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ECO
DELLE mUI VALDESI
BIBLIOTECA VALDESE
10066 TORRE FELL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 110 - Nnm, 15
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( L. 4.500 per l’estero
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TORRE PELUCE - 13 Aprile 1973
Amm.: Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre PeHice - c.c.p. 2/33094
MEDITAZIONE SULLA CROCE
‘^...mediante la sua morte,
ha distrutto la morte.........................................................
La Diaconia della Chiesa
Il fatto che Gesù sia morto signifìcs tra 1 altro che ha partecipato fino
in tondo alla condizione umana. Fino
in fondo vuoi dire appunto fino alla
morte: il fondo della vita è la morte,
non solo perché ogni vita, a un certo
punto, muore, ma perché il nostro vivere è, allo stesso tempo, anche un
po morire. Quello che chiamiamo morte e la fine di un processo iniziato molto tempo prima, ancora in mezzo al
fiorire della vita. La morte di Gesù
suggella dunque la sua reale appartenenza alla nostra umanità.
Nella nostra esperienza di uomini la
morte fa inevitabilmente parte della
\'ita. L’una e l’altra sono talmente intrecciate che è impossibile separarle:
la morte è il rovescio della medaglia
della vita. Vivere significa anche morire, non si può accettare la vita senza accettare, con essa, anche la morte.
Siamo terra, e terra ritorneremo (Genesi 3: 19). È questa la contraddizionne profonda in cui si muove ogni esistenza. È questa la contraddizione insanabile che rende arduo il mestiere
di vivere: mentre ancora si sta imparando a vivere, e non si finisce mai,
ecco che già bisogna imparare a morire. C’è chi allora si chiede: la vita
sarebbe una parentesi? Oppure, con
Giobbe: « Perché dar vita a un uomo
la cui via è oscura, e che Dio ha stretto in un cerchio? » (Giobbe 3: 23).
Come comprendere la nostra morte? Comprendendo prima la morte di
Gesù. Della quale possiamo, in questo
contesto, dire due cose.
La prima è che la morte di Gesù è
del tutto simile alla nostra, è una morte ordinaria, morte di un uomo, non
di un super-uomo. Non è quello che si
chiama « una bella morte », la sua, una
morte aristocratica, eroica, facile, serena. Non è neppure una morte privilegiata, una di quelle di cui quasi non
ci si accorge, come quando insensibilmente ci si addormenta. No, Gesù si è
accorto che moriva, ha conosciuto « gli
angosciosi legami della morte » (Atti
2: 24), sulla croce ha gridato. L’angoscia, il lamento, l’abbandono, che compongono la nostra esperienza della
morte, sono tutti presenti in quella di
Gesù. In tutti i sensi Gesù è morto come noi.
Eppure la sua morte, del tutto simile alla nostra, è anche stata del tutto
diversa dalla nostra. In che senso? Nel
senso indicato dalla Lettera agli Ebrei,
là dove dice che Gesù è stato uomo
fino in fondo « affinché mediante la
sua morte riducesse all’impotenza colui che aveva l’impero della morte,
cioè il diavolo... » (2: 14). Ecco la differenza tra la morte di Gesù e la nostra: nella nostra siamo vinti noi, nella sua è vinta la morte; nella nostra
siamo noi ridotti all’impotenza, nella
sua è la morte ridotta all’impotenza;
con la nostra la morte estende il suo
dominio, con la sua Gesù estende il
suo dominio. A ben guardare, non è
la morte di Gesù che è diversa dalla
nostra, è Gesù che è diverso da noi.
Noi siamo attimi, barlumi di vita, lui
è il principe della vita (Atti 3: 15); in
noi c’è un intreccio inestricabile di vita e di morte, in lui « la vita è stata
manifestata »(I Giovanni 1: 2), «non
la vita che la morte porta via ma la
Vita che porta via la morte » (R. de
Pury). Porta via la morte perché porta via il peccato, che ne è « il dardo »
il pungiglione (I Corinzi 15: 56). Gesù
ha distrutto la morte perché ha distrutto il peccato.
Cominciamo ora a intravvedere il
senso della nostra morte in rapporto
a quella di Gesù. Gesù è morto come
noi, essendo veramente uomo, condividendo quindi il destino di ogni carne,
che è come l’erba e come il fiore del
campo. Così muoriamo inesorabilmente anche noi, e appare qui un primo
significato della nostra morte: essa è
la fine della carne e del sangue, che
« non possono eredare il regno di Dio »
(I Corinzi 15: 50). Ma Gesù è anche
morto diversamente da noi perché è
morto senza peccato, ma senza peccato la morte è senza la sua arma, è una
morte disarmata, ridotta all’impotenza, dominata. Qui appare il secondo significato della nostra morte, quello
propriamente evangelico: Gesù non ci
insegna a fuggire la morte, o a ignorarla, o a mascherarla, ma a combatterla combattendo il peccato. Cos’^ il
peccato? È vivere per sé. Il contrario
del peccato non è la virtù ma la fede,
che è vivere per Dio e per il prossimo.
Perciò alla domanda: Che cos'è la morte? noi dobbiamo rispondere: Dipende
dalla vita! Come sarà la nostra morte,
dipende da come viviamo.
Il senso evangelico della morte appare chiaro in alcune parole di Gesù:
« Chi vuol salvare la sua vita la perderà, ma chi avrà perduto la sua vita
per cagion mia, la troverà». E ancora:
« Non c’è amore più grande che dare
la propria vita per i propri amici ». E
ancora: « Se il granello di frumento
caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, porta molto frutto ».
Dunque la morte evangelica « ha qualche cosa a che fare con l’amore per
Cristo e per gli uomini » (D. Bonhoeffer). Se dài la tua vita, la morte non
te la potrà togliere, perché non ti può
togliere quello che non hai più. Se invece non la dài, allora la morte te la
prenderà. In altre parole: se ami, la
morte non troverà nulla da prendere;
se non ami, troverà e prenderà molto.
Perciò: se ami molto, la morte ti toglierà poco; se ami poco, la morte ti
toglierà molto. La morte è potente dove c’è il peccato; dove la fede e l’amore sono operanti diventa impotente.
Sulla croce è del tutto sconfitta perché l’amore di Dio vi raggiunge la sua
piena manifestazione.
Ecco perché la meditazione alla quale siamo chiamati a partire dalla croce
non è la meditazione sulla morte ma
la meditazione sulla vita come tempo
della fede e dell’amore. E il ricordo
costante che deve accompagnare la
nostra giornata terrena non è il medioevale « ricordati che devi morire »
predicato dai monaci ma è il « ricordati di Gesù Cristo risorto d’infra i
morti » predicato dall’Evangelo (2 Timoteo 2: 8).
Paolo Ricca
È risaputo che le Comunità sono geralmente poco sensibili ai problemi
che sorgono dall’azione diaconale compiuta dalla Chiesa.
Eppure le nostre opere sono state
sempre intese come un aspetto fondamentale della testimonianza e del servizio delle Comunità. Le Comunità devono prendere consapevolezza rinnovata di questa loro responsabilità, mediante la quale sono poste in contatto
diretto con una realtà di sofferenza, di
emarginazione, di disordine e di ingiustizia che non può lasciarle insensibili. Realtà determinata il più delle
volte dalle gravi carenze di una strut
0 A pagina 7 si legga la presentazione del primo tentativo, nelle Valli
Valdesi, di concretare le linee di riflessione e di azione che il pastore
Taccia, direttore del Centro Diaconale, traccia qui. In questo quadro sta
per rinascere in forma nuova, a Luserna S. Giovanni, un’antica opera:
da asilo dei vecchi a centro per anziani.
tura sociale, priva di adeguati strumenti per un’azione preventiva che riduca al massimo le cause dell’emarginazione, dell’indigenza, del disadattamento. Il discorso diaconale non può
dunque essere disgiunto da un discorso « politico » in senso proprio, cioè
di riflessione e ove possibile di intervento a livello di strutture sociali, affinché l’azione assistenziale della Chiesa non diventi l’involontaria copertura
di un sisteriia (qualunque esso sia) politico èd economico discriminatorio,
causa di gravi squilibri sociali. Non dimentichiamo inoltre che stiamo vivendo in un periodo di rapida evoluzione
in cui le strutture tendono a invecchia
RIUNITA A FIRENZE L’ASSEMBLEA ANNUALE DELLA SEZIONE
ITALIANA DEL M.I.R.
I nonviolenti d’Halia a convegno
L esame dell attività italiana nel quadro di quella globale del Movimento Internazionale della Riconciliazione - Dalla Casa della Pace” di Torino alVimpegno di operai valsusini nel rifiuto di fabbricare
armi - Continua la lotta per Vobiezione di coscienza - Il ricordo affettuoso dell’attività di Luigi Rosa
doni - La partecipazione attiva di alcuni evangelici
ERRATA CORRIGE
Nel ’’fondo" di Paolo Ricca, pubblicato qui
la scorsa settimana, a metà della prima colonna si è verificato un errore tipografico che
rendeva incomprensibile un periodo, il quale
va letto così: « Per i valori dell’umanità c’è
sempre qualcuno disposto a sacrificarsi, ma
per i peccati dell’umanità non c’è nessuno.
Già la Scrittura lo attesta... ». Ci scusiamo vivamente per questo errore. red.
Il 31 marzo e il 1° aprile ha avuto
luogo a Firenze l’assemblea nazionale
annuale della sezione italiana del Movimento Internazionale della Riconciliazione (M.I.R.). Erano presenti una
settantina di persone da una ventina
di località dell’Italia e dell’estero.
L’assemblea si è aperta con una panoramica del lavoro del M.I.R. e dei
gruppi affini in vari paesi. Di speciale
importanza sono le azioni intemazionali tra le quali la lotta, assieme alla
Chiesa Buddista Unificata del sud Vietnarn, per la liberazione dei prigionieri
politici del governo militare di Saigon.
A Roma si preparava un corteo di ecclesiastici e laici per il 5 aprile, simili
manifestazioni si sono fatte negli
U.S.A., a Parigi e altrove.
Inoltre dopo la marcia di Pasqua
1971 da Ginevra alla Spagna e quella
del 30 ottobre 1971 a Roma, è in corso
una nuova azione internazionale di solidarietà con gli obiettori di coscienza
spagnoli per i quali il 23 marzo scorso
hanno avuto luogo delle manifestazioni di solidarietà in diverse città europee, anche a Roma. L’Internazionale
dei Resistenti alla Guerra ha convocato un’assemblea a S. Louis, vicino a
Basilea, il 26 maggio prossimo, per
coordinare meglio il lavoro per gli
obiettori di coscienza su scala internazionale.
Il Gruppo di lavoro europeo, fondato in seguito al Congresso giovanile
europeo del M.I.R. nel 1971, si è costi
La Chiesa confessa di essere responsabile del crollo della autorità dei genitori. La Chiesa non si è opposta al disprezzo della vecchiaia e aH'idolatria
della giovinezza perché ha avuto paura di perdere la gioventù e quindi il futuro, come se il suo futuro dipendesse dalla gioventù ! Non ha osato proclamare la dignità dei genitori contro una gioventù ribelle, e ha compiuto il tentativo molto mondano di « farsi giovane con i giovani ». Perciò si è resa colpevole della rovina di innumerevoli famiglie, del tradimento dei figli verso i
genitori, dell'autoidolatria della gioventù e quindi di aver abbandonato i giovani lasciando che rinnegassero Cristo.
DIETRICH BONHOEFFER
Etica - Milano 1969, p. 69.
tuito in comunità internazionale nonviolenta a Gross Here, nei pressi di
Hannover, Germania. Il gruppo è composto di nove persone che vivono insieme: Germania, U.S.A., Gran Bretagna, India (Satish Kumar) e Italia
. (Adriano Bonelli con moglie e figli), e
vuole essere un centro di lavoro e studio della nonviolenza, di una società
alternativa e dei problemi connessi.
Chi volesse partecipare a questo centro è pregato di fermarsi almeno due
mesi e di procurarsi i mezzi almeno
parziali per il vitto. Si è parlato anche
della lotta dei contadini del Larzac, in
Francia, contro la militarizzazione delle loro terre. Dopo digiuni e manifestazioni un lungo corteo di trattori ha
percorso i 700 kilometri dal Larzac a
Parigi, in gennaio. C’è bisogno di una
solidarietà intemazionale anche in
questa lotta.
Dal 1° al 4 giugno 1974, il M.I.R. organizzerà un congresso internazionale
a Strasburgo su « Condizioni per una
Europa demilitarizzata » (il complesso militare-industriale ecc.); si chiede
fin d’ora l’aiuto di tutti per preparare
i documenti, mandare gli esperti ecc.
Tutti i membri sono inoltre invitati a
partecipare al progetto « scambi-incontri » per finanziare il segretariato internazionale del M.I.R. e del S.C.I. mettendo a disposizione, durante le vacanze, la casa o una stanza che verranno
abitati da altri membri i quali verseranno un contributo minimo al segretariato, oppure passando le vacanze in
una tale casa o stanza. Inforniazioni
al M.I.R.
Dall’Italia oltre Roma varie persone
hanno riferito sul lavoro locale. A Torino da sei mesi si è aperta la Casa
della Pace in via Venaria 85/6, in una
palazzina di due piani comprata in comune, dove vive una comunità nonviolenta e di obiettori di coscienza torinesi; c’è una sala di riunioni, una biblioteca sulla nonviolenza, l’antimilitarismo ecc. La casa è situata in un quartiere operaio e i rapporti con la popolazione locale sono costanti ed ottimi.
L’altro centro per la nonviolenza a Torino, in via Po 12, pubblica un ciclostilato quindicinale « Satyagraha » il
cui ultimo numero di marzo è dedicato alla « Lotta nonviolenta del Buddi
smo nel Vietnam ». I gruppi torinesi
sono in stretta collaborazione con gli
operai della Val di Susa dove a Condove esiste da anni un gmppo nonviolento di lavoratori che hanno organizzato varie marce e manifestazioni e
dove anni fa gli operai della fabbrica
Moncenisio hanno dichiarato in assemblea che non fabbricheranno più armi.
La delegata di Ercolano (Napoli) riferisce sul lavoro locale: raccolta di documenti e testimonianze sulle carceri
e la repressione nel Brasile, volantinaggio per l’obiezione di coscienza. Essa appartiene alla Comunità Patacca,
Ercolano che ha organizzato anche diversi campi ed incontri sull’Arca (comunità Gandhiana in Francia, v. “Azione Nonviolenta’’ die. 1972). Il gruppo
di Parma continua la sua collaborazione con Ramsahai Purohit, il marciatore indiano per la pace il quale dopo la
sua marcia a piedi dall’India all’O.N.U.
sta costruendo ora nel suo villaggio
Dudu (Jaipur) un centro internazionale dove studi e incontri sulla nonviolenza si alternano col lavoro della terra. Il pozzo per l’acqua è ormai scavato, i lavori vanno avanti, mancano
ancora fondi e anzitutto volontari. Chi
è interessato scriva al M.I.R.
Partecipano ai lavori dell’assemblea i
delegati dei vari movimenti nonviolenti: Lidia Scorciaforni e Giancarla Codrignani riferiscono sul lavoro del Movimento Pax Christi, un delegato della
Val del Belice parla della marcia di
fme d’anno organizzata là con molto
successo. Maurizio Salvi legge la dichiarazione del Movimento cristiano
per la pace e dà una prima introduzione ai campi di lavoro di questo anno. Pietro Pinna, segretario del Movimento nonviolento per la Pace, dopo
aver parlato brevemente sul lavoro a
Torino, Condove e Brescia, introduce
il dibattito su « Qbiezione di coscienza e Servizio civile ». Importante, dopo
il breve intervento di Fabrizio Fabbrini, il contributo di Matteo Soccio,
obiettore di coscienza che recentemente ha passato un anno nelle carceri
militari. Egli riferisce sul giro di conferenze e di contatti che sta facendo
nel Meridione per conto della Lega
(continua a pag. 4)
re rapidamente, mentre si prospettano
e si sperimentano nuove forme di intervento. In una presa di coscienza rinnovata della responsabilità diaconale
della Chiesa, mi sembra debbano sottolinearsi alcuni problemi.
a) Una questione di mentalità. La
assistenza non deve più essere considerata come atto paternalistico di beneficenza, ma è un diritto di cui tutti
devono ugualmente godere ed a cui
tutti devono ugualmente poter accedere senza discriminazione di censo, di
estrazione sociale, religiosa, ecc.
b) Ne deriva che essa non può più
essere monopolio di enti privati e religiosi, che appunto per la loro natura
possono operare una scelta discriminante tra gli utenti. La società civile
deve assumere la responsabilità che le
compete di assicurare a tutti l’assistenza necessaria a un normale livello di
dignità e di umanità.
c) In questa prospettiva la Chiesa opererà un’azione di stimolo e, dove è possibile e necessario, attuerà una
leale collaborazione con gli enti pubblici locali, sia pur in uno spirito di
vigilanza critica.
d) Gli strumenti dell’azione diaconale della Chiesa, impostata il secolo
scorso in una situazione storica e ambientale ben precisa, sono stati essenzialmente delle strutture ricettive (Istituti). Creati in origine per i soli vaidesi (allora emarginati da altre istituzioni) erano considerati il mezzo principale per rispondere alle necessità di
orfani, anziani, incurabili.
e) La modificazione delle situazioni sociali e ambientali e le nuove proposte in campo assistenziale che tendono a offrire forme di intervento alternative all’istituzione, ci obbligano a
prendere il esame il problema della
ristimtturazione delle nostre opere e
la ricerca, se è considerato utile e opportuno, di nuove forme di azione diaconale integratè; óve elisia,lina
programmazione pubblica di intervento.
f) Ci sembra inoltre essenziale, nella situazione di movimento e di evoluzione in cui ci troviamo, di puntare soprattutto sulla formazione del personale. Formazione a livello tecnico offrendo borse di studio, suscitando interesse tra i nostri giovani per le professioni che operano nel campo sociale o assistenziale e scolastico (infermiere, assistenti sociali, puericultrici,
vigilatrici d’infanzia, animatrici di comunità, educatori, insegnanti, ecc.).
Formazione a livello « vocazionale »;
questa deve precisarsi all’interno stesso della Comunità, con un’opera di
sensibilizzazione alla responsabilità di
testimonianza sia all’interno delle nostre opere che all’esterno, presso opere e istituti non della Chiesa.
g) Le nostre opere, nella misura in
cui rispondono attualmente ad una effettiva necessità sociale hanno bisogno
di essere ristrutturate, rese più efficienti e tecnicamente più aggiornate.
Ma non sarà il tecnicismo e Tefficientismo che salverà la società (che
tende a disumanizzarsi), ma l’apporto
di una testimonianza di reale e fraterna solidarietà umana che solo nel Vangelo di Cristo ha la sua fonte e la sua
dimensione piena. La vocazione della
Chiesa rimane quella dell’annuncio liberatore della salvezza in Cristo: annuncio non legato a schemi fissi e irrinunciabili, ma che in ogni tempo deve trovare le forme valide per una autentica espressione.
Alberto Taccia
Il 5 aprile, a Roma
Una marcia par i detaniti
palitici sndvmtnaniitì
Il presidente sudvietnamita Van Thieu, nel
quadro di una serie di visite in occidente, è
sùito accolto ufficialmente dal governo italiano
e dal Vaticano, il 5 aprile (a L’Osservatore Romano » ne ha dato notizia, in prima pagina,
come si conviene alla visita di un capo di
Stato, ma con una cronaca scarna e molto
misurata, non precisamente cordiale; dell’incontro fra Van Thieu e Paolo VI è riferito
hen poco, ma è detto che il pontefice ha
espresso la sua ansia per la sorte dei detenuti
politici nel Vietnam del sud). In quell’occasione era stata indetta da varie organizzazioni, fra le quali gruppi del dissenso cattolico,
una marcia di protesta che, mossa dal Laterano, doveva terminare in Piazza S. Pietro. I
marciatori, fra i quali erano pure degli evangelici, recavano cartelli con i nomi di buddisti vittime della repressione del regime di
Saigon. La marcia non ha però potuto raggiungere S. Pietro, avendo incontrato lo sbarramento della polizia.
2
pag. 2
N. 15 — 13 aprile 1973
JACQUES ELLUL E ROGER GARAUDY: DUE SAGGI SULLA SPERANZA
. i »i s V, '4. v i' Ui* .
Soeranze
a confronto
RADIO PRAGA ATTACCA
IL DIALOGO FRA CRISTIANI E MARXISTI
Su « Riforme » abbiamo letto questa presentazione che André Dumas, professore di etica alla
Facoltà di teologia protestante di Parigi, fa di due saggi recenti incentrati sul problema della speranza che com'è noto rappresenta attualmente un filone importante di riflessione teologica e filosofica, si pensi soltanto ai nomi di E. Bloch e J. Moltmann. Il primo dei saggi in questione è il libro piùrecente, ultimo di un’ormai lunga serie, di Jacques Ellul (L’espérance oubliée, Gallimard, Paris
1972), un teologo laico (e giurista) protestante impegnato nella società e nella chiesa, il quale da
molti anni combatte una sua battaglia abbastanza solitaria di barthiano, battaglia che — sia detto
fra parentesi — il protestantesimo italiano ha avuto gran torto di trascurare completamente (è uscito in versione italiana un solo suo libro. L’uomo e il denaro, pubblicato dall’editore cattolico Boria).
Sarebbe interessante e impegnativo percorrere le tappe della sua riflessione vissuta. L’altro saggio
presentato in parallelo dal Dumas è l’ultimo (per ora) libro del filosofo marxista nonconformista
Roger Garaudy (L’alternative, Laffont, Paris 1972); come di altre sue opere, da noi pure segnalate, ne è già uscita una versione italiana (L’alternativa, Boria, Torino 1973). Il Garaudy, come
Paolo Ricca ricordava due settimane fa su questo nostro periodico, è fra i pensatori marxisti odierni interessati al colloquio e al confronto con i cristiani, e sopratutto colpito dalla persona di Gesù.
11 termine saggio è molto troppo debole. Si tratta di impegni attraverso
due lunghi itinerari di vita. Nietzsche
diceva che bisogna scrivere a colpi di
mazza. Tali sono queste due opere,
radicalmente opposte, ma di cui vorrei cominciare a dire la parentela. Parlano entrambe della speranza, questo
esplosivo del quale le nostre società
sviluppate mancano maggiormente.
Vengono da pensatori ardenti e solitari, entrambi assai più appassionati di
Kierkegaard dell’avvenire della loro civiltà. Si riallacciano al messianismo
cristiano e attestano una dura aggressività nei confronti delle Chiese. Infine, è chiaro, sono state scritte tutt’e
due dopo il maggio 1968, dove hanno
sentito anch’esse che bisognava cambiare il mondo e la vita!
Qui finiscono le somiglianze possibili. Tutto, d’ora in poi, sarà un gioco
di contrasti crescenti, ai quali aggiungerò la mia parte di critica.
Jacques Ellul
o l’incognita
dell’apocalisse
Quest’ultimo libro di Jacques Ellul,
L espérance oubliée, riprende numerosi temi anteriori: l’idolatria nefasta
della tecnica e dello Stato, la salutare
trascendenza di Dio, senza la quale
non c è più storia; ma vi aggiunge un
tono confessante che trancia l’abituale freddezza dell’analisi come l’allegra
furia del polemista. Questa passione
personale organizza tutto il libro, che
bisogna cominciare a raccontare. Ellul
constata per cominciare che TQccidente cristiano e tecnologico non spera più. La natura è incoerente. La gioventù è triste. La destra è così meschinamente borghese che Ellul si dispensa abitualmente dal parlarne, mentre
SI accanisce contro la sinistra, ingenua
e terrorista, idealista e totalitaria. Soprattutto il linguaggio appare rigonfio
e magico, incapace di organizzare il
tempo, quindi di fornire all’uomo i
punti di riferimento indispensabili per
dar senso a una durata
Ne derivano i sentimenti che Ellul
ritiene di diagnosticare oggi: il disprezzo, il sospetto e la derisione, tre indici
della sterilità della nostra civiltà. Ellul continua affermando che questi indici umani mostrano che Dio ha deciso di ritrarsi da essa. L’abbandono divino corrisponde al bisogno umano di
sospettare e al rifiuto umano di esser
consolato. Dio, certo, non è morto. Sarebbe l’assurda deduzione teologica di
una pura constatazione sociologica.
Ma Dio si è ritirato nel suo silenzio.
Proprio qui il libro s’impenna, come
un cavallo cui piacciono le barricate.
Poiché l’epoca è dispei*ata, poiché Dio
ha deciso di abbandonarla, proprio la
speranza è il centro di tutto, il pessimismo nella speranza che è « la risposta dell’uomo al silenzio di Dio »
(P. 170).
La grande particolarità di questo libro sta dunque nel legare la speranza
(espérance) alla perdita di ogni speranza (espoir), un poco come Giobbe
sperava in « un tempo senza fede, senza parola e senza sbocco » (p. 211). La
speranza è dunque legata al volto di
esilio e di tenebre della terra. Senza
condividere l’interpretazione di André
Neher, secondo il quale Dio si ritira
perché l’uomo possa crescere in responsabilità, è chiaro che Ellul è assai
Vicino qui, nel suo esilio, al pensiero
ebraico contemporaneo. « La storia è
stata almeno altrettanto forgiata dall’incognito ebraico guanto dall'attivismo cristiano » (p. 279).
Un libro molto personale, dunque.
Non cede né al conservatorismo timoroso, meno ancora al progressismo
ben parlante. Soprattutto, è la cosa
più importante oggi, tenta un’apologetica, non una soluzione ma una risposta dell’esistenza cristiana al cuore di
esperienze concrete.
Tuttavia, badando a non lasciarmi
affascinare da questo libro, dal suo ardore, dirò le mie critiche. ,
1) Quale prova, che non sia vagamente sociologica, magica e soggettiva,
ha Ellul che Dio abbia deciso di abdonare la nostra civiltà? Da dove trae
questa certezza che farà da trampolino alla sua strana speranza? Ellul mi
ricorda qui i teologi della morte di
Dio, anche se i loro temi differiscono.
L’uno e gli altri s’immaginano di avere una rivelazione particolare sul piano attuale di Dio. Una rivelazione che
mi pare tanto più sospetta in quanto
corrobora proprio il giudizio che, come sociologi, danno del mondo moderno. I teologi della morte di Dio celebrano il progresso della secolarizzazione; occorre quindi loro un Dio che
si ritiri a profitto dell’uomo. Ellul, invece, descrive le catastrofi della modernità; gli occorre quindi un Dio che
disperi del nostro mondo. Le due operazioni mi paiono analoghe; nei due
casi rifiuto una teologia che si lasci
affascinare da una sociologia personale.
2) Ellul crede che la speranza e
non la fede sia oggi centrale. «Ora,
nella vita cristiana di oggi, siamo chiamati a credere ciò che speriamo. Dobbiamo destare gli uomini alla speranza e là soltanto potranno radicare la
loro fede» (p. 90). Jacques Ellul si
trova qui in larga compagnia. Ernst
Bloch, Jùrgen Moltmann, Paul Ricoeur,
André Neher, tutti questi grandi nomi,
che cita con gratitudine, pensano nel
complesso come lui. Senza dubbio è
anche il punto in cui Ellul e Garaudy
sono assai vicini. Non contesto che
l’avvenire sia il luogo centrale della fede, oggi. Contesto invece radicalmente
che in tal modo la speranza diventi un
luogo separato dalla fede. Perché mai
sperare se la fede non ha oggetto? Questa celebrazione abusiva della speranza
sola porta, a mio avviso, se si ha il temperamento pessimista attivo di Ellul,
all’elogio dell’apocalisse; e se si ha il
temperamento ottimista attivo di Garaudy all’elogio dell’utopia. Nei due casi, temo, si è puntato troppo sulla speranza staccata dalla problematica della fede.
3) Infine, come ogni polemista,
Ellul pratica il passaggio al limite con
sconcertante sicurezza. Due esempi: a
p. 35 scrive: « Non posso dire che torturare qualcuno voglia dire rispettare
la sua persona. Eppure, è esattamente
quel che oggi si dice ». Chi è quel si?
Citazioni? Altrimenti, siamo in pieno
amalgama accusatore, uno dei tratti
dell’epoca che Ellul dichiara di detestare maggiormente! A p. 60: « La Cina popolare è l’esatto corrispondente
orientale della Germania nazista »! Personalmente non ho alcun sacro rispetto per Mao Tse-Timg (secondo le sue
ultime lettere alla moglie, in cui si paragona a una venditrice di cui tutti
dicono che ha i migliori meloni del
villaggio, senza che lei stessa lo creda,
penso che Mao non ha o non ha più
sacro rispetto di se stesso). Perciò il
tono di Ellul mi pare contestabile, e
cedere all’inflazione verbale che detesta giustamente nella modernità.
Ed ecco come gli amici polemisti ci
nutrono della loro stessa farina!
Roger Garaudy
ovvero il socialismo
dell’impossibile
L’ultimo libro di Garaudy, L'alternativa, ha un gran successo. Confronta
la speranza socialista nata dalle analisi di Marx con i rifiuti e le aspirazioni dei giovani dopo il 1968. Studia le
due vie bloccate costituite dall’economia del profitto neocapitalista e dalla
economia burocratica staliniana. Cerca che cosa dovrebbe essere, oggi, una
rivoluzione in un paese industrialmente sviluppato nel quale « il nuovo blocco storico », secondo l’espressione di
Gramsci, va oltre la sola classe operaia, nel quale l’autogestione, al di là
delle nazionalizzazioni, appare come la
condizione di un socialismo che favorisca l’iniziativa e la creatività. Sono
idee che circolano, alle quali Garaudy
dà una formulazione assai chiara, assai pedagogica, a mio avviso assai sana. Ad esser franco, mi pare che il
programma comune della sinistra, se
lo spolvera di un po’ di CGL, non dice altro che ciò che sta scritto qui. Il
vero problema sarebbe sapere se questo socialismo (che sogna scioperi generalizzati, rivoluzioni culturali, libero sviluppo di ognuno) è ancora un
socialismo « scientifico » o di nuovo un
socialismo « utopico ». Marx o Fourier
nel 1972? Marx per oggi, Fourier per
domani? C’è coerenza ideologica?
Ma voglio anzitutto parlare dei passi nei quali Roger Garaudy rende a Gesù Cristo un omaggio critico singolare.
Senza pronunciarsi sulla fede, su Dio,
Garaudy ritiene di constatare che Gesù ha liberato la storia antica dalla fatalità, che con la risurrezione emerge
nella storia per l’uomo la possibilità
dell’impossibile e che quindi vi è sta
to un completo fraintendimento quando il marxismo storico ha fatto dell’ateismo una metafisica obbligatoria.
Garaudy combatte tanto l’ateismo positivista quanto la relijgione-oppio. Si
impegna in una riconciliazione personale fra il movimento socialista delle
masse verso la loro liberazione e il
movimento trascendente attraverso il
quale, a partire da Gesù e grazie a lui,
l’uomo è costantemente chiamato a
superarsi verso un avvenire qualitativamente più giusto e qualitativamente
diverso.
Garaudy cita spesso gli stessi autori
di Ellul: Moltmann, Bloch, Bonhoeffer
e anche, nel passato, Gioacchino da
Fiore, Thomas Müntzer. Ne traggono
conclusioni radicalmente opposte, poiché Ellul nutre il suo pessimismo apocalittico esattamente alle stesse fonti
alle quali Garaudy fortifica il suo ottimismo socialista. Assai interessante
questo duplice sbocco, che mostra,
penso, che gli autori citati non si limitano all’uso unilaterale che ne fanno
i loro due commentatori.
Ma veniamo alle domande critiche.
1 ) Come nel caso di Ellul, mi domando se vi sia speranza indipendentemente dalla fede, se cioè vi sia un
Gesù indipendentemente dal Cristo e
un Cristo indipendentemente da Dio.
Nori che si debba costringere Garaudy
a riconoscere un qualsiasi bisogno di
Dio. Non abbiamo alcun bisogno di
Dio per nutrire speranze (espoirs)
umane, solide e legittime. Ma se si
parla di trascendenza, che vuol dire la
parola in una prospettiva esclusivamente umanistica? Avrei paura di una
risurrezione diventata l’equivalente nobilitato della creatività umana. Ne
a-yrei paura non per gelosia possessiva
di teologo, ma per precisione intellettuale nell’uso delle parole.
2) Così pure mi domando che cosa nel libro di Garaudy (come in quello di Ellul) chiarirà i rapporti fra cristiani e atei, essendo questi ultimi sia'
degli scettici sia dei marxisti. Garaudy
non apparirà come un sognatore idealista, in preda a una crisi di misticismo personale, e Ellul un apocalittico
arrabbiato, che si fabbrica il Dio della
propria situazione solitaria?
Certo, che importano le immagini
prefabbricate, se soltanto il nostro fervore e il nostro furore ci lasciano perfettamente coscienti che spetta a noi
confutarle e non confermarle. Non abbiamo da nascondere né da imporre la
nostra fede, ma da proporla riuspendo
a renderne conto al di là dei nostri itinerari personali, come un evento intelligente e benefico per tutti.
* * *
Spero quando non ho ciò che desidero, ma ho buone ragioni di pensare
che presto l’avrò. Sperare vuol dire
combattere aspettando, resistere pazientando, pregustare a distanza. La
speranza non somiglia né aH’immaginazione, né al sogno, né all’illusione. Non
ha paura della realtà, non rabbellisce
né l’annerisce. Viviamo quasi costantemente senza valerci della speranza,
e penso che abbiamo ragione: il senso
buono, il cuore buono, il coraggio per
lo più bastano.
Ma sperare vuol dire altro ancora,
di più: vivere la vita in una continuità
di promesse, qualunque siano le angosce. Se Dio esiste, così lo credo. Ha
in mano ciò che l’uomo non fa che desiderare. Perciò prima di usare la parola « sperare », vorrei tanto sapere se
Dio esiste o non esiste, se la fede è
reale o è vento. Al di fuori di Dio queste parole: « speranza », « trascendenza » mi sembrano decisamente un po’
arrischiate.
A voi, ora, leggere questi saggi e preferirli alla critica che ne ho fatto!
André Dumas
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Mosca (Relazioni Religiose) - Da diversi
mesi nella Lituania sovietica viene pubblicato un periodico cattolico clandestino, in lingua lituana, intitolato « La cronaca della
Chiesa Cattolica ». Nonostante che la polizia
sovietica sia mobilizzata per scoprire la redazione « clandestina », il periodico in questione ha già pubblicato il suo trentesimo numero. Le copie, consegnate a mano, vengono battute con la macchina da scrivere e divulgate
ad una vasta cerchia di lettori, anche non cattolici. 11 testo del periodico clandestino non è
assolutamente diretto contro il potere sovietico, e se neirURSS vi fosse il rispetto per la
Costituzione per quanto concerne la libertà di
stampa, il periodico potrebbe anche venire
pubblicato alla luce del giorno.
Il MUliO INSTO
Dsli It smMt
Vienna (bip-snop) - Secondo il periodico « Kath Press », « Radio Praga ha
rifiutato con particolare aggressività
qualsiasi dialogo fra cristiani e marxisti come un tentativo di indebolire
il comunismo a profitto del ’clericalismo". Così viene considerato il chiacchierio di tutti quei comunisti che negli ultimi anni hanno cercato un dialogo e che Radio Praga tratta da ’’rinnegati”: ¿/ filosofo francese Roger Garaudy, l’ex direttrice della Segreteria
di Stato per le Chiese a Praga, la prof.
Erika Kadlecova, i professori Milán
Machovec, Viteslav Gardavsky e l’ex
direttore della Sezione ideologica del
Comitato centrale del Partito comunista, Cestmir Cisar... ».
La signora Erika Karlecova durante
la ’primavera di Praga’ si era sforzata
di ridurre la tensione fra le Chiese e
lo Stato c aveva ottenuto il ritorno di
quasù tutti i vescovi allontanati dalle
loro funzioni e in buona parte incarcerati. Con il Ministro dell’istruzione
nazionale aveva facilitato l’insegnamento religioso.
D’altro lato si legge in « Czechoslovak Digest »: « ...Il caso dello 'Herr
UN PMG«
M cliricilliii rea
Professor’ che rivende i buoni Tuzex
guadagnati grazie alle sue pubblicazioni antimarxiste e clerico-rampanti nei
paesi capitasti, è l’esempio classico
fare per un ateo »
tN.d.r.: Vi è qui un’allusione evidente
all opera di Milán Machovec, Jesus fiir
Atheisten [Gesù per gii atei], edito in
queste settimane dal Kreuz Verlag di
Stoccarda e presentato sulle nostre colonne da Paolo Ricca, due settimane
fa).
Da parte sua « Tribuna » apostrofa
m questi termini questo filosofo:
<< ...Milán Machovec, ex professore di
filosofìa dell’Università ’Carlo’, revisionista e rinnegato, ex presidente della Società detta ’dei diritti dell’uomo’ ».
Nello stesso settimanale il Bohatka
scrive: « Milán Machovec, lodato come buon marxista e migliore ateo, è
inserito nel ruolo del Segretariato
pontifìcio per il dialogo con i non credenti, come persona adatta alle pubblicazioni e discussioni di questo genere. Con E. Goldstucker e J.-P. Sartre
è pure membro del comitato di redazione della rivista clericale viennese
'Neues Forum’ ».
In Spagna la libertà religiosa
è tutt’altro che raggiunta
Madrid (Noticias) - Dalla fine di dicembre le emittenti private che avevano accordato un contratto di utilizzazione delle loro Inghezze d’onda a
programmi radiofonici protestanti.
Luna dopo l’altra hanno sospeso i contratti, e in alcuni casi non li hanno
rinnovati. Queste misure sono state
prese con il pretesto che questi programmi diventavano proselitistici e
contenevano attacchi contro la Chiesa
cattolica romana. Di fatto, la ragione
è da ricercarsi nel grido d’allarme lanciato contro queste radiotrasmissioni
evangeliche da organi che esprimono
l’opinione di ambienti conservatori e
integristi cattolico-romani. I responsabili di questi programmi si difendono,
chiedendo che i testi delle trasmissioni
incriminate siano esaminati. Tutta la
situazione è all’esame degli ambienti
protestanti, che si richiamano alla leg
ge sulla libertà religiosa.
Si segnala pure che la pubblicazione
della « Carta circular ». informazioni
poligrafate diffuse da 25 anni, è stata
sospesa per decisione ufficiale con la
fine del 1972: la pubblicazione è considerata clandestina.
Riprendendo una informazione diffusa nel precedente numero di « Noticias », si comunica che il sergente
Francisco Orozco, evangelico, è stato
condannato a due mesi e un giorno di
arresti militari (già scontati) per disubbidienza a un ordine militare, ma il
processo condotto contro di lui è stato
annullato a causa delle circostanze di
ordine religioso previste dalla legge
della libertà religiosa. L’ambiguità dell’art. 5 comma 2 di questa legge è messa in evidenza dalla sentenza di questo
processo.
Il *7 Novembre’ in Piemonte
Si è riunita nei giorni scorsa a Torino la prima assemblea regionale piemontese del movimento « 7 novembre ». Si è trattato di una riunione preliminare in vista del prossimo convegno costitutivo che avrà luogo, sempre
a Torino, nei giorni 12 pomeriggio e 13
maggio prossimo.
Il nostro settimanale si è già occupato di questo movimento sorto per il
rinnovamento evangelico del cristianesimo, ma riteniamo opportuno ricordare brevemente le sue origini e i suoi
obbiettivi. La cosa ebbe inizio allorché
dodici preti, in rappresentanza di altri (circa un’ottantina) si riunivano a
Roma il 7 novembre 1971, aH’indomani della chiusura del sinodo dei vescovi, e qui elaborava una prima bozza di
linee programmatiche. Questa bozza,
inviata ad amici e simpatizzanti, venne poi concretata, colle proposte e colle osservazioni ricevute in risposta, in
un « documento base » alla cui definitiva redazione prese parte anche il gesuita Pietro Brugnoli — sotto l’aspetto
teologico —, redazione che gli costò la
rimozione dal suo incarico di insegnante presso la « pontificia università gregoriana » di Roma.
Quasi inutile ricordare la passata
— e presente — campagna della stampa cattolica ufficiale e di quella conservatrice contro questa nuova iniziativa
del dissenso, seguita da veri e propri
atti intimidatori che portarono ad alcune « ritrattazioni », di fronte a centinaia di nuove adesioni e consensi (attualmente gli aderenti sono circa un
migliaio).
Non possiamo qui dire e illustrare
dettagliatamente finalità e punti programmatici del movimento: ci limiteremo a ricordare che esso agisce fondamentalmente per la « liberazione
evangelica » delle persone nonché delle
strutture ecclesiali e sociali. Ne consegue, in primo luogo, l’esigenza della
massima libertà critica, aliena da schemi prefabbricati, per « un ascolto e
per un’attuazione del vangelo nelle situazioni concrete daH’esistenza ».
Quindi, sotto il profilo «religioso»,
secolarizzazione dell’esistenza ecclesiale perché « la Chiesa torni ad essere
mondo e umanità aperta al Cristo nella fede e nell’amore » e quindi, ancora,
coscientizzazione delle masse dei preti (specie quelli culturalmente più poveri) affinché possano affermare la loro
libertà « in una Chiesa liberante » e coscientizzazione di quel vasto vero e
proprio « sottoproletariato della chiesa » che sono le suore. (Ci ha fatto piacere vedere una di loro alla riunione,
allo stesso modo in cui ci ha colpito il
suo atteggiamento diviso dall’abitudine
ad un lungo periodo di totale condizionamento da una parte e l’esigenza di
esprimere la propria libertà di cristiana dall’altra).
Sotto il profilo sociale, vi è la « scelta inequivocabile della classe dei poveri, degli oppressi, dei conculcati nei loro diritti », per il ritorno ai « valori
evangelici fondamentali di dignità, libertà, eguaglianza, giustizia, fraternità ». Quindi, non riformismo, ma coììversione.
Fra gli obbiettivi del movimento, vi
è pure il superamento di ogni modello
di chiesa « clericale », di chiesa « confessionale » ed ecco perché — pur con
tutte le difficoltà e gli interrogativi che
la cosa presenta — il movimento è
aperto ad una fattiva collaborazione
interconfessionale, in uno spirito di comune ricerca, fra cattolici ed evangelici, « ecclesiastici » e laici, fra le diverse comunità.
Il dibattito svoltosi a Torino, che dava come scontata la conoscenza deiprogramma del movimento, ma che invece ha richiesto — da parte di una
sessantina di convenuti da varie zone
del Piemonte — chiarimenti del segretario nazionale Fernando Cavadini, ha
suscitato discussioni e proposte per
un’azione pratica la più efficace possibile e nello stesso tempo il più possibile sganciata da posizioni teorico-intellettualistiche. Ne è anche risultata la
necessità, per ogni gruppo regionale, di
poter agire in un determinato modo a
seconda delle reali situazioni locali che
ovviamente possono essere assai diverse da zona a zona. Sono comunque
emerse alcune esigenze che ci sono
parse assai precise ed essenzialmente:
— affermare la matrice « ecclesiastica » del movimento, con la conseguente instancabile ricerca del vero significato di « chiesa » e della sua azione
nel mondo;
— allo stesso tempo, evitando l’eccessivo spontaneismo e individualismo
di gruppi (che si dimostrano poi effimemeri e inconsistenti), dotare il movimento di una certa struttura organizzativa, nell’intento di proporre il più
seriamente possibile il problema di un
nuovo modo di esistere e come chiesa
e come società.
E in questo spirito di fede comune,
di comune ricerca e collaborazione che
ricordiamo ai lettori piemontesi il pro.ssimo convegno costitutivo del 12-13
maggio (saremo successivamente precisi) mentre ci riserviamo di comunicare per le altre zone, gli indirizzi delle
varie segreterie già operanti. Intanto,
per tutti coloro che sono interessati a
conoscere più dettagliatamente i punti
programmatici del movimento (sia in
vista dell’incontro di Torino, sia per i
fratelli di altre zone) ricordiamo che la
segreteria nazionale del « 7 novembre »
ha la sua sede al seguente indirizzo:
Via Alessandro Severo 105/a, 00145 Roma: essa sarà ben lieta di inviare sollecitamente ai richiedenti tutto il materiale opportuno. r. p.
3
13 aprile 1973 — N. 15
pag. 3
TAPPE DI RIFLESSIONE PER IL TEMPO DELLA PASSIONE
Visita al Santo Sepolcro
Un testimone della nonviolenza;
LUIGI ROSADONI
Uno dei ricordi più vivi deH’ambiente del campo di evangelizzazione nel
centro e nel sud-Italia, è la visita ai
Sepolcri nella Settimana Santa. I devoti fanno il giro di tutte le chiese del
Pregano dinanzi al
corpo trafitto di Gesù, in cera, in legno
o altro materiale, a grandezza naturale, posto m un loculo in una cappella
delle chiese stesse. Vi sono delle città
anche delle processioni
per le strade con statue di Gesù al na
momenti
della Passione. Pratiche religiose più
pagane che cristiane. Da esse rifugge
a pietà protestante. La Chiesa Cattolica nel suo ritorno ahimè troppo lento, alla semplicità evangelica, si libererà da queste forme di devozione in
contrasto con l’adorazione in ispirito
e venta voluta da Gesù. Però, anche se
m forma deteriore, il Cristo crocifisso
e posto dinanzi alla riflessione dei cristiani.
Noi, non solo predichiamo sempre
meno il Cristo crocifisso — per un lungo periodo tema fondamentale della
nostra Evangelizzazione — ma evitiamo 1 ascolto della predicazione del
Cristo crocifisso. Infatti, diventa sempre piu difficile convocare i fedeli per
un culto del Venerdì santo, sia perché
giorno lavorativo, sia perché il sacrificio di Cristo è poco sentito e poco capito. È vero che il culto serale del
Giovedì santo sostituisce in parte il
culto del Venerdì santo, ma è anche
vero che la maggioranza dei Valdesi
sono paghi della Domenica delle Palme, che rischia di diventare l’esaltazione dei catecumeni confermati più che
di Cristo Re, e della grande festa di
Pasqua che fa « pendant » al Natale,
con la fortunata interruzione del XVII
Febbraio.
Vogliamo anche noi fare una visita
al Sepolcro? Vi invito a seguirmi in
tre rapidissimi viaggi al Santo Sepolcro, a quello vero, autentico di Gerusalemme.
* * *
Siamo negli anni che seguono il tragico 135 d. C. che ha visto, con la vittoria dell’imperatore romano Adriano
sulla pericolosa rivolta dello zelotamessia Bar-Kocheba, il crollo definitivo
delle speranze dei Giudei. È la fine di
Gerusalemme e dello Stato ebraico che
si erano in certo qual modo ripresi dopo la guerra di Tito dell’anno 70.
Elio Adriano, sulle rovine della città
santa costruisce una città romana chiamata in suo onore Elia Capitolina. C’è
naturalmente il Foro, e accanto ad esso il Campidoglio, centro della vita civica e religiosa di ogni città dell’Impero, edificato su una terrazza che copre
interamente il luogo del Golgota e del
Sepolcro, seppelliti entrambi sotto
gran quantità di terra e di pietre tratte da rovine che non era necessario
andare a cercare lontano. Da testimonianze fede degne, sappiamo che sul
posto ove era piantata la croce di Gesù, cioè la piccola altura del Golgota,
c’è ora una edicola sacra con la statua
di Venere, e sul posto della tomba di
Gesù, un’altra edicola con la statua del
re degli Dei, Giove.
Mi domando se questo non avviene
oggi ancora. Non parlo degli uomini in
generale, ma di noi valdesi. Il culto
del benessere, l’adorazione del piacere
e della ricchezza, l’adattamento sollecito allo spirito edonistico e arrivista
del mondo stanno coprendo con i materiali pesanti delle rovine della civiltà
detta cristiana, la contemplazione del
Cristo del Golgota, il servizio e l’ubbidienza al Cristo del Sepolcro aperto e
al Vincitore del peccato e della morte!
Non dev’essere così! Le passioni e i
poteri del nostro cuore naturale e del
mondo non possono coprire nel tuo
cuore i se"ni della tua redenzione.
Scrollati dunque di dosso tutto ciò
che non è la croce, che non è la luce
della risurrezione di Cristo!
* * *
Seconda visita al Santo Sepolcro.
Arriviamo a Gerusalemme la sera
del 15 luglio 1099. I capi e gli armati
della prima Crociata, dopo un viaggio
pieno di tribolazioni di ogni genere e
un assedio estenuante, hanno conquistato la città santa. Il massacro della
popolazione mussulmana è tremendo,
i Giudei son fatti tutti perire con le
loro famiglie nel rogo della sinagoga
dove si erano rifugiati. La sera, finita
la strage, i crociati, lavate le mani e i
piedi insanguinati, indossate vesti nuove, fra canti di adorazione e di lode, si
avviano al Santo Sepolcro, a piedi nudi in segno di penitenza. L’edificio costruito ai tempi deU’imperatore Costantino, dopo che il Golgota e il Sepolcro erano stati liberati dagli edifici del Campidoglio, era ancora in piedi, dopo tanti assedi, tante distruzioni seguite da affrettati restauri.
Tutti si gettano faccia contro terra,
le braccia aperte in croce. « Ciascuno
credeva di vedere ancora il corpo crocifisso di Cristo e sembrava loro di
star dinanzi alle porte del cielo ». Doveva certo essere uno spettacolo da
riempir l’anima di commozione!
Nel mondo si levò un grido d’orrore
per il massacro compiuto a Gerusalemme. Per molti secoli questo fatto
pesò sinistramente sui rapporti fra Cristiani e Mussulmani, fra Cristiani e
Ebrei, sino ancora al recente infelice
colloquio fra Paolo VI e Golda Meir,
che ebbe a dire (cito a memoria): « Io
non ho abbassato gli occhi dinanzi al
Papa, vedevo in lui il rappresentante
della Croce nel cui segno il mio popo
lo per secoli è stato duramente perseguitato ».
Che interesse ha per noi tutto ciò?
Le nostre mani e i nostri piedi non sono lordi di sangue versato. Non siamo
dei fanatici, né degli arrivisti, né degli
avventurieri come tanti Crociati! Eppure la cosa ci riguarda. Non siamo
forse crociati anche noi? Non siamo
stati forse tutti segnati dalla croce perché redenti dalla croce di Cristo? Non
portiamo forse anche noi in certe occasioni la croce (ugonotta) all’occhiello o sul petto, o applicata sul lunotto
della nostra auto? Non ne facciamo anche noi delle crociate per i motivi più
vari? Davvero sempre per convinzione,
per altruismo, per servizio disinteressato del prossimo, con spirito di rinuncia, con l’amore che ha condotto
Gesù alla croce, per il trionfo della
causa di Cristo, o per il trionfo di
un’altra causa che ci sta più a cuore
della causa di Cristo?
Non siamo noi che abbiamo versato
sangue nel Viet-Nam e altrove! Non
siamo noi che facciamo o guidiamo la
politica delle grandi nazioni! Certo,
certo! Però, abbiamo fatto tutto quello che era nostro dovere di fare perché il popolo cristiano fosse in benedizione sulla terra anziché in maledizione? Direttamente o indirettamente
non fabbrichiamo e vendiamo anche
noi armi e strumenti di morte? Siamo
rimasti zitti, complici dei violenti. Oppure abbiamo protestato, ma non siamo partiti per alleviare le sofferenze
delle popolazioni colpite, per fare i porta-feriti, gli infermieri, i testimoni dell’amore e della pace di Cristo, e non
ci siamo neppure immolati come Jan
Palach o i bonzi buddisti. È tanto semplice e tranquillante dare un’offerta
per i disgraziati della terra, e continuare la nostra solita vita!
Che il nostro pentimento non sia come quello dei Crociati, volti il giorno
dopo ad assicurarsi un feudo in Palestina e a far lucrosa incetta di preziose reliquie! Che l’orrore del male ci
assalga, che l’orrore della disubbidienza a Cristo ci travagli a salvezza! Dinanzi al Golgota, dove Cristo è stato
crocifisso per i nostri peccati, dinanzi
al Sepolcro vuoto del Cristo vittorioso
del peccato e della morte, prendiamo
la decisione ultima di entrare subito
nella schiera dei nuovi crociati, dei discepoli del Principe dell’amore e della
pace!
* * *
Terza visita al Santo Sepolcro.
Un giorno di settembre dell’anno
1971. I componenti del 1® Pellegrinaggio ecumenico italiano, preti e pastori e laici cattolici e evangelici, salgono
al Golgota e al Santo Sepolcro. Nella
grande Basilica, costruita in 50 anni
dai Crociati — i quali, giovandosi degli edifici costantiniani, hanno racchiuso il Calvario e il Sepolcro in un grande complesso architettonico — il Calvario è a cinque metri sopra il piano
del pavimento della Basilica stessa, dove, a un tiro di sasso s’innalza un’edicola sacra di pessimo gusto che racchiude il Sepolcro. « La prima sensazione che si prova è una sensazione di
oppressione, di labirinto, di caos... In
una profusione di altari, di cappelle,
di pilastri, d’indorature, di lampadari
dalle fogge più svariate, come riconoscere il Golgota dove è stato eretta la
croce di Gesù e dei due ladroni, e il
sepolcro nuovo di Giuseppe d’Arimatea? ».
Com’è possibile rivivere il Venerdì
Santo e la Pasqua di Risurrezione in
un ambiente tanto diverso da quello
primitivo e che gli occhi della nostra
mente e del nostro cuore hanno tante
volte ricostruito meditando i Vangeli
della Passione?
Saliamo con i pellegrini prima al
Golgota, diviso in due cappelle, una a
destra per i Latini, e l’altra a sinistra,
fé .ni naturalmen
te sul lato destro, tanto più che lì ac
canto, un monaco ortodosso sta grattando e scopando mucchietti di cera
S II ^ visitatori peni
‘ .V.i raccoglimento spirituale e impossibile sia per lo scenario davvero
poco adatto, sia per le voci e i rumori
che SI odono. Ciò nonostante, i nostri
cappellani ci invitano alla preghiera
una breve richiesta fatta da ognuno di'
noi. Ricordo quella detta da un pastore; «che tutti 1 cristiani riconoscano
I umanità e la divinità di Cristo ».
In un determinato momento della
stona e m un determinato luogo, la
Lrfth n® fatta carne, in Gesù di Nazareth. Uomo che non è l’espressione
più alta delle possibilità umane di statura morale e spirituale, ma Dio stesso che Si è incarnato nella persona del
suo Figliuolo unigenito, l’Emmanuele
J->io con noi. '
La visita della Terra Santa ci dà a
ogm passo il senso della realtà storica
ai Gesù e al tempo stesso il senso delta sua realtà divina.
Ma non c’è bisogno di andare in pellegrinaggio in Terra Santa per fare
esperienza benedetta e incancellabile. Basta leggere e meditare il
Nuovo Testamento che ci pone di fron
te all uomo-Dio.
Noi crediamo che Gesù sia veramente esistito, ch’egli sia stato vero uomo
e crediamo altresì ch'egli sia vero Dio.
Non solo ci ha recato la verità, ma egli
stesso è la Verità. Non solo ci ha recato la salvezza, ma egli stesso è la
nostra salvezza. Egli non è la più alta
dottrina, ma la persona vivente che
ha detto un giorno in terra d’Israele:
« Venite a me... » e ripete l’invito oggi
a ciascuno di noi, ovunque noi siamo.
Ha amato i suoi sino alla fine non solo dandoci l’esempio di fedeltà assoluta, ma offrendo sulla croce il sacrificio
per il quale abbiamo la redenzione,
cioè il riscatto dai nostri peccati. Con
la sua risurrezione ci ha dato la certezza che le potenze del male e della
morte sono vinte, col dono dello Spirito ci ha assicurati ch’Egli è con noi sino alla fine dell’età presente, sino al
giorno del suo ritoi no glorioso.
* Vi *
Fratelli Valdesi! Siamo così andati
in tre momenti delia storia di diversa
importanza e di diverso significato, a
visitare il Santo Sepolcro.
Ogni giorno Gesù nasce per noi, ogni
giorno muore per noi, ogni giorno risorge per noi, ogni giorno ci comunica il suo Spirito, ci dà la prova della
sua presenza.. Questi fatti avvenuti
un unica volta si ripetono in noi ogni
giorno della nostra vita! Ogni giorno
dovremmo festeggiare il Natale, il sacrificio, la risurrezione, il dono dello
Spirito del Signore! Quanto è grande
dunque la vita del cristiano! E quanto
noi siamo piccoli e miseri! Quanto abbiamo bisogno che la potenza della
croce e del sepolcro aperto investa la
nostra persona, spazzi via la miseria
dell’anima nostra, cancelli perfino le
vestigia della nostra malvagità, come
è stato fatto un giorno per i templi delle divinità pagane di questo mondo,
sprema dalla nostra natura fino all’ultima goccia di odio, di vendetta, di sangue, e soggioghi i nostri cuori, ricolmi
la nostra mente delle verità delTEvangelo, affinché contriti, ma giubilanti,
pieghiamo le ginocchia dinanzi a Gesù
di Nazareth, vissuto, morto e risorto
per noi e confessiamo: « Signor mio e
Dio mio! ».
Gustavo Bertin
La testimonianza di un rotolo di Qumràn
La crocifissione romana
e l’appiccagione ebraica
PARIGI (bip/snop) — Grazie a un
nuovo rotolo scoperto nel 1956 nelle
grotte di Qumràn, nei pressi del Mar
Morto, André Dupont-Sommer, segretario a vita delTAccademia delle Iscrizioni e Belle Lettere, ha potuto spiegare, in una comunicazione presentata
a quest’accademia passi rimasti finora enigmatici del Commento a Nahum.
Il rotolo scoperto nel 1956 non è stato ’ricuperato’ che undici anni più tardi, nel 1967 dall’esercito israeliano, agli
inizi della guerra dei sei giorni, e il
prof. Ygael Yadin, curatore della sua
edizione, non ne aveva finora rese note che le grandi linee.
L’estratto che recentemente egli ha
pubblicato è interessante perché contiene l’interpretazione che la setta degli Esseni dava del passo del Deuteronomio relativa all’« appiccagione al legno » di chi si era reso colpevole di delitto capitale. Secondo il diritto penale esseno, questo criminale doveva essere « appeso vivo al legno », cioè sulla croce o sulla forca, fino alla morte.
Invece la setta dei Farisei chiedeva
che prima il condannato fosse messo
a morte e in seguito il cadavere fosse
« appeso al legno », quale pena infamante destinata a dare al castigo il
suo carattere esemplare.
Questo testo giuridico permette di
trovare una - spiegazione soddisfacente
al passo del « Commento a Nahum »
nel quale si allude alla crocifissione di
800 Farisei, per ordine del re-sacerdote
ebraico Alessandro Janneo, nell’88 a. C.
Questi Farisei avevano rivolto appello
al re di Antiochia Demetrio III e al
suo esercito per rovesciare a Gerusalemme Janneo, loro nemico. L’autore
esseno del « Commento a Nahum » osserva che la pena inflitta dal sommo
sacerdote ebraico ai Farisei era conforme alla legge mosaica, secondo Tinterpretazione datane dai giuristi esseni.
Il Nuovo Testamento fa riferimento
a più riprese, a proposito della crocifissione di Gesù, al testo del Deuteronomio relativo all’« appiccagione al legno ». Quando, nel pretorio di Filato,
la folla ebrea grida al procuratore romano « Crocifiggilo! », bisogna notare
che questo supplizio romano era previsto non soltanto dal codice penale
esseno ma anche dal diritto penale
della setta dei Sadducei, alla quale erano affiliati i sacerdoti, come risulta
dall’esempio del sadduceo Janneo, il
quale, oltre un secolo prima della crocifissione di Gesù, aveva « appeso al
legno uomini vivi ».
Il 6 febbraio 1966 nella chiesa parrocchiale della Nave, nella periferia di Firenze, don Luigi Rosadoni affrontava
con la comunità il problema di coscienza che si poneva al cristiano di fronte
alla violenza, alla guerra. Per la terza
volta, dopo gli episodi di don Milani e
don Balducci, un prete era al centro
d’una campagna di calunnie e minacce
d’ogni sorta.
D’altra parte, Rosadoni andava avanti per la sua strada, forte dei suggerimenti che gli venivano dal modello
apostolico di Atti IV, 18 sg.: da un lato dava la risposta della coscienza cristiana di fronte alle "autorità” costituite; dall’altro faceva appello alla comunità credente. Era una comunità
che cresceva nella meditazione del "Vangelo, che esprimeva un nutrito gruppo
di cristiani ormai capaci di ascoltare il
rnessaggio biblico senza subire i condizionamenti dogmatico-disciplinari della gerarchia.
Tra gli appunti lasciati da Rosadoni
(1928-1972) vi sono i segni d’una ricerca
che perseguiva in comunione con i credenti: lo studio di una serie di termini-chiave, sia nella filologia biblica che
in quella profana, e quindi una revisione dei "valori” recepiti dalla tradizione: razza, nazione, patria, nemico ecc.
Ma il teina di fondo, quello decisivo,
era per lui il significato della nuova nascita: « Non si pensa che il solo vero
nemico che esiste », leggiamo in uno
studio inedito, « vive dentro di noi, ed
è l’amore di sé che impedisce di amare
gli altri, è il nostro egoismo che ci fa
vedere nei nostri fratelli degli stranieri da odiare; o degli "amici” da strumentalizzare ». In Cristo, l’uomo vive
un’esperienza fondamentale: nasce di
nuovo, e riconosce il prossimo.
Rosadoni non è uno spiritualista, evita con estrema chiarezza un Evangelo
ridotto a narcotico o a godimento interiore; egli indica sempre Cristo, il
Figlio delTuomo che annunzia il Regno.
La cristianità è messa in questione, è
in crisi, proprio perché ha rifiutato
d accettare un Figlio di Dio che annunzia il Regno, che conduce ogni uomo —
con la nuova nascita — a collocarsi
nella prospettiva del Regno, tra gli altri uomini, per gli altri uomini.
Il « non uccidere », la nonviolenza,
sono a questo punto inseriti in un programma di vita evangelica non come
un elemento accessorio, volontaristico,
iMiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiijiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiimiHMiiiiiiiiiiiiiiii
CAMPO DI PASQUA AD AGAPE
Gruppi confessauti
e predicazioiie della cruce
Nella ricerca teologica di questi anni, la croce ha riacquistato una posizione centrale. In questa riscoperta
della « teologia della croce » sarebbe
errato vedere soltanto un interesse accademico; in realtà la teologia della
croce SI afferma in un contesto polemico. Non è un caso che anche in Italia la critica all’istituzione ecclesiastica e alla società abbia portato a contrapporre polemicamente la croce come caratteristica della testimonianza
profetica e di una posizione confessante, al trionfalismo della chiesa stabilita.
La comprensione del significato della croce può avvenire da diverse angolature: non si può negare che nella
pietà cristiana tradizionale la croce sia
diventata sinonimo di debolezza e rassegnazione; ma è sintomatico che in
questa tradizione la croce abbia perso
il suo valore centrale per diventare una
sorta di gradino intermedio che deve
preparare alla gloria futura. Inversamente, in una posizione confessante, la
croce è il punto in cui si manifesta il
superamento dell’ordine esistente.
È appunto questa differenza che si
tratta di mettere a fuoco. Che significato ha il nostro riferirci alla croce?
Dove e come si manifesta la croce nella nostra testimonianza personale e
politica?
Tuttavia questa riflessione deve partire dal significato della croce di Gesù. Proponiamo dunque un programma
centrato sull’esame di alcuni testi del
Nuovo Testamento: i racconti evangelici della crocifissione e un testo fondamentale di Paolo. NelTultima giornata, cercheremo di abbozzare alcune
linee per il proseguimento di questa
riflessione.
Il campo si presenta come un momento di elaborazione, innanzitutto
per i gruppi FGEI e per tutti coloro
che riconoscono la centralità del problema della predicazione oggi.
Il Campo si terrà ad Agape dalla sera di
venerdi 20 aprile (arrivo per cena, ore 19,30)
al pomeriggio del 23. Sabato 21 saranno presentati due studi, uno di L. Deodato su L’interpretazione della croce negli evangeli (i racconti della crocifissione nei 4 evangeli) e uno
di S. Rostacno su Schiavi e padroni di fronte
alla croce (1 Corinzi 1, 18-31). Domenica di
Pasqua: partecipazione al culto con la comunità di Frali; pomeriggio di discussione. Lunedì 23 B. Rostacno presenterà uno studio
su II prendere la propria croce: teologia dell’insuccesso 0 testimonianza anticipatrice?
Il Campo sarà diretto da B. Rostagno. La
quota di partecipazione è di L. 6.500. Informazioni e iscrizioni presso la Segreteria di
Agape, 10060 Frali (To).
(Inf. Agape)
ma come indicazione fondamentale.
« Questo tema è tale da riprodurre a
ciascuno la questione del suo personale rapporto con TE vangelo del Regno »,
scrive nella prefazione a una sua raccolta di testimonianze sulla nonviolenza. Anzi, è addirittura il banco di prova per vedere se i cristiani credono ancora nel peccato e nel demonio. Il peccato, oggi è la sete di potere che avvelena i popoli, è lo sfruttamento delTuomo sull’uomo, è l’emarginazione di
tutte quelle creature che il Cristo incontrava ogni giorno sulla sua strada
d’emarginato; il demonio è la ricchezza, il prestigio, l’egoismo a tutti i livelli.
Mentre si svolgeva questo discorso,
e s approfondiva, il conflitto vietnamita
metteva sotto accusa la buona coscienza dei cristiani, provocava la crescita
— non solo rozzamente quantitativa —
d’una opinione avversa alla guerra, al
militarismo. Rosadoni e la parrocchia
de la Nave avevano una crisi decisiva:
senza sbandieramenti, senza rivalse,
la « Comunità della Resurrezione » proseguiva la sua strada fuori del quadro
organizzativo dell’istituzione ecclesiastica. E questa libertà nuova, pagata
ogni giorno pazientemente, coerentemente, produceva almeno due frutti:
da un lato si ampliava, acquistava in
pienezza il quadro della violenza scatenata tra gli uomini e, in risposta, più
avvertito si faceva Tatteggiamento di
nonviolenza; dall’altro L. Rosadoni
sempre più si riconosceva come uno
della comunità, non «il profeta » o « il
maestro », ma il fratello e l’eguale. Il
frutto del ministerio pastorale ch’egli
perseguiva con doni particolari era una
comunità-testimone.
Se scriveva: « È a una nonviolenza
creativa, rivoluzionaria, che ci chiama
il Cristo », egli riassumeva un discorso
meditato insieme sul Vangelo, in Cristo, e si portava sulle posizioni più
avanzate della nonviolenza cristiana.
Ancora una volta era sconfessato un
atteggiamento rinunciatario, passivo,
che in sostanza faceva il gioco dei gruppi di potere reazionari, e s’indicava la
strada della compromissione, dell’impegno, delle mani che si sporcano per
edificare una società nuova; « Questa
liberazione delTuomo è il compito fondamentale del nonviolento ».
La posizione della Comunità della
Resurrezione era «politicamente» precaria. Non per caso essa è venuta a
trovarsi sotto il fuoco incrociato di
amici e nemici, messa sotto accusa ovviamente dal clericofascismo, ma anche da compagni di strada di altri
gruppi e movimenti a Firenze e fuori.
Era una posizione "troppo” teologica,
"troppo” evangelica, per essere recepita come realistica e, insieme, per galvanizzare delle proteste di massa. Il rifiuto d’essere etichettati e, insieme, un
radicalismo evangelico che investiva
tutta la società costituita, erano frutto
coerente della fede in Cristo che annunzia il Regno. L’utopia cristiana non aveva bisogno dell’esplosivo delTideologia
per investire dalle fondamenta una società occidentale che s’affanna a riassorbire le sue contraddizioni patenti
col ricorso alTemarginazione legale,
alle concessioni apparenti, ecc.
Quando più accesa era la lotta dei
gruppi di pressione per ottenere una
legislazione sulTobiezione di coscienza,
Rosadoni non esitò a manifestare la
sua « paura » per una legge fatta male,
nuova astuzia del diavolo. Egli vedeva
come il meccanismo dello Stato moderno è cosi congegnato da vanificare (in
una sconfitta apparente) le attese dei
presunti vincitori; temeva una legge
fatta per i privilegiati — per religione,
cultura, perfino per ceto — a nuova
emarginazione degli umili. Inoltre, non
gli sfuggiva il fatto che « la questione del rifiuto di servire sotto le armi —
dell’obiezione di coscienza in senso
tecnico e ristretto — è soltanto un
aspetto, se non addirittura un risvolto,
del più grave problema delTatteggiamento del cristianto autentico dinanzi alle strutture e ai comportamenti
della società contemporanea ».
Posto cosi, il discorso sulla nonviolenza diventava centrale per il cristiano di oggi, determinava le scelte politico-sociali, decideva su una politica del
Regno.
In un’azione concreta, affidata a comunità e gruppi disposti a pagare di
persona, egli dava il primo posto a un
« contatto con l’avversario », per capirlo, per portargli una testimonianza
decisa da Cristo e non dall’odio o dalla
faziosità; poi egli consigliava una « non
coopcrazione » con coloro che manipolano il potere, strumentalizzano i poveri, gli sfruttati; quindi indicava la
« disubbidienza civile » come fatto di
testimonianza proposto perentoriamente dal « Bisogna obbedire a Dio anziché
agli uomini » di Atti IV.
In sostanza, la nonviolenza di Rosadoni e della comunità di cui era parte
si iscrive in un’ampia tradizione cristiana: non per nulla proprio il Rosadoni ha curato una antologia di testi
classici su quel tema. Il fatto saliente
è invece d’avere recepito la nonviolenza (creatrice, liberatrice) come la proposta decisiva per la cristianità del nostro tempo, e d’averne tentata la trascrizione nelle situazioni tipiche della
nostra società.
E « bisogna » aggiungere che egli
stesso. Luigi Rosadoni, seppe meditare
con umiltà fedele, volle sperimentare
nel dramma della sua esistenza troppo
breve il messaggio della nonviolenza
evangelica; fu testimone del Signore
che annunzia il Regno vicino.
Luigi Santini
4
pag. 4
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
N. 15 — 13 aprile 1973
☆
^ corale
valdese
INTERVISTA CON IL M» FERRUCCIO CORSANI
Testimoniare i Evaigeio col canto
TRIESTE: prossima inaugurazione del nuovo centro
comunitario elvetico-valdese
torre pellice
La Corale Valdese di Torre Pellice,
diretta da parecchi anni dal M® Feri
ruccio Corsani, ha dato un apporto
notevole non soltanto alla vita della
sua cornunità locale, ma in un ambito
assai più largo; e non solo attraverso
gli inni che anno dopo anno ha ’lasciato’ durante il culto inaugurale delle
sessioni sinodali e che ha cantato in
numerosi concerti in molte località italiane e straniere, ma anche e soprattutto attraverso gli inni deH’Innario
Cristiano (vecchio e nuovo) che, registrati su disco da « Uomini Nuovi »
hanno avuto una larga diffusione e costituiscono tuttora la quasi totalità di
quelli inseriti nei culti-radio. Negli ultimi anni, poi, la Corale ha iniziato la
registrazione e diffusione in proprio di
dischi: hanno già avuto un buon successo Cori e canzoni delle Valli Valdesi
(33 giri, 30 cm. - canti religiosi, ’complaintes’ bibliche e storiche, canzoni
popolari in italiano, francese e patois
provenzale della Val Germanasca) e
Salmi e corali della Riforma (45 giri
E.P., ediz. Claudiana). Sul finire del
1972, ecco uscire un nuovo disco, stavolta di canzoni spirituali di un genere melodico più moderno. Al riguardo
abbiamo avuto con il M® Corsani un
colloquio che qui riportiamo.
— M® Corsani, conoscendo la sua
passione di musicologo e di organista
per la musica sacra classica, i canti
che ha scritto e musicato e che la Corale Valdese di Torre Pellice ha eseguito e registrato in questo nuovo microsolco danno un’impressione di novità, e diciamo pure subito di lieta novità. Perché avete scelto questa forma
espressiva diversa da quella sin qui
consueta?
— L'idea iniziale mi è venuta udendo
il Coro dei Cadetti di Agape cantare
il suo repertorio. E mi son detto: dev’essere possibile, si deve trovare il
mezzo di far cantare il messaggio biblico con musiche d'oggi, che per altro
non lo distorcano, ma che siano più
vicine alla sensibilità musicale odierna, specie dei giovani. Tra parentesi,
è la vid che anche il neonato Coro del
Collegio ha imboccato, felicemente, mi
pare. La mia riflessione è partita non
tanto dall’improvvisazione di musiche
beat (per me difficile, dati i miei 'precedenti'!), quanto piuttosto dalla ricerca di parole bibliche che da un lato
esprimessero un messaggio vigoroso,
personale e riferito ai problemi odierni, e dall'altro avessero un certo ritmo,
in qualche modo congeniale ai ritmi
melodici moderni. Come in tutto il nastro lavoro innologico protestante, il
testo anzitutto, dunque: e su di esso,
via via che mi si imponeva, son venute quasi spontaneamente disponendosi
le note musicali. Così avevo steso alcuni abbozzi, finiti in un cassetto dove
dormirono parecchi mesi. Due fatti mi
hanno spinto a rispolverarli: un incontro con Stanley Crabb, un battista
appassionato di diffusione del messaggio evangelico attraverso i mass medià,
e mezzi musicali in particolare, da un
lato; dall’altro la circostanza che in
occasione del “il febbraio" dello scorso anno ci eravamo trovati, come Corale, un po' a corto in fatto di programma. Così tirai fuori il brogliaccio,
e parlai con Carlo Arnoulet, che accettò di assumersi la parte solista; anche la Corale accettò con piacere, anzi con entusiasmo, e così nacque “Eccomi, manda me", che fu eseguito con
vivo successo durante la “festa valdese" del 1972 e ripetuto con pari consenso nel corso del culto inaugurale
del Sinodo 1972, al momento delle consacrazioni pastorali. Incoraggiati, decidemmo l’incisione di tre di queste
'canzoni spirituali’.
— Si tratta dunque di una sorta di
spirituals?
— In qualche modo, ma sono canti
nostri, non di neri. In ogni caso non
vogliono essere canti di protesta, ma
piuttosto canti di appello, nel senso
più serio e vigoroso del termine. Dal
punto di vista del messaggio, ribadisco che sono sostanziati della Parola
scritturale; dal punto di vista musicale, nella relativa modernità si avverte, mi pare, il nutrimento solido
del contrappunto, dell’armonia, che ho
tratto dalla mia esperienza organistica.
— Dal punto di vista tecnico, vuol
darci qualche indicazione sul disco?
— Si tratta di un normale microsolco a 45 giri, registrato dalla Prince di
Torino, la stessa casa che ha già registrato i nostri due dischi precedenti,
nonché i cori dei Cadetti di Agape. Il
disco è in commercio a L. 850. Sinora
la diffusione non è stata molto curata,
eppure senza alcuna pubblicità in tre
mesi sono già state vendute 500 copie
sulla tiratura di mille. In questi giorni
stiamo lanciando il disco in modo più
ampio, tramite la Claudiana e altri
centri di diffusione, e le segnalazioni
e recensioni che organi evangelici ne
faranno, speriamo. Sia chiaro, però,
che lo scopo che perseguiamo non è di
lucro: la Corale ha già deciso di devol
vere buona parte del ricavato al restauro dell'organo nel tempio di Torre
Pellice, restauro urgente e di vaste e
costose dimensioni.
— Qual è lo scopo che perseguite con
quest’attività discografica?
— La testimonianza evangelica. Ne è
segno, come dicevamo, la prevalenza
del testo, rigorosamente biblico pur
nel suo riferimento ai problemi del
tempo. E ne è segno pure il fatto che
questo testo è presentato in un pieghevole che accompagna il disco, e che
abbiamo molto curato: a fianco del
testo sono riportati i passi biblici ai
quali esso si richiama, o come parafrasi (l'annuncio) o come risposta (invocazione, preghiera). Non vi é alcun
esibizionismo, nella nostra attività,
quello che desideriamo fare è dare un
messaggio, rivolgere anche in questo
modo un invito alla rilettura della Bibbia. Questo è un elemento importante,
essenziale del canto sacro: costituire
un tramite fra la Parola e l’ascoltatore,
o una risposta ad essa.
'— Vuol presentarci brevemente i tre
canti?
— Il primo, “Eccomi, manda me", è
un canto di consacrazione; spicca il
dialogo, sottolineato nel disco dalla voce solista di Carlo Arnoulet. Il secondo, “Grazie per questo pane", è un
canto per l’àgape fraterno e per la
santa cena; vi si esprime la riconoscenza per ogni dono di Dio, e può essere
cantato sia prima del pasto, familiare
o comunitario, sia prima di celebrare
la cena del Signore; non si tratta di
'occasioni', ma della totalità della vita, il cibo, la comunione umana, la comunione intorno alla Croce. Infine il
terzo, “Vieni, Signore!", è un'invocazione, tutta sostenuta da riferimenti
biblici.
A conclusione, abbiamo voluto diffondere un canto cristiano non liturgico nel senso corrente; attendiamo
con interesse e speranza le reazioni dell’ambiente operaio di sinistra, giovanile, dopo quelle senz’altro positive dell’ambiente più 'ecclesiastico'.
S. GERMANO CHISONE: l’assemblea di chiesa affronta
il problema finanziario r
Domenica 1 aprile, nel corso del culto, è
stato battezzato il piccolo Massimo Comba, di
Germano e Vanda Comba, dei Garossini. Che
il Signore voglia vegliare su questo bimbo e
sui genitori, che hanno promesso, con padrino e madrina, di a avviarlo. con la parola e
con l’esempio ad una vita di fede e di obbedienza ai comandamenti di Dio, fino al giorno in cui egli stesso confermerà il suo battesimo con la pubblica testimonianza della sua
fede ».
Sempre nel corso di quel culto ha avuto
luogo un''Assemblea di chiesa per votare il
bilancio preventivo della nostra comunità per
l’anno ’73-’74 (da maggio ad aprile).
Il dott. Gustavo Ribet, membro della Commissione finanziaria della Tavola, ha innanzitutto spiegato l’organizzazione finanziaria della nostra chiesa e quali sono le spese generali
alle quali siamo tutti chiamati a far fronte.
Lo ringraziamo assai per il suo intervento. In
seguito è stato presentato il bilancio proposto
dal Concistoro, bilancio che è stato approvato dall’assemblea. Per il prossimo anno finanziario ci siamo così impegnati a versare :
Alla Tavola 5.665.000
Al Collegio Valdese 566.500
Alla Scuola Latina 226.600
Per spese locali 1.832.000
Totale 8.290.000
Questa somma rappresenta lire 8.400 annuali pro-capite e lire 700 mensili circa. Questo se i 987 membri contribuiranno tutti. Purtroppo 70 membri non hanno ancora contribuito quest’anno. Se, cosa che non speriamo,
questo fatto dovesse ripetersi l’anno prossimo,
la media mensile pro-capite salirebbe a lire
755 circa.
Tutte le famiglie riceveranno questo bilancio dettagliato con la circolare e la busta
di Pasqua.
Intanto ricordiamoci che, entro la fine di
aprile, dobbiamo ancora versare 1.000.000 alla
Tavola.
Giovedì 5 aprile ha avuto luogo una ; iunione quartierale ai Gondini.
Venerdì 6 aprile abbiamo presieduto il funerale della signora Elly Maibaun ved. Weitenauer, deceduta alla Casa di Riposo dopo
un lungo periodo di ipfermità. La nostra sorella non lascia parenti prossimi.
Sabato 7 aprile il pastore di San Germano
ha presieduto nel tempio di Prarostino il culto di matrimonio di Gustavo Bleynat e Gina
Maero. I giovani sposi si stabiliranno al Ciampas e diamo loro un fraterno benvenuto tra
noi. Facciamo nello stesso tempo molti auguri al pastore Marco Ayassot che aveva dovuto
rinunciare a presiedere questo culto per motivi di salute.
Lo stesso giorno abbiamo avuto la tristezza di dover circondare ; Gigi e Claudia Pairone
Vinçon, dei Gondini, che hanno avuto il dolore di perdere la loro piccola Jennifer, alla
nascita. La nostra preghiera circonda questi
giovani sposi che hanno conosciuto una prova
così dura, come pure le loro famiglie rispettive.
La sera del 7 un gruppo di monitori ha
presieduto il culto a Porte. Ringraziamo questi giovani per la loro bella fatica e per l’incoraggiamento che danno a tutti col loro desiderio di proseguire la riflessione biblica.
Domenica 8 aprile, nel pomeriggio, abbiamo accolto con piacere i partecipanti alla riunione indetta dal Centro Diaconale per i
responsabili di Scuole Materne. Ringraziamo
assai le sorelle che hanno organizzato il tè che
ha chiuso la riunione.
PROSSIMI INCONTRI:
Venerdì 13 aprile, ore 20,30: Riunione ai
Gianassoni.
Sabato 14 aprile, ore 20,30 nel tempio, SERATA CON INTERVENTO DI UN’OTTIMA CORALE GIOVANILE TEDESCA. Da
non mancare.
Sabato 21 aprile, alle ore 14,30 : incontro
confermandi. Gli altri corsi di catechismo saranno sospesi quel giorno.
Culti di Pasqua:
Domenica 15 aprile: Domenica delle Palme
Giovedì 19 aprile, ore 20,30: Culto di Giovedì Santo con Santa Cena.
Venerdì 20 aprile, ore 10,30 : Culto di Venerdì Santo.
Domenica 22 aprile, ore 10 : Culto di Pasqua con confermazioni e Santa Cena.
Giovanni Conte
I nonviolenti d'Italia a convegno
(segue da pag. 1)
degli Obiettori di coscienza e elenca anche
una serie di gruppi e Enti che hanno chiesto
al Ministero della Difesa di essere riconosciuti
come organizzazioni dove degli obiettori possono svolgere il loro servizio civile; nessuno
ha ancora avuto una risposta.
Durante il dibattito Tassemblea. informata
del sit-in che si sta svolgendo in Piazza della
Signoria, decide dì aderire a questa manifestazione di solidarietà con gli obiettori respinti
dalla Commissione per l’applicazione della legge sulla obiezione di coscienza, e si trasferisce in Piazza della Signoria dopo la riunione.
La manifestazione dura fino alle ore 23.
Domenica mattina, dopo la meditazione biblica su Atti 4, 13-26 (« obiezione di coscienza » di Pietro e Giovanni) Luigi Santini, pastore valdese, ricorda con parole vive la figura
e la vita di Luigi Rosadoni di cui era molto
amico; in altra parte del giornale (pag. 3) si
pubblica il testo di questo intervento.
L’operaio Giovanni Vettori della Comunità
della Risurrezione prosegue :
« ...Gigi (Luigi Rosadoni) è partito come
sacerdote che faceva parte della struttura, con
compiti precisi, poteri, diventò sempre di piii
uno fra i tanti, uno della comunità, non più
al di sopra ma in mezzo. Ci ha fatto capire
il senso del servizio, non l’autorità. Questo gli
è costato, era una personalità forte, di una
viva' intelligenza. Accettare di essere alla pari
costa a tutti. Ci è riuscito grazie anche all’apporto degli altri: uno matura nella misura che
accetta gli altri, cosa discutibile nelle chiese
gerarchiche .dove si ha sempre la pretesa di
dare giudizio e di insegnare. Si è arrivato a
questo analizzando la vita di Cristo, di Cristo
che si è rivestito veramente di umiltà, che ha
demolito sul nascere quella visione che già gli
apostoli si facevano di lui: del maestro, da
idolatrare quasi. NelVultima cena Vatteggiainento di Cristo nella lavanda dei piedi è di
grande importanza per smitizzare il concetto
che i discepoli si erano fatto del "maestro”, di
colui che ’’portava soltanto la verità”. Cristo
si è fatto servo degli altri. E annullarsi ver
far vivere gli altri, per dar responsabilità agli
altri. Una delle caratteristiche di Gigi era
questa: di fronte alle persone cercava di annullare se stesso affinché venisse fuori l’altro.
Non vogliamo idealizzarlo, farne un capo, ma
è importante riflettere sulla vita di questa
persona che ha dato un contributo a quello
che è Videa della chiesa. Videa della nonviolenza e di tanti altri problemi che ha affrontato insieme alla comunità ».
Dopo la discussione sui nuovi principi del
M.LR. (base internazionale) e un breve resoconto finanziario (il bilancio sì chiede purtroppo con un deficit: chiediamo a tutti di
versare le loro quote e i contributi) le elezioni, per mancanza di tempo purtroppo troppo
affrettale, confermano i seguenti membri del
comitato nazionale: Fabrizio Fabbrìni, presidente, Franco Onorati, cassiere, Redi Vaccaro
segretaria, Domenico Sereno Regis per Torino
e dintorni, Simonetta Salacene per Roma,
Tonino Drago per Napoli. Beatrice Borne del
Servizio Cristiano Riesi per la Sicilia, Fabrizio Valletti per Luigi Rosadoni (Firenze);
Vincenzo Rizzitiello e Valdo Benecchi si sono
ritirati, il gruppo di Alfonso Apostolico (Battipaglia) ha cessalo di esistere, un posto nel
Comitato è stato lasciato al gruppo di Parma
il quale deciderà chi metterci.
Diversi membri che non hanno potuto venire hanno mandato lettere e telegrammi, tra
i quali Giorgio La Pira, il pastore Giuseppe
Anziani, l’operaio predicatore pentecostale Nicola Baldacci dì Pescara, esperto di Sacra
Scrittura, che sta lavorando tra i carcerati di
Porto Azzurro, Livia Cagnani di Piacenza,
Ines Zilli-Gay e Maria Comberti di Firenze,
Luca Negro di Torino. Nico Tosi di Milano,
Mario Zappa di Bergamo, il quale propone di
indire un Convegno dì tutti i movimenti
nonviolenti per intensificare la collaborazione.
La stessa proposta è stata fatta da Tullio Vinay (Riesi) e l’assemblea decide di organizzarlo per la fine di settembre dì questo anno,
a Roma. II 6 maggio avrà luogo la prima :'*iunione preparatoria.
Hedí Vaccaro
Dal punto di vista logistico abbiamo
avuto, nel corso di quest’ultimo decennio, non poche peripezie. I lavori di
restauro alla Basilica di S. Silvestro ci
avevano obbligato a sistemarci in altro modo per alcuni anni e ancora ultimamente abbiamo dovuto abbandonarla a causa dei lavori che si stavano
completando al nuovo edifìcio.
Siamo lieti ora di comunicare che,
in sostituzione dei locali di via Torrebianca 41, sono messi a disposizione
delle due comunità sorelle — elvetica
e valdese — locali modesti, come da
nostro desiderio, ma funzionali e moderni. Per di più, essendo il nuovo edificio strettamente connesso alla chiesa,
potremo coordinare meglio gli orari
delle varie attività.
Siamo molto grati al presbiterio elvetico che ha portato il peso di questa realizzazione.
Tuttavia nulla di quanto è stato fatto potrà risultare valido se non ci sarà, da parte di tutti, un profondo desiderio di dare alle nostre comunità il
senso della loro responsabilità di testimonianza. Con locali efficenti, nel rione più popolare della città, potremo
fare molto ma alla precisa condizione
che ognuno si senta corresponsabile in
un atto di libera disponibilità.
Si tratta di metterci al lavoro con
serietà e impegno affinché le nostre comunità rivivano.
Rivivranno nella misura in cui sapremo cornprendere quello che il Signore richiede da ognuno di noi.
* * *
— Il 24 febbraio ha avuto luogo, in
via Torrebianca, una riunione dei Consigli di Chiesa valdese e metodista era
presente anche un membro del presbiterio elvetico) in vista di coordinare
sempre meglio la nostra opera di testimonianza nella regione Friuli Venezia Giulia. È stato abbozzato un piano
di lavoro in comune compredente
scambi di pulpito, cura della diaspora,
distribuzione di dépliants con la segnalazione dei luoghi di culto e relativo orario dei servizi con particolare
riguardo ai turisti, ed altri progetti ancora che sono allo studio.
— Il 2 marzo una cinquantina di
persone si riuniva, nella chiesa anglicana, per celebrare la giornata mondiale di preghiera. Un buon gruppo di so
relle delle varie denominazioni ha preso parte attiva allo svolgimento della
liturgia, in italiano ed in inglese, il cui
tema centrale era: vigilanti nel nostro
tempo. Ringraziamo la sorella Laura
carrari che ci ha invitate a meditare
sul significato e sulla portata di questa vigilanza cristiana che non può essere dissociata dallo spirito di preghiera, affinché all amore per la potenza
che vediamo vivo in ogni settore di
questa nostra vita sociale venga sostituita la potenza dell’amore per mezzo
di Gesù Cristo. L’offerta (L. 27.570) è
stata devoluta, dietro invito del Consiglio di collegamento, per il servizio
televisivo evangelico. Una piccola quota della colletta di quella giornata an^ favore dell’opera di solidarietà
che le chiese compiono in Indocina.
— L’Unione Femminile ha avuto le
sue regolari sedute invernali a carattere interdenominazionale. Sono stati
presi in esame vari argomenti: l’ecumenismo oggi, l’esperienza giovanile
delle « comuni » vista da una sociologa francese, presentazione dell’opuscolo « la liberazione della donna in una
prospettiva biblica » e del volumetto
« Sfida della Parola » di cui sono state
lette alcune meditazioni molto apprezzate. Ci siamo anche soffermate sul
problema dei ricoverati negli istituti
psichiatrici, prendendo come spunto il
libro del prof. Basaglia « l'istituzione
negata ». Alcune sedute sono state dedicate a riflessioni sulla preghiera, sul
valore della carità cristiana intesa conte atto gratuito e su altri argomenti
di vita cristiana. Ringraziamo l’équipe
che, con spirito di disponibilità, ci offre la sua collaborazione.
Un pomeriggio particolarmente distensivo è stato quello del 21 marzo
che ci ha viste riunite per ammirare
delle magnifiche diapositive sul tema:
fiori e montagne.
— Gli studi biblici sono stati frequentati con assidua regolarità. Ci siamo
soffermati sui primi capitoli della Genesi che, nella narrativa di quel tempo,
ci presentano il dramma dell’uomo nei
suoi rapporti con Dio e con i suoi simili. Una parte del tempo a nostra
disposizione è stata consacrata all’esame delle proposte e critiche espresse
dai gruppi di ascolto del servizio televisivo istituito di recente.
TORINO l’assemblea di chiesa si pronuncia a proposito
delle leggi sui culti ammessi
La sessione sinodale congiunta valdese-metodista dell’agosto 1972, dopo aver ampiamente discusso sulla situazione legislativa ancora
in vigore in Italia concernente le <c leggi sui
culti ammessi » del 1929-30, ha ritenuto che
tale legislazione debba essere abrogata al fine
di ripristinare il regime di libertà esìstente
anteriormente al 1929. Le Chiese locali sono
state invitate a dedicare un mese allo studio
del materiale informativo fornito da una apposita Commissione, esprimendo il loro parere
in merito alle seguenti tre soluzioni :
1) Intese per ottenere l’abrogazione pura
e semplice delle leggi sui « culti ammessi »,
lasciando che subentri la legislazione di cui sì
parla nel cap. 1 della Relazione della Commissione valdo-metodista sui rapporti tra Chiesa e Stato.
2) Intese per ottenere l’abrogazione delle
leggi sui « culti ammessi », riservandosi la
possibilità di regolamentare in un secondo
momento, mediante intese, eventuali materie
la cui disciplina risultasse incerta o Inadeguata.
3) Intese, oltre che per abrogare le leggi sui culti ammessi, per ottenere una nuova
regolamentazione su quelle materie per le quali la si ritenesse necessaria. In caso di scelta di
questa terza soluzione è necessaria una precisazione circa le materie da scegliersi tra le seguenti : matrimonio - riconoscimento degli
enti morali - scuole e istruzióne religiosa - cura d’anime negli ospedali - cura d’anime nelle carceri - servìzio militare dei pastori - rinvio del servizio militare degli studenti in
teologia.
A Torino, domenica 8 aprile alle ore 14,30
si è tenuta una Assemblea di Chiesa che rappresenta l’ultimo atto decisivo dopo una serie
di cinque studi tenuti da esperti in corso
Principe Oddone. I problemi principali implicati da queste leggi sono : matrimonio e
scuola.
MATRIMONIO - La celebrazione del matrimonio per le confessioni acattoliche è regolata dagli articoli da 7 a 13 della Legge sui
« culti ammessi » e dagli articoli da 25 a 28
del Regio Decreto. La legge sui « culti ammessi » vincola la validità della celebrazione
matrimoniale all’approvazione governativa del
Ministro di culto che vi presiede (art. 3).
Quello che fin dal 1929 era apparso come un
diritto riconosciuto alle Chiese Evangeliche
che si vedevano in questo poste sullo stesso
piano con la Chiesa Cattolica, si rivela ora
come uno degli strumenti dì oppressione del
Governo, In realtà questo ottimismo nasceva
da un vero e proprio equivoco. Il nostro matrimonio non è assolutamente un matrimonio
concordatario e religioso come quello cattolico. Il Pastore celebrando il matrimonio non
esercita la funzione che gli è propria, ma assume la funzione di Ufficiale di Stato Civile.
Per comprendere bene questa problematica si
può aggiungere che la liturgia della Chiesa
Valdese, nella celebrazione del matrimonio,
non è affatto libera, ma necessita della lettura
obbligatoria degli articoli del Codice di Stato
Civile. Questo non accade in Chiesa Cattolica.
Pertanto è preferibile l’abrogazione della legge che comporta la caduta dell'approvazione
governativa, e con essa quella degli effetti civili per i matrimoni celebrali in Chiesa. Se
ciò avvenisse ci troveremmo dì fronte alla
scissione in due momenti della celebrazione
del matrimonio:
1) il contratto civile (da farsi in Munici
pio);
2) la benedizione religiosa.
Si avrebbe cioè il ripristino per i soli evangelici del regime matrimoniale in vigore in
Italia dal 1866 al 1929. Se poi si ritenesse insufficiente questo provvedimento si potrebbe
riservare un’eventuale intesa in materia matrimoniale per attuare una soluzione più adeguata dì fronte ai problemi attuali in coerenza con le nostre posizioni.
ISTRUZIONE RELIGIOSA NELLA SCUOLA - Questo tema è regolato dagli articoli 23
(2^' comma) e 24 del Decreto, ì cui punti salienti sono : il diritto all’esenzione e, quando
il numero degli scolari lo giustifichi, l’apertura di scuole elementari per i fedeli del rispettiva culto, da considerarsi a termini delle
disposizioni speciali vigenti, a sgravio totale o
parziale degli obblighi delle amministrazioni
scolastiche e dei comuni.
Vi è una chiara premessa da fare, e cioè
che la Chiesa Valdese scarta ripotesi di inserirsi nelle strutture scolastiche pubbliche al
pari della Chiesa Romana. Si tende infatti
sempre più a una laicizzazione della Scuola
che non esclude una testimonianza, ma anzi
la comprende attraverso strumenti che sempre maggiormente devono essere un segno della apertura che la Scuola deve assumere. A
questo proposito posso citare la proposta concreta dì Franco Giampiccoli (difficile però da
realizzare in base alla circolare Scalfaro) secondo la quale dovrebbero aver luogo nella
Scuola secondaria dibattiti e seminari, aperti
a chiunque, secondo la richiesta degli studenti, possa o voglia dare una testimonianza.
Dopo un intenso dibattilo e molti interventi chiarificatori dei pastori Giampiccoli e Ricca e deH'avv. Jouvenal, si è proceduto alla
votazione. Su 60 votanti, 13 si sono espressi a
favore della prima soluzione, 37 a favore della
seconda, 7 a favore della terza, questi ultimi
dando preferenza al matrimonio, all’istruzione
religiosa nelle scuole ed al problema degli
enti morali; 3 gli astenuti.
« * *
L’assemblea era poi chiamala a nominare
alcuni membri del Concistoro: sono stali confermati nel loro mandato i fratelli Emanuele
Bottazzi e Adolfo Rostan ed è stato nominalo
il fratello Mario Desana; a tutti loro l’augurìo più vivo per il loro ministero fra noi.
Erika Tomassone
iiiiiiiiMiiiniiiMininiiiiiiiiiiiHiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiii
Gli altri
e il Centenario valdese
In occasione di una sua visita recente ad amiche svizzere, la missionaria Graziella Jalla ha parlato al gruppo femminile della comunità di Aubonne (Vaud) delle prossime celebrazioni del Centenario Valdese, e quelle
sorelle hanno raccolto la somma di
L. 36.000, che trasmettiamo alla Società di Studi Valdesi. Ci pare un buon
esempio, da seguire!
5
13 aprile 1973 — N. 15
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
pag. 5
%
NELLA FAMIGLIA DELLA CEVAA
I primi passi
delia Chiesa
Come anche il modo di mangiare una tartaruga
può essere segno di conversione...
evangelica a Tahiti
I nostri lettori ricorderanno che, nel
numero scorso, abbiamo tracciato le
grandi linee del periodo precedente all’arrivo dei missionari. Obbligati a seguire il re Pomaré nella sua fuga da
Tahiti, i missionari si erano installati
nell’isola vicina di Moorea. Tale isola
rimarrà per 10 anni la capitale dell’Evangelo. All’inizio soltanto il missionario Nott rimarrà al suo posto, tosto
raggiunto però da altri colleghi che si
erano ritirati in un’altra isola.
CONVERSIONE DI POMARÉ
La fede di Pomaré nel dio Oro era
già stata abbondantemente scossa in
seguito ai rovesci subiti a Tahiti. Questi si avvicinò sempre più a Nott, ponendogli continue domande, cercando
di conoscere meglio il suo Dio, Gesù
Cristo e gli apostoli. Un giorno, Pomaré domandò a Nott di ricevere il battesimo. Quest’ultimo, pur rallegrandosi
grandemente di questa richiesta non
esitò a sottoporre il re ad un periodo
di prova e di riflessione più approfondita.
Intanto alcuni segni esteriori lasciavano intravedere che l’antica fede del
re si Stava singolarmente affievolendo.
Prova ne sia l’episodio della tartaruga.
Tale animale era considerato sacro.
Normalmente il re non ne mangiava
mai senza offrirne una parte agli dei.
Un giorno coloro che lo circondavano
10 udirono ordinare: « cuocetemi una
tartaruga e portatemela, senza offrirne
una parte agli dei ». Tutti attesero che
la morte colpisse il re ma... l’ottimo pasto non gli rimase sullo stomaco. Gli
dei erano evidentemente incapaci di
vendicarsi.
Pomaré si recò a Tahiti per cercare
di restaurare la isua autorità suH’isola
ed in queiroccasione non esitò a parlare di Gesù Cristo e di affermare la sua
fede in lui. Ma il suo zelo si accompagnava putroppo a frequenti accessi di
debolezza, specie per quel che concerneva il grave vizio di bere liquori forti, approfittando in particolare degli
scali di navi commerciali. Miseria e
grandezza di un re ancora fanciullo
nella fede.
Una piccola comunità cristiana teneva già dei culti quasi in segreto anche
sulla grande isola, guidati da due credenti che erano stati al servizio dei
missionari.
PRIMA SCUOLA BIBLICA
E PRIMA CHIESA
Dal canto suo, Nott fece aprire una
Scuola biblica. Tutti coloro che chiedevano di diventare cristiani frequentavavano tale scuola. I primi iscritti furono 31, ma dopo due anni contavano .già
300 cristiani a Moorea.
II giorno stesso in cui venne aperta
la scuola biblica fu inaugurato anche il
primo tempio cristiano, quello di Papetoai, era il 25 luglio 1813. Poco dopo
11 gran sacerdote pagano del « marae »
di Papetoai decise di bruciare gli idoli
e chiese il battesimo.
TEMPO DI PERSECUZIONI
I primi cristiani ebbero spesso a soffrire a causa della loro fede. Spogliati
dei loro beni, ripudiati dalle loro famiglie, maltrattati in più modi. Avveniva
anche che fossero le vittime bell’e trovate per quanti ancora facevano sacrifici umani agli dei traballanti del pantheon polinesiano. Nott racconta il
martirio di un giovane cristiano di
Tahiti, colpito a tradimento ed il cui
corpo venne offerto al dio Oro. Un altro giovane, Aberahama (Àbramo) sfuggì miracolosamente al suoi assassini e
venne raccolto e nascosto da una famiglia amica.
LA BATTAGLIA DI FEI-PI
Tale battaglia ebbe luogo nel 1818
sul territorio di Tahiti e rappresentò
l’ultima vampata di rivolta pagana nei
confronti del cristianesimo e del re Pomaré II che se ne era fatto strenuo difensore. I capi di Tahiti erano infatti
rimasti attaccati al paganesimo (senza
dubbio anche per motivi politici di opposizione a Pomaré) e decisero di farla
finita coi cristiani.
Approfittarono di una riunione di 800
persone, che aveva luogo in presenza
del re ed attaccarono il gruppo nell’intento di sterminarlo. Vennero tuttavia
battuti e Pomaré uscì vincitore da quest’ultima guerra.
Contrariamente ai costumi guerrieri
locali, il re non fece mettere a morte
i prigionieri e non saccheggiò i loro villaggi. Al contrario li invitò ad un grande pasto e li rinviò alle loro case col
suo perdono. I vinti furono toccati da
questo gesto e rinunciarono a combattere la « nuova fede » che insegnava a
non infierire sui vinti. La Chiesa poteva ormai uscire dalla sua semi-clandestinità e cominciare ad organizzarsi.
L’anno dopo, 1819 Pomaré veniva battezzato.
JOHN WILLIAMS
APOSTOLO DEL PACIFICO
L’evangelizzazione delle Isole Sotto
Vento avvenne in modo parallelo ad
opera di John Williams, giunto a Huahine nel 1817. Il suo ministero fu assai
fecondo e gli permise di creare un
gruppo di evangelisti locali che ben
presto si lanciarono in lunghe e pericolose navigazioni per raggiungere le iso
le Australi, le isole Kook e Tonga, le
Figi e le Samoa, sempre spronati dalla
presenza o dal consiglio di Williams.
Questi perdette la vita ad Erromango,
nelle Nuove Ebridi, ucciso dagli indigeni che credevano di avere a che fare
con dei marinai senza scrupoli come
quelli che erano passati soltanto pochi
giorni prima nell’isola.
TEMPO DI CONSOLIDAMENTO
E DI PROVA A TAHITI
La chiesa di Tahiti si trovò subito di
fronte ad un compito enorme: si trattava di insegnare un nuovo stile di vita,
fondato 'sulTEvangelo, -a tutta una popolazione appena uscita dal paganesimo o ancora apertamente recalcitrante di fronte al nuovo « Atua ».
Bisognava insegnare a leggere, tradurre e stampare la Bibbia e diffonderla.
Toccò a Pomaré III l’onore di inaurare la prima macchina da stampa del
Pacifico. Dalla « tipografia » della Missione uscì un sillabario, poi l’evangelo
di Luca, poi tutta la Bibbia tradotta
e stampata interamente in tahitiano
nel 1835. Un lavoro immane se si pen
sa che la lingua locale era esclusivamente parlata ed ancora molto più ricca di sfumature di quella attuale.
Accanto a loro, inglesi e francesi si
interessavano moderatamente alle sorti dell’Evangelo nel Pacifico ma moltissimo a quelle della loro influenza reciproca nella zona.
Per non tediare il lettore diremo soltanto che i francesi subentrarono agli
inglesi ed ottennero il protettorato su
Tahiti.
Tale fatto implicò tra l’altro l’introduzione di un « cattolicesimo di stato »
in una terra a grandissima maggioranza protestante e l’aflìdamento di quasi
tutte le scuole locali ad ordini cattolici. Tuttavia, per 20 anni, la Chiesa evangelica rimase fedele alTEvangelo attendendo che, partiti i missionari inglesi,
quelli della Missione di Parigi ne prendessero il posto. Segno evidente che il
suo attaccamento alTEvangelo non era
legato alla tutela dei missionari. Senza dubbio, anche se questa prova fu assai dura, ciò permise alla Chiesa di Tahiti di forgiare in qualche modo uno
stile evangelico di colore locale.
Giovanni Conte
Un tradìmeRto del mandato missionario
quale risulta dalla Bibbia?
La « Conferenza di comunità confessanti » tedesche
critica le decisioni di Bangkok
LA VIOLENZA ANTIRELIGIOSA IN ALBANIA
‘Il primo Stato ateo del mondo’,
un Piccolo paradiso
Nei giorni scorsi ha avuto una certa
eco — modesta, purtuttavia — la notizia, diffusa dall’agenzia stampa cattolica austriaca « Kath Press », secondo
la quale un sacerdote cattolico albanese, Stephan Kurti, sarebbe stato condannato a morte e fucilato per avere
battezzato un bambino a Lushnje, nell’Albania meridionale.
È un’occasione •— dolorosa — per ricordare brevemente la situazione albanese per ciò che riguarda la libertà, o
meglio l’oppressione di coscienza.
Nell’Albania "liberata”, all’avvento
del regime comunista di Enver Hoxa
impostosi alla fine dell’ultimo conflitto,
sul milione e mezzo di abitanti circa
il 30% si dichiaravano cristiani (circa
10% cattolici romani e 20% ortodossi),
mentre con il 70% di musulmani la piccola nazione adriatica era il solo paese europeo con una popolazione a maggioranza islamica.
La lotta antireligiosa è proceduta
per progressivi giri di vite. Il 26 novembre 1949 con il decreto legge n.
0743 venivano dichiarate illegali le tre
confessioni religiose esistenti nel paese: musulmana, ortodossa, cattolica.
Per quel che riguarda quest’ultima,
nel 1951 viene costituita la « Chiesa
Cattolica Nazionale » (un equivalente
marxista dei «Cristiano-tedeschi» nazisti) alle dirette dipendenze del governo, ponendo in un’alternativa di cui
si comprende la gravità il clero e i
fedeli.
Nel 1967 il capo del regime proclamava in un discorso una campagna intensiva « per la distruzione definitiva della religione:» (anche le ’’soluzioni finali” trovano paralleli), contro tutte le
istituzioni religiose, al termine della
quale Enver Hoxa poteva affermare
con fierezza che l’Albania era « il primo Stato ateo del mondo ». In dati
concreti, ciò aveva significato che 2.168
moschee, chiese, monasteri e altri edifici e istituti religiosi nell’intero paese
erano stati distrutti o trasformati in
musei, in centri giovanili o culturali o
sportivi, in qualche caso, come per una
chiesa di Scutari, in centro della polizia politica. Ogni proprietà delle comunità religiosa era stata confiscata senza indennizzo, i religiosi erano stati
« inseriti nel processo produttivo ».
Pochi mesi dopo questa campagna, ancora nel 1967, erano state abrogate con
decreto del governo tutte le leggi che
fino allora avevano regolato i rapporti
fra lo Stato e le varie comunità religiose. Tale decreto significava e precisava che le comunità religiose avevano
perso diritto all’esistenza come tali,
ogni pratica religiosa diventava crimine contro le leggi dello Stato. In quegli anni, sui circa centoventi sacerdoti
cattolici autoctoni, una settantina vennero soppressi, sicché il caso di Stephan Kurti è l’ultimo — per ora — di
una lunga serie. Delle suore albanesi
rimaste, la maggior parte si è offerta
al servizio dei malati negli ospedali.
Una pesante cortina di silenzio grava
in particolare sulla vita del popolo
religioso: si parla del sacerdote giustiziato, ma che è avvenuto dei familiari
del bimbo battezzato?
Naturalmente, anche annunciando la
’’soluzione finale" nel 1967 Hoxa era
cosciente che nemmeno questa campagna sarebbe riuscita a far sparire dall’oggi alTindoman; la tradizione religiosa. A un congresso del Fronte Democratico Albanese egli constatava:
« È errato ritenere che nel momento
in cui sono scomparse chiese, moschee,
preti e ikone, sono automaticamente
scomparse pure la religione e il suo
influsso sul popolo. La lotta contro le
abitudini, contro la tradizione, contro
vecchie norme e prospettive religiose,
le quali naturalmente nel corso dei
secoli si sono radicate profondamente
nella coscienza del popolo, non è ancora finita ». È chiaro quanto costano le
tappe successive, nella costruzione dell’uomo nuovo, del mcndo nuovo.
Attendo con una triste mescolanza
di aspettativa e di scetticismo le reazioni di coloro che sono sempre in prima fila nella difesa dei diritti umani
conculcati. Ma capita anche a loro di
essere disattenti, a volte.
Gino Conte
La « Conferenza di comunità confessanti », della quale fanno parte sei
gruppi — il movimento confessionale
« Nessun altro Evangelo », la « Riunione ecclesiastica attorno alla Bibbia e
alla confessione di fede », Tassociazione Ludwig Hofacker, la « Riunione ecclesiastica attorno alla Bibbia e alla
confessione di fede in Baviera », la
« Riunione evangelica a Berlino » e la
« Lega di Gnadau » — ha definito le decisioni della Conferenza mondiale sulla missione e l’evangelizzazione, convocata dal CEC a Bangkok, un tradimento del mandato missionario quale
risulta dalla Bibbia. Il gruppo dirigente di questi sei raggruppamenti ecclesiastici si è occupato della Conferenza
di Bangkok in una sessione tenuta a
Francoforte dal 28 febbraio al 2 marzo scorsi. Il prof. Peter Beyerhaus, docente di missiologia a Tubinga, ha giudicato severamente la Conferenza di
Bangkok e ha invitato i cristiani che
si vogliono fedeli alle Scritture a sostenere soltanto quelle missioni che si
richiamano a un Evangelo non decurtato. La concezione della salvezza che
il Consiglio ecumenico delle Chiese ha
fatto propria, ha superato le previsioni più pessimistiche. A Bangkok si è
evitato un chiarimento delle questioni
critiche oggetto di dissenso, e si è invece praticato con molta abilità un
nuovo metodo, cioè quello di un esperimento di dinamica di gruppo, nel
quadro del quale i rappresentanti del
mondo bianco occidentale — una minoranza, alla Conferenza — erano posti in condizione di accusati. Si è parlato molto della colpa globale dell’Occidente nei confronti degli opprèssi del
Terzo mondo, mentre non si è detta
una parola della colpa dell’Est, né di
« coscienza di colpa » in senso universale. Sotto un’apparente copertura biblico-teologica, Ginevra ha, così facendo, defraudato la concezione della salvezza del suo carattere cristiano specifico.
Il gruppo dirigente citato, nella sessione di Francoforte, ha pubblicafto
una presa di posizione sulla Conferenza di Bangkok, della quale si dà qui il
testo lievemente abbreviato:
1. Le aspettative non si sono realizzate: il tema « La salvezza del mondo
oggi » aveva animato in molti cristiani
la speranza che la Commissione per la
missione e l’evangelizzazione del CEC
avrebbe riflettuto nuovamente sulla redenzione dal peccato e dalla colpa mediante ]1 sacrificio espiatorio del nostro Salvatore Gesù Cristo. Il fatto essenziale di Bangkok avrebbe quindi
dovuto essere un appello rinnovato,
pieno d’autorità alle Chiese a testimoniare insieme, con tutte le loro forze,
il messaggio del Regno a tutti i popoli, Ciò non è avvenuto.
2. Ciò che spinge a serie riserve:
a) Al posto di quest’appello, nella
Conferenza è stata sostenuta una concezione della salvezza ben diversa, che.
Dìbattltn sulla "lista nera" del CEG
Nella sua sessione del 21 marzo il
Sinodo della Chiesa riformata di Basilea città ha preso conoscenza della
risposta che il Consiglio sinodale ha
dato a un’interpellanza relativa alla
politica di disimpegno finanziario lanciata dal Consiglio ecumenico delle
Chiese, con particolare riguardo al
Sud-Africa.
Il Consiglio sinodale approva nel suo
complesso la politica condotta dal CEC
per instaurare una maggiore giustizia
nel mondo. Esso critica, invece, la politica di disimpegno finanziario delle
Chiese e quindi giudica inopportuna
la pubblicazione dell’elenco di 650 ditte americane, britanniche, olandesi e
svizzere che hanno relazioni finanziarie
con l’Africa del sud, in quanto potrebbe risultarne un aggravamento della
discriminazione razziale.
Nel corso del diba+tito, il prof. J. M.
Lochman ha precisato che il documento pubblicato dal CEC non era concepito come una ’’lista nera”, ma che,
invitando le Chiese a ritirare i loro investimenti da imprese finanziarie che
hanno rapporti commerciali con l’Africa del Sud, si trattava non di boicottare queste imprese, ma di spingerle a
riconsiderare i loro impegni e anzi a
ritirarsi dai paesi che praticano lo sviluppo separato, tanto più quando il
regime che li governa si presenta, come quello sudafricano, come « cristiano ».
Un altro rilievo mosso nel Sinodo,
che non è giunto a un voto: il CEC dovrebbe, prima di prendere posizioni e
assumere decisioni di questa rilevanza, coinvolgere in misura maggiore le
Chiese membro, consultarle, anziché
metterle ripetutamente di fronte al
fatto compiuto.
determinata da idee correnti contemporanee, si allontana assai dai fondamenti biblici.
b) Il chiarimento sollecitato, soprattutto a partire dall’Assemblea di
Upsala 1968, sulTallarmante crisi dei
fondamenti della missione, coinvolgendo teologi di fama, è stato deliberatamente evitato.
c) Particolarmente sconcertante è
la decisione dell’assemblea generale di
raccomandare una temporanea sospensione dell’invio di missionari e di fondi alle Chiese del Terzo mondo, se
queste lo chiedono; altrettanto, l’invito a utilizzare il denaro cosi risparmiato per battere nuove vie della formazione missionaria dei cristiani nell’Occidente e per sostenere movimenti di
liberazione militanti. Giudichiamo questo un tradimento del mandato missionario.
3. Le nostre richieste:
a) La delegazione evangelica tedesca è pregata a far conoscere se essa
accetta o rifiuta questo invito.
b) Le società missionarie e le opere missionarie ecclesiastiche della Germania sono pregate di distanziarsi
quanto più presto possibile da tale invito.
c) Tutti i cristiani sono pregati di
saggiare molto criticamente il carattere antievangelico di queste dichiarazioni, senza lasciarsi ingannare da
espressioni di risonanza biblica. La
« Conferenza di comunità confessanti»
pubblicherà presto un suo rapporto su
Bangkok.
CRITICA Al CRITICI
Diverse personalità direttive della
missione in Germania hanno preso posizione contro la dichiarazione surriportata, criticandola vigorosamente come pure le dichiarazioni del prof.
Beyerhaus. Il past. Walter Gengnagel,
delTEvangelisches Missionswerk della
Germania sud-occidentale, ha definito
« assurdi » i rilievi critici del prof.
Beyerhaus, affermando che a Bangkok
non vi è stafa né « manipolazione » né
« deformazione »; la concentrazione
dell’interesse sulle conseguenze operative sociali, economiche e politiche dell’Evangelo non tendeva in alcun modo
a rinnegare la dimensione personale
ed eterna delTEvangelo. « Abbiamo
piuttosto dovuto sottolineare che gli
aspetti personali e sociali, individuali
e comunitari della salvezza sono così
intrecciati, da non poter essere disgiunti ». W. Gengnagel ha visto brillare nella Conferenza la globale concezione biblica della salvezza; e quindi tanto
maggiormente lamenta che proprio
questa Conferenza, che desiderava superare le tensioni e le divisioni, sia
utilizzata a suscitare sfiducia e divisioni.
« Incredibili e pesanti » ha definito
le critiche del prof. Beyerhaus il segretario esecutivo del Consiglio missionario evangelico tedesco, il past.
Buttler di Amburgo.
Il past. Gustav Menzel, direttore delle Missioni evangeliche unite, riferisce
da Wuppertal che ancora al principio
di gennaio il prof. Beyerhaus aveva
valutato in modo nettamente positivo
la Conferenza di Bangkok. Soltanto in
seguito egli le ha rimproverato un’errata concezione della missione. A
Bangkok non è stato chiesto un arresto generale della missione, né gli europei sono stati posti sul banco degli
accusati.
(E.P.D.)
Sirena collaborazione fra tre seninianali protestanti
I tre settimanali protestanti « Réiorme »
(Parigi), « Deutsehes Allgemeines Sonntagsblatt » (Amburgo) e « La Vie protestante »
(Svizzera romancia) con il corrente mese di
aprile iniziano la pubblicazione, con periodicità elastica, degli stessi scritti e documenti
su problemi del protestantesimo europeo. Si
tratta al tempo stesso di una "razionalizzazione” del lavoro editoriale, con evidente risparmio di energie di ogni genere, ma anche di
uno stimolo e riflettere in un quadro più ampio, europeo, i problemi odierni della fede e
della testimonianza. Inoltre « Réforme » aprirebbe le proprie colonne a collaboratori cattolici romani e ortodossi : un’apertura che del
resto non è di oggi, ma risale assai addietro
nella storia del settimanale parigino; è tutta
questione di dosaggio, e di direzione : staremo
a vedere; con una punta di prevenzione, lo
confessiamo.
Dal Malawi, un sussurro nella notte...
Ascolta, cristiano!
Ero affamato
e tu hai fondato un circolo umanitario,
hai iniziato un dibattito sulla mia fame.
Grazie.
Ero in prigione
e tu ti sei discretamente ritirato
nella tua cappella in cantina
ed hai pregato per la mia scarcerazione.
Grazie.
Ero nudo
e nel tuo pensiero
hai discusso il problema morale del mio aspetto.
Ero senza casa
e tu m'hai predicato il rifugio spirituale
dell’amore di Dio.
Ero solo
e tale mi hai lasciato
per andare a pregare per me.
Sembri così santo,
così vicino a Dio;
ma io continuo ad essere affamato
e solo e freddo.
E ti ringrazio.
Tradotto da a. s. da Joint Venture (organo del Servizio di Documentazione
e Studi di un gruppo di società missionarie cattoliche) n. 5 (1971), p. 24.
6
Ultimata la piscina
N. 15 — 13 aprile 1973
Pomaretto
Presto Luserna San Giovanni centro deiia 35* Unità
Territoriaie per lo sport
Discussi i rapporti
fra Stato e Chiosa
Perosa Argentina
Costituito il Comitato Antifascista
La Provincia di Torino, Assessorato
allo Sport, ha diviso il suo territorio
in unità omogenee, zone cioè aventi un
centro già abbastanza attrezzato al
quale un gruppo di comuni potrà far
capo per organizzare le sue attività
sportive.
La trentacinquesima unità territoriale comprende i comuni che fanno parte del Consiglio della Val Pellice, fra
di essi Lusema San Giovanni pare in
questo momento il centro meglio attrezzato e meglio situato per diventare il polo di attrazione per la gioventù
degli altri comuni. Occorre precisare
naturalmente che altri comuni come
Torre Pellice e Bricherasio hanno campi da gioco per il pallone e campi da
tennis, gestiti come a Torre Pellice in
modo eccellente, ed è quasi inutile ricordare che Torre Pellice, in inverno,
Torre Pellice
CONCERTO SALUTISTA
Sabato sera 31 marzo, ha avuto luogo nel
nostro Tempio, dinanzi ad un folto pubblico il
Concerto di una fanfara salutista diretta dal
capitano Paul Marti. Il complesso era composto da 35 elementi, appartenenti a quattro
fanfare dei Corpi di Gurzelen, Interlaken,
Munsingen e Thun, che periodicamente si
riuniscono per suonare insieme dei pezzi impegnativi.
Era presente il Console generale di Norvegia Bard Marsdol, sergente maggiore dell’E.
della Salvezza del Corpo di Oslo.
Tutti gli elementi sono naturalmente dilettanti e di estrazione sociale diversa, uniti dal
desiderio di suonare alla gloria di Dio e di portare per mezzo della musica la loro testimonianza di credenti. Sono venuti in Italia con
il desiderio di dimostrare ai Salutisti italiani
la loro solidarietà nella comune lotta contro
il male, e di far sentire che la grande famiglia salutista è unita al di là di tutte le
frontiere terrene. Tutta la musica suonata
dalle fanfare salutiste, scritta o trascritta per
fanfare da autori salutisti è ispirata da passi
biblici e da personali esperienze spirituali.
Il concerto ha avuto inizio dopo la preghiera, un breve messaggio della maggiore Figliola del Corpo di Torre Pellice e un inno cantato dalla Comunità.
Il colonnello Fivaz, capo territoriale ha presentato con poche appropriate parole, i vari
pezzi e una meditazione profonda e molto apprezzata su II Corinzi 5: 18-20.
Le esecuzioni hanno rivelato una perfetta
padronanza tecnica degli strumenti da parte
degli esecutori e un notevole insieme dovuto
ad un costante impegno di studio. Anche le
esecuzioni corali dirette da EmU Ramsauer,
sono state eseguite con viva sensibilità. La
tecnica individuale è risaltata anche in alcuni pezzi con « a solo » di corno e di trio di
cornette.
Questo complesso può essere di esempio in
tutti i sensi ai nostri trombettieri e lo ringraziamo vivamente a nome della nostra Comunità.
Il Signore benedica abbondantemente l’opera dell’Esercito della Salvezza nel nostro paese
e nel mondo intero. Lina Varese
Fondo ampliamento
Collegio Valdese
Offerte pervenute al C. C. V. per il
Fondo di ampliamento del Collegio
Valdese.
7® elenco
L. 50.000 : Costabel prof. Gino, Ribet Giovanni, Peyronel prof. Giorgio, Di Francesco
doti. Ernesto, Giampiccoli dott. Renato e Luigina, Baret Guido, Henking Ruggero, OUivero Franz, Baldoni prof. Remigio, Michelin
Lausarot Edoardo, Bein Loris e Paola « in
memoria avv. Peyrot », Rivoir gen. Adolfo,
Peyrot dott. Giovanni, Ribet ^ina, Micol
Giovanni, Ghigo Alberto, Jahier Eugenio,
Decker grand’uff. Bruno, Del Pesco Paolo,
Olivetti ing. Dino, Geymonat Daniele, Ganz
Emilio, Rostain Aldo, L. Pennington de
Jongh, Pasquet Guido, Rostagno Laura, Valeri Federica, Muston Santacroce Vera, Albarin Bruno e Biancamaria, Parise Jahier Ma
ria.
L. 10.000 : Ricci Vittorio, Bernard Arturo.
L. 5.000: Grill Speranza.
L. 30.000 : AngiolUlo dott. Guglielmo.
L. 100.000 : Gardiol Ade e Enrico, Eynard
dott. Arnaldo, Rivoiro PeUegrini Ugo e Jolanda, Tron past. Enrico, Peyrot dott. Enrico,
Ribet dott. Guido, D. B.
L. 2.005.000 : Landeskirchenkasse - Bielefeld.
II Comitato ringrazia sentitamente gli
amici sostenitori e ricorda che la sottoscrizione è tuttora aperta.
AVVISI ECONOMICI
CERCASI giovane apprendista tipografo. Rivolgersi Coop. Tipografica Subalpina - Torre PeUice.
Le famiglie Manetto e Long, profondamente commosse per la dimostrazione di affetto ricevuta in occasione
della dipartenza della loro cara
Enrichetta Long
in Manetto
ringraziano sentitamente tutti coloro
che hanno preso parte al loro dolore
ed in particolare i vicini di casa ed ii
Dott. V. Bertolino.
« Vegliate, perché non sapete in
qual giorno il vostro Signore sia
per venire» (Matteo 24; 42).
Pellenchj di Pramollo, 4 aprile 1973.
offre la possibilità di pattinare allo
« stadio del ghiaccio », ma quello che
si intende con centro meglio attrezzato è quelTinsieme di attività, dal calcio all’atletica, dal tennis al nuoto, concentrate in un unico complesso, che
permetteranno di fare un discorso
'< promozionale » molto valido.
Quello che però lascia delusi e che
anzi desta qualche apprensione, è il
fatto che le anzidette attrezzature costruite dal Comune di Luserna S. Giovanni, realizzate quindi per la maggior
parte con i soldi dei cittadini (e siamo
nell’ordine delle centinaia di milioni),
siano affidate alla gestione di privati e
possano diventare in un prossimo fufuro un centro di potere di alcune tersone o di qualche partito.
Sarebbe stato assai più auspicabile
che il Comune gestisse lui stesso le
« sue attrezzature », almeno per quanto riguarda gli impianti (che, con qualche malignità, si può pensare che dovrà comunque « tenere in manutenzione », se vuol essere sicuro che non deperiscano troppo rapidamente).
Le attività del nuoto saranno comunque affidate ad almeno due associazioni: la società sportiva 3 S, che
gestisce anche gli impianti della piscina con la supervisione della Libertas,
e un ente di propaganda l’A.I.C.S. di
cui è sorto il circolo lusernese « Sport
e Salute ». Il suo motto ne indica chiaramente le finalità: fare dello sport un
complemento della medicina scolastica e dell’attività ginnica della scuola
e del comune, senza velleità competitive. R. Gay
La tabella dei culti della settimana
santa è stata pubblicata non completa
sulla « Lucerna ». Ce ne scusiamo vivamente e provvediamo a completare:
Giovedì santo: Culto con S. Cena ore
20.30 nel tempio.
Venerdì santo: Culto con S. Cena ore
20.30 Clot Inverso.
Pasqua: Culto con S. Cena ore 10 nel
tempio.
Pramollo
Ultimamente è stato amministrato il battesimo a Claudio Long di Armando e di Long
Vanda (Pellenchi): la grazia del Signore riposi su questo bambino e sui suoi familiari.
Ringraziamo il Past. Ermanno Genre e Signora per la loro visita e per l’interessante
presentazione fatta ad un gruppo di giovani
del libro del prof. G. Rochat : L’antimilitarismo oggi in Italia.
Mercoledì 4 corr. m. si sono svolti i funerali della soreUa Enrichetta Long in Manetto
(PeUenchi), improvvisamente deceduta all’età di 67 anni. Rinnoviamo al marito, al figlio ed a tutti i parenti l’espressione della nostra fraterna solidarietà nel dolore della separazione ma anche nella speranza della risurrezione in Gesù Cristo.
L’assemblea di chiesa per la nomina
dei deputati al Sinodo ed alla Conferenza Distrettuale,; nonché per la presentazione della relazione annua del
Concistoro è stata fissata per la domenica 6 maggio nel tempio di Pomaretto alle ore 10,30.
L’assemblea dell'8 aprile, convocata
per rispondere al questionario sui rapporti Chiesa e Stato, si è espressa con
39 voti favorevoli all’abrogazione della
legge attuale, fatta nel 1929, ritenendo
però^ la necessita di « intese », come
previsto dalla Costituzione, da farsi in
un secondo momento (proposta N. 2
tra le alternative poste dalla commissione sinodale). Tale risultato risponde all’orientamento prevalente nelle
riunioni quartierali. Va aggiunto tuttavia che una forte parte dell’assemblea
si era espressa favorevolmente per la
proposta N. 1, cioè l’abrogazione pura
e semplice senza intese: voti 36. Nessun voto ha avuto la terza proposta.
La leggera prevalenza dei voti per la
seconda alternativa va interpretata come voce della prudenza, necessaria nei
rapporti con lo Stato, col quale è sempre rneglio mettere le cose in chiaro.
La prima alternativa piaceva sì anche
ad alcuni di quelli che hanno votato
per la seconda, ma non fino al punto
di abbandonare la possibilità di intese
su alcuni punti particolari. Viceversa
alcuni che hanno votato per la prima
hanno detto di star bene anche con la
seconda.
II punto che ha suscitato più interesse nelle riunioni è stato quello del
matrimonio. Una gran maggioranza è
favorevole alla celebrazione unica, ma
rifiuta la famosa autorizzazione pastorale così come la intende il governo. In
conclusione si tratta di cose da seguire con attenzione nei loro futuri sviluppi. Chi è venuto alle riunioni ha potuto farsi una buona preparazione generale.
Lunedì 2 c. m. presso la sede ANPI
di Perosa e valli si è tenuta, per iniziativa dell’ANPI locale, una riunione
allargata per rendere operante il comitato antifascista.
Erano presenti alla riunione: il Direttivo ANPI; i partiti politici P.S.I. P.C.I.; l’organizzazione sindacale CGIL;
il signor Genre Francesco (due figli caduti nella lotta di liberazione) in rappresentanza delle famiglie dei Martiri
e Caduti per la libertà; i signori Rol
e Pastore per il Gruppo Giovani Lavoratori studenti di Perosa.
I sindaci dei comuni di: Perosa Argentina - Rag. Trombotto; Pomaretto Geom. Bonnet; Perrero - Maestro Genie; Prali - Cav. Breusa Oreste; Roreto
Chisone - Maestro Merlo; il signor Allemano Alberto, ex comandante partigiano.
Hanno aderito a mezzo lettera:
II Cav. Bertalotto Giuseppe nella cui
lettera traspare l’alto senso di comprensione per la Resistenza e si rammarica di non poter dare la sua fattiva collaborazione al Comitato antifascista per motivi di salute.
La Sig. Dema Ausilia scrive di non
poter essere presente per motivi di salute. Hanno delegato il Signor Petrini
Giuseppe segretario ANPI di Fenestrelle e vice Presidente di sezione i seguenti ex partigiani: Maestra Gros Raviol
Elsa; Sig. Brighenti Oreste; Sig. Aliáis
Edmondo. Telefonicamente hanno aderito; il Gruppo Agape di Prali; il Maestro Montesanto, per altri motivi impossibilitati ad intervenire.
Il presidente del’ANPI Sig. Travers
Carlo, con poche parole introduttive
ha puntualizzato la situazione attuale,
che presenta molte analogie col tempo pre-fascista (1919-1922). Ha messo
in rilievo i fatti che accadono giornalmente di pretta estrazione fascista,
nelle fabbriche, nelle scuole, nelle caserme e non ultima la bomba scoppiata davanti alla Chiesa di S. Lazzaro a
Pinerolo, cercando di attaccare e intimidire anche i Sacerdoti.
È intervenuto il Sig. Rol e in un secondo tempo il Sig. Pastore del Gruppo Giovani lavoratori studenti, i quali
hanno sottolineato che secondo loro,
il costituire un comitato antifascista,
deve intendersi come lotta nel denunciare fatti veramente fascisti quali,
l’aver imprigionato i giovani militari
che per aver detto la verità su quanto
succede nelle Caserme ora si trovano
privi di libertà nel carcere di Peschiera. Secondo loro occorre sensibilizzare
l’opinione pubblica su quanto avviene
I
di
dialetti come
autonomia
u.D.A.u.a
espressione
culturale e
sociale
Abbiamo in diverse occasioni pubblicato notizie sull'attività dell’ Unione
degli Autonomisti delle Valli Occitane,
riportiamo qui di seguito una bozzadi programma fattaci pervenire di recente dal segretario Sig. Attilio Sibille.
Dizionario
dei diaietto vaidese
Firenze, 3 aprile 1973
INSERENDOSI IN UNO SPAZIO LASCIATO LIBERO DAI PARTITI TRADIZIONALI CHE HANNO TRALASCIATO I PROBLEMI DELLA MONTAGNA, L’U.D.A.V.O. INTENDE;
1) Promuovere l’autonomia politica
e amministrativa delle Valli della Regione Piemonte caratterizzate dall’uso
della lingua Occitana, mediante l’istituzione di distretti alpini comprendenti
le valli sopra Pinerolo, Saluzzo, Cuneo.
2) Potenziare la cultura originale
delle nostre valli dove si incontrano le
civiltà: Occitana, Francese e Italiana.
3) Affrontare organicamente i problemi economici e sociali, consci che
senza la loro soluzione non c’è soluzione per gli altri problemi, affinché in un
ambiente armonico sia restituita al
rnontanaro la sua piena dignità, la possibilità di realizzare se stesso nell’uguaglianza, nella libertà e nella giustizia
sociale.
4) Agire in un contesto internazionale, particolarmente Europeo, sapendo che la soluzione dei nostri problemi è solidale della soluzione dei problemi di tutti.
U.D.A.V.O.
l'U.D.A.V.O. (Unione Degli Autonomisti Valli Occitane), dopo aver organizzato diverse riunioni d'informazione sui problemi delle Valli,
constatato il grande ritardo con cui la Regione
li affronta, ha promosso una riunione con i Sindaci e gli amministratori delle Valli Pellice,
Chisone e Germanasca sul passaggio delle leggi e sui problemi di coordinamento e ^i Statuto delle Comunità Montane. La riunione avrà
luogo presso il Ristorante Americano di Bibiana domenica 15 aprile alle ore 11.
Per informazioni rivolgersi ad Attilio Sibille,
Caffè Italia, Torre Pellice.
-o
^ Il Consiglio della Chiesa evangelica del
Canton Grigioni sostiene la pubblicazione della Bibbia surselvina (romancia) con un
contributo di 2.500 franchi prelevati dalla
« Fundaziun Anton Cadonau per il rumantsch
en baselgia ».
Da molti decenni una folta schiera
di studiosi di varie nazionalità ha studiato il dialetto valdese, specialmente
nella sua documentazione medievale
consegnata alle traduzioni della Bibbia e ai vari scritti (poemi ed altri) di
natura teologica, che hanno concretato il pensiero dei Valdesi di quel
tempo. Da questo angolo visuale, l’interesse si è spostato poi verso i dialetti ancora parlati nelle Valli Valdesi, a
Guardia Piemontese, nelle colonne ’ di
Germania, e sono comparsi in numero
notevole gli studi ed i testi destinati
a documentare la sopravvivenza dopo
secoli della lingua dei trovatori provenzali.
Ed ecco che oggi ci troviamo davanti ad un’opera sistematica, scientifica
e completa, che raccoglie il frutto di
cinquanta anni di lavoro: Il dizionario
del dialetto valdese della Val Germanasca, curato dal Prof. Teofilo G.
PoNS e pubblicato sotto gli auspici della Società di Studi Valdesi.
La parlata di Massello è in particolare quella studiata; ma a tutti è noto che poche sono le differenze con il
dialetto degli altri comuni della valle, sicché il dizionario è una documentazione preziosa di come una Hngua si
sia conservata attraverso i secoli in
una intera zona, rimanendo più o meno integrale nella sua originalità.
Per i valdesi e non valdesi, per tutti
i « patoisants », per gli appassionati
del mondo che minaccia di scomparire, per gli avversari della livellatrice
società dei consumi, per i nemici del
conformismo ad ogni livello, il lavoro
del prof. Pons costituisce un interessantissimo e prezioso documento, finora unico nel suo genere (non esiste infatti nessun dizionario delle parlate
occitaniche piemontesi).
Il volume, di 384 pagine, arricchito
di illustrazioni originali di attrezzi e
cose della valle, in elegante edizione,
può essere sottoscritto preventivamente fino al 30 aprile al prezzo di L. 5.000
( -I- 500 di spese di spedizione raccomandata). Le prenotazioni possono essono essere fatte presso la Società di
Studi Valdesi, Torre Pellice, versando
il relativo importo sul c.c.p. 2/4428 intestato alla Società.
A chiusura del periodo di sottoscrizione, il volume verrà posto in vendita
al prezzo di copertina di L. 7.000.
Signor direttore,
ho letto con molto interesse, sul n. 13 delVEco-Luce, tutta l’inchiesta sul turismo alle
Valli e mi è piaciuto l’articolo di Ezio Ponzo
che ha fatto delle critiche giustissime senza
mezzi termini, che forse qualcuno avrà difficoltà ad accettare ma che per parte mia approvo pienamente. Vorrei solo che mi facesse
sapere dove ciò avviene, quando, accennando
al dialetto, egli si domanda quante sono le
scuole alle Valli dove lo si insegna (a parte il
fatto che a Ferrerò qualche iniziativa in questo senso è già stata presa) <c analogamente a
quello che si fa in altre zone d’Italia ». Come membro dell’Associazione Internazionale
per la Difesa delle Lingue e delle Culture Minacciate (AIDLCM), sono al corrente di questo problema e sono anni che ci battiamo per
rendere operante l’art. 6 della Costituzione (la
Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche). A parte alcune Regioni
a Statuto Speciale dove, parzialmente, è in atto l’insegnamento non del dialetto, ma del
francese, del tedesco o dello sloveno e, solo in
qualche comune, un po’ di latino, non mi ri
sulta (e sarei ben lieto del contrario) che ci
siano delle scuole dove s’insegna il dialetto
locale (tranne a S. Lucia in Val Grana, per
iniziativa personale del prof. Arneodo). Sarei
ben lieto di sapere, per esempio, che nelle
scuole delle provincie di Modena o Bologna
si insegna l’emiliano, in provincia di Palermo
il siciliano. Sarebbe uno dei tanti modi di
lottare contro l’alienazione che procura la cosidetta « cultura di massa » e salvare un poco
di quel che resta di quella civiltà popolare regionale che sta scomparendo (vedi : « 1 Minusvalori » di Barbiellini Amidei).
Ma, tornando alle Valli, ricordiamoci che
il nostro « patois » appartiene al gruppo dei
dialetti della lingua provenzale od occitana,
cioè una delle grandi lingue neolatine che ai
tempi di Dante era la lingua di cultura di buona parte dell’Europa (tanto che egli pensò di
scrivere la Divina Commedia in provenzale) e,
come tali, siamo alle Valli una di quelle « minoranze linguistiche » che dovrebbero essere
tutelate dall’art. 6 della Costituzione.
Auguriamoci che la proposta di legge presentata il 14 settembre 1972 dai consiglieri
Calsolaro, Fornio, Nesi, Simonelli e Vigliani
al Consiglio della Regione venga presto discussa ed accettata. Essa tende a dare applicazione
alle norme di cui agli artt. 5 e 7 della Regione Piemonte, e prevede l’istituzione, con finanziamento a carico della Regione stessa, di
corsi di preparazione e di perfezionamento per
l’insegnamento della lingua piemontese e delle parlate delle minoranze linguistiche (provenzali, franco-provenzali e walser).
di Storto nel nostro Paese e che è contrassegnato dal marchio fascista.
È intervenuto il Sindaco di Pomaretto Geom. Bonetti il quale ha fatto osservare che il comitato antifascista
non deve essere solo un’etichetta e
che secondo lui non si dovrebbe creare
un doppione dell’ANPI che per la sua
natura è evidentemente antifascista.
L’intervento del Maestro Genre Sindaco di Perrero è stato caratterizzato
da una critica alle forze della Resistenza in quanto dette forze quando era
tempo (1945) non sono state capaci di
prevedere il ritorno del fascismo e
pensa che l’ANPI attuale cerchi di scaricare le sue responsabilità di lotta al
fascismo sul Comitato Antifascista, in
altre parole cerchi di far fare ad altri
quello che è il suo principale scopo di
Ha risposto al maestro Genre il Sig.
Calzi, la sua risposta è stata una precisazione su quanto l’ANPI ha fatto e
non ha fatto spiegando esaurientemente quali erano le situazioni post-belliche e quali sono ora i problemi che
evidentemente dopo 25 anni di travagli nazionali sono sostanzialmente cambiati ma lo spirito è sempre quello
di combattere il fascismo nella legalità
e con mezzi legali.
Ha parlato il Sindaco di Roreto Chisone maestro Merlo esprimendo il parere che solo l’ANPI appoggiata da
altre forze o persone antifasciste può
.svolgere un’azione che serva a far comprendere alla popolazione i pericoli del
qualunquismo.
Un breve intervento del Sindaco di
Perosa Arg. Rag. Trombotto ha evidenziato che non sono istituzioni o comitati nuovi a cambiare la situazione attuale ma una coordinata azione da
parte di tutte le forze democratiche
atte a rendere sensibili le forze più sane del Paese quale la base che costituisce il grosso dell’elettorato.
La discussione si è protratta con accenti diversi e si è pervenuti alla conclusione che tutti i partecipanti alla
riunione faranno parte per ora del
Comitato antifascista salvo verifica in
avvenire.
Si è delegato la segreteria ANPI a
tenere contatti e indire le riunioni che
SI ritenessero necessarie.
Un gruppo ristretto avrà il compito
di preparare un manifesto unitario per
le manifestazioni del 25 aprile
I signori Sindaci presenti si sono
impegnati a far si che detta ricorrenza
venga celebrata con il programma che
verrà espresso dal manifesto.
Si spera che il lavoro del Comitato
sia profiquo e renda sensibile la popolazione tutta del momento storico che
stiamo vivendo e per essere obiettivi
non è troppo roseo. Il tempo a venire
speriamo sia galantuomo e plachi molte discordanze.
Il Segretario ANPI di Perosa
Camillo Scivini
llllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllilllllllllll
Villar Perosa
Convitto valdese
Iscrizioni aperte
Questo convitto, opera di amore, fede e sacrificio, è pronto ad entrare in
funzione. Per poterne predisporre l’opera nel modo migliore desideriamo conoscere al più presto il numero di coloro che intendono servirsene e li preghiamo pertanto di prender contatto
con noi sollecitamente.
L’istituto è destinato anzitutto agli
studenti delle professionali i quali, desiderosi di non abbandonare le loro
Valli, decidono di essere operai a Villar Perosa, Pinerolo ed Airasca. Chi
scrive, ha crudelmente sofferto durante la sua infanzia e la sua gioventù,
per il fatto di esser costretto a vivere
lontano dalle sue Valli amate e dalle
loro chiese. Perciò ha sempre sentito
fortemente l’angoscia di tanti giovani
che vorrebbero non esser costretti a
partire per guadagnarsi il proprio pane lontano. Perciò, si è dedicato con
tutte le sue forze alla creazione dì
questo convitto... Certo, il rimedio è
ben piccolo e limitato: forse non saranno che dieci o quindici all’anno gli
studenti, futuri operai, che vi potranno accedere mentre che il numero dei
giovani che vorrebbero restare ai loro
monti è di gran lunga maggiore. Siamo consapevoli di apportare soltanto
una goccia d’acqua dove sarebbe necessario un lago... D’altra parte è vero
che il mare è costituito da tante gocce. Con l’aiuto di Dio, abbiamo inteso
costituire una goccia.
Nulla vieta, poi, che i posti liberi
siano occupati da altri studenti o da
giovani operai od impiegati.
L’ambiente logistico consiste in dieci camere fornite ciascuna di tre letti,
guardarobe, tavoli e sedie. Ogni camera dispone pure di una toeletta con
doccia, lavabo ed acqua calda e fredda tutto l’anno. Al piano sottostante
sono varie aule: biblioteca, studio, refezione, riposo e televisione.
La vita comunitaria sarà affidata soprattutto al senso di responsabilità di
ciascuno: l’ammissione, però, sarà condizionata all’impegno di persona responsabile.
La casa, tuttavia, sarà lungi dal costituire un ghetto studentesco perché
in uno dei suoi saloni si riuniranno
volta a volta la Corale, i Trombettieri
Valdesi, i giovani della comunità e i
Osvaldo Coi'sson
/continua a pag. 8)
7
13 aprile 1973 — N. 15
pag. 7
La oondixione
anxiana
La lunghezza media della vita, come è risaputo, tende ad elevarsi sia a causa della diminuita mortalità infantile che dei progressi
della medicina che riducono sensibilmente le
cause patologiche di morte. Nello stesso tempo Fetà del pensionamento tende ad abbassarsi. In una società produttivistica e consumistica i ritmi di lavoro a bruciano » più rapidamente i soggetti nell’età del pieno rendimento consentendo, e più spesso imponendo,
una messa a riposo anticipata. Il numero degli anziani tende dunque ad aumentare e la
loro condizione diventa spesso difficile a causa. nella grande maggioranza, del basso livello
delle pensioni e delle condizioni fisiche, psichiche e sociali in cui gli anziani vengono a
trovarsi una volta tagliati fuori dal ritmo produzione-consumo. Nella generalità dei casi
gli anziani perdono i ruoli sociali attivi, vengono privati di compiti propri e responsabilità
precise, vedono inutilizzato e spesso inutilizzabile il loro bagaglio di esperienze, sorpassato dal rapido progredire della vita e dall’evolversi delle mentalità e non più considerato
dai più giovani come ancora valido. Poco per
volta essi sono messi al margine della società
attiva come esseri ormai inutili, il cui compito è soltanto quello di « riposare ». Il problema, nella sua complessità, richiede una
soluzione globale che, superando ì limiti di
una mera azione assistenziale, coinvolge una
completa revisione dell’attuale assetto sociale e
della mentalità che ne è alla base.
NUOVE FORME DI ASSISTENZA
Un contributo importante per la soluzione,
sia pur parziale, del problema è dato dalle
nuove forme di assistenza che si stanno elaborando e che in numerose località, anche in
Italia, hanno trovato espressione in applicazioni pratiche. Esse tendono non solo alla
« conservazione » e alla cura dell’anziano, ma
a sviluppare la socializzazione, a stimolare le
energie ancora esistenti, lo spirito di iniziativa l’interesse per i problemi attuali, a promuoverne o a mantenerne l’inserimento nel
tessuto sociale, a ricercare possibili ruoli attivi in cui gli anziani si sentano ancora utili
e responsabilizzati, a prevenire il più possibile le malattie tipiche dell’invecchiamento
mediante adeguate visite di controllo, a provvedere alla cura e alla riabilitazione fisica
dei soggetti amnvlati, con adeguate terapie.
Si cerca inoltre, con la partecipazione degli anziani stessi, a combattere l’atteggiamento passivo e rassegnato tipico della loro condizione, contribuendo alla tutela della loro
personalità e all’affermazione dei loro diritti
fondamentali: diritto alla tutela della- propria dignità personale, alla salute, all’inserimento sociale, ad una pensione non inferiore
al minimo vitale.
L'ATTIVITÀ’ IN VAL PELLICE
La Val Pellice, grazie alla continua azione
di stimolo e di promozione condotta dal Servizio Sociale del Cons. di Valle, è attualmente
considerata come una delle zone pilota per la
realizzazione di una serie di interventi applicativi delle nuove forme di assistenza agli
anziani.
A Torre Pellice già da due anni è stato
costituito, sotto la responsabilità del Comune, un centro di incontro gestito dagli anziani stessi con la collaborazione di una assistente sociale, rivelatosi importante strumento per la socializzazione, per la presa di
coscienza dei propri diritti e delle proprie
possibilità, per il superamento della situazione
dì solitudine in cui gli anziani vengono spesso
a trovarsi. Il centro è affiancato da un ambulatorio geriatrico medico-sociale che opera soprattutto a livello di prevenzione in stretta
collaborazione con gli altri servizi, promuovendo, dove è necessario, Linserimento sociale e il ricupero psicologico. Funziona inoltre
un servizio di aiuto domestico domicilare, con
servizio di lavanderia e si sta istituendo un
servizio infermieristico domiciliare con l’impegno di una Diaconessa, mediante apposita
convenzione. Funziona anche un servizio di
pedicure, molto importante per le persone
anziane. Inoltre è stato attuato un primo
esperimento di un soggiorno marino invernale per anziani presso la Casa Valdese di Vallecrosia, molto positivamente riuscito.
In Val d’Angrogna si sta stabilendo una serie di contatti con gli anziani della zona per
discutere con loro i problemi particolari che
emergono dalla situazione di isolamento in cui
sono venuti a trovarsi a causa dello spopolamento delle zone montane. Oltre a servizi
domiciliari e centri di incontro si ipotizza la
creazione di un foyer invernale per i più isolati, posti durante Tinverno in condizioni di
particolare disagio. Per l’ambulatorio geriatrico, gli anziani di Angrogna fanno attualmente
capo alFambulatorio di Torre Pellice.
A Luserna San Giovanni, promosso dal Comune in collaborazione con un Comitato consultivo allargato, è stato posto in attuazione
un piano di intervento con la costituzione di
tre centri di incontro nelle tre principali frazioni del Comune. Una assistente sociale condurrà direttamente il centro degli Aìrali, coordinando l’attività dei due centri di Luserna e
di San Giovanni, condotti in cogestione con
i due istituti (f Pro-senectute » a Luserna e
Asilo Valdese a San Giovanni. I tre centri saranno affiancati da un ambulatorio geriatrico e
infermieristico e, in prospettiva, si prevedonoi servizi di aiuto domestico e infermieristico
domiciliare. In tre assemblee di base che nel
totale hanno raggruppato oltre 380 anziani
(su 1500 residenti nel comune oltre i sessant’anni), si sono discussi questi servizi illustrandone la ragione e il funzionamento e sono state raccolte le proposte emerse dagli anziani stessi in vista di nuove iniziative da attuarsi in futuro.
In altri comuni della Valle il problema è
stati) posto e sarà compito delle Amministrazioni comunali trovare le vie e i mezzi per la
promozione di un programma assistenziale
per gli anziani. Il tasso di invecchiamento
della popolazione della Valle tende ad aumentare, in più si verifica il fenomeno del ritorno in Valle di pensionati trasferiti in città
a causa del loro lavoro. Il problema non può
dunque essere minimizzato, ma va affrontato
al più presto con interventi possibilmente risolutivi. f
Un notevole passo avanti è già stato com
L'ASSISTENZA AGLI ANZIANI
Un problema di sempre che sì presenta oggi in termini nuovi e più urgenti - Le
nuove forme di intervento - L’esperienza in Val Pellice - Il nuovo progetto di
ristrutturazione dell’Asilo Valdese di Luserna San Giovanni
L’dsilo Valdese di Luserna San Giovanni:
il nuovo progetto
Qualsiasi progetto di ristrutturazione
di un Istituto per persone anziane non
può ignorare le nuove forme di intervento proposte dalle linee di una rinnovata politica assistenziale, a rischio di
apparire subito superato o invecchiato
prima di nascere.
È stato questo il problema principale che ci si è posti a San Giovanni, davanti alla necessità di aggiornare le
strutture dell’Asilo Valdese, ormai rivelatesi insufficienti e inadeguate.
Le nuove forme assistenziali per le
persone anziane si danno come alternative airaccoglimento in istituto, o quanto meno ne consentono il rinvio, offrendo alLanziano un’assistenza domiciliare
e una serie di servizi volti a mantenerne il più a lungo possibile l’inserimento neirambiente originario. L’ingresso
in istituto non dovrebbe quindi essere
l’unica soluzione possibile, ma il risultato di una scelta tra varie possibilità.
Inoltre l’istituto stesso dovrà essere
per quanto possibile « aperto » e non
emarginante, offrendo una serie di possibilità che permettano la scelta tra il
momento del riposo e della solitudine,
della creazione di piccoli gruppi, l’inserimento nella più vasta comunità e
il contatto con resterno. Dovrà essere
dotato inoltre di alcuni servizi assistenziali per la prevenzione delle forme
patologiche dell’invecchiamento, per le
terapie di riabilitazione, per lo sviluppo delle attività sociali o a carattere
occupazionale, ricreativa, culturale.
Di tutti questi elementi si è cercato
di tener conto nell’attuazione di un
progetto di dimensioni limitate, ma
nello stesso tempo in grado di rispondere il meglio possibile alle moderne
esigenze di assistenza.
LA RESIDENZIALITA’
Sono previsti una cinquantina di posti letto in stanze da uno, due, o tre
letti con servizi annessi. Saranno allestiti piccoli soggiorni di piano per gruppi ristretti con cucinino a disposizione
degli ospiti. Tutte le stanze dispongono
di balconi coperti. Locali di soggiorno,
medicherie di piano, bagni e docce assistiti completano la struttura residenziale a disposizione degli ospiti. La co.struzione, per quanto possibile, sarà
priva di « barriere architettoniche», tenendo quindi strettamente conto della
condizione fisica degli anziani.
I MINI-ALLOGGIO
Una serie di alloggetti con tinello, cucinino, camera da letto e servizi saranno a disposizione di coppie o ospiti che
desiderano e possono vivere indipendentemente. Si tratta di una struttura
intermedia che permette la totale indipendenza e nello stesso tempo la sicurezza che deriva dalla possibilità di
appoggiarsi ai servizi dell’istituto,
quando desiderato o ritenuto necessario.
I SERVIZI APERTI
In stretta collaborazione con l’Amministrazione comunale l’Asilo valdese
costituirà per la zona di San Giovanni
un punto d’appoggio e di riferimento
per una serie di servizi socio-assistenziali, aperti agli anziani esterni, nel
quadro di una programmazione predisposta a livello comunale.
Questi servizi saranno:
— un centro d’incontro condotto da
un’assistente sociale;
— un ambulatorio geriatrico per il dépistage preventivo delle malattie
della senescenza e per il ricupero
socio-psicologico;
— sale per le terapie di abilitazione;
— ambulatorio infermieristico;
— locali per attività occupazionali;
— servizi di mensa e lavanderia;
— servizi domiciliari di aiuto domestico e infermieristico.
L’assistente sociale che conduce il
centro d’incontro opererà da elemento
coordinatore per tutte queste prestazioni in stretto contatto con la direzione
dell’istituto e in collaborazione con
Tassistente sociale del Comune.
Questa collaborazione con TAmministrazione comunale costituisce senza
dubbio uno degli aspetti più interessanti e nuovi del progetto consentendo
Tattuazione di un servizio veramente a
beneficio di tutti.
IL CQNTESTQ AMBIENTALE
L’istituto sorge nel centro abitato dei
Bellonatti di San Giovanni, fornito di
negozi. Questo permette il contatto con
l’ambiente esterno e una conseguente
maggiore indipendenza degli ospiti.
Nello stesso tempo permette agli esterni di accedere con facilità ai servizi
aperti. La costruzione disporrà inoltre
di un vasto parco con alberi e panchine
per passeggiate in ambiente sottratto
al traffico stradale.
SUPERAMENTO
DEI LIMITI DI ETÀ’
Pur essendo tutta la struttura predisposta soprattutto a favore degli anziani, alcuni servizi saranno peraltro a di
sposizione di elementi di tutte le età,
che siano nella necessità di doversene
servire. Ci sembra questo un aspetto
importante per il superamento di una
concezione settoriale delTassistenza che
in ultima analisi finisce per essere discriminatoria.
A CHE PUNTO SIAMO?
Per quel che concerne la costruzione
siamo quasi giunti al tetto. Se non interverranno gravi ritardi di ordine tecnico, i quali purtroppo non sono del
tutto imprevedibili, Tistituto dovrebbe
già funzionare in parte quest’autunno.
La situazione finanziaria, specie dopo
il notevole aumento dei costi, è preoccupante e tale da essere fortemente sostenuta.
Con il mese di maggio inizierà il funzionamento del centro d’mcontro, in sede provvisoria e delTambulatorio geriatrico nella sede delTistituto. L’onorario
del medico e mezzo onorario delTassistente sociale sono stati assunti dalla
Amministrazione comunale.
* * *
La strada intrapresa ha parecchi elementi di novità che non escludono certi
rischi. Abbiamo ritenuto di doverla imboccare per un principio di coerente
fedeltà alla vocazione primaria di servizio evangelico che è all’origine dell’Asilo e che ne ha contraddistinto resistenza ormai ottantacinquennale.
È sempre il Signore che ci chiama a
servire i più deboli: è nostra responsabilità trovare in ogni tempo le forme
più adeguate per rispondere sempre
meglio a questa vocazione.
Alberto Taccia
Riunione dei Comitato anziani
a San Germano Chisone
piuto, si tratta ora di proseguire nel senso
della creazione di una più profonda presa di
coscienza da parte di tutta la popolazione, affinché non ci si fermi alla strutturazione di
servizi a carattere settoriale, ma si formi una
mentalità nuova aperta a una azione di rinnovamento che coinvolge tutta la vita della
Valle.
Alberto Taccia
Giovedì 30 marzo ha avuto luogo alla Casa di Riposo di San Germano
Chisone una riunione del « Comitato
per gli anziani », indetta dal Centro
Diaconale.
Presiedeva la riunione il pastore Felice Bertinat. Erano presenti vari pastori per molte ragioni interessati a
questo tipo di servizio, rappresentanti
del personale dei nostri istituti, un
gruppo di responsabili di « Villa Grazialma », casa di riposo che la Chiesa
Battista ha ad Avigliana, che abbiamo
visto con piacere e, naturalmente la
direttrice della Casa di riposo locale
con tutti i suoi collaboratori..
Dopo il culto, presieduto dal pastore
Bertinat e centrato sul significato specifico di un servizio cristiano, si è passati a discutere sul modo con cui questa realtà possa esprimersi nei rapporti tra personale ed assistiti e tra personale e direzione degli istituti.
Nel corso della discussione abbiamo
cercato di tenere a mente alcune linee
d’azione indicate dal pastore Santini in
una sua relazione sulla Casa di Riposo
« Il Gignoro ».
Ecco una parte di quanto egli scrive
a proposito del personale.
« Abbiamo sempre cercato di fare intendere che si tratta di un lavoro particolare, qualsiasi mansione si svolga,
cercando di iare intendere a ognuno
la importanza del rapporto che stabilisce con gli ospiti.
« Vi sono dei non-evangelìci che comprendono bene il tipo di servizio che
si richiede presso gli anziani, almeno
quanto gente "di casa"; una discriminazione confessionale non deve dunque essere un metro assoluto.
« Chi lavora, oggi, non è disposto ad
essere mal pagato, o a non avere i diritti di norma, perché si tratta di una
Opera di bene: da un personale pagato
equamente possiamo essere ascoltati;
un personale mal pagato, non di rado
è anche scadente.
« Parlare col personale degli ospiti,
del loro carattere, delle loro necessità.
ecc. è aiutarlo a capire il lavoro, e farlo compartecipe del servizio; è sempre
qualificante. Aiuta ad entrare nello
spirito dell’Opera senza ricorrere a discorsi generici che non ascolterebbero.
« Siccome non mancano mai sospetti
di favoritismo, accordi particolari, ecc.
è stato proficuo trattare insieme ie
questioni sindacali, i turni di ferie, i
turni di riposo ecc.
« Seguendo il lavoro di ciascuno, si
ha modo di apprezzare (quanto fanno, e
di insistere sui temi di fondo: la pazienza che è qui il primo frutto della
carità, il rispetto vero per la dignità di
ogni ospite, ecc.
« Negativamente, si osserva che parte del personale non guarda all’orario,
ama la Casa come famiglia propria,
mentre c’è chi scoccate le otto ore se
la batte come un fulmine. Gli anziani
non capiscono queste cose, sono portati ad un naturale egoismo, e protestano... con chi li cura di più.
« C’è una tendenza a "rintuzzare” gli
ospiti, a ridurre la casa a collegio, perché questo facilita tante cose: è una
fatica quotidiana, riportare il personale alla libertà evangelica, al rispetto
totale della personalità di chi si affida
a noi ».
Nel corso della discussione è risultato che il personale degli istituti che
era presente era effettivamente sensibile a tutti questi problemi, anche se
in modo più o meno marcato.
La serata è stata così messa a profitto per chiarire alcuni aspetti della
qualificazione del nostro personale ed
anche alcune questioni ’’sindacali”. In
una prossima riunione, che avrà luogo
venerdì 4 maggio al Rifugio di S. Giovanni, con inizio alle ore 14, cercheremo di affrontare in modo più preciso
il problema del servizio nei confronti
degli anziani da un punto di vista specificatamente vocazionale.
Uno degli intervenuti
Glsriiita
ddrAsilo ViMese
Domenica 29 aprile, alle ore 15, presso l’Asilo Valdese avrà luogo un incontro a cui tutti sono invitati per
constatare lo stato dei lavori e per
concorrere a un rilancio della campagna finanziaria. La giornata è organizzata dall’Unione Femminile della Comunità in collaborazione con la commissione ricevimenti e il Comitato dell’Asilo. Sarà allestito un buffet e tutta
Tattrezzatura tradizionale a fini finanziari!
= La 'Tavola Valdese, quale atto
^ di solidarietà con la Comunità
^ di Luserna San Giovanni, racco
= manda questo progetto alTat
= tenzione delle Chiese, suggeren
= do di devolvere a questo scopo
= la colletta di Pasqua o altra for
= ma di collaborazione finanziaria.
H Aldo Sbaffi
Le offerte per l’Asilo Valdese di Luserna S. Giovanni possono essere versate sul c.c. num. 2/16947,
llllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll
La partecipazione iocaie
ai programmi
per ie persone anziane
Su questo tema la divisione affari
sociali dell’O.N.U. ha indetto a Ginevra
un seminario a livello europeo. Ecco
alcune “raccomandazioni” conclusive
che riportiamo dalla rivista "Promozione Sociale” dell’A.A.I., parendoci
costituire un importante contributo alla corretta impostazione del problema.
— I diritti personali di ogni singolo
anziano dovrebbero essere sempre garantiti. Tutti i servizi dovrebbero essere organizzati e messi a disposizione
in rnodo tale da offrire la massima libertà di scelta, ivi compreso il diritto
di rifiutare l’assistenza.
— Gli anziani dovrebbero continuare ad essere membri integranti della
società ed essere accettati come tali.
Ciò implica che, per quanto possibile,
i servizi fomiti loro debbono tendere
a mantenerli attivi nella comtmità piuttosto che ad escluderli o ad emarginarli.
— La pianificazione dei programmi
per gli anziani, a livello nazionale, e
locale, dovrebbe essere correlata ai
bisogni individuali ed attuata come
parte integrante della pianificazione
dei programmi comunitari destinati a
tutti i membri della comunità e a tutti
i gruppi di età.
— Gli anziani dovrebbero essere
messi in grado di partecipare alle decisioni a tutti i livelli e, ove possibile,
di assumere delle responsabilità nella
attuazione dei programmi organizzati
a loro favore.
E essenziale e dovrebbe essere
prioritario assicurare alle persone anziane un reddito adeguato. Servizi e
beni materiali, gratuiti o semi gratuiti, anche se bene accetti, costituiscono
una forma di discriminazione e non
sono un accettabile surrogato di politiche economiche finalizzate a garantire un reddito adeguato per tutte le
persone anziane.
— Disporre di alloggi appropriati di
vario genere, situati in edifici nuovi
o opportunamente adattati, è una necessità basilare. Il tipo di alloggio richiesto varierà a seconda dei bisogni
individuali nei diversi momenti e 'n
particolare in riferimento al tipo e all’entità del servizio disponibile o effettivamente prestato.
— I servizi medici a favore degli anziani dovrebbero avere importanza
prioritaria e sottolineare le capacità
individuali piuttosto che le infermità.
Particolare importanza rivestono i servizi preventivi e di riabilitazione. II
personale medico dovrebbe essere
strettamente collegato con quello di
altre discipline che presta servizi a carattere sociali. È importante coordinare il lavoro delle équipes multidisciplinari.
— Prepararsi alla vecchiaia e al pensionamento dovrebbe essere per tutti
un processo continuo che inizi molti
anni prima del pensionamento. Si dovrebbero adottare appropriati metodi
didattici e di educazione all’invecchiamento e a tal fine si dovrebbero assegnare risorse a un notevole numero di
organismi. Il processo di educazione
dovrebbe continuare nella vecchiaia e
durante il pensionamento e si dovrebbe sottolineare realisticamente il reciproco vantaggio derivante dall’integrazione delle persone anziane nella comunità mediante la continua partecipazione alle attività di carattere sociale, culturale, ricreativo.
— Particolare attenzione dovrebbe
essere data al reclutamento dei volontari, alla loro formazione e alle esigenze di continuo sostegno e di supervisione del loro lavoro. È inoltre necessario assicurare che le persone e gli
organismi con cui tali volontari collaborano siano preparate ad utilizzare i
loro servizi in modo concreto e soddisfaciente.
— Qccorre svolgere continue ricerche su tutti gli aspetti dell’invecchiamento al fine di migliorare i programmi di intervento. Si dovrebbero studiare metodi per valutare i programmi in
atto e per fornire indicazioni circa il
modo con cui essi possono essere adattati, qualora necessario, ai mutevoli
bisogni della società.
*•
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pag. 8
I NOSTRI GIORNI
Il resistibile sfecele delle lire
Non ci picchiamo davvero di essere dei conoscitori in questioni economiche; ma
la svalutazione della lira è un problema che ci tocca tutti e malgrado là sua
complessità e i suoi aspetti tecnici, è interessante cercare di capirne il più possibile. Continuando il discorso iniziato la scorsa settimana dai nostri collaboratori napoletani, ci sembra utile riprendere l’articolo che Robert Simonnot ha
dedicato alla questione sul supplemento economico settimanale de "Le Monde"
(10.4.73): un contributo alla conoscenza e alla riflessione. red.
Se è una vittoria della speculazione che l’attendeva da una decina d’anni, la svalutazione
della lira è pur sempre uno scacco per la logica economica.
Il ragionamento che giustificava il mantenimento della parità della valuta italiana, confermato dall’ultimo rapporto degli esperti dell’Organizzazione di cooperazione e sviluppo
economici (OCSE) sulla situazione italiana e
ancor più recentemente da Raymond Barre,
ex presidente della Commissione di Bruxelles,
è sempre valido : la bilancia dei pagamenti
correnti deU’Italia, contabilizzata sulla base
delle transazioni, è fortemente eccedente (2,5
miliardi di dollari nel 1972 e si prevede
una cifra analoga per il ’73). Senza dubbio la
Banca d’Italia ha perso circa 800 milioni di
dollari di riserve nel 1972 e ancora 6-700 milioni di dollari durante i due primi mesi del
1973, ma ciò è stato dovuto unicamente a movimenti speculativi eccitati dai disordini politici e sociali della penisola, aggravati dall’incapacità di un’amministrazione pletorica, anacronistica e confusionaria (n.d.r. : « brouiU
lonne » ha una marcata sfumatura morale)
nel controllare i cambi.
In questa situazione, la creazione del doppio mercato a fine gennaio era in linea di principio una risposta appropriata : pur conservando la (c buona » parità per le transazioni commerciali, permetteva che la speculazione si
rompesse i denti su un mercato finanziario
libero, cioè senza la rete di protezione che un
tasso fisso di scambio rappresenta per gli speculatori. Sarebbe stato però necessario disporre dei mezzi amministrativi e della volontà
polìtica per applicare con rigore questa decisione. Non è stato affatto così, e si è finito per
rinunciarvi.
Il contraccolpo della crisi monetaria è stato di fatto, per così dire, il pretesto che il governo italiano cercava per cedere alle pressioni di certi ambienti industriali preoccupati di
ritrovare al più presto sui mercati d’esportazione il margine di beneficio limato dall’aumento dei salari. Ecco il loro desiderio esaudito.
Il mantenimento della parità della lira era
però possibile, come lo mostra l’atteggiamento
assunto da Madrid e appoggiato dall’OCSE.
La Spagna, la quale ha un eccedente corrente
che è solo un terzo di quello italiano, non ha
modificato il tasso di scambio della peseta;
politica tanto più meritoria, in quanto in parecchi settori Spagnoli e Italiani sono concorrenti.
A discarico del governo italiano si può
però notare che le istanze della Comunità europea sono rimaste stranamente sÜenziose. Persino nei momenti più cruciali né il Consiglio
dei ministri dei Nove né la Commissione hanno voluto assumersi il rischio di affermare alto e forte che la lira non doveva essere svalutata, dato appunto l’eccedente della bilancia
corrente. Quello in cui ha sede l’OCSE è il
Castello della Muta : organismo senza potere
decisionale, che ha dovuto prendere vigorosamente posizione, oralmente con i consigli dati
in ogni occasione al Tesoro italiano e per
iscritto nel suo rapporto annuo. I Nove hanno
così mancato un’occasione eccezionale per mostrare che la solidarietà europea non è puramente verbale.
Sarebbe stato anche un modo per opporsi
alle tesi monetarie americane, non solo con
discorsi e comunicati, ma anche in pratica. Si
sa che per Washington il solo indicatore obiettivo da tener presente per cambiare una parità
dev’essere il livello delle riserve di valuta,
mentre gli Europei pretendono di completare
questa visione, troppo semplicistica, delle cose
considerando lo squilibrio dei pagamenti correnti. Seguendo dunque il ragionamento americano, si doveva in effetti capitolare davanti
alla speculazione e svalutare la lira. Ma le
tesi europee implicavano un atteggiamento
esattamente opposto.
Certo, si è accordato all’Italia, una prima
volta nel luglio 1972 e una seconda volta in
settembre, un’eccezione all’accordo monetario
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Bllly Graham
e la pena di marte
Come anche pubblicato nell’ultimo
numero, nella rubrica di attualità “echi
della settimana", il presidente degli
Stati Uniti, R. Nixon, ha chiesto al Congresso il ripristino della pena di morte.
Apprendiamo ora dal n. 9 del bollettino di informazioni ecumenico « soepi
mensuel » che anche l’evangelista americano Billy Graham — amico e « confidente » del presidente americano, si è
affiancato su analoghe posizioni e ha
anche adombrato teorie addirittura
nazi-razziste (si trovava in Sudafrica)
circa la punizione dei reati a sfondo
sessuale.
Ci limitiamo a riportare qui sotto la
corrispondenza del soepi e a chiedere
ai nostri lettori se questo sembra un
linguaggio consono e degno di un evangelista. r. p.
L'evangelista americano B. Graham,
in tournée di conferenze in Sudafrica,
ha dichiarato di essere d’accordo colla
proposta del presidente Nixon di ripristinare la pena di morte negli Stati
Uniti.
« Io penso — ha precisato — che se
la pena capitale viene comminata
equamente, e vale a dire tanto ai bianchi quanto ai neri (sic), essa eserciterà un effetto preventivo ».
Secondo l’agenzia United Press, Billy
Graham ha anche auspicato la castrazione degli individui colpevoli di violenza carnale.
Parlando del Sudafrica Graham ha
detto: « Spero di poter tornare a visitare il vostro meraviglioso paese prima
di andare in cielo ».
di Basilea, circa il pagamento dei suoi debiti
in oro. Cosa da poco. Dato lo scarto considerevole fra il prezzo ufficiale e il corso del metallo giallo sul mercato libero, questa parte
deU’accordo era inapplicabile, come si è infine
dovuto riconoscere ufficialmente lo scorso dicembre.
Nulla è stato fatto neppure per rispettare
l’amor proprio di Roma. Nei conciliaboli tenutisi a Parigi prima del ritocco monetario
del 12 febbraio, il ministro del Tesoro italiano non era invitato. In seguito ha potuto essere c( nauseato » — la parola è stata pronunciata in alto loco — dagli occhi dolci che la
Germania faceva alla Gran Bretagna nelle conferenze monetarie di Bruxelles. Helmut
Schmidt, ministro delle finanze di Bonn, ha
proposto di consacrare una diecina di miliardi
di dollari al consolidamento della bilancia della sterlina e del dollaro, mentre la dotazione
del Fondo monetario europeo per sostenere a
breve termine la valuta della CEE è appena
superiore a un ottavo di questa somma...
Inoltre il mese scorso correvano voci ohe
non sono state smentite, secondo le quali il
governo francese, in seguito al ’’distacco” monetario italiano — e britannico — si considerava svincolato dall’impegno assunto al vertice europeo d’ottobre, a Parigi, di partecipare
entro il 31 dicembre 1973 alla creazione di
un Fondo europeo di sviluppo regionale. Una
posizione di questo genere, se dovesse venir
confermata, imporrebbe due considerazioni :
1) Il governo francese è l’ultimo a poter dare lezioni ai suoi partners in fatto di
tassi di scambio. Quindici soli mesi dopo lo
choc del maggio 1968 esso svalutava il franco
senza prevenire nessuno, mentre il governo
italiano ha ceduto quattro lunghi anni dopo
il famoso ’’autunno caldo” che ha avuto almeno altrettanti effetti finanziari quanto la
crisi sociale francese. Abbinata alla rivalutazione del marco, l’operazione francese dell’agosto 1969 è stata una svalutazione ’’effettiva” ^
del franco assai superiore a quella odierna
della lira, il cui effetto è in parte compensato
dalla rivalutazione della sterlina, del dollaro
e della valuta ad essi legata.
2) Ritirando il suo appoggio a una politica regionale europea Parigi non farebbe
altro che giustificare per assurdo la politica
di Roma. Le poche centinaia di milioni di
dollari che gli Italiani avrebbero potuto trarre, nella migliore delle ipotesi, dall’aiuto regionale europeo non possono essere paragonati ai miliardi che perdevano a causa della
speculazione e che ora possono conservare
grazie alla fluttuazione della lira.
Nove mesi fa il presidente Pompidou incontrava i dirigenti italiani a Lucca. A quel
tempo non si parlava che di riequilihrare la
Comunità, il cui centro di gravità, in seguito
al suo allargamento, si trova spostato a nord.
In questo quadro, le posizioni attuali di Pa
rigi paiono assai meschine e soprattutto miopi. Come hanno notato gli esperti dellp Hudson Institute, il cuore dell’Europa di domani
sarà sulle rive del Mediterraneo, e la Francia
potrebbe avervi un ruolo predominante. Perché, allora, compromettere le migliori chances
di realizzare questa politica europea di cui
tanto si parlava poco fa? Il nuovo ospite del
Quai d’Orsay saprà prendere l’iniziativa che
il Quirinale attende e che permetterebbe di
reincollare la porcellana infranta? L’avvenire
della unione europea si gioca anche a Roma,
e non solo sulle rive del Reno o del Tamigi.
Philippe Simonnot
Il nostro patrimonio forostalo
In Italia le superfiei boschive aumentano, ma gli incendi e le infrazioni,
oltre alle calamità naturali, neutralizzano buona parte dell'attiva opera
di rimboschimento
Secondo il Pentagono
L’URSS avrebbe rafforzato
le sue truppe
nell’Europa centrale
Washington (AFP) - L’URSS ha inviato
1200 blindati supplementari nella GermaniaEst, in Polonia e in Cecoslovacchia, portando
a circa 8.700 il numero dei mezzi blindati sovietici nell’Europa centrale, si dichiara da
fonti vicine al Pentagono. Le forze corazzate del Patto di Varsavia nell’Europa centrale
e settentrionale vengono ora valutate a 17.200
carri armati, cioè tre volte quelle della NATO.
Secondo fonti vicine alla NATO questi rinforzi sono destinati a servire da moneta di
scambio nei negoziati di Vienna su una riduzione bilanciata delle forze armate in Europa. Sempre fonti vicine alla NATO indicano che i sovietici stanno inviando due nuove
divisioni di fanteria nell’Europa centrale, il
che porterebbe a trentatre le divisioni sovietiche stanziate in quell’area; quest’ultima informazione non è stata confermata dal Pentagono.
La supCTficie del territorio italiano
coperta di boschi risulta pari a 6 milioni 177 mila 889 ettari, secondo i più recenti dati ISTAT (Istituto Centrale di
Statistica) relativi alla fine del marzo
scorso. Confrontati con quelli del giugno 1969 risulta che nel volgere di trentatré mesi la superficie dei boschi italiani è aumentata di 26.053 ettari. Considerati i danni notevoli subiti dai soprassuoli boscati ogni anno, si può affermare che l’opera di rimboschimento
e di ricostituzione boschiva è rilevante.
Limitando l’esame agli anni '71 e '72
risulta infatti che gli incendi hanno colpito una superficie rispettivamente di
71.390 e 77.376 ettari, pari ad oltre il
45% del territorio della regione Valle
d’Aosta. I manifesti del ministero dell’agricoltura che richiamano i cittadini
alla prudenza sono affissi nelle stazioni
ferroviarie; i tabelloni realizzati dall’ANAS (Azienda Nazionale .Autonoma
Strade) sono piantati ai margini delle
autostrade, superstrade, strade statali
e provinciali.
Si leva alto ogni anno in occasione
soprattutto dei mesi dell’esodo estivo
— attraverso radio, TV, e stampa — il
richiamo a fare attenzione, perché un
fiammifero incautamente fatto cadere
sul soprassuolo boscato, arso per la siccità o meno, può far divampare incendi colossali, distruggere migliaia e migliaia di alberi ed ogni forma di vita
animale in vaste aree.
Concorrono a far salire l’ammontare
dei danni le avversità naturali, sia sot
rali, per imprudenza e sovente per dolo, ascende per i due anni considerati
a 10 miliardi 632 milioni di lire. La media annua supera i 5 miliardi, cifra con
la quale è facile immaginare i beni utili
per la comunità italiana che si potrebbero realizzare nell’ambito della sanità,
dell’istruzione, dei trasporti, delle abitazioni. Agli incendi ed alle calamità
naturali, s’aggiungono, purtroppo, non
poche infrazioni alle leggi forestali. Le
cifre a disposizione in ordine all’ultimo biennio, si riferiscono a 40.135 infrazioni con un ammontare del danno
calcolato in 15 miliardi 906 milioni di
lire. Il « furto » ad un bene naturale
della comunità, ascende a cifre maggiori di quelle riguardanti famigerate
azioni criminose. Il bene sottratto alla
comunità italiana per essere ricostituito chiede largo impiego di risorse econorniche e migliaia di giornate-operaio:
nel '71, ad esempio, 8 miliardi di spese
esclusivamente per rimboschimenti o
ricostituzioni boschive nell’ambito della bonifica montana.
Il patrimonio forestale italiano è distribuito per circa il 63% in montagna,
il 32% in collina (Luna e l’altra interne
o litoranee) e per il 5% in pianura. La
maggior parte (2.665.589 ettari) della
superficie boschiva è di cedui semplici,
cioè di alberi soggetti a taglio periodico; la superficie boschiva quasi pari
all’altra (2.546.353 errar!) è di fustaie,
cioè con piante che crescono secondo
le leggi del loro sviluppo e sono tagliabili quando diventano mature; la più
m Una delegazione dell’aviazione civile cinese, guidata da un’alta personalità, è
giunta ad Atene in visita di amicizia, su invito del governo greco.
to forma meteorologica sia sotto quella piccola parte, infine, (965.941) è di ce
r>rPC:PTV7fl Hi r^ai-cìcciti onimol-5 r» Hi i-lni r'r\rrt-r\r\c + \ 1'ÌC
della presenza di parassiti animali o di
malattie crittogamiche.
La cifra complessiva concernente
l’ammontare dei danni per cause natu
^ La svalutazione ’’effettiva” di una moneta
si calcola in rapporto all’insieme deUe valute,
valutando queste secondo l’importrmza che
hanno nel commercio interno del paese al
quale la moneta appartiene.
m Grazie all’estensione delle zone verdi e
al trasferimento fuori dell’area urbana
di molti impianti industrali, l’inquinamento
atmosferico è diminuito a Mosca del 75%
nell’ultimo decennio. Entro il 1973 la superficie riservata al verde sarà aumentata di 740
ettari e saranno piantati 1.700.000 nuovi alberi nella città.
m Nell’Uganda dodici persone sono state
condannate a morte dal tribunale militare per aver svolto attività di guerriglia, e
sono state fucilate in pubblico nei rispettivi
distretti d’origine.
H La parte degli USA nel commercio mondiale è caduta a circa il 14%, contro il
17,8 nel 1961 e il 24 nel 1948, secondo statistiche pubblicate dal Fondo monetario internazionale. Nel 1972, tuttavia, gli USA erano ancora il primo fra i paesi esportatori, con 49,7
miliardi di dollari tallonati, dalla Germania
federale (46,7 miliardi), ma assai avanti rispetto al terzo grande esportatore, il Giappone (28,7 miliardi).
m Secondo TAgence du Moyen Orient il
governo sudanese ba autorizzato Al Fatah a riaprire il suo ufficio a Khartum. Esso
era stato chiuso per ordine del presidente Nimeyri in seguito all’attentato contro l’ambasciata arabo-saudita e all’assassinio di alcuni
diplomatici. Pesano poco, le parole : qualche
settimana, e via col vento.
^ Il giornale k Ounen », organo del Partito comunista della Repubblica di Mongolia (esterna) ha pubblicato un articolo, ripreso
e diquso dall’agenzia sovietica Tass, in cui il
governo di Pekino è accusato di perseguitare
la popolazione della Mongolia interna, che è
una regione autonoma della Repubblica popolare cinese.
MIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
UN EBREO
PARLA
AGLI EBREI
Sotto questo
titolo è stata riportata su « Le Nouvel
Observateur » (n.
438, 2-8.4.’73) la parte più significativa
d’un discorso pronunciato da Nahum
Goldmann, presidente del Congresso
Ebraico Mondiale, ad un convegno del1’« Ebraismo progressista » tenutosi a
Parigi nei giorni 24-25.3u. s. L’autorità
del Goldmann è grandissima tra i suoi
fratelli, sia in Israele sia nella diaspora. Amico delle nazioni comuniste e del
terzo mondo, e severo oppositore dell’attuale politica israeliana, il suo discorso si può riassumere in un grave
monito; « Guardatevi dal tradire lo
spirito dei nostri profeti! », rivolto a
tutti quegli ebrei che ignorano le minoranze e gli oppressi.
_« Dopo aver ricordato che l’80% degli ebrei di tutto il mondo vive al difuori d’Israele, e che i vincoli di privilegio
stabiliti fra Israele e il mondo occidentale trovano la loro spiegazione nell’impegno che questo mondo volle assumersi nella fondazione del nuovo Stato », il
Goldmann continua il suo discorso come segue.
« Ogni discussione sui problemi e sui
compiti dell’ebraismo mondiale, in
questo mondo rivoluzionario, deve partire dalla constatazione che una delle
caratteristiche più decisive del nostro
popolo è sempre stato il suo nonconformismo. Infatti ciò che caratterizza la
nostra storia e spiega, in larga misura,
la nostra miracolosa sopravvivenza, è
il fatto che noi ci siamo sempre ribellati alle maggioranze, rifiutandone con
straordinaria ostinazione le idee, le tendenze e le decisioni, sul piano religioso,
politico e morale. Per questa ragione,
fra i "leaders" delle minoranze sono
sempre apparse delle personalità ebree,
nel rifiuto costante d’ogni "statu quo".
Un esempio della nostra generazione
valga ad illustrare questo principio. Si
osservi infatti che i tre geni che, più
d’ogni altro, hanno rivoluzionato il pensiero umano nel XX secolo, cioè Karl
Marx, Sigmund Freud e Albert Einstein, erano ebrei. E il cambiamento
decisivo nella mentalità ebraica s’è operato durante il XIX secolo, per effetto
dell’emancipazione e della conquista
dell'uguaglianza dei diritti in quasi tutti i paesi del mondo. Dopo l'emancipazione, il popolo ebreo ha fatto una carriera brillante in tutti i campi: econo
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
mico, sociale, politico, artistico, intellettuale. Conseguentemente moltissimi
ebrei hanno poi abbandonato coloro
che lottano contro lo "statu quo", e sono passati dalla parte di coloro che lo
difendono.
Quest’abbandono ha delle conseguenze negative, sia dal punto di vista generale sia, soprattutto, dal punto di vista
ebreo, e potrebbe giungere persino ad
avere effetti imprevedibili sull’immagine classica dell’ebraismo mondiale nella storia. Dato che il nostro secolo è il
più rivoluzionario della storia (caratterizzato sia dalla concorrenza brutale
fra le grandi potenze, sia dalle lotte sociali interne in numerosi paesi), noi
corriamo il rischio di perdere non soltanto la nostra posizione di "leadership", ma addirittura la nostra influenza fra le tendenze progressiste destinate, alla lunga, a forgiare il carattere
della nostra generazione.
Uno dei sintomi del nostro cambiamento è la tendenza all’isolamento, a
non occuparci più d’altro che dei problemi dell’ebraismo, a non identificarci
più con le lotte universali per i grandi
ideali morali e sociali. La grandezza
del popolo ebreo (espressa dalle sue
grandi personalità e, prima di tutto,
dai profeti) era la sintesi dell’universalismo e del nazionalismo. La nozione
stessa di "popolo eletto" (che la si voglia accettare, o no) è interamente fondata sull’idea che il popolo ebraico ha
il dovere di lottare per il miglioramento della vita, per la realizzazione dei
grandi ideali morali del profetismo nel
mondo, escludendo la scappatoia che
tale realizzazione debba avvenire nell’aldilà. Per questo, coscientemente o
no, noi eravamo sempre legati alle forze progressiste e rivoluzionarie. Per
questo noi operavamo sempre più per
la giustizia, che per l’ordine e per la
legge.
L’emergenza di tendenze contrarie,
in seno ài popolo ebreo, potrebbe avere
conseguenze catastrofiche per il nostro
avvenire, rischiando di farci perdere
la parte migliore della giovane generazione, nonché la maggioranza dei nostri
intellettuali, i quali sono sempre di
tendenza progressista ».
Tutto ciò è interessante ma non può
essere accettato, a
nostro parere, se
non con riserva. È
proprio vero che
prima del sec. XIX
gli ebrei erano prevalentemente nonconformisti? che
moltissimi di loro sono poi passati alle
tendenze conservatrici? che questo passaggio è avvenuto in conseguenza di
certi successi raggiunti (senza distinguere le diverse situazioni storiche)?
che il nostro secolo sia il più rivoluzionario della storia? ecc.
FUOCO SOTTO LA CENERE
« Martedì 3 c. la polizia spagnola
ha aperto il fuoco a San Andres de
Besos, un sobborgo di Barcellona, contro una folla di due mila operai in isciopero, uccidendo un giovane operaio di
27 anni, Manuel Fernandez Vasquez,
sposato e padre d’un bambino di 2
anni. Un altro operaio è stato gravemente ferito. Cinque poliziotti sono stati colpiti da pietre. Sono stati effettuati
numerosi arresti ». (Da « Le Monde »
del 5.4.’73).
L’« Avanti! » del 6 c. fornisce ulteriori interessanti informazioni in proposito. « Le ’’’Comisiones Obreras” (si
legge) l’organizzazione sindacale clandestina spagnola, ha proclamato per lo
stesso giorno 6 uno sciopero generale
a Barcellona per protestare per l’assassinio del Fernandez. (...) L’iniziativa è
stata adottata dopo una serie di scioperi a gatto selvaggio attuati nelle varie aziende e industrie della città e dopo scontri fra studenti e polizia avvenuti la sera di mercoledì 4. (...)
In merito alla morte del Fernandez
è intervenuto anche l’arcivescovo di
Barcellona, Narcisio Tubany, il quale
ha attribuito la responsabilità dell’ultimo incidente alle "ingiustizie sociali”
ed alle carenze esistenti nel mondo del
lavoro.
Manifestazioni di protesta per la
morte del Fernandez sono avvenute anche giovedì 5 a Madrid: la polizia è intervenuta nel recinto dell’Università
per impedire dimostrazioni di studenti; in varie Facoltà i giovani avevano
organizzato assemblee che la polizia ha
interrotto...
A Bruxelles, la "Confederazione internazionale dei sindacati liberi”, la
maggiore organizzazione mondiale di
sindacati, aperta a tutte le organizzazioni particolari, ha duramente condannato, lo stesso giovedì 5, la morte del
Fernandez ».
dui composti, cioè l'insieme di fustaie
e di cedui semplici.
Le foreste offrono produzioni economicamente rilevanti. Nel 1971 oltre 4
milioni di metri cubi di legname da lavoro. Hanno concorso la specie resinosa di alberi (abeti, larice, pino ed altri)
con_ più di un milione 130 mila metri
cubi ; quella latifoglia (quercia, faggio,
castagno, pioppo ed altri) con poco meno di 3 milioni di metri cubi. Si aggiunge la legna da ardere, circa 23 milioni
di quintali, compresi gli oltre due milioni 340 mila di fasciname e il carbone vegetale (più di 324 mila quintali).
Sono da segnalare il sughero gentile,
il sugherone e poi castagne, pinoli,
manna (sostanza terapeutica dolce proveniente daH’orniello, presente specialmente in Sicilia), funghi, tartufi e
ghiande, resina e trementina; nonché,
cortecciale e faglie o frasche e foglie o
frasche per concia. Nocciole, corbezzoli,, coccole di ginepro; mirtilli, fragole,
lamponi — destinati alTindustria alimentare conserviera — foglia o frasca
per mangime, erba da foraggio, foglia^
me per lettiera, ginestra per fibra tessile, sono altri prodotti principali offerti dalle foreste agli uomini, non
sempre prudenti, come mostrano altri
dati.
In un anno, dunque, in media vanno
in fiamme circa 75.000 ettari di bosco,
con una perdita di oltre 5 miliardi di
lire e spese di ripristino per quasi 4
miliardi. Ed ecco la statistica delle responsabilità, per un anno: incendi 10
per cause naturali (50 ettari); 1795 per
cause colpose, per lo più negligenza
(17.000 ettari); 781 per cause dolose,
spesso per ’’liberare” terreni alla speculazione edilizia (9.500 ettari); 4.137
per cause sconosciute o dubbie (44.700
ettari).
A ciascuno la sua parte di responsabilità.
Questa nota era stesa quando la stampa ha
diffuso la notizia che i boschi sulla riva orientale del Garda sono andati in fiamme su un
fronte di oltre dieci km.; sono arse circa mezzo milione di conifere, in due giorni è stata
distrutta l’opera dì rimboschimento di mezzo
secolo. Vi sono fondati motivi di sospettare
che l’incendio sia di origine dolosa, dato che
da tempo la speculazione edilizia aveva cercato di metter mano su aree incantevoli una
parte delle quali erano state dichiarate ’’zone
verdi”. Ci auguriamo che comunque l’eventuale piano sia sventato e U rimboschimento
ricominci caparbiamente.
Villar Perosa
(segue da pag. 6 )
credenti per degli studi sulla Sacra
Scrittura. Gli studenti saranno liberi
di partecipare o meno a queste attività, ma potranno con esse prender contatto con quel mondo circostante che
tutti i giovani sognano e che di solito
i Convitti offrono male o non offrono
affatto. La libera uscita serale sarà
contenuta in un orario concordemente
stabilito.
La retta mensile che si può prevedere sulle L. 40.000 potrà essere mitigata o appesantita secondo il numero
degli iscritti. Le scuole RIV-SKF offrono agli studenti un presalario che, per
i migliori, copre gran parte della pensione.
Nella speranza di poter tornare utili
a qualche fratello in fede, porgiamo ai
nostri lettori, anche a nome del Comitato che collabora con noi, i migliori
e più fraterni saluti in Cristo.
Enrico Geymet, Pastore
10069 Villar Perosa - Tel. 51.372
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpina - Torre Pellice (Torino)
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