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ECO
DELLE YALU VALDESI
Slg. FEYHOT Arturo
Via C. Caballa 22/5
16122 GE1Í0VA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 107 - Nnm. 26
Una copia Lire 70
I L. 3.500 per l’estero
Sped, in abb. postale - I Gruppo bis/70
* ..uljìo di indirizzo Lire 5U
TORRE PELLICE - 26 Giugno 1970
Amm.: Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
L’altra chiesa in Italia
«£' “altra chiesa" non è un'utopia: è
già storia fra gli italiani » dichiara
Arnaldo Nesti al termine della sua introduzione al bel volume uscito in questi giorni da Mondadori e intitolato appunto L’altra chiesa in Italia. Di che
chiesa si tratta? Della Chiesa cattolica
del Dissenso — se così la si vuol chiamare — il cui volto dai lineamenti non
sempre chiari è stato pazientemente e
amorevolmente ricostruito, attraverso
una vasta indagine condotta con rigoroso metodo sociologico tra una quarantina di comunità « di base » e gruppi spontanei più o meno dissidenti,
sparsi un po’ dovunque in Italia (Trento. Firenze, Rimini, Roma, Brescia,
Lecce, Genova, Palermo, Torino, Sassari, ecc.), così da formare, nell’insieme, « un vasto movimento spirituale
di base che investe gli strati più diversi della vita sociale ».
Alla luce deirinchicsta svolta, i caratteri distintivi dell'« altra chiesa », o
«chiesa emergente», sono fondamentalmente due.
11 primo è che la Chiesa del Dissenso « non intende rinnegare o porsi in
alternativa alla chiesa istituzionalizzala, non assume i connotati dello scisma o della setta ». Lo conferma don
Mazzi stesso, che come parroco del_ì’Isolotto è uno dei più tipici esponenti
del cosiddetto « dissenso ecclesiale »,
quando dichiara: « Vorrei che fosse
capito che la nostra posizione nella
chiesa non dipende dallo scontro o dalla rottura con la gerarchia ». È giusto
che sia così; il Dissenso intende instaurare una nuova comunione e una nuova unità della chiesa a partire dai poveri o dai minimi, anziché dal vescovo
(come vuole la teologia cattolica ufficiale). Ecco perché il rapporto con la
gerarchia è di secondaria importanza
rispetto al rapporto coi poveri e coi
minimi che, a sua volta, è indissolubilmente legato al rannorto con TEvangelo. Al Dissenso interessa poco lo scontro con la chiesa gerarchica; interessa
rincontro con TEvangelo. Ma fino a che
punto Evangelo e chiesa gerarchica
possono coesistere? Il rinnovamento
cattolico promosso dal Dissenso dovrà,
prima o poi, affrontare la questione alla radice. Per ora Tatteggiamento prevalente dell’« altra chiesa » nei confronti dell’istituzione ecclesiastica è, ad un
tempo, critico e positivo; critico, in
quanto essa è sentita come apparato
pesantemente burocratico, legalistico,
autoritario; positivo, in quanto in essa
si nasconde « la santa chiesa » che, secondo un dogma cattolico fondamentale che il Dissenso — purtroppo utilizza largamente, « continua Cristo »,
oppure « è il prolungamento della sua
incarnazione ».
È dunque chiaro che 1’« altra chiesa » non si colloca fuori deH’anrbito
confessionale cattolico, pur ponendosi
a notevole distanza critica dalTestablishment ecclesiastico e non di rado
in conflitto, talvolta persino in rottura
con esso. Più che di un’« altra chiesa »
si potrebbe quindi parlare di una
« chiesa nella chiesa », in posizione e
funzione di critica costruttiva. Se è
vero infatti che la Chiesa del Dissenso
appare « pronta a sciogliersi nel mondo come il sale, come il lievito nella
farina », non è men vero che essa, proprio perché non intende sostituire la
Chiesa ufficiale, si propone tacitamente, nei suoi confronti, un programma
di rinnovamento e di riforma. Luigi Rosadoni, senese di nascita e fiorentino di
adozione (molto bella e intensamente
evangelica la sua « Storia di un prete
che cerca nella tede ») lo compendia
così: « promuovere un “aggiornamento’’ della chiesa che non sia trasformistico ma costituisca un’autentica, radicale e permanente conversiorie al messaggio del Signore ». Come si vede, un
programma perfettamente evangelico,
proponibile non solo alla chiesa romana ma a tutte le chiese.
Sarà possibile attuare un simile piano di riforma? Riuscirà la piccola
Chiesa del Dissenso a riformare dal di
dentro la grande Chiesa di Roma?
Ernesto Balducci (ottimo il suo contributo: « Le memorie di un prete dal
trionfalismo cattolico a oggi ») è ottimista: « Prevedo che la dissoluzione
del vecchio mondo cattolico sarà rapida... La spinta verso una nuova presenza della chiesa finirà col prevalere ».
Speranze analoghe, in altri contesU storici, animarono in passato molti credenti, e non di rado andarono deluse.
Molti han dovuto rifare, mutatis mutandis, Tamara esperienza di Lutero
che al termine della sua lunga battaglia con la « sede Romana » dichiara:
« Abbiamo molto curato Babilonia, e
non si è risanata: abbandoniamola
(cfr. Geremia 51, 9) ». Ma il Dissenso,
appunto, non intende abbandonare
l’ambito della Chiesa romana: vuol es
sere, m essa, una presenza critica e un
pungolo permanente alla riforma. Per
parte nostra dubitiamo (a meno che
accadano miracoli) che l’istituzione ecclesiastica romana, nella sua struttura
fondamentale, sia riformabile dall’interno: Tapparato dogmatico, infatti,
conferisce valore sacrale alTapparato
istituzionale e quest’ultimo, a sua volta, è posto a difesa e tutela delTapparato dogmatico; per questo è così difficile riformare veramente (cioè cambiare) elementi dell’uno o dell’altro
che, nella loro indissolubile coesione,
risultano in definitiva impermeabili a
ogni vera riforma. Queste osservazioni,
però, non impediscono di sperare, e la
speranza, in sede cristiana, quand’è
fondata sul Signore, è sorella della
fede, non delTillusione.
La seconda caratteristica saliente delT« altra chiesa » è la sua natura di comunità intesa come comunione fraterna e vivente in un impegno nel mondo,
per cui da un lato emerge il valore determinante della chiesa locale e dall’altro importa anzitutto la sua proiezione
verso il mondo, come un fronte internazionale di liberazione dei poveri, degli sfruttati, di chi è senza speranza: si
profila un modello di « chiesa per gli
altri ».
Le tappe fondamentali del trapasso
« dal cattolicesimo sociologico alla consapevole e adulta comunità cristiana »
(Balducci) sono note e tutte relativamente recenti; la crisi dell’associazionismo cattolico tradizionale (gruppi
parrocchiali; associazioni nazionali, eccetera) e la rinascita della chiesa-comunità; il passaggio dal ghetto sacrale
all’impegno per il mondo, dal monopolio clericale alla « chiesa come partecipazione », dalla chiesa di classe alla
chiesa dei poveri; la critica intransigente e corale del temporalismo e del
trionfalismo; la rinuncia unilaterale e
senza rimpianti a tutto un sistema di
privilegi (Concordato!) e a innumerevoli centri di potere (a cominciare dalTUniversità cattolica e, in genere, dalla scuola confessionale); l’afermazione
recisa di alcuni inalienabili « diritti
della coscienza » da far valere anche
nei confronti delTautorità ecclesiastica
(sì al divorzio civile, superamento del
celibato obbligatorio dei preti, libertà
nell’uso degli anti-concezionali).
Il modello di chiesa che emerge da
questa generale revisione critica del
cattolicesimo tradizionale e in parte anche conciliare, è, secondo Nesti, quello
di « una chiesa comunitaria, integrata
nei valori di una società post-industriale che riesce a secolarizzarsi senza dissacrarsi ». Frase poco chiara, a dire il
vero, e soprattutto poco rassicurante:
.sia perché —ci pare — la chiesa dev’essere non integrala, neppure nei valori
di una società post-industriale; sia perché Tobiettivo che questa società o la
chiesa debbono perseguire non è di
« secolarizzarsi senza dissacrarsi » ma,
semmai, è propriii l’opposto, e cioè di
dissacrarsi senza secolarizzarsi. (I lettori perdonino l’uso non voluto di questi
barbarismi).
Questo ed altri punti andrebbero
chiariti. In particolare, il rapporto
dell’« altra chiesa » con la storia e la
Parola di Dio soffre di una certa ambiguità. Nel den.'-o bilancio teologico
conclusivo dovuto a Fernando V. Joannes leggiamo questa tipica affermazione: « la Parola rivelatrice emerge nella
storia degli uomini, per esprimere il
senso ultimo, a tal punto che senza
questa storia e la sua propria consistenza, la Parola di Dio è inesistente e
inudibile ». Chiediamo: la Parola di
Dio emerge nella storia degli uomini
o nella Bibbia?!
Un’« altra chiesa »! Ma si tratta proprio di un’« altra chiesa »? Q non piuttosto di un’altra espressione della stessa chiesa? Ecco il dilemma che si pone
in presenza della C,hiesa del Dissenso.
Un dilemma che solo un futuro più o
meno prossimo risolverà. Quel che
invece fin d’ora sf'può e deve dire è
che questa chiesa emergente è veramente qualcosa di vivo.
Paolo Ricca
Riunita a Giarona l’assemblea della Fedev. protestante Svizzera
Essere chiesa nella nazione
A mezzo secolo dalla sua cosiituzione, la FCPS rivela una forte vitalità
Decisa la costituzione di un Istituto di etica sociale
Il 15 e il 16 giugno Giarona ha ospitato i delegati dell’assemblea della Federazione delle Chiese protestanti della Svizzera, un’assemblea che aveva
un carattere particolare, segnando il
50»' anniversario della fondazione dell’organismo che unisce, in modo sempre più stretto, le varie Chiese elvetiche. Notiamo, di passata, che se la
collaborazione è stata talvolta ostacolata da particolarismi cantonali, è stata per altri versi assai più agevole di
quanto non sia in altri paesi, in quanto l’organismo riunisce, nella Confederazione elvetica, quasi esclusivamente
delle Chiese riformate, con piccole
frange — vivaci, certo — di Chiese
libere.
Malgrado la ricorrenza anniversaria
si è trattato essenzialmente di una
sessione di denso lavoro, e le notizie
che ne sono state diffuse rivelano, con
l’ampiezza dei problemi affrontati, anche l’intensità dell’impegno nel protestantesimo a nord delle Alpi.
Fra le decisioni prese dalTassemblea
federale protestante, va segnalata la
costituzione di un Istituto di etica sociale. Di questo progetto si parlava da
anni, caldamente appoggiato dagli uni,
guardato con sospetto da altri. Queste
riserve sono state schiettamente avanzate pure a Giarona, e andranno certo
tenute presenti, poiché vertono su questioni non indifferenti; i timori sono,
sostanzialmente, quelli di un orientamento unilaterale e di un indottrinamento, a senso unico per di più, cui
soprattutto i giovani sarebbero esposti; naturalmente è stato risposto che,
pur considerando i rischi dell’avvenire,
occorre pure considerare quelli attuali: e proprio in un tempo nel quale
sta maturando nella chiesa la coscienza di non poter essere “assente" dal
■iiiiiiiiiiiimiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiMiimiiiiiHiiiimiiiii
hiiiiimiiiiiiiiiiKi! HI
Intervista con Leopoldo Niilus, direttore della Commissione delle Chiese per gli Affari Internazionali
Come intervenire con efficacia
nei£pnnli di conflitto mondiali?
Il testo che segue è un’intervista di Leopoldo Niilus, un cristiano sudamericano attualmente direttore della Commissione delle
Chiese per gli Affari Internazionali (CCAI),
raccolta a Ginevra da Albert van den Heuvel,
direttore del Dipartimento di comunicazione
del CEC, e diffusa dal soepi.
Son sei mesi che è membro del personale del Consiglio ecumenico delle
Chiese: quali sono le Sue impressioni, nella Sua qualità di giurista sudamericano, circa il lavoro che svolge
in questa organizzazione?
Sono positive nel senso che posso
lavorare in settori importanti in modo creativo. Di fatto, non ho rotto con
il passato. Durante gli anni che ho dedicati al movirnento cristiano studentesco e al Comitato Chiesa e Società
in America Latina, ho avuto occasione
di affrontare temi e questioni consimili. Ma, essendo mutato il quadro,
pure i metodi sono mutati. Alcuni Europei pretendono che il C.E.C. è diretto da persone del Terzo mondo. Non
è vero. Ma a Ginevra è possibile un
vero confronto, che provoca da una
parte e dalTaltra autocritiche radicali,
liberatrici.
Ho trovato a Ginevra assai meno
uniformità di pensiero di quanto ci si
aspetterebbe di trovare in un’organizzazione internazionale. Alcuni direbbero forse che vi è troppa fluidità, ma
non la penso così.
L’importante è avere un popolo impegnato, a livello locale, il quale ispiri l’organizzazione a livello mondiale
e la stimoli con la sua critica e con il
suo impegno. A volte, poi, può anche
capitargli di avere qualche idea...
Come vede i compiti della Commissione delle Chiese per gli affari internazionali?
Come sono formulate nella costituzione della Commissione. Abbiamo un
buon preambolo che parla della testimonianza alla signoria di Cristo sull’uomo e sulla storia. Siamo una Com
missione di Chiese! Il nostro compito
consiste essenzialmente in lavori teologici sulla pace, sullo sviluppo, sul diritto internazionale. Ciò presuppone
una collaborazione stretta con colleghi di altri settori del C.E.C. Non vedo
di buon occhio lo sviluppo della
C.C.A.I. come organo separato, anche
se una certa indipendenza potrebbe
facilitarne il lavoro.
Come si concreta questa testimonianza?
Torniamo alla Costituzione della
Commissione. Essa adempirà al proprio compito: a) tenendosi a servizio
del C.E.C. e informandolo; b) attirando l’attenzione delle Chiese su problemi che s’impongono alla coscienza dei
cristiani; e c) incoraggiando l’impegno nei confronti di grandi concetti
come la pace, la giustizia, lo sviluppo,
i diritti delTuorno, il controllo degli
armamenti, tutti assai importanti. Il
servizio d’informazione che essa rappresenta per il CEC — assemblea, comitati
centrali e tutte le loro ramificazioni —
implica relazioni autentiche e dirette
con le località dove i fatti si verificano. Ecco perché parlo del popolo impegnato, cioè non soltanto di individui, ma anche di comunità. Per arrivare a questo risultato ci vorrà forse
molto tempo e molto denaro, ma è di
importanza essenffiale. Persino una
piccolissima équipe internazionale,
composta unicamente di geni, la quale avanzasse le proposte più pertinenti e più assennate, non servirebbe a
nulla se non vi è nessuno che in loco
agisca secondo le sue istruzioni, per
convinzione cristiana.
La C.C.A.I. non mantiene relazioni
con i governi?
Non esclusivamente e nemmeno in
primo luogo. Siamo una Commissione
delle Chiese per gli affari intemazionali. Cominciamo con Tattirare l’attenzione delle Chiese sui problemi che si
impongono in modo particolare alla
coscienza dei cristiani. È la ragione
per la quale abbiamo difeso i diritti
dell’uomo con tanto vigore.
Penso che il nostro compito essenziale consiste nel creare le condizioni
che permettano alle Chiese cristiane di
prendere coscienza di conflitti, di impegnarsi in confronti e di formulare
autocritiche suscettibili di fare apparire uomini più liberi in una società
libera.
Quest’obiettivo può sembrare sforzato, ma penso che sia un compito di
estrema importanza, urgente e arduo.
Forse le Chiese e i cristiani sono attualmente — almeno in potenza — fra
le rare persone in grado di realizzarlo.
Come potete istituire relazioni utili
con il popolo?
In passato ci siamo affidati ai nostri
membri. Qggi dobbiamo seguire l’evoluzione e istituire le medesime relazioni utili con giovani politici e con
specialisti di scienze politiche. Abbiamo pure bisogno di un personale più
rappresentativo dei suoi membri. Naturalmente, tutto ciò è lungo da attuare, ma fortunatamente viviamo in un
periodo nel quale sono in numero assai maggiore i paesi i quali possono
permettersi di dedicare dei cristiani a
questo tipo di lavoro.
Secondo Lei, qual è il ruolo della
C.C.A.I. in un dato conflitto?
Il primo compito consiste nelTottenere "un’informazione sicura e obiettiva. Il secondo è di trasmettere questa
informazione a coloro che sono in grado di fare qualcosa. Il che significa
mantenere contatti con le Chiese alle
quali appartengono coloro che prendono le decisioni o con coloro che
hanno accesso alle persone che prendono le decisioni. Ciò implica che si
trovino persone che abbiano autorità
quando parlano o quando scrivono. Il
terzo compito consiste nelTesaminare
(continua a pag. 8)
mondo, si accentua la necessità di non
dire (e fare) cose politicamente e socialmente irresponsabili, in quanto
non rettamente informate.
Scopo dell’Istituto è di elaborare per
la Federazione una documentazione
« in vista delle prese di posizione e
degli incontri con le autorità civili, politiche, economiche e con altri ambienti interessati »; di condurre « consultazioni presso autorità e associazioni »;
di creare una documentazione « nel
settore dell’etica sociale, in particolare in quello del Terzo mondo »; « Tinformazione delle autorità ecclesiastiche, dei mezzi d’informazione e degli
ambienti interessati circa ì problemi
di etica sociale »; « studio degli aspetti teologico, politico, giuridico, economico e scientifico delle questioni fondamentali della società »; « collaborazione con i centri d’incontro, i centri
di studio, le facoltà teologiche, ecc.;
come pure con gli organismi cattolici
o altri istituzioni parallele ».
Questa sensibilità « politica » è stata
forte e diffusa, nei lavori dell’assemblea glaronese. Si è parlato della buona collaborazione fra la Federazione,
le Chiese, e gli organismi svizzeri che
si dedicano in modo particolare all’aiuto allo sviluppo del Terzo mondo. Un
momento particolarmente intenso è
stato quello nel quale si è discusso,
seguendo le raccomandazioni del CEC,
del razzismo e della necessità di chiarire le complicità coscienti o inconsce
della Svizzera con gli Stati razzisti.
Circa la situazione sudafricana, è stato accettato e demandato allo studio
delle Chiese questo progetto di o.d.g.:
L'Assemblea domanda al suo Consiglio di
incaricare la sua commissione sociale di formare una sottocommissione che avrà il compito di studiare il problema delle relazioni della Svizzera con l'Africa australe (Africa del
Sud e Sud-Ovest africano, detto Nambia. colonie portoghesi e Rhodesia), ove il razzismo
infuria con particolare gravità, e di de’.erminare quali implicazioni ha in Svizzera questo
razzismo, soprattutto nel settore degli investimenti. delle relazioni commerciali, dell'istituzione di filiali, ecc., ma anche sul piano delle
relazioni culturali, ad esempio sportive.
Ma l’attenzione dell’Assemblea è anche attirata su un problema più preciso e immediato: la presenza in Svizzera del primo ministro sudafricano,
venuto per negoziare la costruzione di
un’immensa diga a Cabora Bassa, nel
Mozambico, definita da un delegato
« la punta più sottile di una politica
coloniale. Il pastore Max Wyttenbach
ha presentato, a nome della sua Chiesa bernese, una proposta del pastore
Jacques Rossel, direttore della "Missione di Basilea”, così formulata:
L'Assemblea chiede al Consiglio:
1) di attirare l'attenzione delle autorità
federali sul carattere sospetto del progetto di
Cabora Bassa;
2) di chiedere alle autorità federali di
differire la concessione di garanzie airinvestimento. fino a che resteranno dubbi i fini di
questo progetto;
3) di informare le ditte e le banche interessate a questo progetto circa il disagio
profondo dell'Assemblea nei confronti di un
possibile impegno dell'industria svizzera in un
progetto, proprio nel momento in cui altre
nazioni (la Svezia, la Gran Bretagna. l'Italia)
se ne sono ritirate.
Anche questo progetto non è stato
votato immediatamente, da un’Assemblea dichiaratasi in maggioranza non
abbastanza informata e quindi irresponsabile, ma sarà oggetto di studio.
Ancora sul piano della vita nazionale, in una relazione celebrativa del 50»
anniversario della FCPS il consigliere
federale Tschudi ha reiterato la richiesta che vengano aboliti gli « articoli
d’eccezione », rivolti contro la attività
dei gesuiti sul territorio federale e
contro l’istituzione di nuovi conventi;
a parte la diversa situazione. « non è
grazie a queste stampelle statali che il
tesoro inalienabile dell’eredità protestante potrà essere conservato, ma
unicamente grazie alla testimonianza
vivente di coloro che si sentono toccati dal messaggio delTEvangelo ».
Approvata all’unanimità la creazione di una comunità di lavoro di tutte
le Chiese cristiane nella Svizzera, si è
però preso atto del perdurare di una
pesante discriminazione antiprotestante nelle scuole pubbliche del cantone
(cattolico) di Friburgo, e si è chiesto
a quelle autorità di rivedere la legislazione vigente.
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pag. 2
N. 26 — 26 giugno 1970
A proposito
di parate militari
Leggiamo un articolo di Raniero la Valle
su un quotidiano di informazioni, dal titolo
(( La pedagogia delle armi » e ne riportiamo
qui sotto i passi più significativi:
« La parata militare del 2 giugno ha avuto
un seguito polemico sui pulpiti e sui giornali
romani. Da tempo si mormorava a Roma che
la spesa per fare sfilare tutti quei carri armati
e quegli ordigni (n. d. r. che hanno fatto sfilare e volare anche a Torino e a Firenze) era
talmente alta, che sarebbe stala più degna celebrazione della Repubblica impiegarla, almeno un anno, per eliminare il problema delle
baracche a Roma. Ma nessuno aveva mai
osato spendere questo argomento troppo esposto
ad essere liquidato come demagogico...
Ma l abate benedettino della basilica di San
Paolo, il padre Franzoni. ha aperto il discorso su un altro piano, meno facilmente contestabile. Non ne ha fatto una questione di
bilancio... e nemmeno ne ha fatto una questione generale di rifiuto della guerra, di abolizione di eserciti, di disarmo totale: non che
questi problemi non esistano...
L’abate ne ha fatto un problema pedagogico. ha voluto discutere il messaggio espresso
dalFesibizione della ‘^ottusa potenza delle
armi ". Perché affidare proprio alle armi il compito di celebrare la patria, di significare le
sue virtù, di indicare i suoi ideali, di rappresentare la coscienza del dovere dei suoi cittadini?
Le armi — ha detto, più o meno — anche
se sono ancora considerate una necessità, in
questa età del ferro che ha messo i denti atomici. dovrebbero esserci mostrale non a nostra
edificazione, ma a nostra umiliazione, perché
“dopo un sì lungo itinerario della civiltà umana e dopo venti secoli di cristianesimo, non
si è trovata ancora altra soluzione che la legge del più forte per dirimere le controversie
internazionali". E ai giovani occorrerebbe insegnare che l ostentazione delle armi non dovrebbe suscitare in loro sentimenti di ammirazione e di orgoglio, ma dovrebbe stimolare
la loro coscienza critica e la loro dolorosa
partecipazione alle sofferenze di tanti uomini
che, da armi' del tutto simili a queste, sono
ingiustamente oppressi ed uccisi...
Queste cose l’abate di S. Paolo le ha dette
durante Tomelia domenicale... e le stesse cose
ha anche espresso in una lettera al presidente
della Repubblica.
Questa posizione ha suscitato le proteste di
un giornale romano che ama solo i generali
(e i preti, purché cappellani militari), e di
un generale che ama quel giornale. Ma la loro
polemica non è andata oltre una rivendicazione di virtù guerriere, e oltre l’accusa all’abate dì essere, naturalmente, un « comunista »...
Un altro intervento nel dibattito su “le classi e la fede,,
La sitaazione delia chiesa primitiva e la nostra
niiimiimmniiiiiimiiimiiimmwiniiimiiinihmn
liMmiiiiimiMmiiimiiiiinimiiimimminiiiimnmiiiiniiiiiiiiuumnimm .iiiimmiiii:
li libro di un gesuita
definito “pericoloso”
dal tribunale di Madrid
Madrid (Relazioni Religiose) - Il tribunale
di Madrid ha inflitto, una multa di 30.000
pesetas al gesuita Padre Marzal per aver diffuso « informazioni pericolose » in un volume scritto da lui sugli eventi del maggio francese del 1968. Il libro proibito dello scrittore
gesuita era intitolato « Il maggio della collera e della speranza ». Ora si distribuisce clandestinamente in tutta la Spagna.
L’« Eco-Luce » ci chiede di prender
rapidamente posizione, dal punto di
vista della nostra lettura del Nuovo
Testamento, circa Taffermazione di
M. Rostan; « non credo che il N. T. conosca una divisione fondamentale e significante tra credenti e increduli »;
non dimentichiamo che M. Rostan aveva scritto su « Gioventù Evangelica »
4/1970, p. 15: « gli uomini non si dividono in credenti e non credenti, ma
in classi ».
Non deve sfuggire il carattere dialettico di queste affermazioni, e specialmente il significato inequivocabilmente negativo che ha, nel discorso
di Rostan, il vocabolo divisione. Ricca,
da parte sua, ha scritto; « secondo il
Nuovo Testamento non è la divisione
in classi che annulla o dissolve l’unità
in Cristo, ma è l’unità in Cristo che
scardina e spezza la divisione in classi ». E questa affermazione risulterebbe vera, qualora ci si ponesse nel pieno della dialettica storica, mentre presa a sé non è che una pia affermazione, che non regge all’urto della realtà.
Infatti la divisione in classi annulla la
unità in Cristo, appena l’unità in Cristo diventa dogmaticamente un attributo della comunità. Dire che la solidarietà dei credenti e l’unità in Cristo
(le sottolineature sono di Ricca e mi
sembrano enfatiche) devono restare...
le realtà primarie e decisive per tutti
noi, significa dimenticare che tutte le
volte che la chiesa si realizza storicamente in tal modo, o è conventicola o
è gerarchia'. La solidarietà tra i credenti, come mostra Harnack {Missione e propagazione del Cristianesimo),
è un aspetto importante della vita delle comunità antiche: dire che essa è
fondamentale significa far assurgere
tale solidarietà a ragion d’essere della
comunità, cosa che mi sembra contraddire seriamente il messaggio apostolico. Quanto all’unità in Cristo, essa
può certo venir vista come carattere
fondamentale della chiesa, se non si
dimentica che nel Nuovo Testamento
essa viene proclamata come vittoria
sulle divisioni del mondo (Calati 3: 28;
Efesini 2). Tecnicamente, e non certo
per far della polemica, si dovrebbe dire che Ricca dà, in questo suo articolo, una visione pietista della chiesa.
Sciogliendo la formula « divisione di
classe » troviamo dei fatti: morte fìsica e spirituale di migliaia di uomini
per la pretesa infallibilità della « Leg
' Mentre l’espressione « società senza classi » ha un senso, fa frase « chiesa senza classi » non ne ha uno, in quanto o si prende la
chiesa come realtà soprannaturale e allora le
classi qui non esistono e dunque non sono
oggetto di discorso, oppure, come è avvenuto
varie volte nella storia, la comunità si isola
dal mondo per effettuare una realtà diversa,
ma deve, in contropartita, rifiutare radicalmente il mondo abbandonandolo alla sua lotta di classe. Il problema non è quello di abolire le classi nella chiesa, ma quello di abolirle nella società. Ammetto però che la parola classe ha bisogno di chiarificazione.
Incontro organizzato ad Agape, dal W al 22 agosto
dal Servizio Studi della FCEl
Il problema di Dio
nella teologìa evangelica oggi
Il titolo di questo incontro può sembrare
ambizioso. In un certo senso lo è effettivamente per la vastità dell argomento che affronta. D’altra parte è un tema sul quale oggi è
necessario riflettere.
Lasciando da parte le forme giornalistiche
della « teologia della morte di Dio », rimane il
fatto che oggi la parola « Dio » è diventata
ambigua o incomprensibile per molte persone.
E non si tratta soltanto <lei capricci di qualche amatore di formule parado.ssali; si tratta
di un problema soggiacente a una stagione ormai lunga della vita culturale occidentale, ma
che ora si presenta alla luce del sole c viene
fatto proprio e consapevolmente perce))ito anche dall’« uomo della strada ».
Noi rispondiamo che il nostro Dio non è il
cla.ssico Dio dei filo.sofi, oggi non più accettabile. ma il Dio die si rivela in Cristo. Ma die
cosa intendiamo dire veramente? Come possiamo e.spriniere la verità contenuta in questa
formula senza ricadere precisamente in quello
che si voleva evitare? E come possiamo dire
quella verità in termini che siano significativi
per l’uomo moderno senza essere indebitamente condizionati dalla mentalità del secolo? Questi problemi vanno affrontati non per un vezzo
di aggiornamento culturale, ma semplicemcnto per poter continuare un’opera di testimonianza nel nostro pae.se.
Non po.ssiamo trincerarci dietro l’idea che
Dio oggi .sia silenzioso. Solo i posteri, forse,
potranno affermare « La Parola di Dio era
rara a quei tempi ». Da parte nostra sarebbe
iin’autogiustificazionc; sarebbe come dire :
« noi ascoltiamo, ma è lui die non parla ». Ma
siamo sicuri ili tender l’orecchio dalla parte
giusta? Siamo sicuri che non capiti a noi come
al profeta che si aspettava una voce di tuono
mentre Dio parlava in un sussurro? O viceversa?
Se il tema è ambizio.so il nostro atteggiamento sarà modesto. Non ci proponiamo di sco
prire una nuova teologia, ma semplicemente
di aiutarci fraternamente a impostare il problema, a eliminare alcuni falsi interrogativi, a
precisare quelli autentici.
L’incontro non è riservato a « specialisti »,
ma aperto a tutti i laici e pastori delle chiese
evangeliche italiane.
Come già annunciato, questo incontro, organizzato dal Servizio Studi della Federazione
delle Chiese Evangeliche in Italia, sarà diretto
da Aldo Combn e sarà aperto a tutti i membri
delle chiese evangeliche in Italia.
I temi principali saranno presentati da Giorgio Tourn (Panorama della teologia protestante recente), da Aldo Comba (La trascendenza
di Dio tra creazione e nuova creazione) e da
Sergio Rostagno (Incarnazione e conoscenza di
Dio); documenti preparatori redatti da Bruno
Corsani e da Franco Ronchi, sono stati pubblicati su « Diakonia » (3-1970) e vanno richiesti ad Agape.
La quota di partecipazione è di L. 4.200 -f
800 di iscrizione. Per informazioni e iscrizioni
rivolgersi alla Segreteria di Agape, 10060 Frali
(Torino).
È stato bandito itn concorso
per testi poetici di inni nuovi,
con premi varianti — per i primi classificati — da 30 a 10 mila lire.
Per informazioni rivolgersi al
proprio Pastore o al responsabile della propria Chiesa, oppure
scrivere direttamente a:
CHIESA EVANGELICA BATTISTA - Borgo Ognissanti, 6 50123 FIRENZE.
ge », economica, sociale... poliziesca.
Oggi come venti secoli fa è la Legge
che uccide. Vorrei chiamare questo,
con Rostan, divisione fondamentale
negativa. La differenza che posso fare
tra credente e non credente non ha
certo la stessa importanza ed è lungi
dall’esser così assoluta. Non vi è credente che non si sappia ancor sempre
« fondamentalmente » un empio, come
non vi è empio per il quale la promessa sia scaduta. Quando si ritorna alle
affermazioni centrali del Nuovo Testamento le categorie del pietismo si dissolvono. Continuando a leggere il libro
degli Atti anche dopo il cap. 2 si perviene nei pressi del molto imbarazzante cap. 6, dove si legge ancora che Stefano contestava Tempio e Legge e invece di frequentare il Tempio faceva
tutte le sinagoghe ellenistiche della
città mettendo la gente in subbuglio.
Il seguito è noto.
Credo che su certi aspetti della questione possiamo trovarci rapidamente
d’accordo. Cioè sul dire che la croce è
la salvezza, e non la Legge. Questa però è un’affermazione assai impegnativa. La croce è più fondamentale che
la divisione; croce però non è un semplice simbolo ecclesiastico, ma simbolo di un conflitto con il mondo. Fino
a questo punto non mi sembra che esistano divergenze teologiche. Le divergenze — che essendo solo teologiche
non mi spaventano poi molto — cominciano forse nel campo dell’ecclesiologia, senza ridursi solo a questo
ovviamente. Mi chiedo cioè se e a che
momento sia legittimo di parlare di
un ambito della salvezza in cui questa
è per così dire presente in maniera definita (definita tanto da una istituzione quanto da una pietà). Forse questa
questione sta dietro il termine di
« Unità » usato e accentuato da Ricca.
È su questa unità che non siamo d’accordo. Tuttavia ritengo che per noi
tutti la chiesa non è un riparo che ci
protegge dalla vocazione di Dio, ma
piuttosto il contrario: allora esistono
altre realtà primarie e decisive che
non solidarietà e unità dei credenti tra
di loro.
Qra vorrei interrogare il Nuovo Testamento. Anche qui non ci aspettiamo di trovare la dottrina bell’e fatta
che darà inappellabilmente ragione
agli uni e torto agli altri. Quest’uso del
N. T. lo lasciamo a chi vuole. Noi leggiamo il N. T. come un libro aperto,
non come un libro chiuso. Il documento cui M. Rostan potrebbe meno
richiamarsi è l’evangelo secondo Giovanni; ma andiamo per ordine.
Uno dei maggiori problemi per la
teologia degli evangeli sinottici è quello delia Legge. Gesù trova una divisione fondamentale: quella tra peccatori
e giusti in rapporto a una data legislazione. Credo che si possa affermare
che la frase « gli appaltatori delle imposte e le prostitute vi precedono'
(esclusivo = prendono il vostro posto 1
nel regno di Dio» (Matteo 21: 31), nega sostanzialmente la divisione in questione. Le parole di Rostan sembrano
riferirsi appunto a questo aspetto fondamentale e dialettico del problema.
A questo punto qualcuno può dire: ecco, Gesù nega la divisione formale,
quella in ba.se alla Legge, e instaura la
divisione .sostanziale, in base al rapporto di ciascuno con il regno. Quindi
non sono le distinzioni esteriori che
contano, ma la decisione della fede,
fondamentale. Cerchiamo quindi un
posto dove questa decisione della fede
sia in qualche modo programmatica,
e lì fermiamoci. Questa appunto è la
conclusione inaccettabile. Il problema
non è di istituzionalizzare la fede (come praticamente ha fatto la chiesa fino ad ora), ma di vedere come la parola di Gesù, che può avere un senso
solo per dei farisei o dei peccatori,
può dire a me, che non sono più né fariseo né (a quel modo là) peccatore,
l’annuncio del regno. La divisione che
Gesù porta (Luca 12: 51) non è più
colta in maniera autentica in una comunità che istituzionalizza chi è dentro e chi sta fuori; in quanto è la parola che deve portare, sovranamente,
la divisione. Qra qual è il « luogo » in
cui Gesù si pone: è la vita quotidiana.
La decisione di fronte al regno si prende sulla pubblica via (parabola del samaritano).
Veniamo a Paolo: la teologia è nata
perché questo « outsider » prese le difese della fede liberamente vissuta tra
i pagani, in barba alla Legge e al Tempio. Io vorrei che queste fossero le cose fondamentali che mettiamo alla base della nostra interpretazione biblica.
Paolo ha trovato nei pagani il compimento della parola di Gesù sui pubblicani e le prostitute (I Corinzi 1: 18-29).
Proprio questa contestazione della legge in base a quelli clie sono di volta
in volta gli esclusi non si può fissare
c quindi non si può tramandare. Proprio questo risulta di volta in volta
dall’opera dello Spirito Santo, come
noi protestanti dovremmo sapere. Accanto a questo, che è la cosa significante e fondamentale, si possono certo fare delle belle esortazioni, come
.sono le nostre prediche, ma si tratta,
sembra, di aspetti collaterali, non centrali, del messaggio.
Apparentemente l’evangelo secondo
Giovanni è quello da cui M. Rostan è
più lontano: « Chi crede in Lui non è
giudicato, chi non crede è già giudicato » (3: 18). Lungo tutto questo evangelo è percepibile la tendenza alla radicalizzazione. Giovanni vuol raggiungere quel che è veramente fondamentale, e perciò si sottrae volontariamente al contesto storico. Ë chiaro il rifiuto della soluzione dell’istituzione ecclesiastica e la parallela ricerca di una
pura relazione tra Discepolo e Gesù
sospesa nel cielo alla relazione DioGesù. Questo si traduce facilmente in
una confraternita settaria, senza storia, al di fuori del mondo o quasi.
L’« altro » (per Paolo il pagano, per
Gesù il pubblicano, ecc.) qui non è che
uno « stesso » che s’ignora. Eppure il
radicalismo di Giovanni, appunto in
quanto esclude la soluzione ecclesiastica, si traduce in appello universale,
che non può esser monopolizzato da
nessuno, e di cui solo il Padre tiene il
segreto (6: 44). Per questa via Giovanni ha tentato di preservare l’essenziale
del messaggio di Gesù. Non credo di
poter dire di più senza perdermi in
lunghi sviluppi.
In un breve intervento non si poteva che ripetere l’essenziale. (Quello che
mi pare l’essenziale). Ricca e Rostan
sono d’accordo nel fatto che la chiesa
offre i « segni » di una nuova realtà.
Anche qui il discorso andrebbe approfondito e qui andrebbero esaminati i
documenti del cristianesimo primitivo
relativi all’etica delle relazioni sociali.
Per me è dubbio che il Nuovo Testamento si interessi veramente all’etica.
Le realizzazioni della comunità primitiva (Galati 3: 28; I Corinzi 11: 13) valgono come instaurazione di un nuovo
mondo. La comunità di oggi, più modestamente, parla di « segni », e usa
una parola che la comunità primitiva
non ha mai usato in questo senso, che
io sappia. Parlare di segni significa esser coscienti — dopo venti secoli! —
della relatività delle proprie posizioni.
Per la chiesa primitiva i segni sono i
miracoli... la differenza dà da riflettere.
Tengo assai più all’approfondimento
di questi problemi che a sapere chi ha
ragione in una disputa. Forse sarebbe
venuto il momento di pensare a svolgere in un campo quella ricerca su
« cristianesimo primitivo e classi sociali », che potrà dare una base più
ampia alle nostre discussioni.
Sergio Rostagno
iiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiimiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
I Come riconcilia, il Dio uno e invisibile, al punI to che i nostri ideali e i nostri incubi sono ridotti in
= polvere e la nostra realtà divisa è trasformata? DoI ve si esercita l’azione del Dio riconciliatore?
I Qualunque sia la via che possono prendere la
= fede cristiana e la teologia contemporanee, la croI ce è la nostra sola teologia. È il messaggio cristiano
I della libertà: Dio era in Cristo e la sua croce ha
i procurato al mondo diviso la vera riconciliazione.
I Se si vuol sapere che cosa è realmente, la riconciliazione, bi- §
I sogna guardare la croce di Gesù Cristo, ascoltare e dire la parola =
I della croce. Soltanto seguendo colui che è stato crocifisso dalle |
i potenze di questo mondo, se serve la riconciliazione del mondo. =
1 L'unico elemento che differenzi il cristianesimo dalle altre |
I religioni e dalle altre rivoluzioni è la signoria di colui che è stato =
1 crocifisso. Oggi i cristiani e i teologi si sforzano di dimostrare §
I che la fede cristiana ha delle implicazioni per l’esistenza terre- §
E stre. Essi partecipano allo sviluppo economico e scientifico, s’im- |
= pegnano in lotte di liberazione politiche. Ma tutto ciò porta ine- |
i vitabilmente a una crisi d’identità della fede cristiana. In tutti ^
I questi campi, infatti, lavoriamo con dei non-cristiani. Che vi è |
È di "cristiano” nell’impegno sociale e politico, dato che altri agi- |
I scono nello stesso modo e spesso con un’effica'cia assai maggiore |
f che i cristiani? In queste condizioni, si ha bisogno di Dio per mi- |
I gliorare il mondo? =
I Dio riconcilia e libera |
§ Tutto ciò che i cristiani pensano e fanno dev’essere rivelato |
I e giustificato nella croce di Cristo. La riconciliazione del mondo =
= con Dio è stata compiuta una volta per tutte mediante la croce di |
g Gesù. Ma la croce rivela pure quanto ha constatato la vera ricon- g
I ciliazione. E la sua risurrezione indica qual è lo scopo della ri- §
= conciliazione. |
I Dio non ha liberato Israele dalla schiavitù riconciliandolo |
I con il faraone, ma salvando i perseguitati e annegando i persecu- |
i tori nel Mar Rosso. Nella visione d’avvenire del profeta Isaia =
I (43, 1-7), Dio offre in sacrifìcio, per la redenzione d’israele, po- |
I poli vasti e lontani. Ma nell’Evangelo Dio offre il proprio Figlio, =
= nella persona di Cristo che soffre e muore, offre sé stesso in sa- E
I crifìcio, per amore verso il mondo. La vera riconciliazione non i
I può essere oggetto di una semplice dichiarazione. Dio non ha de- |
= signato un comitato di conciliazione per liquidare l’empietà del =
I mondo. La vera riconciliazione si opera attraverso la sofferenza |
I sostitutiva e il sacrifìcio d’amore. Perciò la riconciliazione è una |
I grazia che costa cara. i
I Dio si è trasformato: ecco la ragione profonda della ri conci- =
i liazione del mondo. Non è più una lontananza inaccessibile. È |
I vicino. Non è vicino in qualità di giudice che viene a retribuire |
I e a esercitare la vendetta. È vicino in qualità di salvatore, che si E
I assume il giudizio e perfino la morte, affinché i colpevoli siano |
= giustificati, coloro che son perduti abbiano la vita e i disperati =
i ricevano una speranza nuova. Nella croce di Gesù noi vediamo =
i questa trasformazione di Dio. Soltanto quando questa trasfor- |
I mazione di Dio ci afferra, siamo uomini riconciliati. E quando E
i siamo così riconciliati, siamo a nostra volta trasformati. Una voi- e
I ta trasformati, poi, ci si schiudono delle possibilità per trasfor- |
I mare questo mondo diviso affinché giunga alla sua verità di mon- |
I do unito, oggetto deH’amore di Dio. =
I Se abbiamo gli occhi fìssi sulla croce, impariamo che la ri- |
E conciliazione non è un intervento impotente a sanare un con- |
I (fitto fra due parti, ma è la liquidazione dell’ostilità, grazie a una |
I morte che crea una vita nuova. E
E Se abbiamo gli occhi fissi sulla croce, impariamo che la ri- |
I conciliazione non si riferisce soltanto al passato, per far sì che E
= ciò che è avvenuto sia come non avvenuto, e che il male diventi |
I bene; ma che invece essa pone termine a questo passato carico |
I di morte e apre l’avvenire a una nuova creazione, nella quale =
I non vi sarà più sofferenza, né grido, né lagrime. |
I II Cristo crocifisso rivela dunque che la riconciliazione è |
I stata conquistata a prezzo del sacrificio, della sofferenza e della |
I morte; e la sua risurrezione dischiude un avvenire nuovo che la- i
= scia alle sue spalle la morte, la colpa e la vendetta, e conduce i
È alla pace nella giustizia. =
I Dovremmo dunque proclamare: È il "Dio crocifisso” che ri- i
= concilia e libera. |
I JÜRGEN MOLT.MANN |
iiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
3
26 giugno 1970 — N. 26
pag. 3
VITA EVANGELICA NEI NOSTRI DUE DISTRETTI MERIDIONALI
V DISTRETTO
VI DISTRETTO
OniIlPB B Ilici di lina liasla diaspora in lina F necessaria una revisione profonda,
toppa di aPPBlPatBZZa B di Bmlypaziono sostanziale della vita interna delle
chiese e della loro missione nel mondo
Una totale consacrazione cioè il dono della nostra vita, questo è il prezzo che dobbiamo pagare al Signore
confessando la nostra fede e partecipando con scelte
precise alle Sue sofferenze: sotto questo assunto si
è riunita a Campobasso la Conferenza distrettuale
Il lettore sprovveduto deve sapere
che il nostro Distretto territorialmente
è il più vasto ed è anche il più eterogeneo, è veramente l'opera del Signore
compiuta con spirito missionario da
nove pastori, ognuno dei quali oltre alla chiesa di città o di capoluogo ha la
cura di una vasta diaspora. In modo
speciale alcuni dei nostri colleghi, quelli deH’Alto Abruzzo e del Molise, si
spostano per diecine di chilometri onde
raggiungere il gruppo isolato: piccola
fiammella che resta accesa perché alimentata dalla preghiera e dalla lettura
della Parola. La scelta della sede della
Conferenza: Campobasso mi ha elettrizzato, desideravo tanto fraternizzare
con questi cari fratelli. Lì si è seminato in mezzo a tante umiliazioni (ho
rivisto con gli occhi del cuore tutti i
colleglli che si sono avvicendati a cominciare dal pioniere Amato Billour)
e mi sono rallegrato con il collega Carco, il quale peraltro non ha bisogno di
stimolo per venire incoraggiato, che
oggi raccoglie con gioia e con fervore.
Quando domenica, all'ora del culto,
vidi raccolta la comunità per l'adorazione e prendere posto sul pulpito il
giovane collega Ennio Del Priore e
ascoltai il suo forte messaggio sul testo: « Chi vorrà salvare la sua vita la
perderà, ma chi perderà la sua vita per
amore di me e dell'Evangelo la salverà » (Marco 8: 34-38), mi tornarono in
mente le parole della terza strofa dell'inno « Sol Cristo è della Chiesa » ove
è detto che la Chiesa del Signore non
cede neanche di fronte alla bufera cosmica della secolarizzazione, della violenza, ma piuttosto avanza in alcuni
punti. E' difficile per me riferire in dettaglio sui lavori della Conferenza. Dirò
solo che si è iniziata puntualmente alle
ore 15 di sabato con un Culto liturgico
presieduto dal sempre giovane nostro
fratello Armando Russo e che il seggio
fu affidato a tre persone qualificate:
Pastore Davide Cielo, presidente, Ennio Del Priore, vice presidente. Mauro
Downie, segretario. C’era in mezzo a
noi il caro collega metodista Paolo
Sbaffi, ì cui interventi furono molto
apprezzati. Giunse da Firenze anche il
delegato della Tavola collega Enrico
Corsani, il quale prese nei momenti opportuni la parola per chiarire o per
ridimensionare e ci portò i saluti della Tavola e del Moderatore. Tra Pastori e delegati si raggiunse il numero
di ventidue membri con voce deliberativa-.
La relazione della Commissione Distrettuale fu letta dal suo Presidente
Pastore Salvatore Ricciardi. Risultò serena ed obbiettiva, vi traspariva la sofferta passione di chi insieme ai colleghi aveva seguito i compagni d’opera
con vigile e fraterno amore affrontando, a volte, situazioni particolari di non
facile soluzione. Soprattutto vi si sentiva una ricerca d’approfondimento dei
motivi per cui le nostre Comunità hanno la Bibbia, ma è come se non l’avessero; credono di attuare un’ideale comunione fraterna, ma siccome in realta non riescono a portare i pesi gli uni
degli altri, ne sono ben lungi; hanno
opere di servizio sociale, ma non c’è
sempre una chiara intesa col gruppo
operante e a volte fra i metodi diversi
ci si condanna reciprocamente e aprioristicamente; si parla di testimonianza, ma la si riduce ad una pigra e stanca iscrizione anagrafica. Questa relazione meriterebbe di venire studiata a
livello comunitario perché è ricca di
utili riflessioni ed è senz’altro stimolante per il cammino che ci sta davanti.
A Campobasso certo non abbiamo
perduto il nostro tempo se ci siamo
lasciati contestare dal Signore Gesù
Cristo che ci propone il Suo cristianesimo non quello che ci si costruisce
spesso quasi come un alibi ad ogni
specie d’infedeltà. Il Suo!... che è quello
di sempre, quello delTAgape crocifissa,
del dono di sè per gli altri, un cristianesimo sotto la Croce e con Lui.
La Chiesa è una creazione dello Spirito Santo, viene sempre dopo, cioè
quando l’uomo vecchio è scomparso e
diventiamo nuove creature, allora siamo nel Suo Regno che viene. Mi auguro che i grupni viventi che, per grazia di Dio, abbiamo ancora nelle nostre
Chiese, operino dal di dentro. C’è tutta
una evangelizzazione degli evangelizzati, poi c’è quella che ci resta da fare
nel mondo che ci sta davanti. Dice Giovanni Miegge, in « Timidi credenti »:
se finisce l’entusiasmo la Chiesa è morta ed è morta veramente. L’entusiasmo
è lo .spirito profetico che il Signore dà
alla Sua Chiesa. Faccio pertanto mia
la conclusione della relazione della
Commissione Distrettuale: ...« chiediamo al Signore il dono dello Spirito, una
rinnovata Pentecoste ricca di perdono,
piena di speranza, aperta sul futuro
di Dio ».
Note marginali ma non tanto:
1 ) Il nostro Distretto ha superato
la somma richiesta dalla Tavola; anche
al Comitato del Collegio è stata inviata
una considerevole somma, così pure a
copertura del deficit 1968-69.
Dobbiamo rallegrarci se si riflette al
fatto che siamo nella terra dell’arretratezza e della continua emigrazione
che assottiglia le fila.
2) E’ stato deoiso che alle insegnanti che prestano servizio nelle nostre Scuole Materne venga corrisposto
il normale mensile anche nei mesi estivi
e che sia regolata la loro posizione nei
confronti delTINAM e dell’INPS.
3) La Commissione è stata riconfermata a pieni voti: Salvatore Ricciardi
pre.sidente; Armando Russo vice presidente; Ernesto Naso segretario.
4) La sede della prossima Conferenza sarà Orsara di Puglia, predicatore Giuseppe Castiglione, sostituto Giacomo Campanelli nostro collaboratore
a Cerignola.
5) Generosa e commovente fu l’ospitalità offertaci dalla Comunità di Campobasso. Ne ringraziamo ancora le famiglie ed in modo particolare la famiglia pastorale.
G. E. Castiglione
La Conferenza del VI Distretto (Calahria-Sicilia) si riunirà a Palermo dal
27 al 29 giugno; dalla relazione della
Commissione distrettuale — Tullio Vinay, Ernesto Pozzanghera, Samuele
Giambarresi — stralciamo le parti di
maggiore interesse, ricordando con
compiacimento l'ampiezza dell’informazione che nel corso dell’anno ci è
giunta da questo Distretto, riflesso di
una notevole attività di quella Commissione, attività consistente non soltanto in corrispondenza e visite, ma
in riflessione e stimolo vigorosi.
red.
« La precedente Commissione Distrettuale, nella sua relazione annuale,
definiva “caotica” la situazione del Distretto. Non abbiamo il coraggio di
smentirla per la moltitudine dei problemi irrisolti, per la inquieta situazione delle chiese, per la situazione generale della Chiesa nel mondo ed in
modo specifico della Chiesa Valdese.
Non sarebbe esatto però attribuire solo ad animosità, anche se alle volte
c’è stata, questa situazione. In gran
parte essa è dovuta a problemi non
chiariti, o a chiarimenti non sufficienti e perciò non ricevuti. Essi sono, secondo noi, pari icolarmente due: uno
riguarda la vita delle chiese nel loro
interno, l’altro, la loro missione nel
mondo.
« Sul primo problema, si è pronunziata la Confei ;-nza del giugno 1969 a
Messina, dopo più conferenze ordinarie e straordinarie che da diversi anni
hanno dibattuto lo stesso tema. Si
tratta di una revisione ecclesiologica
non formale soltanto ma sostanziale.
« Viviamo in chiese clericali ove il
pastore fa più o meno tutto e questo
Una bella tappa unitaria
nel cammino
del protestantesimo ticinese
Le due comunità riformate di Lugano sono ormai una sola
La causa delTunità cristiana non
avanza soltanto grazie alle « battaglie »
che si combattono e si... vincono a livello confessionale e denominazionale.
Quando qualche avvenimento di questa portata si verifica, il fatto « fa notizia » e giornali e riviste lo riferiscono, i « servizi stampa » lo diffondono
di qua e di là e ci diciamo che l’ecumenismo ha fatto un passo innanzi.
E ce ne rallegriamo.
Recentemente, nel Cantón Ticino e
più particolamente nella regione conosciuta come il Sottoceneri che ha come centro la città di Lugano, s’è verificato un avvenimento di portata locale, e perciò di importanza molto relativa, per i più, ma, non per questo di
minore significato, forse più sotto il
profilo spirituale che sotto quello —
che non va sottovalutato — ecclesiologico e pratico. Si tratta della fusione di due comunità che hanno vissuto
per decenni. Tuna vicina all’altra ma
in modo completamente autonomo, la
loro vita ecclesiastica: quella bilingue
— la Chiesa Evangelica di lingua italiana e francese del C. Ticino — e quella trilingue — la Comunità Evangelicariformata di Lugano e dintorni —: due
comunità riformate, senza alcuna differenza né dottrinale né liturgica né
organizzativa, aventi lo stesso compito, perseguenti lo stesso scopo. Scopo
indicato nelTart. 2^ degli statuti che
sono stati approvati dalle Assemblee
delle due comunità la domenica 3 maggio e che suona così: « La Comunità
ha lo scopo di testimoniare TEvangelo di Gesù Cristo come è attestato dalle Sacre Scritture tra la popolazione
di lingua italiana, francese e tedesca
del Sottoceneri ».
Gli statuti approvati erano stati elaborati da una commissione apposita,
di carattere paritetico, che aveva iniziato i suoi lavori circa tre anni or sono, sempre in stretto contatto con i
due Consigli di Chiesa dai quali emanava; ed è con profonda riconoscenza
al Signore che possiamo oggi informare che essi furono approvati all’unanimità.
Questo fu il primo passo. Il secondo, non meno importante, anzi, per il
Signore della Chiesa ben più importante è stato il culto in comune, con
celebrazione della Santa Cena, svoltosi la Domenica di Pentecoste con la
patecipazione di un pubblico numeroso e riconoscente; culto nel corso del
quale furono ricordate le note caratteristiche della prima comunità cristiana, che debbono essere ancora oggi le
« caratteristiche » di ogni comunità fedele: l’insegnamento apostolico, la comunione fraterna, il rompere il pane
e la preghiera (Atti 2: 42). Il culto è
stato celebrato in via eccezionale in
tre lingue, con l’intervento dei pastori
G. Bernouilli, W. Keller, S. Long e
E. Meier.
Ci par doveroso ricordare qui il promotore dell’iniziativa che ha condotto
alle decisioni del 3 maggio: fu, più di
tre anni fa, il prof. André Gaillard, allora presidente del Consiglio della
Chiesa di lingua italiana e francese
del Cantón Ticino. Gli rinnoviamo qui
l’espressione della nostra profonda riconoscenza.
È rallegrante sentire che la decisione dell’unione non è stata una fiammata, un fatto isolato: le attività in
comune che subito hanno preso l’avvìo hanno mostrato che c’era un "animus” generale che desiderava questa
unione e soffriva della disunione precedente.
Il Consiglio ha già avuto due buone
sessioni, soddisfacenti ed efficienti: esso è unico, articolato come la comunità in due sezioni, quella di lingua tedesca e quella di lingua italiana e francese; di questa seconda sono ora membri i signori R. Chollet, A. Kocher,
A. Matthey, S. Schober e F. Thomi;
presidente del Consiglio, nominato dall’Assemblea, è il sig. Roberto Burri, vicepresidente il sig. A. Kocher, segretario il sig. F. Thomi e cassiere il sig.
A. Achermann. Con fiducia auguriamo
ai responsabili della nostra vita comunitaria un buon lavoro e belle ore di
collaborazione vissute insieme in uno
spirito veramente fraterno.
Per parte loro, i cinque pastori si
riuniscono settimanalmente non solo
per fare migliore conoscenza, ma per
studiare insieme i problemi della comunità; e se sorgono delle difficoltà,
è manifesta la volontà di superarle.
L’unione delle due comunità è poi
ribadita con l’invio, ai membri della
ex comunità di lingua italiana e francese, del bollettino trilingue ticinese
« Vita evangelica » (il latino aiuta i
paesi poliglotti...: solo nel titolo, s’intende! ); naturalmente essi sono sollecitati a continuare a leggere « Voce
evangelica », il mensile per tutti gli
evangelici di lingua italiana della Svizzera.
Voglia il Signore benedire l’opera
che la « nuova » comunità, costituita
da circa duemila famiglie, è chiamata
a compiere alla Sua gloria!
Silvio Long
clericalismo, qualunque ne sia l’origine, è desiderato prima di tutto dalle
comunità. Queste devono cessare di
vivere sulle capacità del loro pastore.
Devono ridivenire vere assemblee in
cui si manifestano i doni di ognuno. Il
culto deve essere trasformato dal monologo attuale (un puro e semplice
mutamento della liturgia non è sufficiente) ad un dialogo fra tutti, ad un
coro in cui la molteplicità e varietà di
voci si fondono armonicamente. Un’assemblea in cui fratelli si riuniscano intorno al risorto Signore per ascoltarne la Parola da chi ha il dono della
predicazione, nella partecipazione di
altri doni, ancora, di edificazione, di
preghiera, di esortazione, di informazione, di insegnamento e via dicendo:
assemblea in cui la parola è libera per
la costruzione della comunità nel vincolo dell’agape.
« Un’assemblea consimile non riposa più su uno solo, ma su molti a seconda dei doni dello Spirito ricevuti;
ascolta per la bocca di più fratelli l’annunzio della Parola, la confronta con
la propria vita e la vita della città e
prende quelle decisioni e quegli impegni che ne derivano, sapendo che non
è "orfana” ma che il Cristo risorto ha
mandato il suo Spirito, che è il Consigliere e la guida. Di fronte alle necessità materiali della vita ecclesiastica, sa mantenersi coi propri mezzi,
senza dover ricorrere alla Tavola Valdese mettendo su di essa quei pesi
che la comunità stessa locale deve saper portare.
La fede e le sue implicazioni
nella vita della città
« Sul secondo problema, le conferenze non si sono, a dir il vero, molto
pronunziate, ma esso diviene vieppiù
urgente e vivo soprattutto per il riflesso che il pensiero e l’azione dei giovani hanno sulle comunità. Si tratta del
rapporto fra fede e politica, o, se si
vuole, fra la nostra fede e le implicazioni che essa ha nella vita della città
e del mondo. Tale rapporto che scatuisree chiaro dalle pagine dell’Evangelo
dovrà pur essere oggetto di meditazione delle chiese e delle conferenze se si
vuole, almeno, tentare una unità nella
testimonianza e chiarezza nella nostra
presenza in mezzo agli uomini.
« Benché sul primo problema se n’è
parlato assai, la Conferenza dovrà di
nuovo pronunziarsi, poiché le resistenze delle chiese che vogliono conservare le loro tradizioni non cessano di
essere assai forti; e dovrà prendere
decisioni responsabili. E questo tanto
più che la situazione finanziaria della
chiesa valdese, che non migliora ma si
aggrava, renderà assolutamente impossibile il proseguimento dell’ecclesiologia cui siamo abituati. Viene il momento in cui gli avvenimenti stessi ci
metteranno dinnanzi ad una scelta
non dilazionabile. Deboli e povere, senza esercizio per il lungo riposo, le nostre chiese dovranno affrontare la
tempesta. Forse solo quando affonderanno nel vasto mare delle attuali circostanze storiche esse grideranno come Pietro: “Signore salvami!”. Il Signore è fedele anche se noi non lo siamo ed ancora una volta raccoglierà il
“resto d’Israele”, cioè ancora una volta la sua grazia si manifesterà attraverso il giudizio ».
Molteplicità di « servizi »...
« Nel nostro Distretto c’è un gran
numero di “servizi” di natura molto
diversa che compiono una missione
importante.
« Sono: la Casa per gioventù di Falerna Marina, che inizierà la sua attività di campi durante Testate 1970, dato che la costruzione sta per essere
del tutto ultimata; il Centro di Bethel
nella Sila, dipendente dalla chiesa
valdese di Catanzaro; la Scuola Materna di Pachino; l’opera fra i sinistrati a
Villaseta; il Villaggio per terremotati
a S. Margherita Belice; il Villaggio per
terremotati a Vita; il “Servizio Cristian” di Palermo, vasto complesso di
.scuole e convitto; la Casa di Riposo di
Vittoria, che ha avuto quest’anno una
vita non facile per il necessario cambio di direttore e del personale; il Centro Adelfia, il cui servizio va sempre
più ampliandosi; il Servizio Cristiano
di Riesi, col suo complesso di opere
nei settori dell’educazione, dell’assistenza, dell’economia e nei suoi interventi socio-politici.
...varietà di orientamenti
« L’orientamento di queste opere è
vario, seppur il denominatore comune
sta nel desiderio di rendere testimonianza a Cristo ed al suo Regno. La
C. D. rileva che, mentre a volte v’è fra
queste opere e le chiese che le circondano un fruttuoso spirito di collaborazione, a volte invece ci sono delle critiche basate su scarsa conoscenza epperciò non altrettanto fruttuose. E assurdo ed ingiusto, ed anche non utile,
pretendere che ogni opera sia simile
nell’impostazione e nel metodo. La varietà delle situazioni, dei doni di chi
dirige, delle comunità, dei metodi applicati può offrirci il non piccolo vantaggio di un confronto amichevole, premessa di una ricerca comune e di aiuto reciproco. Tutte le nostre opere
sono state c sono o oggetto di approvazione acritica o di critica priva di
pertinente conoscenza; nel primo caso
si costruisce il “mito”, nel secondo si
crea attorno all’opera un’atmosfera
non serena ».
Vita delle comunità
« La relazione della precedente Commissione Distrettuale era abbastanza
pessimistica sulla vita delle nostre
chiese e sulla loro coscienza del momento storico che attraversiamo. Noi
possiamo aggiungere, ora, che se alcuni hanno finalmente aperto gli occhi
sul fatto che la missione della Chiesa
è nel mondo, e non nel chiuso delle
sue mura, la maggioranza continua a
vivere una vita religiosa estranea al
tormento della nostra epoca ed ai problemi del popolo che la circonda. Di
più molte chiese si sono logorate in
contese interne a danno di quella edificazione comunitaria che è premessa
per una unità d’azione nel mondo. La
stessa C. D. ha dovuto molte volte intervenire, in non poche chiese, per ricomporre dissidi, per chiarire situazioni rese difficili da chiacchiere malevoli e acritiche o per mancanza di
quella comprensione della situazione
attuale che pur si dovrebbe chiedere
ai maggiori responsabili delle comunità. Le comunità, già deboli per una
vita troppo a lungo introversa, molte
volte non hanno sopportato Io scandalo e si sono ridotte nel numero o si
sono mostrate meno pronte ad assumere le loro responsabilità. Uno sguardo alle chiese del Distretto ci può dire
quante volte queste cose si sono ripetute. Ben spesso, la colpa non è solo
dei pastori o delle comunità, di un
gruppo o dell’altro. E l’agape che è venuta meno in molti. Verso la fine di
quest’anno ecclesiastico, sembra che le
cose vadan meglio in maggior numero
di chiese. In questa situazione generale tanto più ci consolano quelle chiese
che si son date con entusiasmo alla
loro missione. Una volta di più vorremmo dire che ai cristiani è sempre
chiesto di saper cominciare di nuovo,
da zero, poiché Cristo, che annulla il
passato, è il nostro presente ed il nostro futuro. E proprio perché non vogliamo esser prigionieri del passato
che non entriamo nei dettagli, in questa difficile considerazione, ma preferiamo chiedere a tutte le chiese di
guardare alla vocazione che il Signore ha loro rivolto per risorgere a vita
intieramente nuova ».
Finanze deboli
« Sono un termometro della situazione attuale delle chiese ed al tempo
stesso un severo ammonimento a
quanti pensano che si possa continuare nella via percorsa senza prendere
su di sé le responsabilità della grave
situazione. La C. D. ha incaricato il
past. S. Giambarresi di seguire da vicino questo settore e di incitare le
chiese al loro dovere. Non ci risulta
che i suoi richiami abbiano avuto molto effetto. E mentre il deficit della Tavola cresce a vista d’occhio non basta
che i delegati alle conferenze teorizzino sul da farsi. V’è sempre troppa trascuratezza e troppa indifferenza di
fronte al problema che diviene sempre
più grave. Le mura della casa si stanno riempiendo di crepe: invece di correre ai rimedi si sta a guardare come
andranno a finire le cose. Poi sarà
troppo tardi ».
* * *
« A quale conclusione giungiamo dopo questo, sia pur rapido, sguardo sulla situazione del Distretto? Vi sono, di
certo, alcuni che hanno cominciato a
muoversi ed a impegnarsi e che hanno compreso qual sia la missione della chiesa oggi nel mondo. Son pochi.
Ma a questi soprattutto è necessario
dire che non si stanchino, non si scoraggino, non contino le loro forze. Il
Signore rimane la guida ed il capo della Chiesa. Può servirsi di loro come
strumenti di opera ben maggiore di
quella che le loro capacità lasciano
intravvedere. I tempi son difficili, ma
la Parola è ancora predicata, e l’agape
di Cristo non viene meno. Lui che, per
il suo grande amore, vede la messe
grande nelle stesse folle che non lo
comprendono può dar loro simile
“agape” per essere di benedizione e di
richiamo anche a quanti ancora indugiano nell’inerzia e nell’indifferenza.
Se non abbiamo fiducia in noi e nelle
nostre chiese, possiamo pur sempre
averla abbondante, abbondantissima,
nell’opera che Egli compie. Siamo,
dunque, in dinamica attesa del suo intervento e disponibili sempre per l’opera alla quale, come uomini nuovi,
Egli ci chiama ».
La Commissione Distrettuale: Tullio Vinay, Ernesto Pozzanghera,
Samuele Giambarresi.
4
pag. 4
N. 26 — 26 giugno 1970
Nuova sigla per una nuova linea
«Dalla linea di lavoro giovanile della FUV, parcocctiiale, clericale e introversa, a quella interdenominazionale, anti-clericale e estroversa della FGEIp
POSIZIONI DEL DISSENSO CATTOLICO
DncuniHnto sul mati'imonio
diffuso dalla comunità del l/andalino
La FUV è morta, viva la FGEI! II segretario nazionale
della FUV (Federazione Unioni Valdesi), past. Franco
Giampiccoli, ha inviato in questi giorni una circolare, con
la quale annuncia la convocazione di un Congresso straordinario della FUV, da 'tenersi ad Agape il 16 agosto 1910,
nel corso del campo FGEI (Federazione giovanile evangelica italiana) che si svolgerà ad Agape dall'll al 19 agosto,
centrato sul tema: « La credibilità del Protestantesimo italiano ». L’ordine del giorno di questo Congresso straordinario FUV comporta: 1) discussione e deliberazione dello
scioglimento della FUV e adesione delle singole Unioni alla
FGEI, 2) esame e votazione di un nuovo regolamento di
Adelfia preparato dal Comitato Adelfia e dalla FGEI siciliana, 3) modalità dello scioglimento FUV.
Forse non tutti ricorderanno che il Sinodo Valdese ha
dato la sua approvazione all'impegno della FUV in questo
processo di unificazione dei movimenti giovanili evangelici
italiani, le cui origini risalgono al 1° Congresso della GEI
(Milano 1951), quando per la prima volta fu richiesta la costituzione di un'unica federazione riunente i movimenti
giovanili battista (MGB), metodista (GEM) e valdese (FUV).
Da allora si è percorso un lungo cammino, non senza
pause, momenti di involuzione o di stanchezza: tappe che
Fianco Giampiccoli ripercorre brevemente nella citata
circolare. Egli ricorda che al Congresso GEI di Ecumene
(1969) la FUV, insieme al MGM e alla GEM, ha costituito
FGEI, impegnandosi a sostenerla; il Congresso FUV im
Siamo convinti che la FUV abbia
esaurito non soltanto il suo compito
pratico ma la sua stessa impostazione
del lavoro giovanile. Essa era caratterizzata da una pesante sottolineatura
parrocchiale, clericale e introversa.
Chiariamo questa definizione:
mediatamente seguito nella stessa Ecumene, decideva di
rinviare di un anno lo scioglimento della FUV per promuovere l’adesione diretta delle UGV alle FGEI, in modo
da svuotare la FUV daH’interno. Il Congresso MGB (S. Severa 1969) e il Congresso GEM (Ecumene 1970) si sono pronunciati, per i rispettivi movimenti, per un cammino nella
stessa direzione, sebbene in forma meno decisa e senza
scadenze definite o a breve termine. I membri del Comitato
nazionale FUV hanno cercato di favorire questa adesione
capillare alla FGEI: i risultati sono difficili da valutare
perché sinora incompleti: sulle 37 unioni che risultano in
attività (20 un. regolari, 2 con attività saituria, 4 gruppi in
formazione, 3 gruppi di catecumeni, 3 gruppi autonomi,
5 un. interdenominazionali) sinora 29 hanno risposto al
censimento FGEI e, di queste, 13 hanno aderito alla FGEI
(7 un. regolari, 3 un. interdenominazionali e 3 gruppi autonomi); Fentusiasmo non è precisamente travolgente ma
il sollecitato in vista del Congresso di agosto stimolerà forse
altri.
Il momento di passare dalla FUV alla FGEI è comunque giunto, afferma il Comitato nazionale della FUV, perché il peso di una doppia struttura in costi e in energie
umane è insostenibile oltre che assurdo; ma naturalmente
non basterebbero queste considerazioni utilitaristiche a
rendere vitale il nuovo organismo; e il C.N. chiarisce, nella
sua relazione che riportiamo qui sotto in larga parte, le
motivazioni e le prospettive della trasformazione in vista.
1. La Chiesa era concepita come la raccolta
dei membri, dalla dispersione nella società, per
determinate attività in massima parte all’interno degli edifici ecclesiastici (parrocchiali),
a partire da precisi limiti denominazionali
(nelle città) o geografici (valli).
E’ pensando ad una Chiesa di questo tipo
che il motto originario della FUV diceva :
« Per Cristo e per la Chiesa ».
2. Il pastore era al centro della Comunità
e da lui dipendevano tutte le « attività », compresa l’unione giovanile. In lui si assommavano (o dovevano assommarsi) tutti i ministeri
(servizi) e i membri attivi (giovani compresi)
erano nella migliore delle ipotesi « collaboratori » del pastore. Simbolo di questa concezione è la liturgia di consacrazione dei pastori
che chiama il ministero pastorale « il ministero », come l’unico esistente. Per la FUV,
confronta lo statuto che prescrive che al Congresso « l’unione di ogni chiesa valdese sarà
rappresentata dal suo pastore (o da un sostituto) e da un delegato » (Art. 10).
3. L’Unione giovanile era costituita all’interno della parrocchia per i membri giovani
di questa che vi si ritrovavano. Certo non erano assenti gli scopi di formazione, di un posto
specifico per i giovani aU interno della parrocchia. Simbolo di questa concezione è lo
scopo dell'unione indicato dallo statuto FUV :
« riunire la gioventù delle chiese in un ambiente sano e religioso in cui essa possa progredire spiritualmente e trovare ispirazione
ad una costante attività per l’opera del Signore, e dove possa fraternizzare e curare la
propria cultura religiosa e morale » (Art. 1).
Possiamo dire che in base a questa
impostazione la FUV ha funzionato al
principio, negli ultimi anni del fascismo, quando l'ambiente esterno presentava notevoli chiusure e difficoltà e la
semplice possibilità di ritrovarsi in un
ambiente sano e religioso era sentita
come un fatto molto positivo in se stesso. Ha funzionato ancora nell' immediato dopoguerra, quando le possibilità
associative erano ancora scarse e la
costruzione e l’attività di Agape assorbivano la maggior parte delle energie
e dell’impegno delle unioni (ma questa
fase era già in contrasto con Fimpostazione introversa della FUV).
Cessati questi stimoli per le unioni,
la loro vita si è svolta lentamente ma
costantemente verso la stasi. Si è continuato a dare per scontato che là dove
c’era una chiesa, un pastore, dei membri, ci fosse automaticamente una unione per i membri più giovani; ma non
di rado il problema principale delle
unioni esistenti in questo modo automatico è stato quello di inventare un
contenuto, un programma, cosa spesso
deprimente e difficile a causa soprattutto del carattere introverso delFunione-FUV.
Oggi molti giovani contestano il carattere parrocchiale e clericale della
chiesa, per la maggior parte lo scopo
di riunirsi in un « ambiente sano e religioso » non è piu una ragione valida
e sufficiente per ritrovarsi e rompersi
la testa su che fare. Una parte dei giovani si è allontanata, un’altra prosegue
la parabola discendente del periodo
FUV o cerca faticosamente altre strade.
Per queste ragioni ci sembra indispensabile prendere atto con chiarezza
della fine dell’impostazione FUV del lavoro giovanile.
Negli ultimi anni ha cominciato a farsi strada una nuova impostazione del
lavoro giovanile. Per quanto sia difficile darne un quadro al momento attuale, dato il limitato numero di esempi
c tentativi, azzardiamo lo .stes.so una descrizione. Si tratta di una impostazione
interdenominazionale, anti-clericale ed
estroversa.
1. Il carattere interdenominazionale (o alle
\alli il carattere interparrocchiale) non c dato
tanto ila una esigenza di tipo « l’unione fa la
forza », quanto dal fatto che intorno ad un
])rngramma si raccolgono per.sone interessate
pro>enienti da comunità diverse di una ste.ssa
zona.
2. La sottolineatura clericale viene rifiutata
e questo fatto si esprime spesso in una esclu
sione del pastore (che però significa un clericalismo alla rovescia). Talvolta i gruppi riescono a valorizzare la competenza e l'apporto specifico del pastore senza per questo metterlo
(o lasciare che si metta) su un piano diverso
rispetto agli altri membri.
3. Ciò che costituisce il centro di attrazione
non è più un « ambiente sano e religioso » all’interno della chiesa, ma un programma di
intervento nella società (e quindi in gran parte esterno rispetto alla chiesa-parrocchia) che
coagula intorno a sè forze varie provenienti
dalle chiese o anche da ambienti più o meno
secolarizzati che hanno rifiutato la chiesa-parrocchia. Il programma di intervento riguarda
in prevalenza il campo sociale e politico (scuola e dopo scuola, lotte sindacali ed extra sindacali, partecipazione in varie forme di dissenso, lavoro con i baraccati, con i disoccupati, ecc.) e ad esso è connesso in modo più
o meno esplicito il problema della testimonianza dei credenti nella società in cui vivono.
Il lavoro di studio e di preparazione acquista
in questo caso un carattere meno astratto perché è connesso ai problemi che il gruppo incontra nel suo lavoro.
Abbiamo detto che pochissimi sono
gli esperimenti che si muovono in questa linea. Questo fatto, insieme alla novità di questa linea, fa sì che una quantità di problemi mettano in pericolo
la precaria attività di questi gruppi.
Per esempio:
— Gruppi di questo genere, spesso
aspramente criticati dalle comunità locali, potranno avere una funzione di
stimolo nei confronti delle comunità e
potranno moltiplicarsi, o saranno sempre più emarginati e ridotti a iniziative
di pochi singoli? Negli ultimi anni alcuni di questi gruppi hanno tentato
quest’opera di stimolo, con un risultato
praticamente nulla, e hanno sentito
fortemente il peso del conseguente isolamento. E’ possibile che questi gruppi
si ripropongano in modo nuovo e con
pazienza il problema del rapporto con
la comunità locale? Dal mcwnento che
solo una minoranza dei giovani evangelici è disposta a impegnarsi su una
linea di questo genere, è possibile una
opera di mediazione, di informazione,
di mobilitazione in questo tipo di lavoro giovanile?
— Se un programma di intervento
ha carattere politico e/o sociale, perché costituire un (ennesimo) gruppo a
parte e non confluire invece nei partiti
o sindacati o gruppi extra-parlamentari
o movimenti che conducono una lotta
simile? Negli ultimi anni questa tendenza si è manifestata in alcuni gruppi
prendendo la forma di una crisi del significato della vocazione evangelica nel
nostro tempo. E’ possibile trovare uno
spazio tra l’individualismo delle chiese
(che tradizionalmente si sono occupate
solo della trasformazione interiore del
singolo) e il collettivismo della sinistra
politica (che tradizionalmente si è occupata solo della trasformazione delle
strutture politiche e sociali)? E’ cioè
possibile centrare la nostra responsabilità sulla necessità di collegare costantemente il piano collettivo e il piano individuale nel rispondere all’invito
a « cambiare mentalità »?
— Esiste il problema di ricercare ed
esprimere le « motivazioni evangeliche »
di ogni decisione e impregno politico,
e la necessità di assumere solo quegli
impegni che possano essere « evangelicamente motivati »; oppure si tratta di
falso problema? Finora i gruppi hanno
in genere rifiutato di considerare FEvangelo come una teoria da cui si possa far discendere, con determinate sottolineature, una prassi rivoluzionaria
(teologia della rivoluzione) che abbia
così una sua legittimazione evangelica.
Tuttavia il problema delle « motivazi(>
ni evangeliche » non è stato ancora risolto. E’ possibile lasciar da parte le
motivazione di un Evangelo, e quindi
di un Cristo, che sta dietro di noi e che
essendo un punto di riferimento situato
soltanto nel passato cessa per questo
fatto di essere Evangelo per diventare
una Legge statica e condizionata dalla
particolare comprensione che dell’Evangelo si è avuta nel passato? E’ possibile mettere invece in luce la vocazione che ci viene rivolta da un Evangelo, e quindi da un Cristo, che sta davanti a noi e che ci sfida quindi ad agire come testimoni della novità del Re
gno in modi nuovi a seconda delle situazioni nuove che i credenti incontrano nel loro cammino e alle quali la novità del Regno volta a volta si riferisce
e si oppone, come giudizio e promessa?
E’ possibile assumere questa prospettiva senza ricadere nell’auto-giustificazione e senza rinunciare ad un concreto
confronto con il messaggio delFEvangelo?
LE PROSPETTIVE FUTURE
Si tratta dunque di una linea di lavoro diversa rispetto a quella della FUV
con molti problemi e interrogativi aperti. Il fatto che presenti problemi e interrogativi aperti potrà lasciare scettici e perplessi soltanto coloro che sono abituati a ragionare e a lavorare
secondo schemi vecchi e ben collaudati;
dovrà invece costituire una sfida per
coloro che si rendono conto dell’usura
che hanno subito i vecchi modelli e sono disposti a guardare al di là e a lavorare verso il futuro che non dispone
di modelli precostituiti.
Questa linea di lavoro diversa è, almeno nelle intenzioni, la linea della
FGEI. Per quanto siano confuse, provvisorie e criticabili, le formulazioni dei
documenti del Congresso di Ecumene
puntano nella direzione che abbiamo
cercato di delineare, esprimono le stesse preoccupazioni, gli stessi problemi,
anche se talvolta sostituiscono alla domanda aperta qualche affermazione perentoria nel tentativo un po’ semplicistico di risolvere così i problemi. Sta
a noi, al termine della linea-FUV, decidere se intendiamo rnetteroi alla finestra assolvendo il facile compito di
criticare i tentativi e i passi falsi altrui, oppure impegnarci a fondo assumendo il rischio di allargare il campo
di questi tentativi e di aggiungere via
via altri passi — sperando che siano
il meno falsi possibile — a quelli compiuti finora da pochi -u questa nuova
strada.
Ciò che comunque va sottolineato
con chiarezza è che il passaggio della
FUV alla FGEI non può significare semplicemente:
— nè un rimedio ai problemi giovanili nel senso di una unione interdenominazionale che rafforzerebbe il lavoro
giovanile tradizionale:
— nè un espediente tecnico-burocratico che permetterebbe una maggiore
efficienza senza spreco di uomini e di
mezzi e senza inutili doppioni;
— ma deve significare in primo luogo
un cambiamento di linea e di impostazione del lavoro giovanile.
E’ opportuno notare che questo cambiamento di impostazione non si ottiene con un passaggio « sulla carta » dalla FUV alla FGEI, e cioè con una semplice decisione congressuale. Molti dei
gruppi e delle unioni che hanno già aderito direttamente alla FGEI si muovono
ancora nella linea di tipo FUV, e se anche nel giro di pochi mesi scomparissero non solo la FUV ma anche FMGB
e la GEM per lasciar posto alla sola
Federazione, non per questo ci troveremmo automaticamente su un terreno
nuovo. La linea FGEI, che a-bbiamo contrapposto alla linea FUV è una impostazione di lavoro iti speranza; il che
significa che non l’aspettiamo pazientemente da altri, ma che dobbiamo rnuoverci attivamente in questa direzione
per realizzarla.
E’ necessario perciò che ci prospettiamo per i prossimi anni non una riduzione di mezzi e un risparmio di uomini, ma un potenziamento. Il cambiamento di linea in altre parole può essere realizzato soltanto attraverso un impegno serio e consapevole che si estenda nei prossimi anni. Ricordiamoci
perciò la esortazione della Scrittura:
«voi avete bisogno di co5/ai;7.a, affinché avendo fatto la volontà di Dio, ottoniate quel che vi è promesso» (Ebr.
10: 36).
Il Comitato Nazionale FUV uscente:
Ennio Del Priore
Paolo Ribet
Gianna Sciclone
Franco Giampiccoli, segretario
(Andrea Spini, membro del CN FUV
non ha partecipato alla stesura della
relazione).
Il documento che pubblichiamo è apparso
sul n° 4 di « Comunità in ricerca » (maggio
1970), bollettino della Comunità del Vandalino (Via Vandalino, 33, Torino); dal medesimo fascicolo abbiamo pure estratto la pagina
introduttiva, che ci pare significativa della ricerca condotta da questo gruppo cattolico.
red.
1) Pur ritenendo il problema del matrimonio dei preti marginale nel complesso dei problemi ben più gravi e
urgenti che investono oggi l’umanità,
la nostra comunità dedica ad esso la
sua attenzione come espressione della
sua partecipazione alla più vasta lotta
per la liberazione dell’uomo da ogni
tipo e struttura di oppressione.
2) La realizzazione affettivo-sessuale
è un diritto elementare della persona
allo stesso modo che il pensare e il
decidere liberamente. Tale diritto e il
suo esercizio non può quindi essere
impedito da nessuna autorità, neppure religiosa.
3) Non c’è nessuna decisiva indicazione evangelica circa una presunta
superiorità della verginità sul matrimonio: ciò che conta è la conversione
e la dedizione « al Regno e alla sua
giustizia ». Si impone quindi una rivalutazione di questa comune vocazione
a cui tutto deve essere subordinato,
lasciando a ciascuno la scelta, nella libera obbedienza allo Spirito, dello stato di vita che lo renderà più disponibile a tale fondamentale chiamata.
4) Deve essere rifiutata una mentalità di chiara origine pagana e veterotestamentaria di svalutazione della
donna, della sessualità, del matrimonio, trasformatasi tardivamente nella
disumana e non evangelica legge del
celibato per i preti e in un deprezzamento della vita matrimoniale per i
credenti.
5) La Scrittura non pone alcun legame tra celibato e presbiterato.
6) È necessario riaffermare la libertà del prete di scegliere lo stato, celibatario o matrimoniale, che meglio si
addice alla sua personale realizzazione
e al servizio del Regno.
7) La « riduzione allo stato laicale »
imposta dal potere ecclesiastico al prete che decide di sposarsi e la conseguente impossibilità di prestare servizio nella comunità credente, oltre a
perpetuare una insopportabile e falsa
distinzione di classi (clero-laicato) anche nell’ambito della chiesa e una conseguente svalutazione del laicato, è un
sopruso dello stesso tipo della legge
ceiibataria.
8) In conseguenza a quanto sopra, la
nostra comunità si dichiara disponibile a celebrare il matrimonio di preti che intendessero sposarsi in questa
linea di testimonianza alla libertà
evangelica ed a far loro presiedere la
eucarestia qualora la stessa comunità
lo ritenesse opportuno e rilevasse in
loro il carisma della presidenza.
La comunità di Via Vandalino
Torino, 7 maggio 1970.
Comunità in ricerca
Dopo parecchi mesi di silenzio, « comunità in ricerca » esce col suo quarto numero.
Sono stati mesi faticosi per la vita
della comunità impegnata in una non
facile riflessione su se stessa, sul suo
modo di essere e di essere presente
nella fase storico-ecclesiale che è chiamata a vivere.
Non è facile — ed è esperienza comune a tanti gruppi e comunità —
aprirsi una strada in un momento nel
quale la serietà con cui intendiamo
spendere la nostra esistenza, ci costringe a porre in crisi, e fino alla radice,
strutture e modelli di comportamento
d’ogni tipo che fino a non molto tempo fa ci erano dati come saldissmn e
tedi li reputavamo. Solo colui che è
cieco e volutamente e comodamente
fuori della mischia può meravigliarsi
di ciò.
D’altra parte, tale difficoltà non viene diminuita, ma al più accresciuta,
da un’istituzione religiosa che non offre alcun serio stimolo ad un verace,
radicale rinnovamento evangelico, tutta preoccupata com’è della propria sopravvivenza anziché della propria morte in vista d’un’autentica risurrezione,
e solo attenta a recuperare il nuovo
per affossarlo con un riformismo paternalistico e democraticistico.
Tutto questo dovrebbe ancora una
volta far riflettere quanti si mettono
su una strada decisamente nuova, stdla necessità di operare uno scambio di
idee, di esperienze per stimolarsi e sostenersi a vicenda e per porre, tutte le
volte che sia necessario, atti precisi di
una comune lotta di liberazione dalla
oppressione religiosa, la più pesante e
teiràbile nella storia dell’umanità.
Ma questo è un discorso che non intendiamo per il momento fare, cui volevatno solamente accennare nell’attesa di meglio elaborarlo, possibilmente
assieme ad altri gruppi
iiiiiiiiiiiiiiniiiiinij
iiiiiiimiiiiinimiiMiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiMiiMiiiiniiimiiiiiiiiiiiiimim
A Camaldoli, la VI Sessione di formazione ecumenica
Ecumenismo e secolarizzazione
Anche quest'anno, presso il Cenobio di Camaldoli, si svolgerà la Sessione di formazione
ecumenica^ che alla sua ottava edizione avrà
per tema : Ecumenismo e secolarizzazione e sì
terrà dal 1° al 9 agosto. Saranno presentate le
seguenti relazioni : Attualità dell'ecumenismo
in Italia (G. Marafini); Ecumenismo e secolarizzazione (L. Capovilla); una rilevazione storico-sociologica, La secolarizzazione nel mondo
(f’* Crespi); La secolarizzazione nei teologi moderni (P. Ricca per quelli protestanti,
A. Bellini per quelli cattolici); Le religioni
non cristiane e la secolarizzazione (P. Rossano); L’Ebraismo e la secolarizzazione (A. Segre); Ecumenismo secolare ed ecumenismo
spirituale: la risposta delle Chiese (P. Michalon - M. Shaffi - E. Timiadis). Vi saranno due
giornate di lavori di gruppo: la teologia (P,
Michalon e R. Bertalot), la liturgia (A. Zarri
e C. Ghidelli), la missione delle Chiese (O
Bolzon e A. Chiarelli), le strutture ecclesiali
(P. G. Camaiani e G. Manessi), la morale individuale e familiare (G. Caputo e P. Scabìni)
l'impegno sociale e politico dei cristiani (M. A
Cattaneo e G. Pattare), gruppo di ricerca hi
blica e patristica (R. La Valle e B. Calati)
gruppo di approfondimento ecumenico (G
Capra e M. Sbaffi). Dopo le relazioni dei grup
pi di lavoro il responsabile dottrinale della
Sessione, L. Sartori cercherà di tracciare valutazioni e prospettive sul tema dTnsieme. Il
S.A.E. (Segretariato Attività Elcumeniche, Via
Via A. De Gasperi 2, 00165 Roma, presso il
quale ci si pub iscrivere entro il 15 luglio
1970) comunica che « la Celebrazione delTEucarestìa e la Liturgìa della Parola, momenti integranti nella economia della Sessione,
saranno guidate rispettivamente dal Prof. D.
Germano Pattare, Docente di Teologia al Seminario Patriarcale di Venezia e Consulente
spirituale del S.A.E., o dal Pastore Renzo Bertalol. Direttore per Tltalia della Società Biblica Britannica c Forestiera ».
Il raduno di quest’anno avrà carattere dì
« test » particolare, è stalo infatti organizzato
in una regione dove la confessione cristiana
cattolica coesiste con una fortissima tradizione
cristiana protestante-evangelica.
La speranza di fatti nuovi rispetto al 1969.
a livello delle Chiese cioè delle loro prese di
posizione ufficiali (per parte cattolica si pensa
ad esempio al recentissimo motu proprio del
Papa, 31-3-70), e la presenza di coppie miste
francesi e svizzere di più lunga esperienza comunitaria rispetto a quelle italiane, fanno
guardare alla riunione di quest’anno con maggiore speranza per una j)iù consapevole presa
di coscienza dei problemi delle famiglie di
mista confessione. Presa di coscienza che, si
spera, dovrebbe finalmente riguardare un numero maggiore di famìglie interessate; ma soprattutto dovrebbe coinvolgere un numero
maggiore e qualificante di pastori e di sacerdoti; pensiamo infatti che sia indispensabile
riuscire a far percepire agli organi rappresentativi o alle gerarchie delle Chiese l’attesa di
un radicale ripensamento del loro atteggiamento di indifferenza o peggio, di fronte a
questo umano problema.
Qualcosa forse sta muovendosi. Oggi si pub
tuttavia ancora affermare che in tanta abitudinaria proclamazione di ecumenismo a livello di cerimonie ufficiali dei vertici di alcune Chie.se, la famìglia mista, banco di prova limpido e rappresentativo, attende ancora
un ])ratico atteggiamento di rispetto e dì riconoscimento del suo significato, che taluni
credono di poter affermare addirittura come
profetico nei rapporti che dovrebbero improntare la .società in una visione ecumenica dei
suoi aspetti religioni.
Il Gruppo Ecumenico di Focolari Misti
Segreteria provvisoria 1970: Arnoulet Darbe
sio - Via Dezza 19/20 - 16148 Genova.
Nell'estate 1870 un raduno ai lettori
dei "focolari misti "
nelle valli valdesi
Dui 31 Luglio al 2 Ago.sto 1970 avrà luogo
a Bobliio Pellice (Pinerolo) il terzo rarluno
del Gruppo Ecumenico dei Focolari Misti, costituito.si nel 1969 per richiamare l’attenzione
delle Chiese .suoi problemi particolari d'ordine
religioso e ])cdagogieo di queste famiglie, e
per facilitare lo .scambio di esperienze comuni tra i protagonisti di unioni che sono tuttora eonsi<leratc almeno con imbarazzo, se non
con ostilità, dalle Chiese ufiieiali.
Avvertiamo i lettori e i collaboratori che, come gli scorsi anni, il nostro periodico uscirà quindicinalmente, nel corso dei mesi di luglio e di
agosto. I prossimi numeri recheranno
quindi la data del IO e d“l 24 luglio,
del 7 e del 28 agosto. Riprenderà quindi la regolare pubblicaz'one settimanale. Il numero di pagine supplementari che abbiamo pubblicalo nel corso
deH’anno ci dà coscienza di non frodare i nostri lettori; e se in queste
settimane ’bianche’ mancheremo un
po’ a qualcuno, buon segno,..
red.
5
26 giugno 1970 — N. 26
pag. 5
Racconta la Bibbia ai tuoi ragazzi!
Già da diversi anni, il Consiglio delle Scuole domenicali era preoccupato
da un problema di fondo che possiamo
riassumere in questi termini: E buono
ed anche necessario che i monitori vengano preparati accuratamente sia in
campo biblico, che in campo pedagogico. La rivista « la scuola domenicale »
offre in questo senso del materiale aggiornato, preparato da specialisti in
materia. Tuttavia il problema di fondo
resta un altro: finché i genitori stessi
non diventano i primi « monitori » dei
ragazzi, il lavoro delle scuole domenicali non potrà mai arrivare allo scopo che Si è prefisso.
D’altra ¡ri'.te come possono i genito'-: ass:.;;ir ; l’incarico di essere essi
il) piimo : ■'go, i «monitori» dei loro
rag'a.'zi.-' Come possono farsi una prep.arazione adeguata, tenendo conto anche del tempo limitato di cui una giovane coppia dispone?
Mentre eravamo alla ricerca di una
risposta a tutti questi interrogativi, abbiamo ricevuto dalle scuole domenicali
olandesi una proposta interessante:
unirci a loro nella stampa del primo
volume di un’opera che avrebbe potuto
offrire una risposta proprio agli interrogativi postici.
Com’è impostata quest’opera? Quali
sono i suoi punti di partenza?
1. - L’opera che nelTedizione italiana si chiama: « Racconta la Bibbia ai
tuoi ragazzi! », parte da una constatazione tanto elementare quanto fondamentale: oggi — in questo tempo in
cui siamo tutti grandi e piccoli posti
sotto la pressione di sollecitazioni mai
piima avute, come la televisione, la
stampa e la propaganda — oggi non si
legge e non si conosce più la Bibbia
nelle nostre famiglie. Le « Bibbie per
bambini » che abbondano in commercio, per quanto belle, buone e vendute,
non tengono conto del fatto fondamentali- che oggi, non leggendo più la Bibbia, i genitori non sono in grado di
dai c delle risposte alle domande che i
bambini possono porsi alla lettura di
una « Bibbia per bambini ». Le bibbie
pc: bambini infatti, sono generalmente delle parafrasi del testo biblico senza affrontai'ne i problemi di fondo, anzi, cercando di eluderli, per semplificare. Inoltre le bibbie per bambini raccontano i vari fatti senza generalmente
cercare il nesso logico che unisce invisibilmente ogni racconto alTaltro nella Bibbia, senza cercare un filo conduttore. Tenendo conto di questi elementi ogni capitolo del nostro libro offre
una prima parte dedicata agli adulti,
per la loro preparazione: una specie di
condensato delle conclusioni più aggiornate in campo storico, geografico
ed ai'cheologico, offrendo interpretazioni talvolta audaci e provocanti ma
sempre stimolanti, del testo biblico.
Non si trascurano gli strumenti offerti
dalla moderna « critica testuale » anche
se questi vengono utilizzati con molto
criterio. Questa parte comprende una
« spiegazione del testo » ed un inquadramento biblico che mette a fuoco
l’essenziale.
La secondo parte di ogni capitolo è
dedicata ai ragazzi e comprende un
racconto, da noi intitolato « Immaginiamo di esserci » che vuole far partecipare il ragazzo alTavveni mento narrato. I racconti sono semplici, dialogati e puntano verso Tessenziale in modo
da avvincere il ragazzo che abbia sette
o dodici anni e fargli capire il centro
del testo. C’è infine, sempre per i ragazzi, un « materiale di lavoro » di tipo
istruttivo, in cui i ragazzi con un adulto rielaborano assieme un particolare
aspetto del racconto, servendosi di forbici, colla ed altri strumenti analoghi.
Si riesce così a coinvolgere allo stesso
tempo, adulti e ragazzi, impegnando
tutta la famiglia comunitariamente intorno alla ricerca biblica.
Questa parte per ragazzi da 7 a 12
anni circa, porta come caratteristica
nuova e di fondo, l’utilizzazione della
prima parte della spiegazione per adulti, in modo facile, originale ed avvincente, evitando ogni tipo di pia divagazione, soffermandosi sui fatti, cosi
come avrebbero anche potuto avvenire al giorno d’oggi.
2. - Si è poi dovuto trovare in secondo luogo un criterio per fare il programma. Come abbiamo già visto, una
semplice successione cronologica dei
libri della Bibbia avrebbe potuto incorrere nell’errore di fare la cronaca di
episodi staccati l’uno dall’altro. Qccorreva una base di partenza che potesse
in qualche modo toccare la situazione
dell’uomo secolarizzato di oggi, che
non legge più e non conosce niù la
Bibbia. Anche qui si è partiti da una
constatazione elementare e fondamentale allo stesso tempo: oggi, nella vita
concreta l’unico elemento che richiama
in qualche modo al cristianesimo, sono
le feste cristiane (Natale, Pasqua, Pentecoste, ecc.) a motivo delle quali tutti
hanno alcuni giorni di vacanza. Non si
conosce generalmente più il significato
di queste feste, ma comunque le si ricorda con qualche giorno di vacanza. Si
tratta dunque di agganciare ogni volume della nostra opera ad una festa
cristiana o più volumi ad una stessa
festa. Il 1° volume « dai Patriarchi a
Gesù » è centrato sull’avvento e sul Natale. Qgni volume prende tutto il me.ssaggio biblico dell’Antico e Nuovo Testamento esaminandolo e centrandolo
su una determinata festività. Qgni volume è perciò una realtà in sé conchiusa, (senza rimandare il .seguito al volume seguente).
Il 1" volume che uscirà ai primi di
ottobre è composto di 37 capitoli in
Una nuova pubblicazione per le famiglie, curata dal Consiglio
delle Scuole domenicali in collaborazione con la Claudiana
circa 400 pagine. I due primi capitoli
sono d’introduzione e trattano le religioni antiche di Babilonia e d’Egitto
prima e la Bibbia, poi. Si susseguono
quindi, nella prima settimana d’avvento: Abramo, Agar e Ismaele, Isacco;
nella seconda settimana d’avvento:
Esaù e Giacobbe; Giuseppe; nella terza
settimana d’avvento: Mosé, l’esodo,
Giosuè, Rahab; nella quarta settimana
d’avvento: Ruth, Davide, Salmi; e Natale e settimana dopo Natale: due novelle natalizie e guida per un Natale in
famiglia. Luca cap. 2; Matteo cap. 2;
Giovanni Battista e il suo dubbio; Gesù.
Il messaggio evangelico che collega
il primo ai capitoli successivi, fino alTultimo è centrato nella speranza e
realizzazione della pace (in senso
ebraico, cioè dello « scialom »). Il Signore Iddio chiama infatti fuori dalla
schiavitù delle religioni e degli idoli,
dalle proprie abitudini acquisite, dal
proprio sicuro paese, per mandare a
vivere la scelta di fondo, in favore
della vita, contro la morte. Dio si sceglie a questo scopo un popolo in Àbramo, attraverso il quale tutti i popoli
dovranno esser raggiunti dal Patto di
pace del Signore.
Si tratta dunque di un popolo in
cammino che compie delle scelte provvisorie, che in questa provvisorietà lotta, cade, si rialza, è sconfitto ed ha
delle vittorie. Ma queste, sempre, nella misura in cui vive di questa pace, di
questo « scialom » di Dio, o lo trascura. Le lotte dei personaggi biblici sono,
anche nella loro drammaticità, sempre provvisorie, perché orientate verso la promessa di Dio: verso il mondo
nuovo, degli uomini nuovi, verso il Regno di Dio cioè, che inizia in Gesù di
Nazaret, il Messia atteso.
Un ultimo elemento di notevole importanza per l’insieme del libro sono
le illustrazioni a colori, opera della
nota artista Dea de Vries. Si tratta di
tre tipi di illustrazioni: la prima a
piena pagina (il nostro volume ha un
grande formato di cm. 29 x 29) che introduce ogni capitolo. Si tratta di un
vero e proprio « quadro » artistico
che serve da introduzione a tutto il capitolo, con lo scopo di illustrarne il
punto chiave, essenziale. Il secondo tipo di illustrazione riproduce certi oggetti, determinate località mediante
cartine geografiche, con scopo nettamente didattico. Il terzo è costituito
dalla « fascia illustrativa in alto » e
riproduce, come in un film, la successione degli avvenimenti ed è pensato
per i ragazzi più piccoli, anche se piace a tutti.
Anche il materiale di lavoro infine, è
riccamente illustrato. Le scuole domenicali olandesi hanno concesso alle
scuole domenicali italiane ed alla casa
editrice Claudiana, che presentano
l’edizione italiana, la libertà di adattare e modificare il testo olandese alla
situazione italiana (così faremo, compreso anche il « cainpione » sul sacrificio di Isacco, dato in circolazione mediante la rivista della scuola domenicale).
A chi è rivolto il libro ed a chi lo
consigliamo? Il libro si rivolge anzitutto alle famiglie, genitori e ragazzi
ed a tutti quei gruppi di giovani e adulti, ohe vogliano ».ssieme dedicarsi re
golarmente ad una ricerca biblica, ad
uno studio biblico. Escludiamo per il
momento le scuole domenicali che seguono già un loro programma ed hanno il loro materiale per la domenica.
Vorremmo che questo volume jxitesse
riempire il vuoto esistente nelle nostre
famiglie fra domenica e domenica! nel
corso della settimana e riportasse a
quella lettura e conoscenza della Bibbia alla quale il libro continuamente
si richiama e all’inizio di ogni capitolo.
Thomas Soggin
CARATTERISTICHE DELL’OPERA
L'opera completa comprenderà 9 volumi che
usciranno in 6/7 anni circa, ma ogni volume costituisce un’opera perfettamente compiuta in sé ed utilizzabile isolatamente dagli
altri.
Ogni volume, di circa 400 pagine in grande
formato (cm. 29 x 29 circa) e in carta patinata offset finissima, è illustrato a 4 colori
ogni pagina (oltre 400 illustrazioni a colori di
cui 40 a piena pagina, opera della nota artista
Dea de Vries) e rilegato in Imitlin con impressioni in oro e sovraccoperta a colori.
L'opera completa, con un totale di circa
3.600 pagine costituirà una meravigliosa enciclopedia biblica per giovani e per adulti ed
una eccezionale miniera di racconti e dialoghi a sfondo biblico.
L'impegno di sottoscrizione riguarda soltanto il primo volume: « Dai Patriarchi a Gesù ».
Prezzo di copertina del primo volume
Lire 10.000. Prezzo speciale di sottoscrizione
(valido solo fino al 20 Agosto 1970):
per chi anticipa in una o due rate l'importo
del volume: solo L. 5.500 la copia (-[- L. 500
spese di spedizione). La Libreria editrice Claudiana (via S. Pio V 18 bis - 10125 Torino) è
disponibile per ogni richiesta di informazioni
sull'opera e riceve le sottoscrizioni.
1" iiiiiiiiiniiiummii
immmiiiiiiiiiiiiwiin
Pubblicate le lettere del sacerdote fiorentino
Lorenzo Milani
Don Milani, a tre anni dalla morte
avvenuta nelTancor giovane età di 44
anni dopo una lunga, dolorosa e inesorabile malattia, fa nuovamente parlare di sé l’opinione pubblica. È infatti
uscito nei giorni scorsi un libro dal titolo: Lettere di don Lorenzo Milani,
priore di Barbiana, edito da Mondadori (L. 1.000). Questa edizione è stata
curata da un ex-allievo di Milani che,
con altri compagni, ha raccolto oltre
mille lettere e ha selezionato le 127
che fanno parte del libro. Una parte
di questi scritti è diretta agli ex-alunni, sparsi in Italia ed all’estero, e da
esse traspare lo straordinario e reciproco affettuoso attaccamento fra maestro e allievi, frutto di una serie di anni di appassionato insegnamento e soprattutto della collaborazione totale
della piccola comunità scolastica.
Per quei lettori che non sapessero
chi è stato don Milani e quale ne sia
stata l’opera, ricorderemo che, nato
nel 1923 da famiglia borghese, fu ordinato prete nel 1947 ed inviato a S. Donato di Calenzano (Firenze) come cappellano. Già qui fondò una scuola popolare per operai e contadini. Nel 1954
fu poi nominato priore di S. Andrea a
Barbiana e ivi mandato in « esilio » a
causa delle sue idee e dei suoi metodi,
giudicati troppo poco « ortodossi ».
Barbiana, una piccolissima parrocchia
di montagna dell’Appennino toscano,
dove egli fondò un’altra scuola per i
figli dei contadini e degli operai, scuola che tenne fino alla morte, avvenuta
nel 1967.
Lorenzo Milani è certamente una
delle figure singolari ed anche contradditorie della nostra epoca. Da un lato,
ad esempio, dichiara — lui che afferma essere nonviolento — la necessità
e l’urgenza della rivoluzione per la realizzazione della giustizia sociale a favore dei poveri e degli oppressi; nello
stesso tempo lancia un avvertimento
(si veda la prima lettera, quella « a un
giovane comunista »): « ...È un caso,
sai, che tu mi trovi a lottare con te
contro i signori. S. Paolo non faceva
così. E quel caso è stato quel 18 aprile
(in quel giorno, nel 1948, venne decretata dal “Sant'Uffizio" la scomunica
per i comunisti e loro aderenti) che ha
sconfitto, assieme ai tuoi torti, anche
le tue ragioni... Qra che il ricco ti ha
vinto col mio aiuto (allusione alle elezioni del 1948 in cui la D.C. ottenne la
maggioranza assoluta dei voti) mi tocca dirti che hai ragione, mi tocca scendere accanto a te a combattere il ricco... Anche quando avrai il torto di
impugnare le armi ti darò ragione...
Ma quando, fratello, per ogni tua miseria patirò due miserie, quando per
ogni tua sconfitta patirò due sconfitte,
quel giorno, lascia che te lo dica subito, io non ti dirò più come ti dico
ora: hai ragione. Quel giorno finalmente potrò riaprire la bocca all’unico
grido di vittoria degno di un sacerdote di Cristo: "hai torto. Beati i poveri
perché il Regno dei Cieli è loro’’... Ricordati, non ti fidare di me, quel giorno io ti tradirò... ».
Altro aspetto contradditorio è il suo
fermo, incrollabile rispetto della gerarchia e dell’autorità ecclesiastica, cosa che peraltro non gli impedisce di
scrivere all’arcivescovo di Firenze,
card. Fiorii: « ...Lasciarsi calpestare
può essere santo, ma nel calpestare me
Voi calpestate anche i miei poveri, li
allontanate dalla Chiesa e da Dio. E
poi che serve amare e tacere, porger
la guancia al se-; uso e alla calunnia
quando chi li coinpie è il capo della
Chiesa fiorentina? Più santamente io
tacevo e più scanrlalosa appariva la
lontananza del Vescovo dai poveri, dalla verità, dalla giustizia ».
Il costante impegno di Milani si è
rivolto all’educazione e all’istruzione
dei suoi ragazzi, che avveniva in due
stanze della canonica più altre due che
servivano da officina. Era una scuola
eccezionale. Funzionava per 12 ore al
giorno per 365 giorni (366 negli anni
bisestili, precisa don Milani). Niente
banchi, classi, cattedre e voti. I più
grandi insegnavano ai più piccoli, imparavano le lingue coi dischi ed invitavano di quando in quando insegnanti e personalità cittadine. (Successivamente don Milani escluse del tutto gli
interventi di intellettuali e borghesi,
specie come reazione all’atteggiamento dei suoi superiori). Ma chi interveniva dalTesterno — e lo rileviamo da
varie lettere — a volte veniva improvvisamente allontanato senza tanti complimenti quando la scolaresca si avvedeva che non era in grado di rispondere con sufficiente chiarezza alle loro
domande. Da questa scuola, dopo gli
esami in città, uscivano dei tecnici, dei
maestri, dei sindacalisti.
L’impostazione pedagogica di Milani
desta consensi e dissensi, specie in
questo periodo in cui la scuola è travagliata da una profonda crisi strutturale e organizzativa e richiede trasformazioni radicali atte a portare
avanti veramente i meritevoli, mentre
invece oggi la percentuale di figli di
operai e contadini che giunge alla fine
della scuola dell’obbligo è assolutamente sproporzionata e al di fuori di
quella che è la struttura sociale del
paese. Egli è fautore di una scuola a
pieno tempo, suddivisa fra scuola vera e propria e doposcuola, con la quale si elimini una delle ingiustizie più
palesi del nostro sistema. Oggi infatti
la « ripetizione » per il figlio del meno
abbiente consiste nel « ripetere » l’anno, mentre per il benestante, essa consiste nel prendere a parte lezioni private che, sopperendo magari alla sua
minore intelligenza, lo fanno sopravanzare su un ragazzo più dotato intellettualmente, ma privo di mezzi. Ma a
questo proposito rimandiamo il lettore interessato al libretto Lettera ad
una professoressa, scritta dai « ragazzi » della scuola di Barbiana ed in cui
vengono appunto esposte le teorie del
prete-maestro, suffragate da aggiornate statistiche.
Un altro grande tema — che va sempre più attualizzandosi — affrontato
da Milani, è quello deìl’obiezione di coscienza, tema che trova una straordinaria puntualizzazione nella « lettera
ai giudici » del 1965, riportata pure nella raccolta. I fatti sono noti: alcuni
cappellani militari, in occasione di un
raduno, l’il febbraio 1965 (anniversario del Concordato fra stato e chiesa)
votano un ordine del giorno in cui la
obiezione di coscienza viene definita
come « estranea al comandamento cristiano dell’amore » e « espressione di
viltà» (!!). Milani risponde con una
lettera ai cappellani, lettera che venne
poi incriminata e gli valse un proces
e maestro
so per apologia di reato conclusosi con
la sua piena assoluzione. Successivamente, su ricorso del p. m. la corte
d’appello condannò lo scritto, nel 1968,
quando cioè don Milani era già morto
da tempo!
Il sacerdote non potè presenziare al
processo, date le sue ormai gravi condizioni di salute ed in tale occasione
scrisse appunto la « lettera ai giudici »
che costituisce la sua autodifesa, e di
cui, a conclusione di questi appunti
(forzatamente « superficiali » per evitare di essere troppo lunghi) diamo qualche estratto. Ancora un’osservazione:
non ci pare esatta la qualifica di « profeta » che Milani dà all’obiettore di coscienza. Si potrebbe infatti definire tale un o. di c. in senso « laico » e cioè
come una persona facente parte di
una ristretta cerchia di gente destinata a segnalare e a promuovere successivamente una situazione dandole un
valore universale. Ma un uomo di fede
qual era don Milani, non doveva dimenticare che il credente che obietta
non fa che riallacciarsi al cristianesimo primitivo, ai « padri della Chiesa »,
quando cioè il servizio e, peggio ancora, il ricorso alle armi veniva condannato e respinto.
Ma ecco alcuni brani della lettera
(il corsivo è nostro):
« ...io sedevo davanti ai miei ragazzi
nella mia duplice veste di maestro e
di sacerdote e loro mi guardavano sdegnati e appassionati. Un sacerdote che
ingiuria un carcerato ha sempre torto
(è l’accusa di viltà data dai cappellani
agli obiettori in carcere). Tanto più se
ingiuria chi è in carcere per un ideale.
Non avevo bisogno di far notare queste cose ai miei ragazzi. Le avevano
già intuite. E avevano anche intuito
che ero ormai impegnato a dar loro
La fine
di Gerusalemme
Sembra il titolo di un vecchio romanzo storico; ma anche se la sua lettura è facile, lo stile scorrevole, romanzo non è. La fin de Jérusalern
(Pierre Prigent, Delachaux et Niestlé,
158 pgg., n. 17 della Serie: Archéologie
biblique) è un’opera di storia, condotta con sommo rispetto delle norme
fondamentali dell’indagine archeologica e della critica storica.
Dopo una presentazione della Palestina nel primo secolo dell’era cristiana, l’autore narra in una quarantina di
pagine gli sviluppi della prima guerra
giudaica, dagli inizi della insurrezione
ebraica nel 66 d. C. alla caduta di Gerusalemme ad opera di Tito nel 70 con
l’incendio del Tempio; 700 prigionieri
scelti orneranno il trionfo imperiale
nel 71 a Roma. La Giudea è « pacificata », anche se rimangono ancora focolai di resistenza. Di notevole interesse,
a questo proposito, il capitolo dedicato agli scavi di Massada, che ha confermato in pieno il racconto di Flavius
Josephus; gli insorti non vogliono cader vivi nelle mani dell’oppressore; a
sorte vengono estratti i nomi dei dieci
eletti che dovranno uccidere i compagni, uomini, donne e bambini; tra i 10
eletti, la sorte (Dio?!) indicherà colui
che ucciderà i nove compagni prima
di uccidere se stesso. Poi tutto sarà
bruciato. Pagine nude di storia, che
gettano una luce irreale sulla storia
di questo popolo, e che non si possono ignorare se si vuol capire la sua
tragedia.
Dopo un’analisi delle conseguenze
storiche e religiose della vittoria romana del 70, che pur essendo state gravissime per gli Ebrei, non impedirono
loro le premesse di una rinascita, e dopo un accenno alla difficile posizione
della comunità cristiana odiata dai
Giudei per non aver partecipato alla
guerra e vista con sospetto dai Romani che la considerano una setta giudaica, il nostro narra le vicende della
seconda guerra giudaica, legata al nome di Bar Kokheba, il quale si presenta come il Messia atteso. Una guerra
spietata, che assume spesso l’aspetto
della guerriglia, nella quale non è sempre chiaro dove cominci o finisca la
ispirazione religiosa. Anche le fonti sono scarse e contrastanti; la tradizione
cristiana è ovviamente ostile al Bar
Kokheba per le sue pretese messianiche.
Gli scavi archeologici sono qui di
grande utilità per ricostruire con una
certa sicurezza le vicende che si conclusero nella catastrofe definitiva.
« Gli schiavi ebrei offerti sui mercati di Hebron e Gaza erano così numerosi che il loro prezzo non era superiore a quello di un cavallo ».
« L’accesso di Gerusalemme fu proibito ai Giudei », una nuova città pagana fu costruita sulle sue rovine col nome « imperiale e romano di Aelia Capitolina, in onore di Elio Adriano che
vuole annientare tutto, anche il ricordo di Gerusalemme, capitale e città
santa d’Israele ».
E la fine di un’era nella storia del
Giudaismo, la speranza messianica
sembra tramontare.
E una storia che occorre conoscere
per capire la storia d’Israele, oggi.
G. Costabel
l•l■lIllmmnlllllllmllllnmlllmllmllmm<llulmmlllmmllllmlmlllmm' "
Roberto Peyrot
(continua a pag. 7)
SEGNALAZIONI
Martin Luther King. Dove stiamo andando:
verso il caos o la comunità'?^ SEI, Torino
1970, pp. 284, L. 1600.
« La scelta tra il caos e la comunità è la
scelta tra la coesistenza non-violenla e Tannientamento violento ». Questa dichiarazione di
King chiarisce subito che cosa egli intenda
con i termini caos e comunità; una chiarificazione perfettamente aderente alLideologia che
lo ha sospinto per l’intero arco della sua vita.
Nel ’65 Lyndon Johnson firmava la legge sui
diritti di voto per i negri del sud, ma al gesto
presidenziale non faceva seguito Ladesione di
gran parte dei bianchi. Disordini e soprusi sono storia di ieri; i negri si attestano sul fronte
della violenza come ultimo rifugio. Non basta
una legge a rendere effettiva un'uguaglianza:
e King ci spiega in questo libro perché essa
sia ancora un porto lontano. Bisogna andare,
dice. i< da una società orientata verso le cose,
ad una società orientata verso le persone ».
■mimimiiiiiiiiiiiMiimmiiiiiMiiuimiiiiiiiii
iiiMiiiiimiiimiii:
FRA LE RIVISTE
I pesanti ritardi postali hanno dilazionato
queste nostre segnalazioni.
Protestantesimo 2/1970
II fascicolo si apre con uno studio storico
di V. ViNAY su II Piccolo Catechismo di Lutero come strumento di evangelizzazione fra gli
Italiani dal .XVI al XX secolo-, segue, di R.
Bfrtalot. Paul Tillich, apologeta moderno.
Quindi una rassegna critica, curata da S. RoSTACNO. di Recenti studi su Bonhoefjer. nella
quale vengono analizzati e valutati i saggi recenti di E. Bethge, A. Dumas. 1. Mancini e
R. Marie, un buon contributo al 25° anniversario della morte del teologo tedesco. Quindi
26 pagine di recensioni.
IDOC internazionale
Segnaliamo, negli ultimi fascicoli pervenuti
di questa « documentazione transconfe.ssionalo per il rinnovamento religioso e umano », lo
scritto di un cattolico vietnamita su La Chiesa
cattolica e il Vietnam, un testo, elaborato con
partecipazione di evangelici romani, su II problema dei Patti Lateranensi nel rinnovamento
della Chiesa in Italia e un dossier su L’aspetto
fdosofico e teologico del concetto di infallibi
lità (n. 10/1970): uno studio di J. Diaz-AleCRiA .sul tema del recente Congresso dei teologi
moralisti italiani. Autenticità e limili del Magistero, e un intervento di H. Kììnc contro il
recente motu proprio di Paolo VI sui matrimoni mistri (n. 11 1970); uno scritto di A.
Nesti su La crisi delie ACLI. un'ampia documentazione critica su II regime Duvalier e la
Chiesa concordataria a Haiti, uno studio di
R. Lan7.oni. Futurologia marxista e speranza
cristiana e un Piccolo dossier Suenens (n. 12/
1970).
La Scuola Domenicale, maggio 1970
Oltre alle note sulle ultime lezioni sugli
Atti, il fascicolo porta, nelle sue varie rubriche,
una nuova puntala de 7 problemi delTappren
dimenio (R. Eyinari). un ampio e vivace « pa
noraina » (La casa di Gesù - Esperienze di un
doposcuola - Una nuova rivista - Cosa studia
no i nostri figli?), la presentazione della nuo
va opera : Racconta la Bibbia’, curata dal C. N
delle SS. DD., nella rubrica « Tecniche ed
c.spcricnze » Lezioni sull’ecumenismo di F
Cvi.vKTTi e Da gruppo a gruppo di E. Boxo
MI. Infine un notiziario, biblioteca c reeen
sioni, i campi monitori dell'estate.
6
pag. 6
N, 26 — 26 giugno 1970
Diaconi esecutori: continuando ii diucorsc sull’integrazione dei nostri istituti nelle comunità
Un lettore, da Poniaretto;
Caro direttore,
sono lieto che Sandra Rizzi abbia
parlato, nella sua lettera pubblicata nel
n. scorso, del clima di solitudine in cui
si trova il personale degli Istituti, nonché del clima di indifferenza da cui è
circondato. Si prosegue il discorso della
Conferenza distrettuale che ha impegnato comunità e organi responsabili
in una maggior collaborazione. Infatti,
riferendoci particolarmente agli Istituti per anziani, dove il tipo di lavoro
“ veramente ingrato, si è detto che la
il
nostra gente tiene a pagar poco per
ricovero ed a pretendere molto con uno
spirito di autentico sfruttamento.
La lettera di Sandra Rizzi fa riferimento particolare a'Ue « autorità », più
che alle comunità; penso però che l’accenno all’isolamento coinvolga la responsabilità delle chiese. Quello che
non mi è parso chiaro è il concetto
di « chiesa », identificato nelle « varie autorità ecclesiastiche » o nei « grossi calibri »; la chiesa, seppure intesa
nel senso di Istituzione, comprende
tutte le creature che ne fanno parte,
compresa Sandra Rizzi ed il sottoscritto.
Alle autorità della chiesa ho sempre
pensato come a dei poveri a cirenei »,
sulle spaUe dei quali un qualunque Sinodo appioppa il compito di dipanar
matasse di grane infinite, purtroppo
collegate con un tessuto ecclesiastico
che può ricordare quello di Corinto.
E le autorità sono un buon bersaglio
e noi valdesi dei buoni tiratori. Perciò, nonostante il misero tessuto in cui
si lavora, mi richiamo sempre all’Autorità del Signore, la cui Parola opera
ancora, consola, incoraggia, ci rende
più ottimisti, ci aiuta a operare con
uno spirito nuovo, nonostante le contrarietà, le incomprensioni, forse anche deUe autorità ecclesiastiche.
Contrariamente a quanto dice 1 autrice della lettera incoraggerò chiunque ad operare nella Chiesa, negli Istituti, nel mondo sapendo di dover ubbidire e servire un Signore, che prima
di me ed in un contesto un po’ più difficile, mi ha dato un esempio per seguirlo.
Riferendomi, in particolare, aU accenno alle <c varie autorità ecclesiastiche » colpevoli di ignorare <t i provvedimenti, decisioni, assemblee », 1 affermazione mi pare discutibile perché
generica, come generica e perciò discutibile l’affermazione secondo cui i responsabili degli Istituti sono «perfetti esecutori d’ordine, cui si toglie guarda caso anche il diritto di sciopero ».
Sono d’accordo con Sandra Rizzi
laddove le « autorità » ignorano od
ostacolano le linee di lavoro d un Isti-^
tuta, quando c’è una visione chiara dei
problemi di fondo, la ricerca di rinnovamento, la riflessione sulle piccole
come le grandi cose, nello spirito indicato da Cristo quando dice che « ¡’uomo che vuol costruire la torre, si siede e fa bene i calcoli, prima di metter mano all’opera ». Laddove invece
c’è faciloneria, iniziative non sufficientemente inquadrate nel contesto generale e dove non si tiene conto delle
esperienze di chi le possiede, i provvedimenti e le decisioni possono essere
pericolosi e dannosi aU’Istituto.
Per uscir dal generico vediamo gli
Istituti delle nostre Valli. Un gruppo:
ospedali, asili per anziani e orfanotrofio femminile sono sotto la direzione
della CIOV e nei vari Istituti c’è una
direzione. In questi ultimi anni si è
delineata una ricerca di maggiore dialogo tra le autorità e gli Istituti, in
uno spirito antigerarchico. Nell’interno si è pure cercato di rendere il
gruppo di lavoro più corresponsabile
con la Direzione. Certo, possiamo giudicare oggi con una certa facilità la linea del passato, ma non posso non inchinarmi davanti allo spirito di servizio di chi è stato sulla breccia per
quasi mezzo secolo ed in condizioni ben
diverse dalle attuali. Su questo aspetto si è propensi a passar sopra... Per
questi Istituti c’è poi una commissione
d’esame che ha avuto una parte notevole in questi anni per la ricerca di
rinnovamento, proprio in virtù d’una
analisi critica, talvolta spietata, e dell’Istituto e della CIOV, sempre allo
scopo di collaborare con queste opere.
Gli altri Istituti, Scuole secondarie
e Convitti, dipendono direttamente
dalla Tavola. In concreto la Commissione d’esame sull’operato della Tavola,
con tutto il volume di lavoro non può
certo occuparsi d’un Convitto o di una
Scuola in particolare. Si è cercato di
nominare delle Commissioni, purtroppo male accette sin dal nascere. A Pomaretto, per citare un esempio che conosco, la Commissione ha accolto le
rappresentanze della Scuola Latina, di
quella Elementare e quest’anno quella
Materna. Ci sono stati incontri frequenti seppure solo con singoli elementi della Commissione, lo scorso anno
soprattutto con i docenti della Scuola
Latina e con il gruppo di servizio del
Convitto, per meglio discutere i problemi degli alunni; si è pure deciso
di invitare aUe sedute oltre il Direttore anche il gruppo di lavoro per gli
argomenti che sono di loro competenza.
Settimanalmente una parte della Commissione ha collaborato con la Direzione del Convitto per l’aspetto finanziario.
Purtroppo di questi Istituti non si
parla alla Conferenza distrettuale,
ed è un peccato; sono d’avviso perciò
che queste opere siano collocate nel
contesto del distretto e siano agganciate ad organismi che possano fra 1 altro, consentire un concreto collegamento, ad es. di natura economica (vedi
approvvigionamenti), in collaborazione
con gli altri Istituti. Inoltre, dovrebbe
essere nominata anche per queste opere
una regolare commissione d’esame che
sottoponga i problemi concreti all attenzione del distretto.
Nella lettera di Sandra Rizzi non si
parla di Comunità ma implicitamente,
sì. Anche questo problema è stato discusso alla Conferenza. Per uscir dal
generico, mi riferisco ancora alla comunità di Pomaretto; sin dallo scorso
anno si sono tenuti al Convitto incontri di gruppo deUa Val Germanasca,
tendenti a far partecipi, nella linea del
rinnovamento della zona, anche il gruppo deU’Istituto; su questa linea ci si è
avviati, per avere la partecipazione del
Convitto in tutti i settori: Cadetti,
Scuola Domenicale, Concistoro, Unione
Giovanile. Quest’anno s’è pure creato
un gruppo di canto diretto da una monitrìce della comunità, che ha consentito ai convittori e a parte del gruppo
di prendere parte alle riunioni quartierali; il canto e il contributo ai dibattiti è stato molto interessante. Purtroppo quest’anno i componenti del
gruppo sono impegnati, oltre al lavoro
del Convitto, in esami per la Scuola
Magistrale, corsi di pedagogia, che non
hanno consentito una partecipazione
attiva alla vita della chiesa. Tralascio
il collegamento dell’Istituto con l’ospedale sul piano del servizio, il colportaggio, ecc.
Per queste ed altre ragioni non mi
sento di accettare la generica e discutibile affermazione che i gruppi vivono
nel clima della a solitudine » e dell indifferenza da parte di autorità e chiesa, almeno per quanto mi consta.
Penso che il clima di solitudine, in
certi casi comprensibile, ha talvolta
una origine spirituale: proprio negh
Istituti che impegnano molte energie
di varia natura, spendere qualche breve momento della giornata in preghiera, lettura, meditazione, confrontando
con la Parola i problemi che sorgono,
consentirebbe una rinnovata freschezza
di forze spirituali, una capacità di risolvere i problemi e di guardare fuori
senza complessi; i gruppi possono di
ventare cosi elementi d’una nuova
chiesa che si cerca, in vista del rinnovamento della comunità locale, qua
lora questa sia troppo chiusa o ritua
lista.
Gustavo Bouchard
re di « tranquillante ecumenico »? Non per il tono cordiale e per il livello spisiamo forse convinti che la divisione è rituale del Suo intervento. Le assicuro
intollerabile, proprio in nome della che non intendiamo dimenticare il dovolontà di Cristo che ci chiama al- no che il Signore ha fatto alla Chiesa
l’unità e che la stessa unità, pur es- | dei nostri tempi con il movimento ecu
sendo cosa assai diversa dalla uniformità — come noi cattolici l’abbiamo
lungamente intesa — dev’essere però
in qualche modo visibile, perché sia
di segno al mondo?
È giusto allora parlare della (probabile) necessità di riprendere il vecchio e sterile cammino della oolemica?
È vero che si deve essere « chiari con
il popolo ». Ma prima forse occorre essere onesti con il popolo, non facendogli credere — né noi né alcun altro •—
che il dono della vocazione ecumenica,
che oggi agita le Chiese e le chiama
tutte a riforma, possa essere facilmente dimenticato.
Dico questo, senza addentrarmi nell’analisi minuziosa del testo, perché
sono dolorosamente consapevole di
quanto articoli del genere di quello di
Santini stimolino reazioni opposte nella mia Chiesa e blocchino, a livello di
sacerdoti e di laici, il cammino appena
menico; certe “rabbie” sono semplicemente l’espressione della tristezza per
i molti modi nei quali non lo si è veramente ricevuto, questo dono. Ecumenismo significa non avvicinamento fra
cristiani, ma avvicinamento dei cristiani a Cristo: « è Lui la nostra pace ». E
mentre sono pronto a riconoscere i molti tradimenti che fra noi protestanti si
verificano verso la Sua volontà, i farisaismi confessionali e denominazionali
(spesso del resto di facciata) che ci
sviliscono davanti a Dio e davanti agli
uomini, non dovrebbe però prendersela
con coloro che continuano — o riprendono — a parlare dei “papisti", ma con
chi suscita questa loro critica! Quando
le tesi di un Suenens o di un Kiing si
fossero affermate a livello di dogmi
(mi pare che siamo ben lontani), si
potrebbe cominciare a discutere: dico
a “discutere" perché anche allora il
problema dell'autorità si porrebbe, si
Dal Comune alla Provincia
Un lettore, da Torre Pellice:
Signor direttore,
chiamato personalmente in causa da
iniziato della nostra stessa riforma, per- tratti pure di autorità episcopale^ o addirittura di autorità ‘"dal basso“ (tesi
di Goiizalez Ruiz), Dio non e né nel
papa, né nei vescovi, né nella base :
Dio è in Cristo, nella Sua Parola; non
c’è altro “primato“. Cullmann non afferma certo altro, e nemmeno, malgrado la sua linea discutibile per un
riformato von Allmenn. Le assicuro
che saremo lieti quando i problemi potranno porsi soltanto a questo
livello; ma non direi che Papa Paolo VI e molte personalità cattoliche ci
facciano presentire molto vicino quel
momento. Quanto ai movimenti di rinnovamento (e di dissenso) alVinterno
della Chiesa cattolica, Lei sa che diamo loro largo spazio sulle nostre colonne. Cordialmente,
Gino Conte
suadendo i meno preparati che, se è
vero che nulla cambia nel cattolicesimo, è ancora più vero che poco o nulla
cambia nel cc tono » valdese verso di
noi, e che dunque abbiamo ragione noi
a non cambiare nulla.
Aggiungo, per essere nel giusto, che
sono pure dolorosamente consapevole
degli « immensi ritardi » (card. Michele Pellegrino) con cui nella mia
Chiesa abbiamo accolto Tappello dello
Spirito e delle molte resistenze che ancor oggi frapponiamo alla giusta stima
e alla vera carità che ci deve animare
verso la Chiesa Valdese.
Grazie deirospitalità,
Sac. Franco Trombotto
La ringrazio anzitutto, e vivamente,
La verità, tutta la verità sulla violenza odierna
Di chi è la colpa se ai
a parlare di “papisti,,?
Un lettore, da Pinerolo:
Signor direttore,
è permesso a un presbitero cattolicoromano di dialogare con Lei e con i
lettori del Suo stimato settimanale a
proposito deH’ultimo numero (n. 24,
12 giugno)?
Desidero anzitutto dirLe quanto sia
apprezzabile, nell’insieme, il « tono cristiano » del giornale della Chiesa Valdese, quanto poi mi colpisca sia l’assenza quasi totale della pubblicità cosa che non riusciamo a fare col nostro « Eco del Chisone » — sia la assoluta prevalenza data allo studio e
alla riflessione sulla Parola di Dio e
alle notizie dalle comunità su ogni altra notizia, anche politica e di grande
momento; e come pure sia stimabile la
libertà con cui vengono commentate
le situazioni tragiche del Medio Oriente, eccetera. Ugualmente mi ha impressionato la franchezza con cui il pastore Paolo Ricca dibatte il problema
posto dalla deoisione della Chiesa di
Pomaretto, discutibile in quel particolare cui accenna appunto Ricca, ma
cosi fedele all’Evangelo e cosi coraggiosa nella sostanza.
Questo riconoscimento era doveroso
continua (o riprende)
per me, e non solo per bilanciare
dissenso che ora esprimerò.
Il dissenso riguarda l’articolo di Luigi Santini « ...e se ritornano i "papi
sti"? ». Mi è difficile esprimere, senza
essere scortese, il sentimento di un cattolico nel vedere un discorso sulla sua
chiesa incentrato anzitutto sul tema del
primato papale, proprio quando nella
mia chiesa è in atto un ripensamento
che, perseguito come sarà con coerenza, metterà certamente in questione, in
nome dell’Evangelo, le forme esteriori
e qualcosa di più, che possono legitt
mámente urtare un protestante, come
urtano di fatto numerosi cattolici.
Questo ripensamento è già in atto
Mi basti ora citare la posizione del vescovo Suenens, ben nota, e il volume
di Hans Kiing sulla Chiesa. D’altra
parte una indagine sul ministero, sull’ufficio deH’episcopos nella comunità,
sull’eventuale fondamento biblico di un
« primato » di Pietro fino alle sue implicanze per la Chiesa attuale è pure
in atto, mi sembra, in larghi settori
del protestantesimo europeo, i quali
difficilmente possono essere per ciò accusati di infedeltà alla Parola di Dio.
Citerò per tutti Cullmann e Von All
Un lettore, da Bari:
Caro direttore,
leggo sul n. 23, pag. 6, un trafiletto
dal titolo « La suora liberata », in cui
narra di una suora, certa Maurina
Borges Suarez, che era detenuta per
motivi politici e che è stata liberata
cambio della vita di un uomo, il
console giapponese, che era stato rapito
sarebbe stato ucciso senza alcuna pietà ove le autorità brasiliane non avessero chinato il capo al ricatto. L’episodio viene esaltato; si ammira il coraggio dei guerriglieri che hanno rischiato
la loro pelle pur di liberare una suora.
Si giunge addirittura a dire « 11 mondo
nuovo e l’America Latina del domani
nasce anche attraverso questo episodio ».
Mi permetto di fare alcune considerazioni. Premetto che non ho alcuna
simpatia per la dittatura militare che
è al potere in Brasile e che si sta macchiando di molti misfatti. Poiché non
sono un obiettore di coscienza, ritengo
anche che in una situazione come quella brasiliana sia giustificato il ricorso
alla lotta rivoluzionaria; cosi come ritengo giustificate altre rivoluzioni (rivoluzione francese, rivoluzione russa).
Ritengo però che nessuna rivoluzione
del passato abbia mai usato metodi così
abietti come quelli usati dal rivoluzionari latino-americani.
Nel corso della rivoluzione russa Lenin si preoccupò di tutelare gli stranieri
residenti in Russia e mi pare che nelle
situazioni rivoluzionarie sia giusto rispettare la vita almeno di chi non è coinvolto nella lotta.
I rivoluzionari latino-americani invece non hanno esitato ad assassinare
diplomatico tedesco nel Guatemala
e a minacciare di morte un diplomatico
giapponese pur di liberare una suora.
E’ di ieri la notizia che è stato rapito
l’ambasciatore tedesco in Brasile e che
sarà ucciso se non saranno liberati 40
prigionieri.
Capisco che nel caso del diplomatico
giapponese si tratta probabilmente di
uomo che non crede in Gesù e quindi il suo assassinio non avrebbe turbato la coscienza di quanti, cruenti in
Gesù, simpatizzano per i guerriglieri.
Voglio però ancora pensare che il coraggio della delinquenza non venga esaltato neanche da quelli che credono in
buona fede in Gesù, come il direttore
dell’« Eco-Luce ».
Con sentimenti di fraternità che nascono dalla comune fede nell’Iddio vivente la saluto.
Ercole Salvati
sposto contro i suoi oppositori. Questa
violenza "totale” della repressione determina per reazione a catena una violenza altrettanto "totale", meno massiccia ma più fantasiosa, negli oppositori: un’escalation di ferocia, ora massiccia, appunto, ora fantasiosa, sempre
brutale. Con ciò non giustifico certo
l’assassinio (perché di questo si è trattato) dell’ambasciatore von Spreti; ma
aggiungo anche subito che, se consideriamo effettivamente la situazione guatemalteca (si veda l’articolo pubblicato
a pag. 8 di questo stesso numero), al
trettanto e più assassini che i guerriglieri sono i governanti guatemaltechi,
e i loro sostenitori interni e esteri,
i quali in presenza di una simile situazione, del cui mantenimento sono responsabili, non possono lavarsi le mani
di questo sangue. Quanto al Brasile,
finora non ci sono stati assassini, forse
anche perché il governo di quella grande nazione non ha osato sfidare la reazione dell’opinione pubblica mondiale,
la quale sarebbe stata ben più grave
che di fronte alla ferocia dei piccoli generali del piccolo Guatemala. Aspettiamo quindi a dare dell’assassino ai rivoluzionari brasiliani: finora molti di loro sono stati uccisi, e non pochi assassinati per conto del governo e di chi lo
sostiene.
2) Non comprendo perché, in questo contesto, un diplomatico straniero
debba essere risparmiato. Stiamo rendendoci conto che viviamo ormai su
scala planetaria; siamo interdipendenti
e legati tutti da corresponsabilità prossime e remote di carattere politico, economico, sociale. E’ la tragedia della situazione odierna e al tempo stesso la
sfida che essa ci lancia, affinché non la
subiamo ma l’affrontiamo. Il rappresentante diplomatico e la tuizione che lo invia devono oggi essere bene al chiaro
su questa drammatica interdipendenza
e corresponsabilità; non possono pretendere di occuparsi di certi rapporti politico-economici con una data nazione facendo astrazione dalla situazione politico-economica di quella nazione. Nella
trama sempre più stretta dei rapporti
umani, e in una situazione così spesso
esplosiva, ogni ricerca di interessi comporta la sua dose di rischi. Siamo — e
non possiamo non essere — “coinvolti .
una lettera apparsa nell’ultimo numero
del settimanale, da lei diretto, mi faccio premura di rispondere a quanto mi
viene in essa richiesto.
Le domande sono parecchie e impegnative ma non abuserò dello spazio
che gentilmente mi vorrà concedere e
mi limiterò alle cose essenziali e concrete.
Non mi meraviglio che militanti in
determinati partiti o ai medesimi accodati jiossano lamentare « pesanti critiche » (a chi? quando? dove?) se il
settimanale della Chiesa Valdese, pubblicato e redatto con tutte le garanzie
che il regime democratico può dare, osi
inserire due lettere di persone desiderose di raccomandare al corpo elettorale evangelico alcuni candidati evangelici. Questi erano ricordati per le
loro attività svolte con particolare dedizione nelle varie opere ecclesiastiche.
Se altri non sono stati confortati da
tale raccomandazione potrebbe anche
essere dovuto al fatto che il loro personale impegno fosse del tutto carente in
quel determinato settore della vita sociale.
Evidentemente il fenomeno lamentato non si sarebbe verificato nei paesi
a regime comunista nei quali i candidati sono presentati dal sommo della
piramide in una unica lista (vedi le
ultime elezioni di questo mese per
il Soviet Supremo) e l’elettore non ha
altra scelta che votare in blocco. Né
più e né meno di quanto succedeva per
il listone durante il fascismo, regime
politico da porre sullo stesso piano,
nella scala dei valori democratici, di
quello comunista.
Circa la nomina del Sindaco e della
Giunta di Luserna San Giovanni c’è da
ritenere che esse verranno fatte tenendo presente gli orientamenti emersi
dalle urne e gli impegni politici assunti su piano nazionale dai partiti. L’unione PSI e PSU non mi sembra assolutamente da attribuire ad « un clima di
enorme confusione politica » se mai è
vero il contrario. Confusione politica
la generano i cosidetti « indipendenti »
dei partito comunista che la loro indipendenza vuole garantita da una preventiva lettera di dimissioni da presentare, se del caso, al momento opportuno.
Fra gli indipendenti di certa sinistra
non è difficile individuare gente che
non avendo saputo superare le difficoltà nei partiti minori per raggiungere la
elezione si sono poi magari guadagnati
il laticlavio grazie al provvidenziale
paracadute con il simbolo della falce e
del martello!
La mia linea politica? Direi che es
sa mira ad un progresso realistico già
portato avanti dalle forze che oggi governano la quasi totalità dei paesi
deir Europa Occidentale. Penso che
per questo sia necessaria una assoluta
fedeltà al Patto Atlantico in attesa di
realizzare il bel sogno degli Stati Uniti
d’Europa.
Desidero una società che dia le più
ampie possibilità a tutti di progredire, ferma restando la validità della diversità dei doni e la salvaguardia delle
libertà individuali e collettive. Non ho
mai nascosto la mia avversione alla
lotta di classe ed al comunismo, come
può risultare dai miei primi articoli
apparsi sul « Pellice » nel lontano 1946.
Non sono mai stato nei paesi comunisti ma oggi le larghe possibilità
di informazione mi dicono che anche
là esistono i baraccati, le scuole più
aperte ai figli dei funzionari di partito (uno solo), il grave problema delle
case, la carenza di ospedali ed una assistenza sanitaria di fabbrica neanche
lontanamente paragonabile a quella
che la FIAT, per esempio, fornisce ai
propri operai.
Su questo punto ho avuto precise informazioni, pochi mesi fa, da un capo
tecnico russo.
Sono Consigliere Comunale da tanti
anni ed ho sempre avuto un confortante sostegno dagli'elettori. Non ho
da rimproverarmi alcuna azione, come pubblico amministratore, a mio
personale vantaggio e con lo stesso
spirito di dedizione al bene della comunità mi accìngo ad affrontare la più
impegnativa carica di Consigliere Provinciale.
Sono contro la violenza e sono favorevole ad una legge che regoli lo seppero e riduca finalmente i sindacati,
altamente politicizzati, alla loro vera
funzione. Non credo che cc scendere in
piazza » possa risolvere alcun problema bensì confortare il senso demagogico e sterile di chi troppo spesso ignora, o finge di ignorare per precisi interessi, le leggi della economia. Con il
tempo anche le stesse masse operaie si
renderanno conto di chi faccia realmente i loro interessi. Basta dare tempo al tempo.
per finire La prego, Signor direttore,,
di non rammaricarsi troppo di aver
pubblicato due lettere che potrebberoessere addebitate alla propaganda cc diretta » a favore di alcuni candidati.
Tenga presente anche la propaganda
cc indiretta » svolta regolarmente ogni
settimana da alcuni suoi collaboratori,
forse più incisiva e più vantaggiosa,
per candidati di ben altro indirizzo
politico del mio.
La ringrazio per Tospitalità e Le
miei più cordiali saluti.
Loris Bein
porgo
Chiesa o banca? (I cancellati e i
Un lettore, da Venezia:
privilegiati)
Signor direttore,
il problema sollevato da Paolo Ricca sul n. del 12 Giugno, è importante
sotto tutti i punti di vista. Chiesa o
banca?
Certamente la Chiesa non è una banca con tutti i suoi traffici, interessi,
ecc., ma è pur sempre un Ente che ha
bisogno del denaro, non fosse altro che
per dar da mangiare ai suoi Operai.
E allora i Consigli di Chiesa si trovano, alle volte, nella necessità di depennare quei Membri che, per anni,
non si sono attenuti ai Regolamenti
Organici della Chiesa Valdese. È un
loro diritto ed un dovere.
L’articolo 12 dice: per essere membro comunicante bisogna :
a) farne domanda per iscritto al
Consiglio;
b) professare i principi della Chiesa e vivere conformemente ad essi;
c) contribuire nella misura dei
propri mezzi per i bisogni della Chiesa;
d) sottoporsi alla disciplina della
Chiesa.
In effetti, il trafiletto era riportato
dal bollettino « Relazioni religiose », e
questa notizia-stampa poteva anche meritare un commento, come talvolta facciamo. Si può infatti dire e lamentare
che in quella notizia vi era soddisfazione e non sofferenza.
Mi permetto però di fare due considerazioni :
1) Cresce l’efferatezza di tutti i
conflitti (altro che progresso!). Come
la guerra si fa sempre più "totale", coinvolgendo in modo sempre più completo i "civili” e valendosi in modo orrendo del progresso tecnico, così è per
la guerriglia. Riguardo a quest’ultima.
non si può dimenticare che un apparato
dittatoriale odierno dispone, contro ogni
forza rivoluzionaria che lo minacci, di
mezzi di un’efficienza terribile, incomparabile a quella dei mezzi di cui mai
Direi che, nella loro sconcertante durezza di casi-limite, questi rapimenti di
diplomatici possono forse aiutare le nazioni a comprendere questa loro interdipendenza umatui profonda e a trarne le
debite conseguenze a tutti i livelli. Lo
stesso dicasi per un caso — diverso certo, ma non privo di analogie — come
quello dei tecnici dell’ENI uccisi nel
Biafra da un commando biafrano; che
quei mercenari avessero o meno coscienza del rischio al quale forzatamente si
esponevano, non può che accrescere o
attenuare la responsabilità che comun
que grava su
coloro che là li hanno
men. Ciò premesso, è legittimo parla- finora un regime autoritario abbia di
mandati perché il petrolio non poteva
aspettare.
Scrivo questo con tristezza, senza nessun entusiasmo per l’orrore della guerriglia, che però non può essere qualificata ’’delinquenza” a senso unico, data
la situazione. Il linguaggio entusiastico
e trionfalistico in effetti non si addice,
in questa concatenazione feroce di violenze, non al cristiano, comunque. In
questo senso accetto il Suo rilievo fraterno. Ma molto sangue grida a Dio
dalla terra : non solo quello dei tecnici
delVENI e dell’ambasciatore von Spreti.
L’Iddio vivente lo ode, quel grido. E’
« la voce del sangue di tuo fratello ».
Gino Conte
L’articolo 13 dice all’ultimo capoverso: La cancellazione avviene quando
un membro di Chiesa... non soddisfi
più alle condizioni per essere membro
di Chiesa.
La cancellazione dunque di un membro di Chiesa, è una necessità logica,
per non avere dei pesi morti nelle nostre comunità.
Naturalmente è un compito difficile
per i Consigli. Quando si può dire che
un membro si attiene in pieno all’articolo 12? Contribuisce, e viene in Chiesa a Natale e a Pasqua? Frequenta la
Chiesa e non contribuisce?
I nostri regolamenti, se presi alla lettera, sono chiari. Quando si manca in
qualche cosa (volontariamente), si cade nella cancellazione.
Ed ecco la perplessità o l’imbarazzo
per i membri del Consiglio.
Però, questo imbarazzo non c’è più,
se noi prendiamo i regolamenti riguardanti le Chiese « privilegiate per numero e per mezzi finanziari », cioè le
Chiese autonome. I regolamenti organici parlano chiaro.
L’articolo 9 dice: si chiamano autonome le Chiese costituite che:
а) abbiano non meno di 150 membri comunicanti;
б) abbiano non meno del 30% di
questi iscritti nella lista dei membri
elettori;
c) abbiano un quadro completodelie attività ecclesiastiche e dimostrino un vivo spirito evangelistico;
d) provvedano a tutte le spese locali... e versino alla cassa centrale i
contributi richiesti dalla Tavola...;
e) abbiano ottenuto il riconoscimento della loro autonomia dal Sinodo.
E l’articolo 10, ultimo capoverso,,
dice : Quando una Chiesa autonoma
più non soddisfi per cinque anni consecutivi alle condizioni dei commi a) 6)
dell’art. 9, e per tre anni a quelle del
comma d), la Tavola ne riferisce al Sinodo che provvede in merito. E il comma c)?
Una Chiesa autonoma, quindi, puòrimanere tale se i commi a) b) d) sono
osservati, anche se il c) non lo è più;
oppure finisce la sua autonomia anche
se il comma c) risponde in pieno, però
non contribuisce più, o non ha più il
numero di membri prestabilito. È giusto questo?
Qui, dobbiamo proprio chiederci se
siamo in una Chiesa o in una BancaPerché qui è chiaro che si guarda più
al numero ed alle finanze, che non allospirito evangelistico.
Ma a questo punto dobbiamo pensare
che siamo proprio davanti a dei privilegiati.
Fraterni saluti,
Arturo Boco
............................................unni....un*
...............................................
Torre Pellice
Ospedale
Valdese
Elenco di offerte in Memori»
della rimpianta signora Etìennette Marauda Bounous, per costruendo impianto montalettU
ghe dell’Ospedale Valdese di
Torre Pellice:
Da Luserna S. Giovanni: Maddalena
e Yvonne Alfio 5.000; Margherita e
Elisa Jalla 5.000; Revel Enrico e Revel Danna Enrichetta 5.000: Adelina e
Placido Mondon 10.000; R. B. 4.000.
Laura e Renato Fraschia 5.000.
Da Rapallo: Linda Franchino, ved.
Caglierò 1.000.
Totale L. 35.000; totale precedente 379.000; tot. gen. 414.000.
7
26 giugno 1970 — N. 26
pag. 7
30 ragazzi all’Uliveto
di Luserna S. Giovanni
I bambini, ospitati nell’istituto medico • pedagogico, l'iequentano corsi differenziati istituiti dal Comune; ma occorrerebbe poter prolungare l’ospitalità
fino Ili W' anno di età, istradando i giovinetti ai centro di «lavoro protetto»
aperto a Torre Pellice e approfondendone il reinserimenlc somale
L’Istituto Uliveto sorge nel comune
di Luserna S. Giovanni in una vecchia
villa con rustico, egregiamente riadattata in tutti i dettagli per l'accoglienza
confortevole dei piccoli ospiti.
Esso è una emanazione dell'Ospedale
valdese di Torino; è quindi di proprietà
della chiesa di Torino, ed è presieduto
da una commissione composta da membri di codesto Concistoro. Il personale
è evangelico; le rette per il mantenimento dei bambini sono pagate dalla
Provincia di Torino, che ha anche il
compito dell’assistenza medica. L’istituto è stato costruito per i bambini
evangelici della zona, ma la Provincia
si riserva, qualora vi fossero posti di
zienda agricola, ben diretta e saggiamente amministrata, è provvidenziale
per il buon andamento dell’istituto medesimo. Nel giardino vi sono aiuole di
fiori coltivate dai bambini.
OSPITI
I piccoli ospiti deirUliveto sono bambini simpatici, allegri, affettuosi, che
non si differenziano a prima vista da
qualsiasi altro bambino. Ma sono ragazzi in ritardo sugli altri, sia a causa
di una particolare situazione familiare,
o per scarso nutrimento, o per ereditarietà, o per altro ancora. Essi però, dopo pochi mesi di cure adatte e di assi
Guidati da insegnanti specializzati e con l'ausilio di
buoni mezzi tecnici, i piccoli
disadattati vengono avviati a
un reinserimetito parziale o
totale nella vita associata, in
alto: giochi all’aperto nella
cornice della collina di San
Giovanni.
sponibili, di indicare altri minori. Vi
sono attualmente 30 bambini, d’ambo i
sessi. aH’incirca per metà evangelici e
per metà cattolici.
ATTIVITÀ’ SCOLASTICA
Il comune di Luserna S. Giovanni,
al sorgere di codesto istituto, ha immediatamente istituito, nei locali della
scuola comunale, alcune classi differenziate con maestre specializzate, che
accolgono tanto i bimbi dell’Uliveto,
quanto altri bisognosi di un’assistenza
di questo genere, pur continuando a vivere in famiglia. Il pulmino giallo con
la scritta: « Uliveto - Ospedale Valdese
di Torino », che trasporta i bambini
a scuola, è ben noto nel paese. Le maestre, residenti nell’istituto, assistono i
ragazzi nei compiti; una persona esperta in ogni genere di lavoro manuale
(traforo, meccano, lavori in rafia, in rame, in legno ecc.) li guida a sapersi servire con abilità delle loro mani; il giardiniere insegna a uno o due ragazzi per
volta come coltivare l’orto; vi è una
piccola tipografia dove gli allievi stampano un loro giornalino, molto fresco
e spontaneo, corredato di bei disegni:
« La Voce dell’Uliveto »; vi è una saletta
per l’educazione fisica, in attesa della
palestra che si vorrebbe costruire, appena possibile.
ATTREZZATURE VARIE
Gli istituti dei minori ritardati ricevono — una tantum — un dono in denaro da un ente di aiuto internazionale,
che ha reso possibile la sistemazione
all’aperto di un bel parco-giochi, fornito di un campo per il pallone, di altalene, giostre, scivoli ecc. E’ stato pure
installato un impianto radio in tutte
le camere, per trasmettere disposizioni
da parte della direzione, o musica tranquillante la sera, quando i bimbi un
po’ agitati non riescono a prender sonno; essi sono molto sensibili alla musica, cantano bene e imparano facilmente melodie nuove. Vi è il giradischi
c un magnetofono, utile per aiutare i
ragazzi a pronunciare bene le parole:
udendosi nel magnetofono essi, a poco
a poco, correggono 1 loro difetti di pronuncia. Infine l’istituto dispone di una
completa apparecchiatura per proiezioni, corredata da filmine istruttive e
ricreative. I bimbi posseggono anche
libri, giocattoli, giochi di società, costruzioni ecc.; ma queste cose non bastano mai, perché purtroppo essi rompono e distruggono con molta facilità.
TERRENO E GIARDINO
Il rustico della vecchia villa trasformata comprende un terreno di circa
6.000 mq., coltivato a frutta, verdura,
patate, il cui raccolto costituisce una
parte del fabbisogno dell’istituto; inoltre è provvisto pui'e di un pollaio, una
conigliera, un porcile, e di locali adatti
per la conservazione della frutta, marmellate, legumi; per cui la piccola a
(foto Girardon)
stenza in questi istituti, si riprendono
alquanto e realizzano notevoli progressi; alcuni dopo un anno di permanenza sono stati dimessi, perché ricuperati alla normalità. L’istituto li accoglie
dall'età di 6 anni ai 14; durante questo
periodo, in genere, i minori riescono a
terminare la scuola elementare, ed in
più hanno imparato molte cose che possono istradarli in qualche mestiere.
INSEGNANTI
Le maestre dell’Uliveto hanno a disposizione nell’istituto stesso un quartierino un po’ appartato, onde potersi
riposare nelle ore di libertà; esse svolgono la sorveglianza ai bambini con
turni equamente distribuiti; vi è pure
l’assistenza infermieristica e notturna.
Quest’anno la scuola domenicale è
fatta dal pastore di Luserna S. Giovanni nella sera in cui c’è la riunione di
quartiere, che ha luogo appunto nei locali dell’Uliveto; in tal modo i ragazzi,
dopo le lezioni del pastore, prendono
parte alla riunione con il canto degli
inni, nel quale sono assai bravi. Viene
così data l’occasione di un maggiore
affiatamento tra la comunità locale e
l’istituto.
NECESSITA’ DELL’ULIVETO
Come abbiamo accennato, l’Uliveto
ha bisogno di una palestra costruita
secondo le regole c capace di ospitare
anche i parenti e gli amici dei ragazzi,
al momento delle feste di Natale o della fine dell’anno 'scolastico; oppure di
ricevere gli ospiti, maestre e maestri di
altri istituti simii- del Piemonte, che
vengono abbastan.’.i frequentemente, al
fine di avere uno scambio di esperienze
e di idee sulla comune opera educativa.
Sarebbe anche utile un nuovo apparec
iiiiiiiiiiiiiiiitmiiiiiiimini
, jiiNimiiim> ...........
chio televisivo, perché l’attuale è molto
vecchio e non funziona bene. Così pure
occorrerebbero ancora due aule per i
ragazzi e un impianto di docce più efficiente. La Commissione desidererebbe
inoltre costruire 34 camerette in più
per ospitare alcuni ragazzi dell’istituto
fino ai 18 anni: essi potrebbero trovare
un’occupazione a Torre Pellice dove esiste il cosidetto « lavoro protetto » e continuare a godere delle cure e della vita
regolare ed educativa dell’Uliveto fino
ad un’età più matura.
La direttrice, che s’impegna a fondo
in quest’opera, è sempre disponibile e
felice di accogliere le persone che vogliono visitare l’istituto, grata di avere
consigli e suggerimenti da parte di coloro che s’interessano ai problemi dei
minori.
a. t.
Dal 24 al 30 maggio ha avuto luogo
all’Uliveto una mostra-vendita di oggetti confezionati dai piccoli ospiti. Si
tratta di una quantità di lavoretti fatti
con il traforo: croci ugonotte, casette
chiese scuole per costruire villaggi, porta-chiavi e porta-asciugamani; di lavori
fatti con il dash: porta-matite, quadretti, collane; ed anche graziosi ricami
delle bambine più grandi. Tutti questi
oggetti, disposti sui tavoli o appesi alle
pareti con maestrìa, narravano una
storia di grande pazienza da parte dell’insegnante e di seria applicazione, e
in alcuni casi di vera abilità da parte
dei ragazzi.
NOTIZIE DALLE COMUNITÀ'
Frali
La nostra Comunità è ancora stata toccata
dal lutto che ha colpito due famiglie di cui
una già provata nel corso deirinverno. 11 3
giugno è deceduta all’ospedale di Pinerolo la
nostra Sorella Frida Menusan in Artus quando ormai sembrava imminente il suo ritorno
a casa dopo un intervento chirurgico. Aveva
(>olo 41 anni e lascia il marito e due figlie.
Sette giorni più tardi a Villa decedeva improvvisamente il Fratello Beniamino Pascal
all età di 75 anni.
A queste famiglie nel dolore rinnoviamo
Tespressione della nostra fraterna simpatia e
solidarietà cristiana.
11 24 maggio è stato amministrato il battesimo a Fabio Garrou di Marco e di Odetta
Collet (Villa) ed il 6 giugno è stato benedetto
il matrimonio di Ermanno Pascal (Ghigo) e
di Sandra Edmenson (Inghilterra).
Rinnoviamo il nostro augurio, specialmente
alla spo.sa che, stabilendosi definitivamente a
Prali, entra a far parte della nostra Comunità.
Domenica 17 maggio è stata effettuata una
gita nell’astigiano con meta a S. Marzano Uliveto dove abbiamo incontrato un gruppo di
Fratelli ed il Pastore di quella Comunità e
dove si è pranzato nei locali della foresteria
della Chiesa Melodista. Si è anche visitato le
città di Asti e di Acqui Terme nonché gli stabilimenti vinicoli della Gancia a Candii.
La stessa domenica, il Pastore Aimc ha presieduto il culto con S. Cena nel nostro Tempio.
I ragazzi valdesi delle scuole di Ghigo e di
Villa hanno fatto in queste ultime settimane
i loro esami di « religione )). I risultati sono
stati diversi, ma sempre sufficienti e talora
buoni ed ottimi. Ci rallegriamo con i ragazzi
e ringraziamo le insegnanti che hanno curato
la loro preparazione : le sig.re Wanda Rutigliano e Graziella Lami e le sig.ne Liliana
Viglielmo e Ida Richard.
Torino
Torre Pellice
Rendiamo noto che
l'Asilo Inlantile Valdese
rimarrà aperto
dal 13 luglio al 12 scllcmbre
anche per i villeggianti
Le iscrizioni si fanno pre.sso rA.silo,
Via Bcck\vilh 5. dal 13 luglio in poi.
La nostra comunità, prima di abbandonarsi
al... letargo estivo, ha avuto qualche momento (li vitalità. E siamo lieti di poter dire che,
contrariamente alle aspettative, lo ’'scatto'* del1 ultima ora ci ha permesso di raggiungere
la quota che ci era stata iridìcata per le offerte alla cassa cullo: la co.sa va notata, perché quest'anno, fra Tonere dovuto alla ricostruzione delio stabile comunitario in Via
Pio V (si è finalmene sopra il livello del suolo) e le spese che sì devono aifrontarc per l'adatlamcnto della nuova sede degli ’'Artigianelli”, il peso .sostenuto dalla comunità, o almeno dal suo nucleo più interessato e responsabile, è davvero considerevole.
La nuova sede degli « Artigianelli »
Abbiamo già dato notizia, su queste colonne,
del grosso impegno che ha rappresentato c ancora rappresenterà l’inserimento deìVOspedalc
Evangelico Valdese nel quadro della riforma
sanitaria in alto. Intanto un altro dei nostri
Istituti, gli ’'\ArtigianeUi'\ ha cambialo .‘^ede
e .«ii è trasferito nella Villa De Fernex (un lascilo), in una helli.ssima zona sui bordi del
parco del Valentino. Un certo numero di lavori hanno reso più funzionale allo scopo
della convivenza giovanile (gli ospiti sono altualinenle 35 ma il loro numero .salirà fino
alla cimpiantina) questa villa in fantasioso
stile liberty, che con il suo ampio giardino
offrirà — e già ha oiì’erto — opportunità di
incontri fra giovani e meno giovani. Guidato
dal doti. Davide Gatto, che vi opera con capacità e passione, questo convitto potrà diventare un centro importante, un luogo d’incontro non solo topografico ma anzitutto umano
per i nostri giovani delia città: è questo il
nostro caldo augurio. Una buona rappresentanza della comunità (e della Corale) si è riunita, la sera del 4 giugno, per una ’’inaugurazione” del tutto informale e familiare, nella
quale si sono ringraziati ì più impegnati in
tutto il lavoro di trasferimento, in particolare
il Comitato degli '’Artigianelli” e il suo presidente, dott. Guido Bottiiri. nonché, s’intende,
il direttore Gatto e Uitta la sua équipe; né si
è dimenticata l’opera, nella sede precedente,
dei signori Girardi.
Obiettivo sulla « Casa del sole »
Altra bella serata, quella organizzata per
lutti dalla Comunità protestante interdenomìnazionale di lingua inglese, il 10, nel nostro
salone, per presentare l’opera che nella « Casi del Sole » di Via Val gioie viene compiuta
dalla sezione torinese dell'Associazione Italiano per l'Assistenza agli Spastici, un’opera nella
quale sono direttamente impegnate pure alcune
nostre sorelle. Forse i lettori ricorderanno che
alcuni mesi fa si era avuta, con il concorso
di quasi tutte le comunità evangeliche cittadine, una riunione nel tempio di Corso Oddone nel corso della uale era stato presentato
il problema deirassisleiiia agli spastici, attualmente estremamente limitata rispetto al numero dei .soggetti e affidata a iniziative private,
ed erano state raccolte firme ]ier la richiesta,
s'i scala nazionale, che lo Stato s'incarichi^,finalmente anche di questi cittadini. Mentre
speriamo che l’iter di questa proposta proceda
e giunga con una certa celerità alla desiderata
e necessaria conclusione, era pure giusto prendere in considerazione ciò che già si fa. a due
passi da noi, e da parecchi anni. Dopo il saluto del past. Ernesto Ayassot ai numerosi intervenuti, evangelici e non. la signora Elena
ialla Silenzi, che da vari anni lavora quale assistente nella "Casa del Sole”, ha detto con
semplicità lo .scopo della serata ; far conoscere
il lavoro che si compie e sollecitare un aiuto
particolare per potenziare un aspetto forzatamente trascurato della cura ai ragazzi spastici : mentre le terapie e i mezzi tecnici delFistituto sono notevolmente sviluppali, un elemento e.ssenziale del ricupero, almeno parziale. di molli dei soggetti menomati è co.stitnito
dal loro reinserimento nella .società ’’normale’’:
a questo scopo sono essenziali contatti, uscite
in gruppi pili o meno numerosi, visite, incontri. cscur.sioni e tutto questo e.sorhita dal già
])Osanle bilancio normale ilella Casa: sicché si
progetta, con manifestazioni come quella di
cui parliamo, di costituire un fondo a tal fine.
Seguiva la proiezione di un film (a colori e
.sonoro). « La palla rossa ». girato e realizzalo
in questa primavera, per conto della Casa del
Sole. daH’éqiiipe familiare di Alessandro Hihet
(operatore della serata) c delle .sue figliole,
ima delle quali è diplomata in regia cinematografica e ha già a suo attivo altri lavori, anche se questo è di particolare impegno e riuscita. Auguriamo che questo film abbia una
larga circolazione e su.sciti in molti gruppi la
commozione che ha destalo in noi quella sera,
lasciandoci silenziosi c as.sorti al termine della proiezione. La risposta è stata abbastanza
parlante: la colletta di L. 139.000 sommata
al frutto del buffet organizzato dalle sorelle
anglofone ha dato il senso che l’appello era
stato avvertito. Ci permettiamo ancora di ricordare che un modesto ma utile impegno può
essere .l’associarsi (lire 2.000 annue quota
minima) alla A.I.A.S., la cui sezione torinese
è presso la « Casa del Sole », Via Valgioie 10;
vi sono ovviamente sezioni in molte città, mentre la sede centrale è in Roma, Via Valadier,
42; l’A.I.A.S. diffonde pure fra i suoi soci un
periodico di informazione e discussione di problemi relativi agli spastici. Una buona serata,
per noi, e grazie a chi l’ha organizzata e condotta.
...e sulla vita politica
Merita ancora di essere menzionata, forse
più che l’intento che per la riuscita, la serata
che ha riunito a C. Oddone un gruppo della
comunità, per uno scambio di idee pre-elettorali, in particolare (questo almeno era il programma) sulla questione delle regioni. Riunioni come questa dovrebbero essere più frequenti e regolari. Diversi fratelli e sorelle
della comunità erano candidati in varie liste
al lavoro nei seggi elettorali; ci fa piacere
questo impegno civico e ci rallegriamo con
coloro che hanno avuto delle belle afferma
Pomaretio
Domenica 5 luglio, riunione a Inverso rinasca, alle ore 15, a Cociauvin.
AVVISI ECONOMICI
xAFFTTTO alloggio vicinanze Villar Pellice
per residenza continua. Rivolgersi Libreria
Claudiana. Torre Pellice.
CUSTODE cercasi per Casa di Riposo vicinanze Varese, con mansioni di sorveglianza
impianto riscaldamento, manutenzione giardino e autista patente C. Offresi alloggio per
famiglia. Indicare pretese e referenze. Rivolgersi al giornale.
Il 10 giugno, a Villa di Prali, il Signore ha improvvisamente richiamato a sé
Beniamino Pascal
di anni 75
I familiari nel darne l’annunzio ringraziano quanti sono stati loro d’aiuto e di incoraggiamento nel loro dolore.
« Non temere, perché Io sono
con te» (Is. 41: 10).
Villa di Prali, 12 giugno 1970.
Lorenzo Milani,
prete e maestro
(segue da pag. 5)
una lezione di vita. Dovevo ben insegnare come il cittadino reagisce alla
ingiustizia. Come ha libertà di parola
e di stampa. Come il cristiano reagisce
anche al sacerdote e perfino al vescovo che erra. Come ognuno deve sentirsi responsabile di tutto. Su una parte della nostra scuola c’è scritto grande « I care ». E il motto intraducibile
dei giovani americani migliori. « Me ne
importa, mi sta a cuore ». E il contrario esatto del motto fascista "Me
ne frego" ». E più oltre: « ...Alcuni mi
accusano di aver mancato di rispetto
ai caduti. Non è vero. Ho rispetto per
quelle infelici vittime. Proprio per questo mi parrebbe di offenderle se lodassi chi le ha mandate a morire e poi si
è messo in salvo. Per esempio, quel re
che scappò a Brindisi con Badoglio e
nella fretta si dimenticò persino di lasciare gli ordini. Del resto, il rispetto
per i morti non può farmi dimenticare i miei figlioli vivi. Io non voglio che
essi facciano quella tragica fine. Se un
giorno sapranno offrire la loro vita in
sacrificio ne sarò orgoglioso, ma che
sia per la causa di Dio e dei poveri,
non per un signor Savoia o un signor
Krupp ». E ancora, il suo pensiero sui
« sacri confini »: « ...io ai miei ragazzi
insegno che le frontiere sono concetti
superati. Quando scrivevamo la lettera incriminata abbiamo visto che i nostri paletti di confine sono stati sempre in viaggio. E ciò che seguita a
cambiar di posto secondo il capriccio
delle fortune militari non può esser
dogma di fede né civile né religiosa ».
Ancora, sulla guerra coloniale di Etiopia: « Quegli ufficiali e quei soldati obbedienti che buttavano barili d’iprite
sono criminali di guerra e non sono
ancora stati processati. Son processato invece io perché ho scritto una lettera che molti considerano nobile. Carissime fra le tante le lettere di affettuosa solidarietà delle commissioni interne delle principali fabbriche fiorentine, quelle dei dirigenti e attivisti della CISL di Milano e Firenze e quella
dei Valdesi ». Ricordando poi Hiroshima dice: « Condannare la nostra lettera equivale a dire ai giovani soldati
italiani che essi non devono avere una
coscienza, che devono obbedire come
automi, che i loro delitti li pagherà chi
li avrà comandati. E invece bisogna
dir loro che Claude Heatherly, il pilota di Hiroshima, che vede ogni notte
donne e bambini che bruciano e si
fondono come candele, rifiuta di prender tranquillanti, non vuol dormire,
non vuol dimenticare quello che ha
fatto quand’era ’bravo ragazzo’, un
’soldato disciplinato’ (secondo la defizione dei suoi superiori; un ’povero
imbecille irresponsabile’, secondo la
definizione che dà lui di sé ora) ». Occorre quindi « avere il coraggio di dire ai giovani che essi son tutti sovrani, per cui l’obbedienza ormai non è
più una virtù, ma la più subdola delle
tentazioni e che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini
né davanti a Dio ». Ed infine, pensando al futuro immediato: « E noto che
l’unica ’difesa’ possibile in una guerra
di missili atomici sarà di sparare 20
minuti prima dell’aggressore. Ma in
lingua italiana lo sparare prima si
chiama aggressione e non difesa. Oppure immaginiamo che uno Stato onestissimo per la sua ’difesa’ spari 20
minuti dopo. Cioè che sparino i suoi
sommergibili, unici superstiti di un
paese ormai cancellato. Ma in lingua
italiana questo si chiama vendetta e
non difesa ».
Ed infine, concludendo la sua lunga
lettera ai giudici:
« Spero di tutto cuore che mi assolverete, non mi diverte l’idea di andare
a far l’eroe in prigione, ma non posso
fare a meno di dichiararvi esplicitamente che seguiterò a insegnare ai
miei ragazzi quel che ho insegnato fino a ora. Cioè che se un ufficiale darà
loro ordini da paranoico hanno solo il
dovere di legarlo ben stretto e portarlo in una casa di cura. Spero che in
tutto il mondo i miei colleghi preti e
maestri d’ogni religione e d’ogni scuola insegneranno come me. Poi forse
qualche generale troverà ugualmente
il meschino che obbedisce e così non
riusciremo a salvare Tumanità. Non è
un motivo per non fare fino in fondo
il nostro dovere di maestri. Se r>on potremo salvare l’umanità salveremo almeno l’anima ».
Questi, alcuni dei pensieri e delle
idee di don Milani: noi ci auguriamo
veramente di cuore che il maggior numero possibile di persone si interessino e prendano parte attiva alla giusta
soluzione di importanti problemi civili
e sociali quali quello della profonda
riforma della scuola e del riconoscimento dell’obiezione di coscienza, problemi che finora sono siati affrontati
in un modo veramente indegno di un
paese che si dice democratico e civile.
Robiìrto Pt:yrot
Casa Gay
Vacanze organizzate dal 15 luglio al 31
agosto, a Torre Pellice, per bambine dai
6 ai 14 anni. Compiti delle vacanze,
passeggiate, giochi, sport in un ambiente sano e familiare. Iscrizioni
aperte fino al 10 luglio ])resso « Casa
Gay » - 10066 Torre Pellice (To); tei.
(0121) 91.386.
8
pag. 8
N. 26 — 26 giugno 1970
La Chiesa nel mondo
a cura di Roberto Peyrot
EFFERATI MASSACRI DI KIMBANGUISTI DA PARTE DI BIANCHI
Muoiono per la loro fede in Angola
Cecoslovacchia; verso la
repressione religiosa?
Praga (bip) — Una serie di misure
repressive deve ridurre le Chiese e le
comunità religiose cecoslovacche alla
situazione che era loro propria prima
della « primavera praghese » del 1968.
Sotto’ certi aspetti il loro controllo da
parte degli organismi statali o del partito deve essere ancora più severo di
quanto non lo sia stato sotto il regime
di Novotny.
Un memorandum, elaborato dal governo di Bratislava, tratta delle Chiese
luterana, riformata, ortodossa e degli
altri gruppi e sette religiose, come pure delle comunità ebraiche. La maggioranza delle direttive riguarda però la
Chiesa cattolica romana e la Chiesa
greco-cattolica, le due più importanti
comunità religiose della Slovacchia.
Scopo delle direttive elaborate dal
ministero slovacco dei culti è quello
di tenere in pugno le comunità religiose in modo tale che « le ideologie religiose non possano esercitare alcuna
influenza sull’ordine socialista ». D’altra parte, il partito comunista intende
servirsi delle Chiese e delle comunità
religiose per consolidare il regime.
Inoltre il ministro slovacco dei culti
dichiara, nel suo documento segreto,
che lo studio della politica ecclesiastica e di tutti i suoi problemi deve proseguire colle autorità degli altri paesi
socialisti. Consultazioni in questo campo si sono già svolte fra i rappresentanti dei segretariati cèco e slovacco
incaricati degli affari religiosi e i corrispondenti organi dell’Unione sovietica e dell’Ungheria. Col tempo, analoghe consultazioni verranno effettuate
con gli altri paesi socialisti.
IL SINODO DELLA CHIESA
RIFORMATA BELGA
Namur (bip) — Il 117« Sinodo della
Chiesa Riformata del Belgio ha avuto
luogo a Namur ai primi del mese di
giugno.
Dalle tre giornate di riflessione fra
i delegati di 48 parrocchie, è emerso
l’invito ad ogni membro di chiesa a
riflettere sul fondamento della fede
cristiana e sul modo col quale conviene viverla fra gli uomini: occorre essere attenti a tutte le occasioni di preghiera, di lavoro e di riflessione in
équipe.
E stato anche rivolto un invito al
dialogo colla gioventù e ad essere nel
contempo vigilanti nei riguardi dei flagelli sociali, sostenendo diversi sforzi condotti per liberarne le vittime.
Il Sinodo esorta anche i cristiani ad
un reale sacrificio per l’aiuto allo sviluppo: ogni membro di chiesa deve seriamente esaminare e decidere quanta
parte dei suoi beni debba dedicare a
questo scopo.
Nel desiderio di meglio definire la
missione della Chiesa Riformata belga — in una situazione di minoranza
come è la sua — il Sinodo ha ascoltato un esposto di F. Andrieux, assistente di sociologia religiosa presso la Facoltà di teologia protestante dell’Università di Strasburgo. L’oratore ha
stigmatizzato la tentazione della chiesa minoritaria di ripiegarsi su se stessa, di chiudersi in una ideologia conservatrice e di irrigidire le sue posizioni dottrinali e strutturali di fronte
alla maggioranza.
Fra gli ospiti del Sinodo era presente anche un rappresentante della Chiesa cattolica romana, il quale ha sottolineato come le Chiese cattolica e protestante siano alle prese con analoghe
preoccupazioni nella situazione odierna.
LE CHIESE E LA CRISI
DELL’EDUCAZIONE
Amsterdam (bip). - L’insoddisfazione davanti agli obbiettivi dell’educazione attuale e
la ricerca di nuove formule e metodi suscettibili di introdurre dei cambiamenti: questi
sono stati gli aspetti principali del Colloquio
sulla crisi dell’educazione nel mondo.
Organizzato dall’Ufficio dell’educazione del
CEC, questo Colloquio aveva lo scopo di aiutare le Chiese a chiarire l’azione che esse potrebbero intraprendere per affrontare alcuni
dei problemi che si pongono nel mondo intero ai responsabili dell’educazione pubblica.
La conferenza ha posto in evidenza paree
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chic preoccupazioni comuni e ha delimitato
certi settori nei quali i responsabili deH’insegnamento religioso e dell’educazione in genere
possono collaborare in modo fruttuoso.
Come conclusione, i partecipanti hanno :
— chiesto alle Chiese membri del CEC di
agire in favore della democratizzazione
dell’insegnamento;
— insistito sulla necessità per le Chiese di sostenere gli esperimenti e i progetti piloti
che lo Stato non può sovvenzionare;
— sottolineato l’importanza dell’ educazione
extra - scolastica: lotta all analfabetismo,
istruzione civica e politica, tecniche agricole, formazioni professionali, edueazione
religiosa, ecc.;
— chiesto al CEC di dare il suo appoggio
finanziario a quei progetti che favoriscono
la trasformazione sociale a favore delle
masse;
-— pregato il CEC di pronunciarsi chiaramente contro il razzismo nel campo dell’educazione.
L’Ufficio dell’educazione del CEC esaminerà
tutti i suggerimenti e darà le opportune direttive per distribuire le risorse del suo Fondo
per il rinnovamento dell’educazione.
UNA CHIESA UNITA
NEL PAKISTAN
Karachi (soepi) - Gli anglicani, i metodisti e
i presbiteriani pakistani si uniscono per formare la nuova « Chiesa del Pakistan », che sarà
ufficialmente costituita nel prossimo novembre. Essa si compone delle diocesi di Karachi,
Labore e Bacca della Chiesa anglieana dell’India, del Pakistan, della Birmania e di
Ceylon; del Consiglio della Chiesa di Sialkot
della Chiesa di Scozia e della Chiesa metodista. Vescovo della nuova Chiesa sarà il veseovo metodista del Pakistan, Victor John Samuel.
Le testimonianze di questi fatti sono state
registrate su nastro magnetico a Kikongo. Le
date i luoghi ed i nomi non sono stati resi
noti dietro richiesta dei testimoni stessi. Questo documento è stato inviato dal pastore
P. Mailer, attualmente a Kinshasa (Congo).
* *
Leggendo il suddetto titolo ci si potrebbe
chiedere se siamo del XX secolo o all'epoca
dell’Inquisizione, se non addirittura a quella
del cristianesimo primitivo. I fatti qui riportati risalgono invece esattamente al 5 marzo
1970. Da parecchio tempo dei profughi riferivano che in Angola dei cristiani « eretici »
che non fanno parte della chiesa ufficiale cattolica subiscono le peggiori sevizie da parte
della polizia segreta del governo e dell’amministrazione coloniale portoghese. Si deve
perciò credere che gli echi del « Vaticano II »
non siano mai giunti sin là, e neppure alla
cristianissima Lisbona!
Ci è stato dato di aver delle testimonianze
dirette e sicure su fatti che sono avvenuti in
un recente passato, per mezzo di testimoni
oculari di cui non possiamo disgraziatamente
fare i nomi; infatti detti testimoni ritornano
nella colonia portoghese per aiutare i loro
parenti ed amici, a volte prigionieri dei portoghesi.
I profughi affluiscono senza interruzione
nel Congo Kinshasa, che ne ha già ospitati
600 mila (N. d. r. : ricordiamo a questo proposito che uno degli obbiettivi della nostra
iniziativa « Contro la fame degli altri » riguarda appunto il Centro di sviluppo comunitario
organizzato deirEPER, l’organo assistenziale
delle Chiese svizzere, allo scopo di aiutare
quegli infelici a riacquistare una coscienza
umana e sociale). Col rischio della vita, passano la frontiera di notte, clandestinamente.
Il governo congolese li nutre alla meglio per
un certo tempo; la loro situazione è molto
precaria.
Echi della settimana
a cura dì Tullio Viola
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 — 8.7.1960
Tip. Subalpina s.p.a - Torre Pellice (To!
EPISODI DELLA REAZIONE
IN FRANCIA...
Numerosi gruppi di “gauchistes"
(gruppi della sinistra extraparlamentare) sono stati disciolti. Il più importante di questi aveva come organo di
stampa « La cause du peuple », i cui
direttori Le Dantec e Le Bris sono ora
in carcere. Alain Geismar, leader del
gruppo, è latitante.
Jean-Paul Sartre ha voluto sai vare
« La cause du peuple », assumendone
personalmente la direzione, « perché
vi ho visto un mezzo d’incoraggiamento della discussione fra i diversi gruppi “gauchistes”, (...) essendo nostro dovere far di tutto per mantenere il dialogo » (Articolo pubblicato sul « Nouvel Observateur », citato da « Le Monde » del 19.5.’70). Sartre ha avuto parole generose e acutamente critiche,
giungendo a dire che troverebbe giusto ch’egli stesso venisse arrestato, e
a paragonare l’attuale polizia a quella dell’occupazione tedesca durante la
seconda guerra mondiale.
La presa di posizione di Sartre ha
sollevato un’ondata polemica cui ha
preso parte anche François Mauriac.
« Sartre merita compassione (scrive
questi sul « Figaro Littéraire » del
15-21.6.1970). Egli vuole andare in prigione. Ha sete di martirio, ma non
esiste martire senza carnefice e qui è
proprio il carnefice che manca. Sartre
proferisca pure minacce di morte: nessuno lo prende sul serio. È sufficiente
che egli assuma la direzione d’un giornale che vuol mettere ogni cosa a ferro e a fuoco, perché questo giornale
divenga subitamente anodino, ed è sufficiente che questo diventi “il giornale
di Sartre", perché non faccia più paura a nessuno.
Il problema è di sapere se chi detiene il potere è libero di non tenere alcun conto delle nostre manifestazioni
e delle nostre imprese, e di restare impassibile di fronte ai nostri progetti
incendiari. Ciò che conta è la sola intenzione, e quella d'andare in prigione
non basta per gettare in galera qualcuno di tanto incurabilmente inoffensivo quanto Sartre. Egli è inoffensivo
dalla nascita, lo è per definizione, e
qualunque bomba egli la disinnescherà prima di poterla lanciare. Se valesse la péna di trarre una lezione da
questa storia, si dovrebbe dire che nessuno è capace di sputare più in allo
del proprio naso in tema di rivoluzione, e che bisogna lasciar fare quelli
del mestiere e che son nati per attaccar briga. Sartre è un pacifico, ch’egli
lo voglia o no: finché egli sarà là, noi
non avremo nulla da temere. Non gli
tocca d’esser perseguitato. Lo si metterà piuttosto sotto una campana di
vetro, come una vecchia pendola ricoperta, da molto tempo, di una doratura indelebile... ».
Queste parole del Mauriac ci sono
odiose, e proprio per questo le abbiamo riportate. Il « cattolicissimo » Mauriac deride, nel modo più villano, il
« pacifico e mansueto » Sartre: « pacifico e mansueto » e cioè (almeno potenzialmente) « cristiano ».
...E NEGLI STATI UNITI
Ma gli episodi della reazione in Francia son rose e fiori al confronto di
quelli in America! « Una cosa è certa
comunque: non esiste più alcuna garanzia contro l’ondata di violenza e di
repressione in corso. Gli elementari diritti costituzionali sembrano messi in
pericolo.
La lotta per la sopravvivenza di cui
è protagonista il partito delle “Pantere", ha sollevato una serie di questioni sui diritti civili. Basta ricordare il
clamoroso processo contro otto leaders
accusati di “aver varcato le frontiere
per fomentar disordini”, nuovo crimine aggiunto alla legge anti-sommosse;
la sanguinosa sparatoria di cui furono
protagon.sti i 14 poliziotti che irruppero all’alba nell’appartamento di una
“pantera" a Chicago, col pretesto di
cercar armi, e durante la quale uccisero a freddo due militanti e ne ferirono altri quattro. Contro quei poliziotti non s’è mai proceduto, né per
omicidio volontario né per omicidio
colposo. Altri dirigenti furorio uccisi a
Los Angeles. Dozzine di militanti marciscono in prigione: uomini e donne
(alcune incinte) sottoposti ad ognijipo di vessazioni e multe spesso "inventate” dai poliziotti.
Nel corso di un recente processo tenutosi a New York contro tredici “pantere” accusate di organizzare attentati
terroristici, il sergente di polizia George Abraham ha candidamente ammesso resistenza di speciali “red squads”
(squadre rosse) che, in collaborazione
con l’FBI (Federai Bureau of Investigation: Polizia federale), schedano i
militanti fotografandoli durante le
manifestazioni o tramite le informazioni di quegli agenti che riescono a
infiltrarsi nelle organizzazioni. Il distretto di polizia di New York ha classificato il BPP (Black Panther Party:
Partito delle pantere nere) come “ostilmente sovversivo", come se esistesse
realmente una categoria del genere.
Basterà ricordare che ai tempi del
maccarthismo un simile tentativo, nei
confronti dei comunisti, fu reso vano
dalla Corte Suprema allora diretta da
Earl Warren.
È un vero e proprio arsenale di leggi repressive quello che vari stati hanno sfoderato richiamandosi puntualmente all’alibi delle "normali procedure criminali”: una legge, appositamente approvata dal Congresso, sulla detenzione preventiva degli “organizzatori di disordini"; le leggi che vanno sotto il nome di “stop and frisk" (ferma
e perquisisci) e “no knock" (non bussare), che consentono alla polizia di
perquisire abitazioni private senza
mandato, con lo scopo di trovare armi
o narcotici. Inutile sottolineare la
“estendibilità” di queste leggi ai militanti politici. Con VOmnibus Crime
Control Act" (Legge per il controllo
dei crimini con ogni mezzo) del ’68, la
polizia ha acquisito il diritto di titilizzare dispositivi elettronici auditivi senza autorizzazione del magistrato. L’uso
vastissimo che le polizie di molti stati
fanno di questi apparecchi è stato documentato in un rapporto informativo
al Congresso del ’69. In quell’occasione
il ministro della giustizia Mitchell chiese che l’applicazione, esclusivarnente
“anticriminale’’, di questi sistemi venisse estesa per sorvegliare stranieri
sospetti, gruppi di radicáis e singoli
individui ».
(Da un articolo di Sylvia E. Grane,
su «L'Astrolabio» del 21.6.’70).
La maggioranza di questi perseguitati sono
dei Kimbtmgiiisti membri della giovane « Ghie,
sa di Gesù Cristo sulla Terra del profeta Si
mon Kimbangu » (CGCK). È una Chiesa mol
to viva : raggruppa circa 3 milioni di fedeli
Fa parte del CEC ed è stata ufficialmente ricevuta in occasione delTAssemblea generale
dell agosto 1969. Essa predica la salvezza in
Gesù Cristo e la fondamentale autorità della
Scrittura.
S. Kimbangu è morto dopo trent’anni di
prigionia belga, sotto la sferza dei carcerieri
(n. d. r. quando il Congo era una colonia
belga).
Le Chiese protestanti riconoscono l'ortotlossia ed il valore dell’insegnamento kimbanguista, mentre questo non avviene da parte dei
cattolici per cui i membri angolosi della CGCK
sono perseguitati.
Il 5 marzo scorso, come dice il testimone, i
militari portoghesi, guidati dai preti e da
traditori negri — probabilmente ben pagati,
come in altri casi analoghi — sono entrati nel
nostro villaggio. Hanno chiesto se vi erano dei
kimbanguisti. Nessuno ha avuto il coraggio di
confessare la sua fede poiché era certo che, se
lo avessero fatto, sarebbero stati arrestati e
forse fucilati. Essi ricorsero allora al vecchio
espediente già collaudato dai belgi nella loro
ex-colonia : si fece una grande festa con distribuzione di alcool a tutta la gente, con obbligo di berlo. È noto che i kimbanguisti, per
motivi di ordine religioso, non bevono alcoolici. Quelli che rifiutavano di bere vennero
dunque classificati come kimbanguisti e messi
d'i parte. È stato loro chiesto di rinnegare la
propria fede oppure di pregare che avvenisse
un miracolo. Contemporaneamente i soldati
misero sul fuoco un grande mastello d’acqua.
I kimbanguisti intonarono i loro cantici, che
sono numerosi e caratteristici. Quando l’acqua
prese a bollire i soldati portoghesi, bianchi, vi
buttarono il direttore della corale ed un sorvegliante. Chiesero agli altri di rinnegare la
loro fede, ma siccome questi continuavano a
cantare, li abbatterono a colpi di raffica di
mitra.
Il nostro testimone si era tenuto ai margini
del villaggio durante il massacro e prima di
fuggire ha potuto sapere che nel suo solo villaggio 150 persone, fra uomini, donne e bambini che scappavano al crepitìo delle prime
raffiche sono stati abbattuti come la selvaggina
quando fugge.
Sappiamo per certo che in un altro villaggio, sempre in quel 5 marzo e sempre in .ingoia, vi sono state altre 58 vittime. Già nel
maggio 1969 cento kimbanguisti vennero assassinati da portoghesi per motivi religiosi.
È stato inviato un dettagliato rapporto al
CEC a Ginevra e al servizio della stampa
evangelica svizzera.
Possiamo affermare che non esiste nella
chiesa kimbanguista la minima traccia di xenofobìa e che i bianchi vi sono ricevuti con
fierezza, ma a braccia aperte, e questo malgrado un passato carico di persecuzioni. Noi
stessi abbiamo sperimentato questo.
I cattolici progressisti — e sono legioni ■—
sono sconvolti da questo stato di cose e 1 arcivescovo di Lukasa in Zambia ha fatto una di
chiarazione per protestare contro i massacri
e le deportazioni di cristiani in ,\ngola. come
capita d’altronde anche in Rodesia.
Purtroppo nelle colonie portoghesi vi è anche un clero retrogrado che vive ancora nel
sogno dell’inquisizione e del colonialismo. Si
rende necessario un immediato intervento del
Vaticano.
(Documenti B.I.P.)
iiiiiiiinimiiiiiiiiiiiiiiii
Come intervenire con
efficacia nei punti di
conflitto mondiali ?
(segue da pag 1)
se le Chiese possono impegnarsi direttamente, ad esempio presentando proposte a un dato governo e organizzando un convegno su base neutrale. Questa funzione può comportare l’adozione di progetti o l’invio di delegazioni.
In un quarto tempo la Commissione
consiglia gli organi decisionali del
C.E.C. circa la posizione da assumere.
Spesso essa dissuade il C.E.C. dal prendere posizione, se un atteggiamento
calmo e discreto può rivelarsi più efficace.
Quali possibilità ha, la C.C.A.I., di
contribuire materialmente all’instaurarsi della pace?
In primo luogo è di estrema importanza dire pane al pane e chiamare le
cose con il loro nome. Ma è ancora
più importante far prendere coscienza
di un confiitto, come ho detto poco fa,,
per mezzo di studi, di pubblicaizioni,
di colloqui, avviando un dialogo con il
popolo. Se non conseguiamo que.sto
scopo, le nostre frasi resteranno vuote, resteranno degli slogans del tipo
« i cristiani amano la pace ». In ogni
situazione l’informazione è della massima importanza. Abbiamo coscienza
che essa non è mai interamente obiettiva, ma non per questo bisogna lasciarsi travolgere da considerazioni di
tipo puramente emozionale. Nel caso»
del conflitto fra la Nigeria e il Biafra,.
ad esempio, l’emozione ha spesso avuto il sopravvento sugli argomenti razionali a causa di una carenza d’informazione. Nella crisi del Medio Qriente
il semplice fatto di esporre le vedute
di un partito o di dargli occasione dì
esprimere le proprie idee —il che è
una necessità, se si vuole impegnare
un dialogo — è quasi sempre interpretato dall’altra parte come un atteggiamento partigiano. Di fatto, si tratta
di uno sforzo destinato a gettare le
basi di negoziati futuri.
Il caso von Spreti In Guateinala
Del Guatemala l’Europa conosce, per lo più, solo Chiquita, “la banana 10 e lode,,; il resto non la tocca
Si moltiplicano — e più si moltiplicheranno^ probabilmente — i casi di rapimento di
diplomatici in questo o in quel paese « in
fase di sviluppo » o « situazione rivoluzionaria », a seconda delle ottiche. È facile la deplorazione di questi gesti, che talvolta hanno
conclusioni tragica. Ma occorre vederli inquadrati nel contesto reale di questi paesi. L articolo che segue e solo un esempio. red.
Guatemala: mortalità infantile pari al 95
per mille; per i sopravvissuti la durata media
della vita è al di sotto dei cinquant’anni;
Tanalfabetismo si estende al 70 per cento
della popolazione. 11 sacerdote Biase Bonpane
ha scritto sul a Washington Post » che « delle
70.000 persone che ogni anno muoiono in
Guatemala, 30.000 sono bambini. [...] In Guatemala, gli Stati Uniti appoggiano militarmente un’oligarchia del due per cento di
guatemaltechi che possiede Tottanta per cento
della terra e il potere che ne deriva ».
La destra si è organizzata in formazioni terroristiche, il MANO (Movimiento Anticomunista Organizado), la NOA (Nueva Organización Anticomunista), il CADEG (Consejo Anticomunista de Guatemala) — finora ne sono
state elencate non meno di quattordici -— che
agiscono allo scoperto, protette dai poteri dello stato. II colonnello Arana Asorio, Tuomo
che ha vinto le recenti elezioni e che il 1° luglio dovrebbe insediarsi alla presidenza del paese, controlla direttamente alcune di queste
organizzazioni, il cui compito consiste nel rapire esponenti di sinistra, liberali, a volte figure semplicemente sospettate di avversare il
regime che tiene il paese alla mercé della
United Fruit {el pulpo, come dicono i guatcmaltechi), la società americana che detiene il
potere reale. I rapiti vengono regolarmente ritrovati, morti, nelle strade di periferia, con
evidenti segni di sevizie e di mutilazioni. Chi
sfugge alle organizzazioni terroristiche difficilmente viene risparmiato dalla polizia, che
elimina dalla scena ogni sia pur potenziale oppositore, senza processo, senza neppure una
parvenza di « garanzie » giuridiche. E la polizia è controllata da « consiglieri » statunitensi, che agiscono spesso all’ombra della AID
(Agency for International Development), un
oi-ganismo della « alleanza per il progresso ».
Riescono a sfuggire a questi ingranaggi i
bambini malnutriti delle bidonvilles (se non
sono figli di rivoluzionari, o di sospetti tali.
perché il terrorismo colpisce anche i congiunti dei propri oppositori), ai quali il « destino » riserba spesso il privilegio di una morte più « naturale »; per fame, per dissenteria,
per mancanza di assistenza e di misure igieniche.
L'Europa, per lo più, del Guatemala conosce solo Ciquita, « la banana 10 e lode ». Il
resto non la tocca. Ma l’assale un sussulto
« umanitario » improvviso, razzistico e ipocrita, quanto un esponente del suo establishment
viene rapito dalle formazioni guerrigliere. Le
FAR (Fuerza Armadas Rebeldes) co «lucono
da tempo la loro coraggiosa offensiva controla morsa imperialistica. Il rapimento di Karl
von Spreti — il rappresentante della Germania occidentale, un Paese che contribuisce non
poco al sostegno della marcia oligarchia guatemalteca, monopolizzando quasi l’importazione del caffè prodotto nel paese — rientra perfettamente nella logica della lotta guerrigliera. Ma il governo guatemalteco, con Tevidente
complicità degli Stati Uniti, ha giocato freddamente la vita di quest’uomo, nello sciagurato disegno di indebolire la lotta di resistenza.
Certamente la fine di von Spreti ha costituito
motivo di travaglio reale e profondo solo da
parte di chi si è trovato nella tragica necessità di deciderla e compierla. Ma le responsabilità ricadono per intero su chi ha esasperaro in quel paese il terrorismo (di destra),
la fame, la negazione dei diritti più elementari.
C’era stato un precedente clamoroso al ca.so
di von Spreti. L’uccisione, nell’agoslo del 1968.
dell’ambasciatore degli Stati Uniti, John Gordon Mein, da parte delle formazioni guerrigliere. A quella operazione aveva attivamente
partecipato una intellettuale francese, Michèle
Firk. Catturata. Michèle si suicidò, nel timore di tradire i compagni sotto le torture. Prima di partire per quella missione aveva scritta ai suoi amici poche parole in cui ben sì
compendia lo spirito che anima queste estreme forme di lotta contro l’imperialismo:
<( Ciò che è vergognoso è conversare del
Vietnam con le dita nella sabbia senza cambiare nulla della propria vita, di parlare della
guerrìglia in America latina come deH’ultima
tournée di Johnny Hallyday. Ciò che è vergognoso è di essere "informati obiettivamente'^
senza mai partecipare ».
Nicola Perrone
Resistenza, maggio 1970. p. 6.