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Anno 122 - n. 18
2 maggio 1986
L. 600
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a; casella postale - 10066 Torre Pellice.
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE _
INTERVISTA AL SEGRETARIO GENERALE DEL CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE
Punti
di vista
AlTindomani del « caso Biagi », la cui intervista a Gheddafi
fu vergognosamente censurata
dalla RAI con un’ipocrita scusa
tecnica. Luigi Firpo scrisse sulla Stampa un pezzo per la sua
rubrica « Cattivi pensieri » mettendo in luce con amarezza la
figura di un’Italia eterna bambina i cui tutori ritengono di
dover sempre pensare e decidere per lei, negando cioè agli Italiani capacità critica, maturità
e responsabilità.
Si potrebbero proseguire le linee di quelle pertinenti considerazioni e chiedere quale sia la
matrice culturale di questa eterna tutela. Non c’è dubbio, a mio
parere, che sia la cultura da
sempre promossa dalla gerarchia cattolica.
Lo vediamo nell’annosa questione dei matrimoni misti in
cui non viene riconosciuta una
capacità di decisione autonoma
e responsabile ai genitori in ordine alla testimonianza cristiana da dare al figli e vengono
quindi imposte (in forme via via
più sfumate ma sostanzialmente
immutate ) garanzie che danno
alla Chiesa cattolica un diritto
di opzione sul battesimo e l’educazione dei figli non ancora nati.
Lo vediamo nella persistente
politica cattolica che privilegia
il pluralismo delle istituzioni anziché il pluralismo nelle istituzioni, particolarmente nel campo della scuola, con l’intento di
fornire ai cattolici spazi riservati e al sicuro da pericolosi
confronti diretti. Sempre nel
campo della scuola un riflesso
di questa mentalità appare nella
fortissima resistenza in campo
DC a lasciare che siano gli studenti delle scuole superiori a decidere in modo autonomo se avvalersi o meno deU’insegnamen
10 religioso cattolico nella scuola.
Ma è di questi giorni l’esempio più clamoroso di questa
mentalità deU’eterna tutela. All’Assemhlea nazionale dell’Azione Cattolica il card. Poletti nel
dibattito sul documento conclusivo ha chiesto che l’assemblea
non lo voti ma dia incarico al
nuovo Consiglio nazionale di
« confrontarlo rispettosamente
con l’episcopato italiano ». Il documento affronta infatti argomenti morali e dottrinali su cui
solo competente è l’episcopato.
Clamorosa è questa pretesa
di negare ai laici della chiesa la
possibilità di una loro autonoma posizione, che non sarebbe
comunque la voce ufficiale della Chièsa cattolica. Ma ancor
più clamoroso, e rallegrante, è
11 secco no, quasi unanime, con
cui questa richiesta è stata respinta : il Consiglio nazionale
potrà rivedere la forma del documento, ma non il suo contenuto.
Questo episodio suggerisce un
duplice auspicio. Da una parte
che il laicato cattolico sappia
mantenere con fermezza e dignità queste affermazioni di indipendenza; dall’altra che la gerarchia cattolica impari che per
1 figli un solo rischio è peggiore di quello dei loro sbagli: quello che i genitori impediscano
loro di sbagUare, impedendo loro di diventare adulti.
Franco GiampiCcoli
Ecumenismo, sinonimo
di soiidarìetò
Nella valutazione (del primo anno di lavoro emerge un disagio per il superattivismo del CEC che Emilio Castro vorrebbe vedere ridotto
Al termine del suo primo anno di attività come segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, il pastore metodista
uruguaiano Emilio Castro ha rilasciato al direttore della rivista
del CÉC One World un’intervista di cui pubblichiamo le parti salienti.
— Pensando al primo rnno di
lavoro come Segretario generale, che cosa l’ha colpito di più
in ciò che ha vissuto?
— L’impressione più forte Tho
avuta dal clima ecumenico positivo che prevale nella maggior
parte delle nostre chiese. Il Consiglio Ecumenico ha numerosi
amici, compresi coloro che si
pronunciano in modo critico sul
modo con cui affrontiamo il nostro compito ecumenico e sugli
orientamenti che seguiamo !
Ciò che mi sembra mancare
è un’idea chiara del cammino
che dobbiamo fare a partire dal
punto a cui siamo giunti. Come
ho già detto nel mio rapporto
al Comitato Centrale a Buenos
Aires, sembra che noi ci troviamo felici e contenti a bordo del
vascello ecumenico senza preoccuparci molto del come raggiungerà la sua destinazione :
l’unità della chiesa.
La mia impressione è dunque
duplice. Positiva anzitutto perché Tecumenismo è profondamente ancorato nella coscienza
delle chiese, che sanno di far
parte di un tutto ; ma anche ne
gativa perché queste chiese hanno messo a punto un tal numero di modi di vivere le une accanto alle altre, di cooperare in
modo sporadico, che il loro desiderio di unione non ha la forza appassionata né l’urgenza
quieta che desidererei vedere in
loro.
— Lei ha dedicato buona parte del 1985 a visitare chiese-membro nel mondo intero. Che cosa
ha ricevuto durante queste visite?
— E’ appunto in occasione di
queste visite che ho tratto questa impressione di amicizia e di
sostegno. A mia volta ho approfittato di quelle occasioni per
cercare di comunicare alle nostre chiese una sana impazienza nei confronti dell’unità.
COSA VUOL DIRE "RINUNCIARE A SE STESSI”? - 2
Abbandonare
E chiamata a sé la folla ed i suoi discepoli disse loro : Se uno
vuol venire dietro a me, rinunzi a se stesso e prenda la sua croce
e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita la perderà; ma chi
perderà la sua vita per amor di me e del Vangelo la salverà.
(Marco 8; 34-35)
L’abbandonare è il secondo
termine che può definire quello
che Gesù chiama la rinuncia.
Rinunciare è un termine poco
apprezzato dalla psicologia moderna che vede nella rinuncia
una inevitabile fonte di frustrazione e di complessi. Eppure la
fede nasce dalla rinuncia, si radica in essa, si estrinseca in essa. Non c’è fede senza rinuncia
come non c’è fede senza scelta.
Con un'immagine certo paradossale ma molto efficace Gesù ha
detto un giorno ai suoi discepoli: « Se la tua mano è per te
occasione di peccato, tagliala e
liberatene, meglio entrare storpiato nel Regno dei cieli che essere in forma e finire nella geenna, cioè andare in perdizione».
Per salvare la tua vita è meglw
che tu rinunci ad una parte di
te stesso.
Perché la rinuncia è così strettamente legata alla fede? Perché
è espressione della libertà e la
fede è libertà. Quando sai rinunciare vuol dire che non sei più
schiavo, succube, condizionato.
Chi non ha avuto modo di verificare questo fatto incontrando
un fumatore incallito che ha
smesso di fumare? Ha rinunciato, ha saputo rinunciare, ma è
forse il suo un gesto di impoverimento, di riduzione, di asservimento o non piuttosto un gesto di libertà, di liberazione, una
riscoperta della propria dignità
perduta? C’è però di più,,, il suo
^esto è statò un atto dì libertà
non solo perché ha saputo compiere una scelta ma perché ha
prodotto libertà, chi lo ha compiuto è più libero di prima, non
è solo libero di fare o non fare,
è libero di essere, di esistere.
Oltre ad essere un atto di libertà la rinuncia è però anche
un atto di forza. Significa che
hai la forza sufficiente per non
essere condizionato, per non lasciarti condizionare, significa che
tieni in mano te stesso e le cose
tue, che ne puoi disporre come
ti pare meglio. Non è un caso
che la rinuncia abbia avuto tanto posto nell’educazione civica
e religiosa del mondo antico e
medievale, abbia goduto di tanto credito presso i fdosofì e maestri ed abbia trovato tanto seguito anche nella chiesa cristiana.
Il monacheSimo antico poggiava interamente sull’ideologia
della rinuncia: al mondo, ai piaceri, alla vita, alle soddisfazioni. Ed essendo le cose materiali
le prime a cui si può rinunciare
la rinuncia cristiana fu essenzialmente rinuncia al bene materiale.
Anche Valdo compie il primo
passo della sua conversione in
questo spirito, in quest’ottica,
rinunciando alle sue ricchezze.
Ed è molto bello e profondamente vero il discorso che la
tradizione gli attribuisce quando si liberà dei suoi ultimi averi: « Voi mi giudicate pazzo, fuo
ri di senno, infelice mentre sono
il più felice degli uomini perché
mi sono liberato dei miei padroni, i miei tiranni, quelli che hanno dominato sulla mia vita, i
soldi ».
Tutto vero e bello ma l'animo
umano è più complesso e contorto di quanto si creda e la forza della rinuncia ha finito col
creare più superbia che libertà.
L’uomo che sa rinunciare è consapevole di queste scelte, è consapevole di essere forte,nella
comunità cristiana la rinuncia
ha finito col diventare un merito. E’ bravo chi sa rinunciare,
è più bravo degli altri, è più cristiano degli altri: i Jrati sono
più cristiani dei cristiani, più
autentici, più vicini allo spirito
di Cristo e ci vorrà Lutero per
ricordare che non è vero, che
non è la rinuncia a fare la fede,
che non è rinunciando che si
crede ma si vuò rinunciare solo
perché si crede.
E fu Lutero a rimettere al suo
posto esatto la parola di Gesù:
essere discepoli significa rinunciare non a cose, oggetti, situazioni, beni e privilegi soltanto
ma essenzialmente rinunciare a
se stessi. La scelta della fede
che conduce alla rinunzia è scelta fra Gesù e me stesso, fra il
suo amore, la sua legge d’amore ed il mio egoismo, la legge
del mio interesse personale.
E’ da me stesso che Dio mi
deve salvare, non dai piaceri del
mondo: il pericolo per la mia
libertà sono io, la minaccia non
viene da fuori ma da dentro (T
me. Posso rinunciare a molto,
a quasi tutto, ma difficilmente
rinuncio alla mia autonomia.
Giorgio Tourn
C’è una parola che sento nelle chiese per ogni dove, ed è la
parola « solidarietà ». L’ecumenismo è sinonimo di solidarietà
soprattutto per le chiese che vivono in situazioni tali per cui le
preghiere e le visite di appoggio
di altre chiese sono loro indispensabili. Questo si è manifestato molto chiaramente a Buenos Aires nella testimonianza di
gratitudine che il CEC ha ricevuto da tanti gruppi preoccupati dai diritti umani. In questo
contesto la vera definizione dell’ecumenismo era la solidarietà
di quelli sui quali si può contare. Quasi ovunque mi sono recato l’anno scorso ho visin manifestarsi questa dimensione in
modo molto netto.
— Questa solidarietà può essere sentita anche da chiese che
non sono né oppresse né in lotta o che non costituiscono una
infima minoranza?
— credo di sì. Sento ’intensa solidarietà da parte di chiese
dell’Asia, dell’Africa e dell’America latina nei confronti delle
chiese delTEùropa occidentale,
per esempio, dove la lotta è molto differente; non si tratta qui
di resistere all’oppressione ma
di affrontare le tentazioni della
società dei consumi, di ritrovare la fede in una società secolarizzata dove Dio non ha più
posto; si tratta anche, per chiese strutturate come se fossero
maggioritarie, di affrontare la
realtà che le mette di fronte al
fatto che sono una minoranza.
In una situazione di questo
genere, la testimonianza, la solidarietà di coloro che lottano altrove, sono indispensabili tanto
per ricordare che la fede va al
di là dei limiti nazionali quanto
per ridarle la sua vivacità e la
sua gioia e per lanciare una sfida e un appello ai giovani. Quando un Helder Camara o un Desmond Tutu si rivolgono ad un
pubblico occidentale diventano
dei meravigliosi evangelizzatori
che fanno passare un messaggio
capace di render più forti le
chiese di quei paesi.
Beninteso, noi membri del
movimento ecumenico dobbiamo avere la saggezza di non distogliere tali persone dalle loro
lotte quotidiane a nostro esclusivo beneficio. Siamo certo molto
contenti che dei cristiani del Sud
Africa vengano a testimoniare
della loro lotta e ad ispirarci
Intervista a cura di
Marlin Van Elderen
/continua a pag. 6]
2
2 fede e cultura
2 maggio 1986
SI SVOLGE AD AGAPE IL CONGRESSO DELLA EGEI
Riflessione suU'identità
Si tiene questa settimana lo
Vili Congresso della Federazione Giovanile Evangelica Italiana: duecento giovani in rappresentanza di circa cinquanta
gruppi giovanili aderenti alla
Federazione e vari osservatori
si incontrano ad Agape per valutare il lavoro svolto negli ultimi due anni e mezzo e per pianificare le prossime iniziative.
H titolo del Congresso, « Identità nella fede e speranza nel
tempo di Dio», riprende un tema di riflessione che da qualche tempo è all’attenzione dei
gruppi giovanili federati: la riflessione sull’identità. Proprio
qella scorsa primavera, difatti,
la FGEI aveva promosso un campo studi nazionale sul tema
« Soggettività, identità personale
e vocazione cristiana ». Quest’incontro, svoltosi a S. Severa, aveva avuto un carattere specificatamente teologico: in una fase di
crisi delle identità da una parte
e di rilancio delle identità « forti » dall’altra, i giovani evangelici si erano interrogati sul senso
e sul significato della loro identità nella fede in Cristo, della loro appartenenza al Signore, del
loro impegno all’interno delle
comunità evangeliche e della testimonianza evangelica nel nostro Paese.
Tre caratteri
Quell’incontro offriva uno
« spaccato » della realtà FGEI
attuale che ci pare si possa riassmnere in tre punti: la presenza massiccia dei «giovani dell’85 », la ricchezza interdenomi
sr
Fermo restando che la chiesa valdese e metodista Italiana continuerà a
sostenere I propri pastori in attività ed
in emeritazione nonché tutte le spese
Inerenti al culto ed agli edifici ad esso destinati nonché le attività di evangelizzazione, potrebbe usufruire di questa possibilità offerta a tutti i cittadini italiani per rafforzare il proprio campo sociale (ospedali, case di riposo, orfanotrofi, eventuali cooperative agricole per ricupero tossicodipendenti e —
Dio lo volesse — una cooperativa per
aiutare nel reinserimento sociale le
prostitute ed i prostituti che intendono
abbandonare il marciapiede e che ora
non hanno un posto ove appoggiarsi).
Sino ad ora nessuno ha rifiutato offerte
per questa o quella attività anche dai
non valdesi-metodisti; perché ora si
vorrebbe proibire di destinare quell'8
per mille, che è un loro diritto, alle
attività sociali della chiesa valdesemetodista?
Unitamente vi è la questione del
contributi volontari, sino a due milioni
di lire, che la legge permette a tutti
di destinare ad enti o chiese e agli
stessi tutti permette di defalcare dai
redditi annuali.
Perché non accettare per le opere
sociali valdesi-metodiste che sono aperte a tutti? Il rifiuto (eventuale) da
parte valdese-metodista di accettare
l'8 per mille ed eventuali offerte detraibili costringerà persone che non
appartengono alla vostra chiesa a scegliere magari un ente che più si avvicini alle loro convinzioni, mentre
avrebbero già optato prò Tavola Valdese - Opere sociali.
Se questo 8 per mille fosse solo per
gli evangelici sarei il primo a dire: non
accettatelo, sarebbe un privilegio, ma
poiché è diritto che tutti dovranno
esercitare dico: accettatelo per le sole
opere sociali vecchie ed eventualmente nuove.
Buon lavoro.
Giovanni L. Giudici, Mestre
NO
nazionale ed una rinnovata ricerca «di teologia».
1) I giovani dell’85. Il dato
non è semplicemente anagrafico:
ci pare il frutto di una serie di
iniziative di aggregazione e formazione promosse negli ultimi
anni che hanno rinnovato e cambiato la Federazione: la FGEI di
oggi, per chiarire, lavora molto
più per « progetti » che sulla base di una « linea » complessiva.
L’adesione si sviluppa a partire
dalla condivisione o dalla partecipazione alle iniziative della
FGEI sul catechismo e sulla formazione giovanile, sulla pace,
sull’ora di religione, sul volontariato o per l’animazione biblica e così via. Ne esce un quadro
probabilmente frammentario;
d’altra parte essere federazione
significa proprio vivere di questa
articolazione e trasformare la
frammentarietà in condivisione
e compartecipazione delle varie
esperienze.
2) La ricchezza interd'enominazionale. Sembra quasi ovvio
sottolineare questo aspetto che
sta alla base della storia e dell’esperienza della FGEI. Eppure ci
pare che oggi si esprima diversamente che in passato ; alla consapevolezza della necessità delTimità nella testimonianza, difatti, si aggiunge la coscienza
del patrimonio denominazionale.
Nel campo studi di S. Severa, per
lare un esempio, ci siamo « imbattuti » in diversità storiche od
ecclesiologiche che non ha senso ignorare od aggirare nel nome di un generico riferimento
alla tensione unitaria che sicuramente deve caratterizzarci. Al
contrario proprio l’assunzione
responsabile della propria storia
di credenti e di chiese può contribuire ad una ricerca sull’identità.
3) Una rinnovata ricerca « di
teologia ». Il « centro » dell’ultimo campo studi della FGEI è
stato propriamente teologico; il
titolo di questo Vili Congresso
contiene precisi riferimenti teologici; molti gruppi e varie federazioni regionali in questi anni
hanno sviluppato una serie di
esperienze di animazione biblica
ed hanno avviato ima riflessione
teologica sui temi dell’identità,
della pace, dell’etica, dell’ecologia, del culto e così via. Constatiamo insomma il rinnovato bisogno di una riflessione teologica nella quale collocare i vari
progetti di lavoro, le linee di impegno della Federazione nei
prossimi anni; in questo quadro
« identità », « soggettività », « vocazione» si confermano parole
chiave così come il tema della
predicazione — ai giovani ma
non solo a loro — emerge con
forza sempre maggiore.
Tre problemi
Questi alcuni tratti della FGEI
di oggi; quanto ai problemi che
saranno al centro del dibattito
precongressuale ci pare che se
ne possano individuare almeno
tre: la tematica della pace e della giustizia, la questione del lavoro ed il « problema della chiesa ». Quanto alla prima questione, le significative esperienze
realizzate da molti gruppi locali
e le più recenti vicende internazionali offrono ampi spunti per
sviluppare una riflessione e dei
programmi di una certa consistenza: si pensi al contributo
FGEI ad esperienze come il «progetto pace » alle Valli, al CEDIP
di Catania; ai numerosi e qualificati rapporti ecumenici che,
proprio a partire dal tema della pace e del disarmo, si sono
stabiliti con varie chiese ed organismi esteri (ricordiamo la
« lettera alle sorelle ed ai fratelli del Sud e dell’Est », i rapporti con varie chiese americane
collegate con la Riverside Church
di New York e la partecipazione a vari incontri ed iniziative a
livello internazionale), l’impegno
nelle strutture locali e nazionali del movimento per la pace anche nei momenti di maggiore
crisi e difficoltà.
Il secondo tema, quello del
lavoro, si pone come" nodo centrale per la comprensione della
cosiddetta ’questione giovanile’;
ai giovani viene sistematicamente ripetuto che c’è una « generazione eccedente » che il mercato del lavoro non potrà mai
assorbire e che per questo è costretta a « competere » od a ritagliarsi uno spazio di sopravvivenza nelle aree del precariato, del lavoro nero e sottopagato. Il messaggio è insieme economico e culturale, ha cioè delle conseguenze sul modo di vivere, di pensare, di studiare dei
giovani che vanno assunte in tutta la loro portata anche nell’ambito delle chiese: la predicazione
ai giovani, difatti, passa attraverso la comprensione dei fatti
centrali che determinano e segnano la loro condizione.
Il terzo tema è quello « della
chiesa », del complesso di problemi organizzativi, ecclesiologici e forse teologici’ che si stanno ponendo in questa fase. Ci
riferiamo al rapporto Stato-Chiese, alla politica diaconale, all’organizzazione del campo di lavoro pastorale, alla situazione
della diaspora... a quel dibattito
insomma che, avviatosi sulle pagine di GE, sembra felicemente
Sull'otto per mille ho l'impressione
che, sia attraverso l'Eco che in gruppi
di studio ed in assemblee di chiesa,
l’argomento sia stato in certo modo
dibattuto. Pure da molti contatti con
membri di chiesa ho tratto l’impressione che ci sia dell'incertezza e, quel
che più, manca una chiara visione dal
punto di vista teologico e della realtà
storica dei vissuto dei Padri. Per fortuna deH’argomento si discuterà ancora per molti annii
Sia chiaro: noi siamo una chiesa
che è stata nei secoli attenta all'ascolto della Parola di Dio.
Satana fece di tutto per tentare Gesù (Matt. 4: 4:); noi dobbiamo saper
sfuggire ai » lacci » ch'egli ci tende
(I Timoteo 6: 9), consacrati a Dio nella
nostra debole umanità, vigilanti onda
non ci « conformiamo al presente secolo » (Rom. 12: 2).
Per secoli e secoli i ■ valdesi » rifuggirono dagli allettamenti e dai beni
di questo mondo. I PADRI (e lo ricordiamo almeno col « Giuro... » che comunità e corali cantiamo) affrontarono
carceri, galere, inauditi sacrifici,... i
roghi e quelli che io poterono, per
mantenere la loro libertà e soprattutto la fede nell’Iddio vivente, abbandonarono case, terreni e beni, e taluni possedevano fertili terre, prodotti e
bestiame, come quelli di Pragelato,
Bourcet ecc. per rifugiarsi in terre
straniere, un po' in Svizzera e in
molti in Germania: fu una scelta: o servire a Dio o sottomettersi a Mammona.
E noi? Siamo eredi dei Padri? Ma
cosa c’importa delia loiolesca trappola dell'8 per mille? Il nostro compito fondamentale in questa tormentata terra italiana è quello di testimoniare Dio vivente, evangelizzare in ogni
luogo (noi, i chiamati a libertà) e mantenere nel limite delle nostre forze le
nostre opere diaconali, evitando di
voler far « tutto », tanto più che oggigiorno lo Stato provvede a molte opere assistenziali (più o meno bene
questo è altro problema). Non possiamo essere degli incerti: se Dio è
con noi quali incertezze possono trattenerci? E chi ci può mai impedire di
predicare, annunziare, evangelizzare?
In breve mi sia concesso di suggerire ai fratelli del SI' o del Ni una rilettura del volumetto di Giorgio Tourn:
« Una chiesa in analisi ».
Domenico Abate, Torre Pellice
e di riconciliazione rimane poco credibile se non culmina nel riconoscimento
giuridico dello Stato d'Israele.
PROTESTA
NECESSARIA
Caro direttore,
il tuo fondo sulla « Luce » del 18
aprile dedicato all'Incontro tra Wojtyla
e la comunità ebraica di Roma è molto prudente e per la tua posizione
ufficiale non poteva essere altrimenti.
Consenti allora a un semplice lettore, ohe non impegna né il giornale né
la Tavola, di dire liberamente le sue
impressioni suH’awenimento.
Concordo col tuo giudizio sostanzialmente positivo, riconosco la sobrietà
del gesti e delle parole e la intenzione
ecumenica, ho provato anch’io una forte emozione nel sentire nella lingua
dei • fratelli maggiori » e in quei luogo
Genesi 15 e Michea 4.
Ma, appunto, il senso di quelle
grandi parole mi sembrava contraddetto dalla richiesta di riconoscimento diplomatico di Israele da parte del Vaticano.
I rabbini, che noi evangelici siamo
abituati a considerare come i maestri
laici della Sinagoga, si sono intenzionalmente presentati all'incontro col
sommo sacerdote cattolico vestiti da
sacerdoti: così la Sinagoga ridiventava
visivamente il Tempio. La domanda politica dello scambio di ambasciatori dava ai rabbini di Roma la funzione di
rappresentanti ufficiali della chiesa d'Israele e trasformava la visita da fatto
eminentemente religioso a incontro
tra due potenze politiche. Non per nulla
era presente l'ambasciatore israeliano
presso la Repubblica italiana.
Fin troppo scoperto era il sottinteso, nei discorsi di parte ebraica, ohe
ogni dichiarazione cattolica di peccato
I rappresentanti ebraici sapevano benissimo che non avrebbero avuto risposta, perché il Vaticano non potrà
riconoscere Israele finché non rinuncerà a Gerusalemme. Wojtyla infatti
non ha risposto e ha richiamato anzi
la necessità dell’accoglienza degli stranieri. Per Israele gli stranieri più prossimi non sono forse i palestinesi?
I rabbini di Roma hanno piuttosto
inteso cogliere l’occasione per affermare davanti al mondo che l’ebraìsmo
mondiale si identifica con Israele, che,
a differenza delie chiese cristiane verso gli ebrei, Israele non ha colpe da
confessare verso altri popoli. Negli ultimi quarant’anni Jahwè ha guidato
Israele alla vittoria e ancora lo guiderà
fino alla distruzione o sottomissione di
tutti i suoi nemici. La sfida al mondo
islamico debole e diviso proseguirà
fino a che il Tempio non sarà stato
riedificato per la quarta volta e la
millenaria moschea di Oman non sarà stata demolita per fargli posto.
Se questa è la loro volontà profonda,
I rabbini Invece di parlare con Michea
della pace universale che unirà I
popoli, meglio avrebbero fatto cantando il canto di Deborah dal libro dei
Giudici. Ci domandiamo se tutti gli
ebrei italiani condividono la totale
identificazione con Israele pronunciata
dal rabbino Toaff.
Il preteso pastore della chiesa cristiana universale in questo incontro
rappresentava solo chi riconosce la
sua autorità. In Europa altre chiese
cristiane hanno pesanti debiti verso
gli ebrei, ma gli evangelici italiani, accomunati agli ebrei dalla medesima
secolare condizione di minoranza oppressa, hanno sempre intrattenuto con
essi rapporti ben più aperti e fraterni.
Questa antica solidarietà si manifesta
anche ora nella dura controversia sull’insegnamento della religione nella
destinato a svilupparsi, purtroppo in toni non sempre sereni
ed equilibrati. Questo dibattito
ha una rilevanza per la vita delle nostre chiese tale da non ammettere nessuna polemica oziosa, nessuna insofferenza, e da
sconsigliare posizioni liquidatorie nei confronti di una linea di
riflessione diversa dalla propria;
al contrario abbiamo bisogno di
attivare dei canali di circolazione delle idee, di verifica costante
delle iniziative nelle quali siamo
impegnati.
La FGEI coi suoi gruppi, le sue
strutture regionali, i suoi rajxporti con i centri giovanili e le
sue relazioni ecumeniche è sicuramente uno di questi canali e
non capiamo per quale strana
ragione qualcuno paventa che
questo vada a scapito della sua
primaria caratterizzazione giovanile; al contrario è l’espressione della partecipazione giovanile alla vita della chiesa, il
riscontro incoraggiante che l’aggregazione .giovanile promossa
dalla FGEI non è fine a se stessa ma orienta nel senso di un
impegno e dell’assunzione di responsabilità richiesta da una
chiesa riformata che voglia e
sappia riformarsi.
Un versetto di Osea
Prevedibilmente saranno queste le principali piste di discussione: il Congresso le percorrerà alla luce del versetto di Osea
che è stato scelto per accompagnare il titolo e proporre alcune
idee guida per la nostra predicazione, la nostra testimonianza e la nostra preghiera: « seminate secondo la giustizia, mietete secondo la misericordia, dissodatevi un campo nuovo! Poiché è tempo di cercare l’Eterno
finché Egli non venga e non
spanda su di voi la pioggia delia
sua giustizia» (10: 12).
Paolo Na.s»
scuola pubblica. Ebrei e valdesi/metodisti hanno fatto insieme ricorso al
T.A.R. del Lazio contro l’Intesa Falcucci-Poletti che mira a sottrarre nella
materna i bambini non cattolici alla
educazione delle loro famiglie e delle
loro chiese.
L’incontro di domenica era davvero
opportuno per protestare pubblicamente. I rabbini di Roma non lo hanno
fatto, come non lo hanno fatto i pastori evangelici con Cossiga il 17 febbraio.
Toaff, mentre dimenticava di rivendicare la libertà di tutti i bambini italiani, si preoccupava di esaltarne il
diritto ovunque per ogni uomo. Giustamente egli ha citato in particolare
l’Insufficienza di libertà religiosa per gli
ebrei in Unione Sovietica.
Avrebbe dovuto anche sollecitare
uguaglianza, giustizia e libertà per tutti
gli ebrei nello stesso Israele senza più
le odiose discriminazioni sociali tra askenaziti e sefardìti che sono state
mantenute finora e ohe hanno indotto
non pochi emigrati dall’URSS a chiedere di rientrare o ad andarsene negli
USA.
Anche questo è un aspetto della perdurante tragedia dei perseguitati di
ieri divenuti persecutori.
Giacomo Quartino, Genova
Credo che dovremmo fare qualclte
sforzo di più per capire che per gli
Ebrei il riconoscimento di Israele è la
fusione di esigenze politiche con sentimenti di identità di popolo (e quindi per molti anche religiosa). All'interno di questo riconoscimento vi è
poi la possibilità di distinguere dissentendo anche dalla linea politica dei
governi israeliani. Non capisco perché
si voglia negare agli Ebrei quella fusione (che è anche un loro unicum)
col risultato di Impedire loro praticamente di operare questa distinzione.
Quanto alle intenzioni dei rabbini
di Roma, nel paragrafo della lettera
che inizia con queste parole, io non
le ho proprio colte. Si vede che abbiamo assistito a due riprese televisive
diverse, diavolo di una RAI.
Per inciso: quando scrivo non miro
alla prudenza bensì all'esprimere al
meglio le mie convinzioni, (fg)
3
2 maggio 1986
fede e cultura 3
CINEMA
Fuori dall’Africa
Una visione mitica e bianca dell’Africa nera, tecnicamente un gran
bel film per chi accetti di limitarsi ad una intricata storia d’amore
Sono andato a vedere « La mia
Africa » aspettandomi di entrare, per i minuti che dura il
film, nel mondo africano in mo, do problematico. Ma Pollack, regista sensibile alle analisi sociali e politiche («Non si ucci' ‘ ' dpno così anche i cavalli?»; «I
groi^;)i del Condor», per citare
solo due dei suoi film più riusciti) questa volta, nel grande
colossal africano, si lascia prendere la mano dai sentimenti e
mitizza i ricordi autobiografici
della scrittrice danese Karen
Blixen che visse per vent’anni in
Africa. E’ una donna avventurosa (interpretata con sensibilità da Meryl Streep), piena di
soldi, che sposa (solo per conquistarne il titolo nobiliare) im
barone svedese, sicché la Blixen
si trova presto al fianco un uomo molliccio e ambiguo, che
la tradirà a ripetizione regalandole, tra l'altro, la sifilide.
Tutto si svolge in Africa, dove la Blixen acquista ima fattoria. Siamo nel 1914. Gli inglesi sono padroni del Kenya e
tutto il film è girato nell’ottica
colonialista d'inizio secolo. I poveri negri, conquistati prima dai
missionari poi dagli industriali.
sono proprio dei poveri negri
che servono il caffè con i guanti bianchi lasciando, ogni tanto,
cadere la tazzina a terra. Nel
film rAfrica è la tela di sfondo
ad un intreccio di amori, psicologie, tensioni e drammi di un
gruppo di bianchi. A un certo
punto l’amante della Blixen (che
è il cacciatore di safari Robert
Redford) si alza in volo con un
biplano e per alcuni lunghi, preziosi minuti ti godi il Kenya
dall'alto con le sue praterie, le
sue montagne e le sue cascate.
E’ una scena mozzafiato all’Ambrogio Fogar oltre ad essere un
ottimo 'spot' pubblicitario per
convincerti ad andare in Africa
almeno una volta nella vita.
La guerra in Europa si riflette anche nelle lontane contrade
kenyote; la Blixen vi entra dentro ma per uscirne quasi subito
poiché deve tirare avanti l’azienda che ha messo su con i
soldi di famiglia. La guerra, intanto, la fanno soltanto gli uomini. L’azienda funziona, vi lavora una tribù di Kikuyu che
vive ai margini della villa e della piantagione di caffè della nobildonna danese. Ma nel pieno
della produzione l'azienda bru
cia, con le scorte e gli impianti;
la Blixen — donna manager ante litteram — si ritrova povera
in canna. A questo pimto muore anche l’amante (cade con il
biplano), non può avere figli, e
in Africa non ci vuole più restare; mette all'asta (in un bazar
solo per bianchi) i suoi mobili
europei con le porcellane di Limoges e i cristalli di Boemia
per pagarsi il biglietto di ritorno in Europa. Prima di partire,
prega in ginocchio il governatore di salvaguardare la tribù dei
Kikuyu: « La terra è la loro,
qui noi bianchi siamo a casa
loro ». E' l’unico sussulto critico sul colonialismo. I 'nativi'
restano nella loro miseria, inquadrati in un meccanismo di
dipendenza economica e ideologica dei bianchi europei che la
fanno da padroni.
Secondo « La Vie Protestante », « c’est un beau film ». Moravia sull’Espresso (n. 13/86) ritiene che il film abbia tradito lo
spirito del libro della Blixen da
cui è tratto: « L’Africa è quella
dei safari; l’amore quello di due
membri della buona società inglese ». Tullio Kezich su Panorama (30.3.’86) è convinto che
ciò che non deluderà neppure i
lettori di « La mia Africa » « sono le stupende immagini dell’operatore David Watkins ». Secondo la rivista dei padri comboniani « Nigrizia » (aprile ’86),
che è molto attenta alla realtà
africana in termini critici, nel
film « in scena sono i protagonisti europei in Africa; gli africani, in Africa, rimangono comparse ».
Questa megaproduzione che si
è aggiudicata 11 nominations
per l’Oscar è una visione mitica
e bianca dell’Africa nera. Non
si va al di là della logica colonialista. Il titolo originale del film
è « Out of Africa »: « Fuori dalTAfrica », più onesto dell’interpretazione italiana: « La mia Africa » (si è usato il principio
delle equivalenze dinamiche?)
che rimane un titolo fuorviante
rispetto all’idea originale. Nel
film ci sono grandi tramonti,
grandi distese, stupendi leoni ripresi al rallentatore; negri pochi, sono quasi una presenza fastidiosa, disturbano il fascinoso
gioco di colori e di luci, di tensioni e di contrasti dei colonialisti iUmninati che in Africa trovarono nuovi spazi economici e
sociali, ignorando che un giorno sarebbe venuta la resa dei
conti. La storia del Sud Africa
insegna.
Detto questo il film, tecnicamente, anche se è un po' lungo
è un gran bel film purché si
accetti di entrare in una intricata storia d’amore vissuta accanto a sconosciuti popoli africani.
Giuseppe Platone
TRA I LIBRI
L’uomo dalle
quattro identità
Bruno Mussar: ebreo, padre
domenicano, cittadino di Israele, nato in Egitto. Questa la ’’carta d’identità” di un uomo dalla
grande ricchezza interiore, testimone vivente della molteplicità
dello Spirito, cittadino del mondo (figlio di padre ungherese e
di madre francese e già con le
cittadinanze egiziana, italiana e
francese), animato sempre da
empiti provvidenzialistici che non
hanno mai fallito. Nonostante la
scelta cattolica, già agnostico e
simpatizzante del protestantesimo, l’autore narra le sue successive "scoperte” interiori destinate a fargli trascendere ogni verità morale data, in modi spesso
bizzarri e paradossali, che lo allontanano dalle certezze precostituite. Durante la guerra sperimenta i pericoli e le discriminazioni dell’ antisemitismo nella
Francia occupata, rifiutandosi caparbiamente di nascondere la
propria identità ebraica (cosa
che, da prete, avrebbe potuto fare benissimo). Dominato da « una
grazia fatta di incoscienza e ingenuità », accetta l’obbedienza
come prova spirituale ma rimane
critico verso i molti aspetti antievangelici della Chiesa cattolica.
Accetta con entusiasmo di essere inviato nella Gerusalemme
ebraica per aprirvi un centro di
studi cattolici sulTEbraismo: qui
deve lottare per vedere riconosciuta la sua condizione naturale di ebreo senza incorrere nei
comuni sospetti di apparire, come prete cristiano, un traditore
« passato nel campo dei persecutori ». Contrasta faticosamente le dichiarazioni antiebraiche
di parroci maroniti e melchiti
^ per i quali gli ebrei sono « palesemente un popolo maledetto da
Dio », oltre ad opporsi ai pregiudizi dei superiori locali che lo ritengono inviato con il compito di
convertire gli ebrei. La stessa
consapevolezza dei pregiudizi
originati dalle certezze dogmatiche gli impedisce di cadere nelTassolutismo sionista e nel fondamentalismo biblico benché venga a sentirsi sempre più
ebreo e sempre più comprensivo verso le sofferenze patite storicamente dagli ebrei nei
paesi cristiani, per i quali l’ebreo
è di volta in volta il deicida, il
capro espiatorio da immolare
alla ragion di stato, il ricco, il
lascivo. « Con il loro atteggiamento verso gli ebrei (es.: i battesimi forzati) i cristiani hanno
chiuso loro la porta della fede in
Gesù e nel Vangelo ». Durante il
Concilio Vaticano II Mussar si
batte per far passare un documento « rivoluzionario » del cardinale Bea in cui la Chiesa riconosce i gravi errori compiuti nei
confronti degli ebrei, documento che « passa » dopo che è stata
scongiurata l’affermazione di un
testo sostitutivo di spirito opposto e mirante a ingraziarsi il riavvicinamento delle Chiese ortodòsse. L’autore confessa di aver
perso, in quel periodo, « molte
illusioni sulla Chiesa », benché
imparasse ad amarla al di là
delle sue apparenze. A Gerusalemme fonda la « Casa Sant’Isaia », impegnandosi contro
l’antisemitismo « cristiano » e le
idee « teologiche » false derivate
da secolari letture distorte delle
Scritture. Vede nel conflitto tra
israeliani e palestinesi un « assurdo scontro tra due giustizie »,
e, dichiarandosi sionista, manifesta nel 1971 in favore degli abitanti dei villaggi arabi di Israele espulsi dall’esercito nel 1948.
Nel 1967 fa addirittura parte di
una delegazione israeliana alrONU e da sempre parteggia
apertamente per il movimento
pacifista sionista « Peace Now »,
favorevole alla convivenza con i
palestinesi: « Il sionismo non si
oppone agli uguali diritti degli
arabi palestinesi... israeliani e pa
lestinesi si trovano di fronte ad
una scelta ineluttabile: vivere o
morire insieme ». Per Mussar il
« popolo eletto » continua spesso
a sbagliare perché cede alla tentazione di essere una nazione come tutte le altre, con le stesse
violenze causate dalle stesse
paure. Infine Mussar corona il
suo sogno: Nevé Shalom, « oasi
di pace », xm piccolo villaggio di
ebrei, cristiani e musulmani credenti e non credenti che vivono,
lavorano, e studiano insieme, fedeli alle proprie tradizioni e rispettosi di quelle altrui. Una
scuola di pace vera e propria
sorta tra mille difficoltà e ostacoli, con tanto di corsi, seminari
e tecniche di psicologia di gruppo, che forma decine di educatori arabi ed ebrei. « L’ebraismo —
conclude l’autore — costituisce
la necessaria riappropriazione
delle radici del cristianesimo, così come il cristianesimo rappresenta il compimento dell’ebraismo ». Stefano Bovero
B. Bussar, Quando la nube si alzava... - Uuomo dalle quattro identità,
ed. Marietti, Casale Monferrato (AL),
1983 (collana « Il Ponte »). L. 12.000.
Protestantesimo
in TV
LUNEDI’ 5 MAGGIO 1986
RAI 2 - ore 23 circa
L’apertura del « Contenitore » è dedicata al problema del Mediterraneo. Presente in studio il Moderatore
Giorgio Bouchard di ritorno
dagli USA. Il dibattito sarà
arricchito da 2 interviste in
esclusiva con Arie Brouwer,
Segretario generale del Consiglio Nazionale delle Chiese
USA e con Riad Jargiour, esponente del Consiglio Ecumenico delle chiese del Medio Oriente.
Seguirà una dichiarazione
di Emilio Castro in occasione della sua visita a Roma.
Concluderà la trasmissione la rubrica 1 -i- 1 ed un filmato sull’incontro di studio
su P. Guicciardini a Firenze.
Concordia
o tolleranza?
« Moyenneurs » furono chiamati i fautori di una « via media » fra protestanti intransigenti e cattolici ortodossi, che alla
vigilia delle guerre di religione
(1561) cercarono di attuare il loro programma di concordia religiosa mediante il ritorno e la riunione dei riformati alla Chiesa
cattolica, in virtù di moderate
concessioni dottrinali e disciplinari. Per questa ragione essi furono aspramente attaccati da Calvino che, da parte sua, spregiandoli quali subdoli «neutrali», «ni
chair, ni poisson » che restano a
« nager entre deux eaux », mirava in quel preciso momento storico ad ottenere misure di tolleranza, ossia la legittimazione, da
parte del governo, del culto riformato nel regno di Francia.
La presente ricerca* basata su
numerosi « pamphlets » polemici
e controversistici, sviluppa non
pochi temi essenziali della storia
franco-germanica deH’epoca (la
tolleranza e l’editto di gennaio;
la Confessione Augustana e la
« sincerità » del cardinale di Lorena; la politica di Caterina de’
Medici; la coercizione degli eretici; il concetto ambivalente di « innovazione »; l’idea di Riforma
ecc.), giungendo a risultati per
certi versi paradossali. Infatti
l’Autore, seguendo l’itinerario religioso e culturale di una personalità di secondo piano come
quella di François Bauduin (giurista e storico, seguace e poi avversario di Calvino), disseppellisce da una dimenticanza secolare il movimento dei Moyenneurs
(Bauduin, Cassander, D’Espence,
Montluc e altri), finendo col rischiarare di luce nuova la condotta e il pensiero delle stesse
personalità di primissimo piano quali Caterina de’ Medici,
il cardinale di Lorena, Michel
De L’Mospital, Cristoforo di
Württemberg e altri, in un momento critico di alto interesse
storico.
Il titolo Concordia o tolleranza?, ponendo in antitesi due idee
storiografiche e due problematiche apparentemente vicine (che
ancora oggi vengono considerate
assai similari dagli storici che
non ne valutano le intrinseche diversità programmatiche), intende dare un taglio prospettico per
molti aspetti nuovo di una storia vecchia, senza esimersi dal discutere — se non contestare —
talune prospettive storiografiche
comunemente accettate e date
per scontate. L’alternativa irrisolta fra « concordia o tolleranza » diventa in tal modo la chiave interpretativa per la comprensione delle cause e del perdurare
delle guerre di religione nella
Francia del Cinquecento, nonché
per la chiarificazione — ove si
richieda — della complessità ed
equivocità perduranti nelle aspirazioni dei movimenti ecumenici
dell’epoca nostra.
G. B. Furlozzi
' Turchetti M.. Concordia o tolleranza? François Bauduin ( 1520-1573)
e i a moyenneurs », Mila-no, Franco
Angeli. 1984, pp. 649. '
II
"8 per mille
Cominciano ad arrivare i primi
deliberati delle chiese sul tema
del finanziamento ecclesiastico che
il Sinodo ha affidato allo studio
delle chiese dando il termine del
31 maggio. Non potremo pubblicare
per esteso tutte le delibere ma
intendiamo tenere informati I nostri lettori con interventi periodici che, senza alcuna pretesa di uffìcialità, diano un quadro generale
del dibattito. Invitiamo pertanto
tutte le chiese a inviare copia della loro delibera alla redazione. Il
pastore Sergio Ribet è stato incaricato dalla redazione di curare
questa informtaione periodica.
4
4 obiettivo aperto
2 maggio la
NEL CENTENARIO DELLA MORTE DEL LEADER EVANGELICO
LA
DI
VITA
PIERO
E L’OPERA
GUICCIARDINI
Intorno alla metà di aprile, hanno avuto luogo a Firenze
due convegni di studio sul conte Piero Guicciardini, una de/le
più rilevanti personalità deWevangelismo italianà"
ottocentesco. Dei due incontri. Vano è stato organizzataL mh
dall’università e l’altro dalla chiesa dei Fratelli di via dellM
Vigna Vecchia: a questi incontri e alla figura del Guicciardii^
dedichiamo questa settimana le pagine centrali del nostro
giornale. I testi di Maselli e Barbanotti sono una parzicit
trascrizione, non rivista dagli autori, di due conferemo io vengc
tenute VII aprile nel tempio valdese di via Miciieli gaesto Eiv
Ja sentito
Docente di storia moderna all’Università di Firenze, metodista,
membro della Tavola Valdese, Giorgio Spini ha presieduto il comitato
promotore del convegno fiorentino su Guicciardini (membri del
comitato erano, oltre allo stesso
Spini, Salvatore Caponetto, Lui^
Lotti, Domenico Maselli, Paolo Ricca, Daisy Ronco). Non c’era, quindi, persona più indicata del professor Spini per illustrare il senso e
l’importanza dell’opera del conte; su questo argomento siamo riusciti, approfittando di una pausa
dei lavori, ad ottenere l’intervista
che segue.
— Come potrebbe essere illustrata in poche parole la figura del
conte Piero Guicciardini?
— Il Guicciardini è stato il padre dell’importante filone dell’evangelismo italiano rappresentato dal
movimento delle Assemblee dei Fratelli; ma, oltre a questo, è stato
senza dubbio uno dei maggiori personaggi del protestantesimo risorgimentale. Egli è stato, infatti, colui che ha portato alle estreme conseguenze le istanze di riforma religiosa che animavano, soprattutto a Firenze, una vasta cerchia di
intellettualità liberale. Altri, infatti,
come il futuro primo ministro Ricasoli, o il pedagogista Lambruschini, ritennero di poter realizzare
una riforma evangelica senza rotture traumatiche con la tradizione
cattolica toscana.
A Firenze e nel granducato, infatti, il cattolicesimo aveva un volto ben diverso — più aperto e moderno — da quello che mostrava invece nella Roma dei papi e in altri
stati italiani; si pensi per esempio
a quel che significò il sinodo di Pistoia del 1786.
Piero Guicciardini, invece, andò molto più avanti di questi rinnovatori moderati, fino ad approdare — lui che non accettava di
essere definito « protestante » — a
posizioni di protestantesimo radicale.
— Particolarmente interessante
e attuale mi sembra il rapporto del
conte con la politica e gli avvenimenti del suo tempo...
— Per inquadrare il personaggio,
bisogna sapere che il granducato
di Toscana era in realtà una repubblica di patrizi, nella quale il granduca aveva una funzione quasi simbolica; di fatto, a governare era
una cerchia di grandi famiglie. E
continuò così anche dopo l’Unità:
pensa che il primo sindaco « plebeo » a Firenze — un avvocato, per
altro — fu eletto nel 1909!
Era quindi impensabile che l’aristocratico Guicciardini non fosse
partecipe della realtà della sua città. Ora, questa élite fiorentina si
era permeata delle idee liberali, e
guardava all’Europa nella sua ricerca di stimoli e modelli per il
rinnovamento dell’Italia, anche in
campo religioso. Infatti, per loro
la rivoluzione liberale avrebbe dovuto essere necessariamente fondata su un rinnovamento religioso;
e per il Guicciardini ciò che c’era
di più moderno in campo religioso
era il protestantesimo.
Purtroppo, da un lato la chiesa
cattolica non accettò il rinnovamento liberale, e dall’altro il protestantesimo fu accettato solo dal popolo
minuto. E questo portò il Guicciardini e i suoi amici a rompere con
il modo di vivere della loro classe
sociale: lui cominciò a frequentare operai e artigiani, gli altri andarono a predicare a contadini piemontesi e pescatori liguri.
— Che ruolo ebbe il Guicciardini
rispetto aU’insieme dell’evangelismo
risorgimentale?
— Il suo fu un contributo fondamentale alla creazione di un’identità nazionale degli evangelici italiani, che era ima cosa tutt’altro
che scontata. Ho detto coirne per il
Guicciardini la condizione per il rinnovamento nazionale fosse l’evangelizzazione dell’Italia; ma questo
riimovamento, per essere nazionale,
non poteva ispirarsi a modelli stranieri, neppure religiosi: e questo
spiega ia sua posizione di « evangelico-non-protestante ». La biblioteca guicciardiniana è un po’ il
simbolo di questa ricerca, con la
sua raccolta di opere di riformatori italiani. E dire riformatori italiani significa sottolineare da un
lato che non sono esistiti solo riformatori tedeschi o svizzeri, e
dall’altro che il punto di riferimento non era Firenze o la Toscana,
ma quell’Italia che era ancora considerata una pura espressione geografica.
Questo ebbe un influsso decisivo
sugli stessi valdesi, che, rimasti
fino ad allora forzatamente chiusi
nelle loro valli a cavallo fra la
Francia e i domini dei Savoia, di
lìngua francese, non avevano coscienza di essere italiani. Questa
coscienza nazionale la acquisirono
invece proprio in quel periodo, attraverso i contatti con gli altri evangelici italiani, nell’ìncontro-scontro
di pessimi caratteri quali furono
quelli dei nostri padri. Una tappa
significativa fu il trasferimento
della scuola teologica da Torre Pellice a Firenze; ma si trattò in realtà di un processo lungo, e ricordo
ancora di come fosse teneramente
comico, al tempo della mia gioventù, il modo di parlare dei vecchi
pastori valdesi che, di madrelingua francese, avevano imparato un
italiano perfètto, infiorato di belle
frasi cinquecentesche...
IO propru
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hanno
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chia
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lini e c
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non
Ricordiamo un fratelio
che morì dimenticato
Sono passati 100 anni e facciamo una celebrazione. Mi ricorderò sempre come nel 1970, quando
si celebrarono i 100 anni dalla presa di Roma, la Provincia di Firenze organizzò una commemorazione
e l’affidò al nostro fratello Giorgio
Spini, il quale concluse il suo discorso dicendo: « Nel momento
stesso della presa di Porta Pia cominciò la crisi, non è certo il tempo per le chiarine e le musiche
trionfali. E’ il tempo invece di
rimetterci in marcia ».
La cosa più buffa fu che subito
dopo queste parole si alzarono i
trombettieri della Provincia e suonarono le chiarine! Ecco, io non
vorrei che noi suonassimo alcuna
chiarina né vorrei che noi pensassimo di poter uscire da questa sala contenti, tranquilli, riposati.
Cento anni fa la situazione del nostro paese era gravissima e questi
uomini hanno sofferto per l’Evangelo; ma hanno sofferto nella speranza, in tre speranze.
Tre speranze
Le foto di queste pagine, tratte
dal libro di Daisy Ronco, rappresentano Guicciardini già avanti negli anni e il luogo di adunanza dell’Assemblea dei Fratelli di via della
Vigna Vecchia a Firenze. Nel riquadro, l’epitaffio che Piero Guicciardini stesso scrisse per la sua tomba. Queste pagine sono state curate da Paolo Fiorio.
La prima speranza era che ben
presto l’Italia sarebbe stata un paese libero e che in questo paese libero si sarebbe potuto annunciare
l’Evangelo in piena libertà. Ma ben
presto si accorsero che i loro amici — il Ricasoli e gli altri — non
erano in grado di garantire la libertà per cui essi avevano lottato,
che avevano desiderato, che avevano sperato.
E la nuova Italia che nasceva era
piena degli stessi problemi che
c’erano nella vecchia. La prima speranza non si realizzò, se non in
una piccola misura. L’Italia che
avevano sperato il Guicciardini e
il Rossetti non venne e nel consiglio comunale di Firenze, 10 anni
dopo, nel ’70 il consigliere comunale Guicciardini si dimetteva dicendo: « E’ per me un grande onore
di essere stato solo a votare contro dei provvedimenti che hanno
rovinato la mia diletta città di Firenze ».
La seconda speranza era che,
una volta liberata, l’Italia sarebbe diventata cristiana.
Erano convinti che il giorno che
le Bibbie fossero veramente circo
late in questo paese, avessero potuto essere comprate e lette, sarebbero
cambiate tante cose. Non riuscirono a cambiarle loro, ma quando
100 anni più tardi, attorno al 1960,
le Bibbie hanno cominciato a diffondersi in questo paese, qualcosa è
cambiato. Se oggi noi siamo qui in
questa assemblea così composita è
anche perché oggi la Bibbia è nelle nostre mani; e guai a noi se non
la leggiamo insieme con tutto il
cuore, controllando insieme quello
che là Bibbia ci dice per andare
avanti nella nostra strada. L’evangelizzazione oggi è l’evangelizzazione di un paese che finalmente conosce la Bibbia; è l’evangelizzazione di un paese dove tante persone
la cercano; e guai se gli evangelici
la dimenticano, guai se gli evangelici la mettono in soffitta, soprattutto guai se gli evangelici e i cristiani in genere non la vivono integralmente, intéra, unitaria. Uno
dei problemi che abbiamo in questa nostra Italia di oggi, è quello di
gente, come i Testimoni di Geo va,
che riesce a convincere prendendo
pezzettini dell’Evangelo, tagliandoli
insieme e convincendo che ascoltare la voce di Dio significa dimenticare la croce di Cristo, che ascoltare la voce di Dio significa dimenticare il dovere civico là dove
Dio ci pone, che ascoltare la voce
di Dio sigriifica in altri termini
uscire dalla comunità nazionale e
cittadina. No! Quegli uomini non
uscivano dalla comunità cittadina,
erano buoni cittadini, vivevano
l’Evangelo con coerenza nei posti
dove erano. Quindi la Bibbia va
presentata insieme, tutta, e con coraggio. Una frase del conte Guicciardini mi ha colpito: « Dobbiamo
essere pronti con chiunque a verificare se le cose stanno così come noi pensiamo, a essere veramente biblici nel senso che lasciamo parlare il testo, che non andiamo con posizioni preconcette, che
siamo pronti ad ascoltare con umiltà, a correggerci ». E’ la posizione di Lutero, che Guicciardini
aveva fatto sua. come aveva fatto
sue tante posizioni di Lutero. Lui
diceva che non era protestante
perché non voleva identificarsi con
una delle varie scissure che hanno
sfigurato il corpo unitario del Signore. Ma il suo messaggio ripro
poneva soprattutto i tre grandi
« sola » di Lutero.
a ri
|o di
iBene,
in
^ntelle!
¿0 ad
ueste per
)gi, ma I
, xo tempi
del Signore, non ha pensato a crei g nati di
re tesori per il futuro ma ne ha angelici,
creati per il presente. E c’è un prendete
solo tesoro nel presente: è l’amare órdini: ic
il fratello. Il tesoro per il presene ^ fantas:
è l’amare l’uomo accanto a noi, j preso :
la donna che è accanto a noi, il jono sco
bambino' che è accanto a noi; il : mente c
tesoro per il presente è riconoscere ^ legger
il Padre nei suoi figli. Forse che j ,
la nostra società non ha dei segni ,gj.g|
di disgregazione? Porse che
Juest’ uc
Tre ’’sola”
viviamo sotto la spada di Dami>,^ epìti
de di una bomba atomica che noi ‘
abbiamo scatenato? Di nn’energia
che 100 anni fa noi neinineno a L
Primo di tutti, sola gloria di Dio.
L’errore che noi tutti facciamo è
che troppe volte presentiamo noi
stessi, anche le nostre debolezze o
le nostre grandezze, ma noi stessi.
No! La cosa che colpì un giorno
Lutero salendo sulla torre della
università di Wittenberg fu la gloria di Dio; è la gloria di Dio che
ci parla del nostro servizio per lui,
è la gloria di Dio che ci indica la
speranza, perché egli premia, vive e
regna.
Ma c’è un secondo « sola », c’è
un punto dove la gloria di Dio si
incontra con l’uomo, ed è la croce del Golgota. E’ là, fratelli, che
Dio ha mostrato con la sua gloria
la sua giustizia, perché ha condannato tutti noi' là sul Golgota e
condannandoci ha dimostrato che
non poteva venir meno la sua presenza e la sua giustizia; non poteva altrimenti perdonare l’umanità.
E c’è naturalmente un terzo- « sola » che è il « sola Scrittura ». Il
luogo dove l’assemblea dei fedeli
incontra il Signore è là dove il
Signore parla e la Scrittura diventa quindi il luogo della speranza
per questa nostra società. Quegli
uomini 100 anni fa aspettavano l’immediato ritorno di Cristo, che era
la loro terza speranza. La prima
speranza era la libertà per poter
predicare, la seconda speranza era
una nuova Italia in cui vivessero
vremmo sognato? Non ha forse I^Lejt'nornr
nostra generazione problemi piìi^
gravi e drammatici di quelli deif“ ■
nostri antenati di 100 anni fa? T coscio
E si possono affrontare questi^ <
problemi soltanto aspettando il '^fRiferend
torno del Signore in questa nostrafc^ vorrei
società e sapendo che solo da luiE ^
l’umanità malata avrà davvero
rigione. Voi lo sapete, io sono pgj.
lenarista » come era millenarista il q ,
Guicciardini e credo nel millennia.||p ^
perché credo che l’umanità dovrà col
noscere il Regno della giustizia ehJ
il Signore porterà. Questa speran«™,^,.^^
non ci fa abbandonare la lotta „i
al contrario, nell’attesa che il
gnore ritorni, noi amiamo c-i,’
stro paese come lo amavano i nog
stri padri.
Oggi è il momento di abbandfr.Ì^^^^Ì’j^
nare i vessilli particolari per ^
A.LU..1.N,- *, V 4. X''"- * I «U mici
tare e sentire la voce di Dio che ^
parla, per prepararci al ravvedi
mento, per essere disponibili
suo ritorno, per dare una speran®|^j^ ^
vera e autentica alla società in Ohi
viviamo. Ua unr
Il caro Guicciardini scrisse cambia
la lapide (vedi riquadro in quesMfe
pagine, n.d.r.) quando era solo; h'fe
veva con umiltà accettato di nohl
frequentare la sua chiesa, avevi ^
con umiltà accettato di chiuder®
gli occhi in silenzio. Scrisse quell?
lapide sconfitto. Lo dicevo stamatw’
na e lo ripeto Oggi: provate a ve
dere tutti i giornali evangelici u®’
veramente come fratelli, la terza dì quell a.nno,
sneranza la niù bella là nìù alo- Piccolissimo necrologio sua» *
speranza, la piu oeiia, la piu gio „ t hoIIq ana sevef-:
riosa, era che Cristo tornasse. E
l’idea che spingeva quegli uomini,
l’idea che Cristo stesse per tornare, non gli faceva pensare: non facciamo niente; anzi, li spingeva ad
annunciare l’Evangelo, a guarire
gli ammalati (Rossetti’era un medico omeopatico). Li spingeva all’impegno nella vita civile: a far
bene l’agricoltore, a far bene il cittadino e il consigliere comunale,
a far bene il proprio lavoro perché
il Signore li trovasse pronti nell’azione al momento del suo ritorno. Tutte le volte che la chiesa
cristiana ha aspettato il ritorno
nante. 'Tutti Tavevano dimenticatoi
quello che aveva fatto per Wt“|
non c’era più; era uno sconflttC;|
E’ strano: a distanza di 100 ann j
noi ricordiamo quello sconfitto;
sua opera è viva, i suoi fratelli W|
ricordano con affetto e con r*^i
noscenza. Noi tutti possiamo
dere in quel vecchio pedagogo, ^
quel vecchio agricoltore, in
vecchio uomo di Dio il segno .
una sconfitta che è la sconfitti
della Croce, che è la suprema
toria dell’umanità.
Domenico Maseu
5
io 1986
obiettivo aperto 5
COMMENTANDO L’EPITAFFIO DELLA TOMBA DI GUICCIARDINI
fFelice te che leggi...”
Firenzt
•a dellt
italiatui
inizzati
ia deli
ciardùul
I nostro
yarziaìt
ferenzt Io vengo dal Piemonte, da dove
M'icfteli.iiesto Evangelo che Guicciardini
la sentito è poi rimbajzato. !Eì,|o Scio proprio figlio di quei contadiun nipote di quei contadini
¡hanno sentito questo messag,ora. Pensate: mia nonna si é
rertita per la predicazione delini, un amico del conte Guicini! Predicava nel mio paesino
si chiama Casorzo.
Mia nonna ha parlato a mio pai e mio padre ha parlato a me di
ìsta loro fede così viva, cosi fore mi hanno insegnato ad andare
'orare con il Nuovo Testamenffl tasca. Dicevano: «Quando hai
po’ di tempo puoi leggere la
Saittura ». Questo vi dice fino a che
ipto la Bibbia avesse importanza
Questa gente, grazie alla testi■*anza di fede viva resa da Guicini e dai suoi amici ai miei nonI a tanti altri con loro.
nonna non sapeva leggere e
parato a leggere, ha studiato
lettera ai Romani e l’ha ima memoria; pensate che deio di conoscere la Scrittura!
bene, una testimonianza è stain questo modo a persone
intellettualmente, culturalmente
lO ad un livello molto basso;
ueste persone non erano dei teoigi, ma hanno testimoniato e in
, oco tempo, nel basso Piemonte, so
0 a crea' 5 nati decine e decine di gruppi
a ne ha sgelici.
] c’è un Prendete repitaffio del conte Guic' l’amare irdini: io trovo questo un messagpresente ^ fantastico. Questi uomini han) a noi, j pj-gso in mano la Scrittura, la
a noi, a ¡¡ano scoperta, Dio ha illuminato
1 noi, '■ „'mente di costoro che hanno voonoscere ¡m leggere da soli la sua Parola
arse cne j .jj^nno capito che Dio doveva reìei sega ¡are!
che nonr
epitaffio:
n’eneràaH
meno a- ''^^euno potrebbe dire che questo
forse l3 ^^^ii^tismo; ma noi sappiamo che
emi più
ufilli dei
li fa?
qui giace qualc che risusciterà.
lest’uomo, scrivendo e dicendo
se, aveva una fiducia senza
serve in questa rivelazione. La
,, a coscienza era legata al message questi io Scrittura.
«tra .^f®rendomi al conte Guicciardiu jL i, vorrei semplicemente dire che
° un credente, uno che aveva pre
i^ero Qjp jjo parola, uno che ci credeper davvero.
^ blennio .Quest’uomo, questo credente sa
ri^ovracfrÌ® Dio deve avere il primo posto,
-tizia essere onorato; e questo va al
’ ranziÌ di ogni barriera confessionale,
lotta Guicciardini, a questo probe il suo amico Ricasoli: « Non
IO il nO'Puu punto settario. Per me tutti
ino rnoPuro che rendono onore al Signocredendolo Dio manifestato in
,, doTU®« che ha salvato l’uomo non
Qsnet ' merito ma per grazia, tutti so«Vip fratelli. La mia fede è se
Scritture; desidero che tutnibili uomini si convertano e siano
sneranzarn?^^ P®*” rendere onore e gloria
tà in cuif r*° *•
La Scrittura letta e meditata di
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per tutti
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a denunciare tutto quello che a loro pare non vada bene; accuse contro: }e chiese, contro le denominazioni; questo non va, questo non è
secondo la Parola, le chiese hanno
perso il loro mordente, rEvangelo
viene adoperato, manipolato e invece di essere un messaggio di liberazione pare sia piuttosto un messaggio per spaventare la gente e
per dominarla.
Il Rossetti, un cristiano che si è
convertito tramite il conte Guicciardini, è poi venuto in Piemonte, dalle mie parti, per parlare dell’Evangelo. Quest’uomo di cultura è andato nelle campagne dove vivevano i
miei nonni che non sapevano leggere e non avevano istruzione, che
erano gli ultimi degli ultimi: e ha
predicato loro l’Evangelo, ha insegnato a scrivere e a leggere, ha curato i malati. Tanto aveva fatto l’Evangelo in queste persone. Non era un
Vangelo nuovo; ma avevano semplicemente compreso che questo Evangelo doveva essere vissuto così, avevano capito che il Dio della Bibbia,
il Dio di Gesù Cristo, è il Dio che
converte, che cambia le cose; cambia gli uomini e permette all’uomo
di chiamare l’altro uomo fratello,
fratello per davvero. Questi uomini
scoprono le esigenze di Dio e vivono
nella sua presenza.
Non proponevano degli aggiustamenti, proponevano qualcosa di radicale perché il messaggio dell’Evangelo è radicale. E questi uomini, vivendo in questo modo, avevano anche capito quanto fosse importante che la fede fosse vissuta
nell’oggi, nella vita di ogni giorno;
non erano proiettati verso il futuro,
verso Tal di là; non dicevano: pensiamo alle cose celesti, e intanto
restiamo con le mani in mano mentre aspettiamo il ritorno del Signore. Queste persone hanno lasciato
tutto e hanno rischiato, e hanno affrontato sacrifici, l’esilio, la miseria.
La lettura delTEvangelo, l’ascolto
della Parola di Dio li conduce a scoprire che tutti gli uomini valgono
lo stesso prezzo, che il conte Guicciardini vale tanto quanto vale il
cameriere: e il conte Guicciardini
non solo capisce ohe Dio ama il
conte tanto quanto il cameriere, ma
che di fronte a Dio l’uno e l’altro
valgono lo stesso prezzo e sono chiamati ad amarsi l’un l’altro. Ecco
perché quando il conte scrive nel
suo epitaffio di essere « nato di nuovo » nel 1836 non vuol dire di essersi convertito da una religione ad
e il conte non siamo dei capi, siamo
dei servi e coloro che parlano di capi
non hanno capito che cosa significhi
appartenere al corpo di Cristo ».
Leggendo queste righe si può
obiettare che ci si trova di fronte a
dei sognatori. Ma se noi cristiani
non siamo dei sognatori — lasciatemelo dire — non siamo niente!
Troppe volte noi siamo dei razionalisti; diciamo che crediamo in Dio
ma non abbiamo dei sogni, non abbiamo prospettiva, noi vogliamo
combinare le cose. Il Rossetti e il
Guicciardini vedevano Tltalia evangelizzata, convertita. Avevano un sogno che non si è realizzato. Ma da
loro possiamo comtmque imparare
questo: ad essere dei sognatori, come questi uomini che aprendo la
Bibbia hanno letto gli Atti degli
Apostoli e vi hanno trovato la
storia di un manipolo di persone, di
sognatori che pensavano che le cose
sarebbero potute cambiare, uomini e donne che avevano preso Dio
in parola, avevano addirittura venduto le proprietà e distribuito i loro beni. lE questo gruppo ha messo
il mondo sottosopra.
Un’ultima parola: su quella lapide c’è il motto araldico della casa
Guicciardini e il versetto 10 del Salmo 75. Questo versetto dice: « Egli
alza le corna (e questo è il motto
araldico della casa Guicciardini) del
giusto ». L’apostolo Paolo lo dice
con altre parole: « Dio ci fa suoi
collaboratori ». Il Signore si serve
"Per me vivere è Cristo"
QUI FURONO RIPOSTE
LE SPOGLIE MORTALI
DEL CONTE PIERO GUICCIARDIìNI,
FIORENTINO,
CHE EBBE L'ONORE DI SOFFRIRE
PER;!^ TESTIMONIANZA
DEL NOME DI GESÙ’
NACQUE NEL 1808
NACQUE DI NUOVO NEL 1836
SI ADDORMENTO’ NEL SIGNORE NEL 1886
VIVE,
RISUSCITERÀ’
SARA' ACCOLTO CON II SANTI ìMiUTATI DAL SIGNORE,
SARA’ SEMPRE COL SIGNORE,
RITORNERÀ’ COL SIGNORE
REGNERÀ’ CON TUTTI I SANTI COL SIGNORE
SARA’ PERFEZIONATO IN UNA STESSA COSA COL SIGNORE.
NON V’E’ ALCUN GIUSTO NON PURE UNO
TUni SONO DEVIATI NON V E’ ALCUNO CHE FACCIA BENE NON PURE UNO
TUTTI HANNO PECCATO E SONO PRIVI DELLA GLORIA DI DIO.
Romani cap. 3 v. 10, 12, 23.
IL SALARIO DEL PECCATO E’ LA MORTE
MA IL DONO DI DIO E’ LA VITA ETERNA IN CRISTO GESÙ .
Romani cap. 6 v. 23.
CERTA E’ QUESTA PAROLA E DEGNA DI ESSERE ACCETTATA
GESÙ’ CRISTO E’ VENUTO NEL MONDO
PER SALVARE I PECCATORI. 1 Tim. cap. 1 v. 15.
SE OAMMINIAIMO NELLA LUCE, IL SANGUE DI GESÙ’ CRISTO
CI PURGA D’OGNI PECCATO. 1 Giovanni cap. 1 v. 7.
IDDIO HA TANTO AMATO IL MONDO
CHE HA DATO IL SUO FIGLIOLO UNIGENITO
ACCIOCCHÉ’ CHIUNQUE CREDE IN LUI NON PERISCA
MA ABBIA VITA ETERNA. Giovanni cap. 3 v. 16.
CHI CREDE HA VITA ETERNA, E NON VIENE IN GIUDICIO.
ANZI E’ PASSATO DALLA MORTE ALLA VITA. Giovanni cap. 5 v. 24.
FELICE TE CHE LEGGI, SE CREDI QUESTO.
di uomini che mettono in lui piena
fiducia, prova ne è che, dopo più di
cento anni, siamo qui a parlare di
ciò che quest’uomo ha fatto nel
nome di Dio.
Giuseppe Barbanotti
Il fascino di una vita
ricca di contraddizioni
La personalità di Piero Guicciardini (1808-1886), prima e dopo essere
« nato di nuovo » (nel 1836), è complessa ed ha il fascino di ciò che —
per essere intensamente vivo — è
ricco di contraddizioni.
Nato in ima famiglia della nobiltà fiorentina, i suoi amici più fidati
li trovò tra i campagnoli delle sue
terre e la gente semplice convertita
aH’Evangelo. Se la prendeva con i
valdesi « stranieri », ma nel 1856 divenne cittadino inglese. Scelse di vivere in assemblee daH’ecclesiologia
messaggio del Signore Gesù dato a
Nicodemo: « Se tu non nasci di nuovo, tu non puoi entrare nel Regno
di Dio ».
Essere nati di nuovo secondo la
Scrittura vuol dire essere uomini e
donne che hanno cambiato mentalità, vuol dire credere neH’incarnazione di Dio; del Dio che si è incarnato, si è accostato al conte e si è
accostato a me. Mi sono venute in
mano certe lettere che mi hanno
impressionato; il Rossetti dice: « Io
un’altra ma molto di più; e per esprimerlo non usa una fràse.’qualsiasi. Il Piu ra4icala, rifiutava 1 valdesi r lo conte conosce la Bibbia, conosce il mati, ma nutriva simpatie per 1 epi
scopale Chiesa d Inghilterra. Sottolineava il significato della testimonianza della fede, ma proibiva tassativamente quella testimonianza
fra i contadini delle sue terre. Proclamava una cattolicità ecumenica
della Chiesa, ma s’imbarcava in
aspre polemiche settarie. Reclarnava contro il clericalismo e il dirigismo valdesi, ma egli stesso poteva essere duro e autoritario fino a
provocare le reazioni delle assemblee.
Daisy Ronco ha scritto di queste
cose nella sua biografia\ ed ha raccolto in un prezioso « Supplemento » una documentazione importante. Ma ha saputo farlo con evangelica saggezza, senza calcare la mano
e senza tentare giustificazioni. Ha
tracciato l’itinerario di vita d’un
uomo « risvegliato » alla fede in un
tempo ed in situazioni così lontane,
diverse dalle nostre. E ne è risultata
una testimonianza possente di quanto il Signóre ha operato in questa
sua creatura e di come Egli l’ha
voluta utilizzare per l’avanzamento
del suo Regno.
Il Guicciardini prese il Libro e
lo lesse per preparare dei testi di
lettura ad uso degli asili infantili
che si progettava d’aprire in Firenze. Fu l’avvio a una conversione che
si maturò nel contatto con gli evangelici della comunità svizzero-riformata. Ben presto entrò nel movi
mento clandestino che stava sviluppandosi tra gli italiani e partecipò
alla sua emergenza nel breve periodo di libertà che precedé la reazione
del 1849. Egli sottolineò sempre il
carattere autonomo, « italiano », di
questo inizio della evangelizzazione;
e qui si sente il « fiorentino » del
Risorgimento nazionale.
Preso in una retata della polizia,
avvalendosi del nome e delle amicizie scelse di andare in esilio, in
quella Inghilterra che gli anglo-fiorentini avevano saputo far amare e
stimare. Là prese contatto in particolare con le àssembleé dei « Fratelli », che riconobbe così affini al
modo di concepire la fede e la vita
in Cristo dei convertiti toscani. Fu
qui che si legò in profonda amicizia
con un giovane esule abruzzese.
Teodorico Pietrocola Rossetti, che
diverrà ben presto suo fedele collaboratore e ammirevole apostolo
delTEvangelo.
Rientrato a Firenze nel 1859, il
Guicciardini si impegnò decisamente su due linee; la propagazione
della testimonianza evangelica e la
difesa dei diritti di libertà dei convertiti. Furono anni di benedizioni
e di amarezze. L’evangelizzazione
progrediva, varcava i limiti della
Toscana per affermarsi in Liguria e
in Piemonte. Le « Chiese libere »,
come presero a chiamarsi, avevano
una mirabile forza di gemmazione.
Non si avverava però la visione
di « una » Chiesa italiana; ai valdesi
— già presenti in Firenze dal 184849 — si aggiungevano nuove « missioni », e all’interno prendeva forza
dirompente la predicazione politicizzata di Alessandro Gavazzi. Si venne
a una scissione dolorosa, drammatica. La reazione del Guicciardini e
di Rossetti fu violenta; spararono
contro tutti, senza risparmio. Si era
nel 1863. Forse troppo tardi, il conte
si rese conto d’avere ecceduto; per
due anni si tenne in disparte.
Poi riprese i compiti che si era
prefisso: seguire le vicende delle
assemblee, fornirle di evangelisti
(per il sostentamento dei quali cercava il danaro), curare le relazioni
con l’estero e la diffusione di quella
edizione « riveduta » della Bibbia
tradotta dal Diodati a cui aveva collaborato di persona.
L’assemblea dei Fratelli in Firenze stava crescendo in vigore, raggiungeva i 350 comunicanti, ma la
Toscana era terra arida; il centro in
espansione si spostava sul Piemonte: da Spinetta Marengo il fido Rossetti teneva aggiornato di ogni vicenda il Guicciardini con una fitta
corrispondenza.
Con Tavanzare dell’età e la perdita della vista, potè ancora seguire
l’Opera con appassionato fervore
grazie alla collaborazione di alcum
fratelli. Ma il suo carattere s’induriva fino all’intolleranza; lo amareggiavano le resistenze e le proteste.
Era un aristocratico e mal «’adattava a essere trattato da eguale. L’ultimo dolore lo ebbe dalla amata
assemblea primogenita, quella di
Firenze: in seguito a un dissidio si
era ritirato per dar vita a un gruppetto che si riuniva per conto suo,
e lo scomunicarono. Lui — « fiorentino », come aveva voluto fosse
scritto sulla sua tomba — doveva
pur sapere di che panni sapevano
vestirsi i suoi concittadini, anche
se nati di nuovo.
La biografia è seguita da alcune
« Appendici » che col « Supplemento » completano il lavoro e avvertono della serietà documentata di
un testo dalla lettura facile, scorrevole, Un testo scritto «per noi», perché siamo confortati e stimolati nella fede, sapendo per quali vie e con
quanto amore il Signore ha operato'ed opera ancora.
Luigi Santini
I Daisy Ronco, Per me vivere è Cristo,
La vita e Topera del conte Guicciardini,
UCEB, casella postale aperta 04022 Fondi
(LT), pp. 165, L. 14.000.
6
6 ecumoiismo
2 maggio 1986
Ecumenismo, sinonimo di solidarietà
(segue da pag. 1)
grazie alla loro profonda fede.
Ma non dimentichiamo, quando
ci valiamo dei loro apporti, la
gravità della sfida che essi devono affrontare e l’importanza degli avvenimenti che si sviluppano da loro con una rapidità incredibile; è evidente che la preoccupazione per il loro proprio
popolo deve passare prima di
tutto.
— Il CEC presenta una grande varietà di attività e di campi
d’azione. Ora per cercare di dominare questa diversità, l’Assemblea di Vancouver ha domandato che si consideri più da
vicino ia teologia — o le teologie — del Consiglio, dando la
parola d’hrdine « Verso una teologia vitale e coerente ». Nel corso degli ultimi mesi del 1985,
José Miguez-Bonino, ex presidente del CEÌG originario dell’Argentina, ha consacrato un
certo tempo a parlare di questi
problemi con dei collaboratori
del CE!C. Cosa ha scoperto?
— In effetti il suo compito consisteva nell’analizzare la situazione e nel mettere in evidenza
le questioni che necessitano di
una maggiore attenzione; una
tale analisi è importante di per
se stessa.
Non c'è una «teologia ufficiale » del CEC, e non potrebbe esserci. Non siamo una chiesa unica, e del resto anche all’interno
di una stessa chiesa si trovano
teologie diverse. Ciò nonostante
si acquista sempre maggior consapevolezza del fatto che esistono certi quadri di riferimento
che fanno parte dell’affermazione comune alle diverse chiese.
Tutti coloro che hanno un’attività teologica di portata ecumenica devono prestare attenzione
a questo fatto.
C’è prima di tutto l’affermazione della base del CEC: la
confessione comune di Gesù Cristo come Dio e Salvatore, l’affermazione comune della nostra
adorazione della Trinità, il riconoscimento comune dell’autorità della Scrittura; l’accettazione comune della vocazione a
confessare insieme l’affermazione centrale della nostra fede cristiana.
Ma c’è di più. C’è la presa di
coscienza della nostra affermazione comune riguardo alla preferenza che Dio dà ai poveri. Il
movimento ecumenico riconosce
che la nostra relazione con i
poveri e il nostro tener conto
della lóro ottica dovrebbero essere questioni imperative poste
a tutti i sistemi teologici. C’è anche il problema della partecipazione: la teologia è cosa che apn
partiene al popolo di Dio nel
suo insieme e dovremmo oggi
curare in modo particolare che
le donne e i giovani diano il loro apporto alla teologia e tenerne conto. C’è infine quello che
abbiamo appreso dalla nostra
lotta contro il razzismo : dal
punto di vista antropologico
non esiste che un solo genere
umano e ogni tentativo di classificare gli esseri umani secondo la loro razza è assolutamente contrario all’EVangelo di Gesù Cristo.
— E’ possibile riunire tutti
questi elementi di riferimento
comune in una teologìa coerente?
— Porse non saremo in grado
di discernere una teologia coerente nel CEC dal momento che
dopo tutto siamo il punto di incontro di 300 chiese. Ma nello
stesso tempo gli oppressi di questo mondo che guardano al CEC
per trovarvi solidarietà vi vedono delle caratteristiche ben
precise e riconoscono la nostra
ragion d’essere. Esiste in effetti
una realtà collettiva per la quale userei ancora la parola « solidarietà». Gli oppressi la percepiscono e succede a volte che
ciò accada anche ai loro oppressori.
— Questa solidarietà non rischia talvolta di suscitare un attivismo disordinato?
— Credo che questa sia una
critica fondata alla quale dobbiamo prestare attenzione. Ma
bisogna distinguere tra l’attivismo che è assolutamente necessario — non si può tardare nel
reagire a un terremoto o alla
sfida rappresentata dal Sud Africa — e un attivismo suscitato dal nostro solo desiderio di
fare delle buone cose, dì moltiplicare i colloqui e gli incontri,
ecc. Credo che ne facciamo ve>ramante troppi. Bisogna che ci
si dica che certe cose possono
attendere fino all’anno prossimo.
— Per dare più spazio e tempo alla riflessione?
— Vede, tutti quelli che ci rimproverano di essere « attivisti »
non hanno sempre coscienza
della qualità della riflessione e
delle attività teologiche del CEC.
Per rispondere alla sua domanda, penso che tutti i nostri programmi dovrebbero essere sostenuti da ima riflessione teologica che permetta di giustificare in modo critico quello che
facciamo nell’ottioa delle convinzioni comuni della nostra
fede.
L’apporto essenziale del CEC
alle chiese si situa appunto al
livello di una messa in comune
delle percezioni teologiche che,
sufficientemente sostenute dalla
Bibbia, dovrebbero ispirare la
vita delle chiese ovunque. Quando ero giovane, in America latina era questa sfida intellettuale
l'apporto più apprezzato del
CEC.
Dovremmo dunque fare il possibile per migliorare le nostre
attività teologiche per quanto lo
facciamo solo in rapporto alla
solidarietà che è parte dell’azione nelle chiese. Non siamo una
facoltà di teologia ma una comunità di chiese e, in quanto
tale, siamo tenuti a render conto di ciò che facciamo ricorrendo agli elementi fondamentali
della nostra fede.
— A partire dal 1986 il CEC
prevede di organizzare ogni anno una grande manifestazione
ecumenica fino alla VII assemblea del 1991. Questo progetto
limiterà le attività in corso del
Consiglio?
— Mi piacerebbe rispondere
semplicemente di sì, ma il movimento ecumenico ha la sua dinamica propria che non si lascia frenare da una forma di
pianificazione razionale che permetterebbe alla gente di dire:
« Lasciate cadere quello che state facendo per concentrarvi su
una di queste conferenze ». Senza dubbio i vari settori porteranno il loro contributo a queste manifestazioni e approfitteranno per far conoscere il loro
punto di vista. Ma è evidente
che una buona parte delle attività del CEC proseguiranno parallelamente a queste conferenze.
Il fatto di prevedere una grande manifestazione mondiale ogni
anno porta logicamente le chiese a concentrarsi su di essa. In
questo senso queste manifestazioni annuali avranno una più
grande portata sulla vita delle
chiese e su quella del CEC e delle sue commissioni — questo è
inevitabile ed è bene che sia
così.
Significa questo che ne faremo di meno in altri campi? Ripeto, mi piacerebbe rispondere
di sì, e incoraggio i miei colleghi a farne di meno. Ma riconosco che C! sono delle responsabilità da assumere, delle vocazioni da compiere. Spero che
il fatto di concentrarci su ogni
grande manifestazione ci aiuterà a prender coscienza di una
dimensione importante di tutto
il CEC e permetterà forse a
quelli che ci osservano di avere
un’idea più globale del CEC.
— Cosa fa per attirare l’attenzione del vasto pubblico? Tra
le centinaia di cose che il CEC
ha fatto nel 1985 nessuna ha attirato l’attenzione dei mass media laici quanto le due lettere
che lei ha scritto al presidente
Reagan e al segretario generale Gorbaclov prima del summit
di Ginevra. Che conclusioni ne
trae?
— Non ho risposte per questa
domanda. Quando il pastore
Jesse Jackson è venuto a Ginevra in occasione dell’incontro
tra Ronald Reagan e Michail
Gorbaciov, ci ha detto che non
sappiamo mettere sufficientemente « in scena » le nostre attività. Abbiamo tendenza a lavorare con piccoli gruppi per redigere dei buoni documenti, ma
l’opinione pubblica e i mass media si interessano a chi fa scendere in piazza 100.000 persone
o più.
C’è in questo una sfida che
dobbiamo raccogliere. Beninteso il populismo ha i suoi pericoli. Non vogliamo manipolare
la gente. Quando parliamo di
partecipazione popolare pensiamo alle idee, alle esperienze delle persone.
— Come qualificherebbe le
relazioni attuali tra il CEC e la
Chiesa cattolica romana?
— In modo molto positivo,
nel senso che si tratta di relazioni fraterne di vario tipo. Questo è stato reso evidente di nuovo lo scorso ottobre quando il
Gruppo misto di lavoro si è riunito vicino a Roma ed è stato
ricevuto dal papa. Sono stati
scambiati messaggi che riaffermavano l’importanza delle relazioni tra la Santa Sede e il CEC
così come l’impegno dei due
partners al servizio della causa
ecumenica. Inoltre i nostri amici cattolici finanziano una cattedra all’Istituto ecumenico di
Bossey e un posto a pieno tempo nel quadro del personale della Commissione missione e
evangelizzazione.
Noi auspichiamo che queste
relazioni amichevoli e fraterne,
che si manifestano attualmente
attraverso una serie di studi su
temi come « la gerarchia della
verità » e in discussioni sulla
teologia della liberazione, per
esempio, si trasformino in sforzi più appassionati per percorrere tappe decisive in materia di
unità della chiesa.
Penso per esempio che non
bisogna mai cessare dal riconsiderare la dimensione pastorale
dei matrimoni misti. La situazione attuale di quelle famiglie
non è certo ideale. Invece di
considerarle come dei simboli
dell’unità che Dio vuole per la
sua chiesa le si riducono a problemi della pastorale delle chiese.
In secondo luogo dobbiamo
fare qualcosa nel campo del riconoscimento reciproco delle
chiese. Collaboriamo de facto
come chiese che si riconoscono
reciprocamente, ma. de iure non
siamo ancora capaci di affermare che la comunità degli altri
è veramente una chiesa in Gesù
Cristo.
In terzo luogo è chiaro che non
siamo ancora pronti a celebrare
insieme la comunione. E’ forse
la tragedia più dolorosa del movimento ecumenico. Come possiamo infatti predicare che in
Gesù Cristo non c’è più né
schiavo né libero, né uomo né
donna, né Giudeo nè Gentile,
ma che Cristo non è tuttavia ab
bastanza forte da superare la
nostra disunione intorno alla tavola alla quale ci invita? Questo
è uno scandalo non solo nei confronti della Chiesa cattolica,
bensì lo scandalo supremo che
è la vergogna del movimento
ecumenico.
— La « lettera aperta » degli
evangelicals aU’Assemblea di
Vancouver ha dato dei risultati
positivi?
— Quella lettera dichiarava
che un numero considerevole di
fratelli e sorelle di tendenza
evangelical sono aperti al movimento ecumenico e disposti a
parteciparvi con la loro testimonianza. Spero che le nostre attività in corso potranno trar
profitto da questa partecipazione e credo che se ne vedano già
gli effetti nel campo della teologia. Vedo ovunque i segni di
una più larga partecipazione degli evangelicals a quel punto di
scambio che è costituito dal
CEC.
Voglio credere che le prospettive e le esperienze del movimento ecumenico fanno parte
delle ricchezze comuni alle quali attingono i nostri fratelli e ia
nostre sorelle di tendenza evangelical. Constato che numerosi
sono i loro autori che citano,
senza doversene scusare, persone che si possono considerare
come pilastri del movimento
ecumenico. Credo che abbiamo
superato lo stadio del confronto : siamo ora messi in grado
di fare il miglior uso possibile
dell’apporto evangelical all’insieme delle attività del CEC.
Intervista a cura di
Marlin Van Elderm
Echi dal mondo
cristiano
a cura di Claudio Pasquet e Susanne Labsch
RFT: per la pace
finanziato da pastori
(epd) — Un pastore della chiesa di Hessen - Nassau ha lasciato il suo posto di titolare di una
comunità per dedicarsi a pieno
tempo al lavoro per l’organizzazione « Fame di Pace e Giustizia ». Per cinque anni sarà
pagato attraverso il sostegno finanziario di un gruppo di 12 pastori.
Olanda: condanna
nucleare confermata
(epd) — Il Sinodo delle chiese
riformate nei Paesi Bassi (Gereformeerde Kerken) ha confermato un suo o.d.g. dell’84 nel
quale si condanna sia l’uso, sia
il possesso di armi nucleari. Inoltre ha rilanciato l’appello al governo perché rinunci a nuove
armi. Con questa decisione è
stata respinta la mozione del
« Comitato per il Disarmo Bilaterale » (ICTO) di abolire questo o.d.g. L’ICTO si è mostrato
molto deluso dalla formulazione
del Sinodo secondo la quale
« chiunque non condivide questo punto di vista non vive nel
discepolato di Cristo ».
RFT: non
tollerare espressioni
antisémite
(epd) — L’Unione delle chiese riformate nella RFT ha chiamato i suoi membri a denunciare subito attraverso dichiarazio
ni nei culti, volantini e lettere
ai giornali ogni espressione o
discorso antisemita da parte di
politici. Quest’appello è stato
lanciato in seguito ad una discussione su un vergognoso discorso antisemita di un alto rappresentante della CDU (democrazia cristiana tedesca).
RFT: nuovo concetto
di chiesa di popolo
(epd) — Il presidente del consiglio dell’EKD (Chiesa Evangelica tedesca), Martin Kruse, ha
sostenuto che si deve arrivare
ad un nuovo concetto della
’Volkskirche’ (chiesa del popolo) nella RFT. Non ci si deve
più orientare solo a raccogliere
il massimo numero di membri
ma anche ai compiti della Volkskirche che deve diventare « una
chiesa per tutti e per tutto ». Ci
si deve soprattutto impegnare
per i diritti delle minoranze.
Chiese
nella RDT
(epd) — Il vicepresidente dell’Unione delle Chiese Evangeliche nella Repubblica Democratica Tedesca, Stolpe, ha constatato uno sviluppo positivo dell’interesse e della partecipazione
alla vita ecclesiastica da parte
dei cittadini della RDT. Le chiese sono diventate numericamente più piccole ma raccolgono intorno a sé tanti simpatizzanti
che cercano delle risposte alle
loro domande sul senso della
vita. Come segno di questo rilancio Stolpe ha citato la mag
giore partecipazione ai culti e
studi biblici e le crescenti contribuzioni volontarie.
RFT: orientamenti in
biogenetica urgono
(epd) — La conferenza dei vescovi delle chiese luterane nella
RFT (VELKD) ha rivolto un
appello ai suoi membri a non
lasciarsi affascinare dalle possibilità che emergono dalla nuova
tecnologia biologica di manipolare i geni ma a elaborare degli
orientamenti etici in collaborazione con medici e giuristi. La
conferenza ha sottolineato l’urgenza di definire chiari limiti
legislativi nei diversi campi.
Olanda: apertura
sull’eutanasia
(epd) — Il parlamento dei
Paesi Bassi si è espresso a favore di una liberalizzazione delle leggi sull’eutanasia attiva « in
situazioni di sofferenze e dolori
senza speranza ». Si punta a mettere ordine in una situazione legale molto incerta nella quale
medici coinvolti vengono giudicati molto diversamente.
Cina: studio della
teologia protestante
(epd) — In Cina vengono ampliate le possibilità di studio della teologia protestante, comunica un’organizzazione missionaria della RDT (l’EMS): 180
donné e uomini stanno studiando teologia al seminario di Nanjing. Finora esistono 8 seminari evangelici e si spera di
aprirne fra poco altri tre sotto
gli auspici del Consiglio dei Cristiani della Cina. L’organizzazione ha criticato le emissioni radiofoniche di tipo ’evangelical’
di Hong Kong che tentano di
screditare il lavoro del Consìglio dei Cristiani.
7
2 maggio 1986.
Diaconia e
vita delle chiese 7
testimonianza evangeiica
Le opere e gli istituti della nostra chiesa sono la parte più
visibile della sua testimonianza.
Anche la persona più disinformata e più distratta, non può ignorare, soprattutto alle Valli, che
esistono ospedali « valdesi », istituti per anziani, convitti per minori ai quali si può ricorrere in
caso di necessità. E’ però più facile fare un elenco delle nostre
opere che non esporre i molteplici problemi di gestione ohe ne
accompagnano le attività quotidiane.
Un tentativo per raccogliere in
una sintesi esauriente i molteplici spunti già trattati in riunioni,
dibattiti, articoli di giornali, incontri vari, è stato fatto dalla
Commissione del 1” Distretto con
un convegno dal tema significativo: « Diaconia e testimonianza
evangelica », che ha occupato il
pomeriggio di domenica 20 aprile. Significativa è stata anche la
presenza di una settantina di
persone, che hanno seguito con
interesse sia le relazioni introduttive ohe il dibattito finale.
La presenza del direttore sanitario deirospedale di Torre Pellice, Giovanni Mathieu, e la sua
esposizione a base di diapositive, ha fatto si che, come a Pornaretto dieci giorni prima, l'asSistenza ospedaliera assumesse
un importanza di primo piano.
Alberto Taccia, presidente della CIOV, e Vera Cóisson, con la
propria competenza di infermiera, hanno inquadrato il problema dal punto di vista teologico
ed umano. Più originale l’ultima
relazione tenuta da Claudio Tron,
che ha tentato un’analisi di tipo « strutturale » del sistema assistenziale.
Questo sistema assistenziale,
che in più di un secolo di attività aveva mantenuto un suo equilibrio, è stato violentemente scosso negli ultimi venti anni dai
cambiamenti che hanno in modo
analogo trasformato molti aspetti delia società italiana: rapporti con la Regione Piemonte, rapporti finanziari con le USSL, inserimento degli ospedali nel sistema sanitario nazionale, tutte
novità che hanno creato una specie di allontanamento delle chiese dalla realtà degli istituti.
Si può aggiungere ancora una
buona quantità di errori di impostazione e di conduzione, di
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Assemblee di chiesa
cui Giovanni Mathieu ha fornito
ai presenti l’impietoso elenco
(improvvisazione, dilettantismo,
mancanza di coordinamento tra
opere dello stesso tipo, centri di
potere interni ed esterni, ecc.)
per completare la parte negativa.
Ma oggi, secondo il pastore
Taccia, si sta delincando un’inversione di tendenza; la CIOV
intende uscire dal suo splendido
isolamento, i temi deirassistenza sono stati presentati in tutte
le cornunità, gli organismi ecclesia,stici e i singoli membri di
chiesa manifestano maggiore interesse e partecipazione. Dall’altra parte, il personale degli ospedali (lo ha dimostrato Vera Coi'sson nella sua esposizione), si sta
avviando ad una diversa impostazione della propria attività,
non limitata alla semplice cura
dei malanni fisici, ma orientata
verso una più attenta considerazione delTindividuo, dei suoi bisogni e del suo reinserimento
neU’ambiente.
Il convegno a Pinerolo, in conclusione, è stato vivace ed interessante, con un dibattito proficuo, che avrà il suo proseguimento nella prossima Conferenza Distrettuale.
Liliana Viglielmo
COLLEGIO VALDESE
Nella scuola
di Calvino
Settimane intense di scambi,
al Collegio Valdese. Dopo aver
accolto a fine marzo gli allievi
del Bodelschwing Gymnasium di
Herchen (Colonia) che sono venuti a Torre per cinque giorni,
rinsaldando un’amicizia ormai
quasi decennale, altri studenti
hanno avuto la possibilità di effettuare, dal 12 al 22 aprile, un
doppio scambio con gli studenti
del Collège Calvin di Ginevra.
Per i primi cinque giorni, i corrispondenti svizzeri (ragazzi/e di
17-19 anni) hanno seguito le lezioni al Collegio.
Quindi, partiti con gli ospiti, 20
dei nostri ragazzi hanno respirato per quattro giorni aria ginevrina, seguendo a loro volta i
corsi al glorioso Collège fondato 435 anni fa da Calvino stesso.
In lingua francese la maggior
parte « culturale » del programma, con visite alTONU, al Museo
Voltaire ed al Consiglio Ecumenico delle Chiese. Qui, il pastore
Aldo Comba ci ha mostrato e
spiegato la genesi e la storia del
Consiglio Ecumenico e la funzione delTECLOF, la Fondazione
ecumenica per l’aiuto alle Chiese, che attualmente dirige.
Chi, degli studenti, si recava
all’estero per la prima volta col
Collegio, ha cercato di trarre il
massimo nrofitto dalle visite. E
probabilmente si ricorderà a
lungo di queste giornate.
R. G.
Domenica 11 maggio
□ FESTA DI CANTO
DELLE CORALI
VALDESI DELLE VALLI
E DI TORINO
POSSANO — Al Castèllo degli Acaia
si tiene alle ore 16 l’annuale festa di
canto delie corali dei r Distretto e
deiia Chiesa di Torino. Al mattino avrà
luogo un culto alle ore 10.30 a cui
parteciperanno alcune corali. La prova generale è fissata per le ore 14 30
□ I VALDESI
INCARCERATI
TORRE PELLICE —^ La Società di
Studi Valdesi organizza una gita nelle
località che 300 anni fa hanno visto
la prigionia dei valdesi. Il programma
prevede alle ore 7.50 la partenza da
Torre Pellioe e la visita a Carmagnola, Bene Vagienna, Possano e Saluzzo.
Il rientro è previsto per le ore 20.
Partenza ed arrivo a S. Margherita,
fermate; Casa Valdese, Appiotti e Aitali.
Pranzo al sacco o presso il ristorante AGIP di Possano al prezzo di
L. 15.000 (prenotarsi all'atto dell'iscrizione).
Le iscrizioni si fanno presso Jole
Tommasini (t. 0121/91059) versando
l'anticipo di L. 5.000.
Lunedì 12 maggio
□ INCONTRO
PASTORALE
ANOROGNA — Alle ore 9.15 presso la Sala si tiene i'incontro pastorale del 1” distretto. Meditazione di Vito GardioI, discussione sul tema « Rapporto tra pastori e chiese » introdotto
da una relazione delia CED.
SECONDO DISTRETTO
LUSERNA SAN GIOVANNI
— E’ opportuno per la chiesa
valdese valersi della possibilità
di defiscalizzare le contribuzioni e chiedere di poter utilizzare
per fini specifici T8 per mille
dellTRPEF?
Per trarre le conclusioni dopo
quanto è stato illustrato in merito nelle riunioni quartierali, il
concistoro ha deciso di convocare l’Assemblea di Chiesa sabato 10 maggio alle ore 20.45
nella Sala Albarln.
Tutti sono cordialmente invitati a partecipare a questo importante incontro onde permettere al Sinodo di deliberare dopo aver preso conoscenza della
posizione delle singole chiese.
• La Commissione Stabili ha
programmato di eseguire i lavori di pulizia al tempio del Ciabas, dopo il restauro, sabato
pattina 10 maggio alle ore 9.
Un vivo grazie ai volontari che
vorranno dare il loro prezioso
contributo.
.ANGROGNA — Domenica 4
faggio alle 10 si terrà l’assemblea di chiesa nella Sala Unionista. AlTo.d.g.: elezioni deputati
Cbnferenza e Sinodo; preventivo 1987 ; 8 per mille, defiscalizzatone e Invim ; relazione mo^nle annua. Nel pomeriggio,
^lle 14.30, si terrà al Serre la seduta dell’Unione Femminile.
• Mercoledì 23 una folla imponente ha partecipato ai fune^dli di Annamaria Malan in Garttiol, deceduta a 62 anni (CapolUogo) dopo lunga malattia.
Martedì 15 a Pradeltorno ci
Siamo stretti intorno ai faminari di Giuseppe Gaydou, deceduto all’età di 82 anni, originalo del Chiot. A tutti i familiari
colpiti rinnoviamo la nostra
Simpatia in Cristo.
VILLAR PELLICE — Dome
j bica 11 maggio, alle ore 10: As' ^mblea di Chiesa. O.d.g. : 1 ) reI ‘azione annua 1985-86; 2) elezioI ^ di tre deputati alla ConferenI ^ Distrettuale e di due deputaI ni Sinodo e rispettivi supI Pienti ; 3 ) decisione sulla rispo
sta in merito aH’eventuale defiscalizzazione, alla utilizzazione
deirs per mille IRPEF, all’esenzione dall’INVIM; 4) impegno
finanziario 1987 ; 5) varie eventuali.
Tutti i membri di chiesa e soprattutto gli elettori sono invitati ad essere presenti.
• Domenica 18 maggio dalle
ore 14.30 e lunedì 19: Bazar dell’Unione Femminile nei locali dì
Piazza Jervis. Siamo grati a
coloro che porteranno doni per
la lotteria, per la pesca e per i
dolci, la cui confezione, come
per il passato, avrà luogo nel
primo pomeriggio di venerdì 16
maggio.
ferrerò — Ricordiamo a
tutti i membri elettori l’assemblea di chiesa che avrà luogo a
Ferrerò domenica 4 maggio, con
inizio alle ore 10. Nel pomeriggio, alle ore 15, si aprirà il tradizionale bazar, a cui tutti sono invitati a partecipare.
PRAROSTINO — Per domenica 4 maggio sarà organizzato il
Bazar a cura dell’Unione Femminile, con vendita di prodotti
vari e dolci, lotteria e servizio
di buffet caldo.
• Domenica 18 maggio dopo il
culto che inizierà alle ore 10, si
terrà l’Assemblea di Chiesa con
il seguente ordine del giorno: Relazione morale 1985/86; Elezione
di un anziano; Discussione impegno finanziario per la Tavola per
il 1987.
• Nelle precedenti Assemblee
di Chiesa sono stati nominati
quali delegati alla Conferenza
Distrettuale: Ida Avondet e Laura Avondet; supplenti: Bruno Avondetto e Enrico Pons, e quali
deputati al Sinodo; Laura Avondet e Mauro Fomerone; supplenti Laurenzia Forneron e Alba Codino.
• La Comunità ha già anche
affrontato il problema della defiscalizzazione, delT8 per mille e
dell’INVIM ma, data la complessità delTargomento, ha preferito
continuare la riflessione prima
di esprimere il suo parere o la
sua scelta.
La pastorale degli anziani
Encomiabile il proposito della CED/II Distretto di organizzare per il 5 aprile a Milano (locali della Chiesa Metodista) un
Convegno su « La pastorale degli anziani », tema che tocca molto da vicino le nostre chiese.
Relatori i pastori Alberto Taccia e Alfredo Berlendis, Elena
Vigliano, diaconessa della Chiesa Valdese di Torino, e Livio
Gobello, Direttore dell’« Asilo
Valdese » di Luserna S. Giovanni.
A. Taccia ha efficacemente rilevato che il compito dei credenti, nell’esercizio della loro
responsabilità politica, è quello
di operare nei modi appropriati
affinché le norme per la tutela
della salute e dell’integrità psico-fìsica dei cittadini vengano
migliorate e applicate correttamente, ricordando inoltre come
la Chiesa debba riscoprire il
senso della diaconia evangelica,
elemento costitutivo della sua
vocazione.
A. Berlendis, nel presentare
alcune note bibliche per una
pastorale degli anziani, ha esordito affermando che in Israele
dopo la gerontocrazia (anziani
alti magistrati o governatori della città), si assiste, con il mutare delle situazioni storiche e
sociali, al permanere della considerazione dell’anziano come
portatore di valori legati alla
esperienza. L’equazione « vecchiaia-saggezza » cede ben presto
il posto alla concezione che solo Dio è saggio (Is. 31: 12) e colui che osserva i suoi comandamenti (Sai. 119: 100; Le. 2:
46-50). La saggezza viene dall’ascolto e dalla pratica della Parola di Dio, senza tuttavia voler disconoscere il nesso etàesperienza.
Un altro aspetto della stimolante relazione è quello della
« vecchiaia e malattia-limite e
speranza ». Se la gerontologia
sociale aiuta a non ritenere valida l’equazione ’vecchiaia-malattia’ (come affermavano i latini) è pur vero che nel 2000 la
società umana sarà composta al
20% da ultrasessantenni, e così
sarà anche per la chiesa. Pur
non tralasciando il ministero
della diaconia istituzionalizzata
e volontaria, la chiesa non dovrebbe però sottrarsi al compito di offrire un’educazione realistica in vista del processo dell’invecchiamento. E’ necessario
educare i giovani ad invecchiare
e ricordare agli anziani la creaturalità che deve far accogliere
il senso del limite.
La chiesa — conclude Berlendis — non dovrà fare proprio il
giovanilismo imperante, non vi
sono « elisir » di lunga giovinezza, neppure la fede ne inventa
e ne smercia una « marca » miracolosa. La saggezza del senso
del tempo dev’essere la meta
educativa cui la chiesa invita
(Sai. 90: 12)... Il richiamo al
senso del tempo e al dato della
creaturalità va offerto nel quadro dell’annuncio del Dio della
comunione, che non conosce barriere cronologiche, che infrange
limiti temporali, perché è Signore del tempo. Dio sa offrire « ancora frutti nella vecchiaia» (Sai.
92: 14).
E. Vigliano, parlando su « l’assistenza lion istituzionalizzata»,
ha detto che non dobbiamo attendere di avere la pratica e
tempo abbondante per fare qualcosa, anche se ciò è vero, perché
così non faremo mai niente.
I moderni sistemi di vita e la
medicina moderna hanno allungato la vita ma la qualità di essa è sempre più scadente. Questa situazione ha creato negli
anziani solitudine e avvilimento
suscitando rinunce costose a livello psicologico che si ripercuotono nel fisico. L’anziano deve
sentire che la comunità ha ancora bisogno di lui e che può
partecipare ancora alla vita sociale.
Ma cosa possiamo fare? Dobbiamo prima di tutto evitare di
crearci l’alibi della specializzazione. Chiunque desideri servire
il prossimo è in grado di farlo
perché le necessità di un anziano sono quelle di qualsiasi altro (cfr. relazione Commiss, per
la diaconia). Per es., si può collaborare alTJgfene della persona, alla pulizia della casa, ad
una alimentazione sana; accompagnare l’anziano negli acquisti,
dal medico, a ritirare la pensione, leggergli la Bibbia o il giornale, ecc.
Sono idee vecchie o che possono sembrare quasi banali, ma
che darebbero, se messe in pratica, un po’ di calore a chi intorno a noi ne ha estremo bisogno.
Per « l’assistenza istituzionalizzata » ha riferito L. Gobello,
il quale ha affermato che non
bisogna « ghettizzare » gli anziani (per esempio gli autosufficienti separati da chi non lo è
più) perché in questo modo si
perde una carica umana e di
solidarietà che ciascuno di essi
possiede.
Inoltre è necessario (su questa affermazione si sono notati
ampi consensi tra i presenti)
dire basta alla proliferazione delle opere. Dobbiamo permettere
una vita dignitosa a quelle che
già esistono senza cedere a tentazioni di espansione. Efficace
come sintesi di questa parte dell’intervento di Gobello la frase:
« Aprire una casa in meno ed
una chiesa in più non è peccato ! ».
Può darsi che « l’elisir di lunga vita » del quale Berlendis
negava la esistenza, almeno per
la fede in Cristo, sia stato trovato dalla stragrande maggioranza dei valdesi e metodisti del
Distretto se si considera lo sparuto gruppo che ha seguito le
dense e stimolanti relazioni.
Questa deludente risposta non
vanifica però, a mio modesto
avviso, i propositi della CED né
annulla la responsabilità della
chiesa vctso questa grossa fetta
di umanità... della quale prima o
poi (se avremo vita!) faremo
parte tutti!
Enos Mannelli
8
8 cronaca delle Valli
2 maggio 1986
FERROVIA PINEROLO-TORRE PELLICE
In breve
Due
a due
Quattro mesi di proroga?
Sembra certa la decisione del ministero di mantenere per 1 estate la
ferrovia - Una proposta dell’associazione Lo Bue: andare fino in Francia
Vanno due a due, casa per casa, per lo più due donne, offrendoti degli opuscoli pregandoti
gentilmente di leggerli, poi, dopo
un certo tempo ritornano, domandandoti se hai letto e qual
è la tua opinione. Nella discussione che ne segue ti parlano del
Paradiso prossimo venturo, perché nella Bibbia sta scritto che
questo avverrà prima che tutta
la generazione della prima guerra mondiale (quella del 1914-18,
perché, secondo loro, prima non
vi erano state guerre « mondiali») sia sparita e poiché quella
generazione sta ormai per scomparire, l’avvento è prossimo e altorà vivremo tutti in pace e non
morremo più.
Fatta presente l’assurdità della
cosa, vi risponderanno che sulla
Bibbia non è indicato dove è il
Paradiso né come è, e questo si
realizzerà fra poco sulla terra.
E’ un’ideologia semplice che fa
presa sulla gente semplice e ciò
spiega il diffondersi di questa
setta, che ormai in Italia ha oltrepassato largamente il numero di
100.000 aderenti. Citano questa
cifra con un certo orgoglio facendo presente che, dopo il cattolicesimo, essi sono la religione più numerosa in Italia.
Dicono che molti Valdesi non
conoscono la Bibbbia (e ciò purtroppo è vero, specie se ci paragoniamo a loro che ne sanno buona parte a memoria). Che i Vaidesi si interessano agli omosessuali, ciò che è condannato dalla
Bibbia (e vi indicano i passi dove, secondo loro, ciò è scritto).
Che i veri Valdesi erano quelli
medievali quando i loro barba
andavano due a due di casa in
casa, come fanno loro adesso,
predicando la Buona Novella.
Quello che è impressionante è
il loro letteralismo biblico; per
esempio, dicono che l’uomo è
stato creato circa 6.000 anni fa,
così dice la Bibbia, e quanto invece dicono la scienza e la ricerca preistorica è solo un’ipotesi
che non è provata, e così via.
Abbiamo lottato per sette secoli contro l’intolleranza e non
dovremmo essere noi, come Vaidesi, a mostrarci intolleranti
verso di loro, anche se non accettiamo il loro millenarismo e il
loro letteralismo biblico. Ciascuno ha diritto di professare liberamente le proprie idee e credenze, purché questo non venga
a limitare la libertà di pensiero
degli altri, ciò che, per i Testimoni di Geova, non mi risulta accadere, anche se certa loro insistenza nella propaganda ci può
parere fastidiosa.
Osvald« Coisson
La ferrovia Pinerolo-Torre Pellice dovrebbe (il condizionale è
d’obbligo quando si tratta di affermazioni ufficiose del Ministero dei Trasporti, il caso dell’Airasca-Saluzzo insegna) rimanere
in funzione almeno fino all’entrata in vigore dell’orario invernale delle ferrovie. Lo affermano
ambienti dell’Ente Ferrovie dello Stato. Quattro mesi di proroga ulteriore per permettere alla Regione Piemonte di realizzare lo studio di simulazione del
traffico, che dovrebbe evidemiiare l’economicità della gestione
ferroviaria regionale.
La notizia però è contraddetta
dalle misure che il compartimento di Torino ha preso nei
confronti del personale impiegato. Con un telegramma inviato ai ferrovieri addetti alla tratta è stato loro chiesto di richiedere il trasferimento su altre
tratte. In una riunione tecnica
i capistazione sono stati informati della prossima sospensione
del servizio.
Due informazioni opposte dunque. A Roma si dà per certo che
la decisione di proroga sarà pre
sa, a Torino si predispóngono
gli atti concreti per la soppressione. Può darsi che questa contraddizione derivi solo da difficoltà di comunicazione burocratica interna alle Ferrovie, ma è
comunque da tener presente al
fine di evitare facili entusiasmi
ed abbandonare la mobilitazione
in difesa del treno.
Per ora questo non avviene:
gli Enti locali (da ultimo la Provincia) hanno approvato deliberazioni che richiedono la proroga dei termini per la soppressione, il comitato di difesa del treno ed i sindacati regionali pensano a nuove iniziative di mobilitazione e non escludono una
manifestazione nazionale a Roma di tutti i comitati per opporsi al taglio dei « rami secchi ».
C’è anche chi pensa più in
grande e propone lo sviluppo internazionale della linea. E’ il circolo culturale Lo Bue di Torre
Penice che in una lettera al Sottosegretario alla presidenza del
Consiglio dei Ministri On. Giuliano Amato, propone di collegare il
Nord Italia alla Francia Meridionale (e quindi alla Spagna e al
Portogallo) attraverso questa linea prolungata fino a Mont Dauphin (Francia), riesumando così
il progetto del 1911 di traforo
ferroviario del Colle della Croce.
Una proposta in avanti, che
evidenzia le possibilità di sviluppo (possibile?) del trasporto ferroviario, ma che presuppone interlocutori diversi da quelli finora incontrati dal comitato di
difesa del treno. Che ne pensano per esempio le popolazioni
confinanti del Queyras, i governi regionali, il governo francese,
la CEE stessa? E poi ancora, cosa ne pensano le forze politiche
locali, gli enti locali, quale sarà
l’impatto ambientale di tale opera, i costi, chi li pagherà? Sono
tutti interrogativi cui occorrerà
rispondere per passare dalla fase di idee a quella del progetto.
Di questa idea comunque si
dovrà cominciare a discutere anche nel convegno che (forse) il
comune di Pinerolo promuove
entro la fine di maggio sulla
« viabilità nel pinerolese ».
Giorgio Gardiol
Sull’ora di religione
TORRE PELLICE — Il circo
lo « G. Rodar! » ha reso pubblica una presa di posizione del
collegio dei docenti sull’insegnamento della religione cattolica
nella scuola elementare. Gli insegnanti rilevano che « l’intesa
(Falcucci - card. Poletti, n.d.r.)
costituisce un grave colpo non
solo alla libertà religiosa, ma soprattutto alla cultura concepita
come rapporto dinamico tra le
diverse componenti della nostra
società » ed invitano « il Parlamento a riaprire la trattativa
con la Gei nella prospettiva di
una scuola laica e libera... deliberando che ogni insegnamento confessionale sia impartito
fuori dell’orario scolastico e senza oneri per lo stato ».
L’HANGAR DEL CONVITTO DI VIA ANGROGNA A TORRE PELLICE
Uno spazio per ¡ giovani
alcuni gruppi, sono stati com-me antincendio, in grado di ospi
t, w nlna foro nr» Hicnrofr» miTnprn Hi n
Da alcuni anni ormai, presso
il Convitto Valdese di Via Angrogna, a Torre Pellice, sono
stati ristrutturati i locali del cosiddetto «Hangar», in modo da
poter ospitare diverse e svariate attività. Si tratta di un salone dotato di 90 posti a sedere,
uno schermo e una saletta di
proiezione e di una sala usata
quasi esclusivamente per l’attività di Spazio Giovani: una iniziativa gestita dalla Comunità
Montana per aggregare la gioventù locale con laboratori di
musica, elettronica, giochi. Abbiamo rivolto a Judith Elliott,
direttrice della casa, alcune domande sull’attuale situazione
delle attività e sui progetti per
il futuro.
— Bisogna dire innanzitutto
che quest’anno è cambiato il
genere delle attività svolte nel
salone: fino all’anno scorso, infatti, il salone ha ospitato per
due anni di seguito un cinefonim
organizzato dal Circolo ARCI
Sergio Toja di Torre Pellice, che
ha avuto, almeno agli inizi, una
notevole partecipazione; ne hanno usufruito, abbastanza regolarmente, alcune scuole locali
per la proiezione di numerosi
fllms a carattere didattico, culturale e storico; vi sorio state
fatte inoltre alcune riunioni, assemblee e conferenze. Quest’anno invece, con l’interruzione del
cineforum, vista la richiesta di
A 50 melari dalla spiagc^a
servizi e il
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TELEP (054.1)
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— ambiente familiare — ottimi i
trattamento.
prati appositi « tappeti », che
hanno trasformato il nostro salone in « palestra fatta in casa»; vi si svolgono infatti un
corso di yoga, uno di espressione corporea, organizzato dall’ARCI Val Pellice, e uno di ginnastica dolce, seguito dalla cooperativa « l’Alveare ».
— Quindi niente più attività
culturali?
— No, accanto all’attività ’ginnica’ vengono comunque organizzati incontri o assemblee, in
quanto i tappeti si possono togliere facilmente permettendoci
così di passare alquanto velocemente da « palestra » a salone.
— Cosa ci puoi dire riguardo
a Spazio Giovani?
— E’ una serie di attività organizzate dalla Comunità Montana; sono stati fatti corsi di
chitarra, laboratori di elettronica e di musica, serate con proiezione di films e video musicali
0 semplicemente serate in cui i
ragazzi potessero ascoltare musica e ballare. Attualmente il
locale è aperto il mercoledì pomeriggio dalle 17 alle 19 e il
giovedì sera dalle 20.30 alle 22.30
circa.
— Vi sono problemi nella gestione di tutte queste attività e
avete del progetti per il futuro?
— Tutte le attività della « dépendance » vengono seguite dall’obiettore in servizio presso il
Convitto che si occupa degli orari, del riscaldamento, della normale manutenzione e fa un po’
da tramite tra noi della casa e
1 gruppi organizzatori, in modo
da evitare un ennesimo impegno
di lavoro per gli educatori del
Convitto. Un problema che cercheremo di risolvere in futuro
è la rivalutazione di tali locali;
pur non essendo centrale, ci
sembra che la nostra struttura
sia utile e importante, in quanto rappresenta, in Valle, una
delle poche in regola con le nor
tare un discreto numero di persone per attività culturali. Ci
auguriamo perciò che dei nostri
locali usufruiscano maggiormente gruppi, enti e scuole della
valle.
— Un’ultima demanda : qual è
il significato di una struttura
del genere all’interno del Convitto?
— Il Convitto non vuole essere una struttura chiusa, ma un
luogo aperto, per attività culturali, non solo ai ragazzi della casa, ma anche ai giovani e non
della Valle. Mi sembra significativo a questo proposito sottolineare che le iniziative di Spazio Giovani vengono seguite non
solo dai nostri ragazzi, ma anche dai giovani della Valle.
G. P.
Per rambiente
PINEROLO — Il PCI sta programmando la Festa dell’Unita.
All’interno del festival sarà allestita una mostra sull’ambiente
articolata in due settori, il degrado e le misure di risanamento. Chi desiderasse collaborare
può mettersi in contatto con la
commissione ambiente (tei. 0121/
793767).
Messaggio dì pace
ANGROGNA — Mai come
oggi è stato opportuno inquadrare gli avvenimenti di quarantun anni fa insistendo sul tema
della pace. Questo il messaggio
ribadito, il 24 aprile, a Fra del
Torno nell’incontro animato dal
Gruppo Teatro Angrogna.
I canti d’amore, di lavoro e di
libertà intonati nella scuoletta
valdese hanno ricordato l’importanza di richiamarsi alla Resistenza attualizzandone i contenuti. Il che significa, in primo luogo, superare il momento commemorativo per solidarizzare
con le persone che attualmente
lottano, soffrono o che, comunque, si trovano in condizioni peggiori delle nostre.
La sentita partecipazione della
gente intervenuta, in buon numero, giovedì sera ha garantito il’ successo della riunione.
L’ambiente in maggioranza contadino e operaio del luogo, così
abituato ad affrontare situazioni diffìcili e disagiate, era, oltretutto, il più adatto a far proprie le tematiche contenute nelle canzoni scelte dal Gruppo
Teatro.
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9
r
2 maggio 1986
cronaca delle Valli 9
DALLA REVOCA AL RIMPATRIO - 4
Affogati nella disperazione
Il mese di marzo fu per i Vaidesi il mese deirinquietudine,
dell’incertezza, dell’attesa, uno
stato d’animo, il loro, ohe im
funzionario ducale, che ben li conosceva per aver vissuto a lungo fra loro, definiva con questa
splendida espressione; « Ils semblent se vouloir ensevelir dans
leur désespoir », sembrano volersi seppellire, affogare nella propria disperazione.
La soluzione infatti non esiste
e non possiamo supporre ohe i
responsabili del mondo valdese
non se ne siano resi conto subito, non esiste perché tutto è con. tro di loro.
Certo le misure preannunziate
dall’Editto non sono state prese,
i soldati non sono intervenuti a
demolire i templi, anzi è stata
concessa una proroga alla sua attuazione e la Corte non sembra
intenzionata a muoversi. Perché
spera in una soluzione pacifica
della crisi, in un cedimento generale o perché sta preparando
un’offensiva?
Ma il cerchio si chiude, di controllo e di repressione, attorno
■ alle Valli con il divieto di vendere ai Religionari non solo munizioni ed armi ma anche viveri;
sanzioni economiche preludio,
come sempre, di interventi militari!
E’ dunque più che comprensibile che all’azione militare ci si
prepari anche da parte valdese.
Sempre più spesso sono segnalate dalle innumerevoli spie ducali
manovre di compagnie valdesi,
specie in Val S. Martino, con
tamburi, ed il tamburo viene battuto con sempre maggior frequenza anche sulla collina di S.
Giovanni, messaggio di sfida alle
truppe ducali acquartierate a
Lusema.
! questo ha però sapore
di rivolta disperata contro l’inesorabilità del destino più che di
programmazione di un intervento calcolato e lucido, più che
preparativi di un piano.
E questo sapore di sfida, di rivolta, di disperazione avrà anche
il gesto deciso, ai primi del mese. di riprendere i culti interrotti
nelle chiese.
A far esplodere questa situazione, a mettere a nudo le contraddizioni del mondo valdese sarà, nel corso del mese, la deputazione svizzera. I due ambasciatori, inviati alla Corte di Torino
dai cantoni evangelici di Zurigo
e Berna, Gaspard e Bernard di
Muralt erano stati inviati infatti
dai loro governi per sostenere la
causa valdese, fare quanto possibile per risolvere la grave
situazione in cui i Valdesi si trovavano dopo l’Editto. Da diplomatici accorti quali erano, aveVMo capito immediatamente
che la situazione era disiperata;
Io politica sabauda era, come
sempre, condizionata dalle potenze confinanti, la Francia in
particolare, ma in questo caso
I^ politica del Re Sole si era dichiaratamente espressa in senso
^tiprotestante con la Revoca
uell’Editto di Nantes.
Quello che aspettava i Valdesi
Don poteva essere molto dissimi. le. Dopo lunghe, estenuanti trattative con i ministri sabaudi, inui tifi, ottennero di incontrare i
'^Idesi alle Valli. Il 23 marzo
ebbe luogo, agli Odin di Angro8na, la grande assemblea a cui
parteciparono tutti i principali
esponenti del mondo valdese, i
ministri e gli ambasciatori svizzeri.
B progetto che questi ultimi
Perseguivano era molto chiaro;
Convincere i Valdesi ad accettare la proposta di un esilio in terra protestante. Impossibile; con
ostinazione i Valdesi ripetevano
Che non potevano abbandonare
le proprie terre dove i padri era' Do vissuti e dove avevano testi.moniato dell’evangelo, dove Dio
li aveva benedetti e soccorsi.
Partire equivaleva a tradire;
restare equivaleva a morire, replicavano gli Svizzeri.
L'impressione che si ricava da
questo dibattito, che proseguirà
nelle settimane seguenti con lettere, ambasciate, viaggi, è di una
singolare tensione spirituale e
teologica. Il problema non sembra essere tanto la salvezza fisica, anche se è di peso nelle argomentazioni, ma una ricerca affannosa di fedeltà biblica, lo sforzo di sapere dove sta la vocazione divina, dove è il luogo in cui
Dio chiama a vivere. Le benedizioni passate, le liberazioni, la
storia vissuta rappresentano così
un segnale vocazionale inequivocabile a cui bisogna obbedire,
mentre per gli Svizzeri la mutata situazione storica rappresenta
un segnale opposto, altrettanto
inequivocabile, a cui bisogna
prestare dovuto ascolto.
Il dramma che si gioca agli
Odin di Angrogna non è perciò;
restare o partire, ma dove essere
per rispondere ad una vocazione.
Gli Ugonotti non avevano avuto né tempo né modo di porsi il
problema per la diversa situazione, per questo la loro vicenda
fu in parte diversa.
Un singolare esempio della
profondità teologica del dibattito è fornito da questo frammento tratto da una delle lettere inviate dagli ambasciatori ai Vaidesi in quelle tragiche settimane;
Messieurs,
Nous avons veti... que vous
avez beaucoup de peine à vous
résoudre de quitter vostre patrie, qui vous est dautant plus
chère que vos ancestres Vont
possédée par plusieurs siècles et
deffendue valeureusement avec
la perte de leur sang; que vous
vous confies que Dieu qui ly a
soutenu plusieurs fois vous adsistera aussi...
Nous vous disons que nous
convenons avec vous que la loy
qui oblige à quitter une chère
patrie est fort dure, mais vous
advouéres que celle qui oblige
à quitter l’Eternel et son pur
culte est encore plus rude, et de
pouvoir faire le choix de l’une
avec l'autre est un bonheur, qui
en France est refusé mesmes à
des personnes de haute naissance... qui s’estimeroyent heureux, s’ils pouvoyent préférer
une retraite à l’idolâtrie... Il faut
subir les ordres de la Providence divine, qui par les révolutions
met la foy des enfants de Dieu
à l’espreuve pour leur destacher
les coeurs de ce monde afin de
chercher avec tant plus d’ardeur
la patrie et la Cité permanente
du Ciel.
Il est vray que le bras de Dieu
qui vous a soustenu dans les
guerres passées n’est pas raccourci; mais si vous faictez réflexion qualors Dieu vous a suscité des voisins qui vous ont
secouru d’officiers, d’hommes, de
provisions dq guerre et de bouche... au lieu que présentement
tous les advantages vous manquent... vous ne pouvez pas espérer que la providence divine,
qui n’agist pas miraculeusement
cornme autrefois parmi les Israélites, veuille faire de vos ennemys ce qu’elle fist autrefois
de Sennachérib. Et la parole de
Dieu nous apprend que de se
jetter _ dans les dangers, sans
prévoir humainement aucun
moyen d’en pouvoir sortir, c’est
tenter Dieu, qui laisse périr ceux
qui aiment témérairement le
danger.
...nous vous prions de ne plus
résister au bien que nous voulons vous procurer et de ne pas
vous obstiner par des considérations si contraires à la prudence chrestienne et à la charité
que vous deves à vous mesmes,
à vos femmes et à vos enfants,
et de donner enfin lieu à nostre
conseil...
vos très affectionnés serviteurs...
Giorgio Toum
VAL PELLICE
La valle dei concerti
Non solo il virtuosismo, come
spesso accade invece per i musicisti che giovanissimi cominciano a esibirsi in pubblico, è
stato apprezzato nel concerto di
Francesco Cipolletta, 15 anni,
venerdì 18 a Torre Pellice. Organizzato in sostituzione del
previsto concerto dell’Orchestra
da camera di Torino, questo appuntamento ha trovato il riscontro di un pubblico non numerosissimo, ma entusiasta per la
prestazione dell’artista, chiamato ad un bis e a più «uscite» a
ricevere i meritati applausi.
Dicevamo, non solo virtuosismo da segnalare nelle doti di
Cipolletta; iniziata l’attività concertistica all’età di 10 anni e con
un notevole numero di vittorie
in concorsi vari alle spalle, ha
presentato un programma incentrato sulle figure di Liszt,
Brahms, Skrjabin e Prokof’ev.
Se l’abilità nel far uscire dalla
tastiera cascate di suoni in successione era forzatamente richiesta (e raggiunta) nel Meflstovalzer di Liszt e nelle Variazioni sopra un tema di Paganini di
Brahms, altri brani hanno permesso al nianista di mettere in
mostra una grande capacità di
intrecciare sonorità diverse e variegate.
In particolare sono i Tre studi
(Mormorii della foresta. Danza
degli gnomi. La leggerezza) di
Liszt, con cui si è aperto il concerto, ad aver indicato forse
una particolare attitudine nelTinterpretare un tipo di compo
sizione dal carattere descrittivo,
dallo sviluppo non esteso, ma
piuttosto concentrato in una
sorta di notazioni, e, forse si
può dire, di impressioni.
Di carattere diverso, ma ugualmente affascinante, la Sonata
op. 6 di Skrjabin, meno ricca di
varietà timbriche, ma sospesa
nella ricerca di stati d’animo
sfumati e impaipabili.
Si avvia dunque ad una notevole conclusione questa stagione di concerti organizzati dalla
Comunità Montana, con le Ass.
Pro Loco di Torre Pellice e Luserna e l’Associazione Musicale
Riky Haertelt. Sono previsti due
ulteriori appuntamenti (uno dei
quali in sostituzione, per gii abbonati, del mancato concerto del
gruppo Musica Camera Praga);
mercoledì 7 maggio, a Torre Peilice, il Gruppo Musica Stravagante, specializzato in musica
antica e formatosi in scuole londinesi eseguirà musiche di Bach,
Telemann, Gluck. Sabato 17, nel
Tempio di S. Giovanni, la soprano Eliane Manchet e Marisa Borini avranno in programma brani di Schumann, Debussy, Grieg
e Hugo Wolf.
Hanno collaborato a questo
numero; Marco Borno - Alberto Corsani - Dino Gardiol Paola Montalbano - Lucilla
Peyrot - Teofilo Pons.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
Nel ventre
del
pescecane
Una messe di pesci più o meno piccoli, oggetti appartenuti a qualche marinaio precedentemente inghiottito, una fisarmonica, cibo, un lume. Babbo
Geppetto, catturato a sua volta, trova
tutto ciò nella pancia del pescecane
del libro di Pinocchio.
Ma tutti noi che guardiamo siamo
come intrappolati in questo buio stomaco in cui si aggira il falegname
che era partito alla ricerca del suo
burattino.
Così circa 120’ bambini delle scuole domenicali del primo circuito hanno assistito sabato 19, presso la Sala
Albarin di Luserha S. Giovanni, allo
spettacolo « S.O.S. « Solo Ombre Sognanti », scritto e messo in scena dal
gruppo Teatro AxolotI dì Torino.
Geppetto, dunque, trova momentaneo
conforto nei generi trovati nel ventre
del pescecane, ma soprattutto nella
fiamma di un lume, che, oltre a permettergli di scaldarsi, gli consente di
dar materialità ai suoi sogni, al suoi
ricordi, al rimpianto di Pinocchio, che
verrà genialmente evocato per mezzo
di un burattino che danzerà in un piccolo teatrino di marionette, sempre alla luce del lume.
lo spettacolo infatti, si presenta avvincente e gradito ai bambini proprio
per il continuo alternarsi di momenti
teatrali diversi: il mimo, la danza, la
filastrocca, la canzoncina, l'impiego sulla scena di strumenti musicali, le ombre cinesi, la marionetta sono gli elementi lungo i quali si dipana la permanenza di Geppetto in questo mondo che è anche, forzatamente, simbolico; gli oggetti rinvenuti, ciascuno in
modo diverso, garantiscono la sopravvivenza agii uomini, siano essi marinai, o pescatori, o abitanti della terraferma.
Momenti di sbigottimento all'entrata
(la scenografia prevede non l’uso
di un palco, ma spettatori e interprete avvolti da un tendone raffigurante
la pancia del pescecane), di paura, a
volte, se la scena si fa più buia, ma
di ilarità, di vere risate, di coinvolgimento per i bambini, la cui attenzione è stata costante e altissima quando
la marionetta ha preso le fattezze (leggasi; Il naso) del più famoso burattino.
Un utile pomeriggio, capace di dimostrare che i soggetti narrativi e teatrali
per l'infanzia non sono solo quelli
classici e stravisti, ma possono, magari sulla base di quelli stessi, diventare più complessi, senza pregiudicarne comprensione e gradimento.
A. C.
I COSTI DELLE
CASE DI RIPOSO
Qualche tempo fa, ho letto sul giornale « Il pensionato d'Italia », le riflessioni di un anziano ex artigiano di 75
anni ricoverato in una casa di riposo
a gestione privata. Inizia con i dati del
1984 e dice che ha dovuto prelevare
anche una parte della 13* per poter
pagare la retta mensile di L. 285.000,
nell'85 il costo gli ha assorbito tutta la
13* ì in più ha dovuto ancora pagare
L. 30,000 ricorrendo al suo modesto risparmio, per l'86 non sa ancora quanto
dovrà integrare (per quest'anno l'importo mensile è di 1. 400.500). Chiede se è giusto che i ricoverati nelle
case a gestione pubblica siano agevolati da una legge che consente di
versare il 75% della loro pensione e
quelli in case private ne siano esclusi,
fa notare che al suo paese (Popoli, PE)
non ci sono ricoveri pubblici, lo sarei
grato se qualche persona competente
in materia, mi volesse spiegare la differenza dei costi dei nostri istituti nelle valli, dicendo nostri intendo non solo
quelli valdesi.
Grazie.
Leo Coi'sson, Angrogna
RINGRAZIAMENTO
I familiari del caro
Giuseppe Gaydou
ringraziano tutte le gentili persone che
con fiori, scritti, parole di conforto e
presenza al funerale hanno preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare al personale medico e paramedico dell’Ospedale Valdese di Torre PeUice, alla dottoressa Pons, ai pastori Platone e Bellion ed ai vicini di casa.
Luserna San Giovanni, 30 aprile 1986.
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Luigi Gastagno
Cavaliere di Vittorio Veneto
Anziano RIV-SKF
ringraziano tutti coloro che hanno preso parte al loro lutto. In particolare:
il Sindaco e l’Amministrazione Comunale, la Banda musicale e il Centro
Anziani di Pomaretto; il Gruirpo Anziani RIV-SKF di ViUar Perosa; il
Preside, il Personale docente e non
docente, gli aRievi dei Corso A Segreteria e deRa classe V A P.Q. deU’Istituto Alberghiero di Pinerolo, Eq>rimono inoltre la loro riconoscenza ai
medici curanti, doti. Teodoro Peyrot
e Saverio Del Din, aR’équipe infermieristica deR’USSL 42, alla signora Elsa
Rostan Lageard e al pastore Renato
Coisson.
Pomaretto, 28 aprile 1986.
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Guardia Farmaceutica :
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- Via Nazionale, 22 - Tel. 840707.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
( Distretto di Pinerolo )
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza ;
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 ■ VAL PELLICE
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva e festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia Farmaceutica ;
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Bibiana: FARMACIA GARELLA - Via
Pinerolo, 21 - Telef. 55733.
Bobbio Pellice: FARMACIA - Via
Maestra 44 - Tel. 92744.
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice: Telefono 91.996.
10
10 uomo e società
2 maggio 1986
ISRAELE
FONDO DI SOLIDARIETÀ’ i
Il problema palestinese
alla radice del terrorismo
Un nuovo obiettivo:
Chipembi Farm College
Prima di pubblicare un nuovo elenco delle offerte pervenuteci, desideriamo aggiornare i
E’ lo stato ebraico che ora impedisce un ritorno alla pace, afferma lettori suimtuaie situazione.
, r !■ Abbiamo raccolto, dopo la
un esperto che un tempo fu porta-parola dell establishment israeliano pubblicazione del precedente
elenco, la somma di oltre tre
Com’è noto, il laburista Peres
attualmente guida il governo di
«unità nazionale» israeliano, a
capo di una scomoda e paradossale coalizione col liikud, lo
storico antagonista.
In occasione del recente congresso nazionale del suo partito, e di fronte alle delegazioni di
25 Paesi, ha testualmente detto ai
palestinesi: «Noi vi riconosciamo come popolo ». E’ forse bene sottolineare che egli ha parlato in sede di partito e non in
veste governativa (e si sa quale differenza possa correre fra
le due posizioni). Pur dichiarandosi deluso dalla dirigenza delrOlp (l’organizzazione per la liberazione della Palestina diretta
da Arafat), ha detto di «non
disperare delle prospettive di
pace». In più, si è detto disposto a trattative dirette « senza
nessuna condizione », con disponibilità all’ascolto delle proposte.
Ira della destra
Il discorso ha ovviamente suscitato le ire della destra più
nazionalista, mentre coinvolge
anche l’annosa e grave questione degli insediamenti israeliani.
Proprio in questi giorni, quasi
ad affiancare e ad incoraggiare
r
« L'Eco delle Valli Valdesi »: Rea,
Tribunale di Pinerolo n. 175.
Redattori: Giorgio GardioI, Paolo
Fiorio, Roberto Giacone, Adriano
Longo, Giuseppe Platone, Sergio
Ribet. Comitato di redazione: i redattori e: Mirella Bein Argentieri,
Valdo Benecchi, Mario F. Berutti,
Franco Carri, Rosanna Ciappa Nitti. Bruno Gabrielii, Claudio H. Martelli, Roberto Peyrot, Massimo Romeo, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Liliana Viglielmo.
Direttore Responsabile:
FRANCO GIAMPICCOLI
Redazione e Amministrazione: Via
Pio V, 15 - 10125 Torino - Tel. Oli'/
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I prezzi si intendono oltre IVA:
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Fondo di solidarietà c.c.p. 11234101
intestato a « La Luce: fondo di solidarietà », Via Pio V, 15 - Torino
le intenzioni « pacifiste » ed
aperturiste di Peres, compare in
Israele un libro («Decisione fatale ») dell’ex capo di insegnamento di dottrina militare in
seno allo stato maggiore dell’esercito israeliano, Y. Harkabi, attualmente docente di relazioni internazionali presso l’Università di Gerusalemme. Secondo il mensile Monde Diplomatique di aprile, Harkabi è
considerato in Israele una delle figure più significative della
ricerca sul conflitto arabo-israeliano e, più particolarmente,
sulla questione palestinese. Per
parecchi anni egli è stato il porta-parola ufficiale dell’establishment; durante il periodo che va
dalla guerra del 1967 a quella
del 1973 il generale Harkabi è
stato la « copertura scientifica »
al rifiuto israeliano di rendere
i territori occupati in cambio
di una pace cogli Arabi. Ora,
tredici anni dopo, egli riconosce
nel suo libro che allora gli estremisti israeliani potevano in effetti trovare nei suoi precedenti scritti degli argomenti a favore delle loro affermazioni e
delle loro azioni. Ma ora, la situazione è cambiata. Secondo
Harkabi Israele non è bianco
come neve, né gli Arabi sono
la sorgente di tutti i mali; è lo
Stato ebraico — egli afferma —
che impedisce un ritorno alla
pace. Mentre nel passato egli
diceva che un dialogo con l’Olp
era impossibile, ora afferma che
cercare un regolamento del conflitto senza questa organizzazione equivale a non voler cercare
per nulla una soluzione. Egli difende anche il ricorso alle armi
dei palestinesi, ricordando nel
contempo la « lunga coorte delle vittime palestinesi durante
tutto il corso della loro lotta nazionale ». A coloro che preconizzano l’espulsione dei palestinesi dalla loro terra per por termine al conflitto egli oppone come inevitabile conseguenza « la
espulsione di Israele dal Vicino
Oriente ». L’annessione della Cisgiordania e di Gaza equivarrebbe ad un « suicidio nazionale ».
L’argomentazione degli annessionisti secondo cui coll’installazione di 30 mila coloni in quelle terre si è creato un fatto irreversibile non è accettabile: si
pensi — dice Harkabi — al milione di francesi che hanno lasciato l’Algeria nel 1962.
to mandato della Gran Bretagna, mandato che cessò poi nel
1948, mentre contemporaneamente veniva proclamato lo Stato
di Israele). La conclusione è
chiara : rinviare continuamente
un regolamento del conflitto potrebbe essere nefasto per Israele, perché il tempo non gioca
a suo favore, specie dopo lo
scacco subito in Libano.
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - 10066 Torre Peliice (To)
Razzismo religioso
Il nodo irrisolto
La Questione assume oggi —
se possibile — un ancor più notevole rilievo, a seguito dei
drammatici avvenimenti libici.
milioni di lire che destiniamo in
gran parte, come già annunciato,
ai disastrati della Colombia (2
milioni) e del Messico (1 milione) in appoggio alla sottoscrizione della PCEI: con questo
invio consideriamo chiusa l’iniziativa.
Nel frattempo ci è ancora pervenuta qualche offerta a favore
del popolo eritreo vittima di una
ventennale guerra fratricida. Il
totale della cifra ammonta pertanto ora a L. 16 milioni che
abbiamo ancora giacenti presso
di noi. Purtroppo la situazione
di detta regione — a seguito del
susseguirsi delle azioni belliche
degli etiopici — è tutt’altro che
tranquilla ed attendiamo informazioni maggiormente comple
ta bonifica dei terreni paludosi
e malsani, la costruzione di una
pompa per l’acqua e del relativo sistema di irrigazione. Questa scuola agricola si trova a
60 km. a nord-est della capitale
Lusaka e fa parte di uno dei
più grandi centri della Chiesa
evangelica dello Zambia, dove
si trova anche una scuola secondaria femminile ed un ospedale. Attendiamo le vostre offerte, generose e numerose. Intanto, precisiamo che pubblicheremo a scadenza più ravvicinata
(possibilmente a ritmo mensile) l’elenco dei doni, al duplice
scopo di dare più sollecitamente ricezione ai lettori delle loro
offerte e di informarli sull’andamento dell’iniziativa. I versamenti vanno effettuati sul c.c.p.
n. 11234101 intestato a La Luce,
fondo solidarietà, 'Via Pio V, 15,
Torino.
L’attacco di « rappresaglia » de- te affinché questa non indiffe
inriì TTC A rtlln T.4V¿Ío Qllrt - 4>
gli USA alla piccola Libia allo
scopo di stroncare il terrorismo
arabo rischia di distogliere l’attenzione delTopinione pubblica
da quello che è il problema fondamentale: la soluzione del problema palestinese. Proprio il
giorno dopo il bombardamento
di Tripoli e di Bengasi il capo
spirituale di quel « Partito di
Dio » che addestra terroristi-suicidi nella valle della Bekaa vigilata dalle truppe siriane ha ricordato ; « Il terrorismo non
l’ha inventato Gheddafi, esisteva prima di lui e continuerà fin
quando la Palestina non sarà
liberata ». In altre parole, anche
se il capo libico sparisse, finché
la questione palestinese non verrà risolta con un minimo di giustizia, la pace in Medio Oriente
sarà pura utopia.
Roberto Peyrot
fénte cifra 'gbssa àvèré :un impiego il più efficace possibile.
Presentiamo ora l’obiettivo del
nostro prossimo intervento : si
tratta di uno dei progetti raccomandati dalla CEVAA, al di fuori del suo bilancio. E’ questo il
Chipembi Farm College (scuola agricola) la cui realizzazione
richiede la cifra di 53 milioni al
cambio attuale. Questa scuola
d’agricoltura si integra nel piano del governo dello Zambia
(Africa) per una politica di diversificazione delTeconomia verso un’agricoltura di autosufficienza alimentare, che possa anche parzialmente liberare il Paese dalla schiavitù del rame, di
cui è forte produttore. Il prezzo di detto metallo ha subito
un vero e proprio crollo che
ha inciso gravemente sulla economia dello Zambia. Questo
progetto concerne soprattutto
L. 1.000.000: Eynard Italo e Giuliana.
L. 500.000: Robutti Enzo.
L. 220.000: Conte Gino e Lalla.
L. 200.000: öianci Aldo, Fabiola Matilde, Bottazzi Emanuele.
L. 100.000: Chiesa valdese Susa,
Bufalo Olindo, Chiesa valdese Coazze, Fontana Delia, sorelle Cornelio,
Clemenzi Aldo, Co'isson Giovanni e
Susanna, Gönnet Alessandro.
L. 60.000: Fabiole Matilde.
L. 50.000: Fam. Del Priore, Conti
Giovanni, Pons I. e Teofilo, N. N.. Michelin Salomon Paolo e Lesny Olga,
Vezzosi Giov. (5 vers.).
L. 40.000: Giambarresi Giovanni e
Rosalba.
L. 35.000: Falbo Dario.
L. 30.000: Giaime Valdo e Evelina,
Rostan Stefano Alberto, Antonini L.
L. 20.000: Maurin Marie France. Antonini L., Giaime Valdo e Evelina, Pascal Alma.
L. 15.000: Giordan Maddalena.
L. 10.000; Canale Aldo, Dufey Rose
Bianche, Castagno Elvina.
Totale L. 3.770.000; prec. 16.341.049;
a FCEI 3.000.000; in cassa 17.111.049.
GLI USA RIFLESSI IN DUE INSERZIONI SUL NEW YORK TIMES
Una nuova Baia dei Porci?
Il capitolo sul giudaismo nazional-religioso è il più documentato. L’autore cita degli
estratti della Legge rabbinica,
utilizzata da certi rabbini per
giustificare il razzismo nei confronti dei « gentili ». « Ammazzare un non-ebreo non è un assassinio » dice uno di loro, mentre un altro consiglia ; « Quando un non-ebreo si trova in distretta, non bisogna portargli
soccorso ». L’Autore dice queste cose nell’intento di « risvegliare » la pubblica opinione
israeliana, facendole prendere
coscienza del pericolo rappresentato dall’ideologia razzista di
certi rabbini. Egli non ha peli
sulla lingua anche quando parla della destra nazionalista e ricorda i tentativi dei capi dei
gruppi Stem (terrorismo) di
concludere un’alleanza coi nazisti contro gli inglesi in piena seconda guerra mondiale. (Allora la Palestina era ancora sot
« Noi sosteniamo l’assistenza
militare ai Nicaraguegni che
combattono per la democrazia ».
Così inizia un lungo proclama
pubblicato a pagamento su una
intera pagina del New York
Times di domenica 16 marzo.
Sotto la sigla di « Amici del centro democratico in America Centrale » seguono le firme di circa 50 personalità del mondo politico (con alcuni nomi di personalità anche della precedente amministrazione Carter), finanziario ed intellettuale statunitense.
«Il 15 ottobre 1985 il .governo
sandinista del Nicaragua ha dichiarato lo stato d’assedio, iniziando una campagna di repressione contro le chiese, i sindacati e la stampa indipendenti,
contro le organizzazioni politiche ed umanitarie non governative ». Secondo i firmatari
« questa campagna non può essere spiegata se non come risposta alla politica americana
verso il Nicaragua; essa rappresenta la dimostrazione finale
della determinazione dei sandinisti a governare il popolo nicaraguegno con la forza ».
Questo annuncio filo-governativo, indubbiamente costosissimo, è ad effetto. Ma colpisce la
completa assenza, tra i firmatari, di persone appartenenti ad
associazioni religiose, anche a
titolo individuale.
Fa da contraltare, sullo stesso
giornale e lo stesso giorno, un
annuncio molto più piccolo, pub
blicato poche pagine più avanti, e sottoscritto invece dai presidenti di molte tra le principali chiese protestanti, da rabbini, responsabili di organizzazioni cattoliche, o direttori di pubblicazioni religiose. L’appello è
piuttosto eloquente; « In nome
di Dio finitela con le menzogne,
finitela con le uccisioni». Senza
mezzi termini il breve testo dichiara che ramministraziOne
Reagan ha ingannato il pubblico nella sua richiesta di aiuto
militare e « cosiddetto umanitario » a favore dei contras, nascondendo testimonianze degne
di fede che dimostrano come « i
contras commettono sistematicamente atrocità contro civili
innocenti ». E conclude: « I contras non sono combattenti per
la pace ».
E che non lo siano, pare dimostrato da un altro annuncio a
pagamento, pubblicato il 12 marzo sempre sul New York Times, dall’organizzazione « Testimoni della pace ».
Citando a sostegno una frase
del segretario di stato George
Shultz, pronunciata il 24 giugno
1984 (e riferita evidentemente
ad altro contesto) ove si afferma che « i combattenti per la
pace non catturano o uccidono
bambini. Solo ì terroristi lo fanno », l’annuncio a pagamento riporta testimonianze giurate raccolte dal procuratore generale
dello stato del Missouri, Mary
Dutcher, che documentano 118
atrocità dei contras, di cui ben
43 dirette contro bambini.
In queste ultime settimane,
comunque, anche i commentatori politici si fanno più critici
contro la amministrazione Reagan, riguardo agli aiuti militari
ai contras.
Sempre sull’autorevole N. Y.
Times, Tad Szulc ricorda come
il 17 aprile abbia segnato il 25°
anniversario della Baia dei Porci, vale a dire della tentata (e
fallita) invasione di Cuba, contro l’allora recente governo di
Pidel Castro, da parte di fuorusciti cubani organizzati, finanziati e diretti dal governo Kennedy. Un’operazione nata sotto
il precedente governo Eisenhower, che doveva risultare uno
degli episodi più infelici della politica americana di questo secolo.
Nel suo articolo Szulc coglie
le analogie con la situazione che
si sta venendo ora a creare in
Nicaragua. E invita Reagan a
non cadere nel tranello in cui
Kennedy incespicò 25 anni fa« Perché cosa accadrebbe se 1
contras, nonostante i forti aiuti che Reagan vuole loro inviare, non dovessero vincere la
guerra, come accadde ai cubani
nella Baia dei Porci? Per disperazione il presidente Reagan ordinerà alle truppe USA di entrare in azione? ».
Almeno questa tentazione
John P. Kennedy la evitò, alla
Baia dei Porci.
Roberto Giacone