correndo il rischio
dell ’ assistenzialismo.
Hoffmaim ha poi svolto alcune riflessioni sulla situazione siciliana e ha risposto ad
alcune domande sull’agricoltura ecologica. Certamente
c’è un abuso di fertilizzanti e
antiparassitari, ma la situazione in Sicilia (secondo il dott.
Costanzo, dell’assessorato
Agricoltura e Foreste) non è
allarmante. D’altra parte è
impensabile fare una produzione quantitativamente accettabile senza agenti chimici, allo stato attuale della tecnologia.
Il problema principale per
la Sicilia è ancora, ha detto
Costanzo, quello di vendere il
prodotto e di riuscire a raggiungere mercati geograficamente lontani. Il Servizio cristiano, ha detto Platone in
chiusura, può contribuire a
dare risposte concrete.
«La verità vi farà liberi» (Qiovanni 8, 32)
PENTECOSTE ’94
Incontro degli evangelici italiani
FIRENZE - Palazzetto dello sport - 20-22 maggio 1994
PROGRAMMA DI MASSIMA
Venerdì 20 maggio 1994
ore 17,30 - Coro, saluto del presidente
del Consiglio dei pastori di
Firenze
- Culto con predicazione di
Domenico Maselli
- Offerta
- Canti e cori
ore 21 - Incontro dei cori
Sabato 21 maggio 1994
ore 9 - Canto assembleare
- Preghiera
- Studio biblico su: «Lo Spirito Santo nell’Antico Testamento» (Daniele Garrone)
- Canti e cori
ore 10,15 - Studio biblico su: «Lo Spirito Santo nel Nuovo Testamento» (Francesco Toppi)
- Offerta e canti
ore 11,30 - Domande e risposte
ore 13 - Pranzo
ore 16,30 - Coro e canti
- «La proposta evangelica
negli anni ’90» (Giuseppe
Barbanotti e Giorgio Spini)
ore 21 - Essere evangelici nell’Italia
di oggi: «Difficoltà e speran
ze» (testimonianze dalle diverse realtà evangeliche)
- Offerta
Domenica 22 maggio 1994
ore 8,30 - Riunione organizzativa
ore 10,00 - Culto con predicazione di
Paolo Ricca (Giovanni 8, 32)
— Cori e canti
- Offerta
ore 12,30 - Conclusione del convegno
Costo globale della partecipazione per
chi viene da fuori (iscrizione, albergo e
pasti): lire 160.000; per i residenti (solo
iscrizione): lire 20.000
Le iscrizioni (lire 80.000 a persona per
i non residenti — questa cifra corrisponde
a metà della quota globale -; lire 20.000
per i residenti) vanno versate entro il 31
marzo ’94; ma il comitato sarebbe infinitamente grato se esse potessero pervenire
entro febbraio: per non perdere le prenotazioni degli alberghi dobbiamo infatti
versare dei consistenti anticipi.
Vi preghiamo di versare le vostre iscrizioni sul seguente conto:
- conto bancario n. 403/1 intestato a:
Pentecoste ’94 - Fcei, via dei Serragli 49
50124 Firenze presso Cariplo - Agenzia
n. 2 di Firenze via dei Vecchietti, 5/r,
50123 Firenze (codici bancari: Abi 6070
Cab 2802)
Per ogni nformazione relativa all’andamento pratico del convegno, scrivete a:
Pentecoste ’94,via dei Serragli 49, 50124
Firenze.
Il comitato promotore
Dibattito sul «testo comune di studio e proposte per un indirizzo pastorale dei matrimoni interconfessionali)
Un testo inadeguato per la coscienza evangelica
_______GIOVANm CONTE_______
Desidero esprimere un parere del tutto personale a
proposito del «Testo comune
di studio (...) dei matrimoni
interconfessionali» che lo
scorso Sinodo ha proposto allo studio delle chiese.
Vorrei innanzitutto sottolineare che si tratta di un documento di «studio» e non di
una decisione «operativa»
presa dal Sinodo. Dico questo
perché è proprio in questa seconda direzione che si muovono i partigiani della soluzione ai gravi problemi posti
dai matrimoni interconfessionali che il documento ipotizza; lo si capisce anche dal resoconto dei lavori sinodali
dal quale traspare la volontà
di alcuni deputati di farlo
passare come un effettivo avvio di una prassi ecumenica
soprattutto a livello pastorale.
Né va taciuto il fatto che, anche così, il documento non ha
avuto l’unanimità del Sinodo,
dato che v’è stato chi ha visto
nel documento «poca chiarezza e un alone cattolico»,
sottolineando appunto che
«l’obiettivo del documento
non è lo studio, ma l’approvazione del testo stesso da
parte della Conferenza episcopale italiana e del nostro
Sinodo». Il documento è stato
comunque votato con 90 voti
favorevoli, 10 contrari e ben
41 astenuti.
Ma anche se si considera
questo testo come un testo di
studio, capace di avviarci in
una direzione evangelicamente chiara nel rispetto delle coscienze e senza inopportuni cedimenti al giuridismo
e alla visione «naturale» del
matrimonio di stampo cattolico, esso appare del tutto inadeguato. Non mi è qui possibile approfondire ogni punto,
ma cercherò di farlo brevemente su quelli che paiono
più gravi.
1) Non è vero che «possiamo dire in comune» tutto
quello che viene elencato nella prima parte del documento,
ma solo una parte di esso, e
ancora con riserva. Non è
possibile dimenticare la visione che della sessualità e
della donna ha il cattolicesimo; visione che mina alla base tutto ciò che possiamo dire
«in comune» sul matrimonio.
In partenza, l’approccio a tutta la questione è profondamente diverso nelle due
realtà che si confrontano.
Non si tratta dunque affatto
di un «solido terreno di incontro».
2) Se non si tiene conto di
questo la seconda parte può
allora parlare di «non piccole
differenze e divergenze», viste come qualcosa di sciolto
dalle complessive posizioni
teologiche e spirituali delle
due confessioni, con una specie di «provincializzazione»
del problema del matrimonio
interconfessionale, visto tutto
sommato come cosa secondaria rispetto alle grandi questioni che ci stanno davanti e
che sono lungi dall’essere risolte. Questo per non tacere il
fatto che, comunque, anche
così la prassi matrimoniale risulta fondamentalmente «altra», nello spirito prima ancora che nei fatti, su quasi tutti i
punti importanti: sacramentalità, indissolubilità, fecondità
e procreazione e la stessa
educazione religiosa. A proposito: sarebbe bene che non
si dicesse più con faciloneria
che non viene più richiesta la
promessa di educare cattolicamente i figli. Il fatto è che
viene ancora richiesta. In ogni
caso quest’ultima questione
viene presentata dal documento come se fosse fondamentalmente tutt’altro che essenziale che i figli prendano
una direzione o l’altra. Anzi,
sembra auspicarsi che essi
prendano una terza direzione
che riesca ad operare un’impossibile connubio tra due
realtà alternative.
3) Partendo da queste osservazioni, si capirà che io ritenga che... «questo matrimonio non s’ha da fare». Parlo
non già del matrimonio interconfessionale, ma del «modo» con cui il documento di
cui ci stiamo occupando sembra voler operare il matrimonio tra teologia e prassi delle
due confessioni. In questo
senso le «indicazioni e orientamenti circa la pastorale dei
matrimoni interconfessionali» appaiono come del tutto
irrilevanti perché, fondamentalmente, operano un cedimento molto netto nei confronti della posizione cattolica, oltre che nei confronti del
vocabolario cattolico, in
quanto.
a) Innanzitutto per tutto ciò
che riguarda la «validità» del
matrimonio, compresa in particolare tutta la parte riguardante i pesanti burocratismi,
dietro ai quali c’è però
l’inammissibile pretesa di
coinvolgere il coniuge non
cattolico nella visione sacerdotal-sacramental-canonica,
per nulla rinnegata o mitigata, ma anzi in tal modo inserita nel documento di un’ipotetica «concordia».
b) Varie possibilità ipotizzate dal documento sono nettamente contrarie ad alcuni
articoli fondamentali del documento sinodale sul matrimonio 46/S1/1971, in particolare per quel che riguarda gli
articoli da 12 a 17, 20-21, 2542. Si pensi all’articolo 41
che recita: «Nell’esercizio
della pastorale pre e post matrimoniale nei riguardi dei
matrimoni misti e interconfessionali, Concistori e pastori non debbono cedere alla
tentazione di adoperarsi alla
I ricerca di compromessi o
mercanteggiamenti ispirati al
pretesto di aggiustare le situazioni a detrimento della
verità e del rispetto delle coscienze». Per non parlare della nostra posizione sul divorzio, che viene elegantemente
depotenziata, ahimè, anche
nella prassi corrente (pag. 6)
e potrei continuare. Sempre si
nota il riferimento ad un ordinamento come quello cattolico, che non ha né può avere
alcuna rilevanza per noi.
c) Altre possibilità ipotizzate dal nostro documento sul
matrimonio sono a mio avviso per lo meno discutibili sul
piano della fedeltà evangelica
e della chiarezza riformata.
Penso ad esempio all’articolo
49: «Nello sviluppo delle relazioni ecumeniche è auspicabile che le chiese si inducano (sic!) a riconoscere reciprocamente la validità delle
forme di certificazione dei
matrimoni così come sono regolate dalle loro rispettiva liturgie». Ma qui non si tratta
soltanto di liturgie!
Concludendo: il documento
non sa, e non vuole, rifiutare
in modo chiaro e netto la pesante e inammissibile intromissione della gerarchia cattolica nelle decisioni e nelle
scelte dei coniugi di diversa
confessione cristiana. Come
tale ha scarso valore propositivo per gli evangelici e non
mi sentirei, in coscienza, di
aderirvi.
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 31 DICEMBRE I993
L'ANNO CHE INIZIA
IL TEMPO
DEL NUOVO PATTO
CLAUDIO H. MARTELLI
Non so che cosa accada a
voi ma la mia personale
esperienza mi dice che il tempo è una dimensione che difficilmente può essere misurata in termini oggettivi, sempre uguali a se stessi. Certamente questa è un’impressione soggettiva, ma non essendo il solo a provarla mi chiedo se essa non contenga in sé
un briciolo di verità. Tutti abbiamo fatto esperienza di
questa strana capacità del
tempo di accelerare i suoi ritmi così come abbiamo conosciuto il suo rallentarsi estremo. Parlo qui ovviamente di
sensazioni, non dello scandire
dei secondi sul quadrante di
un cronometro. Il tempo ha
dunque un valore molto ampio e variabile a seconda non
solo di come lo si misuri ma
anche e soprattutto da come
lo si viva.
Uno dei periodi in cui questa accelerazione sembra farsi
più accentuata è quella che
sta a cavallo tra la fine e l’inizio di un anno nuovo. Improvvisamente, dopo la metà
ritmo, noi abbiamo dei punti
fermi di riferimento che ci
possono aiutare a vivere in
maniera più umana, più
conforme alle nostre reali necessità.
La nostra speranza è in Dio
Il nostro punto fermo è Dio.
«La nostra speranza è in
Dio»: questa frase che apre il
culto evangelico esprime un
concetto fondamentale.
Un altro punto fermo è che,
in qualunque momento del
nostro vivere, in qualunque
momento della storia, siamo
nel tempo della salvezza perché, da questo punto di vista,
l’oggi di Dio non diventerà il
suo domani e non ritornerà indietro. Tuttavia è in qualche
modo necessario fermarsi,
prendere atto che se per il Signore un giorno è come mille
anni, per noi ogni giorno passa inesorabilmente e può essere un giorno perduto o, peggio
ancora, sprecato.
I giorni della storia dell’uomo sono misurati nella Bibbia
non solo dai calendari e dalla
«Benedetto sia il Signore, l’Iddio d’Israele, perché
ha visitato e riscattato il Suo popolo, e ci ha suscitato un
potente salvatore nella casa di Davide suo servitore (come aveva promesso ab antico per bocca de’ suoi profeti); uno che ci salverà da’ nostri nemici e dalle mani di
tutti quelli che ci odiano. Egli usa così misericordia verso i nostri padri e si ricorda del suo santo patto, del giuramento che fece ad Abramo nostro padre, affine di
concederci che, liberati dalla mano dei nostri nemici, gli
servissimo senza paura, in santità e giustizia, nel suo
cospetto, tutti i giorni della nostra vita».
(Luca 1,68-75)
«Poiché se quel primo patto fosse stato senza difetto,
non si sarebbe cercato luogo per un secondo. Difatti, Iddio, biasimando il popolo, dice: Ecco i giorni vengono,
dice il Signore, che io concluderò con la casa d’Israele
e con la casa di Giuda, un patto nuovo; non un patto
come quello che feci coi loro padri nel giorno che li presi per la mano per trarli fuori dal paese d’Egitto; perché
essi non han perseverato nel mio patto, ed io alla mia
volta non mi son curato di loro, dice il Signore. E questo è il patto che farò con la casa d’Israele dopo quei
giorni, dice il Signore: io porrò le mie leggi nelle loro
menti, e le scriverò sui loro cuori; e sarò il loro Dio, ed
essi saranno il mio popolo. E non istruiranno più ciascuno il proprio concittadino e ciascuno il proprio fratello, dicendo: conosci il Signore! Perché tutti mi conosceranno, dal minore al maggiore di loro, poiché avrò
misericordia delle loro iniquità, e non mi ricorderò più
dei loro peccati. Dicendo: Un nuovo patto. Egli ha dichiarato antico il primo. Ora, quel che diventa antico e
invecchia è vicino a sparire».
(Ebrei 8, 7-13)
di dicembre, pare che il tempo si metta a correre e le
giornate incalzino con un ritmo ossessivo. Accade nella
società. Accade in famiglia.
Accade anche nella comunità. Poi, passato Capodanno, per qualche fattore misterioso che non mi riesce di
afferrare, ecco che il tempo
rallenta la sua corsa e la vita
riprende il suo ritmo normale, in una cadenza più accettabile. Non credo che tutto
ciò sia casuale perché come
cristiano non credo al «caso». Mi pare invece di cogliere un segnale preciso attraverso il quale, con infinita
pazienza e bontà, Dio voglia
insegnarci qualcosa.
Il primo insegnamento che
mi pare possa essere compreso è che molto spesso
questa accelerazione del
tempo è qualcosa che subiamo in modo passivo. Il secondo è che, qualunque sia
questa accelerazione, questo
data di insediamento dei re e
dei governanti, ma anche dal
fatto di essere ricompresi nei
tempi che Dio ci offre affinché possiamo decidere il nostro futuro.
A questo scopo nella Bibbia Dio stabilisce, offre, dei
precisi patti. Ci sono molte
precise indicazioni di ciò fin
dalla preistoria biblica e via
via che la storia avanza questi patti si precisano e assumono forme più strutturate e
solenni. Tutto il ciclo dell’
Esodo ci parla del Patto che
Dio offre al suo popolo perché possa vivere la libertà e
non ricadere nei tempi oscuri della schiavitù. Dunque
l’insegnamento è che il tempo degli uomini, quello soggettivo e quello della storia,
rischia di essere un tempo
senza senso se non ha al suo
centro Dio e la sua misericordia, e la sua offerta di libertà e di salvezza.
Ben lo aveva compreso il
sacerdote Zaccaria quando
cantava i tempi di liberazione
che il suo figliolo Giovanni
avrebbe annunziato ancora.
Ben lo sapevano il profeta
Geremia e l’autore dell’Epistola agli Ebrei quando, parlando dei giorni che stanno
davanti a noi, intravedevano
il nuovo Patto attraverso il
quale Dio avrebbe scritto nelle menti e nei cuori del suo
popolo la conoscenza della
verità.
Il tempo è maturo dunque e
va colto. Va vissuto per i credenti in questa straordinaria
prospettiva che libera dall’angoscioso suo scorrere, frenetico o lento che sia, che lo ridimensiona davanti a noi e ci
consente non più di subirlo
soltanto ma di viverlo in modo prima sconosciuto, in
quella dimensione di «vita
eterna» che Gesù Cristo - Colui che era, che è, che viene;
l’Alfa e l’Omega - viene a
donarci. Viviamo il tempo del
nuovo Patto. Credo che troppo spesso ciò non sia da noi
tenuto nella giusta evidenza e
considerazione; certo è ben
vero che è Dio, nella sua sovrana volontà, a stabilire il
Patto ma è altrettanto vero
che egli, scegliendo questa
via, non ci impone un diktat
unilaterale.
Dio ci chiede di esserne
sottoscrittori, liberi contraenti, consapevoli partecipi. Gesù Cristo che incarna il nuovo
Patto è r Emmanuele, il Dio
con noi, non soltanto il Dio
sopra di noi, malgrado noi,
nonostante noi. Dio non scriverà la sua grazia nei nostri
cuori, la sua giustizia e la sua
salvezza se questi cuori non si
apriranno a riceverla, liberamente, consapevolmente. È
noto che a molti piacerebbe
che non fosse così, che Dio
agisse con un atto di imperio,
obbligandoci a essere conformi alla sua volontà. Ma le
scelte di Dio sono altre, diverse, e la sua considerazione su
ciò che la libertà rappresenta
nella creazione nuova che va
completando va ben al di là
della nostra concezione così
spesso limitata a una libertà
condizionata e relativa.
La libertà del popolo di Dio
La libertà dei figli di Dio è
molto più che la libertà
di questo mondo. Non è mai
libertà di fare ciò che si vuole, o ciò che conviene, o ciò
che è meno peggio; è sempre
libertà di fare ciò che è giusto, cioè la volontà di Dio.
Com’è scritto, siamo dunque
chiamati, per noi stessi e per
il mondo, a essere collaboratori di Dio.
Credo che questi e altri
pensieri fossero nella mente
dei metodisti primitivi quando elaborarono quella liturgia
nota come il culto di Rinnovamento del Patto con Dio.
Essa venne celebrata per la
prima volta l’il agosto 1755
nella French Church di Spitalfields e il suo testo originale
venne redatto da Richard Alleine e ripreso poi da John
Wesley in un suo opuscolo
del 1780. Generalmente tale
liturgia viene proposta nella
prima domenica dell’anno,
ma non solo. Essa è spesso
celebrata in occasioni di particolare impegno del «popolo
chiamato metodista» di fronte
alle grandi questioni.
Al suo centro è posta la figura di Cristo e l’azione dello
Spirito Santo che rende possibile a noi di comprendere e
accogliere il Nuovo Patto attraverso la sua morte e la sua
resurrezione. Il calice del
Nuovo Patto viene offerto a
ogni credente, a ogni generazione, finché verrà il tempo
nel quale, finalmente, noi lo
riceveremo dalle mani stesse
del Signore.
Ma non è certo marginale il
ruolo della comunità in questa
liturgia. Il nostro «Amen»
non può essere espresso in
termini di accettazione soltanto. Il Patto significa sottoscriverlo per quanto ci compete.
E sottoscriverlo significa avere piena consapevolezza della
responsabilità che esso implica sul piano pratico. In qualche modo con il nostro Amen
noi ci riconsacriamo a Dio,
assumiamo il dovere e il privilegio di esserne i testimoni
nel mondo, ci dichiariamo disponibili a lasciarci guidare
con fiducia, lungo le vie che
il Signore ci indicherà, qualunque esse siano.
Sono parole solenni che
non possono essere pronun
ciate con leggerezza. «Chiedi
a noi ciò che ti piace. Scrivi
in noi la tua legge. Ponici accanto a chiunque tu voglia.
Serviti di noi o mettici in disparte, concedici di essere
tuoi servi fedeli». Nella liturgia inglese, quella attuale, è
ripreso un concetto che fu ben
espresso dai metodisti nel
1700; «E ora glorioso e benedetto Signore; Tu sei mio e io
sono Tuo. Questo Patto che
noi assumiamo in terra sia ratificato in cielo. Amen»
Responsabilità personale
Ciò è detto, io credo, affinché non sia possibile
rifugiarsi dietro un generico
senso del collettivo, dietro a
un concetto che disinneschi
tutta la responsabilità personale che il Patto implica per
ogni singolo credente. Consapevolezza personale ma non
personalismo, senso della comunità che è la prima visione
dell’universalità dell’amore di
Dio perché la comunità con i
suoi limiti e con i suoi pregi è
uno spaccato del mondo di
cui è parte integrante anche se
in essa risuona quella Parola
che chiama alla diversità e alla testimonianza.
La comunità è, come ben è
stato espresso da Lutero, formata sempre da persone allo
stesso tempo «giuste e peccatrici». Abbiamo un punto fermo dunque, un momento nel
quale non conta più se il tempo scorra veloce o lento, se
Fanno che ci lasciamo indietro sarà per noi uno dei tanti
o pochi che ci sarà dato di vivere o addirittura l’ultimo, 0
forse il primo del nuovo tempo. Nella coscienza che la liturgia non è solo vana parola
e contenitore indifferente
possiamo trovare la certezza
che il tempo di Dio è perciò
aperto davanti a noi e che ci
viene offerto come un tempo
che non ci sfugge più dalle
mani, che nessuno potrà sottrarci, un tempo di benedizione e di salvezza, da ora e per
sempre.
Preghiera
Quante volte; Signore, abbiam cantato
di come fuggan veloci gli anni nostri,
di come il tempo passi inesorabile per tutti.
Quante volte, Signore, abbiam pensato
che nulla accada, che tutto passi
che, malgrado la speranza viva in noi,
l'empio prosperi e il violento trionfi,
il fabbricatore di menzogne continui
indisturbato il suo mestiere.
Quante volte. Signore, ci siamo sentiti stanchi,
sopraffatti dagli eventi, con le mani vuote,
le parole inadeguale, i cuori aridi e
spaventati.
0 hanno detto: A che vale la tua fede,
dov'è il vostro Dio?
Ci siam guardati dentro e vi abbiamo
scoperto sconcertanti contraddizioni,
false certezze, infiniti limiti.
Ci siam guardati attorno e abbiam letto
tutta la nostra pochezza
fatta di deboli volontà
di non mantenute promesse,
di infinite prudenze.
Ma tu sei qui, oggi. Signore
per offrirci la tua salvezza ancora,
per ri nnovare i I tuo Patto.
Il tuo Spirito ci dice:
«Abbiate fede in Dio e in me».
È un sussurro Signore e Tu lo sai,
non un potente coro.
Ma forse il tempo è venuto ancora
dove non è più véro solo ciò
che viene urlato ma ciò che
Conta veramente per le tue creature.
Posa la tua parola d'amore,
di pace, di eguaglianza, di giustizia
diventare, prima che in ogni luogo fuori,
vera nel nostro cuore in modo
che il nostro sì nasca da dentro,
fiducioso convinto e consapevole.
Sta con noi. Signore
nel tempo che verrà.
Sta con noi in modo che
l'adesso e il sempre siano
una soia realtà.
Donaci la capacità di vivere
ogni giorno del tuo amore
perché ne abbiamo bisogno infinito
per noi e per dividerlo col mondo,
con chi è sazio di umiliazione e
di paura, di violenza e di miseria,
di malattia e di morte.
E lasciaci dire, 0 Signore,
«Venga il tuo Regno»
Ora.
Amen
7
Spedizione in abb. post. Gr li A/70
in caso di mancato recapito rispedire a;
CASELLA POSTALE 10066
TORRE PELUCE
Fondato nel 1848
E Eco Delle Yaui "^ldesi
VENERDÌ 31 DICEMBRE 1993
ANNO 129 - N. 50
URE 1300
Confronto fra i responsabili delle strutture sanitarie per migliorare la qualità dei servizi
Una configurazione in «poli» diversi
per coordinare gli ospedali del Pinerolese
DAVIDE ROSSO
Dove va la sanità? Tagli e
riforme stanno toccando
anche il Pinerolese? Chiusura
del reparto di ostetricia (26
posti letto, 521 ricoveri nel
’92) del Cottolengo, accorpamento delle Ussl, disegni
legislativi che parlano di
gestione manageriale della
sanità e di Azienda ospedaliera. Tutto questo preoecupa
e fa discutere la gente e gli
operatori. La nostra sanità si
trova di fronte a problemi
vecchi e ad un futuro incerto.
Se nel passato ci si è trovati
di fronte a ritardi, a un certo
immobilismo nel settore pubblico e a una sorta di delega
al privato a volte abbandonato a se stesso; adesso si
deve andare oltre, migliorando.
Si è svolto recentemente
un incontro a Pinerolo che
ha in qualche modo consentito di fotografare la situazione dell’area pinerolese;
sono intervenuti i rappresentanti degli ospedali operanti
sul territorio. Se all’ospedale
civile di Pinerolo sembra che
a primavera ci saranno Tac,
rianimazione e nuova sistemazione per la dialisi, questo
libererà del posto per i laboratori, pur senza risolvere
l’annoso problema dello spazio, ad esempio per i posti
letto effettivi. Al Civile praticamente tutte le entità operative hanno un numero di
posti letto effettivi inferiore
a quanto stabilito dalla
Regione.
Alcuni esempi? Oculistica
dovrebbe avere 20 posti letto
e ne ha 7, Urologia ha 11 posti
letto su 36, Pediatria 8 su 22.
In compenso altri settori stanno meglio, addirittura Neurologia ha 35 posti letto effettivi rispetto ai 32 previsti. Per
quanto riguarda l’utilizzo dei
posti letto i tassi più alti si
registrano a Psichiatria e
Urologia che superano il 95%.
Per quanto riguarda il Cottolengo di Pinerolo il futuro
resta nebuloso, mentre gli ospedali valdesi stanno andando avanti negli ampliamenti, per lotti, ma resterà da
capire come si integreranno
in un diseorso generale di
riassetto nell’area. Si passerà
infatti da una realtà di tre
Ussl, le due delle valli di
circa 22 mila abitanti (un po’
più ampia la 43 e più piccola
la 42) aggiunte alla 44 ehe
oggi, con i suoi 5 distretti,
supera attualmente gli 85
mila abitanti. Al di là poi
dell’accorpamento o no delle
Ussl permane la necessità di
un maggiore coordinamento
tra gli enti erogatori di servizio ai malati per far sì, come ha sottolineato il dott.
Mathieu, primario dell’ospedale valdese di Torre Pellice,
«che si formi una rete integrata di intervento sul territorio, creando così al malato un
vero e proprio percorso di
cura a partire dal medico di
base in avanti, tenendo conto
anche di una popolazione che
tende ad essere sempre più
Il problema dell’assistenza ospedaliera è sempre aii'ordine dei giorno
anziana e quindi con esigenze
specifiche. L’ottimizzazione
dei servizi avviene anche
attraverso il dialogo e la
collaborazione; il distretto
così come viene definito dal
disegno di legge regionale ha
delle grosse pecche perché
non ha un minimo di autonomia e quindi avrà dei problemi a funzionare da punto di
contatto tra struttura sanitaria
da un lato e il territorio e i
problemi del singolo cittadino
dall’altro».
Anche per il dott. Basso del
Cottolengo è importante che
esista un coordinamento ma è
anche importante che permangano più poli, non uno
subordinato all’altro (questo
anche in risposta a quanti
vedrebbero bene un ospedale
Cottolengo fornitore di servizi integrativi all’ospedale
Civile) per dare la possibilità
alla gente di scegliere dove
rivolgersi.
C’è poi il problema dell’
umanizzazione dei rapporti
con i malati nonché il problema delle lunghe attese per le
analisi e delle prenotazioni
con una burocrazia sempre
più insuperabile. A titolo di
esempio si possono citare alcuni dati: nel laboratorio analisi del Civile, nel 1992 sono
state effettuate 443 mila analisi esterne e 534 mila interne; dagli ambulatori sono
state eseguite oltre 714 mila
prestazioni e 110 mila visite.
Fra gli interventi siamo a
1.165 a chirurgia, 1.067 a
traumatologia, 623 ad ostetricia, 522 ad oculistica, per
citare i più utilizzati, e si arriva ad un totale di 4.185
interventi. A questi dati
vanno aggiunti quelli del
Cottolengo che come interventi assommano a 1.539.
Per migliorare la situazione
burocratica si è parlato di
informatizzazione, cioè di far
passare tutte le informazioni
attraverso il computer, dalla
cartella clinica alla richiesta
di esami, dalla richiesta di
esami del medico di base alla
ricezione, snellendo così
molte pratiche. Negli ospedali
valdesi sono già stati fatti
investimenti nell’informatica
e si sta procedendo all’informatizzazione delle procedure
amministrative e sanitarie.
Per il dott. Conti, dell’ospedale Civile, un’azienda ospedaliera darebbe più snellezza
alla gestione dell’ospedale
stesso. Quello che sembra
essere comunque un problema comune a tutti è il crescere delle spese e delle esigenze
a fronte di scarse risorse
finanziarie. Le prospettive
legislative parlano di gestione
manageriale, di azienda ospedaliera autonoma dalle Ussl,
di ridefinizione della rete
ospedaliera, di accorpamenti;
ci si augura che tutto questo si
avvii con una seria politica di
qualità rivolta ai cittadini, e ai
cittadini malati in prima persona, senza che prevalgano
semplicemente le leggi di
mercato a scapito magari
della salute della popolazione.
Un recente provvedimento della Comunità montana vai Pellice
Otto posti per cassai ntegrati
________MARCO R08TAW________
Avvalendosi di apposite
disposizioni della Provincia e con una spesa limitata sarà possibile creare 8
posti di lavoro per lavoratori
messi in lista di mobilità o in
cassa integrazione. Come è
noto questi percepiscono
l’80% del salario: il restante
20% sarà coperto quasi totalmente dalla Provincia e in
Alta vai Pellice: l’oasi del Barant
misura minima dalla Comunità montana. Questa buona
notizia è stata comunicata dal
vicepresidente. Marco Bellion, nel corso del Consiglio
del 22 dicembre: saranno sei
operai generici, uno dotato di
patente C e un geometra
impiegati nelle urgenze di
tutela ambientale, per il giardino botanico del Barant e
per la realizzazione del percorso escursionistico di valle,
già oggetto di finanziamento.
Un po’ di ossigeno, anche se
per pochi e per un solo anno
(aprile 1994-aprile 1995).
Sempre in relazione alla politica per la montagna, il presidente Cotta Morandini e
l’assessore Borgarello hanno
comunicato che l’impostazione data dalla Comunità è
stata apprezzata in Provincia
e che vari punti sono stati
ripresi, in particolare negli
impegni economici per il ’94.
Il Consiglio ha votato una
mozione contro l’ipotesi di
accentrare il Coreco e per il
mantenimento della sezione
distaccata di Pinerolo, che
certamente facilita e semplifica le pratiche burocratiche
dei piccoli Comuni. La minoranza ha chiesto che il discorso sul Coreco sia ripreso
anche per altri aspetti.
Con la presenza e la relazione del dottor Rosso, in
procinto di trasferirsi e caldamente ringraziato dal Consiglio per il suo lavoro presso
la Ussl 43, sono state approvate variazioni di bilancio e
una convenzione con i
Comuni di Bricherasio e
Bobbio, che hanno assunto in
proprio determinate competenze sanitarie.
È stato complessivamente
valutato in modo positivo
l’anno trascorso, con risparmi nel personale, riduzioni di
spesa e mantenimento di una
buona qualità nei servizi. La
dottoressa Roetto è stata confermata come revisore dei
conti per il triennio ’94-96, la
questione della concessione
della pista di Piamprà è stata
rinviata alla prossima riunione.
CREDENTI E SOCIETÀ
CHIESA
0 SEHA?
RUPPERO MARCHETTI
Se qualcuno definisse la
nostra chiesa una «setta»,
noi valdesi (compresi quei
tanti che di valdese hanno
ormai purtroppo soltanto il
nome) ci arrabbieremmo, e
anche molto.
In realtà «setta» è uno di
quei concetti che, in sé niente
affatto negativi, si sono poi
invece nel corso dei secoli
caricati di negatività, sino a
diventare quasi un insulto.
Ma se lo esaminiamo dal
punto di vista della sociologia religiosa, ci rendiamo
conto che esso si radica, così
come il concetto di «chiesa»,
nell’insegnamento uscito dal
Nuovo Testamento.
A partire da questa base
comune, setta e chiesa si
distinguono tra loro per il
diverso modo di rapportarsi
al mondo e alle sue realtà: la
chiesa integra in sé le ineguaglianze sociali, lo stato,
la proprietà privata e dà così
la sanzione alla società e
all’ordine sociale stabilito,
cercando di condurre il maggior numero di persone che
vivono nella società alla salvezza, sovente con l’aiuto
del potere politico. La setta
considera invece le ineguaglianze tra gli esseri umani,
lo stato e la proprietà realtà
contrarie alla «legge di natura» e, diversamente dalla
chiesa che favorisce l’universalità a scapito dell’«intensità», eoncepisce se stessa
come un gruppo relativamente ristretto di «volontari»
che, passati per una conversione, si impegnano a vivere
l’etica del Sermone sul
monte, in opposizione alla
mentalità del mondo nel
nome del Regno di Dio.
Sulla base di quanto ora
detto, storici come Gabriel
Audisio (cfr. Les Vaudois,
naissance, vie et mori d’une
dissidence, Torino, Meynier,
1989) sono giunti alla conclusione che i valdesi prima
del Sinodo di Chanforan
erano senz’altro una «setta
cristiana», salvo poi scegliere nel 1532 di dar luogo a
una chiesa riformata.
Se pensiamo ora alla situazione delle nostre chiese delle
Valli, sempre più ridotte al
ruolo di «empori religiosi» a
cui molti vanno per chiedere
semplicemente e soltanto un
battesimo per i figli, la benedizione del matrimonio, il
funerale di un congiunto (e
quante volte noi pastori ci troviamo a fare delle cose senza
senso, già sapendo che a quel
battesimo o a quel matrimonio non corrisponderà alcun
impegno nella vita della fede
da parte dei nostri interlocutori!); e se pensiamo aqche a
quei tanti membri di chiesa
che sono tali soltanto sulla
carta, e all’«ordinaria amministrazione» che, nonostante i
tanti convegni che organizziamo sull’evangelizzazione,
soffoca ogni slancio evangelistico dei Concistori e dei
pastori, mi chiedo (e la mia
domanda è un po’ una provocazione e un po’ un discorso
serio): non sarebbe il caso, a
450 anni dalla scelta «ecclesiastica» di Chanforan, di tornare a essere meno chiesa e
più setta?
Per risolvere i problemi della montagna
Nasce la Consulta
Nell’ambito del recente
rimpasto della giunta provinciale è stato abolito l’assessorato alla Montagna; si è detto
che ogni assessorato avrebbe
dovuto avere particolarmente
attenzione ai problemi della
montagna, considerandoli nei
rispettivi settori. Del resto
buona parte del territorio
della Provincia di Torino,
esclusa la città, è classificato
montano.
Già in precedenza al rimpasto di giunta, su proposta del
Pds era stata creata una
Consulta delle Comunità
montane, cioè un organismo
di raccordo fra Provincia ed
enti montani, un ambito dove
far sentire la voce della montagna e i suoi problemi, dove
cercare di pianificare gli interventi anche di natura economica. In questo senso la
Provincia ha approvato prima
una delibera di giunta poi di
Consiglio in cui si ribadisce
l’importanza della montagna
del Torinese come «risorsa di
sviluppo e come bene collettivo, la cui conservazione
influisce sull’intero ecosistema nazionale». La Consulta, oltre ad essere organismo di collegamento, dovrebbe poter offrire ai Comuni e
alle Comunità montane anche
assistenza tecnico-amministrativa e legale. Secondo la
delibera provinciale, in occasione della predisposizione
del bilancio preventivo ’94 la
Provincia dovrà prevedere
l’istituzione di un fondo specifico per gli interventi nel
territorio montano provinciale da utilizzare attraverso decisioni da assumere in
sede di Consulta.
Sulle prospettive della politica della montagna, a seguito
della soppressione dell’assessorato specifico, si erano già
registrate alcune prese di
posizione fra cui quelle del
Comune di Angrogna e della
Comunità montana vai
Pellice.
WORMAGIOVANI
Via Roma 45 - Lusema
S. Giovanni-tei 0121/900245
8
PAG. Il
E Eco Delle Aàlli ¥\ldes:
VENERDÌ 31 DICEMBRE I993
......................................................................:
Cronache
OTTO NUOVI CAPRIOLI — Negli scorsi giorni sono stati
immessi nel comparto alpino n. 1 della vai Pellice otto caprioli. Il servizio di vigilanza e protezione della fauna selvatica, nell’ambito della ridistribuzione di alcune specie
selvatiche sul territorio provinciale di Torino, ha provveduto a catturare i caprioli in vai di Susa e li ha trasferiti in
vai Pellice, tre nel territorio di Bobbio Pellice, oasi del Barant, e cinque a Torre Pellice sul monte Vandalino. 11 comparto provyederà nel prossimo mese di gennaio all’immissione di lepri e sta inoltre valutando l'entità dei prelievi su
una serie di altri animali, in particolare dell’avifauna. Per
quanto riguarda sia i camosci che i cinghiali, i prelievi sono stati finora inferiori alle previsioni.
NUOVO ASSESSORE — Il Consiglio comunale di Torre
PeUice si è riunito martedì 21 per una breve serie di argomenti. Un primo tema affrontato riguarda la zona di recupero denominata San Marco, all’ingresso del paese; vi era
stato un sequestro del cantiere a causa del crollo di un muro che, secondo le disposizioni regionali, avrebbe dovuto
essere conservato; ora, sentita nuovamente la Regione, è
stata adottata una variante al progetto. I lavori nel frattempo sono ripresi e anche la proprietà dello stabile è cambiata; sul provvedimento inerente il San Marco il gruppo della
Lega Nord ha votato contro. Il Consiglio ha poi proceduto
alla sostituzione dell’assessore Ayassot, dimessosi per motivi personali, con l’ex capogruppo degli indipendenti di sinistra, Piervaldo Rostan. Il sindaco ha immediatamente indicato le deleghe che verranno affidate al nuovo assessore
e cioè Giovani, Istruzione e Agricoltura. In chiusura il
Consiglio ha proceduto alla delimitazione dell’area destinata al mercato settimanale secondo quanto disposto dalle
nuove normative, confermando l’area attualmente esistente, salvo successive modifiche ancora da valutare più attentamente.
CHIUSA LA BIBLIOTECA ALLIAUDI — Fino al 31 di
cembro sarà chiusa al pubblico la biblioteca comunale di
Pinerolo «Alliaudi»; in questo periodo, per riduzione del
personale in servizio, sarà possibile solamente il prestito,
la consultazione dei volumi della sezione Dewey e le consultazioni dei periodici in esposizione.
SOLIDARIETÀ CON I POPOLI EX JUGOSLAVIA — Si
è tenuta a Pinerolo, sabato 18 dicembre, una giornata di
solidarietà per i popoli dell’ex Jugoslavia. All’iniziativa,
promossa dal Consiglio d’Europa, aveva aderito il Comune di Pinerolo. Oltre alle firme sono state raccolte offerte
da destinare ad attività umanitarie. La cifra raccolta è stata
di 643.000 lire, suddivisa fra il gmppo Arcobaleno che fa
capo a Beppe Pavan e la Caritas, che fa capo al canonico
Gabriele Mercol.
NUOVO DIRETTIVO PER LA SOCIETÀ OPERAIA —
La Società operaia di Pinerolo ha recentemente rinnovato
il proprio direttivo. La prima società operaia d’Italia, fondata nel 1848, conta oggi su più di 200 soci ed ha come
presidente Ermanno Sacchetto, vicepresidente Orazio Cassina, segretario Giancarlo Alifredi e responsabile del settore mutue, Federico Ferro. La società, oltre ad alcune attività tradizionali, ha negli ultimi anni avviato una sezione
mutue aderendo al consorzio di settore di Novara e garantendo ai soci la possibilità di godere dei benefici della mutualità e della solidarietà. Ad oggi la mutua offre già i servizi di rimborso o diaria per ricovero ospedaliero o cliniche private, indennità giornaliera di malattia. Dal 1° gennaio entrerà in vigore inoltre una nuova assistenza, quella
ospedaliera prestata presso tutti gli ospedali della zona.
L’assistenza è prestata da personale specializzato sia di
giorno che di notte. Con l’adesione a questo .servizio, del
costo di sole 180.000 lire annue, si ha diritto fino a 240 ore
annue di assistenza per nucleo familiare .
CENTRO POLIVALENTE ULTIMO ATTO — Breve
Consiglio comunale per San Secondo nella serata di mercoledì 22 dicembre. Dopo alcuni argomenti di scarso interesse i consiglieri hanno assunto due delibere inerenti i lavori di ristrutturazione dell’ex scuola elementare. Siamo
arrivato ormai al terzo e ultimo lotto di lavori per la trasformazione della vecchia scuola in un centro polivalente
in cui si verranno a trovare palestra, sede per la Pro Loco,
centro anziani e biblioteca. I lavori, del costo di alcune
centinaia di milioni, dovrebbero concludersi in primavera,
verso la fine di marzo.
LAVORI ALLA STRADA DI RICLARETTO — Il Consiglio comunale di Ferrerò, riunito lunedì 20 dicembre, ha affrontato la questione del ripristino della strada che porta a
Riclarctto, borgata in cui d’inverno vivono ancora alcune
famiglie ma che d’estate si ripopola, più che raddoppiando
gli abitanti. Alcuni tratti della strada sono attualmente in
pessime condizioni e il Consiglio ha deciso di intervenire
stanziando, tramite mutui, una cifra di circa 50 milioni. In
previsione anche lavori alla centrale termica delle scuole.
Incontro con i rappresentanti delle associazioni di Bobbio Pellice e Luserna S. Giovanni
Le «Pro Loco» ambiscono a diventare
veri e propri soggetti di promozione turistica
ANDREA MELLI
PIERVALDO ROSTAN
Invitate dalla nostra redazione a confrontarsi sul loro ruolo e sulle proposte per
la valle, si sono trovate insieme le Pro Loco di Bobbio
Pellice e Luserna San Giovanni. L’incontro con il presidente della Pro Bobbio, Michele Fiorentino, e il presidente onorario della Pro Lusema, Giorgio Roman, è stato
ricco di spunti.
«Credo che la Pro Loco ha esordito Roman - debba
uscire dal solito ruolo dell’organizzatore di rnani-festazioni locali per aprirsi maggiormente verso l’esterno.
Ovviamente per fare questo
servirebbero infrastrutture
che dovrebbero essere realizzate dal Comune ed eventualmente gestite dalla Pro Loco».
Simile il parere di Fiorentino: «Concordo con questa
nuova visione delle nostre organizzazioni - ha detto -; dovremmo cioè saper diventare
soggetti di promozione e sviluppo turistico, pur continuando ad organizzare manifestazioni».
- Quale rapporto c’è tra voi
e la cittadinanza? Trovate difficoltà nel coinvolgere, ad
esempio, i commercianti?
«A Bobbio incontriamo
grosse difficoltà. Forse la
Pro Loco non è vista con lo
spirito giusto e a volte ho
l’impressione che lavoriamo
per noi stessi. D’ora in poi
dovremo riuscire a far capire
che il turismo, dotato di strutture adeguate, è una riserva
economica vitale e potrà fare
da traino ad altri settori
dell’economia locale, tipo
Vagricoltura. A Luserna,
grazie alla creazione dell’ufficio turistico, abbiamo creato un rapporto immediato con
la popolazione. Con i commercianti il discorso è diverso: dal punto di vista finanziario vi sono alcune difficoltà dovute anche alla presenza di numerose associazioni in qualche modo “concorrenti ’’».
- E con i rispettivi Comuni?
«E ovvio - dice Roman che la Pro Loco può andare
avanti se mantiene un buon
rapporto con le istituzioni, e
per quanto riguarda Luserna
esso è attualmente effettivamente proficuo».
«Con l’amministrazione aggiunge Fiorentino - siamo
in sintonia per quanto riguarda il tipo di turismo da incentivare e che deve essere
compatibile con l’ambiente.
Credo infatti che il turismo
su cui può puntare la vai Pel
Durante il Consiglio di Porosa Argentina
A sorpresa si dimette
Giovanni Laurenti
Sembrava un Consiglio
tranquillo per Perosa Argentina, da vigilia di Natale, e
invece da una vivace discussione su uno dei punti in esame sono derivate le dimissioni di uno degli esponenti di
spicco della minoranza di sinistra, Giovanni Laurenti.
Erano in discussione i lavori
di completamento della piastra polivalente, secondo
l’amministrazione importante
punto di aggregazione per
giovani e non solo, spazio
dove organizzare manifestazioni culturali o sportive. I
lavori vanno avanti a stralci,
mano a mano che il Comune
ha qualche disponibilità
finanziaria.
Ma l’opposizione ha altre
idee per utilizzare i fondi
pubblici: tutta una serie di
edifici pubblici, a partire dalle scuole, ha i tetti in eternit,
dunque un materiale contenente amianto e quindi pericoloso per la salute. Sarebbe
più opportuno dare la precedenza a questi lavori, dicono
i consiglieri di opposizione e
in particolare Laurenti; si in
terverrà ma chiedendo altri
mutui, dice la maggioranza.
La discussione diventa accesa e Giovanni Laurenti rassegna le proprie dimissioni da
consigliere, dimissioni che
secondo le ultime leggi sui
Comuni diventano irrevocabili.
Per quanto riguarda gli altri argomenti in di.scussione
da segnalare una novità: seppure in forma sperimentale,
il servizio di refezione per le
scuole materne e per l’asilo
nido verrà concesso in appalto; sono infatti andati in pensione alcuni dipendenti per
cui l’amministrazione ha deciso di operare questa scelta.
Infine il Consiglio ha votato un ordine del giorno contro la soppressione della sede
decentrata del Comitato di
controllo di Pinerolo e il passaggio, nel rapporto che lega
Perosa a Pomaretto per quanto riguarda la raccolta e la
depurazione delle acque reflue, da un regime di consorzio ad uno di convenzione, come sancisce la legge
142 del 1990.
lice non sia quello di massa
ma un turismo compatibile
con le notevoli risorse ambientali. Va ancora ricordato
che il nostro paese ha vissuto
negli ultimi 50 anni grosse
trasformazioni in campo turistico: si pensi ad esempio alle strutture alberghiere, molto diffuse negli anni ’30 e oggi quasi totalmente scomparse per trasformarsi in condomini».
- Se doveste costruire un
dépliant sulla vai Pellice,
quali elementi sicuramente
citereste e quali invece preferireste trascurare?
«Gli aspetti positivi sono
tanti - dice Roman -: la bellezza naturale, le passeggiate, la storia. A fronte di tutto
questo, le nostre attuali strutture non sono forse sufficienti
ad attirare i giovani in valle.
Le cose belle sono già state
dette dal mio collega. Per
quanto riguarda gli aspetti
negativi direi che esiste una
scarsa attenzione al turismo.
In molti casi colgo ancora
una visione negativa del turismo, magari individuato solo
con coloro che vengono a pestare l’erba dei prati».
- Durante la vostra ormai
lunga attività nelle Pro Loco
ci sarà stato senz’altro un’iniziativa particolarmente riuscita, die rifareste subito, e
un’altra invece che vi ha deluso; potete parlarne?
«Non ricordo particolari
‘fiaschi’’ - afferma Fiorentino - mentre posso dire che
una delle manifestazioni meglio riuscite è stata senz’altro
la rassegna commerciale che
ha avuto luogo per una decina d’anni attirando fra l’altro molta gente di fuori. Se
avessimo le risorse economiche rifarei tutto dall’inizio. È
difficile trovare qualcosa che
non sia proprio riuscito anche se qualche volta non c’è
stato l’afflusso di pubblico
sperato. Le esperienze più
positive sono legate all’ormai
tradizionale castagnata e
l’arrivo della tappa della
“Trans Alp” di quest’anno».
- Un auspicio per il ’94...
«Dovremo riuscire a recuperare seguito nella popolazione - conclude Michele
Fiorentino - facendo capire
che la Pro Loco vive solo
grazie al suo contributo; questo vale naturalmente anche
per i commercianti che pur
aiutandoci, potrebbe partecipare di più alle iniziative».
Giorgio Roman ha un programma: «Più che un auspicio, un progetto; per il 1994
prevediamo di potenziare
l’ufficio turistico, dotandolo
di nuovi sen’izi, in collaborazione con il Comune».
Bobbio Pellice: vantaggi per il Comune?
Il Consiglio discute
delPuso delle acque
Lo stabilimento ormai in disuso della Talco Grafite a San Sebastiano
Erano appena 9 su 15 i
consiglieri presenti alla seduta del Consiglio comunale tenutasi a Bobbio il 20 dicembre, durante la quale è stata
distribuita la relazione programmatica che sarà oggetto
di una successiva riunione.
I due argomenti principali
erano la variante al piano regolatore e la gestione delle risorse idriche. Sul primo punto la discussione è stata rinviata in quanto la bozza preliminare della variante, elaborata dall’ingegner Daviero,
verrà presentata dopo Natale:
il sindaco ha affermato che la
bozza sarà consultabile presso gli uffici comunali e verranno fatte delle riunioni con
la popolazione per sentire pareri ed esigenze.
Per quanto riguarda la gestione delle risorse idriche,
l’attenzione era rivolta principalmente all’utilizzazione
delle derivazioni delle acque:
oggi esistono numerose concessioni (26 solo sul Pellice)
per le quali il Comune paga
un canone di 4 milioni annui.
Fino a poco tempo fa i canoni
sulle concessioni erano molto
bassi a fronte dell’attuale tariffa che ha portato alla necessità di censire le derivazioni per verificare quali siano ancora effettivamente utilizzate. In una fase successiva
sarà opportuno predisporre
dei regoìamenti che impongano un corretto uso dell’acqua
e l’effettuazione delle operazioni di manutenzione ordinaria; verrà anche valutata
l’ipotesi di chiedere un contributo a coloro che utilizzano
l’acqua a fini irrigui. Sempre
a proposito delle derivazioni,
va ancora ricordato che da
parte di una ditta di Milano è
stato effettuato in via informale uno studio che prevede
di utilizzarle per produrne
energia elettrica: in questo
caso sarebbe opportuno concentrare il più possibile le
derivazioni per poi fare confluire le acque verso delle
piccole centraline.
Il sindaco, Aldo Charbonnier, ha poi accennato ai rapporti fra il Comune e le società gerenti centrali idroelettriche affermando che verranno stipulate convenzioni ricalcanti uno schema tipico
che prevede il pagamento di
un canone annuo al Comune
e l’effettuazione di determinati lavori per conto di quest’ultimo. Il sindaco ha inoltre fornito ampie rassicurazioni rispondendo a un’interrogazione del consigliere Gay
che, pur non ponendosi su
posizioni radicali, aveva sollevato il problema dell’impatto ambientale delle centraline. Da segnalare infine, in tema di acque, che sono in corso rilievi per avviare, anche a
Bobbio, una produzione di
acqua minerale.
RADIO BECKWITH
EVANGELICA
FM91.200- 102.350
Dal 3 gennaio ’94
anche FM 96.500
Tel. 0121-91507
9
\/F.NERDÌ 31 DICEMBRE 1993
PAG. Ili
Un'iniziativa di alcuni giovani delle chiese valdesi delle Valli
In agosto i giovani malgasci
ricambieranno la visita del 1992
DARIO TRON
Nel prossimo mese di agosto saranno in vista alle
Valli una decina di sorelle e
fratelli malgasci che lavorano
a progetti di sviluppo nel loro
paese. Questa visita fa seguito
a quella di un gruppo di giovani valdesi delle Valli che
sono stati in Madagascar nell’agosto ’92 e fa parte di un
progetto di collaborazione e
scambio internazionale elaborato e sostenuto dalla Cevaa
(la Comunità evangelica di
aiuto apostolico).
Il mese di agosto non è certo il migliore per trovare le
nostre comunità riunite e attive, ma è l’unico mese in cui
molti di noi possono dedicare
una parte del loro tempo e
delle ferie a questi nostri ospiti. In questi ultimi mesi il
gruppo che lavora a questo
progetto ha cominciato a organizzare le giornate italiane
dei nostri amici malgasci, tenendo conto delle loro richieste. L’arrivo è previsto per
martedì 9 agosto a Milano, la
partenza per domenica 4 settembre da Roma, Aeroflot
permettendo. Per tre settimane saranno ospitati a Pomaretto, l’ultima settimana verrà
invece trascorsa a Roma.
Nelle tre settimane alle Valli gli ospiti malgasci visiteranno le nostre chiese, gli istituti
e, ogni domenica, parteciperanno al culto in una comunità diversa. Saranno al Sinodo, al XV agosto, e visiteranno artigiani, fabbriche e varie
altre attività produttive della
nostra zona (chiusura per ferie
permettendo).
Per organizzare tutto questo
L’attuale presidente malgascio, Albert Zafy
abbiamo ancora bisogno della
disponibilità e della collaborazione di molte persone, delle opere e delle chiese alle
quali chiederemo di invitarci
a pranzo o a cena e di avere
un incontro con il gruppo di
malgasci accompagnati da
noi. Parteciperemo poi a qualche momento di svago o di divertimento paesano e organizzeremo qualche passeggiata
in montagna.
Appena avremo la conferma delle date del viaggio forniremo a tutti gli interessati il
programma definitivo; per ora
ci limitiamo a ringraziare tutti
coloro che finora ci hanno sostenuto e accompagnato in
mille modi in questo grande
progetto che avrà ancora bisogno di sostegno
Per quanto riguarda i progetti successivi all’agosto ’94,
il gruppo che è stato in Madagascar propone le seguenti
possibilità: a) viaggio di un
gruppo di giovani nel 1996,
dairitalia in Madagascar; b)
soggiorno di due giovani delle
nostre comunità che lavore
ranno per un anno nei progetti
di sviluppo del Saf/Fjkm (Dipartimento per lo sviluppo
che fa capo alla Chiesa di Gesù Cristo in Madagascar) in
contemporanea con il soggiorno di due giovani malgasci presso alcune delle nostre
opere; c) soggiorno di un giovane malgascio per un anno
presso una delle nostre comunità mentre un nostro giovane
trascorre lo stesso periodo in
una comunità malgascia.
Tutto ciò si potrà realizzare
solo se i nostri amici malgasci
saranno d’accordo con queste
proposte e ci daranno il loro
consenso. Saranno inoltre
coinvolte sia la Tavola valdese che la Cevaa.
Sin d’ora possiamo però comunicare che domenica 13
marzo avremo a Pomaretto
un’intera giornata dedicata al
Madagascar: culto al mattino,
torneo di «fanorona», il gioco
nazionale malgascio; al pomeriggio cena malgascia preparata da noi, infine concerto
al tempio con canti africani e
spiritual.
Occupazione
In Piemonte
si aggrava
la situazione
La situazione del mercato
del lavoro piemontese si è
aggravata anche nel secondo
semestre ’93; il tasso di decremento della domanda di
forze di lavoro è il più elevato del Nord Italia (-2,6%).
L’industria ha perso 31.000
posti di lavoro, solo in parte
compensati dal settore edile,
ma anche il terziario denuncia una pesante perdita (meno 26.000 addetti).
A ciò va ancora aggiunta
una riduzione degli avviamenti al lavoro, cioè delle
nuove assunzioni. Il Piemonte si trova così ad essere al
secondo posto, dopo la Liguria, come tasso di disoccupazione al Nord.
La situazione è drammatica anche sul fronte delle liste
di mobilità a cui sono iscritti
21.500 lavoratori in regione
e 14.000 nella sola provincia
di Torino. Sul versante
dell’offerta di lavoro predomina un effetto di scoraggiamento che induce molti disoccupati, soprattutto donne,
ad abbandonare una ricerca
di prospettive tant’è che le
persone ufficialmente in cerca di occupazione segnano
un incremento limitato
(+3%) e sono quasi interamente uomini.
Di fronte a questa situazione anche le prospettive rimangono estremamente incerte, almeno nel breve periodo. La Regione, che ha nel
tempo cercato di attivare interventi sull’innovazione e
sul sostegno alle imprese, sta
ora insistendo per estendere
anche alla città di Torino la
possibilità di interventi Cee
per le aree soggette a declino
industriale.
Consiglio comunale a Luserna S. Giovanni
Diritto alla scuola
e piano regolatore
MARCO ROSTAN
Prevalentemente di carattere tecnico le delibere
assunte, in genere alTunanimità, durante il Consiglio
comunale di Luserna di lunedì 20 dicembre. La partecipazione dei consiglieri è stata piuttosto scarsa (solo 12 su
20), tanto da far chiedere al
consigliere Verde Gardiol se
non sia il caso di tornare agli
orari più tradizionali del dopo cena invece di quello delle ultime sedute, nel tardo
pomeriggio.
Fra le decisioni programmatiche più interessanti quella di cercare un rilancio
dell’asilo nido, ma a partire
dal prossimo anno. Com’è
noto, dopo la chiusura avvenuta anni fa del nido di Lusema, i bambini del maggiore Comune della valle fanno
riferimento alla struttura di
Torre Pellice gestita in convenzione, ma con liste di attesa. Inoltre anche da famiglie residenti in altri Comuni
della valle sono state avanzate richieste di iscrizione che
non hanno potuto essere accolte. Se venisse dimostrato
un reale interesse di cittadini
e amministratori si potrebbe
andare in futuro verso due
nidi, uno per i cittadini dell’alta valle e l’altro per la
bassa, fermo restando una
verifica dei costi.
Sempre in tema di scuole
sono stati riconfermati i criteri per il trasporto degli
alunni con una gestione diretta del servizio che interessa una trentina di alunni delle
elementari e delle medie.
Poiché la scuola è un diritto.
ma non lo è il trasporto per
chi vuole frequentare una
scuola più lontana di quella
che potrebbe, dal ’94-95 il
trasporto sarà offerto solo a
chi dista più di un chilometro
dalla scuola.
Il Consiglio ha poi approvato una variante al piano regolatore che consentirà l’ampliamento necessario del cimitero e ha destinato 175 milioni alle strade, specie quelle collinari, utilizzando un
mutuo in un primo tempo destinato ad altre iniziative poi
non realizzate (ma Gardiol
ha reso attento il sindaco su
questo uso un po’ troppo disinvolto di mutui vaganti).
Doveva essere discusso il
nuovo orario di apertura dei
negozi (Luserna ha un giorno
di chiusura diverso dagli altri
Comuni) ma è stato rinviato
l’argomento per sentire il parere dei commercianti. E stato invece deciso di chiedere
alla Regione l’istituzione del
divieto di caccia nella zona
interessata dal sentiero naturalistico «La ghiandaia». Il
Consiglio ha infine eletto
quale rappresentante comunale nel comitato tecnico del
comparto alpino n. 1 il cacciatore Tullio Davicino e deciso di aderire, con la spesa
di un milione, al sistema bibliotecario pinerolese che
comprende 54 Comuni.
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15 -10125 Torino
Tei. 011/655278
Reg. Tribunale di Pinerolo n. 175/60
Resp. Franco Giampiccoll
Stampa: La Ghislerlana Mondovi
Spedizione in abb. post.; Gr2A/70
Solidarietà della vai Pellice con la Bosnia
Gli aiuti ai profughi
Ancora una volta il volontariato si muove su iniziative
umanitarie; è la volta dei profughi bosniaci ad essere al
centro dell’attenzione di una
proposta che parte da Torre
Pellice, e che vede coinvolte
l’associazione Pace, Radio
Beckwith, la Croce Rossa, le
chiese, il Comune e altre associazioni. Da circa un mese
si stanno definendo i dettagli
del progetto e sono stati avviati i contatti.
Sono previsti per il prossimo gennaio vari momenti di
sensibilizzazione ma, affinché non ci si limiti a semplici
prese di posizione, la proposta è quella di accogliere in
valle almeno una famiglia di
profughi.
Fra le iniziative volte al reperimento di fondi a sostegno
del progetto e per far conoscere la reale situazione vissuta nell’ex Jugoslavia, sono in
fase di organizzazione una
fiaccolata con prolungamento
della serata al cinema Trento
con momenti musicali offerti
dal Coro alpino vai Pellice e
dal Coretto valdese di Torre
Pellice, testimonianze, l’allestimento di una mostra fotografica sul dramma jugoslavo,
altre serate musicali e film di
registi slavi.
Generalmente i profughi
sono donne (i mariti spesso
sono stati uccisi o sono coinvolti nei combattimenti) con
bambini provenienti da zona
attualmente ormai da setti
mane strette dalla neve e dal
gelo. Le pratiche burocratiche saranno seguite dal comitato di accoglienza che a Torino si impegna in questo settore da oltre un anno e che ha
fatto da supporto, ad esempio, all’accoglienza di una famiglia presso la Chiesa valdese di Pinerolo, che abbiamo presentato alcune settimane or sono.
Il comitato spontaneo sorto
in vai Pellice, che utilizza come telefono di riferimento
quello di Radio Beckwith
evangelica (0121-91507), si
propone ora di creare una rete
di solidarietà in grado di accompagnare la famiglia
nell’inserimento in zona e ma
anche di provvedere al suo
sostentamento economico raccogliendo impegni in denaro
per circa un milione al mese
per un anno. La ricerca di
fondi è finalizzata al mantenimento della famiglia soltanto
fino a quando non sarà trovata
un’attività lavorativa per la signora. Nel contempo è stata
avviata la ricerca di un alloggio, coinvolgendo le agenzie
immobiliari, anche in questo
caso almeno per un anno.
Alcune associazioni si sono
già impegnate direttamente
con somme in denaro, ad altre
è stato chiesto di riflettere in
questi giorni sul significato di
tale gesto nei confronti di persone contro le quali una delle
più assurde guerre della storia
si sta accanendo da anni.
La pace, l'ambiente e la cooperazione
Il voto dei deputati
LUCILLA BORGARELLO*
In occasione delle politiche
’92 diverse associazioni e
riviste di diverso orientamento
politico, culturale e religioso
(tra cui la Fcei, ndr) hanno rivolto un appello ai candidati
affinché sottoscrivessero un
patto a favore di pace, disarmo, cooperazione con il Sud
del mondo, ambiente. Scopo
della campagna «Democrazia
è partecipazione» era di rendere più trasparente e partecipata la vita politica del paese,
impegnando in concreto i candidati alle prossime elezioni a
svolgere un ruolo preciso sul
terreno delle riforme e dei
programmi.
Degli 892 candidati che
hanno risposto all’appello sono risultati eletti 83 deputati e
32 senatori, che si sono impegnati su tutti o parte dei 29
punti indicati dalla campagna.
Le associazioni hanno verificato l’impegno parlamentare
degli eletti, costituendo un apposito osservatorio nazionale
suirXI legislatura. È uscito in
queste settimane il rapporto
sul Bilancio e sulla Finanziaria ’93: il quadro che ne emerge è sconcertante, ma per la
prima volta risaltano le responsabilità individuali: parlamentari che non hanno mai
assistito a una seduta, altri che
sono assenti al momento del
voto, altri che si astengono
sempre, altri che votano contro gli emendamenti da loro
proposti. Emergono responsabilità personali e di partito, insensibilità, spesso trasversali
all’arco costituzionale, rispetto ai temi che vengono invece usati nei discorsi elettorali. Emerge anche l’assenza
di dialogo, di riconoscimento
della società civile, delle associazioni del volontariato.
Si sono presi in esame alcuni provvedimenti di natura diversa e emanati in tempi successivi: il bilancio dello stato,
la legge finanziaria, il disegno
di legge a essa collegato «Interventi urgenti in materia di
finanza pubblica», il decreto
legge 384 («Misure urgenti in
materia di previdenza, sanità e
di pubblico impiego, nonché
disposizioni fiscali»).
Meno soldi alle armi, più
agli enti locali e allo sviluppo:
un obiettivo semplice, che
avrebbe potuto cominciare a
diventare realtà se deputati e
senatori avessero approvato
almeno uno degli innumerevoli emendamenti presentati
alla finanziaria ’93. Sui temi
della pace, della solidarietà e
dell’ambiente si sentono spesso fare promesse elettorali poi
sistematicamente disattese.
Perciò questo rapporto costituisce uno strumento a disposizione degli elettori che così
potranno verificare direttamente il comportamento dei
propri eletti.
* Associazione per la pace
Valpellice I
DEPUmO e PARTITO Fav. Goirtf. Asl. non Vota in miss. Ass.
AIMONE Prina Stefano (Lega) 7 5 1
ASTURI Gianfranco (De) 1 12
‘AZZOLINA Angelo (Re) 7 1 5
BODRATO Guido (De) 2 7 2
BONSIGNOREyito(Dc) 2 5 4 2
BORGHEZIO Mario (Lega) 2 2 8 1
BORSANO G. Mauro (Psi) 2 5 1
BOTTA Giuseppe (De) 2 7 3 1
CERUTTt Giuseppe (Psi) 1 11 1
CORRENTI Giovanni (Pds) 4 1 8
DOLINO Giovanni (Re) 6 1 6
FARASSINO Gipo (Lega) 3 5 4 1
GARESIO Giuseppe (Psi) 2 8 3
LA GANGA Giuseppe (Psi) 1 2 9 1
LARIZZA Rocco (Re) 10 1 1 1
LEGA Silvio (De) 1 1 11
MARTINAT Ugo (Msi-Dn) 1 5 2 1 1
MASSANO Massimo (Msi-Dn) 1 4 8
MATTEJA Bruno (Lega) 6 5 .2
•MORGANDO Gian Franco (De) 8 1 2-
•NOVELLI Diego (Rete) 1 2 10
PAGANI Maurizio (Psdi) 2 11
PANNELLA Marco (Federalista) 2 3 8
PIOLI Claudio (Lega) 5 5 3
POGGIOLINI Danilo (Pri) 2 9 2
POLLI Mauro (Lega) 8 3 2
PRATESI Fulco (Verdi) 7 1 5
RATTO Remo (Pri) 1 6 4 2
RENZANI Wilmer (Pds) 8 1 4
SALERNO Gabriele (Psi) 2 10 1
SARTORIS Riccardo (De) 4 9
SESTERO M. Grazia (Re) 10 1 2
TURCO Livia (Pds) 4 1 7 1
VIOUNTE Luciano (Pds) 9 1 3
ZANONE Valerio (PB) 13
' Avevano sottoscritto «Democrazia è partecipazione
10
PAG. IV
E Eco Delle %lli Aàldes
venerdì 31 DICEMBRE 1993
Dal 27 dicembre — È in
distribuzione, presso numerosi locali pubblici della vai
Penice, il bollettino degli
Amici del Collegio valdese di
Torre Pellice.
Fino all’8 gennaio —
TORRE PELLICE; prosegue la mostra di sculture in
legno di Albino Pons presso
la sede della Pro Loco in via
Repubblica 3; la mostra è
aperta al pubblico da martedì
a sabato dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 18,30, chiusa lunedì
e festivi.
Fino airil gennaio —
TORRE PELLICE: presso
l’Hôtel Centro, in via Caduti
per la Libertà, è esposta una
scelta di acquerelli di Wilma Roberto Dalla Pria.
Orario: tutti i giorni dalle 9
alle 22, chiuso il lunedì.
Giovedì 30 dicembre —
TORRE PELLICE: presso
il circolo culturale Nautilus
in piazza San Martino 6, alle
21,30 Slep and thè red house, spettacolo con Beppe Cañavero alla batteria, Alberto
Marsico al basso. Sai Bonassoro alTarmonica e Slep alla
chitarra.
Fino al 31 dicembre —
LUSERNA SAN GIOVANNI: presso la sala mostre del palazzo comunale in
via Ex Deportati e Internati
20 è allestita la mostra di Nino Parola «Iperrealista»; la
mostra è aperta nei giorni feriali dalle 16 alle 18,30 e nei
festivi dalle 10 alle 12 e dalle
15 alle 18,30; resterà chiusa
il 25 e il 26 dicembre.
Domenica 2 gennaio —
TORRE PELLICE: alle
20,45, presso il tempio valdese, concerto della Fisorchestra del chierese, numeroso grappo musicale di adolescenti che suonano soltanto
fisarmoniche.
Mercoledì 5 gennaio —
TORRE PELLICE: Alle
20,30, presso il Centro d’incontro in via Repubblica 3,
ha luogo la riunione mensile
del gruppo Diapsigra sul
disagio psichico.
Fino al 6 gennaio —
RORA: in occasione delle
iniziative proposte per Rorà
in festa, martedì 28 dicembre
alle 21, serata di diapositive
sugli Usa nella sala comunitaria; giovedì 30 dicembre alle 21 fiaccolata dal Bric, neve
permettendo, con il vin brulé
offerto dagli Alpini. Domenica 2 gennaio alle 15, presso il
Koliba al Bric, premiazione
degli alunni della scuola elementare per il «concorso disegni». Mercoledì 5 gennaio,
presso il Koliba si terrà una
«Veglia verde», con canti alpini e vino.
Sabato 8 gennaio — VILLAR PEROSA: alle 21,
presso il tempio valdese, concerto del gruppo da Camera
dell’Orchestra filarmonica di
Torino, che eseguirà brani di
Vivaldi, Corelli, Mozart.
Domenica 9 gennaio —
MANIGLIA: Alle ore 15,
nel tempio valdese, si svolgerà un concerto della banda
musicale di Pomaretto.
Domenica 9 gennaio —
TORRE PELLICE: Alle
ore 21, presso il salone Opera
gioventù, il Gruppo della
Rocca propone la pièce Spettacolo di Natale.
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Telefonare 0121-40181 dopo
le ore 18.
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vende. Tel. 0121-55257.
Dal Coro Valpellice, che ha 35 anni, al giovane Eiminal: il valore di una ricerca musicale
Il canto fa rivivere le tradizioni valligiano
CARMELIWA MAURIZIO
Musica e tradizione si
fondono con successo
nella formula antica e di volta
in volta rinnovata dei cori alpini. Fra quelli presenti nelle
nostre vallate sono da ricordare quelli che coprono un’area
territoriale che va da Pinerolo
alle nostre valli; si tratta di
formazioni piuttosto giovani
sia per quanto riguarda la loro
data di nascita e sia per la presenza molto significativa di
giovani coristi; i gruppi presi
in esame sono nati tutti come
espressione e volontà di mantenere e tramandare le tradizioni musicali locali. Vediamoli allora più da vicino.
Il più vecchio dei cori di cui
ci occuperemo è il Coro alpino vai Pellice, nato nel 1958,
attualmente diretto dal maestro Ugo Cismondi, composto
da circa quaranta elementi
maschili di età media piuttosto giovane (intorno ai 35-40
anni). Al suo attivo il Coro alpino Val Pellice ha delle incisioni, numerosissime partecipazioni a manifestazioni pubbliche e diverse tournée all’estero. In particolare il grappo, che come le altre formazioni si autofinanzia per le
proprie attività, ha da qualche
tempo avviato un programma
di scambi con altri grappi musicali esteri e di recente il Coro si è recato a cantare in Argentina, dopo aver visitato negli scorsi anni quasi tutti i
paesi europei. Il Coro alpino
Valpellice, che sembra godere
di ottima salute soprattutto
grazie al recente apporto di
linfe nuove con l’ingresso di
diverse voci giovani, ha avuto
sino ad oggi anche la possibilità di avere dei piccoli contributi dalla Provincia.
In vai d’Angrogna, troviamo un altro coro alpino. La
Il Coro alpino Valpellice ha festeggiato recentemente i’anniversario di una iunga attività
draia, nato solo cinque anni
fa, attualmente diretto dal
maestro Silvio Avondetto,
composto da una trentina di
voci con un repertorio tradizionale che vuole però esplorare le tradizioni meno note. Il
gruppo partecipa spesso a incontri, feste locali e soprattutto è l’ospite fisso delle manifestazioni dell’Autunno in
vai d’Angrogna, che proprio
quasi cinque anni lo aveva visto esibirsi in pubblico per la
prima volta; in quell’occasione tra l’altro i presenti al concertoscelsero fra i nomi possibili La draia, ovvero «la traccia», proprio come un invito a
seguire le orme, le tracce, che
questo coro vuole lasciare.
Ci spostiamo a Pinerolo per
conoscere più da vicino il
Bric Bude, un coro alpino nato nel 1967, formato da una
trentina di elementi fra i 15 e i
70 anni. Il Bric Bucie esegue
di solito canti tradizionali della montagna e nelle occasioni
significative rappresenta
ovunque la città di Pinerolo,
inoltre è presente in varie ma
nifestazioni di beneficenza.
Come gli altri cori, per poter
continuare la propria attività, i
coristi si autofinanziano.
È nato a Pinerolo anche un
altro coro che, pur essendo
stato costituito più di trent’anni fa, ha assunto dal 1967 la
veste attuale con il nome di
Badia corale Val Chisone.
Questo gruppo, che è composto da voci maschili e femminili, è l’espressione del
canto di montagna del Pinerolese e delle sue vallate e ha al
suo attivo diverse pubblicazioni che illustrano le ricerche sin qui svolte sugli antichi
canti di montagna. La Badia
corale vai Chisone, proprio
perché vuol essere un coro
che rivaluta e tramanda le antiche tradizioni del popolo
montanaro, ha voluto essere
testimone di questa linea anche nei costumi che i componenti del gruppo indossano
durante i concerti: in particolare le donne hanno un costume che ha per modello quello
delle donne delle valli valdesi, mentre gli uomini si rifan
no ad una divisa militare del
settecento. Anche questo coro
è piuttosto giovane.
A sua volta molto giovane
è il coro Eiminal, delle valli
Chisone e Germanasca, sorto
da un paio di anni e che prende il nome dalla montagna di
Massello che ricorda nella
forma una «cimino», recipiente per raccogliere le granaglie. Dopo i primi inizi abbastanza in sordina i giovani,
diretti da Pierpaolo Massel, si
sono già fatti apprezzare in
più di un’occasione. Anche in
questo caso il coro, di voci
miste, intende dedicare spazio e tempo alla ricerca delle
canzoni della nostra terra,
quelle cantate all’osteria come quelle che scandivano i
vari momenti della vita sociale o le stagioni.
Recentemente il coro Eiminal si è più di una volta esibito insieme al coro La draia
e così sarà anche sabato 22
gennaio, al tempio valdese
di Torre Pellice, in una serata
organizzata da Radio
Beckwith.
ì:
Alimentazione, nutrizione e mangiare sano
La ciotola d^argilla
VALERIA FUSETTI
I cereali possono essere considerati
come la categoria base di un’alimentazione sana, leggera ed equilibrata
tanto che l’umanità da almeno 10.000
anni (a tanto data la cosiddetta «rivoluzione agricola») li ha privilegiati come
elemento fondamentale della nutrizione. Solo dopo la seconda guerra mondiale una dietologia affrettata li ha
messi sotto accusa come causa
dell’obesità e di altre malattie sociali.
In realtà la causa vera è da ricercarsi in
una «quantità» sbagliata, non più rispondente allo stile di vita sedentario
ormai diffuso in tutto il mondo occidentale.
I cereali sono costituiti soprattutto da
carboidrati complessi utilizzati dal nostro organismo come componente energetica fondamentale. Gli studi del nutrizionista Ancel Keys sulla «dieta mediterranea» hanno messo in luce che
sostituendo i cereali in misura crescente con le carni non si faceva altro che
aumentare il tasso di colesterolo, senza
risolvere i problemi di «linea» e creandoci, invece, gravi problemi di salute
(malattie della circolazione, cardiovascolari, ecc.).
I cereali però mancano di un paio di
aminoacidi essenziali (gli «aminoacidi
essenziali» sono quelli che il nostro organismo non è in grado di fabbricarsi
da solo e che devono essere presenti
nell’alimentazione quotidiana). Si può
agevolmente porre rimedio a questa
mancanza combinando i cereali con i
legumi o con modeste quantità di forrnaggio. Per il resto si può dire che tutti i componenti di una nutrizione equilibrata sono presenti nella giusta proporzione: dalle vitamine (con la sola
mancanza della vitamina C) ai sali minerali, alle proteine (11-12%) ai lipidi
ricchi di preziosi grassi poiinsaturi.
Occorre tenere presente però che per
avere il massimo della resa occorre
usare cereali non raffinati, cioè integrali 0 semintegrali, dato che proprio
le parti eliminate dalla raffinazione
contengono alcune vitamine del grappo B e alcuni minerali che servono a
digerire gli amidi. Un cereale particolarmente consigliato durante l’inverno
è l’avena. Tipico dei paesi del Nord è
un alimento con un buon contenuto di
proteine, un discreto quantitativo di lipidi, calcio, fosforo, magnesio e vitamine del grappo B. Non è indicata a
persone che soffrono di ipertiroidismo, è indicata nella crescita; per gli
sportivi, e per chi deve abbassare il
tasso di glicemia, è diuretica e leggermente lassativa.
Zuppa di fiocchi d'avena
Con il brodo vegetale potrete fare
un’ottima zuppa di fiocchi d’avena. Ingredienti per 4 persone: 1 tazza (da tè)
di fiocchi d’avena, 3-4 tazze di brodo
vegetale bollente, olio d’oliva, salsa di
soia e prezzemolo (facoltativi), sale.
grana. Procedimento: Mettete due cucchiaiate d’olio in un tegame, aggiungete i fiocchi d’avena e fate scaldare a
fuoco basso mescolandoli con un cucchiaio di legno.
Fate rosolare leggermente e aggiungete, un po’ alla volta, il brodo; fate
cuocere per 15-20 minuti da quando alza il bollore, se necessario aggiungete
un po’ d’acqua bollente. Salate e se di
vostro gusto condite con salsa di soia e
prezzemolo o spolverizzate leggermente di grana.
Sformato di carote
e avena
Con i fiocchi d’avena, oltre a sostanziose zuppe, si può fare uno sformato
di carote e avena. Ingredienti (per 4
persone): carote (gr. 300), fiocchi
d’avena (gr. 180), burro (gr. 100), farina (meglio integrale, gr. 100), 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva, 1
cucchiaio di maggiorana tritata, 2 cucchiai di lievito, 2 uova, 2 cucchiai di
latte, pepe e pimento macinati.
Procedimento; In una padella larga,
antiaderente, far rosolare le carote finemente grattugiate e i fiocchi d’avena
nel burro. Far raffreddare e aggiungere
la farina mista al lievito, il latte, il pepe, la maggiorana, il pimento e l’olio.
Mescolate bene e versate in una pirofila imburrata (o antiaderente), cospargete di fiocchi d’avena. Mettete la teglia in forno a 180°, già caldo, per
trenta minuti.
ANGROGNA — A partire dal prossimo mese di
gennaio il culto avrà inizio alle 10 e non più alle
10.30, per consentire a
quanti lo desiderino di ritrovarsi per un momento di
fraternità nella saletta del
Concistoro.
POMARETTO — Mercoledì 29 dicembre alle
20.30, nei locali del teatro
valdese, si terrà un incontro suli’ex Jugoslavia a
cui parteciperà il pastore
Lino Lubiana di Fiume.
• Il prossimo incontro di
preparazione teologica
per monitori avrà luogo venerdì 7 gennaio alle 20,30,
presso l’Eicolo grando.
PINEROLO — Sabato
8 gennaio alle 17, nei locali
della chiesa valdese, proseguono gli incontri teologici G. Miegge. Il tema
dell’incontro verterà sul capitolo IX del terzo libro
dell’«Istituzione cristiana»
di Giovanni Calvino.
USSL 42
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale valdese, Pomaretto,
tei. 81154.
DOMENiCA 2 GENNAiO
Rinasca: Farmacia Bertorello - via Nazionale, 22 - tei.
800707
Ambulanze:
Croce verde, Perosa: tei. 81000
Croce verde, Porte : tei. 201454
USSL 43-VALPELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 2 GENNAIO
Torre Pellice: Farmacia internazionale - Via Arnaud 8, tei.
91374
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio, tei.
598790
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, Pinerolo, tei.
2331
Ambulanza:
Croce Verde, Pinerolo, tei.
22664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso i distretti.
MA
TORRE PELLICE: Il cinema Trento ha in programma per
giovedì 30 dicembre alle 20,30
Tom e Jerry, il film, venerdì 31
riposo; sabato 1” gennaio e domenica 2 alle 16 e alle 18 Tom e
Jerry, il film, alle 20 e 22,10 Sol
Levante; lunedì 3 gennaio, alle
21,15 Sol Levante, martedì 4
gennaio ancora da comunicare,
mercoledì 5 gennaio alle 21,15 e
giovedì 6 alle 16, 18, 20 e 22,10
L’uomo senza volto.
BARGE: Il cinema Comunale ha in programma per venerdì 31 dicembre e sabato 1°
gennaio alle 15, 17, 19 e 21 PiC"
colo grande amore; domenica 2
gennaio alle 15,30, 18,15 e alle
21 e lunedì 3 alle 21 II socio;
martedì 4 alle 19,30 e alle 21 Fuga a quattro zampe; mercoledì
5, giovedì 6 alle 21 Dennis la
minaccia.
11
VENERDÌ 31 DICEMBRE 1993
Attualità
PAG. 7 RIFORMA
La cattedrale di Bari dedicata a San Nicola
Bari: intervista alTon. Nicola Colaianni, deputato del Pds
Quando la giustizia è indagata
_______NICOLA PANTALEO_______
T T ccidete o screditate
U quel giudice!» È l’ordine impartito dagli uomini
della Sacra corona unita, la
mafia di Puglia. Così, a due
anni dall’incendio del teatro
Petruzzelli, il «caso Bari» è
tornato rumorosamente alla
ribalta della stampa nazionale. Non si tratta soltanto del
giudice Nicola Magrone, da
tempo nel mirino della criminalità organizzata dopo il
maxiprocesso conclusosi con
numerose e severe condanne,
come richiesto dall’implacabile pubblico ministero, ma
dei vertici stessi della Procura
barese (il capo dell’ufficio.
De Marinis, e due sostituti)
messi tutti sotto inchiesta dal
Consiglio superiore della magistratura dopo la denuncia di
un pentito eccellente; con una
differenza sostanziale però. A
Magrone, radicalsocialista e
«cane sciolto» del movimento
pacifista, impegnato nel sociale e nella cultura militante,
compagno di strada degli
evangelici pugliesi in varie
manifestazioni pubbliche, si
rimprovera tecnicamente un
errore di procedura nell’«affare Case di cura», un’azienda in odore di mafia dove lavora una sorella.
Per gli altri le accuse sono
molto più pesanti: «distrazioni», omissioni, insabbiamenti,
frettolose archiviazioni. Sullo
sfondo il degrado di una città
saccheggiata dal malgoverno
craxiano-democristiano (il Psi
ha il reeord di voti a Bari con
il 28%), all’ombra del potente
sottosegretario alla giustizia,
il de Bluetti; Magrone protesta per l’ingiusta omologazione e lancia da Milano roventi
accuse ai settori politicizzati
del Csm, profetizzando la
propria eliminazione fisica:
giudice screditato, giudice
ammazzato.
All'on. Nicola Colaianni,
giovane deputato indipendente del Pds e docente di diritto
ecclesiastico, chiediamo di fare il punto sulla questione:
come e perché è scoppiato il
«caso Bari»?
«La causa prossima è nella
accuse di Annacondia, un
grande pentito di mafia che
ha accusato alcuni magistrati, e in particolare il procuratore De Marinis, di connivenza o compiacenza con elementi malavitosi, intrecciati
con il mondo della politica e
degli affari. Ma la causa vera
è nella moderazione e nella
tiepidezza dell’azione penale,
che ha finora caratterizzato
gli uffici giudiziari».
- Si può parlare di «mani
pulite» pugliese?
«Appunto, non si può parlare di un’azione “mani pulite” sia pur lontanamente paragonabile a quella di altre
città. Eppure Tangentopoli
esiste da noi, se è vero che alcuni parlamentari democristiani, socialisti, socialdemocratici sono stati raggiunti da
avvisi di garanzia provenienti
da altre procure italiane; sarebbe strano che solo a Bari
non abbiano fatto nulla di sospetto».
- Che ruolo ha avuto il giudice Magrone con le sue accuse a tutto campo?
«Magrone appartiene al
gruppo di magistrati baresi
che hanno cercato di contrastare l’intreccio tra criminalità, affari e politica. Un
gruppo non numeroso; si può
ricordare il dott. Maritati,
che conduce l’inchiesta sulle
“Case di cura riunite” e che
dieci anni fa affrontò il problema dell’istruzione professionale e della Sacra corona
unita».
- Che fondamento ha l’attacco di Magrone ai componenti del Consiglio superiore
della magistratura?
«Se il riferimento è a Magistratura democratica e ai set
tori progressisti della magistratura italiana, nessuno.
Sotto questo profilo le accuse
del dott. Magrone hanno alimentato una campagna di destra, come quella del “Giornale” di Indro Montanelli,
contro le “toghe rosse”, cinghia di trasmissione dei partiti della sinistra».
- I pentiti che accusano i
vertici della Procura barese
sono attendibili?
«E un riscontro che va fatto
nelle aule giudiziarie. Posso
dire che finora le accuse di
Annacondia, che hanno consentito l’emissione di decine
di ordini di custodia cautelare, da Milano a Taranto, hanno retto al primo vaglio del
tribunale della libertà».
- Che cosa accadrà ora al
Palazzo di giustizia di Bari?
«C’è una questione morale
da affrontare anche nella giustizia italiana. Per Bari bisogna attendere serenamente la
decisione del Csm. Io spero
che ci si renda conto dell’incompatibilità di una situazione in cui i magistrati accusati
indagano, in altri processi,
sui loro stessi accusatori. Così la giustizia rischia di non
essere credibile».
I cristiani palestinesi di Betlemme raccontano la loro realtà
Vivere da minoranza assediata
La vigilia di Natale è per
Bischara Aun, cristiano di
Betlemme, il giorno più importante dell’anno. La sera
siede orgoglioso e felice nella
chiesa della Natività, con i
notabili della città e i diplomatici invitati per l’occasione. Ma il giorno dopo, quando la festa della pace della
notte santa è un ricordo, l’ingegnere elettronico Aun, 56
anni, toma alle gravi preoccupazioni per il futuro.
I palestinesi di Betlemme
sono divisi in due campi religiosi nemici: da una parte i
cristiani, dall’altra i musulmani. Nella vita di tutti i giorni non lo si nota: ragazzi che
portano una catenina al collo
con la croce passeggiano
tranquillamente con ragazze
con il viso coperto. Nei negozi per turisti si vendono piccoli presepi e modellini della
moschea di Omar, ma la coesistenza pacifica fra la grande
maggioranza musulmana e i
50.000 cristiani palestinesi è
ormai incrinata.
«Siamo oppressi due volte»
ci dice un giovane eristiano,
indicando la torre della stazione di polizia israeliana e il
minareto: «Gli israeliani ci
opprimono come arabi, i musulmani ci perseguitano come
cristiani».
L’esodo è già iniziato: 50
anni fa l’80% della popolazione di Betlemme era cristiana, ora è poco più di un
terzo. Emigrano in Sud America e negli Stati Uniti, in Europa e in Australia. «I cristiani di Betlemme - ci dice un
sacerdote cattolico - sono una
minoranza assediata».
I segni negativi si moltiplicano: alcuni cimiteri cristiani
sono stati profanati, un circolo cristiano è stato assalito da
persone mascherate che hanno demolito tutto l’arredamento. Ma non c’è solo il fanatismo politico. I familiari di
un commerciante cristiano
ucciso da rapinatori nel suo
appartamento non hanno denunciato Tassassimo. «Gli assassini erano musulmani. Se
avessimo chiamato la polizia
israeliana, saremmo stati bollati come collaborazionisti, e
La famiglia Aun davanti all’albero di Natale
avremmo firihato anche la
nostra condanna a morte».
Pubblicamente il sindaco
ortodosso di Betlemme, Elias
Feidsch, inneggia alla «vita
armoniosa e alla collaborazione con i fratelli islamici» e
Arafat (la cui moglie è cristiana) invita i cristiani emigrati a ritornare in patria per
non appannare l’immagine
dell’unità dei palestinesi, ma
nella realtà il fossato fra le
due componenti si sta allargando. Anche sotto il profilo
politico le distinzioni sono
nette. Mentre i musulmani
militano generalmente in AlFatah e nel Movimento di liberazione islamico Hamas
(«zelo»), i cristiani sostengono il Fronte popolare per la
liberazione della Palestina, il
Fronte democratico o il Partito comunista.
La polarizzazione è visibile
anche all’Università cattolica,
sostenuta dal Vaticano e finanziata con i soldi degli stati
arabi del Golfo. I 1.800 studenti, in maggioranza musul
mani, hanno sempre convissuto senza difficoltà. Ma da
quando è iniziata Tlntifada le
cose sono cambiate e la pressione dei fondamentalisti islamici è crescente. Le ragazze
che non portano il chador
vengono insultate e minacciate. «Le mie compagne di
scuola musulmane non ci accettano più - dice Raja, la figlia diciottenne delTing. Aun
- noi rispettiamo le loro feste,
ma loro disprezzano le nostre
e ci prendono in giro». Raja
vuole emigrare, non appena
ne avrà la possibilità, come
harmo fatto le due sorelle più
vecchie che vivono una in
Svezia, l’altra in Canada, o
come il fratello, che studia in
Grecia.
«I cristiani ormai non contano più niente» dice Aun
rassegnato, ma non vuole lasciare la sua terra. «Viviamo
qui da generazioni - incalza la
moglie - Betlemme è la città
della pace. Io ho fiducia in
Gesù e nei suoi miracoli».
(Da Spiegel )
Roma: la campagna italiana della «Federazione di donne per la pace nel mondo»
La signora Moon: profeta della «vera vita»?
MERCEDES CAMPENNI
La coppia Moon opera in
Italia e ha già un suo seguito. Fuorviata da un titolo
generico, molto propagandato, «Federazione di donne per
la pace nel mondo», e poco
informata fino al momento
dell’incontro dei protagonisti
della serata, insieme con la
presidente della Fdei, Maria
Chiarelli, in qualità di vicepresidente del Movimento
femminile battista italiano ho
creduto doveroso non mancare all’appuntamento. Il convegno si è tenuto venerdì sera
26 novembre in quella cornice opulenta e confortevole
che THilton, a Roma, può offrire. E il tema della conferenza che la signora Moon di
lì a poco avrebbe tenuto veniva annunciato a grossi caratteri sul palco e suonava subito blasfemo: «I veri genitori
e l’era del Completo Testamento».
Tutto denunciava prosopopea e magnificenza: i signori
Moon mirano alto. Veniva
letto un telegramma di scuse
del Capo dello stato che con
molto garbo declinava l’invito, insieme con altri telegrammi di altre note personalità, e
veniva comunicata la presenza del ministro della Sanità,
on. Maria Pia Garavaglia. In
qualità di ospite d’onore, nel
suo discorso di circostanza, si
è espressa con parole elogiative e ammirate per la signora
che di lì a poco ci avrebbe
parlato, donna capace, secondo il ministro, di intessere nel
mondo intero rapporti di intesa e di fratellanza in un movimento di pace.
Ma la signora Moon, nella
sua conferenza, non ha espresso nessun argomento
nuovo, né apprezzabile, né di
elevato sentire; è sconfinata
in una presuntuosa ed eretica
affermazione della personalità propria e soprattutto di
quella del marito, presentato
come nuovo redentore a cui
sarebbe stata affidata una
nuova rivelazione: la famiglia, come essenziale nucleo
di soluzione nella lotta fra il
bene e il male.
La conferenziera, partendo
da un’affermazione di sapore
manicheo della contesa fra il
bene e il male, sin da Caino e
Abele e via via attraverso varie esemplificazioni attinte
all’Antico Testamento, ha inteso dimostrare che dai tempi
dell’Eden quella famiglia,
che Dio pure avrebbe voluto
da Adamo ed Èva, si era dissoluta nella disobbedienza di
Èva e nel fratricidio di Caino,
e avrebbe avuto alti e bassi in
tutta la storia della Bibbia.
Richiamandosi ai ben noti
principi della castità e della
fedeltà, giungeva a stabilire
la santità della famiglia dei
«veri genitori» e anche l’origine del «vero» amore, della
«vera» vita e anche della
«vera» linea di sangue, fondati su Dio. Proponeva quindi la propria famiglia come
modello assoluto, libera dalla
lotta manichea del bene e del
male, in armonia con la volontà di Dio e la definiva
«prima famiglia» del mondo,
a cui devono unirsi (e in questo consisterebbe l’alleanza
mondiale) tutte le altre vere
famiglie in cui i nonni e i ge
nitori coprirebbero il ruolo di
re e regine e i figli e nipoti
quelli di principi e principesse (testuale).
Questa, molto in breve, la
logica della conferenza,
ascoltata con vera devozione
(quanti giovani intervenuti da
tutta l’Italia, quante coppie
con bambini, anche scolaresche presenti) e applausi a
scrosci in molti passaggi. Applausi e devozione assolutamente sproporzionati alla banalità degli argomenti addotti
che nella stessa eretica consistenza non hanno mai toccato
nessuna punta di interesse e
di spicco.
Povera Italia, che vanta orgogliosamente la grande teologia cattolica, sin dalla Patristica e dalla Scolastica, ma
così ignorante in fatto di religione da accontentarsi dell’
elogio della famiglia; ma non
della nostra famiglia, allegra
e calda di comprensione, ma
della famiglia piena di sussiego e di autorità dei Moon, che
sono Genitori con la lettera
maiuscola, despoti re e furbesche regine.
Bari: un ricordo
Don
Tonino Bello
«Don Tonino Bello, il vescovo e il politico»: neU’ambito della rassegna culturale
«Incontri», si è svolto il 14
ottobre, un pubblico incontro
per ricordare il vescovo di
Molletta (Ba) e presidente di
Pax Christi, recentemente
scomparso. Hanno preso parte all’iniziativa Salvatore Lepizzi, del movimento cattolico internazionale per la pace
«Pax Christi» e il deputato
Nichi Vendola; ha coordinato
il giornalista di «Quotidiano»
Fernando D’Aprile.
«Incontri» proseguirà la sua
attività con ulteriori manifestazioni alle quali prenderanno parte magistrati antimafia,
giornalisti ed esponenti del
mondo dell’informazione.
Per la pubblicità su
RIFORMA
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fax 02/316374
12
PAG. 8 RIFORMA
Cultura
VENERDÌ 31 DICEMBRE 1993
Una rappresentazione de «L’incoronazione di Poppea»
Una serie di studi sulla cristologia
La figura di Gesù
in «quadricromia»
FRANCO OIANPICCOLI
Come in una quadricromia
non è possibile distinguere i diversi colori e tratti
che compongono l’immagine,
così l’immagine di Gesù che
ricaviamo dalla lettura del
Nuovo Testamento è un insieme in cui difficilmente sono distinguibili a prima vista
i diversi strati che la compongono. Ma come una quadricromia può essere scomposta
nei diversi colori che, sovrapposti, formano poi Timmagine, così è possibile distinguere le diverse fonti neotestamentarie e ad ognuna chiedere quale fisionomia particolare essa presenta di Gesù. È
quanto fa in modo accurato e
penetrante Howard Clark
Kee, professore emerito dell’Università di Boston e uno
dei maggiori specialisti di
Nuovo Testamento, in un volumetto che apre una collana
di divulgazione scientifica intitolata Capire Gesù oggi di
cui la Claudiana ha tradotto
opportunamente il primo prodotto*. L’analisi delinea così
le particolarità della fonte più
antica, l’epistolario paolinico,
della raccolta di detti di Gesù
(fonte Q) presente in Luca e
Matteo, di Marco, degli altri
Vangeli, degli altri scritti del
Nuovo Testamento, dando
conto anche delle fonti extrabibliche che parlano di Gesù.
A che serva questa scomposizione appare chiaro dai
risultati della ricerca che potremmo riassumere in tre
conclusioni. In primo luogo
dalla particolarità di ogni fonte emerge qualcosa delle
preoccupazioni nel cui contesto sono state ripensate e trasmesse determinate tradizioni, parole e fatti, di e su Gesù
che a quelle preoccupazioni
parlavano in modo preminente. La narrazione di Marco «è
stata scritta a partire dalla
prospettiva di un gruppo di
coloro che credono che Gesù
è realmente rinviato di Dio
per istituire il suo popolo del
nuovo patto e per il rinnovamento dell’intero creato»
(114); Luca sottolinea la particolare attenzione di Gesù
«rivolta verso coloro che gli
ebrei consideravano esclusi
dalla piena partecipazione al
popolo di Dio» (120); Matteo
riflette una situazione in cui
emerge il carattere articolato
dell’organizzazione ecclesiastica e in cui «occorreva fissare le linee guida fondamentali deir ordinamento interno
e delle relazioni esterne»
(134), ecc.
In secondo luogo appare
evidente il fatto che questi lineamenti particolari non delincano contrasti e contraddizioni ma piuttosto aspetti
complementari di un’unica fi
gura: Luca, Matteo e Giovanni «confermano lo schema
fondamentale che abbiamo
rintracciato nelle più antiche
tradizioni su Gesù e negli altri scritti del Nuovo Testamento» (141).
In terzo luogo gli argomenti centrali della narrazione di
Marco sono esattamente gli
stessi che appaiono negli
scritti esterni al Nuovo Testamento del periodo romano in
cui si parla di Gesù: «1) la
sua morte per crocifissione in
base all’ordine di Ponzio Pilato; 2) la dichiarazione che
egli ha compiuto opere
straordinarie e che le ha fatte
senza l’approvazione delle
autorità costituite; 3) le sue
origini oscure in una piccola
cittadina di provincia; 4) il
movimento a cui ha dato inizio è sopravvissuto alla sua
morte» (113). D’altra parte
non forniscono attendibili
informazioni supplementari
su Gesù gli scritti extrabiblici
posteriori ai Vangeli canonici, che danno informazioni
contraddittorie, non compatibili «con il ritratto che ne
tracciano i Vangeli canonici,
né con le fonti storiche non
cristiane su di lui» (52).
Nel ricomporre l’insieme
delle fonti, alla fine della lettura, ci accorgiamo che l’immagine che abbiamo di Gesù
risulta arricchita dalla maggiore vividezza dei contesti
Howard Clark Kee
Che cosa
possiamo sapere
di Gesù?
Si chiude l'anno del 350- anniversario della morte del celebre compositore
Monteverdi^ grande innovatore della musica
FERRUCCIO CORSANI
Il 1993 ha visto tutta una
fioritura nei più vari campi
(teatro, concerti, dischi, studi)
di interesse per Claudio Monteverdi, il grande musicista
morto 350 anni fa: una di
quelle figure chiave che da un
lato con le intuizioni concesse
dalla loro genialità, dall’altro
grazie allo studio di tutti gli
aspetti culturali del loro tempo, e con un’inesausta sete di
nuove sperimentazioni, hanno
saputo chiudere una tradizione ormai esaurita e indicare,
anzi aprire la via a un ciclo
nuovo, attuale.
Monteverdi nacque in una
famiglia di musicisti cremonesi, nel 1567, visse e si affermò come grande talento alla corte dei Gonzaga di Mantova, ove fu compositore di
corte, cioè autore di musiche
d’occasione per lo più nel
campo profano: madrigali,
balletti, opere. Più tardi fu direttore della Cappella di S.
Marco a Venezia: qui visse e
operò felice, libero da impacci, servilismi e umiliazioni,
anche economiche, tipici guai
del musicista di corte. E qui,
ovviamente, il suo interesse si
incentrò particolarmente sulla
musica sacra.
Bisogna dire che sinora fu
rivolta particolare attenzione
alle sue opere profane: un er
rore di prospettiva, perché
crea un distacco fra il musicista sacro e quello profano, distacco in realtà inesistente: i
nuovi intenti stilistici e compositivi che appaiono nelle
sue opere si rivelano infatti
sia nell’uno che nell’altro
campo.
Quali sono dunque le caratteristiche della sua musica
che rendono per noi così importanti tanto i madrigali (6
libri più i Madrigali guerrieri
e amorosi), i balletti (come II
ballo delle ingrate. Tirsi e
Glori, La vittoria di Amore),
le opere (come Y Orfeo, Il ritorno di Ulisse in patria.
L’incoronazione di Poppea)
quanto le musiche sacre (messe; madrigali spirituali, il notissimo Vespro della Beata
Vergine, la Selva morale e
spirituale e tante altre)?
Anzitutto notiamo che
Monte verdi vive nell’epoca in
cui si passava dal sistema modale (basato sulle scale medievali) a quello tonale (basato su scale moderne), che sarà
più tardi quello della grande
musica classica: transizione
graduale e lenta, nella quale si
trova coinvolta anche la musicaj)rotestante (per esempio
quella dei Salmi ginevrini).
Nello stesso tempo assistiamo
a un secondo mutamento: dalla musica corale «a cappella»,
cioè non accompagnata da
strumenti, si passa alla musica vocale solistica e per piccoli gruppi vocali, con largo e
coloristico uso di strumenti
accompagnatori e anche solistici: è l’inizio della musica
«concertata», che si rivela
straordinariamente vitale ed
espressiva sia nel campo sacro che in quello profano.
In tale contesto si manifesta
il genio assimilatore di Monteverdi che senza rinnegare
del tutto il gusto e lo stile del
passato accentua le spinte
verso armonie nuove, anche
dissonanti, coloriture espressive e soprattutto la tendenza
a far sì che la musica, con ritmi, motivi ben caratterizzati e
colori strumentali, renda efficacemente tutta la gamma
delle emozioni umane: anziché parlare per simboli o allegorie, come avveniva nel passato, Monteverdi accetta il
messaggio del Rinascimento
che mette l’uomo in primo
piano; e ciò non stona affatto
con la fede, che non ripudia
r«umano», anzi...
Ciò è una riprova del fatto
che Monteverdi non fu solo
un intuitivo, ma fu acuto osservatore di idee, gusti, tradizioni diversissimi e di campi
differenti: in musica il gregoriano, il recitativo dei musici
fiorentini, le geometrie del
contrappunto fiammingo (da
lui studiate in Olanda), le
grandiose polifonie di Palestrina; nel campo delle idee lo
studio delle emozioni e della
psicologia, a partire da Platone; il bisogno, in larga misura
da lui stesso soddisfatto, di
creare musiche in cui il messaggio del testo fosse ben intelligibile, e lo stato d’animo
del personaggio fosse ben
evidenziato.
Il ritratto di Monteverdi è in
sostanza quello di uno spirito
grande e nuovo nella sua
creatività generosa, sostanziata di pensiero, pronto ad accogliere tutte le nuove istanze
tecniche ed espressive che il
suo tempo suggeriva o faceva
prorompere; egli seppe additare e aprire una via: per quella via, ricca, fervida di idee,
di proposte e di soluzioni sino
allora inimmaginabili, si
giunse alla grande musica barocca.
Bergamo: un incontro-dibattito che ha visto confrontarsi posizioni diversificate
Molti dubbi e poche certezze sull'eutanasia
diversi che hanno accolto una
grande varietà di tradizioni su
di lui e dalla complementarità
del loro confluire nella raccolta degli scritti canonici.
Nell’anno in cui il Sinodo ha
raccomandato alle chiese lo
studio della cristologia abbiamo dunque un prezioso strumento di lavoro che ci permette, prima di affrontare i
vari disegni architettonici delle costruzioni in cui è stata
inquadrata la figura del Cristo, di riscontrare come siano
affidabili, solidi e utilizzabili
i «materiali edilizi» che in esse sono stati impiegati.
(*) Howard Clark Kee: Che
cosa possiamo sapere di Gesù?
Torino, Claudiana, 1993, pp 155,
£ 17.000.
___________RITA GAY___________
Un incontro pubblico a
più voci sul tema dell’
eutanasia in una città come
Bergamo deve considerarsi
veramente una pietra miliare:
un avvenimento che solo pochi anni fa non sarebbe stato
concepibile, soprattutto se si
pensa che questa «riflessione
a più voci a partire dall’esperienza olandese» è stata organizzata da un medico cattolico, di grande apertura,
che ha ottenuto la partecipazione di associazioni e di
esperti di diverse provenienze. Un incontro pluralistico,
che è stato proposto come
inizio di un percorso tutto da
costruire.
Appunto il dottor Fascendini, presidente del Centro di
formazione professionale degli ospedali riuniti di Bergamo, ha presentato l’iniziativa
come finalizzata non già a
offrire sicurezze, ma anzi a
suscitare «dubbi di alto profilo» e a rimuovere le piccole e
dogmatiche certezze, la cui
ricerca è tipica di una cultura
piatta, tendenzialmente intollerante, quale sembra profilarsi oggi. L’incontro, tenutosi il 4 dicembre presso il
Centro congressi Giovanni
XXIII, era organizzato con la
cooperazione di quattro organismi, due cattolici (il Centro
culturale «Rezzara» e l’Osservatorio di bioetica) e due
«laici» (la Consulta di bioetica e il Centro «Petazzi»).
Ben modulata la sequenza
degli interventi, dei quali ricorderò solo i più significativi: dopo un magistrale inquadramento del problema dovuto al prof. Defanti (Gruppo di
studio di bioetica della Società italiana di Neurologia),
ammirevole anche per le sue
capacità divulgative, si poneva al centro della mattinata
l’intervento dell’ex ministro
olandese della Sanità, prof.
Stuyt. In un italiano molto
chiaro e efficace, il professore ha protestato (benché cattolico) contro le falsità che la
stampa italiana, e in particolare ¡’«Osservatore romano»,
hanno diffuso con toni di
condanna morale, facendo
credere che in Olanda sia stata introdotta una legge che
depenalizza e addirittura liberalizza l’eutanasia.
In realtà l’eutanasia in
Olanda era ed è rimasta punibile penalmente, essendo
considerata omicidio. Invece
è stato approvato (ed entrerà
in vigore dal 1° gennaio ’94)
un emendamento alla legge
sulla dichiarazione di morte
«innaturale», che rende l’eutanasia molto più difficilmente praticabile. Essa richiede infatti tutta una serie
di dati e di nominativi riguardanti le circostanze di quella
morte, che devono essere sottoposti a un iter giuridico facente capo al ministero della
Giustizia.
Una conseguenza prevedibile è che molti medici non si
sentiranno più di rischiare
l’uso di quei mezzi «innaturali» che in passato si potevano far rientrare nel cosiddetto
intervento di «aiuto al morire». Si tratta dunque di un
emendamento che ha carattere restrittivo e preventivo.
Ciò che, secondo Stuyt, ha
spinto r «Osservatore romano» a dare giudizi drastici e
fuorviami, è stato il libero dibattito che ha coinvolto attivamente tutta l’Olanda, e nel
corso del quale si sono udite
voci diverse, tra cui quelle
dei movimenti di sinistra che
chiedevano la liberalizzazione totale. Ma in Olanda c’è
questo di positivo, che i problemi seri non vengono mantenuti segreti e che non c’è
una doppia moralità, pubblica e privata: tutto viene por
tato alla luce. Ha aggiunto
ancora che in Olanda i casi
di eutanasia sono così pochi
che non è possibile neppure
ricavarne uno studio significativo.
Segnalo ancora gli interventi del professor Neri, docente di Filosofia del diritto,
che di fronte alle grosse difficoltà di regolamentazione di
un problema così complesso e
sfaccettato, ha ribadito che
anche il diritto «deve accettare la sfida della complessità»,
e ha richiamato l’attenzione
dei presenti sull’importanza
del riconoscimento effettivo
del pluralismo etico, oggi evidente, e di don Lorenzetti (direttore della «Rivista di teologia morale») che ha opposto
all’oratore precedente, fautore
del principio dell’autodeterminazione, il principio della
sacralità della vita secondo la
morale cattolica.
Ci sono state altre voci minori ma importanti, tra cui ricordo quella del dottor Toscani, della Società italiana
cure palliative, per la passione con cui ha contrapposto ai
facili moralismi sulì’eutanasia l’immorale assenza di interesse per la condizione di
abbandono e sofferenza di
tutti i morenti, dei quali la
sua associazione deve occuparsi quasi esclusivamente su
basi di volontariato, «quasi di
nascosto».
Alcune linee di convergenza sono emerse: anzitutto la
comune condanna dell’accanimento terapeutico, visto dal
teologo cattolico come un
crimine equiparabile all’eutanasia attiva in quanto ugualmente oltraggioso nei riguardi della vita, della sua sacralità e dei suoi limiti; e visto
nell’ottica medica come un
intervento deleterio, che produce un’intollerabile scissione tra vita biologica e vita
mentale.
Un altro aspetto largamente, se non totalmente, condiviso è dato dalla distinzione,
sostanziale oltre che formale,
tra eutanasia e «aiuto al morire»: quest’ultimo inteso come sospensione di terapie e
somministrazione di analgesici nei casi in cui non vi sia
speranza di sopravvivenza;
nel caso contrario si cadrebbe
nell’accanimento terapeutico.
Infine, ovviamente, una larga
convergenza sulla necessità
di «de-medicalizzare» il più
possibile la morte e di «riumanizzarla», riconoscendo in essa qualcosa che «appartiene a ciascuno di noi e
alla comunità». Anche a questo proposito il prof. Stuyt ha
fatto notare che in Olanda la
morte avviene prevalentemente entro il contesto familiare e anche le ultime cure ai
malati terminali vengono date in casa.
Il dibattito è stato purtroppo quasi inesistente, dati i limiti di tempo e malgrado
l’enorme afflusso dei partecipanti. Forse non è un danno,
perché ha dato ai presenti e
agli organizzatori la voglia di
continuare, di progettare altre
occasioni di incontro, caratterizzate dalla stessa apertura,
dalla possibilità di ascoltare
voci diverse. Si è capito che
il problema dell’eutanasia
non è uno di quei problemi a
cui si possa rispondere semplicemente con un sì o con
un no. Esso implica risvolti
di tipo medico, giuridico, sociale, oltre che morale e religioso. Richiede conoscenza
che pochi di noi hanno, ni®
che gli stessi esperti possiedono solo per quel che riguarda la propria disciplina
Davvero sono stati suscitati
dubbi «di alto profilo» ®
scacciate piccole dogniaùcna
certezze; la riflessione indivi
duale potrà essere l’asse portante di un prossimo incontro-
13
VENERDÌ 31 DICEMBRE 1993
Cultura
PAG. 9 RIFORMA
Le ultime implicazioni culturali nel complesso rapporto tra fede e scienza
La coscienza del limite^ misura necessaria
per regolare i rapporti con la tecnologia
______OTTAVIO DI GRAZIA_____
Tutti riconosciamo che
rumanità sta vivendo
una svolta radicale. Questo
passaggio viene descritto ricorrendo a diversi modelli ermeneutici ed/epistemologici;
ma tutti convergono in un’
unica direzione. Qualche studioso parla di terza ondata,
riferendosi al passaggio dalla
pastorizia all’agricoltura, da
questa allo sviluppo meccanico-energetico industriale ed
infine airattuale ondata tecnotronica informatica (A.
Toffler, La terza ondata, Milano, 1987).
Altri preferiscono esaminare le modalità delle comunicazioni analizzando i successivi passaggi dalla comunicazione orale fino all’informatizzazione. In un orizzonte filosofico e sociologico la svolta attuale viene descritta come
il superamento della fase metafisica o come la fine della
modernità e si parla di un
mondo post-moderno. Tuttavia, oltre a questi modelli interpretativi, gli specialisti sono concordi nel ritenere che la
cultura attuale sia segnata dalla mentalità scientifica, al
punto che la nostra epoca può
essere caratterizzata come
un’epoca scientificizzata (W.
Schultz, Le nuove vie della filosofia contemporanea, casale
Monferrato, 1986). In particolare la fisica è diventata la
punta più avanzata di ricerca
e di sviluppo delle modalità di
conoscenza umana ed è diventata un riferimento obbligato della epistemologla di
tutte le scienze.
Quindi le forme operative e
le leggi strutturali che caratterizzano la scienza contemporanea, i procedimenti dell’agire scientifico, i linguaggi della scienza, le acquisizioni
gnoseologiche non possono
non interrogare le teologie e
le chiese. Ed è in questa prospettiva che si sono sviluppati
i lavori del campo teologico
dell’estate scorsa ad Agape.
Già le linee di fondo del tema del campo definivano 1’
ambito problematico, le coordinate di riflessione. Fede e
scienza, creatori e creature ma
anche coscienza del limite,
modelli di sviluppo, progresso, tecnica, manipolazione genetica, onnipotenza, ragioni e
fini della conoscenza, critica
dell’aggressione tecnicoscientifica dell’ambiente, critica delle visioni totalizzanti
del sapere, critica della volontà di dominio di cui è impregnato l’occidente, parzia
lità e finalmente attenzione alle componenti soggettive e
sessuate del sapere. Certo è
solo un lungo e disorganico
elenco di nomi, termini, concetti, parole. Ma questi, e
l’elenco non è neppure completo, sono stati i sentieri lungo i quali i partecipanti al
campo si sono avventurati in
un arduo tentativo di ripensamento dei temi cruciali e decisivi di questi anni.
In questo senso il concetto
di limite è diventato la chiave
epistemologica ed ermeneutica di tutte le valutazioni e delle analisi fatte. Limite è parola
dai contorni imprecisi; poche
altre nel nostro linguaggio sono adoperate in modo co,sì vago. Eppure è una parola che
se assunta in tutto il suo
straordinario spessore può
aprire spazi immensi alla nostra riflessione; può dire il
non detto di una ragione
onnicomprensiva e onnipotente, una ragione che ha celebrato i fasti àtWunum et totum, che ha preteso di ridurre
ad oggetto esattamente tutto,
anche Dio. Ridurre ad oggetto
significa rendere tutto controllabile, classificabile, manipolabile, negando dignità e
spessore a ciò che rimaneva
non detto; negando dignità
espressiva a ciò che non poteva avere parola e nome. Il
concetto di limite, ma àncora
meglio l’esperienza del limite,
apre lo spazio ad una straordinaria possibilità di ricerca ricca di figure, di libertà di possibilità inedite.
La prima mossa è la critica
alla cultura dell’onnipotenza
in quanto orizzonte generale
dei modi, alle ragioni e ai fini
della conoscenza così come si
è affermata attraverso secoli
di dibattito filosofico e scientifico. Cultura dell’onnipotenza che ci ha fatto smarrire la
consapevolezza che siamo secondi nell’ordine della creazione. Ma tale consapevolezza ha uno spessore anche per
un orizzonte non di fede. Il
mondo in cui viviamo non è
popolato da significati ma da
cose, così da diventare esso
stesso una cosa da manipolare, un utensile che ha perso
ogni spessore di vita e di relazione con noi. Le donne e gli
uomini stessi diventano cose,
statue infrante, luoghi opachi
di transito e di morte.
Il pensiero ecologista di
questi anni altro non ha sottolineato. Il criterio della manipolazione, dell’utile è diventato l’unico criterio valido di
riferimento a scapito della
gratuità, della relazione.
dell’interazione tra uomo e
natura, tra uomo e mondo.
Dio, uomo e mondo non sono
più soggetti e oggetti contrapposti; il mondo non è più
l’oggetto manipolabile da parte dell’uomo, ma è luogo di
transito e di conoscenza. Lo
scenario è invece dominato da
culture orrendamente votate
al dominio, al controllo capillare sui pensieri, sui corpi,
sulle coscienze.
Gli interrogativi si moltiplicano, le domande restano senza risposte. Eppure l’esigenza
di un nuovo paradigma culturale, di nuove istanze etiche si
staglia imperiosa di fronte a
noi. Fede e scienza, coscienza
del limite dunque. Qui non si
vuole riproporre (e neppure il
campo teologico ha inteso farlo) una sterile querelle su teologia e scienza, nel disperato
tentativo di voler rintracciare
improbabili mediazioni o peggio ancora tentativi di sintesi
oggettive, neutre, violente.
Giovanna Pons, Elisabetta
Donini e Pierre Bùhler, che al
campo teologico erano i relatori, hanno sottolineato proprio l’impossibilità di operare
riduzioni entro le maglie strettissime di qualunque sistema.
La critica della scienza, la
critica al concetto di sviluppo
a partire dal concetto di limite
e di parzialità quale si è andato definendo anche nella riflessione delle donne; la libertà di accettare i limiti e la
parzialità di ogni progetto
umano a partire da un pensiero teologico modellato sul più
radicale, estremo, paradossale
paradigma di limite, quello
della Croce, sono stati i momenti decisivi e propositivi
emersi ad Agape. Così, dunque, limite, parzialità, discontinuità diventano i referenti
epistemologici di un sapere
che sappia cogliere una nuovti
necessità di lettura e di relazione con il mondo.
La scienza moderna si è
strutturata secondo un sistema
di valori, di regimi di verità
modellati su un pensiero e su
un universo paradigmatico
maschile (Donini). Inoltre si è
definito in continuità con un
pensiero teologico che ha preteso di scandire realtà, conoscenze, statuti di verità immutabili ed eterne, leggi, ordini
del reale e ordini morali. Coscienza del limite e parzialità
sono momenti decisivi per ripensare anche concetti come
quello di trascendenza ed immanenza e l’inizio di un nuovo ordine simbolico del pensiero che sappia aprire nuovi
orizzonti e possibilità.
L’immanenza è la capacità
di concepirsi aH’intemo di un
processo soggettivamente
produttivo, di una rete di relazioni, piuttosto che di volontà
di dominio e di pulsioni di
morte. Limite come critica,
dunque, a modelli di verità
universali, neutre, astratte. Interazione piuttosto che dominio; limite piuttosto che onnipotenza. Limite come conoscenza ed affermazione di sé
e dell’altro; limite, differenza,
differenze. Questi ed altri percorsi che si perdono nei sentieri intricati del bosco che
possono disegnare un nuovo
abbozzo di saperi in cui la verità sia disvelamento, discrezione, apertura, pietas.
Inghilterra
La medicina
e la Riforma
Particolare pregio degli otto
saggi di cui si compone il libro* è quello di cercare di
fornire una panoramica degli
effetti che sia la Riforma protestante sia la Controriforma
cattolica ebbero sull’insegnamento, la teoria e la pratica
della medicina. I temi presi in
esame sono vari; si va dal resoconto dell’estensione dello
studio dell’anatomia e dell’
astrologia medica a tutti gli
studenti dell’Università di
Wittenberg, allo scopo di promuovere e rafforzare la fede
luterana; alla razionalizzazione calvinista della malattia
per i credenti; alla persecuzione di dottori provenienti da
minoranze etniche o religiose.
Si ricorda inoltre come il
paracelsismo, la forma di medicina popolare di maggior
successo durante la Riforma,
avesse assunto anche la forma di una protesta dei ceti
più umili. In generale tutti gli
autori, sia pure da angolazioni diverse, cercano di esplorare il rapporto tra cura, religione e varie forme di ortodossia. (a.b.)
(*) Ole Peter Grell - Andrew CuNNiNGHAM (a cura di):
Medicine and thè Reformation.
London-New York, 199.3.
JJ istituto
Gouid
di Firenze
ricerca
candidati per la
posizione
di direttore
Le competenze richieste sono di carattere
educativo e gestionale.
Inviare curriculum vitae
entro il 31 gennaio
1994 a:
Letìzia Sommarti
istituto Gouid
via de’ Serragii 49
SOI24 Firenze
Manifestazione di protesta contro la cionazione
Libri
Un isolamento dorato
Fleur Jaeggy è una scrittrice elvetica (che però vive a Milano) e nel ritrarre il proprio paese va persino più in là di quei
mostri sacri (Diirrenmatt, Frisch) che l’hanno raffigurato come
un microcosmo impermeabile a quello che succede fuori, tutto
preso dalle tradizioni, dai riti un po’ pittoreschi e molto borghesi. La Jaeggy va al di là perché parte da un ulteriore microcosmo; l’universo di un suo romanzo breve, ripubblicato da
Adelphi*, è la struttura chiusa del collegio, e i beati anni a cui
fa riferimento il titolo in forma di ossimoro sono ovviamente
quelli dell’infanzia e dell’adolescenza; infanzia e adolescenza
deprivate, naturalmente, di quel che più servirebbe, una famiglia, un contatto umano con delle figure di riferimento.
Invece: ritualità (anche qui), formule di cortesia, distanze,
giochi segreti e rivalità più o meno malcelate. Le figlie dei ricchi (non solo svizzeri, ma anche tedeschi, italiani...) si confrontano poi con l’arrivo di un personaggio del tutto alieno; una
bambina figlia del presidente di uno stato africano, anche lei
con gli onori del caso, con l’autista che l’accompagna a inizio
anno e la va a riprendere per le vacanze. Per tutte, la presenza
dei genitori è una variabile secondaria: chissà se basta a spiegare il suicidio dell’amica della narratrice, anni dopo, passata attraverso esperienze di bohème a Parigi...
(*) Fleur Jaeggy: I beati anni del castigo. Milano, Adelphi, 1993
(led. 1989), pp 107, £ 10.000.
Una storia incompiuta
È stato l’autore più corteggiato dalla stampa italiana, che lo
scopriva in quelle settimane benché l’editrice Iperborea avesse
già pubblicato due sue opere. Cees Nooteboom, (L’Aia, 1933)
ha avuto, alla scorsa Fiera del libro di Francoforte, il ruolo di
portabandiera della letteratura del suo paese. E quella che traspare dal suo recente La storia seguente* è la dimostrazione di
una raffinatissima pratica dello scrivere.
La vicenda, come VIncompiuta di Schubert, si svolge in due
movimenti e il secondo movimento non finisce. Si tratta di un
professore di lettere classiche, che invece di risvegliarsi, come
al solito, a Amsterdam fra i suoi tantissimi libri, si ritrova, inspiegabilmente, a Lisbona. Da qui comincia il suo peregrinare,
alla ricerca di un senso per tutto ciò; in realtà alla ricerca di un
senso per la propria vita, per i propri incontri, per le donne che
ha amato, per la sua emdizione, la passione per l’insegnamento
e il rifiuto delle beghe fra colleghi.
La seconda parte ci raffigura il protagonista narrante su una
nave, in compagnia di improbabili compagni di crociera; un
giornalista, un professore cinese, un ragazzo spagnolo, un benedettino: in pochi attimi ciascuno nan'a di se stesso (prima del
naufragio?), ma il protagonista non vi riesce.
Romanzo complesso eppure godibile, misterioso proprio perché fitto di riferimenti che sembrano spiegare tutto e invece
spiazzano. La storia seguente riassume decenni e decenni di
racconti di analisi psicologica, di viaggio, di interiorità e di romanzi di idee.
(*) Cees Nooteboom: La storia seguente. Milano, Feltrinelli.
1993, pp 116, £20.000.
Confronto fra generazioni
Chi si ricorda di Yngve Frej* racconta la vicenda di quattro
vecchi, dimenticati in un villaggio della foresta svedese, e di un
giovane fotografo di paesaggi: nasce così un intreccio di valori,
quelli della generazione che si approssima a scomparire e quelli della modernità consumista che avanza.
«Ruderi», avevano scritto i vecchietti sulla freccia che indica
il sentiero per la loro fattoria: mai più immaginano che questa
freccia attirasse nella loro direzione^., turisti a frotte che sconvolgeranno la loro tranquilla estate. È una storia, quella raccontata da Stig Claesson e pubblicata da Iperborea, editrice specializzata in narrativa scandinava e del Nord Europa, piena di
umorismo sorridente e malinconico; la storia di una contestazione libertaria e di un’amicizia solidale.
L’autore ha avuto una formazione artistica e ha fatto il disegnatore prima di passare alla scrittura.
(*) Stig Claesson: Chi si ricorda di Yngve Frej? Milano, IperboI rea, 1993, pp 184, £22.000.
14
PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 31 DICEMBRE 1993
La responsabilità dei credenti nei confronti della natura e delle generazioni future
L'azione solidale dell'uomo verso l'ecosistema
ALFREDO BERLENDIS
Il rapporto sul pianeta del
1988 ( Lester R. Brown e
altri. State of thè world 1988,
rapporto sul nostro pianeta
del Wordlwatch Institute, ¡sedi), poneva la questione demografica in relazione alla
salute, sia per quanto riguarda il problema alimentare sia
per la lotta contro l’Aids. Ma
già il dato relativo alle morti
delle puerpere nel Terzo
Mondo era significativo, centinaia di migliaia di donne
morivano sia durante il puerperio, sia in seguito a complicazioni post-partum. Abbiamo ormai superato la soglia
dei cinque miliardi di esseri
umani sul pianeta, non abbiamo ancora trovato una soluzione alla diffusione dell’
Aids, non abbiamo riequilibrato la distribuzione delle risorse alimentari; la strage
delle donne e dei nati contagiati dall’Aids è realtà anche
di questi iniziali anni ’90.
L’etica laica avrebbe già
ragioni consistenti per auspicare un freno alla natalità.
L’affermazione che il nostro
pianeta può ospitare ancora
qualche miliardo di creature
umane è insensata, né la critica alle previsioni del Culb di
Roma (/ limiti dello sviluppo,
Milano, Mondadori, 1972),
che osservava l’iniquità di
uno sfrondamento dei rami
dell’umanità a partire dal
Terzo Mondo, ha una sensatezza.
Mentre il vecchio continente registra crescite demografiche pari o vicine allo zero, addirittura saldi passivi.
Terzo e Quarto Mondo non
riescono a frenare la natalità.
Certo è un gioco perverso,
mancano le risorse, a volte la
volontà politica, per una buona gestione della sanità,
informazione compresa. La
questione etica non può essere posta a partire da una sociologia delle differenze, auspicando un riequilibrio generale di tutti gli indici, prodotto interno lordo compreso,
per decidere poi se e dove
sfrondare l’albero. Il reverendo anglicano T. Robert
Malthus (1766-1834) aveva
abbondantemente ragione:
proprio i ceti economicamente più fragili debbono potere
programmare la natalità. Ciò
richiede che sia abbassata la
percentuale della mortalità
infantile, elevata quella dell’istruzione, migliorata la gestione sanitaria e la donna liberata dalla catena della procreazione continua.
La procreazione deve uscire da una concatenazione necessaria, per appartenere solidamente al mondo della cultura. L’umana generazione va
posta sotto il segno dell’avveduta decisione della coppia,
entro una visione di solida
rietà della specie. Interessante
in proposito il contributo, su
questo e altri temi, di Enzo
Tiezzi, Tempi Storici - tempi
biologici (Garzanti, 1984).
Ci sarebbe da discutere una
settorializzazione del discorso di tale genere, come se il
pensiero religioso non dovesse fare i conti con l’etica che
nasce dalla realtà più che da
astratti precetti. L’ordine divino nel primo capitolo della
Genesi: «Crescete e moltiplicatevi» (1, 28) è lo stesso rivolto agli animali (1, 22).
L’errore di una lettura meccanico-biologistica risiede nel
non avere inteso che i due ordini-benedizioni (!) sono rivolti a soggetti diversi. L’uomo non rigenera a partire dalla situazione della presenza
dell’estro, uomo e donna
stanno in una complessità sociale di cui hanno coscienza
riflessa e su cui debbono sapere fare «cultura» e, se vogliamo, anche poesia.
Poesia deriva da poieio,
verbo greco che significa
fare. Il fare umano, anche
procreativamente, sta sotto il
segno della percezione
profonda dei nessi ed è parola, oltre che atto, creatrice. Il
fare, come la poesia, è anche
evocatore, suscitatore di simbolicità, forza di allusività,
potenza di sentimento e di
ideazione. Siamo dunque ben
lontani, per l’umanità, da un
invito a matematiche moltiplicazioni. Il pensiero religioso, quando si innesta su un
precario concetto di natura su
cui si radica un biologismo
della sessualità, giunge ai paradossali risultati di una indicazione impossibile. L’enciclica Humanae Vitae, del
1968, evoca la «procreazione
responsabile» ma resta, appunto, al livello di impotente
evocazione.
Quando la concezione dell’
atto sessuale, a scapito delle
valenze goditive-unitive, si
arrocca sulla necessità riproduttiva, cade in un vicolo cieco. Da un lato si invoca la responsabilità, dall’altro non si
esce dallo schema del nesso
biologico meccanicistico, copula-fecondazione. 1 contraccettivi «artificiali», gli unici
che funzionano eccetto ovviamente l’astinenza, sono
«contro natura». A nulla sono
valsi quasi vent’anni di aspro
dibattito in seno al cattolicesimo. La tesi viene ribadita
nel recente Nuovo Catechismo (1992) dove al paragrafo
2.373 si ricorda che «la Sacra
Scrittura e la pratica tradizionale della Chiesa vedono nelle famiglie numerose un segno della benedizione divina
e della generosità dei genitori».
L’insegnamento risale alla
costituzione conciliare sul
mondo contemporaneo Gaudium et spes. par. 50. La stes
EBRAISMO, CRISTIANESIMO,
ISLAM, LAICITÀ.
DIALOGO O CONFLITTO?
Il mensile delle nuove frontiere;
ecumenismo, dialogo, etica e laicità.
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Cumulativo Confronti + Riforma:
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Ragazza che convive con I rifiuti tossici sul Rio Grande in Messico
sa tesi è ribadita nell’enciclica Veritatis splendor, (ottobre
1993). Da un lato si legittimano solo i metodi naturali,
si tesse una ferrea connessione coito-fecondabilità, dall’
altra si condannano, sempre
per una visione della sessualità legata intimamente alla
fecondazione, le procreazioni
assistite medicalmente: inseminazioni artificiali omologhe ed eterologhe (cfr. di Alfredo Berlendis, La Cicogna
del 2000. Le nuove tecniche
riproduttive extracorporee,
Torino, Claudiana, 1988). Sul
tema della procreazione responsabile il pensiero protestante, anglicano, «evangelico» in genere, è opposto a
quello del magistero cattolico
romano (cfr. A. Dumas, Il
controllo delle nascite nel
pensiero protestante, Torino,
Claudiana, 1966). La ragione
risiede nella diversa connessione tra sessualità, unitività,
procreatività.
Il protestantesimo non conosce un concetto di «natura»
da cui dedurre delle norme
universali. Invece lavora a
partire da situazioni che interrogano l’umanità, procede
all’elaborazione dell’etica,
partendo dai «fini» per la deduzione di indicazioni (non
norme legalmente intese) che
si connettono a più ampi ventagli di «compiti». La responsabilità per la sopravvivenza
delle specie, non parliamo
ora solo dell’umanità ma
dell’ecosistema intero nel
quale essa è inserita, chiedono una saggia gestione «solidale» della procreazione
umana.
I figli degli uomini, delle
coppie umane, sono tutti quei
«figli di Dio» che uomo e
donna suscitano, nella responsabilità per tutta l’umanità. La qualità della vita esige che si esca da una concezione puramente aritmetica
della procreazione. Va aggiunto, pensiero religioso a
parte, die non può configurarsi, nell’era del sistema globale, alcun diritto «assoluto»
(sciolto da altri doveri) alla
procreazione.
Un volume del pastore Sergio Carile
Chi erano gli egizi
Sergio Carile, pastore emerito della Chiesa metodista, ci
offre un ulteriore saggio della sua multiforme cultura.
Dopo una produzione letteraria, oltre che storica e teologica, che ha toccato svariati
ambiti, con questo testo ci rivela una dettagliata conoscenza della civiltà e della
lingua dell’antico Egitto, e
una apprezzabile capacità di
introdurci alla visita di un
museo egizio, secondo i migliori canoni dell’alta divulgazione.
Il libro*, di scorrevole lettura, si rivolge al profano che
entrando per la prima volta
nelle sale di un museo egizio
prova generalmente un senso
di perplessità e di disorientamento. A questo interlocutore Carile rende più semplici
e ancora più appassionanti le
cose, fornendogli una veloce
ed essenziale carrellata di stimoli conoscitivi e orientativi,
dalla storia dell’antica civiltà
egiziana, alla sua religione,
arte e cultura. Soprattutto, e
qui è l’interesse specifico
della pubblicazione, il lettore
troverà una guida all’interpretazione della scrittura in
geroglifici, guida che permette di penetrare meglio il
segreto di tutti quegli oggetti
e simboli di fronte ai quali
restiamo per lo più ignari. 11
testo si compone dunque di
una sequenza di agili capitoletti, in cui si decifrano le
iscrizioni antiche e con l’ausilio di illustrazioni si presentano le principali caratteristiche dell’ antico mondo
egizio.
Un testo dunque particolare, che soddisfa esigenze di
curiosità culturale, testimonianza della passione
dell’autore per le conoscenze
non ovvie, non banali.
(*)Sergio Carile: Introduzione alla visita di un museo
egizio. Fasano (Br), Schena editore, 1993, pp 88.
PER FERMARE LE GUERRE
INGERENZA
EMANUELE REBUFFINI
«V\
edendo il dio Marte
senza trucco, accolgo
con una forte dose di avversione tutti i patetici tentativi
dei vari beati costruttori di
pace di passare sopra al sangue versato, con i nobili e sterili propositi di coloro dietro i
quali non c’è nient’altro che
una assoluta non conoscenza
della situazione, niente di più
di una completa ignoranza
della natura della guerra,
ignoranza simile a quella nella quale abbiamo vissuto anche noi»-, la lettura di questo
stralcio di un articolo apparso
su «Oslobodjenje», il quotidiano multietnico e indipendente di Sarajevo, ha acceso il
dibattito nel corso di una serata promossa dal Gruppo Abele
nell’ambito di una rassegna
sul «Nuovo disordine mondiale» incentrata sulla problematica dell’Ingerenza della comunità internazionale nei
conflitti armati.
Quale ingerenza? Questa la
domanda a cui hanno tentato
di rispondere Fabio Armao, ricercatore presso l’ateneo torinese, Walter Peruzzi, direttore
del mensile «Guerre e pace» e
padre Angelo Cavagna, noto
per le battaglie a favore
dell’obiezione di coscienza.
Su un punto tutti si sono trovati d’accordo: è riduttivo
parlare dell’ingerenza solo in
termini giuridici e istituzionali, poiché si tratta di un problema squisitamente politico.
La guerra d’altronde è uno
strumento della politica a cui
si ricorre quando la politica
non offre soluzioni adeguate.
Oggi che la guerra non è più
solamente minacciata, ma
realmente combattuta, noi tutti «ci troviamo sprovvisti e
sprovveduti - sono parole di
Armao - di fronte ad essa
esattamente come il contadino
medievale che vedeva il suo
borgo devastato dai cavalieri
di ventura». La verità è che
non siamo più abituati a ragionare sulla guerra, a capire la
guerra.
11 pacifismo fa cose stupende, ma ha bisogno di yna cultura della pace che lo sorregga: «Il pacifismo strumentale
può anche interrompere una
guerra, ma non ne elimina le
cause». Gli interventi nonviolenti e le azioni di diplomazia
popolare servono a sensibilizzare l’opinione pubblica, ma
molti sono i dubbi sulla loro
efficacia e idoneità a incidere
sui processi decisionali internazionali. Se davvero bisogna
intervenire con la forza, allora
che si schierino quanti più uomini possibile, con armamenti
leggeri, e quanti meno mezzi
possibile, così da rendere più
costoso per i belligeranti il
proseguimento delle operazioni militari.
Per Peruzzi il fine dell’ingerenza come viene oggi praticata è sempre e comunque il
controllo delle risorse economiche del Sud del mondo;
«La comunità internazionale
vuole ingerirsi non perché
vuole la pace ma perché vuole dominare il Sud. Nel Golfo
è intervenuta a difesa della
sovranità del Kuwait, in Somalia contro la sovranità di
quest’ultima. Il diritto internazionale viene utilizzato in
modo schizofrenico a seconda degli obiettivi: controllare
le risorse energetiche del
Golfo e mettere un piede in
terra d’Africa. L’Onu interviene per salvare i bambini
somali e poi con l’embargo
contro l’Iraq contribuisce alla morte di 1.500 bambini
ogni giorno. Il vero scopo
non è uccidere o .salvare, ma
mantenere il controllo regionale».
L’ingerenza, dunque, è
mezzo di dominio economicopolitico-militare da parte
dell’Occidente che, attraversato da preoccupanti crisi economiche, si trova nella necessità di garantirsi i propri livelli
di benessere. Così se l’Onu è
presente ovunque, rivela tutta
la sua fragilità strutturale:
l’autorità «super partes», garante della pace e della sicurezza quale doveva essere, da
«stanza di mediazione» tra le
grandi potenze quale è stata in
passato, è ora trasformata nel
paravento che fornisce legittimazione alle politiche militari
degli Usa.
Detto ciò occorre interrogarsi sullo stato del pacifismo.
Se grazie ad azioni come «Mir
Sada» si è posto fine al puro
discorrere sulla pace per tentare di agire e modificare una
situazione di guerra, Peruzzi
ha sottolineato che spesso le
azioni pacifiste non sono sorrette da adeguate idee politiche. Bisognerebbe interrogarsi
meglio sulle radici del conflitto balcanico e sulle responsabilità internazionali. «Non
facciamo un mito deli’interposizione - ha provocato Peruzzi
- perché se la guerra nell’ex
Jugoslavia ha le sue cause in
Germania, allora non dobbiamo interporci tra serbi, croati
e musulmani, ma tra questi e i
tedeschi. La vera linea di interposizione non è dove si
muore, ma dove passa il traffico delle armi: il movimento
pacifista dovrà andare oltre
la mera presenza testimoniale
e diventare movimento politico di massa, coinvolgendo direttamente le forze politiche e
le organizzazioni dei lavoratori attorno a una piattaforma
politica comune».
Padre Cavagna ha difeso
l’importanza dei gesti simbolici, sostenendo che «dietro
all’azione nonviolenta c’è
sempre un pensiero». Ben
vengano i digiuni, le manifestazioni di fronte al palazzo di
Milosevic con tanto di candele e anche il tentativo si traversare il ponte sulla Verbania, che costò la vita a Moreno Locatelli. «Non bisogna
meravigliarsi se Moreno è
morto: in queste azioni può
capitare. Se nessuno è stato
ucciso o ferito durante la
marcia dei 500 è stato un miracolo, andò tutto troppo bene. Forse quel successo ci ha
fatto illudere che le marce pacifiste debbano sempre concludersi all’in.segna dell’incolumità. Poteva essere un macello quando entrammo a Sarajevo di notte, .solo degli ingenui potevano pensare diversamente».
Queste parole non convincono. Bisognerebbe ricordarsi
che la pace è vita, non sterile
martirio collettivo. La logica
del «a ogni costo» altro non è
che la logiea che sta a base
della guerra, che anima il
combattente disposto a tutto
in nome della patria. Questa
stessa logica può essere posta
a fondamento di un’azione d)
pace? Comunque sia il tema
dell’ingerenza ha permessogli
pacifisti di dibattere, anzi hàconsentito l’emergere delle
tante anime presenti nel popolo della pace: quella giuridicoistituzionale, quella politicomilitante, quella etico-testimoniale. Forse dietro alle
azioni dei pacifisti non c’è un
solo pensiero ma molti, diversi ed eterogenei pensieri. Se
questo sia necessariamente un
bene è valutazione che lascio
volentieri a chi legge.
15
\/FNRRDÌ 31 DICEMBRE 1993
Pagina Dei Lettori
PAG. 1 1 RIFORMA
Il nuovo
innario
In risposta all’articolo «Il
nuovo innario», pubblicato a
pagina 4 del numero del 4 dicembre, vorrei rilevare che
quando la parola non riesce a
esprimere bene la bellezza e il
mistero di alcuni sentimenti,
l’umanità ricorre alle belle arti e in particolare alla musica.
Nel vecchio Innario del
1922 vi sono alcune stupende
melodie e inni modificati o
tolti nell’Innario del 1969.
Quindici di questi meravigliosi canti (di cui si chiede il ripristino nel futuro Innario) sono i seguenti: Dal tuo stellato
soglio; Il Signor con noi dimori; Beato Spirito, deh scendi; Così qual sono; Io sento la
tua voce; Vo’ recinto d’insidie; Veglia al mattino; Alla
tua mensa, o Cristo; Gesù volge a noi la voce; Il Regno tuo.
Signor; Verso Te la voce; Oh
beati su nel cielo; Vieni fratello; Vieni l’alma mia; A Dio
che tanto ci ama. Un particolare riferimento rivolgo per
l’inno «Oh beati su nel cielo»,
che canta la resurrezione dei
redenti del Signore e le loro
paradisiache felicità nel Regno di Dio. La melodia di
questo inno ha sfidato l’usura
e le mode dei secoli: il suo
canto manifesta esattamente i
sentimenti del credente nella
drammatica ascesi dal processo di decomposizione della
materia al trionfo della fede
nella resurrezione. Egli sale
dalla valle dell’ombra della
morte allo splendore del Regno di Dio, il quale non ha bisogno di sole che risplenda
perché tutto è illuminato dalla
gloria e dalla potenza di Dio.
Ad ogni buon fine, se la
sensibilità di questi tempi rileva qualche dimenticanza teologica, il problema può essere
risolto correggendo la parola
ma non la melodia. Così come
è meglio cambiare i versi e
non la melodia di «Va’ pensiero sull’ali dorate».
Attilio Palmieri
Roma
CATTIVA STAMPA
GIORNALI E. LE SETTE
Per l’ennesima volta le Assemblee di Dio,
la più numerosa denominazione evangelica
italiana, sono finite nell’elenco delle «sette»
e dei movimenti «seminatori di zizzania,
violenti e pericolosi per le comunità cristiane». La citazione è dal quotidiano «L’indipendente» del 25 novembre che, in un articolo di presentazione del convegno «L’impegno pastorale della chiesa in Italia di fronte ai nuovi movimenti religiosi e alle sette»,
promosso a Roma dalla C’onfcren/a episcopale italiana, ha associato le Assemblee di
Dio ai Testimoni di Geova. La stessa associazione è stata fatta dal quotidiano «11 Messaggero» e da Rai 1 (telegiornale delle ore
20, 24 novembre).
Il pa,store Francesco Toppi, presidente delle Assemblee di Dio in Italia, ha inviato una
lettera di protesta ai direttori delle testate in
questione, esprimendo «grande stupore e vivo disappunto» per la facilità con cui i mezzi
di comunicazione accomunano «gruppi religiosi profondamente diversi gli uni dagli al
tri, allo scopo di discreditare le minoranze
religiose evangeliche».
Le Assemblee di Dio in Italia, con oltre
100.000 aderenti, sono un movimento evangelico pentecostale presente in Italia da 85
antù. Duramente perseguitate dal regime fascista, sono state legalmente riconosciute
dallo stato con decreto del presidente della
Repubblica nel 1959 e, in applicazione del
terzo comma delTart. 8 della Costituzione,
. hanno regolato i loro rapporti con lo Stato
italiano con una «intesa» divenuta legge nel
1988. «Le Assemblee di Dio - scrive il pastore Toppi - proprio in assenza dello spirito
settario di cui sono accusate, non intendono
far valere le loro ragioni presso tribunali italiani, ma non possono non levare la loro viiM-ata protesta allorquando sì vedono ancora
calpestate nei loro fondamentaìì diritti e viene disattesa e violata la Carta costituzionale,
„che resta e deve restare, il supremo baluardo
contro le ricorrenti e minaccióse ombre dei
roghi di triste memoria».
I redenti
del Signore
Sul numero del 3 dicembre
ho letto un articolo sul nuovo innario firmato da Emanuele Fiume. Mi stupisce
leggere il riferimento all’inno 292, in cui non si ravvisa
alcun accenno alla resurrezione. Se la citazione fosse
stata appena più lunga avrebbe compreso «i redenti del
Signore», che mi sembra voglia dire «i riscattati»: e da
che cosa sarebbero riscattati
quei poveretti se non dal peccato il cui salario è la morte?
(Romani 6, 23).
Probabilmente anche le mie
idee sono vetuste e teologicamente strampalate, ma per
quel che ci attende dopo la
morte mi sembra si possa lasciare carta bianca a chi ci deve provvedere e per me, vedova da poco, è stato di conforto
ricordare che se speriamo in
Cristo per questa vita soltanto
noi siamo i più miserabili di
tutti gli uomini; ma ora Cristo
è risuscitato dai morti, primizia di quelli che dormono (I
Corinzi 15, 19-20) senza
preoccuparmi del dove, del
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176
1 gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le modifiche sono state registrate
con ordinanza in data 5 marzo 1993.
come e del quando i corpi abbiano a resuscitare, perché il
tempo in cui io posso operare
e di cui mi sarà chiesto conto
è quello di ora e qui.
Fraternamente, una vecchia
testarda.
Giuliana Gay Eynard
Pinerolo
Due lettere
sulla Lega
Caro direttore,
mentre come protestante e
come credente ribadisco con
fermezza il rifiuto di ogni
tentazione, da parte delle nostre chiese, di ufficializzare
una sorta di ostracismo nei
confronti della Lega Nord,
trovo patetico ma improduttivo il richiamo, per altro minaccioso nella chiusura,
espresso dal lettore Giacomo
Quartino sul n. 44, al mito
dell’intangibilità della nostra
Costituzione e della forma attuale di stato accentratore.
Caro fratello Quartino e cari fratelli antileghisti, il fatto
è che se in Italia si fosse impostato un solido sistema di
economia liberistica, come in
Inghilterra e negli Usa, sarebbe non solo auspicabile, ma
addirittura necessario correggere e modificare da sinistra
le speranze e le storture sociali: ma da noi, nei 130 anni
della nostra storia unitaria,
con parziale eccezione del decennio giolittiano, per altro
contraddittorio e operante al
Nord, l’economia è stata progressivamente statalizzata,
toccando oltre il 50% dell’intera struttura produttiva e generando un perverso sistema
di protezionismo statale della
parte più importante del settore privato, a preclusione di
una effettiva liberalizzazione
della nostra economia di mercato (un vero e proprio patto
monopolistico di spartizione
Il clic
di prima pagina
Proponiamo in prima
pagina, nell’elaborazione
di Marco Scheilenbaum.
due immagini già viste,
che poco tempo fa hanno
fatto il giro del mondo e
si apprestano a diventare
storiche.
Cerchiamo di mantenere vigile l'attenzione su
quei processi di pace, augurandoci che altri nascano nel mondo.
tra il potere pubblico e quello
privato!); un sistema dunque
tale che insistere nelle condizioni dell’Italia di oggi, da sinistra, con una politica di intervento pubblico (statale)
privilegiato nelle attività produttive, significa perpetuare e
anzi aggravare pericolosamente un’economia asfittica e
fallimentare a tutti i livelli...
Oggi l’Italia ha bisogno di
un sistema economico-produttivo autenticamente liberistico, con le imprese private,
che si muovano con le proprie gambe, con finanziamenti trasparenti e con uno stato
ridimensionato nelle strutture
e nei compiti, ma efficiente;
uno stato che si occupi
dell’essenziale (giustizia, salute, scuola, difesa...). Ma per
ottenere tutto questo non è
più sufficiente fare appello a
una politica liberaldemocratica (alla Pannella per intenderci); occorre intaccare la struttura stessa dello stato, per
adeguarla all’impianto liberistico e quindi decentrare le
sue funzioni e introdurre in
un modo o nell’altro un sistema federalistico!
Le modifiche di decentramento apportate di recente
dalla Commissione bicamerale del Parlamento sono del
tutto inadeguate: ritoccano in
meglio alcuni poteri delle regioni, ma lasciano in piedi la
macchina dirigistica dello stato. Bisogna invece in concreto togliere molti poteri a Roma e abrogare l’istituto prefettizio, onde liberare i Comuni, le Province e le Regioni dalla pesante tutela e dal
condizionamento del ministero degli Interni... e questo per
fare un solo esempio.
Di qui l’importanza del
progetto federalistico della
Lega. Anche la sinistra può e
deve, e questo è il vero problema per essa oggi, apportare il contributo delle sue idee
a questo progetto, per renderlo attuabile nell’interesse
dell’intera nazione. Insistere
sul mito dell’intoccabilità
della Costituzione e della forma attuale di stato, oltre che
in un certo tipo di sinistrismo
socio-economico, significa
perpetuare il carrozzone statalistico e consociativo della
nostra partitocrazia!
I protestanti italiani possono e devono, da posizioni diverse, dare il loro contributo
alla riforma radicale del nostro stato.
Adamo Donini - Treviso
Mi riferisco alla lettera del
signor Pierguido Viterbi (sul
n. 40) che concerne il vostro
articolo «Bossoli e Bossi».
Devo dire che questo signore
mi ha preceduta perché da
tempo anch’io avrei voluto
esprimervi la mia disapprovazione.
Se proprio vogliamo parlare di politica sui nostri giornali, cerchiamo di essere
obiettivi il più possibile.
Leggendo i vostri articoli di
fondo, sembra di leggere
«L’Unità» 0 di ascoltare un
programma Rai. Quel continuo accanirsi contro Mussolini e il fascismo, che dura ormai da 50 anni e che ora si riversa sulla Lega e su Bossi,
con cattiverie e falsità, francamente mi dà fastidio, soprattutto dopo tutte le nefandezze che sappiamo hanno
commesso tutti i partiti, compresi e non ultimi quelli di sinistra a voi tanto graditi.
Se si vuol essere veramente
democratici, bisogna rispettare lé idee di tutti! E anch’io,
pur non condividendo le vostre, non mi sento per questo
meno evangelica, malgrado la
mia pochezza.
Cordiali saluti.
(firma illeggibile)
I giorni
della guerra
Avevo 19 anni quando,
nell’agosto 1940, fui chiamato alle armi. Il nastrino con 4
stellette della campagna di
guerra dimostra il lungo periodo che ho trascorso per
servire la Patria. Nel mio
scritto sulla Repubblica di
Salò, oltre all’errore di evidente distrazione dell’8 settembre 1945 invece che
1943, con la frase «terra bruciata» alludevo soltanto alle
distruzioni delle fabbriche
nell’Italia del Nord. Siccome
il sig. Serafino, sul n. 41, ne
interpreta diverso significato
riferendosi all’intolleranza
fascista su inermi cittadini
descrivendone alcuni casi, ne
propongo anch’io un limitato
numero dall’opposto schieramento di quell’infausta guerra civile: l’eccidio, 48 anni
fa, dei fratelli Govoni e la
strage dei conti Manzoni. Solo due di loro avevano aderito alla Rsi, gli altri vennero
trucidati perché congiunti di
fascisti, massacrati di botte,
seviziati e strangolati; nel
marzo ’45 a Limosano, nel
Bellunese, 64 soldati della
Rsi vennero uccisi dai partigiani e i loro copri bruciati;
altre esecuzioni al santuario
della Brughiera di Trivero,
Coggiola e Sordevole furono
subite dal 115° battaglione
«M» del Montebello; almeno
8.000 furono le persone trucidate dai partigiani in Lombardia nei giorni successivi
al 25 aprile; i «tribunali del
popolo» lavoravano a pieno
regime colpendo ovunque indiscriminatamente; in Liguria (maggio ’45) i 200 soldati
della divisione San Marco
furono trucidati; stragi e delitti a opera dei partigiani avvennero a guerra finita in
Veneto contro civili e soldati
che avevano già deposto le
armi; Coderigo: 100 militari
della Rsi e 14 abitanti del
paese furono uccisi nel maggio ’45 dalla brigata partigiana comandata da Arrigo Boldrini, attuale presidente Anpi; nella notte tra il 12 e il 13
maggio ’45 ben 75 soldati
della Rsi furono trasportati
dai garibaldini di Moranino
all’ospedale psichiatrico di
Vercelli, dove vennero orrendamente torturati.
No, non sono stati giorni
fausti della storia del popolo
italiano. Gli stermini testé
menzionati si possono paragonare alle medievali stragi
degli albigesi, distrutti questi
dal fanatismo cattolico perché
eretici, quelli da analogo fanatismo antifascista.
Giovanni Petti
Larino (Cb)
Gli studenti e
l'autogestione
Una «mattacchionata» potrebbe sembrare il titolo
dell’articolo «Che cosa hai
mangiato oggi a scuola?»
comparso sul n. 48 dell’Eco
delle valli valdesi. Diverse e
meno buffe sono le cause che
mi spingono a scrivere. Occorre dire innanzitutto che
sono stati i «tagli» a sfavore
dell’istituzione scolastica
operati dal ministro della
Pubblica Istruzione, Russo
Jervolino (decreto. 288), e le
nuove leggi sulla riforma della scuola a scatenare l’ondata
di manifestazioni studentesche svoltesi negli ultimi
tempi in molte città italiane.
Poteva solamente essere
qualcosa di grosso a risvegliare in un così gran numero
di studenti il bisogno e la voglia di protestare; dall’eliminazione di 56.000 classi alle
proposte di privatizzazione
delle scuole medie superiori e
l’istituzione di figure quali i
«presidi manager», la politica
finanziaria del governo e altre
iniziative ministeriali sono
stati i temi principali delle discussioni.
La manifestazione più grossa e importante si è svolta sabato 11 dicembre nelle maggiori città; i giornali parlano
di 600.000 persone, circa
40.000 a Torino. Ma non ci si
è limitati a questo; a cominciare dalla Toscana, alcune
scuole sono entrate in autogestione. Questo è un altro
grosso «parolone» (forse un
po’ anarchico) da spiegare.
Le forme e i metodi sono
stati diversi, ma essenzialmente si è cercato di dare
un’informazione generale sul
perché di tutti questi movimenti e quindi sulle nuove
leggi e decreti.
Si sono affrontati temi riguardanti le forme odierne di
conduzione delle scuole ed è
stato dato uno spazio agli argomenti che normalmente
non vengono affrontati nei
programmi ministeriali (come
politica, ambiente, educazione sessuale, ecc.) ma di eguale importanza per la formazione culturale, e non solo
nozionistica, dei giovani.
Anche nella mia piccola
scuola, l’Istituto agrario di
Osasco, si sono svolte giornate di autogestione e discussione conclusesi con un’assemblea che aveva come tema
principale la musica tra i giovani, a cui hanno partecipato
due gruppi musicali. Le giornate sono state «corredate»
con striscioni che invitavano
gentilmente il ministro a lasciare la propria carica, contro la privatizzazione delle
scuole, ecc.
Le varie riunioni sono state
molto utili, oltre che per fornire nuove nozioni, soprattutto per imparare a discutere, a
esporre le proprie idee e a
confrontarsi con gli altri.
Silvia GardioI
San Secondo (To)
Reclami postali
Telefona al
1678-63011
Nel mese di febbraio le
poste hanno attivato un
numero verde, il 1678^
630LI, per le denunce di
disservizi póstali.
Gli abbonati ai periodici che ricevono la pubblicazione in ritardo possono
telefonare al nùmero verde (gratuito) sopra riportato (questa è una raccomandazione dell’Unione
della stampa periodica).
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PAG. 1 2 RIFORMA
VENERDÌ 31 DICEMBRE 1993
L'Europa conta attualmente oltre 12 milioni di immigrati: quanti saranno nel 2000? È una questione che ci tocca da vicino
Lo straniero in mezzo a noi: una realtà destinata a crescere ancora
ROBERTO PEYROT
Fra le grandi questioni socio-economiche già presenti, ma ancor più pressanti
nell’immediato futuro, quella
relativa agli immigrati occupa un posto senza dubbio
preminente. Questo fenomeno infatti, al di là di situazioni di emergenza e di provvisorietà, è destinato a porsi
come una realtà non solo permanente ma crescente nel
tempo. Di fronte ad essa c’è
chi vorrebbe puntare allo sviluppo dei paesi d’origine dei
migranti, ma anche in questo
caso i problemi sono tutt’altro che facili da risolvere. Se
ne ha una riprova nell’operato dei due più noti organismi
finanziari internazionali: il
Fondo monetario e la Banca
mondiale (a cui si affiancano
la Banca europea, quella
asiatica e altre) che guardano
assai più agli utili dei dirigenti e dei Consigli di amministrazione che non alle reali
necessità dei debitori.
Come anche la nostra
stampa ha documentato in
più occasioni, tanti paesi debitori del Terzo Mondo non
riescono neppure a rimborsare gli interessi e a provvedere
all’ammortamento del capitale, aggravando così in tal modo la situazione interna e
provocando nuove ondate di
emigranti «economici» che si
aggiungono a quelli politici e
ai profughi di guerra.
Per quanto riguarda l’Italia, un recente studio del
Censis prevede per l’anno
2000 una triplicazione del
La presenza dello straniero genera spesso xenofobia e razzjsmo
numero degli immigrati occupati in agricoltura (da
65.000 a oltre 200.000) e
quasi altrettanto fra i manovali (da 47 a 125.000) mentre
raddoppieranno i lavoratori
domestici e gli inservienti in
alberghi, ristoranti e bar. Salirà anche il numero degli addetti all’assistenza a inabili,
malati e anziani, (400.000)
come pure quello degli artigiani (58.000) e dei venditori
ambulanti (dagli attuali
125.000 a 165.000).
L’Europa conta attualmente 12 milioni di immigrati:
quanti saranno nel 2000? Il
mensile «Le monde diplomatique» di dicembre ricorda
che il Mediterraneo segna
una linea di divisione fra le
più disuguali al mondo: le
ricchezze andranno là dove
sono le persone o saranno le
persone a venire qui dove sono le ricchezze.
«Le monde diplomatique»
informa, sul dibattito mondiale all’insegna di «maggior
cooperazione per minore immigrazione». Il tema è ampiamente trattato nelle conferenze di New York, Bruxelles, Ottawa, Parigi, ecc. e
viene sottolineato che si tratta di un argomento portato
avanti da tutte le parti sociali
e politiche, tendenti a fare
abbassare quello che i demo
grafi definiscono «la propensione a emigrare». Anche la
Conferenza internazionale
riunitasi a Roma già nel marzo 1991 affrontò questo argomento, ma vari interventi sottolinearono e documentarono
che si trattava di un processo
evolutivo molto lento. Se, per
esempio, in Algeria o nel
Mali lo sviluppo economico
seguisse la tendenza attuale,
occorrerebbero rispettivamente 10 e 400 anni per raggiungere il livello odierno di
un cittadino inglese.
Ma un fatto positivo, nota
il mensile, generalmente passato sotto silenzio (e al di
fuori dell’indegno fenomeno
del lavoro «nero» e sottopagato) è dato dal contributo
che gli emigrati danno ai rispettivi paesi d’origine. Questi trasferimenti finanziari
hanno due forme: alcuni sono
«istituzionali» e obbligatori:
il paese ospite, tramite i propri enti sociali, provvede a
trasmettere agli enti omologhi dei paesi d’origine le varie trattenute sui salari (previdenza, assegni familiari, ecc.)
mediante apposite convenzioni. Ma la massa dei trasferimenti di denaro (e anche di
beni vari) avviene in modo
diretto fra immigrati e le rispettive famiglie, anche al di
fuori dei normali canali bancari, per cui la loro quantificazione è molto difficile: si
tratta comunque di cifre di
grande importanza.
In Marocco, per esempio,
esse costituiscono la più importante fonte di entrata, prima ancora del turismo e
dell’industria dei fosfati. Per
certe regioni africane le rimesse rappresentano addirittura il 60% del reddito locale.
Sono sempre queste rimesse
che consentono non solo la
costruzione di case, l’acquisto di terreni e di attrezzature, la creazione di aziende familiari, ma anche di scuole e
di estesi impianti di irrigazione ad uso agricolo. Ci si sta
avviando, afferma il mensile,
verso vere e proprie forme di
cooperazione internazionale,
più fruttuose e producenti di
un puro e semplice rapporto
creditore-debitore, tutto squilibrato a favore del primo.
Forse la previsione è un po’
troppo ottimistica, sia perché
sono numerosi i casi di immigrati che a malapena riescono a sbarcare il lunario,
sia a causa della diffusa crisi
economica. Si pensi, a questo
proposito, alla eoncorrenza
(basata sul supersfruttamento
della manodopera) di tanti
paesi del Terzo Mondo nella
produzione di beni di consumo: tessuti, abbigliamento,
oggetti vari. Chi di noi, comprando un capo di vestiario,
un oggetto di plastica, un
giocattolo ecc., non ha notato
il «made in Taiwan» o in Cina o in Corea, o in Thailandia? Nel solo settore tessile si
calcola che negli ultimi 15
anni sono stati persi in Europa un milione e 400.000 posti
di lavoro.
La situazione è davvero
complessa: i prezzi «stracciati» dei beni provenienti dai
paesi poveri provocano disoccupazione ma bloccano in
parte l’emigrazione, mentre
altre situazioni economiche,
politiche e sociali alimentano
il flusso migratorio. Ognuno
di noi lo vede quotidianamente e ovunque: questo stato di cose ci tocca e ci toccherà sempre più da vicino.
Se da un lato è opportuno e
doveroso che i governi cerchino di regolamentare il più
dignitosamente possibile la
questione salvaguardando i
diritti umani dall’altro noi,
come singoli e come comunità, non possiamo sottrarci a
tutte quelle iniziative possibili nei confronti di chi ha bisogno della nostra solidale presenza.
Buon compleanno
Riforma.
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