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Anno 126 • n. 11
16 marzo 1990
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
SEOUL: CONCLUSA L’ASSEMBLEA SU GIUSTIZIA, PACE, SALVAGUARDIA DEL CREATO
Una nave che fa rotta verso la Parola
** iniziale del documento lascia il posto ad altre affermazioni: la drammaticità della situazione del Ter
zo Mondo ha fatto « reimpostare » il senso dell’assise - Segni di speranza per il Medio Oriente e per le due Coree
Sembrava che la fragile navicella di questa conferenza dovesse
affondare nelle acque tumultuose,
agitate da correnti diverse, di
Seoul; sembrava che dovesse arenarsi nelle secche di logoranti discussioni senza fine, e concludersi
con un nulla di fatto, tante erano
le critiche al progetto di documento distribuito ai delegati.
E invece, a poche ore dalla sua
conclusione, questa conferenza dimostra, ancora una volta, la validità del dialogo e della ricerca.
Perché infatti è questo che
trionfa. Proprio nel rifiutare il
prodotto bello, ampio," analitico
e sintetico a un tempo, ma precon
fezionato, della bozza di documento, nel buttarlo impietosamente a mare, la conferenza ha preso
con decisione il timone della barca.
E’ merito, credo, del terzo
mondo, perché sono stati i delegati
delle chiese africane ad esprimere,
talora in modo anche drammatico,
la sofferenza che attraversa il loro
continente. Non c’è solo l’apartheid; questo, caso mai, è la punta dell’iceberg. E’ una lezione che
noi europei dobbiamo apprendere,
perché le responsabilità dell’occidente sono molto pm estese di
quanto pensiamo.
E sono stati anche i delegati la
Seoul: anche l’assemblea dell'Alleanza riformata mondale (agosto
89) si è svolta in questa terra di contraddizione.
tinoamericani, con la loro insistenza sulla questione del debito
estero. Com’è possibile salvare
l’Amazzonia, ci hanno detto, quando siamo costretti a venderla a
pezzi per pagare i debiti che abbiamo con voi?
Una navigazione
con lo scandaglio
Così il documento è stato messo da parte e l’assemblea ha puntato su delle affermazioni concise,
chiare. Ma anche qui, quante difficoltà! Vengono discusse in plenaria, frase per frase, parola per
parola. Dunque ogni cosa passa
al vaglio dei circa 500 delegati.
Ogni emendamento è discusso, accettato o respinto. E’ una navigazione lenta, con lo scandaglio. Ma
qui, credo, starà la forza del documento. Ogni parola sarà stata
pesata, calibrata per esprimere il
consenso di 300 e più chiese presenti in tutti i continenti. Il documento che con fatica emerge da
questa assemblea, punto di unione
di tutte le chiese, non è la quintessenza del pensiero di un vertice,
ma l’espressione della base.
Non è dunque un caso l’assenza,
o meglio, la presenza disimpegnata della chiesa cattolica. E’ stata
come uno scoglio che rischiava di
far colare a picco il progetto di
una parola unitaria. D’altra parte,
come ha osservato Emilio Castro,
qui a Seoul c’è « el pueblo de
Diós » della chiesa cattolica.
Aggirando, in un certo senso, il
veto vaticano, sono intervenuti nu
IN CRISTO LA VERA LIBERTA’
Il Signore è presente
« Io sono l’alfa e l’omega, dice il Signore
Dio, colui che è, che era e che viene, l’Onnipo
tente» (Apocalisse 1: 8).
Il Signore è presente. La fede evangelica sottolìnea la presenza liberatrice del Cristo risorto
in mezz.o alle donne e agli uomini del nostro tempo. L’immagine che dobbiamo trasmettere con la
parola e con l’azione, ai nostri figli, ai bambini
della Scuola domenicale e ai catecumeni, è quella di un Dio di amore, di infinita misericordia che
agisce in mezzo alla nostra umanità con il dono
del Figlio risorto. Al di fuori del Cristo, dell'unto
di Dio, non ci è data la fede nel Signore della
vita.
Noi possiamo dire di esser vivi, le nostre esistenze sono quindi autentiche, perché Cristo è
rivelato per grazia, e non certo a causa della nostra microstoria familiare e comunitaria. Le nostre famiglie sono «evangeliche» (se lo sono!) e
la comunità esiste, perché Dio in Cristo è presente e agisce; senza l’invocazione umile e costante
nel tempo non si ha né famiglia, né comunità cristiana!
Ma lo stesso Dio era: la creazione è buona, perché nasce dal Dio che fa « ogni cosa buona ». E
tale Dio è presente oggi con il suo amore: la creazione è frutto della Parola di Dio (Giovanni 1:
1-3). Ma Dio, e questo ci interessa in modo par
ticolare, in Cristo viene! « Credo in Gesù Cristo...
siede alla destra di Dio, padre onnipotente; di là
ha da venire a giudicare i vivi e i morti »; questa
affermazione del Credo ha indotto e induce molti
cristiani a pensare al giudizio, come atto finale,
alla fine dei tempi. Ma non è cosi. Il Dio presente
nell’amore di Cristo, era e viene! Cristo giudica
oggi l’ingiustizia presente nella comunità e nel
mondo.
Il giudizio inizia dunque dalla casa di Dio! Quanti «silenzi» e «abusi» all’interno delle mura ecclesiastiche; vi sono pagine di storia vergognosa
(e a questo riguardo dobbiamo smetterla con la
visione astorica di un protestantesimo sempre e
ovunque profetico) che riguardano comunità compromesse nelle loro dirigenze ecclesiastiche, sia
all'Est, che nell'Ovest del mondo.
Martin Niemoeller, resistente al nazismo, soleva ricordare che la vera libertà è quella donataci
in Cristo! Ed è in questa libertà che ci è offerta
oggi la possibilità di evitare il «giudizio» del Signore su questa nostra società che crea diseguaglianza e razzismo: una sorella o un fratello « minimo » italiano o del sud del mondo hanno bisogno non della nostra « elemosina » riparatrice,
ma della nostra « conversione » in uno stile di vita che rispecchi la parola evangelica della « nudità » per amore di Cristo.
Eugenio Stretti
Una tipica pagoda a Seoul. All’assemblea mondiale non sono mancati i pronunciamenti sulle Coree.
merosi, senza mandato ufficiale,
ma ben consapevoli di esprimere
la volontà e il sentire delle chiese.
Se il Vaticano ha per caso pensato di mettere una pregiudiziale
sul buon esito di questa conferenza, ebbene è probabile che abbia
fatto male i suoi calcoli. I cattolici qui presenti hanno preso consapevolezza di ciò che può essere
effettivamente il dialogo ecumenico. Sta ora a loro portare un fermento di vita nuova all’interno
delle proprie chiese. Sarebbe certo
peccato se per un istinto di autoconservazione la chiesa cattolica
dovesse perpetuare la sua posizione di dorato isolamento.
I patti d’alleanza:
risultato concreto
Intanto questa assemblea sta
già producendo dei frutti: musulmani, ebrei e cristiani di Palestina hanno oggi qui stabilito un
patto tra loro, impegnandosi fra
l’altro ad operare per la fine dell’occupazione da parte di Israele e
per la fine della violazione dei diritti umani, per la formazione di
due stati indipendenti e sovrani,
e dunque per il mutuo riconoscimento, per l’autodeterminazione
dei due popoli, per promuovere
trattative e negoziati tra Israele e
OLP. E, al termine dei lavori, sono stati approvati i quattordici
« patti d’alleanza » che erano stati proposti all’assemblea.
Altro punto significativo: i delegati di Cecoslovacchia, Polonia,
Svezia, Svizzera hanno concordato
una dichiarazione.
Come si sa, questi quattro paesi
garantiscono la tregua tra le due
Coree, sulla linea del 38” parallelo. L’esercito nord-coreano, aiutato da volontari cinesi, e quello
sud-coreano, aiutate dal. -sercito
USA. sono bloccati dal 1953 su
quella linea. C’è la speranza che
in un avvenire non troppo lontano anche questo muro cada. E’
una frontiera complessa, che raggruppa in sé le contraddizioni dell’Est e dell’Ovest, del Nord e del
Sud. Il giorno in cui anche questa
frontiera cadrà, sarà una gioia,
non solo per il popolo coreano lacerato, ma per tutto il mondo. Sarà il simbolo che la riconciliazione
è possibile, che il nemico non esiste, ma siamo noi a costruirlo.
Nella grande aula in cui si svolgono le assemblee plenarie, sulla
parete di fondo, dietro il tavolo
della presidenza, cinque grandi
strisce rappresentano il diluvio e
l’arcobaleno, sotto una croce di
legno grezzo, con alcuni timidi
germogli.
Giudizio e grazia, morte e resurrezione: tra questi due poli si
muove la storia di Noè sulle acque
distruttrici del diluvio; le acque
del lago di Galilea, sconvolte dalla
tempesta, rischiano di far naufragare la barca dei discepoli.
Porre questo simbolo davanti
ai delegati è stata una scelta felice: che altro è la nostra vita, anche quella delle nostre chiese, se
non questa continua chiamata dalla morte alla vita, dal non-essere
all’essere?
Seoul è uno dei punti in cui, ancora una volta, è stato possibile
udire questa chiamata, correggere
la rotta, dirigere la barca verso la
Parola di Dio.
Luciano Deodato
Meno 2
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commenti e dibattiti
16 marzo 1990
ATTENZIONE
ALL’ANTISEMITISMO
Devo esprimere II mio sconcerto di
fronte alla lettera di M. Pulejo (numero del 2 marzo) a proposito del conv
portamento di Israele nei territori occupati.
Se l'autore si fosse limitato a stigmatizzare anche duramente tale comportamento non sarei intervenuta, trovandomi d'accordo senza riserve su questo punto (d'accordo anche nel considerare scandaloso che tra gli esponenti politici di quello Stato figuri
tuttora lo stesso Sharon di cui ho
presente il ruolo e l'atteggiamento in
occasione del terribile massacro di
Sabra e Chatyla). Ma, nella lettera in
questione, si va ben oltre, mescolando
al discorso giudizi ed espressioni improntati ad un pesante antisemitismo
che non ha niente a che vedere con
il diritto di critica alla linea politica
di un governo.
Già all'inizio si parla di Israele (definito addirittura « mostro sanguinario »)
come • già popolo (auto) eletto.. Se
però prendiamo la parola « eletto »
nel suo semplice significato etimologico di « scelto » e ci riferiamo alla
Bibbia, può forse essere messo in discussione che jl popolo ebraico sia
un mezzo per l'attuazione del progetto
divino nei confronti dell'umanità? Invece, secondo le parole di cui sopra,
tutto si ridurrebbe ad una montatura...
Mi ha poi raggelato l'esortazione a
« finirla con le sindromi di Dachau,
Auschwitz, ecc. ».
Un « olocausto » non annulla l'altro e
non se ne deve dimenticare nessuno.
Per di più quello dei lager è stato
perpetrato da « cristiani » dopo lunghi
secoli di efferate persecuzioni antiebraiche sempre ad opera dei medesimi.
Passando alla cattura dì Eichmann
penso che le violazioni del diritto internazionale per cui ci si deve indignare siano di ben altra natura.
Infine, ribaltando le conclusioni della lettera, trovo « un'enormità » che
si metta ancora in discussione l'esistenza dello stato di Israele (ma anche che non si risolva il problema
analogo per i palestinesi).
Mirella Argentieri Bein,
Torre Pellice
Caro Direttore,
la lettera del signor Massimo Pulejo
pubblicata sul numero del 2 marzo mi
ha lasciato perplessa per le considerazioni invero poco storiche che fa
sullo stato di Israele.
Si può non essere d'accordo con
l'attuale politica israeliana di repressione verso i palestinesi in rivolta ma —
fra l'altro — bisogna tener presente
che anche nello stato d'Israele c'è una
forte corrente politica che vuole cercare delle vie dì pace con i palestinesi.
Le radici di tutto questo bisogna però cercarle lontano, tra l'altro quando
sotto l'incitamento delle radio del Cairo e di Gerusalemme, 250.000 arabi abbandonarono la Palestina (15 aprile - 15
maggio 1948) sicuri di poter tornare
vincitori dopo qualche settimana facendo piazza pulita di tutti gli ebrei.
Gli ebrei, senza riuscirci, cercarono di
convincere gli arabi a restare nel paese ma, alla fine della guerra, delle
600.000 persone che avevano abban
donato le loro case solo una piccola
parte ritornò.
Il problema dei profughi è grave ma
sappiamo bene che i governi arabi preferirono non risolverlo ma tenerlo come una ferita aperta, un affronto alle
Nazioni Unite e un'arma contro Israele.
Penso che la speranza di noi tutti,
credenti nel Signore, sìa che questa
grave situazione che travagiia sia gli
israeliani che ì palestinesi trovi una
soluzione equa e ragionevole e che
« essi delle loro spade fabbricheranno
vomeri d'aratro e delle loro lance roncole, una nazione non leverà più la
spada contro l'altra e non impareranno più la guerra» (Is. 2: 4).
Inoltre gli ebrei non si sono autonominati « popolo eletto », è il Signore che lo dice in tutto il messaggio
biblico, e il fatto che dopo 2000 anni
gli ebrei siano ritornati sulla loro terra è un segno dei tempi che dovrebbe farci riflettere seriamente.
Un'ultima cosa: il signor Pulejo cita
la liberazione degli ostaggi israeliani
ad Entebbe e perché allora tace sulla
stessa iniziativa fatta dagli americani verso ì loro connazionali imprigionati a Teheran? Forse perché una è riuscita e l'altra no?
Clara Cozzi, Trieste
PENSATE ALLA
EVANGELIZZAZIONE
Caro Direttore,
nel 1952 mi sono accostato alla Chiesa valdese e per parecchi anni, a Milano, ho potuto beneficiare dell'edificazione e degli ammaestramenti derivanti da una fedele predicazione della Parola di Dio: ricordo in particolare gli
incisivi sermoni dei pastori A. Ribet,
N. Giampiccoli, G. Bouchard.
Per motivi di lavoro ho poi lasciato
Milano e sono diventato un credente
della diaspora. Ho comunque potuto
constatare un progressivo cambiamento, per non dire cedimento, della linea
della chiesa che, forse irretita dalle
possibilità di dialogo con la potente
Chiesa cattolica, si è lanciata in un
ecumenismo che si sta rivelando sterile e inconcludente. Infatti, dal momento che la Chiesa romana non intende deflettere di un mignolo dalle
sue impostazioni dogmatiche, non vedo
a che cosa possa servire una conversazione fra sordi, al di là di vaghe e
superficiali dichiarazioni di fratellanza.
A ben guardare, anche il concetto di
fratellanza in fede sarebbe da prendere con le molle, in presenza di una
Chiesa — quella romana — che sotto
molti aspetti annuncia « un altro vangelo » (Gal. 1: 6 e 9): come si può
definire altrimenti un insegnamento
che proclama essere necessari per la
salvezza « le opere e il merito », che
continua a qualificare Maria « madre
di Dio », « corredentrice e media
trice», »regina del cielo» e simili, ohe
insiste sui meriti dei santi e non muove un dito per scoraggiarne il culto,
così diffuso nelle masse al punto da
sostituirsi • de facto » al culto reso
a Dio?
Inoltre, a quale crescita spirituale
può mai servire l'affannarsi dei vai
desi intorno a problemi sociali e politici interni e internazionali, a cui dedicano ampi spazi, dibattiti ed energie
intellettuali anziché, semmai, qualche
lucido commento/interpretazione in
chiave evangelica?
Proprio questo giornale riflette la
trasformazione operatasi negli ultimi
vent'anni. Prendiamo ad esempio il n. 8
del 23.2.'90 del • settimanale delle
chiese evangeliche valdesi e metodiste »: ebbene, dove sono le pagine
« evangeliche » (a differenza di quel
che si poteva leggere negli anni '50,
'60 e, in parte, '70: conservo la collezione del periodico)? Se togliamo una
brevissima meditazione del pastore
Gay in prima pagina, una denuncia della proliferazione di beati e santi sotto
il papato Wojtyla a pag. 4 e un’interessante cronaca da Torre Pellice a
pag. 8, di biblico non c'è altro. In
compenso in almeno tre articoli si parla di comuniSmo e francamente non capisco che cosa abbia da spartire l’evangelo di Cristo con il comuniSmo o
con il socialismo o con qualsiasi altro ideale politico.
In tutta onestà, non vedo come un
ateo o un cattolico possa essere attirato al puro messaggio evangelico
attraverso la lettura del giornale,
la visione di • Protestantesimo » su
RAI 2 (rubrica di scarsa o nulla efficacia ai fini dell’evangelizzazione), le
predicazioni cerebrali, complicate e
fumose per troppa dottrina, timorose di
urtare la mentalità corrente e quindi
portate a giustificare tutte le devianze
e le mode della nostra epoca (dall'omosessualità al femminismo, dai dubbi sul valore fondamentale della rivelazione biblica alla negazione dell'esistenza del diavolo), prive di quell’émpito evangelistico che dovrebbe caratterizzare una vera predicazione cristiana.
Fratelli valdesi (e metodisti), di
questo passo l’emorragia lamentata dal
pastore Stretti di Taranto non solo
non si arresterà ma diventerà sempre
più preoccupante, perché quelli che
hanno bisogno della parola di Cristo —
e la fede vien daH’udire — o desisteranno dalla loro ricerca o saranno
costretti a rivolgersi ad altre denominazioni evangeliche.
Riflettete seriamente, abbandonate la
tentazione (o illusione) di « contare »
in questa nostra Italietta clericale, rispolverate i doni dello Spirito, rivestitevi deH’armatura di Dio e parlate
agli uomini e alle donne del nostro
tempo con un linguaggio biblico chiaro, convincente, preciso, non conformista: solo così avrete dato una vera testimonianza evangelica, solo così sì potrà sperare che Dio faccia crescere ciò che avrete piantato e annaffiato.
Fra le ali del minuscolo schieramento protestante nostrano, ossìa fra
il rigorismo delle chiese popolari e
il lassismo delle chiese storiche, c’è,
a mio parere, una posizione praticabile:
predicare un evangelo non disancorato dalla realtà di questi anni carichi
di avvenimenti, ma non annacquato o
accomodante sì da perdere la sua funzione di «spada» (Matt. 10: 24).
Fraternamente.
Beniamino Calvi, Pietragavina di Varzi
Rivediamo la decisione
Concordo con quanto espresso nel numero del 2 marzo da
Aldo Rostain ed aggiungo che
in una materia cosi importante
il Sinodo, adottando la maggioranza semplice con un solo voto di scarto, può benissimo non
avere potuto esprimere le reali
opinioni di tutta la comunità. Era
opportuno, visto col senno di
poi, indire in questo caso una
votazione che coinvolgesse ogni
singolo membro di chiesa.
Noi siamo e dobbiamo essere
cittadini dello stato e non suoi
sudditi. L’8 per mille non ci viene concesso e non ci può in alcun modo condizionare. Vi è
una legge dello stato, espressione dei suoi cittadini, che li autorizza a disporre di una parte
del loro denaro per uso religioso.
Certamente non possiamo che
concordare che questo denaro
non deve venire immesso nella
cassa culto.
L’amministrazione dello stato
spesso si dimostra incapace ed
indegna nel gestire il pubblico
denaro, vi sono perciò valide ragioni morali perché si eviti che
anche questo denaro vada a finire nel grande calderone. E questo quando si pensa che vi sono
serie difficoltà per coprire i fabbisogni, o i debiti, dì nostre
opere sociali destinate non soltanto ai membri di chiesa ma a
tutti i cittadini. Vedi fra l’altro
l’opera di Riesi e la situazione
degli istituti per anziani ove oltre alla mancanza di posti, le
rette non possono essere coperte da misere pensioni. Mi sia
concessa una fraterna battuta:
coloro che hanno votato per il rifiuto del cosiddetto finanziamento dello stato non mi è parso
che contestualmente si siano impegnati a farsi carico delle necessità di cui sopra.
Quando poi, rifiutando da una
parte il pubblico denaro, sempre per le necessità su esposte,
si auspicano e si accettano doni
daH’estero, ovvero da chiese tedesche e svizzere da sempre supportate dallo stato, si arriva al
limite dell’assurdo se non della
incoerenza.
Mi auguro che questo problema venga presto rimesso sul tavolo.
LA SCUOLA E
L’EDUCAZIONE
SESSUALE
Il vescovo di Trieste è per assolvere dalla scomunica in cui incorrono
i medici che procurano l'aborto e le
donne interessate ohe lo richiedono.
Anche se l'iniziativa vescovile è limitata al periodo deila Quaresima e dell'Avvento, essa costituisce una ardita innovazione che stimola la nostra attenzione, ma di cui non intendiamo occuparci.
Ci interessa risalire alle fonti delle irregolarità permissive, che assai
frequenten,ente portano alla drammatica soluzione abortiva. Penso che sia
più che mal urgente realizzare quella
informazione sessuale che, anche se
esistono leggi e teorie che la riguardano, in molti centri italiani è purtroppo tabù! La scuola, certo, può
far molto se l'insegnante, oltre ai
doveri professionali, s’impegna umanamente come un congiunto dell'allievo. Il maestro fa presto a conoscere
se la famiglia del ragazzo ha con lui
stabilito l’indispensabile dialogo liberato dagli inciampi secolari delle reticenze e dei silenzi presunti pudichi.
Un dialogo aperto tra genitori e figli, che desideriamo sempre condizionato dall’amore, previene gli sbandamenti sessuaii dell'adolescenza e le
scorciatoie pericolose del misticismo
o della lascivia più sfrenata della giovinezza. Si porrebbe un riparo alla solitudine in cui troppi ragazzi sono immersi, vittime involontarie del devastante egoismo degli adulti.
DIBATTITO SULL’OTTO PER MILLE
Una seria educazione sessuale deve
mirare al rispetto del corpo, che secondo S. Paolo « è il tempio dello
Spirito Santo » (I Corinzi 19).
Degno di particolare rispetto sarà
il corpo femminile da cui può nascere
un'altra vita, un’altra creatura pensante e autonoma. Nel seno materno
il figlio non è un prodotto casuale,
ma, soprattutto per i credenti, deve
essere carico di sacralità.
Al figlio dovremmo poter comunicare il rispetto per la vita, che mal sarà sottoposta all'arbitrio egocentrico
della coppia, la quale deve poter programmare l’arrivo di un essere nuovo,
imparando a conoscere scientificamente Il periodo singolo di fecondità della donna, per gestirlo con cosciente responsabilità.
Lucia Gallo Scroppo, Torre Pellice
SERVIZIO CIVILE
Con l'ormai cronico grande ritardo
ho ricevuto il numero del 5 gennaio,
dove ho letto l’articolo dì Giovanni
Pinto sulla situazione del servizio civile. Mi ha stupito molto notare che
viene citata continuamente l'obiezione
di coscienza come solo fatto politico.
Questo aggettivo è ripetuto ben 3 volte, mentre viene ignorata del tutto
un'obiezione per motivi religiosi o,
quanto meno, etici.
Mi sembra che tutto questo sia uno
svilire notevolmente un gesto di grande importanza. Ciò tanto più quando
viene accolto, e quindi avallato, da
un settimanale come il nostro, che
dovrebbe occuparsi principalmente degli obiettori per motivi religiosi e solamente in un secondo momento dì
quelli • politici », o pseudopolitici, visto ohe purtroppo una buona percentuale di essi lo è solo per opportunismo.
Distintamente.
Davide Csermely, Parma
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore; Giorgio GardioI
Vicedirettore: Giuseppe Plafone
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato, Adriano Longo, Plervaldo
Rostan
Comitato di redazione; Mirella Argentieri Bein, Valdo Benecchi, Claudio
Bo, Alberto Bragaglia, Franco Carri. Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nitti, Gino Conte, Piera Egidi, Emmanuele Paschetto, Roberto
Peyfot, Mirella Scorsonelli
Segreteria: Angelo Actis
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Walter Sellari
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Il n. 10/90 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino e a quelli delle valli valdesi l’8 marzo 1990.
A questo numero hanno collaborato: Archimede Bertolino, Valter Cesan,
Mauro GardioI, Beniamino Lami, Aldo Rutigllano, Liliana Viglielmo.
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16 marzo 1990
commenti e dibattiti
UNA FESTA DALLE TRADIZIONI COMPLESSE
Vita carnevalesca
Una filosofia di vita che sottolinea la relatività delle cose - Un
mondo al contrario o la ricerca liberatoria di un capro espiatorio?
Il carnevale è finito. Il rito antico l’Italia l’ha festeggiato, come sempre, con grande trasporto. A Firenze si è concluso in
tragedia perché la sera di martedì grasso un raid razzista ha
picchiato ed accoltellato due giovani nordafricani. Ma è stata
ima tragica eccezione, in genere
la ’’festa dei pazzi” finisce soltanto in buffonate goderecce
piuttosto costose. Stupisce vedere che, da qualche anno a questa parte, anche in alcune località dell’area storicamente calvinista, le Valli valdesi, votate da
tempo remoto alla sobrietà, al
rigore, alla riflessione, il carnevale in realtà abbia preso piede
con discreto successo. E’ un segno in più della nostra cattolicizzazione? «Ma no — mi fa
notare un membro della chiesa
metodista di Savona, in piazza
anche lui a vedere i vari carri di
carnevale preparati con cura —,
qui come altrove la gente ha voglia soltanto di divertirsi. Una
volta i pastori proibivano il ballo, le feste. Oggi c’è più libertà
ed elasticità. Del resto uno dei
più grandi carnevali d’Europa
si svolge a Basilea, dove la presenza protestante è piuttosto
massiccia... ».
Alle Valli il carnevale è soprattutto una grande festa per
i bambini. Ma originariamente
era festa dei grandi ed era festa cattolica ”doc”. Le prime
carnevalate, che iniziavano con
una cena d’addio alla carne (carne-vaie = addio) per la quaresima, si svolgevano anche in chiesa dove il basso clero sfotteva
vescovi e cardinali, chiedendo loro di raccontargli dei rubalizi
al patrimonio ecclesiastico. Si
riproponeva, in termini diversi,
l’antica festa romana dei Saturnali in cui, per qualche giorno,
la nobiltà e la plebe erano sullo
stesso piano e spesso il re diventava lo schiavo.
Di fronte a questo mondo alla
rovescia qualche papa, come Innocenzo III nel 1207, lanciò condanne nei confronti di questi
dissacranti. Ma nulla fermò l’ingresso del rito godereccio e festaiolo che finì per diventare
patrimonio della chiesa di Roma, che delegò alle Badie l’organizzazione delle mascherate. Per
una volta all’anno era possibile sfogarsi, ma sempre sotto lo
sguardo materno della chiesa.
Non è un caso quindi che nei
vari testi che analizzano il carnevale d’Italia, nelle sue varie
espressioni regionali, non compaiano mai le Valli valdesi. Oggi
comunque il rito liberatorio car- nevalesco, che vuole allontanare
e deridere gli spiriti del male,
ha fatto capolino anche in queste vallate, tradizionalmente distanti da tutto ciò che puzza di
controriformistico. Alla fine della festa il premio al bimbo meglio mascherato, che ricalca l’incoronazione del re del carnevale,
applaudito dagli adulti, molti dei
quali anche in maschera, rimanda ad una lieta filosofia della vita
che sottolinea la relatività di
ogni cosa. Un mondo all’incontrario dove ciascuno può finalmente diventare il personaggio
che crede, dove gli schemi sociali
per un breve tempo saltano e finito lo sfogo tutto ritorna come
prima. Mi sembra che una sorta di carnevale si trovi anche
negli Evangeli quando si arriva
al momento in cui i soldati portarono Gesù nel pretorio, gli tolsero i vestiti, gli misero addosso
un mantello rosso, prepararono
per lui una corona di rami spinosi e gliela misero sulla testa;
nella mano destra gli misero un
bastone. Poi cominciarono ad
inginocchiarsi davanti a lui e a
dire, ridendo: « Salve, re dei
giudei »... Cristo nelle mani dei
suoi aguzzini diventa la caricatura del re. O se si vuole il prototipo di Arlecchino, capo dell’Inferno, che con il suo bastone guida la masnada dei demoni. E'
insomma la costruzione di un
capro espiatorio, lo schermo sul
quale proiettare tutti i mali e le
paure della comunità civile, e
quando la figura mascherata brucia nel fuoco (perché così finiva
il carnevale) si poteva ricominciare a credere possibile un nuovo inizio. Si tratta dell’eterno
mito delle origini, l’illusione che
si possa bruciare o distruggere
per sempre un passato che in
realtà nessuna carnevalata può
cancellare. Così, se mi si concede il parallelo. Cristo non viene
eliminato solo perché ridicolizzato o crocifisso. Il « capro espiatorio » muore sul Golgota sotto
una scritta che vuole renderlo
ridicolo anche da morto. Ma proprio la sua verità smaschera la
finzione della vita e del caos in
cui viviamo. Esso può trovare
un nuovo ordine non nella finzione o nella morte, ma nella
vita nuova che con Cristo risorge e che dura non lo spazio di
un giorno, ma per sempre.
Giuseppe Platone
UN RICORDO DELLO STUDIOSO CECOSLOVACCO
Amedeo MoInàr
Quando ricevetti la notizia del
decesso del caro collega e fratello in fede, fui molto triste.
Nell’ultima lettera, che gli avevo
inviata il 1» febbraio, esprimevo
la speranza che la sua salute fosse migliorata e gli consentisse di
riprendere appieno tutte le sue
attività, per noi così preziose...
e dire che il giorno prima era
mancato all’affetto della sua diletta consorte e dell’amatissima
figlia!
Tutti noi lo ricordiamo alle
valli l’estate scorsa, dov’era stato invitato ufficialmente a partecipare alle celebrazioni del
« Glorioso Rimpatrio ». Benché
ancora debole nella carne per i
postumi di una grave operazione, il suo spirito era sempre
vivo, la parlata sempre chiara,
fraterna, piena di bonomia sulle « debolezze » umane, sue, mie,
di altri, per lo più in cose riguardanti le comuni ricerche
storiografiche.
L’ultimo suo scritto fu la Prefazione che benignamente volle
fare alla mia miscellanea II grano e le zizzanie, in cui egli ricordava il cammino percorso
spes.so insieme nel campo degli
studi valdesi, dal giorno in cut
collaborò con Armand Hugon e
con me alla Bibliografia valdese
per la parte riguardante i rapporti tra valdesi e ussiti. E chi
non rammenta la sua ultima conferenza pubblica nel tempio di
Torre Pel lice la sera del 4 settembre 1989 nella quale — come
venne ricordato in questo giornale nel n. del 29.9.’89 — egli
aveva accennato al grave dilemma che aveva attanagliato i nostri padri nel 1689 tra l’ubbidienza a Dio e la disobbedienza alle
autorità costituite, e questa fatta con le armi in pugno o con
la resistenza passiva?
Certo, nel non facile arengo
delle ricerche storiche, non sono mancate le difficoltà, le incomprensioni, talvolta persino i
soprusi! L’ultimo, in ordine di
tempo, a proposito della Introduzione alla « Confessio Taboritamm » edita nel 1983 a cura dell’Tstituto storico italiano per il
medioevo, in cui certe parti sue
erano state attribuite ad altri:
ed io a difenderlo con una messa a punto che, per amore di
pace, venne rifiutata dalle nostre
riviste scientifiche, ed egli a scrivermi, in data 21 dicembre 1989
(l’ultima sua lettera!), che la mia
tenacità a difendere il giusto e
l’onesto mi avrebbe sicuramente procurato dei guai!
Le sue periodiche « presenze »
nel nostro paese, in tempi anche recentissimi in cui le frontiere erano ancora praticamente
chiuse, furono sempre per lui
dei momenti di intensa gioia, insieme intellettuale e spirituale.
Lo ricordo con particolare commozione non solo in occasione
delle sue lezioni alla nostra Facoltà valdese di teologia a Roma, ma anche in Sicilia e in Calabria, quando fu invitato a te]iere una conferenza al circolo
Sciascia di Agrigento sull’internazionale valdo-taborita, a cui
seguirono, nei giorni successivi,
visite a Grotte e a Riesi, e infine il suo primo contatto con le
ex colonie valdesi di Montalto,
Sisto e Guardia Piemontese, il
tutto abbinato con due culti celebrati nelle nostre comunità di
Cosenza e Doviziosi, di cui era
allora pastore il nostro caro Vincenzo Sciclone.
La sua ultima visione delle
valli l’ebbe, insieme con Marie,
da Sibaud a Pianprà, poi ad Angrogna fino alla Vaccera insieme con gli amici Cericela: fotografie a non finire, e l’immancabile tè delle quattro, con tartine ai mirtilli, alle Sonagliette
sopra i Bellonatti!
In altra sede parleremo della
sua lunga indefessa operosità di
storico, i cui interessi spaziarono
dalla patristica all’età moderna,
con una spiccata predilezione per
il dissenso religioso, culminato
nel suo paese con la grande rivoluzione ussita, che per un po’
riuscì persino ad abolire l’Inquisizione! Una bibliografia dei suoi
scritti, aggiornata al 1982 {Smerovani, a cura di Noemi Rejchrtova, Praga 1983), elenca più di
1.100 titoli tra opere monografiche, contributi in atti e memorie accademiche, articoli di riviste (specie in « Communio Viatorum », dell’Istituto ecumenico
della Facoltà teologica Comenius
di Praga), medaglioni, traduzioni, recensioni, ecc. Tra le ulti
me opere pubblicate in lingua
italiana, ricordo il suo Jan Hus
(Claudiana 1973), il 1» volume
della Storia dei valdesi (ivi, 1974),
VIntroduzione già ricordata alla « Confessio Taboritaram » del
1983, il suo contributo alle celebrazioni luterane del 1983 (La
prima e la seconda Riforma nella disputa di Lipsia, in AA.W.,
« Lutero nel suo e nel nostro
tempo», Claudiana 1983, pp. 8199), la raccolta degli Scritti essenziali dei Taboriti (ivi, 1986)
ecc.
Giovanni Gönnet
DIBATTITO SUL COMUNISMO
Comunismo e
coscienza cristiana
Il contributo dei valdesi di sinistra ad un
dialogo tra cristianesimo e militanti marxisti
Secondo me il problema deve
essere affrontato necessariamente
da parecchie angolature.
Innanzitutto si è sempre detto
che il comuniSmo italiano è diverso da quello realizzato nei
paesi dell’Est, e ciò è senz’altro
vero perché la storia e la tradizione culturale italiana hanno
ben poco in comune con i paesi
baltici e slavi. Se il comtmismo
si fosse affermato in Italia, avrebbe avuto dei connotati diversi,
anche perché avrebbe goduto del
consenso popolare (dopo libere
elezioni) e non avrebbe dovuto
imporsi in periodo di grave crisi
sociale ed economica.
Non a caso il comuniSmo russo
ha avuto la meglio sullo zarismo
durante la prima guerra mondiale, favorito dalle forze dell’esercito prussiano, che hanno permesso a Lenin di rientrare in Russia attraverso la Finlandia per organizzare la resistenza in patria.
Inoltre se Lenin fosse riuscito ad
emarginare Stalin, il corso della
storia comunista avrebbe preso
un altro sviluppo anche in Russia. Penso quindi che fra teoria
e prassi comunista ci sia un baratro.
Una scelta
per il popolo
In Italia molti valdesi hanno
aderito al comunismo per vari
motivi. Prima di tutto per la
scelta di dare la preferenza alla
povertà, al popolo, alla classe
operaia, e ciò in conformità con
la loro storia e tradizione.
Quando poi dopo la seconda
guerra mondiale c’è stata la divisione in blocchi e la Chiesa cattolica si è dichiarata in maniera
massiccia contro il comunismo,
scomunicando chi dava il voto a
quel partito, quasi automaticamente la Chiesa valdese si è trovata schierata dall’altra parte.
Non bisogna neanche dimenticare Che le vicende della guerra e
della Resistenza hanno plasmato
fortemente la generazione degli
anni ’30 ed hanno convinto molti
ad aderire all’area di sinistra.
Certamente esisteva nella Chiesa valdese anche una forte tradizione liberale, ma con il ricambio
dell’età e la sempre minore incisività elettorale dei liberali
l'asse portante della chiesa si è
spostato a sinistra.
Comunque Questa scelta, che
oggi si vuole criticare alla luce
degli avvenimenti dell’Est, ha
avuto anche dei risvolti positivi,
quando i credenti sono rimasti
fedeli al messaggio biblico. Infatti ogni politica ha i suoi lati
negativi e positivi e spetta al
credente orientare la società verso il positivo. Quindi anche chi
ha militato nell’area di sinistra
avrà portato da credente un suo
messaggio.
A ben considerare, io penso che
i valdesi di sinistra hanno adem
piuto ad un compito molto importante, quello di portare l’Evangelo a persone che erano state respinte dalla Chiesa cattolica.
Hanno contribuito pertanto ad
evitare una chiusura completa
dei marxisti nei confronti del cristianesimo, offrendo loro im’alternativa.
A dire il vero, penso che dobbiamo semmai dolerci tutti quanti di non essere stati più incisivi,
più impegnati nel portare il messaggio di Cristo a tutti. In realtà,
per opportunità ed amore del
quieto vivere, preferiamo tutti
adeguarci a dottrine e comportamenti non strettamente conformi
all’Evangelo.
Non penso che la situazione
cambierà in futuro, perché gli uomini vivono in un contesto sociale che possono plasmare fino ad
un certo punto. Quindi è impossibile che una piccola chiesa, come quella valdese, non subisca
influssi e condizionamenti esterni.
Inoltre la chiesa non è formata
solo da persone colte o da altruisti, ma anche da semplici, da ingenui, da accomodanti. Questa
realtà di fatto deve pesare anche
sul nostro giudizio.
Non mi sembra opportuno ora
voler giudicare quelli che si sono
attestati su certe posizioni; se
hanno contribuito a diffondere il
messaggio cristiano in ambito di
sinistra avranno portato qualche
frutto.
Ed appunto Gesù Cristo giudica dai ’’frutti” e non dalla tendenza politica, che si può condividere o no, e che in ogni caso
dovrebbe rimanere una questione
personale e non della chiesa intera. Semmai ci dobbiamo rammaricare tutti quanti di non essere stati più disponibili verso gli
altri e di non aver cercato a livello personale contatti con altre
chiese sia italiane che estere.
Se la Chiesa valdese vuole continuare ad assolvere il suo compito, deve confrontarsi con il
mondo secolarizzato, ma non per
subirne le scelte, bensì per elaborare nuove risposte agli interrogativi attuali ed indicare delle
proposte, anche se queste saranno sempre suscettibili di revisione, in quanto condizionate dal nostro essere uomini.
In ogni caso, per potersi chiamare cristiana, è fondamentale
che segua sempre la legge voluta
ed adempiuta da Cristo.
Per concludere penso che sia
urgente che i membri della comunità si impegnino molto di più
a portare di persona l’annuncio
dell’Evangelo al mondo circostante, senza delegare sempre il pastore, e che leggano le opere dei
riformatori e dei teologi per potere rispondere sulle questioni di
fede. Altrimenti la Chiesa valdese
rischia di restare indietro e di
chiudersi sempre più in un ghetto.
Lydia Schopp
asv e MASTRO GEPPETTO preaentana
TERZOtì
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Il primo gioco in Malia
sul terzo mondo
Una proposta originale
per divertirsi e riflettere
m famiglia, a scuoia,
nei gruppi, con gli amici.
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4
fede e cultura
16 marzo 1990
PROTESTANTESIMO IN TV
Il decennio dedicato dal
CEC ai problemi della donna deve giustamente essere
oggetto di attenzione e di informazione ed è quanto ha
fatto la trasmissione del 4
marzo, proponendolo come argomento centrale.
Prima, in apertura, abbiamo ascoltato J. Daries, pastore in una cittadina sudafricana, venuto a Roma in quanto la sua chiesa è gemellata
con la comunità battista di
Centocelle. Egli ha pronunciato parole di pace e di speranza per il suo popolo. Lo smantellamento dell’apartheid è
infatti solo all’inizio e non
prenderà consistenza che con
nume del 29 dicembre scorso. Zahira, Magar, Luisa, intervistate da Gianna Urizio,
ci illustrano la complessità
del problema che vede, oltre
la meta da raggiungere (una
terra, due Stati), anche l’urgenza dell’acquisizione dei diritti delle palestinesi, in quanto donne, all’interno del loro
ambiente.
Sulla problematica « donna
e scienza » abbiamo sentito
tre ricercatrici e una docente universitaria. Le intervistate lamentano la necessità di
dimostrare continuamente che
si è all’altezza dei colleghi
maschi, che costituiscono il
parametro di giudizio. Esse
Donna e società
la concessione del diritto di
voto ai neri.
Venendo al «decennio», si
sono presi in considerazione
quattro ambiti, illustrati da
altrettante protagoniste, e
cioè la,città, la pace, la scienza, la chiesa.
Sul primo aspetto il sindaco di Modena, donna, ha analizzato le difficoltà che derivano ai cittadini ( ma alle
donne in particolare per la
molteplicità dei loro carichi)
dai « tempi della città », sempre meno a misura umana.
Si prefigge pertanto lo scopo
di allargare le fasce orarie di
apertura dei negozi, rendere
flessibili per l’utenza e per
gli operatori gli orari degli
asili nido e dei vari centri
di cura e di accoglienza, di
esercitare, in una parola, la
fantasia a beneficio della vivibilità.
Un esempio da seguire in
situazioni analoghe, in una logica che dovrebbe prevalere
in ogni città.
Un segnale di speranza e
di novità vera viene, sul fronte della pace, dai rapporti che
faticosamente si creano tra
gruppi di donne palestinesi
ed israeliane con la partecipazione di donne italiane. Una
concreta attuazione si è avuta con la manifestazione co
constatano l’assenza delle
scienziate nei comitati che
contano ( e che decidono
l’utilizzazione dei fondi per la
ricerca). Se ne avessero la
possibilità, le donne indirizzerebbero forse le applicazioni
scientifiche verso scopi diversi.
Per il rapporto donna-chiesa ha parlato una giovane
donna « pastore evangelico »
da sei anni (non è stata chiarita la denominazione di appartenenza). Essa individua
la sfida che le sta davanti nel
conciliare le funzioni di moglie, madre e, appunto, pastore. Una situazione che, accanto alle difficoltà, presenta una varietà di esperienze in
mutuo arricchimento. Vede lo
specifico del pastorato femminile in un rifiuto del modello
autoritario.
Le potenzialità inerenti alla natura femminile, tanto a
lungo conculcate e misconosciute, penso debbano essere
riscoperte e « considerate » in
primo luogo dalle donne stesse. Gli esempi che la trasmissione ci ha presentato possono essere indicativi delle mete da perseguire.
In chiusura la rubrica di
risposte alle lettere dei telespettatori.
Mirella Argentieri Bein
UNA MONOGRAFIA SUL GRANDE PEDAGOGISTA
S. ANGELO IN VILLA
La religione:
oppio dei popoli?
Su questo interessantissimo
tema si è intrattenuto Filippo
Genti Ioni domenica 11 febbraio
scorso nella luminosa chiesetta
battista di S. Angelo in Villa
(Prosinone), alla presenza di evangelici e non, venuti da Roma,
Colleferro, Ferentino e Isola dei
Liri.
Il noto esponente della Comunità del dissenso di S. Paolo
(Roma), collaboratore del quotidiano « Il Manifesto » e del mensile « Confronti », è proceduto
dalla constatazione di una certa
reviviscenza dello spirito religioso, che si nota oggi un po’ dappertutto nel mondo, sia all’Est
che all'Ovest. Ciò vorrebbe dire
che la « religione » non è più
l’oppio dei popoli di marxiana
memoria?
Nell’appassionato dibattito che
è seguito Sono emersi quesiti fondamentali, fra i quali:
a) è possibile distinguere sempre tra religione (o religiosità)
e fede? La prima passibile di
tutte le alienazioni o omologazioni possibili?
b) c’è una linea di demarcazione tra gruppi di credenti do
Gianni Rodari
Marcello Argilli, uno dei pochi esponenti viventi rappresentativi della poesia per bambini
insieme a Roberto Piumini, Pietro Formentini e Luigi Grossi,
ha portato a termine e ora pubblicato un saggio su Gianni Rodari, amico e maestro, il solo
così completo ed articolato dopo quello di Patrizia Zagni (La
Nuova Italia editrice - collana
« Il Castoro »). Interessa citare
questa pubblicazione, peraltro di
piacevole lettura e ricca fonte
di scoperte di testi inediti, sia
per l’incidenza che l’opera di Rodari ha e continua ad avere, direttamente e indirettamente, sulla scuola d’oggi, sia per i rapporti che il poeta, premio Andersen 1970 per la letteratura infantile (il pari del premio Nobel
per la letteratura « adulta »), ha
intrecciato con la vai Pellice, a
cominciare dai convegni AICE
fino agli incontri con operatori
scolastici e non, ed al rapporto
di personale amicizia con chi
scrive.
Rodari, nativo di un centro
dell’Ossola per molti versi vicino alle nostre valli, ha sempre
dimostrato sincero interesse per
le valli valdesi e per i progetti
promossi da persone impegnate
nei servizi scolastici e sociali,
per le varie iniziative assunte e
pei- quella che lui definiva 1’« aria » dei posti.
AI di là di queste. notazioni
più o meno biografiche di cui
ovviamente non si trova traccia
nel volume di Argilli, così come
non figurano le varie filastrocche
composte in loco in forma spontanea, dedicate a questo o quel
bambino o adulto, l’apporto di
Rodari alla scuola viene individuato ed analizzato con competenza e chiarezza. Seguendo il
discorso di Argilli, infatti, ci si
accorge di come e di quanto gli
stimoli pedagogici rodariani abbiano influito sul rinnovamento
della didattica (alla pari di un
Lodi e di un don Milani) e ancora influiscano nell’orientare
certe scelte in campo dell’insegnamento della lingua, dell’attivazione delle funzioni creative,
dell’uso della logica dei ragazzi
(un esempio librario si ha ne
« I draghi locopei » della Ersilia
Zamponi). Il principio del «binomio fantastico », l’associazio^
ne gratuita e libera di due parole con certe caratteristiche comuni che fa scattare il meccanismo della ricerca di possibili
combinazioni e invenzioni, viene
ancora e spesso utilizzato per
esempio nei laboratori per lo
scrivere delle scuole, dove il giocare con le parole è un ingrediente fondamentale per l’acquisizione, l’uso ed il padroneggiamento della lingua.
Ma questo non è che un esempio delle multiformi proposte rodariane. E Argilli considera giustamente le sfaccettature diverse della produzione di Rodari,
sia di quella rivolta direttamente ai ragazzi da « Favole al telefono » a « La torta in cielo »,
da « Il pianeta degli alberi di
Natale » a « Il libro degli errori », sia di quella più teorica e
rivolta agli adulti come la fondamentale « Grammatica della
fantasia », usata e purtroppo abusata da molti. Non solo, ma
ne prospetta anche le luci e le
ombre, perché se ci sono molte
luci, è altresì vero che non mancano le ombre nelle cadute di
inventiva, nella ripetitività, nella ovvietà dovuta spesso a pressanti commissioni.
Il metro di valutazione suggerito è quello dell’« F e R »,
cioè di fantasia e ragione: sono
valide e soprattutto si impongono e durano quelle opere dove
la fantasia cavalca con la ragione. Come sostiene Argilli, « non
si esaurisce l’impegno nella fantasia e la creatività infantile con
il momento, pure fondamentale,
dello stimolo a far inventare storie o, più in generale, ad attivare la bella formula del "tutti
gli usi della parola a tutti”. (...)
Fantasia e creatività sono funzioni di un più organico e complesso rapporto con la realtà. E’
questo rapporto che, alimentando la reattività dei bambini, arricchisce il loro patrimonio di
esperienze e l’organizzazione dei
dati della fantasia, offrendo pratiche possibilità di riequilibrare
la condizione di vita atomizzata
della società in cui essi attualmente soffrono » (pp. 148-149).
Un siffatto atteggiamento critico consente di valorizzare in
Rodari, oltre alle invenzioni linguistiche, ai non sensi ed ai paradossi, il peso dei contenuti la
cui carica realistica è altrettanto dirompente della fantasia. Infatti, non bisogna dimenticare il
suo contributo nello stimolare
piccoli e grandi a misurarsi con
uno specifico universo di valori
e di sentimenti, sicuramente caratterizzato da un’ideologia laica e di sinistra.
Il saggio deve essere letto sia
da chi, non conoscendo Rodari,
vuole attingere informazioni documentate, attendibili e sovente
inedite, sia da chi, usando e ricorrendo a Rodari, vuole riscoprire il significato più profondo
ed autentico del suo messaggio.
Roberto Eynard
M. Argilli, Gianni Rodari, Einaudi, Torino, 1990, pp. 164, lire
14.000, Collana « Gli Struzzi *
n. 376.
IN LIBRERIA
Tempo dell’uomo, tempo di Dio
ve la religione rischia ancora di
essere oppio, ed altri dove questo pericolo non sussisterebbe?
Per rimanere nel campo delle
confessioni cristiane qualcuno
(come il sottoscritto) ha sostenuto che il pericolo esiste, sì,
per le chiese di massa, multitudiniste, dove il fatto religioso è
per lo più di acquisizione ereditaria, mentre avverrebbe il contrario presso le comunità dove
si è credenti per una scelta individuale, frutto di esperienze
personali di ravvedimento e di
conversione centrate sulla giustificazione per fede.
E’ stato affrontato anche il
problema della crisi delle ideologie c delle realizzazioni comuniste, coagulatosi alla fine sul quesito: chi sono oggi i veri comunisti e, analogicamente, i veri
cristiani? Non sono forse destinati, nell’uno e nell’altro caso,
ad essere infima minoranza, come infima è la parte del sale
negli alimenti, e infima quella
del lievito nel pane? (Matt. 5: 3
e I Cor. 5: 6).
Giovanni Gönnet
Franco Ferrarotti è ordinario
di sociologia all’Università di
Roma, ne è stato uno dei primi
studiosi italiani, ha dedicato buona parte della sua ricerca alla
sociologia della religione. Anche
il suo ultimo libro. Una fede
senza dogmi, è una analisi sul
sacro, sulla religione, la secolarizzazione.
Chi è credente e trae dalla Rivelazione senso ed etica dell’agire, chi credente non è ed è mosso al risp>etto ed aH’attenzione
verso gli altri dal dettato di una
« religione civile », leggerà con
profitto il saggio di Ferrarotti.
Egli riprende qui un concetto già
espresso nel suo Manuale di sociologia: « Il sacro è anteriore alla religione, alla stessa idea di
Dio e la religione altro non è
che il braccio amministrativo del
sacro... Risolvere sacro e religioso in una sola realtà significa
chiudere gli occhi sulla tensione
che storicamente si instaura tra
la religione come struttura di
potere e la religiosità come esperienza personale profonda, come
etica vissuta in proprio, interiore disposizione verso il proprio
dovere e verso il sacrificio di
sé in vista dell’elezione divina ».
I^ tentazione ricorrente della
Chiesa romana (c, si deve dire,
anche di altre chiese cristiane,
pur se in diversa misura), ai
fronte al disorientamento etico
e civile delle odierne « società
dinamiche » è di serrare le file,
di rafforzare le certezze della tradizione e dell’ortodossia.
Con il Concilio Valicano II la
Chiesa cattolica, fa notare Ferrarotti, si era avviata verso la
« fine del cristianesimo costantiniano », aprendosi alla vita quotidiana, alla domanda di autodeterminazione dei fedeli.
11 cristianesimo di Wojtyla si
è involuto, ora il Concilio è ridotto a spettacolo, si è svuotato,
prevale la chiusura dogmatica.
« Bisogna separare lo spirito del
Concilio dall’antispirito »: riportando un’affermazione del cardinale Ratzinger, Ferrarotti fa intendere come, nella visione del
polente prefetto per la « dottrina della fede », Tantispirito altro non è che l’apertura al secolo, il soffio di Satana.
La secolarizzazione fa problema. L’idea di Ferrarotti, che egli
suffraga con le opinioni di teologi cattolici e protestanti, è che
non necessariamente la secolarizzazione, il tempo dell’uomo escluda il tempo deH’etemo e di
Dio, una religiosità da spendere
nel rapporto con gli altri, nella
vita civile, sia essa laica e mondana o illuminata dal raggio della fede. Riferisce il pensiero di
Bonhoeffer, artefice con la « chiesa confessante » della breve stagione della resistenza cristiana
tedesca al nazismo.
«Egli parlava di una lettura
non religiosa dei testi biblici,
convinto com’era dell’inutilità di
un Dio tappabuchi o problem-solver. E’ l’abbandono di Dio, la
sua stessa assenza che, permettendo la secolarizzazione, crea le
premesse per una vita piena nella realtà contemporanea, con uno
spirito proteso effettivamente
verso Vurnanità, senza il paravento del Dio-protettore ».
La fine della religione di vecchio stampo, il secolarismo, ipotizza Ferrarotti, non sembrano
annullare l’esperienza religiosa,
possono anzi persino esaltarla,
dare spazio ad una « riproposizione del cristianesimo che pone l’uomo come protagonista della storia e non come succube di
pastoie metafisiche, liturgie complicate ed insignificanti ».
Del resto anche la boria dello
scientismo, le certezze dogmatiche della scienza e della tecnica
che hanno rinunciato alla metafisica sono irrimediabilmente incrinate, si dà « l’esigenza di un
ritorno della scienza come capacità dell’uomo di porsi in relazione problematica con se stesso, con gli altri uomini, con l’universo, pena la caduta in un fondamentalismo della scienza che
sarebbe la morte della scienza
stessa ».
Questo libro sulla religione e
la morale ricco di suggestioni,
scritto da un sociologo laico, si
chiude con un capitello sulla preghiera ecumenica, dove è evocata e campeggia la figura di Giobbe. La « scandalosa » preghiera
contestatoria di Giobbe è dialogo intimo dell’anima con Dio,
chiamato a discolparsi della dolente condizione umana, ed insieme è abbandono alla sua volontà. E' « preghiera del profondo », interrogazione sul senso di
sé, sulla possibilità di un rapporto significativo con l’altro, sul
proprio posto nell’universo.
In questo senso, conclude Franco Ferrarotti, è preghiera ecumenica e Giobbe è l’espressione
più autentica dell’« homo religiosus »: il suo atteggiamento « è
un dare al di là del ricevere,
egli sa che ha bisogno di Dio,
che il .suo Salvatore vive ma avverte che, in qualche misura,
nello scambio comunicativo c
nel piano di salvezza, anche Dio
ha bisogno di lui ».
N. Sergio Turtulici
F. Flrrarotti, Una fede senza
dogmi, Bari, Laterza, 1990, pp.
245, lire 25.000.
5
16 marzo 1990
ecumenismo
DA 4505 LAICI E SACERDOTI CATTOLICI STATUNITENSI
Appello per la riforma della Chiesa cattolica
Nella ricorrenza del documento conciliare « Gaudium et Spes » si ripropongono, con urgenza, i problemi che pesano
su a società nordamericana: una richiesta di democratizzazione, di mobilitazione e di testimonianza per il mondo
Il 28 febbraio, mercoledì delle ceneri, più di quattromila firme facevano
da cornice, su due pagine del « New
York Times», a un breve e per alcuni
versi esplosivo documento di protesta:
un appello, lanciato da iaici, sacerdoti
e teologi cattoiici statunitensi (tra cui
Charles C. Curran e David Tracy), per
una riforma delia Chiesa cattolica.
Ovviamente siamo subito portati a
ricordare la «Dichiarazione di Colonia»
e la « Lettera dei cattolici itaiiani »,
pubblicate lo scorso anno, segni espliciti in terra europea di un vasto movimento cattolico che si identifica sempre
meno con la linea di Wojtyla. E infatti anche il documento statunitense tocca, almeno parzialmente, le stesse tematiche: tradimento del Vaticano II,
abusi di potere nella scelta dei vescovi,
esclusione delle donne dal sacerdozio.
censura teologica nelie facoltà cattoliche, ridimensionamento drammatico
del raggio d’azione delie conferenze episcopali nazionali.
Su questa base comune si innestano
però alcuni temi che riflettono certi
aspetti particolari del cattolicesimo
americano contemporaneo. Primo fra
questi è il problema legato all’eucarestia. Gli Stati Uniti stanno assistendo
a un calo precipitoso del numero di sacerdoti cattolici e a un rapido spopolamento dei seminari. Questa situazione
crea notevoli difficoltà per quanto riguarda la celebrazione eucaristica: molto spesso mancano semplicemente i preti per distribuire l’ostia. A questo fatto si è provvisoriamente ovviato con
l’introduzione di servizi eucaristici guidati da laici e religiosi (in molti
casi suore) che distribuiscono ostie pre
viamente consacrate da un sacerdote.
Questa soluzione non ha comunque risolto interamente il problema che infatti è tra quelli sollevati nel documento.
E’ interessante soffermarsi brevemente anche sulla quasi inesistente
trattazione dei problemi legati alla dottrina cattolica sulla sessualità. In una
nazione in cui la battaglia sull’aborto
infuria, violentissima, da parecchi mesi a questa parte e senza esclusione di
colpi (il governatore di New York, Mario Duomo, tanto per fare un esempio,
è stato al centro di una recente offensiva cattolica culminata nella dichiarazione di un vescovo secondo il quale
Duomo — che tra l’altro, sull’aborto, è
un moderato — finirà sicuramente all’inferno e perderà la sua anima a causa
di alcune dichiarazioni «non ortodosse» sull’interruzione della gravidanza)
è un po’ poco formulare solo una vaga
speranza in un dialogo allargato. Ma
ovviamente in questo caso la strategia
sconfigge la teologia.
Degno di nota è infatti l’accenno al
« razzismo liturgico » e la richiesta di
introdurre nuove forme liturgiche, rispettose delle diversità presenti in una
società multirazziale. Si tratta forse di
una risposta, ovviamente indiretta, alle
proposte di padre Stalling, sacerdote
cattolico a Washington, il quale ha recentemente tagliato i ponti con Roma
dopo aver lottato per molti mesi per il
riconoscimento degli elementi liturgici africani introdotti nella celebrazione
della messa. Forse non è un caso, perciò, che l’unico vescovo firmatario dell’appello sia Emerson Moore, di New
York Gity, uno dei tredici vescovi
afro-americani.
Nel 1990 celebriamo il 25° anniversario dello storico documento
del Concilio Vaticano II « La
Chiesa nel mondo moderno »
(Gaudium et Spes). Questo documento ha contribuito in modo determinante all’apertura della chiesa verso il mondo e alla definizione di un programma in cui la chiesa si pone al servizio dell’intera
comunità umana. Esso ha sottolineato l’importanza del ruolo dei
laici nel proporre valori cristiani
nel dialogo in corso nella società,
concernente questioni legate al
mondo del lavoro, alla famiglia,
al processo politico. Oggi, tra questi temi, emergono;
— le minacce che gravano sull’ambiente;
— la crescente povertà in un mondo di ricchezza;
— il flagello della droga che riflette una profonda disperazione;
— progressi scientifici che ci pongono di fronte a decisioni vitali
senza però fornire parametri
etici che ci aiutino nelle scelte
che dobbiamo compiere;
— la necessità di risolvere conflitti tra nazioni, e tra diversi
gruppi all’interno di singole
nazioni, mentre la tentazione
di usare la violenza rischia di
provocare la distruzione del
pianeta.
La chiesa dovrebbe offrire sapienza e coraggio ai credenti che
affrontano queste problematiche.
Purtroppo attualmente la chiesa è
paralizzata a causa del proprio
fallimento nella soluzione di questioni fondamentali di giustizia,
concernenti la sua stessa struttura
istituzionale. Essa rappresenta perciò una pietra d’inciampo sia per i
propri membri che per la società.
Ci rivolgiamo perciò alla chiesa chiedendo che essa riformi e
Il testo integrale deirappello
rinnovi le sue strutture. Inoltre rivolgiamo un appello a tutto il popolo di Dio affinché renda testimonianza allo Spirito che vive in
noi e cerchi vie per servire la visione di Dio nella società umana.
Il nostro appello è rivolto a vari
settori della vita della chiesa.
Vediamo donne subire oppressione, violenza e il peso dell’ineguaglianza. « La Chiesa nel mondo
moderno » esprime invece il rispetto per i diritti fondamentali di
ogni persona e dichiara che « ogni
forma di discriminazione dev’essere vinta e abolita in quanto contraria al piano di Dio ».
Chiediamo alle autorità ecclesiastiche di incorporare donne in
ogni funzione sacerdotale e in ogni
organismo decisionale.
Vediamo molti cattolici esclusi
dalla dimensione sacramentale della vita ecclesiale in seguito alla diminuzione del numero dei sacerdoti. In modo particolare, vediamo
cattolici ai quali è negato il regolare accesso all’eucarestia che è il
centro del nostro culto e della nostra vita spirituale.
Chiediamo alla chiesa di abolire
la disciplina medievale che impone il celibato ai sacerdoti e di
aprire la via del sacerdozio alle
donne e a uomini sposati, inclusi
sacerdoti che si sono dimessi, affinché l’eucaristia possa continuare a essere il centro della vita spirituale dei cattolici.
Vediamo un numero estremamente limitato di questioni sulle
quali al popolo di Dio è permesso,
da parte delle autorità della chie
sa, di prendere decisioni che concernono la propria vita. Eppure
nel 1970 Karol Wojtyla, ora papa
Giovanni Paolo II, scriveva:
« Ogni autentica comunità è fondata sulla partecipazione... (la sua
struttura) è giusta solo se essa ammette un’opposizione effettivamente efficace, così com’è richiesta
dal principio del bene comune e
dal diritto di partecipazione ».
Chiediamo estese consultazioni
con il popolo cattolico riguardo allo sviluppo della dottrina cattolica sulla sessualità umana, così
come i vescovi statunitensi richiesero un’ampia partecipazione nello
sviluppo della loro dottrina sulla
giustizia sociale per le lettere pastorali su pace e giustizia economica.
Vediamo il papa e la curia romana nominare vescovi, in ogni
parte del mondo, senza consultare
le chiese locali. Ma, come affermato nella « Dichiarazione di Colonia » del 1989, sostenuta da centinaia di teologi di varie nazioni,
« la procedura di nomina non è
una decisione privata del papa ».
Rivendichiamo la nostra responsabile partecipazione, in quanto
laici, religiosi ed ecclesiastici impegnati, nella scelta del nostro vescovo locale, secondo una antica
tradizione della nostra chiesa.
Vediamo gruppi che nella nostra chiesa sono marginalizzati a
causa di motivi razziali e di identità etnica.
Chiediamo alla chiesa di accelerare il processo di inculturazione
di popoli diversi attraverso inno
vazioni liturgiche, adottando linguaggi e forme derivate dalle diverse culture della gente.
Vediamo teologi messi a tacere,
l’opposizione costruttiva condannata, l’imposizione di giuramenti
di fedeltà e la richiesta di cieca
obbedienza.
Chiediamo un dialogo aperto,
la libertà accademica e l’avvio di
un processo in questo senso.
Vediamo funzionari della chiesa
condurre operazioni finanziarie in
segreto, senza nessun controllo da
parte del pubblico.
Chiediamo alla chiesa di diventare un modello di trasparenza finanziaria, ad ogni livello, incluso
il Vaticano.
Vediamo la mancanza di progressi, da parte dei nostri funzionari ecclesiastici, sulla via della
riunificazione delle chiese cristiane, malgrado innumerevoli credenti abbiano già condiviso l’esperienza di una chiesa aperta, in senso ecumenico, a livello locale.
Chiediamo ai nostri funzionari
ecclesiastici di abbandonare le
proprie reticenze riguardo alle differenze che ancora separano le
chiese e di tradurre i molteplici risultati raccolti nelle loro commissioni per il dialogo ecumenico in
concreti piani per la riunificazione
nelle chiese.
Vediamo il Vaticano ridurre
l’importanza delle conferenze episcopali nazionali.
Sosteniamo l’operato della Conferenza nazionale dei vescovi cattolici negli Stati Uniti — per
quanto concerne la disponibilità
^la collaborazione e la collegialità
dimostrata nella sua opera di
guida della chiesa •— e chiediamo
alla chiesa universale di sostenere questa tradizionale ed efficace
forma di governo della chiesa.
Vediamo il dolore provato da
innumerevoli persone a causa della chiusura delle loro parrocchie e
scuole in tutti gli Stati Uniti.
Chiediamo la creazione di un
processo che permetta a tutti coloro che sono colpiti di far sentire
la propria voce e di partecipare
a queste decisioni.
Vediamo molti giovani e figli di
famiglie cattoliche che rifiutano di
far parte di una chiesa che appare
ai loro occhi autoritaria e ipocrita.
Chiediamo un cambiamento
fondamentale, affinché i giovani
vedano e sentano Dio vivente nella e attraverso la chiesa: una comunità di credenti che mettono in
pratica ciò che predicano.
Venticinque anni fa il Vaticano II chiarì la missione della
« Chiesa nel mondo moderno » :
essere un segno dell’azione salvifica di Dio, al servizio dell’intera
comunità umana. 11 mondo è travagliato da problemi terribili —
minacce ecologiche, povertà e ingiustizia, conflitti e violenza. Per
essere un segno più visibile e per
rendere un servizio migliore alla
famiglia globale di Dio, la nostra
chiesa deve riformare le proprie
strutture. Ci rivolgiamo a tutte le
persone nella nostra chiesa, nello
spirito di co-discepolato e di coresponsabilità, ad usare immaginazione e creatività. Per il bene del
mondo, rendiamo la chiesa più fedele alla sua missione.
a cura di
Paolo Tognlna
Il Cenacolo
Meditazioni per ogni giorno
La pubblicazione, il cui titolo originale è « The Upper
Room », è bimestrale e contiene meditazioni provenienti da tutto il mondo. Chi lo desideri può ottenerne una
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6
ò obiettivo aperto
16 marzo 1990
UN DRAMMA CHE RISCHIA DI ESSERE IN PARTE DIMENTICATO
Il debito: piaga moderna dei mondo povero
« Terre nouvelle », la rivista delle chiese
protestanti della Svizzera romanda, che si
occupa in modo particolare della missione
e degli aiuti al terzo mondo, pubblica nel
suo numero di marzo-maggio un dossier
sul debito dei paesi sottosviluppati.
Il nostro settimanale si è già occupato
in varie occasioni di questo argomento: vogliamo ora riproporlo ai lettori ed alla loro
riflessione pubblicando larghi estratti del
suddetto documento, sia per la sua lettura
abbastanza agevole, non troppo « tecnica »,
sia per la parte dedicata alla presentazione
cristiana del problema.
Un altro motivo che ci spinge a questa
pubblicazione è dato dal fatto che i grossi
avvenimenti socio-politici dell’Est europeo
— con tutti i risvolti economici che essi
comportano — tendono a far passare in secondo piano questo dramma, che è stato definito come una « terza guerra mondiale »
già in atto.
Il dossier da cui attingiamo è stato preparato da Christine von Garnier con la collaborazione di Jean-Claude Pariat e di Jacques Matthey.
I meccanismi
deirindebitamento
Un meccanismo perverso che blocca lo sviluppo autonomo dei paesi
poveri - I mancati guadagni e il crollo dei prezzi delle materie prime
Fra gli anni '60 e 70 il boom
economico delle nazioni occidentali cede il passo alla recessione. Si cercano nuovi mercati. Gli
Stati Uniti aumentano il tasso
di interesse. Per i. paesi indebitati la cosa si trasforma in catastrofe. Nello stesso tempo le
banche americane ed europee sono invase da montagne di petroldollari. Si abbonda « generosamente » in crediti in America Latina, in Asia ed in Africa
per investire contro il sottosviluppo ma i debiti, accumulandosi, impediscono il decollo economico di questi paesi.
Il debito
maledetto
In sé, non sarebbe un male avere dei debiti (gli Stati Uniti
battono al riguardo ogni record),
ma quando un paese non riesce
neppure a rimborsare gli interessi e l’ammortamento, allora
il debito diventa maledetto. E
questo debito oggi ammonta ad
oltre 1.300 miliardi di dollari.
I capitali prestati sono anche
stati male utilizzati. Per un buon
terzo essi sono passati dalle tasche di élites corrotte direttamente alle banche svizzere (vedi
Marcos, Duvalier, ecc.). Un altro terzo è stato sovente investito male in progetti tanto spet
« La causa principale della
crisi del debito risiede nel
vertiginoso aumento degli interessi in dollari, che hanno
raggiunto il tetto del 24%.
Le conseguenze sono disastrose per un paese che aveva
concluso un prestito aH’8%,
tanto più se allo stesso tempo ha una recessione economica. Questo aumento degli
interessi è stato concordato
altrove ». (Nicolas Senn, economista).
sempre di più: di conseguenza
i prezzi scendono a causa dell'offerta troppo grande. E’ successo allo Zaire per la vendita
del rame che, dal 90%, è scesa
al 30% delle entrate del paese.
Nel caso della Costa d’Avorio si
tratta del cacao: il crollo del
Suo prezzo ha indotto il paese
a sosp>endere le vendite ed a
stoccare il prodotto in attesa di
un rialzo...
Le prodezze dei coniugi
Marcos: parecchi miliardi di
dollari nelle banche occidentali e svizzere. «A confronto
con Imelda Marcos, Maria Antonietta fa la figura di una
mendicante ». (Susan George).
più passaggio di denaro dal Sud
povero al Nord ricco. Fra il 1982
e il 1987 sono passati 287 miliardi di dollari (netti), secondo
la studiosa Susan George. Per
quanto particolarmente riguarda
la Svizzera {ndt: ma certamente l’esempio vale anche per altre nazioni ricche) mentre l’aiuto al terzo mondo era di 795
milioni di franchi, la cifra per
rimborsi ed interessi ricevuti era
di 3,1 miliardi di franchi: quattro volte tanto!
Un altro aspetto drammatico
delle conseguenze dell’indebitamento è quello della disoccupa
II Sud
finanzia il Nord
La conseguenza fondamentale
dell’indebitamento del terzo
mondo è che oggi vi è molto
I costi umani per rimborsare il debito:
In Brasile, 68 miliardi di
dollari = 114 milioni di operai senza paga per un anno.
In Pakistan, 14 miliardi di
dollari = 5 anni di prodotti
esportati.
Il Sipri (Istituto intemazionale pace di Stoccolma) calcola che le spese in armamenti coprano la quinta parte del debito. Una percentuale ancora maggiore viene spesa dai paesi produttori di petrolio per acquisti di armi
molto sofisticate.
zione. Tenendo presente che la
maggioranza dei paesi debitori
non dispone di sistemi assicurativi sociali come da noi, si
può agevolmente capire come
l’estendersi del fenomeno sia disastroso per le famiglie. Questo
spiega anche le rivolte disperate
di masse latinoamericane (Perù,
Venezuela, Argentina, Brasile) o
africane (Tunisia, Egitto, Nigeria) quando venne dato l’annuncio dell’aumento di prezzo di
prodotti di base. Allora è la polizia ad entrare in eizione ed a
sparare sulla gente per ristabilire l’ordine...
tacolari quanto poco adatti alle
condizioni locali: dighe gigantesche senza consumi di elettricità, acciaierie andate in rovina,
autostrade abbandonate, ecc.
Non è raro purtroppo che queste opere siano state imposte
tramite ben fomite bustarelle.
Si è attuata utia tacita alleanza
fra banche del Nord ed élites
del Sud: ognuno vi trova il suo
interesse.
Ma altri fattori sono sopraggiunti per far peggiorare le cose.
La caduta dei prezzi delle materie prime (cotone, caffè, tè,
minerali vari) rappresenta un enorme mancato guadagno per
quei paesi. Come succede questo? Si tratta di un circolo vizioso: data la pressante necessità di valuta straniera i paesi
debitori tendono ad esportare
Le conseguenze
del debito
Miseria e sottosviluppo
si ripercuotono
anche sulle possibilità
per i giovani
di ottenere
un’adeguata istruzione
e adeguati spazi
in ctd crescere e formarsi.
Per rimediare a questa catastrofica situazione il Fondo monetario internazionale — pena la
chiusura della borsa — impone
ai debitori drastici risparmi che
si ripercuotono fatalmente sulla
sanità, sulTeducazione, su altre
spese sociali.
Prime vittime,
i bambini
Secondo un recente rapporto
deirUnicef, sono ben 500.000 i
bambini che muoiono annualmente a causa appunto delle loro
pessime condizioni socio-sanitarie. Dal 1980, il reddito delle famiglie ha avuto un calo del 10/
15%. I tagli ai bilanci statali in
40 paesi sono stati del 50% sulle
spese scolastiche. A causa della
sqarsa nutrizione il peso dei
bambini è in netta diminuzione.
Altra conseguenza del debito
maledetto è il saccheggio della
natura. In modo particqlare il
Brasile (Amazzonia), il Perù, la
Colombia, lo Zaire, le Filippine,
l’India e l’Indonesia, e cioè i paesi più indebitati, sfruttano parossisticamente le loro riserve
boschive e minerarie. Nelle Filippine le foreste, che nel 1950
ricoprivano i tre quarti del paese, oggi sono ridotte a un quarto. In Angola il movimento armato Unita ha distrutto tutti i
branchi di elefanti per pagare le
armi con ravorio; in Namibia la
Swapo ha « autorizzato » i pescherecci sovietici a ’’rastrellare”
i fondi marini costieri per ricavarne del pesce.
Una semplice regola economica vuole che un debito sia sopportabile quando non supera, a
lungo termine, il 150% del reddito annuo delle esportazioni.
Ecco le cifre relative ad alcuni
paesi: in Costa d’Avorio il debito sorpassa l'export del 234%;
in Zambia del 420%; in Mali ed
in Somalia dell’820%, per giungere fino alle incredibili proporzioni del 1.380% in Sudan e del
1.890% della Guinea Bissau.
Che fare?
La crisi dell'indebitamento è
così complessa da dover richie
r.- y.
\
•v..
. . ... ^ X
dere azioni diversificate a vari
livelli: mondiale e nazionale, politico, economico, finanziario e sociale. L'obiettivo globale per salvare il mondo da questa crisi
non può che tendere all’instaurazione di strutture economiche
più giuste su scala mondiale.
Qualche iniziativa è già in corso sia a livello della Comunità
economica europea e sia da parte dei « dieci paesi più ricchi »,
ma le cose vanno avanti molto
lentamente.
In questa situazione la Svizzera, paradiso per i capitali in
fuga, ha le sue grosse responsabilità. Alcuni banchieri cominciano a prenderne coscienza, ma
manca ancora un chiaro senso
etico, una morale ben definita.
« Terre Nouvelle » ha lanciato
nel 1989 un appello al Consiglio
federale ed al Parlamento affinché costituiscano, « in occasione
del 700» anniversario della Confederazione, un fondo di almeno 700
milioni di franchi destinato allo
sdebitamento dei paesi più poveri ». Questo non basta ovviamente a risolvere la crisi, ma sarebbe pur sempre un mezzo per
sensibilizzare la gente e sopperire parzialmente a tante sofferenze.
Altri paesi europei hanno già
creato simili fondi, con un fondo di contropartita nei paesi interessati, alimentato dai governi ai quali sono stati rimessi i
debiti. Questi fondi di contropartita sono gestiti da organizzazioni non governative (One)
neH’interesse dei più poveri. E’
quanto succede già ad esempio
in Zambia. Gli importatori zambiani versano l’equivalente dei
beni importati in moneta locale
al fondo svizzero. Una parte ritorna ad una cooperativa agricola che fa prestiti ai piccoli
contadini. Il successivo rimborso consentirà nuovi prestiti.
Un’altra significativa iniziativa
è sfata assunta da diverse organizzazioni ecologiste che hanno
acquistato, al ribasso, dei crediti bancari con l’impegno dell’ex debitore per la creazione di
zone protette e di riserve forestali, come è già successo in Bolivia ed in Costa Rica.
7
16 marzo 1990
obietíivo aperto
UN IMPEGNO PRECISO PER LE CHIESE
La responsabilità cristiana di fronte al debito
chi"^n Dre°ti?o'’e ® di consumo non dovrebbero essere appannaggio di po
^ tradizione riformala - I legami economici creano fra gli uomini una sorta di rapporto morale
Con il trascorrere degli anni le
società, trascinate dalla loro stessa
inerzia, tendono a strutturarsi in
un sistema di ineguaglianza ed a
fabbricarsi delle divinità che diventano i loro padroni (oggi, il sistema monetario). Per mantenersi
al comando, queste società utilizzano allora la forza e sacralizzano il potere di modo che la trasgressione a leggi ben stabilite divenga un ’’sacrilegio”.
La tradizione giudaico-cristiana
annovera periodicamente dei tentativi di ’’regolamentazione” della
tendenza delle società a strutturarsi nell’ineguaglianza. Il combattimento per la giustizia è una delle
linee di forza dell’azione e della
predicazione dei profeti, incaricati di vegliare sulla fedeltà del popolo al suo Dio.
La pratica e la predicazione del
Cristo pongono in evidenza il diritto dei poveri a partecipare alla
vita collettiva ed ai suoi frutti. Il
lavoro dei Padri della Chiesa sul
diritto dei poveri apre delle prospettive mistiche, etiche e politiche sulla costruzione di una terra abitabile. Più vicino a noi, Calvino ci ricorda la regola fondamentale per una giusta misura in
economia: l’amore verso il prossimo.
L’anno sabatico
e l’anno giubilare
Nella sua dipendenza da Dio
era impensabile, per il popolo di
Israele, che il minimo dei suoi
componenti potesse essere abbandonato al suo triste destino qualora non avesse avuto la possibilità
di riuscire nella vita. Si riscontrano gli indizi significativi di uno
sforzo collettivo, durante un lungo periodo, per reintrodurre volontariamente delle rotture nell’inerzia che conduce le società a
Deuteronomio 15: 1-5, Levitico
25: 2-7 ed altre tracce in testi storici.
Secondo queste leggi, il settimo
anno di ciascuna ’’settimana” di
anni la terra doveva essere lasciata a maggese (ndt: e cioè incolta)
ed i suoi prodotti ceduti ai poveri, mentre gli schiavi dovevano
essere affrancati ed i debitori liberati dai loro debiti. Se si trova da
un lato qualche traccia degli innumerevoli problemi sollevati dal1 applicazione di una simile legge
è difficile dall’altro verificare esattamente in quale misura essa ha
potuto essere applicata. Allo stesso tempo è interessante il constatare che essa venne elaborata in
tempi assai antichi.
Antico anche il codice civile di
Hammurabi, re di Babilonia, che
va nella stessa direzione (ca. 1750
a. C.).
L’anno del giubileo (Levitico 25:
8-17, 23-55), che cadeva al termine
di ’’sette settimane” di anni, e cioè
al cinquantesimo anno, andava an
« Se un uomo ha un debito
e se (il dio uragano) inonda
il suo campo saccheggiando il
raccolto, oppure se il grano
non è cresciuto a causa delle
piogge, allora egli non verserà i suoi raccolti al suo creditore a titolo di rimborso,
ma modificherà i termini del
suo contratto e non pagherà
interessi in quell’anno ». (Codice di Hammurabi).
« Ogni sette anni saranno
condonati tutti i debiti. Si
procederà così: quando sarà
stato proclamato, in onore
del Signore, l’anno per il condono dei debiti, chi avrà fatto un prestito ad un altro
non lo costringerà a rimborsare il debito ». (Deuteronomio 15: 1-2).
strutturarsi nelLingiustizia. Tale
era il ruolo dell’« anno sabatico »
di cui si trovano le norme nei vari
codici delle leggi: Esodo 23: 10-13,
cor più lontano nella destabilizzazione del sistema sociale, dato che
oltre alla messa in riposo della terra, la liberazione degli schiavi e dei
debitori, esso contemplava anche
la riappropriazione dei campi e
delle case che, per un motivo qualsiasi, avevano dovuto essere alienati.
Da questo, veniva ad accentuarsi ancor più il carattere provvisorio delle conduzioni fondiarie, come di tutte quelle altre da cui dipendevano la libertà o la stessa
sopravvivenza dei deboli e dei poveri. Poiché tutto apparteneva a
Dio, i mezzi di produzione ed i beni di consumo non potevano essere accaparrati da nessuno.
L’assenza di tracce di sconvolgimenti sociali, che avrebbero inevitabilmente dovuto derivarne, fa
pensare che questa legge utopica
non abbia potuto essere molto applicata per aver forse trovato certe
condizioni economiche (la forza
Industria, tecnologìa e automatizzazione: quanto del nostro sviluppo è « pagato » dai paesi poveri?
dei potenti, come oggi) e sociali (la
docilità dei poveri).
Quello che dobbiamo oggi recepire per noi sono i valori etici
che stanno alla base di questi tentativi di legislazione sociale. Ora
noi disponiamo di mezzi tecnici
ben più potenti (radio, tv, stampa), disponiamo di una Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo per meglio riuscire.
Il Nuovo Testamento
Nel ’’Padre nostro” si può anche prendere il senso letterale del
« rimettici i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori » (Matteo 6: 12; Luca 4).
La situazione sociale, all’epoca
di Gesù, permette di comprendere
come vi fosse da parte sua un invito a praticare costantemente, e
non solo ogni sette anni, i precetti
dell’anno della ’’remissione”. Il
duplice significato delle parole in
greco, come d’altronde anche l’interpretazione data negli Evangeli,
rinvia al perdono dei peccati in
un senso più generale.
«L’amore per il denaro è alla radice di tutti i mali » (1 Timoteo
6: 10), e non vi è forse pericolo
« Quando uno dei vostri
connazionali, caduto in miseria, non potrà tener fede ai
suoi impegni verso di voi, dovete venirgli in aiuto perché
possa vivere al vostro fianco. Agirete così anche verso imo straniero che abita
nella vostra terra. Non gli
chiederete interessi di alcun
genere. Dimostrate con la vostra condotta che mi rispettate e permettetegli così di
vivere vicino a voi». (Levitico 25: 35-38).
fi Sud del mondo è ancora lontano dalle possibilità di un decollo
economico su basi autonome.
spirituale più grande che quello
di accordargli la priorità (i tassi di
interesse!).
I padri della Chiesa,
Calvino e la carità
Il comportamento nei confronti
del denaro è rivelatore per una
comprensione della fede in Gesù
Cristo. Questo comportamento
non dovrebbe creare né ingiustizia
personale né sociale, né indebitamento del prossimo, né una sua
riduzione in miseria.
Calvino denuncia l’avarizia, la
tirannia o l’idolatria di coloro che
fanno fruttare il denaro per se
stessi. La pratica della carità si
esercita anche nel far fruttificare
i beni al servizio di tutti. Egli ci
ricorda la regola fondamentale per
una giusta misura in economia:
l’amore verso il prossimo.
Nel 1545 Claude de Sachin chiede al suo amico Calvino che cosa
egli pensi del prestito ad interesse.
Fin qui, la tradizione cristiana
proibiva formalmente ogni guadagno proveniente da un prestito
di denaro: si tratta di una proibizione che si rafforzò nel tempo.
Alla sua origine vi sono i filosofi
greci. Nella sua Repubblica ideale,
Platone vorrebbe bandire oro e
argento. Il suo discepolo Aristotele scrive, nel IV secolo avanti
Cristo, la sua ostilità al prestito
con interesse. Esso va contro il diritto naturale: « E’ giusto avversare il prestito a interesse: con questa operazione in effetti il denaro
diventa produttivo esso stesso e sì
trova snaturato dalla sua funzione,
che è quella di facilitare gli scambi... Così, fra tutti i mezzi per arricchirsi, questo è il più contrario
alla natura ».
Durante l’espandersi del cristianesimo in Qriente ed in Decidente i Padri della Chiesa propongono incessantemente l’ideale evangelico della carità e denunciano la pratica dell’usura. La pratica
dell’amore verso il prossimo è incompatibile con il prestito a interesse. Essi sono certamente animati dalla volontà pastorale di eliminare le ingiustizie sociali causate
dal denaro. Per loro, chi Io presta
trae il suo benessere « non dalla
coltivazione della terra, ma dalla
spoliazione c dalla povertà della
gente ». « 11 ricco che presta a usura ad un povero non fa di lui né
un amico né un debitore, ma uno
schiavo ». « Prestare ad usura è
prendere Paltrui bene». «Colui
che presta a usura sappia che aumenta la povertà del suo debitore
invece di diminuirla ». « Il denaro
è sterile ». « Le classi povere sono
quelle che maggiormente ricorrono al prestito ad interesse e soffrono maggiormente per le esigenze
del creditore ». Al contrario, il denaro viene unicamente considerato
come moneta di scambio.
Le situazioni di miseria contraddicono il disegno di Dio: amatevi
come io vi amo. L’usura di chi
presta denato è una delle cause
deU’impoverimento. In questo contesto socio-economico i Padri della Chiesa danno un’autorità divina
al loro appello: prestate senza attendere nulla indietro. Purtroppo,
questa proibizione quasi assoluta
del prestito e dell’usura non ha
impedito l’ulteriore arricchimento
dei ricchi e l’ulteriore impoverimento dei poveri fino ai giorni nostri.
Il denaro
e la fede
Nella sua risposta a Claude de
Sachin Calvino esamina teologicamente l’etica del prestito a interesse. Alla luce della Bibbia, egli
critica il fondamento scritturale
della proibizione tradizionale. Egli
elabora un sistema di equità fra
chi presta e chi riceve, in cui predomina l’amore del prossimo: non
trarre alcun beneficio sulla miseria dei poveri; investire mediante
prestiti ad interesse la parte di denaro che non è riservata alla carità; chi presta non impone al debitore una usura che non sarebbe
disposto ad accettare per sé stesso; concedere prestiti senza interesse se chi riceve non trae alcun
guadagno con il denaro avuto in
prestito; chi presta non deve basare la sua etica sulle usanze della
società ma sulla carità del Cristo;
il prestito ad interesse non deve
causare danni alla società; la pratica del prestito a interesse è determinata dalla fede in Gesù Cristo e dall’amore verso il prossimo
che ne deriva.
L’attenzione di Calvino si porta
«Fate agli altri ciò che volete che essi facciano a voi.
E se voi prestate denaro solo a quelli dai quali sperate di riaverne come potrà
Dio essere contento di voi?»
(Luca 6: 31-34).
sul rapporto di equità fra chi presta, fra chi riceve e la società. La
sete di guadagno e l’avarizia devono essere bandite. Egli inaugura
una nuova èra nella storia dell’economia in Europa. In effetti, la
sua influènza contribuì alla nascita di una legislazione civile sul
prestito ad interesse negli Stati
protestanti (Germania, Gran Bretagna, Qlanda).
Qggi, il nostro contesto economico non è paragonabile a quello
del XVI secolo. Il denaro è diventato una riserva di valuta. L’economia moderna è caratterizzata
dalla capacità di investire, di produrre. Investimenti e produzione
dipendono dal risparmio e dal credito. Mentre il prestito si identifica
con l’investimento, il credito è un
meccanismo dell’economia. Qggi
il prestito non è più un contratto
gratuito: il denaro non è più solo
un bene di consumo ma è anche
un mezzo di produzione. L’interesse è da considerarsi come una
contropartita dell’uso produttivo
del prestito.
Tuttavia Calvino, nel suo messaggio, ci dice che i legami economici creano fra gli uomini un rapporto morale. Per i cristiani, questi legami esprimono una respon^
sabilità allo stesso tempo materiale e spirituale. Le estese forme
di indebitamento nel mondo rivelano la profonda frattura fra l’economia, il sociale e lo spirituale.
Questa sfida è più difficile che non
quella rilevata da Calvino?
Pagine a cura di
Roberto Peyrot
8
8 vita delle chiese
16 marzo 1990
CONVEGNO DELLA EGEI SICILIA
PUGLIA E BASILICATA
Diventare protagonisti
I giovani di oggi alla ricerca di una loro identità al di là del « riflusso » e degli esempi dei predecessori - Una ricerca appassionante
« ...Voi giovani fgeini siete alla ricerca di una identità, una
identità che va interpretata come
spazio in cui vivere la vostra
fede all’interno della FGEI... la
FGEI, quindi, è la vostra occasione per diventare protagonisti
della società e della chiesa... ».
Questa parte della relazione
tenuta da Mauro Pons, nell’ultimo convegno siciliano tenutosi
a Riesi, presso il Servizio cristiano, il 24-25 febbraio, è a parer mio quella più interessante.
Credo, infatti, che proprio questo noi giovani evangelici siciliani, se pur federati, non abbiamo ancora trovato: e cioè una nostra identità. E’ come se
fossimo ipoteticamente posti a
metà, infatti, tra i giovani del
’68 con le loro ideologie e il loro continuo riferimento alla politica, e i giovani di oggi intelligenti, pieni di capacità e fantasia, come Mauro ci ha definiti,
ma incappaci di sfruttare queste
nostre potenzialità.
Forse è vero che tutto ciò dipende dal famoso « riflusso » di
cui si parla tanto, e che probabilmente la società di oggi è incapace di « produrre » i giovani
di allora, ma è anche vero che
noi giovani di oggi non siamo
in grado di reagire a questo progressivo sfacelo a cui va incontro il mondo e di cui noi siamo
le principali vittime.
Certamente molti di noi saranno caduti in crisi ascoltando la
relazione di Jean-Jacques Peyronel che illustrava tutto il cammino della FGEI dal ’47 al ’70 e
tutto ciò che il movimento studentesco del ’68 e il movimento
cristiano evangelico hanno fatto in quegli anni. Ma considerato il fatto che quella relazione
riguardava un contesto storico
sociale ben preciso, ci siamo resi conto che i giovani di oggi
sono profondamente cambiati e
che quindi non potrebbero agire allo stesso modo. Dobbiamo,
perciò, seguire un cammino ben
preciso e soprattutto diverso da
quello percorso dai nostri predecessori, fondato sulle nostre
esperienze e sul nostro modo di
vivere la fede, confrontandoci
ogni giorno con la parola del Signore.
Infine, anche se le conclusioni di Mauro riguardo la situazione della FGEI attuale sono
state abbastanza pessimiste, noi
Jean-Jacques Peyronel e Mauro
troduttive al convegno siciliano
non ci siamo scoraggiati; infatti
nell’ultima seduta ci siamo ritenuti abbastanza soddisfatti della riuscita del convegno e della
possibilità di incontro avuta. Anche coloro che partecipavano
p>er la prima volta hanno garantito la loro presenza ai prossimi convegni sp>ecificando di voler continuare il lavoro di impegno comune a tutti gli fgeini
iscrivendosi alla FGEI.
Al convegno, oltre ad affrontare questo impKJrtante tema quale è la FGEI, si sono rifatte le
elezioni della giunta regionale.
Da quest’ultima sono uscite
Anna Crabb e chi scrive; sono
entrati invece Luciano Caglio,
Sara Grasso e Silvia Rapisarda,
insieme ai rieletti Vitea Allegra
e Paolo Testa.
Si spera molto che questa nuova giunta possa dare un nuovo
impulso alla FGEI siciliana, facendola lavorare nel migliore dei
modi possibili.
BMV
Appuntamenti
Giovedì 15 marzo — TORINO: Per
il ciclo di conferenze • La Rivoluzione
francese e il Risorgimento italiano »,
alle ore 17, presso il Museo del Risorgimento [pai. Carignano), il prof.
Marziano Guglielminetti parlerà sul
tema • La Rivoluzione francese nella
letteratura romantica italiana ».
Venerdì 16 marzo — ASTI: Organizzato dal Centro culturale protestante,
presso la sua biblioteca (v. Massimo
d'Azeglio, 42) nel ciclo di conversazioni sulle chiese protestanti storiche,
alle ore 21 si terrà il terzo incontro.
Il past. Emmanuele Paschetto parlerà
sul tema • Le chiese pacifìste: mennonitl. quaccheri. Fratelli moravi ».
Martedì 20 marzo — CINISELLO
BALSAMO (MI): Organizzato dal centro culturale « J. Lombardini » nell'ambito della serie « La cultura ritrovata »,
a cura del comune, si tiene presso
Villa Ghirlanda (via Frova, 10) il secondo incontro sulla questione degli
Immigrati. Alle ore 21, sul tema • Come la stampa informa; cronache, pregiudizi, luoghi comuni » parleranno
Maria de Lourdes Jesus, capoverdiana,
e Farid Adly, giornalista libico.
Mercoledì 21 marzo — CATANIA: Il
Centro di ricerche per la pace nel
Mediterraneo e il Dipartimento di analisi dei processi politici, sociali, istituzionali deirUniversità organizzano
una conferenza pubblica dal titolo
« Europa e mondo arabo ».
Mercoledì 21 marzo — BRESCIA: Alle 20.30, presso la Chiesa valdese, il
past. Salvatore Ricciardi parla sul tema « L’Evangelo sperato », nell'ambito
del corso sulla prima lettera ai Tessalonicesi.
Sabato 24 marzo — ROMA: Alle
ore 17.30, presso la sala di via Pietro
Cossa 42, il prof. Giorgio Girardet parlerà sul tema • L'Evangelo in
TV ». Organizza il Centro evangelico
di cultura.
Sabato 31 marzo — POGGIO USERTINI (PI): Si tiene l'assemblea dei
soci dell'Opera delle Chiese cristiane
dei Fratelli e l'assemblea dei soci dell'Associazione » centro evangelico ».
Per informazioni 055/431069 (Giorgio
Brandoli).
Sabato 31 marzo-domenica 1" aprile
— TARANTO: Presso la Chiesa valdese, con inizio alle ore 18 del sabato,
si terranno le lezioni bibliche, a cura
del prof. Bruno Corsani, sull'Evangelo
di Marco.
Collaborazione BMV:
una spinta dai basso
Si prepara l’assemblea congiunta (di novembre
- intanto fioriscono le molte iniziative comuni
Pons hanno tenuto le relazioni indella FGEI (Riesi, 24-25 febbraio).
Ore di divertimento, naturalmente, non sono mancate ed il
tutto si è concluso con un arnvederci non solo ai prossimi convegni regionali ma anche e soprattutto a quelli nazionali per
uno « scontro » diretto con le
altre realtà.
Laura Salvaggio
AS-'90: una
videocassetta
Nel quadro della preparazione dell’Assemblea-Sinodo (AS-’90)
che si terrà il prossimo novembre, gli esecutivi battista, metodista e valdese hanno prodotto
una videocassetta per illustrare anche visivamente il progetto dell’AS-’90. La cassetta, prodotta con la collaborazione dell’équipe di « Protestantesimo »,
ha la durata di 40 minuti circa.
A tre schede sulle tre denominazioni fa seguito una « tavola
rotonda » in studio, sui temi del
progetto AS-’90: l’evangelizzazione, la collaborazione territoriale,
il giornale unico e, in particolare, il riconoscimento reciproco
tra chiese, ministri e membri
nell’ambito BMl/. Al dibattito
partecipano Paolo Spanu e Paolo Marziale per i battisti, Claudio Martelli per i metodisti, Franca Long e Franco Giampiccoli
per i valdesi. Questo gruppo (insieme ad Aurelio Sbaffl, ammalato al momento della registrazione della cassetta) ha partecipato alla stesura dei documenti preparatori ed è incaricato
dell’elaborazione delle risposte
che le chiese daranno ai documenti stessi.
La cassetta circolerà in prestito tra le chiese che ne faranno
richiesta al sovrintendente di
circuito. Essa è tuttavia disponibile per chi la volesse ordinare
in proprio, chiese e singoli, al
prezzo di L. 25.000 più spese di
spedizione.
Le ordinazioni per i valdesi e i
metodisti, vanno inoltrate agli
uffici della Tavola a Roma.
F. G.
Il quinto documento BMV, preparato dall’apposita commissione in vista dei lavori dell’assem
blea-sinodo congiunta, che si terrà a Roma dal 2 al 4 novembre,
è allo studio anche delle chiese
locali di Puglia e Basilicata.
La prima impressione che si
ricava dal testo è quella di trovarsi di fronte a una « predicazione » rivolta alle chiese, e caratterizzata da una forte e impegnativa riflessione biblico-teoIcgica.
Il documento giunge in una
situazione che vede le tre denominazioni impegnate in un lavoro comune per rimarcare e rilanciare un ruolo di presenza e
di testimonianza evangelica nelle
nostre regioni. E per quello che
già operativamente si fa, è il caso di dire che ci si trova ad essere in anticipo su decisioni che
l’assemblea-sinodo dovrà prendere; è una vera e propria « spinta dal basso », che in un certo
qual modo deve essere ratificata e disciplinata.
Mi sembra che dalle chiese
giunga un lieto annuncio, un’operosità, una fratellanza: si tratta di stabilire in questo ambito
una benefica dialettica tra Evangelo e legge, che possa impegnare chiese ed esecutivi verso più
ampi orizzonti.
Prima o poi arriveranno le risposte alle domande contenute
nel questionario accluso al documento. Quest’ultimo, così formulato, induce tuttavia alcuni a
porre delle pregiudiziali che rischiano di limitare l’incontro
con l’altro.
In attesa di una più ampia e
ragionata riflessione, sta di fatto che la vita delle chiese pugliesi e lucane si caratterizza sempre più come luogo di incontro
formativo ed informativo interdenominazionale.
Un ruolo importante viene attualmente riconfermato dall’attività della federazione giovanile
delle nostre regioni; sono stati
organizzati già due convegni interregionali sulla diaconia, mentre uno sulla preghiera è previsto per maggio. Presenti una cinquantina di giovani, utilizzando
per due giornate strutture ricettive equidistanti da chiese che
fra loro sono lontane anche 175
chilometri (quelle di Rapolla
e Taranto), essi vivono di relazioni, laboratori, canto, animazione.
Nell’ultimo (Mottola, 34 febbraio), si sono avute relazioni
di chi scrive, e poi del past. Massimo Aprile, del sindacalista della CGIL Riccardo Smisi, e tre
laboratori hanno dibattuto il tema « Diaconia e volontariato »,
affrontando rispettivamente i
problemi delle tossicodipendenze, dell’immigrazione, degli anziani.
Tutti hanno ribadito il forte
legame che deve stabilirsi fra predicazione e diaconia, l’esigenza
di un giusto riequilibrio tra questi aspetti della vita della chiesa, il rischio di limitarsi a fornire servizi che rientrano già
neH’alveo dello stato sociale, senza tuttavia mettere in discussione le strutture dei poteri dominanti.
Nelle varie realtà locali si intravedono delle possibilità operative in quei gruppi (associazioni di volontariato presenti sul
territorio...) per lavorare insieme
ad altri portando il proprio contributo di idee e di identità.
Da più interventi è emersa la
volontà di operare non tanto
« per », ma « con » i tossicodipendenti, gli anziani, gli immigrati, onde evitare dei ghetti, e
al fine di costruire insieme pezzi di una società nuova.
In Puglia e Basilicata questa
realtà non è limitata ai soli giovani; le chiese non sono da meno.
Tra il circuito valdese e metodista e l’Associazione delle
chiese battista di Puglia e Basilicata si sono create le basi per
una maggiore collaborazione e
per l’aiuto reciproco. Nel settore della preparazione e formazione dei monitori, il pastore Michele Sinigaglia ha tenuto nella
cittadina di Corato delle conversazioni sul libro deU’Esodo,
In questa circostanza sono confluiti in Corato monitori e membri delle chiese di Cerignola, Bal letta, Rapolla, Venosa, Foggia,
Bari: una moltitudine di esperienze, suggerimenti, preoccupazioni, di prospettive di collaborazione.
Un altro incontro analogo è
stato quello con il prof. Bruno
Corsani, sull’evangelo di Marco.
Nell’economia dell’incontro intercomunitario, nella realtà di
diaspora apulo-lucana, ci sono
cittadine che di fatto sono punti
di riferimento per le chiese viciniori: Cerignola, Bari, Altamura, Mottola, Taranto, Orsara di
Puglia.
Proprio ad Qrsara, domenica
18 febbraio, si è avuto l’incontro
annuale comunitario.
Sono giunti nella cittadina un
centinaio di evangelici unitameli
te a fratelli cattolici che a Foggia hanno con noi costituito una
corale ecumenica.
Il culto, l’agape fraterna, una
recita organizzata dal gruppo
giovanile di Cerignola, i canti,
l’accensione del falò, una conversazione sul significato del
XVII febbraio come giorno di
festa e rilancio nel presente di
grandi idealità, conversazione tenuta dal sovrintendente del circuito, Giovanni Magnifico, hanno
caratterizzato questa giornata di
riconoscenza e di testimonianza.
Sul terreno della collaborazione, direi quotidiana, tra le diverse denominazioni BMV, la città di Bari rappresenta poi di
fatto un laboratorio di esperienze sempre più numerose, ma
non mancano, sul territorio, realtà ecclesiastiche che (nell’ambito di Un discorso fatto « per zone ») possono giungere ad una
positiva collaborazione in diversi settori: si rafforzerebbe, così, la nostra presenza evangelica
qualificata.
Speriamo che queste esperienze di vita interdenominazionalc
possano contribuire ad andare
all’assemblea di novembre con
animo ben disposto, affinché si
superino costruttivamente alcune difficoltà o punti di vista diversi che pure esistono.
Francesco Carri
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 18 MARZO
ore 23.15 - RAIDUE
Replica:
LUNEDI’ 26 MARZO
ore 10 ■ RAIDUE
UNITI PER L’EVANGELO
In questo numero, nel quadro deiri-fl, vari rappresentanti delle chiese evangeliche
italiane illustrano e spiegano
il significato dell’essere evangelici in Italia oggi.
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T
16 marzo 1990
vita delle chiese
GIUSTIZIA, PACE, SALVAGUARDIA DEL CREATO
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
E noi cosa facciamo? n digiuno gradito
Un filo ideale collega Basilea a Seoul - La delegazione italiana
e la sua denuncia sul Mediterraneo e sul problema dell’immigrazione
I temi di Basilea ’89 sono stati argomento di dibattito e di
riflessione per un nutrito gruppo di persone, che si sono ritrovate venerdì 2 marzo 1990, alla
sala Lombardini di Aerosa Argentina. Questo appuntamento è
sorto dagli incontri del consiglio
del 3“ Circuito con i parroci e
responsabili della comunità cattolica di Aerosa, che hanno sentito l’esigenza di incontrarsi, di
confrontarsi, di dialogare su argomenti che ci coinvolgono non
solo come persone, ma particolarmente come credenti.
Aur con la consapevolezza della vastità e della complessità di
temi che l’eredità di Basilea ’89
ci lascia, si è tentato di trovare
un cammino comune, un campo
in cui poter agire insieme. Il pastore Renato Cóisson ha dato il
benvenuto ai presenti con la lettura di un salmo di gioia, un
inno alia grandezza deH’Etemo:
« Cantate aH'Etemo un cantico
nuovo, cantate all’Eterno, abitanti di tutta la terra ».
Ospite della serata, il canonico Mercol ha salutato i presenti
leggendo le parole di Gesù scritte in fondo alla sala: « Dovunque due o tre sono riuniti nel
mio nome, io sono in mezzo a
voi ». Questo primo intervento è
stato un ripercorrere, a grandi
linee, il cammino dell’ecumenismo.
Nella conferenza delle Società
missionarie tenuta ad Edimburgo nel 1910, un missionario ci
nese pose in discussione i modi
diversi di predicare l’Evangelo,
a seconda delle varie Chiese di’
origine. In questo modo la diffusione della Aarola suscita divisioni o confusioni.
In questo modo, vincolati, si
finisce per lasciare da parte Cristo, invece di lasciare che egli
stesso susciti le vocazioni.
Aer don Mercol, doni diversi
non sono contrapposti, ma complementari; le diversità non portano alla divisione, ma sono utili allo scambio di opinioni, al
confronto.
Aossiamo imparare gli uni da
gli altri, dialogando alla ricerca
della verità, usando la carità,
che ci impedisce di essere ciechi. Non c’è ritorno a Cristo senza rinnovamento interiore, senza superamento delle diversità:
e questa è una via difficile da
percorrere, senza rinunciare alla propria fede, ai propri principi, ma arricchendosi a fonti
diverse.
La serata è stata animata dalla proiezione di diapositive scattate a Basilea, durante i lavori
dell’Assemblea ecumenica « Aace nella giustizia ». Mentre scorrevano le immagini, molto vive,
commentate con chiarezza e competenza da Ada Aoet, ci è sembrato di vivere per un momento ^ quella che deve essere stata
un’esperienza unica, coinvolgente, con momenti di partecipazione ed emozione intensa e momenti che lasciano l’amaro in
bocca.
La delegazione italiana (valdesi e cattolici) aveva già compiuto un primo passo, incontrandosi alcune volte prima di Basilea,
e aveva deciso di portare una
unica voce, articolata in tre punti:
1) diffondere le idee sorte a
Basilea;
2) far presente la situazione
del Mediterraneo, che è il mare più inquinato e militarizzato
della terra;
3) far capire i problemi dei
migranti.
Del documento di Basilea il
pastore Sergio Ribet ha voluto
sottolineare la triplice veste: vedere, giudicare, agire.
Innanzitutto prendere coscienza degli enormi problemi che
affliggono l’umanità tutta, ma in
particolar modo il terzo mondo.
Giudicare, cioè renderci conto
dei nostri errori, cercando in Cristo e nell’Evangelo la verità e
la via per agire di conseguenza.
Sergio Ribet ha sottolineato
ancora una volta le minacce alla giustizia e all’ambiente che
creano distruzione e morte, là
dove la vita umana è già al limite della sopravvivenza.
TORRE PELLICE
Il futuro
di Villa Olanda
Le prospettive di un’eventuale nuova gestione
- Occorre reperire alcune centinaia di milioni
I problemi energetici sembrano non toccarci; anche quando
i grandi scienziati lanciano grida d’allarme e ci richiamano ad
un contenimento dei consumi
rimaniamo sordi.
Nel campo dell’ingegneria genetica, non tutto quello che è
possibile è lecito, ha sottolineato Ribet. C’è bisogno di una legislazione più severa. Le Chiese
sono invitate a riflettere sul valore della vita, non solo umana
ma di tutte le creature viventi
e della natura stessa.
L'argomento è appassionante
e ci invita a riflettere in modo
più approfondito e con cognizione di causa.
Aer continuare questa riflessione Danilo e Luciana, della comunità cattolica di Aerosa, hanno proposto di leggere il testo
contenente il documento finale
di Basilea, la bozza del documento inviato a Seoul per le nuove
Assise del 5-13 marzo ’90 e discuterne insieme a piccoli gruppi.
Paola Revel
PINEROLO
Domenica 11 marzo ha avuto
luogo presso la Foresteria di
’Torre Pellice la preannunciata
riunione per riesaminare la questione di « Villa Olanda ». Dopo
un intervento chiarificatore di
Giorgio Peyrot, diversi presenti
hanno preso la parola per sottolineare i problemi e le prospettive di una eventuale nuova gestione post-sinodale allo scopo — da
un lato — di far proseguire la
benemerita attività di questa casa per anziani e — dall’altro —
di sollevare la Tavola da inevitabili, urgenti ed onerose spese di
restauro e di manutenzione.
A tal fine i presenti, dopo un
fraterno confronto, hanno nominato un comitato « prò Villa
Olanda » incaricato, fra l’altro,
di reperire fondi ed impegni di
futuri versamenti : la cifra da
raggiungere è di diverse centinaia di milioni in modo appunto
da consentire, con il prossimo
autunno, una gestione autonoma,
naturalmente sempre sotto la
«sovrintendenza» della Tavola.
Il comitato risulta composto dalle seguenti persone; Arturo Bouchard (coordinatore), Aldo Comba, Mary Corsani, Ade Gardiol,
Anna Maria Pasqualini, Roberto
Peyrot.
Quanto prima verrà comunicato il numero del conto corrente
bancario presso cui inviare le offerte, mentre eventuali impegni
anche pluriennali possono essere
inoltrati fin da ora al coordinatore A. Bouchard, corso Lombardini 3, 10066 Torre Pellice, tei.
0121/932170. Il comitato ha anche allo studio tutte quelle misure che si rendessero necessarie
qualora l’operazione non desse i
frutti previsti per il prosieguo di
quest’opera. Ora la parola definitiva è ai sottoscrittori, che con
i loro impegni dovranno dire se
vogliono che Villa Olanda viva.
R. P.
Solidarietà
con Seoul
Organizzato dal I distretto,
dalla commissione diocesana per
l’ecumeiiismo, da Agape, dalla
cpmunità di base e altri ancora,
si è svolta giovedì 8 marzo una
serata di solidarietà con l’assemblea mondiale di Seoul.
Una partecipazione non molto
numerosa, ma sicuramente consapevole dell’importanza delle assise mondiali su « Giustizia, pace e salvaguardia del creato »,
ha caratterizzato questo momento di comunione e di adesione
ideale ai problemi che venivano
dibattuti a Seoul.
Dopo gli interventi introduttivi curati dal pastore Sergio Ribet e dal vescovo Giachetti, la
serata, animata da Albert Brandstàtter di Agape, e scandita dai
canti comuni, è proseguita con
il lavoro di quattro gruppi, dedicati a settori particolari di riflessione: il concetto di alleanza
(così centrale, a Seoul), la condizione della donna (e quella
sera dell’otto marzo c’era una
motivazione in più nell’affrentarla), il « caso Amazzonia » (dalla
strage degli indios alla distruzione sistematica delle foreste)
e un ultimo incentrato sulle tossicodipendenze e sul disagio.
Nonostante i tempi fossero
forzatamente serrati, i gruppi
hanno potuto elaborare delle riflessioni poi riportate a tutti, e
le hanno concretizzate in alcuni
casi in momenti di preghiera.
Si è così sottolineata Timportanza del patto reciproco fra gli
uomini (come quelli votati a
Seoul), ma soprattutto quella
dell’alleanza che Dio stabilisce
con il suo popolo.
al Signore
Domenica 4 marzo, le sorelle
delle Unioni femminili valdesi,
metodiste, battiste, avventiate,
dell’Esercito della salvezza e luterane delle Valli, del Piemonte
e della Lombardia sono state ospiti della comunità valdese di
via F. Sforza a Milano, per la
Giornata mondiale di preghiera.
La liturgia è stata preparata
quest’anno dalle donne del Consiglio ecumenico delle chiese in
Cecoslovacchia e il culto del
mattino, con Santa Cena, ha avuto il suo momento centrale nella predicazione su Luca 4: 1630 di Florence Vinti.
Le sorelle hanno poi avuto occasione di conoscersi meglio
durante la pausa per il pranzo
e nel pomeriggio la giornata è
proseguita con im momento di
animazione su un testo di Isaia
e con alcuni intervalli musicali
eseguiti dal gruppo flauti della
vai Pellice.
Il testo proposto per la riflessione è stato quello di Isaia 58:
1-12 sul digirmo gradito al Signore e tutte le partecipanti, divise
in gruppi di tre o quattro, hanno scritto un pensiero che sarebbe servito a costruire un ponte, simbolico segno di unione fra
noi e tutti i popoli oppressi, un
ponte costruito per rompere le
catene dell’ingiustizia e le barriere dell’egoismo.
Accoglienza agli
immigrati
PINEROLO — Con 29 voti a
favore, 3 contrari e 5 astenuti
l’Assemblea della Chiesa valdese
ha deciso di partecipare con una
propria delegazione al « Coordinamento cittadino per i diritti
dei lavoratori extracomunitari »
ed ha dato mandato al Concistoro di studiare le forme di impegno della chiesa circa il problema posto da questi ultimi. Il
Concistoro, introducendo l’argomento, ha reso edotta l’Assemblea che vi sono in città almeno
una sessantina di lavoratori stranieri che hanno un urgente bisogno di avere una casa ed un lavoro. La casa è indispensabile
per poter avere la residenza e
quest’ultima è indispensabile per
piotersi iscrivere all’Ufficio di collocamento. L’attenzione della
chiesa dovrebbe perciò concentrarsi principalmente verso l’accoglienza. Il Concistoro ha già
infatti ricevuto 5 o 6 domande di
ospitalità.
Ci sono in città altri gruppi
che si occupano di stranieri (Caritas, San Vincenzo, parrocchia
di San Lazzaro, Comunità di base, ARCI); a questi si aggiunge
ora anche la nostra chiesa, che
coordinerà con questi la propria
iniziativa.
Le remore di qualche partecipante riguardano principalmente
il fatto che occorrerà trovare
persone disponibili a svolgere
questo servizio e per questo il
Cloncistoro è stato incaricato di
ricercarle. Spetterà poi sempre
al Concistoro stabilire gli ambiti
in cui la chiesa si impegnerà,
dandone poi successiva informazione all’Assemblea.
Giornata
evangelistica
BUSCA — Le chiese valdesi della
vai Pellice, in collaborazione con la
chiesa battista di Cuneo, organizzano
per il pomeriggio di domenica 18, presso la sala del Comune, un Incontro dibattito sulla storia e sulla Riforma nella zona di Busca. Interviene la corale di
Villar e Bobbio Pellice.
Incontro
con i battisti
SAN SECONDO — Dopo aver
discusso il 5” documento B.M.V.
in preparazione dell’AssembleaSinodo congiunti, la comunità ha
invitato domenica 11 marzo una
comunità battista di Torino per
un incontro fraterno di reciproca conoscenza.
Il culto, presieduto dal pastore
battista Massimo Romeo, è iniziato (casualmente e non volutamente ) con l’amministrazione del
battesimo alla piccola Elisa, di
Arturo Peyrot e Michela Scotti
(battesimo amministrato dal pastore Bertolino).
Ringraziamo il past. Romeo
per il caldo appello rivoltoci a
’’seguire Gesù”.
Dopo il culto ci siamo ritrovati nella sala per un’agape fraterna offerta dall’Unione femminile e alle ore 15 è cominciata la
reciproca presentazione che è
stata turbata — a un certo punto — da una domanda posta un
po’ maldestramente da un fratello battista sul pedobattismo
dei valdesi.
Il pastore Romeo, con molto
tatto, è riuscito a riportare la discussione su binari più distensivi affermando che la difficoltà
del battesimo non può essere
elemento di divisione. Non parliamo di battesimo di acqua,
quello che conta è quello dello
Spirito, e vedere la presenza vivente e dinamica di Cristo nella
Chiesa, che può portarci a una
vera collaborazione per l’annunzio del Regno di Dio che viene.
• In questi ultimi giorni la comunità di S. Secondo è stata privata di tre dei suoi membri :
Franco Gardiol (6 marzo); Arnaldo Gardiol (8 marzo); Elvina
Romano ved. Fornerone (11 marzo). Ai familiari esprimiamo ancora la nostra simpatia cristiana.
Deputazione
VILLASECCA — L’Assemblea
di chiesa ha approvato all’unanimità la relazione finanziaria 1989
ed ha espresso al cassiere Gianni Jahier la propria viva gratitudine per il notevole lavoro svolto.
Nel corso della stessa assemblea
sono state elette quali deputate
alla Conferenza distrettuale Linda Menusan Benech e Nella Tron
Menusan. Deputata al Sinodo è
stata eletta Clodina Raima dot.
o In occasione della recente visita che la nostra Unione femminile ha fatto a quella di Pomaretto, oltre all’interessante studio biblico fatto insieme, sono
state date ampie e dettagliate informazioni sul funzionamento in
generale della FFEVM e sul lavoro specifico del consiglio nazionale, che svolge anche un ruolo di
collegamento tra le varie Unioni
e quello di visite alle stesse su
tutto il territorio nazionale.
• Sono deceduti Emilio Bounous e Irma Michelin; ai familiari tutti rinnoviamo l’espressione della simpatia cristiana e della fede nella resurrezione dei
morti in Cristo.
Calendario
Giovedì 15 marzo
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
TORRE PELLICE — Alle ore 21.
presso il centro d’incontro, il collettivo prosegue lo studio della lettera
agli Efesini.
Sabato 17 marzo
Domenica 18 marzo
□ CONVEGNO
EGEI VALLI
PINEROLO — Sul tema della responsabilità dei credenti di fronte ai
cambiamenti dell'Est europeo si tiene un convegno giovanile. Intervengono
il past. Albert Brandstatter (Agape) e
Giorgio Gardiol (L'eco delle valli). Il
convegno ha inizio alle ore 16 del
sabato e proseguirà fino alle 18 di
domenica.
Domenica 18 marzo
□ AMICI
DELL’OSPEDALE
TORRE PELLICE — Alle ore 15, presso la casa unionista, via Beckwith 5,
nona assemblea annuale dei soci dell'associazione.
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valli valdesi
16 marzo 1990
COLLE DELLA CROCE
VAL PELLiCE
Un tunnel piccolo piccolo sanitari
Lista unitaria
rosso-verde
PINEROLO — Proseguono gli
incontri per la costruzione di una
lista rosso-verde al Comune. Lunedì scorso si è tenuta, promossa
dal PCI, una affollata assemblea
nella quale si sono verificate le
convergenze sugli obiettivi tra le
varie forze che sono interessate;
una lista che sia in grado di porsi come obiettivo il governo dell’ente locale. I partecipanti hanno accettato che due gruppi
coordinino il lavoro. Sui programmi lavoreranno Alberto
Barbero, Carlo Bianco, Giorgio
Canal, Isa Demaria, Giorgio Gardiol, Enrico Lanza, Carlo Zanzottera, mentre ricercheranno i candidati Elvio Passone e Gianni Lo
DP valuterà se aderire o meno
alla lista.
Un appuntamento di verifica
del lavoro svolto si svolgerà nei
prossimi giorni.
Il Queyras si trova nella necessità di pensare a nuove attività economiche - L’ipotesi del traforo potrà rilanciare anche la vai Pellice?
Lista verde
in Comune
LU SERNA — Con tutta probabilità si avrà alle prossime elezioni amministrative la presentazione, per la prima volta, di una
lista ambientalista che si sta formando con la partecipazione di
molte persone attive nei movimenti ecopacifisti della cittadina.
Il "Pendolino”
rimane
TORINO — Si deve all’iniziativa dell’Assessore provinciale ai
trasporti, G. Cotta Morandini, se
il treno Pendolino in partenza,
per Roma, da Torino alle 5,25
non sarà soppresso. L’amministrazione delle FF.SS., rispondendo ad una lettera della Provincia, ha escluso la sua soppressione, nonostante il numero limitato di viaggiatori (30 in media).
Nuovo direttivo
della « Lo Bue »
TORRE PELLICE — Il nuovo
consiglio direttivo dell’associazione culturale Lo Bue, espresso
daH’assemblea dello scorso 23
febbraio, ha provveduto a ridistribuire gli incarichi al suo interno.
Nuovo presidente è perciò Roberto Charbonnier, vicepresidente Attilio Sibille, segretario Daniele Cericela, tesoriere Wanda
Bertalot. Questo organico, in
parte rinnovato, dovrà occuparsi
in particolare deU’ampliamento
di Radio Beckwith all’area pinerolese (previsto per la fine del
mese) e di organizzare alcune attività per il 1990: le giornate della radio, a Torre Pellice, l’il ed il
12 agosto, una giornata «ecologica», a Luserna, il 9 giugno, oltre ad alcuni concerti musicali o
corali.
Nei prossimi mesi saranno anche stampati gli atti del convegno su Beckwith, svoltosi nella scorsa estate.
Il Nicaragua
dopo le elezioni
PINEROLO — Anche dopo la
situazione creatasi in Nicaragua
con le elezioni del 25 febbraio
scorso la solidarietà con il popolo nicaraguese e con il Fronte sandinista, che si è battuto e
proseguirà a battersi per una sua
reale liberazione, continua.
Per parlare di questo tutte le
persone interessate sono invitate
alla riimione di giovedì 15 marzo, alle ore 21, presso la sede
ARCI, in piazza S. Donato 8.
L’economia del Queyras, la regione francese confinante con le
valli valdesi, è in crisi. Negli anni
’60 e 70, con la creazione del parco naturale, lo sviluppo turistico
e artigianale dell’area sembrava
assicurato. Il Queyras era meta
del turismo invernale dei parigini
e dei marsigliesi ed anche d’estate trovava molte persone disp(>
ste a passare le loro vacanze lì.
In quegli anni sono venuti anche gli investimenti, ed oggi negli
8 comuni del Queyras vi sono 140
km. di piste di sci, 42 impianti di
risalita, una quarantina di alberghi, numerose case per ferie e
case per soggiorni climatici. Ma
tutto questo rischia di restare
vuoto per gran parte dell’anno.
Il Queyras è un’« enclave », tagliato fuori dai grandi assi di comunicazione e, da quando è stato
messo in funzione il TGV (il treno a grande velocità) ohe collega
in poche ore Parigi o Marsiglia
con la Savoia o con l’Isère, i parigini hanno pian piano abbandonato il Queyras.
La mancanza di neve di questi
ultimi due anni ha fatto il resto.
« Cosi abbiamo pensato — dice
Charles Prieto, presidente della
associazione degli albergatori —
che dovevamo prendere qualche
iniziativa per rilanciare la nostra
economia. Abbiamo notato un
grande interesse da parte dei nostri vicini italiani, che già oggi
frequentano nel periodo di Natale e in occasione di feste e manifestazioni popolari la nostra regione e ci siamo detti: la nostra
economia può essere salvata se
usciamo dall'enclave. Dobbiamo
pensare ad un collegamento diretto con l’Italia. In fondo l'area
metropolitana di Torino è a soli
60/70 km. dal Queyras ».
Tre anni fa questa idea si era
concretizzata in un progetto di
« ovovia », un collegamento, via
fune, tra Bobbio Pellice ed
Abriès, ma poi il progetto, un po’
improvvisato per la verità ed affidato ad una società « disinvolta », era stato accantonato.
Si è fatta perciò nuovamente
strada l’ipotesi di un traforo sotto il Colle della Croce e si è anche cercato di non commettere
gli errori del passato.
Così, dopo qualche contatto informale tra alcuni sindaci e albergatori queyrasiani e l’amministrazione comunale di Bobbio, si è ar
di non prendiamo neanche in
considerazione un traforo che imbocchi al Fra o a Mirabuc. Vogliamo un traforo che parta al
massimo dal Pian della lavanda,
sotto Villanova ».
Anche i francesi sono d’accordo
su questa proposta. Per il sindaco di Moline il Pra è un’area naturale che va salvaguardata se si
vuole sviluppare reconomia turistica non solo del Queyras, ma
anche della vai Pellice.
« Ma — ha ricordato l’ing. Fegatelli — dalla parte italiana vi
sono molti problemi da risolvere
a valle. Il primo è la strada di
accesso. La Provincia ha nei suoi
piani finanziari, per il prossimo
quinquennio, la costruzione dell’asse di valle per il collegamento
tra Pinerolo e Bobbio Pellice. Un
asse viario di 9 metri di larghezza che costerà almeno 10 miliardi. Poi vi è la strada di accesso
al tunnel, in quanto l’attuale strada provinciale tra Bobbio e Villanova è assolutamente inadeguata: altri 15 miliardi, anche se
ci si limita ad una strada a sezione limitata ».
Ed il tunnel? « Si può ipotizzare un traforo largo 7,5 m. più
due banchine laterali di sicurezza
per una sezione utile di 9 m. ed
una lunghezza di 6 km. Questo
costerà circa 120 miliardi », ha
concluso l’ing. Fegatelli.
Bisognerà dunque prevedere im
investimento di circa 150 miliardi in totale ed è chiaro che la
Provincia da sola non disporrà di
questi soldi. Per la realizzazione
del tunnel bisognerà attingere ad
altre fonti di finanziamento. Quali? « Probabilmente fondi CEE e
fondi messi a disposizione dai
due governi — ha detto il sen.
Lesbios —. Il Département des
Hautes-.Alpes, con i suoi fondi, può
al massimo finanziare alcune opere complementari di accesso da
parte francese al tunnel e, in parte, la progettazione del tunnel ».
Il dipartimento francese è infatti attualmente impegnato nello
studio e nella progettazione di altre ipotesi di trafori stradali con
l’Italia; il tunnel sotto il Colle
della Scala, il tunnel sotto il Mon
ginevro e altri ancora.
« La Provincia ha la struttura tecnica per fare il progetto —
ha affermato l’assessore Cotta
Morandini —; ne parlerò subito in
giunta e se saremo d’accordo ci
potremo incaricare, dopo una
convenzione con il Département,
di farlo. Non si tratterà solo di un
progetto di massima, ma sarà anche corredato dalla valutazione
di impatto ambientale per il
tunnel e la strada di accesso ».
Su questa proposta il presidente Lesbros si è detto d’accordo e disposto a stanziare una
somma per contribuire alle ^ese.
« Cosa faranno gli ecologisti? »
si è chiesto un sindaco del Queyras. « Qui da noi sono contrari al
traforo sotto il Colle della Scala
e stanno sviluppando un’azione in
questo senso sia localmente che
nel Parlamento europeo ».
« Sul versante italiano — ha
detto Giorgio Gardiol, consigliere verde arcobaleno — tutto dipenderà da come sarà impostato
il progetto e da come sarà gestita
l’informazione sul tutto alle popolazioni. Il collegamento con la
Francia è nella cultura della gente della vai Pellice da almeno 100
anni. Il superamento dei confini e dell’enclave della valle è
una cosa positiva anche per chi
vuole difendere l’ambiente e la
vita economica in montagna. Certo il traforo non potrà essere visto come un pezzo di una via di
grande comunicazione internazionale per le merci, ma dovrà essere semplicemente un collegamento tra due valli vicine per rompere il loro isolamento ».
E su questo sono, francesi e
italiani, tutti d’accordo.
Più scettico è Gardiol sui finanziamenti possibili. Un’opera
di questo tipo non godrà di molti appoggi a livello governativo.
Al termine i partecipanti si sono
dati appuntamento — dopo le elezioni amministrative italiane —
per vedere gli sviluppi del progetto. Per intanto la Provincia
ha inserito il progetto di tunnel
nel piano dei trasporti provinciale, che andrà in discussione
in Consiglio il 20 marzo. O. L.
Da sabato 10 marzo è partita
su tutto il territorio della vai Pellice un’attività di sepizio infermieristico nei giorni di pbato
e festivi, in orario 8-17. Nei prossimi mesi tale organizzazione del
servizio sarà completata per tutti i giorni della settimana con
orario 8-20.
Questo nuovo, ultimo tassello
di una rete di risposte che tende a considerare sempre come
centrali i problemi del malato,
o comunque della persona in difficoltà, è stato presentato la scorsa settimana dal presidente del
comitato di gestione dell’USSL
4.3, Longo, insieme al coordinatore sanitario Bissone ed all’infermiera che, rispetto al servizio, ha assunto il ruolo di caposala.
« L’obiettivo — ha detto Longo — è quello di portare avanti
la costruzione di servizi sempre
più centrati sui bisogni del cittadino, conoscendo meglio i problemi e dando risposte adeguate
e verificate insieme fra gli operatori che intervengono sulla
stessa persona per diversi motivi ».
In pratica, anche attraverso
periodici incontri di verifica tra
medici, infermieri, assistenti sociali, psicologi, ecc., sarà possibile seguire in modo unitario
ogni singolo caso, evitando interventi non coordinati e contribuendo inoltre a mantenere la persona il più possibile presso la
sua abitazione.
Gli interventi degli infermieri
avverranno in particolare su indicazione dei medici, ma saran
no possibili anche segnalazioni
da parte di familiari, assistenti
sociali, ecc., ed avranno come
riferimento i singoli distretti nei
periodo feriale della settimana,
mentre saranno centralizzati su
tutto il territorio della vai Pel
lice il sabato e la domenica. Sono tredici le persone impegnate nel servizio, reperite con unr
certa facilità e « tutte molto mo
tivate », ha detto Bissone.
Non è inutile sottolineare che il
servizio, previsto nel quadro delle risposte sanitarie, è totalmente gratuito per i cittadini. In
ottobre, avendo questa iniziativa
comunque le caratteristiche della sperimentazione, verrà effettuata una prima verifica dei risultati ottenuti.
L’INIZIATIVA DEL NOSTRO FONDO DI SOLIDARIETÀ’
rivati — sabato 3 marzo — ad un
incontro a Aiguilles tra il Département des Hautes-Alpes e il Districi del Queyras da una parte e
la Provincia di Torino e la Comunità montana vai Pellice dall’altra, per verificare la fattibilità
delia costruzione di un traforo.
Hanno partecipato all’incontro,
oltre a tutti i sindaci dei comuni
del Queyras, Marcel Lesbros, presidente del Conseil Général des
Hautes-Alpes e senatore, Louis
Blanc Chabrand e Gilbert Domeny, consiglieri del dipartimento,
alcuni tecnici dello stesso dipartimento, mentre da parte italiana
la delegazione era composta dall’assessore ai trasporti della Provincia, Giorgio Cotta Morandini,
dal presidente della II commissione consiliare provinciale (montagna, tutela dell’ambiente, attività economiche) Giorgio Gardiol,
dall’ing. Mauro Fegatelli, responsabile tecnico della progettazione delle grandi infrastrutture,
dall’assessore al turismo della Comunità montana vai Pellice,
Claudio Giraudo, dall’assessore
del comune di Bobbio Pellice
Italo Gönnet.
Nell’incontro si sono esaminati
i progetti esistenti sul possibile
traforo: quattro proposte con
progetti di traforo di lunghezza
variabile tra i 10 e i 3 km.
« Sono proposte non più attuali _ ha detto con forza Italo
Gönnet —; noi vogliamo salvaguardare la conca del Pra e quin
Aiutiamo Prarostino!
Abbiamo scelto un titolo non
nuovo per ricordare ai lettori la
necessità inderogabile di offrire
solidarietà tangibile ai fratelli
che hanno subito, in seguito a un
furioso incendio sviluppatosi in
una giornata di vento impetuoso,
un danno incalcolabile che metterà in ginocchio l’economia del
paese, che rischia seriamente di
essere un veicolo portante di
quell’abbandono delle campagne
e delle montagne che già esiste e
che è stato finora in parte arginato a prezzo di enormi sacrifici,
il frutto di una buona parte dei
quali, appunto, è andato letteralmente in fumo.
A Prarostino sono bruciati o
danneggiati 250 stabili, in parte
di abitazione, alcune famiglie sono senza casa e mobili, non esistono più ettari di boschi e vigneti, attrezzature agricole e artigianali, molti agricoltori dovranno lavorare, se avranno l’animo per farlo, a reddito zero per
alcuni anni. Qualche aiuto, sull’onda dell’emotività immediata,
è già giunto — e la commissione
istituita ”ad hoc” dal consiglio
comunale ha immediatamente
provveduto alla ripartizione —
ma si tratta per ora di una goccia nel mare, circa il 5% dell’en
Di un locale adibito a tinaia non è rimasto altro che la base in
pietra e il perno metallico del torchio.
tità dei danni, che ammontano a
miliardi di lire. Per questo abbiamo scelto un titolo già visto,
per questo continueremo ancora
non a elemosinare (a Prarostino
non lo vorrebbero) ma a sollecitare solidarietà e partecipazione.
Possiamo offrire una o più
giornate di lavoro inviandone
l’equivalente al
c.c. postale n. 11234101 intestato a La Luce, Fondo di solidarietà, via Pio V n. 15 - 10125
Torino
oppure tramite la redazione dell’Eco delle Valli - Torre Pellice.
11
16 marzo 1990
valli valdesi 11
PINEROLO
Sciopero airAlberghiero
Un atteggiamento autoritario, isolato fra i presidi degli istituti
pmerolesi - I problemi sono ben altri: strutture e amministrazione
Manifestazioni
Gli studenti dell’Istituto professionale alberghiero hanno occupato la scuola. Gli insegnanti
e i non docenti hanno scioperato per l’intera giornata, martedì
13 scorso.
Cosa succede all’Alberghiero?
Venerdì 9 alle ore 15 gli studenti hanno convocato una conferenza stampa per spiegare i
motivi e gli scopi della mobilitazione.
Il preside, prof. D’Urso, ha sospeso per due giorni un alunno
che tentava di uscire dalla scuola per partecipare alla manifestazione degli studenti pinerolesi. Precedentemente aveva sospe
so per cinque giorni, con l’obbligo della frequenza, un altro
nutrito gruppo di allievi che si
era allontanato da scuola per gli
stessi motivi.
Un atteggiamento autoritario,
unico tra i presidi del pinerolese, che non sopporta di essere
messo in discussione e che rifiuta un terreno di confronto paritario con ^i studenti.
Gli obiettivi della loro lotta,
a questo punto, consistono nel
chiedere la revoca del provvedimento di sospensione ed un confronto pubblico con il preside
sui contenuti proposti dal movimento studentesco e sul modo
di gestire la scuola.
VAL GERMANASCA
Come vivevano
« Come vivevano » trecento anni fa in vai Germanasca, dopo
le avventurose vicende che ci
sono ormai ben note, le famiglie
valdesi impegnate nell’arduo
compito della ricostruzione?
Dopo aver compiuto pazienti
e assidue ricerche d’archivio,
Daniele Tron ha presentato sabato scorso nella sala Lombardini di Perosa un sorprendente
quadro della vita di quei tempi,
riuscendo a far rivivere un periodo che rimane molto spesso
trascurato a paragone delle vicende belliche e politiche.
Non più guerre e massacri nelle Valli valdesi, ma la lotta per
la sopravvivenza condotta giorno per giorno con ogni mezzo.
Nel decennio che segue il rientro, ritornano tutti quelli che ci
riescono e cercano nel modo più
opportuno di rioccupare tutto il
territorio, allargando i nuclei
familiari, sfruttando le terre incolte, ricostituendo gli allevamenti di animali domestici.
Il numero di capi di bestiame
è alto e questo fa supporre che
im certo numero di cattolizzati,
durante l’esilio, abbia usato questa strategia per conservare i
beni degli esuli; espediente che
produce il ritorno al valdismo
quando i tempi sono più tranquilli.
La povertà è estrema e le risorse non sono equamente distribuite; vi sono famiglie con molti capi di bestiame e altre senza
niente, perciò i meno fortunati
vanno a servizio dai più abbienti. La chiesa, poi, provvede al
sostentamento di chi non ha
mezzi, utilizzando gli aiuti che
provengono dagli stati protestanti e che servono anche per
lo stipendio dei pastori.
Malgrado i tempi duri, c’è una
viva preoccupazione per la vita
spirituale e per la ripresa dell’istruzione; quando i rifugiati
francesi vengono espulsi dai territori del duca di Savoia, si cercano degli svizzeri perché rimangano aperte scuole e chiese.
i due capisaldi della formazione
protestante.
Molte domande sono state rivolte a Daniele Tron sui più svariati argomenti, oltre ovviamente alla richiesta di tornare a
raccontare il seguito della vicenda.
Franco Calvetti, che all’inizio
della serata aveva illustrato la
attività del Centro culturale valdese con sede a Torre Pellice,
ha assicurato che la vai Germanasca non sarà dimenticata nel
calendario degli incontri su temi storici, incontri che costituiscono una buona parte dei programmi del Centro.
L. V.
Al coro di protesta degli studenti si uniscono insegnanti, non
docenti e sindacati.
Anche i lavoratori dell’Alberghiero soffrono di questo modo
autoritario, scarsamente dialettico ed estremamente fiscale che
il preside utilizza per gestire
l’istituto e che sta spargendo benzina sul fuoco di quello che è
il vero problema dell’Alberghiero; la condizione strutturale e
la conduzione amministrativa.
Dislocato su tre sedi sparse
nella città, senza palestra, carente di strumenti, con laboratori
scarsamente funzionanti; le possibilità di lavorare serenamente
e le opportunità didattiche ne risentono pesantemente.
Stipendi del personale che sono per la maggior parte sbagliati; c’è chi prende più del dovuto e chi meno; informazioni che
o non arrivano del tutto o arrivano troppo tardi per essere
utilizzate; un archivio sparpagliato per terra; documenti non protocollati e fascicoli del personale in disordine o introvabili; bilanci di istituto mai approvati
dai revisori dei conti per evidenti irregolarità.
Certo, di tutto questo non può
essere responsabile l’attuale presidenza, che è in carica solo dal
settembre ’89.
I sindacati (CGIL-CISL e
SNALS), in un incontro, hanno
chiesto al Provveditore la sostituzione del coordinatore amministrativo ed al preside di modificare il proprio comportamento, iniziando con la revoca del
provvedimento di sospensione a
carico dello studente, ed hanno
proclamato lo sciopero del 13
marzo.
B. L.
SAN SECONDO — In occasione
della fiera primaverile, sono indette
alcune manifestazioni ricreative, culturali e sportive.
Segnaliamo in particolare: giovedì
15, ore 21, serata jazz, con Andrea
Allione, Emanuele Cisi, Aldo Mella,
Paolo Taverna: venerdì 16, ore 21. il
gruppo di animazione teatrale • Piccolo varietà » presenta la commedia dialettale « Tan fracass per niente » di
L. Oddoero; domenica 18, alle ore 9,
mostra di prodotti biologici naturali e
locali con esposizione di macchine
agricole; alle ore 11.15 esibizione di
arti marziali e, nel pomeriggio, saggio
di ginnastica artistica del gruppo sportivo di S. Secondo; alle ore 21 Renato
Balocco presenta « Le canson dia p'ola ». Lunedì 19, alle ore 8.30 verranno riaperte le mostre, tra cui segnaliamo quella dedicata ai vivai. Le manifestazioni si terranno al teatro tenda,
presso l’ex scuola elementare, oppure nella sala del palazzo comunale.
Cinema
TORRE PELLICE —• Il cinema Trento
ha in programma: « La vita è un lungo fiume tranquillo » fven. 16, ore
21.15}; «Alla ricerca delia valle incantata» fsab. 17, ore 16 e dom. 18, ore
16 e 18); «Orchidea selvaggia» (sab.
17, dom. 18, ore 20 e 22.10).
Teatro
BORA' — Sabato 17 marzo, alle ore
21, presso la sala comunitaria, l’unione giovanile dell’Inverso di Villar Pellice presenterà la commedia brillante
« La moglie interprete » e la farsa
« Ciò per broca ». Ingresso libero.
Incontri
PINEROLO — Presso il salone del
seminario vescovile in piazza Marconi, russi 44 organizza per giovedì
22 alle ore 21 una serata in cui ver
CORRESPONDANCE
XVII février à Paris
Dimanche 18 février, nous nous
sommes retrouvés une vingtaine de personnes pour célébrer
l’Emancipation vaudoise en Italie. Chaque année apporte son
cortège de disparus et réduit telle « La Peau de Chagrin » l’importance de notre groupe. Cela
ne veut pas dire que les familles
vaudoises ont disparu, elles sont
dispersées sur l’ensemble du territoire conservant dans leurs
coeurs le souvenir de leurs
aïeux. Elles se sont intégrées au
protestantisme, en France il est
reconnu que les vaudois souffrirent du despotisme du pouvoir royal sauf quelques rare
exemples qui leur permirent de
se reprendre. Aujourd’hui les
vaudois ne sont plus sujets mais
citoyens. Us sont plus nombreux
de par le monde que dans l’ensemble des Vallées.
C’est alors que le professeur
Appia nous parla du livre de
Spini sur les vaudois et le Risor
DISCHI HI-FI
di ATTILIO SIBILLE
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torre pellice
Vìa Arnaud, 28 (Piazza Cianaveilo)
gimento. Du ghetto où ils se
trouvaient isolés au lendemain
de la Rentrée. Les seuls points
d’appui hors des Vallées étaient
les ambassades des pays protestants, ils y trouvèrent accueil, cela en aida quelques uns
à maintenir lui contact externe
grâce aux mouvements du commerce Européen. Exceptant la
période de la Révolution et de
l’empire Français, ils participèrent directement à la vie publique, ces relations clandestines
les aidèrent à ne point se trouver dépourvus au moment du
Risorgimento.
Félix Vigne ajoute quelques
mots à propos des Pâques Piémontaises de 1655, celles-ci donrièrent lieu à un exil de population vers les pays protestants.
C’est à cette époque que remonte le premier départ vers l’Amerique du Nord, 25 décembre
1656, ces vaudois se fixèrent à
f i
iLUSERNA s. GIOVANNI I
■ Collina di San Giovanni, posizione |
■ panoramica casetta composta da: p.
I
I
I
I
ranno presentati ì risultati della ricerca
svolta da un gruppo misto USSL-scuola
che ha preso in esame vari aspetti delia vai Lemina, in particolare: la fauna,
la flora, la geologia, le componenti umane dalla storia medievale fino alla
situazione attuale, passando attraverso
i rapporti con la gente della pianura.
Cantavalli ~
SAN GERMANO CHISONE — Il secondo appuntamento del Cantavalli è
previsto per le ore 21 di sabato 17,
presso la sala valdese, con il gruppo
« Vox Blenìi » che presenta canti e
musiche tradizionali del Canton Ticino.
RINGRAZIAMENTO
« Beati i morti che da ora innanzi muoiono nel Signore...
poiché le loro opere li seguono »
(Apocalisse 14 ; 13)
La moglie e i figli di
Luigi Pons
profondamente commossi e riconoscenti, ringraziano parenti, amici e
quanti sono stati loro vicini in questa
dolorosa circostanza.
Un grazie particolare al past. Lucilla Peyrot e al medico curante dott.
Meli.
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en 1700 où furent édifiées James
Town et Manakin Town. Ils sont
également signalés en Géorgie
en 1732. Leur volonté était d’échapper aux persécutions et à la
guerre. Au fil du temps, les mouvements migratoires se succéderont, au XIXème siècle certains
furent accueillis par les mormons, puis l’horizon s’élargit
vers l’Amérique du Sud d’où
certains repartirent vers l’Amérique du Nord atteignant le Texas,
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réputation industrielle, commerciale, culturelle de la ville n’est
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12
12 fatti e
16 marzo 1990
DALL’ASSEMBLEA DI SEOUL
CONVEGNO EGEI A ROMA
Un grido di
daila «terra
Il divario tra paesi sviluppati e
sibili alTambiente - Ricordare il
sofferenza
doice»
paesi poveri - I guasti irreverpatto che Dio ha fatto con noi
Migranti: per i’italia
un impegno morale
Con la nuova legge l’Italia si riconosce, nei
fatti, come un paese oggetto di immigrazione
« Nel corso della nostra storia
lo ’’shalom” è diventato il tema
centrale dei nostri canti e dei
nostri racconti popolari e lo
"han”, che è l’emozione causata
dall'oppressione e dall’ingiustizia, è diventato il sentimento tradizionale del "minjung”.
Fino alla fine della 11 guerra
mondiale i coreani sono vissuti
sotto il giogo dell’imperialismo
giapponese e subito dopo la liberazione sono stati divisi in due
territori, il Nord e il Sud. Questa divisione è divenuta la prima causa di ogni ingiustizia, al
Nord come al Sud.
Durante tutto questo periodo
la corsa al riarmo non ha conosciuto soste e ciò ha costituito
e costituisce un enorme fardello
per il nostro popolo. Grazie allo
sfruttamento prolungato sulla
natura dalla potenza occupante
e da un’industrializzazione rapida e priva di giustizia economica, l’equilibrio e l’armonia tra
la natura e l’uomo è oggi fortemente compromesso. Il nostro
paese, noto un tempo come ”la
terra dolce”, si è deteriorato in
modo drammatico durante il periodo del cosiddetto ’’miracolo
economico” ».
Sono le parole del vescovo anglicano Simon Sungsoo Kim, presidente del Consiglio nazionale
delle chiese coreane, con le quali egli si è rivolto ai circa 1.200
tra delegati, osservatori, visitatori presenti a Seoul per l'assemblea indetta dal Consiglio ecumenico delle chiese su « Giustizia. pace, salvaguardia del creato ».
Un’assemblea sotto molti a
spetti diversa da quella di Basilea. Mentre allora si respirava
un’aria come di primavera (si
era alla vigilia della fine della
guerra fredda in Europa), qui a
Seoul, invece, si avverte la persistenza della linea del 38« parallelo. Una linea, non un muro:
ma la sua consistenza sembra
essere di gran lunga maggiore.
Divide non solo l’Est daH’Ovest,
ma anche il Nord dal Sud. Ed
è questa realtà drammatica, della quale noi europei non abbiamo mai preso atto, che va fatta
crollare.
Non è semplice. Essa pervade
non solo la Corea, ma il mondo.
Forse in modi più sottili, forse
in modi più marcati, ma non pei'
questo meno reali e tragici.
Mentre a Basilea s’è respirata un’aria di gioia sincera, profonda, qui, pur non mancando
nei canti e nelle preghiere l’Alleluia festoso di razze e culture
diverse, cantato con trasporto
durante i culti, sono soprattutto le voci della sofferenza che
si sono sentite. La sofferenza degli aborigeni australiani, espropriati della loro terra e della
loio cultura; la voce degli emigrati maghrebini, sradicati dalla
loro terra e privi dei diritti civili; la voce delle dorme filippine, buttate sui mercati del sesso: la voce dei paesi del terzo
mondo, che armegano nel debito che raggiunge oggi cifre sempre più astronomiche.
Ma abbiamo sentito anche le
voci, terribilmente preoccupate,
per i guasti irreversibili all’almosfera del pianeta. Ancora una
volta s’è levata la denuncia
dello scienziato tedesco C. Frie
drich von Weiszacker, l’autore de
« Il tempo stringe »; se non si
riduce drasticamente e al più
presto rimmissione di gas di
scarico, entro il 2050 andremo incontro ad una catastrofe simile
al diluvio universale.
Ed abbiamo infine sentito anche la voce di Frank Chikane,
il segretario generale del Consiglio delle chiese sudafricane, il
quale, pur rallegrandosi per le
nuove possibilità di distensione
che si sono venute creando nel
mondo, ha messo in guardia sul
fatto che il libero mercato darà
luogo a nuove povertà.
Il quadro che emerge non vuole essere pessimista. E’ il tentativo, invece, di porlo senza false illusioni davanti a una realtà,
per evitare le false sicurezze.
La nostra fiducia non è nell’uomo, ma in Dio che ha fondato la terra e la mantiene stabile. In questo contesto Falleanza, con la quale si concluderanno i lavori di questa assemblea,
prende grande rilievo.
Come ha detto Preman Niles,
il direttore del programma
« JPIC », ricordare il patto significa comprendere che Dio ha
fatto, per la sua misericordia,
un’alleanza con noi, e che ci chiama ad entrarvi, assumendoci
quelle che sono le nostre responsabilità, e rifiutando ogni idolatria.
Un cammino, dunque, fatto dì
un grande « sì » di Dio, che ci
mette in grado oggi di operare
le nostre scelte a favore della
giustizia, della pace e della salvaguardia del creato.
Luciano Deodato
« Ipotesi per una politica di
immigrazione ». E’ il titolo di uno studio di Christopher Hein,
funzionario dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i
rifugiati (ACNUR), e attualmente coordinatore della creazione
del Consiglio italiano per i rifugiati (CIR), diffuso a cura del
Servizio migranti della Federazione delle chiese evangeliche in
Italia (Roma, dicembre 1989).
E’ stato anche il tema di un
convegno, promosso dalla FCEI,
che ha avuto luogo in Roma, il
1® marzo, all’indomani della conversione in legge del decreto 416
del 30.12.’89.
Il convegno si è articolato in
due tavole rotonde.
In mattinata una panoramica
essenzialmente politica, introdotta dal sottosegretario agli Interni, Valdo Spini, e con i contributi degli onorevoli Laura Balbo, Gianni Lanzinger, Daniela
Mazzucconi, Giorgio Napolitano.
Le voci dei partiti (PSI, Sinistra
indipendente. Verdi, DC, PCI)
giungevano così al convegno, in
una rassegna che però non si
fermava ad una esposizione politica, ma guardava avanti, ad
una tematica culturale, ad una
sfida contro il razzismo, cosi
drammaticamente esploso con i
fatti di Firenze, ricordati in apertura di convegno dal fiorentino
Valdo Spini con comprensibile
commozione ed indignazione. Anche la voce repubblicana veniva
portata al convegno con l’intervento dialettico del prof. Paolo
Ungari, presidente della Commissione per i diritti umani presso la presidenza del Consiglio:
nel PRI, che in parlamento è state contrario alla legge, il dibattito è aperto, anche se non viene
OBIETTORI DI COSCIENZA: CONVEGNO A PINEROLO
Una scuola di vita
L’identità di chi presta servizio civile è più sfumata rispetto ai primi anni: occorre che
gli enti convenzionati ne prendano atto - Adesso è urgente approvare la legge di riforma
Il servizio civile, nella forma
attuale, è nato nel ’72 sull’estensione del significato del termine
costituzionale « Difesa della Patria»; da quello riduttivo di difesa armata dei confini dello
Stato e delle sue istituzioni, a
quello di ogni forma di prevenzione/assistenza o salvaguardia
dei cittadini e del territorio.
Gli obiettori di coscienza quindi, in quest’ottica, hanno fatto
del servizio civile l’ambito privilegiato per dimostrare che i
bisogni primari dei cittadini, e
soprattutto di quelli delle classi
più emarginate, sono ben altri e
molto più contingenti della protezione dello Stato da una fantomatica invasione armata di
una potenza straniera; con il loro lavoro, in tutti questi anni,
gli obiettori e gli enti di servizio civile hanno dovuto dimostrare di essere in grado di dare un aiuto concreto a questo
tipo di « difesa » in modo da
acquistare credibilità e di allargare il più possibile la base di
consenso attorno all’obiezione di
coscienza.
All’inizio la scelta è stata facile: in presenza di un numero
contenuto di obiettori, la maggior parte dei quali spinti da
forti motivazioni, è stato sufficiente aprire loro tutti qu^li
enti che da sempre si sono occupati di assistenza, protezione
ambientale, cultura ecc.; dopo di
che l’obiettore responsabile e
capace di autogestirsi avrebbe
assolto il suo compito da solo.
Probabilmente è stato questo lo
spirito che ha portato la Tavola
valdese a convenzionarsi con il
ministero della Difesa ed è questa l’idea predominante che circola tutt’ora.
Da diversi anni però le cose
sono cambiate: l’affluenza di un
numero sempre maggiore di obiettori poco motivati e le precettazioni di autorità da parte
del ministero, che hanno portato
nelle nostre opere giovani completamente estranei al mondo
protestante e quindi meno adattabili a quegli strani ambienti,
hanno posto parecchi problemi
che gli enti, per forza di cose,
non hanno potuto risolvere.
Ora più che mai sarebbe il
momento per rivedere tutta la
situazione: la proposta di riforma della legge 772, ferma in
Commissione difesa della camera dal mese di maggio, che parla di tre mesi di formazione per
gli obiettori in servizio, la maggior parte della quale da farsi
a cura degli enti, ed ancor più la
sentenza della Corte Costituzionale che ha accorciato a dodici
mesi il periodo di servizio, aprendo così le porte a tutti, sono i presupposti essenziali dai
quali dobbiamo partire, ma la
questione centrale che, a nostro
avviso, deve essere focalizzata è
un’altra. Sappiamo bene che il
servizio militare più che essere
ima scuola di guerra è una scuola di vita: il soldato più che
imparare ad usare la violenza
impara a viverla o a convivere
con essa come fosse la cosa più
naturale di questo mondo, egli
impara a riconoscere ed a sottomettersi alle gerarchie, impara
a non pensare con la propria
testa e a eseguire gli ordini, impara a vivere i momenti di libertà come completa evasione da
un sistema nel quale, pur essendone parte, non si riconosce.
Il servizio civile, parimenti, dovrebbe essere una scuola di vita
del tutto contrapposta: i momenti formativi devono diventare il
vero fulcro sul quale si impernia ogni attività.
E’ evidente che così come sono strutturati i nostri enti non
potremo mai avere una risposta
del genere: l’obiezione di coscienza è giustamente una delle loro
ultime preoccupazioni. Non possiamo permetterci però di perdere ancora credibilità in questo
campo: è giunto il momento di
inventarci qualcosa di nuovo o
di lasciar perdere la partita.
II coordinamei^o
obiettori valli valdesi
PROGRAMMA
SABATO 24 MARZO
mattina - ore 11
« Il ruolo dell’esercito in Italia »
relatore F. Accame, ex membro della Commissione difesa della Camera;
pomeriggio - ore 15
Dibattito su: « Il rapporto
ente-obiettore »
interverranno: un membro
della Tavola valdese, un rappresentante della Caritas,
della LOC. direttori e/o
responsabili per gli o.d.c. di
alcuni istituti evangelici;
sera
scambio di esperienze tra i
partecipanti.
DOMENICA 25 MARZO
mattina
« O d e. »: ruolo e prospettive »
relatore P. Consorti, vicepresidente del Coordinamento enti di servizio civile — segue dibattito;
pomeriggio
valutazione dei lavori —
partenze.
ritenuto adeguato il modo in cui
la legge affronta il problema.
Tutti i contributi hanno sottolineato che la legge costituisce
Un primo passo, ma che molta
strada deve essere fatta, sia a
livello legislativo che a livello
di strutture e di coscienza sociale, perché il problema costituito
dalle nuove immigrazioni possa
essere seriamente affrontato.
Interessante la voce che si è
aggiunta a quella dei politici da
parte dello stesso Christopher
Hein e dal dottor Waldo Villalpando, delegato delle Nazioni
Unite. In quanto responsabili di
organismi intemazionali e in
qualche modo sovranazionali, e
in quanto non italiani, essi hanno potuto accennare alla legge
in modo più distaccato, rilevandone pregi e limiti. In modo particolare sembra doversi valutare in tutte le sue implicazioni
il fatto che per la prima volta
si riconosce nei fatti che l’Italia si considera paese di immigrazione: questo impegna moralmente il nostro paese a dotarsi di stmmenti atti a far fronte
ad una situazione nuova.
Aspetti sociali,
etici e culturali
La seconda tavola rotonda era
più specificamente impostata sugli aspetti sociali, etici e culturali del problema.
Interventi dai settori religiosi
venivano presentati dalla dottoressa Tullia Zevi, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche
italiane, dal dottor Giuseppe Golia, della Caritas italiana, da padre Graziano Tassello, del Centro studi immigrazione Roma,
dal pastore Sergio Ribet, del Centro ecumenico Agape. Un intervento del principe Abolghasson
Amini, presidente del Centro islamico di Roma, impossibilitato a partecipare, veniva letto dal
pastore Giuseppe La Torre, che
presentava anche brevemente la
situazione dei musulmani nel nostro paese e in Europa.
Sul piano culturale intervenivano Paolo Naso, redattore della rivista Confronti, Enrico Pugliese, dell’Università di Napoli,
e Fausto Bertinotti, della segreteria nazionale della CGIL.
Infine, la parola degli immigrati stessi, portata dalTa-vvocato Alvaro Sanchez, dell’ACLA,
che non poteva mancare di far
notare ancora una volta i limiti
che la legge contiene.
Purtroppo in una giornata così densa non poteva che essere
sacrificato il dibattito; alcune
voci di partecipanti potevano comunque essere ascoltate, con interventi che sottolineavano ancora la necessità di rendere operativi aspetti specifici della legge,
e di considerare l’aspetto legislativo come una parte importante, ma da sola insufficiente di
fronte ad un problema che è in
primo luogo etico e culturale.
I moderatori delle due tavole
rotonde, il dottor Fulvio Rocco
e il pastore Paolo Spanu, riuscivano nel compito non sempre
facile di incanalare i vari interventi Secondo una logica costruttiva.
La puntualità del convegno cede ora la parola ai vari interventi sul territorio in favore dei migranti. Sarà possibile un coordinamento efficace dei vari sforzi che si stanno facendo, perché
a ipotesi qualunquiste, a volte
razziste, spesso solamente tolleranti, si sostituisca una ipotesi
per una politica di immigrazione aperta e lungimirante?
Sergio Ribet