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LA REDENZIONE
«Vicina è la desolazione di Gerusalemme... vicina è la vostra redenzione»
Luca 21, 20; 28
SOLTANTO ai poeti, contemplatori
affascinati del mondo, è dato il
potere di scrutare la realtà fino infondo ai suoi segreti. Luca è, a modo suo,
poeta della storia della salvezza, o se si
vuole profeta dei destini del mondo e
della chiesa. Egli narra nel capitolo 21
del suo Vangelo la crisi finale, il
drammatico limite della nostra umana vicenda. Tra gli spaventi e le promesse, ecco apparire l’antitesi sorprendente nascosta in questo capitolo:
quella della desolazione e della redenzione. La desolazione è, letteralmente,
la desertificazione di Gerusalemme.
Mai deserto è stato, come questo, monumento eloquente di un giudizio severo ed esemplare al tempo stesso. La
città santa, il monte di Sion, può essere così vilipeso? Non è il nostro Dio colui che donò la vita e che vinse la morte? Non è egli l’essenza dell’amore, anzi l’amore stesso? E come mai la santa
città giace distrutta sotto le ceneri?
L’unico monumento che regge fra le
rovine è la croce di un tal Gesù di Nazareth. La desolazione lo ha schiacciato, ma l’eco della sua parola non è
cancellata ed essa apre uno spiraglio
alla speranza e la speranza si chiama
redenzione, riscatto, liberazione.
La croce, nella sua ricca simbologia,
ci ricorda che il passato nemmeno
Dio lo cancella. Ma il passato, quello
della croce, può essere liberato dalle
catene del pianto e della rassegnazione. Il deserto può rifiorire, i letti screpolati dei torrenti possono tornare ad
ospitare le acque vive. Non è per sempre la desolazione, perché c’è sempre
vicina la possibilità della redenzione.
Il popolo del Signore questo lo sa dai
tempi dell’esodo e dall’esperienza formativa del deserto. E lo sanno coloro
che hanno seguito Gesù di Nazareth e
hanno scoperto come in lui ardeva il
fuoco rigeneratore della presenza di
Dio. Dunque, là dove la desolazione
incombe, la redenzione è possibile, perciò è invocata. E quanto più terribili
saranno gli spaventi della crisi finale,
tanto più vicino sarà il momento della
rinascita. Questa concezione della storia e del modulo generale dell’esperienza umana rappresenta una chiave
di lettura del presente adottata non
per spaventare, convertire, aggregare
le persone al carro dei salvati, ma perché l’umanità viva con dignità il suo
destino, o di vita o di morte.
La venuta del Signore non deve essere paventata, ma deve essere invocata, perché soltanto una realtà del
tutto altra rispetto ù ciò che conosciatno, che non sorge dalla terra, né dalle
Ceneri del passato, ma una città che
scende dal cielo sarà in grado di rediotere la nostra umanità desolata, fatta
di scorciatoie, di irrequietezze mai sopite, di rimpianto dei bei tempi andati
c della morte di una religiosità a buon
crtercato. La redenzione è un dono che
d è offerto. La libertà che ne consegue è
lambito della tua esistenza di persona
che aspetta la luce di colui che viene. In
airtù di questo dono dall’alto, la libertà
tion sarà l’esperienza di pochi, ma la
tedenzione del popolo di Dio e dei popoli raccolti intorno al trono della divina maestà. Il pendolo della storia
oscilla sì tra la desolazione e la redenzione, ma l’esito è la vita, e nella vita la
loertà. Per questo il nostro Dio è un
Dio che viene e la sua presenza non è
una sorta di immanenza ma una veduta, che solo i poeti e i profeti hanno
intravisto e aspettato, come l’agricoltoc che scruta la stagione del raccolto,
Jtimirando la delicata bellezza dei
Fon della nuova primavera.
Paolo Spanu
SF.ITIMANALK DKI.l.K CHIKSK KVANCFUCHK BATIISTE, METODISTE, VALDESI
Il processo di regolarizzazione durerà a lungo e coinvolgerà circa 300.000 persone
Immigrati^ la corsa della speranza
La Puglia, la frontiera orientale della Germania e quella meridionale della Spagna sono sotto
pressione. La situazione dei profughi e rifugiati. Una parte di stranieri è di fede evangelica
EUGENIO BERNARDINI
DANDO chiedo a uno stra\\ niero: “Perché sei venuto in
Italia?”, la risposta è: “Per lavorare”. I loro desideri non sono diversi
dai nostri: una casa, una famiglia,
un lavoro onesto. C’è anche un forte desiderio di imparare cose nuove, per tornare un giorno a casa e
poter innovare il proprio paese». È
Alga Barbacini che parla, diacona
presso la Chiesa valdese di Torino.
Una parte del suo lavoro si svolge
con gli immigrati. «Il desiderio di
tornare - continua Barbacini - è
sempre molto forte. Anche chi è
qui da anni e ha una vita regolare
non pensa che sarà per sempre, anche se ogni anno che passa lo allontana sempre più dal paese d’origine, soprattutto se ci sono dei
bambini che frequentano la scuola
in Italia. Chi è qui senza documenti
non vede l’ora di regolarizzarsi.
Senza documenti non trova un lavoro fisso, deve sempre arrangiarsi,
contare sugli amici o le associazioni di volontariato».
In Italia è in corso un processo di
regolarizzazione per gli stranieri.
Con la legge del 6 marzo 1998 (entrata in vigore il 27 marzo) si sono
messe le basi per poter governare in
qualche modo il fenomeno tumultuoso di questi ultimi anni. I circa
300.000 irregolari presenti in Italia
dovrebbero regolarizzarsi progressivamente usufruendo dei flussi d’ingresso stabiliti annualmente tramite
appositi decreti governativi. Fino a
quando non verranno assorbite
queste presenze, l’immigrazione regolare sarà ridotta a pochi casi concentrati nei paesi con cui si sono
sottoscritti accordi bilaterali: Albania, Marocco, Tunisia.
Intanto, però, continua «l’invasione» come molti dicono. Particolarmente in Puglia, ma ora anche ai
valichi settentrionali come a Ventimiglia e Bardonecchia. «Ma al
Nord si tratta di un fenomeno transitorio e limitato - dice Giorgio
Gardiol, deputato dei Verdi, che è
stato a Bardonecchia nei giorni più
caldi -. Il problema più grave è in
Puglia, quella ormai è una frontiera. Ma anche la Spagna o la Germania hanno problemi molto simili.
La frontiera orientale della Germania è la meta di coloro che provengono dall’Europa dell’Est, la Puglia
di coloro che arrivano dai Balcani e
dal Mediterraneo».
«Comunque bisogna distinguere
il problema degli immigrati alla ricerca di lavoro da quello dei profughi e rifugiati - non si stanca di ripetere Anne Marie Dupré, del Servizio rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche in
Italia -. I profughi e rifugiati, come i
curdi e i kosovari sono protetti da
leggi internazionali che anche l’Italia deve rispettare. Noi, con le altre
associazioni internazionali e di volontariato, da tempo stiamo chiedendo al governo italiano e all’Europa di adoperarsi perché ci possano essere, per esempio in Albania,
dei campi di smistamento in cui ve
rificare chi ha diritto di essere protetto e quindi organizzare dei trasporti sicuri e ufficiali per “tagliare
le gambe” ai trafficanti del trasporto
clandestino dei disperati. Insamma
ci sono proposte serie, di cui non si
parla abbastanza, che potrebbero
alleggerire la pressione soprattutto
in Puglia». «Ma sono necessarie anche politiche serie di cooperazione
e sviluppo con i paesi del Mediterraneo. E una responsabilità dell’Europa e dell’Italia», dice Gardiol.
Una buona percentuale di immigrati è di fede evangelica. «Hanno
una fede molto forte - dice la diacona Barbacini -, si affidano a Dio,
sanno che interverrà a dar loro una
mano. Me lo dicono con una tale
sicurezza che quasi mi vergogno di
non aver introdotto, io per prima,
l’argomento della fede perché
troppo presa dai problemi concreti
che mi pongono. Molti stranieri sono evangelici e frequentano le no
È stata promulgata in Vaticano la Bolla per il Giubileo del 2000
La chiesa non può amministrare alcuna indulgenza
Il 29 novembre è stata
promulgata la bolla che
indice il Giubileo del
2000. Per l’occasione il
pastore valdese Salvatore
Ricciardi, «delegato fraterno» dell’Alleanza riformata mondiale nel Comitato centrale della Commissione ecumenica del
Giubileo, ha scritto la seguente «lettera aperta» a
mons. Eleuterio Fortino,
vicepresidente di questo
organismo vaticano.
«La Bolla “Incarnationis
Mysterium” è stata emanata, e quindi il Grande
Giubileo dell’Anno 2000 è
stato ufficialmente indetto. Le indicazioni pontificie circa le modalità per
“lucrare” l’indulgenza
non mi hanno stupito: ne
avevamo discusso infatti
negli ultimi incontri della
Commissione ecumenica
in febbraio e in ottobre, e
quindi non mi era difficile
prevedere quello che sarebbe avvenuto. Non sono dunque stupito. Non
posso però non sentirmi
addolorato e ferito perché, se ho capito bene,
l’impianto della Bolla rimane ancorato a una visione della problematica
“remissione delle colpecondono della pena” che
non pare neppure sfiorata
dagli eventi che hanno
scosso la cristianità nel
XVI secolo. Quando si
parla di “indulgenza” che
si può “lucrare” o “acquistare”, la sostanza del
problema non viene spostata di una virgola per il
fatto che si parli di indul
genza (al singolare) anziché di indulgenze (al plurale). Anche se la stampa
non manca di sottolineare (cito per tutti Luigi Accattoli sul “Corriere della
Sera”) che il singolare viene preferito al plurale
“per tener conto dei protestanti, scandalizzati dalle molteplici indulgenze
del passato”. Io torno a
dirle, caro mons. Fortino,
quel che ebbi modo di
scriverle nella mia lettera
del 2 aprile scorso, nella
quale, proprio a proposito
di questa questione, esprimevo la convinzione che “il luogo dell’indulgenza non è altro che
il Cristo crocifisso e risorto; e la chiesa non può esserne amministratrice alle
sue condizioni, ma pura
e semplice testimone”».
Ricciardi esprime poi la
speranza che si possa almeno «inserire in qualche
modo, in un documento
del Comitato centrale,
una nota in cui si spieghi
come l’anno giubilare,
pur essendo un momento
di particolare rilievo nella
vita della Chiesa cattolica,
non è un fatto che di per
sé possa risolvere i problemi ecumenici aperti,
ivi compreso il nostro, sui
quali occorrerà riprendere e proseguire il confronto!». Se ciò non fosse possibile, conclude Ricciardi,
sarebbe «poco utile e poco opportuno» continuare
a prevedere la sua presenza come «delegato fraterno» nella Commissione
ecumenica cattolica.
stre chiese, dove cercano conforto
morale, un posto dove sentirsi a
casa. Abbiamo una grossa responsabilità verso di loro».
Ecco tre storie. Didier ha 40 anni, viene dal Congo; in Belgio ha
fatto l’università, una facoltà tipo
economia e commercio. Il suo errore? Non aver voluto fermarsi. Ha
lavorato in Germania, in Ungheria,
in Romania nel ramo del marketing e poi è arrivato in Italia, regolare. Qui non ha trovato lavoro e
così non ha potuto rinnovare il
permesso di soggiorno. Parla e
scrive tre lingue: inglese, francese
e tedesco, se la cava anche con
l’ungherese e il romeno, parla poco l’italiano ma lo capisce. È sposato, ma solo con il rito tradizionale, per cui il suo matrimonio non è
riconosciuto in Europa, ha una
bimba di sette anni. Ha lavorato
per una cooperativa di pulizie, ma
adesso che deve regolarizzarsi nessuno gli dà un lavoro. Josephine è
nigeriana, ha 28 anni. Dipinge e fa
sculture, ha frequentato una scuola d’arte. È venuta in Italia per vedere le «opere antiche» e per proporre la sua arte. Pensava che ci
fosse più spazio per gli artisti stranieri, invece frequenta un corso
gestito da una parrocchia cattolica
dove si imparano a fare i lavori domestici e alcune nozioni infermieristiche per l’assistenza anziani.
«Perché non torni in Nigeria?», le
chiede Barbacini. «Ho ancora speranza per la mia arte», risponde. I
suoi disegni abbelliscono la sala di
culto della comunità evangelica di
lingua inglese a Torino e ha inventato il «logo» per il gruppo africano
della Christian Fellowship. Johnson è del Ghana, ha 33 anni, un diploma come tecnico, ma non ha il
permesso di soggiorno. Lavora in
nero e spera di potersi regolarizzare al più presto. È arrivato in Italia
poco prima del 27 marzo, è quindi
fortunato perché può partecipare
a questa gara della speranza per
avere i documenti. Si adatterà a
qualsiasi lavoro, l’importante è vivere onestamente senza dover temere le forze dell’ordine.
SPIRITUALITÀ
Il vaso e il vasaio
di LIDIA GIORGI O
A PAGINA
CHIESE
Medicina, pastorale, etica
di A. MAFFEI, L. GIORDANO _
A PAGINA /
EDITORIALE
Pinochet senza immunità
di PIERA EGIDI
10
Diversità e omosessualità
di ANNA GROSSO
IO
. Ä DAL MONDO
Israeliani e palestinesi
2
PAG. 2 RIFORMA
VENERDÌ 4 DICEMBRìi,
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«Ma le tenebre non
dureranno per
sempre sulla
terra che è ora
nelVangoscia.
Come nei tempi
passati Dio coprì
di obbrobrio il
paese di Zàbulon e
il paese di Neftali,
così nei tempi a
venire coprirà di
gloria la terra
vicino al mare, di
là dal Giordano, la
Galilea dei Gentili.
Il popolo che
camminava nelle
tenebre, vede una
gran luce; su quelli
che abitavano il
paese dell’ombra
della morte, la
luce risplende.
Tu moltiplichi il
popolo, tu gli
largisci una gran
gioia; esso si
rallegra in tua
presenza come
uno si rallegra
al tempo della
mietitura, come
uno esulta quando
spartisce il
bottino. Infatti il
giogo che gravava
su di lui, il bastone
che gli percoteva il
dorso, la verga di
chi l’opprimeva tu
li spezzi, come nel
giorno di Madian.
Difatti ogni
calzare portato
dal guerriero nella
mischia, ogni
mantello sporco
di sangue, saranno
dati alle fiamme,
saranno divorati
dal fuoco. Poiché
un bambino ci è
nato, un figlio
ci è stato dato, e il
dominio riposerà
sulle sue spalle;
sarà chiamato
Consigliere
ammirabile, Dio
potente. Padre
eterno. Principe
della pace, per
dare incremento
all’impero e una
pace senza fine
al trono di Davide
e al suo regno,
per stabilirlo
fermamente
e sostenerlo
mediante il diritto
e la giustizia,
da ora e per
sempre...»
(Isaia 8, 23. 9,6)
L'ATTESA DEL MESSIA CHE VIENE
L'accoglienza anticipata del messaggio del Messia che viene ha senso se la
qualifichiamo con parole e con gesti che sanno debellare la guerra e le sue cause
SALVATORE RAPISARDA
IL profeta parla ai suoi contemporanei avendo chiaro
davanti agli occhi gli eventi passati e quelli futuri. Egli non parla
di dottrine, non fa considerazioni accademiche, ma parla a seguito di esperienze drammatiche realmente vissute e parla a
un popolo che attende una parola di speranza e di riscatto.
Al tempo del profeta, Israele,
specialmente il regno del Nord,
ha conosciuto un tempo di
guerra con i suoi lutti, le sue
umiliazioni, le sue deportazioni.
Eserciti stranieri hanno devastato il paese, perciò nessuna gioia
è stata sperimentata da chi ha
visto gli uomini uccisi o deportati, le donne fatte schiave, le case distrutte dal fuoco, i propri
campi devastati dai piedi degli
invasori, i raccolti divorati da chi
non aveva sudato per essi. Soltanto le parole «tenebre» e «angoscia» possono qualificare quel
tempo. Dire che il paese è stato
coperto «dall’ombra della morte», è il modo esatto per esprimere il dolore e il terrore sperimentati. Tutto ciò è stato vero
per le tribù del Nord in primo
ìuogo, ma l’angoscia e il senso di
impotenza sono stati avvertiti
anche dalle altre tribù che hanno assistito allo scempio.
Lo scempio della guerra
Lf ESPERIENZA del profeta
I può essere paragonata a
quella che facciamo noi quando
guardiamo con orrore le immagini fornite dai mass media sulle
guerre e le atrocità commesse in
Bosnia, Congo, Kosovo, per non
citare che le aberrazioni più re
centi e più documentate. Dove
trovare una parola per queste
popolazioni fatte oggetto di tanto scempio? Dove trovare una
parola per noi stessi che vogliamo proclamare il buon annuncio, mentre invece non facciamo
che collezionare delusioni e frustrazioni? Non vogliamo pronunciare parole consolatorie a
poco prezzo, né vogliamo dire
parole che suonino come fuga
dalle nostre responsabilità. Vogliamo, invece, pronunciare una
parola forte, capace di dare speranza alle vittime, così che con la
speranza esse ricevano gli strumenti per il riscatto, per l’emancipazione, per la liberazione.
Ma dove guardare, dove attingere questa parola? Gli organismi internazionali, spesso pesantemente condizionati da governi e forze economiche che
operano per secondi fini, sono
lenti a muoversi e difficilmente
sono in grado di estirpare il male alla radice. E se ci fosse un’altra fonte di speranza? Se questa
fonte si trovasse proprio nel
cuore e nella volontà di chi oggi
è in conflitto? Ma può il cuore
carico d’odio lasciarsi riempire
d’amore? Può lo spirito di guerra
e di vendetta lasciarsi vincere
dallo spirito di riconciliazione e
di giustizia? Osiamo credere che
ciò sia possibile, che ciò avverrà
quando una speranza nuova,
vincente, prenderà il posto delle
tenebre attuali.
zione che Dio ristabilisce il suo
popolo nella sua originaria condizione di pace e di prosperità.
Dio non lascerà la casa di Davide
nell’umiliazione della divisione e
della sconfitta. Punto chiave di
questo progetto divino è il dono
del Messia. Questa decisione di
Dio (decisione che necessariamente precede gli eventi) viene
considerata dal profeta come
una caparra, come un pegno su
cui si può contare. 11 profeta non
solo crede nella decisione di Dio,
ma si sente mandato a proclamare quella iniziativa.
Come un araldo che reca l’annuncio della vittoria al popolo in
trepidazione, così il profeta corre
ad annunciare il dono di Dio a
coloro che vivevano nella disperazione dell’abbandono. 11 cuore
e la mente del profeta sono inondati di luce, della luce che viene
dall’evento straordinario del dono del Messia. 11 profeta sa che
quella luce non rimarrà soltanto
un miraggio per pochi visionari,
ma diventerà una realtà per tutti.
Tutti vedranno il Messia all’opera, tutti impareranno a chiamarlo con quei nomi che adesso possono apparire troppo altisonanti.
Guardare al futuro
Preghiamo
Signore, in mezzo alToscurità e al dolore noi eleviamo
a te il nostro grido. È un grido che ci viene strappato dal
cuore per il dolore che soffriamo, per il male a cui assistiamo. Come Israele in Egitto, anche noi gridiamo a te
nella fiducia che tu libererai il tuo popolo, tutte le genti,
con miracoli e con prodigi; tu ci condurrai nel paese
dell’abbondanza, dove la giustizia è in difesa di tutti.
Sin da ora il nostro cuore gioisce sapendo che tu non
deludi le nostre richieste, anzi sapendo che tu già operi
perché i sogni delle tue creature siano conformi alla
realtà nuova che tu crei.
Grazie, Signore, per aver messo nel nostro cuore la fiducia gioiosa in te che agisci per noi. Grazie per aver rivelato a noi il Figlio che hai dato, il Messia che in Gesù abbiamo imparato a conoscere come Signore e Salvatore.
Ti preghiamo affinché quanti oggi non hanno la fiducia e la gioia che tu crei in noi possano gustare l’alba
nuova del giorno di luce e di salvezza che tu awii a compimento per tutte le tue creature.
Nel mezzo del dramma del
suo popolo il profeta volge
gli occhi al futuro e scorge l’evento che sin da subito fa sentire
la sua influenza sulla storia e che
trasforma le tenebre in luce,
l’angoscia in gioia, la tristezza in
allegrezza. L’evento che viene
considerato risolutivo, che determinerà in modo finale il corso
della storia del suo popolo sarà,
ma è come se già fosse presente,
la nascita del bambino promesso, di colui che porta le insegne
regali, di colui die non può essere chiamato con un nome soltanto, ma ne occorrono ben
quattro per descriverlo compiutamente. Egli, infatti, sarà chiamato: «Consigliere ammirabile»,
«Dio potente», «Padre eterno»,
«Principe della pace». Egli è dato
e opererà «per dare incremento
all’impero e una pace senza fine
al trono di Davide».
Ora il profeta ha nel cuore,
cioè nella parte più viva e cosciente della sua persona, la no
Un messaggio per il presente
Ly OGGI, il presente, è il moI mento in cui si gioisce nel
prendere coscienza della decisione di Dio, il futuro darà la
gioia perfetta, perché si vedrà il
Messia all’opera. Egli stabilirà il
suo regno eterno e lo farà mediante il diritto e la giustizia. Allora sarà riconosciuto come il
principe dai quattro nomi sublimi. Si tratta di nomi divini, nomi
che creano scandalo al pensiero
di poterli attribuire ad altri che
non sia Dio stesso. Nell’elencare
i quattro nomi del Messia, titoli
che in primo luogo denotano
Dio stesso, il profeta annuncia
qualcosa del Messia e della sua
opera. Ci vien detto che Dio agisce nel Messia e questi altri non
è, come discendente di Davide,
che il figlio perfetto di Dio. Dunque nel Messia Dio stesso interviene a favore del suo popolo, e
di tutti i popoli su cui si estende
la benedizione di Dio.
Per quanto il profeta possa essersi avventurato (o essere stato
ammesso) nel cospetto e nel
consiglio di Dio, là dove vengono prese le decisioni che contano, o per quanto si sia avventurato nel futuro, nel tempo della
realizzazione del regno della pace, egli non dimentica che il suo
messaggio è per il presente, così
come per il presente è anche
l’agire di Dio. Quel che Dio ha
deciso, quel che Dio realizzerà
mediante il suo Messia, produce
sin da ora i suoi segni inequivocabili. Certo non sono ancora i
segni della pace e della giustizia
perfetta, ma a quelle realtà sanno rimandare in modo preciso.
Con linguaggio facilmente comprensibile, il profeta parla di luce che soppianta le tenebre e, in
modo più concreto, annuncia
che Dio moltiplica il popolo. Ciò
non è senza significato per gente decimata dalla guerra o che
ha fatto l’esperienza della sconfitta di fronte a popoli ben più
numerosi. Annuncia l’esperienza di una gioia vera, come quella
che si sperimenta al tempo del
raccolto, il giorno della vittoria.
Tutto questo perché Dio spezza il giogo dei conquistatori e rimette il suo popolo in libertà.
Essi non saranno più assoggettati, costretti a pagare tributi,
privati dei loro diritti. È così
giunto il tempo di dare alle
fiamme calzari e vestiti da guerra, di fare pulizia di tutto ciò che
rappresenta il sangue versato,
l’odio provato; che ricorda il dolore e l’angoscia patita.
L'attesa del regno
La nostra predicazione del
Messia che ci viene dato acquista senso per le vittime delle
guerre e per noi che la facciamo,
quando la luce del regno futuro,
la gioia della salvezza pregustata, l’impegno per la distruzione
degli strumenti di oppressione e
di guerra diventano il terreno
concreto dell’attesa.
L’accoglienza anticipata del
messaggio del Messia che viene
ha senso, se la qualifichiamo
con parole e con gesti che sanno
debellare la guerra e le sue cause. Oltre che distruggere le armi
convenzionali, nucleari e chimiche, si tratterà di estirpare le
cause della guerra dal cuore
dell’umanità e di farlo dopo
averle riconosciute come dettate
dalla paura, dall’odio, dall’insicurezza, dal desiderio di guadagno, soprattutto dalla mancanza
di visione fiduciosa del futuro.
Debellati i disvalori con la loro
realtà di tenebra, sarà possibile
pregustare la realtà nuova del
Messia che viene, e lo riconosceremo come Consigliere, Dio,
Padre, Principe che stabilisce il
suo regno in cui diritto e giustizia scorreranno come acqua.
(Seconda di una serie
di quattro meditazioni)
Note
omiletichi
Il versetto 23 deir»,j
che presenta alcune^
coltà di traduzioj.^
molto elaborato
sce un legame tràC
dizioni dei versetti
denti e le
versetti
^®9Uorii),|
che il V. 6 del cap. 9
S.QU. q
re sovrabbondante]!
a seguito di alcun¿£
^orazioni successi
brano si presentati
forma poetica da«iJ '
una grande
frasi parallele. 11
smo è sovradimensioii
non sempre è W
due emistichi soltam,
ricorso al parallelismi
trebbe spiegare I qi»
nomi (?). Nel suo Inj-,
il brano è ben strutto '
Si dà il buon annun*
1) e lo si motiva CODI
serie di infatti, difatti,,
ché (Nuova Rivedutait
pure tutti poiché (R|w
ta) ai vv. 3, 4, 5. limi
gio del profeta è u.
nuncio basato sull'agij
Dio. Questo è evidente i
ai vv. 2 e 3, dove il
ferito a Dio è espili '
(ben tre volte), sla
costruzione passiva
5. Anche qui chi agita
dà è sempre Dio,
Zàbulon e Neftali,|
tori delle tribù deliii
nel 733 vennero cob|
state da II'Assiria e i
nero sue province,
mento a Madian va 1^
all'episodio di Giud.q
7 e 8. La menzione
vide e del suo regna
messa in relazione alj
to e all'elezione chi]
ha realizzato perlacaS
Davide a beneficio di
« :
B S
to Israele. Qui possa
individuare l'inizio c(i
logico dell'idea di|
eterno di cui parla
Deutero Isaia, Geremi
Ezechiele; si legga ani
Sam. 7, 8-16 (tutti qi
brani sono stati visti
successivi al nostro),
gno messianico sarà
terizzato dalla pratica
diritto e della giusl
(così pure in 11, Sei
realtà che Dio esigesil
ora(1, 17; 21; 27.5,^
Il V. 23 è citato peri
ro in Matteo 4,15. P0(
sto evangelista, l'unica
cita il versetto, nell'aiì
in Galilea Gesù si pt®
come la realizzazione!
la luce, si manifestai
il salvatore e il Mes»
cui parla Isaia. I yv. W
no un testo messianw
va letto alla luce dip
14, anche se non ripa,"
nome Emmanuele. W
zonte che ci prese«
quello dell'era nies«if
età d'oro, di cui si «
ancora in Is. 11, ùsProprio perché si
di un brano rtiessia"
nella predicazione v?
tutta TatlT'*
servata tutta l'e
ra dell'attesa,
volutamente
grandioso che ■ - j
la realo^
sperimentata
sponde a una
È chiaro che pe«
neotesta menta ti, »
me visto in Mat*®*
Messia è Gesù. Ma
dicazione a pa«* .
Isaia dovrebbe risp 1
la cronologia defl
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zia, poi l'adempi^
altrimenti la
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trasformerà m r«
«post eventum».
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1-12, Paide'®',,
1998, PP-36'^'L'
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1993, PP'
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13.000. . ,
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^ La Bibbia ci insegna a parlare di Dio con immagini, metafore e parabole
Noi siamo l'argilla, tu colui che ci formi
l'ininnagine del vaso e del vasaio esprime l'opera creatrice di Dio e la sua cura
verso ogni creatura. Ogni opera di Dio è un «pezzo unico», originale, irripetibile
LIDIA GIORGI
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DI mattina presto, udivo
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^¡mentre mi aggiravo, abGata, nelle stanze del Museo degli Argenti, a Firenze.
Stavo visitando una delle più
straordinarie mostre di Palaz20 Pitti: «Magnificenza alla
corte dei Medici», il cui proposito era di rievocare lo scintìllante fulgore dei tesori dell’arte del tardo Cinquecento e
suscitare nel visitatore emozione, stupore, meraviglia.
Ad attirare la mia attenzione, sebbene fossero oggetti
impreziositi oltremodo, erano
soprattutto i vasi, probabilmente perché da sempre fanno parte della quotidianità
degli esseri umani. Ciotole,
anfore, tazze, coppe: semplici
e a forma di conchiglia, di nicchia, di serpente marino; vasi
a calice, a navicella, in madrcperla, ceramica, argento fuso,
sbalzato, cesellato, diaspro
oro e smalti, cristallo di rocca,
lapislazzuli... Singolari e spettacolari, nelle svariate loro
forme, dimensioni, decorazioni materiali e tecniche di
manifattura, i vasi sono stati
ritrovati, innumerevoli, dappertutto: in santuari, templi,
abitazioni private, discariche
di rifiuti. Essi, come testimoni
silenti di antiche e moderne
dviltà illustrano, in forma di
affascinante metafora, la nostra vita e il nostro rapporto
wn Dio e con gli altri.
Noi, l’argilla, materia da
lodellare (Isaia 64, 8), talvol:à simili a vasi rotti (Salmo 31,
12) da riparare. Dio, il vasaio,
l’artigiano-artista che ci crea e
che forgia la nostra personalità facendo nuovi vasi a suo
piacere (Geremia 18, 1-4). Vi
sono momenti in cui assomi#amo di più a vasi spezzati:
un’infinità di pezzetti è l’insieme delle nostre emozioni... Vorremmo vedere noi
stessi e gli altri come vasi finiti, ben decorati, ricomposti
una volta per tutte; senza dovere, ogni giorno, fare i conti
con l’andirivieni dei nostri
sentimenti contrastanti: entusiasmo e disinteresse, senso
di inadeguatezza e delirio di
onnipotenza, risolutezza e indecisione. E invece dobbiamo
d’altra parte fermarci a «contemplare» vasi non ancora finiti, ovvero le nostre vite come opere incompiute.
«La creazione, è una storia
che va realizzandosi. Dio non
ha fabbricato il mondo come
un artigiano fabbrica un oggetto; anche se tale artigiano
vi mette molto di se stesso,
come si dice, anche se vi dedica il meglio di sé, tale oggetto
diviene totalmente indipendente da lui. Essi si separano.
Molto spesso il nostro artigiano ignorerà persino la destinazione dell’oggetto al quale
ha dedicato tante cure. La
creazione al contrario, non è
conclusa. Essa va realizzandosi. Adesso è l’opera di due
realtà associate, Dio e l’umanità: Per questo la Bibbia parla della loro Alleanza. (...) La
creazione (...) non è un’operazione arbitraria di Dio agli
inizi della storia, e che continua a scorrere in modo banale: essa è l’oggi del Creatore.
Dio è ogni giorno all’opera
per ridurre il caos iniziale, per
lottare contro il male (...) e
noi siamo i suoi alleati, per
proseguire la creazione»'.
Faticoso è il nostro cammino, incapaci come siamo di
vegliare e pregare, tentati come siamo di voltarci indietro
dopo aver messo mano
all’aratro. Ma non meno faticoso è il cammino di Dio con
noi. Egli è costantemente e
pazientemente al tornio. È
un’opera complessa: depurazione della materia dai detriti, modellazione, essiccazione (con procedure particolari
atte ad evitare crepe in cottura), decorazione, raffinamento, restauro... Occorre tempo, un tempo lungo quanto il
cammino stesso, ma Colui
che ha iniziato in noi un
buon lavoro lo condurrà a
termine... (Filippesi 1, 6).
«Dio è il grande iniziatore:
Egli è l’inizio e anche la fine.
(...) Ringraziamolo per ciò
che sta facendo ora nella nostra vita, e ciò che continuerà
a fare in futuro (...) Scopria
mo cosa significhi vivere sapendo che Dio è Colui che
inizia e porta a termine.
Aspettiamoci che il suo Spirito scaturisca continuamente
dentro di noi: il suo Spirito
che, per sua grazia, è diventato il nostro spirito, compiendo la sua opera come vuole»".
Infine, rendiamoci conto
che ogni opera di Dio è un
«pezzo unico», originale, irripetibile. Ognuna evidenzia in
sé stessa le vicende legate al
suo particolare percorso di
realizzazione: le incrinature, i
rimodellamenti, le sfumature
dei colori... In gioco non ci
sono esemplari da imitare,
perfezione da raggiungere,
bellezza fine a se stessa, gare
da vincere. «In ogni caso potrai essere felice soltanto se
vivi in sintonia col tuo destino, se rispondi a quanto Dio
vuol fare servendosi di te»L
«Ciascuno è tenuto a dar
corpo a questa unicità e irripetibilità (...) Il cammino (...)
può essere indicato unicamente dalla conoscenza del
proprio essere, la conoscenza
della propria qualità e della
propria tendenza essenziale.
In ognuno c’è qualcosa di
prezioso che non c’è in nessun altro. (...) Ciascuno deve
conoscersi, purificarsi, giungere alla pienezza, ma non a
vantaggio di se stesso (...), ma
in vista dell’opera che deve
compiere sul mondo di Dio»L
(1) Jacques Duquesne: Il vero
Dìo di Gesù. Piemme, 1998,
pagine 87-88.
(2) Peter Haile: Siate ciò che
siete... Ed. Gbu, 1982, pagine
50-55.
(3) Jörg Zink: Cento giorni
con Gesù. Claudiana, 1997, pp.
148-149.
(4) Martin Buber: Il cammino dell’uomo. Ed. Qiqajon,
1990, pp. 27, 29, 53.
i Due interventi pubblicati in una raccolta di riflessioni di Erri De Luca
L'individualità appartiene
à ogni persona
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Nel maggio del 1940, in pieM invasione nazista della
nancia, André Gide scriveva
■lei suo diario: «Questa siste^tica opera di demolizione
heirindividualità alla quale
wvorava l'hitlerismo prepara3’® perfettamente la Germania
guerra. È soprattutto in
^esto modo, mi sembra, che
'wtlerlsmo si oppone al cri®^esimo, questa incompa^bile scuola di individualità,
ove ognuno è più prezioso
^0* tutto. Invece il nazismo
^0 e negare il valore indivi^3le in maniera che ognuno,
so nella massa e formando
““mero, sia continuamente
^Piazzabile». Gide vede giulo schiacciamento dell’inr ' ,1*0 è necessario alla tiijooderna. Procura un
maggio materiale al crimie nazista: l’impersonalità
«eisuo agire. Se non lui, un
Diti? eseguito il com
j • Ma è finzione, una debouno come PrieDip ®®®8oiva gli ordini con
j 0 consenso, sormontan^olo ogni difficoltà.
Va ri efficienza esige
obhpt.. 4ione. Il nazista non
Va li • ^ ^ ordini, li realizzaHj'v 'niotpretava, li perfezioC’è a entusiasmo,
difg un modo di obbe^abotari! riuscendo a
fianra '■ nostra burocrasenta questo caso.
Vece .Dlde insegna inbrann^^ j l’antidoto alla
sona 'colore alla per
Ppronfondire l’indivi
dualità di ognuno, comprendere, come insegna il Talmud, che Dio ha creato un
solo Adàm per insegnare che
chi ammazza un uomo ammazza un’intera specie, chi
ne salva uno salva un’umanità intera. Perché ogni essere umano contiene tutta la
specie, accumulata in lui dai
più remoti antenati e poi scaraventata nel futuro attraverso innumerevoli casi unici.
(da Erri De Luca, Alzaia, Feltrinelli editore, Milano, maggio
1997, p. 57)
Ognuno di noi è come una
«aggiunta necessaria»
Una volta partecipavo a
imprese comuni, aderivo a
una comunità e mi piaceva il
motto; «Siamo tutti necessari, ma nessuno è indispensabile». Oggi che la mia pelle ha
perduto ogni facoltà di aderenza e adesione a qualcosa,
credo al rovescio di quella
frase. Mi sono persuaso che
nessuno è necessario, ma
ognuno è invece frutto di un
accidenti prodigioso e gratuito, che per prodursi deve
escluderne un’infinità di altri, tutti possibili. Ognuno è
Da un'intervista allo scrittore
«Tu sei il nostro Padre
il nostro riscattatore»
«C’è in Isaia, libro che Gesù conosce molto bene,
l’espressione “Avinu” (63, 16). Dice Isaia usando questa
espressione: “Tu sei nostro Padre, non lo sono Abramo,
Giacobbe, essi non si ricordano più di noi, con ci conoscono. Tu sei il nostro Padre, il nostro riscattatore da sempre”.
Qui è un inchiodare il padre al suo dovere di padre. Non è
invocazione, non è un vocativo da cui muove Isaia, ma è
una rivendicazione del diritto legale di un figlio che dice:
“Tu hai da preoccuparti di noi come Padre, sei il nostro riscattatore. Il riscattatore è quello che libera i servi. Tu, il
nostro vasaio, quello che ci costruisce e noi, la tua argilla”.
Non c’è solo un rapporto padre-figlio ma c’è un rapporto
causa-effetto, dell’artefice con il prodotto finito. Dunque
c’è una chiamata di responsabilità nella parola Padre nostro che Gesù riprende da Isaia. È quel padre nostro che è
vocativo, ma che è anche indicativo. È quel dare del tu al
Padre nostro, e dire : “Tu sei responsabile di noi”».
(da un’intervista pubblica allo scrittore Erri De Luca a cura
dell’amicizia ebraico-cristiana di Napoli del 27 maggio ’98)
PAG. 3 RIFORMA
Gli elementi naturali e i lavorati
Materia per le nostre mani
un dono, un’aggiunta non
necessaria, che non va a colmare una casella vuota, ma
ad arricchire tutti. Vita è questo eccesso di natura, esagerazione strepitosa di un’offerta che non è necessaria,
però è insostituibile. Ognuno
è un pezzo unico, irripetibile,
la cui fine è spreco totale,
senza riparo, rimpiazzo, risarcimento. Nessuno può essere sostituito. Il mondo va
avanti a forza di doni e di dissipazioni, di strepitosi regali
e brusche cancellazioni, eccesso e mancanza. Non è un
sistema equilibrato dare/avere, non è fornito di partita
doppia. Nessuno è necessario, ognuno è indispensabile.
Una domenica di alcuni
anni fa la televisione trasmise
la morte di un atleta. Mentre
giocava una partita di pallacanestro si sentì male, si
piegò sul cuore facendo il gesto di chi chiede la sostituzione. Cadde a bordo campo e
morì lì. Mi è rimasto il ricordo del gesto puramente eroico di un atleta che nel punto
del crollo non chiede soccorso per sé, ma per la squadra.
Non so se la partita sia continuata o sia stata sospesa, certo prima o poi qualcuno ha
preso il suo posto di titolare.
Però nessuno può averlo sostituito nel mondo, che manca, tra gli altri, esattamente di
lui, del dono che ci fosse.
(da Erri De Luca, Alzaia, Feltrinelli editore. Milano, maggio
1997, p. 73)
«Stiamo scoprendo la materia: la sua densità, la sua
trasparenza, il suo splendore.
Questa sorta di spirito rappreso per essere offerto alle
nostre mani e che abbiamo
troppo tempo disprezzato,
così come disprezzavamo le
mani e il lavoro manuale. La
terra, prima di tutto: la terra
che è la materia prima del
mondo, ma materia prima
del mio orto come del vaso di
gerani che allieta una finestra
di città, ma che è anche la
materia prima del vasaio,
delle sue ciotole girate al tornio; o del ceramista, con le
sculture formate con le mani.
Ce la troviamo, questa terra,
nei muri delle case oppure,
ben modellata e decorata, sui
nostri tavoli; e scegliamolo
bene il vasellame: non occorre che sia lussuoso ma di
buon gusto sì; e un oggetto
bello non sempre costa di più
di uno brutto.
Il metallo mi dà più suggestione. Non oserei metterci
mano. Più che piegare un fil
di ferro non saprei; ma guardarlo sì, prenderlo sulla palma e saggiarne lo splendore
e il calore (sì ci sono metalli “caldi”, come il rame o il
bronzo, altri invece di una
freddezza luminosa e lunare,
come l’acciaio o il peltro).
Dalle macchine che lo lavorano escono dei truciolati
splendidi per luccicore ed eleganza. (...) Anche il metallo
vive con noi, negli innumerevoli oggetti della vita e anche
in quei “di più” di gratuità che
sono superflui necessari: un
ferro battuto, un bronzo...
(un amico che lavora i metalli
mi diceva: lavorare il bronzo è
una cosa sublime).
Col legno invece, questa è
materia calda e morbida, intrattengo una familiarità più
fiduciosa e mi arrischio perfino a lavorarlo: lavori semplici ma affrontati senza sgomento, in un rapporto confidente, specie se è legno dol
ce, tenero, come il pioppo; e
i chiodi entrano docili, anche
se battuti da una mano inesperta (la splendida varietà
dei legni: il pioppo chiaro, lo
scurissimo rovere, il rosso
mogano, il biondo e morbido
castagno...).
La stessa densità della materia che varietà di suggestioni insinua. La fermezza tangibile della solidità è un punto fermo per piantarci un
chiodo, appenderci un oggetto, appoggiarci la vita. Ma
poi c’è la liquidità; un altro
tipo di materia più remissiva
e duttile; cedevole, accogliente, aggirante, materna.
L’uomo vive i suoi nove mesi
prenatali immerso in quest’
abbraccio di liquidità che si
modella sopra alla sua forma; e come esce viene abbracciato dall’aria: altra materia ancora più impalpabile
e sottile, che gli porta odori,
sentori, presagi... Il solido è
piuttosto un appoggio e
spesso anche uno scontro:
un sostegno del passo, un
appiglio per le mani. Sul solido possiamo operare; sul liquido o etereo no; ci sfugge,
ma ci accarezza più maternamente, e rigenera tutta la
materia; l’acqua che deterge,
l’olio che ammorbidisce e
che rafforza.
Avete mai dato l’olio cotto
a un legno antico e arso dalle
intemperie? La materia sembra respirare e rivivere; riprende elasticità e lucentezza; e sentite, come se fosse
nella vostra carne, le fibre
secche che si espandono, in
un nuovo turgore, quasi un
ritorno della linfa di una lontana primavera. Un mobile di
legno è un pezzo di albero e
di bosco che ci entra in casa;
e se poi è antico è un pezzo
di storia: e ci si sente dentro
la vita di generazioni che ci
son passate sopra».
(da: Adriana Zarri, Erba della
mia erba, ed. Cittadella, 1984,
pp. 125-126)
Quando parliamo di Dio
«Quando parliamo di Dio
usiamo un linguaggio simbolico,
che si serve di immagini e metafore.
(...)
Noi dunque diciamo:
“Donaci delle immagini ponderate e chiare
per comprenderti, o Dio.
Entra nella nostra interiorità, in ogni attimo,
con ogni nostro respiro,
per essere presente in noi,
anche se non riusciamo a comprenderti”».
(da Jörg Zink, Centogiomi con Gesù,
Claudiana, 1997, pp. 148-149)
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PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ 4 DICEMBRFiiw
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Sinodo della Regione Centre-Alpes-Rhòne della Chiesa riformata di Francia
Dire con i gesti senza gesticolare
Due argomenti di peso all'ordine del giorno: il senso dei gesti nell'esperienza della
fede; il dialogo tra le chiese anglicane inglesi e quelle luterane e riformate francesi
CLAUDIO TRON
V
I serve un giornale per
accendere il fuoco? Usa
te «Riforma». Per avvolgere
un mazzo di porri? «Riforma». Per fare un aeroplanino di carta? «Riforma». Per
trasmettere un messaggio?
«Riforma». Comunque, se volete fai;e tutte queste cose,
abbonatevi!
Veramente gli slogan sono
riferiti a «Réveil», il mensile
della Regione Centre-AlpesRhone (Car) della Chiesa
riformata di Francia. Un giornale fratello del nostro, non
solo per le sue intenzioni ma
anche per i suoi problemi.
Con le battute che abbiamo
riportato in parte, la redattrice Colette Bergese ha introdotto il dibattito al Sinodo regionale (che corrisponde grosso modo a una nostra
Conferenza distrettuale, dimensioni a parte) sulla pubblicazione. Poi il dibattito, simile ai nostri, con la conclusione, simile alle nostre, che
è necessario continuare, anche se c’è qualche problema
nella quadratura dei bilanci.
Ma il Sinodo (tenuto, come
quasi sempre, a Viviers, nell’accogliente ex seminario vescovile che ha una struttura
ben adatta a contenere i circa
duecento deputati), aveva altri argomenti di peso all’ordine del giorno. Doveva esprimere un parere da trasmettere al Sinodo nazionale su alcune questioni regolamentari
che non sono rilevanti per
noi, ma soprattutto su due
argomenti di carattere spirituale, teologico ed ecclesiastico che ci hanno vivamente
interessato (il sottoscritto e
sua moglie, rappresentanti
del 1 distretto al Sinodo francese): a) il senso dei gesti
nell’espressione della fede; b)
il dialogo tra le chiese anglicane inglesi e quelle luterane
e riformate francesi.
Sul primo punto diamo a
parte una scheda tratta in
buona parte dai documenti
(preparatorio e conclusivo)
del Sinodo. È chiaro che
esprimere la fede con i gesti
vuol dire soprattutto fare diaconia. Ma non era questo il
problema. Si trattava, invece,
di vedere se e come è possibi
le, in un quadro di chiesa protestante, esprimere la fede anche con segni, gesti, espressioni non verbali, che non ci
facciano cadere nel formalismo, nella teatralità, nel ritualismo fine a se stesso. Gesti e
segni sono, chiaramente, il
battesimo e la cena del Signore. Ma è tutto lì? Non necessariamente. 11 Nuovo Testamento ne conosce altri e la questione va discussa.
Per quanto concerne il dialogo con le chiese anglicane il
Sinodo ha espresso un parere
articolato in sei punti (l’assemblea regionale, sia detto
per inciso, non ha competenze decisionali; queste competono di norma o alle chiese
locali o al Sinodo nazionale),
nei quali si esprime apprezzamento e riconoscenza per
un gruppo di lavoro che ha
portato alla «Dichiarazione di
Gesti che parlano
Battesimo^ cena, segni: pratiche e significati
Il tema qi ricorda che la parola è stata fatta carne, si è
incarnata nella persona del Cristo. Tutta la sua vita è per
noi parola, vocàboli e gesti.
I sacramenti hanno validità costante e sono legati alla
persona del Cristo. Gli altri segni non hanno di per sé valore. 11 loro messaggio è condizionato dal contesto, da chi li
compie, da chi li riceve.
Tuttavia è importante rendersi conto che li si usa in occasioni molteplici e che il loro uso o il loro rifiuto comunicano qualcosa.
Esempi di segni: l’imposizione delle mani; la toga indossata dal predicatore; la Bibbia aperta sul tavolo della Santa
Cena; il darsi la mano in segno di pace durante il culto; la
preghiera per la guarigione di un malato; Tunzione degli
infermi con olio.
Alcuni di questi segni sono legati alla prassi testimoniata dal Nuovo Testamento; altri no.
Ci sono elementi di intralcio all’uso dei segni:
- Non comunicano lo stesso messaggio a tutti coloro che
vi assistono.
- Non si possono creare nuovi segni senza dare l’impressione, in un chiesa protestante, di un eccesso o addirittura
di una saturazione.
- È difficUe accompagnare i segni con parole appropriate: si rischia di dirne troppe o troppo poche.
- È sempre presente il timore di tradire con un eccessivo
uso di segni la nostra identità di chiese della Parola.
-1 segni possono essere visti come banali strumenti per
catturare giovani e bambini con le loro famiglie altrimenti
disinteressati ai problemi di fede.
Piste per continuare:
- Riprendere la riflessione sui sacramenti: è coerente
praticare il battesimo dei bambini e negare loro la Santa
Cena?
- I luoghi di culto così disadorni e dimessi sono un segno positivo o negativo?
- I culti con feste e agapi fraterne: sta bene, ma quale
messaggio?
- Quali gesti sono proponibili nei servizi funebri?
- eguali gesti nelle visite agli ammalati (e ai sani)?
- Come accogliere nuovi membri o il nuovo impegno dei
membri di una chiesa? Con liturgia apposita, con un semplice saluto e augurio, con una festa della comunità?
- Quale attenzione per i gesti che si presentano come
laici ma che possono essere anche rilevanti evangelicamente (gesti di riconciliazione, manifestazioni di protesta
contro ingiustizie e violenze ecc.)?
Reuilly» (Reuilly, vicino a
Bourges, quasi nel centro
geometrico della Francia).
Nella sostanza è salutato con
favore ogni passo avanti fatto
nella direzione di una maggiore unità delle chiese,
quando questo sia rispettoso
delle diversità che, nel caso
in questione, riguardano soprattutto due temi: l’«episcopé», cioè la vigilanza sull’azione pastorale, che nelle
Chiese riformate è servizio di
organi collegiali, mentre in
quelle anglicane compete al
vescovo; e l’«apostolicità»,
che nelle chiese riformate è
legata aUa fedeltà alle scritture apostoliche del Nuovo Testamento, mentre in quelle
anglicane è sancita attraverso la catena ininterrotta di
ordinazioni episcopali dal
primo secolo ad oggi. Va detto anche che per una chiesa
riformata è altrettanto importante essere profetica
quanto essere apostolica.
L’incisività nel presente va
perseguita altrettanto quanto
il legame col passato.
Al di là delle diversità ci sono, tuttavia, alcuni importanti riconoscimenti: le chie
se si riconoscono reciprocamente il carattere di appartenenza alla chiesa di Gesù
Cristo; in esse la Parola è predicata; i ministeri rispecchiano i doni di Dio. Inoltre sono
possibili impegni chiari: condividere la missione comune; accogliere in ogni chiesa i
membri dell’altra come fratelli e sorelle; ammetterli a
partecipare a pieno titolo alfe
celebrazioni liturgiche; far sì
che quando siano membri di
chiese anglicane che partecipano a culti con cena del Signore in chiese riformate si
curi che tali culti siano presieduti da ministri «ordinati»;
proseguire il dialogo, promuovere incontri, gemellaggi, impegni comuni in situazioni di diaspora.
Un Sinodo vivace, commisurato forse meglio delle nostre assemblee alla realtà vera delle chiese che vi si ritrovano, capace di rispettare rigorosamente i tempi della
propria agenda, con problemi in parte simili ai nostri e
con qualche soluzione che
potrebbe essere imitata.
'MMM- La 244^ Conferenza metodista britannica si è svolta a Scarborough
Quando predicazione e azione sociale andavano di pari passo
JOHN SINGLETON
La recente decisione della
Conferenza metodista
britannica, riunita a Scarborough, di aprire «conversazioni» ufficiali sull’unità con
la Chiesa anglicana, risale in
realtà a quella settimana di
244 anni fa, in cui John Wesley volle la prima Conferenza metodista a Foundry in
Londra. A quell’incontro parteciparono 10 persone, 6 pastori e 4 predicatori laici, e il
problema delle relazioni tra il
metodismo e la Chiesa anglicana ebbe molto spazio nei
lavori della Conferenza. (...)
Da allora la Conferenza divenne un appuntamento annuale, presieduto personalmente da Wesley, che ammetteva o escludeva predicatori, assegnando ad ognuno i
compiti che riteneva opportuni. Wesley dirigeva l’intera
economia del movimento
metodista, fortemente in crescita. 1 verbali di quegli incontri riportano gli interventi
di Wesley, spesso nella forma
di domande e risposte, che
trattavano in maniera molto
precisa questioni di carattere
dottrinale, disciplinare e pratico. Avvenne quindi che per
un numero sempre crescente
di persone la Conferenza annuale era il luogo dove si fissava quale dovesse essere il
loro lavoro, la loro sede, gli
obiettivi delle chiese in cui
servivano. Ancora oggi (...), la
Conferenza ha conservato il
ruolo di organo di governo
delle chiese metodiste autonome e della Chiesa metodista unita di tutto il mondo.
Anche oggi la Conferenza rimane fedele a quanto affidatole dal movimento iniziale
nel campo della filantropia e
delle riforme sociali.
I primi impegni finanziari
del metodismo furono assunti non per provvedere al
mantenimento dei ministri o
al potenziamento dei servizi,
ma per provvedere «semplici
edifici per il culto e per soccorrere i poveri e i bisognosi». L’immagine di Wesley ottantaduenne, che cammina a
fatica per cinque giorni la
settimana, dalla mattina alla
sera, per le strade di Londra
affondando fino alle caviglie
nella neve fangosa, per raccogliere denaro per vestire i
poveri, mantiene tutta la sua
forza. Quasi tutte le società
metodiste avevano un fondo
di solidarietà da cui attingevano per assistere chi era nel
bisogno. Wesley diede sistematicità a questa forma di
aiuto, anticipando riforme
che più tardi sarebbero diventate parte del sistema assistenziale nazionale.
Animati da zelo riformatore e da entusiasmo morale i
metodisti erano considerati
persone che non disperavano
di fronte a nessuna situazione, per quanto grave fosse.
Alcuni dei compagni di Wesley erano persone veramente incredibili, pronte ad affrontare qualunque rischio
per la causa dell’Evangelo.
Un esempio è Silas Todd
(1711-1778), l’ex sarto a cui
Wesley affidò la Foundry
Charity School. Egli divenne
noto come «l’amico dei carcerati», avvocato poderoso
della riforma carceraria. In
mezzo agli orrori della prigione di Newgate a Londra fino
all’ultimo fu accanto ai condannati, lavorando infaticabilmente per la riforma dell’
amministrazione giudiziaria e
contro leggi inumane (...). Un
altro contemporaneo di Wesley era John Nelson (17071774), un tagliapietre dello
Yorkshire. La sua chiamata
da parte di Wesley, che si tradusse in una profonda amicizia fra lo studioso e l’artigiano, è descritta nel suo diario
in occasione della prima predicazione che Wesley tenne a
Moorfields, in Londra; (...)
«Quand’ebhe finito dissi:
“Quest’uomo sa i segreti del
mio cuore e non mi ha lasciato nella situazione in cui mi
trovo, ma mi ha mostrato il
rimedio: il sangue di Gesù’’».
Pochi predicatori itineranti
del metodismo furono perseguitati così duramente come
Nelson, a cui si deve la nascita del metodismo in centri
come Leeds, Manchester,
Sheffield e York. (...) Molti oppositori pensavano che eliminando Nelson e Wesley il me
Svizzera: la Chiesa riformata del Ticino
contraria alla parità scolastica
LUGANO — Riunito a Lugano il 14 novembre, il SinodoAj
la Chiesa evangelica riformata del Cantón Ticino ha presoZ
sizione sul problema della parità tra scuole pubbliche e n£
te, dopo che il Coordinamento delle scuole pubbliche S
statali ha lanciato una campagna per ottenere un sussi
statale a favore delle famiglie con figli che frequentano sqì
private delTobbligo. Dissociandosi dall’iniziativa, il Sinodi
leva che «si favorirebbe la commercializzazione deU’edu«,
zinne, sottoponendo la scuola alla legge di mercato, riduci
dola a un prodotto commerciale, contrariamente alla suafi
zinne di servizio pubblico» e che «una scuola privata distai
po confessionale è un ostacolo al dialogo ecumenico, '
de invece a favorire il pluralismo delle differenze».
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Usa: la Chiesa di Cristo aderisce alla
campagna internazionale «jubilee 2000»
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CHICAGO — Nel corso della sua recente assemblea genei}
le il Consiglio nazionale della Chiesa di Cristo ha approvali
all’unanimità l’adesione alla campagna internazionale «JuU
lee 2000» per l’azzeramento del debito estero delle nazioni^ P®
povere come forma più idonea per celebrare il giubileo, Assemb
clausola speciale è stata aggiunta chiedendo la cancellazìii '
immediata per quanto riguarda i paesi colpiti daU'uragi
Mitch: Honduras, Nicaragua e Guatemala. (nevk
Rinasce la Chiesa battista di Kaliningrad
KALININGRAD — Il 23 agosto è stata inaugurata a Kalinii!
grad (ex Königsberg) il nuovo edificio di cilto della
battista. La comunità, composta di 300 membri, ha parteci
pato manualmente alla costruzione della chiesa, che ha 51 postazione
posti ed è costata un miliardo e 800 milioni di lire: le
barriste della Germania hanno contribuito con circa 500 a
lioni. Prima della guerra la città era una roccaforte battistn
contava 7 chiese con 7.000 membri battezzati: ora in
l’area i battisti sono 650, di cui 150 non registrati. (
Russia: Alessio II contro l'antisemitismo
MOSCA — Ferma presa di posizione del patriarca ortodffl
so russo Alessio II che ha stigmatizzato alcune dure esprp
sioni antisémite pronunciate pubblicamente da un memls
del Parlamento russo (Duma), il generale Albert Makashi
«Siamo fermamente contrari ad ogni tentativo di far rii
uno spirito nazionalistico fondato su pregiudizi religiosi
dichiarato -; ogni tentativo di destabilizzare la fragile pai
del nostro paese è inammissibile».
ecumenico :
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Quanti sono i cristiani nei mondo?
CITTÀ DEL VATICANO — Secondo statistiche provenid
dal Vaticano, sul totale di 5 miliardi e 900 milioni costituii
dalla popolazione mondiale, i cristiani sarebbero circa 1.1
milioni (28,2%), così suddivisi: cattolici: un miliardo (16,9S
evangelici: 367 milioni (6,22%); ortodossi: 225 milioni (3,81f
anglicani 70 milioni (1,18%). I carismatici che sono presentìii
diverse chiese, insieme con i credenti delle chiese evangelii
pentecostali raggiungerebbero i 461 milioni. (Reformi
Brasile: un luterano a capo dei cappellani
BRASILIA — Per la prima volta nella storia del Brasili sf
un pastore protestante a coordinare l’attività dei capp^
militari. Elio Eugenio Mueller, della Chiesa evangelica di co
fessione luterana del Brasile, è stato scelto direttamentei
ministro della Difesa e con il grado di colonnello ^
forza di 50 sacerdoti cattolici e 6 pastori evangelici,
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Un momento della Conferenza metodista britannica a Scarborou9l’
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Iodismo si sarebbe spento,
ma la loro capacità di affrontare l’opposizione e le folle
ostili spesso riuscì a trasformare l’ostilità in favore. Un
giorno, mentre Nelson predicava a Grimsby, il parroco assoldò un tamburino, perché
coprisse con lo strumento la
voce di Nelson. Ma questi
continuò a predicare finché il
tamburino, che si era preso
un momento di pausa per riposare, colpito dalle sue parole, posò il tamburo e, preso
da quel che ascoltava, cominciò a piangere.
I nostri amici anglicani
non continuarono però nell’atteggiamento ostile di quei
giorni. Col tempo ^
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ì 4 dicembre 1998
PAG. 5 RIFORMA
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Un'appassionante conferenza del professor Paolo Ricca a Gorizia
Valdo e Francesco, riformatori del 2000
Oue percorsi fino a un certo momento paralleli ci richiamano ai compiti vecchi
e nuovi che le chiese dovranno affrontare nel mondo del terzo millennio
ANDREAS KÔHN
Laicità, predicazione,
conversione, povertà. Soquesti i quattro «progetti
fecondi per il 3° millennio»
Uolineati da Paolo Ricca
dia sua conferenza dello
scorso 29 ottobre, davanti a
„n numeroso e qualificato
pubblico a Gorizia. Il tema,
suggerito dal Gruppo ecumenico, era «Francesco d’Àssisi
eVaido di Lione: riformatori
pel 3“ millennio?», un tema
attuale, sia dal punto di vista
storico-teologico sia per l’impostazione ecumenica, pro^ ■) alla vigilia della prossima Assemblea del Consiglio
ecumenico a Harare.
Quale chiesa per il terzo
millennio emerge dalle caratteristiche dei due «fratelli gemelli» che sono stati separati? Entrambi erano mercanti,
entrambi appartenevano allo
stesso ceto sociale, alla stessa
«classe emergente» che cercava di emanciparsi dall’impostazione verticale del sistema feudale del tardo Medio Evo. Le nuove possibilità
di muoversi orizzontalmente
traie grandi città di commercio furono l’elemento fondamentale per la loro predicazione itinerante dell’Evangelodopo la loro conversione
nel 1175 (Valdo) e nel 1205
(Francesco). 11 loro progetto,
ha detto Ricca, era «la predicazione del Vangelo nella sua
lettera», un Vangelo «sine
glossa», senza commento:
l'annunzio della nuda parola
KWica. Non erano dei fondamentalisti: la predicazio
Delegate all’Assemblea del Consiglio ecumenico svoitosi a Canberra nei 1991
ne della «nuda parola» era
per loro l’unica maniera per
prendere sul serio l’Evangelo
nella sua radicalità, liberando
la predicazione dalla leggenda centrata sul santo del giorno: un vero e proprio «ritorno
al testo», alla Parola e alle
opere di Gesù.
In questo loro comune progetto Valdo di Lione metteva
al centro della propria attenzione la libertà della predicazione da parte dei laici: «Dio
mi apre la bocca, non l’ordinazione». Così emerge con
Valdo il «laicato nella chiesa
che coniincia a balbettare»,
come ha detto' roratore, Là
«Chiesa docens», la chiesa che
insegna, comincia a essere
istruita essa stessa dalla Parola biblica, predicata anche da
parte di donne, almeno nei
primi cent’anni del movimento dei Poveri di Lione.
Coloro che seguivano «nudi
■ un Cristo nudo» sfidavano^
Vestablishment ecclesiastico
dell’epoca con le loro cónfroversie teologiche, ma soprattutto con la predicazione di
un Cristo non crociato, di^un
Cristo non còTàzzàto. ' ('7_;
La vita religiosa di Francesco era ispirata piuttosto al
principio dèlia povertà, elemento tradizionale della vita
monastica. «Il mLpnaco' pÀiò
èssere povero, nià il convento jruò essere ricco», ha.ps.-,
servato Ricca7 le jje,lfe_ di
Francesco però furono .eoe;
renti con la propria predicazione anche in questo campo: egli lasciò'l’incarico di
custode del proprio convento, che cominciava a stabilirsi
sempre più «nel mondo». Altrettanto caratteristica era la
sua «conversione dello sguardo» nei confronti della realtà:
la sua visione del mondo si
ispirava alla ferma convinzione che l’universo intero fosse
già riconciliato pienamente
con Dio in Gesù Cristo; pertanto uomini e donne, fauna
e flora, luna e stelle gli diventarono fratelli e sorelle.
Sono proprio questi gli elementi che secondo Ricca costituirebbero un vero e proprio ritorno della chiesa a
Cristo nel prossimo millennio: il carattere laicale della
chiesa, la «risostanzazione»
biblica della chiesa, la conversione dello sguardo che
vede negli altri non più potenziali nemici, ma sorelle e
fratelli. Il problema più difficile sarà la questione della
povertà, la nudità della chiesa..«Dopo la scomparsa del
comuniSmo dobbiamo, come chiese, prendere molto
,SUl serio la questione della
povertà nel mondo e condividerla con chi è povero», ha
concluso Ricca. Durante il
dibattito è stato osservato
che le chiese, in passato,
hanno aggiunto forse troppe «glosse» al Vangelo originale: troppi commenti, troppi compromessi con il mondo: queste strutture potrebbero impedire un ritorno
della chiesa alla «semplicità»
della sua origine. Alle soglie
del terzo millennio è forse
già troppo tardi per un ritorno della chiesa al suo Signo
A sessant'anni dalle leggi razziali
Ebrei e valdesi a Torino
per non dimenticare
«Dalla conquista dell’uguaglianza alla ferita della disuguaglianza» è stato il tema
della serata organizzata dalla
comunità ebraica torinese e
svoltasi nel teatro Carignano
domenica 8 novembre. L’occasione era rappresentata dal
60° anniversario della promulgazione delle leggi razziali volute dal fascismo. La
rievocazione storica è stata
affidata ad alcuni attori che
hanno reso vive e e coinvolgenti molte pagine di Primo
Levi e altri testi della vicenda
ebraica di questo secolo.
Di fronte a un pubblico attento e commosso hanno
portato un saluto, accompagnato da una riflessione storica, Fon. Luciano Violante,
presidente della Camera dei
deputati, autorità regionali e
provinciali oltre al sindaco di
Torino, Valentino Castellani,
notoriamente interessato al
dialogo e al confronto con le
minoranze. Hanno preso
inoltre la parola il presidente
della comunità ebraica, Enrico Fubini, il rabbino capo, Alberto Somek, e il pastore Giuseppe Platone della Chiesa
valdese di Torino che, tra l’altro, ha ricordato che «se nel
1938 nessuna voce si levò a
denunciare pubblicamente
quel sopruso, preludio di un
vasto disegno di annietamen- '
to, ebbene di quel silenzio
colpevole siamo stati corresponsabili. Ma più tardi,
quando il disegno criminale
fu più evidente, non mancarono numerosi episodi di solidarietà concreta nei confronti del popolo ebraico anche in ambito protestante. Il
popolò vàldese seppe aprire,
molte volte, la porta delle
proprie case per offrire un riparo alle vittime della follia
nazifascista che sconvolse
l’Europa».
Infine la lucida testimonianza di Giorgina Arian Levi,
che dovette abbandonare la
cattedra di Lettere al Liceo Alfieri di Torino e fuggire dall’Italia, ha commosso il numeroso pubblico. Giorgina
Levi, oggi molto anziana ma
sempre attiva, ha concluso dichiarando che «vivere a S. Salvario, quartiere torinese diventato simbolo della rapida
immigrazione di questi anni e
ricco di molte etnie e linguaggi diversi, dove una accanto
all’altra hanno sede la sinagoga, il tempio valdese, due piccole moschee e una grande
chiesa cattolica, costituisce
qualcosa di unico e di positivo per la vita della città».
*** - ^ ^
Il presidente della Camera dei
deputati, on. Luciano Vioiante, è
intervenuto alla manifestazione
t La recente enciclica di Giovanni Paolo II «Fides et ratio» presenta il punto di vista della Chiesa cattolica latina - 1
Giudizi negativi verso il pensiero moderno e riconferma della Tradizione e del Magistero
ALFREDO SORELLI
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loro rapporti è generalmente
legato allo sviluppo della cultoa e si presenta là dove si
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problema ha avuto particolare importanza nell’ambito
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oltanto una precisa inquantura logica e sistematica,
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Chiesa cattolica latina. Dei
sette capitoli di cui è composta l’enciclica ben cinque
rappresentano in forma riassuntiva e con lo stile proprio
di papa Wojtyla quanto si può
trovare in qualsiasi trattato
cattolico di teologia fondamentale precedente il Vaticano II: la storia della filosofia
precristiana, la filosofia cristiana dai padri al medioevo,
la rottura tra filosofia e teologia dall’umanesimo in poi.
Fede e filosofia:
incontri e scontri
I giudizi negativi nei confronti del pensiero moderno
occupano gran parte degli ultimi tre capitoli dell’enciclica. Pur evitando il tono pesantemente polemico originario, Wojtyla cita abbondantemente i testi delle condanne del magistero degli ultimi cent’anni: le enciclicbe
Quanta cura di Pio IX, Pascendi di Pio X e Humani generis di Pio XII, e la Costituzione dommatica Dei Filius
del Concilio Vaticano I. Questi testi hanno di mira le correnti filosofiche del tempo,
ma ancora più le correnti
teologiche che cercavano di
ristabilire l’armonia della teologia con gli orientamenti
moderni sia filosofici sia
scientifici, e che sono passate
sotto i nomi di modernismo e
neo-modernismo. Sembrava
che queste correnti teologiche
avessero trovato un loro equilibrio durante il Concilio Vaticano II e con il fiorire delle
nuove teologie postconciliari.
Ci limitiamo qui a considerare alcuni dei temi della Fides
et ratio che sembrano preoccupare maggiormente il papa.
Papa Wojtyla è stato anche autore, nel 1995, di un libro di grande
successo
1) Disciplinare l’esegesi.
Al n. 55 (cap. 5) il papa mette
in guardia contro il fideismo
affermando: «Un'espressione
oggi diffusa di tale tendenza
fideistica è il “biblicismo”, che
tende a fare della lettura della
Sacra Scrittura o della sua
esegesi l’unico punto di riferimento veritativo. Accade così
che si identifichi la parola di
Dio con la sola Sacra Scrittura, vanificando in tal modo la
dottrina della Chiesa che il
Concilio Vaticano II ha ribadito espressamente». Citando
la Costituzione dommatica
Dei Verbum (n. 10) il papa
può dire: «La regola suprema
della propria fede, infatti, le
proviene daU’unità che lo Spirito ha posto tra la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il
Magistero della Chiesa in una
reciprocità tale per cui i tre
possono sussistere in maniera
indipendente».
Questa riconferma dell’importanza della Tradizione e
del Magistero non è sufficiente; il papa mette in riga anche
l’ermeneutica; «Non è da sottovalutare, inoltre, il pericolo
insito nel voler derivare la verità dalla Sacra Scrittura
daU’applicazione di una sola
metodologia, dimenticando la
necessità di una esegesi più
ampia che consenta di accedere, insieme con tutta la Chiesa,
al senso pieno dei testi». Quale
sia questa unica metodologia
da cui il papa mette in guardia non è detto, ma è ricordato che «le diverse metodologie
ermeneutiche hanno anch’esse
alla base una concezione filosofica: occorre vagliarla con
discernimento prima di applicarla ai sacri testi». Il problema dell’esegesi si sposta di
conseguenza su quello filosofico. E chiaro tuttavia che il
Sola Scriptura non fa parte
del pensiero di Wojtyla, nonostante le illusioni di certi dialoghi ecumenici. Lo rileva Domenico Tomasetto nel suo articolo «L’enciclica “Fides et
ratio” e l’autorità della Scrittura» (Riforma n. 41 del 24 ottobre, pagina 10).
2) Rivalutare la metafisica,
Giovanni Paolo II mostra una
profonda venerazione per la
ragione umana e per il suo
esprimersi nella filosofia. Il
papa ammira lo sviluppo della cultura nei vari ambiti del
sapere, ma rileva che la filosofia moderna «dimenticando
di orientare la sua indagine
sull’essere, ha concentrato la
propria ricerca sulla conoscenza umana. Invece di far
leva sulla capacità dell'uomo
di conoscere la verità, ha preferito sottolinearne i limiti e i
condizionamenti» (n. 5).
Nel capitolo 6, «Interazione fra teologia e fede», il papa sfiora il tema del dialogo
interreligioso con particolare
riferimento alle culture orientali. Il tema è certamente
interessante dal momento
che queste culture sono entrate nel mondo occidentale.
Il papa esprime una valutazione commossa in particolare per l’India: «Un grande
slancio spirituale porta il
pensiero indiano alla ricerca
di un’esperienza che, liberando lo spirito dai condizionamenti del tempo e dello spazio, abbia valore di assoluto.
Nel dinamismo di questa ricerca di liberazione si situano
grandi sistemi metafisici» (n.
73). Questo modo di pensare
lascia perplessi, valutando le
condizioni di miseria dell’India. Ma al papa interessano
particolarmente i «grandi sistemi metafisici».
La benevolenza verso l’India non si estende alla filosofia occidentale moderna e
nel cap. 7 il papa ne rileva gli
errori e i rischi: «...eclettismo,
storicismo, scientismo, pragmatismo, nichilismo» (nn.
86-90). Poiché la filosofia
moderna è minacciata da tali
errori, è la parola di Dio che
indica alla filosofia i giusti
orientamenti.
La filosofia deve avere innanzitutto una «dimensione
sapienziale» di ricerca del
senso ultimo e globale della
vita (n. 81). Deve poi porsi
come conoscenza della verità, «una conoscenza che attinga la verità oggettiva, mediante quella “adaequatio rei
et intellectus" a cui si riferiscono i Dottori della Scolastica» (n. 82). È di conseguenza
necessaria «una filosofia di
portata autenticamente metafisica, capace cioè di trascendere i dati empirici per
giungere, nella sua ricerca
della verità, a qualcosa di assoluto, di ultimo, di fondante» (n. 83). Il papa si riferisce
ampiamente alla dottrina tomista e al neotomismo, rinnovando le insistenze della
Aeterni Patria di Leone XIII
che imponeva il tomismo
nelle scuole teologiche e filosofiche della chiesa.
Tuttavia precisa: «Non intendo qui parlare della metafisica come di una scuola specifica odi una particolare
corrente storica. Desidero solo affermare che la realtà e la
verità trascendono il fattuale
e l’empirico e voglio rivendicare la capacità che l’uomo
possiede di conoscere questa
dimensione trascendente e
metafisica in modo vero e
certo, benché imperfetto e
analogico» (ivi). Tutta la dogmatica cristiana è espressa
in termini della metafisica
classica: natura, essenza,
persona, Dio, mondo, ecc. Se
la filosofia riduce questi concetti a categorie della mente,
quali altri mezzi espressivi
avrà la teologia per presentare il rivelato?
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 4 DICEMBR^
A Todi, il 7-8 novembre, un convegno aH'insegna delle pari opportunità
Dov^è il realismo femminile?
Nei dibattiti fra donne e sulle donne convivono prospettive di parità e pensiero
della differenza, in una società resa problematica dall'organizzazione maschile
LETIZIA TOMASSONE
y/lVT donne che hanno vinto». Così Alessandra Bocchetti, fondatrice
deirUniversità delle donne
«Virginia Woolf B» di Roma,
ha presentato alla stampa il
senso del convegno di Todi
dal titolo «Per una cultura dello stare insieme», organizzato
dalla Commissione pari opportunità del Consiglio dei
ministri. Questa espressione,
«le donne che hanno vinto»,
provoca dapprima un rifiuto,
come se i due termini accostati, «donne» e «vincere», fossero agli antipodi. Eppure io
leggo questa affermazione come il desiderio delle donne di
prendere atto della loro presenza nella società e di smettere l’abito facile del vittimismo: per usare una formula
cara ad Alessandra Bocchetti
qualche anno fa, si tratta di
partire da ciò che c’è e non da
ciò che manca. Questa affermazione di realismo femminile nel convegno di Todi è
però caduta in un contesto
che non riusciva a accoglierlo
e che ritrasformava la presenza delle donne nella società o
in questione di rivendicazione (al punto da riprendere il
discorso delle quote) o in orgoglio personale e solitario,
frutto di percorsi emancipazionisti e di valore personale.
Erano presenti come spaccato
di società un centinaio di
donne collocate ai livelli decisionali nelTindustria, nei sindacati, nella cultura, nella comunicazione, nelle chiese e
nelle istituzioni politiche.
Personalmente, ho scontato
ancora una volta la distanza
da una prospettiva che si dà
come orizzonte la parità e conosce come rete di collegamento fra i percorsi individuali delle donne soltanto la
modalità delle lobby. Per la
mia storia, invece, io sento
agire più potentemente a livello simbolico la dimensione
della differenza, che fa esplodere la struttura della società
e della politica, perché immette forze diverse apre luoghi di pensiero divergente,
non cerca di adattare la presenza femminile a situazioni
già date, ma prova a immaginare contesti differenti sia per
gli uomini che per le donne.
Inoltre è per me fondamentale mantenere una dimensione di relazioni fra donne dove
ci sia riconoscimento e cre
scita comune e non una semplice alleanza su obiettivi comuni, alleanza che non trasforma i soggetti in campo.
Credo che molta di questa
sensibilità alle relazioni che
trasformano e alla differenza
trovino per me delle radici
profonde nella mia identità
protestante. Una identità minoritaria in Italia, che nel corso della mia vita mi ha fatto
vivere la differenza come passione, nel duplice senso di
patirla e di appassionarmici.
Nello stesso tempo credo
che sia bene, proprio in Italia, dare visibilità al fatto che
le donne sono presenti nelle
nostre chiese. Un discusso e
interessante ordine del giorno del Sinodo ’98 parla della
necessità di valorizzare il mi
Conferenza pubblica a Catania
Protestantesimo e letteratura
nell'area anglosassone
ITALO PONS
NELL’AUSTERA e solenne
aula del Rettorato dell’
Università, sotto il patrocinio
del Comune e promossa dal
Centro protestante «B. La Rosa», il 22 ottobre si è tenuta la
conferenza del pastore Giorgio Bouchard sul tema: «Puritanesimo, modernità e rivoluzione nella letteratura anglo-americana». L’incontro,
presieduto dall’assessore alla
Cultura Alba Gardina, ba visto anche l’intervento del
prof. Antonio Di Grado, docente di Letteratura italiana
nell’ateneo catanese, che introducendo il tema ha toccato, con uno stile di grande
suggestione letteraria, le tappe salienti della storia valdese che rappresentò per secoli
in questo paese «l’unico legame di continuità storica e filiazione diretta con il mondo
e con il patrimonio di valori
della Riforma protestante».
Bouchard si è soffermato in
particolare sul caso inglese,
che dalla metà del XVI secolo
fino oltre la metà del XVII
subì l’influenza calvinista che
ebbe nell’età di Cromwell il
suo punto culminante. Dalla
corrente calvinista più accesa
prese il nome il movimento
puritano. L’oratore si è soffermato in particolare su due
autori che hanno avuto particolare rilievo nella letteratura
inglese quali John Milton
(1608-1674) e John Bunyan
(1628-1688). In Milton, accanto agli studi teologici e alle impressioni ricavate da un
viaggio in Italia, prevalgono
ampi interessi per la libertà
di parola e di stampa, per la
tolleranza in fatto di religione, sulla base della libera coscienza individuale. Nel suo
Paradiso perduto egli, nutrito
di cultura classica e di mitologia antica, reinterpreta
poeticamente il dramma della cacciata dal paradiso di
Adamo e Èva.
Di origini popolari, Bunyan
sarà spinto a una lacerante ricerca biblica seguita da una
caratteristica esperienza di
conversione. Predicatore di
una comunità indipendente,
nel lungo periodo che passerà
in carcere all’epoca della Restaurazione, scrive II pellegrinaggio del cristiano, suo maggior successo letterario. Metaforico viaggio interiore, dalla città della perdizione, il
mondo presente, fino alla
città celeste, il regno di Dio.
Mentre il Paradiso perduto è
una sorta di poema epico,
nella narrazione del Pellegrinaggio si comincia a avvertire
la transizione verso il romanzo, forma caratteristica dell’espressione letteraria degli ultimi secoli. 11 riferimento alla
Bibbia, nella versione della
King James Bible, ha sottolineato Bouchard, rimarrà
sullo sfondo delle successive opere letterarie, poetiche e
filosofiche (dal Melville di
Moby Dick allo Hawthorne
della Lettera scarlatta fino a
Emerson), come una sorta di
mito di fondazione le cui tracce emergono ancora in autori
contemporanei quali Eliot e
Lewis. In chiusura vale forse
la pena di ricordare che il catanese Vincenzo Bellini intitolò / puritani una delle sue
opere, rappresentata per la
prima volta a Parigi nel 1835.
nistero femminile negli ambiti ecumenici. È un modo di
segnare la differenza delle
nostre chiese. È anche un
modo perché il nostro essere
presenti, «noi, le donne che
hanno vinto», le donne protestanti nei diversi ministeri
visibili delle nostre chiese,
diventi una provocazione
ecumenica, una provocazione a pensare in modo diverso la chiesa. È un modo per
farne un cammino collettivo,
delle donne e anche degli
uomini nella chiesa, e non
una serie di percorsi individuali legati alle nostre più o
meno grandi capacità.
Vorrei perciò recuperare
l’idea dell’autorità e della
presenza simbolica femminile, senza che questo sia sentito come elitario o escludente.
La ricerca della parità è escludente, perché tende a selezionare le donne sulla base di
criteri e valori a loro esterni (e
per citarne uno solo parlerò
degli orari e dell’impegno a
tutto campo che rendono impossibile una vita quotidiana
di relazioni e di affetti), valori
che appartengono alla costruzione sociale e politica
maschile. Riconoscere la differenza e camminare insieme
è invece qualcosa che richiama ciascuna di noi alla propria posizione, a prendersi la
responsabilità della propria
esperienza, senza farne un
motivo di orgoglio personale.
L’autorità di una posizione
funziona solo finché nutre la
ricerca di libertà delle altre.
Ritorno così al vecchio binomio dell’etica protestante: libertà e responsabilità. Che
nel contesto della pratica delle relazioni fra donne acquista per me un nuovo rilievo,
mi apre la possibilità di vivere
con autenticità il senso del limite e anche la gratitudine
per ciò che ho ricevuto.
Il recente libro di Giorgio Bouclia^
Dialogo a tutto campo
per il cristianesimo
ALBERTO CORSARI
SE nel campo delTeditoria,
periodica o libraria, i protestanti sono poco presenti
(al di fuori beninteso della
nostra editoria), una pubblicazione affidata a un evangelico suscita giusto interesse e
adesione; tanto più ne suscita quindi un lavoro che affronti non solo il protestantesimo o la storia della Riforma, ma che getti uno sguardo complessivo sul cristianesimo tutto. Tale è il lavoro
che Giorgio Bouchard ha
consegnato ai lettori con il
recente volume edito in una
collana dedicata alle grandi
religioni*.
Premessa essenziale è la
doppia configurazione che il
cristianesimo è andato assumendo nei secoli e che nel
nostro secolo si è sempre più
confermata: un movimento
di vastissima incidenza sul
mondo contemporaneo che
ha interagito in maniera
profondissima nella cultura
occidentale; d’altra parte il
cristianesimo che si annuncia per questa fine millennio
sarà sempre più fatto di dialogo, sia nel versante ecumenico sia con un mondo «laico» che vive un’epoca di disillusioni ideologiche.
Il libro è costruito con un
modello «ipertestuale», nel
senso che la narrazione agevole ma densa del percorso
storico, dalle prime comunità (anzi dal radicamento
del Nuovo patto nella tradizione del popolo d’Israele) al
Medioevo all’epoca della
Riforma e della conseguente
modernità, è affiancata in
ogni pagina da una vera e
propria messe di illi
storiche (stampe,
bassorilievi, che testinioj
no proprio l’assunto di?
tenza, quello dell’intera^
cristianesimo-culturaìl'
redate a loro volta di
didascalie che fungono?
approfondimento e da sà
de su argomenti, ritrai?
personaggi, cronologie. ’
Alla narrazione storica«
gue una trattazione ' '
mente definita
del cristianesimo») su,^
cetti particolarmente^
gnanti (Gesù, Antico e Nifl
Testamento, Scritturai^
dizione. Liturgia della Pai|
I sacramenti) anch’essiri^
di foto più vicine a noi|
tempo. Un’ulteriore seiii
(«La dottrina e il culto»))
visto la collaborazione di|
chele L. Straniero.
Più ancora che nella seaj
ne dedicata alla Riformaiij
teressante per il lettore pi
testante cogliere le accenti
zioni che Bouchard dà ti
cuni episodi precedenti
’500, dalla discussione!
vescovo di Roma alla roti
fra Roma e Bisanzio, dalli
Uoque» alla valorizzazionet
Gregorio VII come intetpià
del rigore nel bene (divii
della simonia) e nel «mei
bene» (celibato dei preti),i
la giusta prospettiva ina
viene collocata la Commi
dantesca, intrisa di dotti
cristiana, ma al tempo sts
chiaramente orientata a cu
cepire lo stato come «altii
dalla chiesa.
(*) Giorgio Bouchard: Crisi
nesimo. Storia, dottrina,
sione. Paris, Ed. Liana Ledè,
Italia, Rimini, Idea Libri, 19!
pp. 144, £ 42.000. **
Un classico del teatro di Marivaux ci riporta alla «Querelle» del XVII secol
«Le false confidenze» tra etica e indagine sull'animo umant
PAOLO FABBRI
Nella società francese
del XVIII secolo i rapporti umani e quelli di classe
avevano raggiunto una sclerotizzazione, una rigidità formale tipiche di molte altre società giunte a uno stadio evolutivo avanzato senza mutamenti sostanziali di struttura.
L’espressione dei sentimenti
e perfino delle emozioni era
demandata al gesto, alla parola codificata nelle formule
di cortesia nate nelT«autunno
del Medioevo», analizzato
con straordinaria profondità
da Johann Huizinga. In questo contesto, dove il modo di
agitare il cappello nel saluto
poteva diventare un insulto,
si scatena la Querelle des Anciens et des Modernes, dove gli
innovatori si contrapponevano ai classicisti e Pierre Carlet Chamblain de Marivaux
(1688-1763) si schiera con i
primi avversando nel teatro le
figure psicologiche statiche al
tempo prevalenti. Nasce così
un teatro in cui i personaggi
non sono predefiniti, ma vengono costruendosi nel corso
dello spettacolo. Uno spettacolo che si muove consapevolmente nell’ambiguità, una
ambiguità che non coincide
con la doppiezza, ma si propone di cogliere la complessità dell’animo umano, i cui
moti sono spesso contrastanti fra loro e solo dopo una
strenua lotta consentono al
bene o al male, all’amore o
all’odio di prevalere.
Questa scelta portava necessariamente a un’indagine
psicologica molto raffinata e
sottile di cui non era facile
cogliere gli aspetti profondamente innovatori, così che
l’autore venne spesso consi
derato come un pedante e
capzioso indagatore dell’animo, benché elegante nella
espressione. In realtà è lecito
porsi il quesito se nel percorso dei personaggi nelle vicende teatrali di Marivaux non ci
sia un sotterraneo riferimento etico, che conduce quasi
sempre a un happy end didascalico. Certo questo riferimento etico appare più evidente ne L'isola degli schiavi
dove l’autore mira a rappresentare non tanto l’esigenza
di una trasformazione sociale, quanto a un profondo
cambiamento dell’animo, ma
l’indagine psicologica del
commediografo francese non
pare mai fine a se stessa ma
sorretta dalla speranza che i
suoi personaggi finiranno
con Tessere migliori di quello
che appaiono alTinizio. La vicenda si muove sulla base di
tre diversi «progetti», che si
sovrappongono. 11 primo
progetto è quello di Dubois,
servo di Dorante, giovane e
bel gentiluomo colto e onesto ma povero, che intende
far sposare alla sua nuova padrona (Arminta), una bella e
ricca vedova borghese, mite e
tranquilla, di animo buono e
generoso. 11 secondo progetto è quello dello zio di Dorante, avvocato benestante
che, consapevole delle qualità ma anche dei limiti derivati a suo nipote dalla povertà, pensa di farlo sposare a
una giovane che gode della
protezione di Arminta e
quindi lo raccomanda a quest’ultima come segretario. 11
terzo progetto è quello della
madre di Arminta che, non
contenta della sua condizione di borghese intende far
sposare la figlia a un conte un
po’ stagionato. Ciascuno per
segue i suoi obiettivi tramite
confidenze interessate o piccoli inganni, cercando di far
evolvere la situazione verso
la meta desiderata. Ambiguo
è Dorante: desidera sposare
Arminta per amore o per il
suo denaro? Ambiguo è Dubois: lo muove solo il desiderio di una buona sistemazione oppure un affetto disinteressato per il suo ex padrone,
come egli afferma? L’unico
personaggio cristallino è Arminta che a poco a poco viene travolta dall’amore e supererà le distanze di classe
scegliendo Dorante come
sposo. Alla fine è l’amore che
trionfa su tutte le ambiguità e
Dorante lo sigla confessando
il suo inganno a Arminta, che
lo perdona.
La scenografia di Hayden
Griffin ambienta l’azione,
con scelta molto felice, nell’atrio di una casa settecentesca, dove quasi naturalmente
avvengono gli incontri che
generano furtive confidenze.
Per quanto riguarda gli alti
svetta su tutti Andrea Joffl
son, che ha saputo rendi
meravigliosamente i turili
menti di una donna beDal
non più giovanissima,á
viene colta dalTamorei
sprovvista, quasi a
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tetico anche nelle scena
cui è lei a scoprirsi conW
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fornito complessivarne«^
una buona prova.
però lascia spazio a .
dubbio. L’ambiguità,
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colo emerge in Dubois,
non in Dorante, che tra
già una figura piuttosto .
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Una scena dalle «False confidenze»
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3rt 2 comma 20/B legge 66^96 - Filiale diTorino
In caso di mancato recapitò si prega restituire
ai mittente presso l’Ufficio PT Torino CMP Nord.
Contiene I.P.
L'Editore si impegna a corrispondere il diritto di resa.
Fondato nel 1848
600 MILIONI PER SAN GIOVANNI — Il Consiglio
comunale di Luserna San Giovanni ha dato il via all’unanimità al progetto preliminare di risistemazione della frazione
San Giovanni. Un precedente incontro con la popolazione
aveva permesso ai progettisti e all’amministrazione di far conoscere ai cittadini le proposte di modifica ricevendo anche
dei suggerimenti. Sulla piazza XVII Febbraio il Comune era
già intervenuto alcuni anni fa, fra non poche perplessità degli
abitanti: ora si prevede di lastricare alcuni tratti di strada con
pietre, creare un viale, nuovi parcheggi, probabilmente pedonalizzare il primo tratto di via Beckwith e porre un senso
unico a «scendere» in via Malan. Per il primo lotto di lavori
l’ammnistrazione pensa di spendere 600 milioni di lire.
VENERDÌ 4 DICEMBRE 1998 ANNO 134 - N. 47 LIRE 2000
Finalmente una buona notizia. Nei giorni scorsi ha
preso il via il «patto territoriale» del Pinerolese. Dicono
le cronache che si sono trovati in tanti ad approvare l’idea
di collaborare insieme per lo
«sviluppo socio-economico»
del Pinerolese: 46 Comuni,
Comunità montane, organizzazioni sindacali e professionali, organizzazioni di categorie produttive, organizzazioni culturali hanno affidato,
a una società di progettazione
di Torino, l’elaborazione di
un piano, un patto territoriale
appunto. In ballo ci sono anche 100 miliardi di finanziamento statale.
Qui sta il primo problema.
La possibilità di avere 100
miliardi stimola gli enti locali
IL PATTO TERRITORIALE DEL PINEROLESE
NON SOLO SOLDI
GIORGIO GARDIOL
e i privati a mettersi insieme
a fare «un patto». Un patto
per spartirsi 100 miliardi in
opere e imprese che spesso
non hanno niente a che fare
con idee di «sviluppo locale»
che lo strumento dei patti territoriali vuole sviluppare. Nel
mio lavoro parlamentare ho
letto molti patti territoriali.
Spesso sono fotocopie di altri
patti elaborati dalla stessa società di consulenza. Nessuno
spiega che cosa mette insieme montagna con pianura,
quando non esiste un sistema
di trasporti. Nessuno spiega
come si reperiscono le «risorse» umane che dovrebbero
essere le protagoniste del patto, come si formano i dirigenti. Il problema sembra essere
solo quello di come disponendo di 30 miliardi si possa
ottenerne dallo stato altri 100.
E qualche volta si fanno carte
false, si dichiarano disponibilità che non si hanno; tanto lo
stato non controlla o, se lo fa,
si presume di avere giusti
contatti politici.
In realtà il patto è una altra
cosa: un processo per far
emergere leadership, per valorizzare realtà locali, che
non necessariamente coincidono con le divisioni amministrative e i collegi elettorali.
È un processo che punta alla
qualità dello sviluppo durevole; non è un documento in più
per ottenere soldi ma un tentativo di dinamizzare la società locale verso il futuro.
Solo se si riuscirà a dare forma e sostanza a questa nuova
mentalità, si potrà dire di avere fatto un passo avanti nella
via della modernizzazione.
(fOtoL
Il lavoro a Pinerolo
Beloit; no
all'accordo
dell'azienda
Hanno vinto i no nel referendum organizzato il 25 novembre fra i lavoratori della
Beloit Italia di Pinerolo
sull’ipotesi di accordo proposto dall’azienda la settimana
prima. L’accordo, che visti i
risultati della consultazione
non è stato firmato dai sindacati Confederali, prevedeva
tra l’altro tagli del personale
e riduzione del salario ma
ora le cose sembrano ulteriormente complicarsi perché, dicono ad Alp, «l’azienda ha scelto lo scontro».
L’azienda ha fatto pervenire infatti 102 lettere di sospensione in cui si impongono le ferie ad altrettanti lavoratori della Beloit di Pinerolo, e la situazione contrattuale sembra essere a un punto
morto. «Quello di venerdì 25
c stato un voto estremamente
negativo - dicono alla Cgil che preoccupa fortemente
perché rimette nelle mani
della multinazionale americana il futuro di 500 lavoratori, con il rischio evidente
che vengano prese decisioni
Pesanti per il futuro dello staoilimento italiano.
Ora c’è bisogno di abbandonare logiche di schieramente, della massima unità
' Ita i lavoratori per costruire
. insieme a loro un’ipotesi che
bilanci l’azienda e dia più
salvaguardia all’occupazio: tto». Alp (Associazione lavomtori pinerolesi) ha cercato e
, Ottenuto intanto un incontro
' oon l’azienda per vedere di
riprendere le trattative ma
<luest’ultima sembra ferma
i ®olle sue posizioni. Intanto si
■ jttoltipiicaj^Q gli incontri e le
mediazioni per cercare di sattnre la frattura che il voto di
enerdì ha creato fra i sinda?ti Confederali e Alp. Da
Ptti parti viene anche sottoliì necessità che le isti
zioni locali e nazionali si
1 ° .ttttino e abbiano un ruoPitt forte nella vicenda.
Un incontro organizzato a Pinerolo dalla Ced del 1 distretto della Chiesa valdese e dalla diocesi cattolica
Per un tavolo ecumenico comune dei cristiani del mondo
SERGIO N. TURTULICI
Quello ecumenico è un movimento obbligato, un
cammino senza ritorno, per
diverse ragioni: la vocazione
delle singole chiese all’unità,
alla comunione nella chiesa
cristiana universale, in una situazione nella quale molti non
trovano più nelle chiese risposte soddisfacenti alla ricerca
di senso spirituale del vivere
e, dentro di esse, ci si interroga su quale sia, nelle società
secolarizzate, lo statuto della
religione; la necessità delle
chiese di dire insieme parole
di speranza e di salvezza, di
operare insieme di fronte alle
sfide del Duemila, di fronte a
quei cerchi diabolici di peccato, di sofferenza, di morte che
ci mettono in distretta in forme sempre nuove; la mobilità
di popoli e culture che fanno
ineludibile il dialogo interreligioso ma, proprio per questo,
fanno necessario che i cristiani trovino basi teologiche,
pratiche, di comunicazione in
qualche misura condivise.
Il movimento ecumenico ha
qualcosa come 90 anni, è nato
con la Conferenza missionaria
di Edimburgo nel 1910, proprio perché il terreno missionario rendeva opportuno cercare parole comuni. Il Consiglio ecumenico delle Chiese
(Cec), l’espressione organizzativa del movimento, ha 50
anni, è nato ad Amsterdam il
22 agosto 1948. Si propone
come «un’associazione di
chiese che confessano il Signore Gesù Cristo Dio e Salvatore secondo le Scritture e
cercano perciò di realizzare
insieme la comune vocazione
a gloria dell’unico Dio, Padre
e Figlio e Spirito Santo».
Un incontro-dibattito pubblico, organizzato a Pinerolo
dal I distretto delle chiese
valdesi e dalla diocesi cattolica, ha ricordato il 50° anniversario del Cec anche in
prossimità della sua ottava
Assemblea generale, che si
terrà il prossimo dicembre in
Africa, a Harare, nello Zimbabwe. Il pastore Bruno Rostagno ha ripercorso la storia
del movimento ecumenico e
del Cec. Una storia, ha detto,
preparata e intessuta di incontri, di viaggi, di centinaia di
migliaia di lettere scritte. Una
storia di persone, di grandi
L’intervento del pastore Luciano Deodato all’incontro di Pinerolo
promotori, uomini e donne,
credenti, profeti del nostro
tempo, via via impegnati in
iniziative di pace, di conoscenza, di lotta contro l’intolleranza, il razzismo. Sono
frutto del lavoro ecumenico
di questi uomini, per esempio, l’idea di società responsabile, il superamento della
prospettiva eurocentrica nella
visione del mondo.
Rostagno ha ricordato le
tappe di questa lunga seminagione e crescita ecumenica: le
Conferenze ecumeniche prima
della costituzione del Cec:
Edimburgo, Stoccolma, Losanna, Gerusalemme, Oxford,
Edimburgo; poi le 7 assemblee generali del Cec: Amsterdam (1948), Evanston (1954),
New Dehli (1961), Uppsala
(1968), Nairobi (1975), Vancouver (1983), Canberra (91).
Ad Amsterdam si era appena
usciti dalla guerra mondiale, il
tema fu «Il disordine dell’uomo e il piano di Dio»; poi,
nelle successive assemblee,
l’accento fu posto sulla cristologia, Cristo visto, un’assem
A Genova i culti, curati da evangelisti
provenienti da Torino, come Geymonat, si tenevano fin dal 1851 in casa
dell’ammiraglio Packenham della marina
britannica, esiliato anche lui dalla Toscana. Vi partecipavano esuli toscani della
chiesa dei Fratelli come Betti e Magrini,
di passaggio i Madiai, coniugi fiorentini
divenuti celebri per avere patito il carcere per motivi di fede, il medico Mazzinghi, esule pisano, andato sotto processo
(col Packenham) per avere distribuito
opuscoli e Bibbie in Riviera, e perciò difeso in tribunale e in Parlamento dal
Brofferio, lo stesso Mazzarella qui giunto da Torino, il letterato G. Niccolini
esule politico toscano che diverrà professore di italiano al Collegio di Torre Penice (1854), il Desanctis che anche teneva
le predicazioni. Nel 1854 si acquistò come locale di culto la chiesa sconsacrata
della Madre di Dio, ma a causa delle
pressioni dell’arcivescovo Charvaz sul
governo, la si dovette cedere nel 1856 II
IL FILO DEI GIORNI
FAVALE
______________MARIO CIGNONI_____________
deputato Malan suggerì alla Tavola che
la proposta del governo era da accogliere
(ancfie come gesto politico) e così fu. La
cessione fu considerata dagli evangelici
esuli da altre regioni come un segno di
debolezza. (...) Ma, acquistato un terreno
in via Assarotti, i valdesi costruivano a
Genova un nuovo edificio, comprendente
la sala di culto (al primo piano) e le
scuole, inaugurato nel 1858.
La fede evangelica era penetrata intanto anche a Favaie, paesino dell’entroterra
ligure nella Val Fontanabuona. Qui la
numerosa famiglia Cereghino, per la
maggioranza composta da suonatori am
bulanti, era entrata casualmente in possesso di una Bibbia del Diodati che aveva cominciato a leggere (1849) scoprendo molti punti di contrasto fra le pratiche
della Chiesa cattolica e TEvangelo. Poi
uno di loro, Stefano Cereghino, suonatore di violino, si era spinto fino a Torre
Pellice. Allora decisero di rivolgersi alla
chiesa valdese (1852); furono visitati da
Paolo Geymonat, dopo di che firmarono
una dichiarazione spontanea in cui affermavano di abbandonare la Chiesa cattolica e di aderire a quella valdese. Seguirono nuovi scontri nel paese, e venne un
gruppo di preti da Chiavari per una disputa polemica. Tutta la famiglia fu denunciata, alcuni furono incarcerati, come
Stefano, poi graziato dal re. Il gruppo di
Favaie verrà poi curato regolarmente dai
pastori di Genova, che si trovavano per il
culto in casa Cereghino.
Da «I valdesi in Italia (1848-1870)», in
Dalle Valli all'Italia 1848-1998, Claudiana.
bica dopo l’altra, come speranza, luce del mondo, facitore di ogni cosa nuova, liberatore e vita. L’ultima volta, a
Canberra, il tema fu lo Spirito
Santo rinnovatore del creato.
Ad Amsterdam nel ’48 le
chiese presenti erano 147, a
Harare saranno 330. Cinquan’anni anni di Cec, di crescita e tensione verso l’ecumene lasciano però problemi
aperti, una certa caduta di vitalità. Problemi di partecipazione, di rappresentanza, perché la Chiesa cattolica, pur
dialogando in più modi non è
nel Cec ed è di questi ultimi
tempi il timore delle chiese
ortodosse che la preponderanza del numero in crescita delle chiese evangeliche sbilanci
troppo gli equilibri interni.
C’è anche una certa afasia
teologica, non sono più i tempi di Barth, di Nlebhur. Sul
Cec e la Chiesa cattolica ha
parlato Simone Morandini,
docente all’Istituto ecumenico
di San Bernardino di Venezia,
auspicando l’ingresso della
chiesa di Roma nel Cec e non
nascondendo che ove entrasse
come membro la Chiesa cattolica, il problema di rappresentanza sarebbe accresciuto per
via del fatto che la chiesa romana è la più grossa. «Sono
concomitanti - ha concluso questo giubileo dei 50 anni
del Cec e quello del 2000, non
sarebbe il caso di avvicinarli
su un terreno.condivisibile?».
Il pastore Luciano Deodato
nel 1991 era a Canberra come
inviato di La luce. Ricorda
che la varietà di abiti, fogge,
stili, riti, liturgie, simbologie
gli diede l’impressione dell'
universalità delle chiese ma
ricorda anche che era incombente la guerra del Golfo e
che fu difficile concordare un
documento di condanna. 11 tema di Harare è «Convertitevi
a Dio, rallegratevi nella speranza». Konrad Raiser, segretario del Cec, ha lanciato
l’idea di «un tavolo ecumenico comune», invitando non
solo i capi delle chiese ma tutte le parti del popolo di Dio.
8
PAG. Il
Delle ¥^lli "äldesi
VENERDÌ 4 DICEMBRE
Ci
CAMPO DI CALCETTO A FERRERÒ — Da qualche
giorno anche Ferrerò ha il suo campo di calcetto (foto);
rimpianto, di 20 metri per 40, occupa con le fasce di rispetto oltre 1.000 metri di superficie. Il campo ha anche un
impianto di illuminazione con pali di 9 metri di altezza e
una recinzione di 6 metri. Il manto, realizzato in erba sintetica, è stato stabilizzato con uno strato di sabbia del Ticino.
ANGROGNA VUOL CEDERE LE STRADE ALLA PROVINCIA — La richiesta non è nuova; tuttavia il Consiglio
comunale di Angrogna di giovedì scorso ha rinnovato in
modo pressante la richiesta alla Provincia di Torino affinché
si assuma la manutenzione delle principali strade. Il Consiglio ha quindi votato, unanime, ¡’assestamento di bilancio
che riesce a pareggiare solo con entrate straordinarie a fronte di uscite ordinarie. Al termine del Consiglio c’è stato un
confronto con i responsabili dell’Acca: i consiglieri hanno
spiegato problemi e disfunzioni e l’Acea, ribadendo la necessità di un consorzio, ha mostrato grande disponibilità ad
intervenire nei casi segnalati. A confermare che il Consiglio
non ha ancora trovato, dopo le vicende elettorali, la necessaria serenità, va segnalato che per la prima volta la minoranza
non partecipa aUa redazione del bollettino comunale.
CINGHIALE INVESTITO DA UN’AUTO — Dopo il cervo
della settimana precedente, sabato scorso è stata la volta di
un cinghiale: in piena mattina, all’imbocco della vai Pellice
di fronte al mobilificio Vandalino, un cinghiale di grossa
mole ha attraversato la provinciale mentre stava sopraggiungendo un’auto; inevitabili i danni e la successiva uccisione dell’animale rimasto ferito nell’impatto con il mezzo.
Sul posto sono intervenuti i carabinieri, gli agenti di vigilanza venatoria della Provincia e i veterinari dell’Asl.
LUSERNA SAN GIOVANNI: QUASI 200 MILIONI PER
L’ILLUMINAZIONE — Via 1° Maggio e piazza Partigiani avranno un nuovo sistema di illuminazione; il Consiglio comunale di Luserna San Giovanni di venerdì sera ha
approvato il progetto di massima per il rifacimento delle linee e dei punti luce. Per realizzare i lavori verrà sottoscritta
una convenzione con l’Enel e chiesto un mutuo di 191 milioni alla Cassa depositi e prestiti. Lo stesso Consiglio ha
approvato vari regolamenti e ha esaminato alcune proposte
di intervento in campo edilizio: in via 1° Maggio sorgerà
un’area artigianale di oltre 6.000 metri mentre potranno
prendere il via i lavori di ristrutturazione di tutto il complesso edilizio fra via Roma e via De Amicis.
SAN GERMANO: ARTIGIANATO ALL’ASILO — AH’
Asilo dei vecchi di San Germano, dall’11 al 31 dicembre,
dalle 14,30 alle 17,30, sarà aperta una mostra di Natale: proposte di artigianato artistico con un settore dedicato a specialità gastronomiche e a tante altre idee per i regali natalizi.
ANCHE BOBBIO VUOLE GLI OBIETTORI — Due obiettori di coscienza da utilizzare nel settore sport, scuola e assistenza; questa è la richiesta del Consiglio comunale di Bobbio Pellice avanzata nella seduta del 27 novembre scorso.
Durante la stessa riunione è stata affrontata la questione di
una possibile vendita dello stabile adiacente il mulino: non
vi è una decisione definitiva ma l’indicazione sembra andare
verso l’alienazione dell’immobile. Intanto a seguito delle ultime proposte presentate dal comitato promotore del parco
della vai Pellice, il Comune ha indetto una riunione pubblica
per le 21 di venerdì 11 dicembre, nella sala consiliare.
PINEROLO: AL VIA LA STAGIONE TEATRALE —
Apre i battenti la stagione teatrale pinerolese di prosa, che
prende il via giovedì 3 dicembre con «Agnese di Dio», con
Giuliana Lojodice e Fiorenza Marchegiani, e si concluderà il
6 marzo con «Rosanero» con Ottavia Piccolo e Micol Pambieri. Il programma 1999 prevede un alternanza continua tra
ambienti ed epoche diverse; si comincia infatti nel cupo monastero di «Agnese di Dio» per passare all’atmosfera dell'irrealtà che si respira in «Il riformatore del mondo», con
Gianrico Tedeschi, in cartellone il 21 gennaio, per tuffarsi
poi ne «Il gatto in tasca», con l’ambiente frivolo e vivacissimo di Feydeau, che racconta della Parigi prima della 1 guerra mondiale. Tutti gli spettacoli si svolgeranno al teatro Incontro di via Caprini, con inizio alle 20,45; il biglietto per il
singolo spettacolo costa 34.000, l’abbonamento 150.000.
EDGARDO POGGIO S.A.S. ASSICURAZIONI
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Via Raviolo, 10/A
Tei. 0I2Ì-79459Ó
10064 Pinerolo
FAX 0121-795572
Nostra intervista al direttore dell'azienda, Vincenzo Montuori
Nuovi obiettivi per la Caffarel
PIERVALDO ROSTAN
Da quasi un anno la Caffarel di Luserna San Giovanni è passata sotto la proprietà di una grande multinazionale del cioccolato, la
svizzera Lindt; davanti alla
notizia del cambio di proprietà ci fu anche qualche
preoccupazione per il futuro
dell’azienda così radicata nella vai Pellice e fino ad allora
proprietà di alcune persone
facenti capo alle famiglie
fondatrici (Caffarel, Bàchstadt-Malan, Prochet) della
metà del secolo scorso.
A distanza di un anno è
possibile valutare l’andamento dell’azienda, il grado di
coinvolgimento della «casa
madre», le prospettive dello
stabilimento lusernese. Che
cosa è cambiato? «E cambiato il modo di gestire l’azienda
- afferma il direttore, Vincenzo Montuori -; io sono un
manager mentre prima era il
proprietario che gestiva l’azienda da padrone. Per quanto riguarda invece le strategie
di produzione e mercato nulla
è cambiato: l’azienda andava
e va molto bene per cui non
intendiamo cambiare le linee
guida su cui ci si è mossi nel
corso degli anni. Il gruppo
Lindt è felice dell’acquisto di
Caffarel: un rharchio che risponde appieno ai canoni
dell’alta qualità su cui ci
muoviamo in tutto il mondo».
- In questo «matrimonio» i
due marchi vengono distribuiti spesso congiuntamente,
i prodotti Lindt come rappresentante del tipico cioccolato
svizzero, quelli Caffarel con
la loro tradizione alle spalle
e con la specificità del «gianduiotto» di iniiuhhia pro\cnienza torinese. Lsi\te rime
resse verso una distribuzioni,
congiunta anche aH'esiero '
«La priorità è quella di lavorare sul mercato italiano;
per i prossimi tre anni l’obiettivo è quello di rilanciare il
marchio Caffarel che forse
aveva un po’ perduto in brillantezza e smalto. Rispetto
all’estero si è sempre partiti
dal dato di fatto che le produzioni Caffarel, ottime sotto il
profilo del gusto ma anche
anche molto belle, potevano
essere proposte fuori dai confini italiani; questo però è avvenuto senza una precisa strategia. Se si volessero affrontare in modo puntuale i mercati esteri dovremmo assicurarci di avere un prodotto che
vada incontro ai desideri dei
potenziali consumatori».
- I prodotti Caffarel si trovano soprattutto nelle pasticcerie; si trova un po’ tutto
quel che si può fare col cioccolato oltre alle caramelle...
«Abbiamo una gamma di
prodotti che supera le 800 referenze; questo condiziona
tutto il nostro modo di lavorare: dobbiamo infatti avere
tanti piccoli macchinari in
grado di produrre quello che
viene offerto al mercato. Possiamo dire di essere un’azienda a metà fra l’industria e
r artigianato pur se con 470
dipendenti e un fatturato netto di 90 miliardi.»
- Quali le prospettive?
«Abbiamo intenzione di
crescere ancora; già quest’anno stiamo investendo parecchi miliardi per rifare tutto il
tetto. Ma stiamo anche acquistando nuovi macchinari, investendo sull’informatizzazione per puntare ad aumentare ancora i livelli di produzione nel mercato italiano».
- Caffarel ha almeno in
parte cambiato anche le sue
strategie di pubblicità; quest’anno l’azienda lusernese
sponsorizza la squadra di basket in serie B a Torino...
«A Torino stiamo aiutando
una società che in passato ha
avuto momenti esaltanti e che
oggi è in difficoltà. Tra l’altro
in gruppo Lindt appoggia anche la pallacanestro Varese.
In futuro investiremo sicuramente in azioni pubblicitarie
di un certo rilievo per diffondere il marchio e per far capire che il cioccolato è un alimento naturale e ricco. Oggi
l’Italia ne consuma 3 kg prò
capite l’anno mentre in Svizzera se ne mangiano 12 e in
Francia 6; dunque pensiamo
ci sia ancora molto spazio per
un cioccolato di qualità».
Interrogativi sorti in un'assemblea di chiesa a Pinerolo
Il problema dell'ora di religione
PAOLO F. RIBET
A gennaio i genitori che
hanno dei^figli in età
scolare e i ragazzi delle scuole superiori che hanno raggiunto la maggiore età dovranno scegliere se avvalersi
o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica: la nostra comunità ha ancora la volontà e il dovere di
dare delle indicazione, dei
consigli, dei suggerimenti su
questa scelta? Oppure questo
è un argomento che riguarda
la coscienza individuale sulla
quale è poco elegante e poco
opportuno intervenire, a rischio di essere considerati integralisti o nostalgici?
Oggi l’ora di insegnamento
della religione cattolica è diventata un argomento di discussione e di dibattito sui più
diversi argomenti che interessano i ragazzi e i giovani, nella quale vengono sempre più
affrontati in modo «aperto» le
diverse posizioni: temi etici,
sociali, politici, principi di solidarietà, il mondo del lavoro.
Aids e droga, tutti quegli argomenti in fondo che spesso
lamentiamo non venire affrontati nel curriculum scolastico dei nostri figli: e allora
perché continuare in una battaglia di principio per «non
avvalersi» di questa occasione
che ci viene offerta?
L’assemblea di chiesa di Pinerolo si è posta questo interrogativo, nella convinzione
che troppo spesso i genitori e
gli studenti non siano informati correttamente sui termini
della questione: dietro al linguaggio burocratico delTavvalersi o non avvalersi delrirc infatti dobbiamo ricordare che il Concordato dell’84 e
la successiva intesa FalcucciPoletti hanno introdotto una
normativa che permette a insegnanti scelti dall’autorità
ecclesiastica di entrare a pieno
titolo nella scuola pubblica, al
di là di ogni graduatoria e di
ogni requisito previsto per gli
altri insegnanti della scuola
statale; questo non è soltanto
un elemento di frustrazione
per tutti quegli insegnanti che
hanno svolto con fatica il loro
curriculum di precarietà per
anni, ma in realtà rappresenta
un elemento di notevole discriminazione all’interno della
scuola stessa.
Ci sembra necessario, pertanto, che i genitori siano
informati sul fatto che questa
ora era ed è prevista per un
insegnamento di tipo confessionale, da cui il diritto di
«non avvalersi»; negli anni in
cui il dibattito su questi temi
era molto più vivace di adesso ci siamo ritrovati a condividere queste opinioni con
molti genitori cattolici praticanti: molti di loro condividevano con noi il principio che
l’educazione alla fede fosse
prerogativa delle singole comunità e delle famiglie, lasciando alla scuola l’educazione al pluralismo e alla crescita critica dei ragazzi.
Per questi motivi crediamo
che la battaglia contro Tire
nella scuola pubblica sia e rimanga un elemento di chiarezza che non può essere antiecumenico, ma invece può
aiutare l’ecumenismo, nella
misura in cui ognuno cerca di
confrontarsi con l’altro non
nascondendo la propria identità ma riscoprendola in un
confronto per raggiungere una
crescita comune. Tanto meno
il rifiuto di un insegnamento
confessionale o la difesa forte
del pluralismo e della laicità
della scuola pubblica possono
essere interpretati, come qualcuno cerca di insinuare, come
una guerra di religione.
Nella nostra assemblea non
abbiamo avuto il tempo di affrontare l’argomento dibattuto a livello nazionale in questi
giorni, la «parità scolastica»,
altro argomento sul quale dovremo ritornare presto, né
sull’argomento più generale
dei rapporti tra chiesa e stato
e sulla ripresa della riapertura
di un dibattito sul Concordato, che a alcuni di noi sembra
Incontro a Pinerolo^
A 60 anni
dalle leggi
razziali
DAVIDE ROSSO
LILIANA
«N el sessantenario (
1 istituzione delle q
gl razziali da parte del fasd-i^lppo f
smo nel nostro paese per noi* " pemsa
importante non solo il ricordi parte
di quei momenti tragici,^' J¿ch£
anche il riflettere sul razzisi,' 724 novei
ingenerale, anche quello di'“ del f
oggi». Con queste parole il, J Ermin
preside del liceo scientifico, fodi «trian
Mane Curm di Pinerolo. G», ^ ai tre <
tano Leo, ha aperto l’incontio ¡l'la Sk
pubblico dal titolo «La stoni fomirebl
/-lì f-iittì nr»ì\\. /-'h/a ci à 1
di tutti noi» che si è tenuto
^1 concedei
venerdì 27 ottobre all’andito., Lio adiac
rium di via dei Rochis aPino Ito il C(
rolo. Al momento di riflessio- ¡jjdale pe
ne organizzato dal liceo di Pi
, . , ■■¿ofessional
nerolo sono intervenuti trag! jj^mersi la ;
altri l’insegnante e ricercato» J^iategrand
Alberto Cavaglion, Fabio Ufe „gì setto
vi, docente di storia contení, „con altri
poranea all’università di Toii.! ¿la piccola
no, e David Sorani, insegnan-j dell’artigia
te di storia. 'ojnunitàmc
Nel corso dell’incontro gii jto è la loc
oratori hanno ripercorso Ifi iQ^ile e la ì
tappe della situazione storia’, spoltre alla
e sociale degli ebrei in Italia,, ¿ne al C(
dall’inizio del secolo a quel, nllo, tramit
fatidico 1938 in cui furonei ominare u
emanate le «leggi razziali», orretta atti
con l’intento di approfondite, Tintimi del (
la riflessione su un momento.i imo dovrà p
infelice della nostra storia,a ie del Cent
«Il ricordo - ha detto Fabio; tetico del c
Levi - non vuole e non dew! Delalmecct
essere rituale ma oggi, più á augurato nt
qualche anno fa, si sente la ilùnento, sv
necessità di una maggior ri- ività con mi
flessione etica rivolta a quel ambi con 1
periodo». Nella sua relazioae U minora
David Sorani ha mostrato co-jionla bontà
me a inizio secolo, partendo
da una situazione di emarginazione, le comunità ebraiche italiane stessero percorrendo la strada dell’integrazione e che la reazione del
mondo ebraico alTavvenlo
del fascismo fu costellato dì
un ventaglio assai diversificato di posizioni. Le cose
però cominciarono a precipitare negli Anni 30 e con il,
1938 definitivamente.
«Quello che è successo do TTnadom
po l’emanazione delle legS_ v te Fine
razziali - ha proseguito Levi ^follettivo
può essere suddiviso in
P, una ve
periodi, un primo che vada! eggono in
’38 al '43 in cui si insisteai '«more di
un antisemitismo introdoW ®opresidal
dall’alto per decisione poWca, in cui l’antisemitismo c
le istituzioni arriva alla *®''
cietà, e un secondo peri®
dal ’43 al ’45 in cui con 1
cupazione nazista molti » -
chi di nominativi di
ebree prodotti nella priina
vengono utilizzati e n
degli ebrei italiani
deportati». Nel periodo 3
l’atteggiamento degli
italiani è di indifferenza 11
cambia dopo il
emerge la solidarietà e
«altri» aiuteranno gli su'"®*'
P"® un tesi
Amplesso e
e eh
^dentro e c
®sione di u
*<iiun’altr,
necessario e importante: ci
siamo limitati a invitare i presenti a sottoscrivere il manifesto laico firmato da Giorgio
Bocca, Alessandro Galante
Garrone e altri, comparso in
questi giorni su alcuni organi
di informazione. Abbiamo infine deciso di costituire una
commissione di lavoro per
stilare un documento informatico da inviare a tutti i genitori della nostra comunità.
croci ugonotte iD
oro e argento
tesi
delmastr®
(gioielli)
viatriesteZi*
tei. onl/397f
Pinerolo (T®'
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grafia nel
i^ultura
9
)14 dicembre 1998
Yaui ¥vldesi
PAG. Ill
ieroloi||j chisone e Germanasca
;entro servizi per
sviluppo locale
UUAN^yGUEU^
5Ì0 de|.i a discussione sul progetto
delle bl yn Centro servizi per
del fasci.§^vd‘uppo locale con sede a
Pernoi^af Perosa ha occupato una
. ^na parte della seduta del
tgici, u, “ j Po che si è tenuto mar'■^zisitoj ^24 novembre. Nell’esporione del progetto il presiParoleii ¡„te, Erminio Ribet, ha parcienti% III d’j «triangolazione», allurolo, Gae. ai tre enti che vi hanno
l’incontio ¡[te; la Skf Industrie Spa,
=<La storia, ^ fornirebbe i locali necesè tenuto ^ concedendo in affitto un
ìll’audito- ¡ficio adiacente allo stabilids aPiaj, ijato, il Consorzio interairiflessioi; ¡cadale per la formazione
iceodiPi. [ofessionale che dovrebbe
luti tra gli jjamersi la gestione del Cenicercatoto j integrando la propria attiFabio Le, jj| „el settore metalmeccania conten. „con altri servizi a favore
tà di Tori-, dja piccola e media impresa
insegnai delfartigianato, e infine la
' lomunità montana il cui comcontrogi ito è la locazione dell’imrcorso Ifj jobiie e la sua ristrutturazione storittj e, oltre alla successiva sublod in Italia adone al Consorzio e al con)lo a quel ^Ho, tramite un comitato da
ui furoiOt ominare a cose fatte, sulla
razziabj orretta attuazione dei proorofonditti fammi del Centro. Quest’ulmomentO; mo dovrà prendersi cura an;ra stori! he del Centro museale e dietto Fabia attico del cuscinetto e della
non deve: aetalmeccanica, da poco
ggi, più di laugurato nel locali dello stai sente li lilimento, sviluppandone l’ataggior ri-, ività con mostre, convegni e
ilta a quel ambi con l’estero.
I relazione La minoranza ha contestato
rstrato co- mia bontà dell’iniziativa ma
, partendo
li emargi-^
lità ebrairo percot11’integra.zione del
r avvento
stellato à
diversifi. Le cose
a precipi3 e con il,
te.
ccesso do
lelle legiì' ^ te l’incontro mensile del
aito Levi-’ "Collettivo teologico Miegiso in due ¡e», una ventina di persone
che vada eggono insieme Timore e
insiste ad^ tenore di Kierkegaard. SiaintrodoW' Do presi dalla passione di caone pobtj' un testo affascinante e
itismo dal' complesso e più ancora dalle
a alla str;; wniande che ciascuno si por
0 perioda’ •adentro e che aspettano l’oc
1 con l’oi' ®a®ne di una risposta 0 fornolti eb ®di un’altra domanda che ridi persone; la ricerca e impedisca la
prima fa* colazione del ripiegamento
e il 18^ 1^ stessi. Le parole del teo
la scarsa chiarezza delle informazioni e non ha partecipato
alla votazione. Ha raccolto invece il consenso generale l’ordine del giorno di protesta per
le modifiche alla legge sulla
montagna proposte in sede
parlamentare: in questo modo
le Comunità montane sarebbero declassate a semplici associazioni di Comuni senza
autonomia statutaria, perdendo ogni possibilità di programmazione e gestione del
territorio e anche una bella
fetta di finanziamenti tratti da
un fondo specifico.
Tra gli ordini del giorno approvati, l’accordo di programma per l’integrazione formativa e lavorativa delle persone
disabili nelle aziende. Si tratta
di un progetto della Provincia
di Torino che prevede la formazione di educatori, i quali a
loro volta aiutino le persone
con handicap a sviluppare le
loro capacità, a volte non immediatamente percepibili, di
svolgere un lavoro che giustifichi l’inserimento in un’azienda specifica. Queste a loro
volta dovrebbero far conosce^
re le loro disponibilità e i requisiti necessari. Si è poi riparlato dei parcheggi a servizio dell’ospedale di Pomaretto, realizzati in occasione dei
Mondiali di sci di Sestriere,
con la spesa di 250 milioni. I
parcheggi sono utili sia
all’ospedale sia alla popolazione di Pomaretto, perciò la
Comunità montana li ha ceduti gratuitamente al Comune.
Riflessioni dalle chiese
La predestinazione
PINUCCIA CORRIAS
FRANCESCA SPANO
I Tua domenica sera, duranf U te l’incontro mensile del
li ebrei
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odo ’387 ^®dono la storia di Abragli «altri* 0 iiiusualmente vicina:
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13 quaflù? Il dramma che lo attanatà e fflfi J saputo dire sì a Dio.
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btin "Fuinprensibile: la pretic«^^^'°iie. Ma dentro a un
Venta quella parola di
luminante e condivisa.
^ agape
svoUpl dicembre si
*ione
coiitn «Ricordo, racl’autobio
anche per chi protestante non
è e non intende diventarlo:
credere alla predestinazione
oggi significa vivere la propria vita nella certezza di farlo alla presenza e nella grazia
di Dio, una presenza che dà
senso alle infinite incertezze
che ci travagliano.
Ascoltiamo consolati e rassicurati: si può vivere nella
certezza della presenza di Dio
anche senza i precetti e le
normative che il tempo in cui
viviamo sembra richiedere e
imporre, che circoscriverebbero in comportamenti rigidi
il senso della nostra fedeltà,
ma che non ci parlano più e
che ci risulterebbero posticci.
Questo non significa che il
nostro agire diventai irrilevante, perché comunque
comporta conseguenze signi-ficative per l’altro con cui ci
relazioniamo; ma solo che
comunque non interromperà
il filo con cui Dio ci tiene legati a sé. Ma da quel senso di
consolazione siamo nuovamente chiamati a vigilare: rischiamo anche, ci viene ricordato, di ambire tutti a vivere
la fede nella dimensione che
Kierkegaard descrive come
quella del «cavaliere della fede», senza radici, senza effettivi legami comunitari, senza
concreta vita di relazioni. Più
che cavalieri della fede dovremmo desiderare di diventare apostoli, costruttori e costruttrici di comunità, di luoghi reali e non solo mentali e
occasionali, per noi stessi e
per chi sta ancora cercando il
modo «incarnato» e quotidiano di vivere la fede. Ma certo
questo è più difficile della
frequentazione mensile di un
collettivo teologico.
Due film presentati al Festival del cinema giovani di Torino
Personaggi e immagini di valle
FEDERICA TOURN
Se si taglia la Iosa seguendo una vena imperfetta la
pietra si spacca: dividere la
pietra in lastre uniformi sfruttando le vene naturali del materiale è infatti un lavoro di
precisione che va fatto con
pazienza e cautela, se si vogliono ottenere le lose che
tutti conosciamo. «La vena
imperfetta» è anche il titolo
del video di Tonino De Bernardi, girato pochi mesi fa in
vai Pellice e presentato nel
corso della sedicesima edizione di Torino film festival (Cinema giovani), che si è chiuso domenica scorsa a Torino.
Un documentario di 52 minuti che affianca alla vita dei
contadini dell’alta valle la
cultura e le tradizioni valdesi.
La telecamera riprende i lavori dell’agricoltura di montagna e i sentieri dei pochi
che ancora salgono all’alpeggio d’estate con le bestie e li
offre così come sono allo
spettatore, che vede come si
nutrono i maiali («vero salvadanaio del contadino»), come
si fa il pane in casa («solo il
sabato, però»), le interminabili rastrellate dei nostri prati
in salita.
In mezzo a queste immagini compaiono volti conosciuti
(da Augusto Comba a Pietro
Granerò della tipografia Subalpina, al pastore Giorgio
Tourn, solo per citarne alcuni) a raccontare la nostra storia e la nostra chiesa per accenni (la responsabilità di
fronte alla comunità, le lotte
contro i Savoia, il generale
Beckwith e le Patenti di Grazia) mentre il regista inquadra
il falò del 17 febbraio al Sibaud, con tanto di canto del
Giuro in francese. I contadini
ripresi nei campi o nelle cucine davanti al pótagè parlano
in patuà delle rappresaglie dei
tedeschi durante l’ultima
guerra e della vita delle bor
Ai fratelli
valdesi
Cari fratelli valdesi,
sono un vostro fratello in
Cristo di non più verde età di
confessione battista. Sono
stato sempre attratto dalla vostra storia, dalle lotte che avete combattuto, anche fisicamente, per affermare la vostra
libertà di fede; e di ciò abbiamo beneficiato tutti noi evangelici, che abbiamo dunque
un debito di riconoscenza nei
vostri confronti.
Nella seconda metà degli
Anni 40 (ero un ragazzo), mi
sono alimentato spiritualmente anche dei messaggi di fede
lanciati da quella rivista
(L’amico dei fanciulli) che
perveniva mensilmente a noi
ragazzi della scuola domenicale della chiesa di Civitavecchia, diretta dalla cara Selma
Longo; ne conservo ancora
gelosamente la raccolta, pressoché completa, degli anni
dal 1947 al 1951.
I miei primi contatti con voi
risalgono ai tempi della costruzione del Villaggio di Santa Severa, durante i campeggi
estivi quando, piccolo operoso
manovale, ho dato il mio modesto contributo nei lavori di
scavo delle fondamenta e di
erezione della recinzione
provvisoria: ricordo ancora le
profonde lezioni del prof.
Giovanni Miegge (ho conosciuto allora il figlio Mario),
« w %
Í0I4P.
Un’immagine dei fiim «La combattente» dedicato a Frida Malan
gate ora vuote, come la montagna che loro ancora abitano
con la tenacia e la lucidità degli ultimi sopravvissuti. «Il
contadino ciabouté è finito concludono - così è dappertutto, d’altra parte».
E allora perché De Bernardi per documentare la montagna che si spopola e i mestieri che si perdono è venuto
proprio dalle nostre parti?
«Mi piacciono gli eretici - risponde il regista sorridendo sono stato 5 mesi in vai Pellice perché avevo bisogno di
stare a contatto con il territorio e con la montagna in particolare; vivere in mezzo a
queste persone è stato rigenerante per me, e spero che questo traspaia dal mio lavoro».
Chi non ha avuto occasione
di vedere il video, non si
preoccupi; De Bernardi ha
detto che verrà presto nelle
Valli a presentarlo. E anche
se non ha avuto modo di approfondire r «identità valdese» della vai Pellice, questo
lavoro ha anche in questo
senso almeno il pregio di sollevare dei dubbi nel pubblico
del festival internazionale
(«Interessanti questi valdesi ha commentato una ragazza
dopo la proiezione - ricordano un po’ i protestanti»); e
comunque grazie per aver
evitato le cuffie bianche del
costume tradizionale.
Un altro video, di 26 minuti, presentato a Torino film
festival che vale la pena di
segnalare è «La combattente»
di Adonella Marena, che vede
come protagonista Frida Malan e i suoi ricordi di partigiana, uniti a brevi riflessioni sul
passare del tempo e sui luoghi che negli anni si trasformano. Nell’incontro con una
ragazza di 18 anni, Ilaria Micossi, emerge una Frida Malan che canta Le prisonnier
de Saluces, riflette sulla forza
dell’intelligenza, sulla bellezza che da giovane non si è accorta di avere e sulla necessità di scegliere, di non vivere
una vita neutra. È contenta di
questa esperienza («Pensa un
po’ - mi dice - fare un film
alla mia età») orgogliosa soprattutto di aver portato la regista a filmare la vai d’Angrogna («È la prima volta che
succede!»). Un documentario
che è anche un po’ fiction, in
cui è senz’altro lei, Frida, a
risaltare su tutto per la spontaneità di gesti e parole
gli studi biblici e le riunioni di
preghiera in comune.
E per tutto ciò, e ancora per
tanti altri ricordi di luoghi, di
circostanze, di persone che a
distanza di tantissimi anni
(nel 1961 mi trasferii in Sardegna per motivi di lavoro)
ho deciso la scorsa estate di
visitare, quasi con spirito di
pellegrino, le valli valdesi, di
cui già conoscevo in buona
parte la storia, la geografia, la
toponomastica, gli usi e costumi, conoscenze ravvivate
dalla lettura settimanale del
L’eco delle valli', in più ricorreva il 150“ anniversario delle
Lettere Patenti, che accresceva il mio interesse in vista di
iniziative culturali e di fede
che erano state preannunciate
nei vari programmi culturali
variamente diffusi.
Nella mia iniziativa sono
riuscito a coinvolgere (facilmente, a dire il vero, per l’interesse culturale da loro dimostrato) sia mia moglie, di
fede cattolica, sia due coniugi nostri amici provenienti
dalla Sicilia, cattolica non
praticante lei, agnostico il
marito. Durante i preparativi
del viaggio e nel corso dello
stesso ho avuto modo di illustrare le caratteristiche della
zona e dei suoi abitanti, nonché la specificità della loro
confessione di fede. Siamo
stati ospiti in Torre Pellice di
fratelli appartenenti all’Esercito della Salvezza e tra essi
anche di un mio nipote responsabile del Centro vacanze di Bobbio Pellice. La vacanza si è protratta per quindici giorni, durante i quali
abbiamo potuto godere delle
bellezze dei luoghi e della
tranquilla convivenza della
popolazione della zona. Ma
in particolare abbiamo avuto
la fortuna di partecipare a
conferenze, dibattiti e riunioni spirituali di forte edificazione, che hanno poi fornito
l’occasione di riflessioni anche da parte di mia moglie e
dei nostri amici.
In questa nostra esperienza,
tuttavia, ci siamo trovati d’accordo nel rilevare un piccolo
neo, forse dovuto piuttosto a
diversità di indole degli abitanti della zona rispetto a noi
di provenienza dal CentroSud dell’Italia: nei rapporti
interpersonali abbiamo dovuto prendere noi l’iniziativa,
presentarci, rompere (per così
dire) il ghiaccio: dopodiché il
contatto poteva essere stabilito con discreto calore e buona
accoglienza. Forse questa mia
testimonianza, per chi avrà la
pazienza di leggere queste righe, potrà essere motivo di riflessione, importante credo,
nei casi in cui l’accoglienza
deve essere rivolta a non credenti, forse soltanto turisti in
cerca di bei luoghi e curiosità
di natura storico-sociologica,
ma nei cui confronti forse vale la pena di gettare un piccolo seme della Parola. Torna
qui acconcio parlare, parafrasando alcuni passaggi di una
recente meditazione di Claudio Tron (La festa dell’incontro): «Il culto (al quale abbiamo partecipato) è festa dell’incontro tra credenti, incontro con Dio ma anche con tutta l’umanità...».
Piero Pili - Nuoro
Nelle
Chiese
Valdesi
BOBBIO PELLICE — Riunione quartierale martedì 8
dicembre alle 20 al Podio.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Studio biblico giovedì
10 dicembre alle 20,45 al
presbiterio su «Un po' di storia dei battesimi».
PERRERO-MANIGLIA —
Riunione quartierale alla
Baissa giovedì 3 dicembre alle 14,30. Domenica 6 dicembre, alle 19, nella sala attività, incontro con cena con
l'animatore giovanile del circuito Patrick Stocco.
PINEROLO — Martedì 8
dicembre, dalle 14,30, si tiene il consueto bazar.
POMARETTO — Riunioni
quartierali: venerdì 4 alle 15
all'Inverso Clot, lunedì 7 alle
20 ai Masselli mercoledì 9 a
Pomaretto alle 20,30, giovedì
10 alle 15 all'Inverso Paiola.
L'Unione femminile si riunisce il 9 dicembre alle 14,30
all'Eicolo grando. Lunedì 7,
dalle 19, all'Eicolo grando,
cena e incontro con l'animatore giovanile Patrick Stocco.
PRALI — Sabato 5 dicembre, dalle 19, nella sala, incontro e cena con l'animatore del 3“ circuito Patrick Stocco. Domenica 6 dicembre culto con santa cena e insediamento del nuovo anziano
Giovanni Peyrot. Le prossime
riunioni quartierali, sul tema
«Venga il tuo regno, sia fatta
la tua volontà in terra come
è fatta nei cieli» saranno il 4
dicembre a Orgiere, il 7 a Cugno, l'8 a Giordano-Pomieri e
11 9 a Villa, alle ore 20.
PRAROSTINO — Riunioni
quartierali: mercoledì 9 dicembre alle 20,30 al Collaretto, giovedì 10 alle 15 ai Gay.
RORÀ — Giovedì 3 dicembre, alle ore 20,30, riunione
quartierale alle Fucine: riflessione biblica e studio sul te
ma «I rapporti con le altre
chiese evangeliche dal documento "L'ecumenismo e il
dialogo interreligioso"». Venerdì 4 dicembre, alle ore
20,45, nella sala comunitaria
incontro del gruppo teatro.
SAN SECONDO — Riunio
ne quartierale a Prima giovedì 10 dicembre alle 20,30.
TORRE PELLICE — Riunio
ni quartierali: venerdì 4 alla
Ravadera, martedì 8 all'Inverso, mercoledì 9 ai Cha
briols. Lunedì 7 dicembre se
condo appuntamento con
«L'ora della Bibbia», dalle
20,45 alle 21,45 al presbite
rio. Domenica 6 dicembre
alle 15, alla Casa unionista
l'incontro dell'Unione femminile propone la ricerca
della socia Bruna Avondetto
Ribotta sulla croce ugonotta.
VILLAR PELLICE — Riu
nioni quartierali (ore 20,30):
venerdì 4 dicembre al Serre,
martedì 8 alla borgata Garin.
VILLAR PEROSA — Do
menica 6 dicembre, a partire
dalle 15, alla foresteria si tie
ne il pomeriggio di solida
rietà con bazar.
VILLASECCA — Riunion
quartierali; martedì 8 dicembre a Pian Faetto alle 20,
mercoledì 9 alla Roccia alle
20. L'Unione femminile si
riunisce il 10 alle 14,30.
SIBILLE
DISCHI
CHIUDE
UQUIDAZIONE
TOTALE
dal 1“ ottobre
al 31 dicembre
Sconti
dal 30% al 70%
Torre Pellice
P.za Gianavello 28
tei. 0121-932919
10
PAG IV
HOCKEY SU GHIACCIO
Valpellice sfortunata a Belluno con lo Zoldo che la precedeva di un punto in classifica: i biancorossi hanno tenuto
per due tempi e sono stati superati nel terzo. Risultato finale 6-4 per i veneti. A Belluno i giocatori di casa sono andati subito in vantaggio ma i
biancorossi di Rivoira si sono
rifatti sotto, prima pareggiando con Marchetti e poi passando in vantaggio con De
Luca; fallite varie occasioni
per andare a rete i piemontesi
sono stati raggiunti sul 2-2 a
metà del secondo tempo ma
presto si sono riportati in vantaggio con Pellegrini. Il pareggio veneto è arrivato a un
minuto dal termine del secondo tempo. L’ultima frazione
ha visto la Valpe Sparea condizionata dagli infortuni di
Berti che neppure è sceso in
pista, di De Zordo, Melotto e
Marchetti: a corto di fiato e di
idee i valligiani hanno subito
r uno-due degli avversari e si
sono trovati sul 3-5. A 37”
dal termine Vasicko ha ridato
speranze alla Valpe che a
quel punto ha fatto uscire il
portiere per tentare l’estremo
recupero:in contropiede i locali hanno però segnato la rete del definitivo 6-4. Prima
vittoria in trasferta per l’HC
Valpellice Sparea invece sabato sera a Pel tre con l’ultima
in classifica: i biancorossi si
sono imposti nettamente per
8-3. I valligiani sono andati
in rete la prima volta dopo
appena 3’ di gioco e hanno
chiuso in vantaggio il primo
tempo già per 4-1. Nelle altre
due frazioni spazio ai più giovani e nel finale anche al secondo portiere Malan. Per la
cronaca le reti sono state realizzate 3 dal terzino goleador
De Luca, 2 dal ceco Vasicko
ATLETICA LEGGERA
PALLAMANO
L'ISOLA CHE
NONC'ERA
ADESSO CE!
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LÍ6HAME
BimimOMBRAHTI
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PHEUMAVa
USUKAV
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PUÍ
BiFitmwssia
nocivi DOMESTia
lAJÌIHE
AUUMIHIO
FIÀSTICA
CAUTA
ABEA UATEBIAllfERBOSI
... adesso c'è oTorre Pedice, Luserno e Pinerolo.
Le isole sono aree sovracomunali organizzate per la raccolta differenziata, dove ogni tipo di materiale
viene raccolto in un cassone specifico. In guasto modo i diversi rifiuti non finiscono più in discarica ma
vengono smaltiti in modo differenziato per essere riciclati. Dal vetro all'alluminio, dalla carta allo
plastica, dai rifiuti ingombranti agli olii minerali, dagli accumuloton esauriti ai pneumatici non più
utilizzabili, dai meàinali alle pile.
L'isolo che non c'era adesso c'èl... mino a caso tua.
CONSORZIO
Diritto Qll'ornbiente
CONSORZIO ACEA ENERGIA AMBIENIE
Via Vigone, 42 - 10064 PINEROLO - Tel. Oì 21 /2361
E Eco Delle ^lli "\àldesi
VENERDÌ 4 DICEMBRE ■
e una ciascuno da Volante,
Cicilano e Berti. In virtù di
questU vittoria il Valpellice
sale a 13 punti agguantando
l’Auronzo al 6° posto; e proprio i cadorini saranno a Torre Pellice giovedì 3 dicembre
in un confronto che si annuncia di grande intensità.
Torna domenica 6 dicembre, lungo i prati che circondano gli impianti sportivi, il
«Cross di Luserna» giunto alla
18“ edizione; ci sarà il meglio
del mezzofondo piemontese,
oltre ad atleti di varie altre regioni italiane e dalla vicina
Francia. Ci saranno anche varie gare giovanili e una manifestazione denominata «Cross
per tutti» a livello amatoriale;
¡’inizio delle gare è alle 9,30.
Intanto è decollata dal Pinerolese l’edizione ’98-99
dei giochi sportivi studenteschi: duecento allievi in rappresentanza di istituti pubblici e privati della zona si sono
ritrovati in zona San Lazzaro
a Pinerolo divisi in quattro
categorie. A livello istituti il
liceo Curie ha dominato
mentre fra i singoli i successi
sono andati fra gli allievi a
Stefano Michelis, fra le allieve a Vittoria Brighenti e fra
gli juniores a Federica Bertin
e Alessandro Bizzi.
Ancora in difficoltà, soprattutto per problemi di disponibilità di giocatori, per il 3S in
serie C di pallamano: a Torino con la seconda formazione
del Città giardino i pinerolesi
sono stati battuti per 24-13
dopo un primo tempo chiuso
sull’11-7. Prossimo incontro
per la C il 13 dicembre, ore
11,30 a Pinerolo con il Biella;
l’under 19 giocherà il 5 a Torino col Città giardino.
4 dicembre, venerdì — LUSERNA SAN GIOVANNI:
Nella sala mostre, alle 20,45,
conferenza su «La donna nelle
religioni monoteiste»: relazioni
di B. Laudi Terracini, religione
ebraica, M. A. Bona Pignatelli,
religione cattolica, D. Di Carlo,
religione valdese, S. Benkhdim, religione islamica.
4 dicembre, venerdì —
TORRE PELLICE: Alle 21
nella sala consiliare dibattito
su «Il diritto per i diritti»,
l’istituzione della corte internazionale per i crimini di guerra contro l’umanità e la pace:
interverrà Marco Bertotto, della circoscrizione Piemonte e
Valle d’Aosta di Amnesty International.
4 dicembre, venerdì — PINEROLO: Al teatro Incontro,
alle 21,15, va in scena «Nico»,
presentato dalla compagnia
Cada die Teatro, di e con Alessandro Lay, in occasione della
giornata mondiale per la lotta
contro l’Aids. Ingresso lire
15.000, ridotto 10.000.
4-8 dicembre — PEROSA
ARGENTINA: Nei locali della Croce Verde si potranno visitare le esposizioni, in occasione dei 10 anni del magazine
«Ecomese», delle vignette originali di Giuliano Rossetti
«Dieci anni di storia d’Italia» e
«Il frutto dell’immaginazione», ovvero nature morte rese
vive della fantasia con fotografie di Mauro Cinquetti.
5 dicembre, sabato — PINEROLO: Alle 20,45, nel
tempio, concerto in favore
dell’associazione «Mai soli».
5 dicembre, sabato — PINEROLO: Alle 15, all’Hòtel
Cavalieri, dibattito su «Il futuro delle piccole e medie imprese, il ruolo della grande industria e il destino del lavoro autonomo»; interventi di G. Morgando, sottosegretario al ministero deirindustria, E. Passone.
5 dicembre, sabato — PINEROLO: AH’auditorium del
Liceo scientifico, alle 21,15, il
Gruppo teatro Angrogna presenta «Fort Village».
5 dicembre, sabato —
TORRE PELLICE: Dalle 9
alle 12 nella zona pedonale
manifestazione con tavolini,
raccolta firme e manifesti, a
cura dell’Associazione pace
vai Pellice e Amnesty International; alle 20 accensione di
una candela sulle finestre di
tutta la Valle in difesa dei diritti umani per tutti.
5 dicembre, sabato —
TORRE PELLICE: Alle ore
20,45, al teatro del Forte, serata speciale con la compagnia
Nautai che presenta «Nyna e
Yann». Ingresso lire 6.000.
5 dicembre, sabato — LUSERNA SAN GIOVANNI:
Alle ore 21, nel tempio, concerto di Natale del Gruppo corale-strumentale «Musica nuova» di Vaie (vai di Susa) diretto dal m.o Sergio Merini.
6 dicembre, domenica —
PINEROLO: Al Centro sociale di via Lequio, per il corso di
orticoltura biologica, preparazione del compost.
6 dicembre, domenica —
TORRE PELLICE: Alle 16,
al teatro del Forte, va in scena
«Lupusinfabulae», presentato
dalla compagnia Nautai, nell’ambito della Rassegna per
adulti e bambini «Domenica in
tre, a teatro con mamma e
papà», ingresso lire 6.000.
6 dicembre, domenica —
LUSERNA SAN GIOVANNI: Nella chiesa S. Giovanni
Battista, alle 21, concerto della
banda cittadina di Torre.
6-7 dicembre — BIBIANA:
Alle 9 di domenica 6 apertura
del mercato di animali da cortile; alle 12, nel salone delle
scuole medie, pranzo del bue;
alle 21 serata danzante nel salone delle scuole medie; alle 9
di lunedì 7 apertura della fiera
e meeting zootecnico; alle
12,30, nel salone delle scuole
medie, pranzo a base di carne
di bue nostrano; alle 19 cena di
chiusura con orchestra nel salone delle scuole medie.
8 dicembre, martedì — PINEROLO: All’Associazione
Stranamore, ore 21,15, proiezione di «Racconto d’inverno»
di Eric Rohmer.
8 dicembre, martedì —
TORRE PELLICE: Per le vie
del paese, dalle 8 alle 18, fiera
e mercatino biologico.
9 dicembre, mercoledì —
LUSERNA SAN GIOVANNI: Dalle 16 alle 19, alla scuola media «De Amicis» esposizione degli oggetti provenienti
dal centro «Rishilpi» del Bangladesh, in solidarietà con le
popolazioni più povere di
quella nazione.
10 dicembre, giovedì —
TORRE PELLICE: Per FU
nitrè, alle 15,30 nella biblioteca della Casa valdese, conferenza della dottoressa Annia
Albani su «Viaggio in Sicilia»,
diapositive commentate.
10 dicembre, giovedì —
TORRE PELLICE: Alle ore
21,15, al cinema Trento, l’Associazione pace e il Gruppo
Italia 90 Val Pellice Amnesty
International presentano il film
«Il destino» di Y. Chanine.
11 dicembre, venerdì —
TORRE PELLICE: Alle ore
20,45, alla Bottega del possibile, per il Gruppo di studio Val
Lucerna, Alberto Corsani parlerà sul tema «Poesia della
città: il cinema dagli Anni 20
ai giorni nostri».
11 dicembre, venerdì —
LUSERNA SAN GIOVANNI: Alle 21, nella chiesa di
San Giacomo (Luserna alta),
concerto della «Schola cantorum» di San Martino di Torre
Pellice e della corale valdese
di Angrogna.
VALLI
CHISONE-GERMANA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva
Ospedale di Pomarefto, tei. 8ii^
Guardia farmaceutica;
DOMENiCA 6 DICEMBRE
Villar Perosa: Farmacia ù.
Paoli - via Naz. 29, tei. 51017
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa; tei. 8IO00’
Croce Verde, Porte : tei. 201454 '
VAL
VET®Ì
Hella
^iuta
Guardia medica:
notturna, prefestiva,
telefono 932433
Guardia farmaceutica: ^
DOMENICA 6 DICEMBRE
Bobbio Pellice: Farmacia.
Via Maestra 44, tei. 92744
Ambulanze: ,4
CRI - Torre Pellice, tei. 953355 ■Croce V. - Bricherasio, tei
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
%
Ospedale civile, tei. 167-233111
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664 ^
SERVIZIO INFERMIERIS'F
dalle ore 8 alle 17, presso^
sedi dei distretti.
SERVIZIO ELIAMBULAli
teiefono 118
IL pasto
lavora c
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Dal semplice uso in cucina al riscaldamento con impianti singoli e centralizzati
Il gas metano, l’amico deM’ambient
Negli anni l’uso del gas
metano si è andato sempre
più diffondendo anche
nell’ambiente familiare dove si presta a svariati utilizzi, dall’uso in cucina per la
cottura dei cibi alla produzione di acqua calda, al
suo impiego per il riscaldamento invernale degli appartamenti con stufe, radiatori, impianti unifamiliari e
centralizzati. Anche da noi
ovviamente questa forma di
energia è andata via via
sempre più espandendosi;
nel Pinerolese il Consorzio
Acea (che è nato ufficialmente nell’86 e gestisce
nel suo bacino, raccogliendo l’eredità pluridecennale
dell’Amgas, la distribuzione
del gas metano) nel ’97 ha
sen/ito circa 23.900 utenti
(erano meno di 15.000
nell’87) erogando più di 71
milioni di metri cubi di metano contro i 30 milioni erogati nell’87, a testimonianza di un costante aumento
della distribuzione ottenuta
nel corso di questi ultimi
dieci anni, grazie anche a
una sempre maggior capillarizzazione della rete di
metanizzazione (sono stati
quasi 9.000 i metri lineari di
tubazioni posate nel ’96).
Una «rete» che continua ad
essere ampliata anche nelle zone delle valli servite da
questo servizio dell’Acea 0
che lo saranno prossimamente attraverso la metanizzazione dei comuni
montani, attuata dalle singole amministrazioni ma
progettata dall’Acea. Questo sta capitando ad esem
pio in vai Germanasca, dove i lavori di metanizzazione sono in corso e dovrebbero concludersi nell’autunno del ’99 e dove intanto
sono già cominciati i sopralluoghi e la definizione delle
modalità per attivare poi
l’utenza.
Tra i vantaggi dell’utilizzo
del gas metano per uso domestico, e per il riscaldamento in particolare, vi è (oltre al minor impatto ambientale rispetto ad altri tipi di
combustibile) la sua economicità, e l’Acea per incentivarne l’uso nel territorio ha
recentemente promosso
una campagna promozionale in comune con la Snam,
indirizzata a tutti gli àtabili
con otto 0 più appartamenti
(per un corrispettivo di più di
100.000 chilocalorie l’ora),
che prevede un contributo
economico e l’allacciamento
gratuito ad ogni singolo condominio che trasformi a metano il proprio impianto di riscaldamento. Si tratta di
un’iniziativa che prevede un
contributo economico differenziato per ammortizzare
le spese di trasformazione
entro tre anni dall’installazione e che prende in considerazione anche la trasformazione dell’impianto di riscaldamento comune ora
centralizzato in più sistemi
autonomi.
Un momento dei lavori di metanizzazione in vai Germanasca
L’iniziativa, in fase sperimentale, è partita lo scorso
anno limitatamente al territorio di Perosa ed oggi viene ampliata a tutti i paesi pinerolesi serviti dalla rete del
Consorzio Acea visto il suc
cesso riscosso a Perosa.
Ma l’incremento deH’utilizzo
del gas metano richiede anche una maggior attenzione
nei confronti delle problematiche della sicurezza degli impianti e della loro messa a norma. La legge in materia è chiara e impone una
normativa precisa in materia di requisiti di sicurezza: il
Consorzio Acea intende attivare un servizio di controllo degli impianti interni a favore dell’utenza interessata
che verificherà che gli impianti rispettino gli standard
di sicurezza richiesti. Il servizio, che inizialmente prevede controlli su un campione limitato di casi, dovrebbe
partire a metà ’99 e prevede oltre alle verifiche solo la
piccola manutenzione.
L’intento è quello di permettere all’utenza di utilizzare il gas metano in tranquillità e migliorare la resa
dei propri impianti. Un servi
zio quindi indirizzato alia ci’
carezza e all’affidabilità a®’
le apparecchiature che 1
tadini utilizzano qLiotidian»'
mente. Ma utilizzare il .
tano, invece di molti °
vecchi combustibili, spes
vuol dire risparmio energy
tico che con alcuni pif»^
accorgimenti può
Uno dei metodi piuse.
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se ai periodi di
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bassare la temperatura
rante il periodo di assei
in modo da ottenere S r
bili risparmi di cpBtbus iw
Il metano quindi 0
energia pulita relativan
te a basso costo eh®'
usata in maniera mte ^
te, garantisce anche
rezza e affidabilità.
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dicembre 1998
0'
Vita
E
PAG. 7 RIFORMA
.JE
^iél A colloquio con il pastore Maurice Briggs, cappellano ospedaliero, professore e supervisore di pastorale clinica
Il dialogo e la collaborazione fra medici, pastori e pazienti
fsjella cura pastorale si sperimenta l'intreccio di tre storie: la propria storia personale, la storia della persona che si intende
aiutare, la storia del Vangelo. Di questo intreccio è necessario prendere coscienza. Come affrontare le nuove tecnologie^
ANNA MAFFEI
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iti
TL pastore Maurice Briggs
[lavora da trent’anni come
Appellano nell’ospedale batata «Bowman Cray» a Wmston Salem nello stato della
Carolina del Nord (Usa) dove
è anche attualmente professore e supervisore presso il
dipartimento di studi di pastorale clinica. Lo abbiamo
incontrato a Napoli dove ha
tenuto all’ospedale evangelico «Villa Betania» due seminari sulla relazione d’aiuto
agli ammalati.
- Professor Briggs, ci parli
dei corsi di pastorale clinica
organizzati nell’ospedale dooelavora. Cjlie cosa spinge
tanti pastori a frequentare
ijuesti corsi in un contesto
ospedaliero?
«La scuola di pastorale clinica è stata fondata nel 1947
da un pastore giunto nell’ospedale battista proprio per
aiutare gli studenti in teologia
eipastori già in servizio a migliorare le proprie capacità di
affrontare le diverse situazioni pastorali. La frequentano
persone provenienti da tutte
le denominazioni e da tutti i
continenti. A volte sono pastori che, entrando in contatto con i problemi che la gente
delle loro chiese affronta, si
scoprono in qualche modo
inadeguati. Vengono qui per
capire come meglio rispondere ai reali bisogni delle persone, per interrogarsi su che
cosa significhi l’annuncio del
Vangelo nelle situazioni critiche della vita. In altri casi è
avvertita l’esigenza personale
di avere una maggiore consapevolezza di se stessi e della
propria crescita. Nella cura
pastorale si sperimenta l’intreccio di tre storie: la propria
storia personale, la storia della persona che si intende aiutare, la storia del Vangelo.
Nelle facoltà di teologia in genere si riflette molto sulla storia biblica, molto meno ci si
occupa di come questa interagisca con la storia di vita
degli studenti, compresa la
chiamata al ministero.-Di
questo intreccio è necessario
prendere coscienza. Alcuni
infine intendono acquisire
li
0 alla si'
Dilitàdelche i c»'
otidianare il
lolti del
. spesso
energ^
li piccoli
migliei’®'
più sera;
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to in PO'
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bustibil«^
li coro®
tivarnei^
che, se
itelligj
he sice
Un momento del culto tenuto a Villa Betania in occasione del trentennale del l’ospeda ie
Il pastore Maurice Briggs
professionalità nel campo
specifico della cappellania,
diventare supervisori di cappellani, o prepararsi a diventare “pastoral counselors”,
ossia esercitare il ministero
pastorale a favore di persone
che lo richiedano per appuntamento, indipendentemente
dalla loro appartenenza ad
una chiesa specifica».
- In questo senso andrebbe
integrata la preparazione che
generalmente si offre nelle facoltà agli studenti che si preparano al pastorato...
«Credo di sì. Nella mia
esperienza anche la stessa
preoccupazione di far bene
nel rispondere a una particolare situazione pastorale può
inibire un pastore ad ascoltare fino in fondo la persona
che gli si rivolge. Se prendiamo l’esempio di un problema
morale posto al pastore, quest’ultimo può essere portato
a dire la sua immediatamente, a “risolvere” in fretta il dilemma, senza andare in fondo alla questione; Noi cerchiamo di aiutare un pastore
o uno studente a capire che
non tutti i problemi hanno
soluzioni rapide, che a volte
anzi c’è bisogno di molto
tempo, e altre volte il problema è tale che il pastore deve
essere affiancato da altre figure professionali quali uno
psicologo 0 un medico. Capita insomma che il pastore sia
reattivo, sia pronto ad offrire
la “sua” soluzione, più che
mostrare una reale disponibilità ad aiutare la persona
stessa a trovare qualche possibile via d’uscita dalla diffi
cile situazione in cui si trova.
La soluzione, credo, non sta
mai nella saggezza del pastore ma nel processo dialogico
che conduce la persona a trovare essa stessa la soluzione
al proprio problema. Molti
pastori sono timorosi di addentrarsi troppo nei problemi perché temono di entrare
in acque più profonde di
quelle in cui si sentono a proprio agio. Così il nostro lavoro è cercare di migliorare la
loro capacità ad affrontare
problemi profondi e di imparare ad ascoltare veramente
le persone».
- È quello che lei, nel corso
dei seminari, ha definito come atteggiamento di interdipendenza fra chi offre aiuto e
chi di tale aiuto ha bisogno?
«Nella lettera ai Filippesi, al
capitolo 4, Paolo dice di aver
imparato a vivere sia nell’abbondanza che nel bisogno. Il
testo suggerisce che sia stato
necessario parecchio tempo
per riuscirci, che non sia stato rapido né facile. Penso che
il pastore è normalmente più
capace di instaurare una dipendenza da lui o da lei,
piuttosto che viceversa. Se i
pastori acquisiscono una
maggiore consapevolezza dei
propri bisogni e necessità,
anche dei propri limiti, incarnano maggiormente il principio protestante secondo il
quale ciascuno di noi sta davanti a Dio in uno stato di dipendenza e necessità, ma anche di personale responsabilità, e che abbiamo sempre
bisogno gli uni degli altri.
Nella nostra scuola cerchiamo di far prendere coscienza
ai pastori della loro umanità,
di non essere insomma delle
persone che hanno sempre
soluzioni da proporre, che
portano tutto il carico delle
responsabilità, che si sentono in colpa se non sono capaci di risolvere ogni situazione. È molto umano non
avere risposte per ogni cosa,
ed è molto redentivo cercare
attraverso l'oscurità queste
soluzioni insieme a coloro
che intendiamo aiutare».
-A Villa Betania lei ha parlato del cappellano come di
una figura che facilita la comunicazione fra il paziente, i
Uomini e macchinari al lavoro a Villa Betania
suoi familiari e gli operatori
sanitari. È questo nella sua
esperienza un ruolo riconosciuto nella pratica ospedaliera?
«Negli ultimi decenni sono
avvenute delle grandi trasformazioni dovute aUa scoperta
di nuove tecnologie in campo
medico. La mia impressione è
che se da una parte c’è stato
uno sviluppo enorme delle
tecnologie, dall’altra non abbiamo ancora sviluppato una
riflessione che sia matura e
che ci aiuti per un utilizzo
saggio di tali tecnologie. Le
scoperte scientifiche si sono
evolute molto di più delle nostre capacità di gestirle tenendo conto degli aspetti spirituali e umani delle persone.
Sempre di più la gente in
ospedale si trova a dover
prendere delle decisioni se
accedere e fino a che punto a
tecnologie di mantenimento
della vita, se sottomettersi o
meno a particolari tecniche
chirurgiche, se sospendere e
quando delle terapie, se optare per una migliore qualità
della vita andando a casa 0 rimanere in ospedale e lottare
per un allungamento della vita. Quasi tutti i medici che conosco mi dicono che le inno
vazioni tecnologiche sono tali
che a volte è difficile anche
calcolare adeguatamente il
fattore economico 0 il dato
temporale. Il processo decisionale è divenuto difficile.
Abbiamo perciò bisogno di
dialogo fra medici, pastori e
pazienti per giungere a decisioni ponderate sul piano etico. Le questioni non vanno
affrontate solo in teoria ma
nelle situazioni che effettivamente si verificano sia negli
studi medici, che al capezzale
degli ammalati, a casa dei pazienti o in ospedale. La persona va trattata come un tutto
unico con i suoi sentimenti,
sogni, paure, con il suo contesto familiare, non solo considerando la sua temperatura
corporea, la sua gamba rotta
0 il suo tumore. Rispondere
alla salute delle persone significa rispondere alla salute
complessiva. Di qui il bisogno
di essere dialogici: non solo
reciproca tolleranza fra medico e pastore, ma collaborazione. In quest’ospedale cerchiamo di lavorare insieme
con le nostre diverse percezioni dei bisogni del paziente.
L’idea di interdipendenza vale dunque nell’ospedale come nella chiesa».
Interviene
Assistere senza
il dottor Lucio Giordano, primario di terapia intensiva neonatale dell'ospedale evangelico di Napoli
nuocere: i problemi etici posti dalle nuove frontiere della medicina
dell’ambito della discussione
^0/ Sinodo della chiese
j. e metodiste sulle questioni
^noetica, in particolare suH’eu>¡«¡0, abbiamo chiesto al dotGiordano, primario di
^’^t^tsiva neonatale
^P^.P^dale evangelico «Villa
ania», di illustrarci qualcuna
tot ^P’^°P^ematiche etiche affron
reparto. (a.m.)
---tUCIO CIORDANO_______
I ^problematica etica in
. neonatologia ha investito
operatori in modo più ded'T," questi ultimi anni. Il
L^uia fondamentale da
inn aspetti importanti:
Vent'”'” '* nostro inter0 si svolge su pazienti
Con
la comunicazione è
Volo! ^®®®nte e dunque ci rilorf n”” tutori, i geniche n ù una peculiarità
8eno?'!° essere presente in
^"'^he in terapia innei n-® un adulto, però
3ssistit5” uampo il paziente
QUelin'” ® sistematicamente
tica?:””” non c’è comunascnn””^' ^ problemi etici
etiti rJ quando il paziente è
®cl è nostro dovere
informare e dare spiegazioni
ai genitori. C’è poi il problema di assistere senza nuocere. Questo è sicuramente un
comandamento ippocratico,
però oggi non c’è unanimità
in relazione al valore della vita, né alla definizione stessa
di vita. Nascono domande:
quale tipo di vita futura avrà
questo neonato, se sopravvive? E nessuno è in grado di
decidere. Ad esempio, quando lavoriamo con un bambino di 23-24 settimane che ha
un problema respiratorio, in
media sappiamo che soltanto
il 10% ha possibilità di sopravvivenza, e con dei seri
danni a distanza.
A volte già si parte con delle
emorragie cerebrali che possono essere imponenti e devastanti. Lì il problema è fin
dove ci si può spingere, fino a
che punto considerare la propria opera come un’assistenza da prestare sempre e comunque, oppure valutarla come un accanimento terapeutico che, da un punto di vista
etico, sarebbe riprovevole. In
quel caso continuiamo a prestare assistenza e in quasi la
totalità dei casi, trattandosi di
bambini molto piccoli, si va
comunque verso la perdita
del bambino, senza forzarci a
una interruzione della terapia. La cosa importante da
considerare è che in neonatologia, salvo che non si vadano
a fare delle indagini particolari, non si hanno degli indicatori di morte cerebrale così
evidenti come nell’adulto.
Nell’adulto oggi la legge
prevede la sospensione dell’assistenza della respirazione
per donare gli organi laddove
c’è una dimostrazione dell’effettivo decesso (elettroencefalogramma piatto, distacco
dal ventilatore con assenza di
respiro). In terapia intensiva
neonatale le cose sono un po’
diverse, perché la dimostrazione di morte cerebrale è affidata essenzialmente alla dimostrazione della cessazione
del flusso ematico cerebrale
(attraverso l’ecodoppler a colori ad esempio).
In un neonato infatti l’elettroencefalogramma può essere piatto e il bambino può
tranquillamente riprendersi.
Ci sono però casi in cui non
c’è la morte cerebrale ma abbiamo la dimostrazione di
grossi danni al cervello. E allora l’avvenire del bambino
sarà segnato da handicap che
possono anche aggravarsi
con il tempo soprattutto in
quei contesti sociali che non
possono offrire stimoli per un
recupero anche parziale.
Io sono convinto che finché c’è una possibilità di esito neurologico accettabile allora si debba continuare a lavorare. Quale è l’esito accettabile? Questo è un problema
grosso perché si parte da un
concetto di rispetto assoluto
per la vita ad una valutazione
della validità della vita in
senso relativo. Oggi come oggi, per fare un esempio, il
bambino down sicuramente
avrà una vita accettabile a
tutti gli effetti. L’impegno in
quel caso deve essere di assicurargli il miglior futuro, e
quello che noi facciamo in
questo caso è di indirizzare i
genitori verso centri specializzati che possono assistere
in seguito il paziente. Diversa
ad esempio è la situazione,
nell’ambito dei fatti malfor
mativi, di patologie che sono
incompatibili con la vita. Vi
sono alcune sindromi malformative cromosomiebe che
mediamente si concludono a
3-4 mesi. Noi sappiamo che,
al di là della fase iniziale e
quale che sia il nostro intervento, l’esito è segnato. È
molto difficile la delFinizione
anche prevista in bioetica di
«normale assistenza». Fino a
che punto l’assistenza è normale? Il nodo fondamentale
è se ci sia una possibilità di
valutare fino a che punto
l’assistenza non diventi accanimento terapeutico. Questo
poi è in relazione a come viene definita la vita che aspetta
questi bambini. Sarebbe comunque auspicabile che la
società fosse in grado di offrire una vita più confortevole
(tenuto conto del costi onerosi) a tutti i soggetti che sopravvivono con danni che
non li rendono autonomi.
Quando ci sono decisioni
da prendere io cerco di consultarmi oltre che con i miei
colleghi, anche quotidianamente con i genitori dei pazienti, e poi in linea di massi
ma se ci rendiamo conto che
il danno neurologico è veramente importante cerchiamo
perlomeno di evitare l’accanimento terapeutico: nel senso che se un bambino comincia ad avere arresti cardiaci
subentranti, noi non continuiamo a massaggiarlo per
un’ora, cioè a sostenere per
forza una vita che è insostenibile. Però sono sempre linee
di confine in cui è difficile
muoversi. È anche vero infatti
che a volte c’è stata la sorpresa di bambini che ritenevamo
esposti a grossi rischi e che
poi hanno recuperato bene.
Il mio auspicio è ebe un
giorno noi medici insieme ai
genitori e al cappellano possiamo insieme pervenire alle
decisioni. Per raggiungere
ciò è importante prima di
tutto arrivare alla istituzione
di un comitato etico in ospedale. Al di là degli orientamenti personali, io ritengo
che il reparto debba avere un
suo indirizzo che naturalmente non deve calpestare
convinzioni etiche, religiose,
morali di ognuno degli operatori, pazienti e familiari».
12
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
Inaugurata la nuova foresteria del Centro diaconale La Noce di Palermo
«Non dimenticate l'ospitalità»
Il Centro diaconale offre altri otto servizi: dalla scuola per l'infanzia e elementare
alla comunità alloggio, dal servizio educativo domiciliare a quello riabilitativo
FRANCO CALVETTI
. \TON dimenticate l’oy'I V spitalità perché alcuni
praticandola, senza saperlo,
hanno ospitato angeli» (Ebrei
13, 2). Una scelta particolarmente felice di un versetto
biblico per convocare a festa
i numerosi amici del Centro
diaconale La Noce di Palermo ai fini dell’inaugurazione
della Foresteria, rifatta a nuovo. 1 locali, un tempo utilizzati come convitto per gli
studenti delle scuole e per
lungo tempo abbandonati,
sono divenuti oggi una struttura di accoglienza elegante e
funzionale. Sono 36 camere a
due letti con telefono e servizi in ogni camera; il tutto disposto sui 3 piani che si elevano sopra la scuola e il servizio di riabilitazione. Ogni
piano è provvisto di salone
comunitario e di una cucina
attrezzata.
La giornata del 21 novembre scorso è stata ricca in fraternità e in contenuti, magistralmente architettata. Al
mattino ha aperto la giornata
un incontro-dibattito con gli
invitati stranieri sulla situazione socio-cultural-economica della Sicilia, in particolare di Palermo. Attentissimi
e coinvolti sono stati gli ospiti che rappresentavano le
chiese evangeliche sorelle di
Amburgo, della Renania, della Westfalia, di Francoforte,
della Svizzera e di varie comunità italiane. Marco Jourdan, con traduzione simultanea di Karola Stobaus, ha fatto rivivere attraverso una sapiente scelta di dati le contraddizioni secolari dell’isola
e della città. Davanti a uditori
(anche italiani) francamente
stupiti, egli ha sciorinato numeri e percentuali di grande
impatto emotivo che ci hanno fatto riflettere: la disoccupazione giovanile in Sicilia
oscilla fra il 45 e il 55% mentre la percentuale sul piano
nazionale è del 12,8%.
Nel 1997 abbiamo nel quar
In questa pagina: due momenti deiia festa per i’inaugurazione deiia
foresteria ai Centro diaconale La Noce
fiere Noce un poliziotto ogni
150 abitanti, e un assistente
sociale ogni 14.000. In Germania vi è un poliziotto ogni 600
abitanti e un assistente sociale ogni 800 abitanti. A fronte
di tanto degrado antropoeconomico, il direttore Jourdan ha presentato l’opera che
da 40 anni il Centro diaconale
porta avanti con successo fra
tante difficoltà. Egli ha accennato presentandoli i nove
campi di intervento che attualmente il Centro propone
come servizio rivolto alla
città; scuola dell’infanzia,
scuola elementare, comunità
alloggio, casa famiglia. Casa
di Batja, Servizio educativo
domiciliare. Servizio riabilitativo, laboratori extrascolastici,
centro sociale, foresteria.
Una rapida visita ai luoghi
è partita dal giardino eccezionalmente fiorito e con gli
aranci e limoni carichi di frutti. Ci infiliamo nelle aule brulicanti di attività scolastica.
sostiamo in mezzo ai bambini per nulla intimoriti dalla
nostra presenza, socievoli e
disinibiti al massimo. La Casa
di Batja (dal nome della figlia
del Faraone che salvò Mosè
dalle acque) stupisce chi non
la conosce per il bellissimo
arredo che trasforma un semplice appartamento in uno
spazio gradevole e intimo per
i nove bambini (dagli 0 a 3
anni) che qui abitano in attesa di affidamento.
Ci dirigiamo a fine mattinata verso l’aula magna dove
regna una trepidante attesa; i
bambini della scuola elementare hanno organizzato una
festa per ricordare il quarantennale della Dichiarazione
dei diritti del bambino (21
novembre 1959). L’aula è gremita all’inverosimile di genitori che manifesteranno con
fragore l’entusiasmo per i loro figli che reciteranno, canteranno, balleranno traendo
spunto dai diritti dei bambi
ni. Anche gli ospiti tedeschi
si lasceranng coinvolgere dal
calore e dal ritmo dei nostri
bambini e uno stato di grazia
si stabilisce fra tutti noi. Dopo il pranzo comunitario (e
qui per riconoscenza va un
plauso alla cuoca della mensa della scuola) è proposto
un giro turistico alla città.
Sosta allo Spasimo che è diventato con la sua ristrutturazione un simbolo della Palermo che rinasce, la Chiesa
della Martorana, il Palazzo
delle Aquile che è il municipio di Palermo (ci stupirà
scorgere sulla scrivania del
sindaco Orlando una copia
della Bibbia in versione Diodati), la cattedrale, il Palazzo
dei Normanni.
Ma la giornata non è finita;
Marco e Karola ci aspettano
per presentarci, aiutandosi
di foto e diapositive, una carrellata storica della nostra
presenza in Palermo; da via
Spezio, al cortile Cascino, a
Villa Caruso. È la volta dei saluti e dei messaggi; i vari rappresentanti delle comunità
amiche sfilano uno dopo l’altro e, chi in tedesco chi in
italiano, ripetono l’interesse
per l’opera, l’ammirazione
per quanto vi si realizza,
l’impegno passato, presente
e futuro che assicurano in
nome delle loro chiese. Non
possiamo fare a meno di ricordare lo spirito di servizio
che ha animato e anima ancora oggi i tre direttori che si
sono susseguiti nel tempo,
insieme alle loro équipe. Come qualcuno ha detto ognuno di loro ha manifestato un
dono-talento mettendo in
luce la loro vocazione come
personalità; Pietro Valdo Panasela ha esaltato la misericordia di Dio, Sergio Aquilante ha operato credendo
nella giustizia di Dio e Marco
Jourdan sta sfidando la complessità delle realtà del 2000
impegnandosi per una «solida solidarietà» verso i minimi, siano essi palermitani o
cittadini del mondo.
Iniziativa culturale a Napoli
Incontri di bioetica al
Centro Galeazzo Caracciolo
Il Centro culturale evangelico «Galeazzo Caracciolo» di
Napoli organizza per sabato
12 e domenica 13 dicembre
due «Incontri di bioetica»
presso la chiesa valdese (via
dei Cimbri angolo via Duomo). Al primo incontro, il sabato alle 18, dedicato all’interruzione volontaria di gravidanza, prendono parte i
dottori Pasquale Contiello e
Stefano Spallone (reparto di
Ostetricia e ginecologia dell’ospedale Villa Betania di
Ponticelli), la prof. Donatella
Abignente (docente di Teologia morale alla Pontificia Fa
coltà teologica dell’Italia meridionale - Napoli) e il prof.
Sergio Rostagno, docente di
Teologia sistematica alla Facoltà valdese di teologia.
L’incontro della domenica,
anche questo alle 18, affronta invece il tema; «Eutanasia,
suicidio assistito, accanimento terapeutico». I professori Abignente e Rostagno
saranno affiancati dal dott.
Giuseppe Barberis, oncologo
e terapista del dolore presso
l’ospedale Villa Betania. Entrambi gli incontri saranno
presieduti dall’avvocato Alfredo Guarino.
Ogni settimana...
RIFORMA ti fa conoscere un mondo evangelico più grande
di quello che puoi conoscere con la tua esperienza diretta.
L’abbonamento ordinario costa 105.000 lire (invariato dal
1997): se il tuo reddito familiare non te lo consente, puoi utilizzare iiberamente l’abbonamento ridotto di 35.000 lire,
oppure puoi fare un abbonamento semestrale che costa
55.000 lire; se, invece, hai qualche risorsa in più, aiutaci con
l’abbonamento sostenitore di 200.000 lire o inviandoci una
qualsiasi cifra in dono: aiuterai chi non se lo può permettere.
Insamma, ci sono diversi modi per non rinunciare a
RIFORMA.
Oli abbonamenti decorrono, per dodici o sei mesi, dal giorno
di ricevimento della prima copia del giornale.
Inaugurata a Roma il 15 novembre
Una sede più ampia per la
Libreria di cultura religiosa
PAOLO LARDI
Domenica 15 novembre,
la comunità valdese di
Roma piazza Cavour, insieme
a fratelli e sorelle di altre
chiese, è intervenuta per festeggiare la Libreria di cultura religiosa che inizia la sua
attività nella nuova sede ristrutturata e ampliata nei
suoi spazi espositivi. La libreria, grazie alla solidarietà della Facoltà valdese di teologia,
ha potuto ampliare la propria
sede con un locale che le è
stato ceduto in uso insieme a
una generosa offerta economica che ha coperto i costi
dei lavori di ristrutturazione.
Grazie a questa cessione, la
libreria dispone ora di due
spazi di uguale superficie che
permettono una maggiore e
migliore disposizione ed
esposizione dei libri.
Tutti conoscono la storia
della libreria che nacque per
volontà e iniziativa del prof.
Vittorio Subilia, il quale volle
che anche a Roma fosse presente un luogo di divulgazione del pensiero e della cultura evangelica riformata istituendo così un punto ben
preciso di riferimento per
tutte le comunità evangeli
che. Tra i molti graditi ospiti,
fra cui il moderatore Rostan
e i componenti della Tavola
valdese, riuniti a Roma per la
loro seduta di lavoro, abbiamo avuto il particolare piacere di incontrare la signorina Elena Selm che per molti
anni ha affiancato il lavoro
del prof. Subilia dirigendo la
libreria e profondendo in essa con grande spirito di servizio tutto il suo entusiasmo
e la sua alta professionalità.
La libreria attualmente si
trova alla vigilia di un altro
cambiamento che la porterà
a diventare libreria Claudiana, al fine di potenziare ancora di più il proprio lavoro
sfruttando al meglio le sinergie che le diverse componenti culturali possono offrire in questo campo.
L’augurio che gli evangelici romani hanno formulato è
che la libreria possa continuare nella strada intrapresa
fin dall’inizio quale luogo di
rappresentanza della cultura
evangelica nella città. Tutto
questo sarà sicuramente
possibile grazie anche a coloro che nella libreria lavorano con lo stesso spirito ereditato dal prof. Subilia e dalla signorina Selm.
VENERDÌ 4 dicembre io.
Il senso di una foresteria a Palermo
Segni di disponibilità
nell'accoglienza agli ospiti
ALESSANDRA TROTTA
I festeggiamenti per l’inaugurazione della nuova foresteria del Centro diaconale
«La Noce» di Palermo sono
culminati, domenica 22 novembre, nel gioioso culto della comunità valdese e metodista della Noce, al quale
hanno partecipato i membri
del Comitato generale del
Centro, alcuni ospiti in rappresentanza delle chiese estere che da sempre ne sostengono l’attività e numerosi fratelli e sorelle della chiesa
di via Spezio.
La predicazione del past.
Ricca su Ebrei 13, 1-2 («Non
dimenticate l’ospitalità: perché alcuni, praticandola,
senza saperlo, hanno ospitato angeli») ha indicato tre livelli di comprensione della
scelta di aprire una nuova foresteria evangelica in Itàlia
(ultima, peraltro, di un lungo
elenco). In tale scelta, si è
detto, deve innanzitutto riconoscersi un segno concreto
di una più generale disponibilità all’accoglienza dell’altro, del diverso da noi che
viene alla ricerca di un posto
in cui stare, disponibilità che
opera la trasformazione dello
«straniero» in ospite.
Il passaggio successivo è
quello che conduce dalla
semplice dimensione dell’ac
coglienza alla dimensù
ionei
dispersi in ascolto costaniT
paziente dello straniero £
nuto ospite, nella consap¿
lezza che dietro ogni peS
che giunge presso di noii
ricerca di un posto in cui 2
re potrebbe celarsi un «a2!
lo» che entra nella nostiS
per parlarci, per portarci!
«messaggio» prezioso (qJ
118, 1-15) che dobbiamoT
SI
sere pronti a recepire. La*
stra ospitalità deve, per|j,
re, essere il simbolo delli
«vera» ospitalità, quella cij
Signore offre con generosi
a ogni essere al mondo (te
25, 6; Luca 14, 15-24). InqJ
sto quadro, ha concluso!
predicatore, il significai
dell’apertura di una foresi^
ria può ritenersi in quale!
modo equivalente a quel!
dell’apertura di un nuovolo.
cale di culto.
La festa è proseguita coi
un’agape fraterna (un ceti
naio di persone ha gustata!
prelibatezze preparate dì
bravissima Pina, eccezioi^
cuoca del Centro diacouÉl
con l’ascolto del «bel catil»
del soprano Maria.Teti
Cardile, membro della Ch'^
valdese di via Spezio, e coiti
visita agli accoglienti locai
della foresteria. Appuntami
to per tutti in aprile, in otS
sione del 40” anniversai
dell’opera diaconale LaNocj
llfoa
¡Ila se
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veinbre il
Ita ¡pasto:
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vista delle
Il pastore 1
tendere p
invitando
¡azione de
le'
MARI
ROSAI
Cronache
TORRE PELLICE — Terminata l’opera di ristrutturazionepfr
vista per una parte della Casa unionista, i presenti all^
semblea dell’8 novembre hanno avuto informazioni stì;
vori fatti e sul loro costo, sono stati guidati in una
Casa e hanno espresso compiacimento per quanto e s
fatto. Ogni giorno la Casa ospita nuovamente i S^PP'ijrj.
tività più diversi, dalla scuola domenicale alla
cito, dal catechismo alla corale, e domenica 22 nove
ha accolto gli intervenuti a un simpatico pomerigf
munitario offerto dall’Unione giovanile dei Coppiert
• Con simpatia siamo vicini alle famiglie di Giorgio Riv
Corrado Pellegrin e Alberto Malan, che ci hanno lasci
SAN GERMANO — Domenica 18 ottobre il tempio
deib^'
affollato del solito in quanto molti erano i parenti c
bini che hanno ricevuto il segno del battesimo.
di battesimi di figli di coppie interconfessionali a
re assistito il parroco don Ferdinando. A Sara e
nous, di Ivano e di Etra Orbecchi, e a Mattia
Walter e di Cristina Roccia la comunità esprime
molti affettuosi auguri di benedizioni del Signore.
• Purtroppo un’altra famiglia della comunità è
da una separazione: ha terminato la sua esistenza ^
all’età di 78 anni, Erminia Martinat ved. Soulier.
rosi figli e ai parenti tutti giunga ancora il nostro p
fraterno con l’espressione della nostra cristiana simp
OSTELLO PER CREDENTI A FINALE
La Comunità cristiana riformata di Finale Ligure,
sostentamento mette a di.sposizione per famiglie o ^
denti la propria sede di piazza del 'Tribunale 6,
letto suddivisi in due camere (locali termoriscaldati e uso
La disponibilità è valida dal settembre al giugno i
per soggiorni di qualsiasi durata (anche una sola
del tutto contenuti. Per prenotazioni e informazioni .j
all’ora di cena al 019-691782 o al 019-691328.
riunisce la domenica alle ore 10 e al giovedì alle ore 2 •
A condì
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Pu^a, ha
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,ì 4 DICEMBRE 1998
Vita Delle Chiese
5 Incontro a Marghera tra pastori e responsabili delle chiese nel Triveneto
Essere chiesa secondo la Bibbia
Il fondamento della nostra vita comunitaria è nella Parola di Dio che ci chiama
dia sequela di Cristo e alla comunione nell'agape anche per mezzo dello Spirito
PAG. 9 RIFORMA
«ella chiesa battista di
Harehera si è svolto il 7 novèmbre il secondo incontro
Li pastori e responsabili di
èhiese del Trlveneto, al fine
del raggiungimento di una
base scritturale comune e
della realizzazione di una fraterna comunione. Nel primo
incontro, svoltosi a CordeBons (Pn) il 25 aprile, erano
stati sottolineati gli elementi
biblici rilevanti per una sentilikoinonia interecclesiale,
pilastri della spiritualità protestante e evangelica: sola
ina
in qualcli
te a quel
significai Scrittura, solo Cristo, sola fe" ' de, sola grazia. La partecipa
zione aH’incontro odierno è
stata numerosa e sentita, una
n nuovoij chiara espressione della volontà di credenti che voglio»eguita cuti no rompere gli steccati dottrinali che hanno impedito la
realizzazione dell’unità in
Cristo e quella dell’agape che
èia sua espressione regale
(Giovanni 15, 12-17). È stato
trattato il tema «Il concetto
biblico di chiesa dal punto di
ì (un
a gustatili
Datate dà
eccezionali
diaconali
«bel cani
iria.Teres
zio, e coni
denti locai
Dpuntamei
ile, in occi
iniversaiii
ileLaNocri
della Chies vista delle singole comunità».
Il pastore Matta ha cercato di
tendere più chiaro il tema,
invitando a non dare una relazione della vita interna del
le comunità ma a esporre ciò
che è l’elemento biblico che
rende la comunità un’assemblea cristiana, partendo dal
fatto che il termine chiesa
non è attribuibile a Gesù Cristo. Quindi che cosa significa
essere chiesa oggi o comunità in Cristo secondo l’insegnamento biblico? Il dibattito
è stato interessante e molto
stimolante. In particolare è
stato evidenziato un triplice
pensiero.
1) La chiesa o assemblea è
un accadimento determinato
dallo Spirito di Dio che diviene storia. La chiesa, insieme
di uomini e donne che hanno
risposto alla predicazione
della Parola, chiamati alla sequela di Cristo e alla reciproca comunione nell’agape, vive continuamente la tensione tra evento e storia, assemblea e istituzione, chiamata a
vegliare per evitare di secolarizzarsi e perdere l’elemento
carismatico della presenza
dello Spirito, che la contraddistingue da qualsiasi organizzazione umana.
2) La chiesa o assemblea,
così intesa come miracolo di
Dio realizzato nella storia,
L’ascolto della Parola è momento fondante della comunità
sostenuta e guidata dallo Spirito Santo, immersa nella storia del suo tempo, sperimenta la koinonia, comunione
con il Signore, e la solidarietà
concreta tra i credenti all’interno di una specifica comunità e tra i credenti appartenenti a comunità diverse (è il
principio del pluralismo ecclesiale neotestamentario).
3) La chiesa o assemblea,
che ha origine dall’alto ma è
immersa nella propria storia,
sostenuta dallo Spirito di
Dio, creando la comunione
. tra i credenti della comunità
e tra i credenti delle diverse
comunità, libera dal peccato
e responsabile nel servizio,
annuncia il regno di Dio realizzato e realizzantesi nella
persona, nell’insegnamento e
nelle azioni di Gesù Cristo, il
figlio di Dio, l’incarnato, il
crocifisso, il risorto, il Signore. Dunque, riscoprendo il
principio biblico di chiesa, la
sua organizzazione interna è
relativizzata, soggetta a accurate revisioni indicate esplicitamente dalla Scrittura {Ecclesia semper reformando).
La conclusione dell’incontro è stata contrassegnata
dalle letture di I Corinzi 1,1025 e Colossesi 3, 23-24, nei
cui brani si rileva l’accorata
esortazione di Paolo ai credenti di tutti i tempi a non
perdersi in vane speculazioni
gnosticizzanti ma a predicare
Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio e di servizio disinteressato. Infine è stato
stabilito che il prossimo incontro, dedicato al tema della preghiera e della lettura biblica, si terrà il 30 gennaio alla chiesa metodista di Udine.
ff'- Un incontro a conclusione del «Decennio ecumenico di solidarietà»
Donne e violenza: procedere oltre il velo del silenzio
iianciott»Ì
T MARIANGELA AQUILA
^ ROSANNA GIACCHETTA
f------------------------
A conclusione del decennio
ecumenico delle chiese
ili solidarietà con le donne,
l’Unione femminile della
chiesa battista di Gravina, in
Pu^a, ha ospitato il 24 ottobre nel proprio locale di culto
la pastora Elizabeth Green,
che ha tenuto una conferenza
sul tema: «Donne e violenza».
Molte le donne (pochi gli uo®hii) provenienti dalle chiese
hattiste di Altamura, Miglionlco, Santeramo, Mottola,
Cersosimo-Valsinni, ma an<he avventiate e cattoliche. La
tematica ha coinvolto molte
chiese soprattutto nell’ultimo
accennio, ma la violenza
aotitro la donna è un fatto
teitico; mentre la novità può
essere vista nella caduta di
ata barriera: la «paura di
parlare». Infatti la pastora
l^eaen ha centrato la sua rela®one su questo aspetto purteappo insito in tutti noi. La
'aolenza sulla donna è semPm esistita nella stessa misura e nello stesso orrore che
teggiamo oggi sui quotidiani,
tetta realtà messa a tacere
par lunghi anni.
l'te II Samuele 13, 1-20 si
tegge un racconto che ancora
li® tei fa rabbrividire: un deIn H 'teicesto accompagnala complicità e omertà,
^teton, figlio di Davide, si
amora di Tamar sua soreldftci ” inganno, fingencam la fa entrare in
tep tea sua e poi la violenta,
to rrf fteDttolineato un aspetali’ importante che è
^ ^tergine della violenza:
viou più/orte di lei, la
Com • ^ giacque con lei»,
stg ® tei può notare da queL Pterole, l’uomo da sempre
ia sua forza, la sua
t)rn„ .^tenza per soddisfare i
stoh sessuali. In que
asj, pitelo viene colto un altro
ttett’n ° tenolto importante
d esistente: «Per ora ta
telln mia; egli è tuo fraco tetar calma». Ec
che 51}^i subentra l’invito
lenti ° i-* teiomini, mariti viofatto’a?, ,te'> fratelli, hanno
n„ ,.aue loro vittime, ossia
dunque per molti anni è rimasta nel silenzio, portando
dentro di sé il senso di vergogna e di orrore. Le donne violentate rappresentano tante
vite spezzate a cui, con la violenza, è stata tolta la dignità e
il diritto di essere una vita.
È un orrore certo, ma non
bisogna stupirsi di questi
abusi in società costruite in
modo patriarcale. Si è sempre avuta questa visione piramidale dove al vertice c’è
sempre qualcuno che comanda e via via altri, i più deboli come le donne, i bambini e i cosiddetti diversi, che
ubbidiscono e subiscono.
Purtroppo questo modello di
piramide si riscontra anche
nelle famiglie, dove chi co
La pastora Elizabeth Green
manda è il marito che assume il ruolo di padre-padrone.
Problema non superato ancora oggi: dalle statistiche
sappiamo che l’80% degli
abusi sulle donne avvengono
nelle famiglie.
È tempo dunque di non rimanere in silenzio. Tutti noi
partecipanti abbiamo ascoltato la descrizione di questi
orrori che ci hanno lasciato
un senso di rabbia e vuoto
insieme. Ci siamo sentite
persone capaci di dire belle
parole ma di fare azioni spesso inefficaci. Alla violenza
non bisogna rispondere con
la paura, è ora di abbattere
questo muro e di parlare. È
tempo che molte vite spezzate cicatrizzino le loro ferite.
La conferenza si è conclusa
con un breve e sentito dibattito. Il 25 ottobre la pastora
Green ha concluso il seminario con un culto il cui tema
richiamava gli argomenti
trattati il giorno precedente.
Abbiamo vissuto due giorni
carichi di tensione e di speranza nell’amore di Gesù Cristo nostra ancora di salvezza.
Era una colonna della Chiesa battista di Genova
Giovanni Benti, Tuomo che cantava forte
ERMINIO PODESTÀ
'iteiello di
tacere. La donna
IL fratello Giovanni Benti
della Chiesa battista di Genova via Vernazza ci ha lasciato per sempre, dopo essere stato presente fino a qualche giorno prima al culto domenicale. Occupava un posto
in prima fila di fronte all’organista e con la sua voce
chiara e squillante trascinava
tutti gli altri. È morto nel sonno, senza accorgersene; e, come diceva in questi ultimi
tempi, «a 84 anni il mio unico
desiderio è quello di entrare a
far parte del regno del Signore»; è stato accontentato. Nella sua vita terrena però non
ha solo lottato per la diffusione della parola del Signore
come credente, ma durante la
guerra di Resistenza ha com
battuto come partigiano per
liberare l’Italia dall’usurpazione tedesca.
Il pastore Mark Ord, nel
corso del funerale il 18 novembre, lo ha così ricordato:
«Tutti in chiesa lo conoscevano come “l’uomo che cantava
forte”; ho letto sul giornale
che in tempo di guerra, quando Giovanni era capo partigiano e ha salvato la vita di
tante persone, aveva come soprannome “Burrasca”. Ritengo questo soprannome adatto
perché egli ha vissuto la sua
vita sempre con molta energia. Solo due settimane fa mi
aveva detto che malgrado la
sua età il Signore gli aveva dato uno spirito giovane e la forza di vivere ancora con passione e energia. Ma il fatto più
importante della sua vita era
appunto questo: nonostante
avesse salvato la vita di tante
persone, sapeva di avere bisogno di un Salvatore anch’egli
e per questo ha riposto la fiducia in Gesù Cristo e aveva
una salda speranza nella resurrezione dei morti».
Il pastore, dopo avere commentato i brano della resurrezione di Lazzaro (Giovanni 11,
17-44), ha concluso dicendo
che come Gesù ha detto a
Marta e Maria: «Io sono la resurrezione e la vita. (...) Credi
tu questo?», la stessa domanda la rivolge anche a noi
quando ci troviamo di fronte
alla realtà della morte. E noi
dobbiamo essere consolati
dalla fede perché crediamo
che Gesù ha distrutto la morte
e ha messo in luce l’immortalità mediante il Vangelo.
Agenda
SIRACUSA —Alle 17, nella chiesa di San Martino, l’Istituto
mediterraneo di studi universitari organizza un incontro
sul tema: «Le religioni del libro e la sfida della speranza».
Intervengono il past. Salvatore Rapisarda («Speranza cristiana e vigilanza nella storia»), il rabbino Luciano Caro («La
memoria, la Speranza, il futuro», padre Felice Scalla («Cristianesimo: incertezze e rischi di una speranza incarnata»)e
il prof Alberto Ventura («L’Islam fra storia e speranza»).
NAPOLI — A partire dalle 9, al Centro evangelico «Emilio
Nitti», villaggio Caracciolo (Ponticelli), si svolge la festa
delle scuole domenicali sul tema: «Comunicare e condividere: gli Atti degli apostoli»?. Per informazioni rivolgersi
alla pasora Gabriela Lio, tei. 081-291216.
BASSIGNANA — Alle ore 16, nel tempio della Chiesa metodista, si tiene un incontro con il pastore Jonathan Torino
sul tema: «Identità e pluralismo religioso».
6-8
ROMA — Il Sae organizza un incontro giovanile sul tema
«Vivere la comunione: una sfida per le chiese divise».
All’incontro, che inizia con la visita alla sinagoga (ore 9,30
di domenica 6), intervengono fra gli altri Francesco Consalvi, Carlo Molari, Maria Bonafede, p. Juvenalie lon lonascu. Quota di partecipazione £ 150.000. Tel. 06-43534853.
10 dicembre
TRIESTE — Alle ore 17,30, nella basilica di San Silvestro,
per il ciclo di incontri sulla Trieste nell’Ottocento, il professor Giorgio Spini parla sul tema: «Chiese e rivoluzioni
nell’Europa tra fine ’800 e inizio ’900». L’iniziativa si svolge
in collaborazione con la Chiesa evangelica metodista, nel
centenario della presenza a Trieste.
FERRARA — Alle ore 16,30, presso la sala G. Agnelli della
Biblioteca Ariostea, si tiene un incontro sul tema «La libertà religiosa». Partecipano il rabbino Luciano Caro, i pastori Carmine Bianchi e Giorgio Tourn, Tullia Zevi, Giulio
Disegni, Mario Miegge. Presiede Roberto Bin, direttore del
Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università.
11 dicembre
SONDRIO — Alle ore 21, presso il Centro evangelico di
cultura (via Malta 16), il prof Mario Miegge, docente di Filosofia teoretica all’Università di Ferrara, parla sul tema;
«Gerolamo Savonarola (1452-1498); profezia e politica».
BERGAMO — Alle ore 17,30, nella sede di via Tasso 55, il
Centro culturale protestante propone l’ultimo incontro su
Religione, società, individuo in Inghilterra e negli Stati
Uniti. Il professor Bmno Cartosio parla sul tema: «Religione e società negli Stati Uniti, dalla schiavitù ai movimenti
di liberazione contemporanei». Tel. 035-238410.
12 dicembre
TORINO — Alle ore 9 e alle ore 14, nella sede dell’ex seminario arcivescovile (via XX Settembre 83), si tiene l’ultimo
incontro sul tema: «Pluralismo religioso e culturale in Europa» organizzato dalla Commissione cattolica per l’ecumenismo e il dialogo del Piemonte-Valle d’Aosta. Per
informazioni tei. a: 011-3092217oppure 011-581).
LA SPEZIA — Alle ore 18, nella chiesa evangelica battista,
si tiene un concerto in omaggio alla figura di Martin L.
King nel 30° anniversario della morte. Intervengono il coro
dell’Arci-Ceform e il coro ecumenico di La Spezia.
MILANO —Alle 17, nella sala della Claudiana (via Sforza
12/a), il Centro culturale protestante propone il secondo incontro sul tema del pensiero cristiano antico. Il past. Fulvio Ferrario affronta «Lo sviluppo del dogma cristologico».
13 dken^M.
ROMA —Alle ore 16, presso le Suore francescane missionarie di Maria (via Giusti 12), il gruppo Sae promuuoye
un incontro sul tema: «Paternità-maternità di Dio e unità
della famiglia umana. Le chiese divise messe in discussione da quest’annuncio». Intervengono Juvenalie Jonascu,
Giacomo Puglisi e Paolo Ricca.
L
MJmataL
TRIESTE — Alle 18,30, presso il Gruppo ecumenico (via Tigor 24), il prof Giovanni Miccoli parla sul tema: «Modalità
e varietà della presenza cristiana nell’arco della sua storia».
ne
Radio
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il lunedì della
settimana seguente alle ore 9,15 circa. Domenica 13 dicembre andrà in onda; «Harare, Assemblea ecumenica mondiale; Immigrazione; la regolamentazione dei clandestini; Incontri». La replica sarà trasmessa lunedì 21 dicembre.
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14
PAG. 10 RIFORMA
KiPORMA
Nessuna immunità
per Pinochet
Piera Egidi
Per ogni genereizione, credo, c’è il momento della «perdita deU’innocenza». Per la mia generazione, quella nata
nel dopoguerra, questo preciso momento è stato, ricordo,
la tragedia del Cile. Il Vietnam lo avevamo in qualche modo «ereditato», c’era già prima del nostro avvicinarci a
una compiuta coscienza civile e politica, e i miti rivoluzionari che avevano mobilitato le masse giovanili alla fine degli Anni 60 si andavano svuotando, e apparendo per
quello che erano: dei grandi «sentimenti d’amore», per
usare una famosa espressione di Che Guevara, in quegli
anni. Per quelli di noi che stavano sviluppando una riflessione sulla via democratica per il riscatto sociale delle
grandi masse, per una maggiore giustizia nella libertà, il
governo di Allende, governo di coalizione progressista arrivato al potere dopo libere elezioni, era una via, un’indicazione precisa. Non diversamente forse da come era stata la Repubblica democratica spagnola nelle speranze di
tanti antifascisti degli Anni 30, in un’Europa in cui il blocco del fascismo italiano e del nazismo tedesco già erano
saldamente e minacciosamente installati al potere.
Perciò il golpe militare cileno fu una tragedia di tutta la
democrazia, e io ricordo di avere pianto a lungo, un telegiornale dietro all’altro, davanti al piccolo schermo in
bianco e nero, in quei giorni di sangue del settembre
1973. E non a caso la tragedia del Cile fu fatta oggetto, oltre che di tantissime manifestazioni unitarie di tutti i democratici ma soprattutto dei giovani di tutto il mondo,
anche del dibattito politico, in Italia, nella sinistra, per
quelle famose «riflessioni sul Cile» di Enrico BerUnguer,
che tracciavano la via, anche nel nostro paese, per l’alleanza tra le forze del progresso, quelle stesse che, di diversa estrazione culturale e politica, avevano condotto la
lotta al nazifascismo anche da noi, e che dietro di sé avevano grandi masse socialiste, cattoliche e comuniste.
Perciò la decisione dei cinque giudici inglesi della Camera dei Lords, la più alta carica giurisdizionale della Gran
Bretagna, di non concedere l’immunità in quanto ex Capo
di stato a Pinochet costituisce un atto di rilevanza storica.
Questa sentenza apre un grande discorso per il futuro sul
diritto internazionale dei popoli, e onora come meglio non
si sarebbe potuto il cinquantenario dei diritti dell’uomo
delle Nazioni Unite. E che questo sia stato fatto, tre contro
due, da una corte mica di descamisados ma di seriosissimi
parrucconi, secondo il termine malizioso usato da alcuni
giornali italiani, è molto, molto significativo. Questi signori
di sangue blu e di antico lignaggio li abbiamo sentiti e visti
alzarsi a uno a uno, dopo avere ascoltato accusa e difesa, e
motivare in poche e semplici parole la propria sentenza.
Non secondo schieramenti ideologici e di partito, ma secondo la libertà e il tribunale della propria coscienza.
Questo la dice lunga sulla civiltà di un popolo, e l’Inghilterra, che non è stata certo e non è esente nella sua
storia da pagine buie, è pur sempre la patria della prima
forma di costituzione conosciuta, quella Magna Charta
che dal 1215 fonda il primo «patto» tra governanti e governati, e conosce da sempre nella sua storia moderna il
bilanciamento e il controllo dei poteri, fonte di ogni democrazia. Ed è anche la nazione che in anni durissimi
condusse la prima strenua resistenza, sotto i bombardamenti di Hitler, all’avanzata nazista.
Si apre adesso un complesso contenzioso giuridico e
politico internazionale. Anche questo è un aspetto di
queirinarrestabile processo di globalizzazione contemporanea. Ma un punto fermo è stato messo; il sangue di
tante persone innocenti, di qualsiasi parte del mondo, riguarda tutti noi. Non possiamo inoltrarci nelle vie di rinnovamento e di conversione profonda del nuovo millennio, come credenti delle varie confessioni religiose e semplici cittadini, con le mani grondanti di sangue fraterno e
con gli scheletri nell’armadio della storia.
Perciò ho pianto, davanti allo schermo non più ormai in
bianco e nero, venticinque anni dopo. Ho pianto di speranza e di riconoscenza. Che Dio benedica l’Inghilterra.
VENERDÌ 4 DICEMBR^
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Luisa Nidi, Nicola Pantaleo, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe,
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Riforma è il nuovo fitolo della testafa La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n, 176 del 1- gennaio 1951, Le modifiche
sono stafe registrafe il 5 marzo 1993,
il numero 46 del 27 novembre 1998 è stato spedito dall'Ufficio
CMP Nord di Torino mercoledì 25 novembre 1998,
1998
Associato alla
Unione stampa
periodica italiana
' Accoglienza, solidarietà ma anche ravvedimento
Famìglie diverse e omosessualità
Accettare e giustificare tutto assomiglia di più a un patto di
non aggressione tra peccatori che alla compassione di Gesù
ANNA GROSSO
IL numero 45 di Riforma
(«Diverse famiglie, famiglie
diverse») ci informa sul primo
convegno nazionale della Rete evangelica «fede e omosessualità» (Refo). In un numero
di settembre dell’agenzia Nev
si dava voce alla disapprovazione di chi aveva rifiutato
rappresentanti di organizzazioni omosessuali cristiane al
prossimo convegno di Harare. «11 tema dell’omosessualità sta dividendo profondamente le chiese», constatava
l’articolo. Di fronte alla crisi
della famiglia (termine inesistente nella Bibbia secondo
Giorgio Girardet; ma allora
anche la Trinità è inesistente,
eppure il suo concetto è ben
evidente per chi crede), la soluzione alternativa sarebbe
quella off’erta dalle emergenti
nuove aggregazioni, giustificata dal fatto che la Bibbia ci
parla piuttosto di «casa»,
sempre secondo Girardet,
spazio di convivenza aperta?
Crediamo da’wero che i «bisogni umani disattesi dal sistema economico» e ai quali
il Padre celeste non è indifferente, possano trovare la loro
soluzione con una legge normalizzatrice delle unioni di
fatto? Queste leggi non risanano le cause di tali comportamenti, tantomeno le proposte del convegno Refo dimenticando (di proposito?) l’Evangelo che denuncia tali
comportamenti causati da «i
vani ragionamenti (...) l’insensato nostro cuore (...) ottenebrato (...) e il mutamento
della verità di Dio in menzogna» (Rom. 1, 21-25).
intende «avvenire», si dice
«provvidenza» e si intende
«progresso», si dice «speranza» e si intende «attesa umana»; in una parola si dice
«Dio» e si intende «umanità».
La fede non è più sottomissione a Dio, ma Dio al nostro
servizio; la religione diventa
sempre più la ciliegina da
mettere sopra le nostre opzioni; c’è chi si rivolge a Sant’Antonio per vincere l’Enalotto e
chi vuole una cerimonia religiosa per un’unione decisa
senza tenere minimamente
conto di Dio (anche i personaggi di «Beatiful» si sposano
e si risposano con toccanti cerimonie in chiesa). In questo
quadro il parlare di peccato e
di ravvedimento non suona
politically correct: il peccato
diventa un senso di colpa puramente soggettivo e psicologico piuttosto che una trasgressione alla volontà di Dio
espressa nella sua Parola; tanto con l’ermeneutica ridotta a
gioco linguistico dal pensiero
debole contemporaneo non si
è nemmeno più tanto sicuri di
quel che la Bibbia dice o non
dice. In questa ottica è ovvio
che le nostre inclinazioni naturali sono legittime e devono
essere soddisfatte.
Conformismo
Credo che il discorso sull’omosessualità si inquadri in
un problema di fondo più
ampio. Oggi sempre di più
nelle chiese c’è la tendenza a
seguire con piatto conformismo le ideologie postmoderne consumistico-edonistiche,
in cui la fede ha funzione
consolatoria finalizzata all’autorealizzazione e i suoi
contenuti, sempre più vaghi e
fluidi, sono lasciati alla discrezionalità dell’utente. La
fede diventa sempre più antropocentrica: «Credi in quello che vuoi, se ti fa star bene»
ci dice la mentalità corrente.
E su questa scia, anche nella
chiesa si è introdotto quell’ateismo semantico che consente di attribuire a temi religiosi dei significati secolari,
senza bisogno di rifiutarli: si
dice «salvezza» e si intende
«benessere», si dice «beatitudine» e si intende «soddisfazione dei desideri», si dice
«carità» e si intende «filantropia», si dice «futuro» e si
La volontà di Dio
Secondo la Scrittura invece
non tutte le inclinazioni umane sono in accordo con la volontà di Dio (e non parlo solo
di inclinazioni omosessuali);
non lo è la mia inclinazione
eterosessuale per il coniuge
del vicino o la mia inclinazione a essere infedele al mio coniuge, come non lo sono il
mio amore per il denaro e la
mia tendenza a mentire, la
pedofilia o la prostituzione o
il cedere all’ira e alla maldicenza. La Bibbia non ignora
queste inclinazioni: infatti
sottolinea più volte che «la
carne ha desideri contrari allo
Spirito (...) non abbiate cura
della carne per soddisfarne le
esigenze». E in linea con la
mentalità corrente parlare di
Gesù per sottolineare il suo
amore, la comprensione, l’accoglienza. Ma è lo stesso Gesù
che diceva; «se il tuo occhio ti
fa cadere in peccato, cavalo e
gettalo via (...) se uno vuol venire dietro di me, rinunzi a se
stesso». Certo non sono parole
popolari oggi.
Io capisco e condivido il
sincero desiderio della chiesa
di accogliere gli omosessuali
perché questi, come i tossicodipendenti, prostituiti e prostitute, soffrono di un ostracismo sociale da parte dei benpensanti che ricorda l’atteggiamento dei farisei degli
evangeli. Anche Gesù accoglieva. Ma quale accoglienza?
Gesù non offriva solo com
prensione e solidarietà, offriva perdono, e capacità di vivere in modo diverso. L’incontro con Gesù significava
cambiamento di vita, tanto
per Zaccheo che per la peccatrice o l’adultera, non benedizione sul loro stile di vita. Anche Gesù offriva alle persone
autorealizzazione, ma in una
dimensione del tutto diversa:
«Chi vuole salvare la sua vita
la perderà, ma chi l’avrà perduta per causa mia la troverà». Io credo che abbiamo
perso di vista la grande forza
dell’Evangelo, che è perdono,
cambiamento di prospettiva
e forza spirituale per vite trasformate: «se uno è in Cristo è
una nuova creatura; le cose di
prima sono passate».
Abbiamo capito che l’autorealizzazione, «la vita in esuberanza» che Dio ci propone,
è diversa da quella che ci propone la mentalità corrente,
è quella di farci diventare
conformi a Gesù Cristo, meta
molto più alta e ambiziosa di
quelle che potremmo mai
proporci? Ci presentiamo come peccatori pentiti e perdonati che, avendo fatto l’esperienza di una vita trasformata, la possono proporre con
forza a altri? O quello che
proponiamo non è che un
vago umanesimo ammantato
di solidarietà e buona volontà? Non stupiamoci poi se
le nostre chiese si svuotano:
se quello che offriamo non si
distingue da quello che sa offrire un qualunque gruppo
impegnato nel sociale, non
vedo perché i giovani dovrebbero venire a cercarlo in
chiesa e non altrove, come
infatti stanno facendo. «Se il
sale perde il suo sapore...»,
con quel che segue.
Il ravvedimento
Non stupiamoci neppure se
compaiono articoli come
quello di Panorama, citato
nello stesso numero di Riforma, che accomuna Refo a
Sexylandia: la gente non capisce i sottili distinguo dei comunicati Refo, mentre capisce benissimo la differen-za
tra chi, come don Gallo, dimostra accoglienza e aiu-to a
prostitute incinte ma continua a denunciare molto chiaramente come «peccato» la
prostituzione e l’aborto, e chi
invece tutto accetta, tutto
giustifica, tutto accoglie con
un’indulgenza che somiglia
di più a un patto di non aggressione reciproca tra peccatori che alla compassione
mostrata da Gesù. «Dio non
giustifica il peccato, ma giustifica il peccatore pentito» diceva Bonhoeffer, che metteva
in guardia contro la grazia a
buon mercato, senza ravvedimento né conversione.
U
NA signora, sposata senIgli, con istruzione
za flgl
superiore, ci scrive perché
vorrebbe servire Dio come
pastora e ci chiede quindi di
indicarle dettagliatamente la
strada da seguire. Alla nostra
corrispondente scriviamo direttamente, con tutti i dettagli possibili; ma siccome è la
prima volta che ci arriva una
lettera di questo tipo ci sembra interessante fare conoscere ai nostri ascoltatori come sono preparati i pastori,
cioè gli incaricati della predicazione, nelle chiese che fanno parte della Federazione
delle chiese evangeliche in
Italia. Lo diciamo molto brevemente, naturalmente, indicando le linee essenziali della
preparazione.
La premessa è quella di fare
parte di una chiesa evangeli
M C ) fTi P lo
EUGENIO RIVOIR
ca: siccome non si tratta solo
di una proposta culturale, ma
anche di una proposta di fede, vivere in una comunità di
fede è essenziale. Dopo avere
fatto normali studi in una
qualunque scuola italiana,
dopo avere superato la maturità, ci si indirizza a una facoltà evangelica di teologia
(in Italia alla Facoltà valdese
di teologia di Roma); una lettera di accompagnamento dei
veneri
,4 M3
illesi» <í«í Caribi
CORRIERE DELLA
La Riforma
mancanti
Indro Montanelli,
gina che il quotidiano S
alla sua «Stanza» di dS
con i lettori, chiarisce il k
tobre il proprio p- ■ deficit occorso all’
mancata diffusione
Riforma. «I suoi padri e
sionari - scrive -, che non|
levano più essere ”
preti, né sacerdoti, i
to pastori, e senza scai
grado né gerarchie tradii
adunarono i seguaci in pi|
le chiese disadorne (.,.), ejj
in latino, ma nella linguai
gli ascoltatori (...) glidis^
tante cose, di cui questa}
“Noi pastori, per la vostraj
ma, non possiamo '
né per salvarla né perdali
la. Questo, tocca farlo ai
Come? Leggendo coivi
occhi e interpretando coi
stro cervello i Vangeli, e js
mendovi direttament|!
fronte a Dio la responsalì
di adeguare al suo Vertij
vostra condotta’’». E piiiad
ti: «Ecco (...) dove nacqai
democrazia: non nei pa
menti, che vennero
po; ma in quelle piccole i
sadorne cappelle di citàl
villaggio dove l’umile ar^
no e lo spocchioso baronei
devano gomito a gomitOj
rificati nelle responsabi
quindi anche nei dirittiei
doveri, ma soprattutto*
soli di fronte al Grande Gji
ce, con cui non si può bai
La mediazione del pre^
era finita, come era fiÉ
suo monopolio dell’istoB
ne. Il fedele legge dasé {. ‘
Valdesi a Torino
Il quadrimestrale
cietà torinese per lacM)
zione dedica nel n. 2/séll
bre un servizio alla pre®
valdese in città, e
sta in cui il pastore
Bouchard rievoca i
della nostra minorati#
la capitale sabauda: afW
so l’epoca napoleoni««
Restaurazione, il
ternano momenti \
ci, rapporti tesi e atnicw
fino all’oggi: «Questa
berale - dice Boucharo'
ci interessa (...)■
Concilio Vaticario
anche all’Italia il .la
ecumenico, a Torino
viato un dialogo
(...). Poi nella città ci »,
cune presenze cattolw»_^
sociale, don CiottL^’^
Olivero, che sono può
ferimento impcttaf"^
chard ricorda anche
ro di Gramsci, Gobetti
hlemi della teologia^
responsabili della comunità
di appartenenza presenterà il
candidato che, quindi, non si
sentirà solo fin dall’inizio dei
suoi studi di teologia.
Per cinque anni (di cui uno
all’estero) si studieranno
l’ebraico e il greco (le lingue
dell’Antico e del Nuovo Testamento), la storia del cristianesimo, la riflessione teologica fatta nel tempo e nello
spazio, i problemi etici, i pro
per esempio la caj
l’arte del discorso e
tro ancora). Ci si .jji
quindi con il
mondo attuale. Dopa
riodo di prova, di
coi
no, accom,- ^
gli e dagli aiuti di
sorelle, il candid
(o la candidata
presenterà davanti
presemela ua.—
blea della chiesa
un cosiddetto esaib® ^
Se sarà accolto, di
store. Un cainttn
Certo, ma anche
di serietà. ^
(Rubrica
mento» della tr^
Radiouno
curata dalla Fedeli
chiese evangeli^,
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Il Giubileo
e altri cristiani
, pue lettere sono state redatte ultimamente dall’Ascemblea delle chiese elvetica
„valdese di Trieste e dalle
chiese riformate svizzere in
Italia (Genova, Firenze, Milano e Trieste) sulla questione
del prossimo Giubileo. Le
chiese triestine si rivolgono ai
responsabili della Regione
Friuli e delle diocesi friulane
che le hanno inserite nel libretto Aquileia Ecclesia Mam; i percorsi del Giubileo nel
friuli-Venezia Giulia insieme
con altre chiese non cattoliche e alla sinagoga ebraica.
L’opuscolo tratta naturalmente di molti santuari fra
cui quello mariano di Monte
Grisa. Scrive Tassemblea di
chiesa triestina: «Mettiamo
tutta la nostra buona volontà
percepire che l’intento è
ecumenico, ma se ecumenismo significa qualsiasi cosa,
è lontano da come vorremmo
intenderlo come dialogo aperto e perseverante, e non
certo trovarci coinvolti nostro malgrado e integrati di
forza in concetti e azioni,
proprio contro le quali il protestantesimo ha voluto lottare fin dalle sue origini».
11 libretto inoltre fa riferimento alla pratica deU’indulgenza plenaria e alla facoltà di
ottenerla dal pontefice da
parte dei «fedeli cristiani che
AI LETTORI
Il nostro settimanale non
pubblica lettere anonime.
Sono tali anche quelle che
non riportano l'indirizzò
completo (che ovviamente
non pubblichiamo) o ne riportano uno di fantasia.
visitano la Basilica patriarcale
di Aquileia (...) fino all'inizio
del grande Giubileo del Duemila». Si tratta di una pratica
a cui i protestanti si oppongono da quando nel 1517 Lutero
redasse in proposito le sue
«95 tesi». La lettera prosegue:
« Sentirsi presi nell’uniformità
di pratiche che rifiutiamo (i
pellegrinaggi verso luoghi sacri), nel realizzare che gli incontri ecumenici di Basilea e
Graz, dove il popolo di Dio ha
gioito nell’incontro fraterno
ricercando la giustizia e la pace del Mondo Nuovo di Dio,
sono forse stati delle illusioni
di unità nella diversità, ci porta delusioni», e ancora: «Abbiamo tutti urgente bisogno
di approfondire che cosa era
il giubileo biblico».
A questo tema si riallacciano le chiese svizzere: «Il 24
e 25 ottobre 1998 si sono incontrati, per la 6=“ volta in sei
anni, i delegati delle chiese
riformate svizzere in Italia.
Tema di riflessione, a seguito
della proposta già espressa
l’anno precedente, è stato
l’ormai incombente anno
giubilare della Chiesa cattolica, propagandato con enorme spiegamento di media.
Nella nostra comune riflessione si è cercato il vero significato della parola giubileo, riscoprendo la sua formulazione biblica e esattamente nell’Antico Testamento, libro del Levitico a partire
dal capitolo 25». E più avanti:
«...è difficilmente condivisibile l’azione propagandistica
del Giubileo cattolico ove
vengono riportate alla luce e
esaltate istituzioni quali l’indulgenza plenaria dai peccati, il pellegrinaggio ai luoghi
sacri, il concetto di sacralità
di certi luoghi di culto. Tali
istituzioni sono assolutamente estranee sia al concetto di giubileo, così come espresso nella Bibbia, sia alle
nostre tradizioni riformate».
FRANCOBOLLO COMMEMORATIVO
SUL 150° ANNIVERSARIO
DELL’EMANCIPAZIONE DEI VALDESI
Venerdì 4 dicembre, in occasione della emissione di un
francobollo commemorativo delle Poste italiane (del valore di
L. 800) per il 150® anniversario dell’editto di emancipazione
dai valdesi, è allestita una sezione dell’Ufficio filatelico delle
Poste presso il tempio valdese di Torino, in corso Vittorio
Emanuele II 23, dalle ore 10 alle 13 e dalle ore 14 alle 17,
per consentire a tutti gli appassionati di filatelia di avere anche l’apposito annullo postale del giorno di emissione.
Coloro che il 4 dicembre non possono recarsi al tempio
valdese o all’Ufficio filatelico di Torino per avere r«annullo
primo giorno», potranno richiederlo per posta entro II 24 dicembre inviando una busta intestata a: Filiale di Torino, Area
sen/izi postali, 10100 Torino. La busta dovrà contenere:
-la «busta primo giorno», acquistabile in tutti gli uffici filatelici delle Poste italiane oppure il francobollo commernoratìvo, acquistabile in tutta It^ia, attaccato su un qualsiasi cartoncino;
- una busta affrancata e con già scritto l’indirizzo a cui si
desidera ricevere l’«annullo primo giorno».
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Mella «Collana del Centro culturale valdese» è uscito il n. 1
Maria Luisa Ganglio Genré
La balmo d’Arman
pp. 134, L 16.000, cod. 296
Un avvincente racconto, pieno di suspénce, ambientato in vai Germanasca nella prima metà del
Gestro secolo. La storia di
Letizia con l’emigrazione
clandestina in Francia, la viol®Gza subita da giovinetta, il
teatrirnonio misto, il peso
belle fatiche, l’amore per un
uomo sposato... ripropone
' 'Gterrogativo di senso legato
® ogni esistenza umana.
m mmedStiice
Claudiana
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -10125 TORINO
TEL. 011/668.98.04 - FAX 011/650.43.94- C.C.P. 20780102
http-7/Www.arpnet.it/-valdese/claudian.htm
Un test
sui giornali
Quando divenni membro
di una chiesa evangelica la
mia famiglia paterna mi insultò per avere abbandonato
«la fede dei padri» (quella che
di solito dorme ma si risveglia
nelTistinto di crociata) e alcuni amici mi chiesero timidamente se anche i protestanti
erano cristiani. È arcinoto che
in Italia, sede del papato e
della Chiesa cattolica, manca
da sempre una proprietà di
linguaggio religioso e la sua
corrispondente esattezza terminologica. L’abbiamo detto
mille volte senza successo.
Già anni fa il famoso ex direttore de La Repubblica, il più
venduto quotidiano nazionale (venduto nel senso della
diffusione) scriveva di «cristiani, protestanti e valdesi».
Ora su La Stampa del 30 ottobre un vaticanista riferisce
che si sono aperti «1 lavori del
simposio internazionale sulTlnquisizione, organizzato
dalla Commissione teologicostorica» (da intendersi quella
cattolica). Non entro in questa materia; soltanto riporto
che l’articolista parla di «partecipanti cattolici, cristiani,
laici». Prima di questi due casi, e in mezzo a essi, se ne sono visti innumerevoli altri e
altri se ne vedranno in seguito. Ma ormai è inutile lamentarsi o arrabbiarci. Buttiamola invece sul ridere e proviamo a divertirci con le loro
stesse parole, senza allargarci
con altre per non rendere il
gioco ancora più defatigante.
Allora mettetevi comodi e
cercate di rispondere a puntino al piccolo test che vi sottoponiamo come fanno i magazine che si rispettano.
Dunque: i cristiani sono
tutti cattolici? I cattolici sono
tutti cristiani? I cristiani sono
tutti protestanti? Sono tutti
Un augurio con tanto amore da Bali in Indonesia
La piccola Olympia e il nostro giornale
Cari fratelli e sorelle di Riforma e de L’eco, io sono una delle
vostre più giovani lettrici e probabilmente una delle più lontane! Vi mando questa mia foto
sapendo benissimo che voi non
siete Topolino e non pubblicherete questa foto con didascalia
tipo «Olympia, una bambina
tropicale e il nostro giornalino!».
No! Ve la mando per dirvi che
alla mia mamma Carolina Kollier piace ricevervi e leggervi,
così si sente meno lontana. Presto spera di incontrare un pastore locale molto amico di un
pastore tedesco che lo zio Gianni Rostan ha incontrato. Vi saprà magari dire qualcosa a proposito. Per il momento sta lavorando troppo.
Carissime sorelle e fratelli, vi
auguro ogni bene e e buon lavoro, con tanto amore,
Olympia Schwaebe
Bali (Indonesia)
valdesi? I valdesi sono protestanti? Tutti i protestanti sono
valdesi? I valdesi sono cristiani? Sono cattolici? I cattolici
sono valdesi? Sono cristiani? E
i laici che cosa sono: cristiani,
cattolici, valdesi, protestanti o
cosa? Cattolici e protestanti
sono tutti laici? Infine la domanda da primo premio: fra
tutti quelli, chi è il migliore?
Finito? Bravi. Adesso, se
non vi è venuto il mal di testa
e non siete precipitati nella
fatale crisi di identità, cercate
voi altre possibili combinazioni. Nel frattempo, scherzando scherzando, continuate ad aspettare che almeno i
giornalisti, le agenzie stampa
ecc. forniscano finalmente al
pubblico un’informazione
chiara, evitino pasticci, confusioni, strani miscugli, im
Fondo Di Solidarietà
conto corrente postale n. 11234101
intestato a La Luce, via San Pio 15,10125 Torino
«La “Dom za djecu” (casa
per giovani) di Lovran in Istria
ospita 55 ragazzi e ragazze
fra i 3 e I 18 anni. Molti di loro
sono orfani o sono stati abbandonati dai genitori. Gli effetti della recente guerra nell’ex Jugoslavia si fanno ancora sentire e per alcuni di questi ragazzi la casa di Lovran è
l’unica possibilità di crescere
e formarsi per la vita.
Lovran si trova a 6 km da
Abbazia in Istria; la casa è
situata sulla collina che domina il mare e ha un bel
giardino. Purtroppo con l’entrata della Croazia nell’economia di mercato di tipo occidentale, il governo centrale
ha via via ridotto i finanziamenti alle opere sociali, per
cui anche questa va avanti
con grandi difficoltà. In particolare mancano i soldi per la
manutenzione dei locali che
si degradano sempre più intristendo la vita di questi
bambini già così provati.
Il “progetto” prevede la sistemazione dei locali di studio e di soggiorno dei ragazzi con l’acquisto di mobili
(ora i libri e l’altro materiale
sono ammucchiati per terra)
e la posa di un nuovo pavimento. I servizi sociali di Abbazia fanno pressione per
l’accoglimento di alcuni bambini al di sotto dei tre anni
ora relegati all’ospedale. Il
costo del progetto è di 5 milioni di lire».
Così ci scrive il pastore Renato Coìsson dalla Chiesa
valdese di Trieste, che già si
è impegnata per quest’opera
e alla quale ci possiamo appoggiare per tare giungere il
nostro aiuto rapidamente e
senza spese, frazionando anche i nostri invìi in modo da finanziare al più presto l’acquisto di un armadio per togliere
la roba dal pavimento, e poi
via via il resto, (f.d.)
OFFERTE PERVENUTE
IN SETTEMBRE-OTTOBRE
£ 200.000: Gabriella Mica;
Odette Eynard Balmas.
£ 150.000: Emanuele Bottazzi. „
£ 100.000: Edvige Palmieri;
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Davite.
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£ 50.000; Vittoria Rivoira.
Totale £1.020.000
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Trasmesso alla Tavola
valdese per la Cevaa,
destinazione scuola di
Dassa Zoumé (Benin)
£ 2.500.000
Imposta bollo £18.000
Incassa £916.919
Nev Abbonamenti
notizie evangeliche bollettino settimanale e-mail: L. 30.0(X)
agenzia stampa bollettino mensile
della federazione su corta: L. 45,000
delle Chiese obbon. cumulativo
evangeliche settimanale+mensile L. 60.000
in Italia Versamenti sul c.c.p. 82441007 intestato a: nev-notizie evangeliche
e-mail: via Firenze, 38-00184 Roma
fed.evangelica @ agora.stm.it tei. 06-4825120 fax. 06-4828728
parino a essere precisi, insomma sappiano un po’ meglio che cosa scrivono quando scrivono di religione.
Renzo Turinetto - Torino
Ài Eretici, vittime
e persecutori?
Sul Corriere della sera si è
svolto un dibattito sull’Inquisizione: a un articolo («Però
introdusse il reato d’opinione», in data 11 novembre) del
prof. Adriano Prosperi, docente di Storia moderna
alTUniversità di Pisa, replica
Rino Cammilleri («Ma per
molti “eretici” l’Inquisizione
fu la salvezza», 12 novembre),
revisionista, autore di una
«Storia dell’Inquisizione»
(Newton Compton) tesa a dimostrare le benemerenze di
quel Tribunale. Nel suo articolo, Cammilleri tra l’altro
scrive: «Ora non si tratta certo di fare l’apologià di cose
morte e sepolte, come Tlnquisizione, ma gli storici sanno bene che un Dolcino, per
esempio, massacrava volentieri tutti 1 “reprobi” che gli
venivano a tiro». Abbiamo ritenuto tale affermazione meritevole di una messa a punto, e pertanto abbiamo indirizzato al «Corriere della sera» la seguente lettera (non
pubblicata).
«Non mi sembra abbia
senso mettere su un piatto
della bilancia, come fa Rino
Cammilleri (Corriere del 12
novembre) le vittime delTInquisizìone, strumento repressivo al servizio della
Chiesa romana e del potere
civile, suo alleato e, sull’altro,
quelle di un eretico, come
Dolcino, costretto a difendersi dai persecutori che già
avevano arso a Parma il suo
mitissimo predecessore, Gherardino Segalello, in occa-sione del 1° Giubileo (1300),
e che avrebbero finito col
mettere in catene lui stesso,
Dolcino, laceragli le carni
con tenaglie roventi e poi
bruciarlo a Vercelli sul rogo.
Dolcino aveva lasciato senza colpo ferire il Trentino dopo che tre suoi seguaci, due
donne e un uomo, erano stati arsi vivi, e finì capo dei
montanari valsesiani, ribelli
alla (pre)potenza feudale dei
vescovi di Vercelli e di Novara. Lo stereotipo di un Dolcino che “massacrava volentieri tutti i ‘reprobi’ che gli venivano a tiro” trae origine dalla
cronaca di un apologeta vescovile e dal trattato inquisitoriale di Bernardo Gui. Quale sarebbe il giudizio sulla
Resistenza (1943-45), se 1 posteri la conoscessero soltanto
attraverso le cronache e le
fonti dei nazisti e della Repubblica sociale italiana, loro alleata?».
Tavo Burat - Biella
Centro studi dolciniani
RINGRAZIAMENTO
«...giustificati gratuitamente
per la sua grazia,
mediante la redenzione
che è Cristo Gesù»
Romani 3, 24
I familiari, commossi per la dimostrazione di affetto tributata in
occasione della dipartita della loro
cara
Ada Bounous Rovara
nell’Impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro che
in Vario modo hanno preso parte
al loro dolore.
Un ringraziamento particolare /
rivolgono al personale medico e
paramedico e alla direzione dell’Asilo valdese di Luserna San
Giovanni, nonché ai pastori Berutti e Davite.
Luserna San Giovanni
24 novembre 1998
RINGRAZIAMENTO
«Rimetti ia tua sorte
neii'Eterno, confidati in lui
ed egli opererà»
Salmo 37, 5
La moglie, le figlie e i familiari
tutti del caro
Stefano Rambaud
riconoscenti per l’affettuosa partecipazione, ringraziano di cuore
tutte le gentili persone che con
parole di conforto, presenza e
scritti hanno partecipato al loro
dolore.
Un particolare ringraziamento
al personale medico e paramedico dell’Ospedale valdese di Torre
Penice, alla dott.ssa Grand e al
pastore Gianni Genre.
vaiar Penice, 4 dicembre 1998
RINGRAZIAMENTO
«Quand'anche camminassi
nella valle dell’ombra della morte,
io non temerei male alcuno
perché tu sei con me»
Salmo 23, 4
La moglie, la figlia e i familiari
tutti del caro
Corrado Pellegrin
(commerciante di legname)
profondamente commossi per la
grande dimostrazione di stima e
di affetto tributata al loro caro,
neirimpossibilità di farlo singolarmente, ringraziano di cuore tutti
coloro che con presenza, scritti,
parole di conforto e fiori hanno
preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare
al personale medico e infermieristico dell’Ospedale valdese di
Torre Pellice, alla dott.ssa Grand,
alla Società operaia di mutuo soccorso e al suo presidente, Aldo
Cougn, al gruppo Gasm di Santa
Margherita, agli amici del Bar
Royal, ai vicini di casa e in modo
particolare a Bruno Stallò, e al
pastore Bruno Rostagno.
Torre Pellice, 4 dicembre 1998
I necrologi si accettano
entro le 9 del lunedì. Tel.
011-655278-fax 657542.
16
PAG. 1 2
RIFORMA
iALE
VENERDÌ 4 DICEMBRE iqQ^
Conclusa la «tournée» in Italia, promossa dalla rivista «Confronti», di sei educatori israeliani e palestinesi
La «Open House» di Ramie: una casa in cui convivono pacificamente ebrei e palestinesi
JEAN-JACQUES PEYRONEL
come la guerra
I non va lasciata ai generali, neanche la pace va lasciata ai politici»: così ha
esordito Yehezkel Landau,
docente di spiritualità e tradizioni ebraiche a Gerusalemme, durante rincontro
pubblico che si è svolto
nell’aula consiliare di Frascati lo scorso 12 novembre.
L’incontro di Frascati era il
penultimo della «tournée» in
Italia di sei educatori israeliani, tre ebrei e tre palestinesi,
promossa dalla rivista «Confronti» nel quadro del progetto «Semi di pace», un programma di seminari, convegni e incontri teso a promuovere contatti tra educatori e
insegnanti sia italiani che del
Medio Oriente, impegnati nel
campo dell’educazione alla
pace e del dialogo tra le fedi e
le culture. Due giorni prima,
la delegazione ebrea-palestinese aveva animato una serata carica di commozione
presso il Centro di cultura
ebraica «Pitigliani» di Roma.
Prima dell’incontro conclusivo a Palazzo Vecchio di Firenze, sabato 14 novembre,
la delegazione ha partecipato
ad altri dibattiti pubblici a
Udine, Genova, Arezzo e Modena. A Roma, è stata ricevuta da esponenti del Pontificio
Consiglio per il dialogo interreligioso, dal moderatore della Tavola valdese, Gianni Rostan, e dal vicepresidente
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, pastore Giuseppe Platone.
All’incontro di Frascati
Yehezkel Landau e George
Nassar, un avvocato israelo
palestinese, greco-ortodosso,
hanno presentato il progetto
«Open House» (Casa aperta)
di Ramle, una città di 55.000
abitanti situata tra Tel Aviv e
Gerusalemme. Il progetto
«Open House», nel quale
Landau e Nassar sono ambedue impegnati insieme alle
loro famiglie, ha preso il via
nell’aprile 1991, subito dopo
la guerra del Gglfo. La storia
di questa casa riflette il più
vasto conflitto cinquantennale tra israeliani e palestinesi. Essa infatti era l’abitazione di due famiglie, una
musulmana e una ebrea. Le
due famiglie si incontrarono
per la prima volta nel 1967,
dopo la guerra «dei sei giorni». A seguito di una singolare relazione protrattasi per
25 anni. Dalia Landau, la
donna ebrea cresciuta nella
casa dopo il 1948, assieme al
marito Yehezkel, e la famiglia
Al-Khayri, che vi aveva abitato fino al 1948, decisero di
dedicare la casa ai bambini di
Ramle, che incarnano la speranza di un futuro migliore in
questa terra di PalestinaIsraele alla quale appartengono i due popoli.
«Open House» ha un duplice obiettivo: 1) accrescere le
opportunità scolastiche e sociali dei bambini arabi e delle
loro famiglie: 2) essere un
centro nel quale ebrei e palestinesi possono incontrarsi
tra loro, intraprendere attività comuni e far crescere
l’amicizia. Per entrambi gli
obiettivi, il progetto risponde
ad esigenze reali dei cittadini
arabi ed ebrei di Ramle. Ramle, infatti, a differenza di altre
città israeliane a popolazione
mista, come Haifa e Acco,
George Nassar e Yehezkel Landau (primo e terzo da sinistra)
non dispone di un centro
culturale arabo-israeliano.
«“Open House” - ha spiegato Yehezkel Landau - è un
progetto che intende dimostrare che la convivenza tra
arabi ed ebrei è possibile. Ma
perché tale convivenza sia
possibile, ci vogliono uguaglianza e giustizia per ambedue le comunità, ed è quello
che ci sforziamo di realizzare,
in piccolo, nella nostra “casa
aperta”». È un’iniziativa dal
basso, limitata, ma che ha effetti concentrici che vanno
lontano. «Di solito - ha sottolineato Landau - i media riferiscono solo le notizie di violenza e tacciono sugli esempi
concreti di convivenza civile».
«In realtà - ha poi aiiermato George Nassar - è impossibile escludere la politica dai
nostri discorsi». E la storia di
Ramle, in questi 50 anni, è
emblematica di quello che è
successo dopo la fondazione
dello Stato di Israele. Dopo la
guerra del 1948, vinta dagli
Il mondo
♦ ♦♦
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• cumulativo Riforma + Confronti £ 145.000 (solo Italia)
* Coloro che hanno un basso reddito familiare possono uti- lizzare questo abbonamento.
Gli abbonamenti decorrono, per dodici della prima copia del giornale 0 sei mesi, dal giorno d< ricevimento
israeliani, quasi tutti gli arabi
che vi risiedevano furono costretti ad andarsene. Oggi, la
minoranza araba costituisce
circa il 18% della popolazione, la stessa proporzione
dell’intero Stato di Israele. «In
quella città, prima del ’48, vivevano molti arabi cristiani ha precisato Nassar -. La
guerra lasciò molte ferite e
proseguì fino al 1967 incluso,
quando gli arabi persero nuovamente la guerra. In quel
tempo nessuno pensava che
arabi ed ebrei potessero vivere insieme. Ma, grazie a Dio,
la vita è più forte dell’odio».
George Nassar è un palestinese ma è cittadino israeliano. In quanto tale, ha precisato di non poter parlare a
nome dei palestinesi non
israeliani della Cisgiordania
e della striscia di Gaza, né di
quelli della diaspora che dovettero abbandonare la loro
terra nel ’48. Ha parlato invece a nome dei cittadini arabo-israeliani di Ramle e non
ha taciuto le discriminazioni
di cui sono tuttora vittime rispetto ai loro concittadini
ebrei. C’è, a Ramle, un consigliere comunale che da anni
è impegnato a lottare contro
queste ingiustizie: si chiama
Michail Fanous, è educatore
e assistente sociale e proviene da una famiglia cristiana
che ha radici a Ramle da oltre 700 anni. È stato direttore
di «Open House» fin dall’inizio del progetto. La sua rielezione alle recenti elezioni comunali dimostra la stima di
cui gode «Open House» presso la popolazione.
George Nassar e Yehezkel
Landau sono convinti che sono progetti come «Open House» o «Neve Shalom-Wahat
al-Salam» che hanno preparato la strada agli accordi di
Oslo. «Sappiamo bene - hanno detto entrambi - che questi accordi, così come quelli
recenti di Wye Plantation,
possono produrre frutti solo
se ci sono tentativi concreti di
riconciliazione nella società
civile, nella vita quotidiana
tra palestinesi e israeliani».
Sanno anche come la fragile
pianticella di questi accordi
conclusi a fatica dai politici
rischia di essere travolta dagli
estremismi di ambo le parti.
«Ecco - ha affermato George
Nassar - il senso del nostro
impegno alla “Open House”:
non vogliamo lasciare spazi
vuoti agli estremisti. Per questo siamo decisi ad andare
avanti finché la pianticella
della riconciliazione non diventerà più robusta».
Da parte sua, Yehezkel Landau, ebreo di origine mitteleuropea, nato negli Usa, esponente di un movimento
sionista religioso per la pace,
rOz ve Shalom, ha affermato:
«La sfida che abbiamo di fronte è quella della convivenza:
una sfida che ci è imposta da
ovvie ragioni sociali e umanitarie ma anche dalla tradizione biblica. È la Bibbia, infatti,
ad insegnarci che la terra non
appartiene a noi, ebrei, cristiani o musulmani, ma siamo
noi che apparteniamo alla
terra di Israele e per questo
dobbiamo condividerla».
Teologia ebraica della terra
Pawel Gajewski
Yehezkel Landau è uno dei principali teorici della «teologia ebraica della terra». Riportiamo qui le tesi più importanti di questa teologia, esposte dallo stesso Landau durante una conferenza tenuta alla Facoltà valdese di teologia,
«Terra santa», in senso ebraico, significa «la terra che appartiene al Signore»: «Le terre non si venderanno per sempre; perché la terra è mia e voi state da me come stranieri e
ospiti» (Lv 25,23). All’uomo dunque non è lecito possederla
per sé o profanarla con il sangue versato: «Non contaminerete il paese dove sarete, perché il sangue contamina il paese» (Nm 35,33a). Il legame di un ebreo religioso con la terra
non è dunque fondato sul concetto di proprietà che attribuisce la terra all’uomo, ovvero l’ebreo non possiede la terra ma è la terra santa che possiede l’ebreo. Il divieto del capitolo 35 del libro dei Numeri getta inoltre una luce diversa
sul problema delle conquiste armate. Nell’interpretazione
di Landau, da questi testi si deduce che nessun legame con
la terra può giustificare lo spargimento di sangue per questioni che riguardano i cosiddetti diritti di proprietà. Questi
vengono stabiliti in modo pacifico, senza escludere trattative che hanno come base una ricompensa materiale o morale per chi usa la terra di Israele non essendo ebreo.
Il Deuteronomista dà grande importanza al fatto che al
Signore possono essere offerti sacrifici soltanto là dove si
trova il luogo che «il Signore avrà scelto in una delle tue
tribù» (Dt 12, 14). Nella Bibbia ebraica emerge con particolare chiarezza il legame inscindibile tra l’appartenenza
al popolo eletto e l’adorazione del Dio di Israele poiché
proprietà di Israele è la terra di Canaan, che Dio menziona ripetutamente come segno visibile del suo patto con i
padri (cfr Gn 15,17-21). Una delle principali conseguenze
di questa realtà è il dono delle primizie della terra che appartengono anch’esse a Dio: «Prenderai delle primizie di
tutti i frutti del suolo da te raccolti nel paese che il Signore, il tuo Dio, ti dà, le metterai in un paniere e andrai al
luogo che il Signore, il tuo Dio, avrà scelto come dimora
del suo nome» (Dt 26, 2). Il precetto riguardante le primizie può essere adempiuto solo nella terra di Israele. Un
ebreo religioso che coltiva la terra solo in Israele può vivere pienamente il suo legame col Signore, esprimendolo
per mezzo di un gesto che ha senso solo in questo contesto. Le primizie sono anche un chiaro segno di un’apertura non soltanto verso Dio ma soprattutto verso il prossimo
perché il significato principale dell’offerta è la generosità,
ossia il rifiuto di qualsiasi forma di avarizia.
Durante l’esilio babilonese il legame con la «terra promessa» è rimasto molto forte. Il Salmo 137 conferma il desiderio di ricongiungersi con la propria terra: «Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra; resti la mia
lingua attaccata al palato, se io non mi ricordo di te, se
non metto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia» (Sai
137, 5-6). Questo salmo fa parte della preghiera che accompagna il principale pasto quotidiano. Il suo senso non
è legato solo al passato. Chi, come ebreo, recita questo salmo a Gerusalemme, abbraccia con la preghiera tutti gli
ebrei sparsi nel mondo; chi lo recita, vivendo nelia diaspora, esprime gli stessi pensieri degli esuli babilonesi. Il Salmo 120 testimonia invece la gioia di chi ritorna nella propria patria dopo un lungo esilio: «Quando il Signore fece
tornare i reduci di Sion, ci sembrava di sognare» (Sai 126,
1). Questo salmo accompagna il pasto principale dello
shabbat. È insieme festa solenne e dimensione spirituale
dell’ebraismo perché emula lo shabbat divino. Riposo e
gioia del corpo e dell’anima, anticipazione del messianismo, è insieme dichiarazione etica di extratemporaiità ed
extraterritorialità perché lo si celebra nel paese in cui ci si
trova, secondo il fuso orario corrispondente.
L’universalità della preghiera coincide con il desideno
di ritorno nella terra promessa. L’ultima parola della Bibbia ebraica, che si riferisce al decreto di Ciro, re di Persia
(538 a.C.) è un invito alla partenza rivolto al popolo ebraico: «Chiunque fra voi è del suo popolo, sia il Signore, il suo
Dio, con lui, e parta» (2 Cr 30, 23). Il giudaismo rabbinico
fece propria la concezione della santità del luogo. Al su®
interno ha preso corpo una legislazione che, partendo d^le prescrizioni bibliche, si riferisce alla santità rituale de
tempio e della terra. Dall’altro lato, però, si dà Importane
al fatto che il Dio di Israele non può essere rappresentato
soltanto come una divinità locale: «Ascolta, Israele: Il oF
gnore, il nostro Dio è l’unico Signore» (Dt 6,4). Si pru®®”®’
se che la preghiera quotidiana principale fosse recita
nella direzione del luogo in cui era stato costruito il t®®®'
pio di Gerusalemme (cfr Dan 6,11), tradizione mantenu
tuttora dagli ebrei religiosi di tutto il mondo, grazie ai^
quale si crea una sorta di «energia spirituale» che
suo centro sul monte Sion. Il muro del pianto, vale u
muro di sostegno sul versante occidentale del tempio e
diano distrutto dai romani, l’unico vero «luogo ug
conosciuto daU’ebraismo tradizionale, è diventato an
santuario nazionale dello stato di Israele.
Il legame con la terra e, in particolare, col monte S o ^
utilizzato come sinonimo di Gerusalemme e con i
tanti, svolge un ruolo considerevole anche nell’escatol e
giudaica postbiblica, come simbolo della un
messa ricostruita messianicamente. Il monte Sion
significato mistico: esso è il punto alfa, ossia *
della creazione che della rivelazione iniziale e
punto omega, ossia il luogo in cui si manifesterà n g,
promesso da Dio. Nella visione circolare del mondo, q
sto punto è il punto centrale, l’unico punto di jel
Nell’escatologia del giudaismo rabbinico,
Messia era collegato con la «raccolta degli ®®***®**”;^^g del
ritorno nella terra promessa e con la ricostruzion
tempio di Gerusalemme, accanto ad altre parti
'^""a speranza messianica che si riferivano ¡g di
. Nell’ebraismo di oggi, la ricostruzione del
della
nità.
oggi, la ricostruzione oc*
Gerusalemme è interpretata non in senso maten
spirituale. Infatti, nessuno prende in considerazione
struzione di un nuovo edificio di culto.
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