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LA BUONA NOVELLA
GIOflSilE DELL.I EVASGEIIZZ.WIOSE ITAU.4NA
Seguendo la verità nella carità.
Efes. IV. is.
pRCZZo Bl associazioni:
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la Toriat ali'Uffixio del Gioinale, fiale del tit, R* 34
Iella pr«Tiact« pressa tndì fli Cffizii postali per
BUIO éi Vagli«, eb« 4»irara« esser* iDiiati fraaco
al Dlrellore deUa Baona NoTella e md altrlDieDtl.
AlPfi.stei’O, ai seguenti indiriati; Parigi, dalla libreHa C. Meyrueis» rue Tron( Ginevra, dai s)g. £. Bei'oud Ubraìo; ingbiUerraper mezzo di franco b«11i
inglesi spediti franco al Diredore della Buona Norella.
SOMPIAILIO
Celio Secundo Curione ecc. 111. — Gli Evangelici Toscani ai fralelli Piemontesi. — Corrispondenza parigina. — 11 perchè della confessione. —
Notizie.
CELIO SECUNDO CURIONE
E L4 SUA FAMIGLIA
III.
Prima di compiere il quarto lustro della sua età, Violante,
la virtuosa primogenita di Curione, fu chiesta in matrimonio da Girolamo Zanchi, esule bergamasco, chiarissimo per
ingegno e sapere ; il quale, eletto professore di teologia all’università di Strasburgo, e piìi tardi rimosso da quella
cattedra dall’intolleranza ultro-luterana, rappresentala dal
ministro Marbuch e indarno combattuta da Sturm e Calvino,
aveva trovalo in quella città ospitale e pacifica una colonia
d’esuli italiani, che le vicende delle rivoluzioni del secolo avevano spinto da Strasburgo in Inghilterra, dall’In-
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ghillerra a Strasburgo sotto il regno deH’intollerante Maria.
Notavasi fra quelli il graa teologo dell’emigrazione, Pietro
Martire, che doveva beatosto trasportare a Zurigo l’autorità
del suo insegnamento ed il prestigio della sua eloquenza; il
valente medico Massario di Valenza, uno dei membri di
quella congregazione evangelica di Venezia che fu dispersa
dai rigori dell’inquisizione ; il dotto filologo Emmanuele
Tremelli di Ferrara, israelita d’origine e convertito dal giudaismo alla fede cristiana ; il pio Cesare Pasquale, siciliano,
tanto amato da Bucero ; ed un giovane patrizio, Scipione
Calandrini, la cui famiglia illustrata dal papa Nicolò V e da
una serie di magistrati distinti, apparecchiavasi a lasciare
l’Italia onde poter professare liberamente a Ginevra la dottrina della Riforma.
La buona Violante, uscita dalla casa paterna, si vide trasportala nella società di tali uomini gravi e cortesi a un
tempo, che facevano rivivere in una delle metropoli del Reno
lo spirito e la lingua della loro patria, e che avevano abituale convegno nella casa di Zanchi. Ma la ,sua vita coniugale fu un tessuto di traversie e di sciagure che le schiusero
innanzi tempo la fossa. Le quali sciagure e traversie noi
brevemente narreremo ; perchè, se non per singolarità di
casi, la storia di esse è a mente nostra molto interessante
e di utile ammaestramento, pel modo virtuoso con cui furono
da lei e dalia sua famiglia sopportate.
Erano decorsi appena tre anni, quando la sua salute e per
la dolorosa perdita di due figliuoletti e per suoi particolari
patimenti, si alterò grandemente; e divenuta madre per la
terza volta, il suo stato peggiorò in modo allarmante. Ecco
come l’afflitto Curione no parlava in una lettera ad Olimpia
Morata; « Mia figlia Violante, domiciliata a Strasburgo con
suo marito, è caduta, per effetto di parti infelici, in s^ grande
abbattimento, che per sette mesi continui ò stata sospesa fra
la vita e la morte. Solo da alcuni giorni ella respira alquanto,
ed io spero che per divino favore guarirà »■
Una gioia suprema era concessa a Violante ; quella di rivedere ancor una volta la sua diletta famiglia, da cui vivea lontana da ben tre anni. Trasportata sur una lettiera da Stra-
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sburgo a Basilea, nell’autunno deH5o5, Violante passò qualche tempo nella casa paterna fra lo dolci cure de’ suoi amali
genitori e delle affettuose sorelle. Ma nè queste, nò il mutar
d’aria e di cielo, nè il moto e le distrazioni del viaggio furon
un farmaco efficace pel suo ostinato malore ; talché, perduta
ogni fede in siffatti rimedii, la poveretta fu trasportata di
bel nuovo a Strasburgo, dopo d’aver dato un mesto ed ultimo addio a’ suoi parenti, e restituita al marito, cui era
riserbato il doloroso spettacolo della sua morte.
Una lettera di Zanchi a Pietro Martire ci permeile di seguirò ne’ suoi commoventi particolari gli ultimi giorni di
questa giovane donna, la cui morte piena di paco e rischiarala come da una luce celeste, parve meno una morte, che
una partenza trionfale dalla terra. Fra gli intervalli di riposo che la malattia le concedeva, ella prendea commiato da quelli cho eranle più cari, parlando con pietosa
eloquenza della brevità della vita, della vanità di sue promesse, in confronto della gloriosa certezza della fede e della
felicitò riservata alla perseveranza dei giusti. A misura che
le sue forze declinavano, il suo spirito, quasi emancipalo
dai vincoli terrestri, sollevavasi piii liberamente verso il
mondo invisibile, meta delle sue aspirazioni o dei suoi desiderii. E non tornava co’ suoi pensieri a questo basso
mondo, che per consolare i cari oggetti delle sue affezioni.
« Non piangete per me, diceva, ma rallegratevi; perchè fra
poco io sarò in cielo, cd è giusto che vi entri col sorriso de’
beati ». In uno slancio di fede, ella contemplava il Cristo,
ne udiva la voce e rispondeva come a persona presente.
Quando l’afilitlo Zanchi, seduto al capezzale dolla moribonda vegliando e pregando per lei, dolevasi di non poter
lasciare in una ad essa questo mondo, « No, no, rispondea
Violante, il tuo giorno non è ancora venuto ; per ora tocca
a me, a me che non sono buona più a nulla sulla terra, nè
vi potrei rimanere senza essere di peso a' miei. Ma tu,
amico mio, tu sei utile ancora alla Chiesa di Gesù Cristo. —
Verrai a raggiungermi a suo tempo coi miei parenti e con
tutti quelli che amo ». Tale era la sua costanza in mezzo ai
dolori; tale la sua serenità davanti la morte. E le sue parole,
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gravi e tenere insieme, erano a quando a quando improntate
d’una pietosa allegrezza.
Il celebre storico della Riforma, Giovanni Sleidan, era
allora ammalato di peste, la quale infieriva a Strasburgo, e si
disperava di salvarlo. Zanchi recavasi dal capezzale di sua
moglie a quello dell’illustre storico, con cui aveva da molti
anni vissuto in grande dimestichezza. « Di' a Sleidan che
abbia coraggio e che parta contento ; io Io seguirò da vicino.
Se il dottor Pietro Martire volesse unirsi a noi, formeremmo
una bella compagnia davanti a Gesù Cristo ». — Cosi Violante al suo diletto sposo. L’ultima notte della sua vita,
quella cioè del 12 novembre 1556, essendole venute meno
a un tratto le forzo, e sentendo ormai vicinissima la morte,
indirizzò uu commovente addio a quelli che la circondavano
e soggiunse; « Signor mio e celeste amico, pietà di me! s
Gli astanti caddero in ginocchio pregando. Poco dopo, aggiunge Zanchi, mentr’io la sorreggeva fra Io mie braccia ,
abbracciommi, ed esclamando : « al cielo! al cielo ! » spirò
con un dolcissimo sorriso.
La morte di questa giovane donna produsse grandissimo
e generale dolore nella Chiesa di'Strasburgo, dove la purità
de’ suoi costumi, la santità della sua vita, la sua inesauribile carità verso i poveri le avevano conciliato l’amore di
tulli. I suoi funerali furono notevoli per un concorso straordinario di persone, che vollero darle l’ultimo attestato di
quell affetto e di quella ammirazione ch’ella aveva saputo
acquistarsi. Ella fu sepolta in una delle Chiese di quella città,
non lungi dalla tomba in cui giaceva la spoglia mortale
dello storico Sleidan che l’aveva preceduta. Di così infausto avvenimento l’addolorato consorte dava il mestissimo
annunzio a Celio Secundo Curione in questi termini ;
« Caro e venerato padre. — E tempo di mostrarsi forte e
di ricorrere a Cristo, il supremo consolatore; è tempo di
guardare al ciclo dove rivive neireterna gloria quell'anima
s'i dolce e sì santa, vostra figlia, mia diletta sposa. Violante !
Le lagrime scorrono in abbondanza dagli occhi miei, e l’afflizione ch’io ne risento, secondo la carne, mi lascia appena
la facoltà di scrivere, onde pregar voi, come pure naia suo-
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cera e le mie cognate, di moderare il vostro legittimo doloro..
Il mio si raddoppia al pensare di qual dolce e fedele e pietosa e amabile o cara compagna sia rimasto privo. Ma
che il nome del Signore sia glorificato nella mia aiìlizione.
È dovere del cristiano di conformarsi alla volontà di Dio e
dire con Giobbe ; « Il Signore me l’avea dato, il Signore me
l’ha tolto; che il suo nome sia benedetto ».
Curione, ferito nelle sue affezioni paterne, non ebbe altre
consolazioni tranne quelle che si trovano nella fede. « Le lacrime, i gemiti, ecco, scriveva egli ad un amico, il solo linguaggio che mi rimane. Violante, la mia diletta figlia, quella
che amavo come l’anima mia, ci ha lasciato in questa valle
di lagrime per volarsene sulle ali della speranza e della fede
a Gesìi Cristo..... Io non piango per essa, ma per me, o
piuttosto per sua madre che ne ha grandissimo dolore ».
E questo dolore era diviso da quanti erano amici di Curione, della sua famiglia, di Zanchi, e da quanti altri avevano
appreso a conoscere ed apprezzare le virtù della giovane
estinta. [Continua)
SEMPRE NUOVE VESSAZIONI IN TOSCANA
Riceviamo dalla Toscana il seguente doloroso documento della trista condizione a cui soggiacquono, in
quella eletta provincia d’Italia, i nostri fratelli nella fede;
e ci aiTrettiamo a stamparlo, non già per destare odio
contro i loro oppressori, ma all’unico scopo di procacciare la dovuta simpatia a coloro, che ogni maniera di
vessazioni soffrono tuttodì per la speranza che ripongono in Gesù Cristo, e che ci è comune.
GLI EYASGELICI TOSCANI J\1 FRATELLI PIEMONTESI
SALUTE E PAGE
da Dio Padre e dal uostro Signore Gesù Crinito.
Gravati dalla più brutale oppressione, in un paese ove una
legge effimera ha proclamato la libertà di coscienza, ove vantasi umanità e civilizzazione, inviamo a voi i rostri lamenti,
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onde, associandovi con lo spirito ai nostri dolori, innalziate
al Padre Celeste le vostre preghiere, acciocché voglia darci
forza bastante per sopportare con fermezza l’oppressione alla
quale ci ha sottoposti, forse per dare al mondo prove di nostra fede, in edificazione di tutti gli uomini, per i eguali fu
sparso il sangue prezioso deH’Agnello immacolato.
Il fatto che vi descriviamo servirà per darvi un’idea dello
stato in cui ci troviamo in Toscana.
La sera del 16 giugno stante, alle ore 9 lj2, Scipione Barsali passeggiava tranquillamente per Pontedera, luogo di sua
dimora, quando il sergente della gendarmeria, due comuni ed
un cursore lo affrontano, gl’intimano l’arresto, e lo conducono
in prigione. Nell’istesso tempo altra pattuglia procede ia egual
modo con Lorenzo Masi, ed altra assalta in propria casa Vincenzo Fantozzi, e lo toglie all’unica persona di sua famiglia,
la propria moglie da lungo tempo ammalata. Eusebio Massei,
era in letto gravato da ardentissima febbre, con un vescicante
aperto sul petto, ma questo stato non lo salvò dalla cattura:
alla sua moglie che piangente implorava pietà per l’ammalato
marito, bruscamente le rispondeva un gendarme; — < In carcere non muore nessuno ». Valentino Fantozzi salvavasi colla
fuga ; Faustino Gabbani, parimente nascondendosi, sottraevasi
alle reiterate ricerche della polizia.
É da sapersi essere un tal Giuseppe Coltelli ammalato, e
per quanto dice un medico di Pontedera, in pericolo di vita. I
preti, benché non chiamati nè da lui, nè dalla sua famiglia,
lo hanno importunato assiduamente, portandosi da esso in
due o tre alla volta, e con grida, minaccie e lusinghe, non
hanno potuto indurlo a ricevere le cose che suol dare ai moribondi la Chiesa romana, giacché ei diceva che il perdono dei
suoi peccati lo sperava da Dio pei meriti di Gesù, e non dagli
umani provi'edimenti. Questa è la causa per cui furono arrestati a guisa di malandrini, senza preventiva chiamata, gl’individui surriferiti; la mattina del 17, nella chiesa parrocchiale
fu esposta una Madonna, e furono fatte pubbliche preghiere
per la conversione dell’ammalato Coltelli, e per l’estirpazione
dell'eresia. Il prete Gaetano Cerrai pronunziava enfatica declamazione nello stile di quelle da esso recitate al circolo popolare nel 48, con la quale l’odio ai protestanti diabolici
insinuava nei petti degli ortodossi Pontederesi. Ma questa ortodossia con più veemenza si manifestava in una trentina di
bevitori di sorza, ad altrettante cialtrone, che è bello il non
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parlare della loro morale condotta. Alcuni di questi soggetti,
divorati da saato zelo religioso, devotamente barcollando,
andarono a gridare sotto le finestre delle famiglie degli arrestati: ndarebbano bruciati esii resubbriani.
Gli arrestati, posti in carceri separati, li più orridi già si
intende, fino alle 4 pomeridiane del 17, non poterono riscontrare altro cbe un apparato di sommo rigore.
All’ora sopraddetta il carceriere si fece vedere con la faccia
accomodata al sorriso. Furono quindi condotti al coadiutore
del delegato. Esso pure li riceveva con sorriso benigno. Dopo
le solite formole, face loro intendere che era stato cosi proceduto solo per ben di loro stessi, per sottrarli ad una dimostrazione popolare, essendo essi creduti autori della perdizione
spirituale deH’ammalato Coltelli. Quindi fu emanato un decreto col quale s’imponeva a loro di allontanarsi per giorni
otto da Pontedera, e di non comunicare per un anno con la
famiglia Coltelli, considerando che dalle preliminari informazioni emergono diversi dati a loro carico, per sospettare
con fondamento che l’oggetto delle loro visite all’ammalato
fosse quello di esercitar sul medesimo la loro influenza contro
la santa religione cattolica, ecc. Furono quindi ricondotti alle
loro carceri, da dove, per colorire il pretesto, furono estratti
alla mezzanotte, ma partirono da Pontedera la mattina veniente alle ore 7, furono veduti nelle pubbliche strade prima
della loro partenza, ove ricevetter delle dimostrazioni da molti,
ma di congratulazione, per essere stati liberati dallaprigione.
La dimostrazione popolare è un fatto che da gran tempo si
fomenta da diverse pie persone; ma finora, grazie a Dio, non
hanno guadagnato altro che soggetti, i quali non fanno molto
onore a quei signori ; ma eglino non guardano tanto per lo
minuto ai mezzi , purché ottener possano il loro intento 1
Questa è la via più plausibile per scaricare tutta la loro rabbia
contro dei dissidenti. Queste sono l’armi con le quali hanno
sempre combattuto. Le loro verità hanno per appoggio l’apparato del terrorismo. Ad onta dei teinpij non vogliono dimenticare i loro più luminosi trionfi ; la notte di San Bartolomeo e le stragi della Valtellina. Pare che abbiano poca
fiducia nelle parole di Gesfi Cristo: « E le porte deH’inferno
non la potranno vincere ».
Troppo in lungo porterebb« la narrazione di tutte le sevizie
che noi soffriamo : matrimonii impediti, insinuazioni ai committenti per non affidarci lavoro ecc. eoe.
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A Sesto, paese presso Firenze, furono bastonati due infelici, marito e moglie, perchè professori della pura religione
dell’Evangelo.
Noi frattanto sofferenti in mezzo a tanta oppressione, ci rivolgiamo a Dio, ed esclamiamo : « Signore sia fatta la tua toloatà ! Il Voi, o fratelli, pregate per noi. Amen.
CORRISPONDENZA PARIGINA DELLA B. N.
Parigi, 28 maggio 1857
Caro fratello f
In una mia antecedente (vedi n“ 8) vi diedi alcuni ragguagli sulle prime raunanze annue alle quali mi fu dato d’intervenire, ma non ho potuto darvene su tutte. Quanto però
avrei bramato che i nostri fratelli nella fede de^Piemonte fossero stati presenti a certe une 1 La generale raunanza delle
missioni riuscì in singoiar modo interessante. Il rapporto ne
sarà stampato, e scorrendolo, avrete campo d’ammirare l'energia, l'o-riginalità, la morale purezza del nuovo direttore, che
vi risplendono ad ogni pagina. Ecco presso a poco come
egli esordiva :
« Con grande diiEdanza di me stesso, & col più sincero
rincrescimento, io mi accingo oggi a presentarvi il rapporto
generale dell’opera nostra. Fino ad ora avevate la fortuna
di udire l’ottimo nostro direttore , il signor Grandpierre,
il quale sapeva così bene impadronirsi del vostro interesse,
con pensieri nuovi, e con dettagli in cui abbondaval’istriizione.
In quanto a me giungo dal deserto , d’in mezzo alle mandrie ; per più di 20 anni ho vissuto fra i pastori , e altro non
porto nelle vostre file che una verga da pastore ed alcuni
ciottoli raccolti nel torrente. Iddio lascerà egli tali cose al
posto che loro spetta, vale a dire fra quelle che « non sono »;
ovvero intenderà egli glorificarsi per mezzo di esse, svergognando le cose forti per via delle deboli, e quelle che sono
per via di quelle che non esistono? A tale interrogazione
non posso altrimenti rispondere , che mandando al Cielo
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fervidi sospiri ». Abbondavano iu quel rapporto descrizioni
piene di attualità, di pittoresco e di poesia; e gli uditori si sentivano come trasportati iu mezzo a quei cari Africani, che sono i figli spirituali di quell’ottimo pastore. La
lingua così ricca, così sonora, così logica dei Bassoutos, l’indipendenza del loro carattere, il generoso e nobile sentire del
loro capo Moscheh... l’insieme della vita di quei figli del
deserto, interessa al sommo grado coloro che hanno la ventura di sentirne parlare dal sig. Casalis. Lunedì scorso l'ho
visitato nello stabilimento ove sta preparando nuovi operai per
la missione, e sono stato oltremodo fortunato di fare la conoscenza di alcuni fra questi. Nel piccol salotto di ricevimento
voi vedreste i ritratti di tutti i missionarii francesi partiti da
questa casa, più quelli dei figli del re dei Bassoutos; una
collezione d’animali, di piante, di minerali di quel paese; poi,
appesi, a guisa di trofeo, alla parete, una pelle di leone ed
un'altra di leopardo (il sig. Casalis ha spesse volte combattuto
contro le fiere, e specialmente contro i leoni di cui quelle regioni sono infettate), una piccola corazza africana, e finalmente
io scudo e le altre armi che gli diede il re Moscheh, in segno
che gli conferiva il diritto di cittadinanza nei suoi Stati. Come
non porterebbero i missionarii il più vivo interesse a quei popoli di cui l'avvenire dipende intieramente dalle loro cure spirituali, e che tengono gli amici che hanno portato lorol’Evangelo come benefattori quasi celesti? Anché i bambini di quegli
ottimi fratelli sono attaccatissimi all’Africa. Un missionario ci
diceva giorni sono; « Da che sono in Europa colla mia famiglia, i nostri bambini non hanno mai voluto cantare i loro canti
africani. Ma quando hanno sentito che ci recavamo a Parigi
per poi imbarcarci e far ritorno in Africa, subito li ho udito
intuonare i loro cantici; la loro memoria non veniva meno;
cantavano a piena gola, come l’uccello che sta per involarsi ».....
Domenica scorsa ha avuto luogo nella chiesa deU'Oraiotre
de Saint-Honoré una cerimonia oltremodo commovente, voglio
dire la consecrazione di un giovine missionario, il sig. Coillard, che partirà fra poche settimane col sig. Daumas e famiglia per il Capo ed il paese dei Bassoutos. Una numerosa
e simpatica udienza raccoglievasi nel vasto tempio, per quella
solenne circostanza.....
Il sig. Fisch fece la preghiera di apertura e lesse la parola di Dio nel capo X dell’epistola ai Romani, e nel XX degli
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Atti apostolici; quindi il sig. Grandpierre, ex-direttore della
missione, disse il sermone di consecrazione, prendendo per
lesto Atti apostolici, IX, 15.
« In una circostanza come questa, egli disse, siamo soliti a
svolgere al missionario che parte la grandezza dei suoi obblighi. In quanto a me voglio quest’oggi mettergli sott’occhio
i suoi privilegi. Prima d’ora egli ha dovuto riflettere ai grandi
doveri che gli incombono; egli li sente, egli li sentirà; io non
voglio schiacciarlo sotto il peso di essi Quando già l’aura che
spingerà lungi da noi la nave che sta per riceverlo, gonfia le
vele ; quando patria, famiglia, amici stanno per scomparire ai
suoi sguardi, dopo un supremo addio, convien rilevare colui
che parte. Non è tempo per gli amici dello sposo di digiunare
mentre Io sposo è con loro; lo sposo sarà loro tolto; allora
digiuneranno.
« La missione, prosegui l’oratore accennando a quei privilegi, la missione è la continuazione dell’opera di Cristo che
l’ha comandata; essa è la continuazione dell’opera degli apostoli che cosi gloriosamente la iniziarono; essa è dunque
l'opera più grande cui possa attendere la Chiesa,
« La missione è quindi una prova ognoi sussistente, una
specie di miracolo permanente che fa palese fino aU’evidenza
la potenza rigeneratrice deU’Evangelo. Il pagano adorava un
idolo, si cibava di carne umana. Convertito, egli cangia tutto
se stesso, brucia il suo idolo, e va alla sua volta convertire il
suo prossimo.
K L’opera missionaria deve portare seco la propria mercede,
essendo la gioia in proporzione della fedeltà. Ciò ammesso,
quale non deve essere la gioia intima e profonda che inonda il
cuore del missionario tutto penetrato dallo spirito del suo ministerio! Badate ad uno Schwarz, che, dopo un lavoro di50 anni
muore circondato da migliaia e migliaia di Indiani da lui conquistati all’Evangelo ! Figuratevi un Morisson morendo senza
aver potuto, egli è vero, contemplare risultati così sorprendenti , ma sicuro che la Bibbia che ha tradotta in cinese,
mercè un lavoro di 25 anni, penetrerà fino agli estremi confini del vasto impero 1 Mio giovane fratello , domandate a
questi uomini, domandate ai vostri due colleghi qui presenti
se sì pentono della loro determinazione. E poi guardate a
quei poveri Africani che vi stendono le braccia , ohe vi
chiamano e di già vi amano 1 Partite dunque mio caro amico;
partite, e possa il Signore farvi dovunque trionfare colla sua
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grazia! Miei fratellil Ho io bisogno di sollecitare la vostra
simpatia, le vostre preghiere per questo amico che ci lascia?
Eppure si, ve le domando ancora, e sovratutto le domando
sincere ed efficaci... ».
Il giovane candidato, signor Coillard, prese a parlare dopo
il signor Grandpierre, e dopo aver renduto grazia a Dio che
l’avea cosi mirabilmente guidato e sorretto fino a quest’ora,
disse per sommi capi quali fossero le sue credenze e le verità
ch’egli intendeva di predicare ai Bassoutos. « Io sono, penetrato, proseguiva egli, della solennità del mio ministero ; e
quando rifletto alia risponsabilità che mi assumo, mi sento
come rabbrividire. Ma Dio mi chiama, ecco la mia forza! Il
mio Dio m’ha detto: Seguimi, ed io lo seguo. So dove io vo,
poiché vado al mio Dio, nella forza del mio Dio ; ed il mio
Dio si adopererà per me I »
A qùel punto il veterano dell’armata, il signor Casalis,
rivolgendosi al suo allievo come vecchio guerriero al giovane soldato che sta per entrare in campagna; k Un voto ardente del mio cuore, egli disse, compiesi in quest’oggi, e la
gioia riempie l’anima mia. La Francia evangelica è rimasta
circa 10 anni senza mandare nuovi missionarii aU’Africa ; ei
convien trovarsi nel campo della missione, lottando cotidianamente contro il gran nemico delle anime, per farsi capace
con quale angoscia il missionario scorga i minimi sintomi di
rilassamento in quelli che la sostennero fino a quel giorno.
Dio sia ringraziato ! i nostri cuori sono sollevati ! Nel momento
che lasciai l'Africa, un Negro mi disse: « Caro missionario!
« nulla varrà a consolarci della vostra partenza. Ma se cimana derete nuovi operai; se ci darete altri missionarii, inostri
« cuori riprenderanno qualche coraggio ». — « Mio giovane
fratello, siete voi che ai miei cari Africani porterete questa
consolazione, che dico? sarete voi stesso quella consolazione.
Sono scorsi 24 anni da che lo stesso predicatore, che abbiamo
avuto la fortuna di udire quest’oggi , tracciavami i doveri
del mio ministero. Io mi sentiva allora come spaventato e
stretto in una rete d’impotenza. Tali sono senza dubbio i vostri sentimenti in questo istante. Ma ricordatevi che noi siamo
chiamati a trionfare colla fede. Conviene che qualunque sentimento di forza propria sia annientato. Se tremate come fanciullo ; se dite : « io non sono che un fanciullo », questo ditelo
al vostro Dio ; prostratevi al suo cospetto, in quella polvere
dalla quale Ei si compiace a rialzar gli umili. Se, come Mcisè,
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voi non sapete come parlerete , ricordatevi della parola :
« Chi ha fatto la bocca deH’uoino? o il sordo? o il muto? »
Confidate nel Signore, che v’insegnerà a parlare, Non gli dite:
»Manda chi tu devi mandare »; siete voi ch’Egli vuol mandare, appunto perchè siete una di quelle cose deboli, colle
quali Ei si compiace di confondere le forti. Ricordatevi di
quello che diceva in proposito un uomo che avea l’esperienza
del travaglio e della vita : # Quando io son debole, allora sono
forte ».Ammantatevi intieramente colle promesse del Signore.
E se dopo queste supreme consolazioni ve ne occorreranno
altre ancora, fissate lo sguardo su colui che vi rivolge al presente la parola. Chi mi avrebbe detto che avrei riveduto tanti
amici, riveduto il caro direttore che m’avea ammaestrato ? Fissate Io sguardo sul vostro futuro compagno di viaggio. Egli
sa dove va; egli conosce per propria sperienza le fatiche, i
travagli e gli ardori del giorno, che sono la parte d’un missionario; ma egli sa altresì quanta sia la gioia che si trova nel
servire del tutto al Signore. Afferrate dunque tutta l’armatura
di Dio; armatevi dello scudo della fede e dell’elrao della speranza della salute; armatevi altresì della spada della parola di
Dio, 0 riconosca l'inimico dai colpi che gli vibrerete, che vi
siete recato a combattere nel nome del Signore degli eserciti ».
Egli è consolante, egli è bello, caro amico, il vedere in
mezzo allo strepito delle armi carnali, e alle grida confuse dell'armata di questo secolo, combattenti spirituali coraggiosi,
esperimentati inanimando in questa guisa alla battaglia i giovani compagni, cingendo i loro lombi della spada, e armando la
loro fronte dell’elmo della salute. Conceda Iddio a coloro che
si adoperano, con nomi diversi, nel bel campo d’Italia, una
fedeltà, un coraggio, una speranza altrettanta inconcussa. Conceda Egli a coloro che accingonsi ad entrare in quell’opera
importante, di farlo con tutta l’energia dell'animo e tutta l'intensità della fede, conciossiachè sieno i violenti quelli che rapiscono il regno di Dio.
Tutto vostro in Cristo Gesù.
G. A.
IL PERCHÉ DELLA CONFESSIONE
Trovandomi di passaggio con nn mio amico a N. nel Tortonese (così ci scrive un nostro amico), c’imbattemmo in un
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prete del luogo, certo don P., il quale avendoci riconosciuti
per Valdesi, si mostrò desideroso di aver colloquio con noi, e
ci chiese di farci compagnia mentre eravamo a pranzo. Ci fu
detto di poi, ch’egli gode la reputazione di uomo dotto e liberale. In fatto di dottrina però oi parve non allatto meritata la
sua fama, specialmente iu quanto alla sua conoscenza delle
Sacre Scritture. Figuratevi ch’egli ci voleva sostenere chenon
havvi nel Nuovo Testamento alcuno scritto dell’apostolo san
Pietro, ignorando intieramente l’esistenza delle due epistole
che portano il suo nome. Pazienza per un altro apostolo,
ma gli scritti di san Pietro ! mi figuravo che persino l’ultimo
pretuccio li dovesse conoscere; eppure ci fu assicurato ch’egli
è di molto il più dotto dei suoi numerosi colleghi di quel paese.
Comunque sia, abbiamo almeno trovato in lui un uomo
schietto, leale, spregiudicato, che non si ricusa di constatare
i fatti quali sono e di chiamare bianco il bianco e nero il nero.
Egli ci chiese il nostro modo di pensare sui varii punti di controversia che separano la Chiesa di Roma dalle Chiese Evangeliche. Si parlò del purgatorio, della invocazione ai santi, del
culto delle immagini, dei miracoli che si stanno tuttora operando, della transustanziazione, del celibato, ecc.; tutte dottrine nella di cui difesa il mio buon prete doveva presto deporre le armi e riconoscere che la ragione è da parte nostra.
Egli parlava talvolta con veemenza, ma devo dire ch’egli discuteva però in modo spassionato e con vera garbatezza.
Ad un tratto, rivolgendosi a me, egli mi disse; « Ma. dica
uu poco, la confessione l’hanno bene anche loro, non e vero? »
— n Certamente risposi, noi abbiamo quella confessione che ci
hanno prescritta Gesù e gli apostoli, che, cioè se un fratello
ha offeso un altro fratello, egli deve confessargli il suo fallo
e riconciliarsi con lui. (vedi S. Matt., ^23, 24; S. Giac., f 16.)
— « Ma la confessione auricolare, obbligatoria, non l’hanno
dunque loro ?» — « No, signore, la confessione dei peccati per
ottenere l’assoluzione non la facciamo a nessun'uomo, ma a
Dio solo, poiché Dio solo ce li può perdonare». — « Ma, ma »,
riprese egli con singolare energia di voce e di espressione, ed
accompagnando le sue parole con un gesto non men energico,
portando ambo le mani versoi suoi piedi, « e per tenere il popolo li, li, li, come fanno dunque loro? qui ci vuole bene la
confessione? * Non ci fu possibile raffrenare le risa nel sentir
quella esclamazione proferita con tanto calore di convincimento. Ma giammai mi era ancora imbattuto in un prete co-
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tanto sincero da confessarmi così chiaramente che la confessione
è proprio stata istituita «per tenere il popolo lì, lì, li
Feci intendere a quel buon prete, che non vogliamo noi tenere il popolo lì, lì, lì, ma che lo vogliamo anzi libero, francato da ogni schiavitù così spirituale, come materiale; che
lungi dal volerlo tenere in uno stato di minoranza e sotto tutela, è nostro intento e scopo dei nostri sforzi mettere ognuno
in grado di guidarsi da sè, secondo la sua coscienza, secondo
le direzioni della Parola e dello Spirito di Dio. Egli volle però
sostenere che la confessione è d’istituzione divina ; e indovinate dove l’andava a pescare ? Nel fatto, che Maria la penitente si era confessata a Gesù prima di ottenerne l’assoluzione.
Se ella si sia confessata non lo saprei dire, poiché la Scrittura
non ue parla ; ma ciò che io so molto bene si è che Gesù non
era un prete, ma bensì il Figlio di Dio, Dio stesso manifestato
in carne ed avente piena potenza di perdonare i peccati; altrettanto non posso dire dei preti.
Notizie.
Prarostino. — Nuova e più dolorosa visitazione. — Gran
parte dei nostri lettori sanno come fra i Comuni valdesi cui
gravi danni toccò patire per ben sei anni, a cagione della
crittogama, occupasse il primo posto quello di Prarostino, a
motivo del trarre quel Comune dalla coltura della vite la
sua precipua sussistenza. Finalmente, con questo anno, parea
così dura prova vicina al suo termine ; prospere e rigogliosi
le viti, bellissime le biade, promettitori di ricco provento i
bachi da seta, tutto concorreva ad infondere nel cuore di
quei poveri terrazzani le più liete speranze... quando ecco,
al dopo pranzo della domenica 21 giugno scaricarsi sopra
alcuni Comuni della provincia di Pinerolo, ma specialmente
su Prarostino, il più tremendo temporale che si fosse veduto
da molto tempo, cosicché in un batter d’occhio non rimaneva
più di quelle ridenti prospettive cui abbiamo accennato, se
non un’amara rimembranza. Tutto , alla lettera tulio era
stato tritato, distrutto dal tremendo flagello, e centinaia di
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famiglie trovavansi immerso più che mai nella miseria e
nelle lagrime. Quello lagrime tergerà , no siamo certi, quel
Medesimo che le ha fatto spargere, so i nostri fratelli ravvi,
sando la mano cho li ha colpiti e lo scopo di cos\ severa visitazione, unanimi esclameranno nel linguaggio del profeta :
« Venite, e convertiamoci al Signore; perciocchò egli ha la« cerato, ed altresì ci risanerà ; egli ha percosso, ed altresì
& ci sanerà le piaghe » (Osea, vi, 1). Ma a sortire così benefico eiTetto varrà altresì potentemente la carità o la simpatia dei fratelli ; epperciò a questa noi oi sentiamo spinti
a fare appello, sicuri che il nostro appello sarà udito ; e fin
da ora annunziamo essere aperta al nostro Uffizio una Sottoscrizione a prò dei danneggiati dalla grandine del Comune
di Prarostino, cast Cattolici romani che Valdesi. Fratelli,
mettiamoci, col pensiero, al posto di quei che solTrono, e facciamo a prò di essi quanto ragionevolmente vorremmo fosse
fatto a prò di noi in circostanze consimili !
Torre-valdese.—Nella seconda quindicina di giugno hanno
avuto luogo gli esami degli allievi dei varii stabilimenti compresi sotto la comune denominazione di Collegio Valdese di
Torre, e che racchiude in sè 1“ il Collegio inferiore ossia l»,
2“, 3» e 4® anno di Grammatica; 2“ la Rettorica due anci ; 3“ la
Filosofia; 4“ la Teologia, comprendendo ciascuna tre anni;
5® la Scitoia normale, in cui il corso degli studi è di quattro anni,
due dei quali comuni agli allievi maestri e a quei giovani che
destinansi al commercio; e due pei primi soltanto. Gli allievi
presentatisi agli esami sommavano a 85. Fra questi, sedici
sono stati ammessi con distinzione, e sono; per la Teologia,
Salomone G. P. e Revel Alberto; per la Filosofia, Rollier Carlo;
per la Rettorica, Meille Augusto ; per il Collegio inferiore,
Vola Giosuè, Gregori N. N., Rollier Alberto, Bonnet Paolo,
Rostagno F., Perelli Alessandro, Malan Carlo, Appia Alessandro, Albarino Augusto, Longo Emilio, Bianqui Tommaso;
per la Scuola Normale, VolaN. N.
Venti sono stati ammessi con piena soddisfazione, e sono :
per la Filosofìa, Proehietto Matteo, Jalla Giulio, Malan Carlo,
Rolando Giacomo, Revel Daniele, Rostagno Giacomo; per la
Rettorica Comba Emilio ; per il Collegio inferiore Bongiorno
Carlo, Biolley Giulio, Biolley Alessio, Tron Enrico, Coucourda Carlo, Gay Enrico, Tourn Clemente, Chiavia Paolo,
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Pons Gio., Hugon D.; per la Scuola normale Malaa G. G., Bii*
lour N. N., Giordano Gio. Giac.—Dodici sono stali ammessi
con soddisfazione ; quattordici semplicemente ammessi-, a ventitré è mancato il numero richiesto di punti per essere promossi. Quest’ultima cifra, ohe per essere relativamente elevata
ci porge la prova essersi usato nel suaccennati esami una
giusta severità, dà importanza altrettanto maggiore al numero
di esami ammessi, sia con distinzione, sia con piena soddisfazione,’sia con ¿oddisfazione, e costituisce, a parer nostro, il
più bello elogio che far si possa del collegio di Torre, che
coll’introduzione avvenuta di 23 nuovi scuolari, conta al presente 110 allievi. — Nella scuola di Teologia, aperta da solo
due anni, gli esami si sono raggirati per la Teologia esegetica,
sull’esegesi del profeta Isaia e del 1“ libro di Samuele, per l'Antico Testamento, sull'esegesi degli Atti Apostolici e della 1*
Epistola ai Corinti per il Testamento Nuovo; per la Teologia
sistematica, sulla parte dommatica; per la Teologia sioWca sulla
Storia ecclesiastica, dal secolo 5“ al 16", e sulla Storia dei dogmi
dal secolo 1° al 16°; e per la Teologia pratica sulla Liturgica.
Gli argomenti svolti dagli allievi in modo generalmente soddisfacentissimo, furono: -per la, Dommatica : 1® la, ^atisfactio
Vicaria di G. C.; 2» la Giustificazione per la fede; 3“ la Predestinazione: perla Storia ecclesiastica : 1“ le Dispute pelagiane ;
2® le sette che nel medio évo sorsero in opposizione alla monarchia papale; 3“ l’introduzione del cristianesimo in Germania,
specialmente da Bonifazio : per la Storia dei Dogmi : In che consista la Storia dei Dogmi ; carattere e personaggi principali del
primo periodo di essa ; 2“ carattere speciale del terzo periodo :
Storia del Sacramento eucaristico ; 3“ antropologia del Pelagianismo : per la Liturgica: 1“ Rapporto del Liturgo col culto cristiano nel sistema papale: canto e musica; 2° Rapporto del Liturgo col culto cristiano nel sistema episcopale: Preghiera; 3“
Rapporto del Liturgo col culto cristiano nel sistema presbiteriano:
Lettura della Bibbia. — Sermone. Gli allievi di questa scuola,
che erano tre, sono ora giunti al numero di cinque, e giova
sperare che questo numero andrà crescendo ogni anno, e che
uomini i quali alla pietà associeranno la scienza, usciranno in
grau copia da questo nascente stabilimento, per il maggiore
incremento della Chiesa e la salvezza di molte anime.
Grosso Domenico gerente
Torino. — Stamperia dcU’Unione Tipografico-Editrice.