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Sig .a
LONTO .'Fì MA
Can^; Val'ìese
FFM.ICB
VALU VALDESI
Setti manale
della Chiesa Valdese
"Gettate lungi da voi tutte le vostre trasgressioni per le quali avete peccato, e fatevi un cuor nuovo e uno spirito nuovo
Anno LXXXIX - N. 28
Una copia LireJfl
ABBONAMENTI
}
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TORRE PELLICE 10 Luglio 1959
Ammin. Claudiana Torre Pellice - C.C.P. 2-17557
Questa nostra
Essendo stato chiamato direttamente in causa sul problema della
autonomia mi si vorrà consentire di
esprimere un avviso su « questa » o
« quella » forma regolamentare che
all’autonomia voglia darsi e sulla rispondenza di certe somme dove l’evidenza degli addendi resta tradita
dal risultato. Credo che l’acuta perspicacia del direttore del nostro «Eco»
abbia già dato una risposta alla problematica sollevata da Scmmani, accostando il suo articolo a quello inti7 I- 7 = X.
Mi spiace dover prendere in esame
Il caso della chiesa di Genova, poicliè ritengo che ogni comunità abbia
il diritto (qui si tratta proprio di un
diritto) di manifestare iioeramente,
attraverso i suoi organi legittimi il
proprio volere di acquisire eventualmente l’autonomia o di rimanere viceversa nel novero delle comunità
non autonome. Se vengo al caso di
Genova è perchè l’amico Sommani
me ne forza la mano assumendo che
questo esempio di una chiesa che non
vuole diventare autonoma smentirebge quanto ebbi a scrivere sul problema dell’autonomia asserendo che il
suo fondamento di fatto risiede nella
« raggiunta maturità spirituale da
parte della comunità ».
Il principio
presbiteriano
Mi domandavo quali potevano essere le ragioni per cui una comunità
avendone i requisiti potrebbe non desiderare il riconoscimento delTautonomia e mi rispondevo, nel detto mio
scritto del 1944, che a parte motivi
speciosi, l’unico logico era quello
«della mancata comprensione, da parte dell’assemblea, del significato e del
valore dell’autonomia» e concludevo
che «questa (Tassemblea), così deliberando, darebbe ,dal pimto di vista
giuridico, una dimostrazione speciflcà di immaturità spirituale».
Occorre distinguere anzitutto tra
l’istituto dell’autonomia che è fondamentale nelTordinamento della nostra Chiesa e le norme che ne regolano l’attuazione che sono contingenti
e mutabili. Su questa premessa anche
Tamico Sommani sembra convenire
nel suo scritto. Se l’autonomia dovesse esser messa alla porta, la nostra
Chiesa Valdese verrebbe fatalmente
ad assumere il carattere di una Chiesa accentrata dove le comunità sarebbero ridotte al rango di parrocchie dirette e governate dal centro e di conse^enza certi principi gerarchici ed
episcopali inevitabilmente verrebero
col tempo a modificare radicalmente i caratteri del nostro ordinamento che non potrebbe più rientrare nel
novero di quelli a base presbiteriana.
Delle due Tuna; o la Tavola amministra i beni comuni nelTinteresse comune secondo i voleri del Sinodo, organo supremo costituito dai deputati
e dei pastori delle Chiese che in quella sede diventano Chiesa Valdese ed
allora la missione che noi tutti Vaidesi conduciamo deve spingere le nuo.
ve Chiese verso il riconoscimento della loro autonomia da parte (iel Sinodo perchè esse si imiscano con le
più vecchie nel reggimento comune
dei propri interessi; oppure la Tavola dirige e stabilisce ogni cosa, sentito il Sinodo, governando direttamente sulle singole comunità, ed allora le
prerogative tutte delle Chiese autonome diventano inutili, anzi dannose,
sia la deputazione diretta in Sinodo,
sia Tautogovemo in sede locale, sia
il raggiungimento della sufficienza
economica, sia (ultima per importanza tra queste prerogative) l’elezione
del proprio pastore. Se si comanda
dal centro, l’autonomia periferica è
perniciosa quale elemento di disordine. Ma in tale deprecabile ipotesi anche il Sinodo può diventare superfino
e persino la formazione collegiale
della Tavola. Sistema migliore per
una direzione accentrata ed unica è
per certo la monarchia assoluta che
in regime ecclesiastico completa se
stessa nelTattributo dell’infallibilità.
11 «caso» di Genova
La Chiesa di Genova — non lo contesto — è per certo tra quelle religiosamente p:ù sviluppate e mature, ma
un conto è la maturità della vita religiosa nel suo pieno sviluppo ed espan
sione evangelistick;;àltra cosa è quella «immaturità spiiituàle » che ho posto in risalto dal-punto di vista giuridico nel mie scritto e ohe risulta
dal latto che gli organismi direttivi
di una c omumtà) damoscrmo « una
mancata comprensione del significato e del valore dell’autonomia».
Sul piano giuridico delTorganizzazione ecclesiastica, tale « immaturità
spirituale» consiste nel fatto ai non
aver realizzato e nel non volere attuare la concezione, ecclesiologica tipica ed insita nelTbrdinamento vaidese. E non credo che alcun teologo*,
potrebbe contestare il fatto cne sui
piano ecclesiologico (punto ai vista
giuridico sul piano.;organizzativo) una
comunità possa dirsi spiritualmente
matura negando i.! principi' tondamentali dena propria ecclesiologia.
Se in pratica la Chiesa di Genova
non vuol chiedere l’autonomia è perene essa. Come altre nostre uniese, a
causa di talune improprie e discordanti disposizioni di regolamento, già
si vale delle prerogative della autono-,
mia e non ne suoisce i gravami. La ’’
uhiesa di Genova, kilatti, elegge un
proprio deputato al Sinodo, attua
Tautogovemo del concistoro in sede
locale, ha una sufficienza economica
in sede locale, non ha invece i pesi
della manuteiizionp dell'opera che
gravano o dovrebbero gravare intieramente sulle autonome. Che cosa la
distingue dalle umese autonome? Il
solo fatto di non designare il proprio
pastore, il che le consente però di
conservare il proprio per 14 anni o
finché la Tavola non glielo toglie, sottraendosi così a quella somma di
7 + 7 11 cui risultato costituisce un
incerto che non garantisce oggi le autonome di fronte a certe volubilità
personalisticfie. Ciò dimostra a chlar
re note cne la regolamentazione attualmente e deficiente, come ben soitoimea i amie» Sommani. Sono diversi decenni cne il Smodo non ha più
l'occasione di riconoscere Tautonomia
di nuove^ umese, e questa pure è una
Qimostiaziune che più di una cosa
non fmiziona bene nell’attuale regolamentazione. Giorgio Ireyrot
(Segue in 3“ pag.)
Maturità delle chiese
Non intendevo intervenire in codesta discussione, ma, ora che la Comunità di Genova ha proclamato la sua
autonomia seppur con una certa timidezza (22 voti favorevoli su 30 votanti), togliendo così di mezzo lo
scandalo della ribellione ai Regolamenti della Chiesa (però solo ora
qualche voce si è levata per deprecare
la non osservanza di essi da parte di
parecchie Chiese... autonome!), sento
il dovere di mettere in chiaro alcuni
punti :
1“ L’art. 1 dei Regolamenti organici riconosce due categorie di Chiese
particolari: quelle costituite e quelle
in via di costituzione. E va bene. Ma
l’art. 6 viene a suddividere in due categorie le chiese costituite, seguendo
un concetto tutto umano di gradazione : chiese di ordine inferiore e chiese
di ordine superiore con certi privilegi. Ciò è contrario a quanto vediamo
nella Chiesa apostolica (a cui ci riferiamo) ed altresì alla organizzazione
riformata presbiteriana in cui tutte le
Comunità sono eguali con gli stessi
doveri e con gli stessi diritti, nessuno
escluso.
2“ L’autonomia delle Chiese è stata
da noi sempre intesa quale diritto delle Comunità di eleggersi il proprio pastore. A questo proposito è esplicito
Tart. 11 dei Regolamenti Organici del
1903:
« Chiamasi Chiesa autonoma la
Chiesa che, a tenore dell’art. 12, ha
diritto di eleggere il proprio pastore »
(sottolineato da me). Ed all’art. 12:
« Hanno diritto di eleggere i propri
pastori : a) le Chiese che, sia colle
contribuzioni dei loro membri, sia con
rendite di fondi che loro appartengano, provvedono all’intiero onorari,! di
essi: onorario che non potrà essere
imeriore a quello degli altri fiaslon
della Cniesa Valdese che si trovano
nelle medesime condizioni d organico;
DJ le Cniese a cui favore esiste un
rondo speciale comune, amministrato
dalia lavora, quando le rendite di
questo rondo vengano completate dalie contriD azioni ai esse Cmese, nella
misura cne sara stabilita dada Tavola
per ciascuna Cniesa ».
Donde risulta evidente che l’autonomia o diritto di nomina oei pastore era in funzione deli autonomia jinaziaria e che il comma a) contempla
il caso delle Cmese dell’Evangelizzazione mentre il comma b) si riferisce
alle parrocchie delle Valli.
Questo articolo fu successivamente
cambiato negli anni 1932, 1942 per
prendere la redazione tinaie del 1947
che restrinse detto diritto sia sopprimendo il diritto storico delle Chiese
delle Valli, sia ponendo altre condizioni.
3« Se è norma delle Chiese presbiteriane la facoltà per ogni comunità
debitamente costituita di eleggere il
proprio pastore senza riferimento alla
consistenza numeriim nè alla potenzialità finanziaria, pure, io credo che
per il bene della nostra Chiesa sarebbe opportuno rinunziare ad essa. Considerate infatti l’estensione geografica
della nostra Chiesa dalle Alpi a Capo
Passero; considerate il numero abbastanza esiguo delle nostre Comunità
e dei nostri pastori; considerate la
difficoltà di scelta (era tutta un’altra
cosa quando la Chiesa Valdese era
ristretta alle Valli); considerate le difficoltà e gli intralci nell esercizio del
diritto di elezione; considerate le forti
spese di trasloco; considerate infine
che la nostra è essenzialmente una
Chiesa evangelisUca e non potrete rare a meno di riconoscere che sarebbe
un grande vantaggio per la Chiesa nel
suo insieme h demandare alta Tavola
la designazione e Ta nomma dei pastori in tutte le Chiese. Secondo me.
Il rinunziare a questo diritto per il
bene deua Chiesa tutta e della sua
opera sarebbe la più bella prova della maturità spirituale delle Comunità.
Che se poi si temesse il potere accentratole della Tavola (io che ne sono stato membro non vi credo!), si
valorizzino le Conferenze Distrettuali
e le relative Commissioni Distrettuali
che potrebbero procedere a codesta
bisogna d’accordo coll’Amministrazione Centrale.
E termino con un riferimento al
Sinodo delle Chiese di Francia a Parigi il 26 maggio 1859 nella notizia
datane a Ginevra da G. Bourguemestre
circa la Disciplina ecclesiastica dal Sinodo adottata : « La Discipline précise l’organisation ecclésiastique; elle
résume ce que doit être le ministère
des pasteurs, le rôle des anciens et la
conduite que doivent observer les fidèles. L’autonomie des Eglises constituantes est sauvegardée, mais ’’nulle
Eglise ne pourra prétendre primauté
ou domination sur l’autre”. L’unité
dans la diversité est acquise. L’autorité réside dans les corps suivants: à
la base, le consistoire de l’Eglise locale, comprenant anciens ei pasteurs;
puis le synode provincial où chaque
Eglise est représentée par le pasteur
et par un ancien; enfin le synode national, formé également de députés
laïcs et de pasteurs ».
Emilio Corsant
Voici un reportage d’une collaboratrice du Département d’information du Conseil
Oecuménique, en mission au Moyen-Orient. Près d’un million de réfugiés arabes
israéliens vivent en Jordanie depuis dix ans dans l’amertume et sans espoir,
'C’EST L’ANNÉE DU RÉFUGIÉ
Sur la route de Jéricho
Amin Mohammed est un garçon
de 14 ans vivant avec sa famille dans
le vaste camp Aqabat J aber, sur la
jrqu:te.:de lérieho,! ijui ohiite.
réfugiés palestiniens. Il y a une dizaine d’années, au début du problème des réfugiés de Palestine, tout ce
monde vivait sous tentes; maintenant des maisonnettes de ciment les
ont remplacées. C’est une notable
amélioration parmi de nombreuses
autres dues à l’Office de secours et
de travaux des Nations unies pour
les réfugiés de Palestine. Mais personne ne peut améliorer le climat de
cette région sèche et poussiéreuse
sous un soleil féroce, à quelques kilomètres du point le plus bas du
monde: la Mer Morte, à 427 mètres
en dessous du niveau de la mer.
Ils sont près d’un million, ces déracinés qui depuis dix ans, vivent
ainsi dans l’exil et l’amertume
Amin n’avait que quatre ans alors,
et il ne se souvient pas d’une autre
vie. Ses quatre frères et soeurs aînés
ne sont plus dans le camp, mais il y
a encore son père, sa mère, et une
soeur. Quel peut être l’avenir d’un
tel garçon? Et la question se pose
pour d’innombrables enfants, car on
les estime à près de la moitié du total des réfugiés palestiniens.
Amin est parmi les priviVgiés
parce qu’il habite tout près de
l’école de garçons des Unions chrétiennes de jeunes gens à Jéricho, et,
alors que l’école comme le camp de
Aqabat J aber tout entier, était encore sous tente, il a pu suivre les classes dès le début. Outre rinstructiun.
su qualité d’écolier lui a valu un
supplément de lait pour augmenter
les 1.550 calories de sa ration quotidienne; et il s’est fait des amis.
Le directeur du camp, Jack Mnadzaganian, est l’un de ceux-ci; il
était précédemment instructeur sportif aux UCJG à Jérusalem, dans la
partie de la ville qui est maintenant
israélienne. Vigoureux et moustachu,
il dirige aussi avec compétence les
écoles de Jéricho. Il n’y a pas de
jour où il ne soit obligé de refuser
des garçons que lui amènent leurs
mères, venant soit du camp d’Aqabat
J aber, soit des deux autres de la région, soit même d’ailleurs en Jordanie. Les écoles des Unions chrétiennes ne sont malheureusement pas en
état d’accepter un si grand nombre
d’élèves.
Maintenant qu’il a quatorze ans
révolus, Amin a été admis à l’école
de formation professionnelle qui a
. fait la répiBtatio» .,d«a .écples, hiüçi»stes de Jéricho. Cette école, dont il
est ber de porter les salopettes rayées
bleu et blanc, fonctionne en collaboration avec le Conseil chrétien du
Eroebe-ürient et de la Division
d’Entraide des Eglises et Service des
Réfugiés du Conseil oecuménique
des Eglises. Amin gagnera bientôt
son argent de poche, et plus tard
une trentaine de livres jordaniennes
par mois, ce qui fait environ 350
francs suisses. Mais ce qui importe
encore plus que l’argent pour ce jeune réfugié qui n’a jamais eu un sou
à lui, c’est qu’il apprend un métier
et que son temps est occupé de 7b.
30 à 18h. 30; car l’ennui et l’oisiveté sont pour les enfants réfugiés des
ennemis plus dangereux encore que
la faim.
Chaque matin, Amin reçoit à la
forge et à 1 atelier de souuure l’instruction dans la brandie qu’il a
dioisie. E’après-midi, il étudié l’augiais, 1 arabe, le dessin teetmique et
d autres tliscipfines. Cette école est
sérieuse et même dure, mais lorsqu'Aiiiiii en sortira, il sera capable
de faire du beau travail de fer forgé
comme les tables et chaises de jardin qui sont vendues dans le magasin que l’école possède à Jérusalem,
et où l’on peut également acheter
des meubles capitonnés et des objets
de menuiserie confectionnés par les
élèves.
Le travail n’est toutefois pas le
seul aspect de la vie des jeunes réfugiés à Jéricho. Les dirigeants et
les maîtres n’oublîent pas que les
Unions chrétiennes eberebent l’harmonie des trois aspects de l’être humain: l’esprit, l’âme et le corps. Ils
s’efforcent de donner à leurs garçons
un idéal de charité et de dignité humaine, ce qui n’est pas facile dans
l’atmosphère morale ambiante qui,
comme la région, est à basse altilude.
Il y a aussi des jeux et des .sports,
des camps d’été sur les hauteurs qui
dominent Bethléhem et des retraites au ’Champ des Bergers’ que. possèdent les Unions. De toutes sortes
de manières, Amin et ses camarades
ont la possibilité de voir ce <jue peut
être la vie et comment on peut la
rendre belle. Betty Thompson
2
? —
L'ECO DEM v#PM
N. 28 — 10 Luglio 1959
DIBATTILO Sl>LLA GUERRA
• ,s~:. ___
Leifera ad un ufficiale valdese ^‘ L’amor di Pairia, quello vero
Caro Generale,
Mi viene il dubbio che in tutta questa polemica suscitata dall’articolo
« Viva gli alpini » sia piossibile trovare un punto di vista comune tra la
sua j)osizione e quella di molti valdesi utiiciaii o no e la mia e di qualche
altro. 1 punti da cui partiamo sono
estremamente lontani e quando scriviamo le stesse parole torse intendiamo dire cose diverse. Scrivendo quello che no scritto non no voluto essere offensivo con nessuno nè con gli
alpini ne con i loro ufficiali e sopratutto non sono stato con intenzione
subdolamente ironico, il titolo era torse scelto male, dovevamo mettere un
punto interrogativo dopo «Viva gli
alpini », e torse le cose si sarebbero
lette in modo giusto. Hiconosco candidamente di essere giovane e senza
esperienza ed attendo con una certa
apprensione l’età matura in cui sarà
possibile parlare con conoscenza della vita Veramente strana questa nostra civiltà occidentale in cui i destini politici sono nelle mani di super
maturi di super sperimentati ed in
cui è lecito esprimere pensiero dopo
i sessant’anni. Ma ci vuole torse una
speciale esperienza per parlare della
guerra o per pensare a certe cose? Se
questo appunto mi colpisce non è perchè mi taccia arrossire il tatto di esser giovane ma perchè in altri tempi ed in altre circostanze sarebbe stato onore tar parte della gioventù che
come dice la canzone nostra « va sotto terra » ; quelli « che sui monti della
Grecia (e sui monti del Trentino) sono restati » avevano la mia età e nessuno ha mai loro rimproverato di essere « inesperti » bastava che sapessero prendere e tenere posizioni.
Caro generale, non voglio lasciarmi piendere la mano e perciò pacatamente proseguo. Mi si rimprovera di
parlare contro la retorica e di non
capire e lei stessa mi parla del corpo
degli alpini che ha scritto pagine di
eroismo e di sacrificio ecc. E’ proprio
questa che chiamo retorica, questo
parlare con parole non vere che non
corrispondono alla realtà. Forse erano pagine di eroismo che scriveva il
terzo 20 anni fa sul fronte francese?
Erano forse eroiche gesta quelle sul
fronte greco-albanese, era forse eroismo la campagna sul Don? Che in
quelle tragiche vicende siano morti
molti alpini, che Dio ne abbia protetti e guidati molti nessuno lo nega.
Ma in quelle infelici e disastrose campagne si è morti non per onore ma
per disgrazia non per gloria ma per
tragedia perchè quella guerra come
tutte le altre non è stata che espio
sione di follia e di disordine. Che i
raduni di ex combattenti si facessero
prima lo sapevamo anche se il nostro
amico M. Eynard ce lo ricorda (e non
si può dire che il suo sia parere di
inesperto giovincello) ma si^ravamo
che la realtà dèlia tragedia ’39-’45
avesse aperto gli occhi a molti.
Tutto questo, lei può dire, è discorso che non spetta a me di fare ma
mi creda i miei compaesani ed i miei
parrocchiani sono tutti stati di quei
gloriosi Dattaglioni ma non ho mai
sentito parlare da loro altro che di
gioventù perdute, di licenze che non
arrivavano mai, di camorre nelle re
trovie, di gavette semivuote, di capitani umani o di maggiori duri che
salvavano i muli prima dei soldati,
non ho mai sentito parlare che di
tragica incomprensibile fatalità mai
di gloria, della nostalgia di casa e
non di eroismo Perchè non riconoscerlo semplicemente? Perchè yolere
mascherare sotto difesa di libertà^ e
salvezza della patria quelle avventu
re tristi e sconfortanti?
In quanto poi alla fede il problema
si complica ma molto bene ha già
detto il nostro redattore. Non dubito
che molti soldati ed ufficiali siano
stati cred_nti, che molti di essi abbiano avuto conforto ed aiuto nelle
ore della prova proprio dal loro contatto ocn Dio; mi domando solo se
og^ nel 1959 non sia tempo per la
chiesa di dire che la ^erra non è
eroica nè tantomeno gloriosa. Mi chiedo solo, davanti al raduno di migliaia di valdesi alpini se quella loro presenza sia testimonianza di fede o solo allegro cameratismo. E non posso
fare a meno di constatare che la testimonianza della fede non li interessa come il cameratismo del raduno^ a meno che le due cose si possano associare ma questo è rispondere
al sig. A. Jalla ed alla sua predica sul
Penice
Non posso esprimerle il mio fraterno ed amichevole saluto senza aver
prima notato che la Sua nota secondo
cui io sarei antiitallano perchè non
ho fatto il più semplice dei miei doveri servendo la patria in imiforme è
da me considerato un semplice lapsus
nella fretta di redigere una risposta.
Se questo pensiero fosse seriamente
espresso, se cioè solo coloro che indossano la. divisa sono italiani ogni nostro discorso sarebbe superfluo perchè
saremmo entrati in un nuovo « ventennio ».
Mi creda suo dev. G. Tourn.
Il dibattito è dUagato al di là del
fatto spicciolo del Raduno alpino: il problema posto da G. Tourn
lo superava certo. Troverete in questa
pagina delle prese di posizione sui cui
vale la pena di pensare, e di pensare
biblicamente, come fa giustamente
notare T. Vinay: esse non si pongono
come la verità assoluta ed esclusiva,
ma è naturale che’'accettino una critica solo se fondata sulla Scrittura
e non su criteri di opportunità, di tradizioni, di « valori » umanL E’ però
doveroso fugare un equivoco che potrebbe esser sorto: nessuna ombra di
fascismo può essere gettata sugli ufficiali che ci hanno scritto ; il gen. Jalla ha trascorso un lungo periodo in
c-ampo_ di concentràmento per non
aver riconosciuto U governo di Salò.
E’ nel reciproco rispetto che i fratelli
si parlano l’un l’altro e cercano di superare la divisione babelica, di comprendersi. red.
Scrive un fedesco
Agape, 7 luglio 1959.
Signor direttore,
non solo con molto interesse ma anche
e soprattutto con un .sentimento di paura
ho letto le risposte nel n. 27 dell’« Eco
delle Valli » all’articolo del pastore Giorgio Tourn. Sono tedesco e i raduni degli
Alpini italiani o delle altre parti dell’esercito italiano non li conosco. Sono venuto
in Italia per un anno e mezzo per aiutare
i miei fra eili della Chiesa Valdese perchè credo nella riconciliazione fra i diversi popoli nel mondo e cerco di dare la
mia parte per l’unità della Chiesa.
Come ho già detto non conosco i raduni degli alpini italiani, e perciò non parlo
di questi. Ma conosco molto bene i raduni dei diversi reggimenti dell’esercito tedesco e penso che è mio dovere di carità
cristiana di parlarne. Abbiamo visto come
dopo la guerra in Germania prima lentamente e quasi in segreto, e adesso sempre
dì più e sotto il patronato di certi gruppi
sì radunano insieme gli ex-paracadutisti,
gli ex-marinai, gli px-« alpini ». Non si
parla solo del passato, non si -vuol solo
essere insieme per qualche oretta. Si parla
anche del « è dolce e bello morire per la
Patria » e del dovere ,di difendere la patriaanche se va perso tutto. Si è vero che ì
raduni con vecchi camerati non sono una
cosa pericolosa. Ma io so della Glermania
che già una volta si è cominciato cosi con
movimenti del genere — con quale fine
abbiamo visto tutti noi, italiani e tedeschi
e altri, nel 1945.
Giorgio Tourn scriveva « non si può cantare ’viva il reggimento’ e ’gloria al Padre’ ». Dobbiamo scegliere l’uno o l’altro.
Voglio scegliere il secondo e per questo
sono venuto in Italia per vivere con i miei
fratelli. Jürgen Hanssmann.
E’
necessario essere
chi
lari
Caro direttore,
mi dispiace di non conoscere personalmente il generale Davide Jalla, perchè ho
ah-une osservazioni da fare sulla sua lettera pubblicata neU’ultimo numero dell’E(-o, e non vorrei che la cosa diventasse
una sciocca i>olemica: sia questo invece
uno scambio di idee di uomini sinceri,
che hanno a cuore il bene degli « alpini n
— io direi: della nostra gente di montagna e di tutto il popolo di cui essa fa parte. Ed è evidente anche i-he ciò che qui
scrivo non è diretto personalmente al generale Jalla: son piuttosto osservazioni riguardanti un certo modo di pensare.
11 gen. Jalla è stato spinto a scrivere la
sua lettera dall’articolo di Giorgio Tourn
«Viva gli Alpini! ». Ora, mi pare che lo
scopo di Tourn fosse di invitare alla serietà, a cercare il vero bene del nostro popolo .senza lasciarci trascinare ad adoperare delle grosse parole che in recente
passato ci han ridotto tutti in ben tristi
condizioni. Ce lo ricordiamo tutti, no? chi
si permetteva di criticare ij duce, ad
esempio, veniva subito trattato da « disfattista », « sovversivo », e « antiitaliano »...
sistema molto comodo per tappare la bocca alla gente ed evitare la discussione. Coi
risultati che si son visti. Non so che farci,
ma tutte le volte che sento parlare di
« onore militare », di « gloria dell’Arma »,
di « sacrificio » immediatamente sento suonare un (-ampanello d’allarme, drizzo le
orecchie e dico: un momento, di cosa si
sta parlando esattamente? La etichetta è
dignitosa, scria, rievoca cose alle quali
non si può pensare se non con rispetto,
perchè si tratta delle sofferenze, del sacrificio di troppa gente {troppa, signor generale!): ed è proprio per questo rispetto
che io voglio assicurarmi che Tetichetta,
alle volte senza cattiva fede di chi l’adopera, non serva a coprir merce avariata.
Io capisco la buona fede di molti di coloro che parlano di quc.ste cose: quando
si dice « pagine dì eroismo e di sacrificio »
si intende rivolgere un pensiero di omaggio
a quanti han perso la vita lontan' da casa
e famiglia, in circostanze tristissime e penose. Chi ha vissuto tali circostanze si
sente legato ai propri compagni da profonda, umanissima solidarietà: però nè il
« sacrificio » nè « l’eroismo » possono servire, direttamente o indirettamente, a far
dimenticare tali circostanze o, peggio, a
trasformarle in « gloria » ed a presentarle
così come cose buone, giuste e raccomandabili. Il « viva gli Alpini! » allora serve
a nascondere gli alpini morti, ed a permettere che ce ne sian altri. Allora tutto è
grottescamente capovolto, e gli infelici che
son caduti, invece di rappresentare un ricordo tremendo, un richiamo alla responsabilità, posson diventare un paravento ri
spettabile, davanti al quale tutti ci si inchina, ma che serve solo a coprire altri
disastri, altre tragedie, altre sofferenze. E
allora io dico di no. (Qui non parlo più
al generale Jalla, naturalmente). Lo dico
come italiano, come uomo che ha combattuto, lo dico per amore del mio paese, per
rispetto verso tutti i caduti, perchè la fede
nell’Evangelo mi co.strlnge a ricercare la
pace ed a rifuggire tutto ciò che può condurre i miei fratelli, tutti gli uomini, alla
estrema rovina. E ritengo che Giorgio
Tourn, od altri come lui « giovani ed inesperti » (ma chi lo dice? solò perchè non
son stati in caserma?) abbiano tutto il diritto di fare altrettanto, perchè questo è
per loro preciso dovere di coscienza, cosa
meditata ed anche sofferta, non divertimento di teologi intolleranti.
E qui entra in ballo la faccenda della
« libertà ». Nella lettera del generale .falla
sta scritto che la « libertà » di cui godono,
Tourn ed altri che parlan come lui (e mi
metto nel numero) « la debbono probabilmente al .sacrificio di tutti coloro che, in
qualsiasi nuiniera ed in qualsiasi campo,
han fatto sì che la nostra Patria potesse
ancora una volta risorgere dalle rovine
della guerra... ». Mi scuso, ma non capisco. E il campanello d’ajlarme si mette
a suonare fragorosamente. Il generale Jalla
vuol dire che la Patria è « risorta dalle
rovine » per merito anche dei rastrellatoci di Salò, dei complici dei campi di
concentramento, del generale Graziani e
compagni, grotteschi fantasmi del peggiore fascismo? Credo di no. Ma quel « in
qualsiasi campo » e « in qualsiasi manie
ra » proprio non me li spiego. Sarebbe
lorsè bene adoperare un linguaggio molto
chiaro in cose di questo genere. Purtroppo, in Italia, sta trionfando l’uso di adoperare frasi che suonan bene, che accomodano tutto, che accontentano tutti (?),
e con il pretesto di non suscitare tristi memorie, di « rappacificare », si creano pericolosissime confusioni. Ombra di Cioccetti, levati! Voglio esser chiaro: i morti fascisti non li tocco; al contrario, penso che
anch’essi son vittime che han pagato il
prezzo tristissimo di una folle avventura
politica. Riposino i morti, e nessun morto (meno che mai proprio queste vittime
del fascismo...) venga tirato in ballo per
difendere con abili sottintesi la teoria che
anche il fascismo, dopo tutto, « voleva bene alla Patria »... Questo, no. Tanto, per
la chiarezza — anche se il gen. Jalla, come suppongo, non aveva in mente di fare
del « cioccettismo ».
In secondo luogo, occorre vedere cosa
intendiamo per « libertà ». Che non faccia
anch’essa la fine che capita certe volte alla
« gloria militare »: di diventar paravento
dietro al quale si svolgono operazioni assai poco onorevoli. La « libertà » non è
neppur essa un argomento di effetto per
tappar la bocca alla gente: al contrario.
La « libertà » c’è quando il popolo può
dire la sua. chiaramente, e non farsi trascinare in avventure che con la sua « pace »
e la sua « libertà » nulla hanno a che fare.
Ragion di più questa per concludere dichiarandomi anch’io perfettamente d’accordo con Giorgio Tourn.
Satìdro Sarti.
Caro Direttore,
Ben *ha fatto G. Tourn a parlare
chiaramente. Dobbiamo essergliene
grati. Il compito del predicatore delI Evangelo è quello di esaminare e di
giudicare i valori di questo mondo
con la Parola. Se mancasse a ciò tradirebbe Il suo mandato e diverrebbe
falso pastore, responsabile della rovina dei popolo in mezzo al quale è
stato posto. Nessuna chiesa cosciente
della propria vocazione vorrebbe avere un pastore cne con parole illusorie
e traiiquiiianti nasconuesse la verità
al gregge.
Toura na fatto bene a dire quel che
ha detto. Ui cm può « contestargliene »
n dirittov o, meglio, chi può esimerlo
da questo uovere? eie la sua predica
non e giusta la si controbatta con la
Parola stessa, efiè pastori e generan
siamo tutu sotto di essa, se è vero
cne Cristo e il Signore oena Chiesa e
del mondo. Ma se non si nanno argomenti per dire, alla luce del Vangelo,
che il discorso di Tourn è falso, lo si
ascolti e non si dica Che e « giovane
e senza esperienza...». Nè lui nè noi
pastori piu anziani siamo chiamati a
parlare ai noi stessi o delie nostre
esperienze, ma di Cristo e di quel che
Cristo ci dice. Se, poi, non ci vanno
i pastori cne predicano lEvangeio,
perchè questo disturba, li si tolga di
mezzo o n si faccia tacere, come nanno fatto quei di là delia cortina di
ferro, se e vero quel che si dice. Anche la non si e voluto, per ragioni cne
non hanno niente a che fare con Cristo, ascoltare l'Evangelo, ma se si
vuol essere cristiani, e non come loro
<i matenansti ed atei » si ascolti questa predica e se ne giudichi la validità solo con la Parola.
Ma poicnè nelle risposte degli oppo
sitori al iourn affiora l'accusa di «anti-italiano» e di « anu-miatarista »,
vorrei aire anche due parole su questa faccenda.
C’era da sperare che con la fine della « immane sciagura oena guerra »
si smettesse di identincare l’amore
per la patria, o per esser oen cniari
l’amore per il proprio popolo, con
fanfare e raduni d'arma, con l’esaltazione di imprese belliche e via dicendo. Ciò non suoni onesa a chi, come i
generali che han scritto nell'Eco, ha
molto «oherto nelTultima e nella precedente guerra, pronti a tutti i sacrifici ed ancne a quello estremo della vi.
ta, come dicono le loro decorazioni.
Ma ora dobbiamo, finalmente, ave.
imparato la lezione. Almeno noi cri
stiani. I generali e noi tutti dobbiamo
finalmente comprendere che la via
battuta fln’ora non è quella che Cri
sto ci ha indicata. Non è con la violenza che si difende il popolo, ma con
l’amore, ramore che comprende e ser
ve. Se dovessi dare un esempio di
vero amor patrio, citerei quello di Danilo Dolci, che brucia giorno dopo
giorno la sua esistenza per sollevare
gli oppressi, per istruire gli analfabeti, per soccorrere i disoccupati, per
chiedere ad ognuno il rispetto e l’amore per questi nostri concittadini.
Eppure, oggi, egli è accusato di esser
anti-italiano, solo perchè dice la ve
rità e vuol curare molte piaghe puru
lente della nostra nazione.
Sì, certo, l’amore per la patria è
quello che ci spinge a condividere le
soffereiize del popolo, a patire per le
ingiustizie che gli si fanno, a partecipare al tormento della sua disoccupazione e della sua fame, a parteci
pare all’umiliazione della sua igno
ranza e della sua mancanza di dignità umana.
Se fino a ieri i nostri genitori hanno onestamente pensato di amare la
patria accorrendo alle frontiere pei
ampliare il territorio o per dar nuovi
sbocchi alla nostra gente, la lezione
dell’ultima guerra e la terribile eventualità di una nuova ci devon inse
gnare, per evidenza di fatti, quel che
da gran, tempo avremmo dovuto ap
prendere dalle pagine dell’Evangelo,
cioè che non è con la violenza che si
combatte 1 nigiustizia ma con l’amo
re. Se altra volta si è cercato la grandezza della patria nella potenza delle
armi, ora occorre cercarla nel lavoro
nell’educazione, nell’affiatamento del
popolo al suo senso di collaborazione
Caro Direllore,
In seguito ad una ricliiesla del mio amico pastore Franco Sommani, pubblicata
nel numero scorso dell’« Eco delje Valli »,
Le sarei grato di concedermi un breve
spazio nel suo settimanale, per rivolgergli
la risposta desiderala. Egli mi domanda
elle cosa intendevo significare, in un mio
articolo sul Raduno degli Alpini, quando
affermavo che il ’’Pellice” non può entrare in un camiM> che non gli è proprio, quale quello delFautorità religiosa ecc. ecc.
Ora, perchè la frase risulti chiara, non
bisogna .staccarla dal contesto, come mi
sembra che il sig. Sommani faccia, quando vuole rifer rvi il sacerdozio infallibile,
l’autorità del Sinodo Valdese, tutti elementi
che erano lontanis.simi dal mio pensiero.
Nella mia esposizione, io mi riferivo
unicamente a quanto aveva scritto il pastore Giorgio Tourn sul Raduno Alpino,
alla posizione che egli aveva assunto e
Dialogo con " Il Pellice
//
a quella che per analoghe ragioni altri
ministri di èulto potevano assumere.
Perciò, nel quadro del contesto, la frase,
diciamo così, incriminata, voleva evidentemente significare che il « Pellice » non
poteva entrare in un campo che non gli
era proprio, e che invece era proprio del
Tourn quando questi si assumeva un’autorità religiosa la qiuile formulava definizioni in base a prim ipi indiscutibili ed
assoluti, derivandone quindi giudizi e condanne verso chi non si conformasse ai
/rrincipi stessi. Per comprendere meglio il
significato della mia frase, prego il sig.
Sommani di rileggere le espressioni con
cui i Generali Jalla e Rivoir, nell’« Eco
delle Valli » stesso, ripetono lo stesso concetto in modo assai più esplicito e vigoroso.
Appunto da questa posizione d’incomprensione e d’intolleranza, di giudizio e
di condanna, che il Tonni ed altri even
luali ministri di culto assumono in nome
di principi superiori, di cui essi stessi si
fanno autorevoli esponenti, io traevo argomenlo per la mia molto modesta e riguardosa predica laica, con la quale desideravo attrarre la loro attenzione sul pericolo a cui essi si esponevano, di determinare od aumentare una frattura fra loro
stessi e la massa popolare, rendendo molto
più difficile io svolgimento della loro missione; ed insieme mi permettevo di rivolgere loro il consiglio dì farsi più popolo
col popolo, astenendosi per quanto possibile da giudizi e da condanne, rendendosi
comprensivi e solidali col popolo stesso
vivendo la sua vita, per poterlo aiutare a'
salire da] sentimento di solidarietà e di
simpatia umana aH’amore del prossimo e
da questo aH'amore di Dio. Questo, e non
altro, intendevo esprimere nella mia esposizione. La ringrazio, caro Direttore, della
cortese ospitalità. Attilio Jalla.
con gli altri popoli, affinchè questa
nostra Italia, che tutti amiamo, sappia avere il suo vero posto di servizio
e di riconciliazione nella vasta famiglia dei popoli dai quali non possiamo più vivere separati.
Dopo la guerra si son fatti molti
convegni e campi di giovani — giovani che avevan sofferto al fronte o
nella guerra partigiana, nei campi di
concentramento o in quelli di deportazione — ma questi convegni e campi eran fatti per invitare ognuno al
ravveuimento e per indicare a tutti
una nuova via, quella dell’amore di
Dio. CoinuniiSti ed anti-comunisti si
ritrovarono insieme dinnanzi al^vangelo per comprendersi ed amarsi
Allora SI invitarono ai raduni giovani
anche di altre nazioni, ex-alleati o exnemici, per tenere con loro lo stesso
diverso ed avviarci ad un futuro migliore. In quell’ora di incontri ci pareva di esser coerenti con l’annunzio di
Cristo, che di tutti i popoli ne ha
fatto uno solo. E ci duole assai che
ora si torni alla moda di tempi non
ancora scordati per esaltare le armi e
le guerre e che si voglia con queste
cose difendere la propria coerenza all’Evangelo. Noi credenti abbiamo un
compito solo, quello di predicare la riconciliazione di Cristo fra gli uomini,
e questo significa esser il sale della
terr^ sia patria nostra o altrui, per
chè solo cosi si difenderà il ptopolo
dal piombare un’altra volta nell’« immane sciagura» della guerra, il cui
disastro non si misura solo nel numero delle città distrutte o dei morti, ma
negli odi e nelle rivendicazioni a catena che essa suscita e susciterà sempre. Molto meglio è parlare ai nostri
montanari di queste cose vere, ricor
dando dove ci ha condotti la vìa della
violenza, piuttosto che montar loro la
testa con la « gloria » ch’è stata pagata coi nostri lutti e con quelli di
fratelli lontani! Per conto mio spero
che la Chiesa si svegli in tutto il mondo, di qua e di là della cortina, per
predicare la pace, la pace a tutti i costi, e la riconciliazione definitiva dei
popoli. Questo è amare la nostra pa.
tria e, con essa, tutte le « patrie » di
questa terra. E questo è, anche, compiere fra gli uomini d’oggi la nostra
non facile missione di cristiani.
Tullio Vinay
Il conformismo
e la fede
Caro Direttore,
sono rimasto profondamente turbato leggendo la lettera del Generale Davide Jalla.
Non tanto per il suo èntu.siasmo per il
Corpo degli Alpini che è logico e giusto
che egli ubbia e per il quale nessuno gli
lara delle crilii-he. Ma ciò che nelle sue
parole mi ha lasciato perple.sso è quel
continuo acioBlamenlo di « fede » e « dovere militare »; « fede » e « militarismo »:
« lede n ed « esercito ». Per cui, se qualcuno — fondato sulle chiare jtarole di
Gesù Cristo: « amate i vostri nemici »
(Matteo 5: 41) — rifiuta questo accostamento: rifiuta cioè di mescolare la potenza della fede, con la potenza militare, il
Generale Jalla lo definisce « antimilitarista e forse anche anti italiano »!
Ma si rende conto il Generale Jalla clic
con questo suo atteggiamento, egli dimostra di avere una posizione simile a quei
padri Gesuiti che non si stancano di accusare gli evangelici di .sentimenti anti italiani e disgregatori? Non sì rende egli
conto che oggi, nella complessa situazione
del momento, una confusione Ira « fede »
ed « esercito », significa, nè più nè meno,
dare il proprio appoggio alla politica vaticana che fino ad ora si serve delle crociale anticomuniste per evitare un vero
rinnovamento sociale e spirituale nel nostro paese?
Perciò, se ci fondiamo veramente sulle
Parole di Cristo, non possiamo più esser
d’accordo con questa politica nè con questa mentalità; c’è un vero abisso che separa la mentalità della fede in Cristo,
dalla mentalità che anima ogni esercito
di questo mondo ed ogni « crociala ». Gli
eserciti infatti combattono i nemici e gli
aggressori con la violenza delle armi; la
fede in Cristo — che sa che Cristo è l’unico vero vincitore — combatte contro i
suoi nemici con l’amore e la preghiera:
« se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare... e vinci il male col bene » (Romani 12: 20-21) e: « pregate per quelli che
vi perseguitano » (Matteo 5; 44). La Chiesa troppo spesso non ha fatto questo, nè
ha predicato in questo modo; ma questa
è stata appunto la sua infedeltà e il suo
peccato. Noi rifiutiamo perciò la politica
vaticana (ben lieta sempre di benedire
armi e bandiere, e di assecondare l’unità
tra fede cristiana ed esercito), perchè così
facendo essa rifiuta la nuova mentalità
deH’amorc di Cristo e si conforma invece
alla mentalità comune di questo secolo
(Romani 12: 2).
Ma allora non appare, proprio partendo da questo rifiuto, tutto il nostro peccato, la nostra infedeltà e la nostra miseria spirituale, che sono i nostri veri nemici? E non è qui allora che lutti noi,
insieme a tutti i personaggi del Nuovo
Testamento, dobbiamo confessare di fronte a Cristo e di fronte agli uomini, la pochezza della nostra fede e ravvederci,
piuttosto che vantarci poco modestamente, di una fede grande e profonda che
pensiamo di avere? f Soggin.
3
10 Luglio 1959 — N. 28
L'ÉCÒ DELLE VALLI VALDESI
— 3
Difiicìlc compito di una sentinella
Sono passati trent’anni dalla mia consacrazione ma la ricordo come se fosse ieri.
Sul nostro capo — eravamo tre candidati
al S. Ministero — erano imposte le mani
di sessanta Pastori. Eravamo stabiliti in
quel momento come « sentinelle in Israele » e ne eravamo felH-i. Lo avevamo sognato, lo avevamo voluto, ma non prevedevamo come difficilmente avremmo potuto
esserlo con fedeltà.
L’altro giorno, in piazza, a Villar Pellice si celebrava il centenario di un soldato
morto in battaglia. Era presente molta
gente, le bandiere garrivano al vento, c’era
sui volti come un’aria di solennità. Tutti
quanti facevano corona ai reduci delle ultime guerre: una medesima esperienza li
aveva uniti ed ora vedendoli insieme ciascuno tornava col pensiero alle grandi sofferenze che avevan patite ed ai posti vuoti
die s’eran fatti nei loro ranghi; ciascuno
benediceva Iddio perché almeno questi eran
tornati e perchè oggi la tragedia di un
tempo era lontana...
Autorevoli persone rivolsero la parola alla folla presente e, con talento, espressero
quei pensieri che di solito si danno in queste occasioni.
Tutto pareva bello, ottimo, senonchè, ad
un certo punto, come anche ad altri accadde, scivolarono dove non avrebbero dovuto.
Presero ad esaltare quello che si fa nella
guerra e, per esaltarlo meglio, chiamarono
in causa il nome di Dio :
—■ La voce del dovere, disse l’uno — e
parlava del dovere del soldato — è la voce
di Dio...
— Chi ha una vera fede, disse l’altro,
non può non compiere il proprio dovere
— anche qui si trattava del dovere di combattere.
La folla non si accorse dell’enormità che
era stata detta ed applaudì.
Ma in realtà era stata detta un’impostura
perchè non si può dire che Dio ci chiami a
combattere. In tempo di guerra lo dicono
tutti, amici e nemici e se fosse vero, Dio
sarebbe un mostro. Invece Dio è santo e
gli impostori siamo noi che lo chiamiamo
in causa per illudere la gente, esaltare la
gioventù e preparare nuova carne da cannone.
Io ero presente su quella piazza e, come
sentinella del Signore, avrei dovuto subito
protestare; ma ebbi paura dell’ondata di
sdegno che avrei sollevato in mezzo a tutta
quella gente abituata a pensare cosi come
quelli parlavano e tacqui, non sonai la mia
tromba.
Purtroppo non era Ja prima volta che
una cosa simile mi accadeva. Tanti anni or
sono già, ai tempi del Fascismo, avevo assistito a cose identiche. Allora gli applausi
erano conditi con grida di: « Eja, Eja,
Alalà! n e quelli che venivano in piazza in
parata avevano una camicia nera e un giacchettino di orbace: ma anche allora chiamavano Dio in causa per giustificare la
guerra e lo facevano con le stesse parole,
anzi, col medesimo timbro di voce, posso
dire in certi casi, con la medesima voce...
Anche allora avevo avvertito l’impostura
nascosta e la tragedia a cui ci stava portando, ma ero stato vilmente in silenzio. Il
Fascismo sapeva picchiare sodo e, ancor
meno di oggi si osava parlare!
E la tragedia alfine si scatenò e portò la
guerra fin sui nostri monti. Venne un momento nel quale mancò un comando centrale e venne sostituito dalle iniziative dei
singoli. Molti giovani si improvvisarono comandanti e organizzarono i loro plotoni
Credettero di far bene, erano stati educati
ad una scuola in cui la voce di Dio e quella della patria si confondevano c generosamente si gettarono nella mischia.
— Sparate nella, schiena eppol fuggite predicava tutti i giorni da Radio Londra il
colonnello Steveiis, ed esaltati da una voce
che giungeva dalla nazione protestante spesso dei giovani si lanciavano nel fondo valle a sparare incuranti delle atroci rappresaglie che venivano poi a riflettersi sulla
popolazione civile da parte di uomini i
quali pure credevano di obbedire Dio. La
Libri per io studio
del problema della guerra
Albert Schweitzer
PAIX OU GUERRE ATOMIQUE
L. 250
Jacques Le Jeune
JE NE TUERAI PAS
L. 1.200
Henri Roser
LE CHRETIEN
DEVANT LA GUERRE
L, 300
Arnold Mobbs
LES EGLISES
CONTRE LA GUERRE MODERNE
L. 200
André Trocmé
LES TACHES ACTUELLES
DE L’EGLISE POUR LA PAIX
L. 30
Charles Bonnamaux
NON
A L’OBJECTION DE CONSCIENCE
L. 600
Daniel Parker
REFUS DE LA GUERRE
L. 350
Giovanni Pioli
PER L’ABOLIZIONE
DELLA GUERRA
L. 700
Cahiers de la Pierre-qui-vire
LA GUERRE
ET LES CHRETIENS
L. 1.000
impostura dei bei giorni di parata portava
i suoi frutti...
Il compito della sentinella, in quei giorni si era fatt-o (Tudelmente difficile: da un
lato supplicavo i giovani di evitare quegli
attentati che, inutili ai fini della guerra,
avrebbero soltanto servito a far spargere il
sangue di altri fratelli; dall’altro, a mezzo
di mia madre che conosceva bene il tedesco, insistevo presso gli invasori perchè ri.sparmiassero la mìa gente... Potemmo cosi,
grazie a Dìo, salvare molte .vite, ma dovetti
anche accorgermi quanto fosse pericolo:, ,
predicare che Dio non vuole la guerra,
quando seppi che il mio nome era stato
scritto sujle liste nere e che volevano un
giorno o l’altro fucilare anche me... Dove
erano i tempi in cui mi pareva così bello
essere una sentinella dell’Eterno?
Mi pare ancora di sentire i miasmi degli ultimi tempi della guerra. La mia parrocchia era diventata un luogo di esecuzioni sommarie e i -cadaveri sepolti a fior
di terra ammorbavano l’aria tutto attorno:
fetore di gente colpevole, fetore anche di
gente innocente, fetore anche di Valdesi uc.
cisi da Valdesi. Venne il giorno benedetto
dell’armistìzio e le nostre campane sonarono a festa per delle ore, ma questo non
bastò a togliere il fetore dalla valle.
La guerra lascia sempre fetore, lo lascia
quando è diretta dai grandi che comandano
gli uomini a milioni e lo lascia quando è
condotta per iniziativa dei singoli: da un
lato ammucchia insieme cadaveri colpevoli
e innocenti e dall’altro sporca di sangue le
mani di quelli che li uccìsero...
Ma il mondo si tappa il naso per non
sentire il fetore e dimentica persino che
ci sia stalo e se si ricorda della guerra, lo
fa solo per parlare di gloria. Naturalmente,
la gloria -di chi fu vittorioso.. E per meglio
illuminare questa gloria deve naturalmente
chiamare in causa il nome di Dio al quale,
per incenso, non si accorge di offrire il fetore dei campi dì battaglia...
E’ l’impostura che è in atto nel mondo
ma della quale la sentinella non ha neppur
oggi, in clima di libertà, ij diritto di parlare... Queste mie parole forse mi costeran
no disprezzo e squalifica e non dovrei dirle
se volessi avier pietà di me stesso e dei
miei Irent’aniii di ministero...
Ma l’impostura non durerà sempre. Il Signore che viene suscita dovunque nella sua
vigna dei nuovi servitori che prendono la
parola in favore della pace e domandano
alla Chiesa di liberarsi dai suoi compromes‘
si e di predicare con maggiore fedeltà l’Evangelo di Colui die è venuto per essere il
Principe della pace.
Uno di questi, un giovanissimo, ha scritto testé un articolo polemico per denunziare la miserevole incoerenza dei soldati credenti che invece di, accontentarsi di far festa perchè sono tornati a casa dalla guerra,
finiscono per farsi un vanto d’esser stati
degli eroi che hanno combattuto e cioè...
sparso del sangue. Gli ha risposto tutto un
coro dì violente proteste.-Uomini di elevata
posizione sociale e militare si sono commossi e gli hanno risposto in modo aspro
— quasi come chi difende la propria ragion
d’essere — accusandolo soprattutto di non
capire perchè troppo giovane ed inesperto...
Peccato! La nostra generazione esperta
dei fasti e nefasti del passato, schiava di
miile conformismi, abile nel cambiar di
camicia e di casacca secondo come spira
il vento, non deve trattare così questi uomini di una nuova generazione che vuole
affrontare dei problemi di fronte ai quali
la nostra è rimasta impotente.
Basti a noi vecchi di riassumere le nostre sofferenze e i nostri peccati in un
atteggiamento di -umiltà...
Ma questi giovani, lasciamoli parlare;
possano le sentinelle fare il dover loro
almeno quando il fragore della mischia
non è cosi forte da coprirne la voce, perchè :
Se costoro tacciono, le pietre grideranno!
Enrico Cbdìmet
Nessuno contesterà il fervore sincero del
Past. Geymet. Profonde riserve vanno però
fatte ci pare — sulla sua valutazione della resistenza partigiana che pur con tutte
le sue ombre ha voluto opporsi alla folle
avventura nazifascista. red.
D lASPORA
111 niai|iim alla Conferenza bistreiluale del IV Distretto
Anche quest’anno alla Conferenza
Distrettuale di Taranto il problema è
stato dibattuto, ed era logico.
Territorialmente questo campo della nostra opera abbraccia ben quattro
vaste e importanti regioni del nostro
Mezzogiorno d’Italia; Abruzzo Molise, Campania, Puglie e Lucania.
I responsabili sono in tutto quattro
Pastori e quattro Evangelisti, ad ognuno di essi è affidata una o due Chiese
costituite mentre devono mantenere
desto il fuoco della fede in ben 25
gruppi e seguirli nel loro evolvere.
1 tre operai dell’Abruzzo Molise devono aver cura, oltre che dei gruppi nascenti, di quelli che il predecessore ha
raccomandato al loro ministerio e sono tanti. Questi gruppi risalgono al
momento eroico della prima evangelizzazione post risorgimentale. L’emigrato che ritornando dagli Stati Uniti,
ove ha conosciuto la perla di gran
prezzo dell’Evangelo cerca di additarla a quei di casa sua, si rivolge alla
nostra chiesa che con non pochi sacrifici e svariate lotte giunge all’auspicato momento della stabilità: il gruppo
è diventato chiesa, è riuscito a costruirsi il proprio locale di culto, il
proprio tempio.
Poi... sono venute le guerre... le condizioni economiche si sono peggiorate.
Ordinazioni alla
CLAUDIANA
Torre Pellicc
Questa nostra autonomia
{segue dalla la. pag.)
Quando si parla di autonomia si genera nel nostro ambiente un senso
di disagio, che rende difficile il mettere a sesto- la regolamentazione, e nasce da una serie di equivoci che si sono andati via via perpetuando e solo
in minima parte chiarificandosi nello
sviluppo della nostra legislazione.
(Ina serin di equii/uci
Il primo di questi equivoci è dato
dal fatto che purtroppo per molti anni si è creduto che l’autonomia consistesse nella sola elezione del pastore.
Quando nei Sinodi tra le due guerre
la Tavola chiedeva la sospensione delle elezioni pastorali perchè le fosse
facilitato il riordino del campo di la^
VOTO, si è erroneamente parlato di sospensione di autonomia, fomentando
così ufficialmente l’equivoco che l’autonomia consistesse soltanto nella
prerogativa dell’elezione del pastore,
mentre non ne è che un aspetto, e
neppure il principale. La vecchia
quei effe della «libre nomination des
pasteurs » risale da noi da prima del
1848 e sembra non essersi ancora nè
sopita nè risolta a causa dell’imprecisione dei regolamenti e della mancata chiarezza dei principi stessi dei nostri ordinamenti.
Il secondo equivoco è che l’autonomia ristretta al concetto della sola
elezione del pastore è dai più intesa
ed attuata non già come facoltà della
comunità di eleggersi il pastore, ma
come facoltà dei pastori di farsi -slegg le dalle comunità.
Di qui nasce il terzo equivoco, chè
si pensa dai più che non solo reiezione, ma anche la riconferma dopo il
settennio costituisca un impegno per
le comunità di tenersi il pastore eletto e confermato, senza che questi avverta un corrispondente impegno di
ultimare il secondo settennio di ministero nella Chiesa che lo ha confermato. Se c’è una cosa che funziona
male nell’attuazione della nomina dei
pastori nelle Chiese autonome è proprio questo. L’unica cosa che si è potuta ottenere in proposito è che il pastore eletto, debba rimanere nella
Ch’.esa almeno 5 anni (art. 15).
Il quarto equivoco è che nella regolamentazione si è cercato via via di
rivedere le norme relative al funzionamento dell’autonomia non già in
base ad una previa articolazione del
principio e delle prerogative della
stessa, ma in base a stimoli contingenti atti a parare o favorire situaz oni momentanee.
iàntunomìa e respunsabilìlà
Il concetto d’autonomia — come giu
stamente precisa l’amico Sommani —
non è da collegarsi all’acquisizione di
uno 0 più diritti di cui le Chiese non
autonome resterebbero prive creandosi cesi una discriminazione incompat’bile.
Il riconoscimento dell’autonomia è
l’acquisizione di maggiori responsabilità nella solidarietà delle Chiese e
nel governo della Chiesa nel suo insieme. Responsabilità che comporta
appunto doveri e servizio. Dovere di
impegno nello svolgimento dell’opera
di testimonianza; dovere di contribuire con uno sforzo supplementare, oltre le proprie necessità locali, ai bisogni economici dell’opera; dovere di
integrare in pieno nella propria vita
di comunità i principi ecclesiologici
affermati dalla nostra Chiesa che
vuole che ciascuna comunità crescendo e sviluppandosi per l’opera dello
Hpirito acquisti nel tempio quella pienezza che le dia capacità di unirsi alle altie nella direzione della cosa comune; servizio respionsabile da rendersi nel governo degli interessi comuni. E’ solo nell’esercizio di questi
doveri e servizi che le Comunità autonome debbono, conseguentemente
valersi di prerogative particolari —
ripeto — l’elezione di un proprio deputato al Sinodo (il che realizza l’au
tonomia il senso tecnico, cioè il farsi
le norme da sè) e questa è la prerogativa più impjortante che i nostri regolamenti attuali non realizzano pienamente (art. 63); l’autogoverno in sede
locale (cioè l’essere retta da un ministero collegiale: concistoro, e non da
un pastore in funzione di episcopo
contornato da un consiglio di amministrazione ordinaria); il provvedere
a se stessa sul piano economico (il
che comporta anche gli oneri inerenti
agli edifìci in dotazione); il sospingere con l’azione ed i mezzi l’opera di te
stimonianza evangelica; il designare
per scelta il proprio conduttore spirituale, e ciò g, causa del ministero collegiale localmente esercitato.
Se si è al chiaro su questi punti si
potrà regolare nel modo migliore il
funzionamento di queste cose rendendo coerenti le norme in proposito. Ma
se non si comprendono il significato
ed il valore dell’autonomia nella sua
essenza, ogni regolamentazione per la
sua attiiazione sarà sempre manchevole e ingenererà sempre equivoci. Anche’ i requisiti per il riconoscimento
ed il mantenimento dell’autonomia
come le dispxisizioni relative aH’esercizio delle prerogative conseguenti e
delle responsabilità proprie delle
Chiese autonome non sono attualmente adeguati ed è facile, che, confondendo la lettera della regolamentazione vigente con i principi che animano il nostro ordinamento, si sia
indotti ad essere contro « questa » o
« quella » autonomia e a pensare che
di Chiese autonome di fatto non ve
ne siano punte, dando una squalifica
a tutta l’opera valdese.
Giorgio Peyrot
Professori, siete onesti ?
Quando ho letto l'articolo ’’Alunni, siete onesti?” ho pensato se non fosse il caso
di intitolare anche un articolo ’’Professori, siete onesti?”. Sono stata infatti studente per parecchi anni ed anch’io ho copiato e fatto copiare con la coscienza non
dico tranquilla ma tranquillizzata dal fatto
che vedevo come quasi tutti i professori
non provano alcuna crisi di coscienza a
regalare e talora anche a togliere voti. Non
che con questo possa giustificare e tanto
meno affermare che chi copia ha la coscienza perfettamente a posto, ma voglio
con ciò far notare che, finché ci saranno
professori non giusti, gli alunni si crederanno in diritto di credere che i voti si
¡mssano anche ’’rubare” copiando senza
con questo compromettere la loro onestà.
Questo concetto penso sla derivato anche
fitti fatto che ben difficilmente i professori, quando esortano gli alunni a non copiare, si appellano non tanto (per non
dire mai) alla loro coscienza quanto al
fatto che chi si farà sorprendere avrà il
compito annullato. Ecco perchè è diffuso
il concetto che chi copia senza farsi sor
prendere è un ragazzo ”in gamba” anziché disonesto, cioè uno che .sa farla a quel
professore che non esita a regalare voti ai
cosiddetti ’’raccomandati di ferro”.
Una studentessa che ha visto parecchie ingiustizie.
Pubblichiamo; ma... rilanciare una domanda non è rispondere! Red.
Nella Scuola Latina di Pomaretto
Risultati scrutini e esami
Sessione estiva 58 ■ 59
Ammessi alla 1«:
Barai Armando; Barai Gino; Ba
ral Vanda; Beux Franca; Bleynat Olga; Bounous Clara; Bounous Giorgina; Coucourde Ferruccio; Coucourde
Andrea; Jahier Marilena; Lageard
Ettore; Micol Erica; Rostagno Piero;
Travers Marina; Tron Anna Maria;
Tron Elena.
Promossi alla II®:
Balma Claudio; Baud Elvio; Bertalot Dino; Del Sette Massimo; Desio Mirella; Godino Enrica; Griglio
Claudia; Lauton Patrick; Martinat
Elfrida; Poét Ada; Peyrot Valdo.
Promossi alla III®:
Beux Gustavo; Ferrerò Aldo; Giordano Andreina; Marcoz Marilena;
Molinari Paolo ; Tron Graziella ;
Tron Uva; Villielm Roberto.
Licenziati dalla Scuola Media:
Avondet Mara; Costantino Enrico;
Ghigo Dino; Pascal Arnaldo; Lauton
Benjamin; Peyronel Silvio; Rostagno
Adele; Scarano Iole; Tron Edda;
Tron Rolando.
Elenco di doni ricevuti
dalla Direzione
Dottor Arturo Gay 2.(X)0; Godine
Enrica (S. Secondo) riconoscente
1.000; Arnaldo e Edda Tron (Massello) in memoria maestro Balma 5.000;
Baud Elvio (Prali) 2.000; maestro E.
Jahier (S. Germano Chisone) 1.000;
Chiesa di Bobbio Pellice 5.000; Griset
Aldo, Maria e famiglia (Inverso Pinasca) 1.500; Laetsch Giovanni e famiglia (Perosa Argentina) 2.000; Pons
Guglielmo (Pomaretto) 5.000; Bernard Giacomo (Pomaretto) 3.0(10; Rostagno Arturo e Irma (Pomaretto)
5.000; Chiesa di Pomaretto 50.000;
Chiesa Valdese di Ivrea 10.000; Unione Giovanile Valdese, Ginevra 14.320;
a mezzo sig. Teofilo Giraud (Troy);
Ulrich Gay, Pittsfleld, Mass., dollari
5, Giov. Tron, Blomfield, N. J.’, dollari
3, Emmanuel Tron, Ulster Park, N. J.
dollari 5, Henri Grill, Chicago, dollari
5, Irma Rostan, Valdese, N. C., dollari 10, Teofilo Giraud, Troy, N. J., dol
lari 10; N. N. Prali 1.000; Pons Loris
5.000; Tron Rolando (Gianna) riconoscente 3.000.
i giovani hanno cominciato ad emigrare... la chiesa è ritornata ad essere
un piccolo gruppo sempre più esiguo.
Non vi sono più giovani, non vi sono
'più bambini... ma solo due o tre persone anziane.
' L’operaio di oggi, di fronte a tanto
stacelo, dovrebbe aver il coraggio di
sentenziare la fine ingloriosa di una
storia che fu a suo tempo gloriosa;
dovrebbe prendere la chiave del locale o della Chiesa che gli affidò il suo
predecessore e consegnarla al Sovraintendente perchè si proceda all’alienazione dello Stabile... Di questa situazione angosciosa che ■ ho cercato di
riassumere se ne è fatto eloquente interprete il giovane Pastore Aldo Rutigliano toccando i cuori dei suoi colleghi, giovani e anziani. Per questi ultimi, fra i quali il sottoscritto, egli
non disse nulla di nuovo. Il giovane
Pastore avrebbe preteso dai convenuti
alla Conferenza una soluzione che
non fosse di compromesso, ma drastica; si scuota la polvere dai propri
calzari, ove il messaggio non è più
apprezzato per portarlo là dove —
come a S. Giovanni in Lipioni — abbiamo anime assetate della Parola
della Vita.
La Conferenza però non fece propria questa tesi e chi scrive pensa che
abbia fatto bene , per i seguenti motivi.
1) E’ la natura stessa dell’apostolato
cristiano che esclude soluzioni del genere. Il lucignolo può mostrare tutti
i segni d’essere nella fase di esaurimento (immagine usata dal Sovraintendente) ma appunto perchè una
parte del corpo è in sofferenza tutte le
altre membra soffrono insieme. E la
partecipazione a detta sofferenza implica quell’assistenza morale e spirituale che indubbiamente costa alla
Chiesa e all’operaio che vi è chiamai >.
2) Non si deve inoltre dimenticare
che se a viste umane poco o nulla c’è
da sperare, non possa manifestarsi per
quell’azione di Dio che è libera e sovrana e sotto la spinta di nuove situazioni, una vera e propria rinascita.
11 fuoco che sembrava essersi del
tutto spento in Agrigento, si è ridestato ad un dato momento; l’opera di
Colleferro è sorta per la presenza di
una famiglia e per la fedele testimonianza da essa resa, e gli esempi si potrebbero moltiplicare.
3) Ma v’è una più valida ragione
che ci deve far guardare con simpatia
profonda ai nostri fratelli isolati e ad
escogitare tutti i metodi per interessarli alla vita della Chiesa. Comunque si manifesti la loro fede, debolmente o arditamente essi sono una
Presenza Cristiana Evangelica come
tutta la nostra opera in Italia è un tenace e perseverante tentativo di chiarificazione e di appello rivolto ad ogni
creatura perchè in Cristo ritrovi la
via di Dio e della propria salvezza.
Le sconfitte subite in questo nostro
tentativo, che si possono contare sulle
dita di una mano, e che per altro si
giustificano se si studiano obbiettivamente le cause che le determinarono,
non devono offuscare la visione di insieme. Esse devono servire a noi per
utili riflessioni nel quadro di una maggiore fedeltà a quella vocazione che
ci vuole al servizio del Maestro come
testimoni per la potenza dello Spirito
Suo e nella consolante certezza che
la nostra fatica in Lui non sarà mai
vana.
G. E. Castiglione.
NO vita
Vittorio Subilia
problema del male
L. 500
Torre Pellice 1959
Ordinazioni alla Claudiana
c.c.p. 2/17557
Redattore: Gino Conte
Coppieri - Torre Pellice
Tei. 94.76
Sede e Amministrazione
Editrice Claudiana
Torre Pellice - c.c.p. 2/17557
Tipografia Subalpina - s. p. a
Torre Pellice (Tor’no)
4
Noi abbiamo conosciuto i'amo*
re che Dio ha per noi e vi
abbiamo creduto.
1 Giovanni 4: 16
L'Eco delle Valli Valdesi
Se uno dice: io amo Dio, e
odia il suo fratello, è bugiardo.
1 Giovanni 4: 20
URGE U N A I U r O
j
Al ‘^Rifugio., Carlo Alberto
Il 23 Giugno ci ha lasciati la decana dei
nostri ospiti, Caterina Andrion.
Si tratta di un caso davvero caratteristico. Nativa di Pramollo, essa fin da giovane era affetta da penose sofferenze cardiache tali, che aveva appena 42 anni
quando fu necessario ricoverarla, nell’Aprile del 1910. Chi mai avrebbe creduto che
in tali condizioni per le quali non v’era
alcun rimedio efficace, essa avrebbe raggiunto la bella età di 91 anni? Cosi il Rifugio J’ha avuta per ben 49 anni.
Ecco una prova molto eloquente che gli
ospiti del Rifugio sono oggetto di cure
assidue ed intelligenti, frutto di vero amore fraterno.
Ma il caso della nostra Sorella ci dice
ancora un’altra cosa. Da molto tempo l’assistenza era penosissima, tale da richiedere, oltre un grande sforzo fisico, molto
spirito di sacrificio. Più d’una volta ci
siamo chiesto come mai chi l’assisteva poteva resistere. E questo perchè il Persona
le è così poco numeroso che il peso grava
sempre sulle stesse spalle.
Oggi come altre volte ci chiediamo come mai, nel nostro ambiente che pur si
dice cristiano, non si riesca — malgrado
i tanti appelli — a trovare delle persone
disposte a venire in aiuto del nostro Personale valoro.so ma numericamente affatto
Insufficiente. Abbiamo ora (ma purtroppo
solo temporaneamente) il volontario efficace aiuto di due signorine svizzere. Ma
fra le nostre giovani valdesi proprio nessuna è disposta a partecipare ad un’opera
di vero amore cristiano?
Non vogliamo pronunziare alcun giudizio. Ma non possiamo non deplorare questa grave lacuna della nostra Chiesa, la
quale dimostrerà d’esser veramente cristiana quando saprà seguire l’esempio del
buon Samaritano. D’altronde, siamo sicuri che un tale servizio compiuto volenterosamente è sempre fonte di vera gioia
spirituale. Il Cappellano.
Valdesi di Marsiglia, con il Presidente Sig. H. Paet e Signora, davanti al tempio di
Lourmarin.
NOTIZIE DALLE NOSTRE COMUNITÀ'
AMROGIVA (Serre)
Nelle domeniche 12 e 19 c. m. i culti
avranno luogo nelle seguenti località: Domenica 12, al mattino, nel tempio del
Serre alle ore 10; nel pomeriggio al Bagnau alle ore 14,30. Domenica 19, al mattino, nel tempio di Pradeltorno alle ore
10, e nel pomeriggio al Barfè alle ore
14,30 circa.
DiaSSELLO
Esprimiamo il nostro vivo ringraziamento a| past. Giovanni Tron che ha accettato di presiedere il culto di domenica
28 giugno in assenza del pastore.
UVnione femminile ha effettuato in
queUa domenica la sua gita annua ed ha
quest’anno scelto come mèta Angrogna
Serre. Magnifica giornata che ci ha permesso di visitare in tutta calma la vaUe
e di godere della bella giornata. Un fraterno grazie aj past. B. Costabel ed alla
Sig.ra Aime che con alcune sorelle ci
hanno gentilmente accolti e rifocillati sia
al Serre che a S. Lorenzo.
VILLASECCa
Domenica 5 Luglio sono iniziate, nella
nostra Chiesa di Villasecca, le riunioni
estive agli alpeggi, mantenendo la simpatica ed antica tradizione.
Gli alpeggi si vanno man mano spopolando e delle « miande » che fino a venti
anni or sono ospitavano regolarmente dieci o dodici famiglie, sono oggi compietamente spopolate, tranne che nel periodo
della fienagione. Ma la riunione in montagna, la domenica pomeriggio, continua
ad attirare la gioventù dai quartieri più
bassi e rimane la buona opportunità per
riunire intorno alla Parola di Dio ed in
letizia fraterna i Fratelli e le Sorelle che
passano l’estate agli alpeggi vicini.
La prima riunione è avvenuta, come
vuole la lunga consuetudine, a St. Thomas, sopra al quartiere dell’Albarea, le
altre avranno luogo per il mese di Luglio
come segue: 12 Luglio, Bovile (con Santa
Cena); 19 Luglio, Selletta; 26 Luglio.
Fràcio Durant.
Nessuno dimentichi di portare l’Innario
Francese e Pleines Voix.
Convitto Masahilo VaMeso
Torre Pollice (Torino)
Dal 28 giugno alla fine di settembre il Convitto di Torre Penice
o.spita ragazzi dagli 8 ai 16 anni, offrendo loro un piacevole periodo di
vacanza.
Dal 19 luglio in poi si accettano anche studenti che debbono sostenere e^mi di riparazione. Lo studio sorvegliato si alternerà con le occasioni di svago e di evasione.
E opiwrtuno prenotarsi in tempo, perchè l’organizzazione delle vacanze si adegui al numero e alle età degli iscritti.
Per ulteriori informazioni rivolgersi al direttore — Dott. Franco
#Ìust*^^tL Penice (Torino), che invierà informazioni e prospetti
TORRE PELLICE
Con gioia un gruppo della nostra chiesa
ha accolto, sabato 27 giugno, un gruppo
di fratelli di Trieste e di Monfalcone, che
hanno compiuto un giro per le Valli Vaidesi. Abbiamo trascorso una bella serata
insieme, e ancora inviamo loro il nostro
saluto fraterno.
Il tempo è stato incerto, i giorni scorsi;
eppure i torresi (una sessantina) in gita
a Courmayeur, il 29 giugno, sono stati
fortunati. La tappa ad Aosta è stata assai
simpatica: siamo stati accolti con grande
cordialità da un gruppo di fratelli, con
cui abbiamo celebrato un breve culto e
che ci hanno accompagnati, dopo una generosa colazione, in un rapido giro per
la città (Mura e teatro romani, arco d’Augusto, S. Orso col chiostro e il priorato,
un piccolo gioiello), mentre alcuni di loro
si spingevano con noi fino alla nostra mela: Planpincieux, in Val Ferrei. Il Monte
Bianco si è degnato scappucciarsi per un
lungo momento, e ne abbiamo potuto godere tutta la maestosa bellezza. Una giornata veramente bella sotto ogni aspetto,
e vi ripensiamo con riconoscenza. Un
grazie di cuore, ancora, alla chiesa di
Aosta per la sua generosa accoglienza.
I culti all aperto della domenica pom.
(ore 15) sono iniziati con buona partecipazione: è bello raccogliersi così sotto i
castagni, sui prati. Ricordiamo le prossime riunioni: domenica 12 Ravadera, 19
Simound, 26 Sea.
Si sono sposati Francesco Michele Gatti
e Fiammetta Giovanna Geymonat. Il Signore benedica que.sto nuovo focolare: è il
nostro augurio più vivo agli sposi.
dIVGROGIVIA (CapoluogoJ
Mercoledì 1 luglio hanno avuto luogo i
funerali della nostra sorella Bertalot Celestina nata Coisson deceduta il 30 giugno
nella sua abitazione ai Jourdans all’età di
anni 75, dopo lunga malattia. La nostra
sorella ci lascia un esempio di fedeltà alla
sua Chiesa che vorremmo seguito da molti
in questo tempo di tiepidezza e di indifferenza.
Sulle figliuole e sui familiari e parenti
, tutti invochiamo le consolazioni di Colui
che è ij Signore della morte.
Culti all’aperto: domenica 12 luglio, ore
15: Malans inferiori; domenica 19 luglio,
ore 15: Sea; domenica 26 luglio: Sonagliene. , g g
sani SECONDU
Durante la funzione religiosa di domenica hanno ricevuto il Sacramento del Battesimo Rivoira Guido di Emilio e di Marlinat Edda e Martinat Giorgio di Sergio e
di Falco Amelia.
11 Signore faccia crescere questi pargoli
in statura e sapienza, e li assista ogni
giorno della loro vita con il Suo Spirilo
e le Sue benedizioni.
La Comunità rinnova al Pastore emerito
Luigi Marauda il grazie sentito per il
convincente messaggio di fede che egli
ha rivolto domenica scorsa dal pulpito del
nuovo Tempio, ed esprime la sua riconoscenza alla signora Marauda che ha accompagnato i cantici all’armonium.
d. g.
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IVspuri (Via dei Cimbri)
La Scuola Domenicale ha riunito ogni
domenica un gruppetto di alunni fedeli e
attenti e così pure la Scuola Biblica. Dato
che, per le grandi distanze e le spese di
trasporto non indifferenti, molti ragazzi
non .possono frequentare la Scuola Domemcale, per il prossimo autunno è in progetto 1 istituzione di un servizio di trasporto di questi bambini a Via dei Cimbri la domenica mattina, in modo da non
tar loro mancare l’insegnamento religioso
tanto necessario. Il 23 giugno ha avuto
luogo 1 annuale gita di chiusura della
»cuoia Domenicale, a cui hanno partecipato anche-gli alunni deUa Scuola Biblica -e quelli della Scuola Domènicale del
Vomero. I ragazzi sono intervenuti con
gioia nella quasi totalità degli iscritti.
Mancava solo qualcuno che in quel giorno era impegnato con esami nelTe scuole
pbbhche. Guidavano il bel gruppo dei
fanciulli le dirigenti delle due Scuole Domenicali, oltre al Pastore Cielo con la
Signora, ^tto i grandi alberi del bosco
di Capodimonte i ragazzi, con a capo il
Pastore, hanno svolto vari giochi, oltre a
una gara di risposte bibliche sui programmi svolti, in cui i nostri alunni di Via
dei Cimbri si sono fatti onore. Una gustosa merenda, terminata con un inatteso
gelato, ha completàtó la gioia dei nostri
fanciulli per la riuscitissima gita.
L’Unione Femminile, sostituitasi alla
vecchia Società di Cucito, è stata quest’anno riorganizzata su nuove basi, sotto la
presidenza della moglie del Pastore, signora Licia Cielo. Ha visto accrescersi notevolmente il numero delle sue Socie che
hanno all’unanimità deciso di aderire alla
Federazione delle U. F. V. Le riunioni
si sono tenute una volta al mese, e, oltre
al lavoro per la preparazione del Bazar
annuale, le socie a turno, si sono impegnate a tenere delle conversazioni su argomenti soeiali, educativi, jcc., decidendo di passare in rassegna le varie opere
sociali cittadine, anche non evangeliche
ma tali da attirare il nostro interesse. Nella seduta di maggio l’argomento della conversazione era « La Casa dello Scugnizzo » e per parlare di questa bella opera,
10 stesso Direttore, il sacerdote cattolico
don Mario Borrelli che l’ha ideata e fondata, si è gentilmente offerto di venire
lui stesso a presentare questa sua opera,
suscitando il più vivo interessamento.
Molto ben riuscita è stata pure la gita
effettuata il giorno dell’Ascensione dalla
Comunità di Via dei Cimbri in unione a
quelle metodista e valdese del Vomero.
Mèta la collina boscosa dei Camaldoli del
Vomero.
Campagna evangelistica. Dal 10 al 17
maggio ha avuto luogo una campagna evangelìstica in unione con tutte le chiese
evangeliche della città. Sul n. 11 della
Luce è stata illustrata ampiamente questa
riuscita campagna.
Nuove ammissioni. 11 giorno di Pentecoste sono stati ammessi in Chiesa quattro
catecumeni. Essi sono: Simeone Aldo, Colizzi Adriana, Hendry Andrea e Hamilton.
Battesimi. Nel corso degli ultimi tre
mesi sono stati battezzati : Daniela Galdo
Libero; Paolo Fiorio di Marco; Maurizio Piorio di Alberto. Il Signore li benedica!
Visita gradita. Domenica 14 giugno la
Comunità ha avuto il privilegio di udire
un messaggio del Missionario prof. Francesco Amato, che esplica il suo lavoro nel
Camerum francese. La sera precedente egli ha tenuta una interessantissima conferenza, illustrata da numerose bellissime
proiezioni a colori che ci hanno fatto meglio conoscere il paese in cui egli svolge
11 suo lavoro e la sua opera stessa, in
cui è validamente aiutato dalla sua gentile
signora.
Lutti. Sebbene non facenti parte della
nostra Comunità ricordiamo con pensiero
commosso e riverente: la signora Giuliana Luchini vedova Bernard, figlia della
nostra sorella Alice Luchini, deceduta, dopo lunghi mesi di sofferenze, in una clinica della nostra città; la signora Margherita Bo nata Frache, che fu col marito
melerò della nostra Comunità per molti
anni, deceduta a Casorzo (Asti) dove si
era trasferita col marito; il Maestro Idino
Donini, residente a Terni, dove era stalo
per lunghi anni Direttore dlel’Istituto Musicale Comunale. Cresciuto a Napoli in
una famiglia fervidamente evangelica (il
padre fu anche membro del Consiglio per
vari anni) egli era membro attivo della
Chiesa Valdese e valente organista e nei
suoi periodi di vacanza estiva nella nostra
città era sempre lieto di accompagnare il
canto durante il culto, vivamente apprezzato da quanti avevano il piacere di ascoltarlo. La salma del Maestro Donini è stata trasportata da Terni a Napoli e deposta nella tomba di famiglia al Cimitero
Evangelico, dove il Pastore Davide Cielo
ha svolto una breve e semplice funzione
religiosa alla presenza di due figli dell’Estinto e di un gruppetto di fratelli in
fede e di amici.
PËRRËRU
F. F.
Domenica 28 giugno ha ancora presieduto
il culto il candidato F. GiampiccoH dopodiché è partito per lasciare il posto al past.
titolare L. Rivoira tornato da Lugano.
Mentre esprimiamo il nostro bentornato
al past. Rivoira, non abbiamo parole adeguate per esprimere la simpatia con cui
ricorderemo il past. Giampiccoli. Che questo ricordo edifichi noi ed elevi sempre
più la Sua vocazione.
Una maestra valdese
per Forano Sabino
La comunità valdese di Forano vorrebbe _ istituire un doposcuola per i
bambini che spesso ambedue i genitori devono abbandonare per impegni
di lavoro. Si cercherebbe una maestra
v^dese, eventualmente in pensione,
disposta a trasferirsi a Forano, piccolo centro in collina a 60 Km. da Ro.
ma, in ambiente di campagna. Per informazioni rivolgersi al Pastore, Chiesa Valdese, FORANO SABINO (Terni),
ilssuciaziouB losBgoauii Crisiiaui livan|Blici
COMUNICATO
Ricordiamo ai colleghi ed amici
il Campo Latino, organizzato dai
colleghi francesi, che avrà luogo a
Saint Hippolite du Fort nelle Cevenne (a Km. 52 da iVimes) dal 21 al
24 agosto p. V.
Retta giornaliera franchi francesi
600.
Iscriversi entro il 20 luglio presso
la segretaria Ethel Bonnet, via Matteotti 18, Torre Pellice, unendo la
quota di iscrizione di L. 500.
Il Seggio A.I.C.E.
Le famiglie Saccaggi Giordan Bertalot commosse per la dimostrazione
di affetto tributata alla loro cara
mamma
Celestina Coisson
ved, Bertalot
nell’impossibilità di farlo personal
mente ringraziano sentitamente tutte
le persone che con fiori scritti e di
presenza hanno preso parte al loro
dolore. Ringraziano in particolar modo la signora Moin che l’assistette
con fraterna dedizione, il Dottor De
Bottini il Pastore Aime i vicini di
casa e tutte le persone che si sono
in qualsiasi modo rese utili nella do'ere- a circostanza.
Benedetto sia l’Eterno poiché
ha udito la voce delle mi’
supplicazioni (Salmo 28: 6)
Jourdans, 30 giugno 1959.
Groi'. Ur. t'rancfi Uperii
Ubero Docente
in Clinica Ortopedica
Specialista in Ortopedia
Traumatologia e Chirurgia Plastica
Visite presso Ospedale Valdese dì
Torino: Lunedì e Venerdì ore 16,30
Consulenze presso Ospedale Valdese
di Torre Pellice: previo appuntamento
Prof. Or. d. Buniscontru
Libero docente
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