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Anno il8 - n. 33-34
20 agosto 1982
L. 400
Sped. abbonamento postale
I gruppo bis/70
D r. i'i tù
BIBLiOTrCA VAL
10066 TOÍÍRE PHLICE
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
UNA PREDICAZIONE DI J. MOLTMANN
« Occorre saper distinguere tra
lo stato di Israele e il popolo
ebraico ». Questa affermazione
dal suono quasi ovvio che due
mesi fa, airinizio del nuovo conflitto medio-orientale, le chiese
valdesi e metodiste del Nord Italia riunite a Milano hanno inserito nella loro dichiarazione
sull’invasione dei Libano, è risultata molto meno scontata di
quanto si pensasse. Il mondo è
ancora pieno di gente che non sa
distinguere tra israelita e israeliano, tra dimensione etnico-religiosa e ambito politico-nazionale.
L’espressione più atroce e inverosimile di questa confusione
è la strage di rue des Rosiers
a Parigi. Già è inammissibile da
parte di qualunque organizzazione la rappresaglia contro cittadini inermi, ma appunto essa
diventa atroce e inverosimile
quando questi cittadini non hanno nulla a che vedere con la nazione che si intende colpire, pur
appartenendo allo stesso ceppo
etnico.
Mai come in questi due mesi
la comunità ebraica mondiale si
è . spaccata dolorosamente nel
suo atteggiamento nei confronti
di Israele esprimendo dai suo
interno sia approvazione che
condanna nei confronti dell’invasione del Libano. Ma questo
non sembra aver aiutato ad ope
rare distinzioni quanti nelle di
mostrazioni nostrane sono pas
sati rozzamente dal dissenso po
litico nei confronti di Israele agli
slogans antiebraici che la stampa ha dovuto riportare a nostra
vergogna. Neppure Lama, nella
sua replica al rabbino Toaff di
Roma che rilevava questo risorgente antisemitismo, ha saputo rispondere con chiarezza
e ha ritenuto giustiflcabile che
« il sentimento di condanna politica e morale » del governo Begin si esprimesse nei confronti
degli ebrei di Roma.
Va detto tuttavia che uno dei
maggiori responsabili di questa
confusione tra Israeliti e israeliani è lo stesso Begin quando,
al di là della più netta riprovazione per un atto come la strage di rue des Rosiers che ogni
uomo civile non può che condividere, si ingerisce nell’organizzazione interna di un altro paese assumendo toni di leader politico e rappresentante degli ebrei di tutto il mondo.
Facciamo dunque una distinzione ben netta. Nei confronti
del popolo ebraico ovunque nel
mondo noi abbiamo un debito
che non decorre solo dai campi
di sterminio dell’ultima guerra
ma risale indietro nella storia
lungo la triste trama di una
civiltà cristiana antisemita, i; un
debito vecchio che si rinnova ad
ogni avvilente rigurgito di antisemitismo.
Ma nei confronti di Begin e
della politica che egli impersona oggi in Israele non abbiamo
alcun debito. Non perché in qualche modo noi lo abbiamo saldato, ma perché egli ha rinunciato
ad ogni credito spogliando sé
e il suo paese della sua ebraicità, passando dalla parte delle
vittime a quella dei carnefici.
Franco Giampiccoli
Tuo è il regno, la potenza e la gloria
Con un culto presieduto dal noto teologo tedesco si è aperta a Ottawa, Canada, il 17 agosto
l’Assemblea dell’Alleanza Riformata Mondiale che tratterà lo stesso tema della predicazione
Inno di lode e
resistenza
L'inno di lode alla fine del « Padre nostro » è il punto culminante e il compimento di ogni preghiera che viene rivolta al Padre nel nome di Gesù. In questo
inno di lode giungiamo alla quiete, riceviamo la forza e penetriamo nella luce di Dio.
Se abbiamo gridato contro la
fame del mondo alla ricerca di
pane, poi arriviamo alla quiete
di Dio, « poiché tuo è il regno ».
Su di noi scende la certezza: non
moriremo. Egli ci darà il pane
di ogni giorno.
Se confessiamo la nostra colpa
insopportabile, poi penetriamo
nella luce di Dio, « poiché tua è
la gloria ». Scende verso di noi la
grazia: Egli perdonerà la nostra
colpa e trasformerà la nostra
malvagità in qualcosa di buono.
Se riconosciamo che non ce la
facciamo a resistere nella persecuzione e invece diventiamo deboli, poi la preghiera ci porta
verso il segreto della forza di
Dio, che è forte nei deboli: nelle
nostre sconfitte non rimaniamo
abbattuti, ma risorgiamo.
L’inno di lode ci dà speranza,
dove non c'è più nulla da sperare
umanamente, e ci fa essere oppo
sitori dove umanamente non c’è
più nulla da fare. E’ l’inno di
lode che viene dalla profondità,
che dal tempo di Paolo e Sila
‘nella prigione di Filippi innumerevoli prigionieri testimoni della
fede hanno cantato fino al giorno d’oggi e nel quale hanno trovato fermezza. L’inno di lode ci
inserisce in un movimento: diventiamo liberati da questo mondo che adora se stesso, glorifichiamo l’Iddio diventato uomo e
diventiamo « popolo delle beatitudini ».
Liberazione dal
complesso di Dio
Noi non viviamo in un mondo
senza Dio, ma in un mondo nel
quale uomini e potenze adorano
se stessi: « Mio è il regn-o, mia
la forza, a me appartiene la gloria ». Non si sopporta più l’umanità nella sua debolezza, si cerca
la divinità nella sua forza e nella
sua sicurezza. La lotta politica di
oggi per il predominio sugli uomini e sul mondo è una lotta per
« il regno ». Questa lotta diventa
mortale, se essa conduce alla minaccia della distruzione nucleare
del mondo. Nascerà un regno
senza libertà? L’onnipotenza dei
dittatori e l’onnipresenza delle
loro polizie segrete e dei custodi
lasciano prevedere il peggio.
Non diversamente la superstizione moderna che pensa all’onnipotenza dell’uomo ha portato
alla vanagloria della manipolazione tecnica di tutte le cose. Per
mezzo della scienza e della tecnica abbiamo acquistato potere sulla natura. La civiltà moderna è
fondata sullo sfruttamento della
natura, della forza di lavoro umana e dei popoli più deboli. La volontà moderna di potere non è
altro che un obbligo nevrotico
verso l’adorazione di se stessi.
« Tutta la gloria sulla terra » assicura all’uomp questo complesso di Dio. Ma il risultato è:
terra diventata deserto, aumentata miseria dei popoli e impotenza paralizzante della forza.
Solo dopo aver riconosciuto
che unicamente a Dio appartengono il regno, la potenza e la gloria, ritroveremo la nostra umanità e potremo vivere umanamente.
La gloria del Dio
che si è fatto uomo
Dio si fa uomo, per trasformarci da idoli fieri e infelici in uomini veri: uomini che riconosco
UN DOCUMENTO DEL COMITATO CENTRALE DEL CEC
Libano: la chiave della pace
Dopo 4 ore di discussione il Comitato Centrale del Consiglio
Ecumenico delle Chiese, riunito a Ginevra dal 19 al 28 luglio ha
approvato un documento sulla situazione libanese basando la propria presa di posizione sul rapporto di una delegazione inviata in
Libano a metà luglio dal Comitato Esecutivo del CEC. La delegazione era composta dall’arcivescovo Olaf Sundby, primate della
Chiesa di Svezia e uno dei presidenti del CEC, dal pastore Jacques
Maury, presidente della Federazione protestante francese, dal vescovo Máximos di Pittsburgh, della Chiesa ortodossa americana e
dal Dr. Ghassan Rubeiz, libanese, segretario del servizio rifugiati
del CEC nel Medio Oriente.
« Centinaia di migliaia di persone — dice il documento del
CEC — sono rimaste senza tetto. Molte migliaia, incluse donne
e bambini, sono state uccise e
ferite. Un numero imprecisato
di cadaveri sono rimasti sepolti sotto le rovine.
Il popolo libanese ha patito a
lungo la presenza di forze militari straniere e irregolari, ma il
rapporto della delegazione parla anche di alcune crudeltà specifiche occasionate dall’invasione israeliana. Città e villaggi, alcuni già parzialmente distrutti
in anni di conflitto, sono stati
non solo duramente bombardati dalle forze di invasione israeliane, ma sono stati in molti
casi rasi al suolo. Per quanto
l’intenzione fosse di distruggere le forze dell’OLP, l’azione militare è stata diretta specialmente contro i campi dei rifugiati i
cui poveri abitanti sono stati costretti a fuggire con le poche co
se che potevano salvare dalla
rovina. Famiglie sono state divise. Migliaia di persone sono state detenute e mandate nei campi l’accesso ai quali è stato generalmente negato alle agenzie
umanitarie internazionali come
il Comitato internazionale della
Croce Rossa, in violazione delle
convenzioni di Ginevra.
Arresti e detenzioni continuano costringendo molti Palestinesi
a nascondersi. Ai rifugiati è stato proibito di erigere rudimentali rifugi, come tende, perfino
ai bordi dei loro campi distrutti.
Rifornimenti di cibo, di acqua,
medicine, combustibile e altri generi di prima necessità sono
stati proibiti anche se destinati alle vittime più bisognose. La
gente è stata sottoposta a pressioni che mirano a dividere i
Libanesi e a suscitare in loro
risentimenti nei confronti dei
Palestinesi.
La delegazione ha parlato con
particolare urgenza della piaga
di Beirut Ovest descrivendo il
suo assedio da parte delle forze israeliane come orribile e
scandaloso. Ha descritto l’intollerabile pressione fìsica e psicologica esercitata sulla gente che
attende un attacco totale e finale. Beirut Ovest è una polveriera che può esplodere con inimmaginabile sofferenza e perdita di vite umane. Mentre la
gente spera disperatamente di
essere risparmiata, nello stesso
tempo dubita che gli attuali
sforzi per scongiurare l’attacco
abbiano successo. La situazione
si va deteriorando di giorno in
giorno.
La delegazione ha lodato la
coraggiosa testimonianza dei cristiani e musulmani e ha riconosciuto gli sforzi per portare
soccorsi di emergenza compiuti dal Consiglio delle Chiese del
Medio Oriente e da altre organizzazioni pur sotto le dure restrizioni imposte dalle forze occupanti.
Il popolo libanese continua a
esprimere il proprio anelito alla restaurazione della sovranità
sul proprio paese e aH’inizio della ricostruzione di una nazione
armoniosa e unificata che un
tempo aveva dato l’esempio di un
ravvicinamento tra cristiani e
musulmani. Per poter realizzare
(continua a pag. 4)
no la loro debolezza e possono
vivere senza garanzie.
Abbiamo abbandonato la nostra umanità, per appropriarci
della divinità. Dio però si è fatto
uomo, per ridarci la nostra umanità tradita. In Gesù troviamo il
« dio dal volto umano ». Nel seguirlo diventiamo veri uomini.
Perciò lodiamo il padre di Gesù
Cristo e il suo regno e la sua forza e la sua gloria. Mentre facciamo questo, ci opponiamo all’arroganza del potere e dell’usurpazione del regno per mezzo di uomini e stati. Mentre facciamo
questo ci opponiamo alla volontà di potere e alle sue distruzioni della natura e degli uomini. Colui che dà gloria al padre
di Gesù Cristo, si oppone a ogni
autoglorificazione degli uomini.
Questo padre non è un superpatriarca nel cielo e non è un dio
delle religioni dell’uomo sulla
terra. Chi egli sia viene rivelato
solo per mezzo di Gesù: « Chi mi
vede, vede il padre». Poiché Gesù
chiamava il suo Dio «Abba» con
grande tenerezza, perciò anche i
fratelli e le sorelle di Gesù chiamano Dio con il nome di « padre ». Nell’amicizia di Gesù con
peccatori e pubblicani il segreto
dell’« Abba » di Dio viene rivelato. Nel dono di Gesù che si offre
alla morte sulla croce per molti
si manifesta la sua misericordia
e nella sua rinascita dalla morte
si manifesta la sua gioia senza
confini. Se lodiamo il suo regno
e la sua gloria, allora inneggiamo
all’« agnello di Dio »: al crocifisso appartiene il regno della
gloria.
Il popolo
delle beatitudini
Nella glorificazione del Dio divenuto uomo diventiamo veri
uomini. Restituiamo il regno che
ci eravamo fatti a nostra misura.
Ma allora sperimentiamo una
conversione miracolosa: questo
Dio non conserva il suo regno
per sé, ma lo apre e invita i rattristati e gli aggravati. Questo
Dio non conserva la forza per sé,
ma la divide con i deboli e i senza potere. Questo Dio non si accontenta della sua gloria in cielo,
ma muta la vergogna di coloro
che sono stati abbassati e offesi
sulla terra nella sua gloria.
Nella comunione di Gesù con i
poveri e con i deboli il regno di
Dio è in mezzo a noi. Nel sermone sul monte egli ha lodato i
poveri, coloro che soffrono, i miti, gli affamati di giustizia, i misericordiosi e i facitori di pace,
perché il regno di Dio appartiene
loro. Questo « popolo delle beatitudini » loda già ora la gloria del
padre di Gesù Cristo e gli canta
la lode di tutta la sua creazione.
Nella comunione con il popolo
delle beatitudini anche noi vogliamo cantare la lode: « Tuo è il
regno, la potenza e la gloria in
eterno ».
Jürgen Moltmann
2
2 vita delle chiese
20 agosto 1982
_______intervista al moderatore GIORGIO BOUCHARD
Predicare la speranza
contro il fatalismo
A . colloquio con i lettori
ste NelSn Iwsno' ‘^^iese valdesi e metodi
del 450° anniversario di Chanforan, questo Sinodo ri
rtoatr?a°icf"^'‘ particolare: sarà probabilmente l’occasione per
della fede'eiadi _ riaffermare i principi fondamentali
tes Lite in Sa All di precisare il senso della testimonianza protestante m Italia. Alla vigilia di questa assemblea che rappresenta la
" MoEafSé’delirT " »"dati
raccoglierai sueImprisstai’ '
— L’anno scorso hai detto che
l’impegno delie nostre chiese per
i prossimi dieci anni sarebbe stato l’evangelizzazione, in particolare nel Mezzogiorno. Ritieni che
le comunità valdesi e metodiste
abbiano accettato questa sfida?
In che modo la stanno attuando?
E che cosa significa « evangelizzare » neiritalia di oggi?
— Nelle nostre chiese c’è una
nuova sensibilità per il Mezzogiorno. Negli anni '60 e un po’
negli anni ’70, siamo stati ipnotizzati — io per primo — dai problemi della società industriale:
Torino, Milano, sono stati i nostri punti di riferimento. Di conseguenza abbiamo lasciato il Meridione alla periferia della nostra attenzione, delegandone la
cura ad alcuni grandi leaders
che operavano in zone chiave del
Mezzogiorno. I credenti del Mezzogiorno hanno risentito con dolore questo carattere un po’ periferico della loro realtà rispetto
all’insierne della chiesa. Oggi c’è
un cambiamento: ci sono di nuovo pastori del Nord che desiderano andare a vivere nel Sud, c’è
di nuovo la percezione che il
Mezzogiorno ha una sua specificità culturale. Evangelizzare nel
Mezzogiorno significa dare un
messaggio di fede e di speranza
alla parte subalterna del nostro
paese. Nell’area del terremoto, il
problema non è di portare una
pioggia di miliardi di cui poi beneficeranno i ricchi e non i poveri, ma è di avere il coraggio di
fare un appello alle coscienze, a
450 DI CHANFORAN
Domenica 22, ore 10 culto all’aperto
sui prati di Chanforan in Val d’Angrogna. Santa Cena. Predica il Moderatore Bouchard.
Ore 15 apertura del Sinodo nel Tempio di Torre Pellice.
UNIONE
PREDICATORI LOCALI
I predicatori locali sono convocati
per le ore 16 di venerdì 27 agosto a
Torre Peilice nelia saia unionista per
discutere il programma di lavoro per
l'anno 1982-1983.
ASSOCIAZIONE
AMICI DEL COLLEGIO
Domenica 29 agosto sì svoigerà a
Torre Peilice la giornata degli amici del
collegio con mercato delle pulci (ore
9), pranzo presso la Seggiovia Vandalino (ore 12.30). seduta sociale alla
casa valdese (ore 15) seguita dal buffet.
ASILO VALDESE
DI LUSERNA S. GIOVANNI
Sabato 28 agosto alle ore 14.30 si
terrà nei locali dell'asilo di San Giovanni un pomeriggio comunitario a
dieci anni daH'inizro del rinnovamento dei locali. Una occasione per incontrare ospiti e personale.
MANIFESTAZIONE
EVANGELICA ALLA
MOSTRA DELL’ARTIGIANATO
II comitato preparatorio è convocato
per le ore 21 dì venerdì 20 agosto
nei locali della chiesa valdese di Pinerolo.
CULTO IN PIEMONTESE
Domenica 29 agosto nel tempio di
Piedìcavallo (Biella) si terrà un culto in
piemontese.
livello di predicazione, di opere
sociali, di azione culturale.
Riguardo al paese in generale,
evangelizzare significa — secondo me — predicare, su due fronti: da una parte l’uomo secolarizzato, dall’altra i grossi residui
di cultura della Controriforma.
La mia impressione è che questi
due settori siano paradossalmente unificati da un comune fatalismo. I laici, gli atei avevano negli anni ’60 fatalismo ottimistico: con un po’ di biologia,
un po’ di tecnica, un po’ di
politica risolveremo tutto. Oggi c’ è fatalismo pessimistico:
la droga, la ^erra, ecc. Occorre
dunque predicare offrendo speranza contro il fatalismo stoico
di tanti laici del nostro tempo.
D’altra parte bisogna predicare
la stessa fiducia ai seguaci di
quel tipo di religiosità ’’popolare” che Miriam Castiglione ha
illustrato nei suoi libri. Mi sono
sempre arrabbiato quando alcuni amici della sinistra cattolica
pensavano che si potesse fare un
uso rivoluzionario di San Rocco.
L’unico uso di San Rocco — ce
l’ha insegnato Martin Lutero — è
di farne legna da fuoco, come
lasciava capire il profeta Isaia
un bel po’ di secoli fa.
— Quali saranno, a tuo parere, le grandi questioni all’ordine
dei giorno del Sinodo?
— L’argomento più impegnativo sarà il rapporto della commissione consultiva sulle relazioni ecumeniche. Il documento
« Ecumenismo e Cattolicesimo
romano » è stato pubblicato su
La Luce, è stato tradotto in inglese, e abbiamo chiesto i pareri delle comunità locali, dei singoli, e di organizzazioni evangeliche in Italia e nel mondo. Sulla base delle numerose risposte
ricevute, la commissione ha rielaborato il testo, e ora lo presenta come bozza di documento
del Sinodo. Se il Sinodo riterrà
di lavorare su questo testo, bisognerà innanzitutto leggerlo mol
to bene per vedere se corrisponde al pensiero delle nostre chiese: poi correggerlo ed eventualmente votarlo. Secondo me, questo documento si situa molto bene nella grande tradizione delle
assemblee ecumeniche, dal 1910
in poi, cioè da quando l’ecumenismo era l’impresa di pochi pionieri come John Mott (un laico!).
E’ certamente un documento
protestante, ma di questo nessuno dovrebbe aversela a male.
— Quest’anno è stato l’anno
dell’impegno per la pace. Dalle
Valli alla Sicilia, le nostre chiese si sono mobilitate. Eppure, di
fronte alla tremenda logica di
morte che si scatena un po’ dovunque nel mondo, ci si sente
impotenti. Cosa può e deve fare
la chiesa? Basta la denuncia profetica?
— Nell’attuale panorama protestante mondiale, il movimento
per la pace è certamente la più
bella sorpresa che ha avuto la
mia generazione. Il fatto che i
figli dei tedeschi della guerra, i
figli degli americani del Vietnam,
si presentino sulle piazze a centinaia di migliaia per dire delle
cose spesso molto sensate, con
la Bibbia alla mano, questo è un
fatto nuovo: quando noi protestanti italiani eravamo molto interessati di fatti politici, qualche
volta avevamo un po’ un complesso di superiorità verso i protestanti francesi, tedeschi, americani che non erano così « avanti » come noi. Per quanto riguarda i temi della pace, dobbiamo
invece ammettere in tutta umiltà che la elaborazione di pensiero dei credenti olandesi, tedeschi
e americani è più avanti della
nostra. Il movimento per la pace fa parte di una grossa crisi di
coscienza che è in corso oggi nel
mondo occidentale dopo il tempo delle rivoluzioni, delle controrivoluzioni, soprattutto dopo il
fallimento dei miti dello sviluppo, del benessere, e del progresso tecnologico. Fa parte di
questa crisi anche il movimento
anti-nucleare (che io non condivido), il movimento ecologico
(che invece condivido), il movimento delle donne, il movimento dei giovani e molti altri. Questi movimenti, per noi protestanti, sono cosa di famiglia. Mi
spiego così il fatto che il segnale
(continua a pag. 4)
QUINTA CATTEDRA
Caro direttore
ho letto sull'ultimo numero di « Gioventù evangelica » il resoconto dell'incontro sulla nostra Facoltà di teologia, svoitosi ad Ecumene a fine marzo per iniziativa della Fgei e della Facoltà. Trovo molto interessante e utile
che i problemi di questo centro così
importante per tutto il protestantesimo italiano siano discussi dai giovani; so che in parte saranno ripresi dal
Sinodo e perciò mi permetto di intervenire nel dibattito, che vorrei fosse
il più ampio possibile, per esprimere
le mie perplessità sulla richiesta di
una quinta cattedra (cioè di un quinto docente a tempo pieno) presso la
Facoltà, avanzata dai professori stessi.
Schematicamente, ritengo che la Facoltà di teologia sia oggi II maggior
centro culturale protestante in Italia,
ohe abbia quindi un ruolo essenziale
per la nostra chiesa, e che il lavoro
dei professori sia molto cresciuto rispetto a vent’anni fa, perché gli studenti hanno età, preparazione e interessi disomogenei e perché la Facoltà
ha ampliato la sua attività, aprendosi
anche ai laici desiderosi di studiare
teologia. La richiesta di un aumento
di forze è quindi certamente fondata
Società
di Studi
Valdesi
XXII Convegno
di Studi sulla Riforma
ed i movimenti
religiosi in Italia
Torre Peilice - Casa Valdese
20-21 agosto 1982
venerdì' 20 AGOSTO
con inìzio alle 9.30 e alle 15 giornata
sul tema di Chanforan. Interventi di:
R. Manselli, G. Audisio, F. Dal Pino, G.
Gönnet, J. F. Gilmont, B. Roussel.
Alle 21, Tavola Rotonda con G. Scudéri e G. Peyrot su non violenza nel
valdìsmo antico.
SABATO 21
alle ore 9.30: interventi di D, Degna,
U, Rozzo, F. Salimbeni, C. Milaneschi.
FILM SUI VALDESI
Lunedì 23, ore 20.30, nel Tempio di
Torre Pellice verrà proiettato il film
sui Valdesi girato nel 1924 da Paolo
Bosio e recentemente recuperato.
IL XV AGOSTO A TORRE PELLICE
Insieme per riflettere
La festa del 15 agosto, quest’anno tenutasi all’Inverso Roland! di Torre Pellice, con la
partecipazione di oltre 1000 persone, non è stata solamente la
occasione del tradizionale incontro comunitario estivo, ma ha
offerto la possibilità di ricordare e riflettere su un punto cruciale della nostra storia, quale
l’adesione alla Riforma del movimento valdese, avvenuta 450 anni fa a Chanforan. Questo tema
non era però il solo.
Nella mattinata, dopo il culto
tenuto dal pastore battista Michele Sinigaglia, Toti Bouchard
riferiva in modo vivace e stimolante sull’operato della FCEI
nelle zone colpite dal sisma di
due anni fa, sugli enormi problemi affrontati e da affrontare
per superare le resistenze poste
dalle autorità locali, dalla camorra e dalla mafia ad un’opera
volta non solo alla ricostruzione
pura e semplice di quanto il terremoto aveva distrutto, ma ad
inserire elementi di cambiamento e di innovazione.
Dopo la pausa per il pranzo,
il pastore Luciano Deodato illustrava i successi e le battute di
arresto che il movimento contro
l’installazione delle testate nucleari a Comiso ha registrato
in quest’ultimo periodo. « Sembra che il governo — ha detto
tra l’altro Deodato — stia meditando di concedere alla NATO
un’altra base missilistica, questa
volta ubicata nel nord Italia, in
Piemonte od in Lombardia. Ed
è chiaro che se la base di Comiso verrà portata a termine, lo
sararmo anche quelle future ».
La grande quantità di notizie e
di dati fornita, ha aperto un
lungo dibattito che dovrà tornare in Sinodo.
Il tema su Chanforan è stato
affrontato dal gruppo filodrammatico di Torre Pellice che ha
proposto, in costume medioevale, brani significativi dell’interrogatorio al barba valdese Griot
che, dopo aver partecipato all’assemblea di Chanforan, di ritorno nei suoi luoghi d’origine
in Provenza era stato «pizzicato»
dall’Inquisizione. Sorretto dalla
brillante « verve » del pastore
Platone, che, di volta in volta,
interrompeva la recitazione per
illustrare la personalità dei protagonisti e sottolineare i passaggi più significativi del testo,
10 spettacolo ha permesso una
attualizzazione notevole su temi
quali il valdismo medioevale, la
scelta di povertà, la gerarchia...
uno spettacolo insomma che merita di essere riproposto.
Infine concludeva la giornata
11 gruppo musicale « Chabriol ’s
Band », invitato dal Circuito
Val Pellice, che proponeva musiche Blues, della 'West Coast americana, ed altre, tutte o quasi
a cavallo degli anni ’60 e ’70,
che riscuotevano il successo del
pubblico, soprattutto di quello
giovanile molto più numeroso
che per il passato. D. Tron
ed è vero che gli attuali docenti (tre
pastori a tempo pieno e uno a pari
time) sono sovraccarichi di lavoro,
non soltanto teologico e didattico. Mi
chiedo però se la creazione di una
quinta cattedra sia davvero la soluzione migliore, se cioè, mentre le
nostre chiese sono impegnate nella valorizzazione dei laici e il ministero pastorale è in trasformazione, sviluppare la Facoltà secondo ordinamenti del
secolo scorso non sia una soluzione
di routine, inadeguata ad affrontare il
problema della necessaria riorganizzazione degli studi teologici e della
stessa Facoltà. L'Università italiana è
sempre più burocratizzata e corporativa. senza grandi possibilità di utilizzare forze esterne: perché la nostra Facoltà deve mettersi sulla stessa via,
cercando di coprire tutte le esigenze
scientifiche e didattiche con personale
di ruolo, invece di sperimentare l'impiego organizzato delle forze esterne?
In particolare mi chiedo se non sarebbe possibile fronteggiare l'aumentato
lavoro della Facoltà cercando personale diaconale che sollevi i professori dalla gestione del convitto e dalle
incombenze amministrative, e ricorrendo sistematicamente agli studiosi esterni (pastori e laici qualificati) per
determinati insegnamenti. Ogni anno
la Tavola manda un pastore in Sudamerica per insegnare teologia per
sei mesi: non sarebbe possibile qualcosa di analogo, sfruttando anche la
possibilità che i professori universitari hanno di lasciare la loro università
per periodi medio-brevi? Certo, non
sarebbe facile inserire nei programmi
e nella vita della Facoltà studiosi esterni, disponibili solo per periodi delimitati: ma mi pare che questa sia
una prospettiva da valutare seriamente,
anche perché metterebbe la Facoltà
sempre più al centro della riflessione
evangelica e romperebbe quella separatezza, che è uno dei suoi pochi difetti.
Mi auguro quindi che il Sinodo riconosca la necessità di ampliare il
corpo docente della Facoltà, chiedendo
però alla Facoltà di studiare l'utilizzazione in questa prospettiva di pastori e laici disponibili a tempo parziale.
Cordialmente
Giorgio Rochat, Milano
DAL PUBBLICO
Si avvicina il Sinodo e vorremmo
tentare di presentare alcune osservazioni ai suoi futuri membri, allo scopo
di eliminare certi inconvenienti cronici
che puntualmente ogni anno si ripresentano contribuendo a rendere talora
troppo lunghi o retorici i dibattiti sinodali.
Certo è giusto ed è bello ohe ogni
delegato possa esprimere le sue opinioni e soprattutto quelle della sua
comunità in questa assemblea di fratelli. Vorremmo però sommessamente chiedere a quelli che hanno facilità
di ascoltarsi di esercitare un po' di
autocontrollo perché il tempo disponibile in Sinodo per i dibattiti sia utilizzato nel migliore dei modi e affinché
non ci si riduca, l'ultimo giorno, a
dispiacersi per le troppe parole volate
che non hanno più permesso di trattare temi importanti come regolarmente si verifica tutti gli anni.
Dobbiamo proprio anche noi catalogarci come tanti altri italiani, tra i
grandi loquenti retorici e parolai? Un
po' di volontà lucida e razionale potrebbe aiutarci a superare questo ostacolo.
Basterebbe proporsi: interventi sobri, idee chiare enunciate con brevità: il pubblico capisce un concetto
anche se non gli viene ripetuto tre
volte; un'idea giusta e chiara è facilmente comunicabile: preziosa norma è anche non ripetere idee sostenute da precedenti oratori: basta citarli appoggiandoli o meno.
Buona norma è evitare le divagazioni; chi teme di perdere II filo scriva l'intervento e lo legga. In cinque
minuti si deve poter esprimere bene
il proprio pensiero.
Visto che anni fa era stata chiesta
una riunione preventiva per i nuovi
membri del Sinodo vorremmo riprendere il suggerimento e passarlo a
chi di dovere.
Con tanti auguri di buon lavoro.
Ive Pons, Vera Long, Prarostino
3
20 agosto 1982
obiettivo aperto 3
STA PER APPARIRE ANCHE IN ITALIANO IL LIBRO MOLTO DISCUSSO DI UN TEOLOGO CATTOLICO TEDESCO
COME IL PAPA DIVENNE INFALLIBILE
La pubblicazione di quest’opera storica sulla genesi del dogma del Vaticano I è il risultato di una scelta che da tempo l’editrice Claudiana ha compiuto: essere disponibili perché nessuna voce di ricerca di fede venga messa a tacere
August Bernhard Hasler era
un giovane teologo cattolico
quando il cardinale Bea lo chiamò a lavorare al segretariato
vaticano per l’unità dei cristiani.
Era il 1966, lo Hasler aveva circa
trent’anni e si era laureato in
teologia dopo aver studiato a
Friburgo, Ginevra, Paderborn,
Tubinga e Roma. Era quel che
si dice un giovane preparato. Al
segretariato per l’unità dei cristiani il giovane svizzero si occupò soprattutto dei rapporti
tra luterani, riformati e vecchiocattolici; così ebbe la possibilità di esaminare fonti, di confrontare testi anche riservati e
di riflettere sui motivi delle divisioni nel seno della cristianità occidentale.
La nascita
di una ricerca
Tra le molte cause della divisione, continuamente ritornava il
modo diverso di reagire di fronte al papato; i vecchio-cattolici,
addirittura, erano nati negli ultimi decenni del secolo scorso
soprattutto in conseguenza delle
decisioni prese dal Concilio Vaticano I nel 1870, concernenti
in particolare l’infallibilità papaie. Nasce in quegli anni l’idea
dello Hasler di esaminare più
a fondo il Concilio Vaticano I,
e tutte le vicende storiche che
portano a formulare il dogma
deU’infallibilità papale. Un po’
alla volta si forma il progetto
di un libro su questa questione,
fondato su tutta una serie di ricerche negli archivi vaticani, per
cercar di capire, perché anche
i dati quotidiani del Concilio
aiutino a dare un inquadramento
di tutto quel che è capitato. Così,
nel 1977, esce in Germania presso la casa editrice Anton Fliersemann di Stoccarda, un libro
molto dotto, in due volumi di
circa 650 pagine complessive, dal
titolo: «Pio IX (1846-1878), infallibilità papale e Concilio Vaticano I. Dogmatizzazione e successo di una ideologia ».
Il libro, come lo Hasler stesso racconta nell’introduzione al
volume di cui parleremo, non
solo sollevò un grande clamore,
ma, dice il nostro teologo, « le
moltissime reazioni eccitate mostrarono inoltre come continua
ad essere importante per molti
la più alta autorità del papa e
come si può diffìcilmente rimanere calmi dall’altra parte di
fronte alle ricerche storiche
quando queste affrontano questioni delicate del cattolicesimo,
senza abbellimenti e senza nascondere niente ». L’impatto
che, in seguito ad una recensione sul « Rheinischen Markur »
immediatamente dopo la pubblicazione, questo ponderoso libro
(33 pagine di bibliografìa, materiale inedito di 38 archivi, tesi
per il conferimento della laurea
in filosofìa, costo 300 marchi!)
ha sull’opinione pubblica tedesca
costringe lo Hasler a pubblicare
due anni dopo, questa volta a
Monaco, presso la casa editrice
Piper e Co, il libro che sta ora
per essere pubblicato in italiano
dalla editrice Claudiana e che è
un tentativo di portare a conoscenza di un maggior numero
di lettori i risultati più importanti delle ricerche di archivio
sul Concilio Vaticano I e sulla
questione dell’infallibilità papale. Il titolo di questa seconda
pubblicazione, di cui parleremo
d’ora in poi, è: « Come il papa
divenne infallibile. Potere e impotenza di un dogma ». Pubblicato, come si diceva, nel 1979 in
Germania, opera di un teologo
cattolico, il libro non ha mai
potuto finora essere tradotto e
pubblicato in italiano.
Il lettore comprenderà le reazioni suscitate dall’uscita del li
bro in Germania e dalle prime
recensioni; basterà leggere alcune delle frasi sull’ultima pagina della copertina, dove si riassume brevemente il contenuto
del volume: « Il Vaticano I - un
concilio che non è stato libero! »
« Roma costringe i vescovi alla
sottomissione, contro le loro
convinzioni » « Si esige una revisione del Concilio Vaticano I ».
Nella introduzione al suo libro
lo Hasler scrive, tra l’altro: « Il
dogma del Vaticano I non è solo
uno dei più grandi ostacoli sulla
strada dell’unità cristiana, ma
esso blocca anche il rinnovamento all’interno della chiesa e aiuta
in modo molto generale lo spirito autoritario nella società ».
Per questo suo contenuto il volume non ha potuto essere pubblicato — come era previsto —
nell’autunno del ’78 in una casa
editrice cattolica tedesca: « per
motivi politico-ecclesiali — dice
l’autore — la casa editrice ruppe
a breve scadenza il contratto ».
Storia e dogma
a confronto
Ma esaminiamo un po’ più
attentamente il volume, dopo
aver raccontato brevemente la
storia della sua pubblicazione.
Mi sembra che siano da indicare
alcuni punti che possano aiutare i lettori del libro, non appena esso sarà pubblicato in italiano.
Un primo punto. Il libro, nato
da una riflessione di tipo teologico, è anche (e forse soprattutto) una accurata ricerca a carattere storico. La motivazione teologica (scoprire il perché di un
dogma) si intreccia continuamente nel libro con l’esigenza di ricerca storica. Il problema della infallibilità papale
che dà l’avvio a tutta l’investigazione dello Hasler (tanto che il
Pio IX, papa infelice
Quando Pio IX aprì il Concilio Vaticano, egli aveva già
78 anni. Questa età avanzata
non rimase senza conseguenze. Le capacità intellettuali del
papa diminuivano. « Egli non
si ricorda più da un giorno
all’altro quel che è successo »,
diceva il vescovo William
Clifford. Molti vescovi parlavano di lui come di un uomo
vecchio che stava ritornando
all’infanzia. Pio IX non poteva
più concentrarsi a lungo su
un oggetto e operava in modo
brusco. I suoi discorsi — anche in occasioni ufficiali — facevano spesso un’impressione
penosa; il papa non pesava
più le sue parole. Qrmai troppo spesso il cardinale segretario di stato Giacomo Antonelli doveva intervenire e rimettere in ordine i danni che
Pio IX durante le udienze aveva crealo con le sue affermazioni fatte senza riflessione.
Dai discorsi stessi questo è
difficilmente dimostrabile.
Spesso infatti essi non venivano pubblicati come erano
stali pronunciati.
Questa situazione fisica e
psichica del papa fu importante anche per il dogma dell’infallibilità. Molte persone —
e tra di esse non pochi vescovi — vedevano nella decisione
di Pio IX di arrivare a una definizione non tanto una riflessione motivata ma molto più
una rigidezza dovuta alla vecchiaia che non gli lasciava più
modificare le sue idee fisse.
Inoltre si ricordano casi di
sopravvalutazione di se stesso,
che sono difficili da interpretare. Nel 1866, alcuni anni prima dell’inizio del concilio. Pio
IX adoperò rivolta a se stesso
la parola di Cristo: « Io sono
la via, la verità e la vita ».
Harry conte di Armin-Suckow
riferiva l’8 febbraio 1871 al
cancelliere del Reich principe
Qtto von Bismarck, come Pio
IX aveva cercato di essere
l’uomo dei miracoli: « Si riferisce qui dappertutto che il
papa nel corso degli ultimi anni passando davanti a un mutilato vicino alla chiesa di Trinità dei Monti gli abbia detto: "Alzati e cammina”. Però
l’esperimento non è riuscito ».
Lo storico Ferdinand Gregorovius aveva già notato nel
suo diario il 19 giugno 1870:
« Il papa ha voluto provare
recentemente la sua infallibilità, così come fanno i francesi con i loro nuovi ’’Chassepots”; durante una passeggiata ha gridato a un paralitico:
"Alzati e cammina”. Il povero diavolo ha provato ed è
crollato a terra. Questo ha reso il vice-Dio molto di cattivo umore. L’aneddoto è riferito perfino in alcuni giornali.
Io credo veramente che egli
sia matto ». Se anche questi
racconti sembrano molto poco credibili, essi indicano però quel che molti pensavano
del papa. Pio IX suscitava an
che l’impressione, a parte ciò,
di soffrire di mania di grandezza. Molti, anche vescovi, lo
consideravano matto o parlavano di malattie. « Per quel
che concerne Pio IX, Du Camp
è d’accordo con me che egli
fin dal 1848 è malato di mente
e pieno di malignità » notava
lo storico della chiesa Franz
Xaver Kraus nel suo diario.
Se i tanti rapporti negativi
su Pio IX provenissero solo da
ben noti nemici della chiesa,
allora questo sarebbe facilmente da segnare sul conto
dell’odio ecclesiastico. Ma la
cosa non sta così. A parte il
fatto che molte osservazioni
di questo tipo non sono state
discusse, è da rilevare che sono per lo più membri dell’episcopato, generalmente al di sopra della media e molto preoccupati per il bene della chiesa, quelli che non solo pronunciano i giudizi così duri ma
vedono anche in Pio IX il più
grande pericolo per la chiesa.
Essi danno l’impressione di
essere in una trappola. Si sentono inermi di fronte a un papa che è dominato dalla sua
idea fissa e con il quale non
è possibile nessuna discussione razionale. Letteralmente
non sanno più che cosa possono fare contro questo ottantenne.
(pagine 91-94 dell'edizione tedesca, traduzione provvisoria di E. R.).
Pio IX apre il Concilio Vaticano I in S. Pietro.
libro ha una prinaa parte che è
intitolata « Dal Rabbi Gesù al
pgpa infallibile » e che è un tentativo di storia del dogma in questione) è però anche volontariamente trattato da un punto di
vista nuovo. C’è nel libro un dibattito tra le nuove tesi sull’infallibilità papale — che emergono anche nella chiesa romana
negli ultimi anni: e non a caso
introduce il volume Hans Kùng
con circa venticinque pagine
che fanno il punto sulla situazione attuale del dibattito sull’infallibilità — e la storia, direi
quasi la cronaca giorno per giorno, che fa vedere il rapporto
tra la politica e il dogma, tra le
persone ed i pensieri, dove i retroscena anche banali aiutano a
capire che le proclamazioni di
fede nascono anche da motivazioni molto contingenti. Storia
e dogmatica a confronto, quindi. Dice il nostro autore, nella
prima pagina: « Paolo VI ha deposto la sua tiara, i suoi due
successori Giovanni Paolo I e
Giovanni Paolo II hanno rinunciato a trono e a corona. Però è
rimasta la pretesa dei papi all’infallibilità, e con ciò quindi
anche la loro posizione di potere. Perché si trattò di potere
quando nel 1870 venne attribuita
al papa impossibilità di errore
in questioni di fede e di morale
e nello stesso tempo sovranità
immediata sull’insieme della
chiesa. Il confronto sul dogma
dell’infallibilità dura già da alcuni anni. Al centro dell’interesse vi erano nel dibattito punti
di vista teologici e filosofici. Finora però era mancata una ricerca storica sulla questione, come e perché proprio nel 1870
si è giunti alla definizione solenne dell’infallibilità papale ».
E ancora: « Solo quando si
conoscano molti degli avvenimenti che portarono al dogma,
documenti che finora erano spesso sconosciuti, si possono giudicare in modo corretto le pretese
del papa aH’infallibilità quando
parla in pubblico. L’opinione
dell’autore è che queste pretese
rappresentino oggi ancora uno
dei problemi più diffìcili della
chiesa e della società ». Si potrebbe dire: vediamo chi è che pretende di essere infallibile, vediamolo un po’ più da vicino, vediamo come ha vissuto con gli
altri, cosa pensava sul potere,
cosa pensava sulla libertà — poi
capiremo meglio.
Elemento di un
dibattito in corso
Un secondo punto. Il libro ci
aiuta a ripensare al dibattito che
avviene nella chiesa di Roma in
un modo molto limpido, è esso
stesso un esempio di dibattito,
molto coraggioso e libero. Un
teologo cattolico riflette sulla
propria fede, sulla propria appartenenza alla sua chiesa, con
una libertà e una franchezza che
vorremmo augurare a tutti i
teologi di tutte le chiese. Si tratta quindi, e per il metodo e per i
risultati, di un contributo notevole al dibattito ecumenico dei
nostri tempi. E mi pare che valga
la pena a chi sente la necessità di
discutere i problemi di oggi in
termini di confronto ecumenico
di andare a leggersi il libro e
di leggerlo per quello che è: un
libro della ricerca di un credente,
critico e perciò libero. E nello
stesso ordine di idee è anche
importante che il libro non sia
pubblicato nel quadro di una
campagna polemica confessionale di una chiesa contro un’altra; il servizio che la Claudiana
fa con la pubblicazione di questo libro è il risultato di una
scelta che — mi pare da anni
— la Claudiana e una parte della chiesa valdese hanno fatto: quella di essere disponibili perché nessuna voce di ricerca
di fede sia messa a tacere: poiché il libro non ha potuto essere
pubblicato finora in italiano, ci
pare importante pubblicarlo.
Una ricerca libera, un ascolto
attento, che aiuti a capire bene
i perché.
Solo la verità
rende liberi
Sottolinerei un ultimo punto,
per il momento. Si tratta di un
libro che si legge con molta facilità. Lo Hasler lascia parlare i
documenti (giornali, lettere, proteste, editti, memorie dei protagonisti) in modo tale che si riesce ad avere un quadro della
Roma di allora e si segue il dibattito, le posizioni della stampa, gli interventi delle autorità,
le opinioni degli osservatori. Poi
c’è il silenzio: restano le voci ufficiali, salvo rarissime eccezioni. Ma cento anni dopo, in modo sempre più ampio, il dibattito riprende: gli ultimi capitoli
del libro sono delle domande:
sulla libertà dei concili, sul rapporto tra storia e teologia e
sulla eventuale revisione del
Concilio Vaticano I. Il libro termina con la speranza che si riesamini tutto il problema perché
troppe menzogne ci sono state
in questa storia. E lo Hasler
conclude: « Così la verità, tutta
la verità, verrà alla luce. Perché
solo della verità vien detto che
essa rende liberi ».
Eugenio Rivoir
4
4 ecumenismo
INTERVISTA A MARIA SBAFFI GIRARDET
Valdesi e metodisti
di fronte al cattolicesimo
confronti di altri credenti, che
sarebbero invece infedeli. Abbiamo insomma constatato che è
molto radicata la convinzione
che Tecumenismo significa soprattutto ravvedimento; e questo
riguarda anzitutto noi stessi.
Le risposte al documento sono state in generale positive, basate
non tanto su riflessioni teoriche quanto su esperienze vissute
— Dunque il panorama dei
rapporti ecumenici delle chiese
valdesi e metodiste appare abbastanza vario.
mis<dnL valutazione del documento preparato dalla Com
fP T R p valdesi e metodiste per le relazioni ecumeniche
dpi 1 fhe arriverà in Smodo riprendiamo alcune dichiarazioni
del presidente della Commissione stessa raccolte dal nev
— Il documento dell’anno scorso è stato studiato quest’anno
nelle chiese locali. Vi sono state
risposte soddisfacenti?
— Come avviene in questi casi,
non tutte le comunità hanno risposto. Alcune hanno prodotto
un documento formale, approvato da un’assemblea; altre volte
abbiamo ricevuto la relazione di
gruppi di studio. Vi sono state
anche le risposte di alcuni circuiti e di singole persone. Anche
altre chiese, non valdesi o metodiste, sono intervenute. Il risultato finale è stato abbastanza
rappresentativo; abbiamo risposte dal nord, dal centro e dal sud;
da chiese grandi e piccole.
— Si può riconoscere un orientamento generale delle risposte?
— Sì, soprattutto nel metodo;
la riflessione è partita non solo
dalle convinzioni di fondo, ma
anche dall’esperienza diretta.
— Che cosa emerge?
— Soprattutto, per quanto riguarda il cattolicesimo romano,
emerge che le convinzioni sono
state nei fatti confrontate con
un arco abbastanza ampio di esperienze. Risulta che in tutte le
comunità vi sono dei contatti
reali, anche se di tipo diverso;
nella massima parte si tratta
di rapporti di tipo informale, soprattutto per lo studio biblico.
Questo per dire che le risposte
non si sono basate su riflessioni
teoriche, ma sono partite da esperienze effettivamente vissute.
— In che modo è stato giudicato il vostro documento, che
al momento apparve ad alcuni
piuttosto duro, soprattutto nei
termini e nella formulazione?
— In generale la reazione è
stata positiva; anche quello che
in ambienti esterni è stato giudicato troppo duro ha generalmente raccolto consenso. Abbia-,
mo anche ricevuto critiche per!
invitarci a una maggiore umiltà
nella formulazione; ma soprati
tutto da parte di singoli, teologi
e altri.
— Qual è la preoccupazione
centrale delle chiese?
— Quella del massimo rigore
teologico, per quanto riguarda
il dibattito sul piano dottrinale;
invece vi è una grande apertura
per i contatti a livello orizzontale, per lo studio comune della
Bibbia, per gli incontri con le
Comunità di base. A proposito
di queste ultime è stato messo
in rilievo che questo è un tipo
di ecumenismo diverso da quello che si può fare con altri ambienti.
— Quindi, apertura sul piano
del contatto diretta, ma rigore
teologico.
— Senza dubbio. Anzi, questa
esigenza di rigore teologico è
stata espressa anche nei confronti delle iniziative ecumeniche che
si svolgono all’esterno, per esempio nell’ambito del Consiglio
ecumenico e dei vari gruppi misti. Da più parti ci si è chiesto
se in quel tipo di dialogo non si
vada perdendo una parte di questo rigore e se il confronto fra
le chiese in quanto tali non stia
prendendo il sopravvento su
quella spinta iniziale del movimento ecumenico, che era un
movimento di ravvedimento delle chiese.
— Torniamo al vostro documento, giudicato troppo « duro ». Insomma le comunità evangeliche cui esso era rivolto hanno accettato questa « durezza ».
Oppure no?
— Direi che sul rigore del nostro linguaggio la conferma è
stata generale. Quello che invece
ha spinto la nostra commissio-1
ne a cambiare lo stile del docu- '
mento è stato il richiamo ad una
maggiore umiltà da parte nostra; nel dialogo ecumenico noi
non andiamo proponendo orgogliosamente una nostra pretesa
di totale fedeltà all’evangelo nei
— Sì, abbiamo preso atto di
un generale cambiamento che è
in atto nel cattolicesimo italiano, dopo il Concilio. Abbiamo
constatato che vi sono dei fatti
nuovi, iniziative ecumeniche che
comunque sono avvenute, incontri di vario tipo che vanno da
quelli con il Segretariato per
l’attività ecumenica (SAE) fino
a iniziative come la traduzione
della Bibbia e la collaborazione
in Com-Nuovi Tempi; si è preso
coscienza che questi cambiamenti vi sono stati. E si è anche preso coscienza che, nonostante che
le posizioni dottrinali riaffermate anche di recente dal cattolicesimo ufficiale non diano adito
a molte speranze, avvengono in
ambito cattolico delle cose che
sono viste come reale testimonianza cristiana resa al mondo.
Così in molti impegni per il terzo mondo.
— Il vostro documento non
parlava però soltanto dei rapporti ecumenici con il cattolicesimo.
— In effetti, è stato rilevato
da più parti che rapporti ecumenici nell’ambito protestante sono ovviamente più facili, perché
vi è un richiamo comune alla
parola di Dio; si è perciò auspicato che questo confronto vada avanti, tenendo anche presente che, nel progredire del
dialogo con il cattolicesimo romano, non si creino delle difficoltà su questo versante con
altre comunità evangeliche che
spesso su questo tema hanno
posizioni di maggiore diffidenza e durezza.
La chiave della pace Predicare la speranza
(segue da pag. 1)
questo progetto i Libanesi domandano il ritiro di tutte le
forze straniere e il ristabilimento dell’integrità territoriale del
Libano. Molti hanno dichiaratamente espresso la necessità imprescindibile di uno stato per il
popolo palestinese, condizione
necessaria per qualsiasi giusta e
durevole soluzione ».
Dopo aver così descritto la situazione sulla base delle proprie
informazioni raccolte di prima
mano, il Comitato Centrale, prosegue il documento,
«1. chiede l’immediata rimozione dell’assedio di Beirut Ovest e chiede insistentemente ai
governi e alle organizzazioni internazionali di non risparmiare
alcuno sforzo a tal fine;
2. afferma la sua convinzione
che il ristabilimento dell’integrità territoriale del Libano è la
chiave della pace e della giustizia nella regione medio-orientale
e che per raggiungerla tutte le
forze straniere devono ritirarsi
dal territorio libanese; chiede
all’ONU e ai governi, specialmente agli Stati Uniti, all’Unione
Sovietica, alla Comunità Europea, agli Stati Arabi, di usare la
loro influenza per assicurare ai
Libanesi la possibilità di costruire una società giusta e unificata dopo anni di lacerazione
politica e di lotta;
3. condanna l’invasione israeliana del territorio libanese, fa
appello al governo israeliano
perché attui la risoluzione ,‘509
del Consiglio di Sicurezza e le
altre risoluzioni concernenti il
Medio Oriente e riafferma la sua
ripulsa dell’uso della forza militare per risolvere i conflitti
politici;
4. protesta contro le azioni
delle forze israeliane che hanno
impedito il libero accesso delle
agenzie umanitarie internazio
ai luoghi di detenzione dei
prigionieri e ai campi di raccolta
dei profughi, così come l’inoltro
di generi di prima necessità destinati alle vittime;
5. fa appello all’ONU e a tutti
i governi perché venga affrontata con la massima urgenza la
soluzione del problema palestinese sulla base del diritto dei
Palestinesi all’autodeterminazione, incluso il diritto di stabilire
uno stato palestinese sovrano e
perché siano appoggiate le iniziative per un accòrdo globale in
Medio Oriente per mezzo del
quale siano garantiti i diritti del
Libano, di Israele e degli altri
stati della regione medio-orientale di vivere in pace all’interno
di confini sicuri e riconosciuti;
6. esorta le chiese membro;
a) a sottoporre le suesposte
preoccupazioni all’attenzione dei
loro governi sottolineando l’urgenza di azioni adeguate;
b) a dare il proprio contributo per la mobilitazione della
opinione pubblica internazionale
in riferimento ai diritti umani
e alle norme internazionali concernenti il comportamento delle
forze militari in tempo di guerra
specialmente per ciò che concerne il trattamento di migliaia
di persone detenute;
c) ad assistere le chiese del
Libano nel loro sforzo di riconciliazione in vista del raggiungimento dell’armonia e dell’unità
di tutte le componenti etniche e
religiose del paese;
d) a continuare a sostenere
generosamente il Consiglio delle
Chiese- del Medio Oriente e le
chiese della regione nei loro
programmi di soccorso e di riabilitazione e a sostenere le organizzazioni umanitarie nel loro
sforzo per avere accesso in ogni
parte de] Libano per poter fornire soccorsi di emergenza;
e) a sostenere coloro che in
Israele lavorano per una giusta
pace nella zona;
f) a continuare a sostenere
nella preghiera e nell’intercessione i popoli libanese, palestinese e israeliano ».
(segue da pag 2)
lanciato dal Sinodo l’anno scorso
con un ordine del giorno abbia
avuto nelle nostre comunità una
rispondenza notevole. Nelle manifestazioni che voi avete organizzato qui alle Valli, o a Pinerolo,
in occasione del XVII Febbraio,
c’erano i monitori delle scuole
domenicali, i pastori, gli anziani
di chiesa, i predicatori laici, la
FGEI. Lo stesso in molte altre
parti d'Italia. Perché gli evangelici militanti nelle chiese si sono
riconosciuti in questo movimento? Perché ci hanno visto un problema di coscienza. Ora, se la
bomba non ci uccide tutti, oggi
c’è da aspettarsi molto di più da
una crisi di coscienza vissuta fino in fondo, che da semplici misure di ordine politico. Per cui, il
movimento per la pace mi rende
fiducioso sulle possibilità di democrazia, di libertà, fiducioso sul
fatto che per i giovani di oggi
non è vero che l’unica alternativa è la droga.
— Spadolini è caduto e l’Intesa è rimasta nel cassetto, mal.grado le promesse. Cosa pensa
di fare la Tavola?
— Mi pare che l’Intesa non sia
un problema di coscienza della
ABBONAMENTI
1983
La Tavola ha stabilito i
prezzi degli abbonamenti per
il 1983 sulla base dei preventivi che le abbiamo fornito. Li
comunichiamo fin d’ora per
permettere a quanti sono attualmente alle Valli, specialmente provenienti dall’estero, di sottoscrivere l’abbonamento ’83 senza spese supplementari.
Rivolgersi alla Claudiana
di Torre Pellice.
Annuo: minimo L. 18.000
Semestrale; minimo » 10.000
Estero » 35.000
Sostenitore » 36.000
Tavola che ha fatto tutto quello
che poteva. E’ un problema di
coscienza del governo. Certo, devo prendere atto di una cosa:
mentre da quattro anni e
mezzo l'Intesa giace nei cassetti polverosi dei ministeri, una
intesa più limitata ma significativa è stata firmata dalla Regione Piemonte, su un problema
specifico; gli ospedali. Questa intesa non lede la nostra autonomia, non lede certo la dignità degli organi della democrazia italiana; fa pensare che è più facile
trovare uno spazio di partecipazione nei gradi intermedi della
democrazia italiana. Sembrerebbe che sia più facile parlare alla
Regione che non parlare al governo. La Regione è Stato quanto il governo, e per il futuro lo
sarà forse anche di più; teniamone conto.
— A tuo giudizio, qual è lo stato di salute della nostra chiesa?
_— La nostra chiesa, a mio avviso, è un uomo robusto ammalato. I segni di robustezza sono notevoli: per esempio, quando la Tavola « rivolge vocazione » a qualcuno e gli fa
una proposta precisa, raramente
riceve un no. Qualcuno dice
« non ancora », « non a queste
condizioni », « non in questo luogo », ma raramente dice no. Questo vuol dire che i doni dello
Spirito sono presenti nelle nostre
comunità. Quali sono i segni di
malattia? La secolarizzazione,
che rosicchia parte della nostra
chiesa: quanti figli di prestigiosi
intellettuali sono ormai solo più
dei protestanti di cultura! Il distacco tra gruppo dirigente c base delle chiese, già denunciato
dieci anni fa è presente tuttora.
Per cui credo che abbiamo bisogno di curarci molto attentamente ma, se posso concludere con
una battuta, la nostra chiesa non
può morire, può solo commettere suicidio; ma non mi pare che
lo stia facendo.
Intervista a cura di
Jean-Jacques Peyronel
(c ...fora viene che né su questo
monte né a Gerusalemme adorerete il Padre... Ma l'ora viene, anzi è già venuta, che / veri adoratori adoreranno il Padre in ispirito e verità: poiché tali sono gli
adoratori che il Padre richiede.
Iddio è spirito: e quelli che l'adorano, bisogna che l'adorino in ispirito e verità »
(Giovanni 4: 21, 23. 24)
-■\ndreina e Martino, la madre, i fratelli e tutta la famiglia del
prof. Beniamino Lo Bue
partecipano la perdita del loro caro e
ringraziano tutti coloro che lianno voluto circondarli con la loro .solidarietà.
Luserna S. Giovanni, 16 agosto 1982
« Beati i puri di cuore, perché
essi vedranno Iddio ».
(Mt. 5: 8)
Il 6 agosto, a New York, ha concluso la sua breve, luminosa e intensa
vita
Davide Marcheselli
di anni 13
Con immenso dolore e fiduciosi nel
Signore vivente oltre la morte, lo annunciano i genitori Giovanni e Myriam, i fratelli Stefano, Emanuela e
Guido, i nonni, gli zii e i parenti tutti.
Un ringraziamento affettuoso ai numerosissimi amici che, in questi lunghissimi mesi di angoscia e di speranza. sono stati vicini alla famiglia.
Torre Pellice. 12 agosto 1982.
« Ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro: ma allora
vedremo faccia a faccia »
(I Corinzi 13: 12)
All'età di 85 anni ci ha lasciati
E lena Bonetto ved. Bouchard
Fiduciosi nelle promesse del Signore, ne danno Pannunzio : il figlio
Giorgio con la moglie Lucilla, i nipoti Daniele, Andrea e Sara; Silvana e
Silvano Bouchard; tutti i cognati e
nipoti.
S. Germano Chisone. 15 agosto 1982
RINGRAZIAMENTO
La moglie ed i parenti tutti del tan
to amato
Maresciallo
Giovanni Rivoira
commossi ringraziano per la dimostrazione di affetto e di simpatia chi. di
persona -o in qualsiasi modo, ha preso parte al loro immenso dolore. Un
ringraziamento particolare al Pastore
S. Zotta ed all’Arma dei Carabinieri
per gli onori resi al caro Estinto.
Torre Pellice. 14 agosto 1982
AVVISI ECONOMICI
CERCASI persona qualificata preferibilmente con esperienza per lavoro a
tempo pieno in convitto e .semi-convitto. Per informazioni telefonare a
Istituto Gould, via dei Serragli 49,
Firenze. Tel. 055/212576. Può essere contattato a Torre Pellice nel
periodo del Sinodo il direttore Marco
Jourdan.
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• La Luce »: Autor. Tribunale di
Pinerolo N. 176, 25 marzo 1960.
• L’Eco delle Valli Valdesi »: Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175, 8 luglio 1960
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
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