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ECO
DELLE WII VALDESI
BIBLIOTECA VALDESE
10066 TOt^RE PEIL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
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►
Anno 110 - Nam. 12
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TORRE PELUCE - 23 Marzo 1973
Anun. : Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
VOTATO IL TESTO FINALE DELL’ATTO DI CONCORDIA
TRA CHIESE LUTERANE E RIFORMATE IN EUROPA
Fratelli non più separati
II
Viyeirs" lel milessiinile
Il 16 rnarzo 1973 può diventare una
data storica per il protestantesimo europeo. Quel giorno, a Leuenberg (vicino a Basilea) i delegati delle chiese luterane e riformate d’Europa hanno approvato (con 35 voti favorevoli, nessun
contrario e 4 astensioni, tra cui quelle del delegato delle chiese riformate
svizzere e del delegato della chiesa valdese) il testo conclusivo del loro accordo dottrinale e dichiarato di potere e voler vivere, come chiese, in comunione di fede e di servizio. Luterani e riformati, veri « fratelli separati »
fin dal tempo della Riforma, si sono
ora riconosciuti come fratelli non separati.
Sono 88 le chiese interessate a questo «Atto di concordia»: oltre 70 (tra
cui la nostra) si erano pronunciate, in
termini generalmente positivi, sulla
bozza di Concordia, redatta, sempre a
Leuenberg, nel settembre 1971. Il testo
('male votato il 16 marzo scorso non
differisce sostanzialmente dalla bozza
del ’71, ma contiene alcune precisazioni importanti specialmente sulla nozione di « comunione tra chiese » tipica del documento, e sul carattere di
quest’ultimo in rapporto alle confessioni di fede tradizionali: l’Atto di concordia non è una nuova confessione di
fede e non intende porre in questione
il valore delle vecchie confessioni di
fede; l’Atto di concordia documenta la
esistenza di « un accordo nell’essenziale » che rende possibile la comunione
tra chiese che hanno confessioni di fede diverse. Queste ultime restano ma
si trovano ora situate e quindi utilizzate in un contesto nuovo: l’Atto di
concordia è questo contesto.
Sono rimaste inalterate le affermazioni teologiche fondamentali circa
questioni controverse del tempo della
Riforma su cui luterani e riformati
non riuscirono ad accordarsi: si tratta di alcuni aspetti della dottrina della S. Cena, della predestinazione e delle « due nature » di Gesù. Secondo lo
stile del tempo, le posizioni non condivise vennero formalmente condannate con una serie impressionante di
« damnamus » pronunciati gli uni contro gli altri. L’Atto di concordia constata che queste condanne, che esprimono il dissenso interno al protestantesimo del 16o secolo, « non colgono la
posizione dottrinale » delle chiese luterane e riformate di oggi, per cui « non
costituiscono più un impedimento alla loro comunione ».
Questa comunione è fondata positivamente su un « accordo nella comprensione dell'Evangelo » e si esprime
come « comunione nella predicazione
e nei sacramenti » e come sforzo verso
« la più ampia possibile comunanza di
azione nell’ambito della testimonianza
e del servizio al mondo ». E ovvio d’altra parte che la comunione tra luterani e riformati non cancella né vuole
cancellare le varie differenze in campo dottrinale, liturgico, istituzionale,
disciplinare esistenti tra loro, senza
essere un fattore di divisione; piuttosto essa esige un costante approfondimento e una continua verific-a-e quindi impegna le chiese a istituire tra loro un dialogo teologico permanente:
l’Atto di concordia elenca una serie di
problemi antichi e nuovi che ne costituiranno i temi principali.
In sostanza, quest’Atto di concordia
chiude una pagina di storia e ne apre
un’altra; segna allo stesso tempo una
fine e un iniziò; conclude una separazione « ufficiale » durata troppo a lungo e inaugura un tempo di comunione
effettiva, non solo dichiarata ma vissuta. Per questo occorre moltiplicare
le occasioni di incontro e confronto e
cercare un’azione e una testimonianza
comuni: l’Atto di concordia dischiude
questa prospettiva e qui appare il suo
vero valore. Se lo si considera soltanto come pacifica risoluzione delle controversie del passato, l’Atto di concordia interessa poco; se lo si considera
invece come premessa e condizione per
un nuovo modo di vivere insieme tra
luterani e riformati d’Europa, è un documento importante, degno di attenta
considerazione. Le chiese dovranno
pronunciarsi entro il 30 settembre 74,
comunicando per iscritto il loro parere al Consiglio ecumenico delle Chiese,
La prossima settimana :
pagina a cura della FFV su
LE COMUNITÀ' DELLE VALLI
A CONFRONTO
COL FENOMENO DEL TURISMO
la cui Commissione « Fede e Costituzione » ha fin daH’inizio promosso e organizzato gli incontri teologici di
Schauenburg prima e poi di Leuenberg,
che hanno reso possibile l’accordo tra
luterani e riformati d’Europa.
Non è il caso ora di addentrarci in
una analisi particolareggiata di questo
importante testo ecumenico. Ci limitiamo a darne una descrizione sommaria corredata da poche osservazioni introduttive. L’Atto di concordia consta
di 49 paragrafi: i primi due costituiscono il preambolo, gli altri sono suddivisi in 4 capitoli, intitolati rispettivamente: « Il cammino verso la comunione »; « La comune comprensione
dell’Evangelo »; « L’accordo raggiunto
in rapporto alle condanne dottrinali
del tempo della Riforma »; « Dichiarazione e attuazione della comunione ».
Ed ecco le osservazioni introduttive.
Anzitutto è chiaro che l’Attó di concordia, malgrado lo sforzo di tener
conto della situazione odierna della fede, è ancora prigioniero di quella che
si può chiamare la logica confessionale: le formule che un tempo servirono
a confessare la fede vengono ripetute
come se avessero mantenuto intatto il
loro potere di comunicazione delI’Evangelo; inversamente, i problemi della confessione della fede nel nostro
tempo, anziché costituire il contesto di
tutto il discorso, ne forma soltanto
un’appendice. Insomma, l’orizzonte del
documento è confessionale più che confessante. Secondo alcuni era inevitabile; secondo altri sarebbe stato non
solo possibile ma vantaggioso subordinare le diverse preoccupazioni confessionali alla comune istanza confessante.
La seconda osservazione riguarda la
teologia del documento. Si tratta ov
viamente di una teologia interconfessionale, che non vuole essere di compromesso e d’altra parte, per consentire una certa elasticità interpretativa,
non può evitare talune formule ambigue o almeno polivalenti. Va da sé che
non mancheranno riformati inclini a
considerare il testo troppo luterano, e
luterani pronti a denunciarlo come eccessivamente riformato. In realtà, si
sono cercate espiessioni che, pur con
diverse sfumature di significati, possono essere condi\ ise sia dai luterani
che dai riformati: l’obiettivo non è, in
questi casi, di redigere un testo ideale
ma semplicemente un testo accettabile
per entrambi. È uà fatto però che nell’Atto di concordia, su alcune questioni controverse, predominano le preoccupazioni tipiche della teologia luterana (ad esempio a proposito del battesimo, della S. Cena e della giustificazionsrper fede), mentre le posizioni riformate, benché presenti, hanno un rilievo minore.
Una parola mime sul valore ecumenico dell’Atto di concordia: un valore
certamente granee perché questo documento introdu« o nel dibattito e nella esperienza m i ' ¡ confessionale il concetto di « comunione tra chiese », finora praticamciuc inutilizzato ma destinato ad acqui S I are un peso crescente nel futuro dei movimento ecumenico. «Comunione non e «unità» ma
neppure solo « ¡ : derazione ». Il rapporto di común ne rispetta le differenze esistenti n a chiese confessionalmente diverse c nello stesso tempo
istituisce una un ■; i di fondo sulla base di un « consenso sull'essenziale » necessario e sufficiente per vivere e testimoniare insieme emme chiese evangeliche.
Paolo Ricca
’Voyeur’, ’guardone’ è, nel gergo
odierno, colui che morbosamente spia
le effusioni di una coppia; e ’voyeuristico’ è definito un film, uno spettacolo che a tali distorsioni si presta
compiacente.
Ma pare nascere un nuovo tipo di
’voyeur’, quello da confessionale. Infatti sta per uscire, presso l’editore
Marsiho di Padova, un libro intitolato
Il sesso in confessionale, e « L’Espresso » del 18 marzo 1973, nella sua sezione « colore », pubblica in anteprima
una scelta delle confessioni che due
giornalisti, Norberto Valentini e Clara Di Meglio, « hanno registrato direttamente in un lungo giro per le chiese di tutta Italia ». L'idea pare sia venuta loro sette anni fa, quando il settimanale francese « Paris Match » pubblicò la registrazione di alcune confessioni. « Partendo da questo spunto
e basandosi su una relazione tenuta il
1971 a Padova al congresso di teologia », i due giornalisti « hanno costruito una serie di casi-tipo incentrati sui
problemi sessuali, i quali coprono la
quasi totalità l’&2%, dei peccati trattati in confessione ».
Non ci è detto come siano state ’registrate’ queste confessioni (632, dalle
quali sono state selezionate le 112 pubblicate). « L’Qsservatore Romano »,
commentando indignato questa ’anteprima’ (17.3.’73) si domanda « se i due
abbiano simulato il sacramentò per
632 volte al fine di registrare il dialogo tra confessore e penitente, o se abbiano violato temerariamente il segreto del sacramento con registrazioni
abusive (...), o se si siano inventato
tutto da sé ».
Voglio scartare l’ipotesi peggiore,
quella di aver voluto solleticare il
’voyeurismo’ di molti, con la piccante
punta del ’sacrilegio’: non ho alcun
elemento per dare questo giudizio e
propendo quindi per l’intento di documentare ~ come pare affiori dall’antologia — un certo sfaldamento nel rigore dei confessori nei confronti dei
INVIATE 500 MILA LIRE PER GLI AIUTI ALLA MELANESIA
Il nostro fondo di solidarietà
Quanto avanza è destinato dai lettori al programma antirazzista del CEC, per cui
attendiamo altri impegni. Appoggiamo anche l’opera di ricostruzione in Indocina
Nel dare il consueto resoconto del
nostro « fondo », informiamo che esso
ha raggiunto in questi giorni quota 800
mila: in base alle destinazioni indicate dai vari sottoscrittori, provvediamo
a inviare alla Tavola — per un pronto
reinoltro al Consiglio ecumenico delle
Chiese — la somma di L. 500 mila quale nostra partecipazione ai soccorsi in
Melanesia, che, come abbiamo più volte ricordato, sta attraversando una
grave crisi a causa dei disastrosi eventi meteorologici accaduti qualche tempo fa.
La somma eccedente a tale cifra —
e sempre per specifica destinazione dei
sottoscrittori — è accantonata per essere inviata, assieme alle ulteriori offerte che ci perverranno, in appoggio
al programma di lotta al razzismo
(P.L.R.) del C.E.C. Diamo a questo proposito le ultime notizie, apparse sul
soepi, il bollettino ecumenico di informazioni: dalle stesse emerge che, parallelamente agli aiuti diretti in danaro e in mezzi inviati alle organizzazioni vittime del razzismo per scopi sociali, educativi ed economici, si stanno sempre più sviluppando azioni tendenti a denunciare, da un lato, l'apartheid come una situazione non solo anticristiana, ma addirittura criminosa,
e dall’altro, a sabotare lo sviluppo di
quelle aziende che dalla situazione di
oppressione razziale traggono i loro
utili, il loro « prestigio ».
D. Epps, segretario esecutivo della
commissione delle chiese per gli affari
internazionali del CEC ha preso la parola il 6 marzo a Ginevra, davanti alla
commissione delle Nazioni unite per i
Diritti dell’Uomo durante la discussione di un progetto di accordo sulla soppressione dell’apartheid. Egli ha particolarmente chiesto alle N.U. di reperire i mezzi per far applicare le risoluzioni e le convenzioni esistenti che condannano l’apartheid e ha dichiarato:
« Non sottovalutiamo affatto il valore
di questi obbiettivi, ma allo stesso
tempo sappiamo che i più direttamente toccati dalle politiche razziste sono
impazienti, vista la relativa inefficacia
delle N.U. e di altre organizzazioni per
l’eliminazione delle cause del razzismo ».
Durante la sessione dello scorso febbraio, il sinodo generale della Chiesa
anglicana ha discusso la questione degli investimenti in Sudafrica e del possesso di 70 mila azioni della « Consolidated Gold Fields Ltd ». La società è
stata accusata di costringere i suoi
Operai (estrazione dell’oro) a condizioni di lavoro « prossime alla schiavitù ». L’anno scorso gli amministratori
della Chiesa hanno venduto le azioni
della «JKio Tinto Zinc » che trae il 40
per cento dei suoi utili dal Sudafrica.
A sua volta a Londra la Chiesa cattolica ha venduto 20 mila azioni della
« Consolidated Gold Fields ». Analogo
atteggiamento ha tenuto quella di Portsmouth, mentre la diocesi di Westminster, essa pure proprietaria di dette azioni, sta esaminando il da farsi.
Ricordiamo che anche la nostra rubrica televisiva « Protestantesimo » ha
presentato la questione nella sua trasmissione dell’8 marzo scorso. Dopo un
filmato che ha illustrato scopi e finalità del P.L.R. del CEC, un inviato dell’organismo ecumenico ginevrino ha
chiarito — nei drastici limiti di tempo imposti dalla brevità della trasmissione stessa — le motivazioni che hanno indetto Chiese e singole persone a
prendere posizione su questo scottante problema, posizioni che — pur registrando alcuni dissensi e riserve — rivelano una sempre più ampia e convinta solidarietà pratica colle vittime
del razzismo.
* * *
Un altro impegno, parallelo a quello
anzidetto, il nostro « fondo » vuole affrontare e cioè il sostegno al programma — sempre del CEC — per gli aiuti
al Vietnam in particolare e all’Indocina in genere, spaventosamente provati
da una delle guerre più atroci. Faremmo veramente un torto ai lettori se ci
dilungassimo qui (dopo tutto quanto è
stato detto e scritto, anche su queste
pagine) ad illustrar loro le conseguenze di questo conflitto che ha profondamente intaccato e sconvolto resistenza di pacifiche popolazioni e che ha
compromesso per anni e anni il loro
sviluppo, la loro economia, la loro cultura, la loro stessa esistenza. Visto che
non siamo, riusciti a impedire o per
lo meno a far cessare prima questa
guerra atroce, dovremmo almeno sentire l’elementare dovere di sostenere
l’opera di chi organizza programmi di
aiuto per la rinascita di quei paesi.
Il CEC ha lanciato alle Chiese-membro un appello per la pronta raccolta
di 5 milioni di dollari (circa tre miliardi di lire) e eccessivamente per un
milióni'e mezzo all’anno per i prossimi tre anni. I programmi relativi si
stanno rapidamente concretizzando
(aiuti ai contadini, ai profughi, ai malati e mutilati, agli analfabeti, alle vedove, agli orfani, alle prostitute e alle
ragazze-madri). Altre iniziative verranno prese in giugno, dopo che la situazione sarà stata valutata sul posto da
membri del CEC nelle prossime settimane. Intanto a Parigi si sono conclusi gli incontri dei rappresentanti del
CEC col governo rivoluz. provvisorio
del sud Vietnam e con quello del Nord.
Alan Brash, direttore della commissione aiuti reciproci ha dichiarato che le
conversazioni sono state molto amichevoli e che gli aiuti del CEC sono
stati ben accetti « grazie allo spirito
col quale essi sono stati offerti ».
* * *
Ricordiamo a tutti i lettori queste
nostre iniziative, con preghiera di inviare le offerte possibilmente al conto
corr. postale n. 2/30878 intestato a Roberto Peyrot, corso Moncalieri 70, Torino, indicando la causale del versamento. Ed ecco intanto la situazione
aggiornata del « fondo »:
M. Jon Scotta L. 5.000; T. Porta 3.000;
O. Bufalo 10.000; L. Ranzani 5.000; Diaspora
valdese lucchese 16.500; P. Corbo 2.000; N.
N. con simpatia 5.000; N. N. riconoscente
97.415; E. Viglielmo 5.000; S. Cornelio 10
mila; Gigi e Nadia 5.000; P. Grillo 2.000; D.
Di Toro 5.000; fam. Viti 3.000; C. Bocus
1.500; G. Laetsch 5.000.
Totale L. 180.415; prec. 633.000 = L.
813.445. Alla Tavola per Melanesia L. 500.000
in cassa L. 313.445.
problemi sessuali, un certo aggiornamento della disciplina ecclesiastica in
conformità con l’evoluzione della morale corrente, della vita sociale odierna.
Il problema non sta qui, ma nel modo con cui queste confessioni sono state raccolte: non vedo come potrebbe
essere stato corretto. In un modo o
nell’altro, si è non solo compiuta, ma
programmata tutta una lunga serie di
deliberate infrazioni al segreto confessionale, che civilmente ha diritto di
essere tutelato come quello professionale, anzi come ogni aspetto della privacy umana. Non vedo come un settimanale che, giustamente, ha denunciato con forza le intercettazioni telefoniche, e tutto il sordido intrico politico-economico relativo, possa poi
presentare positivamente un’irhpresa
come questa. Forse, per la protesta,
contano solo i motivi di carattere politico ed economico, non quelli di carattere semplicemente umano, il rispetto della persona altrui, delle due
persone che si incontrano in un colloquio che si vuole gelosamente privato?
Non vorrei davvero essere frainteso:
non intendo certo difendere né la dottrina né la prassi confessionale, anche
se non son sicuro che il telefonare a
3131, lo stendersi sul divano di uno psicanalista, lo scrivere lettere ai direttori e direttrici spirituali laici di quotidiani e periodici sia sempre un gran
passo avanti sulla via della maturità
umana, e cristiana. Comunque mi è
chiaro quale potere la confessione rappresenti, prima che politico, spirituale,
sulle coscienze, bloccandole, con il
suggello sacrale, in una situazione che,
al tempo stesso,, è di soggezione a un
clero e di irresponsabilità ultima nei
confronti di Dio e del prossimo: sempre soggetti, sempre ’minori’.
Anche questa pietra perfettamente
incastonata nel grandioso edificio cattolico edificatosi nei secoli (ricordiamo
che solo la Controriforma ha introdotto la prassi e sancito il dogma di questo ’sacramento’) deve essere smantellata. Lo sapevano i Riformatori della tarda Riforma, nel XVI secolo; lo
sapevano, con la-loro feroce ironia anticlericale, gli evangelizzatori risorgimentali, e lo sappiamo oggi: non per
motivi psicologici, politici, sociali, ma
semplicemente biblici. Ma l’errore va
combattuto alla radice teologica, non
con queste inchieste pseudoscientifiche
che ci ripugnano, come cristiani e come cittadini. L’augurio più caldo, quindi, che questo libro sia un gran fiasco; che, cioè, in Italia ci siano meno
’guardoni’ di quanto si pensi. E più
gente assetata che si curvi alla fresca
e limpida fonte di verità e di vita, sulla Parola evangelica attraverso la quale il Signore crea e ricrea la difficile e
sana comunione con lui e fra noi.
Gino Conte
iiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Nella rubrica televisiva
«PROTESTANTESIMO»
Dibattito
sulla pace
Da 25 anni il mondo vive «in pace ». Ma è una pace instabile, continuamente messa in crisi da tensioni e
conflitti che giorno per giorno nascono in ogni parte del mondo. Questa è
la « pace » cristiana? Su questa tematica è incentrato il numero della rubrica « Protestantesimo » in onda giovedì
22 marzo sul secondo canale TV, dalle
18.30 alle 18.45. Accanto al conduttore Aldo Comba, partecipano al dibattito su questo tema il giornalista Enzo
Forcella, che presenta il punto di
vista laico sul problema della pace, il
teologo Valdo Vinay e il pastore di
una comunità della Marsica, Sergio
Aquilante. La rubrica è curata da Roberto Sbaffl, la realizzazione è di Nicla Cavallo.
^ Secondo l’Annuario statistico delrUNESCO 1971, appena pubblicato, la scolarità dell’individuo medio è inferiore a un anno in 2 paesi latinamericani, in 12 paesi asiatici e in 15 paesi africani; nel 1960 era di
dieci anni e mezzo per lo statunitense medio,
nel 1950 era di nove anni e mezzo per il cittadino britannico, e nel 1959 di cinque anni
per quello sovietico.
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pag. 2
Che vuol dire fare l'esegesi di un testo biblico?
La parabola dei due figli
N. 12 — 23 marzo 1973
Con questo numero il prof. Bruno Corsani,
docente di Nuovo Testamento presso la Facoltà Valdese di Teologia, inizia una serie di
articoli nei quali esemplificherà che cosa vuol
dire fare l’esegesi di un testo neotestamentario. Siamo molto lieti e riconoscenti di poter
offrire questa nuova serie ai nostri lettori.
ted.
Questa parabola è una di quelle riferite unicamente dal primo vangelo.
Il racconto non ha bisogno di essere
spiegato: si commenta da sé. La mia
traduzione cerca di rendere Lequivalenza dei concetti più che l’equivalenza
letterale. È stata fatta sul testo greco
delle Società Bibliche Unite, il quale
segue il codice sinaitico che menziona
prima il figlio che dice di no e poi quello che dice di sì. È l’ordine seguito anche da Giovanni Luzzi in « La Bibbia ».
La Riveduta, con il codice vaticano e
le versioni copte, reca anzitutto il figlio che dice di sì e poi quello che dice di no. La sostanza dell’insegnamento non cambia. È possibile che la precedenza accordata al figlio che dice sì
sia stata determinata dall’interpretazione allegorica della parabola.
Ma a che cosa allude questa parabola? La maggioranza dei Padri della
chiesa ha visto nel figlio che dice di sì
un’allusione ai giudei, e in quello che
dice di no un’allusione ai pagani. Così
Origene, Crisostomo, Girolamo, Beda.
Solo Girolamo ha avuto qualche dubbio e riferisce anche l’opinione di altri
che ravvisano nei due figliuoli il simbolo dei giusti e dei peccatori. Un
commentario ariano a Matteo, del VI
secolo, conosciuto come Opus imperfectum, vedeva nei due figli i laici e i
sacerdoti.
L’opinione più diffusa, comunque, è
quella seguita anche dal Commentario
esegeticopratico dello Stewart, pubblicato molti anni fa dalla Claudiana; la
parabola « sotto l’immagine dei due figliuoli indica due classi di Giudei che
Iddio invita a lavorare nella sua vigna ». Sentiamo ancora di Stewart il
giudizio suH’interpretazione citata prima: « Alcuni credono che il primo figlio rappresenti i Gentili e il secondo
i Giudei. La parabola può applicarsi,
per analogia, a simili classi di persone,
in tutte le età e in tutti i paesi cui arriva la parola di Dio; ma queste applicazioni vanno distinte dal primo scopo ».
Ma qual’è il « primo scopo » della
parabola? Dal v. 32, che segue la risposta degli ascoltatori di Gesù e la
replica di quest’ultimo, si direbbe che
in forma parabolica, immaginosa, Gesù
facesse ai suoi ascoltatori una filosofia
della storia religiosa d’Israele. Il v. 32
fa un po’ l’impressione di essere la soluzione della crittografia, del racconto
figurato che lo precede, come se i due
gruppi di persone del v. 32 (i farisei
da un lato, e dall’altro le donne di malaffare e i « collaborazionisti » che
estorcevano ai giudei le imposte pretese dalla potenza occupante romana)
fossero le due categorie a cui alludevano i « figli » della parabola. Se la
parabola di Gesù era un’allegoria della
storia religiosa d’Israele ai tempi di
Giovanni Battista, era perfettamente
legittimo il procedimento dei Padri
della chiesa che l’hanno attualizzata
per il loro tempo e ne hanno fatto una
allegoria della storia religiosa dell’umanità al tempo della diffusione apostolica deli’Evangelo, identificando i due figli non più con due categorie di giudei
ma con i giudei e i pagani. Come dice
Giansenio, Ista duo hominum genera
typus fuerunt gentium et ludaeorum
(queste due categorie di persone sono
state « tipi » dei gentili e dei giudei).
Interpretazione perfettamente legittima... se il sillogismo regge. Ma non
regge la sua premessa, che era la seguente; Se la parabola di Gesù era
un’allegoria della storia d’Israele ai
tempi di Giovanni Battista. La filosofia
della storia non era la preoccupazione
principale di Gesù, meno che mai lo
era quando parlava in parabole. Le parabole di Gesù non hanno uno scopo
culturale, ma aggressivo, sono una
predicazione di appello, quasi sempre
fare un’ipotesi; che lo spostamento di
questo detto di Gesù al cap. 21: 32 sia
avvenuto per attrazione. Siccome nel
V. 31 c’è l’espressióne « i pubblicani e
le meretrici », il detto del v. 32 sarebbe
stato richiamato nelle sue vicinanze
immediate (ipotesi suggerita da J. Jeremias, Le parabole di Gesù, p. 94).
Forse il v. 32 è stato calamitato in questa sede anche dai vv. 21: 25-26 che
contengono un riferimento a Giovanni.
C’è dunque molta probabilità che il
V. 32 appartenga a un altro contesto
e che la parabola e il dibattito che pro
« Che ve ne pare? Un tale aveva due figli. Andò dal primo e gli
disse: “Figlio mio, oggi vai a lavorare nella vigna”. Egli rispose:
“Non ne ho voglia“, ma poi cambiò parere e vi si recò. Il padre
andò dall’altro figlio e gli fece la stessa richiesta. Rispose il figlio: “Sì, signore", ma non vi si recò. Quale dei due ha fatto la
volontà del padre? ». « Il primo » gli dissero. E Gesù: « Amen,
io vi dichiaro che quelli del fisco romano e le prostitute arriveranno prima di voi nel regno di Dio. Infatti: è venuto Giovanni comportandosi come un giusto e voi non gli avete creduto. Gli strozzini del fisco e le prostitute invece gli hanno creduto. Ma voi, che
avete visto questo, non avete cambiato atteggiamento neanche dopo e avete continuato a non credergli ».
(Matteo 21: 28-32).
polemica, rivolta ad ascoltatori in carne e ossa, e a quegli ascoltatori parla
dei problemi loro e della loro posizione di fronte a Dio e di fronte all’annunzio del Regno — non dei problemi
del tempo di Giovanni Battista o del
tempo apostolico di là da venire.
Si tratta allora di dimenticare i riferimenti tradizionali all’epoca di Giovanni Battista o all’epoca apostolica
(giudei e pagani), e di ritrovare quali
furono i concreti ascoltatori di questa
parabola dalle labbra di Gesù? Esattamente. Per questa parabola si tratta di
un’impresa possibile, e vedremo come
la critica sinottica ci può aiutare.
Il contenuto del v. 32, ove Gesù descrive il diverso atteggiamento nei riguardi di Giovanni da parte dei comuni peccatori da un lato, e da parte
della élite religiosa dall’altra, si trova
nel vangelo di Luca in un altro contesto (Le. 7: 29-30): nella raccolta di parole su Giovanni Battista che ha il suo
corrispondente in Matteo cap. 11. Quale dei due vangeli la riferisce nel contesto più adatto? Senza dubbio Luca.
In Mt. 21: 32 il detto su Giovanni Battista e l’atteggiamento della gente verso di lui fa l’effetto di una aggiunta
fuori posto. Infatti la parabola dei due
figli ha la sua logica conclusione al v.
31 che comincia con la formula:
« Amen, vi dico » (o: « In verità vi dico... »). È una formula che spesso conclude le parabole (cfr. Mt. 5: 26; e senza l’Amen, il semplice « io vi dico »
conclusivo in Le. 14: 24; 15: 7, 10; 18:
14). Non solo: il v. 32 non collima affatto con l’insegnamento della parabola.
I due figli della parabola hanno detto
una cosa e ne hanno fatta un’altra, ma
non ci risulta che i pubblicani e le
prostitute da un lato, e i farisei e gli
scribi dall’altro si siano comportati a
quel modo con Giovanni Battista. È
un’applicazione molto zoppicante e
imprecisa e il vangelo di Matteo fa un
torto a Gesù quando gliela attribuisce,
invece di lasciare il commento sulla
condotta dei giudei di fronte al Battista al c. 11, di seguito all’ambasciata
di Giovanni Battista a Gesù. SI può
LA VOCE
DEI PROFETI
Sentinelle
Potremo forse sembrarvi petulanti e saccenti, come pure uccelli del malaugurio, quando ci sentiamo spinti ad ammonirvi e
ad annunciarvi dei guai. Ma la nostra fedeltà alla missione che
abbiamo ricevuto dal Signore ce lo impone. Dice infatti il profeta
Ezechiele; (33: 3-7): Quando un uomo sarà stato stabilito come
sentinella, « ed egli vedendo venire la spada contro il paese, sonerà il corno ed avvertirà il popolo, se qualcuno, pur udendo il
suono del corno, non se ne cura, e la spada viene e lo porta via,
il sangue di quel tale sarà sopra il suo capo... se se ne fosse curato, avrebbe scampato la sua vita. Ma se la sentinella vede venire
la spada e non suona il corno, e il popolo non è stato avvertito,
e la spada viene e porta via qualcuno di loro, questi sarà portato
via per la propria iniquità, ma io domanderò conto del suo sangue alla sentinella.
Ora, o uomo, io ho stabilito te come sentinella per la casa
d’Israele; quando dunque udrai qualche parola dalla mia bocca,
avvertili da parte mia ».
Ora noi udiamo continuamente delle parole dalla bocca dell’Eterno, e chiunque può fare altrettanto, perché l’Eterno, il Signore Iddio onnipotente, parla a tutti gli uomini con la sua parola, stampata in più di mille lingue; e parla anche, a chi sa fare
attenzione e discernere la sua voce, negli avvenimenti di ogni
giorno.
Perciò chi è in grado di capire non può tacere, non può tenere l’annunzio e l’ammonimento per sé, altrimenti tutti cadremo
sotto la conseguenza del male non riconosciuto e non evitato.
È dunque necessario che tutti comprendiamo e ci ravvediamo; se non lo facciamo, e subito, siamo perduti.
Lino De Nicola
duce terminassero con il v. 31, senza
il riferimento alla predicazione di Giovanni. Quale era allora in senso della
parabola, il suo « primo scopo », come dice Stewart?
Trattando la parabola dei due figli
come una favola di Fedro o di Esopo,
se ne potrebbe ricavare questa morale: tra un’innata deferenza che all’atto
pratico si trasforma in rifiuto e una
erompente indisciplina che poi si piega
nella sottomissione, il padre e ogni
ascoltatore di Gesù preferisce certo la
seconda. Ma considerare questo il messaggio della parabola significa farne
di nuovo il veicolo di una verità filosofica, astratta, come nelle interpretazioni precedenti. Dire che Gesù alludeva
ai giudei e ai pagani, oppure alle due
categorie di ascoltatori di Giovanni
Battista; oppure dire che Gesù allude
ai rapporti tra i padri e i figli, vuol
dire in ogni caso attribuire a Gesù un
insegnamento vero- sì, interessante e
utile sì, ma che aveva poco a che fare
con i suoi ascoltatori del momento e
con la tensione ùhp esisteva fra Gesù
e i capi religiosi del suo popolo. « Il
Gesù dei Vangeli era soltanto un maestro particolarmente saggio e pratico
che con gran pazienza portava degli
intelletti semplici ad apprezzare i grandi, eterni luoghi comuni dell’etica e
della religione? Questa non è affatto
l’impressione globale che proviamo leggendo i vangeli. Una delle rapide similitudini di Gesù dice: Sono venuto a
gettare un fuoco sulla terra, e magari
esso fosse già acceso! E benché poche
parabole siano più diffìcili ad essere
interpretate con precisione, forse nessuna è più chiara nel suo senso generale... per descrivere l’energia vulcanica di quella vita meteorica raffigurata
nei vangeli; l’insegnamento di Gesù infatti non è la calma e paziente esposizione di un sistema di pensiero fatta
da un caposcuola, ma è intrinsecamente congiunto con una breve, straordinaria crisi la quale non soltanto ha in
lui il protagonista, ma è stata precipitata proprio dalla sua apparizione. Dovremo pertanto attenderci che le parabole abbiano stretta attinenza con l’attuale situazione di crisi in cui si trovano sia Gesù che i suoi ascoltatori. Così,
quando ci chiediamo quale sia la loro
applicazione dobbiamo in primo luogo
considerare non i principi generali, ma
la situazione concreta in cui esse furono narrate ». Così l’eminente esegeta inglese C. H. Dodd, in Le parabole del
Regno (p. 28).
Alla luce di queste osservazioni, dobbiamo cercare di rimettere la parabola del due figli nella situazione polemica in cui con molta probabilità è nata.
Uno dei figli può adombrare l’accoglienza che i peccatori hanno fatto a Gesù
— quei peccatori che prima hanno detto « no » (hanno rifiutato praticamente i comandamenti; non hanno dato
ascolto alla riprensione; quindi .si sono estraniati anche dalle pratiche rituali della religione...) ma incontrando
Gesù hanno afferrato il senso dell’annunzio del Regno di Dio, hanno capito
che quell’annunzio era per loro un
perdono e una liberazione, e hanno aceolto gioiosamente Gesù. Questo ci risulta non solo dai racconti del N. T.
(p. es. il festino in casa di Levi e altri
passi) ma anche indirettamente, dalla
fama che Gesù si era fatta presso i
suoi avversari ( « amico dei pubblicani
e dei peccatori »). Però il vero personaggio della parabola, il vero punto al
quale Gesù voleva condurre i suoi
ascoltatori, è il figlio che ostenta il formale ossequio dellti volontà paterna,
ma in realtà la rifiuta. Osserviamo, infatti, la conclusione del dibattito: pubIIIIIIIHIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIilllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll
= Alla redazione di questo numero hanno
= collaborato Franco Ciampiccoli, .Roberto
= Nisbet, Roberto Peyrot. Mimma e Gian
= Franco Sardi, Thomas Soggin. Elsa e
H Speranza Tron.
blicani e meretrici vi precederanno nel
Regno di Dio (v. 31). Dunque Gesù
parlava agli oppositori, che non lo seguivano, e il messaggio della parabola
doveva essere per loro, riferirsi alla
loro posizione, alla loro mancata accettazione dell’annunzio del Regno! È
rivolta ai contemporanei di (Jesù, in
m.odo particolare a quelli che hanno
continuamente in bocca la Legge e la
sua osservanza ma in realtà sono ribelli. Il « punto di paragone » tra la
situazione descritta nella parabola e
gli ascoltatori di Gesù è il rifiuto che
contraddice l’assenso verbale e forse
ipocrita. Per questo il figlio che dice
Sì e poi non fa, viene in ultimo, secondo una nota regola stilistica per cui
il personaggio più importante è introdotto per ultimo, al momento culminante (cfr. il Samaritano, in Luca 10;
il terreno che porta frutto, in Marco
4; il servitore che nascose il talento,
in Matt. 25).
I manoscritti che hanno l’altro ordine, cioè recano in posizione culminante
il figlio che prima disse di no ma poi
ubbidì, presuppongono un’interpretazione diversa: non una polemica contro chi rifiutava il buon annunzio di
Gesù, bensì un’apologià della sua predicazione. Essa è rivolta ai peccatori,
perché la gente religiosa dell’epoca volta le spalle, ma loro, gli emarginati e
disprezzati, l’hanno accolta con gioia
(così il Jeremías, nel libro citato).
In questo studio della parabola dei
due figli abbiamo applicato diversi
strumenti di analisi: l’analisi sinottica,
anzitutto, ci ha permesso di concludere che con molta probabilità il v. 32
non apparteneva alla struttura originale del brano, e pertanto non deve influenzare la nostra interpretazione della parabola; l’analisi stilistica ci ha
permesso di valutare il significato della diversa disposizione dei due figli in
due gruppi di manoscritti greci; e la
analisi storico-esegetica della predicazione di Gesù, in modo speciale delle
parabole, ci ha resi avvertiti del carattere polemico e non sapienzale, aggressivo e non astratto, che essa normalmente aveva, confermando che sono da
escludere sia le interpretazioni allegoriche (simbolismo della posizione degli
uomini in generale di fronte alla storia della salvezza) sia le interpretazioni moralistiche (l’ubbidienza deve essere volenterosa e pronta). Abbiamo così ricuperato la situazione probabile
che fece da sfondo a questa parola di
Gesù, il quale si contrappone all’ostilità dei farisei e dei dottori della legge che lo contestavano. Più che sulla
storia della salvezza o sulla morale
dell’ubbidienza, questa parabola ci dice qualcosa su Gesù, e chiama in causa anche noi, domanda anche a ciascuno di noi « Che ve ne pare? » e ci pone
implicitamente la classica domanda
evangelica: chi è, per noi, Gesù Cristo?
Bruno Corsami
libri
In nome del figlio
figlio, ed.
SEI 1972, pagg. 304, L. 3.000.
Come dice l’autore stesso nell’introduzione, questo libro si collega al precedente Viaggio intorno all'uomo, di
A modo la continuazio
ne. A differenza però di quello, qui
« protagonisti sono i fatti e le idee di
storia che sta facendosi e si farà »
11 libro ha l’andamento dell’inchiesta
ed 1 vari intervistati (oltre una quarantina) SI annoverano fra filosofi, scienziati, teologi, psicologi, sociologi, futurologi, giornalisti. Ecco alcuni dei nomi piu noti; Jean Rostand, Nicola Abbagnano John Galbraith, Radomiro
Tomic, Adriana Zarri, Eugene Carson
Blake Jur^n Moltmann, Guido Calopro, Jpn Daniélou. Roger Scliutz Billy Graham, Raniero La Valle, Roger
Garaudy e tanti altri.
^ affrontati sono ovviamente
quelli piu « congeniali » agli intervistati,^ siano essi conservatori o progressisti e riguardano le numerose e dramrnatiche problematiche dei nostri tempi. Chi sarà l’uomo di domani? Che
TOlto prà? Come potrà organizzarsi?
A quali modelli ricorrerà? Quale sarà
la sua posizione di fronte alla violenza? Di fronte allo scempio della natura? Che ne sarà di questo mondo in
CUI 1 potenti, i ricchi, senza troppe distinzioni ideologiche si accordano per
la spartizione del mondo, mentre dal1 « altra parte » sta quell’eterna impo^^dte maggioranza che sono i poveri?
.®®c°dda degli argomenti trattati,
il libro consta di tre parti; una con
particolare riferimento all’identità del1 uomO’ la seconda guarda alle cause
della violenza; la terza infine si volge
vepo le prospettive della speranza.
In questa parte abbiamo l’intervista
al giornalista R. La Valle, che colla
sua ben nota acutezza e col suo spirito
evangelico incentra il suo discorso sul
tema del potere: « Il problema cruciale (pag. 261) è quello di una conversione del potere, del suo assoggettamento al servizio dell’uomo. Per il cristiano il problema non è quello di distinguersi da Cesare, ma di negare a
Cesare il potere sull’uomo, di rivendicare un’autorità che sia ministra dell’uomo, che sia al servizio della vita,
non della morte, che riconosca nell’uomo non un suddito, ma un sovrano...
Per tornare al discorso di Paolo, che
identificava il potere coi dèmoni vale,
per i cristiani e per la Chiesa, il monito dell’apostolo: “Non potete partecipare alla mensa del Signore e alla
mensa dei dèmoni” (I Cor. 10: 21). Tuttavia la Chiesa l’ha fatto, e troppo spesso ancora lo fa. Perché anche la Chiesa è sotto la tentazione del potere, del
principe di questo mondo. Uscirne, è
una questione di fede, una questione
di conversione ».
Al di là e al di sopra di tutte le in
terviste, protagonista rimane ed è semprs l’uomo che, fra dubbi e interrogazioni non rinuncia a sperare, a credere
e a impegnarsi.
pierre
Il giorno del Signore
Due opere recenti affrontano, con intenti e
a livelli diversi, il tema del giorno del Signore.
Il primo è di un ebreo, Abraham Joshua
Heschel, Il Sabato. Il suo significato per
l uomo moderno. L’autore è nato da famiglia
di capi chassidim nel 1907 a Varsavia; successe a Martin Buber alla cattedra all’Università
di Francoforte, quando cominciarono le persecuzioni razziali, costretto poi a emigrare a
Londra e negli Stali Uniti; dal 1945 insegna
etica e mistica ebraica al seminario teologico
ebraico di New York. Autore di varie opere
di fìlosofìa e teologia, alcune delle quali tradotte in italiano, ha anche fatto giri di conferenze in Italia e non è ignoto al nostro pubblico.
Nell’opera che segnaliamo egli mette a frutto una ricca conoscenza della letteratura rabbinica israelita, e malgrado una netta colorazione che viene alla sua riflessione dalla dimestichezza con la mistica ebraica, ritroviamo
in questo libro la profonda sensibilità ebraica
per il problema del tempo. Heschel sostiene
che noi siamo « infatuati dello splendore dello spazio (...) la realtà per noi è il mondo delle cose, costituito da sostanze che occupano
uno spazio; perfino Dio viene considerato da
molti come una cosa. Questo nostro legame
con le cose ci rende ciechi a ogni realtà che
non si presenti come una cosa, come un dato
di fatto. Ciò risulta chiaro nel modo in cui
intendiamo il tempo, il quale, non essendo una
cosa 0 una sostanza, ci appare privo di ogni
realtà ». Parole da meditare, chiedendosi anche in qual misura il cosidetto « senso della
storia » del marxismo derivi dalla componente idealistica hegeliana o dalla componente
ebraica in Karl Marx. Sta di fatto che questa
nota, sulla quale si svolge questa meditazione
sullo Shabbàth. dovrebbe trovare consonanze
profonde nella fede cristiana che ha riscoperto
in questa generazione — o forse piuttosto in
quella che volge al tramonto, si pensi soprattutto àlla ricerca di Oscar Cullmann — il valore centrale del tempo per tutto il pensiero
biblico. Citando un rabbino. A. J. Heschel conclude il suo libro così : « La risposta ebraica
al problema della civiltà è di non fuggire dal
regno dello spazio, di lavorare con le cose dello spazio, ma essere innamorati deH’eternità ».
Anche di questo il Sabato è segno.
* * *
Di lutt’altro genere è l’altra opera che segnaliamo: Willy Rordorf, discepolo di 0.
Cullmann, dedica un’accurata ricerca a Sabbat et dimanche dans l'Eglise ancienne, pub
blicata prima in tedesco e ora in francese nella
collana « Traditio Christiana », i cui volumi
vogliono essere delle antologie ragionate di
fonti patristiche su grandi temi teologici. II
tema del giorno del riposo ha una grande portata per la teologia pratica, e tutte le chiese
devono affrontare problemi pratici e spirituali
seri relativi alla domenica, giorno del riposo
e del culto tradizionale. Può quindi essere di
alto interesse sfogliare le pagine che i « padri )> della Chiesa hanno via via, fino al VI
secolo, dedicato a questo tema, e vedere come
il problema si è posto allora, nel confronto
con una società religiosa ebraica e pagana,
nella quale il cristianesimo da minoranza perseguitata diventa gradatamente religione di
massa e fin di Stato. I testi sono raccolti in
due gruppi: A) sul sabato, B) sulla doménica,
e si possono leggere, a fronte, il testo originale greco o latino e la traduzione francese. Una
introduzione situa i problemi relativi alle due
parti suddette, e vari indici facilitano la consultazione di quest’opera, arricchita da un'ampia bibliografia e da numerose note spiegative. Nulla è più lontano dall’intento di questa
collana, e di quest’opera in particolare, che
fare dell erudizione : si tratta invece di ricerche accurate volte a facilitare e irrobustire riflessione e decisioni nella vita cristiana oggi.
g. c.
Abraham Joschua He.schel. Il Sabato. Il suo
significato per Vuomo moderno. Ed. Rusconi, Milano 1972, p. 192, rii., L. 2.800.
Willy Rordorf, Sabbat et dimanche dans
l Eglise ancienne. Delachaux & Niestlé,
Neuchâtel-Paris 1972, p. XXIX+ 256, rii.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiMin
Libri ricevuti
Truman Scott. Il mormonismo ed il Vangelo. Editrice Lanterna, Genova 1972, p. 88,
con numero.se illustrazioni. L. 800.
Georges Casalis, Predicazione, atto politico.
Ed. Coines, Roma 1972, p. 216, L. 1.800.
Batti.sta Mondin, Speranza - Salvezza - Infallibilità. Ed. Coines, Roma 1972, p. 218,
L. 2.000 + IVA.
Battcsta Mondin, Cristo ancora clandestino?
Uno studioso di ecumenismo alla ricerca di
Cristo nel paese dei soviet oggi. Ed. ISME,
Parma 1972, p. 96, L. 800.
3
23 marzo 1973 — N. 12
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
r-ag. 3
TORINO: si stanno studiando e discutendo
i rapporti fra Stato e Chiesa,
in riferimento alle Leggi sui culti ammessi
Quando il Sinodo propone alle chiese locali lo studio di un argomento
particolare in vista di una decisione,
molte chiese usano strumenti adeguati per questo studio; le chiese delle
Valli hanno regolari riunioni quartierali, altre chiese hanno riunioni serali
infrasettimanali in cui tali argomenti
possono essere trattati. La nostra chiesa di Torino, per varie ragioni oggettive e soggettive, non ha uno strumento di questo genere e tutto viene riversato sulle assemblee di chiesa a cui
pochi partecipano e il cui tempo è
molto limitato. Questo disagio si avverte ancor più quando, come questo
anno, il Sinodo propone alle chiese un
argomento impegnativo come quello
dei Rapporti tra Chiese e Stato, esortando le chiese a « dedicare un mese
a questo importante argomento con
l’intento di informare e sensibilizzare
il maggior numero possibile di membri attraverso le varie attività delle
chiese, compresi i culti domenicali ».
Il Concistoro ha quindi deciso di organizzare un breve ciclo di riunioni serali dedicate a questo argomento, con
programma unico ma ripetuto in due
sedi (C.so Vittorio e C.so Qddone) per
consentire la massima partecipazione
possibile. Queste riunioni costituiranno la preparazione per l’assemblea di
chiesa che prenderà una decisione in
merito e che è stata fissata per domenica 8 aprile ore 14.30 in via Pio V, 15.
I vantaggi di questa iniziativa sono
evidenti:
— un ciclo di riunioni delimitato nel
tempo e nell’argomento può costituire per tutti un « corso di preparazione » in sé compiuto, evitando la genericità e la stanchezza delle cose che
si iniziano e poi si trascinano;
— un’attività infrasettimanale potrà
essere uno dei momenti oramai rari
di incontro e comunione per la comunità al di là del culto domenicale;
— riguardo aH’argomento specifico,
questo ciclo di riunioni e l’assemblea
conclusiva, daranno la possibilità a un
di libertà religiosa; 2) La celebrazione
del matrimonio religioso - la condizione dei pastori e il servizio militare;
3) Le norme sugli enti morali e sul
regime fiscale per le chiese evangeliche; 4) L’istruzione religiosa nelle
scuole (cattolica ed evangelica) - Conclusioni.
Contemporaneamente, nei quattro
luoghi di culto sono tenute tre predicazioni domenicali che accompagnano
e___ si spera — arricchiscono e illumi
nano questa riflessione comunitaria: il
18 marzo su « le restrizioni della libertà religiosa» (1 Timoteo 2: 14), il 25
marzo su « il privilegio » (1 Pietro 2:
8-10 o Giovanni 15: 16), il 1« aprile su
« l’integrazione » (Romani 12; 1-2).
Qltre alla relazione preparata dalla
summenzionata commissione, la comunità è stata invitata a leggere l’opuscolo divulgativo, scritto da F. Giampiccoli e edito dalla Claudiana, già
presentato anche su queste colonne:
Liberi ma disuguali. Gli evangelici tra
Costituzione repubblicana e leggi fasciste.
Si spera che in tal modo la discussione e la votazione, domenica 8 aprile, da parte dell'assemblea di chiesa,
sarà seriamente maturata, concludendo così un ciclo iniziato con una conversazione di Franco Giampiccoli, la
sera del 17 febbraio, sulla quale aveva
ampiamente riferito, su queste colonne, Erika Tomassone.
SANREMO:
« Voce amica » anno terzo
Al 5 marzo, « Voce amica » ha terminato il suo secondo anno di attività
a Sanremo. L'anno scorso i giorni^ di
tra.smissione sono stati 364, quest’anno 341. Rispetto al primo anno, le chiamate sono diminuite da 13.004 (media
35 chiamate al giorno) a 7.231 (media
21 al giorno). La forte diminuzione è
dovuta al fatto che al principio molti
avevano chiamato semplicemente per
curiosità. Inoltre ci sono state le nuove tariffe telefoniche. Le chiamate urbane erano comprese nel canone, mentre ora si pagano 25 lire.
Malgrado questa flessione, il servizio di « Voce amica » ci sembra ancora giustificato considerando i commenti che ogni tanto gli ascoltatori ci
fanno e anche da qualche risultato positivo. Una donna, avuto uno dei nostri foglietti di pubblicità, se lo tenne
per un anno nella borsetta. Poi, essendosi fatto mettere in casa l’apparecchio telefonico, volle inaugurarlo ascoltando «Voce amica». Da allora è venuta in relazione con noi, si è comprata la Bibbia, che ha letta, oltre a
varie altre pubblicazioni evangeliche, e
a poco a poco sembra aprire l’animo
suo alla Verità. Talora ci giungono insulti vari, risate di scherno, turpiloquio. Ma ’ci sono anche delle invocazioni di aiuto, e diversi adolescenti di
ambo i sessi ci confidano i loro problemi sentimentali, rivelando talora
delle situazioni incredibili.
Sempre apprezzate le trasmissioni
fatte una volta alla settimana dall anziano Lino De Nicola.
MILANO: incontri interdenominazionali
e presenza nella città
Su invito della FGEI lombarda il
past. T. Vinay ha introdotto il 7 febbraio il tema: « Essere con gli oppressi ». Oltre ad illustrare il lavoro del
Servizio Cristiano di Riesi egli ha parlato della necessaria testimonianza cristiana-'che la .Comunità deve rendere
nella lotta contro gli urmamenti, nella prassi di una non violenza militante e, a mo’ di esemplificazione, nella
raccolta di firme e nelTindire dibattiti
e manifestazioni contro il « fermo di
polizia ». L’ampio dibattito, seguito da
numeroso pubblico, è stato un importante contributo per ripensare in termini reali sul senso della testimonianza cristiana oggi.
Un’interessante tavola rotonda, promossa dalla libreria Claudiana, ha
avuto luogo seguita da numeroso pubblico alla « Corsia dei Servi » il 12 febbraio. Giorgio Bouchard, Poppino Urlando ed altri, hanno presentato il libro della Claudiana su: La Comunità
di Oregina. . .
L’agape del 17 febbraio, improntata
da viva fraternità, è stata centrata sul
problema della evangelizzazione per
mezzo della televisione. Dalla presentazione del pastore Aldo Comba e dal
dibattito che ne è seguito, si è preso
insieme coscienza dell’importante
mento di testimonianza offertoci dal
programma Protestantesimo del giovedì, purché noi stessi ne traiamo lo
spunto per iniziare un colloquio con
quelli di fuori.
Dopo gli incontri di ottobre e quello del 25 gennaio, sono ripresi negli ultimi tre giovedì di marzo gli incontri
di studio biblico fra protestanti e cattolici, sul libro dell’Apocalisse.
Continua, nel corso di aggiornamento biblico, la lettura in gruppo di Pane
al pane...!
In queste domeniche le predicazioni
vertono su una serie di di testi del Libro di Amos; il culto della « Domenica
della gioventù » è stato presieduto dal
candidato Giuseppe Platone.
Il 9 marzo nella nuova chiesa metodista si è svolta la riunione cittadina
per la « Giornata mondiale di preghiera della donna ». Il culto, con s^nta
cena, aveva come tema di meditazione
e d’intercessione; « Siate vigilanti! ».
Il 19 marzo il Presbiterio lombardo
e il Circuito metodista hanno tenuto,
nei locali della nuova chiesa metodista inaugurata il 4 marzo, una riunione congiunta in cui è stato affrontato,
in primo luogo, il problema dei rapporti fra Chiesa e Stato; la relazione
introduttiva è stata tenuta dal past.
Giorgio Bouchard.
TORRE PELLICE: il « Collettivo Bonhoffer »
prosegue il suo lavoro...
Cronaca delle Valli
Villar Pellice
L’OSPEDALE EVANGELICO
VALDESE di Torino — generale di zona, equiparato ai sensi
dell’art. 129 del D.P.R. 27.3.1969
n 130 — cerca con urgenza per
la ristrutturazione e l’amplia^
mento delle proprie divisioni di
medicina generale, chirurgia generale e ginecologia^ personale
infermieristico femminile e maschile in possesso dei diplomi di
infermiere generico, professionale, professionale specializzato,
capo-sala. Per informazioni rivolgersi alla Direzione Amministrativa dell’Ospedale, Via Silvio Pellico 19, 10125 Torino, tei.
68.22.81, 68.23.31, 68.35.05.
largo numero di membri di essere
compartecipi delle responsabilità geiierali della chiesa, evitando che le chiese subiscano le decisioni anziché parteciparvi attivamente.
Queste riunioni zonali, che hanno cominciato a tenersi sia in Via Pio V 15
(13, 20, 27 marzo, 3 aprile) sia in Corso Oddone (14, 21, 29 marzo, 4 aprile),
a cura dei membri torinesi della commissione incaricata di preparare il materiale preparatorio (F. Giampiccoli,
R. Jouvenal, Aldo Ribet, P. Ricca), affiontano successivamente questi temi:
1) Chiarimenti preliminari - le norme
Ogni tre settimane la Foresteria di
Torre Pellice accoglie un gruppo variante tra le 25 e le 40 persone che trascorrono insieme una giornata, dal sabato pomeriggio alla domenica sera.
Sono i partecipanti del « collettivo
Bonhoeffer », il corso di preparazione
per i ministeri che ha ormai 5 mesi
di vita e che raccoglie i suoi membri
dalle Valli, da Torino e dal resto del
Piemonte (un membro viene regolarmente da Milano). La giornata del,collettivo si svolge in modo piuttosto intenso ed è suddivisa in tre parti. Il
sabato pomeriggio Giorgio Tourn tiene un corso di teologia dell'Antico Testamento con un metodo che per la
maggioranza dei partecipanti rappresenta un’assoluta novità: i risultati della più recente critica biblica permettono una prospettiva nuova e penetrante nel messaggio dell’Antico Testamento. Il sabato sera è dedicato allo
studio del testo biblico su cui sarà basata la predicazione del giorno dopo
in uno dei culti di Terre Pellice o Luserna S. Giovanni. I partecipanti studiano il testo, partecipano la mattina
dopo al culto e discutono quindi la
predicazione sulla base della preparazione che hanno condotto insieme. Dopo i primi esperimenti si è deciso di
rafforzare questa parte del programma, talvolta lasciata un po’ all’improvvisazione al sabato sera, con un corso
più seguito di esegesi, di cui si occuperà Paolo Ricca. Verranno così presi
in esame alcuni passi esemplificativi
degli evangeli: una parabola, un episodio, un miracolo, un incontro. Continuerà , per questa parte lo schema
esegesi — partecipazione ad un culto
— discussione della predicazione.
La domenica pomeriggio il collettivo conduce una ricerca in cui da un
lato vengono approfonditi temi e problemi del nostro tempo e dall’altro ci
si affrontano gli interrogativi che tali
temi e problemi pongono alla fede
evangelica. In un primo periodo si è
affrontato il problema dell’origine della vita nella moderna biologia e nel
messaggio biblico della creazione. Da
febbraio si sta o:a affrontando la proposta marxista c:i i problemi che essa
pone alla fede evangelica. Dopo due introduzioni gene) ali di Massimo Salvadori, professore di storia delle dottrine
politiche all’università di Torino, su la
alienazione politica ed economica e
sulla concezione marxista dell’uomo e
della storia (la terza introduzione su
lotta di classe e rivoluzione avrà luogo
domenica 25 marzo), il collettivo proseguirà il lavoro in tre seminari che
sono già al lavoro su alcuni punti particolari: critica alla religione, l’uomo
e la storia, lotta di classe e rivoluzione.
Chi vuol conoscere il programma dettagliato può richiederlo a Franco
Giampiccoli, via Pio V, 15 - Torino. La
prossima riunione è fissata per sabato
e domenica 24-25 marzo
...e il prof. Bruno Corsani tiene un nuovo ciclo
di lezioni teologiche organizzato dal Collegio Valdese
Dal 27 marzo al 1» aprile si terrà il
nuovo ciclo di lezioni teologiche organizzato dal Comitato del Collegio Valdese d’intesa con professori della Facoltà Valdese di Teologia e con la
Quatre fois
A voir une fois vingt ans, c’est ter^ miner l'indécision de l’enfance,
partir d’un pas ferme sur,, la route!
Emporter pour bagages, quoiqu’on en
puisse dire, beaucoup d’illusions, d’espoirs, de désirs. Croire qu’on refera le
monde avec sa volonté et qu’on rencontrera le grand amour unique!
Avoir une fois vingt ans, c’est se débarasser de tous les préjugés, travailler sans fatigue, tendre les mains vers
le bonheur, dormir avec un songe et
chanter, bien certain que la force durera toujours!
Avoir une fois vingt ans, c’est comprendre le sens de la joie!
A voir deux fois vingt ans, c’est se
^ placer en face des réalités, voir le
chemin avec des yeux très clairs, répondre: « Présent » quand le devoir appelle. Apprécier les caractères et les
efforts des autres, .supporter vaillamment les choses et les êtres, aimer plus
largement, comprendre mieux aussi.
En dépit de toutes les lacunes, les
faiblesses, les ingratitudes, les déboires, avoir deux fois vingt ans, c’est savoir qu’on est un rouage dans le monde, que Dieu veut faire de nous des
ouvriers qualifiés, que nul travail n est
vain, nul grand rêve inutile!
Avoir deux fois vingt ans, c’est comprendre le sens de l’action!
A voir trois fois vingt ans, c’est por^ ter en son cœur tous ceux qui ont
croisé notre existence, c est regretter
tout ce qu’on a pas su donner en temps
voulu, c’est besogner plus dur en marchant d’un pas plus lourd, et cependant, c’est avoir encore tant de beaute
à mettre dans le monde, c’est être en
VINGT ANS
core si jeune par la pensée! C’est se
dire: « Comment? j’en suis déjà là! et
je n’fli encore accompli que si. peu de
ma tâche!».
Avoir trois fois vingt ans, c’est prendre ses regrets pour aviver la flamme
afin de ne pas laisser s’éteindre le feu
sacré de l’espérance.
Avoir trois fois vingt ans, c’est comprendre le sens de l’indulgence!
A voir quatre fois vingt ans, c’est s’ar^ rêter sur le bord du chemin. Comme en un film superbe, c’est revoir
tout ce qu’on a été, puis l’un après
l’autre, les visages chers qui semblent
maintenant idéalisés. C’est poser le
fardeau, le remettre entre des mains
plus agiles, avoir besoin de prévenances, d’attentions.
C’est se trouver bien, assis près de
la fenêtre et apprécier le rayon de soleil qui vous caresse la joue...
Mais avoir quatre fois vingt ans,
c’est avoir dans son âme un trésor de
noblesse! Etre l’exemple qui fait croire au grand ciel! C’est prouver qu’on
peut vaincre les pires épreuves avec
un front serein, triompher des malheurs en gardant un esprit vif, s’intéresser à tout ce qui respire, rester aimable, accueillant, compréhensif. C’est
sentir se poser sur ses genoux de jeunes têtes, lassées parfois, et fredonner
la berceuse qui leur fera du bien!
Avoir quatre fois vingt ans, c’est sourire à la tendresse des autres, réunir
autour de sa table ceux qui sont isolés
et donner à l'amitié fidèle l’occasion
d’une fête!
Avoir quatre fois vingt ans, c’est
comprendre le sens de la vie!
(Tiré de « Notre Lien »)
Commissione del I Distretto. Sarà
ospite delle Valli, questa volta, il prof.
Bruno Corsami. Il suo breve corso ven
terà sull’Epistola ai Romani, e sarà
così articolato: martedì 27 - Che cos’è
la lettera di Paolo ai Romani?; mercoledì 28 - I primi lettori della lettera;
giovedì 29-1 pagani e la conoscenza
’naturale' di Dio; venerdì 30 - Giustificazione per fede; sabato 31 - Abramo,
ovvero l’Antico 'Testamento nella chiesa. Le lezioni si terranno come di consueto nella Foresteria Valdese, iniziando alle ore 21.
La domenica pomeriggio, nella stessa sede, il prof. Corsani terrà una conferenza su questo tema: « La lettera
ai Romani e l’avvenire di Israele secondo l’apostolo Paolo ■
Come le altre Chiese delle Vallí anche la
Chiesa di Villar Pellice ha avuto il privilegio
di ricevere la visita del Moderatore, il Past.
Sig. Aldo Sbaffi, lo scorso mese di febbraio.
Egli — accompagnato dalla sua gentile Signora — ha consacrato a noi il giorno 22 febbraio. È stata una gioia per la nostra Comunità, che ricorda con grande riconoscenza
quella giornata. Peccato solo che il tempo a
disposizione è stato molto breve, troppo breve
per una vera presa di contatto con tutta la
Comunità. Il Moderatore però ha promesso
che egli ritornerà molto presto — probabilmente nel corso della prossima estate — per
un’altra visita e per un incontro con tutta la
Comunità in occasione del culto. Abbiamo
preso buona nota della promessa ed aspettiamo con molta gioia questa seconda visita.
Le poche ore a disposizione sono state impiegate in un rapido giro compiuto attraverso
al territorio della parrocchia — toccando i
vari quartieri — e la sera ha avuto luogo
una riunione nella storica scuola dei Ciarmis.
Qui — dopo un ottimo messaggio, ascoltato
con viva attenzione da tutti — il Moderatore
ha dato ai numerosi intervenuti interessanti
notizie dell’Evangelismo italiano, con particolare riferimento alla Chiesa Valdese, ed ha
risposto a diverse domande postegli da alcuni
dei presenti.
Siamo riconoscenti al Moderatore e lo ringraziamo della sua graditissima visita, domandando in preghiera al Signore di benedirlo nella sua persona e nell’opera sua e di
concedergli gioia e soddisfazione nel suo non
sempre facile lavoro.
La data del XVII febbraio è stata da noi
vissuta nella gioia e nella riconoscenza. Le varie celebrazioni si sono svolte secondo lo schema abituale e con grande concorso dei membri di chiesa (esse però erano state precedute
da un turno di riunioni quartierali centrate
sulla storia valdese — su Valdo e la sua conversione — ciò in relazione alle celebrazioni
previste per il 1974). La sera del 16 sono
stati accesi i « falò ». A quello del ponte delle
« Ruine » la partecipazione del pubblico è stato imponente. Erano presenti non solamente
una larga parte della popolazione villarese
(valdese e cattolica), ma anche non pochi venuti da fuori. La Corale ha eseguito il « Giuro di Sibaud » e alcuni inni italiani e francesi
ed in seguito il Past. Gustavo Bertin — che
ringraziamo molto cordialmente — ci ha portato un forte, incisivo messaggio, ascoltato
.......................Il...
L’ospite avrà pure, come di consueto, incontri con gli studenti dei nostri istituti d’istruzione secondaria, e
la domenica 1« aprile predicherà in
una delle chiese delle Valli, che sarà
ulteriormente indicata.
con viva attenzione dal numeroso pubblico. II
17 mattina nel tempio ha avuto luogo il culto di ringraziamento, cui è seguito il programma preparato dai bambini della scuola
che hano presentato un vasto repertorio di
canti e di cori ed alcune recite. Presso la Miramonti è seguito il pranzo in comune, preparato da un gruppo di fratelli e sorelle. Hanno
partecipato 200 persone. La sera un pubblico
d’eccezione ha riempito la sala (su iniziativa
dei giovani completamente rinnovata e dotata
finalmente di comode sedie al posto delle antiquate e scomode panche) per assistere alla
serata preparata dai giovani.
Ringraziamo tutti i numerosi fratelli e soreUe che — con spirito di servizio — hanno
dato tempo e fatica per la preparazione della
nostra giornata e che hanno collaborato alla
riuscita di questo incontro. È stata una giornata largamente positiva, che non solamente
ci ha permesso di riandare al passato ricordandoci di quello che i nostri padri hanno
fatto e sofferto per la loro fede, ma che ci ha
richiamato a quelle che sono le nostre responsabilità presenti : uomini e donne che
non solo gioiscono per la libertà riconosciuta
loro, ma credenti che hanno una testimonianza
ed un servizio da compiere nel nostro mondo
”Sgi
Edoabdo Micol
San Germano
^ Chisone
Ecco alcune informazioni utili per tutti i
nostri membri.
Ha avuto inizio, con quella dei Martìnat,
una serie di riunioni nelle quali cercheremo
tra l’altro di esaminare il problema dell’abrogazione deUe leggi sui culti ammessi.
Prossime riunioni : martedì 27 e mercoledì
28 marzo, ore 20 ai Balmas ed ai Chiabrandi.
Domenica 1 aprile avrà luogo subito dopo
il culto abbreviato un’assemblea di Chiesa per
esaminare il preventivo di spesa della nostra
comunità per l’anno ’73-’74. In quell’occasione dovremo naturalmente anche fissare quale
sarà il nostro versamento alla Cassa Centrale.
Ecco perché è assolutamente necessario che
membri elettori e non elettori siano tutti presenti.
La Santa Cena verrà eccezionalmente celebrata domenica 8 aprile, nel corso del culto
in francese.
Tutti i parenti che desiderano iscrivere ì
loro figlioli alla Colonia di Vallecrosia sono
pregati di farlo al più presto, versando le
6.000 Ure di iscrizione. Ricordiamo a tutti che
dieci soli posti sono previsti per la nostra comunità e che, d’altra parte, se il numero di
bambini di San Germano fosse inferiore a
quésta cifra, non bisogna tenere dei posti
inutilmente impegnati, privando cosi altri
bambini deUa possibilità di andare al mare.
Giovanni Conte
caccia e pesca
Fortebraccio e « Civiltà cristiana »
Letto su « L’Unità » del 18-3-’73 :
« Caro Fortebraccio, mi è capitato
per puro caso in mano un volantino,
edito e diffuso da una « Civiltà cristia
gressisti che si fanno maneggiare dagli
atei, bramando un po’ di potere e trenta denari d’argento. Sono ancora quelli di una sedicente 'Assemblea ecclesiale’, quelli dello sconfessato ’Sette
una bella istituzione - Viva il Concordato, Viva i Patti Lateranensi, Viva la
Civiltà costruita dai Cattolici d’ogni
tempo - Roma, 30.12.’72”. Non ti viene
il sospetto, caro Fortebraccio, che questo testo sia dovuto alla penna di un
fascista o di un membro, magari intellettuale, della Destra nazionale, piuttosto che a un cattolico? Credimi tuo
G. T. - Roma ».
edito e diffuso da una « Civiltà cnstia- novembre’ (mese dei morti), quelli delna » che ha sede in Roma e della qua- jq^oc, alcuni gesuiti dissenzienti, e un
le io ho sempre^ignorato la esistenza, abate ambizioso, le cosiddette comunità di base e tutta la> variopinta fauna del clero progressista. Per capirci
La conosci tu? E pensi che sia civile
e cristiano il linguaggio di « Civiltà cri
stiana »?
« Ma ecco il testo del volantino: "Ecco chi sono quelli che vogliono Tabolizione del Concordato: I comunisti,
cioè i fautori di ogni sovversione e di
ogni sfruttamento. - I comunisti anarchici, assassini di professione, che si
drogano per poter colpire senza scrupoli - I comunisti radicali, cioè i sostenitori dell’aborto, del divorzio, del nudismo, dell’eutanasia, dell’omosessualità, della pornografia e della droga I comunisti socialisti, come sopra - I
comunisti preti, cioè i clericali pro
sono preti sposati e fidanzati, preti inibiti e sporcaccioni, preti traditori e preti spretati, seminaristi ed ex seminaristi, individui che rovinano tante anime quante sono le persone che li accostano - I comunisti protestanti, in particolare i valdesi, nota zizzania della
cristianità che oggi ridendosi della
sbandierata unione delle Chiese separate cercano di separare la Chiesa unita. Chi ancora avesse dubbi sulla utilità del Concordato lo accetti serenamente, pensando che se dà fastidio a
gente come questa deve essere proprio
Caro G. T., il testo che mi hai mandato non richiede commenti, tanto è
eloquente e significativo. Prima di ogni
altra cosa è un documento di costume,
tipico di una certa classe, quella reazionaria, quando va in furore: credi
che sarebbe capace, un gruppo operaio, di esprimersi con questo livore,
con’questo odio da consanguinei, con
la rabbia che si manifesta soprattutto
nel capitolo dedicato ai preti, dove Ü
gusto della denigrazione e dell’offesa si
fa pressappoco delirante, perché esplode in famiglia? No. Questa non mi pare prosa da fascisti, mi pare linguaggio da clericali infuriati, come potrebbero usarlo, parlando tra loro, anche
i signori dell’« Osservatore Romano ».
Tu pensi che siano più caritatevoli o
più composti, quei nostri devoti e compiti colleghi, quando sono sicuri di non
essere ascoltati?
4
pag. 9
SignorNO !
Un antologia pubblicata dalla Claudiana prosenta le
3 forme che l’antimilitarismo assume oggi in Italia, e
le matrici alle quali esse risalgono
N. 12 — 23 marzo 1973
Per la sua stessa natura di prassi a
livello militante, l’antimilitarismo oggi
in Italia si esprime piuttosto attraverso volantini, giornali, opuscoli ed altre pubblicazioni molto agili, ma mancava finora una pubblicazione impostata scientificamente sull’insieme degli aspetti di questo fenomeno. La
Claudiana rimedia a questa deficienza
con la pubblicazione di una consistente antologia (più di 300 pagine), intelligentemente elaborata e validamente
coordinata nelle sue-varie parti, che
raccoglie una parte assai significativa
del pulviscolo di materiale antimilitarista a cui abbiamo fatto cenno. In
questo modo Giorgio Rochat, dopo la
pubblicazione di tre grossi volumi di
storia militare, mette a profitto la sua
competenza stavolta per un volume
antimilitarista. Naturalmente anche
gli altri tre sono scritti senza alcuna
simpatia per l’esercito.
Sarebbe seriamente imbarazzante
dover riassumere il contenuto del volume, quindi ci limitiamo a schematizzare le posizioni antimilitariste con
semplificazioni che non sono del tutto
arbitrarie, ma che sono ben lungi dal
rendere ragione della complessità delle motivazioni che animano la lotta
contro l’esercito oggi in Italia. Innanzitutto ci sembra di poter notare che
più i movimenti politici e spirituali sono inseriti nel sistema, più è blando il
loro antimilitarismo. Quelli perfettamente inseriti accettano Tesercito senza riserve o con riserve marginali. Questo vale per le chiese (pag. 69), ma anche per gli altri movimenti politici.
In secondo luogo ci sembra che si
possa distinguere un movimento antimilitarista da un altro sulla base delle analisi che conduce sulle strutture
dell’esercito.
ANTIMILITARISMO
COME RIFIUTO DELLA VIOLENZA
È noto che la ragione ufficiale principale addotta a sostegno dell’esistenza dell’esercito è quella della difesa
della patria contro le aggressioni armate da parte di un paese straniero,
attraverso la risposta violenta alla violenza altrui. Non c’è bisogno di conoscere rnolto la storia per sapere che
aggressioni immotivate si sono verificate molto raramente nel passato e
che, quindi, il caso della « difesa della
patria» è il più raro in cui sia stato
usato l’esercito. Il saggio iniziale, poi,
ripreso da un articolo di S. Bova e
Giorgio Rochat su « Inchiesta », mostra quanto inefficiente sarebbe l’esercito italiano sotto questo punto di vista.
Una parte dell’antimilitarismo, però,
non dà un peso eccessivo alla discussione della falsità di questo obiettivo
ufficiale e rifiuta l’esercito proprio per
questo: per la sua idea di opporre violenza a violenza. Questo antimilitarismo, che è riscontrabile, sia pure misto ad altri motivi secondari, in varie
correnti cristiane, fra i Testimoni di
Geova e tra gli anarchici, è, in fondo,
un’applicazione coerente del rifiuto,
ogs?i contrabbandato da varie parti,
della violenza da qualunque parte provenga. Si rifiuta, quindi, non solo la
violenza degli « opposti estremisti »,
ma anche quella programmata dai governi centristi, sia che onesti siano più
strabici verso destra, sia che lo siano
verso sinistra. Si rifiuta non solo la
violenza attuale, ma anche quella predisposta in caso di attacco altrui; non
solo quella che attacca per prima, ma
anche quella che risponde. La matrice
di questo atteggiamento ci sembra
molto lontana ed è un’interpretazione
estensiva del comandamento « Non uccidere » ed ha il modello del suo comportamento nella resistenza — passiva ma vittoriosa — li Gandhi.
tari. L’ideale, quindi, non è l’abbattirnento dell’esercito, ma la sua riforma,
cioè l’attuazione dell’articolo 52 della
Costituzione che prescrive che l’organizzazione delle forze armate si informi ai principi democratici della Repubblica.
Questo tipo di lotta, informato in
fondo ai principi liberali, non è sostenuto, per una strana ironia della politica, dal Partito Liberale Italiano, notoriamente militarista, ma dalle sinistre parlamentari e da alcuni loro organi. Questa lotta non ha da essere
guardata con superiorità, come se fosse caratteristica di quelli che sono integrati, come dicevamo poc’anzi. L’obiettivo della democratizzazione dell’esercito è oggi altrettanto remoto
quanto quello della sua distruzione. E
la pericolosità interna dell’esercito. De
Lorenzo insegni, consiste assai più nella sua struttura e nell’educazione fascista che dà, che non nella sua accettazione del principio della violenza.
ANTIMILITARISMO
CÒME LOTTA DI CLASSE
Mentre i partiti di sinistra conducono, essenzialmente in parlamento o
quasi neanche lì, ma solo in dichiarazioni verbali, una lotta per ideali liberali, la lotta impostata in modo, ci
sembra, correttamente marxista, è
quella condotta dai gruppi extra-parlamentari di sinistra e in particolare da
« Proletari in divisa » di Lotta Continua. Quest’ultimo tipo di lotta è condotto essenzialmente alla base, non
sempre come obiezione di coscienza,
ma soprattutto come lavoro politico
nelle caserme, come istigazione alla disubbidienza, al rifiuto del crumiraggio
dell’esercito negU scioperi, al rifiuto
anche delle operazioni di ordine pubblico. Nella propaganda di questo movimento è messa in luce non soltanto
la natura repressiva e fascista dell’esercito, ma la sua natura di classe: la
ubbidienza agli ufficiali non è prescritta tanto per dare una impostazione gerarchica, ma perché loro sono i rappresentanti dei padroni e il soldato di
truppa appartiene alla classe dei lavoratori. Quindi anche una democratizzazione formale dell’esercito sarebbe
insufficiente, perché i padroni restano
padroni anche quando la legge è uguale per loro e per i lavoratori. Oggi la
legge è disuguale per gli ufficiali ri
spetto ai soldati, ma non basta abolire questa disuguaglianza. Quindi, all’esercito dei padroni si risponde « SIGNORNÒ! ». Questo esercito si deve
sopprimere e la via per sopprimerlo
può essere l’obiezione di coscienza, come per il primo gruppo (non-violento),
ma può essere anche più efficace far
scoppiare le sue contraddizioni dal di
dentro. Le analisi di Lotta Continua
sono molto belle e in buona parte anche convincenti.
Un aspetto che lascia un po’ perplessi è il linguaggio di alcuni suoi volantini, scurrile e grossolano, proprio come il linguaggio della caserma. Sarebbe interessante studiare la psicologia
di questo linguaggio. Ci sembra che
alla sua base stia una certa volontà demagogica, almeno nella caserma. Ridotto alTessenziale, il ragionamento
dell’ufficiale che menziona . spesso gli
orgahi sessuali può essere questo:
« Faccio ridere il soldato, dicendo queste parole; così potrò comandarlo meglio ». Stupisce un po’ che un movimento di coscientizzazione usi lo stesso strumento. Importa non che il soldato rida, ma che capisca. Un linguaggio pornografico è, quindi, in fondo,
autoritario. È autorevole, invece, un
linguaggio che chiama la realtà col suo
nome. Pensiamo che, a livello intuitivo almeno, tutti siano in grado di capire le cose anche se non si dice nulla
di volgare.
* * *
I tre antimilitarismi sono in tensione feconda nella battaglia attuale contro l’esercito. Non sempre le posizioni
sono in contrasto le une con le altre.
Si può lottare contemporaneamente
contro la violenza, come gli obiettori
di coscienza non violenti; contro il fascismo e l’autoritarismo, come le sinistre parlamentari; e contro la società
ingiusta divisa in classi, come le sinistre extraparlamentari.
L’antologia che la Claudiana ci ha
fornito è un utile strumento per la
chiarificazione delle idee e ci dà il materiale di riflessione per studiare i tre
antimilitarismi nelle loro matrici storiche e nel loro esplicarsi in uno degli
aspetti più appassionanti della vita politica italiana del nostro tempo.
; M. C. Tron
I II volume L'antimilitarismo oggi,
unitamente al libro di Sandro Canestrini e Aldo Paladini, L'ingiustizia
militare, sarà presentato a Torino la
sera del 28 marzo, alle ore 21, nella
sala valdese di Corso Vittorio; parteciperà, oltre agli autori e curatori,
l'avv. Bruno Segre, direttore de « L'incontro » e difensore di obiettori di coscienza in numerosi processi.
A pag. 6 si da notizia di altre presentazioni del volume, a cura della
FGEI, nelle Valli Valdesi.
Dopo I dhionio, Faborto?
La lettura di un articolo apparso sul
mensile « L’incontro » (n. 1-2 di gennaio/febbraio 1973) mi ha portata a
fare alcune riflessioni sulla legalizzazione dell’aborto.
Questo problema, di dimensioni
mondiali, è dibattuto un po’ dovunque
e in tutti gli ambienti, nel tentativo di
responsabilizzare maggiormente l’uomo e la donna al riguardo e giungere
ad una decisione in proposito. L’aborto
è tassativamente vietato in Grecia, Portogallo e Spagna (dove si ha una legislazione molto simile a quella italiana),
in India, Pakistan (pena la morte). È
libero viceversa nell’Unione Sovietica
(dal 1955), in Ungheria, nella Germania Qrientale (dal marzo 1972), in Cina
ed in Giappone. Negli altri Stati è ammesso soltanto in talune circostanze:
tare fisiche e psichiche, rischio di mettere al mondo figli deformi, come in
Jugoslavia, Svizzera, Svezia (ivi soltanto sotto i 15 anni), in Danimarca, in
Norvegia e, in caso di invalidità del
marito, in Cecoslovacchia.
In Italia l’aborto è tassativamente
vietato ed il progetto di legge presentato alla Camera dall’On. Fortuna è appunto un tentativo di rimediare a questa lacuna, abbastanza rimarchevole
per uno Stato sedicente democratico.
Che la liberalizzazione dell’aborto sia
indispensabile per l’Italia è stato più
volte affermato dalle sinistre. M. Pannella, rappresentante del Partito Radicale alla Conferenza Stampa tenuta
dairOn. Fortuna per illustrare il progetto ai giornalisti, ha affermato: « La
nuova fatica legislativa di Fortuna non
soltanto si inserisce nella lotta per la
difesa dei diritti civili, ma tende a cancellare privilegi di classe ».
Per privilegi si intendono quelli che
appartengono alle donne le quali possono permettersi il pagamento dell’interruzione clandestina della maternità.
La proposta Fortuna consta di 12 articoli e mira ad abolire la vecchia legge
ora in vigore. La legge Fortuna propone la libertà deH’aborto in alcuni casi,
e cioè quando la continuazione della
gravidanza potrebbe essere rischiosa
per la vita della donna, pregiudicando
la sua salute fisica o psichica, o causare anomalie fisiche o mentali nel nascituro. L’intervento dovrà essere operato da un medico iscritto all’albo, previa esibizione da parte della donna del
certificato rilasciato da due medici, attestante le ragioni obiettive che consigliano l’interruzione della maternità.
J.'età minima per sottoporsi all’intervento con il solo consenso del medico è
di 18 anni; dai 14 ai 18 anni è necessaria l'autorizzazione dei genitori o del
Tribunale dei minori, al di sotto dei
14 anni è necessario il consenso di entrambi. La proposta prevede, inoltre,
la reclusione fino a due anni per chiunque cagioni aborto a donna consenzien
La lebbra; una parola, molti problemi
Non è solo questione ó\ denaro, ma di impegno perseverante e molteplice, a
tutti i livelli, se si vuole organizzare in modo radicale e massiccio la prevenzione e la cura della malattia.
ANTIMILITARISMO
COME RIFIUTO DEL FASCISMO
Lo scopo ufficiale dell’esistenza dell’esercito, come abbiamo già visto, non
ne spiega le strutture né la stessa esistenza. Il concetto stesso di patria è
ambiguo e non tiene conto della divisione in classi della società in cui viviamo. Ma basta un’occhiata anche distratta al funzionamento dell’esercito
e persino ai suoi documenti ufficiali,
come i discorsi degli ufficiali, il regolamento di disciplina militare, i due
codici penali militari di pace e di guerra, per vedere che tutto quanto è un
massiccio attacco alle libertà costituzionali. L’immagine della società fornita dall’esercito ha un carattere gerarchico, dove gli uni comandano e gli
altri obbediscono e, anzi, l’obbedienza
è la virtù fondamentale.
Diremmo che l’antimilitarismo che
considera fondamentale questo aspetto
dell’esercito lotta per la libertà civile
e per l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Questo antimilitarismo, quindi, non combatte tanto l’esistenza dell'esercito, quanto piuttosto
quelle che, ai suoi occhi, sono degenerazioni, malattie delle strutture mili
L’Antimilitarismo oggi, a cura di Giorgio Rochat. « Nostro tempo » - Claudiana, Torino, 1973, p. 304, L. 2.900.
Di tanto in tanto qualcuno chiede:
se le compresse di DDS che rappresentano la cura base della lebbra sono
così a buon mercato, perché non tutti i lebbrosi sono guariti?
Perché non si tratta unicamente di
una questione di soldi, come per tutti
gli altri grossi problemi del mondo.
Si tratta, prima di tutto, di far giungere i medicamenti alle persone e nei
luoghi giusti. E questo non è sempre
facile perché una parte dei lebbrosi
non sappiamo neppure che esistono in
quanto sono nascosti per ragioni religiose o perché, semplicemente, sono
stati messi al bando dalla loro società. E quelli che conosciamo non abitano, il più delle volte, in luoghi comodi
ad essere raggiunti, in modo che seguire questa malattia, la cui cura richiede diversi anni (non meno di tre,
ma spesso più di cinque), risulta talvolta assai problematico. Anche la lebbra, come le altre malattie da microbi
e da virus, deve essere curata a fondo
e senza troppe interruzioni se non vogliamo trovarci di fronte a forme resistenti alle medicine.
In secondo luogo la lebbra è una
malattia che tende attualmente ad aumentare in 'modo maggiore che non
l’aumento naturale della popolazione.
Poiché è in fase di espansione, la lebbra deve essere controllata molto accuratamente. Questo significa che, almeno nelle zone di maggiore infezione, tutta la popolazione dovrebbe essere controllata in media una volta all’anno, anche i sani o almeno tutti i
parenti e quanti hanno avuto a che
fare con i malati. Infatti la lebbra è
una malattia a lunga incubazione (non
meno di 4 o 5 anni) <» può essere infettiva prima che il malato se ne sia accorto, o si sia deciso a dichiarare la
sua malattia. Qra nei nostri paesi
« progrediti », non tutta la popolazione si fa visitare una volta all’anno,
neppure per la prevenzione delle malattie più diffuse e più gravi come
quelle cardiache ed i tumori. Da questo si vede l’enorme difficoltà di realizzare la stessa cosa in paesi in cui
molti elementi (distanze, scarsità di
comunicazioni, elementi religiosi o tradizionali, mancanza di medici e di
ospedali etc.) si aggiungono a quelli
che conosciamo anche noi (lasciar cor
rere o paura di sentirsi dire quel che
si teme). Per questo motivo la Missione Evangelica contro la lebbra collabora molto strettamente con i Governi
locali per organizzare in modo massiccio e radicale la prevenzione e la
cura della malattia. Questo richiede
l’invio e una lunga permanenza di
esperti di pianificazione medica nei
Paesi interessati in modo che, con il
locale Ministero della Sanità, possa es
Ricordare:
Domenica 25 marzo
GIORNATA
DELLA MISSIONE
CONTRO LA LEBBRA
Le collette e le offerte vanno versate sul
c.c.p. 2/33862 intestato a : Missione evangelica contro la lebbra.
sere messo a punto un piano che permetta di tenere sotto controllo l’intera popolazione e curare precocemente
tutti i nuovi casi di lebbra (gli unici
per cui possiamo essere sicuri di una
guarigione completa). Questo significa
organizzare numerosi circuiti per mezzo dei quali medici o infermieri specializzati possano controllare un certo
numero di villaggi regolarmente, sia
per portare medicine, che per seguire
i malati e per individuare i nuovi casi.
Per alcuni anni si è pensato soprattutto a circuiti assai grandi percorsi
da gnippi sanitari muniti di automobile; poi si è visto che nella maggioranza dei casi è meglio avere — se il
numero degli infermieri lo permette —
un maggior numero di circuiti più piccoli serviti da personale in motoretta
od in bici. Non per motivi di economia,
ma perché una macchina guasta significa mettere in crisi un numero molto
grande di malati e di villaggi, mentre
il guasto di una motoretta, oltre che
essere più facilmente riparabile, crea
delle difficoltà per un molto minor numero di pazienti.
In questo modo si può fare un la
voro serio, ma a condizione che, nello stesso tempo, ci si preoccupi della
forrnazione di un adeguato numero di
medici e di infermieri specializzati, cosa non sempre facile perché in molti
paesi la lebbra è una malattia vergognosa, come da noi la sifilide, per cui
le statistiche ufficiali sono spesso inesatte e si incontrano difficoltà a far
ammettere la lebbra fra i problemi
sanitari di molti paesi, anche se gravemente colpiti dalla malattia.
Un altro campo di azione in cui la
Missione evangelica contro la lebbra
si è inserita da tempo è quello dello
studio scientifico e di ricerca in questo campo. Sul terreno chirurgico si
sono fatti dei grandi progressi con la
operazione Paul Brand (Karagiri - India), uno dei nostri chirurghi che ha
realizzato un tipo di intervento per ridare mobilità alle mani ed ai piedi paralizzati dalla lebbra polinevritica. Purtroppo si tratta di un intervento molto difficile che non si presta per il
momento a grande diffusione perché
non sono molti i chirurghi che lo sanno eseguire. In campo sperimentale si
continua a lavorare per giungere alla
fabbricazione di un vaccino che permetta di trattare la lebbra come si è
fatto con la poliomielite. Ma la strada
è ancora lunga perché tutti i tentativi
di coltivare il microbo in ambiente artificiale sono finora falliti, nonostante
le speranze che si sono avute di volta
in volta. Infatti questo microbo contiene sostanze talmente tossiche che i
prodotti messi in libertà dai batteri
morti avvelenano quelli vivi. E fino a
che non si riuscirà a coltivare il bacillo sarà molto difficile giungere alla
fabbricazione di un vaccino.
Per questo la lebbra non è ancora
vinta, anche se, anno dopo anno, l’umanità prende maggior coscienza del
problema medico, umano, sociale posto dalla presenza di circa 30 milioni
di nostri simili che soffrono di questa
malattia e sono destinati a morire miseramente dopo molti anni di sofferenza se non sono raggiunti e curati seriamente. Tuttavia prima di poter mettere la parola « fine » a questo male,
corne è stato fatto per molte altre malattie microbiche, occorreranno ancora
diversi anni e lo sforzo unito di tutti.
Franco Davith
te, in casi diversi da quelli sopra detti,
e la reclusione da sei a dodici anni
quando l’intervento sia stato compiuto
senza il consenso della donna. Il medico che, per ragioni di coscienza, si
opponga a questa legge non sarà obbligato ad intervenire.
Di fronte a questa grave problematica come si comporterà il cristiano? Io
penso che dovremo appoggiare questa
legislazione Fortuna per i seguenti motivi:
1) sfruttamento. Molti conoscono
la situazione di sfruttamento in cui
spesso si trovano le donne quando devono ricorrere ad un intervento di questo tipo. Di fronte ad una simile condizione il cristiano non può tacere e
non deve assolutamente assumere l’atteggiamento moralistico del « doveva
pensarci prima » che, a mio avviso,
non ha nulla di evangelico.
2) libertà e responsabilità. Spesso
si sente parlare dell’aborto in termini
di omicidio, invece che di una scelta
ispirata da una maternità libera e responsabile da parte della donna: da
questo lato pende l’opinione di molti
cristiani. Quando sento discorsi di tal
fatta rimango molto sconcertata; infatti queste posizioni non portano certo ad un miglioramento della situazione, non vietano a migliaia di donne di
abortire in condizioni sanitarie disastrose, di mettere a repentaglio la loro
vita e, soprattutto, non impediscono
uno sfruttamento a cui bisogna porre
fine.
Erika Tomassone
llllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllliiilliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Un linguaggio diverso,
un diverso messaggio
Il piccolo resto
Sul settimanale riformato francese
« Le Christianisme au XX“ siede » Marc
Jospin pubblica regolarmente una
« Lettera dall’Olanda ». Nell’ultima (n.
9, 1.3.1973) abbiamo letto queste righe
Che sottoponiamo alla seria riflessione
dei nostri lettori.
Qui come dappertutto le discussioni ecclesiastiche non possono
appassionarsi — pare — che sui
problemi sociali o politici. Si raggruppano nuove "famiglie" spirituali, non più in base a opzioni
teologiche ma in base a opinioni
che, un tempo, non si manifestavano che sul terreno elettorale o parlamentare.
Dipende, questo, dal fatto che,
come afferma la Conferenza di
Bangkok, oggi misuriamo meglio
la distanza che perdura così grande fra ciò che crediamo e ciò che
facciamo? Oppure si deve vedere
in questo cambiamento di prospettive un riflesso di paura? paura di
non più far numero? paura di vedersi superati alle estremità? paura del futuro davanti alle esigenze
montanti degli oppressi o alla rivelazione della disumanizzazione
della nostra civiltà? Resta comunque il fatto che l’inflazione non è
solo monetaria; essa tocca, attualmente, la parola, e in tutte le lingue.
Le Chiese che vogliono essere
partecipi del mondo hanno forse
troppo ascoltato coloro che non
perdonavano loro di parlare in
modo diverso e di cose diverse. Si
levano qui delle voci, sempre più
numerose, a chiedere alle Chiese
di ritornare alla sola Parola che è
stata loro affidata, di aver fiducia
nella sua azione e di ridiventare il
« piccolo resto » che un giorno
avrà ragione, quando gli altri non
avranno più nulla da dire.
Marc Jospin
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Arriva l’inquisltore
Quito (Relazioni Religiose) - Ricorrendo ad
una vecchia legge della inquisizione ancora in
uso nell Ecuador, i grossi proprietari terrieri
del paese, scontenti del sostegno prestato dal
vescovo di Rio Bamba, Monsignor Proano,
alla lotta degli operai agricoli, hanno chiesto
al Vaticano di inviare un inquisitore. La richiesta ha avuto esito positivo: l’inquisitore
che in marzo giudicherà il lavoro e l’inscgnamento sociale del vescovo, è Padre Casanova. un salesiano boliviano.
Quito (Relazioni Religiose) - L'Università
cattolica ecuadoriana di Quilo è stata chiusa.
Nello scorso maggio gli studenti avevano manifestato per la riforma completa deUTTniversita, proponendo anche una serie di punti che
PArcivescovo Bernardino Echevarria ha giudicalo inaccettabili, preferendo chiudere PUniversità, dopo aver accusato gli studenti di aver
rovinato attrezzature universitarie e sottratto
numerosi volumi dalla biblioteca.
5
23 marzo 1973 — N. 12
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
pag. 5
NEGLI STATI UNITI CON BIGLIETTO TURISTICO MA NON COME TURISTI
Che iw le Chiese fra gli iedieei eordafliericeei?
Vita del Protestantesimo spagnolo
Ho avuto l’occasione di compiere un
giro rapidissimo ma assai utile negli
Stati Uniti, nella primavera del '11, in
•compagnia del Segretario generale
della Chiesa Evangelica di Tahiti. Tale
giro non aveva uno scopo turistico. Si
trattava di presentare il lavoro del
protestantesimo tahitiano, in particolar modo in campo sociale.
I responsabili del Consiglio Cristiano degli Stati Uniti avevano pensato di
organizzare per noi in queU’oceasione
un vasto itinerario capace di farci conoscere quanto si fa attualmente in
quel paese per affrontare i problemi
sociali che sorgono dall’esistenza delle
minoranze razziali: negri, indiani, messicani, filippini, giapponesi, cinesi, portoricani ecc. Questo, pensando giustamente che certi problemi che sorgono
a Tahiti a causa dell’urbanizza^one
potessero avere dei lati comuni con
quelli propri delle minoranze nord
americane e con le soluzioni che là si
cerca di adottare.
Mi riprometto di far conoscere ai nostri lettori alcune delle mille impressioni registrate durante questo periplo che ci ha portato da San Francisco
a Los Angeles, da Chicago a Tulsa, da
Jackson a New York, passando per
Atlanta e Filadelfia, negli stati della
California, dell’Illinois, dell’Oklahoma,
Mississipi, Georgia, Pennsylvania, New
York, New Jersey.
I RETROSCENA
DI WOUNDED KNEE
1 recenti fatti di Wounded Knee, il
villaggio occupato da un gruppo di indiani americani, che hanno così voluto
imporre all’attenzione dell’opinione
pubblica la situazione insoddisfacente
in cui vive il loro gruppo etnico, mi
spinge a parlarvi tanto per cominciare
di questa minoranza razziale e dei contatti che ho potuto avere con alcuni
suoi rappresentanti, Contatti tanto più
significativi perché avvenuti non a livello di « personalità ufficiali» ma di
responsabili di attività sociali immersi
nella dura realtà quotidiana del loro
popolo.
Permettetemi innanzitutto di ricordari'i che, secondo un censimento del
1960, gli indiani (amerindi o pellirosse
che dir si voglia) sono 524.000 e rappresentano lo 0,6% della popolazione degli
Stati Uniti. Di questi, soltanto 162.000
vixono ancora attualmente nelle riserve Val la pena di dire che, queste
riserve, se sono state in un certo senso utili in vista della salvaguardia di
costumi e tradizioni interessanti dal
punto di vista etnologico, hanno però
ostacolato l’inserimento degli indiani
d’America nella vita associata e nelle
attività produttive: molti di essi, privi
di titoli di studio e di qualificazione
professionale, si dedicano a forme primitive e poco redditizie di allevamento
o di artigianato, anche perché, vedi
caso, le riserve sono fra le terre più
poi'cre del paese. In esse, gli indiani
sono oltre a tutto spinti a vivere in
circuito chiuso, perpetuando i legami
familiari e di clan, con evidenti effetti
nocivi da un punto di vista demografico e sanitario (il tasso di morbilità e
di mortalità è nettamente più alto fra
di loro che fra gli indiani «urbanizzati », che pure sono, come vedremo, anch’essi particolarmente sensibili alle
malattie).
Gli stati nei quali si trovano le riserve indiane sono l’Arizona, il New
Mexico, rUtah e, soprattutto, l’Oklahoma. In quest’ultimo stato vivono ün
terzo degli indiani degli Stati Uniti.
Infatti tra il 1820 ed il 1845 nell’Oklahoma venne costituito il Territorio indiano nel quale si concentrarono le varie
tribù cacciate dal sud.
Nel 1890 la fame di terra dei bianchi restrinse ancora l’area destinata alle tribù indiane, nel 1901 i primi pozzi
di petrolio perforati nella zona fecero
il resto.
TULSA, OKLAHOMA
In occasione del mio breve passaggio a Tulsa, seconda città dell’Oklahoma e uno dei maggiori centri petroliferi USA, ho potuto « sentire » questa
presenza indiana. Il Tulsa Metropolitan Ministry, Servizio Metropolitano
di Tulsa, che coordina quanto le varie
chiese cristiane, gli ebrei ed anche'
gruppi non appartenenti ad alcuna
chiesa tentano di compiere in campo
sociale, sorge all’ombra della cattedrale anglicana e si occupa tra l’altro attivamente dei problemi degli indiani urbanizzati.
Nel centro della città sorge una chiesa che nei vari motivi architettonici ricorda chiaramente il passato di territorio indiano dell’Oklahoma (frecce, archi, teste piumate ecc.).
D’altra parte è facile notare che l’artigianato indiano è ben presente e, a
quanto ho potuto vedere, non troppo
comrhercializzato nella qualità e nello
stile, con oggetti in pelle di bisonte,
in rame, in ossidiana e catlinite. Particolarmente caratteristici gli indumenti
di pelle.
Devo però confessare che ho avuto
un vero contatto umano con alcuni
indiani a... Los Angeles, cioè ben lungi
dalle ridenti piane dell’Oklahoma, dove
siamo atterrati una sera dopo aver
' Devo i dati sulla popolazione indiana all’Enciclopedia geografica Garzanti ’73.
sorvolato i vari nuclei urbani della
«grande Los Angeles » che raggruppano
ben 7.000.000 di abitanti, in uno dei...
33 aeroporti della zona.
UNO STRANO TEMPIO
Sul nostro programma era indicata
anche una visita affa Clinica libera
(gratuita) per indiani d’America a
Comton, uno dei sobborghi di Los
Angeles.
Siamo stati accolti da un arzillo vecchietto che ci ha offerto il rituale bicchiere di caffè che la non meno rituale
macchinetta sempre presente in qualsiasi ufficio o gruppo di uffici di qualsiasi genere sforna a getto continuo.
La prima reazione è stata di stupore. Siamo infatti stati introdotti in
quella che si è poi rivelata essere effettivamente una chiesetta dall’architettura più convenzionale, la Grace
Southern Baptist Church, la Chiesa
della Grazia, appartenente alla Convenzione Battista del Sud. Il nostro cicerone ci ha spiegato la ragione della
creazione della clinica mentre la segretaria indiana dai tratti assai fini e dal
nome poetico, degno di essere portato
da qualche squaw in Un film di pellirosse (nome che purtroppo non ho segnato ed ho così dimenticato) si indaffarava per essere pronta ad accogliere
i pazienti del pomeriggio.
Gli indiani americani stanno lasciando le loro riserve e, in generale, le zone
rurali, nella speranza di trovare una
vita ed un lavoro migliori nelle grandi
città. Tuttavia, la vita cittadina, specialmente nelle grandi metropoli come
Los Angeles, fa spesso sorgere dei gravi problemi per quanti sono abituati
ad un quadro diverso ed assai niù
semplificato ed a rapporti umani anch’essi più semplici perché meno diversificati. Vi sono senza dubbio molti
organismi in grado di aiutare (tutti
più o meno collegati al Dipartimento
degli affari indiani), ma spesso gli interessati non ne sono a conoscenza,
oppure provano una certa riluttanza ad
esporre le loro difficoltà a degli estranei non sempre in grado di immedesimarsi nella loro cultura e mentalità. I
nuovi venuti sono così in breve tempo
completamente frastornati dalla complessità di una società urbana in cui
il contatto umano sembra impossibile.
Uno dei risultati è che spesso gli
indiani si ammalano e non sanno dove
e come farsi curare, senza contare lo
aspetto finanziario della questione.
50-75.000 INDIANI
A LOS ANGELES
La Clinica indiana e stata aperta nel
1970 proprio per far fronte almeno a
questo problema ed almeno in parte.
In essa i malati o quanti hanno un
problema familiare o di adattamento,
possono trovare gente della loro razza
che li accoglie, li sa ascoltare e cerca
in seguito di aiutarli e di guidarli in
ogni loro difficoltà.
Difficoltà che sono tanto più grandi
in quanto, contrariamente a ciò che
avviene per altri gruppi etnici, non esiste in ogni città una zona prevalentemente abitata da indiani, che bene o
male potrebbe dare un sentimento di
minore solitudine.
Si pensi che da 50 a 70.000 indiani
vivono nella contea di Los Angeles.
Veniamo ora ai problemi di malattia
e di cura di cui si occupa in particolare la Clinica indiana. La durata media
della vita di un indiano è di 44 anni —
considerevolmente più bassa di quella
d; altre razze. Fra gli indiani americani la mortalità infantile è del 12% più
alta di quella della media nazionale.
Le febbri reumatiche, le malattie della
gola, le epatiti sono dieci volte più
frequenti fra gli indiani, così come
una particolare forma di otite. I casi
di tubercolosi sono otto volte più frequenti e la mortalità dovuta ad influenza ed a polmonite sono ih media due
volte e mezzo più frequenti della media. Senza contare l’alcoolismo.
Il nostro cicerone ci ricordava che
l’indiano americano tradizionale è fiero, riservato e buon cittadino per quanto gli è possibile. Tuttavia il 50% degli
indiani americani non guadagna più di
30 dollari alla settimana, cioè è al disotto del livello minimo fissato per
definire lo stato di povertà.
LA CLINICA INDIANA
La clinica indiana offre il suo aiuto
gratuitarnente a chiunque lo richieda
(senza, cioè, distinzione di razza, religione o altro) anche se si preoccupa
particolarmente della popolazione indiana. Essa è la prima clinica indiana
del genere e funziona valendosi di personale indiano coll’aiuto di altri cittadini preoccupati di aiutare quanti sono malati, disorientati ecc.
Ecco i servizi offerti: medicina generale, studio dentistico, laboratorio
analisi, consulenza legale, servizi di
uno psicologo, consulenza del lavoro.
Delle riunioni speciali per questioni
quale il controllo delle nascite vengono
organizzate a seconda delle richieste
e delle necessità.
Da notare che anche la direzione e
l’amministrazione della Clinica sono
in mani indiane e, cosa importante,
che tutte le varie tribù sono rappresentate.
Dopo i primi otto mesi del 1971,
4.500 « casi » erano già stati trattati da
questa clinica dalle dimensioni ben
modeste, che opera soltanto a fine pomeriggio.
Cosa notevole, questa Clinica è divenuta una realtà perché la comunità
locale ha accettato di mettere a disposizione i suoi locali ■— Compreso il
tempio — nel corso della settimana in
vista di questa attività. Il tempio diventa così la sala d’aspetto e di « smistamento » mentre altre piccole sale
servono da studio dentistico, da sala
raggi ecc.
Il sabato, una parte delle sale ridiventa «locale ad uso ecclesiastico »,
concreta parabola dell'amore del Signore che si cura di «tutto l’uomo».
Ma la mia cronaca si ferma qui, perché già una piccola ‘’olla di pazienti o
di gente che viene ad informarsi accaparra tutta l’attenzione del sereno
vecchietto indiano dal volto pienò-di
saggezza. Singolare contrasto col fatto di cronaca, ridotto dalla stampa a
curiosità un po’ folkloristica, dell’occupazione di « Wounded Knee ».
Giovanni Conte
Le notizie sul Protestantesimo spagnolo giungono molto saltuarie e, per
lo più, indirette. Perciò abbiamo ricevuto cori molto piacere il primo nu:
mero di "Noticias",'Un bollettino d’informazioni che d’ora innanzi sarà diffuso, con periodicità variabile, dal Consejo Evangélico Español, a Madrid. Ci
rallegriamo assai di questa nuova iniziativa, che ci avvicinerà questo protestantesimo latino a noi fratello, e
formuliamo i migliori auguri, riportando le prime notizie diffuse.
« La Chiesa e la Comunità politica » :
valutazioni sul documento
dell'episcopato spagnolo
Pubblicata il 23 gennaio, dopo una
lunga preparazione, la dichiarazione
dei vescovi della Chiesa cattolica romana in Spagna sulle relazioni fra la
Chiesa e lo Stato ( « La Chiesa e la Comunità politica ») ha scatenato ogni
sorta di reazioni. La Chiesa cerca di
precisare la sua posizione d’indipendenza nei confronti dello Stato, e i due
poteri si sforzano di stabilire meglio i
limiti del reciproco rispetto. L'Associazione Cattolica Nazionale di Propagan
L’evangelista e il profeta
Una precisazione
di Biily Graham
Com’è noto, l’evangelista Billy Graham è stato spesso accusato di avere
sostenuto, indirettamente, la politica
nixoniana, specie nell’intervento indocinese; e si ricorderà che verso il Natale 1972, nel momento in cui riprendevano i bombardamenti massicci sul
Vietnam del Nord, i dirigenti di dieci
Chiese statunitensi gli avevano inviato
una lettera aperta chiedendogli di valersi del suo ascendente sul presidente
Nixon per far pressione affinché ordinasse la cessazione immediata di quei
bombardamenti. Billy Graham ha diffuso una messa a punto, che è stata
pubblicata sul periodico « Christianity
Today» (19.1.’73); ne riportiamo i punti essenziali:
Recenti interrogai ivi sulla stampa e
una vasta corrispondenza personale mi
spingono a chiarire l) la mia posizione relativamente alia guerra vietnamita, 2) le mie relazioni con i dirigenti
nazionali, 3) una li finizione del mio
ministero (...). *
Non ricordo che una volta sola in
cui io abbia tenuto un discorsq^che si
potrebbe qualificare favorevole a questa guerra. Si trattava, di fatto, di una
considerazione in risposta a una domanda, parecchi anni fa, quando la
guerra nel Vietnam era agli inizi e non
si poteva prevedere che gli Stati Uniti
vi sarebbero anch’essi impegnati. Da
allora ho fatto di tutto per evitare di
parlare sulle mie opinioni — su chi
avesse torto o ragione — e per questa
ragione ho subito le critiche sia degli
"sparvieri” che delle "colombe”. Ma
non ho cessato di ripetere quanto desiderassi una pace rapida e giusta nell’Asia sud-orientale.
Sono stato turbato dal vedere questa
guerra protrarsi così a lungo e dividere
così profondamente gli americani (...).
In secondo luogo, le mie relazioni
con la Casa Bianca. Ho avuto il privilegio di aver e. contai ti con quattro Presidenti, nel corso del mio ministero.
Pur evitando temi strettamente attinenti alla politica, ho potuto conversare con loro di ciò che, a mio modo
di vedere, ha rilevanza morale. Ma debbo rilevare che tutte le mie conversazioni con il Presidente sono assolutamente private (...),
Non sono il "cappellano" della Casa
Bianca (...).
Ogni Presidente sa che ho chiesto a
Dio di dargli tutta la saggezza necessaria a che ho incoraggiato i miei concittadini a fare la stessa cosa, specie
quando la nazione attraversava un periodo di crisi e d’insicurezza (...).
Tutti sanno che il presidente Nixon
ed io siamo stati amici da lunghi anni
e che lo credo animato da un desiderio di pace. La storia giudicherà se le
sue decisioni erano buone o cattive.
Infine, sul problema del mio ministero, sono convinto che Dio mi ha
chiamato a essere evangelista secondo
il Nuovo Testamento e non un profeta
secondo l’Antico. Alcuni pensano che
un evangelista è in primo luogo un riformatore sociale 0 un impegnato politico. Non la penso così. Un evangelista proclama il messaggio dell’amore
e della grazia di Dio in Gesù Cristo. Il
problema fondamentale dell’uomo sta
nel suo cuore. Perciò l’evangelizzazione
ha tanta importanza. Gli avvenimenti
attuali manifestano una crisi spirituale mondiale. Il mondo ha bisogno di
una nuova nascita che soltanto Gesù
Cristo può dare.
Billy Graham
Ma le nostre riserve
permangono
Pubblichiamo volentieri queste ’precisazioni’, che tuttavia non chiarificano tutto. Siamo certo convinti che Billy Graham non è il lacchè religioso della Casa Bianca che molti l’accusano di
essere. C’è tuttavia da domandarsi se,
come gli chiedevano nella menzionata
lettera aperta i dirigenti di Chiese americane, egli ha sempre e veramente
svolto quel ministero di sentinella che
la sua posizione e la sua influenza gli
permettevano di svolgere. La radice
del problema si trova forse nella conclusione del suo scritto: la distinzione
radicale che egli non è solo la giusta
distinzione fra due ministeri per molti aspetti diversi (anche se un’identikit dei ministeri non c’è), ma, più a
fondo, una distinzione teologica fra
l’Antico e il Nuovo Testamento che
non ci pare accettabile. Se è indubbio
che il profeta veterotestamentario non
è (se non talvolta, e indirettamente)
un riformatore sociale e un politico
impegnato, è però vero che il messaggio dell’amore e della grazia di Dio,
nell’Antico e nel Nuovo Patto in Gesù
Cristo, tocca nel cuore dell’uomo non
i suoi sentimenti, ma l’uomo totale, la
sua volontà, il suo impegno umano globale. Senza il realismo dell’Antico ’Testamento la ’pienezza’ di Cristo che il
Nuovo annuncia rischia di ridursi a
una pienezza assai rattrappita, o piuttosto a una spuma di effusione sentimentale con poco nerbo; cosi come
senza la tensione di tutte le cose verso
Cristo venuto e veniente, sola novità e
sola soluzione, il realismo dell’Antico
Testamento rischia di secolarizzarsi,
perdendo ogni riferimento profondo al
Signore di questo ’secolo’ e di quello
avvenire, perdendo cioè quella fede e
quella speranza — e quindi quell’amore — alle quali la testimonianza biblica ci chiama. Ieri come oggi questi opposti rischi si sono realizzati e si realizzano, e non è detto che le ’soluzioni
intermedie’ siano cedimenti e rinnegamenti minori. Vivere in tensione non
è né facile né comodo; ma appassionante sì.
Ecco perché, con rispetto ma in dissenso, continuiamo a dire a Billy Graham che anche il ’suo’ Evangelo ci pare decurtato e depotenziato. Sono cose che dobbiamo continuare a dirci gli
uni gli altri (ascoltandoci seriamente),
nella precisa coscienza che nessuno,
oggi meno che mai, ha diritto di gettar pietre, prime o seconde, sugli altri, ma che tutti siamo gravemente giudicati dalla Parola di Dio e che per
tutti non c’è ricorso che alla misericordia operante di Gesù Cristo. g. c.
disti, che raccoglie un’élite di uomini
impegnati nella vita politica, religiosa,
culturale etc. della nazione, ha appena
svolto un programma di cinque conferenze pubbliche nelle quali il documento è stato analizzato nei suoi vari aspetti: fra questi studi, l’analisi e lo sviluppo della libertà religiosa in Spagna,
presentato da Marcellino Oreja. L’oratore ha fatto notare che la confessionalità dello Stato, in questo caso cattolico, dev’essere compatibile con la libertà religiosa, anche se ciò ha creato
certe difficoltà di fondo per la legge.
Del resto la legge deve essere completata o messa all'altezza dell’evoluzione
attuale dei rapporti tra la Chiesa e lo
Stato in Spagna.
Scacco alla legge
sulla libertà religiosa
Il sergente Francisco Orozeo, che è
membro della Chiesa Battista e appartiene all’aviazione di stanza a MMaga,
è stato incarcerato e sarà sottoposto a
processo militare per aver dichiarato
che avrebbe disobbedito all’ordine militare di presentare le armi durante
una messa al campo alla quale era costretto a partecipare per ragioni di servizio. Non avendo commesso la colpa
ma avendola annunciata, è incriminato di disobbedienza militare. Questo
vuol dire infirmare l’art. 5 comma 2
della Legge sulla libertà religiosa, il
quale dichiara che i militari non saranno obbligati a partecipare alle cerimonie religiose delle forze armate
« salvo quando si tratti di atti di servizio ». Un’inchiesta è stata aperta dalla autorità centrali di Madrid e una
commissione speciale di rappresentanti dei vari ministeri governativi sta
studiando la questione. Si ricorderà
che quando la legge era allo studio delle Cortés, nel 1967, quest’articolo non
conteneva nel progetto governativo alcuna limitazione; tale limitazione è
stata incorporata durante il lavoro parlamentare sul testo, rendendo ambiguo
il contenuto dell’articolo.
Pubblicato il primo
Annuario Evangelico Spagnolo
Per il contenuto come per la novità,
la prima edizione (1973) deU’Anuario
Evangélico Español, appena pubblicata, è Un documento storico. Oltre a
tutti i luoghi di culto, i pastori, i responsabili dei vari ministeri etc., esso
contiene un testo di presentazione di
ciascuna comunità nazionale di chiese,
organizzazioni etc. Dopo un grosso
sforzo sostenuto per raccogliere tutta
quest’informazione, e come seguito di
questa prima edizione, l’Ufficio del Consejo Evangélico Español s’impegna a
proseguire la pubblicazione dell’Annuario ogni due o tre anni. Esso non sostituirà il Vademecum Evangélico, piccola agenda tascabile che viene pubblicata dal 1946, con l’elenco dei luoghi
di culto delle chiese evangeliche di
Spagna, senza fare distinzioni denominazionali. L’Annuario può essere richiesto U50 pesetas) al Segretariato del
Consejo Evangélico Español, Calle
Bravo Murillo ^5, Madrid 3.
Franco taglia i viveri
ai seminari cattolici
Madrid (Relazioni Religiose). - Il governo
di Madrid ha deciso di sospendere « temporaneamente » il sussidio statale ai 19 seminari teologici spagnoli. Si dice con insistenza
che tale sussidio prossimamente verrà sospeso
anche agli altri 12 o 14 seminari. Secondo il
governo spagnolo questo provvedimento troverebbe la sua motivazioné nel fatto che i seminari in questione non corrisponderebbero
più alle intese del Concordato.
CHIESE E QUESTIONI SOCIALI IN GIAPPONE
L’identità dei Coreani immigrati
Il problema dei Coreani è rimasto
sinora irrisolto nella struttura sociale
del Giappone. Sono circa 5 milioni i
Coreani che, in seguito alla precedente politica coloniale nipponica in Corea, vivono oggi ancora in Giappone, e
sono solo in minima parte integrati
nella società giapponese. Hanno Uno
status di lavoratori stranieri, sebbene
soprattutto i giovani, alla seconda o
terza generazione, non conoscano neppure più il coreano, sicché è impensabile anche un reinserimento nell’antica patria. Per di più i Coreani residenti in Giappone sono divisi in due campi accesamente avversi, i nord- e i
sud-coreani; sono all’ordine del giorno
scontri anche fisici fra elementi di
questi due gruppi, e non è ancora possibile vedere alcun riflesso particolare,
sulla condotta dei due gruppi coreani
in Giappone, delle trattative in corso
fra rappresentanti dei due governi coreani del nord e del sud. >
Parecchie chiese jCoreane in esilio,
unite per Io più alla Kyodan, si sforzano di aiutare i connazionali residenti
in Giappone. NeH’agosto 1972 queste
chiese hanno organizzato un campo giovanile per Coreani in Giappone, e vi si
sono avute vivaci reazioni al problema,
appunto, della identità; e in quel periodo l’allora presidente dell’organizzazione giovanile coreana, Sung Gu Shoi,
è stato costretto a lasciare il suo incarico. Sung Gu era un leader assai intelligente e progressista, ma si era esposto in modo eccessivo con la sua opinione che la giovane generazione di coreani in Giappone doveva integrarsi
quanto più possibile in modo positivo e
totale nella società nipponica, dato che
le è preclusa ogni possibilità concreta
di ristabilirsi nella patria coreana.
VITTIME COREANE
DELLE BOMBE ATOMICHE
Il dr. T. Kawamura, membro dell’Associazione medici cristiani giapponesi,
ha rivolto recentemente un appello insistente al Consiglio cristiano nazionale del Giappone affinché affronti come
prioritario il problema delle vittime di
bombe atomiche in Corea. Secondo i
dati da lui comunicati, vivono oggi in
Corea circa 20.000 coreani che soffrono
delle conse^enze radioattive delle
bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Nel 1945 questi coreani
lavoravano nell’industria degli armamenti, appunto nel distretto di Hiroshima e di Nagasaki, ed erano rimasti
colpiti dalle irradiazioni atomiche liberate in quei tragici bombardamenti.
Dopo che la Corea fu liberata dal giogo dell’occupazione giapponese e ricuperò l’indipendenza, molti coreani tornarono in patria, e in molti casi solo
più tardi si fecero sentire le conseguenze di queste irradiazioni atomiche. Ma
nelle clausole di riparazione cui il
Giappone si era impegnato nei confronti della Corea, di queste vittimie
non si era tenuto alcun conto. Sicché,
mentre tutte le vittime atomiche nipponiche sono state (per quanto possibile) indennizzate, quelle coreane sono
invece rimaste finora senza alcun aiuto finanziario. Il dr. Kawamura invita
i cristiani giapponesi a saldare con rapidità ed efficacia un debito trascurato.
6
pag. 6
CRONACA DELLE VALLI
N. 12 — 23 marzo 1973
Luserna San Giovanni:
lanciato il programma comunale
per l’assistenza agli anziani
VAI GERMANASCA
Il Comitato Consultivo
Al principio di marzo, convocato dal
Sindaco si è riunito per la prima volta un comitato consultivo sui problemi dell'assistenza agli anziani nell’ambito del Comune di Luserna San Giovanni. Vi fanno parte, oltre ai membri della Giunta, i rappresentanti del
Consiglio Comunale, dell’E.C.A. l’Assistente Sociale del Cons. di Valle, l’Assistente Sociale del Comune di recentissima assunzione e i rappresentanti
degli istituti che operano nel settore
(«Pro Senectute», Charitas, C.I.O.V.,
Asilo Valdese). Un gruppo piuttosto
eterogeneo di persone di diversa estrazione, con impostazioni di pensiero, linee di lavoro, livelli di esperienza diversi, che mai aveva avuto la possibilità di incontrarsi per un utile confronto di idee e di posizioni. Non c’era
dunque da sperare che da questo primo incontro emergesse subito una chiara visione del lavoro da compiere, né
una pacifica intesa sulle linee da seguire e sui contenuti che il nuovo servizio assistenziale avrebbe potuto assumere.
Il programma
L’amministrazione comunale ha presentato un programma di massima
che, riprendendo uno schema abbozzato circa due anni fa, prevede la creazione di tre centri nelle tre principali
frazioni in cui si suddivide il Comune
(Lu.serna, Airali e San Giovanni), valendosi per Luserna e San Giovanni
delle strutture collegate alle due Case
per Anziani quivi esistenti e realizzando ex novo un centro per la frazione
degli Airali.
Questa forma di assistenza agli anziani costituisce senza dubbio un esperimento nuovo e avanzato che, almeno in Italia, conta un limitato numero
di realizzazioni e che è collegato a un
discorso di tipo nuovo ancora in fase
di elaborazione che, muovendo da una
analisi per quanto obbiettiva della condizione anziana oggi in Italia, tende a
proporre soluzioni alternative al ricovero, miranti alla prevenzione, alla riabilitazione, al recupero, alla socializzazione e alla partecipazione.
Trattandosi quindi di impostare un
esperimento nuovo con metodi di lavoro in gran parte ancora da inventare, sarebbe stato necessario che il gruppo avesse potuto disporre di un più
lungo periodo di rodaggio, di maturazione e di confronto prima di passare
alla realizzazione pratica. Questa carenza di hase ha provocato in seduta
alcune tensioni e malintesi che avrebbero potuto evitarsi ove il discorso comune fosse stato più avanzato, permettendo una partenza più chiara e programmaticamente più definita.
dii antecedenti
Infatti il Comitato consultivo sulla
carta fin dal novembre del 1971 non
fu mai convocato fino al marzo del '73,
malgrado insistenze giunte da più parti e in particolare dal Comitato E.C.A.,
che, in stretta collaborazione con il
Servizio Sociale del Cons. di Valle, era
stato l’organismo promotore per l’istituzione nell’ambito de! Comune di una
tale rete di servizi a favore degli anziani che rispondesse alle urgenti necessità di una' popolazione il cui tasso d’invecchiamento tende rapidamente a crescere.
Il comitato ECA con la collaborazione di giovani dei gruppi cattolici e vaidesi aveva svolto nel 1971 una inchiesta campione di base i cui risultati furono trasmessi all’amministrazione comunale affinché, assumendo le responsabilità che le sono proprie, proseguisse lo studio del problema ponendo in
atto le soluzioni opportune, valendosi
delle risorse esistenti e, creando le
nuove strutture necessarie, coordinasse le iniziative e gli sforzi di tutti in
un organico piano di programmazione.
Da questa impostazione nacque il comitato consultivo allo scopo di fiancheggiare il Comune nell’attuazione del
programma assistenziale e beneficio
del quale tutti erano disposti ad offrire la propria collaborazione attiva di
pensiero, di uomini, di mezzi e di
strutture.
La costituzione del comitato e la
mancata convocazione che ne ritardava di fatto il funzionamento, aveva, di
conseguenza, bloccato l’E.C.A. nel proseguimento del suo layoro nel settore
dell’assistenza agli anziani, demandato
ormai al Cons. Comunale stesso e privato l’ulteriore elaborazione del progetto dell’apporto del Servizio Sociale del
Cons. di Valle che intanto, a Torre Pellice, in attiva collaborazione con il
Cons. Com. e nell’ambito di un Comitato Cittadino per i servizi sociali agli
anziani, aveva promosso l’istituzione di
una rete di servizi (ora estesi anche al
Comune di Angrogna) la cui validità
otteneva l’attenzione e il riconoscimento da parte di diversi enti e ambienti
operanti nel settore in Italia.
Nel frattempo l’Asilo Valdese elaborava per proprio conto e sia pur su
queste linee, un progetto di ampliamento e ristrutturazione del proprio Istituto, la Pro-Senectute, avendone già i
mezzi e le strutture, realizzava per la
zona di Luserna una serie di servizi
medico-assistenziali, assumendo a tal
fine una assistente sociale e il Cons.
Com. a sua volta stanziava nel proprio
bilancio la somma di dieci milioni per
il programma assistenziale agli anziani, affittando nella zona degli Airali dei
locali per un centro di incontro e assumendo a tal fine una Assistente Sociale.
Il Comitato Consultivo nella sua prima riunione si è dunque trovato dinanzi ad una serie di fatti compiuti,
ad impostazioni di lavoro ormai stabilite senza una preventiva reciproca informazione, il cui coordinamento appare difficile, mentre le linee programmatiche di fondo non sono state sufficienetemente vagliate e consapevolmente maturate in un sereno confronto di idee e posizioni.
Le decisioni operative
La prima decisione operativa del
Comitato è stata la convocazione di tre
assemblee di zona, aperte a tutta la popolazione (il 27 marzo agli Airali, il 28
a Luserna e il 31 a San Giovanni) per
la presentazione e il dibattito del programma assistenziale per gli anziani
che dovrebbe iniziare con il mese di
aprile.
Sarà dunque nella pratica sperimentazione che il programma dovrà raggiungere la propria maturazione e elaborare il proprio rodaggio, operando
le integrazioni, gli ampliamenti e le
variazioni che via via si renderanno
necessarie. La partecipazione attiva
della popolazione e degli anziani stessi sarà in modo del tutto particolare
ricercata e stimolata, quale apporto
importante a livello di verifica e confronto.
Malgrado dunque le difficoltà registrate in partenza, il programma si
attuerà, nella misura in cui tutti, enti
pubblici ed istituzioni private, nonché
la popolazione stessa, saranno veramente disponibili .per una collaborazione reciproca il cui fine unico sia la
promozione di una azione assistenziale
aperta ed efficiente. In sede di Comitato consultivo tale disponibilità è stata
affermata da tutti e questo è indubbiamente un positivo punto di partenza.
Alberto Taccia
L'agricoltura
al servizio di Bonomi
Il documento dei sindacati operai. Il congresso regionale e nazionale dell’alleanza dei contadini. Il congresso della coldiretti e il no di Bonomi a qualsiasi collaborazione sindacale. Bocciata anche la manifestazione programmata dai giovani coltivatori. Cosa faranno
ora i contadini? Continueranno a subire le prese in
giro di Bonomi?
A gennaio la CGIL-CISL-UIL (Torino) presentavano un documento sulla
agricoltura con delle proposte interessanti. Fra le altre cose facevano rilevare la tendenza dei grossi monopoli industriali ad impadronirsi anche del
commercio e dell’agricoltura; per il
commercio vedasi la FIAT con la Rinascente-UPIM-SMA-PAM, la Montedison con la STANDA, ecc. Il documento
prosegue: « Siamo diventati consapevoli che conducendo la nostra lotta di
operai e di consumatori contro il monopolio, oggettivamente conduciamo
una lotta anche per la difesa della libertà dell’autonomia dei coltivatori.
Pensiamo però: 1) che non basta che
questo sia oggettivamente vero, deve
diventare anche consapevolezza comune, perché soltanto così potremo util
Centro Diaconale [anziani)
Il prossimo incontro è organizzato per venerdì 30 marzo alle ore 20,30 presso la « Casa
di Riposo di San Germano Chisone ». AITo.d.g.
il rapporto col personale, il suo reclutamento,
l'equilibrio tra servizio vocazionalmente inteso
e esigenze sindacali ed economiche.
Il Gruppo responsabile Anziani
Bertinat Felice, Peyronel Luigi
F6EI
Continua il giro di visite ai gruppi giovanili
delle valli, organizzati dalla FGEI. Dopo l'incontro con i giovani di Bobbio Pellice, Angrogna,
Luserna S. Giovanni, sono previsti altri incontri
con i giovani di Pramollo (sabato 24 marzo) e
con gli altri gruppi giovanili delie valli.
Mercoledì 28, a Torino, alle ore 21, presso i
locali della Chiesa Valdese di Corso Vittorio
verranno presentati insieme i due volumi :
¥. L'antimilitarismo oggi » e « L'ingiustizia militare ». Interverranno gli autori, Giorgio Rochat, Sandro Canestrini e Aldo Paladini oltre
all'avv. Bruno Segre. Quanti desiderano partecipare a questo incontro possono comunicarlo al
past. E. Genre in modo da organizzare il trasporto.
iiiminiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiimiii
Precisazione
Abbiamo letto con atupore l'articolo in grassetto che ci chiama in causa sull’ultimo numero
dell'Eco delle Valli Valdesi (11) il quale, interpretando a modo suo la cronaca di un altro
giornale ci attribuisce cose mai fatte.
Abbiamo partecipato ad un concerto di musica sacra nel Tempio Cattolico dell'Abbadia Alpina, lo stesso come pochi giorni prima il M.o
Ferruccio Corsani aveva dato un concerto in un
tempio Cattolico di Pinerolo. Non abbiamo partecipato a nessuna festa carnevalesca. Il nostro
intento i quello di servire e lodare il Signore.
Forse una semplice telefonata avrebbe potuto evitare questa gaffe, al troppo frettoloso
cronista dell'Eco.
Per i Trombettieri Valdesi
RENATO RIBET
Grazie per il chiarimento che era necessario; in quanto alla ’’gaffe” semmai è il cronista dell’« altro » Eco che è incorso, mescolando Trombettieri e carnevale, come dimostrava il trafiletto riportato.
E. G.
mente coordinare la nostra azione; 2)
che non hasta essere d’accordo su un
no al monopolio,., ma occorre anche
darci un’alternativa e metterci d’accordo per un si )>.
Il documento férmina annunciando
che dopo molte prese di contatto, si è
dato vita ad una cooperativa di consumo con una larga partecipazione di
base; e questa è l’unica alternativa al
monopolio.
Sempre a gennaio si teneva a Torino
il congresso regionale dell’« Alleanza
dei contadini » che approvava il documento e la linea alternativa al monopolio, proposta dai sindacati. Inoltre il
congresso affermava la necessità di un
dialogo e la collaborazione fra le forze
contadine, indispensabile per la difesa
dei prezzi e per un maggior potere contrattuale. Questa linea sembrava accettata anche dai giovani della Coldiretti, partecipando con i sindacati operai alle prese di contatto per la nasata
della cooperativa di consumo accennata sopra.
Per un dialogo tra le forze dell’agricoltura si esprime anche il congresso
nazionale dell’« Alleanza dei contadini»,
svoltosi a Firenze a febbraio, in una
mozione in cui propone alla Coldiretti
intese regionali per azioni comuni su
obiettivi elaborati autonomamente e
coincidenti nelle definizioni delle rivendicazioni dei coltivatori. Sempre a febbraio aveva luogo a Roma il congresso
della Coldiretti; in questo congresso
Bonomi ha dimostrato ancora una volta quali siano gli interessi che difende,
dicendo no ad ogni collaborazione con
1’« Alleanza dei contadini » e ad ogni
altra associazione o sindacato di tendenza socialista o di ispirazione marxista (notizia riportara da « La Stampa »). Neppure il « Coltivatore Piemontese » ne ha parlato, giudicando troppo
pericoloso far sapere che esistono anche dei sindacati che si interessano
dei contadini. È ormai chiaro a tutti
che Bonomi è sempre stato l’anticomunista per eccellenza, ma è anche chiaro che accettando il dialogo con le altre forze sarebbe costretto a mettere
in chiaro la sua politica e rischierebbe
di non poter più difendere con altrettanta oculatezza quell’enorme carrozzone divoratore di miliardi che è la
Federconsorzi. . .
Resta da vedere cosa faranno i giovani della Coldiretti più sensibili e non
tanto sicuri che Bonomi risponda ai
loro interessi (a Torino avevano organizzato, per la fine di ferraio, una
manifestazione contro 1 inefficienza della Regione e dello Stato riguardo ai
problemi dell’agricoltura, ma gli onorevoli dirigenti naturalmente non 1 hanno appoggiata). Qualcuno dice che riusciranno ancora (come in passato) ad
emarginare i più « caldi » e a comprare i più « tiepidi ». Qualcun altro dice
che Bonomi può stare sicuro finche la
chiesa lo protegge e il papa lo riceve
e gli fa il discorsetto; fino a quando
durerà questa protezione? È chiaro
che fin che dura sarà impossibile un
progresso neiragricoltura ed un dialogo costruttivo fra i contadini.
Mauro Gardiol
FERRERÒ:
la comunità discute
i problemi del convitto
di Pomaretto
Giovedì 8 marzo, nella sala valdese di Per
rero ha avuto luogo, per iniziativa della Filodrammatica locale, un incontro tra la comunità
e i responsabili del Convitto di Pomaretto.
Erano anche presenti la dott. M. Grazia Barbi,
Direttrice didattica di Vìllar Perosa, alcuni insegnanti della Val Germanasca e due membri
della comunità di Pomaretto.
Lo scopo dell'incontro era di informare tutti
quelli che avevano sentito parlare, in bene o
in male, del Convitto sulla sua situazione e
sui suoi problemi.
Il direttore, Adriano Longo, ha esordito fa*
cendo una breve storia delle vicende dell'lsti*
tuto e osservando che, col passar del tempo, i
convittori della Val Germanasca sono stati sostituiti in gran parte da bambini assistiti dali'O.N.M.I. ed analoghi enti per l'infanzia.
Perciò il Convitto di Pomaretto non è più
quello di una volta e questo ha disorientato
molte persone.
Gli insegnanti di Ferrerò e Chiotti hanno
fatto notare che la presenza nella valle di un
buon numero di alunni del Convitto, spediti su
dopo che la scuola elementare di Pomaretto
aveva fatto il pieno, ha permesso di mantenere due posti di ruolo, destinati evidentemente ad essere soppressi, se questi bambini verranno a mancare.
La Direttrice didattica ha chiesto se non era
possibile, anche per la necessaria continuità didattica, mantenere questa presenza per il prossimo anno.
Il direttore del Convitto, pur esprimendo il
suo apprezzamento per i metodi di insegnamento e la competenza dei maestri locali, ha
dichiarato che I bambini sono troppo piccoli
per fare i pendolari e che la spesa del trasporto
è rilevante.
Dopo un accenno alla Scuola Media si è parlato in m.odo particolare dell'educazione dei
bambini e si è detto che gli Istituti non valgono certo l'atmosfera familiare, per cui si dovrebbero cercare famiglie disposte ad ospitarli
o addirittura ad adottare chi ne ha ancora i
requisiti di età.
I membri della comunità di Pomaretto, richiesti di un loro parere, hanno affermato che
non esiste una crisi di rigetto nei riguardi di
questi bambini e che, anzi molte famiglie di
Pomaretto li accolgono volentieri in casa loro
nei giorni di vacanza.
Al termine dello scambio di opinioni, i
membri della Filodrammatica presenti hanno
deciso di inviare al Convitto una somma in denaro da impiegare a favore dei bambini nel
modo più opportuno.
Riprencierà fra breve
il servizio
di medicina scolastica
L'assessore all'Istruzione della Provincia di
Torino ha fatto pervenire in questi giorni una
lettera datata del 12 marzo in cui comunica alle amministrazioni interessate che il Comitato
dì controllo della Regione ha approvato la deliberazione relativa al Servizio di Medicina Scolastica per cui lo stesso riprenderà a funzionare entro breve termine. Non possiamo che
compiacerci del fatto che la Regione abbia rivisto la sua posizione, anche se rimangono molte perplessità su un provvedimento che interrompendo per più di un mese l'attività del Servizio ne ha notevolmente compromesso la validità. Ci auguriamo quindi che per il futuro
anche gii organi provinciali siano più solleciti
nell'approntare le loro delibere affinché non abbiano a ripetersi inconvenienti come quelli registrati quest'anno. Stante questa situazione, per
cui non si può contare su un servizio garantito da parte della provincia che mette la spesa
relativa fra quelle facoltative che possono essere sospese da un momento all'altro, dato il grave deficit in cui si dibatte l'Amministrazione
provinciale, pensiamo che una soluzione sodstito direttamente dai comuni, sia sotto forma di
disfacente possa venire solo da un servizio geconsorzio, sia neH'ambito delle Comunità Montane. Molti mesi ci dividono ancora dall'inizio
del nuovo anno scolastico, le Amministrazioni
ne approfittino per studiare attentamente il
problema. Quanto è successo quest'anno potrebbe essere un campanello d'allarme premonitore di ciò che potrebbe accadere l'anno venturo.
R. GENRE
Iniziative culturali...
Da un anno ormai funziona a Chiotti di Riclaretto un Centro sociale e
culturale, istituito dal Provveditorato
agli Studi di iTorino presso'’ la sede,
scolastica e affidato all’insegnante locale.
Il Centro è fornito di una biblioteca circolante che costituiva il vecchio
CJentro di lettura di Massello, ma molti nuovi volumi sono stati acquistati
dopo aver consultato i gusti dei lettori.
Anche se quasi tutte le famiglie oggi possiedono un televisore, il registro
di prestito dei libri dimostra che la
gente non ha perso il gusto della lettura: in particolare, ottengono successo i libri dedicati alle vicende della seconda guerra mondiale e alla lotta
partigiana.
Il sabato sera si proiettano film di
buon livello, che sono spesso seguiti
da uno scambio di opinioni, il mercoledì si ritrovano le persone che vogliono discutere sui più svariati argomenti.
Ogni anno di attività, che coincide
con l’anno scolastico, si conclude inoltre con una gita, finanziata dal Provveditorato agli Studi, che raccoglie, come è facile immaginare, un gran numero di adesioni.
..e di svago
Torre Pellice
Anche a Torre Pellice, alla Scuola
Media, il Servizio di Medicina Scolastica avrebbe potuto essere ripreso,
dopo la lunga parentesi dovuta all’intervento della Regione (Co.Re.Co.) per
bloccarlo; purtroppo nel frattempo
l’insegnante incaricata delle lezioni di
ginnastica correttiva ha dato le dimissioni e quindi tutto è ancora in sospeso. È un vero peccato che le autorità
provinciali e regionali non siano più
sollecite nello sbloccare situazioni del
genere: il danno per i ragazzi è notevole e il personale della Provincia intanto vien pagato per non svolgere
alcuna attività.
CiNEFORUM
Il ciclo di film al cinema Allemandi prosegue il giovedì sera con i film già in programma.
Giovedì 22: Vita, amore e morte
—' Giovedì 29: Tempi moderni
Giovedì 5 Aprile: I compari
— Giovedì 12: Il seme dell'uomo.
Accanto alla scuola di Chiotti si sta
pure allestendo un campo giochi, progettato e finanziato dalla popolazione
locale.
Dopo aver affittato un prato compreso tra il cortile della scuola e il
torrente, lo scorso anno si è proviAiduto a spianare il terreno e a racco
gliere sassi per sistemare il fondo. Il
progetto prevede la costruzione di due
giochi di bocce, un campo di tennis e
un piccolo parco-giochi per i bambini,
da allestire con mezzi di fortuna.
Questa iniziativa è molto utile, perché nella zona di Chiotti mancava fino ad oggi un angolo dove i ragazzi
potessero giocare tranquilli, lontano
dai pericoli della strada provinciale,
che nei giorni festivi è tutt’altro che
sicura.
Con la buona stagione si continueranno i lavori, per i quali gli organiz
zatori richiederanno la collaborazione,
in opera o in denaro da parte di tutti
Il Gran Consortile
di Riclaretto
Domenica 11 marzo si è riunita nella scuola di Chiotti l’Assemblea dei soci del Gran Consortile di Riclaretto
per procedere all’elezione del nuovo
Consiglio di Amministrazione. Questo
Consorzio, che risale agli inizi del secolo scorso, costituisce, con altri con
sorzi di alpeggi, un caso pressoché unico in Italia di cooperativa tra privati.
Il Gran Consortile amministra i boschi che occupano la parte alta del vallone di Riclaretto e cura la manutenzione, il taglio e la vendita delle piante. Ad ogni vendita il ricavato viene
diviso tra i soci, a seconda della quota di partecipazione.
Più democratico di quello delle società per azioni, lo statuto consortile
dà uguale diritto di voto a tutti i proprietari, dal più grande al più piccolo.
Questo sistema di partecipazione diretta, forse ispirato ad una certa diffidenza montanara, se presenta per un
verso dei vantaggi, per un altro può
causare il completo arresto di ogni iniziativa: infatti un consorzio per avere
validità operativa deve poter contare
sull’adesione totale e, quando questa
manca, tutto si immobilizza.
Ora, i diritti consorziali sono suddivisi tra una tale quantità di persone,
che diventa quasi impossibile convocarle tutte. Inoltre, per lo spopolamento della zona, molte famiglie si sono
stabilite altrove e i diritti ereditari sono stati trascurati.
Anche la parte tecnica del lavoro di
taglio e vendita deve essere modernizzata, perché oggi nessuno vuol più
comperare piante che non possano essere portate via con gli autocarri.
Perciò alcuni ritengono che sarebbe
necessario, magari rinunciando per
qualche anno alla suddivisione degli
utili, ristrutturare il Gran Consortile
più o meno secondo queste linee:
— aggiornare il registro dei proprietà^
ri per stabilire la validità dei diritti
di ogni capofamiglia;
— preparare un piano organico di
sfruttamento e di rimboschimento,
consultando a tale scopo un esperto
di economia forestale montana;
— terminare le strade già iniziate c
tracciare viottoli di accesso ai boschi;
— richiedere alla Regione i contributi
stanziati per utilizzare razionalmente gli alpeggi compresi nel territorio del Consortile.
Questo programma è ovviamente
tutto da discutere, ma è chiaro che
qualcosa bisogna pur fare, se si vuol
dare oggi al Gran Consortile di Riclaretto un minimo di efficienza e di produttività.
Liliana Viglielmo
7
23 marzo 1973 — N. 12
pag. 7
/ LETTORI CI (E SI) SCRIVONO
Per favore,
ora prendetevela
con qualcun altro...
Signor direttore.
Nella lettera del Signor Casalini c’era un
accenno a Villar Perosa ed ecco, ciò è bastato
per fare di nuovo puntare le critiche contro
di noi. Che cosa c’entriamo con questa lettera? Si aspettano proprio tutte le occasioni
per attaccarci?
Che Claudio Tròn e altri -non siano' d’àccorido con la nostra opera, ormai lo sappiamo, ma
lè necessario che lo ripetano a tutti i momenti?
Pensi ciascuno al suo lavoro ed ai suoi compiti nella Chiesa ed alla sua personale responsabilità di fronte a Dio ed al prossimo. A meno che qualcuno consideri suo compito specifico il continuare ad attaccare l’opera di Villar Perosa? e perché? Ha qualche interesse
personale a farlo? Ormai la sua opinione l’ha
detta...
Ci sono tanti gruppi nella Chiesa Valdese
che non sono pienamente d’accordo con il lavoro di altri gruppi, eppure non mi pare che
cosi spesso sull’« Eco-Luce » ci sia una lettera
degli uni contro gli altri. Raramente un’opera,
anche se criticata, è stata presa di mira con
astio e con insistenza quanto quella di Villar
Perosa, e per tanti anni di seguito.
La lettera della Signora Deodato a Casalini
è molto bella, io la riporterei tale e quale per
rispondere a Claudio Tron. Inoltre aggiungerei che la sua è proprio una critica volutamente ostile. Come vuole che il Convitto sia
già in funzione e pieno di ragazzi, se ancora
non funzionano i servizi igienici, se mancano
delle porte, se il decoratore sta ancora lavorando, se manca la cucina e sono arrivati solo
.alcuni mobili?
Il Pastore si è trasferito in questi giorni alla casa pastorale annessa al Convitto, affrontanto i disagi di una casa non completamen
tc finita; basti dire che non possediamo ancora le chiavi della nostra porta d’entrata!
E allora?
Se si è inaugurato il Convitto a novembre
è perché il Presidente del Gustav-Adolf-Werk
poteva essere presente solo in quel momento,
poi i lavori sono andati a rilento. Ma non
capita forse così, anche in molte altre nuove
costruzioni?
Come membro della Chiesa di Villar Perosa vi chiedo ora di finirla con questa critica
continua e poco fraterna.
C’è chi vede il suo compito di servizio e testimonianza nfeÌlà Chiesa in un modo, chi in
un altro; chi serve con sincerità nel servìzio
sociale, chi nell’insegnamento, chi con la predicazione, chi nella sua attività politica, chi
negli ospedali, chi tra i baraccati... ma credo che in TUTTI questi modi di servire Dio
e il prossimo ci possano essere sincerità di
cuore e impegno personale.
Ora, mi sembra che, se anche si è di idee
e di tendenze diverse, si debba rispettare gli
uni l’opera degli altri, anche se non la si approva. Capitano tante cose nei nostri istituti e
nelle nostre chiese, che, se ci vogliamo mettere su questo piano, potremmo riempire le
pagine di giornali con documentazioni di atteggiamenti, parole ed azioni non proprio coerenti col Vangelo. Ma è questo il nostro
compito?
C’è tanto da fare nel servizio di Dio e del
prossimo, che proprio mi sembra tempo perso,
una volta che si è detta la propria opinione (e
ciascuno ha il diritto di dirla) di continuare
ad insistere senza pietà né amore fraterno.
Non pensano tutti coloro che hanno attaccato Villar Perosa e il suo Pastore al male
che ci hanno fatto? Se non sono d’accordo
con la nostra linea, non possono tuttavia negare che il nostro lavoro ed impegno sono
stati sinceri e che quello che modestamente
ed imperfettamente si cerca di fare, lo si fa
per servire Dio. E allora? Bisogna che per
noi lo scoraggiamento abbia il sopravvento,
mentre altri, in altri campi di lavoro della
Chiesa, fanno tutto quello che pare loro, ma
nessuno li tocca? È questa la Chiesa? Allora
è una povera Chiesa!
Eppure credo che bisogna andare avanti : il
compito a cui Dio ci ha chiamati, in un campo di lavoro o nell’altro, secondo una linea
o un’altra, è troppo vasto, perché ci lasciamo
frenare dalle beghe dettate spesso da motivi
molto umani. Però, siamo tutti quanti anche
solo degli esseri umani e lo scoraggiamento
può anche distruggere noi e creare un clima
di sfiducia che nuoce all’opera.
Amalia Geymet
Sul tunnel, il Queyras
e l’autonomia
Caro direttore,
il cappello all’articolo che Riccardo Gay dedica al Traforo del Colle della Croce sulVEco/Luce del 23 febbraio, cappello redazionale non dell’articolista, mi ha fatto, mi dispiace dirlo, cascare le braccia. Con risalto esso pone un’alternativa che non mi pare necessaria e così facendo esprime un malumore
legìttimo che sfocia però, lo dico senza ambagi, in fanatismo e qualunquismo.
Cito: « Pur essendo un problema di notevole importanza, non ha però la precedenza
sul problema deU’occupazione, del pendolarismo che coinvolgono un numero sempre maggiore di operai ». Ma chi dice che abbia la
precedenza? Se è il caso si sia allora più espliciti nell’attacco e si distingua. Se i due problemi, o piuttosto gli sforzi per risolverli entrano in concorrenza, allora bisogna discutere
le priorità. Per cominciare bisogna vedere se
c’è e qual’è il traforo che ci conviene, costo e
tutto. Bisogna studiare come pagarlo e come
sfruttarlo. Bisogna anche ricordare che non
viviamo separati dagli altri, e che ci sono anche altri interessi legiilimi oltre ai nostri. Allora si potrà capire se ci sono dei conflitti per
Spigolando nella nostra corrispondenza
La posta che riceviamo è più abbondante
■di quella che pubblichiamo: sia perché le lettere hanno talvolta un carattere privato, e
quei lettori non ne desiderano una pubblicazione, sia perché sono troppo ampie, talvolta
dispersive, o ancora perché non ci paiono interessare in qualche modo il pubblico cui il
settimanale si rivolge. Tuttavia, in vari casi,
c è qualche spunto d'interesse generale; oggi
TLC pubblichiamo una spigolatura.
« NON SAPPIA LA TUA DESTRA... »
Anzitutto, L.B., dichiarandosi interessato al
nostro periodico (e un nuovo abbonato), nota:
<( Una sola nota stonata vi ho trovato: l’elenco di coloro che hanno inviato un’offerta prò
Ero-Luce. Ho sempre considerato di pessimo
gusto che un giornale, qualunque esso sia,
pubblichi elenchi di benefattori e sostenitori.
E sono sempre stato convinto che chi ha da
fare del bene, non può volere che si sappia
che l'ha fatto. Deve bastare l’atto della sua
coscienza a soddisfarlo. Io non vorrei che il
mio nome venisse scritto su un giornale perché sarebbe come dire : scrivete che sono
buono, altruista, devono saperlo in molti, altrimenti non mi sembra di aver fatto qualcosa di buono. Tutto ciò un credente non deve pretenderlo né desiderarlo, perché il bene
che fa è conseguenza della Grazia che possiede, non una manifestazione di orgoglio.
Pertanto anche il fine per cui una persona
vorrebbe leggere il suo nome fra i benefattori,
non è cosa buona; non viene da Gesù. Il giornale pubblicando tali elenchi forse incoraggia
la vanità. So che questo non è un problema
d'importanza tale da essere discusso. Ma forse
più di un credente si sarà chiesto: è giusto
che dia l’offerta e che tutti lo sappiano? per
chi la faccio? per tacitare la mia coscienza?
per vanità? ».
il nostro lettore pone invece un grosso problema. Desidero anzitutto precisare che Viniziaiiva di pubblicare elenchi delle aderte viene da noi, non dai lettori: che a questo o quel
lettore faccia piacere ^’ritrovarsi”, che questo
o quel lettore sia stimolato dall’“esempio’’ di
altri, non lo possiamo sapere; ma Vinìziativa
è nostra, e una forma di ricevuta, nulla più.
Analogo lo scopo perseguito con la pubblicazione della offerte per il nostro « Fondo di
solidarietà », o per altre opere della Chiesa.
È chiaro che resta sempre, al lettore che lo
desideri, la possibilità dell’anonimato o di una
sigla che permetta il servizio di ’’ricevuta” e
non soddisfi everituali vanità e curiosità: è
una possibilità della quale del resto più d’uno
si vale. Il problema avanzato dal nostro lettore esiste in tutti gli aspetti della nostra vita
ecclesiastica, si pensi agli elenchi di offerte
per la cassa culto e per i più vari altri scopi,
che compaiono nei bollettini ecclesiastici, nelle relazioni annue dei consigli di chiesa, dei
comitati di opere etc. Anche qui. lo scopo è
la ’’ricevuta”, un elemento che ritengo sano,
nonostante tutto, perché siamo uomini e non
angeli, e tutto deve e può essere fatto alla
luce del sole, nelle nostre amministrazioni ecclesiastiche: e anche qui resta al contribuente
la possibilità di serbare l’anonimato, se lo ritiene più giusto. Comunque, qualunque ’’tecnica” (pubblicizzazione o no) si usi, mi pare
che il problema vero che il nostro lettore pone. e che riecheggia il « non sappia la tua sinistra quel che fa la tua destra » insegnatoci
da Gesù Cristo, vada anche più a fondo: non
il plauso del pubblico, ma nemmeno quello
della nostra coscienza dev’essere il nostro scopo e. la nostra soddisfazione; offre veramente. nella fresca gratitudine della fede, solo chi
guarda a ciò che ha ricevuto, e a Colui dal
quale l’ha ricevuto, piuttosto che al proprio
gesto. Senza dubbio anche la vera offerta e rara. com’é rara la fede schietta, il cuore ’’puro”. Grazie al lettore che ce Vha ricordato.
LA VERITÀ'
E LE INTERPRETAZIONI
Secondo un altro lettore, G.Z.. « un organo
religioso protestante, se vuole occuparsi anche
dei fatti e problemi materiali di questo mon
do (e non gliene nego affatto il diritto!), deve
però preoccuparsi in sommo grado di dire
tutta la verità e di mettere, se mai, bene in
chiaro che le interpretazioni aggiunte alla
stessa sono soltanto farina d’una qualità fo¡rnita, direttamente o meno, dai suoi ordinari
, collaboratori. Ritengo che ciò sia indispensabile per venire incontro con sincerità e tatto
a coloro che, pur avendo opinioni e sentimenti diversi relativamente a quei fatti e problemi, non possono, salvo in casi relativamente
rari, vederli espressi nella loro realtà e interezza sulla più o meno ’’grande” stampa sociopolitico-economica del nostro Paese. E credo
sia pure necessario per evitare quel contrasto,
spesso stridente, fra lo spirito dì alcuni articoli, particolarmente elevati e profondi, e
quello^, di altri, siti di solito nelle ultime pagine dello stesso settimanale che pure dovrebbe e, sembra, vorrebbe ispirarsi interamente
a quella luce di Cristo che cita in rilievo sulla
testata e che non è né rossa né cupa né
gialla... ».
Il grosso problema è riuscire a venire a conoscenza della vera e nuda verità dei fatti, il
che è oggettivamente tutt’altro che facile, dato che i fatti giungono sempre e tutti, a noi,
attraverso delle interpretazioni: e la verità
non può essere il risultato dell’emulsione di
interpretazioni diverse, né la media aritmetica
di interpretazioni diverse e contrastanti. Noi
non desideriamo che dare ai nostri lettori
spunti di riflessione: ogni contributo serio,
anche se divergente, é non solo accettato ma
desiderato, ad alcune condizioni: brevità (lo
spazio è quello che è), concretezza (non ci
aiuta, né ci convince, un generico lamento
sul nostro ’’sinistrismo”: i collaboratori cercano di portare dati e argomentazioni, è lecito
attenderci che chiunque vuole intervenire
faccia lo stesso), e ovviamente accettazione di
essere discussi, con sincerità e fraternità (che
si spera includa anche l’urbanità). Quanto
alla testata...: nessuno meglio di noi, in redazione. misura continuamente l’infinita distanza fra la luce di Cristo e i nostri fiochi lumi
filtrati, fra la sua Verità viva e che fa vivere
e le nostre mezze verità stantie e impotenti:
per noi come per tutti, questo è la nostra disperazione e la nostra speranza, il nostro tormento e la nostra pace.
ATTENZIONE
Al GIUDIZI RECISI...
Un altro lettore, A. V., lamenta- che sul settimanale « sia stato scritto, in occasione del
17 febbraio, che l’essere andati a Oregina in
quella data ’tradizionale’ "sta a dimostrare la
disposizione degli evangelici (o di una parte
di essi) a questo nuovo tipo di discorso (incoraggiato dal Sinodo), meno tradizionalista, ma
senz’altro più coerente con una linea più autenticamente evangelica”. Lo si poteva presentare come uno dei modi fra altri di dare una
certa testimonianza, ma tranciare un giudizio
così, netto e inequivocabile, sa tanto di Santa
Inquisizione, di chiamata in giudizio non già
dalla Parola ma da considerazioni di carattere
politico, trapiantate alla maniera DC sul piano della Chiesa ». D’accordo; a condizione che
sia veramente anch’esso un modo fra gli altri,
lealmente riconosciuto nel suo intento e fraternamente discusso nel suo contenuto.
ORANGISTI
E DOPPIA PREDESTINAZIONE
Un altro lettore, A. A., dicendo schiettamente che rinnova « svogliatamente » l’abbonamento. mi chiede « dì volere lei commentare
nelle pagine del settimanale quanto è stato
detto, credo domenica 4 febbraio, nel telegiornale delle 13.30, dal telecronista G. Vannucchi a proposito degli ultimi fatti dell’Irlanda
del Nord. Cito a memoria, sinteticamente e
approssimativamente, ma la sostanza non cambia : "Quello che è nauseante (testuale) è che
i protestanti nordirlandesi pretendono di continuare a sopraffare i cattolici nei loro più
elementari diritti alla vita e alla libertà o
causa della fede in cui sono nati, ivi compre
sì i bambini”. A questo punto il telecronista
citava le parole di un testo fondamentale di
quelle organizzazioni protestanti, che fa proprio affermazioni in cjuesto senso. Non si ha
quindi in ciò una riprova di quanto ho sempre sostenuto, anche in una mia lettera che
fu pubblicata dair”Eco-Luce”, e cioè che alla
base o comunque compagna inseparabile di
quei protestanti ci sta il dogma calvinista della ’’doppia predestinazione”? In questi giorni
in cui la Chiesa Vaici*, e sta ricordando la sua
emancipazione e si sta apprestando a celebrare
il suo ottavo centenario — una chiesa che ha
nella sua confessione oi fede xm simile punto
dogmatico, sia pur con quella ’’chiarificazione” in appendice, ma espinta, questa, da lei
e da altri — in questi gioi'ni, dico, ci starebbe
proprio bene un suo comnifinto, una sua puntualizzazione religiosa, visto che lei occupa un
posto di cosi grande responsabilità e importanza per la formazione di opinioni e sentimenti ».
Le pare che la secolare oppressione (con la
sua frequente componente sociale) subita dalle
comunità ebraiche nella società cristiana abbia avuto, da parte cattolica, giustificazione
nel dogma calvinista della doppia predestinazione? E credeva nella doppia predestinazione
il connubio inquisizione-braccio secolare nella
sua lunga storia di repressione anti ’’eretica”?
Sottolineo poi la scc^rrettezza — recidiva e
persistente in quasi tutta Vinformazione radiotelevisiva e giornalistica italiana — che
attribuisce ai protestanti irlandesi opinioni e
posizioni che sono solo di una piccola minoranza fanatica (come, grazie a Dio, non tutti
i cattolici sono IRA), pubblicamente sconfessata dalle Chiese protestanti d’Irlanda (Ulster
e Eire) : mi pare che lei avalli questa scorrettezza, ragionando un po’ come chi accusasse
gli scopritori dell’energia atomica dei crimini
di Hiroshima e Nagasaki. Quanto alla ’’questione irlandese”, sebbene ci ripugni far la
morale ad altri, non vivendone in prima persona i problemi e i rischi, ne abbiamo parlato
abbastanza spesso e constatato che 1) le Chiese, nei loro organi, hanno espresso con sufficiente chiarezza il rifiuto della violenza come
soluzione, da un lato, e dalValtro l’esigenza
-di condizioni sociali più giuste; ma anche che
2) larga parte del popolo di queste chiese, se
pur condivide tali posizioni, è incapace di contrastare efficacemente gli opposti estremismi
che, negando l’altro termine del problema,
rendono la questione insolubile. Non vedo perché si dovrebbe gettare la pietra ai credenti
irlandesi solo perché una situazione oggettivamente dolorosa, esplosiva, mette a nudo una
impotenza che condividono con tutte le Chiese cristiane ovunque nel mondo. Vi è pur
qualche barbaglio di speranza, qualche indicazione di riconciliazione, come quelli costituiti
dalla comunità di Corrymela, della quale si
potrà riparlare.
AZIONI «SPORCHE»:
VENDERLE O DISTRUGGERLE?
Un lettore, infine, R. G., mette una punta
di ironia nell’osservare, a proposito della decisione del Consiglio ecumenico delle Chiese di
vendere le azioni e di cessare gli investimenti
nelle società che commerciano direttamente
0 indirettamente o investono a loro volta in
Sudafrica, Namibia, Rhodesia. Africa ’’portoghese”, e dell’invito a far lo stesso, rivolto
alle Chiese e già accolto da alcune di esse:
« Non sarebbe stato più efficace e comunque
più evangelicamente significativo distruggere
quelle azioni, anziché venderle, magari a buon
prezzo? » C’è forse (faccio un processo alle
intenzioni?) qualcosa di non perfettamente
limpido nel ’’candore” di questa domanda. Ma.
presa così com’è. oggettivamente, evidenzia il
fatto che per il CEC, come per molti cristiani,
sono efficaci e significative solo le prese di posizione che abbiano un valore e una rilevanza
politici, che esercitino una pressione economica diretta; forse non verrebbe loro neppure in
mente un gesto ’’gratuito” (e che costa, in
prima persona!) come quello cui accenna il
nostro lettore. Che ne peìisate?
Gino Conte
cui adesso è meglio non fare niente. Purtroppo c’è chi ritiene che del traforo non si deve
parlare. Non possiamo accettare questa posizione. Perciò abbiamo proposto una preparazione poi una riunione più ampia di quella
indetta dalI’U.D.A.V.O.
Le principali risorse economiche delle Valli
possono grosso modo raggrupparsi in : agricole-forestali, pastorali, industriali, turistiche
e residenziali. Gli operai sono principalmente
ma non unicamente interessali alle risorse industriali e al pendolarismo. I pendolari sono
una parte importaste.,'però* solo una parte della popolazione. Accanto alle risorse economiche bisogna guardare quelle che si usa chiamare oggi la qualità della vita. E questa interessa tutta la popolazione, compresi i pendolari e le loro famiglie. Tutti questi argomenti rU.D.A.V.O. deve e intende affrontare,
tenendo conto innanzitutto degli interessi di
coloro che sono più ingiustamente trattati. E
in questo quadro ci pare vada affrontato anche
il problema del Colle della Croce.
Andiamo a monte, come si dice oggi, del
problema. Dobbiamo rassegnarci alla pianurizzazione? Tutti i trasporti debbono portare a
Pinerolo, senza collegamenti laterali fra le
valli, senza collegamenti con la Francia? Esiste proprio questa alternativa? O non possiamo avere e l’uno e l’altro, migliori rapporti
con la pianura e migliori rapporti tra di noi
e con l’altro versante delle stesse montagne?
La pianura, la città scoprono l’ecologìa e la
montagna. Le dimentichiamo noi? Agape e i
giovani di Agàpe hanno tessuto buoni legami
con l’America e l’Africa. Che hanno fatto
con queste valli e con i vicini più vicini del
versante oltre il confine?
E andiamo anche in un’altra maniera a
monte del problema, e parliamo chiaramente
alla giovane « sinistra » valdese. Bisogna occuparsi di Rivalla. Certo. E su questo credo
che si possa essere facilmente d’accordo. Rivalla non l’abbiamo inventata noi, ma c’è. Abbiamo subito un’iniziativa altrui. Se non vogliamo fare del riformismo, nel senso limitativo del termine, dobbiamo cercare alternative,
anche territoriali, anche nella montagna, e nei
rapporti con il mondo al di là di questa frontiera. Mi pare chiaro da quanto detto finora
che qui la parola alternativa non significa
aut aut. Le Valli non saranno forse un modello, ma debbono crearsi i loro modelli.
UNA VISITA IN QUEYRAS
Il Queyras è una piccola regione comparabile per dimensioni alle attuali Valli Valdesi
del versante che dà sul Piemonte. Confina con
le testate della Val di Susa (in parte), della
Val Germanasca, della Val Pellice e della Val
Varaita (in parte). La popolazione è di meno
di duemila abitanti, molti dei quali vivono
vicino ai 2000 metri. La regione è molto bella
e dalla maggior parte di noi ormai poco conosciuta. I problemi solo in parte somigliano ai
nostri, somigliano specialmente a quelli delle
alte valli. Ma il Queyras è un nostro complemento. Recentemente è stato visitato da un
gruppo misto di studiosi e altri interessati
provenienti da Torino e dalle Valli.
Non mi posso dilungare su questa visita,
sul Queyras, sulle realizzazioni, sul Syndicat
Intercommunal du Queyras, sulle SICA (tra
consorzi e cooperative), sulla popolazione che
ha ripreso ad aumentare, sull’animatore Philippe Lamour (che non è un queyrassino) e
«uUe riserve che si possono fare. Potrà essere
per un’altra volta, e che scriva magari anche
qualcun altro. Debbo dire che anche lì ci r>ono
resistenze contro il traforo, e che traforo o no
sarebbe molto opportuno intensificare la reciproca conoscenza con visite, oltre agli incontri del Colle della Croce e del Lago Nero,
con riunioni nei centri abitati, ricordando che
Guillestre non è il Queyras.
LE COMUNITÀ’ MONTANE
Mentre parliamo dì questo la Regione fa le
Comunità Montane, passa o non passa la legge per l’insegnamento del francese e dell’occitano nelle nostre scuole, con la nostra solita
indifferenza. Non totale, ma forse come di
chi frastornato sta con la bocca aperta perché
ha preso l’abitudine dì perdere la corriera e
pensa che debba sempre essere così.
È da responsabili che bisogna trattare con
responsabili. Questo significa l’autonomia.
Mentre parliamo dei problemi delle Valli nel
loro insieme, del Queyras e del traforo, ci dividono le Valli in tre Comunità : Chisone, Pellice e Pedemontana. Divide et impera. Sulla
via dell’autonomia è un inizio discutibile. Ma
cosa abbiam fatto per evitarlo? Solo il P.C.I.
ha prospettato alla Regione Piemonte una Comunità unica, che però avrebbe dovuto inglobare anche Pinerolo, almeno inizialmente.
Se qualche volta posso essere sembrato o posso
essere stato eccessivo in questo mio intervento, si guardi a quel che sta succedendo. Possiamo accusare altri? Chi?
Qualcuno dirà che le Comunità non sono
importanti. Forse qualcuno vuole che siano
solo periferia. Io penso invece che siamo solo
all’inizio di un lavoro. Rientrata la crisi della
Giunta della Regione Piemonte l’attività legislativa regionale riprende. Facciamoci sentire. E se fan tre Comunità questa via delle
Comunità non finisce là. Operiamo affinché
negli statuti della Comunità sì faccia sentire
la nostra esigenza unitaria.
Gustavo Malan
Scuola e politica
Roma, Il marzo 1973
Caro direttore, ¡
voglio semplicemente ringraziarla per la
risposta che ha dato nel n. 10 da « La Luce »
all’articolo di Emilio Nini che mi aveva profondamente rattristata.
Lei ha con chiarezza ed obiettività ristabilito l’equilibrio ed è auspicabile che se c’è
stato qualcuno che li per lì abbia accettato
le dichiarazioni dì quello scrittore, possa essersi ricreduto meditando le osservazioni di
uno che « pur non vivendo nella scuola neppure marginalmente », ha saputo confutare
la tesi del Nini, riconoscendo soprattutto il
diritto all’indipendenza di giudizio e alla apolicìtà della scuola.
Grazie ancora,
Federica Valeri
li
Luserna S. Giovanni
Nuflierasa assendilea
contri l'iigiusta "33fi
Domenica mattina, la sala comunale
era gremita di ex-combattenti, ex-partigiani, ex-deportati ed internati convocati per l’occasione da un apposito
comitato costituito dalle seguenti persone: Dino Gardiol e Mourglia Adolfo
per l’A.N.A., Bigo Michele per l'Ass. Internati, Nicola Giovanni e Demaria
Luigi per l’A.N.P.L, Odetto Giorgio per
l’Ass. Deportati, Revel Ermanno per
rA.N.A.C.Ò.M.L, Guido Benech e Sartor Natale per l’A.N.C.R.
Dopo un breve intervento dei signori Demaria e Revel i! Sindaco M.o Benito Martina ed il Cons. Prov. dott.
Loris Bein hanno illustrato più dettagliatamente la legge comimemente conosciuta come la « 336 » evidenziandone i lati negativi e le gravi sperequazioni in essa contenute.
Dopo una proficua quanto animata
discussione si decideva la convocazione di una assemblea di ex-combattenti
a livello di valle alla quale saranno anche invitati i Parlamentari della zona
ed i presidenti provinciali delle varie
associazioni interessate.
Alla unanimità veniva inoltre votato
il seguente ordine del giorno:
Gli excombattenti, ex-partigiani, exinternati e deportati politici riuniti in
assemblea nella sala comunale di Luserna San Giovanni
CONSTATATO
che la legge « 336 » viene ingiustamente a creare due categorie di cittadini
privilegiando gli ex-combattenti dipendenti dagli enti statali-pubblici ed
escludendo dal beneficio dei sette anni
ai fini pensionabili sia i dipendenti delle aziende private sia i lavoratori autonomi;
CHIEDONO
la pronta revisione della legge stessa
al fine di estendere i previsti vantaggi
a tutti quanti i cittadini che ne hanno
diritto;
SOLLECITANO
le presidenze della ANCR, ANPI, ex-Internati e Deportati a farsi promotrici
in sede regionale della revisione della legge;
INVIT.'VNO
i parlamentari ad una attiva collaborazione alla Camera ed al Senato;
AUSPICANO
una pronta adesione alla iniziativa intrapresa da parte di tutte le forze politiche e sindacali.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiHiiiiiiiiiimiiiiiiiiiii
Doni prò Eco-Luce
Da Pinerolo: Giovanni Gay L. 500; Valdo
Fornerone 1.500; Emilio Giordano 500; Mimy
Long 1.000; Convitto Valdese 1.500; Luigi
Ca'irus 500; Guido Ricea 500; Adriano Rìvoire 2.032; Alice Adelina Long 1.500; Ida
Gay 500; Ida Giretto 500; Marcella Gay
3.567;Rodolfo Benyr 500.
Da Torre Pellice: Enrico Gardiol 1.500;
Graziella falla 2.000; Lina Varese 3.000; Laura Jervis 1.500; Giulia Gay 500.
Grazie! (continua)
iniiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiii
AVVISI ECONOMICI
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RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Albertina Eynard
ved. Castellano
ringraziano tutte le gentili persone
che hanno preso parte al loro dolore,
in modo particolare il Pastore Genre,
la signora Giulia Frache e la signora
Marisa Bersandi per l’aiuto dato.
S. Margherita, 19 marzo 1973.
Il 5 marzo il Signore ha richiamato
a Sé
Marianna Rosa Brusin
di anni 96.
Ne danno l’annuncio, le sorelle:
EmiUa ved. Boero e Beniamìna; la cognata Lidia ved. Rosa Brusin; i nipoti e parenti tutti.
« E noi saremo sempre col Signore »
(I Tess. 4; 17)
Coazze, 16 marzo 1973.
8
pag. 8
I NOSTRI GIORNI
N. 12 — 23 marzo 1973
DILEMMI E RESPONSABILITÀ’ DELLA MEDICINA MODERNA
SHipre pio SGKDza, più potere, più scolte
Il giuramento d Ippocrate aiuta il medico a decidere se è lecito rischiare la vita di un donatore sano
prelevando tessuti capaci di accrescere le possibilità di sopravvivenza di un malato grave, e a scegliere
fra due pazienti chi^dehha beneficiare prima, a rischio della vita, del costoso e raro rene artificiale?
et;itare che l arduo problema dei trapianti si trasformi in ”un nuovo mercato di carne umana I genitori potranno scegliere il sesso dei figli (e sondaggi danno per preferiti i maschi) ? - Salvare qualche vita umana malata nei paesi ricchi mentre centinaia di migliaia di neonati muoiono
nei paesi poveri: un dilemma accettabile?
Forza della morale
I recenti progressi della biologia e
della medicina pongono dei problemi di
ordine sociale ed etico un tempo sconosciuti dai praticanti: l’impiego dei
rarissimi reni artificiali, la spiegazione
della morte clinica, la cura dei neonati sofferenti di anomalie genetiche...
Un passo è stato fatto verso una presa di coscienza internazionale di questi
problemi quando una tavola rotonda
convocata per l’iniziativa del CIOMS
(Consiglio internazionale delle scienze
mediche) ha riunito, qualche settimana fa, nella sede dell’UNESCO, a Parigi, diciotto personalità: medici, biologi,
sociologi, filosofi e teologi. Venuti dalla
Germania e dall’Inghilterra, dall’Austria, dagli Stati Uniti, dalla Francia,
dai Paesi Bassi e dalla Svizzera, essi
hanno raccomandato che il CIOMS esamini. in cooperazione con l’UNESCO,
con l’Organizzazione mondiale della sanità e con altre istituzioni nazionali ed
internazionali, la creazione « di un
gruppo internazionale non governativo
incaricato di studiare i problemi sociali e morali sollevati dallo sviluppo attuale e futuro e nella biologia e nella
medicina ». Essi hanno proposto che
dei biologi, dei medici, dei teologi, dei
sociologi e dei responsabili delle politiche scientifiche nazionali siano sollecitati a coHaborare con il nuovo organismo, il cui compito sarebbe « di iniziare e di facilitare le ricerche sull'applicazione delle scoperte in biologia e
in medicina e sulle ripercussioni sociali che queste scoperte stesse possono
avere ».
Oggi, essi hanno constatato, « non
esiste nessuna istituzione che permetta ai medici praticanti, come ai governi ed agli altri gruppi costituiti di
prendere delle decisioni appoggiandosi
su di una piena e completa conoscenza
dei fatti e delle conseguenze morali e
sociali che queste decisioni potrebbero
cagionare. Non esiste nessun criterio
soddisfacente sul quale poter basare
decisioni di questa specie ».
Si può anche dire che il giuramento
d’Ippocrate e i precetti della medicina
moderna tradizionale non sono di grande aiuto per un medico chiamato a decidere, per esempio, se è lecito rischiare la vita di un donatore sano, prelevando dei tessuti capaci di accrescere
la possibilità di sopravvivenza in un paziente gravemente malato, o di decidere se questo paziente piuttosto di un
altro debba beneficiare della cura costosa con il rene artificiale.
DOVE ARRESTARSI?
In molti casi, il medico tenta anche
di fare avanzare la scienza. Ed è proprio qui che egli si trova dinnanzi al
problema che solleva infinite controversie nel mondo scientifico, cioè: fin
dove può andare il ricercatore, prima
di fermarsi per esaminare le conseguenze possibili delle sue esperienze?
Questo genere di domande non si presta a risposte categoriche o per un sì.
o per un no. È la coscienza e non il
codice a rispondere.
Aprendo il dibattito della tavola rotonda, il Dr. Alfred Gellhom docente
della Scuola di Medicina dell’Università della Pennsylvania, si è accontentato di sfiorare la questione dei trapianti
cardiaci. « Solo qualche chirurgo ha
finora ricorso — sia pure molto occasionalmente — a questo impressionante intervento che i grandi mezzi di informazione hanno rivelato al mondo
intiero nel 1969», ha dicliiaraio. « Qtiesta diminuzione di frequenza dei trapianti, dopo il suo esordio folgorante,
prova la forza dell'opinione pubblica
— e qui occorre ascoltare sia l'uomo di
strada, sia il mondo medico ».
I medici dovranno piuttosto pensare
al tipo di problema sollevato dal Prof.
Henry Miller, rettore dell’Università di
Newcastle-upon-Tyne (Inghilterra). Egli
parlava della sperimentazione di nuovi prodotti farmaceutici, sperimentazione che esige che un gruppo-teste di
malati sia privato di cure. Egli si domanda: « Queste pratiche sono conformi alla nostra etica?»,.
II Prof. Miller ha sollevato anche
l’angoscioso problema che si pone a
tutti i medici: la vita deve essere sempre, in tutte le circostanze prolungata?
« Il medico — ha - detto — deve sempre agire per il bene del suo malato; e
fino a quando il malato reagisce, — ha
aggiunto — io credo che non dobbiamo
scoraggiare questo atteggiamento tradizionale ».
La discussione di queste questioni
’ ^ rivelato 1’esistenza di una corrente
favorevole alla creazione di una com^
missione intemazionale per i problemi
dell’etica professionale. Un eminente
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
ricercatore francese, il Prof. Jean Hamburger, che rappresentava la Società
internazionale dei trapianti, ha ricordato che fin dal 1969 si era potuto leggere sui giornali di certi paesi annunci
di offerte di acquisto, a prezzi molto
elevati, di organi per le operazioni di
trapianto. « É un nuovo mercato di
carne umana » — si è dichiarato, aggiungendo che le istituzioni esistenti
sono rnale attrezzate per intervenire
in simili casi. Inoltre, egli giudica necessaria la nascita di una « organizzazione internazionale permanente dotata di un prestigio morale sufficiente
per guidare le nazioni verso la soluzione dei problemi creati dal progresso
della medicina e della biologia ».
Un teologo, il Prof. Jürgen Moltmann,
dell’Università di Tübingen nella Germania federale, ha affrontato il problema sotto un altro pimto di vista. Egli
preannuncia la nascita di un « parlamento medico » autorizzato a prendere
delle decisioni nei casi in cui il costo
elevato di un trattamento costringe i
medici a erigersi a giudici di vita o di
morte.
Le « angosciose prospettive » aperte
dai recenti progressi della biologia molecolare e della genetica, sono state ricordate da numerosi partecipanti. Si
sa che la storia genetica di un individuo è scritta nel nucleo di ognuna delle cellule del suo organismo. Qrà, è
possibile enucleare un ovulo e introdurvi un nuovo nucleo. Con ciò l’ovulo
non trasmetterà più la sua componente genetica, ina genererà una replica
esatta dell’individuo da cifi il nucleo
è stato prelevato: ciò si chiama clone.
COPIE CONFORMI ALL’ORDINE
« Sarà quindi tecnicamente possibile
creare un clóne di individui identici »
ha detto il Dr. Gellhorn. « Il risultato
sarebbe senza alcun dubbio di una monotonia estrema. Ma quelli che credono a questa eventualità passano notti
bianche a immaginare una folla di gente geneticamente identica ».
Il Dr. Alexander G. Bearn, del centro
medico di Comeil, a New York non
pensa, da parte sua, che il clone sia un
problema immediato. Non altrimenti
che Famniocentesi tecnica che permette ai praticanti di determinare, dopo
un prelievo del liquido amniotico, il
sesso del feto e 1’esistenza di disordini
genetici, come il mongolismo.
Il Dr. Bearn non crede che questa
tecnica possa, per conseguenza, modificare la distribuzione numerica dei sessi. Ma il Prof. Amitai Etzioni, direttore
del Centre for policy studies (Centro
di studi politici), di New York, è meno
ottimista. Nonostante gli sforzi degli
aderenti al movimento della liberazione femminista, egli ha detto, le famiglie in generale preferiscono i ragazzi.
Egli pensa che se la tecnica delTamniocentesi si generalizzasse, la divisione
dei sessi si troverebbe di fatto squilibrata. « Dopo le scoperte che noi abbiamo fatto, il numero dei genitori che
genererebbero dei ragazzi aumenterebbe del sette per cento ».
Un problema più immediato e perciò
molto più doloroso è stato sollevato
dal Dr. L. J. Dooren, del servizio di pediatria dell’ospedale universitario di
Leyda, nei Paesi Bassi, che ha ricordato la cura che viene applicata ai
bambini sofferenti dalla nascita di un
male ereditario, « la carenza immunitaria primitiva ». Fino al 1968 circa, questi bambini, il cui organismo è privato
di tutte le reazioni di difesa, morivano
nel corso del primo anno dèlia loro esistenza. Da allora, dice il Dr. Dooren, si
è scoperto che alcuni possono essere
salvati grazie al trapianto di cellule del
midollo osseo che ricostituiscono il potenziale di immunità. Ma questi interventi sollevano problemi sul piano morale. È estremamente difficile trovare
un donatore il cui midollo sia compatibile con quello del soggetto in questione. E, quando lo si trova — aggiunge il Dr. Dooren, « il donatore non ha
praticamente scelta: egli sa di essere
la sola persona in grado di salvare il
bambino malato ». I rischi per il donatore non sono grandissimi, ma esistono, come tutte le volte che è necessario un intervento chirurgico.
L'intervento del Dr. Dooren ha dato
il via a una viva discussione. Un medico ha dichiarato essere totalmente contrario all’etica professionale il trascrivere su di un registro le caratteristiche
di un donatore di tessuto sano, senza
che costui ne sia, informato. Un altro
medico, facendo allusione ai problemi
africani, ha domandato se era giusto
salvare qualche vita umana con grandissime spese, quando dei neonati morivano a centinaia di migliaia altrove.
Dopo questi diversi interventi, il Dr.
Dooren ha ripreso la parola: 109 dei
suoi pazienti hanno subito il trapianto
del midollo osseo; su questo numero
dodici sono attualmente in vita. Senza
il trapianto sarebbero stati tutti morti.
UN DILEMMA ANGOSCIOSO
Ma ciò che sconvolge il medico olandese è il rigetto del tessuto trapiantato,
quando esiste un’incompatibilità tra
l’organismo del piccolo malato e quel. lo del donatore. «Non ci si può immaginare a quali tremende sofferenze il rigetto si accompagni », dice. « Non si
può sperare che il colpo di grazia: la
morte. Come spiegare ai genitori ciò
che questo significa, quando mi domandano di incominciare la cura... ».
Il Prof. Hamburger, che dirigeva il
dibattito, ha posto allora al Dr. Dooren
la domanda che era su tutte le labbra:
« Continuate ad effettuarli, i vostri lavori? E, in caso affermativo, perché? ».
Il Dr. Dooren ha risposto che non intraprenderà la cura di un nuovo caso
senza averlo fatto precedere da uno
studio completo dei risultati già ottenuti. Gli sarebbe possibile curare quattro o cinque casi in un mese, ma egli
vi si rifiuta. « Si può osservare — dice
— un piccolo miglioramento in ogni
caso curato. Io continuerò, dunque, ma
ogni volta raddoppieremo le precauzioni ».
Daniel Behrmann
/Informazioni Unesco)
Fra il materiale di riflessione che
proponiamo ai lettori nella pagina « I
nostri giorni » riprendiamo dal n. di
febbraio del mensile tedesco « Evangelische Kommentare » una nota dedicata alla conclusione (definitiva?) del
conflitto vietnamita: Macht der Moral,
« la forza della morale » Se la pubblichiamo, non è certo per attenuare la
netta condanna della politica americana (e di quella militare in particolare)
nell'Indocina, condanna che del resto
l'autore della nota condivide in pieno,
ma affinché chiariamo a noi stessi i termini esatti di questa condanna, e ci domandiamo qual è il movente che la
detta in noi. g. c.
Non vi è dubbio: la protesta pubblica che dalla metà degli anni ’60 ha accompagnato la guerra nel Vietnam, ha
esercitato un influsso sensibile sui governi di tutte le nazioni impegnate nel
conflitto. L’appello all’umanità, alla ragione, alla solidarietà umana con i milioni di vittime fra la popolazione civile ha suscitato un’eco in coloro che dovevano decidere o meno della prosecuzione della guerra e che hanno avvertito in modo doloroso la pressione dell’opinione pubblica.
La guerra vietnamita ha rafforzato
l’esperienza che la coscienza di un’opinione pubblica vigile, la voce della morale può essere più efficace di quanto i
cinici della forza siano in genere disposti ad ammettere. Se infatti oggi il
gigantesco macchinario bellico si è fermato, ciò dipende in misura tutt’altro
che indifferente dal dissenso, pubblicamente espresso, rispetto all’impegno
statunitense nel Vietnam. La voce della
coscienza ha dimostrato la sua efficacia, non la sua impotenza.
Anche la giustificazione della protesta morale non ha bisogno di discussione. La guerra vietnamita, com’è stata
condotta dal Nord, dal Sud e dagli
Stati Uniti, è stata una provocazione
dell’etica, deH’umanità, nonché della
ragione. Ideologi e uomini di partito
possono distinguere fra terrore rosso e
terrore bianco, fra il diritto alla violenza riconosciuto ai popoli ex-coloniali
e quello negato alle nazioni industriali: per le vittime del terrore, per le
donne, i vecchi, i bambini la motivazione del terrore è irrilevante. Ogni
terrore è un crimine contro l’umanità.
Quando non si condanna il terrore in
modo generale, quando si parla soltanto dei crimini di guerra degli americani e dei seguaci di Van Thieu, vuol dire
che l’interesse primario non è quello
umanitario, ma quello politico. Naturalmente, la protesta vuol giovare all’uomo; ma deve pure esprimere la solidarietà con un partito e manifestare
il desiderio che l’imperialismo americano venga sconfitto. La protesta non
vuol essere generale, ma di parte. Si
presenta come un elemento di una politica rivoluzionaria, che ha come punto di riferimento il mutamento, non
l’etica.
Trattandosi di protesta di parte, si
deve ovviamente accettare di metter
sul tavolo le motivazioni e di chiamare
col suo vero nome lo scopo che si persegue. In politica, infatti, si può anzi
si deve discutere; e, a differenza che
per la protesta a motivazioni umanitarie, sono naturali e legittimi pareri diversi. Se qualcuno non ritiene auspicabile la sconfitta degli USA, non dovrebbe essere guardato con sospetto semplicemente perché rifiuta di associarsi
a una protesta di parte. Diversità di
opinioni pare giustificata non soltanto
quanto agli scopi di una protesta, ma
anche quanto ai metodi: ovviamente,
se la protesta deve avere altri risultati
che una semplice “liberazione” psicologica dei dimostranti.
Chi paragona Richard Nixon, a causa
àé)Vescalation nel Vietnam, a Hitler,
non sa quel che dice e non può più
pretendere di esser preso sul serio. Anche raccostamento emotivo che Olof
Palme ha fatto con Lidice e Treblinka
provano più le attitudini comiziali del
presidente dei ministri svedese, la sua
sensibilità per le esigenze demagogiche
di seguaci in effervescenza, che il suo
equilibrio politico e il suo senso della
realtà. Se scopo della protesta di Olol
Palme era di portare il gruppo dirigente degli USA a correggere la sua strategia politica e rriilitare, a cessare il
bombardamento assurdo e disumano
del Nord-Vietnam, l’irrazionalità del
l’argomentazione ha tolto efficacia ti
questa protesta. Willy Brandt è stato
realista e ha scelto la via che più di
ogni altra poteva promettere un'efficacia reale sull’ amministrazione di
Washington, anche se questo suo at
teggiamento politico sarebbe stato necessariamente frainteso da tutti coloro
che chiedevano una parola chiara, indifferenti al fatto che, poi, quest’.azionc
pubblica restasse senza seguito né risultati.
Chi legge con attenzione la dichiarazione del governo {di Bonn) del 18 gennaio, può anzi trovare indicazioni e
consigli che paiono coniati anche per
l’avvenire del Vietnam: « Il mantenimento della pace — vi si legge •— passa
anche prima del problema della nazio
ne. È, questo, un servizio che il popolo
tedesco rende ai popoli europei ». E
perché, sia lecito domandarlo, si può
richiedere alla nazione tedesca il sa
crificio di una divisione temperane.;:
nell’interesse della pace, ma non ci si
può attendere, a nessun costo, un ser
vizio analogo alla pace mondiale dai
Vietnam del Nord e del Sud?
WiNFRIED SCHARLAU
LA
CONVERSIONE
DI
JANE FONDA
Echi della settimana
Coop. Tip. Sùbalpirt^ - Torre Pellice (Torino)
“Gostantinianesimo”
musulmano
Il Cairo (Relazioni Religiose) - Il governo
egiziano ha annunciato che presenterà prossimamente all’Assemblea Nazionale una proposta di legge che dovrebbe esonerare dal servizio militare i cittalini che conoscono a memoria l’intero testo del Corano. La nuova legge intende incoraggiare una migliore conoscenza del Corano, in particolar modo tra i
contadini. Il servizio militare in Egitto dura
tre anni.
Il Cairo (Relazioni Religiose) - Il millenario dell’Università musulmana di Al Azhar
verrà festeggiato al Cairo per sei mesi. I festeggiamenti avranno inizio il 22 giugno
p. V.; vi parteciperanno numerosi capi di
Stato arabi.
^ Nell’art. « Il
mito del West », __________________
pubblicato sul n.
preced. di questo settimanale, abbiamo riportato parte d’un’intervista concessa dall’attrice cinematografica Jane
Fonda, nella quale sono posti sotto severissima accusa i film western, quali
« strumenti di corruzione » della società americana. Ivi l’attrice racconta anche la crisi di coscienza attraverso la
quale essa giunse, non molti anni fa,
a quest’amara consapevolezza.
« Gli amici di mio padre erano attori,
lavoravano nel cinema, soprattutto in
film western, e quando avevano smesso di lavorare continuavano a comportarsi come se vivessero dentro un film.
Perché? Perché s'identificavano in modo tale coi loro versonaggi, che non riuscivano più a liberarsene, non riuscivano più a distinguere i confini che dividono la finzione dalla realtà. Esattamente come me, che li stavo a guardare. Allora giocavano come bambini,
continuavano a vivere nella finzione, all'interno di un paesaggio mentale che
aveva per sfondo la Monument Volley,
i saloon, le mura di Fort Apache o la
staccionata dell'OK Corrai. Ma il loro
non era soltanto un gioco, era anche
una trappola nella quale s'infilavano
tutti assieme, una trappola all'interno
della quale essi perdevano il senso della realtà e da dove non potevano più
uscire. E non soltanto loro cadevano
in questa trappola, ma l'intera America
o, quanto meno, una gran parte degli
americani ».
Appunto il « mito del West » era quella trappola: l’illusione che gli americani fossero il popolo più giusto e più forte del mondo, e che gl’indiani fossero
tutti assassini e meritevoli d’esser sterminati.
« Nessuno mi aveva spiegato che i
bianchi, quindi anche mio padre e gli
amici di mio padre, così belli, così forti, così sapientemente e simpaticamente caratterizzati dai registi, avevano
torto marcio e che invece avevano ragione da vendere i “musi rossi", i nemici, insomma quelli che il cinema presentava come barbari e incivili. Ecco,
anche adesso si tenta di fare la stessa
operazione. Si tenta di spiegare quel
che accade in Vietnam, con gli stessi
criteri con cui il cinema spiegò quel
che accadde nel West. I bianchi sono
minacciati da un'orda di uomini rossi
e per difendersi devono uccidere. Mentre è vero esattamente il contrario. Lo
spirito western è ancora ben vivo.
a cura di Tullio Viola
Oh, non è stato facile l'ambiente in
cui sono cresciuta, visto il tipo di vita
che ho fatto per tanti anni. Naturalmente, via via che crescevo, che maturavo, imparavo a prender meno sul serio quel che mi veniva mostrato, a selezionare le informazioni, a ragionare
con la mia testa. (...) Uscita poi dall'ambiente di Hollywood, ero precipitata in quello dei college sofisticati di
America, dove s'insegnava alle ragazze
una visione del mondo ancora peggiore,
se possibile, di quella di Hollywood.
Cera la guerra di Corea allora e, ricordo, se qualcuno, studentessa o insegnante, si azzardava a formulare sulla
guerra un giudizio appena appena diverso da quello ufficiale, veniva inesorabilmente cacciato dalla scuola. Dunque non si può dire che il nuovo ambiente in cui ero finita, potesse aiutarmi a cambiare. Anche se il college si
trovava nel Connecticut ^ quindi nell'Est, v'imperava lo stesso spirito western nel quale ero cresciuta e che, del
resto, era lo spirito dell'America ufficiale. (...)
Cominciai a dubitare della bontà dei
valori americani molti anni dopo, in
Europa. (...) Ma l'elemento scatenante,
quello che fece precipitare le cose, fu
un documentario sulla guerra del Vietnam presentato dalla televisione francese. (...) Qualcuno accanto a me disse:
"guarda cosa stanno facendo i tuoi
compatrioti" ». Passò poco tempo ancora e l’attrice, « dopo aver visto altri
documentari, dopo aver incontrato dei
soldati americani che avevano disertato perché non volevano esser complici
di quell'orrore, si rese conto che era
tutto vero e che era stata ingannata. (...)
Cominciai a cercare la realtà ovunque potessi incontrarla, in giro per il
mondo, in Europa, in America, in India. E scoprii che la realtà voleva dire
^ Nello Stalo del Connecticut vigeva nel
1715 un articolo di legge che vogliamo qui
riportare testualmente : « Se, giunto all’età
della ragione cioè a sedici anni, un figlio è
restìo e ribelle, e non obbedisce alla voce di
suo padre o di sua madre, se inoltre, quando
i genitori l’hanno castigato, egli non li ascolta, i genitori possono impadronirsi di lui, condurlo davanti ai magistrati ed accusarlo d’insolenza e ribellione. Un tale figlio sarà messo
a morte ». (Da « Le Monde » del 15.1.1973).
soprattutto miserie,
guerre e sopraffazione. Così cominciai a provare vergogna di me, dei
miei privilegi, della
mia educazione, del
mondo in cui ero
vissuta. Capii anche che non era sufficiente provare vergogna e che bisognava che io facessi qualcosa perché quella
realtà inaccettabile potesse cambiare.
Il maggio francese, le manifestazioni
di massa contro la guerra, che si svolsero in tutto il mondo in quel periodo,
mi fecero capire che esistevano dei modi per incidere sulla realtà e per modificarla. Mi commosse, mi turbò profondamente il fatto che negli USA vi
fossero delle manifestazioni antigovernative organizzate dagl’indiani, gli eredi di quegl'indiani di cui mi era stata
raccontata una storia sbagliata e di
cui ora conoscevo la storia vera. Piantai tutto e mi misi a lavorare con loro,
per loro, per aiutarli ad ottenere giustizia per i torti subiti e per sostituire
la vecchia, ipocrita immagine dell'America Western con quell'immagine vera,
che andavo sempre più scoprendo...».
(Da « L’Europeo », h. 46 del fèbbraio
1973).
UNA PROTESTA
DEI COMUNISTI SPAGNOLI
■A « Con stupore abbiamo appreso la
notizia che una delegazione di funzionari franchisti è stata invitata dal gruppo parlamentare della Repubblica Popolare Polacca, in quanto parlamentari
spagnoli ». Così s’inizia una « nota ufficiale di Manuel Azearate, membro del
comitato esecutivo del Partito Comunista Spagnolo, che così seguita: “Siamo
contrari alle relazioni statali (consolari
o diplomatiche) dei paesi socialisti con
il regime di Franco”. La nota sottolinea
inoltre la gravità di aver invitato “pseudoparlamentari". Infatti “tutto il mondo sa che in Spagna c'è il fascismo e
che non c'è libertà, né elezioni, né un
reale Parlamento. L'invito d'un paese
socialista equivale ad un avallo dato
alla farsa delle Cortes franchiste... La
cosa è poi ancor più seria perché la delegazione era composta da specialisti
nella repressione poliziesca. (...)”». In
conclusione, « le masse operaie e popolari spagnole sentono indignazione per
questi fatti, e vi vedono un abbandono
della tradizionale solidarietà fra i popoli polacco e spagnolo. Il Partito protesta per quest'invito agli pseudoparlamentari franchisti, invito che causa
danno al prestigio della Polonia e del
socialismo ».
(Da « L’Espresso » del 18.3.’73).